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w w w. b e l t e l o n l i n e . c o m BELTEL 1 5 4 Poste Italiane-Spa Sped. in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n°46) art. 1 comma 1-DCB Milano BUNDLING PEOPLE DAL 1995 | LʼAPPROFONDIMENTO INDIPENDENTE DELLʼINFORMATION COMMUNICATION MEDIA TECHNOLOGY | APRILE 2011 N.154 Connected tv… are you experienced? © Paolo Ertreo Connected tv… are you experienced?

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BUNDLING PEOPLE DAL 1995 | L!APPROFONDIMENTO INDIPENDENTE DELL!INFORMATION COMMUNICATION MEDIA TECHNOLOGY | APRILE 2011 N.154

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condivisofra piùfamiglie, che siriunivano per glispettacoli del sabato sera o,ancora, per la prosa del venerdì.Coscienza collettiva: quellapartecipazione, quell’ascolto e quellavisione hanno contribuito forse più diogni altra cosa alla formazione dellecoscienze collettive di diversegenerazioni, nel bene e nel male, daNon è mai troppo tardi al GrandeFratello e all’Isola dei Famosi.Tutti coloro che hanno prodottotelevisione lo sapevano benissimo econoscevano le loro responsabilità;avevano un progetto “implicitamentecondiviso” con le forze politiche checomunque negli anni hanno politicamentediretto l’uso della televisione, dallaformazione della coscienza in chiavecattocomunista dei primi anni ‘50, al piùbanale sviluppo della sensibilità di un

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DIRETTORE EDITORIALEMario Citelli [email protected] RESPONSABILEFabio Magrino [email protected] EDITORDario Andriolo [email protected] DI REDAZIONEGildo Campesato, Elena Comelli, Enrico Grazzini,Andrea Lawendel, Chiara SottocoronaREDAZIONE E SEDE BELTEL SRLP.zza Duse, 3 - 20122 Milanotel. 0258325500www.beltelonline.com [email protected] srl via Domenichino, 19 - 20149 Milanotel. 0289459725 | fax 0289459753www.mediavalue.it [email protected], IMPAGINAZIONEMediavalue srl [email protected]ÀMediavalue srl [email protected] Grafiche Frattini - Bernate TicinoRegistrazione Tribunale di Milano n. 936 12/12/2005Il Direttore responsabile e l’Editore declinano ogni responsabi-lità in merito agli articoli, per i quali rispondono i singoli Autori.Sped. in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art.1 comma 1 DCB-Milano L’IVA è a carico dell’editore.Finito di stampare nel mese di Aprile 2011. Tutti i diritti di ri-produzione degli articoli e/o delle foto sono riservati.Ai sensi del D.lgs 196/2003 l’Editore garantisce la massimariservatezza nell’utilizzo della propria banca dati con finalità diinvio del presente periodico e/o di comunicazioni promozio-nali. Ai sensi dell’art. 7 ai suddetti destinatari è stata data fa-coltà di esercitare il diritto di cancellazione o rettifica dei datia essi riferiti.

Le illustrazioni sono state realizzate da:Irene Spallanzani ([email protected]),Paolo Ertreo ([email protected]),

Niccolò Masini ([email protected])e Omar Houssien ([email protected]),

studenti di IED Arti Visiveall’interno del corso di Illustrazione

e Animazione coordinato da Daniela Brambilla

s o m m a r i o

Mario CitelliCome andrà a finire…? 2Paolo GentiloniInternet è il motore della tv del futuro 3Andrea LawendelLa tv (ibrida) che può scavalcare i muri 4Enrico GrazziniThe State of the News 2011:la carta stampata ha il fiato corto 5Chiara SottocoronaConnected tv: il web sbarca nel salotto di casa 6Augusto PretaTv digitale: la sfida dell’over the top 8Alberto FiettaGoogle vs. Facebook: la guerra è appena cominciata 10Giangiacomo OliviUn nuovo diritto digitale? 11RedazioneYouTube è sempre più televisione 12Franco MorgantiControluce 12Carlo FormentiTwitter Delusion 13Dario Andriolo“Essere hacker oggi ha di nuovo senso”intervista a Giovanni Ziccardi 14Fabio MagrinoPartiti sul web… mai arrivati 15Sam Graham FelsenLa miglior tecnologia è bussare alla porta 17

CCoommee aannddrràà aa ffiinniirree......??

e d i t o r i a l ed i M a r i o C i t e l l i - D i r e t t o r e E d i t o r i a l e

Recentemente horivisto due film“d’annata”, dueclassici degli anni

’70 che danno in realtà l’impressione delpassaggio di un’epoca: il primo è Comeeravamo con Barbra Streisand nella partedi una “sempre giovane” attivista disinistra, che attraversa gli anni dellaseconda guerra mondiale, del“Maccartismo” e infine della guerra fredda,avvicinandosi e allontanandosi a uncampione di “liberalismo americanoagiato” che rimane affascinato dalla suaenergia. È l’atmosfera e il titolo di questofilm che mi colpiscono, in particolarequesta nostalgia inutile su un passato checrediamo migliore e che comunque èpassato, costringendoci a pensare: “Comesaremo” oppure, “Come andrà a finire?”.Il secondo film è 84 Charing Cross Roadcon una splendida Anne Bancroft edAnthony Hopkins nella parte di due amantidei libri che costruiscono intorno a questoloro amore una fitta corrispondenza fraStati Uniti e Gran Bretagna, senzaincontrarsi mai, senza conoscersifisicamente se non attraverso le reciprochefantasie, ma “innamorandosi” attraverso lacomunicazione che riescono a realizzareattraverso i libri. Anche questo film scorretra i diversi anni di storia recente, daldopoguerra agli anni ’70.Nel film, ad un certo punto, probabilmenteprimi anni ’50, appare un televisore; èparte dell’ambiente, un mobile, spento enon si sovrappone mai alla vita e allacapacità di comunicare dei dueprotagonisti. È probabilmente usato comestrumento per ascoltare e vedere news oqualche film o spettacolo della limitataproduzione televisiva di quegli anni. Nello stesso periodo in Italia la televisionemuoveva i primi passi; ricordoperfettamente alcune serate passate contutta la famiglia ad “ascoltare la radio”, inparticolare le rappresentazioniradiofoniche di spettacoli di prosa,commedie leggere accompagnate dallebattute dei De Filippo. E poi la televisione,vissuta allo stesso modo con il televisore

consumatore, dove il consumo è un’azionema anche un’ideologia, come spiegaZygmunt Bauman, da cui dipende lacrescita economica globale.Nessuna valutazione di merito, almeno inquesta pagina; ma occorre sottolineareche la grande capacità aggregativa e didiffusione del broadcasting televisivo,implica una responsabilità di chi dirige epossiede i mezzi di produzione.Responsabilità che deve essere esplicita ecosciente del progetto che si intendemandare avanti, qualsiasi direzioneprendano i risultati.Con tutti i limiti che Carlo Formenti esponenel suo articolo su questo stesso numero(vedi a pag. 13), una cosa sembradiventare possibile: la costruzione diun’alternativa/complementare allatelevisione, con analoghe responsabilitàda parte dei gruppi di potere che lacontrollano ma anche con un “genecollettivo” che lancia nuove ipotesi esperanze: la Rete.Non ho dubbi che la “Dottrina Google” siaun condizionamento ed un utilizzo dellecapacità comunicative della rete, ma glispazi che questa concede sono ancora di

gran lunga maggioridi qualsiasi

televisione;spazi

La convergenzatra web e televisione

sta aprendo nuovi scenari

per i grandi broadcaster come per i produttori

di contenuti, che dai loro siti Internet

potranno sbarcare direttamente sul televisore

di casa vostra. Buona lettura.

LLaa rr eeddaazz iioonnee

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© O. Houssien

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Sono trascorsi 10 anni dalleprime previsioni normativesul digitale terrestre e iltraguardo definitivo dello

switch off, previsto per fine 2012, è ormaivicino. È dunque tempo di bilanci. Si puòdire, in estrema sintesi, che il digitaleterrestre rappresenta una fase ditransizione: siamo di fronte a una nuovaera, l’era digitale, ma finora solo in minima

parte siamo di fronte a una nuova tv.Anzi, si potrebbe dire

che il digitaleterrestre riproponela tv tradizionalemoltiplicandonesoltanto il

numero deicanali.

L’eccesso di promessacon cui nella prima metà

del decennio scorso si èparlato in Italia didigitale terrestre,anche al fine didichiararesuperate lenormativeantitrust dellatv analogicae salvare

così l’impero tv di Berlusconi, ha prestodovuto fare i conti con la realtà. È stata cosìridimensionata la promessa tecnologica:ricordo bene i fiumi di parole spesi perpresentare il digitale terrestre come tvinterattiva, o addirittura per propagandare ilt-government come naturale evoluzionedell’e-government. A risentirle oggi, quelleparole farebbero sorridere. Per alcunefasce di telespettatori anziani e con pocadimestichezza con le tecnologie, più che diinterattività si è trattato di rischio black outvisto che spesso risulta loro difficilerintracciare anche il segnale di Rai Uno odi Canale 5.Altrettanto ridimensionata è risultata lapromessa di pluralismo. Più che nuovieditori, abbiamo visto arrivare, salvo rareeccezioni, nuovi canali dei “soliti editori”. Ela proliferazione dei canali ha intaccatosolo parzialmente (e a causa del digitalevia satellite di Sky) gli ascolti di Rai eMediaset, ancora forti dell’80% del totale, enon ha intaccato di una virgola la loroposizione dominante nel mercato dellapubblicità dove Rai e Mediaset occupanooggi la stessa quota del 90% cheoccupavano un quarto di secolo fa.Ridimensionate le promessestrumentalmente eccessive, il digitaleterrestre si presenta oggi come fase ditransizione necessaria verso la tv delfuturo. Per almeno due ragioni. Perché è ilmodo concreto in cui il segnale tv vienedigitalizzato; e perché comunque lacapacità trasmissiva non è più un beneindisponibile come nell’era analogica equesto semplice fatto abbassa almeno unadelle barriere all’ingresso nel mercato tv.L’altra, quella pubblicitaria, purtropposopravvive anche per ragioni legateall’anomalia italiana del conflitto di interessi.In questo senso si può dire che il digitaleterrestre non è la tv del futuro ma chesull’ambiente del digitale terrestre èdestinata a svilupparsi nei prossimi anni latv del futuro.Il motore della tv del futuro sarà ovviamenteInternet. Il processo di transizione dalvecchio al nuovo sarà graduale mainesorabile. E metterà in discussione lefondamenta del modello televisivo delsecolo scorso tuttora sopravvissuto aldigitale terrestre. Il broadcasting, cioè l’ideastessa di trasmettere un unico segnale auna larga platea di milioni di persone, è unconcetto diametralmente opposto a quellodella rete, caratterizzata da interattività,

INTERNET È IL MOTORE DELLA TV DEL FUTURO

di Paolo GentiloniResponsabile comunicazione del Partito Democratico

Tempo di bilanci per il digitale terrestre tra promesse mancate(pluralismo) e risultati disattesi (interattività).

disordinati, magari non sempre utili, macomunque disponibili ad essere utilizzatiper una libera capacità di espressione.Certo non è sufficiente valutareavvenimenti complessi come quelli chestanno avvenendo in molte regioni delMediterraneo, occorre però una capacitàdi raccolta delle informazioni più precisaed un commento più articolato di quelloespresso dai blogger, ma sarà piùcomplicato arrivare a forme di“videocrazia” se la diffusione dellacapacità di utilizzo della rete crescerà inItalia oltre il troppo basso 18% attuale.Si potrebbe a questo proposito coglierel’occasione per partecipare al dibattito“democrazia in Italia”: sappiamo tutti chela concentrazione di proprietà e controllodegli strumenti televisivi viene da anniconsiderato un problema mai seriamenteaffrontato. Ed è inutile affrontare il temabanalizzando la questione in “… ma come,in Italia ognuno può dire quello chevuole!”.La democrazia non è solo libertà diespressione ma anche e soprattutto libertàdi partecipazione e di definizione degliobiettivi e dei risultati di un progetto dicrescita collettiva. Se la mia capacità diespressione, pur rumorosa, non riesce adavere effetti perché combatto contro unamaggioranza “costruita e condizionata”,sarò ugualmente in presenza di un“regime”. Proviamo a risolvere ilconflitto di interesse e aseparare il controllo delleemittenti televisive e vediamo“come andrà a finire”. "

libertà di scelta, contenuti generatidirettamente dagli utenti.Questa fase di transizione alla nuova tvapre diversi problemi. Ne segnalo due inparticolare. 1. I nuovi servizi tv, dal video on-demand

alla tv su protocollo Internet, dalla web tvalla cosiddetta tv over the top e allacatch-up tv. Tutti questi servizi televisividefiniti “non lineari”, perché accomunatidalla differenza rispetto ai palinsesti dellatv generalista, stanno erodendo lefondamenta del modello televisivo e dellarelativa catena del valore che abbiamoconosciuto nel secolo scorso.L’evoluzione va in una direzione positiva:rafforzare il ruolo dei produttori e degliaggregatori di contenuti digitali rispettoalle tradizionali aziende di broadcastingverticalmente integrate. Ma dentroquesta evoluzione positiva non possiamoignorare il rischio che si creino nuoveposizioni dominanti, questa volta non adimensione nazionale ma addiritturaglobale. Insomma nel bilancio tra chi vince e chiperde nella nuova transizione si tratta dicreare le condizioni di mercato perchévenga salvaguardata la filiera italianadell’industria dei contenuti,dall’audiovisivo alle news.

