Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età...

60
Organo ufficiale SIGENP L’esofago “interrotto”: non solo un problema neonatale. Intervista al prof. Frédéric Gottrand L’acido colico nel trattamento degli errori congeniti del metabolismo degli acidi biliari Nuove diete vegetariane e vegane Il “fegato grasso” in età pediatrica: quali novità? La diagnosi differenziale dell’anatomo patologo nelle coliti Topic highlight PEDIATRIC HEPATOLOGY TRAINING AND EDUCATIONAL CORNER NEWS IN PEDIATRIC GASTROENTEROLOGY PHARMACOLOGY PEDIATRIC NUTRITION & HEALTH AND FOOD SCIENCE Volume X 1/2018 Periodico trimestrale - Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI Aut. Trib. di Milano n. 208 del 29-04-2009 - marzo - Finito di stampare presso IGP - Pisa, marzo 2018 - ISSN: 2282-2453 (Print) – ISSN 2499-7870 (Online)

Transcript of Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età...

Page 1: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

Organo ufficiale SIGENP

L’esofago “interrotto”: non solo un problema neonatale. Intervista al prof. Frédéric Gottrand

L’acido colico nel trattamento degli errori congeniti del metabolismo degli acidi biliari

Nuove diete vegetariane e vegane

Il “fegato grasso” in età pediatrica: quali novità?

La diagnosi differenziale dell’anatomo patologo nelle coliti

Topic highlight

PEDIATRIC HEPATOLOGY

TRAINING AND EDUCATIONAL CORNER

NEWS IN PEDIATRIC GASTROENTEROLOGY

PHARMACOLOGY

PEDIATRIC NUTRITION & HEALTH AND FOOD SCIENCE

Volume XN˚ 1/2018

Perio

dico

trim

estra

le -

Pos

te It

alia

ne s

.p.a

. - S

pedi

zione

in A

bbon

amen

to P

osta

le -

D.L

. 353

/200

3 (c

onv.

in L

. 27/

02/2

004

n° 4

6) a

rt. 1

, com

ma

1, L

O/M

IAu

t. Tr

ib. d

i Mila

no n

. 208

del

29-

04-2

009

- m

arzo

- F

inito

di s

tam

pare

pre

sso

IGP

- Pi

sa, m

arzo

201

8 -

ISSN

: 228

2-24

53 (P

rint)

– IS

SN 2

499-

7870

(Onl

ine)

save the date

SALERNO4­6 ottobre 2018GRAND HOTEL SALERNO

www.congresso.sigenp.org

BIOMEDIALa condiv isione del sapere

un eventoorganizzato da

SIGENPCONGRESSONAZIONALEXXV

savethedate_ok 19/03/2018 14:22 Pagina 1

Page 2: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

Per informazioni e per iscriversi alla newsletter:[email protected]

BIOMEDIAEditore

Consulta la pagina web del Giornale

tutti i contenuti sono open access e gratuiti

Seguici sulla pagina FacebookGiornale Sigenp

Leggi l’ultimo numero

Consulta l’archivio riviste

Istruzioni per gli Autori e informazioni perl’invio di articoli

www.sigenp.org

Pagina Pubblicitaria_02 19/03/2018 14:44 Pagina 1

a cura delGruppo di Nutrizione Parenterale Neonatale

coordinato daValentina Bozzetti

Yes We

Feed!

Manuale di NutrizioneParenterale Neonatale

Per saperne di piùwww.biomedia.net

pagina pubblicitaria_nutrizione_Layout 1 19/03/2018 14:40 Pagina 1

Page 3: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

Consiglio Direttivo SIGENP

PresidenteCarlo Agostoni Vice-PresidenteCostantino De GiacomoSegretarioMaria Immacolata SpagnuoloTesoriereMarina AloiConsiglieriMariella Baldassarre, Angelo Campanozzi, Mauro Cinquetti, Raffaele Iorio

Direttore ResponsabileRaffaella Agosta

Responsabile Commissione EditoriaClaudio Romano · [email protected]

Direttore EditorialeMariella Baldassarre · [email protected]

Capo RedattoreFrancesco Cirillo · [email protected]

Assistenti di RedazioneValentina Rizzo · [email protected] Drimaco · [email protected]

Comitato di RedazioneSalvatore Accomando · [email protected] Bizzarri · [email protected] Borrelli · [email protected] Capriati · [email protected] Civitelli · [email protected] Diamanti · [email protected] Di Mauro · [email protected] Paci · [email protected] Oliva · [email protected]

© Copyright 2018 by Biomedia srl · Milano

EdizioneBiomedia srl, Via L. Temolo 4 · 20126 MilanoTel. 02 45498282 · Fax 0245498199www.biomedia.net · [email protected]

Gestione editoriale di questo fascicolo a cura di Pacini Editore srl, PisaRedazioneLisa Andreazzi - Tel. 050 3130285 · [email protected] scientifica Valentina Bàrberi - Tel. 050 3130376 · [email protected] grafico e impaginazioneMassimo Arcidiacono - Tel. 050 3130231 · [email protected] Grafiche Pacini · Pisa

Rivista stampata su carta TCF (Total Chlorine Free) e verniciata idro. L’editore resta a disposizione degli aventi diritto con i quali non è stato possibile comunicare e per le eventuali omissioni.Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633. Le riproduzioni effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, Corso di Porta Romana n. 108, Milano 20122, [email protected], http://www.aidro.org. I dati relativi agli abbonati sono trattati nel rispetto delle disposizioni contenute nel D.Lgs. del 30 giugno 2003 n. 196 a mezzo di elaboratori elettronici ad opera di soggetti appositamente incaricati. I dati sono utilizzati dall’editore per la spedizione della presente pubblicazione. Ai sensi dell’articolo 7 del D.Lgs. 196/2003, in qualsiasi momento è possibile consultare, modificare o cancellare i dati o opporsi al loro utilizzo scrivendo al Titolare del Trattamento: Biomedia srl, Via L. Temolo 4 · 20126 Milano

Volume X - N˚ 1/2018 - Trimestrale

Page 4: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

EDITORIALEM. Baldassarre

topic highlightL’esofago “interrotto”: non solo un problema neonatale.Intervista al prof. Frédéric GottrandEsophageal atresia: a lifelong problem.Interview to prof. Frédéric Gottrand

CLINICAL SYSTEMATIC REVIEWL’infezione da Clostridium difficile in età pediatricaClostridium difficile infection in childrenE. Borali, C. De Giacomo

PEDIATRIC HEPATOLOGYIl “fegato grasso” in età pediatrica: quali novità?Non-alcoholic fatty liver disease in children: an updateD. Comparcola, A. Mosca, M. Sanseviero, M.R. Sartorelli, S. Iasevoli, V. Nobili

PEDIATRIC NUTRITION & HEALTH AND FOOD SCIENCE

Nuove diete vegetariane e veganeNew vegetarian and vegan dietsD. Elia, T. Capriati, V. Papa, A. Diamanti

TRAINING AND EDUCATIONAL CORNERLa diagnosi differenziale dell’anatomo patologo nelle colitiThe histopathological differential diagnosis of colitis V. Villanacci, V. Crisafulli

IBD HIGHLIGHTSI disordini funzionali nei pazienti con malattia infiammatoria cronica intestinale Functional disorders in inflammatory bowel disease patientsP. Quitadamo

NEWS IN PEDIATRIC GASTROENTEROLOGY PHARMACOLOGY

L’acido colico nel trattamento degli errori congeniti del metabolismo degli acidi biliariCholic acid therapy for inborn errors of primary bile acids synthesis A. Pietrobattista, M. Cananzi, L. Matarazzo, F. Ferrari, G. Maggiore

CASE REPORTIl bambino con sindrome di Down… quando la problematica non è attesa…The child with Down syndrome… when the problem is not expected…G. Del Baldo, S. Gatti, C. Catassi

ENDOSCOPY LEARNING LIBRARY

Le dilatazioni esofagee Esophageal dilationsF. Torroni, P. De Angelis, R. Tambucci, E. Romeo, F. Rea, S. Faraci, T. Caldaro, G. Angelino, A.C. Contini, G. Federici, L. Dall’Oglio

GUIDELINES: WHAT IS THE BEST FOR CLINICAL PRACTICE

La transizione del paziente gastroenterologico dall’assistenza pediatrica a quella adulta: una Position Statement delle Società Italiane di Gastroenterologia Transition of gastroenterological patient from pediatric to adult care: a Position StatementT. Capriati, D. Knafelz

1

2

4

10

16

22

29

32

36

38

42

C'è vita nelle… Aree - Area NutrizioneItalian Pediatric Nutrition Day: report 2017 A. Lezo, E. Verduci, C. Agostoni, for the Nutrition Survey Group

49

Segreteria SIGENP

Biomedia srlVia Libero Temolo, 4 - 20126 Milano

Tel. 02 45498282 int. 215 - Fax 02 45498199E-mail: [email protected]

Sommario

COME SI DIVENTA SOCI DELLA

L’iscrizione alla SIGENP come Socio è riservata ai medici e profes-sionisti di estrazione non medica, che abbiano dimostrato interesse clinico o di ricerca nel campo della gastroenterologia nutrizione ed epatologia pediatrica e che operano nelle varie strutture e settori di attività del Servizio Sanitario Nazionale o in regime libero profes-sionale ovvero con attività lavorativa nel settore che l’associazione rappresenta.Per assumere la qualifica di socio è necessario inviare una domanda indirizzata alla Segreteria dell’Associazione, corredata da curricu-lum professionale scientifico. Le domande di ammissione all’Asso-ciazione vengono vagliate dal Consiglio Direttivo che delibera sul loro accoglimento a maggioranza semplice. In seguito ad accettazione della presente domanda da parte del Consiglio Direttivo SIGENP, si riceverà conferma di ammissione ed indicazioni per regolarizzare il pagamento della quota associativa SIGENP.

Soci ordinari e aderenti • € 50,00 quota associativa annuale SIGENP senza abbonamento DLD• € 90,00 quota associativa annuale SIGENP con abbonamento DLD

Soci junior (età non superiore a 40 anni)• € 30,00 Quota associativa annuale SIGENP con DLD on-line

Per chi è interessato la scheda di iscrizioneè disponibile sul portale SIGENP

www.sigenp.org

Seguici sulla pagina dedicatawww.facebook.com/giornalesigenp

Page 5: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

1Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2018;X:1

Editoriale

Ho l’abitudine da sempre di scrivere l’Editoriale quando il numero è ormai impaginato.Sono le pagine già pronte per andare in stampa che ispirano pensieri e parole… Rileggendo le bozze di que-sto che è l’ultimo numero che mi vede come Direttore Editoriale, ho provato una bella emozione. Essere a capo di questa redazione è stata per me una grande occasione di crescita umana e culturale, ed occasione di incontri, di nuovi contatti, di arricchimento scientifico. Sono stata “obbligata” (perché ovviamente il Direttore è responsabile di ogni minimo errore, anche tipografico) a rivedere tutti gli articoli di ogni numero per quattro anni, quasi sempre in tempi ristrettissimi (tra la consegna delle bozze e la stampa spesso passano solo 48 ore) ed ho letto argomenti di cui probabilmente non avrei mai avuto cognizione di causa, perché lontani dai miei più stretti interessi di ricerca. Una fantastica creatura. Questo è stato il mio sentimento ogni volta di fronte al nuovo numero del Giornale. Un interessante percorso tra i meandri della gastroenterologia, epatologia e nutrizione pediatrica.Sono grata a tutti i miei compagni di redazione. Ad Osvaldo, Salvatore, Antonella, Teresa, Salvo, Barbara, Fortunata, Monica, Antonio, Francesco. Ai miei giovani assistenti, che si sono avvicendati, Giulia, Pietro, Valentina. Ognuno di loro meriterebbe il proprio nome scritto al primo posto. Ma nel mio cuore sono tutti “al primo posto”.La squadra, dopo essersi formata 4 anni fa, è rimasta coesa ed ha lavorato sempre con grande entusiasmo. I nostri incontri per la programmazione del Giornale sono stati sempre una festa.Grazie anche a tutti coloro che hanno letteralmente “fatto” il Giornale, scrivendo i loro contributi.La Direzione Editoriale continua al “femminile”. Il testimone passa ad Antonella Diamanti, che ancora meglio proseguirà questo percorso iniziato, e la redazione si arricchisce di Daniela Knafeltz, che inizia dal prossimo numero a lavorare con noi.Sono felice di poter essere ancora parte di questo Comitato di redazione. La festa per me potrà continuare negli anni a venire.Un ringraziamento ed un saluto affettuoso all’Editore Pacini, nella persona di Patrizia Pacini, ad Andrea, Va-lentina e Lisa, con cui ho vissuto un rapporto di autentica collaborazione e stima. Insieme abbiamo creato il sito del Giornale, la pagina Facebook e ottenuto la registrazione del D.O.I. per ogni articolo.Naturalmente non posso che chiudere invitandovi a leggere quest’ultimo numero: una nuova interessante, fantastica creatura.Buona lettura e buona vita a tutti!

Page 6: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

2 Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2018;X:2-3; doi: 10.19186/ggenp_2018.001

L’esofago “interrotto”: non solo un problema neonatale.Intervista al prof. Frédéric GottrandEsophageal atresia: a lifelong problem. Interview to prof. Frédéric Gottrand

Frédéric Gottrand è attualmente professore della Facoltà di Medicina dell’ Università di Lille “2”, e component dello staff medico del dipartimento di pediatria dell’ l’0spedale universitario dei bambini “Jeanne de Flandre” (Lille, Francia). I suoi principali interessi clinici e di ricerca hanno riguardato la nutrizione clinica (enterale e parenterale), l’endoscopia interventistica e l’epatologia pediatrica. Il professor Gottrand ha studiato medicina e si è specializzato in pediatria all’Università di Lille. Ha svolto un dottorato di

ricerca in nutrizione pediatrica presso l’Istituto Pasteur dell’ Università di Lille. Nel 1992 è diventato membro dello staff dell’Ospedale universitario di Lille e nel 1997 è stato nominato professore di pediatria. È un membro attivo di diverse società di pediatria e nutrizione pediatrica , tra cui l’ESPGHAN dove è componente della Commissione di Gastroenterologia. È stato presidente del Gruppo Francofono di Epatologia, Gastroenterologia e Nutrizione Pediatrica (GFHGNP). Dirige il centro di riferimento francese sulle malformazione esofagee congenite e presiede il network internazionale sull’atresia esofagea.

Key wordsEsophageal atresia • Gastroesophageal reflux • Barrett esophagus • Endoscopy

AbstractEsophageal atresia (EA) is one of the most com-mon congenital digestive anomalies. Gastroe-sophageal reflux (GER) is a frequent complica-tion in children with EA. Routine endoscopy in asymptomatic EA patients is recommended and the expert panel recommends 3 endoscopies throughout childhood (1 after stopping PPI ther-apy, 1 before the age of 10 years, and 1 at transi-tion to adulthood).

Indirizzo per la corrispondenzaFrédéric Gottrand Centre Hospitalier RégionalUniversitaire de Lille, FranceE-mail: [email protected]

TOPIC HIGHLIGHT a cura diMariella Baldassarre

Qual è la frequenza dell’atresia esofagea?

L’atresia esofagea (AE) è una delle più comuni mal-formazioni congenite dell’apparato gastrointestinale. La prevalenza è di 1 su 2.400-4.500 nati in tutto il mondo. A partire dagli ultimi 20 anni, i risultati post-operatori sono cambiati, spostando l’attenzione dalla mortalità alla morbilità e alla qualità della vita. L’AE non è più solo un problema chirurgico neonatale ma un problema che persiste per il resto della vita.

Esistono linee guida per il trattamento post-chirur-gico?

L’“International Network on Esophageal Atresia, gruppo di lavoro comprendente membri delle So-cietà Europea e Nordamericana di Gastroenterolo-gia Pediatrica Epatologia e Nutrizione Pediatrica, è stato incaricato di stilare delle linee guida uniformi, basate su evidenze scientifiche, per la gestione del-le complicanze gastrointestinali nei bambini con AE, che sono state recentemente pubblicate 1 e che for-niscono indicazioni circa la diagnosi e il trattamento del reflusso gastroesofageo, la gestione delle “crisi di cianosi”, l’eziologia, la ricerca e la gestione del-la disfagia, le difficoltà di alimentazione, le stenosi anastomotiche, la stenosi esofagea congenita nei pazienti con AE.

Fino a quando un neonato che ha ricevuto un inter-vento chirurgico per atresia esofagea può essere trattato con farmaci anti-acidi?

Sebbene non vi siano studi controllati sulla gestione medica del reflusso gastroesofageo (GER) in pazienti con AE, è stato evidenziato che la gestione medica del GER con inibitori di pompa protonica è efficace, in quanto riducono i sintomi GI e/o respiratori e de-terminano un incremento ponderale efficace. Pertan-to, le linee guida raccomandano che il GER venga sistematicamente trattato per prevenire le complican-ze peptiche e le stenosi anastomotiche fino al primo anno di vita o più a lungo, a seconda della persisten-za della malattia da GER.

Page 7: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

TOPIC HIGHLIGHT L’esofago “interrotto”: non solo un problema neonatale

3

• L’atresia esofagea (AE) è una patologia in cui è necessario un approccio multidisciplinare (neonatologo, chirurgo, nutrizionista, gastroenterologo pediatra).

• La correzione chirurgica non risolve completamente le problematiche legate alle alterazioni della motilità esofagea.

• Il reflusso gastroesofageo va adeguatamente ricercato perché persiste frequentemente nei bambini con AE anche dopo i 2 anni di età, anche asintomatici, e talvolta può persistere per tutta la vita.

• La chirurgia antireflusso nei bambini con AE può essere utile: a) nelle stenosi anastomotiche ricorrenti, b) in caso di GER scarsamente controllato nonostante la terapia a massimo dosaggio di PPI, c) in caso di dipendenza a lungo termine dall’alimentazione trans-pilorica e d) se presenti crisi di cianosi.

Quanto tempo si dovrebbe attendere, dopo l’in-tervento chirurgico, prima di eseguire l’endosco-pia e la ph impedenzometria? Per quanto tempo è necessario il monitoraggio strumentale?

Il GER persiste frequentemente nei bambini con EA anche dopo i 2 anni di età, anche asintomatici, e tal-volta può persistere per tutta la vita. Le complicanze dovute a GERD possono presentarsi durante l’infan-zia, l’adolescenza e l’età adulta determinando sia stenosi anastomotiche tardive o ricorrenti, sia eso-fagite, disfagia, esofago di Barrett che complicanze polmonari. Tutti i pazienti con AE (inclusi i pazienti asintomatici) devono essere sottoposti a monitorag-gio del GER (ph-impedenziometria e/o endoscopia) al momento della sospensione del trattamento con antiacidi e durante tutto il lungo periodo di follow-up. È fortemente raccomandata l’esecuzione di un esame endoscopico routinario in pazienti asintoma-tici con AE. Il gruppo di esperti raccomanda 3 endo-scopie durante l’infanzia (1 dopo l’interruzione della terapia PPI, 1 prima dell’età di 10 anni, e 1 alla transi-zione verso l’età adulta). Dal momento che l’inciden-za di esofagite e di metaplasia gastrica, esofagea ed intestinale (Barrett) è in aumento negli adulti con AE rispetto alla popolazione generale, si raccomanda un follow-up clinico in ogni paziente adulto con AE, con particolare attenzione alla presenza di disfagia, GER, sintomi respiratori e anemia con:1. Esame endoscopico (con biopsie nei 4 quadranti

della giunzione gastroesofagea e del sito anasto-motico) al momento del passaggio all’età adulta e ogni 5-10 anni.

2. Endoscopia aggiuntiva se si sviluppano sintomi nuovi o in peggioramento.

3. In presenza di esofago di Barrett, come previsto dalle raccomandazioni del consenso.

Ci sono casi specifici in cui è necessaria la chirur-gia antireflusso?

Non sono stati riportati trial controllati sul ruolo della ge-stione chirurgica del GER in pazienti con AE. Il rischio di una fundoplicatio nei bambini con AE varia dallo 0% al 45%. Tuttavia, nei pazienti con AE che hanno scarsa motilità e clearance esofagea, la fundoplicatio può addi-rittura peggiorare la stasi esofagea alterando la motilità esofagea gravitazionale e questo può, a sua volta, peg-giorare i sintomi respiratori. La decisione di procedere ad una fundoplicatio per i soli sintomi respiratori dovreb-be essere presa con cautela. I pazienti con AE possono trarre beneficio dalla fundoplicatio in caso di:1. Stenosi anastomotiche ricorrenti, specialmente

nell’AE a “gap lungo”. 2. GER scarsamente controllato nonostante la tera-

pia a massimo dosaggio di PPI. 3. Dipendenza a lungo termine dall’alimentazione

trans-pilorica. 4. Crisi di cianosi.Si tratta pertanto di una patologia in cui è necessario un approccio multidisciplinare (neonatologo, chirur-go, nutrizionista, gastroenterologo pediatra) perché la correzione chirurgica, pur correggendo la malfor-mazione, non risolve completamente le problemati-che legate alle alterazioni della motilità esofagea. Il GER va pertanto adeguatamente valutato e monito-rato in varie età della vita.

Bibliografia 1 Krishnan U, Mousa H, Dall’Oglio L, et al. ESPGHAN-

NASPGHAN guidelines for the evaluation and treat-ment of gastrointestinal and nutritional complications in children with esophageal atresia-tracheoesophageal fistula. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2016;63:550-70.

Page 8: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

4 Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2018;X:4-9; doi: 10.19186/ggenp_2018.002

L’infezione da Clostridium difficile in età pediatricaClostridium difficile infection in children

Elena Borali1 (foto) Costantino De Giacomo2

1 SC di Pediatria, A.O. SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo, Alessandria;

2 SC di Pediatria, ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda,

Milano

Key wordsClostridium difficile infection •

Pediatrics • Diarrhea • Infectious colitis• Community acquired infection

AbstractClostridium difficile is a spore-forming, toxin-producing, anaerobic bacillus responsible of a variety of gastrointestinal manifestations raging from asymptomatic carriage to pseudomembra-nous colitis. Community-acquired Clostridium difficile infection is an increasingly appreciated condition worldwide, involving patient previous-ly considered at low risk such as children and healthy persons.

Indirizzo per la corrispondenza

Costantino De GiacomoSC di Pediatria, ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguardap.le Ospedale Maggiore 3, 20162 MilanoTel. +39 02 64442433Fax +39 02 64443915E-mail: [email protected]

CLINICAL SYSTEMATIC REVIEW a cura diOsvaldo Borrelli

IntroduzioneIl Clostridium difficile (CD) è un bacillo anaerobio, spo-rigeno, Gram-positivo, isolato per la prima volta nel 1935 da Hall e O’Toole dalle feci di neonati sani 1. Diffu-so nel suolo e nelle acque, è presente nel tratto intesti-nale animale e umano, colonizzando ≤ 3% degli adulti sani ed una quota ampiamente variabile (2,5-90%) di neonati e bambini sani, come normale costituente del microbiota intestinale. Quest’ultimo si instaura sin dal-la nascita, attraverso il passaggio nel canale del parto e l’alimentazione 2 e gradualmente evolve nei primi anni di vita fino ad assomigliare alla microflora intestinale dell’adulto, costituita principalmente da Bacteroides e Firmicutes. Il CD rappresenta il prototipo di batterio in grado di provocare una disbiosi ben conosciuta e dimostrabile: infatti, sebbene la sua presenza nell’in-testino sia di regola normale, in particolari condizioni essa si associa o addirittura è causa di significative alterazioni delle condizioni di salute. Infatti, un’analisi, stratificata per mese di età, dei dati ottenuti da diversi studi riguardanti bambini sani al di sotto dei 2 anni, ha dimostrato che alla nascita l’intestino è “sterile”, ma immediatamente dopo si instaura un fenomeno di colonizzazione da CD denominato successione ecolo-gica: i neonati presentano un picco medio di coloniz-zazione intestinale del 37% alla fine del primo mese di vita, con una graduale diminuzione con il passare dei mesi (30% tra 1 e 6 mesi; 14% tra 6 e 12 mesi, 10% dopo l’anno di vita e 0-3% dopo il 2° anno di vita, come osservato nella popolazione adulta) 3. Quindi, sebbene il CD sia presente nell’intestino sin dai primi mesi di vita, la sua crescita sproporzionata e l’azione delle sue tossine sono in grado di indurre differenti gradi di ma-lattia intestinale (da una diarrea auto-limitantesi fino al megacolon tossico)1 in specifiche condizioni associate a disbiosi, come l’immunosoppressione e/o l’infiam-mazione. Il CD è, notoriamente, la causa più comu-ne di diarrea acquisita in ambiente ospedaliero negli Stati Uniti e si associa ad una significativa morbidità e mortalità con l’aumentare dell’età, nonché a costi sanitari particolarmente elevati 4. Nonostante l’impatto dell’infezione da CD sia di gran lunga superiore nell’età

Page 9: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

CLINICAL SYSTEMATIC REVIEW L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica

5

adulta e soprattutto negli anziani, il suo ruolo patogeno nei bambini non è da trascurare, sebbene sia meno definito 5.

ObiettivoL’obiettivo di questo articolo è quello di effettuare una revisione della letteratura, al fine di sotto-lineare le modifiche epidemiolo-giche globali dell’infezione pe-diatrica da CD, i fattori di rischio correlati all’infezione, il corretto approccio diagnostico-terapeu-tico e le future prospettive tera-peutiche nei confronti di una pa-tologia di crescente interesse in ambito pediatrico.

