Gascromatografia - Unife

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GASCROMATOGRAFIA In riferimento allo stato fisico della fase stazionaria: cromatografia gas-solido (Gas Solid Chromatography, GSC); cromatografia gas-liquido (Gas Liquid Chromatography, GLC). In riferimento alle caratteristiche geometriche della colonna e della fase stazionaria : • GC su colonne impaccate • GC su colonne capillari Metodologie Speciali in Analisi Farmaceutica In gascromatografia (Gas Chromatography, GC), la fase mobile è un gas permanente (detto carrier o gas di trasporto) che fluisce attraverso una colonna in cui è posta la fase stazionaria

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GASCROMATOGRAFIA

In riferimento allo stato fisico della fase stazionaria: • cromatografia gas-solido (Gas Solid Chromatography, GSC); • cromatografia gas-liquido (Gas Liquid Chromatography, GLC).

In riferimento alle caratteristiche geometriche della colonna e della fase stazionaria : • GC su colonne impaccate • GC su colonne capillari

Metodologie Speciali

in Analisi

Farmaceutica

In gascromatografia (Gas Chromatography, GC), la fase mobile è un gas permanente (detto carrier o gas di trasporto) che fluisce attraverso una colonna in cui è posta la fase stazionaria

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Colonne per gascromatografia

In riferimento alle caratteristiche geometriche della colonna e della fase stazionaria : • GC su colonne impaccate • GC su colonne capillari

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1-6 m 15-100 m

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Colonne capillari per GC

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Secondo il modo in cui si presenta la fase stazionaria, le colonne capillari si distinguono in:

a. colonne capillari aperte {Wall Coated Open Tubular, WCOT), in cui

le pareti sono ricoperte (o legate chimicamente) dalla fase stazionaria liquida;

b. colonne capillari aperte con rivestimento supportato (Support

Coated Open Tabular, SCOT), in cui un materiale granulare poroso molto fine, su cui è stato depositato un sottilissimo film di liquido di ripartizione, viene fatto aderire alle pareti della colonna;

c. colonne capillari aperte con rivestimento poroso (Porous Layer

Open Tubular, PLOT); in cui la fase stazionaria è costituita solo da particelle porose fatte aderire alle pareti.

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Colonne capillari per GC

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Schema di un GASCROMATOGRAFO

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TEMPO E VOLUME DI RITENZIONE

t’R=tR-tM V’R=VR-VM

VR=tRFC V’R=t’RFC

Tuttavia, per quanto riguarda la misura dei volumi, si devono fare almeno due precisazioni.

1. In GC il flusso della fase mobile viene misurato a temperatura ambiente con un flussimetro a bolle di sapone posto all'uscita della colonna. L'uso di questi dispositivi può causare errori non trascurabili perché i flussi sono molto bassi e difficili da misurare. In questi casi si calcola la velocità lineare media di un composto iniettato in colonna e non trattenuto da essa.

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2. In GC il volume di ritenzione corretto (V’R) non esprime l’effettivo volume di ritenzione di una determinata sostanza perché i gas sono comprimibili. Di conseguenza, si deve introdurre nelle precedenti equazioni un fattore di correzione, detto fattore di compressibilità (j), che compensi la caduta di pressione fra l'entrata (pi) e l'uscita (pu) della colonna.

VN=V’Rj

Dove: j= 3 2

(pi/pu)2-1

(pi/pu)3-1

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Volume di ritenzione netto:

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3. Il tempo di ritenzione, e quindi anche VN dipende anche dalla quantità di fase stazionaria presente in colonna. Quindi per confrontare il comportamento di colonne diverse, ma con lo stesso riempimento, si definisce il volume di ritenzione specifico (Vg):

Vg= VN

ms

273

Tc Dove: ms= massa FS in g Tc temperatura colonna in K

Il volume di ritenzione specifico, dunque, non è altro che il volume di ritenzione per grammo di fase stazionaria riferito alla temperatura di 0 °C (tramite il fattore 273/Tc).

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Per calcolare Vg si applica la seguente relazione, che può essere facilmente ottenuta dalle precedenti:

Vg= VR

ms

273

Tc

3 2

[(pi/pu)2-1]

[(pi/pu)3-1]

In questa equazione, mS, pi e pu sono parametri sperimentali (noti); VR può essere ricavato dal cromatogramma.