2. Il ruolo del servizio pubblico. Che nellanuova tv dovrà riguadagnarsi la propriautilità e rifondare la propria differenza,non più basate sul monopolio o sulladialettica tra tv generalista pubblica ecommerciale tipica dell’era delduopolio. E dovrà farlo in due direzioni,solo apparentemente opposte tra loro.Da un lato riconquistando l’onoreperduto della vecchia tv. E rifiutandol’idea che in un mondo di servizi videosegmentati e a pagamento, e dicrescente protagonismo della rete, lavecchia tv generalista gratuita nonpossa che cadere sempre più in bassocontribuendo addirittura al degradoculturale e civile della società italiana.Dall’altro lato facendosi protagonistadella nuova tv dell’era di Internet, fortedel carattere gratuito e universale che infondo accomuna tanto il serviziopubblico tv quanto la rete. E capace divalorizzare il proprio vantaggiocompetitivo nel campo delle news in unpanorama che renderà sempre piùimportante la disponibilità di notizie“autorevoli” e in tempo reale. "

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Abbiamo così una situazione in cui i muri dicinta della televisione digitale hertzianacircondano giardini non privi di una lorobellezza e varietà ma oggettivamentemeno ricchi rispetto alle promesse, speciesul piano dell'interattività. E dove i giardinidella Iptv allestiti dagli operatori telefonicimantengono tutte le loro promessetecnologiche senza riuscire a "sfondare" sulpiano dell'economia e dell'audience. Nonproprio una situazione di stallo, ma quasi.Una possibile strada per uscirne passaancora una volta per una forma diconvergenza. Quella che permette direalizzare una ideale fusione di modellidirettamente presso l'end pointrappresentato dagli utenti della nuova tvdigitale. L'industria televisiva può essererappresentata oggi da un triangolo chevede ai tre vertici, rispettivamente, iproduttori di contenuti, gli operatoriinfrastrutturali come aggregatori etrasportatori (due ruoli che possonoessere assunti dalla stessa entità) e iconsumatori. Il vertice occupato dagli operatori è ilnodo più complesso, quello che ha eretto imuri. Ma appare sempre più probabileche il circolo venga reso più fluido evirtuoso grazie al modello della televisionedigitale ibrida, che si fonda su una nuovatipologia di terminali capaci di veicolaretutte le forme di televisione digitale,broadcast e Ip, senza necessariamenteobbedire ai vincoli dei walled garden maprivilegiando in misura crescente undialogo più diretto, "over the top" come sidice in gergo, tra produttori e consumatoridi contenuti.I terminali utente che stanno rendendo

Come nel bel racconto di OscarWilde il muro che circonda ilgiardino televisivo sta ostacolando– almeno nel contesto italiano –

l'ormai vetusto medium di massa sul suopercorso di rinnovamento e"rinverdimento". Un percorso che i fautoridella tv digitale terrestre avevano dipintocome l'ennesima alba di un'era nuova eche fino a questo momento si è tradottosostanzialmente in un banchetto di canalie frequenze a beneficio degli eternicommensali di un monopolio a due. Aparte la scia di (forse evitabili) pasticciche sta caratterizzando la fase dipassaggio dall'analogico al digitale,l'avvento del Dtt in Italia ha comportato lanascita di molti nuovi canali per Rai, ilboom della pay tv per Mediaset e benpoco altro. Dahlia Tv, il "concorrente" delBiscione nella pay tv, ha appenadichiarato il fallimento. Per le televisionilocali il digitale rischia di essere un traumadurissimo a causa della cattiva gestionedel "tesoretto" del dividendo digitale, ilriassegnamento delle frequenze Uhf ex-televisive agli operatori (telefonici) di nuoviservizi di accesso wireless broadband:per come stanno andando le cose, glieditori televisivi locali potrebbero essere ilclassico vaso di coccio sul carrooccupato dai vasi di ferro della televisionee della telefonia. E i famosi serviziinterattivi? Il T-government, il T-commerce(dove T sta per telecomando)?Francamente si è visto molto poco. Latelevisione digitale somiglia parecchio allatelevisione analogica, a parte la qualitàoggettivamente migliore, i pochiesperimenti in alta definizione, qualcheEpg/Teletext ben riuscita e il bouquet dipartite, film e canali tematici a pagamento.È tutta colpa dei giganti egoisti che hannocostruito la recinzione del walled garden?Sì e no. La tv digitale si sta articolandosulla traccia di due modelli distributiviormai in grado di convergere sul terminaledi casa. Da un lato il classico modellodiffusivo, broadcast, della diffusione viaetere e satellite. Dall'altro quello basato suuna infrastruttura condivisa di tipo nondiffusivo bensì punto-multipunto realizzatacon gli standard di trasporto e applicativi

offerta di contenuti in una modalità walledgarden, circondando i loro canali free, paye on-demand dal famoso muro estipulando con i content provider contrattipreferibilmente esclusivi. Ma se intorno algiardino della televisione digitale hertzianail muro è una inevitabile conseguenzadella regolamentazione e degli standardtecnologici, sul territorio ancoraampiamente non seminato della Iptv iwalled garden coltivati finora non si sonodimostrati altrettanto vincenti. Non sempreperlomeno.

della famiglia dei protocolli di Internet. Ibroadcaster nazionali e locali continuanoa controllare la prima faccia di questaindustria. Gli operatori telefonici stannocercando di controllare, finora con alternirisultati, il nascente mercato della Iptv, lavera forma di tv interattiva. Tra questi due,ma non in tutte le geografie, si collocanogli operatori della cable tv, che adottanouna sorta di modello misto di servizidiffusivi e Ip. Entrambe le tipologie di player, hannotutto l'interesse a veicolare la propria

LA TV (IBRIDA) CHE PUÒ SCAVALCARE I MURI

di Andrea LawendelGiornalista, collaboratore di quotidiani e periodici

Aperta all!interattività e alla diffusione di servizi: è la tv digitale ibrida, capace di catturare nuove tipologie di spettatori “attivi”.

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possibile la televisione digitale ibrida einterattiva si possono raggruppare in duegrandi famiglie: i televisori "connessi",dotati di sistemi di sintonia per la tvdigitale terrestre o satellitare, ma anchedelle interfacce di rete e del softwareindispensabili per accedere ai servizidella Iptv; e il set top box da collegare altelevisore convenzionale o al monitordigitale. Verso la connected tv si stannomuovendo, con cifre per il momentolimitate ma destinate a crescere fino a unapossibile impennata, il mondo deicontenuti e dei grandi marchidell'elettronica di consumo. Su questo tipodi terminali gli operatori telefonici possonoesercitare una forma di controllo limitata,agendo più da trasportatori che daaggregatori. Sull'abbinamento “schermo +set top box”, la situazione è più incerta esi articola tra i due estremi del walledgarden (il "cubo" di Telecom Italia) edell'over the top (vedi il recentissimoesempio del rilancio di Tiscali nel mondodella Iptv attraverso l'accordo con lapiattaforma aperta di Tvblob/TeleSystem). Comunque vadano le cose, la tv ibridasarà per forza di cose più aperta allainterattività e alla diffusione di servizidecisamente lontani dai tradizionaliconcetti di televisione. Primi tra tutti la"tivizzazione" di quel mercato delle piccoleapplicazioni dedicate, le “app”, che hannodeterminato la grande popolarità deglismartphone e l'importazione, negli stili diconsumo tipici della cosiddetta "sofa tv",del video partecipativo e sociale, allaYouTube per intendersi, originati inambiente web. "

Cela farà l'industriadell'informazione aresistere all'impattodell'Internet gratis e ai

nuovi giganti della pubblicità online? Aquesta domanda cerca di rispondere lostudio The State of the News Media 2011che il Pew Research Center pubblica ognianno e che rappresenta un po' la Bibbiadel settore per chi si occupa diinformazione e di economia

La democratizzazionedell!informazionePer alcuni analisti la crisi dell'industriadell'informazione, e in particolare deiquotidiani e del giornalismo investigativo– che costa molto –, può provocare lacrisi della democrazia che si basaessenzialmente sul dibattito pubblico esu un pubblico informato da una pluralitàdi voci. La possibile crisi della democrazia ètanto più preoccupante se si considerache la crisi economica colpisce inparticolare i giornali che rappresentano ilcentro nevralgico dell'industriadell'informazione. Sono infatti i quotidianila principale fonte di notizie anche per letelevisioni, per i blogger e per Internet,che spesso riprendono, elaborano edarricchiscono le notizie originali prese daiquotidiani. Altri invece sono più ottimisti:secondo le visioni più positivel'informazione si sta democratizzandononostante la crisi dei quotidiani cartaceigrazie a Internet, ai social network, aiblogger e al citizen journalism, cheforniscono e diffondono informazionilibere e gratuite. Non c'è dubbio che oggi il pubblico siapiù informato – magari superficialmente –di dieci anni fa: alla lunga però laquestione dell'informazione è di naturasquisitamente economica. Il problemaconsiste nel fatto che l'audience aumenta,che il pubblico delle news, grazie aInternet fissa e mobile, diventa più grandee più segmentato ma che i fatturatipubblicitari sui media tradizionalidiminuiscono (nel caso della stampa) otendono a stagnare (nel caso dellatelevisione generalista); però la pubblicitàsu Internet, nonostante la forte crescita,non compensa per nulla le perdite difatturato sofferte dai media tradizionali. Ilfatto è che buona parte della pubblicitàvia Internet non va ai giornali e alle tivùonline ma agli aggregatori di notizie o adaltri siti web. E i tentativi di far pagare lenotizie online finora, a parte pocheeccezioni, sono naufragati, anche se perla prima volta nel 2010 giungono le prime

dell'informazione. Il rapporto illustra lostato dell'industria dell'informazione negliStati Uniti d'America nel 2010 ma non c'ènessun dubbio che le tendenzeevidenziate negli USA in una maniera onell'altra si riprodurranno anche in Italia.Per la prima volta il rapporto mostra uncauto ottimismo rispetto alla drammaticacrisi che il settore dell'informazione viveormai da un decennio. Dopo due anni difatturato in caduta libera, dovutasoprattutto alla crisi complessivadell'economia, tutti i settori dell'industriadell'informazione mostrano segnali direcupero, eccezione fatta per i giornaliquotidiani che evidentemente soffrono diproblemi strutturali più gravi. Non a casosette dei 25 principali quotidiani americanisono ormai controllati da “hedge fund” e“private equity” che cercano di ristrutturareil loro business per traghettarli nell'eradigitale. La televisione conferma il suo primato maInternet cresce molto, e la grande novitàconsiste nel boom dell'informazionemobile grazie agli smartphone e ai tabletelettronici. Comunque, anche nel 2010 leredazioni dei giornali hanno perso 1000-1500 giornalisti: nel complesso le redazionidove si producono le informazioni cheformano l'opinione pubblica si sono ridottedel 30% rispetto al 2000. Ma le redazionisono attualmente più multimediali e moltigiornalisti sono abituati a dialogare con ilpubblico via Internet. I giornali, dopo averemagari in una prima fase ignorato oavversato Internet, sono spesso costretti arincorrere la rete e ad adeguarsi alle sueregole, alcuni con successo, altri no.Un'altra novità positiva è che per la primavolta anche l'industria dell'informazionedigitale ha iniziato ad assumere un numeronotevole di giornalisti professionistiimpiegati nelle redazioni online; primainfatti i siti web su Internet si limitavanosoprattutto ad aggregare le informazionidei quotidiani cartacei, ma nell'ultimo annosocietà come Yahoo!, AOL, Bloomberg,News Corporation hanno cominciato adassumere centinaia di giornalisti dadedicare all'informazione online.

THE STATE OF THE NEWS 2011: LA CARTA STAMPATA HA IL FIATO CORTO

Enrico GrazziniGiornalista, analista dell!economia della comunicazione

Pubblicata l!ottava edizione del report annuale “The state of the news media”, il rapporto sullo stato dell!informazione in America nel 2010.

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clienti.Un altro fattore negativo per l'industria èche, con l'eccezione di Internet fissa emobile, tutti i mezzi che diffondonoinformazione hanno visto declinare ostabilizzarsi il loro pubblico. È diminuital'audience dei grandi network ABC, NBCe CBS, e per la prima volta delle CableTv, le Tv tematiche sulle news come FoxNews, CNN, e MSNBC, mentre le Tvlocali dopo anni di declino per la primavolta sono riuscite a mantenere il loropubblico.Al contrario, la notizia positiva è che perla prima volta circa metà degli americaniriceve le notizie sul telefono personale: inparticolare il pubblico si serve deitelefonini per trovare informazioni diimmediata utilità, come il meteo, le newslocali, le informazioni sui negozi o iltraffico. Il trend è chiaro: l'informazionediventerà sempre più mobile e sempre piùdi utilità personale. L'industria dellenotizie sta cercando di trovarefaticosamente nuovi equilibri, ma non èfacile perché, lungi dallo stabilizzarsi, ilsettore conosce invece un'accelerazionedelle dinamiche tecnologiche. E lesocietà di software, come Google,Facebook ed Apple, sono le protagonistee aprono le nuove strade del digitalementre l'industria delle informazioni faticaa tenere il passo. "

L’era dei ˝coach potatoes˝, itelespettatori passivi mangiatori dipatatine sprofondati sul divano, èalla fine? Dopo tante promesse,

da anni mai veramente avverate, la

e provvisorie notizie positive perl'industria, in particolare per quantoriguarda l'informazione via smartphone etavolette elettroniche. In effetti il pubblico,che finora non è stato disposto a pagarele informazioni sull'Internet fisso, sidimostra invece più propenso a pagarle –soprattutto le informazioni di utilitàimmediata – sugli apparecchi mobilipersonali. Per la prima volta quest'anno nel 2010Internet ha superato i giornali come fontedi notizie per il pubblico; la rete ormaisegue solo la televisione come sorgentedi news per gli americani e il gap si stachiudendo. Occorre sottolineare che lasituazione americana è molto diversa daquella italiana dove, secondo moltericerche tra cui quelle del Censis edell'Istat, la televisione resta di gran lungail mezzo più influente per la formazionedell'opinione pubblica – per il 70%dell'audience circa – seguita dai giornalicartacei per il 30%, mentre Internet contaper solo pochi punti percentuali nellaformazione dell'opinione pubblica. Questidati, tipici della situazione italiana,mostrano ancora una forte arretratezzadel pubblico nazionale che soffre – comenoto – di alti livelli di analfabetismoinformatico e in generale di livelli diistruzione di gran lunga inferiori rispetto aquelli riscontrabili nei principali paesioccidentali. Non c'è dubbio che l'assolutaprevalenza della televisione rispetto aglialtri media nella formazione dell'opinionepubblica italiana spieghi gran parte delsuccesso elettorale del premier SilvioBerlusconi che è in grado di condizionarele principali reti televisive nazionali e circal'80% dell'audience televisiva, e che ingenerale riscontra il maggior successoelettorale proprio presso il pubblico conminori livelli di istruzione, cioè presso ilpubblico televisivo, mentre è in minoranzapresso le fasce di popolazione piùistruita, la quale invece usa molto di piùInternet e gli altri media oltre latelevisione.