MetodologiaIn questa revisione sono stati con-siderati 210 di 595 articoli in lin-gua inglese pubblicati negli ultimi 10 anni (2007-2017), disponibili su MEDLINE/METACRAWLER, ricer-cati tramite le parole: Clostridium difficile, Clostridium difficile infec-tion, children. Non sono stati presi in considerazione articoli unica-mente orientati alla diagnostica molecolare del CD o riguardanti popolazione pediatrica ed adulta contemporaneamente.

Epidemiologia della infezione da CD in età pediatricaVista la natura non sempre pa-togena della presenza del CD nell’intestino, è appropriato distin-guere la malattia o infezione da Clostridium difficile (CDI, C. diffi-cile infection) dalla semplice colo-nizzazione. Quest’ultima è la pre-senza del CD nelle feci, in assenza di sintomi clinici, quali la diarrea. Anche il fenomeno della coloniz-zazione sembra legato a specifici fattori di rischio, alcuni dei quali

sono stati identificati, come l’età, il basso peso alla nascita, il tipo di parto e di allattamento, even-tuali manovre intensive, la sta-gionalità  1, 6. Nell’equilibrio che si instaura tra il microbo e l’ospite, entrano in gioco molteplici fattori, come la virulenza del CD (presen-za/assenza di tossine) e la rispo-sta immune, sia innata (defensine) che adattativa con coinvolgimen-to dell’immunità cellulare (con ri-lascio di citochine, interleuchine come IL-8, IL-6, interferone-γ) ed umorale (anticorpi anti-tossine), che modulano e determinano se la presenza del microorganismo risulti in una semplice colonizza-zione o in una vera e propria infe-zione o in una recidiva 5. Inoltre, la stessa infezione, dal punto di vista epidemiologico, presenta aspetti particolari che necessitano di ul-teriori specifiche. Una patologia insorta dopo più di 48 ore dal ricovero ospeda-liero o dall’ammissione in una struttura residenziale oppure en-tro 4 settimane dalla dimissione viene considerata come correlata all’assistenza sanitaria (Healthca-re Facility associated HA-CDI). Se i sintomi compaiono tra 4 e 12 settimane dalla dimissione, l’infezione viene definita “inde-terminata”. Si parla di infezione di origine comunitaria (Commu-nity acquired- CA-CDI) quando la patologia insorge in comunità o entro 48 ore dal ricovero in un pa-ziente che non sia stato ricoverato in ospedale/struttura sanitaria nei precedenti tre mesi 1, 7. L’infezione da CD ricorrente (recidiva) viene definita come la recrudescenza della sintomatologia e la positività ai test di laboratorio per il CD che si verifica almeno 60 giorni dopo il termine del trattamento primario di una CDI  1,  8. Quest’ultima rap-presenta una condizione relativa-mente frequente e circa il 20-30% dei bambini con CDI presenta una nuova infezione, dopo una corret-

ta terapia di prima linea 6, 8. I fattori di rischio recentemente identifi-cati per la recidiva sono rappre-sentati da un precedente utilizzo di antibiotici, neoplasie, interven-ti chirurgici recenti e l’utilizzo di devices respiratori. Studi recenti condotti negli USA dimostrano che l’epidemiologia della infezio-ne da CDI sta cambiando anche in età pediatrica. In un’analisi ef-fettuata dal 2001 al 2006 su 22 ospedali pediatrici negli USA, si è assistito sia ad un aumento dei ri-coveri ospedalieri per infezione da CD (dal 2,4 al 4/1000 ricoveri) sia delle infezioni acquisite in comu-nità (dal 4,4 al 6,5/10000 pazien-ti/giorni)  1. Studi di sorveglianza condotti tra il 2010 ed il 2011 in 10 aree geografiche degli USA han-no dimostrato che il 71% dei 944 casi pediatrici di CDI era di origi-ne comunitaria. Un recente studio pediatrico retrospettivo, multicen-trico, osservazionale condotto in 7 maggiori Ospedali italiani ha evidenziato che in Italia l’inciden-za dell’infezione da CD sarebbe relativamente bassa e sostanzial-mente stabile negli anni analizzati (2008-2013)  6. Anche in Italia la maggior parte dei casi di CDI è di origine comunitaria, come dimo-strato da uno studio monocentri-co italiano, in cui, peraltro, è stato invece documentato un incremen-to significativo dei casi su un pe-riodo retrospettivo di 5 anni  9. La maggior parte delle gravi epide-mie di CDI sono state attribuite all’emergenza di un ceppo CD ipervirulento, noto come il Nord American PFGE type 1 (NAP1) o ribotipo027, caratterizzato dalla resistenza al fluoroquinolone, pro-duzione di CD Transferase (CDT) o tossina binaria, e delezioni del gene tcdC. Questi ceppi sono en-demici negli Stati Uniti, in Cana-da ed in Europa e, sebbene siano riportati nella popolazione pedia-trica a tassi più bassi (10-19% di isolati CD) rispetto agli adulti

Page 10: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

E. Borali, C. De Giacomo

6

(> 50%), in alcuni ospedali pedia-trici i ceppi NAP1 rappresentano fino al 20% di quelli isolati.

Fattori di rischio per l'infezione da Clostridium difficileA differenza dell’adulto, in epoca pediatrica sono stati condotti po-chi studi epidemiologici che valu-tano i fattori di rischio per la CDI . Farmaci: gli antibiotici, sia ne-gli adulti che nei bambini, sono considerati il fattore di rischio più importante (~50% dei casi pedia-trici) per lo sviluppo della CDI  1. Sebbene penicilline, clindamicina e cefalosporine siano gli antimi-

crobici più comunemente legati al CDI, quasi tutti gli antimicrobici sono stati associati a CD ed il ri-schio aumenta proporzionalmente al numero di trattamenti sommini-strati.Gli inibitori di pompa protonica, di largo uso talvolta improprio in età pediatrica, sono associati ad un maggior rischio di infezione da CD sia ospedaliera che acquisi-ta in comunità  1. Questo avviene perché, teoricamente, la soppres-sione dell’acidità gastrica può squilibrare il microbiota intestina-le, permettendo così a microor-ganismi potenzialmente patogeni come il CD di moltiplicarsi e viru-lentarsi.Età: tutte le età sono potenzial-mente a rischio di infezione. A

prescindere dal fenomeno della successione ecologica, il passare dell’età sembra essere un fattore di rischio indipendente sull’infe-zione da CD e sulla gravità del suo decorso clinico. Comorbidità: patologie croniche sottostanti rappresentano un im-portante fattore di rischio per CDI in ambito pediatrico, in particolare fibrosi cistica, malattie infiamma-torie croniche intestinali, trapianto di organi solidi, HIV, trapianto di cellule staminali ematopoietiche, pancreatiti e patologie neoplasti-che  1, oltre all’uso cronico di far-maci e frequenti procedure medi-che.Ospedalizzazione: sebbene l’o-spedalizzazione sia da sempre considerata un fattore di rischio

Figura 1. Algoritmo diagnostico multistep su feci per diagnosi di CDI 1. Una strategia 2-step è appropriata ai fini clinici. II 3° step potrebbe essere suggerito per studi epidemiologici o ai fini di ricerca. Ad oggi la PCR rappresenta il test più specifico e sensibile nella determinazione delle tossine.

CDI: C. difficile infection; EIA: enzyme immune assay; PCR: polymerase chain reaction

Page 11: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

CLINICAL SYSTEMATIC REVIEW L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica

7

tradizionale per CDI, studi recen-ti evidenziano, come già sopra riportato, un incremento della quota delle infezioni acquisite in comunità. A tale proposito un no-stro studio retrospettivo, condotto su bambini residenti in un conte-sto urbano italiano, ricoverati per diarrea protratta, ha evidenziato l’aumento in 5 anni (2007-2011) dell’incidenza di CA-CDI (con un incremento dei casi per ospeda-

lizzazione da 0,75 per 1000 nel 2007 a 9,8 per 1000 nel 2011) 9.

Diagnosi di CDISi basa sulla storia clinica, i sinto-mi (diarrea) e la positività ai test di laboratorio. La ricerca del CD do-vrebbe essere limitata ai bambini con diarrea (≥ 3 scariche alvine al giorno) o con diarrea ematica so-prattutto se persistente o cronica.

I bambini nei primi 1-2 anni di vita possono essere portatori asinto-matici e pertanto la ricerca del CD in tali soggetti non è raccomanda-ta a meno che non siano presenti fattori di rischio 1, 9.Esistono differenti test di labora-torio per identificare la presenza del CD: la determinazione delle tossine A e/o B, l’identificazione dell’antigene GDH (glutammato-deidrogenasi), la citotossicità cel-

Tabella I. Approcci terapeutici suggeriti 1.

Manifestazione clinica Trattamento Commenti

Episodio inizialeInfezione lieve/moderata

ReidratazioneSospensione antibioticoterapia in attoNon somministrare medicinali antiperistaltici

Metronidazolo per os (25-30 mg/kg/die fino a 500 mg, 4 volte al giorno) per 10-14 giorni

ObbligatoriaPuò essere sufficiente nei casi moderatiPossono mascherare sintomi

È il farmaco meno costoso per le forme lievi; farmacocinetica non è ideale con il 95% del farmaco assorbito nel tratto GE superiore

Infezioni severe o non risposta o intolleranza a metronidazolo

Vancomicina per os (30-40 mg/kg/die,4 volte al giorno) per 10-14 giorniVancomicina er per 14 giorni con/senza metronidazolo ev (7,5 mg/kg 3v/die)

È raccomandata negli adulti come terapia standard nelle forme più gravi di CDI; capsule costose

Prima recidivaInfezione lieve/moderata

Infezione severa o non risposta o intolleranza al metronidazolo

Metronidazolo orale (2° ciclo)

Vancomicina per os (30-40 mg/kg/die, 4 volte al giorno) per 10-14 giorni

Metronidazolo non dovrebbe essere usato per la terapia cronica (per possibile neurotossicità)

Seconda recidiva “Tapered o pulseTherapy” con vancomicina125 mg 4 volte al giorno per 14 giorni125 mg 2 volte al giorno per 7 giorni125 mg una volta al giorno per 7 giorni125 mg ogni 2 giorni per 8 giorni (4 dosi)125 mg ogni 3 giorni per 15 giorni (5 dosi)

La terapia con vancomicina è raccomandata negli adulti

Altre opzioni per infezioni ricorrenti (>2 recidive)

Vancomicina orale seguita da rifaximina (20-30mg/kg/die fino a 400 mg, 3 volte al giorno)

Fidaxomicina orale (32 mg/kg/die fino a 400 mg 2 volte al giorno per 10 giorni)Trapianto di microbiota fecaleImmunoglobuline ev (400 mg/kg /dose ripetute dopo 3 settimane fino a 5 somministrazioni)

Fidaxomicina è approvata negli adulti. Studi di fase 3 sono in corso in soggetti di età compresa tra 6 mesi e 18 anni

Colite progressiva o fulminante Chirurgia Colectomia dovrebbe essere considerata in alcuni pazienti

Page 12: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

E. Borali, C. De Giacomo

8

lulare, coltura di CD tossigenici e l’amplificazione in PCR di 16S RNA, geni per la tossina o GDH 1. Proprio per l’abbondanza di test con aspetti positivi e negativi, sono stati proposti algoritmi dia-gnostici multistep basati su un test di screening, rapido e sensibi-le, seguito da un test di conferma, più specifico per l’identificazione della tossigenicità  1 (Fig. 1). Poi-ché nei bambini con CDI, in par-ticolare nei più piccoli, possono essere associate infezioni da altri enteropatogeni (nel 10-20% dei casi si ha contestualmente positi-vità per un virus, un batterio o un parassita), bisogna ovviamente essere cauti nell’attribuire il ruolo di responsabile dell’episodio di diarrea al CD, in particolare nei bambini di età inferiore ai 5 anni 1.

TerapiaI punti cardine del trattamento della CDI sono: terapia di suppor-to (terapia infusiva parenterale), interruzione di eventuali antibioti-ci in atto, terapia specifica per il CD se necessaria (metronidazolo orale come farmaco di scelta nel-le forme lievi-moderate; vanco-micina orale in monoterapia od in aggiunta al metronidazolo nei casi severi). Il primo episodio di recidiva può essere trattato con l’antibiotico usato nel corso della prima infezione mentre gli episodi successivi richiedono trattamenti più aggressivi, quali pulsetherapy o taperingtherapy di vancomicina (Tab. I). Un recente studio retro-spettivo evidenza il successo del trattamento delle forme ricorrenti mediante trapianto di microbiota fecale mediante sondino naso-gastrico, anche nei bambini 10. La colectomia viene considerata solo nei gravi, rari casi di colite fulmi-nante in cui è compromessa la so-pravvivenza del piccolo paziente.

Conclusione e prospettiveSebbene dati recenti dimostrino che l’infezione da CD sia in incre-mento anche in età pediatrica, i dati relativi alla realtà Italiana sono scarsi e non concludenti. Vi è co-munque un’evidenza globale di un incremento delle forme di CDI acquisite in comunità, rispetto a quelle associate ai ben noti fat-tori di rischio sanitario. La terapia della CDI è basata su casistiche mutuate dall’adulto e su esperien-ze anedottiche, mancando trials pediatrici prospettici. Una recente alternativa farmacologica è rap-presentata dalla fidaxomicina, un nuovo antibiotico macrociclico che inibirebbe la sintesi dell’RNA, già approvato negli Stati Uniti per la popolazione adulta e che rap-presenterebbe una promettente opzione terapeutica anche in epo-ca pediatrica per il suo minimo assorbimento sistemico, il suo eccellente profilo di sicurezza, la sua limitata attività nei confronti della normale flora intestinale e la sua potente attività contro il CD, a fronte, tuttavia, di un costo eco-nomico elevato. Allo stato attuale, infatti, è in corso in Nord America ed Europa uno studio multicentri-co in fase 3, al fine di valutare la sicurezza. e l’efficacia in ambito pediatrico (clinicalTrials.gov iden-tifier: NCT02218372). Sono anche in corso interessanti studi sullo sviluppo di un vaccino, che alme-no nei confronti dei soggetti a ri-schio, potrebbe rappresentare un valido sistema di prevenzione di quella che, in età adulta, sembra essere una delle più frequenti cau-se infettive di morbilità e mortalità.

Bibliografia1 Borali E, De Giacomo C. Clostri-

dium difficile infection in children: a review. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2016;63:e130-e140.

2 Palmer C, Bik EM, Di Giulio DB, et al. Development of the human infant intestinal microbiota. PLoS Biol 2007;5:e177.

3 Jangi S, Lamont JT. Asympto-matic colonization by Clostridium difficile in infants: implications for disease in later life. J Pediatr Ga-stroenterol Nutr 2010;51:2-7.

4 Dubberke ER, Gerding DN, Clas-sen D, et al. Strategies to prevent Clostridium difficile infection in acute care hospital. Infect Control Hosp Epidemiol 2008;29:S81-9.

5 Enoch D.A, Butler MJ, Pai S, et al. Clostridium difficile in children: colonisation and disease. J Infect 2011;63:105-13.

6 Lo Vecchio A, Lancella L, Taglia-bue C, et al. Clostridium difficile infection in children: epidemiology and risk of recurrence in a low-prevalence country. Eur J Clin Mi-crobiol Infect Dis 2017;36:177-85.

7 Cohen SH, Gerding DN, Johnson S, et al. Society for Healthcare Epidemiology of America; Infec-tious Disease Society of Ameri-ca. Clinical practice guidelines for Clostridium difficile infection in adults; 2010 update by the So-ciety for Healthcare Epidemiology of America (SHEA) and the Infec-tious Disease Society of America (IDSA). Infect Control Hosp Epide-miol 2010;31:431-55.

8 Nicholson MR, Thomsen IP, Slaughter JC, et al. Novel risk fac-tors for recurrent Clostridium diffi-cile infection in children. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2015;60:18-22.

9 Borali E, Ortisi G, Moretti C, et al. Community-acquired Clostridium difficile infection in children: a re-trospective study. Dig Liver Dis 2015;47:842-6.

10 Kronman MP, Nielson HJ, Adler AL, et al. Fecal microbiota tran-splantation via nasogastric tube for recurrent Clostridium diffici-le infection in pediatric patients. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2015;60:23-6.

Page 13: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

CLINICAL SYSTEMATIC REVIEW L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica

9

• L’epidemiologia dell’infezione da Clostridium difficile è cambiata negli ultimi anni, con un incremento sia delle infe-zioni acquisite, in ambito ospedaliero e in comunità, sia di pazienti precedentemente considerati a basso rischio, quali i bambini.

• La diagnosi di infezione da Clostridium difficile in un soggetto con diarrea persistente/cronica è agevolata da algoritmi diagnostici multistep basati su un test di screening, rapido e sensibile, seguito da un test di conferma specifico per la tossigenicità.

• La terapia si basa su evidenze derivate dagli adulti: accanto agli antibiotici tradizionali, come metronidazolo e vanco-micina, sembra promettente l’utilizzo della fidaxomicina.

Page 14: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

10 Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2018;X:10-15; doi: 10.19186/ggenp_2018.003

Il “fegato grasso” in età pediatrica: quali novità?Non-alcoholic fatty liver disease in children: an update

Donatella Comparcola1 (foto)Antonella Mosca1

Mariateresa Sanseviero3

Maria Rita Sartorelli1

Salvatore Iasevoli4

Valerio Nobili1, 2

1 U.O.C Epato-Gastro-Nutrizione, Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù”,

IRCCS, Roma; 2 Dipartimento di Pediatria, La Sapienza Università di Roma; 3 UO Pediatria Universitaria,

Università “Magna Graecia” Catanzaro; 4 Pediatra ASL Napoli 2

Nord, Napoli

Key words NAFLD • NASH • Children • Citokine • DHA

AbstractNon-alcoholic fatty liver disease (NAFLD) is the most common chronic hepatopathy in children. Many genetic and environmental risk factors af-fect the development of steatosis and progres-sion to steatohepatitis. The gold standard for diagnosis is liver biopsy. The treatment to date is based on weight loss and regular physical ac-tivity but pharmacological therapy are under in-vestigation. In this paper we overview the key points and news about diagnosis and treatment of pediatric NAFLD.

Indirizzo per la corrispondenza

Valerio NobiliU.O. Epato-Gastro-Nutrizione, Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù”, IRCCS piazza Sant’Onofrio 4, 00165 RomaTel. +39 06 68592807Fax +39 06 68593889E-mail: [email protected]

PEDIATRIC HEPATOLOGY a cura diFrancesco Cirillo

IntroduzioneLa steatosi epatica non alcolica (Non Alcoholic Fatty Liver Disease, NAFLD) è una malattia multifattoriale che comprende un ampio spettro di patologie epati-che, che vanno dalla steatosi epatica semplice (non-alcoholic fatty liver, NAFL) alla steatoepatite non alco-lica (non-alcoholic steatohepatitis, NASH). La NAFL è caratterizzata dall’accumulo di grasso negli epatociti in percentuale superiore al 5%, in assenza di storia di consumo di alcool e di altre cause di epato-patia steatosica 1, 2.Il primo caso di NAFLD pediatrica è stato segnalato nel 1983 da Moran et al. 3.Attualmente, la NAFLD è la causa più comune di epa-topatia cronica nei bambini e negli adolescenti ed è in correlazione all’aumentata incidenza di obesità nei bambini soprattutto nei paesi occidentali. In letteratura la prevalenza della NAFLD in età pediatrica è riportata essere tra il 3% e il 12% della popolazione generale e sale fino al 70% nella popolazione obesa 1. Si prevede che la NAFLD diventi la causa prevalente di epatopatia, insufficienza epatica e indicazione al tra-pianto di fegato nel mondo occidentale.

Epidemiologia La prevalenza della NAFLD varia notevolmente a se-conda dell’etnia e del metodo diagnostico usato. Diversi studi indicano che la prevalenza di NAFLD pediatrica può variare dal 5,0% al 25,1% in diverse popolazioni. In generale la prevalenza di NAFLD nei bambini è inferiore a quella negli adulti. Recentemente è stato riportato che la prevalenza della NAFLD in ado-lescenti europei non-obesi arriva a circa 2,5% 4.Oltre all’età, ci sono differenze nella prevalenza dovute al sesso. È riportato che la prevalenza della NAFLD è più elevata nei maschi rispetto alle donne sia negli adulti che nei bambini in generale. Tali differenze di prevalenza per sesso sono più evidenti in età pedia-trica 4.

Page 15: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

PEDIATRIC HEPATOLOGY Il “fegato grasso” in età pediatrica: quali novità

11

Patogenesi La patogenesi della NAFLD è com-plessa e non del tutto nota. La NA-FLD è considerata una malattia multi-step in cui fattori genetici, epi-genetici ed ambientali interagiscono fra loro provocando un disordine metabolico responsabile dell’insor-genza e della progressione del dan-no epatico 4. Cruciale nella patoge-nesi è l’accumulo di grasso negli epatociti, dovuto allo sbilanciamen-to tra ingresso ed uscita degli acidi grassi liberi (FFAs). Inoltre, l’insulino-resistenza epatica induce la lipoge-nesi ed aumenta la produzione ed il rilascio delle lipoproteine a den-sità molto bassa (Very Low Den-sity Lipoprotein, VLDL), precursori dei trigliceridi, contribuendo al loro accumulo negli epatociti. Un ruolo chiave nella progressione del danno epatico sembra essere svolto dallo stress ossidativo. Infatti, quando i meccanismi antiossidanti intracel-lulari vengono saturati dai radicali liberi dell’ossigeno (ROS), le sostan-ze ossidanti in eccesso promuovo-no, attraverso la perossidazione lipi-dica e l’induzione di infiammazione tissutale, la progressione del danno. La produzione ed il rilascio di cito-chine ed adipochine epatiche e del tessuto adiposo, quali tumor ne-crosis factor-alpha (TNF-alfa), tran-sforming growth factor-beta (TGF-beta), interleuchina 6 (IL-6), leptina, adiponectina, contribuiscono a loro volta all’infiammazione, necrosi e fibrosi epatica  4, 5. Fattore importan-te, non modificabile, nella progres-sione della NAFLD è la presenza di alcuni polimorfismi genici a singolo nucleotide (SNPs). Numerosi studi hanno individuato alcuni SNPs in geni coinvolti nel metabolismo lipi-dico (LPIN1 e PNPLA3-Patatin-like phospholipase domain-containing protein3), nello stress ossidativo (SOD2-superossido dismutasi) e nella fibrogenesi epatica (KLF-6), che predispongono a forme più gravi di danno epatico. Il polimor-fismo del gene PNPLA3 è stato

identificato come più fortemente predittivo di NAFLD sia nell’adulto che nel bambino 4. Altro gene coin-volto è il TM6SF2 (Transmembrane 6 Superfamily Member 2), il cui po-limorfismo rs58542926 promuove una ridotta secrezione di lipopro-teine con accumulo intraepatico di trigliceridi, ed è associato a necro-infiammazione, degenerazione bal-looniforme ed evoluzione fibrotica nella NAFLD 6.Tra i fattori responsabili dello svi-luppo della NAFLD sembra avere un ruolo importante anche il mi-crobiota intestinale, tramite l’asse intestino-fegato (gut-liver axis). Gli obesi hanno un’alterata permea-bilità intestinale e le endotossine prodotte dalla flora batterica inte-stinale (es. lipopolisaccaride-LPS) attraversano la mucosa intestinale e raggiungono il fegato attraverso il circolo portale legandosi al recet-tore Toll-like 4 (TLR4) presente sulle cellule stellate epatiche, con inne-sco della cascata pro-infiammato-ria e pro-fibrogenica 4.

Diagnosi La NAFLD è spesso asintomati-ca, circa il 50% dei pazienti pre-senta epatomegalia isolata, fre-

quente è il riscontro occasionale di ipertransaminasemia durante gli esami di routine. In altri casi, la NAFLD viene accidentalmen-te scoperta a seguito di un’eco-grafia addome eseguita per altri motivi clinici. È fondamentale sempre escludere le altre cause di epatopatie steatogene (Tab. I).Nella Tabella II sono riportati gli esami ematici che andrebbero eseguiti nel sospetto di NAFLD.L’ESPGHAN (The European So-ciety for Paediatric Gastroentero-logy Hepatology and Nutrition) nel 2015 ha ribadito che la diagnosi definitiva di NAFLD in età pedia-trica richiede l’esecuzione della biopsia epatica 4, 7.Il quadro istologico della NA-FLD è caratterizzato da macro-microvescicole contenenti triglice-ridi accumulate negli epatociti che non causano né infiammazione né morte cellulare, mentre la NASH è caratterizzata da infiammazione fo-cale, fibrosi e necrosi cellulare. L’in-filtrato infiammatorio è costituito da leucociti polimorfonucleati e cellule mononucleate e si concentra at-torno a epatociti in degenerazione “balloniforme”, che talvolta con-tengono corpi ialini di Mallory. La caratteristica più significativa è la comparsa di fibrosi 4 (Fig. 1).

Figura 1. A) Quadro istologico di steatosi epatica severa (Esosina ematossilina 40x). B) Quadro istologico di NASH con fibrosi epatica (Masson 10x).

