il IT-ALIENI A NEW YORK “La mia Sirenetta vi stupirà ... · della Local 1 e la League of...

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il Ducato 8 IT-ALIENI A NEW YORK “La mia Sirenetta vi stupirà” Francesca Zambello, nata a Manhattan, debutta a New York e sogna Venezia La regista italoamericana dirige il cartone della Disney: “Se temo l’effetto kitsch? Siamo a Broadway!” Nella foto grande e in fondo una scena dello show In basso la regista Francesca Zambello C olpo di pinna. La Sirenetta riaccen- de le luci di Broad- way dopo il vigoro- so sciopero indet- to dalle maestran- ze. Le ceneri di quel blackout si sono fatte carne (squamata), la gente è tornata in coda vicino all’insegna rossa con la scritta TKTS booth, i distretti periferi- ci off-Broadway, coinvolti in or- digni ben più audaci, hanno ri- preso a “giocare” al di fuori del rinominato Theater District. Questo in sintesi il contributo portato da Francesca Zambello al Lunt-Fontanne Theatre di New York, che il 3 novembre 2007 ha sfidato l’aria di crisi nella 42nd St, portando in sce- na per la prima volta la fiaba del danese Hans Christian Ander- sen. In realtà, l’intesa è stata raggiunta nel terzo giorno di braccio di ferro tra sindacalisti della Local 1 e la League of Ame- rican Theatres and Producers ma i teatri della “lunga strada bianca” sentivano davvero il bi- sogno di risorgere. Dopo le 5464 repliche del classico La Bella e la Bestia e l’annuncio della chiusura di Rent (a giu- gno), La Sirenetta è stato accol- to come un figlioccio legittimo nella celebre cavea che poggia su Times Square, anche perché la protesta di Broadway aveva bloccato una ventina di show per 19 giorni nel periodo caldo. La fiaba-fatta-musical è appro- data a Broadway per la regia dell’italoamericana Francesca Zambello che, nonostante sia nata a Manhattan, è alla sua pri- ma esperienza con i palcosce- nici newyorkesi. “Questo per me è un grande onore”, dice la Zambello, maestra antipatina- ta di cinema e teatro, mentre abbraccia il poster cartonato della “sua” creatura. “La prova più difficile nella trasposizione in carne e ossa de La Sirenetta era quella di portare in scena un mondo fatto principalmente di acqua. L’idea mi è venuta tre anni fa quando ho coinvolto lo scenografo George Tsypin nel progetto. Come lo facciamo questo spettacolo, ha chiesto lui in tono provo- cante. E mi è ve- nuto in mente un mondo stilizzato, fatto di plastici e giochi di luce che potessero sugge- rire lo scorrere dell’acqua”. Un mondo che la cri- tica americana ha palesemente snobbato o, nel peggiore dei casi, definito “brutto; annegato in se stesso” (dall’arti- colo di David Rooney, Variety). L’anteprima settembrina a Denver, attesa come una “visio- ne d’autore” dal forte potere li- sergico, è subito cozzata con le trasparenze di una sceneggia- tura troppo scolaresca e uni- versitaria, dove non mancano giri di skate adolescenziali trat- ti da una qualsiasi puntata di High School Musical. “La Dis- ney a Broadway mette in scena spettacoli vivaci: mi sono di- vertita ad arrangiare i costumi utilizzando paillettes e lustri- ni, dando agli abiti una bellez- za più truccata di un qualsiasi numero di CosmoProf. Se ho temuto l’effetto kitsch? Siamo a Broadway!”. A parte l’accusa di essere un po’ dozzinale, nel mese di gennaio l’ultima kermesse disneyana, dopo la felice parentesi di Na- tale, si è diversificata dal resto dell’offerta portando a teatro più bambini di quanto avesse fatto al debutto lo storico, mo- nolitico Mary Poppins. Resta- no imbattuti musical speri- mentali come Avenue Q (che, di richiamo in richiamo, ruba al- cune scene dal serial televisivo Friends per parlare di affitti a basso costo e del significato della vita), The Boy From Oz (la storia di Peter Allen, cantauto- re gay) e Wicked (lo stregato an- tefatto de Il Mago di Oz). “Confrontarsi con pietre mi- liari e allesti- menti di così grande presti- gio – spiega la Zambello – ci ha permesso di guardare oltre la superficie, di capire cosa di nuovo e di alta- mente vitale abbia da rac- contare ancora il personaggio di Ariel in La Sirenetta. La