Il nuovo mercato digitaleMa torniamo allo studio del PewResearch. Secondo il rapporto sullo statodell'industria dell'informazione in Americanel 2010 il problema principale nonconsiste tanto nel declino dell'audience enella necessità di trovare nuove fonti difatturato, ma consiste invece nel fatto chel'industria dell'informazione non è più ingrado di controllare pienamente il suofuturo nel nuovo mercato digitale. Nelnuovo spazio dell'online le organizzazioniche producono le notizie – i giornali, letelevisioni e gli altri media – dipendonosempre di più da altri circuiti commercialiper la vendita della loro stessa pubblicità:dipendono in particolare da società qualiGoogle, Facebook e Apple. I nuoviprotagonisti della pubblicità ricavano unaquota importante del fatturato totale (30%circa) dell'online e in molti casicontrollano l'accesso ai clienti e, fattoancora più importante, le informazioni suiclienti e sugli abbonati. I dati sui clientirappresentano il fattore di successo piùimportante per l'industriadell'informazione e della pubblicità onlineperché consentono di offrire news einserzioni pubblicitarie personalizzatesecondo le esigenze individuali dei

CONNECTED TV: IL WEBSBARCA NEL SALOTTO DI CASA

di Chiara SottocoronaDalla Francia, giornalista collaboratore di quotidiani e periodici

Convergenza tra televisione e web:ConsumerLab Ericsson rivela comecambia il rapporto dei consumatori della tv.

televisione diventerà interattiva? Certo, manon nella forma che ci aspettavamo(partecipazione live a programmi e giochi ovideointerventi da casa). Nel nuovoscenario che si sta delineando lo schermopiatto tv non è altro che uno dei tantischermi per essere connessi al pianetaweb. Come navighiamo dal pc, dallosmartphone e dal tablet, possiamo ormaicon le “connected tv” navigare anche daldivano sullo schermo televisivo. E questofinirà per cambiare inevitabilmente leabitudini di consumo nell’intrattenimento. La trasformazione è già in atto, secondo lostudio “Consumo di Media Multi Screen2010” realizzato dai ConsumerLab diEricsson. I dati sono stati raccolti in Cina,Germania, Spagna, Svezia, Taiwan, RegnoUnito e Stati Uniti con un campionerappresentativo di oltre 300 milioni diconsumatori. Lo studio mostra come itelespettatori stiano diventando sempre piùconsapevoli delle nuove tecnologie che, aloro volta, stanno creando nuovi modelli difruizione. Il 93% del campione guardaancora la tv tradizionale strutturata inpalinsesti almeno una volta a settimana,ma il ruolo della tv sta cambiando grazieall’introduzione di nuovi canali didistribuzione. Più del 70% dei consumatoriinfatti accede settimanalmente a contenutitelevisivi registrati scaricandoli oguardandoli in streaming, mentre il 50%fruisce ogni settimana di video o tv on-demand attraverso Internet. “Ilconsumatore è alla ricerca di una soluzioneche gli permetta di scegliere liberamenteciò che vuole, quando vuole e come vuole.L’attenzione è concentrata sull’esperienzapiuttosto che sulla piattaforma tecnologica”osserva Anders Erlandsson, Senior Advisordel ConsumerLab Ericsson. Il tempo speso a guardare la tvtradizionale, secondo lo studio,corrisponde a solo il 40% del tempo totalededicato alla fruizione di contenuti televisivie video su altri schermi. Ma l’arrivo deinuovi terminali tv connessi a Internet staaprendo uno scenario di vera convergenzatra la televisione e il web. “Le connected tv,cioè quelle televisioni che consentono difruire di contenuti multimediali provenienti

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Page 7: 154BELTEL - Giovanni ZiccardiSped.in a.p.D.L.353/2003 (conv.in L.27/02/2004 n.46) art. 1 comma 1 DCB-Milano L’IVA è a carico dell’editore. Finito di stampare nel mese di Aprile

online) con cui si sono diffuse nel mobile.I televisori predisposti sono già in arrivosul mercato e dai tv store si possonoprendere a libera scelta applicazionigratuite o a pagamento (cliccando sulleicone che appaiono sullo schermo).

5) "SSeeaammlleessss aacccceessss ttoo aallll ccoonntteenntt” éinvece il modello di navigazione libera“browser-centric”, quello proposto dallaGoogle Tv. In questo caso lo schermo tvè considerato il punto centraledell’intrattenimento casalingo e in quantotale il punto unificato di accesso a tutti icontenuti: broadcast, vod, catch-up eweb. “Ma quest’ultimo modello è quello che fapiù paura ai broadcaster e fornitori dicontenuti, che temono una fortecompetizione del flusso di video dal websullo schermo casalingo” osserva SophieGirieud. “Naturalmente si basa sullapotenza del motore di ricerca, che è incorso di perfezionamento per i contenutivideo. Questo rischia però di dare unvantaggio pubblicitario a Google, comegià avvenuto rispetto agli editori”. LaGoogle Tv non é ancora arrivata inEuropa, anzi il lancio è stato ritardato e siprevede avverrà a fine anno o inizio2012. Ma i primi televisori Sony dotati diGoogle Tv sono stati presentati già alCes di Las Vegas in gennaio: quattromodelli che vanno da 599 a 1.399 dollari.Per vedere la HDTV e navigare sul Web,scegliere Apps su Android, connettersi aFacebook e Twitter, o consultare i videodi YouTube. E se si vuole usare iltelefonino come telecomando, bastascaricare l’apposita applicazionedall’Android market.

Ma che peso avranno le Connected Tvsull’insieme del mercato televisivo? Leprevisioni di Idate sono che il mercato deiservizi video Over the Top nei cinqueprincipali paesi europei raggiungerà unvalore di 2 miliardi di euro nel 2015 e oltrela metà proverrà dal vod a pagamento. Letv connesse a quella data sarano capaci diassorbire il 70% del video on-demand,lasciando solo il 30% al cavo-satellite eIptv. Ma la televisione classica, quellalineare e non interattiva, continuerà adessere predominante. E Idate stima chel’insieme del fatturato broadcasting, trapubblicità e abbonamenti, sarà di circa38,5 miliardi di euro nei 5 principali paesieuropei al 2015. La strada insomma èancora lunga prima di sradicare le abitudinidella “sofa tv”. "

programma che si era perso. 2) La Ott (Over the top) Tv. È quella che

permette dallo stesso schermo tvutilizzato per ricevere il broadcast diaccedere anche a servizi video Premiumo a “best of” multimediali di musica eimmagini. La connessione avvienetramite una “box” acquistata o anoleggio. In questa categoria rientraanche la AppleTv, che a fine 2010contava un milione di box venduti.

3)I Connected Media Center. In questocaso insieme ai terminali viene propostaun’offerta di servizi online, con lapossibilità di gestirli attraverso il mediacenter per trasferirli facilmente su altrischermi casalinghi: pc, tablet,smartphone. È il caso del SonyMediaPlayer N100, arricchito daicontenuti del servizio Vod di Sony“Criocity” per musica e video. O del TiVo,già affermato negli Usa, che ora vieneproposto in partnership con Virgin inInghilterra.

4) Le Tv AppStore. È il modello adottato daYahoo! Connected Tv e Samsung, chemirano a portare le applicazioni sulloschermo domestico, con la stessa facilità(scaricandole dallo “store”, il negozio

dal mondo Internet, rappresentano unfenomeno particolarmente innovativo”sostiene Giovanni Toletti, responsabiledell’Osservatorio NewMedia and Tv delPolitecnico di Milano. “A fine 2010 sonocirca 2,7 milioni nelle case degli italiani itelevisori che hanno la capacità diconnettersi ad Internet e di fruire dicontenuti tramite widget, anche se solo unnumero limitato è effettivamente connesso.Sono inoltre stati introdotti sul mercato

diversi decoder in grado di collegare la tvad Internet (ad esempio, Cubovision diTelecom Italia, Hybrid BlobBox diTelesystem e Apple Tv)”.Gli analisti di Display Search calcolano cheil 21% di tutti i televisori venduti nel 2010nel mondo sono già dotati di Internetconnectivity. E prevedono che il mercatodelle tv connesse passerà dai 50 milioni diapparecchi di oggi a 122 milioni entro il2014. Un’altra ricerca, dell’americana In-Stat (TheGlobal Market for Web-Enabled "Smart" CEDevices) prevede al 2014 un parcoinstallato di 230 milioni di smart tvconnesse al web, comprendendo anche leconnessioni video IP da cavo, satellite,videorecorder, e Iptv. “Sono previsionirealiste, quanto alla diffusione dellatecnologia in sé. Ma l’utilizzo reale da partedei consumatori è ancora una incognita:oggi solo il 10 per cento dei possessori ditv connesse usa realmente Internet sulloschermo tv” osserva Sophie Girieud,capoprogetto di ricerca all’Idate, il centrostudi sui nuovi media di Montpellier, inFrancia e autrice del rapporto su “TvConnectée: Qui contrôle l'interface client?”rilasciato lo scorso dicembre. “Perché siaffermino è fondamentale la facilità d’uso,perciò vincerà sul mercato chi proporràl’interfaccia più gradita ai consumatori”. Per ora la scelta è così varia da creareancora disorientamento tra gli utenti.Girieud ha individuato 5 modelli dominantidi connected tv. 1) La TTvv++ è quella su cui puntano i

broadcaster tradizionali e i produttori diprogrammi: il flusso televisivo è arricchitoda contenuti multimediali, che sono peròfunzionali alla programmazione e nondiventano concorrenziali alla fruizione tv.È il caso della HbbTv, uno standard di tvdigitale in larga banda che consente didistribuire servizi insieme ai canali tv. Giàpartito in Germania e Inghilterra,dovrebbe diffondersi quest’anno nelresto dell’Europa. Permette di riceverecontenuti on-demand e di fare il catch-up: rivedere una settimana dopo un

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L!evoluzione del mercato televisivo italianoDati dell’Osservatorio New Media e Tvdel Politecnico di Milano (23 marzo2011).

Nel 2010 la diffusione del Digitaletelevisivo terrestre (Dtt) ha raggiunto il64% della popolazione italiana. Inparallelo i broadcaster hannoaumentato significativamente la propriaofferta sul Dtt, che, in un anno, èpassata da 53 a 92 canali unicinazionali. Cresce anche l’offerta di Skysulla piattaforma satellitare (24 canali inpiù rispetto al 2009), che puntasoprattutto sull’Alta Definizione: sonoben 36 i canali in HD sul satellite,contro i 7 che può vantare – a causadei limiti di banda – il digitale terrestre. I ricavi legati alle sofa-tv digitalirimangono sostanzialmente stabilirispetto all’anno precedente, grazieall’ottima crescita della raccoltapubblicitaria (+50%) che riesce acompensare la contrazione dellevendite premium (-9%). Lo stessoaccade per le piattaforme Mobile, i cuiricavi rimangono pressoché costanti afronte di una buona crescita dellapubblicità (+15%) che compensa ilcalo dei ricavi pay (-4%). Uno dei trendprincipali è rappresentato dallaproliferazione dei contenuti Video (gliutenti unici mensili che fruiscono inItalia di video online erano a fine 2010quasi 15 milioni, pari al 60% degli utentiInternet attivi in Italia).

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Immagine tratta dagli Ericsson Lab

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consumatori, fornendo contenuti finorainaccessibili tramite schermo televisivo. Sele prime iniziative di Tv Ott sono daconsiderarsi complementari eprincipalmente spinte dai produttori dielettronica di consumo come Sony eSamsung, ben presto esse saranno ingrado di appropriarsi di una quota,sebbene limitata, di ricavi generati daservizi di pay-tv, minacciando in manierapiù diretta il business televisivotradizionale.Gli operatori di pay-tv, a loro volta,affrontano questa sfida avendo a lorodisposizione innegabili vantaggicompetitivi: hanno a propria disposizioneuna base abbonati (oltre ad una relazionedi pagamento già instaurata) e sonoestremamente interessati a mantenerla edincrementarla. Ma questo è solo una dellediverse aree in cui gli operatori di pay-tvsono favoriti rispetto agli altristakeholder .Gli operatori possonoinfatti far leva suoipropri assetunici esulla

TV DIGITALE: LA SFIDA DELL’OVER THE TOP

di Augusto PretaConsulente, fondatore e partner di IT Media Consulting

Nel corso del 2011, i servizi Tv Ott entreranno a far parte delle abitudini dei consumatori, fornendo contenuti finora inaccessibili tramite schermo televisivo.