Page 16: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

D. Comparcola et al.

12

Negli ultimi anni sono stati ricer-cati dei marcatori non-invasivi di NASH 1. Diverse molecole, coin-volte nel rimodellamento nella membrana extracellulare durante la fibrogenesi, sono state conside-rate come dei possibili marcatori. Un marcatore sierico utilizzabile potrebbe essere la citocherati-na-18 (CK18), proteina intracellu-lare epatocitaria. I livelli di CK18 sono elevati nei pazienti con NA-FLD rispetto ai controlli normope-so e obesi senza coinvolgimento epatico, e si correlano alla presen-za e alla gravità della NASH. Un altro nuovo marcatore studiato è la catepsina D, una proteasi liso-somiale, utilizzabile come marker di infiammazione degli epatociti. Recentemente si è osservato che nella NAFLD pediatrica vi è una stretta correlazione tra bassi livelli di catepsina D e la gravità di in-fiammazione lobulare nonché con il punteggio NAS (NAFLD Activity Score) 2.Tra le metodiche strumentali uti-lizzabili per la diagnosi di NAFLD, l’ecografia (US) è lo strumento diagnostico più usato per sicurez-za, bassi costi e ampia diffusio-ne. L’US definisce la presenza e il grado di steatosi epatica, in base all’ecogenicità del parenchima epatico, alla visualizzazione dei vasi intraepatici e del diaframma con una sensibilità che varia tra il 96% e il 100%. L’US presenta del-le limitazioni come la dipendenza dall’operatore e non distingue la NAFLD dalla NASH non essendo in grado di rivelare la fibrosi epati-ca. Si può pertanto utilizzare la ri-sonanza magnetica che permette una migliore definizione qualitati-va e quantitativa del contenuto di trigliceridi negli epatociti. Le prin-cipali limitazioni al suo impiego sono rappresentate dai costi ele-vati e dalla necessità di sedazione nei bambini più piccoli.Recentemente, anche in età pe-diatrica si è iniziato ad utilizzare

Tabella I. Diagnosi differenziale della NAFLD in età pediatrica.

Malattie metaboliche Malattia di WilsonDeficit di α-1 antitripsinaIpercolesterolemiaGlicogenosiTirosinemiaGalattosemiaFruttosemiaOmocistinuriaAcidosi organicheDeficit apolipoproteineDifetto di sintesi degli acidi biliariEmocromatosiDifetti congeniti della glicosilazione Deficit di Lipasi acida lisosomiale (LAL)

Infezioni Epatite C cronica (HCV)Polluzione batterica

Patologie autoimmuni Epatiti autoimmuniMalattia celiacaMalattie infiammatorie intestinaliDiabete mellito Tipo 1

Farmaci AmiodaroneGlucocorticoidiAcido valproicoMetotrexateVitamina ANifedipina

Disordini nutrizionali ObesitàSindrome metabolicaMalnutrizione proteico energeticaAnoressia nervosaPerdita di peso rapidaNutrizione parenterale totale

Malattie endocrinologiche Sindrome dell’ovaio policisticoTireopatieDiabete mellito tipo 1Disordini dell’asse ipotalamo-ipofisario

Disordini genetici Fibrosi cisticaSindrome di Alström Sindrome di Bardet-Biedl Sindrome di Prader-WilliLipodistrofiaSindrome di Turner Sindrome di Dorfman-Chanarin

Altro Apnee notturne ostruttiveSindrome nefrosicaAbuso di alcoolIntossicazione da droghe (Ecstasy, Cocaina)

Page 17: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

PEDIATRIC HEPATOLOGY Il “fegato grasso” in età pediatrica: quali novità

13

l’elastografia epatica transiente (FibroScan) che stima la fibrosi in modo significativo e accurato va-lutando la rigidità del parenchima epatico. È una tecnica non-inva-siva, rapida, indolore e facilmen-te riproducibile. Il limite di questa tecnica è che nei pazienti con obesità severa la distinzione fra fibrosi e steatosi può essere par-ticolarmente difficile. Un altro test utile per la diagnosi è il test genetico, eseguito mediante un tampone buccale, che ricerca 4 mutazioni genetiche, ognuna delle quali correlata alla NAFLD: KLF6 correlato allo sviluppo della fibro-si epatica 4; PNPLA3, associato a un grado più elevato di steatosi e a un accumulo maggiore di trigli-ceridi nel fegato; SOD2, indice di stress ossidativo e infiammazione; LPIN1, gene protettivo, presente in chi sviluppa un danno epatico inferiore. Questo test multi-SNP si è di-mostrato uno strumento non-in-vasivo utile per predire la NASH nei bambini con fegato grasso, consentendo la stratificazione

dei pazienti sulla base del loro rischio di progressione e per-mettendo di definire programmi personalizzati di gestione e trat-tamento.

Terapia L’obiettivo ottimale del trattamen-to della NAFLD è ripristinare la normale architettura e funzionalità negli epatociti. Gli interventi nutri-zionali basati sulla riduzione della densità calorica, l’aumento delle fibre e la riduzione del consumo di fruttosio, soprattutto in età pedia-trica, non sono sempre efficaci a causa della poca aderenza e non sono capaci di riparare il danno epatico associato alla NASH 4. Ancora non esistono indicazioni farmacologiche guida per la tera-pia della NAFLD pediatrica, sono però in corso diversi trial clinici con farmaci individuati sulla base dei meccanismi conosciuti nella pato-genesi della NAFLD.

Interventi nutrizionaliStudi clinici hanno dimostrato che le diete ipocaloriche associate a regolare esercizio fisico sono ca-paci di indurre in bambini obesi con NAFLD la perdita di peso e un miglioramento dei parametri me-tabolici ed epatici 4.

Terapia farmacologicaNegli ultimi anni il trattamento della NAFLD pediatrica è stato rappresentato dall’integrazione nutrizionale con acidi grassi ome-ga-3 e probiotici 6. Gli acidi grassi polinsaturi (PUFA) sono costitu-iti principalmente da omega-3 e omega-6 che sono metabolizzati in modo competitivo dalle stes-se vie con conseguenti effetti anti- o pro-infiammatori. È stato dimostrato che la somministra-zione di acido docosaesaenoico (DHA, omega-3) in associazio-ne alla vitamina D ha migliorato il punteggio NAS ed ha ridotto

Tabella II. Esami di laboratorio da eseguire nei bambini con sospetta NAFLD.

Esami di routine Emocromo, elettroliti, azotemia, creatinina, acido urico, CPK, LDH

Profilo epatico ALT, AST, GGT, INR, ALT/AST ratio

Profilo lipidico Colesterolo totale, colesterolo HDL, colesterolo LDL, trigliceridi, apolipoproteine

Profilo glucidico Insulina e glicemia basali, OGTT, emoglobina glicosilata, HOMA-IR

Esclusione di altre epatopatie steatosiche

Ferro, Ferritina, saturazione della trasferrinaTSH, FT4ceruloplasmina, cupremia, cupruria delle 24 oreα-1-AntitripsinaAnticorpi transglutaminasi IgA ed IgA sieriche totaliANA, ASMA, LKM1, LC-1Virologia (HCV, HBV, EBV, CMV)Lattato

Legenda: CPK: creatinfosfochinasi; LDH: lattato deidrogenasi; AST: aspartato aminotransferasi; ALT: alanina amminotransferasi; GGT: gamma-glutamiltranspeptidasi; INR: rapporto internazionale normalizzato; HDL: lipoproteine ad elevata densità; LDL: lipoproteine a bassa densità; OGTT: test orale di tolleranza al glucosio; HOMA-IR: Homeostasis model assessment indice di insulino-resistenza; TSH: ormone tireotropo; FT4: tiroxina libera; ANA: anticorpi anti-nucleo; ASMA: anticorpi anti-muscolo liscio; LKM1: anticorpi anti-microsomi epato-renali tipo 1; LC-1: anticorpi anti-citosol epatico di tipo 1; HCV: virus epatite C ; HBV: virus epatite B; CMV: citomegalovirus; EBV: Epstein Barr virus

Page 18: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

D. Comparcola et al.

14

l’attivazione delle cellule stellate epatiche 8.Altro trattamento della NAFLD è l’uso dei probiotici per il ripristino della flora batterica e riduzione della permeabilità intestinale. L’u-tilizzo di una miscela di otto ceppi probiotici in bambini obesi affetti da NAFLD ha ottenuto un signifi-cativo miglioramento nella stea-tosi all’ecografia e una riduzione dell’indice di massa corporea 9.

Terapia chirurgicaUna strategia emergente nel tratta-mento di casi selezionati di adole-scenti obesi è la chirurgia bariatri-ca. Recenti studi hanno dimostrato che la chirurgia bariatrica induce un miglioramento dell’istologia epatica, compresa la fibrosi, delle co-morbidità (ipertensione arterio-sa, OSAS, dislipidemia) in associa-zione al cospicuo calo ponderale. La chirurgia deve essere conside-rata un’opzione terapeutica solo in adolescenti con obesità patolo-gica, BMI > 40 kg/mq e gravi co-morbidità o con BMI > 50 kg/mq e co-morbidità lievi 10.

ConclusioniSono necessari studi longitudinali di coorte per determinare la reale prevalenza e la storia naturale del-la NAFLD pediatrica. La sintoma-tologia clinica della NAFLD in età pediatrica è spesso silente, ma

essendo la NAFLD una patologia che può subdolamente progredi-re, essa non deve essere sottova-lutata nella pratica quotidiana.Ad oggi la diagnosi di NAFLD si basa su fattori di rischio ed esclusione di altre malattie del fegato, mentre la terapia consi-ste principalmente nella riduzio-ne del peso tramite corretta ali-mentazione ed un’attività fisica adeguate all’età del bambino. I farmaci disponibili includono: DHA, vitamina D, probiotici e antiossidanti (es. vitamina E). Al momento in pediatria non sono validate altre possibilità terapeu-tiche in uso negli adulti.È compito etico e istituzionale del Pediatra intervenire sulla storia cli-nica della NAFLD in età pediatrica per contrastare la progressione di malattia ed evitare che tra i bam-bini di oggi ci siano quegli adulti di un prossimo domani che necessi-teranno di trapianto epatico.

Bibliografia1 Jimenez-Rivera C, Hadjiyannakis

S, Davila J, et al. Prevalence and risk factors for non-alcoholic fat-ty liver in children and youth with obesity. BMC Pediatr 2017;17:113.

2 Nobili V, Socha P. Pediatric non-al-coholic fatty liver disease: current thinking. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2017 Oct 31 [Epub ahead of print].

3 Moran JR, Ghishan FK, Halter SA, et al. Steatohepatitis in obese children: a cause of chronic liver

dysfunction. Am J Gastroenterol 1983;78:374-7.

4 Nobili V, Alisi A, Newton KP, et al. Comparison of the phenotype and approach to pediatric vs adult patients with nonalcoholic fatty liver disease. Gastroenterology 2016;150:1798-810.

5 Nobili V, Donati B, Panera N, et al. A 4-polymorphism risk score predicts steatohepatitis in children with nonalcoholic fatty liver dise-ase. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2014;58:632-6.

6 Dongiovanni P, Petta S, Maglio C, et al. Transmembrane 6 superfa-mily member 2 gene variant disen-tangles nonalcoholic steatohepa-titis from cardiovascular disease. Hepatology 2015;61:506-14.

7 Dezsőfi A, Baumann U, Dhawan A, et al. ESPGHAN Hepatology Com-mittee. Liver biopsy in children: position paper of the ESPGHAN Hepatology Committee. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2015;60:408-20.

8 Della Corte C, Carpino G, De Vito R, et al. Docosahexanoic acid plus vitamin D treatment impro-ves features of NAFLD in children with serum vitamin D deficiency: results from a single centre trial. PLoS One 2016;11:e0168216.

9 Alisi A, Bedogni G, Baviera G, et al. Randomised clinical trial: the beneficial effects of VSL#3 in obe-se children with nonalcoholic ste-atohepatitis. Aliment Pharmacol Ther 2014;39:1276-85.

10 Manco M, Mosca A, De Peppo F, et al. The benefit of sleeve ga-strectomy in obese adolescents on nonalcoholic steatohepatitis and hepatic fibrosis. J Pediatr 2017;180:31-7.

Page 19: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

PEDIATRIC HEPATOLOGY Il “fegato grasso” in età pediatrica: quali novità

15

• La steatosi epatica non alcolica (NAFLD) è la causa più comune di epatopatia cronica nei bambini e negli adolescenti. La sua prevalenza non è identificabile con esattezza ma è associata all’aumentata incidenza dell’obesità, soprattutto nei paesi occidentali.

• La NAFLD è considerata una malattia multi-step, in cui interagiscono fattori genetici ed ambientali, incluso il micro-biota intestinale, che portano ad insorgenza e progressione del danno epatico.

• La NAFLD è spesso asintomatica ed in genere il primo dato è il riscontro occasionale di ipertransaminasemia. È ne-cessario sempre escludere tutte le altre possibili cause di epatopatia.

• La terapia è volta a bloccare la progressione verso la cirrosi e si basa su modifiche dello stile di vita sia per quanto riguarda la dieta che l’attività fisica. Non sono al momento noti approcci terapeutici mirati ma si possono utilizzare composti come DHA, vitamina D e probiotici.

• L’epidemia della NAFLD in pediatria è un problema emergente, ma le conseguenze sociali, economiche e soprattutto sanitarie saranno drammaticamente visibili nei prossimi anni.

Page 20: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

16 Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2018;X:16-21; doi: 10.19186/ggenp_2018.004

Nuove diete vegetariane e veganeNew vegetarian and vegan diets

Domenica Elia (foto)Teresa CapriatiValentina Papa

Antonella Diamanti

Unità Operativa Semplice di Nutrizione Artificiale, Ospedale

Pediatrico “Bambino Gesù”, IRCCS, Roma

Key wordsChild nutrition • Vitamin B12 • Protein quality • Vegan diet • Complementary feeding

AbstractA vegetarian diet has been show to be associ-ated with lower risks of metabolic disease and lower prevalence of obesity.A well balanced lacto-ovo-vegetarian diet can satisfy all nutritional needs of the growing child. In contrast, a vegan diet, excluding all animal food sources, has at least to be supplemented with vitamin B12, with special attention to ad-equate intakes of calcium and zinc and energy dense foods containing enough high-quality pro-tein for young children.

Indirizzo per la corrispondenza

Domenica EliaUnità Operativa Semplice di Nutrizione Artificiale, Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù”, IRCCSpiazza S. Onofrio 4, 00165 RomaE-mail: [email protected]

PEDIATRIC NUTRITION & HEALTH AND FOOD SCIENCE a cura di

Antonella Diamanti

È sempre più diffusa nelle popolazioni occidentali la convinzione che la dieta vegetariana possa compor-tare indubbi vantaggi per la salute umana a lungo ter-mine, sia nell’adulto che nel bambino, purché vengano adottati corretti principi nutrizionali 1.I vantaggi di questo regime dietetico sono verosimilmen-te da attribuire ad un effetto più marcato sul peso corpo-reo e sul profilo dei lipidi plasmatici, nonché al maggior consumo di fibre, folati ed antiossidanti di origine vege-tale in grado di svolgere un intervento di prevenzione pri-maria delle patologie-killer in età adulta, quali l’obesità, il diabete, la cardiopatia ischemica e il cancro 2.La dieta vegetariana comprende i derivati del latte e l’uovo, fonti importanti di proteine di elevato valo-re biologico, calcio ed altri nutrienti, che invece sono esclusi nello schema vegano.Come tutti gli schemi dietetici restrittivi particolare at-tenzione va osservata affinché venga assicurato un apporto adeguato di energia e nutrienti. La crescita dei bambini vegetariani non si discosta significativamente dalla normalità, mentre quella dei bambini vegani può risultare più lenta, ma sempre nei limiti della norma. Alcuni studi suggeriscono che un regime vegano, a dif-ferenza di quello vegetariano, possa associarsi nel lun-go termine ad una ridotta densità ossea e un maggior rischio di fratture in conseguenza del ridotto apporto di calcio. La questione è controversa: il ridotto apporto proteico ed il maggior apporto di frutta e verdura della dieta vegana comportano un effetto alcalinizzante nel plasma che tende a ridurre il riassorbimento di calcio a livello osseo, riducendo il rischio di osteoporosi. Altri nutrienti che possono risultare deficitari nelle diete ve-getariane sono l’acido alfa-linolenico, il ferro, lo zinco, e la vitamina D, ma la loro carenza è di solito subclini-ca. Indispensabile invece è la supplementazione con vitamina B12, soprattutto nei regimi vegani 3.La scelta vegetariana o vegana non rappresenta un problema durante i primi 6 mesi di vita, poiché sia il latte materno che le formule per l’infanzia garantisco-no un adeguato apporto di energia e di nutrienti, ad eccezione del ridotto apporto di vitamina B12 con il

Page 21: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

PEDIATRIC NUTRITION & HEALTH AND FOOD SCIENCE Nuove diete vegetariane e vegane

17

latte materno di mamma vegana, se non supplementata, la cui ca-renza può causare un grave dan-no neurologico non sempre rever-sibile dopo terapia vitaminica.La scelta migliore per una dieta vegana del lattante, in sostituzione del latte materno, è rappresentata dal latte formulato a base di soia. Al momento del divezzamento gli alimenti solidi possono essere in-trodotti seguendo una “scaletta” simile a quella degli schemi non vegetariani  4. I prodotti a base di carne possono essere sostituiti dal tofu (derivato della soia), pu-rea di legumi e da tuorlo d’uovo e formaggio (questi ultimi solo negli schemi vegetariani).A partire da 8-10 mesi potranno essere impiegate piccole quantità di hamburger vegetali come pro-dotti di lavorazione della soia e del frumento, rispettivamente Tempeh e Seitan (prestando attenzione alla presenza di sale e additivi) (Tab. I). Un adeguato apporto di grassi potrà essere assicurato dal con-sumo di olio d’oliva e da piccole quantità di frutta secca quali man-

dorle, noci e avocado schiaccia-to (dopo l’anno di età e se non è presente familiarità per allergia). Dopo il secondo semestre di vita, se il bambino non assume più il latte formulato di soia, sarà uti-le supplementare l’alimentazione con olio di semi di lino per garan-tire un apporto bilanciato di pre-cursori degli acidi grassi omega-3 (ω-3: docosaesaenoico = DHA ed eicosapentaenoico = EPA) e un corretto rapporto omega-6/ome-ga-3 (ω-6/ω-3).Un crescente numero di ragazze/i inizia a seguire uno schema vegeta-riano/vegano durante l’adolescenza, anche in famiglie di onnivori. Que-sta tendenza non dovrebbe essere vista negativamente, poiché uno schema vegetariano può risultare appropriato e salutare per l’adole-scente, purché le scelte alimentari siano attentamente pianificate. Oc-corre prestare attenzione soprat-tutto all’apporto di calcio, ferro, vi-tamina B12 e vitamina D. Gli studi più recenti non hanno confermato il rischio di menarca tardivo nelle ra-gazze vegetariane rispetto alle non-

vegetariane 5. È bene precisare che la dieta vegetariana non comporta il rischio di sviluppare un disturbo del comportamento alimentare, ma è possibile che uno schema dieteti-co restrittivo, come la dieta vegana, venga avviato per “camuffare” una patologia di questo tipo. In genera-le, lo schema vegetariano migliora la qualità nutrizionale, rispetto alla dieta tipica dell’adolescente, poiché comporta un maggior consumo di cibi salutari quali frutta e verdure e minore apporto di cibi “spazzatura” (junky food), con conseguente mag-gior consumo di nutrienti importanti quali fibre, ferro, folati, vitamina A e vitamina C (Tab. II).

ASPETTI NUTRIZIONALI DA MONITORARE NELLA GESTIONE DELLA DIETA VEGETARIANA E VEGANA

Apporto energetico e crescitaLa dieta vegetariana comporta un

Tabella I. Schema pasti 1° anno di vita.

Alimento 4°-6° mese 6°-8° mese 8°-10° mese 10°-12° mese

Latte Latte materno o formula di soia

Idem Idem Idem

Cereali Crema di riso o mais e tapioca

o pappa di miglio

Idem +Semolino di grano o

multicereali o biscotto granulato senza latte e senza uovo (solo nelle diete vegane)

Idem +Pastina o riso o altri cereali

(es. a base di farro)

Idem +Biscotti o fette biscottate

senza latte e senza uovo (solo nei vegani)

Cereali fortificati

Frutta Mela o pera omogeneizzata

Idem + bBanana e prugna

Frutta fresca + succo di frutta non zuccherato

Idem

Legumi Nessuno Legumi passati (fagioli, lenticchie)

TofuRobiola o ricotta o formaggio

stagionato (nelle diete vegetariane)

Legumi passati (fagioli, lenticchie)

TofuRobiola o ricotta o formaggio stagionato o uovo (nelle diete

vegetariane)

Legumi passati (fagioli, lenticchie, ceci, piselli, soia)

TempehRobiola o ricotta o formaggio

stagionato o uovo (nei vegetariani)

Verdure Nessuna Brodo vegetale (patate, carote, zucchine)

Idem +Lattuga e zucca

Idem + Fagiolini

Page 22: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

D. Elia et al.

18

apporto energetico adeguato, no-nostante la minore densità calori-ca in rapporto al volume dei pasti.Il rischio di un deficit energetico cronico, con conseguente influen-za negativa sulla crescita, deve essere tenuto presente prevalen-temente nei bambini a dieta vega-na, per la presenza di alimenti ad elevato potere saziante. Per scon-giurare tale pericolo, è importante frazionare i pasti durante la gior-nata e utilizzare alimenti ad ele-vata densità calorica quali cereali (preferibilmente senza aggiunta di crusca), frutta secca, olio extra-vergine di oliva.Nel bambino più grande l’impie-go di pasti frequenti, di snack e di prodotti ricchi di carboidrati com-plessi e grassi insaturi (cereali da

colazione, pane, pasta e pizza, frutta secca) può aiutare a soddi-sfare il fabbisogno energetico.

Apporto proteicoAnche una dieta vegana assicura un apporto sufficiente di aminoaci-di essenziali. Tuttavia, in considera-zione della ridotta biodisponibilità delle proteine vegetali, è consi-gliabile aumentare l’apporto gior-naliero proteico del 30-35% fino a 2 anni, del 20-30% fino a 6 anni e del 15% dopo i 6 anni, rispetto ai valori consigliati per i non vegeta-riani, anche se va sottolineato che, con la recente pubblicazione dei nuovi LARN, il fabbisogno proteico giornaliero è notevolmente diminu-ito nella fascia pediatrica perché le diete fortemente iperproteiche

costituiscono un fattore predispo-nente verso l’insorgenza di obesità infantile.Le maggiori fonti proteiche di ori-gine vegetale sono i legumi (fa-gioli, piselli, lenticchie, fave, ceci, soia, lupino), i cereali e la frutta secca. I cereali sono poveri di lisi-na (tranne la quinoa, ricca di ami-noacidi essenziali) e i legumi sono poveri di metionina, per cui risulta vantaggiosa un’assunzione com-plementare di questi alimenti, an-che se non necessariamente nello stesso pasto.

Lipidi e acidi grassi La dieta vegana non comporta necessariamente una riduzione dell’apporto lipidico rispetto alla dieta vegetariana (che, se non ben bilanciata, può addirittura favorire un aumento dell’intake di coleste-rolo), ma deve essere attentamen-te monitorato l’apporto di acidi grassi essenziali. Alcuni cibi ad elevato contenuto di grassi come le noci, i semi oleaginosi (girasole, zucca, sesamo, lino, papavero), l’avocado, prodotti derivati dalla soia e olii vegetali, rivestono un ruolo importante nella dieta ve-gana e un aspetto da considera-re riguarda il minor intake di acidi grassi della serie ω-3 contenuti soprattutto nel pesce, nei frutti di mare e nelle uova, rispetto agli aci-di grassi della serie ω-6. Il conse-guente elevato rapporto ω-6/ω-3 potrebbe favorire la formazione di citochine pro-infiammatorie, con aumento del rischio a lungo ter-mine di patologie degenerative e autoimmuni. È importante pertan-to che le diete vegane includano fonti adeguate di acido alfa-lino-lenico (ALA, ω-3), quali i semi di lino macinati, le noci ed i prodotti derivati dalla soia, e olii a ridotto contenuto di acido linoleico (ω-6), come l’olio extravergine di oliva.

Fibre L’apporto di fibra alimentare può

Tabella II. Esempio schema vegano per adolescente.

Schema per adolescente

Calorie 2253: Proteine 63 g, Lipidi 87 g, Glucidi 325 g, Calcio 730 mg, Fe 12,3 mg, Omega 3 2 g

Colazione Latte di soia o avena arricchito con calcio 250 mlPane 50 g (bianco o integrale) oppure 4 gallette di riso o farro o mais con 1 cucchiaino di marmellata di mirtilli o frutti di bosco senza zuccheri aggiunti su ogni fetta oppure bicchiere di fiocchi di cereali fortificati 40 g4 noci e 20 g di mandorle

Spuntino Pane 50 g + cioccolato fondente 20 g

Pranzo Pasta 100 g o riso (integrali o raffinati) o pasta di farro o miglio o grano saraceno o farro o quinoa o orzo o avena o mais 100 gLegumi 50 g Insalata mista (carote, finocchi, pomodori, cetrioli) 200 g con semi di Chia3 cucchiaini di olio extra vergine di oliva 1 cucchiaino olio di lino 1 frutto

Merenda Frutta fresca di stagione 100 g2 fette biscottateOppure un frullato con 125 ml di latte di avena o cocco + 100 g di frutta + 20 g di frutta secca zuccherina

Cena Hamburger di soia 100 gZucca 200 gPane (bianco o integrale) 50 g oppure 200 g di patate3 cucchiaini olio extra vergine di oliva olio di lino 5 ml (1 cucchiaino)1 frutto

Page 23: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

PEDIATRIC NUTRITION & HEALTH AND FOOD SCIENCE Nuove diete vegetariane e vegane

19

essere eccessivo (>  0,5 g/kg/die) nella dieta vegetariana e vegana, il che potrebbe comportare un’ec-cessiva diminuzione della densità calorica ed interferire negativamen-te con l’assorbimento dei minerali, per cui è preferibile evitare alimenti integrali per non incrementare ulte-riormente l’apporto di fibre.