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COSTANTE DI DISTRIBUZIONE, FATTORE DI RITENZIONE E RAPPORTO DI FASE

La costante di distribuzione (KA) e il fattore di ritenzione (k) dipendono sensibilmente dalla temperatura, che gioca un ruolo determinante in GC

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Quando aumenta la temperatura diminuiscono: Cs/Cm (ovvero KA) ns/nm (ovvero k) tR.

I due parametri Kc e k sono legati fra loro dalle seguenti relazioni:

KA=bk KA= VS

VM k

b= VL

VG b= 2df

r

Per colonne impaccate Per colonne capillari

Dove: VG volume del gas, VL volume del liquido di ripartizione

Dove: r è il raggio della colonna, df è lo spessore del film di FS

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Le colonne capillari hanno un rapporto di fase maggiore di quelle impaccate

Nel caso di colonne capillari è relativamente facile far variare b, agendo sul diametro della colonna e sullo spessore del film oppure, in alternativa, aumentando la superficie interna su cui è depositato il liquido e, contemporaneamente, diminuendo lo spessore del film di liquido.

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Valore approssimato di b per colonne GC

Colonna b

Impaccata

SCOT

WCOT

10-20

40-70 (0.5 mm ID)

100-150 (0.25 mm ID)

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Equazione di Van Deemter in GC

Per le colonne impaccate poichè DG ha un valore elevato, il terzo membro dell’equazione di Van Deemter, si semplifica:

H=A+ +Cū B ū

H= + + ū 2ldp

2gDG qkd2f

(1+k)2DL ū

H=A+ +CSū B ū

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Per le colonne capillari, poiché i fenomeni dovuti ai percorsi multipli nella fase stazionaria sono assenti, l'equazione di Van Deemter assume la forma:

H= +(CS+CG)ū B ū

H= + + ū 2gDG qkd2

f

3(1+k)2DL ū

(1+6k+11k2)r2

24(1+4k)2DG

equazione di Golay

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C’è una grande differenza di efficienza fra colonne impaccate e capillari: colonna impaccata 2 m :N= 4000 (fino a non più di 7000-8000 colonne capillari 100-150 m: N=50000-150000 (e anche fino a 700000).

HPLC: 0.1 mm (velocità troppo basse) GC: 3 mm (pox costruire colonne lunghe)

il valore di Hmin non differisce in modo significativo nei due tipi di colonne; a parità di lunghezza, le colonne capillari sono di poco più efficienti di quelle impaccate; nelle colonne capillari, l'efficienza delle colonne capillari si mantiene quasi inalterata se si aumenta il flusso di carrier per diminuire i tempi di lavoro

Colonne GC: impaccate vs. capillari

Velocità a cui è opportuno lavorare perché max efficienza

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Quanto alla velocità del carrier (u), il termine C dell'equazione di Golay (per colonne capillari) è minore dell'omologo termine della Van Deemter (per colonne impaccate), per cui si possono usare, per le colonne capillari, flussi più elevati senza compromettere l'efficienza.

Colonne GC: impaccate vs. capillari

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Rivelatori in Gas Cromatografia

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Rivelatori a ionizzazione di fiamma (FID)

Il rivelatore a ionizzazione di fiamma è forse il più diffuso. Si basa

sul fatto che molti composti organici, quando bruciano, in una

fiamma, producono intermedi ionici che possono aumentare la

conducibilità della fiamma stessa.

+ -

Fiamma H2-

aria

Parete interna del

forno

Collettore

rimuovibile

Aria

H2

Colonna

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Detector a Ionizzazione di Fiamma: FID

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Rivelatore a cattura di Elettroni ECD

• Un radioisotopo (catodo) 63Ni emette raggi β che ionizzano il gas di trasporto,

producendo elettroni lenti e ioni positivi che danno un determinato valore di intensità di

corrente;

• Composti contenenti atomi elettronegativi catturano gli elettroni lenti che si generano

dalla ionizzazione del gas di trasporto e quindi vanno a ridurre la corrente di fondo;

• I picchi comportano una diminuzione della corrente proporzionale alla quantità di ioni

prodotti e quindi alla concentrazione della sostanza presente nel campione

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FASE STAZIONARIA in SGC

Nella cromatografia gas-solido, il meccanismo di separazione è quello dell'adsorbimento.

I materiali sono gli stessi per le colonne impaccate e per le capillari PLOT.

I materiali più usati sono: • gel di silice; • allumina; • carbone attivo; • setacci molecolari; • zeoliti; • sali inorganici.