L’industria dei contenuti video stasubendo una forte trasformazionein seguito all'esplosione diInternet, che cresce molto più

velocemente degli altri media, collegata alcambiamento dei comportamenti degliutenti e dei device a loro disposizione. Allostesso tempo, la tecnologia che rendepossibile la creazione e l’accesso acontenuti video si sta evolvendorapidamente e il settore dell'intrattenimentovideo sta cercando di adeguarsi a questatrasformazione. Questa situazione riflette il crescenteinteresse nel settore dei servizi video onlinetrasferiti sullo schermo tv, i quali possonogenerare nuovi flussi di ricavi acomplemento del business televisivo giàesistente.All’interno dell’abitazione digitale, ladomanda di accesso a contenuti online acomplemento dell’esperienza televisivatradizionale è in crescita, in particolarmodo nelle giovani generazioni, mentre levarie applicazioni e i principali marchipresenti sul web diventano disponibili suun numero sempre maggiore di piattaforme“consumer electronic” (CE).Negli ultimi mesi, i dispositivi connessi aInternet si sono diffusi in manierasignificativa, principalmente a causa dellaforte spinta proveniente dall’industria. Gli utenti diventano sempre più ricettivi,man mano che la connettività a Internetdiventa una caratteristica standard dinumerosi gadget tecnologici comuni, comead esempio (oltre ai televisori) i lettori Blu-ray e le console per video game. La connessione a Internet sui televisore

permette a broadcaster, fornitori dicontenuto e altri service provider di offriresu larga scala agli utenti contenuti televisivie servizi connessi tramite protocollo Ip,sfruttando in tal modo la forte espansionedel web.Mentre la banda larga si sta diffondendonella maggior parte dei paesi sviluppati, èarrivato il momento per la televisione diesplorare l’ambiente Internet, proponendoai telespettatori offerte video avanzate,correlate a nuovi servizi interattivi ealtamente personalizzati.

La distribuzione dei contenuti Tv OttI contenuti broadcast e broadband stannoinfatti convergendo in maniera significativae i servizi tv over the top (Tv Ott), distribuititramite Internet sullo schermo televisivobypassando i tradizionali service provider,possono giocare un ruolo importantenell’espansione del nuovo mercatodella connected tv.La creazione di nuovi modelli dibusiness renderà la lotta checoinvolge i player delmercato televisivo ancorapiù serrata. Se ancoranon è emerso unprotagonistadefinitivo,l’indiscusso vincitoreè sicuramente lospettatore, che hal’opportunità diusufruire di nuovicontenuti, attraverso una serie didispositivi connettibili che offrono un

universo di opzioni sempre più attraenti.

Le strategie degli operatori Con l’arrivo di nuove piattaforme videoweb-enabled, gli operatori di pay-tvdovranno inevitabilmente scontrarsi conuna serie di sfide provenienti da piùdirezioni. Ciò porta ad un’evoluzionesignificativa delle strategie deglioperatori mentre la competizione traprovider alternativi continua adintensificarsi.Nel corso del 2011, i servizi Tv Ottentreranno a farparte delleabitudinidei

Fonte: © 2011 ITMedia Consulting

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propria esperienza: adottare i contenuti Ott,specialmente per le library e le offerte dicatch-up tv, li consacrerà nel loro ruolo difonte di fiducia e aggregatore di contenutoe, in particolare, i loro brand affidabilipossono aiutare i telespettatori a trovare icontenuti migliori senza perdersi nei

meandri del web. Inoltre, la distribuzione via Ip

può aiutare i providertelevisivi a colmare

alcuni gapcompetitivi

collegati ailimiti

d’infrastruttura, aumentando l’offerta deipropri servizi ed espandendo il proprioraggio d’azione al di fuori della propriabase abbonati.Di conseguenza, Internet rappresenta unanuova risorsa per l’industria televisivapoiché può aumentare il valore dell’offertatelevisiva core, permettendo funzioniaggiuntive e personalizzazione. Mentre il mercato della tv digitale apagamento si espande, nuovi modelli dibusiness basati sull’adozione dipiattaforme ibride, insieme alladistribuzione Ott, rappresentano fattorichiave per potenziare la propria posizionecompetitiva ed attrarre nuovi clienti. In sintesi, la diffusione di contenuti tramitela rete Internet aperta sullo schermo tv puòessere vista come un’opportunitàstraordinaria per i player tradizionali che

possono assumere un ruolodominante ed utilizzare il proprio

brand per consolidarloulteriormente, in uno scenario

“win-win”. Alcuni provider di pay-tv

incumbent hannoinoltre iniziato a

sviluppare unastrategia di

distribuzione videomulti-piattaforma, rendendo la

propria programmazione esclusiva ea valore aggiunto, prima accessibilesolo tramite tv e abbonamento,

disponibile anche via Internet,tramite una serie di dispositivi

fissi e mobili. In questa prospettiva, i

servizi tv, online e mobilistanno diventando

parte di unacoerente

Fonte: © 2011 ITMedia Consulting

strategia per aggiungere valore alle offertee differenziarsi dagli altri concorrenti in unmercato sempre più competitivo.Il lancio di offerte Tv Ott integrate chepermettono la portabilità dei contenuti sudevice multipli, insieme all’introduzione diuna library in video-on-demand su unapiattaforma ibrida, potrebbe dunquerappresentare una strategia di business disuccesso, poiché permette agli operatori dipay-tv di ampliare la propria baseabbonati, ridurre il tasso di abbandono(churn rate) ed aumentare i ricavi,vendendo un pacchetto di più servizi oproponendo prodotti ad un prezzo più alto.Accostarsi al mondo Internet può ancheessere considerato una necessità per glioperatori di pay-tv che vogliono migliorarsie mantenere la propria competitività.Attendere maggiori garanzie per il mercatodella Tv Ott potrebbe infatti essere unerrore, come già l’industria musicale haimparato a sue spese. Il rischio può esserequello di rimanere indietro. Uno strumentodi protezione può essere l’offerta dicontenuti web in esclusiva, non disponibilialtrove. In molti casi, infatti, i broadcastertradizionali di pay-tv sono anche proprietaridi contenuti o hanno già una serie diaccordi con i proprietari dei contenuti. Secondo alcuni recenti studi, gli utenti nonsono attratti dalla connected tv perchépermette loro di navigare sul web. Hannogià i personal computer che gli permette didisporre di questa possibilità. Gli utenti,invece, sono alla ricerca di contenutiattraenti e facili da trovare ovunque e inqualsiasi momento: tale aspirazionedovrebbe guidare i provider televisivi asoddisfare proprio questa domanda.

Nuovi modelli di businessLa Tv Ott ha la capacità di rinnovarel’industria televisiva introducendo nuovimodelli di business per gli stakeholdertradizionali, aprendo altresì la porta a unaserie di nuovi competitor. Mentre la connettività sta diventando unafunzione standard nei prodotti consumerelectronics, i principali produttori di

televisori hanno capito che Internet e lacrescente penetrazione della banda

larga può fornire lorol’opportunità di includere

porte Ethernet oconnessioni

USB wirelessdirettamentenel devicetelevisivo,

permettendo loro di offrire ai telespettatoriun’esperienza di visione via Ip, dandoorigine altresì a nuove prospettive di ricavo. Nonostante i device televisivi connessi aInternet siano ancora poco diffusi, i modellidi business si stanno già sviluppando ed èfondamentale che i provider di servizi tv, glioperatori, i proprietari di contenuti e iproduttori CE riescano a mettererapidamente in pratica modelli difinanziamento efficienti. Gli operatori di piattaforma possono

monetizzare la propria base abbonatitramite i propri servizi a banda

larga. Grazie all’interattivitàpermessa dai

dispositivi

connessi, il consumo televisivo puòaumentare e i broadcaster possono attrarrepiù telespettatori, trattenendoli per unperiodo di tempo maggiore, mentre lapubblicità può essere promossa tramite lapersonalizzazione. D’altra parte, i produttori di elettronica diconsumo possono differenziare i propridevice con una serie di offerte,guadagnando una quota maggiore di ricavitramite partnership con fornitori di contenutio aggregatori. Nonostante ciò, i costruttori di televisoripossono anche decidere di bypassare talecooperazione e offrire loro stessi i contenutidirettamente sui propri apparecchi, comeSony sta già facendo con il portale Vod“Qriocity”, proposto su alcuni televisori elettori Blu-ray Bravia. Tuttavia, il packaginge la selezione dei contenuti non fa parte deltradizionale know-how di questi soggetti. Da parte loro, nonostante le minaccederivanti dalla pirateria, i proprietari deicontenuti possono anche tentare di entrarein partnership direttamente con i costruttoriCE e aumentare i propri ricavi. I broadcaster mainstream ed i proprietaridei contenuti stanno iniziando a capire chela distribuzione via Internet dei contenuticreano interessanti opportunità per attrarrenuovi utenti: vengono infatti generate unnumero crescente di opzioni didistribuzione alternativa da aggiungere aquelle abitualmente proposte daibroadcaster. In questa nuova prospettiva, iproprietari dei contenuti ed i serviceprovider avranno comunque bisogno dirinegoziare gli accordi di licenzamostrando più flessibilità e maggiorericezione alle richieste degli utenti.

Un mercato televisivo sempre più complessoL’interesse crescente nel video online stainoltre spingendo una serie di serviceprovider indipendenti a tentare di entrarenel mercato televisivo: nuovi aggregatori,come Netflix e Hulu negli Stati Uniti, sonoimpegnati a rendere la visione over-the-top più attraente per i telespettatori e piùremunerativa per i fornitori. In sintesi, prendendo in considerazione iprincipali stakeholder coinvolti in questoscenario innovativo, le strategie d’azionesono comunque piuttosto differenti traloro. Se gli operatori di pay-tv stannocercando di monetizzare la propria baseabbonati tramite servizi a banda larga,trattenendoli per un tempo maggiore, icostruttori di device si ritrovano in unanuova posizione di packager dicontenuti, anche se la loro prima missionè quella di convincere le persone aconnettere la propria televisione aInternet. Molti consumatori, infatti, nondanno importanza alla possibilità diconnettere il proprio televisore,ignorando le caratteristiche innovativedel device e al contrario acquistandolosolo perché rappresenta l’ultima novità inmateria di gadget tecnologico delmomento. La vera sfida è dunquerappresentata dal convincere iconsumatori ad utilizzare la connessionea Internet sulla tv e, se necessario, adotarsi di un servizio a banda largaaggiuntivo a pagamento. Altrimenti,l’entusiasmo proveniente lato offertapotrebbe esser spento dalla mancanzad’interesse lato domanda. "

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business voce.La battaglia per l’innovazione è appenacominciata. La complessità del settoreunita all’intensità della competizione, fapresumere che ci si debba attendere per iprossimi anni un rapporto tra i gigantiInternet basato su una logica di “co-opetition” più che di “competion”.L’importante è che i primi a beneficiarnepossano essere gli utenti, attraverso ladisponibilità di servizi di qualitàaccessibili ad un numero sempre piùelevato di persone. Anche questa infondo è un’opportunità per combattere il“digital divide” nel nostro Paese. "

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intensificando anchesul fronte dellacomunicazione.Facebook staspingendo la suaofferta nel segmentodella telefonia mobile,integrando la suapiattaforma in alcunimodelli di devicemobili, nel tentativo didiventare una vera epropria piattaforma dicomunicazione. Ilproduttore taiwanese ditelefoni cellulari HTC harecentementepresentato al mercatonuovi telefoni contouchscreen basati sulsistema operativo di Google integrati“nativamente” con Facebook. La societàdi Palo Alto, sta inoltre investendonell’integrazione della sua piattaformacon Google Voice.Dall’altro lato della “valley”, in un anno lacrescita dei ricavi del sistema operativo diGoogle Android ha segnato unrimarchevole +862% (fonte: IHS ScreenDigest, febbraio 2011) e si sta oralavorando per integrare Google Voicenella nuova versione di Android (3.0).Cattive notizie dunque per gli operatori ditelecomunicazione tradizionali chevedranno ulteriormente minacciato il

FFiigguurraa 22.. Numero di accessi unici 2007 - 2009

Nonrappresenta certouna sorpresa il fattoche internet sial’unico media che

possa vantare un tasso di crescita positivodel tempo medio giornaliero dedicatodagli utenti, così come la maggior partedel tempo venga trascorsa navigando suicosiddetti “social media”. Questi dati (vediFigura 1) spiegano il motivo per cui labattaglia a tutto campo per stabilire lasupremazia su Internet non sia mai statatanto dura come in questo momento. In aprile Larry Page tornerà alla guida diGoogle. Non a caso la notizia è statadiffusa dopo la pubblicazione degli ultimirisultati di Facebook: oltre 600 milioni diutenti, il 25% delle pagine internet visitatenegli Stati Uniti, 5 volte quelle di Google,906 milioni di ore/mese spese sul socialnetwork negli Stati Uniti contro i 138milioni sul motore di ricerca, senzaconsiderare il 23% degli annuncipubblicitari online. Quali sono dunque iservizi sui quali si sta combattendo laguerra dei numeri?Per cominciare i social media. Il fenomenodei social network sta crescendo in modoestremamente rapido: i siti sono diventati iveri protagonisti del traffico internetnonché importanti canali verso i motori diricerca, contenuti e video.Si è appena conclusa, senza vincitori névinti al momento, la battaglia tra Google e

Facebook per la conquista di Twitter, lapiattaforma di social network valutata tragli 8 e i 10 miliardi di dollari,corrispondenti a 105 dollari per ciascunodei 95 milioni di tweet giornalieri. I recentitentativi da parte di Google di entrare nelmercato dei social network sono falliti:Orkut e Buzz, quest’ultimo integrato conGmail, sono naufragati, travolti daproblemi legati alla privacy e da unamancanza di componenti realmenteinnovativi. L’ultimo tentativo, “Google Me”,è stato lanciato nell’autunno del 2010.Sarà questa la volta buona per la societàdi Mountain View?