Ferro, zinco e calcioSebbene non sia stata documen-tata una maggiore incidenza di carenza marziale rispetto ai non vegetariani, è consigliabile un ap-porto maggiorato dell’80% di fer-ro, sia nei bambini vegetariani che in quelli vegani, a causa della mi-nore biodisponibilità del ferro non-eme presente nei vegetali.Va tenuto presente che gli alimen-ti ricchi di vitamina C favoriscono l’assorbimento del ferro, mentre i fitati, i tannini e le fibre in genere lo inibiscono. L’uso di alimenti for-tificati in ferro, come i cereali, può essere consigliabile soprattutto durante le fasi di rapida crescita.Anche per lo zinco si pone un pro-blema di minore biodisponibilità, soprattutto in caso di elevato inta-ke di fitati, di cui sono ricchi i ce-reali integrali e i legumi. Pertanto è consigliabile un apporto alimen-tare di zinco superiore del 50% rispetto al normale. Gli alimenti più ricchi di zinco sono i legumi, la frutta secca, il formaggio, il pane lievitato naturalmente e i prodotti a base di soia fermentata. Per diminuire la presenza di acido fitico negli alimenti si può ricorrere ad alcune pratiche di preparazio-ne degli alimenti, come ad esem-pio l’ammollo e la germogliazione di legumi, cereali e semi; la lievi-tazione e la fermentazione, come ad esempio quelle utilizzate per la produzione di miso e tempeh, sono in grado di aumentare la biodisponibilità dei micronutrienti come ferro e zinco. L’apporto di calcio è adeguato nel-la dieta vegetariana, poiché il latte

e i suoi derivati ne contengono ele-vate quantità, mentre può risultare sub-ottimale nella dieta vegana. Il latte materno contiene quanti-tà adeguate di calcio anche se la mamma è vegana. Al momento del divezzamento è opportuno utiliz-zare alimenti addizionati di calcio, come cereali o prodotti di soia, o naturalmente ricchi di questo mi-nerale come le verdure a foglia e i cavoli. Anche la frutta secca e i semi di chia sono una fonte di cal-cio ma devono essere introdotti con cautela nella prima infanzia per la potenziale natura allergenica dei semi (si consiglia comunque di triturarli o polverizzarli per il poten-ziale rischio di soffocamento nei bambini più piccoli) (Tab. III).

Vitamina B12 Essendo la vitamina B12 presen-te esclusivamente in alimenti di

origine animale, a parte eccezioni quali l’alga marina Porphyra um-bilicalis (nota come Nori in Giap-pone e Laver in Galles), la dieta vegana comporta un significativo rischio di carenza di questa vita-mina.I soggetti a maggior rischio ca-renziale sono i lattanti alimentati al seno da madre vegana che non assume vitamina B12, nei quali lo stato carenziale può causare non solo anemia megaloblastica, ma anche rallentamento di crescita e gravi turbe neurologiche 6.È bene sottolineare che un eleva-to apporto di folati, caratteristico delle diete vegetariane, può ma-scherare l’anemia ma non le com-plicanze neurologiche del deficit di vitamina B12.Le migliori fonti alimentari di B12 per i vegani sono rappresentate dagli alimenti addizionati, quali i

Tabella III. Oligoelementi nella dieta vegana e vegetariana.

Rischio Soluzione

Ferro Minore biodisponibilità del ferro non-eme presente nei vegetali

Prevedere apporto maggiorato dell’80% di ferro, sia nei bambini vegetariani che in quelli vegani Gli alimenti ricchi di vitamina C favoriscono l’assorbimento del ferro mentre i fitati, i tannini e le fibre lo inibiscono L’uso di alimenti fortificati in ferro, come i cereali, può essere consigliabile

Zinco Minore biodisponibilità, soprattutto in caso di elevato intake di fitati, di cui sono ricchi i cereali integrali e i legumi

È consigliabile un apporto alimentare di zinco superiore del 50% rispetto al normale Gli alimenti più ricchi di zinco sono i legumi, la frutta secca, il formaggio, il pane lievitato naturalmente e i prodotti a base di soia fermentata

Calcio Il latte materno contiene quantità adeguate di calcio anche se la mamma è vegana

Al momento del divezzamento è opportuno utilizzare alimenti addizionati di calcio, come cereali o prodotti di soia, o naturalmente ricchi di questo minerale come le verdure a foglia e i cavoli, la frutta secca e i semi di chia. Nessun problema per i latto-vegetariani

Page 24: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

D. Elia et al.

20

cereali (anche se non sufficienti a scongiurare il pericolo di deficit ) e le formule a base di soia (in cui abbiamo garanzia di un adeguato apporto fino a quando viene utiliz-zato nel primo anno di vita). L’apporto giornaliero consigliato è di 0,4 mg da 0 a 6 mesi e di 0,5 mg da 6 a 12 mesi.

Vitamina D Premesso che anche una mode-sta esposizione solare (volto e mani per 20-30 minuti 3 volte a settimana) nei bambini con pel-le chiara è sufficiente a preveni-re la carenza di questa vitamina, nella dieta vegana può verificarsi un suo scarso apporto alimenta-re. Il problema può essere risolto mediante assunzione di alimenti integrati (formule a base di soia o di riso) o supplementazione far-

macologica (400 U.I. di vitamina D durante il primo anno di vita).

Vitamina A Una dieta con soli alimenti ve-getali è povera di vitamina A, ma la carenza può essere prevenuta grazie al consumo di alimenti ric-chi di carotene (pro-vitamina A), di cui sono ricche la frutta, le verdure di colore arancio o giallo e quelle a foglia (Tab. IV).

Bibliografia 1 Craig WJ, Mangels AR; American

Dietetic Association. Position of the American Dietetic Association: vegetarian diets. J Am Diet Ass 2009;109:1266-82.

2 Craig WJ. Nutrition concerns and health effects of vegetarian diet. Nutr Clin Pract 2010;25:613-20.

3 Reed Mangels A, Messina V. Consideration in planning vegan diets: infants. J Am Diet Assoc 2001;101:670-7.

4 Fewtrell M, Bronski J, Campoy C, et al. Complementary feeding: a position paper by the European Society for Paediatric Gastroente-rology Hepatology and Nutrition (ESPGHAN) Committee on Nutri-tion. JPGN 2017;64:119-32.

5 Van Winckel M, Vande Velde S, De Bruyne R. Vegetarian infant and child nutrition. Eur J Pediatr 2011;170:1489-94.

6 Guez S, Chiarelli G, Menni F, et al. Severe vitamin B12 deficiency in an exclusively breastfed 5-month-old Italian infant born to a mother receiving multivitamin supplemen-tation during pregnancy. BMC Pe-diatr 2012;12:85.

Tabella IV. Le vitamine nella dieta vegetariana e vegana.

Rischio Consiglio

Vit B12 I soggetti a maggior rischio carenziale sono i lattanti alimentati al seno da madre vegana, nei quali lo stato carenziale può causare non solo anemia megaloblasti-ca, ma anche rallentamento di crescita e gravi turbe neurologicheUn elevato apporto di folati, caratteristico delle diete vegetariane, può mascherare l’anemia ma non le com-plicanze neurologiche del deficit di B12

Le migliori fonti alimentari di B12 per i vegani sono rap-presentate dagli alimenti addizionati, quali i cereali e le formule a base di soia. L’apporto giornaliero consigliato è di 0,4 μg da 0 a 6 mesi e di 0,5 μg da 6 a 12 mesi

Vit D Disturbi della salute dell’osso (osteopenia, osteomala-cia, osteoporosi)

Alimenti integrati (formule a base di soia o di riso) o supplementazione farmacologica (400 U.I. di vitamina D durante il primo anno di vita) Modesta esposizione solare (volto e mani per 20-30 mi-nuti 3 volte a settimana) nei bambini con pelle chiara è sufficiente a prevenire la carenza di questa vitamina

Vit A Alterazioni della vista, disturbi della pelle e bassa resi-stenze alle infezioni

Alimenti ricchi di carotene (pro-vitamina A), di cui sono ricche la frutta, le verdure di colore arancio o giallo e quelle a foglia verde

Page 25: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

PEDIATRIC NUTRITION & HEALTH AND FOOD SCIENCE Nuove diete vegetariane e vegane

21

• La dieta vegetariana, se ben pianificata, può comportare indubbi vantaggi a lungo termine nel mantenere condizioni di salute ottimali in quanto ricca di sostanze funzionali e più povera di grassi saturi e cibi industriali.

• Nelle diete vegane occorre monitorare con particolare attenzione l’apporto di calcio, ferro, zinco, vitamina B12 e acido linolenico.

• Nella dieta non bisogna considerare solo la copertura dei fabbisogni ma la reale biodisponibilità dei nutrienti e la loro assimilazione.

• Occorre garantire il costante monitoraggio dei parametri di crescita e la verifica degli apporti nutrizionali.

Page 26: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

22 Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2018;X:22-28; doi: 10.19186/ggenp_2018.005

La diagnosi differenziale dell’anatomo patologo nelle colitiThe histopathological differential diagnosis of colitis

Vincenzo Villanacci (foto)Valentina Crisafulli

Istituto di Anatomia Patologica Spedali Civili Brescia

Key wordsColitis • Ulcerative colitis • Crohn’s

disease • Inflammation

AbstractHistological evaluation is still today one of the key moments for the diagnosis of Crohn’s dis-ease and Ulcerative Colitis, as well as differ-ential diagnosis with other forms of colitis. The purpose of this brief discussion is to provide simple, easily reproducible crite-ria to make possible to understand to pedi-atrics what are the diagnostic procedures and the basic elements to make a diagnosis as much as possible certain and definitive. It is important to keep in mind that a correct di-agnosis is always the result of a team work be-tween different specialists of which the gastro-enterologist is the coordination element.

Indirizzo per la corrispondenza

Vincenzo VillanacciAnatomia Patologica, Spedali Civili Brescia piazzale Spedali Civili 1, 25123 Brescia E-mail: [email protected]

TRAINING AND EDUCATIONAL CORNER A CURA DI

BARBARA BIZZARRI

Il corretto campionamentoLa diagnosi iniziale di colite, fatta eccezione per i casi di colite fulminante o di megacolon tossico, in cui l’e-same istologico è compiuto su pezzi operatori, viene effettuata su materiale bioptico, ossia su frammenti di mucosa colica o intestinale che vengono prelevati nel corso dell’esame endoscopico; è importante che il patologo conosca tutti i dati clinici relativi al pazien-te: durata e tipo dei sintomi, estensione delle lesioni all’esame endoscopico, eventuali esami radiologici e/o ecografici effettuati e, soprattutto, l’opinione del gastroenterologo e dell’endoscopista; in questo senso è consigliabile fornire al clinico e all’endoscopista una scheda correttamente compilata che comprenda tutti i dati sopra menzionati, da associare sempre al mate-riale bioptico (Fig. 1). Altro elemento importante è un adeguato campiona-mento dei tratti esplorati in modo da fornire il maggior numero di biopsie possibili da esaminare, compatibil-mente con le condizioni del paziente e dello stato dei segmenti esaminati. In tal senso è ottimale effettuare almeno una o due biopsie di ciascuno dei seguenti tratti: retto, sigma, colon discendente, colon trasverso e colon ascendente oltre a prelievi dell’ileo termina-le 1, 2.Queste biopsie devono sempre essere correttamente orientate in modo da permettere una precisa localiz-zazione sia della sede del prelievo bioptico, sia delle differenti strutture anatomiche che compongono la pa-rete intestinale.L’orientamento delle biopsie su filtri millipore di ace-tato di cellulosa rappresenta, nella nostra esperienza, mutuata da quella dell’Ospedale St. Mark di Londra, il mezzo più utile e facile da utilizzare.Sul filtro le biopsie devono essere disposte lungo una precisa linea retta. Questa metodica permette al tecnico di anatomia pa-tologica di includere le biopsie nel loro insieme, senza necessità di toccarle, disponendo di un preciso punto di repere per l’inclusione stessa. Il “vetrino” è costituito da una sottile sezione del cam-pione istologico iniziale, colorata e montata su un sup-

Page 27: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

TRAINING AND EDUCATIONAL CORNERLa diagnosi differenziale dell’anatomo patologo nelle coliti

23

porto vitreo che verrà esaminato al microscopio ottico. La routina-ria colorazione in ematossilina ed eosina è sufficiente per permette-re ad un patologo esperto di for-mulare una diagnosi di certezza.

Diagnosi differenziale fra mucosa normale e mucosa patologicaDi fronte ad un preparato istologi-co il patologo deve porsi e deve saper rispondere alle seguenti do-mande:• La mucosa ha un aspetto nor-

male o patologico?• In caso di patologia, si tratta

di una malattia infiammatoria cronica (IBD), oppure di un’al-tra forma di colite?

• Se è una malattia infiammato-ria cronica, è una malattia di Crohn (CD) o una Colite Ulce-rosa (UC)?

Per quanto riguarda il primo punto il patologo deve sempre esamina-re quattro parametri fondamenta-li 1-3:

• architettura della mucosa;• cellularità della lamina propria; • infiltrazione di elementi infiam-

matori nella lamina propria ed eventualmente nelle ghiandole;

• anormalità dell’epitelio.In una mucosa normale gli elemen-ti ghiandolari sono perfettamente paralleli tra loro, occupano l’intero spessore della mucosa giungen-do a contatto con la “muscolaris mucosae” ed hanno un corredo di cellule producenti muco che riveste l’intera ghiandola. Nella lamina propria si possono trova-re plasmacellule, linfociti, occa-sionali granulociti eosinofili ma non granulociti neutrofili. Se que-sti elementi sono alterati in vario modo ci troviamo di fronte ad una condizione patologica: si tratta di definire quale ne sia la natura.Per questo secondo aspetto occorre considerare molteplici forme di coli-te non IBD che molto semplicemen-te possono essere così riassunte:• coliti infettive (comprendenti

anche le forme parassitarie);• coliti ischemiche;• coliti pseudo-membranose; • coliti rare.

Diagnosi differenziale fra coliti IBD e coliti NON-IBDLe coliti a genesi infettiva rappre-sentano, anche in età pediatrica, un importante capitolo della pato-logia gastroenterica 1. I criteri iniziali per discriminare fra le due condizioni sono clinici e di laboratorio: durata della diarrea ed esame colturale delle feci. Nei pazienti con esame colturale ne-gativo e una diarrea persistente da più di due settimane deve es-sere considerata la possibilità di una IBD 1.Alcuni dei più comuni patogeni implicati nella patogenesi infet-tiva sono: Salmonella, Shigella, Yersinia, Campylobacter, Esche-richia Coli, Clostridium difficile e, più raramente, Amoeba e Myco-bacterium tuberculosis. La sensi-bilità dell’esame colturale durante la diarrea acuta è molto variabile, dal 40% all’80% 1, 4.Alcuni agenti infettivi (Clostridium difficile e Citomegalovirus) posso-no determinare l’esacerbazione di una sottostante colite IBD. Anche se normalmente la presen-tazione clinica, i dati anamnestici e l’esame colturale sono sufficienti per arrivare ad una diagnosi, può accadere che si renda necessaria l’esecuzione di una colonscopia con biopsie.In tal caso gli elementi morfologi-ci che permettono al patologo di porre una diagnosi di colite infetti-va sono i seguenti 4:• normale architettura degli ele-

menti ghiandolari;• aumento della cellularità della

lamina propria;• infiltrazione di granulociti po-

limorfonucleati neutrofili nelle fasi iniziali;

• deplezione dell’attività mucipa-ra degli elementi ghiandolari;

• infiammazione discontinua e focale criptite, ossia aggres-sione degli elementi ghiando-

Figura 1.A) Scheda da compilare comprendente i dati clinici, il numero e la sede delle biopsie effettuate: B) Filtri di acetato di cellulosa su supporto).

Page 28: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

V. Villanacci, V. Crisafulli

24

lari da parte degli elementi in-fiammatori.

Le caratteristiche istologiche che si osservano esclusivamente nelle IBD e non nelle coliti infettive acu-te sono le seguenti 1-3: • distorsione architetturale delle

cripte;• plasmocitosi basale (presenza

di almeno 3 plasmacellule alla base o intorno agli elementi ghiandolari);

• metaplasia a cellule di Paneth

a livello del colon sinistro (le cellule di Paneth in condizioni fisiologiche si riscontrano sola-mente nel colon destro) (Fig. 2).

In ambito pediatrico, a differenza dell’adulto, va detto che queste ultime caratteristiche possono non essere ancora visibili nelle forme precoci di IBD in una signi-ficativa minoranza di piccoli pa-zienti (10-34%) 5, 6. Ciò può essere spiegato con di-verse ipotesi: i sintomi nel bam-

bino divengono conclamati in epoche molto più precoci della malattia oppure nel bambino le modificazioni croniche si instau-rano più lentamente che nell’adul-to 5, 6. Va ricordato che in alcuni casi, ad esempio nelle coliti amebiche da Schistosoma, Strongiloides Stercoralis e Brachispira Aalborgi nonché in quelle da virus (Citome-galovirus e Adenovirus), i micror-ganismi o i loro effetti citopatici specifici possono essere ricono-sciuti all’esame istologico da par-te di un patologo con sufficiente esperienza.La colite pseudomembranosa è generalmente legata all’impiego di antibiotici che determinano la prevalenza del Clostridium diffi-cile, la cui tossina è patogena; in questo caso l’esame istologico è determinante in quanto l’aspetto classico è rappresentato da un accumulo di fibrina e granulociti eosinofili, inizialmente sulla su-perficie della mucosa, a formare le classiche pseudo-membrane (Tipo I), successivamente negli elementi ghiandolari che si dilata-no e assottigliano con aree di ne-crosi (Tipo II) e infine una necrosi diffusa, talvolta indistinguibile dal-la necrosi ischemica (Tipo III).

Diagnosi differenziale fra coliti IBD e coliti ischemicheLe coliti Ischemiche sono condi-zioni legate ad un arresto totale o parziale del flusso ematico a livel-lo colico per le ragioni più svariate (aterosclerosi negli adulti, embo-lie, cause meccaniche, soprat-tutto danno da farmaci). Indipen-dentemente dalla causa, in tutte queste forme, l’elemento morfolo-gico che permette la diagnosi è il riscontro di necrosi coagulativa ed eventualmente di trombosi delle strutture vascolari.

Figura 2.A-B: Colite ulcerosa in fase attiva con gli ascessi criptici. C: Plasmacellule in posizione basale frammiste ad eosinofili D: Malattia di Crohn settorialità della componente infiammatoria a sinistra zona infiammata a destra zona non in-fiammata. E: infiltrazione di elementi infiammatori nell’epitelio superficiale di un villo dell’ultima ansa intestinale. F: Granuloma.

Page 29: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

TRAINING AND EDUCATIONAL CORNERLa diagnosi differenziale dell’anatomo patologo nelle coliti

25

A queste forme “classiche” si pos-sono aggiungere forme particolari che si citano per completezza: la colite collagena, la colite linfociti-ca, la colite correlata a diverticoli, per altro poco frequenti, se non assenti, in ambito pediatrico.

Coliti IBD: diagnosi differenziale fra Colite Ulcerosa e Malattia di CrohnÈ importante ricordare che un sup-porto alla diagnosi istologica è forni-to, in questa fase, dalla valutazione macroscopica eseguita dall’endo-scopista (es. se la mucosa è inte-ressata in modo continuo oppure in modo discontinuo, l’eventuale pre-senza di ulcere ampie e confluenti nella Colite Ulcerosa (UC) e sottili, a colpo d’unghia nel Malattia di Crohn (CD), il coinvolgimento del retto e l’estensione all’ileo terminale).

Le alterazioni istologiche tipiche delle coliti IBD sono in gran parte sovrapponibili nelle due entità (CD e UC) e sono riscontrabili in modo variabile a seconda della durata e del grado di attività della malattia; le coliti IBD sono infatti soggette a flut-tuazioni nel loro decorso anche in soggetti che non stanno assumen-do terapia, (es. prima diagnosi) 1.• modificazioni croniche: distor-

sione architetturale degli ele-menti ghiandolari, deplezione dell’attività mucipara, diffusa diminuzione della densità nu-merica delle ghiandole stesse, plasmocitosi basale, aspetto “villoso” ossia irregolare talora con erosioni o ulcere della su-perfice epiteliale;

• modificazioni acute: criptite e ascessi criptici con densa e diffusa infiltrazione di granulo-citi neutrofili della lamina pro-pria.

Le caratteristiche istologiche che permettono di distinguere fra UC e CD sono illustrate nella Tabella I.In sintesi, l’infiammazione tipica della UC è limitata alla mucosa colica fino al retto e la interessa in modo continuo. La CD, diver-samente, può interessare qualsi-asi tratto dell’apparato digerente ma in genere risparmia il retto; l’infiammazione è tipicamente di-scontinua, non si limita alla mu-cosa ma può essere transmurale, determinando complicanze come stenosi e fistole. I granulomi sono caratteristici della CD, essendo assenti nella UC; attenzione a pseudo-granulomi derivanti da rottura di ascessi criptici non da considerare come espressione di CD in UC.In caso di riscontro di granulomi epitelioidei in quadri di colite IBD dubbia va sempre eseguita la co-lorazione istochimica di Ziehl-Niel-

Tabella I. Caratteristiche istologiche utili nella diagnosi differenziale fra UC/CD (da North American Society for Pediatric Gastroen-terology, Hepatology, and Nutrition, et al. 2007 1, mod.).

Lesioni tipiche Meno comuni Incompatibile

UC Colite cronica o attiva (distor-sione della architettura delle cripte, plasmocitosi basale)

Infiammazione profonda o transmurale (nella colite fulminante)Infiammazione non continua a livello dell’appendice o del cecoCaratteristiche assenti o lievi se nella malattia in fase iniziale“Backwash” ileiteDuodenite o gastrite non tipica di CDInfiammazione limitata alla mucosa

Granulomi (non dovuti a rottura di ascessi criptici)Conivolgimento ileale o dell’intestino tenue diverso da “backwash” ileiteAggregati linfoidi transmuraliInfiammazione granulomatosa perianale senza tags

CD Ileite o colite cronica o attiva (aspetti colici simili a quelli della UC ma solitamente “a salto”) - aspetti dell’ileo inclusive di ileite attiva, distor-sione delle cripte, metaplasia pilorica)Granulomi (non pericriptici)Infiammazione discontinua intervallate a aree di mucosa sanaUlcerazioni, stenosi e fistole

Nessuno

Page 30: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

V. Villanacci, V. Crisafulli

26

sen per escludere una tubercolosi o una micobatteriosi atipica 2.Nei pazienti con Colite Ulcerosa, in particolar modo riferendoci alla popolazione pediatrica, possono essere presenti alcune caratteri-stiche “non classiche” che pos-sono creare problemi di diagnosi differenziale con la CD 5, 6:• backwash ileitis (infiammazio-

ne della mucosa ileale in pa-zienti con Pancolite Ulcerosa);

• infiammazione periappendico-lare;

• patchiness (segmentarietà, presenza di normale mucosa colica fra 2 zone malate);

• rectal sparing (risparmio della mucosa rettale in pazienti con Colite Ulcerosa).

Backwash ileitisL’infiammazione riscontrata a li-vello ileale in pazienti con UC venne inizialmente denominata backwash ileitis ipotizzando un’e-ziologia da reflusso di contenuto colico a livello ileale.Successivi studi esclusero questa possibilità ma il termine rimase ad indicare la presenza di infiamma-zione nei 10 cm di ileo prossimali alla valvola ileo-cecale che si ri-scontra pressoché esclusivamen-te in una percentuale minore di pazienti affetti da UC interessante l’intero colon (pancolite) 7, 8.La condizione si differenzia dall’in-teressamento ileale della CD per alcune caratteristiche:• non vi sono ulcerazioni e ste-

nosi della valvola ileo-cecale né ulcere e aspetto “cobble-stoning” del’ileo, (caratteristi-che endoscopiche);

• l’aspetto istologico mostra atrofia dei villi, lieve infiltrato infiammatorio misto della lami-na propria con possibili spar-si ascessi criptici in assenza di distorsione delle cripte e di granulomi.

Infiammazione peri-appendicolareIn una quota variabile di pazienti affetti da UC non estesa fino al cieco è possibile il riscontro di in-fiammazione periappendicolare, (generalmente focale criptite), pur in presenza di rimanente mucosa colica prossimale normale.Questa caratteristica non deve essere erroneamente considerata come interessamento segmentario del colon tipico della CD; pertanto non deve mettere in discussione una fondata diagnosi di Colite 1.

Risparmio rettale e segmentarietà del processo flogisticoApparentemente in contrasto con la definizione di UC, che la vorreb-be come un processo infiammato-rio continuo che interessa il colon a partire dal retto, alcuni pazienti con caratteristiche istologiche suggestive per colite mostrano un grado di infiammazione più lieve, non assente, nel retto rispetto ai rimanenti tratti. Analogamente, alcuni pazienti presentano biopsie con mucosa normale o solo lievemente altera-ta, alternate a tratti patologici. Diversi studi suggeriscono che il relativo risparmio rettale e la seg-mentarietà del processo infiam-matorio siano osservabili nelle coliti infettive acute, nei bambini all’esordio, (prima diagnosi, non trattati) e negli adulti durante trat-tamento farmacologico 5, 6.

Colite indeterminataLa “colite indeterminata” è un ter-mine che viene utilizzato di fre-quente in ambito pediatrico 1, nel caso in cui non si riesca a definire se ci si trovi davanti ad una CD o ad una UC.