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FASI STAZIONARIE PER LGC

La fase stazionaria liquida viene ancorata a un supporto solido inerte che deve avere i seguenti requisiti:

• inerzia chimica; • resistenza meccanica e termica; • buon grado di «bagnabilità» da parte del liquido di ripartizione; • bassa resistenza al flusso del gas; • disponibilità sotto forma di particelle il più possibile sferiche.

Materiali di supporto

• Terra di diatomee; • Teflon; • Microsfere di vetro.

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Liquidi di ripartizione

Requisiti:

• bassa tensione di vapore nelle condizioni di lavoro (0,01-0,1 mmHg); • elevata stabilità termica; • elevata inerzia chimica per i componenti della miscela, per il supporto e anche per il materiale di cui è costituita la colonna; • buon effetto solvente sulla miscela; • bassa viscosità alle temperature di esercizio.

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FASI STAZIONARIE LEGATE

Per evitare la perdita di fase stazionaria, la si può « legare » chimicamente ai gruppi ossidrilici della silice del supporto o alle pareti della colonna. Si ottiene così una fase stazionaria legata, che presenta uno spurgo (bleeding) molto più modesto

Vantaggi: Termicamente stabile Possibilità di lavaggio con solventi Maggiore riproducibilità

Sono anche disponibili delle fasi stabilizzate, che non possono essere lavate con solventi, ma che, grazie a opportuni trattamenti termici, hanno una stabilità termica maggiore rispetto alle tradizionali fasi non legate.

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Effetto del trattamento del supporto (Chromosorb P) sulla risoluzione di una stessa miscela: (a) nessun trattamento; (b) lavaggio acido; (c) lavaggio acido e sililazione con dimetilclorosilano DMCS. Campione: miscela di etanolo (1), metiletilchetone (2), benzene (3), cicloesano (4).

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Differenze di separazioni su colonna impaccata e su colonna capillare: esteri metilici di acidi grassi

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Scelta del tipo di colonna

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Scelta del tipo di colonna

Capacità

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Scelta del tipo di colonna

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Scelta del tipo di colonna

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Le colonne impaccate, che hanno maggiore capacità, devono essere usate per le analisi in cui non occorra (o addirittura si debba evitare di) isolare un gran numero di componenti dalla miscela, perché interessano solo quelli principali. Sono necessario anche in GC preparativa, cioè quando si devono sottoporre a ulteriori analisi le sostanze eluite dalla colonna.

Le colonne capillari, che hanno sensibilità ed efficienza elevate, consentono di spingere a fondo la separazione del maggior numero possibile di componenti della miscela.

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Scelta colonna GC: impaccata vs. capillare

Le differenze fra colonne impaccate e capillari sono notevoli data la grande efficienza delle colonne capillari, la loro risoluzione si mantiene soddisfacente anche se la selettività è bassa. Invece, con le colonne impaccate la selettività deve essere necessariamente alta; questo, però, si ottiene solo abbassando la temperatura, con un aumento non trascurabile dei tempi di lavoro

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Scelta di colonne impaccate

a. tipo di fase stazionaria; b. eventuale supporto e relativa granulometria; c. trattamento chimico-fisico subito dal supporto; d. percentuale di rivestimento (se la fase stazionaria è liquida). e. materiale della colonna; f. dimensioni della colonna; g. configurazione della colonna (a spirale, a U o a W); h. temperatura massima sopportabile dalla fase stazionaria.

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Scelta di colonne capillari

a. lunghezza; b. id; c. materiale della colonna; d. fase stazionaria ed eventuale supporto o tipo di fase legata; e. temperatura massima sopportabile dalla fase stazionaria; f. spessore del film (df) di fase stazionaria e rapporto di fase (b).

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FASE MOBILE in GC

Criteri per la scelta del carrier:

Costo

Grado di purezza

• la presenza di acqua può provocare la parziale o completa distruzione della fase stazionaria o anche causare problemi al rivelatore (soprattutto a bassa temperatura); • l'ossigeno può provocare processi ossidativi della fase stazionaria o danni al rivelatore; • gli idrocarburi possono provocare problemi se si usa un rivelatore FID perché fanno innalzare la linea di base del segnale.

Inerzia chimica

Densità e viscosità

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Compatibilita con il rivelatore

E’ determinante che il gas di trasporto, oltre ad essere esente da impurezze, non venga segnalato dal rivelatore.