I motori di ricercaSia Facebook che Microsoft stannoinvestendo pesantemente nel cosiddetto“social search”. Se Microsoft ha iniziato aintegrare nel suo motore di ricerca Bing irisultati delle preferenze espresse dagliutenti del social network, Google harecentemente annunciato che il suofamoso motore di ricerca saràmaggiormente integrato con i socialmedia. L’utilizzo dei dati disponibili su questi sitisarà sempre di più un elementoqualificante per i player dei motori diricerca. Attendiamoci per la prima voltada molto tempo una variazione dellequote nel mercato dell’ “Internet search”. Da ultimo, la competizione si sta

GOOGLE VS. FACEBOOK: LA GUERRA È APPENA COMINCIATA

di Alberto FiettaSenior Associate Booz & Company

Continuano le schermaglie tra i due colossi del web per aggiudicarsila supremazia su Internet.

FFiigguurraa 11.. Dati utilizzo diversi media – Analisi Booz & Company

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nuovi servizi di aggregazione edindicizzazione. L'oggetto del contendere è,naturalmente, il "contenuto", che assumeun ruolo sempre più centralenell'evoluzione in una rete che diventapiù contenitore che veicolo.

Il merito dell!AgcomIn questo contesto, con la consultazionepubblica concernente il diritto d'autorenelle reti di comunicazione elettronica,l'Agcom ha avuto il merito di risollevare illivello di attenzione relativo alla tutela delcontenuto, con un apprezzabile sforzonella direzione del bilanciamento tra ildiritto degli autori ad essere remunerati ela tutela della libertà di espressione e deldiritto di accesso ad Internet. A prescindere dalle opinioni checiascuno può avere in merito alleprocedure di "notice & take down" (ildettaglio del regolamento dell'Agcomdovrebbe essere reso noto solo all'esitodella prima tornata di consultazioni) èsenz'altro condivisibile l'attenzioneall'adozione di misure concrete volte acombattere i siti illegali, senza peròcolpire i singoli utenti, unitamente amisure volte ad incentivare l’offertalegale di contenuti sulle reti dicomunicazione elettronica ed arimuovere gli ostacoli tecnico-giuridiciche rallentano o impediscono lo sviluppodi un’offerta legale. Ogni tutela del diritto d'autore, infatti,deve partire dalla considerazionedell'inefficacia delle politiche repressivee criminalizzanti nei confronti degli utentifinali. Soltanto l’emergere di un mercatodei contenuti legale e competitivo puòseriamente minare le basi sulle quali sifonda la "pirateria" digitale, che si èaffermata grazie al vantaggiocompetitivo di poter permettere agliutenti di accedere ad una vasta edeterogenea offerta di contenuti (a frontedella scarsa reperibilità "legale"), inanticipo e a titolo gratuito. Qualsiasi politica unicamente basatasulla repressione è dunqueinesorabilmente destinata a fallire se nonviene accompagnata da politichecomplementari di incentivazione cheriducano il "vantaggio competitivo" dellapirateria sull'offerta legale. In questo contesto, anchel'incentivazione della pubblicità online

Ilmercato dei contenuti culturalivive una fase di grandeincertezza, in cui troppe volteslogan innovativi si limitano a

celare uno scarso dinamismo. Una parte consistente del mondotelevisivo sembra essere restìa adabbandonare l'equilibrio del passato,mentre il prorompente fenomeno didisintermediazione (e successivareintermediazione) di Internet ha portatoalla ribalta nuovi protagonisti cheseguono logiche spesso incompatibili

con i modelli di business tradizionali diquesto settore. Si stanno affermando nuove offerte emodalità di fruizione che evidenziano lacontrapposizione tra chi reclamal'accesso a qualunque costo – o megliosenza alcun costo – e chi, invece, ritienesi debba comunque garantire un'equaremunerazione ai vari soggetti coinvoltinella filiera produttiva. Dopo la polemicasui fenomeni della "pirateria" tramitepeer-to-peer (e più di recente streaming),viene ora contestata anche l'essenza dei

UN NUOVO DIRITTO DIGITALE?

di Giangiacomo OliviDLA Piper Italy

Alla ricerca di una soluzione efficace contro la pirateria digitale e la tutela dei contenuti in rete.

potrà permettere nuove forme diaccesso a contenuti “premium”,garantendo quantomeno il contenimentodei prezzi di accesso (fino ad arrivare inalcuni casi anche al loro integraleabbattimento), fermo restando che,come ormai condiviso dai più, ilcontenuto non deve per forza essereaccessibile gratis a tutti. Forse non tutti i "pirati" sono disposti ariconvertirsi al mercato legale, anche sesembrano esservi segnali di un positivocambiamento culturale. Ma questomutamento deve essere assecondato,nel senso che occorre dare una effettivapossibilità di fruizione di un'ampiavarietà di contenuti, in tempi rapidi, inmodo flessibile ed a prezzi di mercatoragionevoli. In questo modo l'offertalegale potrebbe competere ad armi parinel “mare magnum” della rete, facendoanche leva sulla migliore qualità(tecnica) ed affidabilità dei propricontenuti.

Modelli obsoletiTutto questo nel mondo audiovisivo (enon solo) non avviene perché dal latodell'offerta vi è una notevole resistenzaad abbandonare obsoleti modelli diproduzione e distribuzione. Se si vuole effettivamente sconfiggere la"pirateria", è necessaria una ulteriorepresa di coscienza da parte deglistakeholders coinvolti. È quindi il momento di trarre un esempioda quanto è avvenuto in Francia,richiamando non gli aspetti più noti erepressivi del progetto Sarkozy, bensìl'accordo realizzato a monte del progettodi riforma. Andrebbero infatti ripresi erielaborati in chiave nazionale e con piùcoraggio gli "accordi dell'Eliseo", con iquali l'industria culturale francese, tra lealtre cose, si è dichiarata disponibile arendere fruibile in rete più contenuto e intempi più brevi, a fronte di un nuovoquadro di tutele. Quanto sopra presuppone anchel'abbandono delle posizioni "ideologicodigitali" alle quali ci stiamo abituando introppi, dagli allarmi estremisti della reteper cui ogni intervento è un attentato allalibertà di espressione, alle continuelamentele dei custodi di un mondoanalogico ormai destinato a scomparire.

No alle posizioni dominanti Questo cambiamento virtuoso potràavere successo solo in un contesto dimercato aperto e libero dall'azione disoggetti dominanti, ed in grado didistorcere i meccanismi della domanda edell'offerta. Sarà quindi di estremaimportanza anche l'introduzione dipolitiche di regolazione del settore permitigare il rischio che determinati attori –inclusi i soggetti che operano nelsegmento dell'intermediazionepubblicitaria – diventino arbitriincontrastati delle dinamiche delmercato, sfruttando indebitamente leproprie posizioni dominanti o i vantaggiacquisiti in veste di first mover. Sologarantendo un'effettiva trasparenza dellecondotte degli attori è possibileassicurare uno sviluppo equilibrato delmercato nel senso della crescita,dell'efficienza e della pluralità, senzariversare nel mondo digitale i vizi e ledebolezze del passato analogico. "

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una spinta verso l'evoluzione dellatelevisione, che inevitabilmente decreteràil trapasso della tv come la conosciamooggi. La tv, in particolare quella generalista è incrisi, realtà come YouTube hannocambiato il modo con cui, soprattutto i piùgiovani, si rapportano con i contenutimultimediali. Il futuro ci riserva sicuramente grandinovità in questo settore – basti pensarealla “Connected Tv” (vedi articolo apag. 6) – e una quantità e qualità deicontenuti sempre maggiore, su diversepiattaforme. Il rischio, come hanno fatto notaremolti esperti del settore, è di fare un

po’ di confusione e far perdereinteresse a causa di una

overdose di offerta cherenderà presto impossibile

seguire tutti i contenuti dinostro interesse. "

Google è insaziabile. Dopo ilweb, in cui è padroneincontrastato, ora guardacon crescente interesse al

mercato televisivo. Le chiavi d’ingressoalla tv sono fornite da YouTubenaturalmente. Trattasi di web tv,osserverete voi, già, ma secondoquanto anticipato dal Wall StreetJournal, il colosso di MountainView ha pronto un piano diinvestimenti di ben 100milioni di dollari tonditondi, con l’intento direalizzare contenutivideo di alta qualitàda veicolare su 20nuovi canali tematiciche trasmetterannoprogrammi originali eprodotti a livelloprofessionale,mentre gli altricanalicontinueranno adospitare i video-sharing degli utenti.Si tratterà di canalidedicati allo sport,al divertimento e allenews, con oltre 10ore diprogrammazioneoriginale e di altaqualità ogni settimana.Una nuova web tv on-demand con alle spalleinvestimenti cosÏimportanti, capace ditrasmettere contenuti dialtissima qualità ecompletamente nuovi,potrà impensierireseriamente un mercato,come quello televisivo, chesoffre da tempo dellostrapotere del web. Il progetto, secondo il WallStreet Journal, dovrebbepartire entro la finedell’anno e YouTubeavrebbe già i necessaricontatti con le agenzie diHollywood per stringereaccordi sia con le compagnie diproduzione che con gli stessi attori

e celebrità dello spettacolo. YouTube, che è già il terzo sito web piùvisitato del mondo, spera così di poterincrementare

ulteriormente il traffico e prendersi unafetta della torta da 70 miliardi di dollarirappresentata dal mercato dellapubblicità televisiva. Al momento, Mountain View noncommenta la notizia, limitandosi ariportare che YouTube ha visto "unacrescita straordinaria nel 2010" e "ungrande entusiasmo per il futuro". YouTubeè un canale fruibile su qualsiasipiattaforma e non solo televisioni ocomputer. Console fisse o portatili,smartphone e tablet, per Google eYouTube sono da adesso ancheapparecchi televisivi. Una moltitudine didispositivi che porteranno YouTubeovunque. Nel 2010 il fatturato di YouTubeè stato di 544 milioni di dollari, chedovrebbero arrivare a 800 milioniquest'anno. Sempre secondo il Wsj,l'azienda sosterrà la produzione deicontenuti con la pubblicità, senzachiedere canoni di abbonamento. Unamossa astuta che prende i concorrenti incontropiede e che per la prima volta vedeGoogle nel ruolo di produttore ed editoredi contenuti. Una rivoluzione per il gigantedel web, che nel giro di qualche anno

competerà con i colossi della tvsatellitare e tradizionale, e

anche quelli della tv ondemand. Quella

di Google è

YOUTUBE È SEMPRE PIÙ TELEVISIONE

Redazione

Dopo essere diventato leader indiscusso sul web, ora Google puntacon YouTube al mercato televisivo.

CONTROLUCE

Per parlare di interattività neldigitale terrestre, bisogna provarea toccare con mano. Immaginatedi essere a Milano: fate scorreresul menù l’elenco dei canali e non

ne trovate nessuno che vi dica, ad esempio,“servizi interattivi” del Comune o dellaProvincia o della Regione. Trovate unLombardia Channel, ma fa tutt’altro. Allorapensate di andare sull’online del Comune diMilano e provate a digitare “digitaleterrestre”. Dopo lunga ricerca vi parlano deitrasporti tteerrrreessttrrii e delle reti ddiiggiittaallii. Quindinulla. Lo stesso accade se andate sul sito delMinistero dell’Innovazione e della P.A. Madove sono finiti tutti i programmi di serviziinterattivi che avrebbero avvicinato anche glianziani e le casalinghe, attraverso iltelecomando, alla consultazione “computer-like”, sbloccando anche il loro analfabetismoinformatico? Chissà. Ma il digitale terrestrenon è solo interattività. È anche nuovi canali,qualità trasmissiva, accesso amichevole…I canali si sono moltiplicati, ma soprattuttoper merito di Rai, che offre ormai unpalinsesto molto vario di film, di storia, disport, di spettacolo ad alto livello. Qui unpubblico non assatanato da sesso e cabaretpuò trovare interesse. Mediaset ne haapprofittato per presentare un’offerta payche ha qualche pregio (dai film al calcio)soprattutto in termini di prezzo unitario,almeno rispetto all’offerta satellitare.Però se volevamo integrare maggiormenteanziani, disabili, immigrati, a parte i serviziinterattivi di cui sopra e con l’eccezione diqualche canale specializzato (ma la maggioreofferta è per l’infanzia), l’accesso via decoderè tutt’altro che amichevole e inoltre itelevisori digitali, cioè senza decoder,perdono facilmente l’ordine dei canali ebisogna ricominciare da capo un’operazionedi ricerca automatica che è tutt’altro cheamichevole. Quanto alla qualità trasmissiva,l’impressione è che la compressione nonabbia giovato. Ma dove c’è stato lo switch-off non c’è più modo di fare confronti. Quindifacciamo finta che tutto vada bene.