Originariamente il termine fu for-mulato su pezzi operatori di co-lectomie effettuate per coliti fulmi-nanti e complicazioni, nelle quali le alterazioni patologiche erano tali da non rendere possibile una dia-gnosi differenziale. Successiva-mente venne applicato anche su materiale bioptico in quei casi di IBD limitata al colon con caratte-ristiche dubbie. Attualmente, una diagnosi di “colite indeterminata” è possibile se un paziente ha una malattia limitata al colon, in pre-senza delle seguenti caratteristi-che 1:• retto endoscopicamente ed

istologicamente indenne;• Ileite lieve con caratteristiche

atipiche per backwash, es. afte;

• ileite microscopica in pazienti con malattia limitata al colon sinistro;

• pancolite con patologia anale;• colite con ritardo di crescita.In caso di dubbio diagnostico tra CD e UC la diagnosi di “colite in-determinata” non è da conside-rarsi definitiva, bensì è preferibi-le utilizzare il termine di IBD che necessiterà di ulteriori indagini e follow-up per potere giungere ad una diagnosi definitiva di certez-za 9. A corollario di questo paragrafo sono da considerare le emergenti forme di enterocoliti autoimmu-ni 10 e/o colopatie apoptotiche e/o GVHD-like, cioè forme di coliti che presentano elementi morfologici sovrapponibili a quelli che si ri-scontrano nei pazienti sottoposti a trapianto di midollo e che su-biscono forme di rigetto a livello cutaneo, gastroenterico e deno-minate Graft Versus Host Disease. Queste condizioni vedono nella loro genesi elementi autoimmuni-tari o iatrogeni e le caratteristiche morfologiche sono:• atrofia degli elementi ghiando-

lari;• marcata iperplasia delle cripte;

Page 31: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

TRAINING AND EDUCATIONAL CORNERLa diagnosi differenziale dell’anatomo patologo nelle coliti

27

• presenza di corpi apoptotici nelle strutture ghiandolari;

• infiammazione nella lamina propria (Fig. 3).

In sintesi, la diagnosi dipende dall’in-sieme di opinioni cliniche, aspetti ra-diologici ed endoscopici, nonché di dati di laboratorio (ricordiamo i dati relativi ad ANCA ed ASCA), ma so-prattutto dall’esame istologico di multiple biopsie coliche e, nel caso del Crohn, anche della mucosa dell’ileo terminale. Molto importante, per questi ultimi aspetti, la visione dei preparati istologici da parte di un patologo esperto.

Bibliografia1 North American Society for Pedia-

tric Gastroenterology, Hepatology, and Nutrition; Colitis Foundation of America, Bousvaros A, Antonio-li DA, Colletti RB, et al. Differentia-ting ulcerative colitis from Crohn disease in children and young adults. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2007;44:653-74.

2 Magro F, Langner C, Driessen A, et al.; European Society of Pa-thology (ESP); European Crohn’s and Colitis Organisation (ECCO). European consensus on the histo-pathology of inflammatory bowel disease. J Crohns Colitis 2013;7: 827-51.

• Durante l’endoscopia di un bambino con sospetta IBD, è consigliata l’esecuzione di biopsie multiple, correttamen-te orientate su filtri di acetato di cellulosa, dell’ileo terminale e di ogni segmento colico (ceco, colon ascendente, trasverso,discendente, sigma, retto) con un minimo di due biopsie per segmento.

• Caratteristiche istologiche tipiche delle IBD ma non delle coliti infettive autolimitantesi, sono distorsione della archi-tettura delle cripte e linfoplasmocitosi basale. Queste caratteristiche possono non necessariamente essere viste nella fase iniziale delle IBD nei bambini.

• Le seguenti caratteristiche istologiche devono essere presenti per una diagnosi istologica definitive di IBD: 1) attività: criptite, ascessi criptici. 2) cronicità: deplezione mucipara, distorsione delle cripte, atrofia delle cripte, plasmocitosi basale, trasformazione villosa della superficie mucosale.

• ‘‘Patchy colite’’ e ‘‘relativo risparmio del retto’’ sono frequenti in bambini con UC alla diagnosi, o in coliti in terapia.

Figura 3. Enterocoliti autoimmuni: A-B) colon marcata atrofia e iperplasia degli elementi ghiandolari. C-D) Corpi apoptotici nelle strutture ghiandolari (frecce). E-F) Cito-megalovirus (frecce). E) Ematossilina-Eosina F colorazione immunoistochimica.

Page 32: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

V. Villanacci, V. Crisafulli

28

3 Levine A, Koletzko S, Turner D, et al. ESPGHAN revised Porto crite-ria for the diagnosis of inflamma-tory bowel disease in children and adolescents. J Pediatr Gastroen-terol Nutr 2014;58:795-806.

4 Nostrant TT, Kumar NB, Appelman HD. Histopathology differentiates acute self-limited colitis from ul-cerative colitis. Gastroenterology 87;92:318-28.

5 Glickman JN, Bousvaros A, Far-raye FA, et al. Pediatric patients with untreated ulcerative colitis may present initially with unusual morphologic findings. Am J Surg Pathol 2004;28:190-7.

6 Robert ME, Tang L, Hao LM, et al. Patterns of inflammation in muco-sal biopsies of ulcerative colitis: perceived differences in pediatric populations are limited to children younger than 10 years. Am J Surg Pathol 2004;28:183-9.

7 Riddell RH. Pathology of idiopath-ic inflammatory bowel disease. In: Kirsner J, ed. Inflammatory Bowel Disease. 5th ed. Philadelphia: WB Saunders 2000, pp. 427-50.

8 Heuschen UA, Hinz U, Allemeyer EH, et al. Backwash ileitis is strong-ly associated with colorectal carci-noma in ulcerative colitis. Gastro-enterology 2001;120:841-7.

9 Silverberg MS, Satsangi J, Ah-mad T, et al. Toward an integrated clinical, molecular and serologi-cal classification of inflammatory bowel disease: report of a Work-ing Party of the 2005 Montreal World Congress of Gastroenterol-ogy. Can J Gastroenterol 2005;19 (Suppl A):5-36.

10 Umetsu SE, Brown I, Langner C, et al. Autoimmune entheropaties. Virchow Arch 2018;472:55-66.

Page 33: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

29Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2018;X:29-31; doi: 10.19186/ggenp_2018.006

I disordini funzionali nei pazienti con malattia infiammatoria cronica

intestinale Functional disorders in inflammatory bowel disease

patients

Paolo Quitadamo

Dipartimento di Pediatria, A.O.R.N. Santobono-Pausilipon, Napoli; Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali, Sezione di Pediatria, Università di Napoli “Federico II”

Key wordsFunctional gastro-intestinal disorders • Irritable bowel syndrome • Inflammatory bowel disease • Intestinal permeability • Intestinal microbiota

AbstractThe occurrence of functional gastro-intestinal disorders in inflammatory bowel disease (IBD) pa-tients who are in remissionis a significant prob-lem for patients and represents a diagnostic and therapeutic conundrum for clinicians. On the one hand, untreated intestinal inflammation can lead to a full-blown relapse of IBD, and, on the other, overtreatment of innocuous functional symptoms may lead to decreased quality of life and increased morbidity.

Indirizzo per la corrispondenza

Paolo QuitadamoDipartimento di Scienze Mediche TraslazionaliSezione di PediatriaUniversità di Napoli “Federico II”via Pansini 5, 80131 NapoliE-mail: [email protected]

IBD HIGHLIGHTSa cura diFortunata Civitelli

Nel 1983 è stato riportato per la prima volta che una percentuale significativa di pazienti con malattia in-fiammatoria cronica intestinale (IBD), in remissione sia clinica che mucosale, continuava a soffrire di sintomi gastrointestinali, i quali presumibilmente erano di ori-gine funzionale 1. Dopo quasi 20 anni un altro gruppo di Autori, Simren et al., ha pubblicato nel 2002 un la-voro a conferma di tale associazione 2. A partire da quell’anno, numerosi studi hanno poi permesso una conoscenza più approfondita riguardo la comparsa di sintomi funzionali in pazienti con IBD in remissione. La patogenesi delle IBD (rettocolite ulcerosa e malat-tia di Crohn) sembra essere legata ad una complessa interazione tra fattori genetici dell’ospite e sistema im-munitario mucosale. È noto, inoltre, come l’interruzio-ne della barriera epiteliale dell’intestino e lo squilibrio del microbiota intestinale abbiano un ruolo altrettanto importante nello sviluppo di tali patologie. Attualmente il cardine del trattamento farmacologico mira alla mo-dulazione del sistema immunitario intestinale, ma tale approccio non riesce a risolvere i sintomi persistenti lamentati da un sottogruppo di pazienti anche in as-senza di malattia attiva. Considerata l’alta prevalenza dei disordini funzionali gastro-intestinali (FGID) e in particolare della sindrome del colon irritabile (IBS), si può ipotizzare che in alcuni pazienti affetti da IBD si sviluppino dei concomitanti sintomi funzionali addominali simili a quelli della IBS 3. Resta da chiarire se tali sintomi riflettano veramente una coesistente IBS o non siano invece la manifesta-zione di una persistente infiammazione di basso grado della mucosa.Vi sono complesse potenziali interazioni patogenetiche e cliniche tra IBD, sintomi funzionali e comorbilità psico-logiche, molto probabilmente mediate dalla relazione tra l’alterata fisiologia intestinale e fattori psicosociali/co-gnitivi che influenzano l’asse cervello-intestino 4. I mec-canismi patogenetici proposti per i disordini funzionali dell’intestino comprendono l’effetto dell’infiammazione cronica (anche già risolta) sulla plasticità e sensibilità del

Page 34: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

P. Quitadamo

30

nervo viscerale, l’aumento della permeabilità intestinale e la rispo-sta ad eventi stressanti avvenuti nelle primissime fasi della vita  5-7. C’è addirittura chi ha speculato che l’eziopatogenesi delle IBD e dei FGID sia simile, con la possibi-lità di un continuum di sintomi tra le diverse entità 8. Si potrebbe quindi supporre che, indipendentemente dall’attività della malattia organica (IBD), una proporzione variabile dei sintomi gastrointestinali di ciascun paziente potrebbe essere attribui-bile ad una componente funziona-le. Nei pazienti adulti con IBD, la prevalenza dei sintomi correlabili con FGID è stata più volte calco-lata, con tassi riportati fino all’80-96%. I dati relativi all’impatto dei sintomi funzionali sulla qualità della vita di tali pazienti e sull’interazione tra sintomi funzionali e comorbidità psicologiche sono tuttavia discor-danti 1.A prima vista, IBS e IBD sembra-no essere entità ben definite e separate, ma indubbiamente con-dividono alcuni analogie. L’insor-genza e le recidive dei sintomi sia della IBS che delle IBD coinvolgo-no fattori scatenanti ancora poco conosciuti che includono com-ponenti ambientali, componenti psicologiche e fattori genetici che probabilmente presentano com-plesse relazioni con la flora batteri-ca intestinale. Inoltre, indipenden-temente dal fattore scatenante, la fisiopatologia di entrambe le ma-lattie coinvolge l’attivazione del sistema immunitario. Anche se le evidenze dell’attivazione immu-nitaria nella IBS sono meno forti, è stato dimostrato che lo stress psicologico può portare a reclu-tamento e attivazione di mastociti intestinali, portando al rilascio di istamina, proteasi e chemochi-ne  9. Nelle IBD, invece, è accer-tato che giochi un ruolo fonda-mentale il reclutamento di cellule immunitarie, in particolare linfociti, nell’intestino, con il successivo ri-

lascio di citochine pro-infiamma-torie  10. Sebbene gli elementi del sistema immunitario coinvolti si-ano diversi, l’effetto finale risulta il medesimo: la compromissione della barriera epiteliale intestinale, un fenomeno che sembra rappre-sentare un passaggio fondamen-tale nella patogenesi di entrambe le malattie 10. Nel caso delle IBD, tuttavia, la conseguente risposta infiammatoria è molto più grave e si estende a tutto l’organismo. L’epidemiologia della IBS e delle IBD è molto diversa. La IBS inte-ressa circa il 10-15% della popo-lazione adulta di Europa e Nord America, è più frequente nel ses-so femminile e, in generale, si ma-nifesta prima dell’età di 50 anni 11.Le IBD possono verificarsi a qual-siasi età ma il picco d’incidenza si riscontra tra i 15 ed i 30 anni e non vi è prevalenza di genere. In generale, sono più colpiti i popoli caucasici e gli ebrei ashkenaziti.Il quadro clinico della IBS e del-le IBD è spesso sovrapponiibile. Entrambe le condizioni possono manifestarsi con dolore addomi-nale, gonfiore addominale e diar-rea. Tuttavia, nella IBS il dolore addominale è per definizione al-leviato dalla defecazione. Inoltre, i sintomi di allarme come la feb-bre, i sintomi notturni, la perdita di peso e di appetito, l’ematochezia, il vomito, l’anemia e la malattia perianale sono assenti nella IBS e molto comuni nelle IBD. I sintomi extra-intestinali della IBS inclu-dono la dispepsia, il bruciore di stomaco e la nausea; invece nelle IBD possono essere coinvolti arti-colazioni, occhi, pelle e fegato 12. In conclusione, nei pazienti con IBD in apparente remissione cli-nica che continuano a presentare sintomi gastro-intestinali, si pone un problema di diagnosi differen-ziale con conseguente dilemma terapeutico per i medici curan-ti.  Diverse pubblicazioni recenti hanno aperto nuovi spiragli sulle

basi molecolare e cellulari di que-sti sintomi, indicando che dietro i sintomi apparentemente innocui di una IBS può celarsi un proces-so infiammatorio persistente con caratteristiche sovrapponibili ad entrambe le IBS e IBD 13, 14.  I ten-tativi di classificare questi sintomi come IBS concomitante o IBD attiva in forma subclinica si sono dimostrati spesso inadeguati in quanto non riescono a rendere conto di tutte le osservazioni di-sponibili. Inoltre, a questa classi-ficazione dicotomica consegue una gestione terapeutica che è in-dubbiamente parziale e, per alcu-ni pazienti, insoddisfacente.Con ogni probabilità l’infiammazione e l’alterata permeabilità intestinale sono parte integranti dello svilup-po di sintomi simil-IBS in pazienti con IBD e queste modifiche na-scono da un’interazione tra i trig-ger e i mediatori patofisiologici della IBS e quelli delle IBD. Questa consapevolezza dei profondi col-legamenti tra le due entità rompe la tradizionale dicotomia funzio-nale-organica e conduce all’ela-borazione di un più ampio model-lo bio-psicosociale di malattia che dovrebbe consentire una migliore comprensione del quadro clinico dei pazienti che il dogma classico non riesce a spiegare.

Bibliografia1 Isgar B, Harman M, Kaye MD, et

al. Symptoms of irritable bowel syndrome in ulcerative colitis in remission. Gut 1983;24:190-2.

2 Simrén M, Axelsson J, Gillberg R, et al. Quality of life in inflamma-tory bowel disease in remission: the impact of IBS-like symptoms and associated psychologi-cal factors. Am J Gastroenterol 2002;97:389-96.

3 Meng J, Agrawal A, Whorwell PJ. Refractory inflammatory bowel disease-could it be an irritable bo-wel? Nat Rev Gastroenterol Hepa-tol 2013;10:58-61.

Page 35: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

IBD HIGHLIGHTS I disordini funzionali nei pazienti con malattia infiammatoria cronica intestinale

31

4 Drossman DA. The functional ga-strointestinal disorders and the Rome III process. Gastroentero-logy 2006;130:1377-90.

5 Schepper HU, Man JG, Moreels TG, et al. Gastrointestinal senso-ry and motor disturbances in in-flammatory bowel disease-clinical relevance and pathophysiological mechanisms. Aliment Pharmacol Ther 2008;27:621-37.

6 Talley NJ. Clinical perspectives: irritable bowel syndrome. Intern J Med 2006;36:724-8.

7 Koloski NA, Talley NJ, Boyce PM. A history of abuse in community subjects with irritable bowel syn-drome and functional dyspepsia: the role of other psychosocial va-riables. Digestion 2005;72:86-96.

8 Drossman DA. Presidential ad-dress: gastrointestinal illness and the biopsychosocial model. Psy-chosom Med 1998;60:258-67.

9 Vivinus-Nebot M, Dainese R, Anty R, et al. Combination of allergic factors can worsen diarrheic irrita-ble bowel syndrome: role of bar-rier defects and mast cells. Am J Gastroenterol 2012;107:75-81.

10 Van Limbergen J, Russell RK, Nimmo ER, et al. Genetics of the innate immune response in inflam-matory bowel disease. Inflamm Bowel Dis 2007;13:338-55.

11 World Gastroenterology Organi-zation Global Guideline. Irritable bowel syndrome: a global per-spective. Available from: www.worldgastroenterology.org

12 CDC. Inflammatory Bowel Disease (IBD). Available from: www.cdc.gov/ibd/#epidIBD

13 Vivinus-Nebot M, Frin-Mathy G, Bzioueche H, et al. Functional bowel symptoms in quiescent in-flammatory bowel diseases: role of epithelial barrier disruption and low-grade inflammation. Gut 2014;63:744-52.

14 Keohane J, O’Mahony C, O’Ma-hony L, et al. Irritable bowel syn-drome-type symptoms in patients with inflammatory bowel disease: a real association or reflection of occult inflammation? Am J Ga-stroenterol 2010;105:1789-94.

• Una percentuale significativa di pazienti con malattia infiammatoria cronica intestinale in remissione sia clinica che mucosale continua a soffrire di sintomi gastrointestinali di verosimile natura funzionale.

• Vi sono complesse potenziali interazioni patogenetiche e cliniche tra IBD e sintomi funzionali, molto probabilmen-te mediate dalla relazione tra l’alterata funzionalità intestinale e fattori psicosociali/cognitivi che influenzano l’asse cervello-intestino.

• Diverse pubblicazioni recenti hanno aperto nuovi spiragli sulle basi molecolare e cellulari di questi sintomi, indicando che dietro i sintomi apparentemente innocui di una IBS può celarsi un processo infiammatorio persistente con carat-teristiche sovrapponibili ad entrambe le IBS e IBD.

• La diagnosi differenziale tra riacutizzazione di MICI e disturbo funzionale è spesso non semplice; l’esame clinico e l’esecuzione di alcuni test non invasivi, come la calprotectina fecale e l’ecografia intestinale, possono essere di aiuto al clinico nell’interpretare i sintomi e nel programmare il successivo iter diagnostico e terapeutico.

Page 36: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

32 Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2018;X:32-35; doi: 10.19186/ggenp_2018.007

L’acido colico nel trattamento degli errori congeniti del metabolismo degli acidi biliariCholic acid therapy for inborn errors of primary bile acids synthesis

Andrea Pietrobattista1

Mara Cananzi2

Lorenza Matarazzo3 (foto)Federica Ferrari4

Giuseppe Maggiore5

1 UOC Epatologia, Gastroenterologia e Clinica del Trapianto di Fegato,

Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù”, IRCCS, Roma; 2 Unità di Gastroenterologia, Endoscopia

Digestiva, Epatologia e Cura del Bambino con Trapianto di Fegato.

Dipartimento di Salute della Donna e del Bambino, Azienda Ospedaliera Università

di Padova; 3 Università degli Studi di Trieste; 4  Dipartimento di Pediatria e Neuropsichiatria

Infantile, Unità di Gastroenterologia ed Epatologia Pediatrica, Sapienza Università di Roma;

5  Dipartimento di Scienze Mediche, Sezione di Pediatria, Università degli Studi di Ferrara

Key wordsInborn errors of primary bile acids synthesis •

Cholestasis • Cholic acid therapy

AbstractInborn errors of primary bile acid synthesis are rare genetic disorders that cause chronic liver disease, steatorrhea and fat-soluble vitamins deficiency in childhood. Absence of itching, nor-mal γGT and serum bile acids suggest the diag-nosis, confirmed by urinary mass spectrometry and gene analysis. Oral cholic acid is a safe and effective therapy for the most common defects that if untreated may lead to early cirrhosis and liver failure.

Indirizzo per la corrispondenza

Lorenza MatarazzoDipartimento di Scienze Mediche, Chirurgiche e della SaluteUniversità degli Studi di TriesteE-mail: [email protected]

NEWS IN PEDIATRIC GASTROENTEROLOGY

PHARMACOLOGY a cura diMonica Paci

IntroduzioneGli errori congeniti del metabolismo degli acidi biliari sono disordini genetici rari, a trasmissione autosomica recessiva, responsabili di circa l’1-2% delle colestasi dell’infanzia 1, 2.Sebbene non si conoscano dati esatti di prevalen-za, una recente analisi  3 ha stimato una prevalenza in Europa dei due difetti maggiori, il 3β-idrossi-Δ5-C27-steroide deidrogenasi (OMIM #607765) e il Δ4-3-ossisteroide-5β-reduttasi (OMIM #235555), pari a 1.13 casi per 10 milioni. Gli acidi biliari primari, rappresentati dall’acido colico (Cholic acid, CA) e chenodesossicolico (Chenodeoxy-cholic acid, CDCA) sono sintetizzati nel fegato dal colesterolo attraverso una serie di tappe enzimatiche finemente regolate. In condizioni fisiologiche, CA rap-presenta il sale biliare principale, con una quota pari al 70%, mentre solo il 30% è rappresentato dal CDCA. Dopo la sintesi, gli acidi biliari primari sono coniugati con glicina (75%) e taurina (25%) per aumentarne la solubilità in acqua ed essere secreti con la bile nell’in-testino, dove svolgono la funzione di solubilizzazione del colesterolo e di assorbimento dei grassi e delle vi-tamine liposolubili. Circa il 95% degli acidi biliari viene poi riassorbito attraverso il circolo entero-epatico e solo il 5% è eliminato con le feci 1.Il difetto di uno o più degli enzimi coinvolti nella sinte-si degli acidi biliari, determina la mancata produzione degli acidi biliari primari e la formazione di metaboliti atipici epatotossici.Il danno epatico che ne deriva è così la conseguenza, sia dell’accumulo dei metaboliti epatotossici a monte del difetto enzimatico, che della ridotta sintesi di acidi biliari primari, con colestasi e diminuito assorbimento intestinale di grassi e vitamine liposolubili 4.Ad oggi sono stati identificati 11 errori congeniti del metabolismo degli acidi biliari, tutti a trasmissione au-tosomica recessiva (Tab. I). Essi si suddividono in due gruppi principali 1:• difetti di sintesi degli acidi biliari: caratterizzati dal

deficit di produzione degli acidi biliari primari;• difetti di coniugazione degli acidi biliari: caratte-

Page 37: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

NEWS IN PEDIATRIC GASTROENTEROLOGY PHARMACOLOGY L’acido colico nel trattamento degli errori congeniti del metabolismo degli acidi biliari

33

rizzati dal deficit di produzione degli acidi biliari coniugati (an-che conosciuti come “deficit di coniugazione” o “Ipercolane-mia Familiare”).

I più comuni errori congeniti della sintesi degli acidi biliari si presen-tano con una colestasi progres-siva caratterizzata da assenza di prurito, iperbilirubinemia preva-lentemente coniugata, aumento delle transaminasi, normali livelli sierici di γGT e una concentra-zione plasmatica degli acidi biliari normale/bassa.La presentazione clinica e la pro-gressione del danno epatico sono variabili nelle diverse forme, dal possibile riscontro di malattia epa-tica già alla nascita, allo sviluppo di danno epatico più tardivo 1, 5.La presentazione clinica più co-mune comprende l’ittero colesta-tico, l’epatomegalia con o senza splenomegalia, la scarsa crescita secondaria al malassorbimento dei lipidi con steatorrea e il defi-cit di vitamine liposolubili 4, 6, 7. La malattia epatica, se non trattata, evolve in cirrosi e insufficienza epatica terminale.

Gli errori congeniti del metabo-lismo degli acidi biliari possono anche manifestarsi in età giova-ne/adulta con danno neurologico progressivo.

Il quadro istologico alla diagnosi è aspecifico con diffusa trasfor-mazione gigantocellulare degli epatociti, colestasi lobulare, in-fiammazione portale e possibile fibrosi. I dotti biliari interlobulari sono di solito risparmiati. Più tar-divamente, invece, la trasforma-zione gigantocellulare e la cole-stasi sono meno comuni, mentre tende a prevalere la fibrosi portale e periportale con possibile cirro-si 4 ,6, 7.

Il dosaggio degli acidi biliari sie-rici, comunemente in uso, non permette la diagnosi specifica di questi difetti perché non rico-nosce la presenza dei metaboli-ti anomali, che pertanto devono essere identificati su urine o su plasma mediante spettrometria di massa 4, 8. Questa tecnica, in caso di difetto congenito di sintesi degli acidi biliari, permette di evidenzia-re l’assenza o la riduzione degli acidi biliari primari e la presenza di

picchi corrispondenti ai metaboliti accumulati. Tali picchi sono spe-cifici per ogni metabolita e con-sentono l’identificazione del tipo di difetto enzimatico associato. Le urine sono solitamente preferite rispetto al plasma, soprattutto in età pediatrica. Per alcuni di questi difetti, è inol-tre possibile misurare l’attività en-zimatica nei fibroblasti. Tuttavia, più comunemente, la conferma diagnostica avviene attraverso l’analisi molecolare.

Trattamento degli errori congeniti del metabolismo degli acidi biliariGli errori congeniti del metabo-lismo degli acidi biliari possono essere efficacemente curati me-diante la terapia sostitutiva con acidi biliari esogeni. Se avviato tempestivamente, il trattamento è in grado di determinare la comple-ta risoluzione dell’epatopatia e del malassorbimento intestinale, e di interrompere la progressione del

Tabella I.Caratteristiche genetiche e cliniche dei principali difetti della sintesi degli acidi biliari.