I gas più usati, fra i pochi che rispondono a questi requisiti, sono: • idrogeno; • elio e miscele elio/idrogeno; • azoto; • argon; • diossido di carbonio.

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CRITERI PER LA SCELTA DELLA FASE STAZIONARIA E DEL TIPO DI COLONNA in GC

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Separazione GC isoterma/programma di temperatura

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CRITERI PER LA SCELTA DELLA FASE STAZIONARIA E DEL TIPO DI COLONNA in GC

2. La caratteristica secondaria è l’interazione con la fase stazionaria: simile trattiene simile per analiti con punti di ebollizione simili.

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Criteri di classificazione più usati

Criteri di classificazione: Natura chimica delle sostanze usate come fase stazionaria in base alla polarità Prima classe: apolari (idrocarburi o siliconi con sostituenti non polari) Seconda classe; a bassa polarità (esteri di alcoli di grande massa molare) Terza classe: polari (poliglicoli, polialcoli e i loro esteri) Quarta classe: molto polari (glicoli, glicerina, idrossiacidi)

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CRITERI PER LA SCELTA DELLA FASE STAZIONARIA E DEL TIPO DI COLONNA

1. Per i gas permanenti e gli idrocarburi bassobollenti (C1-C10) è consigliabile usare fasi stazionarie solide. 2. Per le miscele di composti con polarità simile, ma con punti di ebollizione abbastanza diversi, non è necessario che la fase stazionaria sia molto selettiva, per cui se ne usa una apolare. In questo modo, i composti più volatili vengono eluiti per primi. 3. Per miscele di composti con polarità molto diverse, ma con punti di ebollizione molto simili, si possono usare fasi stazionarie sia polari che apolari. Con quelle polari, i componenti più polari sono trattenuti di più, perché più affini alla fase stazionaria. Con quelle apolari, invece, le sostanze polari sono trattenute meno, perché sono rese più volatili dalla repulsione da parte della fase stazionaria. 4. Per miscele contenenti sia sostanze non polari sia sostanze polarizzabili (come per esempio n-esano e benzene), si usano fasi molto polari, che polarizzano gli aromatici stabilendo legami di tipo dipolo-dipolo indotto, mentre trattengono poco i composti apolari.

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Si inietta un volume noto e preciso del campione e si registra il cromatogramma.

Preparata, poi, una miscela a concentrazione nota del componente/i da determinare se ne inietta lo stesso volume precedente nel gascromatografo.

E’ importante fare in modo che le concentrazioni nello standard non siano molto diverse da quelle del campione.

Il principale inconveniente risiede nel fatto che occorre una grande accuratezza e, soprattutto, riproducibilità, nel misurare il volume da iniettare.

Si consiglia quindi di effettuare una serie di iniezioni, sia della miscela che dello standard e di calcolare la medie delle aree.

Le iniezioni vanno effettuate entro un breve intervallo di tempo per evitare le deviazioni causate da variazioni ambientali o strumentali.

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compound name dipole moment boiling point benzene 0 80

toluene 36 111

Ethylbenzene 59 136

o-xylene 62 144

Methanol 170 65

Ethanol 169 78.5

n-propanol 168 97

2-propanol 166 82

n-butanol 166 117

2-butanol 160 99

compound boiling point

propionic acid 141

2-hexanol 140

isoamyl acetate 142

3,4-dimethylheptane 140

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1-alcohols (C3-C9), ketones (C3-C9), and aromatics (benzene to

butylbenzene).

GC su colonna metilsilossano. Temp isoterma a 80°C.

n propil alcool n propil chetone

benzene

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F.S: Ciano-Metil siliconica F.S.: Metil siliconica

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Separazioni chirali

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Procedura per analisi GC

Analisi target: si ricercano determinati analiti

Analisi screening: si ricerca un’intera classe di analiti

• Ottimizzazione dell’analisi GC con miscele standard:

Scelta della colonna: capillare, impaccata, tipo di fase stazionaria

Scelta delle condizioni operative: temp, programma di temp, flusso

• Analisi del campione

Iniezione-acquisizione del segnale-elaborazione dati

Analisi qualitativa

Analisi quantitativa.

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Analisi qualitativa

• Il tR’ può dare delle indicazioni significative ma non probanti.