Franco Morgantieditorialista e consulente

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© O. Houssien

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organizzate (esercito, etnie, movimentireligiosi, ecc). Infine un’ultima considerazione. Questaubiquità del fattore Internet nei movimentidi tutto il pianeta sembrerebbe dareragione ai teorici degli effetti “omologanti”della tecnologia e della globalizzazioneeconomica e mediatica, smentendo coloroche – come Castells, Appadurai e altri –sostengono al contrario che i new mediafavoriscono la differenziazione culturale.Personalmente sarei più prudente inmerito. È vero che i giovani nordafricanisono stati forgiati da processi discolarizzazione di massa, consumitecnologici e mediatici che li hanno resipiù simili a noi, ma è altrettanto vero che laloro condizione di acculturati senzasbocchi professionali, cittadini cheoligarchie corrotte hanno espropriato dellericchezze naturali che apparterrebberoloro di diritto, e figli di una tradizionereligiosa – ancorché secolarizzata –profondamente diversa dalla nostra,potrebbe indirizzarli verso strade inattesee sorprendenti. "

Ragionare seriamente sulruolo che la rete ingenerale e i social networkin particolare hanno svolto

nelle rivolte nordafricane è impresa ardua,dopo che giornali e televisioni ci hannobombardato a tappeto per settimane conarticoli e servizi sulle “rivoluzioni diTwitter”. Una sinfonia stucchevole che, inpiù di un’occasione, ha letteralmenteoscurato sia le informazioni su quantostava effettivamente succedendo sulcampo (a voler essere maligni, sipotrebbe dubitare che qualche inviatoabbia preferito navigare fra post e tweetpiuttosto che rischiare la pelle in piazza),sia gli approfondimenti sulle radici socialied economiche della rabbia popolare.Ecco perché consiglio a chiunquedesideri farsi un’idea realistica sugli eventiepocali cui stiamo assistendo di leggere illibro Net Delusion di Evgenj Morozov, eanche alcuni articoli dello stesso autorepubblicati dal Guardian. Morozov dicesostanzialmente quattro cose.1. Già nel 2009, in occasione della

“primavera verde” iraniana, i mediaoccidentali avevano parlato di TwitterRevolution, dopodiché si è scopertoche, ai tempi delle manifestazioni, lastragrande maggioranza dellapropaganda online contro il regimedegli ayatollah era opera di iranianidella diaspora (tre milioni di persone!) edi blogger occidentali che nerilanciavano i messaggi (mentre i blog egli account di Twitter “iraniani doc”rappresentavano un’esigua minoranzacui è decisamente azzardato attribuireun ruolo di leadership del movimento).

2. A “pompare” il ruolo rivoluzionario dellarete sono le lobby dell’industria ICT chevantano ampio credito presso l’attualeamministrazione Usa, dopo aver svoltoun ruolo strategico nella campagnaelettorale di Obama. Fra i consulenti delSegretario di Stato Hillary Clintontroviamo, per esempio, oltre a managerdi Twitter e Facebook, un noto gurudella New Economy come Clay Shirky,che ha recentemente affermato che“Google non esporta servizi ma lalibertà” (!?), mentre l’ex CEO – oggipresidente – di Google, Schmidt, hapubblicato un saggio in cui parla dellanatura “inerentemente politica” diInternet, lasciando intendere che, dovearriva la rete, prima o poi arriveranno

anche mercato, libertà e democrazia (inRussia e in Cina non è andata propriocosì…).

3. Questa equazione rete = democrazia(che Morozov chiama Dottrina Google) èuna riedizione della vecchia tesi secondocui l’America avrebbe vinto la GuerraFredda grazie alla capacità di“colonizzare” l’Est con suoi prodotticulturali. Questa tesi non è solo sbagliata(Morozov cita alcune ricerche chedimostrano come nelle regioni dellaGermania Est più esposte alla tvoccidentale il regime godesse di tassi diconsenso più elevati che altrove), haanche la responsabilità di distoglierel’attenzione sulle vere cause sociali edeconomiche che hanno determinato ilcrollo del regime sovietico. Riproporlaoggi in occasione delle rivoltenordafricane significa attribuirne le causeai poteri taumaturgici dei new media,rinunciando ad analizzare chi sono ecosa vogliono veramente gli insorti.

4. L’America, ma anche gli altri paesioccidentali, interpretano quanto stasuccedendo come una inattesa,fulminea marcia di avvicinamento deipaesi arabi ai nostri modelli culturali.Ignorando le differenze fra i vari paesi,sono convinti che a guidare la rivoltesiano masse giovanili acculturate,laicizzate, tecnologicamentealfabetizzate e impazienti di trasformarei propri paesi in altrettante democrazieliberali. Ignorano, o esorcizzano, lapresenza di altri attori politici e socialiche potrebbero indirizzare i movimentiin tutt’altra direzione.

Personalmente vorrei aggiungere unquinto punto: mentre esaltavano il ruolodei social network, i nostri media si sonodimenticati delle televisioni panarabecome Al Jazeera e Al Arabiya: credo che ilfatto che da diversi anni questi networksiano seguiti da centinaia di milioni dipersone di ogni età e strato sociale, e nonsolo dai giovani (presunti) occidentalizzati,ne faccia un fattore di modernizzazioneculturale ancora più potente di Internet –un fattore che ha a sua volta fortementecontribuito a far maturare lo scontento neiconfronti dei regimi in carica. Questosignifica che la rete ha svolto un ruolomolto meno importante di quelloattribuitole, se non addirittura marginale?Assolutamente no. Bisognerebbe essereciechi per non prendere atto del fatto che i

social network si stanno rivelando unostraordinario strumento di mobilitazionepolitica nei contesti socioculturali piùdiversi: da noi, in Asia, in America Latina eora anche in Africa. A questa fantasticacapacità di innescare un effetto valanga,tuttavia, non corrisponde un’efficacia dilivello paragonabile in materia diorganizzazione e definizione di programmipolitici. La rete è fantastica per sostenereuna campagna elettorale o soffiare sulfuoco di manifestazioni e rivolte, ma nonsedimenta memoria storica e formeorganizzative. Le mobilitazioni del PopoloViola, per esempio, sono “eventi” chedevono ogni volta ripartire da zero.L’assenza di programmi politici,leadership e strutture organizzate fa sì chela capacità di “pesare” effettivamente diquesti movimenti sia pressoché nulla. Èquindi probabile che la componente“internettiana” delle mobilitazioninordafricane rischi di fare la stessa fine,lasciando il campo a forze politicamente esocialmente più omogenee, dotate distoria e tradizione e gerarchicamente

TWITTER DELUSION

di Carlo FormentiDocente di Teoria dei nuovi media presso l!Università del Salento

Una riflessione critica sul ruolo svolto dalla rete nelle rivolte panarabe.

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“valori” di stato, sia ancora possibile. Inrealtà le tecnologie stanno contribuendoa scardinare i sistemi di governo propriodi quegli stati che ancora confidanonella chiusura.Ancora oggi, erroneamente, si fa moltaconfusione tra hacker e criminale. Unavolta per tutte, qual è la differenza?Non è questione di differenza, la realtà èche parliamo di comportamenti efenomeni completamente diversi. Unhacker non è mai un criminale. Nondistrugge i computer e i sistemi, noncommette reati, non ruba denaro online,non froda i consumatori, non scambiamateriale pedo-pornografico. Un hackerè un soggetto curioso che utilizza almeglio la potenzialità delle tecnologie,che cerca di svelare segreti, che diffidadell’autorità e delle verità “ufficiali”, chepensa che il computer possa migliorarelo stato dell’essere umano. Non ha nullaa che fare con l’ambiente del crimine.Alla fine degli anni Novanta i due terminisi sono sovrapposti, ma è stato un erroredi interpretazione colossale di cuiancora si pagano le conseguenze. Lastessa stampa, anche in questi giorni,indica come opera di presunti hackercomportamenti criminali che con ilmondo e la community degli hacker verinon hanno nulla a che fare. Uno dei simboli delle rivolte nel NordAfrica è rappresentato dall!Arabish, unalfabeto virtuale crittografato, natospontaneamente in rete e fruttodell!ingegno dei giovani internauti perraggirare la censura. L!opposizioneall!Autorità utilizzando la tecnologia nonè forse l!aspetto più affascinante dellastoria moderna dell!hacking? È un aspetto sicuramente affascinante.Non si dimentichi che in molti paesi la

Dissidenti digitali, cittadini che ognigiorno combattono per opporsi aforme di governo liberticide, munitidi telefoni cellulari, computer

portatili, videocamere, trasmettono intempo reale gli orrori della società. Nuovihacker che affiancano alle tradizionaliforme di protesta l’utilizzo delle nuovetecnologie. Sono i protagonisti del saggioHacker. Il richiamo della libertà, edito daMarsilio Editori, un viaggio affascinantenella cultura hacker, dalle origini dei primianni ’60 fino ai giorni nostri, caratterizzatoda un filo narrativo ricco di richiami a film,libri e canzoni. Chi è l’hacker, quali sono lecose in cui crede, come è cambiato ilcontesto in cui opera, l’utilizzo dellatecnologia come opposizione all’autorità.A raccontarlo, in questa intervista perBELTEL, è l’Autore, professore alla facoltàdi giurisprudenza dell'Università di Milano,dove ha fondato e dirige il corso diperfezionamento in Computer Forensicse Investigazioni Digitali, nonchédirettore della rivista scientificaCiberspazio e Diritto.Che senso ha esserehacker oggi, e qualisono le differenzerispetto a quelli diun tempo? Essere hackeroggi ha dinuovo sensoperché ilpanoramamondiale èmutatorispetto agliultimi anni,che avevanovisto ilfenomeno dell’hacking penalizzato danumerosi episodi di criminalità informaticache nulla hanno a che fare con la nobiletradizione dell’hacking stesso ma che lastampa generalista ha sempreaccomunato. I nuovi hackeroperano oggi in regimi congoverni repressivi e cercanodi utilizzare al meglio letecnologie per inseguire lalibertà. In realtà ci sono moltiaspetti in comune con leazioni degli hacker originari: la

curiosità, il non arrendersi davanti agliostacoli, un utilizzo non convenzionale ecreativo della tecnologia disponibile,l’urgenza di diffondere e condividereinformazioni e libertà.Con quali modalità un hacker può opporsiall!attuale società sorvegliata? Le modalità sono tante, dipendono dalcontesto, dalle tecnologie a disposizione,dal livello di controllo. Solitamente l’utilizzodi un buon software per la crittografia, chegarantisca la segretezza dei dati, di unsoftware/sistema per l’anonimato come adesempio “Tor” e di programmi chepuliscano ogni traccia sui nostri computere nei sistemi di comunicazione cheutilizziamo possono essere un buon puntodi partenza. Esistono poi modalità anchepiù creative, come il mappare e segnalaread esempio la collocazione di tutte letelecamere in un centro cittadino per

individuare le zonegrigie, non coperte dalleriprese, e tracciarepercorsi che sono“all’ombra” delleregistrazioni che

costantemente sono fatte.Chi sono i dissidenti digitali e comeagiscono? Per dissidenti digitali intendo cittadini intutto il mondo che stanno utilizzandoanche le tecnologie, oltre alle tradizionalimodalità di protesta, per cambiare lostatus quo politico e sociale del paese incui vivono. Si pensi al Nord Africa, allaBirmania, alla Cina: in questi paesi siusano le tecnologie disponibili, moltospesso controllate e “statali”, per inseguirela libertà, per monitorare elezioni e brogli,per rivelare al mondo crimini, per cercaredi fare uscire informazioni che il governovuol mantenere segrete e al contempo percercare di raggiungere informazioni chesono vietate, in contesti dove si pensa cheil rendere i cittadiniignari einconsapevoli delpatrimonio culturalemondiale, per noncontaminare i

“ESSERE HACKER OGGI HA DI NUOVO SENSO”

di Dario AndrioloRedazione

Intervista a Giovanni Ziccardi, docente di informatica giuridica all!Università degli Studi di Milano, autore del saggio Hacker. Il richiamo della libertà.

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“Open Polis” che invita i propri adepti amonitorare il puntuale rispetto degliimpegni assunti dagli eletti in campagnaelettorale, e a misurare la loro “efficienza”nel rappresentare la volontà degli elettoriin Parlamento e nelle sedi istituzionali,attraverso una serie di indicatori e diapposite classifiche. Si tratta di approcci differenti – per alcuniversi addirittura opposti – ma entrambiindispensabili in un sistema democratico.Il confronto con la base degli elettori suicontenuti dell’azione politica da svolgere èfondamentale per qualsiasi partito; manelle democrazie moderne, i singolicandidati vengono spesso sostenuti dagruppi d’interesse organizzati cheperseguono obiettivi di tipo corporativo, ospesso legati ad una circoscritta categoriaprofessionale. A questi interessi vengonoquindi subordinate le scelte chiave delprogramma politico (in particolare quelleche comportano l’allocazione difinanziamenti e risorse economicheimportanti), e ciò inficia il dibattitodemocratico. I cittadini non hanno di fattoalcun potere di influenzare il programmadel loro candidato, che possono solopromuovere o bocciare in toto nel segretodell’urna. A sua volta, il candidato ha lemani legate: il suo compito è “canalizzare”il consenso degli elettori verso unpacchetto di scelte prestabilite, che gligarantiscono l’appoggio delle lobbiesnella competizione elettorale. Questa logica perversa del “prendere olasciare” è in buona parte all’originedell’attuale disaffezione dei cittadini versola politica e della continua riduzione delnumero dei votanti. La sensazione che “igiochi si fanno altrove” – e spesso allespalle dei cittadini, dalle cui taschevengono prelevate le risorse da allocare –si fa particolarmente forte, per esempio,pensando alle prossime elezioni per ilsindaco di Milano, che sarà chiamato agestire il colossale business dell’Expo2015.

Un programma scritto dagli elettori“Wikidemocracy” si presentava come “unprogetto collaborativo e democratico per

!