Deficit enzimatico OMIM GeneManifestazioni

cliniche

Difetti di sintesi Deficit di colesterolo 7α-Idrossilasi #118455 CYP7A1 - - - IperC, LB

Deficit di 3β-idrossi-Δ5-C27-steroido deidrogenasi #607765 HSD3B7 E M -

Deficit di Δ4-3-ossisteroide-5β- reduttasi #235555 AKR1D1 E M -

Deficit di ossisterolo 7α-idrossilasi #613812 CYP7B1 E M N

Deficit di 2-metilacil-COA racemasi #214950 AMACR E M N IpoC

Deficit perossisomiale di ABCD3 #616278 ABCD3 E - -

Deficit di ACOX2 #617308 ACOX2 E M N

Xantomatosi cerebrotendinea #213700 CYP27A1 E - N IpoC, X, C

Deficit di 25 idrossilasi #604551 CH25H E - -

Difetti di coniugazione

Deficit Di BAAT #607748 BAAT E M -

Deficit di COA ligasi - SLC27A5 E M -

E = epatopatia; M = malassorbimento intestinale; N = sintomi neurologici secondari alla presenza di metaboliti neurotossici; IperC = ipercole-sterolemia; IpoC = ipocolesterolemia; X = xantomi; C = cataratta. (da Corso et al., 2017 12; Setchell et al., 2013 13, mod.).

Page 38: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

A. Pietrobattista et al.

34

danno neurologico. Nei soggetti pre-sintomatici, inoltre, la sommi-nistrazione di acidi biliari esogeni permette di prevenire l’insorgenza della malattia 4, 6. Il trattamento degli errori congeniti del metabolismo degli acidi biliari dipende in prima istanza dal difet-to enzimatico presente:• nei difetti di sintesi degli aci-

di biliari, la terapia è costituita dalla somministrazione per via orale di acido colico e/o acido chenodesossicolico;

• nei difetti di coniugazione degli acidi biliari, la terapia si basa sulla somministrazione per via orale di acido glicoco-lico.

Ad oggi, i difetti di sintesi degli aci-di biliari identificati sono nove. La terapia con acidi biliari primari si è rivelata efficace in tutti, fatta ec-cezione per il deficit di ossisterolo 7α-idrossilasi (OMIM #613812), non responsivo alla terapia 9, e per i deficit di ABCD3 (OMIM #616278) e di ACOX2 (OMIM #617308), per i quali non sono ancora disponibili in letteratura dati relativi alla rispo-sta al trattamento 10. Per quanto concerne i tre più frequenti difet-ti di sintesi degli acidi biliari, CA e CDCA si sono entrambi rivelati efficaci, singolarmente o in com-binazione, nel trattamento del de-ficit di 3β-idrossi-Δ5-C27-steroide deidrogenasi (OMIM #607765) e di Δ4-3-ossisteroide-5β-reduttasi (OMIM #235555), mentre il CDCA rappresenta la terapia di scelta per il trattamento dei sintomi neu-rologici della Xantomatosi Cere-brotendinea (OMIM #213700) 11.

L'acido colicoL’acido colico (CA) è stato approvato dalla Food and Drug Administration (FDA), dalla European Medicine Agency (EMA) e dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) per il trattamento dei difetti congeniti della sintesi degli acidi

biliari primari. Il comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) dell’Agenzia Europea del Farmaco ha osservato che l’uso di CA nel trattamento degli errori congeniti della sintesi degli acidi biliari pri-mari è consolidato nella pratica medica e ben documentato nella letteratura scientifica, sebbene il numero di casi documentati sia basso a causa della rarità di tali condizioni. Il meccanismo terapeutico del trattamento sostitutivo con CA è duplice. Da un lato, CA inibisce la sintesi endogena degli acidi bi-liari mediante un meccanismo di feedback negativo, interrompendo così la produzione di precurso-ri tossici degli acidi biliari a monte del difetto enzimatico; a livello mo-lecolare, CA attiva negli epatociti il recettore nucleare X Farnesoide (FXR) che a sua volta inibisce i tre enzimi coinvolti nella produzio-ne degli acidi biliari: colesterolo 7 α-idrossilasi, sterolo-27 idrossilasi, 12α-idrossilasi. Dall’altro lato, la somministrazione di CA permette di ricostituire un normale pool di acidi biliari e di ripristinare la secrezione di bile “acidi-biliari dipendente” 7. Da un punto di vista farmacoci-netico, CA somministrato per via orale è assorbito per diffusione passiva, lungo tutto il tratto ga-strointestinale e raggiunge il fe-gato attraverso il sangue portale. All’interno degli epatociti, CA è coniugato con glicina e/o taurina, secreto nella bile e quindi escreto nell’intestino dove entra a far par-te della circolazione enteroepatica degli acidi biliari.La terapia con CA è un trattamento efficace e ben tollerato a lungo termine  7. In letteratura sono di-sponibili diversi studi sul tratta-mento di difetti di sintesi degli aci-di biliari con CA, alcuni dei quali con follow-up significativo  5,  7.

Gonzales et al.  7 hanno riportato l’esperienza di Bicêtre in una po-polazione di 21 pazienti trattati

con CA, con un follow-up medio di 16 anni (6 mesi-20 anni), in cui il trattamento si è rivelato ben tol-lerato senza che si siano verificati eventi avversi significativi. L’evo-luzione è stata favorevole in tutti i pazienti con miglioramenti evi-denti a livello clinico, biochimico ed anche istologico; inoltre, nes-suno di questi pazienti ha neces-sitato di trapianto di fegato. In corso di trattamento la spet-trometria di massa permette di stabilire l’adeguatezza della dose monitorando la quantità e l’anda-mento in riduzione dei metaboliti degli acidi biliari nell’urina, risul-tando pertanto cruciale nel follow-up di questi pazienti 8, 14. La terapia con CA è priva di ef-fetti collaterali severi e sicura nel lungo termine. Gli effetti collate-rali riportati più frequentemente sono costituiti da diarrea, nausea e reflusso gastro-esofageo di lie-ve-moderata entità. Nei pazienti trattati è stata anche descritta, nel lungo termine e con una frequen-za non stimabile sulla base dei pochi dati disponibili, l’insorgen-za di colelitiasi; rimane tuttora da stabilire se la calcolosi sia esclu-sivamente secondaria al prolun-gato trattamento con CA o possa rappresentare una manifestazione tardiva di malattia 2. In caso di assunzione accidentale di dosi elevate, sono stati segna-lati casi di transitoria epatotossici-tà (ipertransaminasemia, colestasi a γGT elevate, prurito) e diarrea, regredite rapidamente dopo ridu-zione della posologia di CA 15.In Italia, CA è presente in commer-cio con il nome commerciale di Orphacol®; il farmaco è disponibile sotto forma di capsule da 50 mg ed è rimborsato dal Sistema Sanitario Nazionale in classe di rimborsabi-lità H (Gazzetta Ufficiale n. 34 del 10-2-2017) 16. Orphacol® è indicato per il trattamento di adulti e bam-bini a partire da un mese di vita affetti dal deficit di 3β-idrossi-Δ5-

Page 39: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

NEWS IN PEDIATRIC GASTROENTEROLOGY PHARMACOLOGY L’acido colico nel trattamento degli errori congeniti del metabolismo degli acidi biliari

35

• Gli errori congeniti di sintesi degli acidi biliari sono caratterizzati da colestasi a γGT normali, acidi biliari sierici normali/bassi e assenza di prurito.

• La diagnosi si basa sulla caratterizzazione degli acidi biliari urinari e/o plasmatici con la spettrometria di massa.

• La terapia con acido colico, utilizzata per i più frequenti tra questi difetti (3β-idrossi-Δ5-C27-steroide deidrogenasi, OMIM #607765 e Δ4-3-ossisteroide-5β-reduttasi, OMIM #235555), si è dimostrata efficace e ben tollerata nel lungo termine.

C27-steroide deidrogenasi (OMIM #607765) e di Δ4-3-ossisteroide-5β-reduttasi (OMIM #235555). La posologia è compresa tra 5 e 15 mg per kg di peso corporeo al gior-no, a partire da una dose minima di 50 mg (in singola somministra-zione giornaliera) fino a una dose massima di 500 mg (da suddivi-dere in due o tre somministrazioni al giorno). Al fine di aumentarne la biodisponibilità e migliorarne la tol-lerabilità, è consigliato assumere il farmaco ai pasti. Nei bambini che non riescono a deglutire le capsu-le, il loro contenuto può essere mi-scelato con latte o succo di frutta. Il trattamento con Orphacol® può essere proseguito in corso di gra-vidanza ed allattamento. Esistono pochi dati concernenti l’uso di CA in donne in gravidanza. Tuttavia, le gravidanze esposte non hanno mostrato reazioni avverse. Gli stu-di sugli animali, inoltre, non hanno dimostrato la comparsa di effetti teratogeni di CA. CA e i suoi me-taboliti sono escreti nel latte ma-terno, ma non è stato dimostrato alcun effetto su lattanti allattati da donne trattate con Orphacol® a dosi terapeutiche 15.

Bibliografia1 Monte MJ, Marin JJ, Antelo A,

Vazquez-Tato J. Bile acids: che-mistry, physiology, and patho-physiology. World J Gastroenterol 2009;21;15:804-16.

2 Heubi JE, Setchell KD, Bove KE. In-born errors of bile acid metabolism. Semin Liver Dis 2007;27:282-94.

3 Jahnel J, Zöhrer E, Fischler B, et al. Attempt to determine the pre-valence of two inborn errors of pri-mary bile acid synthesis: results of a European survey. J Pediatr Ga-stroenterol Nutr 2017;64:864-8.

4 Clayton PT. Disorders of bile acid synthesis. J Inherit Metab Dis 2011;34:593-604.

5 Setchell KD, Heubi JE. Defects in bile acid biosynthesis - diagnosis and treatment. J Pediatr Gastroen-terol Nutr 2006;43(Suppl 1): S17-22.

6 Subramaniam P, Clayton PT, Port-mann BC, et al. Variable clinical spectrum of the most common inborn error of bile acid metabo-lism-3beta-hydroxy-Delta5-C27-steroid dehydrogenase deficiency. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2010;50:61-6.

7 Gonzales E, Gerhardt MF, Fabre M, et al. Oral cholic acid for here-ditary defects of primary bile acid synthesis: a safe and effective long-term therapy. Gastroentero-logy 2009;137:1310-20.

8 Zhang W, Jha P, Wolfe B, et al. Tan-dem mass spectrometric deter-mination of atypical 3β-hydroxy-∆5-bile acids in patients with 3β-hydroxy-∆5-C27-steroid oxi-doreductase deficiency: applica-tion to diagnosis and monitoring of bile acid therapeutic response. Clin Chem 2015;61:955-63.

9 Setchell KD, Schwarz M, O’Con-nell NC, et al. Identification of a new inborn error in bile acid syn-thesis: mutation of the oxysterol 7alpha-hydroxylase gene causes

severe neonatal liver disease. J Clin Invest 1998;102:1690-703.

10 Vilarinho S, Sari S, Mazzacuva F, et al. ACOX2 deficiency: a di-sorder of bile acid synthesis with transaminase elevation, liver fibro-sis, ataxia, and cognitive impai-rment. Proc Natl Acad Sci U S A 2016;113:11289-93.

11 Nie S, Chen G, Cao X, Zhang Y. Cerebrotendinous xanthomatosis: a comprehensive review of patho-genesis, clinical manifestations, diagnosis, and management. Orphanet J Rare Dis 2014;9:179.

12 Corso G, Russo AD, Gelzo M. Liver and the defects of cholesterol and bile acids biosynthesis: rare disor-ders many diagnostic pitfalls. World J Gastroenterol 2017;23:5257-65.

13 Setchell KD, Heubi JE, Shah S, et al. Genetic defects in bile acid conjugation cause fat-soluble vita-min deficiency. Gastroenterology 2013;144:945-55.

14 Riello L, D’Antiga L, Guido M, et al. Titration of bile acid supplements in 3beta-hydroxy- Delta 5-C27- steroid dehydrogenase/isomerase deficiency. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2010;50:655-60.

15 https://ec.europa.eu/health/docu-ments/community-register/2015/.../anx_131029_it.pdf

16 Gazzetta Ufficiale n. 34 del 10-2-2017 Supplemento ordinario n. 9: Classificazione del medicinale per uso umano “Orphacol”, ai sensi dell’articolo 8, comma 10, della legge 24 dicembre 1993, n. 537. (Determina n. 94/2017).

Page 40: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

36 Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2018;X:36-37; doi:10.19186/ggenp_2018.008

Il bambino con sindrome di Down… quando la problematica non è attesa…The child with Down syndrome… when the problem is not expected…

Giada Del Baldo (foto)Simona GattiCarlo Catassi

Clinica Pediatrica, Università Politecnica delle Marche, Ancona

Indirizzo per la corrispondenza

Giada Del BaldoClinica PediatricaOspedale G. Salesi, Università Politecnica delle Marchevia Corridoni 11, 60123 AnconaE-mail: [email protected]

a cura diANTONIO DI MAURO

CASE REPORT

Presentazione clinicaDescriviamo il caso di una bambina pakistana con sin-drome di Down (SD) di 15 mesi, nata da genitori con-sanguinei, giunta inizialmente per un quadro di ane-mia, piastrinopenia ed ipertransaminasemia (Hb 6,3 g/dl, PLT 56.000/mmc, blasti 10%, LDH 1254 U/l, AST 200 U/l, ALT 600 U/l). Data la sindrome di base e la nota maggior predisposizione allo sviluppo di patolo-gia onco-ematologica è stata effettuata biopsia oste-omidollare, che mostrava un quadro compatibile con mielodisplasia. La citofluorimetria eseguita sull’aspira-to midollare risultava negativa. Data la sindrome di base e la nota maggior predi-sposizione allo sviluppo di patologia onco-emato-logica è stata effettuata biopsia osteomidollare, che mostrava un quadro compatibile con mielodisplasia (Fig. 1).

Figura 1. Biopsia osteomidollare: quadro compatibile con mielodisplasia.

Page 41: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

CASE REPORT Il bambino con sindrome di Down… quando la problematica non è attesa…

37

Esame obiettivo ed indagini diagnosticheDurante il follow-up oncoemato-logico, per la comparsa di episo-di di vomito, stomatiti ricorrenti, scarsa crescita, diarrea e infezioni respiratorie ricorrenti delle alte vie aeree, la bambina veniva riferita al nostro Centro di Gastroentero-logia Pediatrica. Peso all’ingres-so: 8,100 kg (-1 SDS secondo le curve per la sindrome). All’esame obiettivo erano presenti afte del cavo orale, cute distrofica e pal-lida, stato nutrizionale scadente,

ipotonia generalizzata. I markers per la celiachia, la calprotectina fecale, la ricerca dell’Helicobacter Pylori sulle feci, l’assetto mar-ziale, l’elastasi fecale, gli ormoni tiroidei, gli esami colturali, paras-sitologici e virologici delle feci, l’ecografia addome ed encefalo, l’RX digerente, l’esame del fundus erano tutti nella norma . Emergeva una positività dei RAST per le proteine del latte vaccino per cui, nel sospetto di allergia, veniva avviato trattamento dieteti-co con idrolisato con lieve miglio-ramento clinico. Si evidenziava

inoltre un deficit severo di vitami-na B12 (< 0,06 ng/ml) e di vitami-na D (11,7 ng/ml).

Ipotesi diagnostiche• Allergia alle proteine del latte

vaccino con malassorbimento• Deficit di vitamina B12 da scar-

so apporto• Deficit di B12 autoimmune da

anticorpi anti fattore intrinseco o anti cellule parietali gastriche

• Deficit di B12 da causa gene-tica

Sviluppo e soluzione del caso clinico a pagina 47

Page 42: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

38 Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2018;X:38-41; doi: 10.19186/ggenp_2018.009

Le dilatazioni esofageeEsophageal dilations

Filippo Torroni (foto)Paola De AngelisRenato Tambucci

Erminia RomeoFrancesca ReaSimona Faraci

Tamara CaldaroGiulia Angelino

Anna Chiara ContiniGiovanni Federici

Luigi Dall’Oglio

U.O.C. di Chirurgia ed Endoscopia Digestiva, Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù”

IRCCS, Roma

Key wordsEsophageal dilation • Children • Esophageal

strictures • Refractory strictures • Esophageal stent

AbstractThe most common indications for esopgaheal di-lation in pediatric polpulation are corrosive stric-tures, post anastomotic strictures (e.g esopgaheal atresia), peptic strictures, congenital esophageal and dystrophic epidermolysis bullosa strictures. Conservative management should be considered including different strategies: semirigid (bougie) or balloon dilators, stents and different adjuvant treatment strategy like corticosteroids (locally injection), topic application of mitomycina C and esophageal incision especially in refractory and recurrent strictures. ESGE/ESPGHAN guideline recommend esophageal dilation using balloon or bougies for benign esophageal strictures only when symptoms occur. No clear advantage of ei-ther balloon or bougie dilator has been demon-strated; therefore, the choice is based on operator experience and comfort with the equipment.

a cura diSalvatore Oliva

ENDOSCOPY LEARNING LIBRARY

Indirizzo per la corrispondenza

Filippo TorroniU.O.C. di Chirurgia ed Endoscopia Digestiva, Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù”, IRCCSpiazza S. Onofrio 4, 00165 RomaE-mail: [email protected]

INTRODUZIONELa dilatazione esofagea è una procedura ormai ben standardizzata anche in età pediatrica; le più frequen-ti necessità di tale procedura sono rappresentate da stenosi esofageee da sostanze caustiche, post-chirur-giche (atresia dell’esofago), peptiche, congenite, se-condarie ad epidermolisi bollosa distrofica, esofagite eosinofila di grado severo e stenosi post-radioterapia (attinica). La disfagia, la scialorrea e il vomito rappre-sentano i segni ed i sintomi clinici più comuni; a que-sti si possono associare difficoltà all’alimentazione, problemi respiratori legati all’inalazione, pirosi, arresto della crescita e sensazione di corpo estraneo. I dilata-tori pù comunemente utilizzati sono quelli semirigidi/flessibili come le bougie di Savary-Gilliard gli idrostati-ci a palloncino TTS (Through-the-Scope).

STRUMENTI e PROCEDURENel corso degli ultimi decenni il miglioramento delle tecniche e degli accessori endoscopici hanno per-messo di ridurre il numero degli interventi chirurgici nei pazienti affetti da stenosi esofagee benigne (Fig. 1). Per orientarsi sul diametro dell’esofago si può consi-derare che il diametro del viscere di un bambino sotto i 5 anni è di circa 11 mm e di 15 mm sopra i 5 anni. La misura della dilatazione va correlata al migliora-mento clinico ottenuto con la scomparsa dei sintomi. La procedura di dilatazione esofagea nel bambino viene effettuata in anestesia generale con intubazione orotracheale mediante dilatatori semirigidi o idrostatici. Non esiste ad oggi una consensus condivisa sull’effi-cacia dell’una rispetto all’altra tecnica.

Dilatatori semirigidi Savary/Gillard I dilatatori semirigidi più comunemente utilizzati sono i Savary-Gilliard in polivinile (Cook Medical, Blooing-ton, MD, USA) con diametro crescente da 5 mm a 12,5 mm (diametri maggiormente utilizzati nel bam-bino) (Fig. 2). La scelta del diametro viene stabilita sulla base della gravità della stenosi visivamente valutata. Una volta

Page 43: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

ENDOSCOPY LEARNING LIBRARY Le dilatazioni esofagee

39

posizionato il filo guida (Stiff/Te-rumo) e verificatone il buon po-sizionamento, il dilatatore viene spinto e fatto scivolare attraverso la stenosi con l’ausilio della sco-pia. I dilatatori semirigidi esercita-no una forza sia radiale che lon-gitudinale sulla stenosi; questo garantisce una maggior efficacia della dilatazione ma contestual-mente determina un maggior “attrito” aumentando il rischio di lacerazione della mucosa.Contrariamento al dilatato-re idrostatico (a “pallonci-no”), la tecnica eseguita con i Savary è una tecnica “tattile” os-sia la resistenza avvertita dall’o-peratore al passaggio della steno-si viene “modulata” dallo stesso imprimendo la giusta forza al di-latatore. Per contro, il palloncino eroga una forza di tipo “radiale” sulla stenosi che può risultare “improvvisa” e non modulabile dall’operatore. È opinione condi-visa che il rischio di perforazione potrebbe essere ridotto se viene applicata “la regola del tre”: nel momento in cui si percepisce una moderata resistenza al passaggio del bougie attraverso la stenosi, l’operatore esegue non più di 3 dilatazioni sequenziali a diametro crescente.

Dilatatori idrostatici a “palloncino”I più comuni dilatatori idrostatici sono i Through-the-Scope (TTS) (Fig. 3) che, passando attraverso il canale operatore dell’endoscopico, permettono una dilatazione sotto stretta visione endoscopica oppure sotto visione radiologica gonfiando il palloncino con del m.d.c. Il dila-tatore viene introdotto attraverso

la stenosi e posizionato a caval-lo della stessa; il palloncino viene quindi “cuffiato” in modo tale da raggiungere il diametro desidera-to sfruttando la pressione idraulica attraverso un manometro (Fig. 4). Si possono raggiungere 3 tipi di diametri a seconda del grado di pressione impostato dall’opera-tore. La pressione del palloncino durante la dilatazione deve es-

Figura 1.Stenosi esofagea benigna.

Figura 2.Dilatatori semirigidi Savary Gilliard e dilatatori idrostatici a palloncino con fili guida.

Figura 3.Dilatatori idrostatici Through-the-Scope (TTS) con filo guida stiff.

Page 44: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

F. Torroni et al.

40

sere mantenuta costante per al-meno 30-60 secondi o fino a che le resistenze pressorie sul ma-nometro non iniziano a ridursi. L’efficacia della dilatazione sotto scopia si evidenzia quando il pal-loncino da una forma a “clessidra” si rimodella in modo uniforme. I dilatatori a palloncino esercitano una forza “radiale” costante e cre-scente non controllabile dall’ope-ratore quando viene raggiunto “il punto di rottura” della stenosi.

Dilatatori semirigidi vs dilatatori a palloncinoNonostante il miglioramento del-le tecniche e dei “device” che hanno ridotto il rischio di compli-canze e aumentato la sicurezza delle procedure endoscopiche, la dilatazione esofagea rimane una procedura al alto rischio anche in mani esperte. Le complicanza più comuni sono rappresentate dalla perforazione e dal sanguinamen-to, e possono dipendere dal tipo, dal diametro e dalla lunghezza della stenosi. Non esistono studi randomizzati-controllati che defi-niscono l’efficacia e la sicurezza dei dilatatori idrostatici vs dilata-tori semirigidi nel trattamento del-le stenosi esofagee benigne nei casi di stenosi post-chirurgiche e stenosi da caustici. Studi retro-spettivi pediatrici riportano dati sull’efficacia dei Savary-Gilliard in circa l’87% dei casi, con risolu-zione della stenosi dopo 3 cicli di

dilatazioni, una systematic review riporta un’efficacia terapeutica del 70% utilizzando i dilatatori idro-statici in 139 bambini con un tas-so di perforazione dell’1,8%. La scelta dell’utilizzo dei dilatatori e la riduzione del rischio di compli-canze sono correlate all’esperien-za del singolo operatore; le guide linea ESPGHAN-NASPGHAN rac-comandano nelle stenosi esofa-gee l’utilizzo di fili guida e dilatato-ri bougie o idrostatici a palloncino.

Timing delle dilatazioniNon c’è attualmente evidenza sul timing ideale tra le sessioni di di-latazioni. Sulla base di singole esperienze individuali 2 approcci vengono adottati:1)  dilatazione/calibrazione profi-lattica di routine per prevenire lo sviluppo dei sintomi; 2) dilatazione selettiva solo in presenza di sinto-matologia (wait and see). Il raziona-le del primo approccio è di assicu-rare un calibro esofageo adeguato e quindi ridurre il rischio di stenosi complicate e problemi funzionali a lungo termine. Lo scopo del se-condo approccio è di ridurre il nu-mero di procedure invasive e quin-di il rischio di complicanze. In uno studio retrospettivo l’effetto dei due approcci è stato confrontato: gli autori hanno riportato un outco-me a lungo termine sovrapponibile in termini di disfagia, stato nutrizio-nale e sintomi respiratori, tuttavia il numero delle dilatazione era signi-ficativamente inferiore nell’approc-cio wait and see.Le raccomandazioni ESPGHAN-NASPGHAN suggeriscono che una stenosi deve essere esclusa e trat-tata solo nel bambino sintomatico.

Trattamenti adiuvanti delle stenosi refrattarieEsistono stenosi che recidivano frequentemente a tal punto da

risultare refrattarie al trattamento tradizionale di dilatazione.Le tecniche adiuvanti sono: l’inie-zione di steroidi intralesionale, la terapia steroidea sistemica, l’ap-plicazione locale di mitomicina e la terapia endoscopica resettiva.

Iniezione intralesionale di steroidiIl trattamento iniettivo di cortico-steroide combinato alla dilatazio-ne è una tecnica conosciuta che prevede la riduzione della sintesi di collagene e la fibrosi a livello della stenosi; il corticosteroide maggior-mente utilizzato è il triamcinolone acetato (dosaggio di 10-40 mg/ml per un volume da iniettare sui 4 quadranti da 0,5 a 2,8 ml). Le complicanze maggiori riscon-trate nell’utilizzo di questa me-todica sono la perforazione del viscere, infezioni parietali del-la mucosa, infezioni da candi-da e mediastinite. Le linee guida ESGE-ESPGHAN non raccoman-dano come prima scelta l’utilizzo del corticosteroide intralesionale nelle stenosi refrattarie.

