Porfido Verde Antico [1/2]

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PORFIDO VERDE ANTICO [1/2] «Non omnia autem in lapicidinis gignuntur, sed multa et sub terra sparsa, preziosissimi quidam generis, sicut Lacedemonium viride cunctisque hilarius, …. » (Plin., N.H., 36, 11) Così Plinio nel suo Naturalis Historia parlava di un materiale unico per storia ed aspetto, e famoso, molto famoso, tanto che di lui si parlò come dello smeraldo di Laconia (come viene citato da Teofrasto), o Pietra di Laconia (Lucano), o krokeatis lithos, come viene ancor oggi denominato in Grecia. Pausania, scrittore latino, lo identificava molto probabilmente col nome di marmo Taigeto (dal monte più alto presente nell’area estrattiva). O ancora, esso è conosciuto anche con i sinonimi romani di lapis lacedaemonius, di lacedaemonium (marmor) viride, nella Storia Naturale di Plinio (Plinio, NHXXXVI 55), ma anche semplicemente lacedaemonium nell’editto di Diocleziano, dove viene citato come uno dei lapidei più costosi (ben 250 denari)…. I romani lo chiamavano verde di Sparta, i bizantini marmo piganusio, cioè di colore simile alla ruta. Forse è di età Medioevale la sua denominazione “Serpentino” poiché secondo i marmorari italiani la sua colorazione ricordava vagamente quella della pelle di alcuni serpenti. E ancora serpentino della stella, porfido verde antico, porfido verde di Grecia… poiché “Marmora non habent singularia nomina, sed vel ex coloribus qui eis insident, vel ex regionibus, in quibus nascuntur, nominantur marmor “ (Agricola 1546). E sicuramente questo materiale - come riporta il Lazzarini nel suo Poikiloi Lithoi, Versiculores Maculae: i Marmi colorati della Grecia Antica - colpì la fantasia di poeti e scrittori con la sua poliedricità; una pietra unica, di colore verde tendenzialmente scuro, ma anche giallo – verde, viola bruniccio. Porfirico per la presenza di individui cristallini verde chiaro o smeraldo di dimensioni variabili da millimetrici a centimetrici che talora tendono ad associarsi in glomeruli dall’aspetto stellato. Quando pensiamo al porfido verde antico, quindi, dobbiamo rapportarci a tante pietre di aspetto differente, sfaccettature molteplici di un unico materiale, geneticamente frutto di un metamorfismo che si è sovrimposto al materiale magmatico originario, e che si è estrinsecato in maniera più o meno eterogenea ed evidente in aree differenti…. “sed vel ex coloribus qui eis insident, vel ex regionibus, in quibus nascuntur….“che ha dato luogo ad una grande varietà di materiali tra loro simili ma mai uguali. Molte, infatti, sono le varietà incontrate sui mercati, tutte uniche e ben riconoscibili anche se chiaramente membri di un’unica famiglia di cui mantengono un imprimatur inconfondibile: dall’olotipo, al Porfido Vitelli, a quello verde antico risato, alla varietà bruno – violacea, a quello agatato a quello bruno e a quello bruciato, pare falso storico ottenibile per riscaldamento del porfido verde. È un materiale sicuramente affascinante e di gran carattere che grazie alla sua genesi particolare e alla non facile reperibilità non ha mai inflazionato il mercato, ammantandosi nei secoli di sempre nuovi e più profondi significati simbolici. E se inizialmente era usato per simboleggiare i popoli “barbari” che abitavano le aree da dove proveniva, per traslazione concettuale ha finito per rappresentare l’imperatore che li aveva sottomessi, il suo potere, la sua grandezza: quello che è accaduto per tutti i materiali lapidei di particolare bellezza cromatica provenienti dai confini dell’impero che erano scelti a rappresentare solamente l’imperatore ed i membri della sua famiglia.

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Un articolo che parla del Porfido Verde Antico. Parte 1 di 2.

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PORFIDO VERDE ANTICO [1/2]