PARTITI SUL WEB... MAI ARRIVATI

di Fabio MagrinoDirettore responsabile

Wikidemocracy e Openpolis: due esperienze a confronto, per avvicinare la politica ai cittadini della rete.

Nelcomplesso, non si puòdire che in Italia lacomunicazione politicaonline abbia

conquistato molti sostenitori. Fra ifrequentatori del web e i partiti politici“tradizionali” permane un atteggiamento,fortemente radicato, di reciprocadiffidenza. La Rete viene percepita comeun luogo di protesta e di polemica (Grilloinsegna) più che di dialogo e pacatoconfronto di opinioni. E anche se nonmancano i politici che lanciano nuovi blogal momento della campagna elettorale –salvo poi dimenticarsene il giorno dopo gliscrutini – la tendenza più diffusa è quelladi ricorrere al web come a una vetrina sucui duplicare contenuti di solito pensati ecostruiti su misura per altri media.Non c’è dubbio che per un personaggiopolitico l’intervista stampata el’apparizione in Tv rappresentino ancoroggi i mezzi più rassicuranti, perchémassimizzano l’esposizione mediaticaminimizzando i rischi di brutte figure(nonostante che alcuni talk show televisivisiano diventati ultimamente teatro diaccesi diverbi e liti). Tuttavia, per ilpubblico degli elettori la politica in Tvgenera un effetto paradossale: anzichépromuovere la partecipazione informataalle scelte democratiche, il piccoloschermo diventa lo strumento perallontanarli dai luoghi veri di dibattito ed’incontro (circoli, piazze, raduni,manifestazioni), relegandoli nel salotto dicasa propria ad un ruolo passivo direcettori di propaganda via antenna.Non mancano però sul web alcune(sporadiche) iniziative interessanti che sipropongono di incentivare lapartecipazione e l’interesse dei cittadiniper il dibattito politico. Una di queste,lanciata nel 2008 è “Wikidemocracy”, cheaveva lo scopo di raccogliere utiliindicazioni o suggerimenti per laredazione dei programmi elettorali e/o losviluppo dell’azione politica, anche locale.Altri progetti mirano invece a rafforzare ilpotere di vigilanza e di controllo da partedegli elettori sui loro rappresentanti. Aquesta seconda categoria – quella deicosiddetti “watchdogs” – appartiene

tecnologia che i dissidenti stannoutilizzando non è la più moderna e, anzi,spesso è obsoleta. Ciò porta aun’ulteriore necessità di ingegnarsi persuperare anche barriere tecnologichemolto forti: linee lente, connessioniinstabili, provider o internet cafè di statoche controllano il traffico, azionideliberate da parte delle autorità percreare interferenze o interruzioni di linea.Mai come in questo periodo si è vistocome la necessità aguzzi l’ingegno.Rispetto all!importanza che i nuovistrumenti tecnologici stanno avendo nelportare democrazia in paesi repressivi,molti hanno parlato di Twitter Revolution(penso all!Iran ad esempio). Non trovache questa interpretazione sia unpo!esagerata? La verità come sempre sta nel mezzo.Non è Twitter a portare le rivoluzioni. Masbaglia anche chi sottovalutal’importanza delle tecnologie in questicontesti. La rivoluzione è fatta dapersone, parole, piazze, repressione erivolta, ma mai come in questo periodostorico le tecnologie (non solo Twitter maanche YouTube e Facebook) hannopermesso una diffusione così rapidadegli accadimenti, portando anche areazioni a catena e a “passaparola”impensabili sino a dieci anni fa. A proposito di web e politica, nel librocita un passaggio di una canzone degliAfterhours Quello che non c!è. Perché inItalia la politica (sotto l!aspettolegislativo) non aiuta Internet in quantomotore di sviluppo della democrazia? Perché la classe politica italiana daquindici anni a questa parte non ha maivisto Internet come un luogo di libertà,come un “dono” da proteggere, come unsistema che può condizionare lo

sviluppo di un paese. Qualsiasiprovvedimento normativo in Italia èstato, ed è sempre, nel segno delladiffidenza, della paura del mezzo, delcontrollo, della repressione con sanzionipenali spesso sproporzionate. Nonabbiamo una politica liberale (men chemeno libertaria…) in tal senso,nonostante i proclami e gli slogan. Lapolitica italiana punta, da sempre, auccidere Internet o a controllarla, conregolamentazioni molto simili a quelleadottate in paesi con tradizioni benmeno civili delle nostre.Il nostro paese ha spinto molto neldigitale terrestre e poco, anzipochissimo, a sostegno di Internet.Conoscendo la qualità dei contenutitelevisivi nostrani non rischiamo unaumento del divario culturale rispetto aglialtri paesi? Lo rischiamo eccome. Non abbiamo unMinistero che sia espressamente eunicamente dedicato alle tecnologie eallo sviluppo tecnologico del nostropaese. Abbiamo una disattenzione neiconfronti della cultura (e non solo delnostro patrimonio culturale, ma anchenella possibilità di programmare e“remixare” cultura grazie alle nuovetecnologie) da parte dei nostri politiciche non ha eguali nel mondo. Ciòcomporta, oltre ad un analfabetismodiffuso dell’uso fruttuoso delletecnologie, anche una mancanza dicrescita, di sviluppo, di beneficio cheuna società cablata e responsabilepotrebbe sicuramente portare. "

NOTAPer saperne di più, consulta il sito webdell’autore: http://www.ziccardi.org/

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consenso, sono pubblicate anche leultime dichiarazioni dei redditi!È possibile effettuare una ricerca deipropri rappresentanti inserendo il propriocomune, oppure si può semplicementericercare i politici a seconda del ruolo chericoprono. E’ stata aperta da poco ancheuna sezione dedicata al Parlamentoitaliano che permette di vedere tantestatistiche che riguardano deputati esenatori: dai giorni d’assenza ai votiespressi (sono conteggiati anche i votiribelli, quando il parlamentare vota controil parere del proprio gruppo); si puòsapere su quanti atti ha lavorato, sipossono mettere a confronto le attività didue o più parlamentari di schieramentiopposti o della stessa provenienzageografica ma di orientamento politicodiverso. Inoltre il sito è collaborativo,organizzato sotto forma di “wiki”, dove tuttipossono partecipare inserendo notizie osegnalando e modificando eventuali datisbagliati, e la registrazione ècompletamente gratuita. "

attraverso l’adozione delle tecnologiedella comunicazione edell’informazione;

5. usare e diffondere il software libero eaperto;

6. diffondere la cultura e le pratichedell’apertura (open source, opencontent, open publishing, etc.) e deibeni comuni;

7. rispettare e promuovere la riservatezzadei dati e delle informazioni personali.

Questo sito raggruppa tutti i politici italianiin carica, circa 130mila, da quelli delParlamento europeo, a quelli della giuntacomunale di un paesino disperso. Di ognipolitico è presente la scheda personaledove vengono evidenziati, data di nascita,grado e tipo di istruzione, posizioneattualmente occupata e incarichi svoltiprecedentemente. Per i politici più“famosi” e di un certo grado di importanza(presidenti di provincia, regione e via viasalendo) sono presenti anchedichiarazioni rilasciate alla stampa e percoloro che hanno dato il proprio

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la stesura e revisione di programmipolitici”. Per ogni partito era previsto unospazio apposito in cui ciascun membropoteva discutere e apportare modifiche aiprogrammi elettorali della formazionepolitica da lui prescelta. Ideatodall’imprenditore delle telecomunicazioniStefano Quintarelli (che è stato anche unassiduo collaboratore di BELTEL), il blogha ricevuto meritati apprezzamenti maanche numerose critiche legatesoprattutto alla sua impostazione troppoallineata sul modello delle istituzionipolitiche attuali e già funzionanti; unascelta che Vittorio Zambardino ha definito“partitocratica”, a conferma delladiffidenza che i frequentatori del webnutrono verso tutte le forma diorganizzazione del consenso di massa,politiche e non.“L’idea è accattivante”, ha scritto il blogPoliticaduepuntozero. “Peccato, però, chenon si possano inventare anche nuovipartiti, e occorra invece ispirarsi a quelligià esistenti. Il gioco sarebbe stato piùallettante, soprattutto nel Paese in cuiesistono 158 partiti, 57 milioni dicommissari tecnici della nazionale dicalcio e almeno altrettanti aspirantiPremier e Ministri…”. “Il progetto”, haobbiettato Quintarelli, “era di costruireproposte raggruppate omogeneamentedai cittadini che si riconoscono nei singolipartiti, per poi consegnarle airappresentanti di quegli stessi partiti”.Purtroppo, non sembra gli stessi politiciinterpellati fossero molto interessati aricevere i suggerimenti dei loro potenzialielettori…

Il cane da guardia sul web“Openpolis” è un sito ma anche unaAssociazione nata sulla scia di alcuniprogetti analoghi già lanciati negli Usa (trai quali OpenCongress e Congresspediasono quelli di maggior successo) , che halo scopo dichiarato di “rendere la politicapiù trasparente” mediante un “sistema didocumentazione collettiva” e dimonitoraggio accurato dell’attività politicasvolta dagli eletti. Al cittadino bastainserire il proprio Codice di AvviamentoPostale per scoprire chi sono irappresentanti eletti nelle varie sediistituzionali (dal Comune al ParlamentoEuropeo), per le diverse formazionipolitiche. Una sezione denominata “indicedi attività” permette di monitorare ilnumero di atti (interpellanze,interrogazioni, ecc.) firmati da ogniparlamentare. Così si può scoprire chi

sono i più attivi e quali, invece, i piùfannulloni.L’Associazione – costituita il 24 luglio 2008con sede a Roma in Via Luigi Montuori n.5– si definisce nel suo Statuto“indipendente, apartitica, aconfessionalee senza fini di lucro” e sostiene che“intende usare le tecnologie e la rete perfavorire la trasparenza pubblica e lapartecipazione delle persone al controllodelle scelte di interesse collettivo”. I suoiobiettivi dichiarati sono:1. promuovere il diritto di accesso ai dati e

alle informazioni di interesse collettivoperché siano effettivamente pubblici, adisposizione di chiunque senzalimitazioni;

2. favorire la partecipazione diretta el’intervento di persone e gruppi alledecisioni pubbliche;

3. favorire la comunicazione e le relazionitra rappresentanti nelle istituzioni e icittadini;

4. promuovere l’innovazione delleamministrazioni pubbliche in particolare

Statistiche utenti del sito “Openpolis”(aggiornato al 21 febbraio 2011).

Registrati: 14902 Moderatori: 10 Attivi nell'ultimo mese: 69 Regioni con più utenti:Lombardia (2187), Lazio (1828), Veneto (1305), Piemonte (1251), Emilia Romagna (1219).Province con più utenti:Roma (1478), Milano (841), Torino (712),Napoli (570), Firenze (361).Comuni con più utenti: Roma (1186), Milano (512), Torino (357),Napoli (262), Bologna (222).

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Questo articolo di Sam GrahamFelsen è tratto da “MedideaReview/09”, rivista trimestrale online dipolitica, cultura, società, economia edidee per il Mediterraneo.

Nonavevo esperienzapolitica prima diunirmi allacampagna

elettorale di Obama. Ho iniziato la miacarriera da giornalista dopo l’università,cominciando a lavorare per una rivistachiamata The Nation, dove mi occupavoprincipalmente di politica studentesca. InAmerica non c’è una grande tradizione diprotesta e impegno politico studentescocome in Europa. Infatti, nel 2006, mi recaiin un campus universitario per seguire leelezioni e quasi tutti gli studenti intervistatinon sapevano neanche che ci fosseun’elezione quel giorno ed erano leelezioni di medio termine, che sono moltoimportanti. Un anno dopo notai che ungruppo su Facebook aveva raggiuntocirca 250mila membri in un paio disettimane. Il gruppo in più rapida crescitanella storia di Facebook. Questo grupposollecitava Barack Obama a candidarsialle presidenziali. Obama non avevaancora ufficializzato la propriacandidatura ma già 250mila giovani eranopronti a sostenerlo, se si fosse candidato.Il movimento pro Obama e l’entusiasmotra i giovani erano qualcosa di reale e sene seguivano con attenzione gli sviluppi.Così ho iniziato a occuparmi di ciò chestava succedendo nel movimento proObama e, infine, ho deciso che ne avreifatto parte attivamente piuttosto chelimitarmi a seguirne gli sviluppipassivamente. Presi quindi parte allacampagna. Il motivo per il quale fuiassunto era in qualche modo correlato alfatto che non avessi alcuna esperienzapolitica, di comunicazione o di relazionipubbliche. Avevo una qualche esperienzanel “raccontare storie” e il mio capovoleva che raccontassi la storia delmovimento che si stava formando intorno

spirito che Obama aveva nei quartieripoveri di Chicago. L’obiettivo eracoinvolgerli in prima persona nellacampagna elettorale, fare in modo chefossero loro per primi nei propri quartieri areclutare amici e vicini di casa e aconvincerli ad attivarsi per ilcambiamento. Ciò è stato moltoimportante tanto sul blog quanto in tutti inostri video su YouTube. C’è una foto cheho scattato in un giardino e che mi piaceper il semplice fatto che Obama stamangiando un hot dog e chiacchieraamichevolmente con delle persone.Sembra una persona comune e questo haattirato tante persone. Non parlava perluoghi comuni, non parlava quel tipo dilinguaggio politico che la gente erastanca di sentire, soprattutto dopo ottoanni di George W. Bush, quando lepersone erano consapevoli del fatto checi si rivolgesse loro come ci si sarebberivolti a dei bambini. Obama parlava alle

a Barack Obama. È stato fondamentaleper noi fin dal primo momento dimostrareche questa campagna era diversa che,invece di essere incentrata su un eroeche avrebbe cambiato l’America e la vitadi tutti, era incentrata sulla gente comunedi tutto il paese che sentiva come propriala campagna. Il nostro motto per lacampagna era: “In questa campagna chiconta sei tu”. Naturalmente Obama era uncandidato straordinario e sapevamodall’inizio che avrebbe attirato tantoentusiasmo e vivacità. Anche HillaryClinton era un candidato straordinario.Aveva le carte in regola per diventare ilprimo presidente donna e forse avràquesta soddisfazione un giorno. Ladifferenza tra la nostra campagna e la suaconsisteva nel fatto che noi non abbiamomai detto “guarda quant’è grandeObama!”. Noi dicevamo “guarda quantotu sei grande, quanto tu puoi essereimportante!”. Eravamo consapevoli diessere in grado di riunire folle imponenti ela nostra strategia, incentrata su questotipo di attivismo, si è dimostrata vincente.Ci sono molti candidati in grado dientusiasmare con discorsi travolgenti, mac’è una grande differenza tral’entusiasmare le persone e fare in modoche queste si organizzino. Il nostroobiettivo era proprio quello diorganizzarle. Abbiamo tratto ispirazionedal fatto che Barack Obama ha iniziato lapropria carriera politica non nelle stanzedel potere, ma per le strade dei quartieripiù poveri di Chicago, che sono tra i piùpoveri d’America. Ha organizzato e riunitopersone senza potere dicendogli“quando la gente comune come voi siunisce, si possono realizzare cosestraordinarie”. Ha fatto in modo chequeste persone spingessero il propriogoverno verso il cambiamento. Ci siamoispirati a questa storia. Il nostro obiettivoera far capire ai nostri sostenitori chequesta non era “la campagna di Obama”,ma la campagna di tutti coloro che,attraverso il proprio impegno, sarebberodiventati tanti piccoli Obamaorganizzando le comunità con lo stesso