plu- risensorialità del testo e le pin- ne che diventano gambe offro- no molti spunti originali. Per questo ho deciso di bandire maschere dal mio spettacolo e di dare alla struttura e agli atti uno strano effetto di sovrappe- so minimale. La metafora del “belli dentro” vale ancora mol- to ma volevo fosse credibile, at- tuale, attualizzabile”. Come di- re: se credete al bisturi in spray, se dite sì al potere della cosme- si, se percepite anche voi l’e- nergia di un blend di cedro e peonia e litchi, accettare che un messaggio interiore trovi voce in una sedicenne castrata che rinuncia a parlare per cer- care la sua bellezza “umana”, non sarà un problema. “Con questo spettacolo - sotto- linea la regista - non volevo spiegare l’America, volevo solo Ariel”. E l’ha trovata nell’esor- diente Sierra Boggess, venti- quattro anni. Sembra un’emo- zione più forte e pulsante dei suoi impressionanti meriti: di recente, Francesca Zambello è stata insignita del Chevalier des Arts et des Lettres dal go- verno francese per il suo con- tributo alla cultura francese, e ha ricevuto una medaglia dalla Federazione russa per il Servi- zio alla Cultura. Prima di Ariel, ho diretto di tutto: An Ameri- can Tragedy, Cyrano e Les Tro- yens per la Metropolitan Ope- ra, Porgy and Bess e Die Walkü- re per la Washington Opera, La Bohème alla Royal Albert Hall, Fiery Angel per il Bolshoi, Salo- me per la Lyric Opera di Chica- go, Carmen e Don Giovanni al- la Royal Opera House e Boris Godunov, Guerra e Pace, Billy Budd e Guglielmo Tell presso l’Opera di Parigi. “I teatri di Broadway sono luo- ghi d interesse storico da quan- do venne fondato il Theater Development Fund ma non mi era stata data l’opportunità di lasciarci il segno”. Consideran- do che il suo debutto da autri- ce è stato al Teatro la Fenice di Venezia e che è un’italoameri- cana, i riferimenti allo stato di salute del teatro al di là dell’O- ceano si sprecano. Uno su tutti colpisce: “Dopo il mio esordio, erano gli anni Ottanta, ho lavo- rato in Italia per cinque, sei an- ni. A Parma, Bari, Roma, Napo- li. Ma, sapete, i teatri in Italia cambiano spesso facciata, ci sono diversi problemi, que- stioni politiche che opprimo- no la cultura. Un peccato. Non c’è spazio per fare teatro, a tea- tro. Incredibile. Sono dovuta fuggire e ho cominciato a lavo- rare molto di più: in Francia, Svizzera, Germania, Inghilter- ra. Torno in Italia proprio in questi giorni: tocca alla Scala accogliere il mio Placido Do- mingo, un titolo assente da or- mai mezzo secolo. Le scene so- no di Peter Davison e i costumi di Anita Yavich.Sul podio, Pa- trick Fournillier. Sono conten- ta di tornare con Cyrano de Ber- gerac, dall’opera di Alfano”. La Sirenetta in Italia, però, lo vede mille bollicine più indie- tro. “Non mi risulta che in Italia ci sia una grande tradizione di musical”, aggiunge la Zambel- lo. “Il mio musical tocca le cor- de di tutti – conclude la regista – è pieno di danza, di balli co- reografici, ci sono 11 canzoni inedite. Sarebbe bello farvelo vedere”. Accennando alle danze e alle coreografie, tra i musical no- strani spiccano invece Grease o il romanzo-reality di Amici - A un passo dal sogno. Francesca Zambello ha sentito parlare di Maria de Filippi, guarda la tv italiana? “No, ma è un’operazione molto america- na, quella di portare i teena- gers in scena. O di prendere un prodotto televisivo, target me- dio-adulto, e di riutilizzarlo al- trove. E da quello che so, High School: The Musical è un film Disney trasposto in show tea- trale. Ovviamente, un concor- rente della mia sirenetta. Ma almeno sono felice di sapere che in Italia qualcuno ci ha pensato prima degli america- ni. Ho ragione di essere felice, vero?”. “In Italia i musical non sono molto amati, vorrei farvi vedere il mio”

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il Ducato

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IT-ALIENI A NEW YORK

“La mia Sirenetta vi stupirà”Francesca Zambello, nata a Manhattan, debutta a New York e sogna Venezia

La regista italoamericana dirige il cartone della Disney: “Se temo l’effetto kitsch? Siamo a Broadway!”