«Non omnia autem in lapicidinis gignuntur, sed multa et sub terra sparsa, preziosissimi quidam generis, sicut Lacedemonium viride cunctisque hilarius, …. » (Plin., N.H., 36, 11) Così Plinio nel suo Naturalis Historia parlava di un materiale unico per storia ed aspetto, e famoso, molto famoso, tanto che di lui si parlò come dello smeraldo di Laconia (come viene citato da Teofrasto), o Pietra di Laconia (Lucano), o krokeatis lithos, come viene ancor oggi denominato in Grecia. Pausania, scrittore latino, lo identificava molto probabilmente col nome di marmo Taigeto (dal monte più alto presente nell’area estrattiva). O ancora, esso è conosciuto anche con i sinonimi romani di lapis lacedaemonius, di lacedaemonium (marmor) viride, nella Storia Naturale di Plinio (Plinio, NHXXXVI 55), ma anche semplicemente lacedaemonium nell’editto di Diocleziano, dove viene citato come uno dei lapidei più costosi (ben 250 denari)…. I romani lo chiamavano verde di Sparta, i bizantini marmo piganusio, cioè di colore simile alla ruta. Forse è di età Medioevale la sua denominazione “Serpentino” poiché secondo i marmorari italiani la sua colorazione ricordava vagamente quella della pelle di alcuni serpenti. E ancora serpentino della stella, porfido verde antico, porfido verde di Grecia… poiché “Marmora non habent singularia nomina, sed vel ex coloribus qui eis insident, vel ex regionibus, in quibus nascuntur, nominantur marmor “ (Agricola 1546). E sicuramente questo materiale - come riporta il Lazzarini nel suo Poikiloi Lithoi, Versiculores Maculae: i Marmi colorati della Grecia Antica - colpì la fantasia di poeti e scrittori con la sua poliedricità; una pietra unica, di colore verde tendenzialmente scuro, ma anche giallo – verde, viola bruniccio. Porfirico per la presenza di individui cristallini verde chiaro o smeraldo di dimensioni variabili da millimetrici a centimetrici che talora tendono ad associarsi in glomeruli dall’aspetto stellato. Quando pensiamo al porfido verde antico, quindi, dobbiamo rapportarci a tante pietre di aspetto differente, sfaccettature molteplici di un unico materiale, geneticamente frutto di un metamorfismo che si è sovrimposto al materiale magmatico originario, e che si è estrinsecato in maniera più o meno eterogenea ed evidente in aree differenti…. “sed vel ex coloribus qui eis insident, vel ex regionibus, in quibus nascuntur….“che ha dato luogo ad una grande varietà di materiali tra loro simili ma mai uguali. Molte, infatti, sono le varietà incontrate sui mercati, tutte uniche e ben riconoscibili anche se chiaramente membri di un’unica famiglia di cui mantengono un imprimatur inconfondibile: dall’olotipo, al Porfido Vitelli, a quello verde antico risato, alla varietà bruno –violacea, a quello agatato a quello bruno e a quello bruciato, pare falso storico ottenibile per riscaldamento del porfido verde. È un materiale sicuramente affascinante e di gran carattere che grazie alla sua genesi particolare e alla non facile reperibilità non ha mai inflazionato il mercato, ammantandosi nei secoli di sempre nuovi e più profondi significati simbolici. E se inizialmente era usato per simboleggiare i popoli “barbari” che abitavano le aree da dove proveniva, per traslazione concettuale ha finito per rappresentare l’imperatore che li aveva sottomessi, il suo potere, la sua grandezza: quello che è accaduto per tutti i materiali lapidei di particolare bellezza cromatica provenienti dai confini dell’impero che erano scelti a rappresentare solamente l’imperatore ed i membri della sua famiglia.

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Il materiale Descrizione macroscopica

Foto 1. Stereomicroscopio 16 I. Sulla superficie originaria il materiale presenta una colorazione verde vagamente giallina.

Foto 2. Stereomicroscopio 16 I. Sul taglio fresco i colori del materiale tendono a virare vagamente all’azzurrognolo.

Foto 3. Stereomicroscopio 7. I. Aspetto tal quale del materiale.

Foto 4. Varietà di porfido con fondo verde scuro e macchie verdi chiare e violette.

È un materiale cristallino costituito da una massa di fondo criptocristallina di colore verde scuro all’interno della quale sono presenti individui di colore verde chiaro da millimetrici a centimetrici. Tali individui si presentano talora in associazioni glomeroporfiriche a generare covoni a stella. Sono presenti rare venature di colore verde, serrate. Non si notano porosità superficiali, mentre solo localmente il materiale mostra una leggera variazione cromatica che risulta essere vagamente tendente al giallastro.

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Descrizione microscopica Litotipo ipocristallino, cioè costituito sia da cristalli e sia da vetro, afanitico poiché la massa di fondo non è riconoscibile a occhio nudo, criptocristallino, nel cui interno sono immersi fenocristalli caratterizzati da grana grossolana in quanto possono raggiungere anche dimensioni centimetriche. I costituenti della roccia sono: Feldspati, sia presenti come fenocristalli e sia dispersi nella massa di fondo. I fenocristalli dispersi nella massa di fondo sono caratterizzati da forme euedrali con spigoli prevalentemente arrotondati o sub-arrotondati (foto 5). Si presentano geminati, fratturati, localmente con aspetto cribroso, talora associati in tessiture sferulitiche e/o variolitiche, a generare covoni a stella (foto 6). Essi sono particolarmente alterati e con aspetto diffusamente terroso che spesso maschera le loro tipiche geminazioni. Localmente sono caratterizzati da plaghe di clorite, (foto 7) ma ai forti ingrandimenti si apprezza anche la presenza di una diffusa microgranulazione, probabilmente sempre di natura cloritica, che vi conferisce una colorazione verde.