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LA MIGLIOR TECNOLOGIA È BUSSARE ALLA PORTA

di Sam Graham FelsenGiornalista, direttore blog della campagna presidenziale di Barack Obama nel 2008

“Non è la tecnologia a fare la differenzama come la gente la utilizza”. L!ex blogger di Obama racconta la sua esperienza durante la campagna per le presidenziali Usa.

persone da adulti. È stato moltoimportante per me fare in modo che tuttoil contenuto della campagna avesse unospirito di autenticità. Giacché avevamo uncandidato autentico e reale, non era ilcaso di sminuire il nostro spirito diautenticità con una propaganda televisivafalsa e sciocca e con un linguaggioretorico sul nostro sito. Ci siamo riuscitisemplicemente raccontando le storie deinostri sostenitori. Ho scritto migliaia diarticoli sul blog e in molti di questineanche si menzionava Obama. Uno deiprimi articoli che ho scritto riguardava unpadre di famiglia, che finalmente sentivadi poter dire a sua figlia che da grandesarebbe potuta diventare ciò che avrebbevoluto. Prima della candidatura di Obamasentiva che ciò sarebbe stata una bugia,perché negli Stati Uniti una persona dicolore non avrebbe mai avutorealisticamente la possibilità di diventarepresidente. Ci siamo sentiti ispirati da

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questa storia e l’abbiamo inviata ai nostrisostenitori. Abbiamo poi scoperto cheogni volta che raccontavamo questastoria, ricevevamo centinaia se nonmigliaia di nuove storie simili, creandouna sorta di effetto a catena. Abbiamocollezionato migliaia di storie diverse. Se,ad esempio, leggete il blog del BostonGlobe che seguiva entrambi i blog dellecampagne elettorali, noterete che il blogdi John McCain era in gran parteincentrato su attacchi maliziosi a Obamae sul suo legame con personemalvagie di sinistra. Il blog di Obamaparlava certamente di Obama, maanche del cambiamento futuro,di donazioni – naturalmenteavevamo anche bisogno delsostegno delle persone –. Lacosa più importante era che ilblog di Obama era incentratosui nostri sostenitori, di cuiraccoglievamo le storiepersonali. La campagna diJohn McCain è statainteramente incentrata sucontinui attacchi a Obama. Lanostra campagna, invece, hafatto leva sull’impegnopersonale dei nostrisostenitori. Abbiamopubblicato oltre2mila video suYouTube: circacinque volte ilnumero divideopubblicati inqualsiasi altracampagna, per untotale di un miliardo diminuti di contenuti video.Abbiamo confutato con ifatti l’idea che le personeprestano poca attenzione ai messaggivideo su Internet e che sono disposte aguardare solo video molto brevi, magaridi gattini che giocano con una palla ocose simili. Al contrario, le persone hannovoglia di contenuti autentici e importanti esono ben disposte a sedersi davanti alcomputer per guardare un video anchelungo. Il nostro video di maggiorsuccesso è stato un discorso di bentrentasette minuti di Obama sui rapportirazziali, non esattamente un argomentofacile al quale prestare attenzione.A oggi più di dieci milioni di personehanno visto quel video. I mediatradizionali si concentrano in gran partesui messaggi televisivi, come dimostratosoprattutto in un paese come l’Italia dovela pubblicità in televisione ha un impattoenorme. I nuovi media si concentranosulla creazione di video online. La grandedifferenza è che realizzare pubblicitàcosta milioni e ne servono altrettanti pertrasmetterle. I video online invece sonogratuiti. YouTube è gratuito. Con unavideocamera, che oggi è possibileacquistare con meno di cinquanta dollari,è possibile creare un video e pubblicarloonline. In tal modo abbiamo creato unmiliardo di minuti di video praticamente acosto zero. La cosa più interessanteriguardo alla creazione di tanti tipi diversidi video è che abbiamo creato video pertutti i tipi di circoscrizione, in modo dapoter creare una connessione personalecon l’elettore. C’era anche un video

d’italo-americani in favore di Obama, peresempio, e quando le persone loguardavano si sentivano di dire “questovideo parla anche di me!” e quindipotevano decidere di condividerlo con ipropri amici, familiari e persone di cui sifidavano. Pensate quant’è più belloricevere un video da qualcuno che tipiace o di cui hai fiducia piuttosto cheessere interrotti dalla pubblicità mentrestai cercando di guardare American Idol

o il tuo programma preferito in Tv.Personalmente, penso sia molto piùpotente il messaggio di un video ricevutoda qualcuno di cui si ha fiducia o stima.Oggi le campagne elettorali investonoancora la quasi totalità del propriobudget, circa il 90 per cento, inpubblicità televisive. Tuttavia, è evidenteche il rapporto tra le risorse investite nellecampagne televisive e quelle su internetsi sposterà molto a favore di quest’ultimonei prossimi anni. Le campagnetradizionali si concentrano molto sullaposta cartacea. Ancora una volta, sonosicuro che a nessuno piaccia ricevereposta indesiderata a casa. Di solito, tuttaquesta carta va dritta nel camino e ha untasso di risposta molto basso. Un’emailha un tasso di risposta molto più elevatoe, per di più, è possibile condurreindagini complesse in poche ore. Alcontrario, per capire quale tra duemessaggi inviati per posta sia piùefficace possono essere necessari mesi. I media tradizionali fanno affidamento suicomunicati stampa e a nessuno piaceleggere i comunicati stampa, neanche aigiornalisti. I nuovi media invece fannoaffidamento sui blog. Vi ricordo che sonostato assunto senza alcuna esperienzapolitica o di comunicazione. L’unicomotivo per il quale sono stato assunto èstata la mia capacità di esprimermi in unlinguaggio semplice, colloquiale, in modoche i nostri sostenitori ci ascoltassero.Questa è la differenza. In generale, i

media tradizionali sono uno strumentodi comunicazione unidirezionale. Nonfanno altro che dire “questo è il miomessaggio, prendere o lasciare”. Inuovi media, invece, si basano su unmeccanismo di comunicazionebidirezionale: “Questo è ciò che penso,ora voglio sapere cosa ne pensi tu;queste sono le mie idee per risolvere lacrisi sanitaria, ora voglio sentire le tue”.Le comunicazioni tradizionali fanno

affidamento sulla stampa.L’obiettivo è fare inmodo che il New YorkTimes o l’AssociatedPress scrivanoqualcosa di positivosul vostro

candidato e,ovviamente,

fare in

modo chequelle storie positiveescano sui giornali e inseguito in Tv perconquistare quellapiccola fetta di elettoratoancora indecisa. In America, ma noncredo sia molto diverso qui, ci sono moltepersone di sinistra, molte di destra e,infine, una percentuale di circa il 20-25per cento che è indecisa. Il mio compitonon era parlare ai media o cercare diconvincere quel 25 per cento d’indecisi.Non era quello il mio lavoro. Il miocompito era fare in modo che chi giàapprezzava Obama lo stimasse ancora dipiù; e chi già ammirava Obama siimpegnasse in prima persona a reclutarei propri amici nella campagna, magaririuscendo anche a convincere la proprianonna, che poteva non avere la più vagaidea di chi fosse Obama, a votare per lui.Questa è la differenza. Abbiamo costruitoun rapporto vero con i nostri sostenitori.Abbiamo dato alle persone dei compitireali, non abbiamo sprecato il loro tempo.Abbiamo certo dovuto fare telefonate,bussare alle porte, organizzare feste incasa... ma alla fine siamo riusciti a fare lastoria. Penso sia importante rendersiconto che negli Stati Uniti – o in Italia –nessuna coalizione occupa unaposizione di monopolio su Internet. Ciòche conta è quale partito o coalizione nesfrutti al meglio le potenzialità.

È importante rendersi conto che quandosi mobilitano le persone, quando sirispettano e si dà loro potere ci sono deigrandi benefici. Ci sono tanti nuovistrumenti che possono essere preziosiper le future elezioni, strumenti, adesempio, che permettono alle persone difare donazioni direttamente dal proprioiPhone. L’iPad e l’iPhone sono strumenticon un potenziale straordinario e chepermettono alle persone di fare ladifferenza in una campagna elettorale,indipendentemente da dove si trovino. In passato era necessario andare dipersona in un ufficio elettorale, ora si puòfare la differenza anche mentre si aspettaun taxi. Tuttavia, lo strumento più efficace per ilfuturo – e forse anche il più antico – èancora quello di bussare alle porte,incontrare le persone faccia a faccia,creando un legame tra persone reali e lamigliore tecnologia è farlo. "

NOTAA proposito di…Il sito web dell’autore è consultabileall’indirizzo internet:http://www.samgf.org/

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PPuubblliisshhiinngg ffrraa ccaarrttaa ee ddiiggiittaalleeDopo il successo dell’iPad e con molti altri tablet in arrivo, si prevede una rapidamigrazione dell’editoria verso contenuti digitali. Come cambierà l’editoria libraria tralibri interattivi con rich media content e weblinks? Quale scenario per quotidiani eperiodici? E come evolveranno le esperienze dei consumatori?

AApppplliiccaattiioonn ssttoorreess ee ssooffttwwaarree oonn ddeemmaannddProsegue il boom di vendite per i mobile application stores: iTunes di Apple offre ben151mila applicazioni; Google Android Market 19mila (57% free); Nokia Ovi Store 6milae BlackBerry App World 5mila. Ogni mese l’offerta di Apple si arricchisce di ben13mila nuove applicazioni. E fra le aziende cresce l’impiego di software on demand.Con quali ripercussioni sul business del’IT?

CClloouudd CCoommppuuttiinngg ee vviirrttuuaalliizzzzaazziioonneeNel 2010 è salita a 110 milioni di euro la spesa per il cloud computing e 77 milionisono stati investiti in Software as a Service (SaaS), mentre il 35% delle aziende haprogetti di desktop virtualization. Quali sono oggi i modelli di offerta, e quali i servizicloud più richiesti dalle aziende italiane? Come garantirsi sempre la governance delservizio erogato? Quali le reali garanzie di efficientamento dei costi?

ee--ssttoorree,, ee--aaddvveerrttiissiinngg,, ee--mmaarrkkeettiinngg,, ee--ppaayymmeennttssSu Internet i consumatori guardano annunci e vetrine, scelgono i prodotti econfrontano i prezzi… ma comprano ancora troppo poco!

Quali sono gli ostacoli principali alla diffusione dell’e-commerce in Italia? Reteinaffidabile? Transazioni complicate? Scarsa trasparenza? Mancanza di fiducia deiconsumatori nelle soluzioni di pagamento online? E quali nuove iniziative (e investimenti) sono in arrivo?

CCrroowwddssoouurrcciinngg,, ccrroowwddmmaarrkkeettiinngg && lleeggaall iissssuueessMarketing non convenzionale, viral marketing e crowdmarketing: sono strumenti chefanno discutere perché possono rappresentare un pericolo per la privacy, einfluenzare in modo determinante lo sviluppo dei social networks come Facebook. Ilcrowdsourcing - o progettazione distribuita - presenta invece profili delicati per leaziende. Come tutelarsi contro le potenziali minacce, senza perdere terreno rispetto aiconcorrenti?

SSuuppeerrffaasstt ffiissssaa ee mmoobbiilleeIl 10% dei naviganti fa spese online tramite smartphone e il 20% è pronto a farlo abreve. Gli operatori dovranno investire nell’upgrade delle reti mobili, per poter gestiresmartphone e laptop always-on. Quali servizi stanno trainando la crescita del Mobile in Italia? Quali le innovazioni più performanti? Dal Mobile Marketing al Mobile Advertising:ecosistema e player a confronto

A R G O M E N T I D E I P R O S S I M I N U M E R I

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NNuuoovvoo ssiittoo ccoonn dduuee aanniimmee,,

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