• Informormazioni certe richiedono confronto con standard

• Le serie omologhe presentano valori dei tR’ in isoterma i cui log sono

funzione lineare del numero di atomi di carbonio della catena

• Confronto tra tR ottenuti su due diverse colonne, l’una con una fase

stazionaria polare, l’altra con una fase stazionaria apolare.

t’R su CN

t’R su metil

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• L’analisi quantitativa cromatografica è basata sulla misura delle aree dei picchi,

dalle quali, dopo opportuna elaborazione, si risale alle concentrazioni

percentuali dei componenti.

• Il calcolo dell’area del picco viene fatto automaticamente dal computer che lo

stampa direttamente sul grafico.

Analisi quantitativa

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Calcolo dei parametri fondamentali del picco cromatografico

Linea di base

Inizio del picco: pendenza soglia

Ampiezza:

w punto di flesso: σ

w1/2: 2.35 σ

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Elaborazione di picchi non separati

Picchi leggermente sovrapposti Li si considera separati: si applica il metodo della gaussiana

considerando l’ampiezza a metà altezza e l’altezza.

Picchi molto sovrapposti ma ancora risolti

L’integrazione elettronica ricostruisce la funzione matematica

del picco più grande, ne calcola l’area e la sottrae all’area

totale.

Picchi sovrapposti ma ancora risolti In questo caso l’area dei 2 picchi viene separata

seguendo la perpendicolare alla base nel punto

di avvallamento: errore in difetto proporzionale

alla sovrapposizione

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Si determinare la quantità di una sostanza presente in una data miscela

confrontandola con un’analisi di una soluzione che contiene la stessa sostanza a

concentrazione nota: standard esterno.

La soluzione a concentrazione incognita nel primo cromatogramma un valore di

area Ax per una quantità Qx

la soluzione a concentrazione nota si avrà nel secondo cromatogramma una area

As per una quantità Qs.

Metodo dello standard esterno: taratura diretta

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Considerando che:

AS / CS = Ax / Cx

la percentuale di campione si ottiene con:

Cx = Ax • CS / AS

dove

Cx = concentrazione del componente nel campione,

Ax = area del picco nel cromatogramma del campione,

CS = concentrazione nota del componente nello standard,

AS = area del picco nel cromatogramma dello standard.

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Si può procedere anche ad una serie di determinazioni cromatografiche usando

soluzioni di standard a concentrazione diversa, prelevando sempre gli stessi

volumi di soluzione e misurando le aree dei vari cromatogrammi risultanti.

Operando nelle stesse

condizioni di esercizio e

riportando in un grafico i dati

ricavati per ogni misura si

ottiene una curva di taratura

Metodo dello standard esterno: curva di taratura

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Si inietta un volume noto e preciso del campione e si registra il cromatogramma.

Preparata, poi, una miscela a concentrazione nota del componente/i da determinare se ne inietta lo stesso volume precedente nel gascromatografo.

E’ importante fare in modo che le concentrazioni nello standard non siano molto diverse da quelle del campione.

Il principale inconveniente risiede nel fatto che occorre una grande accuratezza e, soprattutto, riproducibilità, nel misurare il volume da iniettare.

Si consiglia quindi di effettuare una serie di iniezioni, sia della miscela che dello standard e di calcolare la medie delle aree.

Le iniezioni vanno effettuate entro un breve intervallo di tempo per evitare le deviazioni causate da variazioni ambientali o strumentali.

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Questo metodo viene usato allo scopo di evitare l'errore che si viene a

determinare nel prelevare i volumi delle soluzioni al momento dell'introduzione

nel gascromatografo.

Il metodo consiste nel preparare una serie di soluzioni standard del componente che interessa aggiungendo uguali volumi di uno standard interno che deve rispettare i seguenti requisiti:

– non essere presente nella miscela da analizzare;

– essere ben risolto dagli altri componenti;

– avere un tR simile a quello della sostanza che ci interessa;

– avere una concentrazione simile a quella della sostanza ed essere strutturalmente simile ad essa, in modo da dare un picco di area analoga;

– non contenere impurezze;

– non reagire col campione.

Lo standard interno a viene aggiunto, a volume costante, anche al campione

incognito.

Metodo dello standard interno: curva di taratura

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Si costruisce la curva di taratura riportando sugli assi cartesiani il rapporto fra le

aree e la concentrazione incognita, poiché la concentrazione dello standard è

costante.

Operando in questo modo ogni misura risulta indipendente dal volume prelevato in

quanto si considerano rapporti fra le aree dei picchi cromatograficie quindi rapporti di

concentrazioni.