Corticosteroide sistemicoNon esistono ad oggi studi rando-mizzati-controllati sull’argomento. Morikawa riporta casi pediatrici di pazienti con stenosi refrattaria post chirurgica trattati con alti do-saggi di metilprednisolone per via endovenosa a scalare (25 mg/kg, 15 mg, 10 mg, 5 mg, 2 mg ogni 4 giorni) dopo trattamento combina-to con dilatazione mediante pallon-cino e iniezione di corticosteroide intralesionale, quindi prednisone per bocca (2 mg, 1 mg-0,5 mg mg/kg a scalare ogni 7 giorni) con riso-luzione della stenosi.

Applicazione locale di mitomicina C (MMC)La MMC è un antiblastico che ini-bisce l’apposizione fibroblastica riducendo il processo cicatriziale mucosale. Il maggior utilizzo viene ri-portato nel trattamento delle stenosi

Figura 4.Dilatazione esofagea mediante dila-tatore a palloncino (TTS).

Page 45: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

ENDOSCOPY LEARNING LIBRARY Le dilatazioni esofagee

41

laringee, tracheali e stenosi esofa-gee refrattarie da caustici. L’appli-cazione locale prevede il contatto diretto della MMC sul segmento stenotico mediante garze imbevute o cateteri microporosi a palloncino o diffusori spray. La MMC deve es-sere preparata il giorno stesso del suo utilizzo; il numero delle applica-zioni è in media ogni 4 settimane. Sono stati descritti effetti tossici lo-cali di degenerazione maligna dopo ripetute applicazioni, ed a tal pro-posito vengono consigliate biop-sie mirate a distanza. Le line guida ESPGHAN-NASPGHAN suggeri-scono la MMC come terapia adiu-vante nel management della steno-si refrattarie.

Terapia resettiva La terapia resettiva di elettrocau-terizzazione per via endoscopi-ca è una tecnica utilizzata e ri-conosciuta come alternativa al trattamento endoscopico delle stenosi refarattarie. Il razionale è quello di sezionare l’anello cica-triziale-fibrotico sui 4 quadranti in modo da ripristinare un cali-bro adeguato al lume esofageo. Per eseguire in sicurezza il taglio viene utilizzato un bisturi elettrico needle-knife con punta isolata in ceramica che permette il ta-glio solo sul versante della lama (Fig. 5); la procedura viene seguita sotto stretta visione endoscopica e sembra essere una buona alter-nativa relativamente alle stenosi di lunghezza limitata.

Stenting esofageoEsistono diversi tipi di protesi eso-fagee: in metallo, silicone, biode-gradabili espansibili e lo stent di-namico OPBG. Le complicanze più comuni sono la perforazione, il san-guinamento, la dislocazione, l’over-growth di tessuto di granulazione, il reflusso gastro-esofageo (RGE) e la compressione tracheale. Sono stati descritti casi di sanguinamen-to massivo dopo posizionamento di stent esofagei secondari alla pre-senza di fistole esofago-aortiche in bambini con atresia esofagea; in questi è stata notata un’alta inci-denza di anomalie dell’arco aortico e dei grossi vasi. Utile come esame propedeutico l’effettuazione di una Angio-Tc dei vasi del collo per esclu-dere anomalie vascolari che po-trebbero provocare emorragie mas-sive. La principale differenza con gli altri tipi di stent espandibili è che,

durante l’atto deglutitorio, il cibo non passa attraverso il lume dello stent ma tra la parete dell’esofago e lo stent stesso permettendo un mi-glioramento della pervietà del lume. Cases series pediatrici parlano di un tempo di trattamento di 4-6 set-timane.

Bibliografia di riferimento

Caldaro T, Torroni F, De Angelis P, et al. Dynamic esophageal stents.Dis Esophagus 2013;26:388-91.

Dall’Oglio L, Caldaro T, Foschia F, et al. Endoscopic management of esophageal stenosis in children: new and traditional treatment. World J Gastrointest Endosc 2016;25:212-9.

Foschia F, De Angelis P, Torroni F, et al. Custom dynamic stent for esophageal strictures in children. J Pediatr Surg 2011;46:848-53.

Krishnan U, Mousa H, Dall’Oglio L, et al. ESPGHAN-NASPGHAN Guidelines for the avaluation and treatment of gastrointestinal and nutritional com-plications in children with esopha-geal atresia-tracheoesophageal fistula. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2016;63:550-70

Tambucci R, Angelino G, De Ange-lis P, et al. Anastomotic strictures after esophageal atresia repair: incidence, investigations and man-agement including treatment of refractory and recurrent strictures. Frontiers in Pediatrics 2017;5:1-14.

Thomson M, Tringali A, Dumonceau JM, et al. European Society for Pediatric Gastroeintestinal Endo-scopy Guidelines. J Pediatric Ga-stroenterol Nutr 2017;64:133-53.

• La dilatazione endoscopica delle stenosi esofagee è una procedura standardizzata; il rischio di complicanze rimane presente anche in mani esperte.

• La scelta dei dilatatori (semirigidi Savary o idrostatici a palloncino) dipende dall’esperienza del singolo operatore.

• Non esiste ad oggi una consensus su quale tipo di device da utilizzare.

• Nelle forme refrattarie esistono ormai alternative o terapie combinate per ridurre il rischio di recidive.

Figura 5.Stenosi esofagea refrattaria: trat-tamento resettivo mediante bisturi elettrico needle knife.

Page 46: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

42 Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2018;X:42-46; doi: 10.19186/ggenp_2018.010

La transizione del paziente gastroenterologico dall’assistenza pediatrica a quella adulta: una Position Statement delle Società Italiane di GastroenterologiaTransition of gastroenterological patient from pediatric to adult care: a Position Statement

Teresa Capriati

Unità Operativa Semplice di Nutrizione Artificiale, Ospedale

Pediatrico “Bambino Gesù”, IRCCS, Roma

Key wordsTransizione • Adolescenza • Malattie

gastrointestinali croniche

AbstractThis review resume the main recommendations from four Italian Gastroenterological Societies (the Italian Society of Paediatric Gastroenter-ology, Hepatology and Nutrition, the Italian Society of Hospital Gastroenterologists and Endoscopists, the Italian Society of Endoscopy, and the Italian Society of Gastroenterology) re-garding the transition of adolescents patients with gastroenterological disease from pediatric to adult care, and an expert reviewer opinion about this topic.

Indirizzo per la corrispondenza

Teresa CapriatiUnità Operativa Semplice di Nutrizione Artificiale, Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù”, IRCCSpiazza S. Onofrio 4, 00165 RomaE-mail: [email protected]

a cura diTeresa Capriati

GUIDELINES: WHAT IS THE BEST FOR CLINICAL PRACTICE

Le raccomandazioni Il processo di transizione consiste sostanzialmente nel “trasferimento” dell’attività assistenziale dei pazienti cronici (affetti da una malattia cronica ad esordio in-fantile) da un servizio pediatrico a uno adulto. La tran-sizione è una fase molto delicata di gestione del pa-ziente e non è sempre agevole. Non è ipotizzabile l’adozione di un modello unico di transizione (bisogna tenere conto di esigenze speci-fiche) ma d’altra parte non ci sono, allo stato attua-le, programmi di transizione specifici approvati dalle società scientifiche gastroenterologiche in Italia. Tali considerazioni hanno portato la Società Italiana di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione pediatrica (SIGENP), l’Associazione Italiana di Gastroenterologi ed Endoscopisti Ospedalieri (AIGO), la Società Italiana di Endoscopia (SIED) e la Società Italiana di Gastro-enterologia (SIGE) a realizzare, nel maggio 2015, una serie di raccomandazioni pratiche per la transizione in gastroenterologia 1. Il documento, realizzato sulla base di una ricerca completa della letteratura pubblicata sull’argomento su Pubmed, include la definizione dei livelli di evidenza con un accordo > 90% tra gli ope-ratori e contiene il livello di forza della raccomanda-zione 2. Nella Tabella I sono riassunte le raccomandazioni ge-nerali del panel relative alla transizione in gastroente-rologia. Idealmente, il processo di transizione dovreb-be comprendere 3 fasi:1) I fase: all’inizio dell’adolescenza, il gastroenterologo pediatra curante inizia a educare paziente e famiglia alla transizione cercando di renderli autonomi nella gestione della malattia (dovranno essere in grado di riconoscere l’insorgenza dei sintomi, le caratteristiche della malattia, eventuali complicanze correlate, i far-maci appropriati e gli eventuali effetti collaterali corre-lati). Questa fase iniziale dovrebbe essere coadiuvata da uno psicologo e dovrebbe già prevedere regolari riunioni tra gastroenterologi adulti e pediatri allo scopo

Page 47: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

GUIDELINES: WHAT IS THE BEST FOR CLINICAL PRACTICE La transizione all’età adulta

43

di condividere le decisioni tera-peutiche più rilevanti. 2) II fase: inizia quando il gastro-enterologo pediatra ritiene che il giovane paziente sia pronto alla transizione (è diventato indipen-

dente nella gestione della malattia e/o ha raggiunto la maturità entro l’intervallo di età di 16-20 anni). Il gastroenterologo pediatra for-nisce le informazioni riguardanti l’Unità di Gastroenterologia più

adatta per quel paziente, in base alla specifica malattia da trattare, alla posizione geografica, e anche ai progetti di vita del paziente (ad es. considerare se intende trasfe-rirsi per studio o per lavoro). Una

Tabella I.Indicazioni generali relative alla transizione di cure in età adolescenziale.

I pazienti adolescenti sono generalmente caratterizzati da bassi livelli di compliance alla terapia e devono essere strettamente monitorati prima di iniziare la transizione (2c-B)

Sebbene difficile da stabilire, l’età ideale per la transizione è tra 16 e 20 anni, a seconda delle maturità emotiva, dell’attività di malattia, della compliance al trattamento, della autonomia nella gestione della malattia (2c-B)

I gastroenterologi pediatri dovrebbero decidere quando i loro giovani pazienti devono iniziare il programma di transizione, tenendo conto dei fattori sopra riportati e dovrebbero avvalersi dell’aiuto degli psicologi quando necessario (3b-C)

Il programma di transizione inizia con: illustrazione a pazienti e familiari/caregivers dello scopo della transizione in un contesto per adulti, addestramento a conoscenza delle caratteristiche della malattia, dei trattamenti (e degli effetti collaterali) e dei sintomi di allarme, informazione sulla posizione dei Centri per adulti disponibili (in relazione a desideri ed esigenze del paziente) (5D)

Il processo di transizione dovrebbe includere un periodo di sovrapposizione di visite tra gastroenterologi pediatri e adulti; la durata di questo periodo dipende dalla gravità della malattia (5D). Dovrebbero essere programmati incontri regolari o un’adeguata intera-zione anche via internet tra gastroenterologi pediatri e adulti allo scopo di migliorare l’efficacia del programma di transizione (5D)

Quando i centri pediatrici e per adulti non si trovano all’interno dello stesso ospedale, deve essere stabilita una forte collaborazione con servizi di riferimento regionali per adulti e deve essere stabilito un canale preferenziale per i pazienti in transizione (5-D) In questo scenario dovrebbero essere considerati anche sistemi di comunicazione alternativi (internet) (5-D)

Tabella II. Raccomandazioni specifiche per malattia relative alla transizione di cure.

Malattie infiammatorie croniche intestinali

Malattia celiaca Malattie epatiche

croniche

Età di inizio suggerita 16 anni 16 anni 16-18 anni

Durata transizione 6-12 mesi 1 mese 6 mesi

N. di visite combinate (minimo)

1 o 2 in relazione alla gravità del quadro clinico

1 4

Luogo delle visite Alternativamente Centro pediatrico e Centro per adulti

Centro per adulti Centro di transizione

Luogo del servizio Centro di II o III livello Centro di II o III livello Centro di II o III livello

Consigli Effettuare una transizione graduale prendendo in considerazione la maturità fisica ed emotiva, l’attività di malattia, la

compliance al trattamento, l’autonomia nella gestione della malattia (2c-B) Iniziare in remissione (2c-B)

Iniziare informando il paziente sul programma e poi almeno una visita combinata

(gastroenterologo pediatra e adulto) presso il centro per adulti. Il numero di visite

combinate può essere aumentato in base allo stato del paziente (5-D)

Solo nei casi di malattia complicata e di

particolari comorbidità (ad es. malattie

autoimmuni multiple) si potrebbe prendere in considerazione uno schema di transizione analogo a quello delle malattie infiammatorie

croniche intestinali (5-D)

A causa della gravità di molte malattie epatiche

croniche e della potenziale necessità di trapianto di

fegato ortotopico dovrebbe essere incluso il supporto

psicologico (2c B)L’inserimento, in questo

contesto, di un programma di transizione dovrebbe migliorare la prognosi e

ridurre i costi (3b-B)

Page 48: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

T. Capriati, D. Knafelz

44

volta concordato il passaggio, il gastroenterologo pediatra forni-sce ai colleghi gastroenterologi tutti i documenti necessari. Il pa-ziente dovrebbe essere in remis-sione dalla malattia al momento della transizione. In caso contrario gli specialisti coinvolti dovrebbero cooperare per ottenere la remis-

sione durante il periodo di transi-zione. 3) III fase: il trasferimento è com-pletato ma il gastroenterologo pe-diatra rimane disponibile per circa un anno, nel caso si presentasse la necessità di ulteriori discussioni del caso. Nella Tabella II vengono riassun-

te le indicazioni specifiche per patologia (età di avvio, durata e modalità di transizione). Le ma-lattie infiammatorie intestinali, la celiachia e le malattie croniche del fegato rappresentano la maggior parte dei disturbi gastroenterolo-gici cronici con esordio in età pe-diatrica.

L’importanza della transizione è stata sottolineata per la prima volta in una conferenza nazionale che si è te-nuta in Minnesota nel 1984 dal titolo “Giovani con di-sabilità: gli anni della transizione”, a cui sono seguiti altri incontri. Cinque anni dopo il primo, in un incontro promosso dalla Society for Adolescent Medicine dal National Center for Youth with Disabilities and the Ma-ternal and Child Health Bourogh è stato sottolineato come la transizione sia un gradino di fondamentale importanza per gli adolescenti con malattie croniche. Fino ad allora questo aspetto non era mai stato affron-tato in maniera adeguata. Questa mancanza non era solo un ostacolo che impediva ad adolescenti e gio-vani adulti di ottenere cure appropriate, ma era conse-guenza del fatto che prima di tale periodo solo pochi pazienti pediatrici affetti da malattie croniche e disa-bilità sopravvivevano fino all’età adulta. Le conquiste della medicina hanno aumentato le aspettative di vita di questi pazienti e l’aumento della sopravvivenza ha di fatto incrementato il numero di adolescenti che deve affrontare il processo di transizione verso un centro medico dell’adulto. Da allora molti passi avanti sono stati compiuti a partire da una prima position paper del 1993 della Society for Adolescent Medicine 3 in cui si definisce la transizione come un “trasferimento pro-grammato di adolescenti o giovani adulti con malattie croniche da un centro pediatrico ad uno dell’adulto”, e viene sottolineato come lo scopo ultimo della transi-zione sia quello di fornire cure ininterrotte, coordinate e appropriate. Numerosi sono stati i lavori scritti da al-lora su questo argomento. Nel 2002 la North American Society for Pediatric Gastroenterology, Hepatology and Nutrition (NASPGHAN) ha elaborato un Medical Position Statement sulla transizione del paziente con malattie infiammatorie croniche intestinali  4. Gli au-tori hanno esaminato gli ostacoli per una transizione efficace evidenziando che possono derivare a)  dal paziente, il quale può mostrarsi riluttante a lasciare l’atmosfera familiare del centro pediatrico; b) dalla fa-miglia, poiché i genitori sono spesso restii a lasciare i medici che si sono presi cura del loro figlio e con cui hanno da tempo instaurato un rapporto affettivo; c) dal pediatra curante, che nel tempo ha costruito forti le-

Il commento dell'espertoTutti i centri pediatrici che si occupano di bambi-ni affetti da patologie croniche si trovano costretti ad affrontare, una volta che i piccoli pazienti siano cresciuti, la loro transizione verso un centro spe-cialistico dell’adulto. Questo processo non può essere considerato un semplice trasferimento di paziente da un centro pediatrico a uno dell’adulto ma implica un gradua-le processo durante il quale il giovane paziente viene reso indipendente nella gestione della sua malattia. Una transizione efficace deve garantire una continuità di cura e ha lo scopo di assicurare un livello di autonomia nella gestione della malat-tia con un conseguente migliore controllo della stessa.

Daniela Knafelz

UOC Epatogastronetrologia e Nutrizione, Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù”, IRCCS, Roma

Indirizzo per la corrispondenza

Daniela KnafelzUOC Epatogastronetrologia e NutrizioneOspedale Pediatrico “Bambino Gesù”, IRCCSpiazza Sant’Onofrio 4, 00165 RomaE-mail: [email protected]

GUIDELINES: WHAT IS THE BEST FOR CLINICAL PRACTICE

Page 49: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

GUIDELINES: WHAT IS THE BEST FOR CLINICAL PRACTICE La transizione all’età adulta

45

gami con i suoi pazienti e le loro famiglie ed è spesso riluttante a lasciarli andare. Anche il gastro-enterologo dell’adulto potrebbe sollevare problemi relativi al con-siderare i giovani pazienti immatu-ri nel gestire la loro malattia e nella difficoltà a confrontarsi con i loro genitori. Nella gastroenterologia dell’adulto è molto meno comu-ne il coinvolgimento multidiscipli-nare nella cura di questi pazienti che invece è una caratteristica del mondo pediatrico. Si è sottolinea-to che proprio per la presenza di tali possibili difficoltà il processo della transizione deve essere ben organizzato e strutturato e deve avere come scopo ultimo una continuità di cure associata ad una acquisizione dell’indipenden-za nella gestione della malattia dei giovani pazienti. L’impatto della transizione sull’e-voluzione della malattia cronica è stato ben evidenziato da Cole et al. nel 2015  5. Nel loro studio hanno confrontato due gruppi di pazienti. Il primo gruppo, compo-sto da 44 giovani adolescenti, è stato inviato al centro dell’adulto attraverso un processo che com-prendeva due visite ambulatoriali in cui erano presenti sia i pediatri che i medici dell’adulto. La pri-ma visita era stata effettuata nel reparto pediatrico mentre l’altra in quello dell’adulto per far si che il paziente potesse prende-re confidenza con i nuovi curan-ti e il nuovo ambiente. Durante le visite, oltre a condividere le informazioni sulla storia clinica del paziente, il ragazzo era stato valutato globalmente e giudicata la sua adeguatezza alla transizio-ne sia dal punto di vista medico sia da quello psicologico. L’altro gruppo, composto da 28 pazien-ti, era direttamente passato dalle cure del pediatra a quelle del me-dico dell’adulto. Il primo gruppo presentava dopo a due anni di follow-up dalla transizione una

minore necessità di interventi chirurgici (25% vs 46% p = 0,01), minore frequenza di ricoveri (al-meno 1 ricovero in 2 anni: 29% vs 61% p  =  0,002) e una mag-giore aderenza alla terapia (89% vs 46% p  =  0,02), dimostrando quindi come una transizione ef-ficace possa apportare benefici clinici sul lungo temine.Le linee guida italiane alla transi-zione del paziente cronico gastro-enterologico del 2015  1, nate da un lavoro congiunto di 4 Società Gastroenterologiche italiane, una pediatrica e tre dell’adulto (SI-GENP, AIGO, SIED, SIGE) consi-derano sia gli aspetti generali del-la transizione sia quelli peculiari alle singole più comuni patologie gastrointestinali ed epatologiche croniche. L’età ideale di transizio-ne è considerata essere tra i 16 e i 20 anni, ma bisogna valutare per ogni singolo paziente la maturità fisica e emotiva, l’attività di ma-lattia e la capacità di gestirla in maniera autonoma. È importante che tale valutazione venga effet-tuata con l’aiuto di uno psicologo dell’età evolutiva. Il panel di esperti evidenzia, così

come già visto nelle linee guide NASPGHAN, le problematiche fondamentali che si possono ri-scontrare durante la transizione e la necessità per tali motivi di un processo strutturato che vie-ne accuratamente descritto e suddiviso in tre fasi fondamen-tali: una preparatoria, a carattere educativo, seguita dalla fase del-la transizione vera e proprio du-rante la quale vengono fornite al gastroenterologo dell’adulto tutta la documentazione del paziente dopo averlo reso partecipe della scelta del centro a cui inviarlo. La peculiarità di questa position paper sta nell’esaminare le di-verse indicazioni specifiche per patologia. Si sottolinea come, mentre in caso di pazienti affetti da malattie infiammatorie croni-che intestinali è di fondamentale importanza seguire l’iter descritto durante il periodo di transizione, in caso di pazienti con celiachia, anche in considerazione del nu-mero elevato, pur mettendo in evidenza l’importanza della tran-sizione per favorire una aderenza alla dieta senza glutine nel tem-po, una transizione strutturata è

• Il processo di transizione consiste sostanzialmente nel “trasferimento” dell’attività assistenziale dei pazienti cronici (affetti da una malattia cro-nica ad esordio infantile) da un servizio pediatrico a uno dell’ adulto.

• Tale processo può incontrare difficoltà legate sia al vissuto del paziente che a quello dell’operatore sanitario.

• Per facilitare la transizione le linee guida del 2015 hanno proposto dei modelli diversi a seconda del tipo di patologia gastroenterologica di base.

• Elementi in comune al processo di transizione nelle diverse patologie sono l’età di avvio (tra i 16 e i 18 anni per la maggior parte), la necessità di essere in remissione e la necessità di effettuare incontri combinati tra gastroenterologo pediatra e gastroenterologo dell’adulto.

• Elementi di diversificazione tra le diverse patologie gastrointestinali sono rappresentate dal maggior numero di visite combinate necessarie e dall’importanza dell’aiuto psicologico nelle malattie epatiche croniche.

Page 50: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

46

T. Capriati, D. Knafelz

necessaria solo in presenza di co-morbidità. Diverso è il caso di pazienti epatopatici i quali hanno subito o potrebbero necessitare di trapianto ortotopico in cui, nel percorso strutturato della transi-zione, è particolarmente fonda-mentale inserire anche una atten-ta valutazione psicologica. L’importanza di tale lavoro è principalmente quello di aiutare i pediatri gastronterologi a pren-dere per mano i loro pazienti in una fase delicata della loro vita e a traghettarli verso la vita adulta rendendoli autonomi e consape-voli della loro malattia. Una tran-sizione efficace è fondamentale per la salute fisica e psicologica dei giovani pazienti.

Bibliografia1 Italian Society of Paediatric Ga-

stroenterology, Hepatology and Nutrition (SIGENP), Italian Asso-ciation of Hospital Gastroentero-logists and Endoscopists (AIGO), Italian Society of Endoscopy (SIED), Italian Society of Gastro-enterology (SIGE). Transition of gastroenterological patients from paediatric to adult care: a position statement by the Italian Societies of Gastroenterology. Dig Liver Dis 2015;47:734-40.

2 Oxford Center of Evidence-based Medicine, marzo 2009 edition www.cebm.net/oxford-centre-evidence-based-medicine-levels-evidence-march-2009/).

3 Blum RW, Garell D, Hodgman CH, et al. Transition from child-cente-red to adult healt-care systems for

adolescents with chronic condi-tions. A position paper of the So-ciety for Adolescent Medicine. J Adolesc Health 1993;14:570-6.

4 Baldassano R, Ferry G, Griffiths A, et al. Transition of the patient with inflammatory bowel disease from pediatric to adult care: recom-mendations of the North American Society for Pediatric Gastroente-rology, Hepatology and Nutrition. JPGN 2002;34:245-8.

5 Cole R, Ashok D, Razack A, et al. Evaluation of outcomes in adole-scent inflammatory bowel disease patients following transfer from pediatric to adult health care servi-ces: case for transition. J Adolesc Health 2015;57:212-7.

Page 51: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

Giada Del BaldoSimona GattiCarlo Catassi

Clinica Pediatrica, Università Politecnica delle Marche, Ancona

Key words Down syndrome • Imerslund-Grasbeck syndrome •

Vitamin B12 deficiency • CUBN gene mutation

AbstractWe report the case of a girl with Down Syndrome (DS) and with an history of vomiting, stomatitis, failure to thrive, diarrhea, anaemia and throm-bocytopenia. She was initially diagnosed with myelodysplas-tic syndrome and vitamin B12 deficiency, not re-sponding to standard oral treatment. In the suspicion of congenital B12 malabsorp-tion DNA was analyzed for Imerslund-Grasebeck syndrome (IGS). A previously undescribed pathogenetic variant in the CUBN gene was found, leading to the final diagnosis. To date a few cases of pediatric IGS have been reported and this is the first case confirmed in a child with DS.

47Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2018;X:47-48

Soluzione del caso clinico

di pagina 36

CASE REPORTa cura diANTONIO DI MAURO

Sviluppo del caso clinicoVeniva avviato un trial con vitamina B12 i.m. (500 mcg) e successivamente supplementazione di vita-mina B12 per os (150 mcg/settimana). Inizialmente si assisteva ad una rapida normalizzazione dei li-velli di B12 e del quadro ematologico, ma durante il follow-up la piccola necessitava di elevati dosaggi per via orale (Fig. 1). In anamnesi non erano segna-late restrizioni alimentari che potevano far pensare a cause nutrizionali del deficit. Alla luce del quadro clinico, è stato effettuato il dosaggio degli anticorpi anti-fattore intrinseco e anti-cellule parietali gastri-che, risultati negativi. In seguito veniva dimostrata proteinuria isolata. Nel sospetto di deficit conge-nito di vitamina B12 veniva avviata indagine mo-lecolare del gene CUBN che mostrava mutazione c.2110+1G>A in omozigosi, ad oggi mai descritta in letteratura, compatibile con diagnosi di sindrome di Imerslund-Grasbeck (IGS).

Punti critici della diagnostica differenzialeNella gestione clinica di questa paziente con sin-drome di Down (SD), il riscontro iniziale di mielo-displasia ha portato a considerare, in prima battu-ta, l’ipotesi di un possibile esordio di leucemia. La comparsa di diarrea e la scarsa crescita hanno poi orientato la diagnostica verso cause gastroentero-logiche, come ad esempio la celiachia a cui questi pazienti sono più predisposti. La persistenza della diarrea senza sostanziale be-neficio dopo l’introduzione del latte idrolisato ci ha permesso di escludere un IPLV. Successivamente, il riscontro di ridotti livelli di vi-tamina B12, il corretto intake alimentare e la ne-gatività degli anticorpi anti-fattore intrinseco e anti-cellule parietali gastriche hanno escluso un difetto nutrizionale e autoimmunitario alla base del quadro clinico. Sono state quindi considerate forme più rare di ca-renza di vitamina B12. La scarsa risposta alla supplementazione orale di

vitamina B12, la persistenza della diarrea, la scarsa crescita e la successiva comparsa di proteinuria nel contesto della consanguineità della bambina, hanno fatto porre il sospetto di deficit congenito di vita-mina B12 che è stato confermato poi dall’indagine genetica.

Quali take home messages?La carenza di vitamina B12 è uno tra i deficit nutri-zionali più comuni in età pediatrica, ma raramente attribuibile a cause genetiche come la IGS. La sin-drome è stata descritta per la prima volta da Olga Imerslund e Ralph Gräsbeck 1, 2 in Finlandia e Nor-vegia, dove la prevalenza è approssimativamente 1:200.000  3. Sono stati descritti circa 300 casi in tutto il mondo, ma molti casi rimangono ancora non diagnosticati  3, 4. Il difetto genetico autosomico re-cessivo alla base della patologia risiede in uno dei due geni (CUBN e AMN) implicati nella codifica per il recettore ileale di trasporto della vitamina B12 3, 5. Le manifestazioni cliniche più frequenti sono ane-mia megaloblastica, scarsa crescita, infezioni ricor-renti e proteinuria selettiva a basso peso moleco-lare 5. I pazienti con SD sono più predisposti allo sviluppo di anomalie ematologiche, come le sindromi mielo-

Page 52: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

G. Del Baldo et al.

48

displastiche: risulta più difficile sospettare un’altra eziologia del-la dismielopoiesi, con un possi-bile ritardo nella diagnosi di altre patologie. Ad oggi sono descritti in letteratura pochi casi di IGS in età pediatrica 6 e questo è il primo caso confermato in una bambina

con SD. Va quindi sottolineata l’importanza di considerare ogni possibilità diagnostica nell’inter-pretazione di nuovi sintomi nel paziente con SD, piuttosto che attribuirli necessariamente alle patologie a cui questi pazienti sono più spesso predisposti.

Bibliografia1 Imerslund O. Idiopathic chronic

megaloblastic anemia in children. Acta Paediatr Scand 1960; 49(Suppl 119):1-115.

2 Grasbeck R, Gordin R, Kantero I, et al. Selective vitamin B12 malab-sorption and proteinuria in young people.  A syndrome. Acta Med Scand 1960;167:289-96.

3 Grasbeck R. Imerslun-Grasbeck syndrome (selective vitamin B12 malabsorption with proteinuria). Orphanet J Rare Dis 2016;1:17.

4 Grasbeck R, Tanner SM. Juvenile selective vitamin B12 malabsorp-tion: 50 years after its descrip-tion-10 years of genetic testing. Pediatr Res 2011;70:222-8.

5 Montgomery E, Sayer JA, Baines LA, et al. Novel compound hete-rozygous mutations in AMN cau-se Imerslund-Gräsbeck syndrome in two half-sisters: a case report. BMC Med Genet 2015;16:35.

6 Cartlidge PHT, Curnok A. Specific malabsorption of vitamin B12 in Down’s syndrome. Arch Dis Child 1986;61:514-5.

• La Sindrome di Down è associata ad un rischio maggiore di patologie linfoproliferative e mielodisplasiche.

• La carenza di vitamina B12 è uno tra i deficit nutrizionali più comuni in età pediatrica e la causa più frequente è quella carenziale; altre cause sono di origine autoimmune o alterazioni genetiche (rare). A livello ematologico la carenza di vitamina B12 può comportare la comparsa di mielodisplasia e diseritropoiesi.

• La Sindrome di Imerslund-Grasebeck è una rara malattia genetica, causata da un difetto di tipo autosomico recessivo in uno dei due geni (CUBN e AMN) implicati nella codifica per il recettore ileale di trasporto della vit B12. Le manife-stazioni cliniche più frequenti sono anemia megaloblastica, scarsa crescita, infezioni ricorrenti e proteinuria selettiva a basso peso molecolare.

• Nei pazienti affetti da Sindrome di Down la comparsa di citopenia è per lo più riconducibile ad una problematica lin-foproliferativa o ad un’origine autoimmune. L’evenienza di un’ulteriore patologia genetica va tuttavia considerata, in particolare in presenza di consanguineità.

Figura 1.Andamento dei livelli di vitamina B12 in relazione alla terapia sostitu-tiva effettuata.

Page 53: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

49Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2018;X:49-52

Italian Pediatric Nutrition Day: report 2017

Antonella Lezo1, Elvira Verduci2, Carlo Agostoni3, for the Nutrition Survey Group*

1 OIRM, Città della Salute e della Scienza, Torino; 2 Clinica Pediatrica, Ospedale San Paolo, Dipartimento di Scienze della Salute, Università degli Studi di Milano; 3 IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico, Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità,

Università degli Studi di Milano

C'è vita nelle… Aree

Area Nutrizionea cura diMariella Baldassarre

Introduzione La malnutrizione in difetto, intesa come undernutrition, è definita come uno sbilanciamento tra i fabbisogni nutrizion-ali e gli effettivi apporti, con conseguente deficit di energia, proteine o micronutrienti. Questi deficit possono influenzare negativamente la crescita in peso e in altezza, lo sviluppo, e avere effetti negativi sulla salute  1. Rispetto agli adulti, i bambini sono particolarmente suscettibili alla malnutrizione in difetto a causa del loro elevato fabbisogno energetico per unità di massa corporea, delle riserve energetiche limitate e degli aumentati fabbisogni per la crescita. La prevalenza di malnutrizione acuta tra i bambini ospedaliz-zati è generalmente alta, nonostante possa variare consid-erevolmente in base alla metodologia utilizzata e alla popolazi-one presa in analisi 2. L’ospedalizzazione spesso determina un incremento della malnutrizione malattia-correlata persino nei bambini che presentano condizioni cliniche “non gravi” 3. Inoltre, la malnutrizione in questa fase della vita potrebbe in-fluenzare gli outcomes sulla salute sia a breve che a lungo termine. Bisogna difatti considerare che i bambini dovrebbero essere in una costante condizione di bilancio energetico posi-tivo (condizione anabolica) per mantenere uno sviluppo e una crescita ottimale 4. Nonostante siano noti l’elevata prevalenza e gli effetti negativi della malnutrizione malattia-correlata, questa condizione è ad oggi probabilmente sottostimata. Anche in pazienti pediatrici ospedalizzati con malattie croniche la condizione è diagnos-ticata solo in una piccola percentuale, nonostante sia noto che la prevalenza vari dal 24% al 50% in tutto il mondo 5-10. La mancanza di definizioni uniformi e l’incapacità di dare pri-orità al supporto nutrizionale come parte integrante della cura del paziente sono alcuni dei fattori responsabili della mancata identificazione della malnutrizione in difetto nei bambini os-pedalizzati e del suo impatto sugli outcomes clinici. Lo scopo di questa survey, effettuata a livello nazionale nel 2015 11 e ripetuta nel 2017, è stato quello di valutare longitudi-nalmente la prevalenza della malnutrizione acuta e cronica, la sua correlazione con la patologia acuta (motivo del ricovero) o patologia cronica e il relativo supporto nutrizionale offerto ai pazienti (diffusione e tipologia). Italian Pediatric Nutrition Survey aveva inoltre il compito di aiutare a diffondere e fare diventare pratica comune la valutazione nutrizionale del pazi-ente pediatrico ospedalizzato migliorando di edizione in ed-izione l’aderenza dei clinici.

Pazienti e metodi Lo studio è stato ideato e coordinato dall’Area di Nutrizione della Società Italiana di Gastroenterologia e Nutrizione Pedi-atrica (SIGENP), tramite metodo crowdsourcing. A tale scopo, è stato appositamente realizzato un sito web ad accesso libero (http://nday.biomedia.net), in modo da rac-cogliere informazioni su caratteristiche dell’ospedale (tipo di istituzione, i.e. ospedale universitario o generale), località, nu-mero di posti letto. I partecipanti sono stati reclutati dai reparti di pediatria generale e da tutte le specializzazioni pediatriche, chirurgia pediatrica e onco-ematologia pediatrica. Una prima edizione si è svolta il 16 aprile del 2015 11, la seconda edizione il 5 aprile 2017, entrambe pubblicizzate tramite sito web. Inol-tre, è stata spedita una e-mail a tutti i membri della SIGENP e della Società Italiana di Pediatria (SIP), nella quale si chiedeva ai centri aderenti di partecipare allo studio e registrarsi con le credenziali fornite.Per quanto riguarda la seconda edizione, il sito è stato attivo dal 5 al 7 aprile in modo che ciascun centro potesse immet-tere i dati relativi ai pazienti ricoverati durante la giornata del 5 aprile 2017. In forma anonima sono state raccolte le informazioni sui pazienti: sesso, età, peso e lunghezza/altezza, motivo del ricovero, presenza di patologie croniche (nessuna o una tra 16 opzioni) e uso di supporti nutrizionali: supplementi nutriz-ionali orali (ONS), nutrizione enterale (EN) o nutrizione paren-terale (PN). Oltre alla presenza o assenza di supporto nutriz-ionale si è inoltre definito il tipo. In particolare è stato distinto tra sondino naso gastrico, gastrostomia o digiunostomia per la NE, integratori completi e modulari per gli ONS. I pazienti potevano ricevere più di un tipo di supporto nutrizionale. Sono stati calcolati gli Z-scores delle misurazioni antropo-metriche con Epi Info 7.1.5 ed è stato definito lo status nutriz-ionale usando i criteri A.S.P.E.N. 1: la condizione di “wasting” o malnutrizione acuta, intesa come basso peso-per-altezza, è stata identificata tramite BMI e Z-score per i pz di età 2-20 anni e peso-per-lunghezza per i pazienti di età 0-2 anni (< -1 lieve, < -2 moderata, < -3 severa); la condizione di “stunting” o malnutrizione cronica, definita come bassa statura per età da Z-score altezza-per-età < -2. Il sovrappeso è stato identifi-cato tramite lo Z-score del BMI o peso-per-lunghezza > 2. Le curve di crescita WHO 2006 e CDC 2000 sono state rispet-tivamente usate per bambini con età inferiore e maggiore a 2 anni.

Page 54: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

A.a Lezo, E. Verduci, C. Agostoni, for the Nutrition Survey Group

50

Risultati della seconda edizioneNel sito web sono state inserite 1350 schede da 54 utenti registrati. I dati sono stati ottenuti da 12 regioni e 43 ospedali italiani e 78 reparti. Il numero di soggetti totali su cui è stato possibile fare delle valutazioni complete è stato di 1230 bam-bini. La quota di bambini affetti da patologie croniche è risultata del 63% (era del 58,8% nell’indagine realizzata nel 2015 11); le patologie più frequenti sono risultate le patologie neuro-logiche e le patologie onco-ematologiche, entrambe > 10%. La condizione di “wasting” o malnutrizione acuta è stata rile-vata nel 30,3% dei soggetti (era del 28,7% nell’indagine real-izzata nel 2015). La condizione di “stunting” o malnutrizione cronica è stata identificata nel 15,5% dei soggetti (17,3% nel 2015  11). Entrambe le condizioni riguardavano soprattutto i bambini di età compresa tra 0-6 anni. Nella Tabella I è riporta-to lo status nutrizionale, nelle diverse fasce d’età, dei pazienti pediatrici ospedalizzati (report 2017). Dato nuovo rispetto alla precedente edizione, è emerso che la valutazione nutrizionale all’ingresso è stata effettuata nel 47,2% dei pazienti e che il trattamento nutrizionale è più fre-quente nei pazienti malnutriti screenati all’ingresso, rispetto ai pazienti non screenati (26% vs 11,3%; p < 0,01) sottolineando l’importanza della valutazione nutrizionale come condizione base per poter trattare adeguatamente la malnutrizione.Inoltre i centri che hanno partecipato a entrambe le edizioni del Pediatric Nutrition Day hanno presentato un tasso supe-riore di: pazienti sottoposti a valutazione nutrizionale (49% vs 43,9%, p = 0,084) e trattamento nutrizionale nei pazienti mal-nutriti (19,6% vs 15,5%, p = 0,075).Nella Figura 1 è mostrata la percentuale di soggetti che ha ricevuto un qualsiasi tipo di supporto nutrizionale, nel 2015 e nel 2017, in base a presenza/assenza di malnutrizione e

gravità della stessa. Dall’indagine del 2017 è risultato che il supporto nutrizionale sia stato dato nel 26%, 34% e 46% dei soggetti con malnutrizione, rispettivamente per malnutriz-ione lieve, moderata e severa. In tutti i casi la percentuale di pazienti trattati risulta migliore nel 2017 rispetto al 2015 sug-gerendo un possibile ruolo educativo della survey.

DiscussioneI risultati di questo studio confermano, come già emerso dalla prima survey del 2015, l’elevata prevalenza di malnutrizione tra i bambini ospedalizzati. Il tasso di malnutrizione acuta os-servato cade entro il range riportato nella letteratura, a partire da ospedali generali e specializzati 5-10.Il più elevato tasso di malnutrizione acuta, come nella prec-edente indagine 11, è stato osservato nei bambini più piccoli: fascia 0-6 anni. Questo aspetto potrebbe dipendere da due motivi: 1) la popolazione di bambini ospedalizzati è princi-palmente rappresentata da questa fascia d’età; 2) più bassa è l’età e più è elevata la suscettibilità al deficit energetico e agli effetti metabolici dell’infiammazione e delle alterazioni ormonali, indotte da patologie acute o croniche, sullo status nutrizionale e sulla crescita. Questi risultati evidenziano ovviamente la necessità di fare di-agnosi precoce di malnutrizione e di fornire un adeguato sup-porto nutrizionale per prevenire gli effetti negativi sulla salute a breve e lungo termine nei bambini. Relativamente allo stunting o malnutrizione cronica bisogna sottolineare che il tasso di bambini ospedalizzati che pre-sentano questa condizione è altamente variabile nei diversi studi e fortemente influenzato dalla presenza di una patologia cronica sottostante. Relativamente a questo aspetto, come osservato precedentemente, la percentuale di soggetti con patologie croniche era superiore rispetto a quanto riportato

Tabella I.Status nutrizionale, nelle diverse fasce d’età, dei pazienti pediatrici ospedalizzati.

Page 55: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

C'è vita nelle …Aree - Area NutrizioneItalian Pediatric Nutrition Day: report 2017

51

da altri autori 6. Questo è un elemento fondamentale da con-siderare poiché la presenza di una patologia cronica aumenta il rischio sia di malnutrizione acuta che cronica, e l’alta per-centuale segnalata di malati cronici tra i bambini ospedalizzati sottolinea la necessità di sorveglianza nutrizionale, poiché il tasso di malnutrizione aumenta durante il ricovero os-pedaliero anche in pazienti affetti da condizioni cliniche lievi 3. Sebbene rispetto ai risultati della survey del 2015  11 sia possibile osservare qualche dato positivo, sia in merito ad un’aumentata valutazione nutrizionale all’ingresso sia in meri-to ad un aumentato utilizzo di supporti nutrizionali nei soggetti malnutriti, questa survey evidenzia comunque il non riconos-cimento della malnutrizione nei bambini ospedalizzati data la bassa percentuale di pazienti malnutriti che complessiva-mente ricevono qualsiasi tipo di terapia nutrizionale. Proba-bilmente l’applicazione della terapia nutrizionale da parte dei clinici è basata su ragioni cliniche e non sul riconoscimento della malnutrizione o della sua gravità, considerando l’alta percentuale di bambini malnutriti non trattati (Fig. 1). Limitazioni dello studio: i pazienti pediatrici sono stati sotto-posti a screening in un solo giorno che non corrispondeva necessariamente al giorno di ammissione. Ciò può ridurre la sensibilità e la precisione dello studio nella stima della prevalenza e dell’entità della malnutrizione acuta, in quanto l’idratazione o altre terapie, specialmente quelle per endo-vena, possono causare un aumento di peso e il paziente con malnutrizione borderline potrebbe non essere identificato. In-oltre non è stata chiesta la durata della malnutrizione al fine di conformarsi alla definizione ASPEN di cronicità della mal-

nutrizione. Rispetto alla precedente edizione, è stato possi-bile escludere dal numero totale di pazienti stunted quelli con cause note di bassa statura e ottenere in questo modo una prevalenza più realistica dell’arresto della crescita a causa della malnutrizione. In conclusione, è evidente la presenza di una elevata preva-lenza sia di malnutrizione acuta che cronica tra i pazienti pe-diatrici ospedalizzati in Italia, specialmente nei lattanti e nei bambini piccoli; è probabile che questa malnutrizione sia sot-to diagnosticata poiché il supporto nutrizionale viene fornito solo a una piccola parte di pazienti malnutriti. La presenza di un metodo diagnostico univoco rappresen-tato dallo z-score delle misure antropometriche e la relativa classificazione si è rivelata più efficace per l’identificazione della malnutrizione rispetto ai diversi metodi standard utiliz-zati nella maggior parte degli ospedali pediatrici italiani. La sua implementazione nella pratica clinica di tutti i giorni aiu-terebbe a migliorare la valutazione nutrizionale generale e la sua consistenza. Iniziative come questa aiutano a diffondere l’importanza della valutazione nutrizionale accurata e sistematica e a consoli-dare le good practices.

Bibliografia1 Mehta NM, Corkins MR, Lyman B, et al. Defining pediatric

malnutrition: a paradigm shift toward etiology-related defi-nitions. JPEN J Parenter Enter Nutr 2013;37:460e81.

Figura 1.Supporto nutrizionale “ONS/NE/NP” nei pazienti malnutriti

Page 56: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

A.a Lezo, E. Verduci, C. Agostoni, for the Nutrition Survey Group

52

2 Josteen KF, Hulst JM. Prevalence of malnutrition in pedi-atric hospital patients. Curr Opin Pediatr 2008;20:590e6.

3 Campanozzi A, Russo M, Catucci A, et al. Hospital-ac-quired malnutrition in children with mild clinical condi-tions. Nutrition 2009;25:540e7.

4 Koletzko B, Akerblom H, Dodds PF, et al. Early nutrition and its later consequences: new opportunities. Adv Exp Med Biol 2005;569:1e23.

5 Moeeni V, Walls T, Day AS. Nutritional status and nutri-tion risk screening in hospitalized children in New Zealand. Acta Paediatr 2013;102:e419e23.

6 Hendrikse WH, Reilly JJ, Weaver LT. Malnutrition in a chil-dren’s hospital. Clin Nutr 1997;16:13e8.

7 Pawellek I, Dokoupil A, Koletzko B. Prevalence of

malnutrition in paediatric hospital patients. Clin Nutr 2008;27:72e6.

8 Hendricks KM, Duggan C, Gallagher L, et al. Malnutri-tion in hospitalized pediatric patients. Current prevalence. Arch Pediatr Adolesc Med 1995;149:1118e22.

9 Hankard R, Block J, Martin P, et al. Nutritional status and risk in hospitalized children. Arch Pediatr 2001;8:1203e8.

10 Marteletti O, Caldari D, Guimber D, et al. Malnutrition screening in hospitalized children: influence of the hospital unit on its management. Arch Pediatr 2005;12:1226e31.

11 Lezo A, Diamanti A, Capriati T, et al.; on behalf of the SI-GENP Nutrition Day Group. Italian pediatric nutrition sur-vey. Clin Nutr ESPEN 2017;21:72e78.

* Nutrition Survey Group

Agostoni Carlo (Milano)Aidala Enrico (Torino)Aimar Antonella (Cuneo)Aloj Giuseppina (Pozzuoli)Amarri Sergio (Reggio Emilia)Banzato Claudia (Verona)Barisone Elena (Torino)Bortoletti Elena (Legnago)Brunelli Roberta (Ferrara)Brunori Elena (Calambrone)Brusa Sandra (Imola)Capalbo Pina Teresa (Torino) Capriati Teresa (Roma)Celle Maria Elena (Genova)Chiaro Andrea (Crema)Cimminelli Lina (Ponderano)Conio Alessandra (Torino)D’alba Irene (Ancona)

De Giacomo Costantino (Milano)Diamanti Antonella (Roma)Di Scala Carmen (Napoli)Forchielli Maria Luisa (Bologna)Fusco Patrizia (Mondovì)Gatti Simona (Ancona)Guanà Riccardo (Torino)Lacitignola Laura (Firenze)Lezo Antonella (Torino)Liverani Maria Elena (Roma)Lizzoli Francesca (Magenta)Malaventura Cristina (Cona)Melli Paola (Udine)Meneghini Anna (Vicenza)Migliore Giuseppina (Torino)Monaci Alessandro (Grosseto)Morganti Alessia (San Benedetto del Tronto)Occari Marco (Mantova)Papa Raffaele Edo (Fiumicino)

Pace Mariella (Rivoli)Panceri Roberto (Monza)Parma Barbara (San Fermo della Batta-glia)Pastore Maria (San Giovanni Rotondo)Pini Renzo (Rimini)Pinon Michele (Torino)Salmaso Mara (Cittiglio)Salvatore Silvia (Varese)Sgaramella Paola (Milano)Spagnuolo Maria Immacolata (Napoli)Talarico Valentina (Catanzaro)Tarallo Luigi (Castellamare di Stabia)Vallongo Cristina (Mestre)Verduci Elvira (Milano)Verlato Giovanna (Padova)Zingoni Anna Maria (Roma)Zoppo Marisa (Torino)

Page 57: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

www.sigenp.org

ROMa, 16-17 marzo 2018

FORUM SIGENPper giovani ricercatori

Page 58: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo
Page 59: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

Per informazioni e per iscriversi alla newsletter:[email protected]

BIOMEDIAEditore

Consulta la pagina web del Giornale

tutti i contenuti sono open access e gratuiti

Seguici sulla pagina FacebookGiornale Sigenp

Leggi l’ultimo numero

Consulta l’archivio riviste

Istruzioni per gli Autori e informazioni perl’invio di articoli

www.sigenp.org

Pagina Pubblicitaria_02 19/03/2018 14:44 Pagina 1

a cura delGruppo di Nutrizione Parenterale Neonatale

coordinato daValentina Bozzetti

Yes We

Feed!

Manuale di NutrizioneParenterale Neonatale

Per saperne di piùwww.biomedia.net

pagina pubblicitaria_nutrizione_Layout 1 19/03/2018 14:40 Pagina 1

Page 60: Volume X N˚ 1/2018 XXVNAZIONALE CONGRESSO SIGENP · L’infezione da Clostridium difficile in età pediatrica Clostridium difficile infection in children E. Borali, C. De Giacomo

Organo ufficiale SIGENP

L’esofago “interrotto”: non solo un problema neonatale. Intervista al prof. Frédéric Gottrand

L’acido colico nel trattamento degli errori congeniti del metabolismo degli acidi biliari

Nuove diete vegetariane e vegane

Il “fegato grasso” in età pediatrica: quali novità?

La diagnosi differenziale dell’anatomo patologo nelle coliti

Topic highlight

PEDIATRIC HEPATOLOGY

TRAINING AND EDUCATIONAL CORNER

NEWS IN PEDIATRIC GASTROENTEROLOGY

PHARMACOLOGY

PEDIATRIC NUTRITION & HEALTH AND FOOD SCIENCE

Volume XN˚ 1/2018

Perio

dico

trim

estra

le -

Pos

te It

alia

ne s

.p.a

. - S

pedi

zione

in A

bbon

amen

to P

osta

le -

D.L

. 353

/200

3 (c

onv.

in L

. 27/

02/2

004

n° 4

6) a

rt. 1

, com

ma

1, L

O/M

IAu

t. Tr

ib. d

i Mila

no n

. 208

del

29-

04-2

009

- m

arzo

- F

inito

di s

tam

pare

pre

sso

IGP

- Pi

sa, m

arzo

201

8 -

ISSN

: 228

2-24

53 (P

rint)

– IS

SN 2

499-

7870

(Onl

ine)

save the date

SALERNO4­6 ottobre 2018GRAND HOTEL SALERNO

www.congresso.sigenp.org

BIOMEDIALa condiv isione del sapere

un eventoorganizzato da

SIGENPCONGRESSONAZIONALEXXV

savethedate_ok 19/03/2018 14:22 Pagina 1