Foto 5. Microscopio a luce polarizzata, s.s., 2I, NX. Feldspati dall’aspetto alterato e con spigoli sub arrotondati.

Foto 6. Microscopio a luce polarizzata, s.s., 2I, N//. Feldspati con tessitura radiata che generano covoni a stella tipici del Porfido Verde Antico.

Foto 7. Microscopio a luce polarizzata, s.s., 2I, NX. A nicol incrociati si notano le geminazioni dei feldspati, parzialmente nascoste dall’alterazione superficiale.

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Alcuni individui presentano locali strutture coronitiche che, ai massimi ingrandimenti, sembrano essere caratterizzate da strutture bollose in fase di ricristallizzazione (foto 8 e 9).

Foto 8. Microscopio a luce polarizzata, s.s., 10I, NX. Un cristallo, verosimilmente feldspatico, parzialmente sostituito da clorite.

Foto 9. Microscopio a luce polarizzata, s.s., 10I, N//. Feldspati immersi in una massa di fondo localmente sferulitica, non definibile microscopicamente, e una porosità cloritizzata.

Talora essi sono attraversati da fratture che non si presentano mai beanti ma che sono ricementate prevalentemente da epidoto di tipo pistacite ed in minima parte da quarzo e da microcristalli allungati, aciculari microscopicamente non definibili. I feldspati sono verosimilmente presenti anche nella massa di fondo, riconoscibili solo per il loro aspetto prismatico allungato, anche se su di essi non è effettuabile alcuna indagine microscopica. L’analisi diffrattometrica effettuata sul materiale, a conferma della loro composizione, definisce come essi siano costituiti prevalentemente da plagioclasi con feldspati in netto subordine. Sia l’analisi diffrattometrica e sia la determinazione del contenuto in Anortite sui geminati Albite, conferma una composizione Albite/Oligoclasio. Clorite: è presente sia in plaghe all’interno di amigdale nella massa di fondo, ma anche sulle superfici degli individui feldspatici, e come minute microgranulazioni sia nella massa di fondo e sia nei feldspati cui conferiscono una tenue colorazione verdina (foto 10). Epidoto: è presente in ammassi di colore verde pistacchio (Pistacite), prevalentemente come individui di ricristallizzazione all’interno delle fratture (foto 11).

Foto 10. Microscopio a luce polarizzata, s.s., 10I, NX. In azzurro blu i tipici colori di interferenza, a nicol incrociati, della clorite.

Foto 11. Microscopio a luce polarizzata, s.s., 2I, NX. Una frattura del materiale ricristallizzata da epidoto, riconoscibile per i suoi colori di interferenza intensi.

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Quarzo: raro, prevalentemente come prodotto di ricristallizzazione (calcedonio) di alcune bolle vetrose. Ematite: come microgranulazione di colore rossastra presente nella massa di fondo. Diffrattometricamente si è verificata anche la presenza di tracce di Pumpellyte. La massa di fondo, difficilmente analizzabile anche ai massimi ingrandimenti, è costituita da una diffusa granulazione di minerali opachi che presentano localmente una colorazione rossastra. Si notano inoltre individui presumibilmente feldspatici e minute granulazioni verdi probabilmente associabili a Clorite, Pistacite e Pumpellyte. Nella massa di fondo sono inoltre presenti amigdale internamente ricristallizzate e strutture bollose (foto 12 e 13) (foto 14).

Foto 12. Microscopio a luce polarizzata, s.s., 10I, N//. I prodotti di alterazione/metamorfismo del basalto andesitico sono costituiti da fasi mineralogiche prevalentemente verdi.

Foto 13. Microscopio a luce polarizzata, s.s., 2I, N//. Plaghe a composizione pistacitica/cloritica imerse nella massa di fondo.

Foto 14. Microscopio a luce polarizzata, s.s., 10I, N//. Localmente l’epidoto si presenta in strutture fibrose.

La caratteristica della roccia lascia ipotizzare si tratti di un materiale magmatico di composizione Basaltico/Andesitico, anche se la composizione mineralogica a Pumpellyte, Clorite ed Epidoto lascia chiaramente intendere come il materiale sia sottoscorso a un evento metamorfico. La roccia quindi può essere definita META DIABASE di composizione Basaltico-Andesitico.

Anna Maria Ferrari

Continua…