Nella fotograndee in fondouna scenadello showIn bassola registaFrancescaZambello

Colpo di pinna. LaSirenetta riaccen-de le luci di Broad-way dopo il vigoro-so sciopero indet-to dalle maestran-

ze. Le ceneri di quel blackout sisono fatte carne (squamata), lagente è tornata in coda vicinoall’insegna rossa con la scrittaTKTS booth, i distretti periferi-ci off-Broadway, coinvolti in or-digni ben più audaci, hanno ri-preso a “giocare” al di fuori delrinominato Theater District.Questo in sintesi il contributoportato da Francesca Zambelloal Lunt-Fontanne Theatre diNew York, che il 3 novembre2007 ha sfidato l’aria di crisinella 42nd St, portando in sce-na per la prima volta la fiaba deldanese Hans Christian Ander-sen. In realtà, l’intesa è stataraggiunta nel terzo giorno dibraccio di ferro tra sindacalistidella Local 1 e la League of Ame-rican Theatres and Producersma i teatri della “lunga stradabianca” sentivano davvero il bi-sogno di risorgere. Dopo le5464 repliche del classico LaBella e la Bestia e l’annunciodella chiusura di Rent (a giu-gno), La Sirenetta è stato accol-to come un figlioccio legittimonella celebre cavea che poggiasu Times Square, anche perchéla protesta di Broadway avevabloccato una ventina di showper 19 giorni nel periodo caldo.La fiaba-fatta-musical è appro-data a Broadway per la regiadell’italoamericana FrancescaZambello che, nonostante sianata a Manhattan, è alla sua pri-ma esperienza con i palcosce-nici newyorkesi. “Questo perme è un grande onore”, dice laZambello, maestra antipatina-ta di cinema e teatro, mentreabbraccia il poster cartonatodella “sua” creatura. “La provapiù difficile nella trasposizionein carne e ossa de La Sirenettaera quella di portare in scena unmondo fatto principalmente diacqua. L’idea mi è venuta treanni fa quando ho coinvolto loscenografo George Tsypin nelprogetto. Come lo facciamoquesto spettacolo, ha chiestolui in tono provo-cante. E mi è ve-nuto in mente unmondo stilizzato,fatto di plastici egiochi di luce chepotessero sugge-rire lo scorreredell’acqua”. Unmondo che la cri-tica americana hap a l e s e m e n t esnobbato o, nelpeggiore dei casi,definito “brutto;annegato in sestesso” (dall’arti-colo di David Rooney, Variety).L’anteprima settembrina aDenver, attesa come una “visio-ne d’autore” dal forte potere li-sergico, è subito cozzata con letrasparenze di una sceneggia-tura troppo scolaresca e uni-versitaria, dove non mancanogiri di skate adolescenziali trat-ti da una qualsiasi puntata di

High School Musical. “La Dis-ney a Broadway mette in scenaspettacoli vivaci: mi sono di-vertita ad arrangiare i costumiutilizzando paillettes e lustri-ni, dando agli abiti una bellez-za più truccata di un qualsiasinumero di CosmoProf. Se hotemuto l’effetto kitsch? Siamoa Broadway!”.A parte l’accusa di essere un po’dozzinale, nel mese di gennaiol’ultima kermesse disneyana,dopo la felice parentesi di Na-tale, si è diversificata dal restodell’offerta portando a teatropiù bambini di quanto avessefatto al debutto lo storico, mo-nolitico Mary Poppins. Resta-no imbattuti musical speri-mentali come Avenue Q (che, dirichiamo in richiamo, ruba al-cune scene dal serial televisivoFriends per parlare di affitti abasso costo e del significatodella vita), The Boy From Oz (lastoria di Peter Allen, cantauto-re gay) e Wicked (lo stregato an-tefatto de Il Mago di Oz).

“Confrontarsicon pietre mi-liari e allesti-menti di cosìgrande presti-gio – spiega laZambello – ciha permesso diguardare oltrela superficie, dicapire cosa dinuovo e di alta-mente vitaleabbia da rac-contare ancorail personaggio

di Ariel in La Sirenetta. La plu-risensorialità del testo e le pin-ne che diventano gambe offro-no molti spunti originali. Perquesto ho deciso di bandiremaschere dal mio spettacolo edi dare alla struttura e agli attiuno strano effetto di sovrappe-so minimale. La metafora del“belli dentro” vale ancora mol-

to ma volevo fosse credibile, at-tuale, attualizzabile”. Come di-re: se credete al bisturi in spray,se dite sì al potere della cosme-si, se percepite anche voi l’e-nergia di un blend di cedro epeonia e litchi, accettare cheun messaggio interiore trovivoce in una sedicenne castratache rinuncia a parlare per cer-care la sua bellezza “umana”,non sarà un problema.“Con questo spettacolo - sotto-linea la regista - non volevospiegare l’America, volevo soloAriel”. E l’ha trovata nell’esor-diente Sierra Boggess, venti-quattro anni. Sembra un’emo-zione più forte e pulsante deisuoi impressionanti meriti: direcente, Francesca Zambello èstata insignita del Chevalierdes Arts et des Lettres dal go-verno francese per il suo con-tributo alla cultura francese, eha ricevuto una medaglia dallaFederazione russa per il Servi-zio alla Cultura. Prima di Ariel,

ho diretto di tutto: An Ameri-can Tragedy, Cyrano e Les Tro-yens per la Metropolitan Ope-ra, Porgy and Bess e Die Walkü-re per la Washington Opera, LaBohème alla Royal Albert Hall,Fiery Angel per il Bolshoi, Salo-me per la Lyric Opera di Chica-go, Carmen e Don Giovanni al-la Royal Opera House e BorisGodunov, Guerra e Pace, BillyBudd e Guglielmo Tell pressol’Opera di Parigi. “I teatri di Broadway sono luo-ghi d interesse storico da quan-do venne fondato il TheaterDevelopment Fund ma non miera stata data l’opportunità dilasciarci il segno”. Consideran-do che il suo debutto da autri-ce è stato al Teatro la Fenice diVenezia e che è un’italoameri-cana, i riferimenti allo stato disalute del teatro al di là dell’O-ceano si sprecano. Uno su tutticolpisce: “Dopo il mio esordio,erano gli anni Ottanta, ho lavo-rato in Italia per cinque, sei an-

ni. A Parma, Bari, Roma, Napo-li. Ma, sapete, i teatri in Italiacambiano spesso facciata, cisono diversi problemi, que-stioni politiche che opprimo-no la cultura. Un peccato. Nonc’è spazio per fare teatro, a tea-tro. Incredibile. Sono dovutafuggire e ho cominciato a lavo-rare molto di più: in Francia,Svizzera, Germania, Inghilter-ra. Torno in Italia proprio inquesti giorni: tocca alla Scalaaccogliere il mio Placido Do-mingo, un titolo assente da or-mai mezzo secolo. Le scene so-no di Peter Davison e i costumidi Anita Yavich.Sul podio, Pa-trick Fournillier. Sono conten-ta di tornare con Cyrano de Ber-gerac, dall’opera di Alfano”. La Sirenetta in Italia, però, lovede mille bollicine più indie-tro. “Non mi risulta che in Italiaci sia una grande tradizione dimusical”, aggiunge la Zambel-lo. “Il mio musical tocca le cor-de di tutti – conclude la regista– è pieno di danza, di balli co-reografici, ci sono 11 canzoniinedite. Sarebbe bello farvelovedere”.Accennando alle danze e allecoreografie, tra i musical no-strani spiccano invece Grease oil romanzo-reality di Amici - Aun passo dal sogno.Francesca Zambello ha sentitoparlare di Maria de Filippi,guarda la tv italiana? “No, ma èun’operazione molto america-na, quella di portare i teena-gers in scena. O di prendere unprodotto televisivo, target me-dio-adulto, e di riutilizzarlo al-trove. E da quello che so, HighSchool: The Musical è un filmDisney trasposto in show tea-trale. Ovviamente, un concor-rente della mia sirenetta. Maalmeno sono felice di sapereche in Italia qualcuno ci hapensato prima degli america-ni. Ho ragione di essere felice,vero?”.

“In Italiai musicalnon sono

molto amati,vorrei

farvi vedereil mio”