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Anno LIV- N. 160luglio settembre

N. 3 - 2012Vita somascaPeriodico trimestrale dei Padri Somaschi

Vita somascaPeriodico trimestrale dei Padri Somaschi

Dossier

Amelia: città di dottrina e spiritualità

Nel mondo somasco

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Editoriale

Colore somasco 3Cari amici

Nati in carcere e cresciuti in strada 4Report

Dal Giubileo Somasco all’Anno della Fede 10Report 2

“I magnifici dieci” 12Ite Missa est

Cuore di bullo 14Dentro di me

La regola conferma l’eccezione 15

Dossier

Amelia Città di dottrina e spiritualità 16

Vita e missione 1

In casa nostra 34Vita e missione 2

50 anni di professione religiosa 36Vita e missione 3

San Girolamo e santa Benedetta 38Vita e missione 4

XXXIII Capitolo generale 40Spazio famiglia

Una iniezione che non punge 41Riflettereper ricordare

Fede e politica 42Flash da...

Eventi somaschi 44In memoria

Ricordiamoli 45Recensioni

Letti per voi 46

Anno LIV - N. 160luglio settembre

N. 3 - 2012Periodico trimestrale dei Padri Somaschi

Direttore editorialep. Mario Ronchetti

Direttore responsabileMarco Nebbiai

Hanno collaboratop. Franco Moscone, Luigi Vismara,Enrico Viganò,p. Giuseppe Oddone,p. Augusto Bussi Roncalini,p. Michele Marongiu, sr. Giovanna Serra, Matteo Lo Presti,p. Renato Ciocca, p. Mario Ronchetti, p. Luigi Amigoni,Marco Nebbiai.

FotografieArchivio Vita somasca,p. Renato Ciocca, Luigi Vismara,Internet

StampaArti Grafiche La ModernaVia di Tor Cervara, 17100155 ROMATel. 06 22796348 - 06 22796509

Abbonamentic.c.p. 42091009 intestato: Curia Gen. Padri Somaschivia Casal Morena, 8 - 00118 Roma

Autorizzazione Tribunale di Velletri n. 14 del 08.06.2006

Vita somasca viene inviata agli ex alunni, agli amici delle opere dei Padri Somaschi e a quanti esprimono il desiderio di riceverla. Un grazie a chi contribuisce alle spese per la pubblicazione o aiuta le opere somasche nel mondo.Vita somasca è anche nel web:[email protected]

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SommarioSommario

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EditorialeEditoriale

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luglio settembre 2012 Vita somasca

Nei mesi di marzo-aprile di quest’anno, ho avutol'opportunità, tramite l'amico p. Mario Ronchetti, divisitare le missioni somasche in Colombia ed Ecuador. È stata un'esperienza bellissima quella di conoscerepersone e luoghi di cui p. Mario mi ha reso partecipesin dal 1976, anno in cui ha iniziato il suo apostolatoin Colombia. Da quel momento, nella nostra Parroc-chia di Intimiano (Como), è sorto il "Gruppo amici dip. Mario" che tuttora sostiene, anche se modestamen-te, queste missioni. Nel corso del viaggio in questi Paesi, dai grandi con-trasti, dove la povertà condiziona la vita di moltissimepersone, sono rimasto favorevolmente impressionatodal fatto che, nonostante tutto, la gente è amabilissi-ma, ospitale, non rassegnata anzi piena di speranza efiducia. Tutte le comunità Somasche hanno al centro del loroapostolato l'attenzione ai minori; i progetti educativisono coordinati dai Religiosi e dalle Suore con l'aiutodi educatori, insegnanti, psicologi, medici, nutrizioni-sti e molti laici. Stupende le esperienze delle case-famiglia, dove geni-tori, oltre ai loro figli naturali, accudiscono ed educa-no amorevolmente parecchi altri bambini. Grande è il lavoro degli educatori, che condividono coni ragazzi il loro cammino di crescita, cercando di do-nare amore, fiducia in loro stessi e prospettive per ilfuturo, così da lenire le grandi ferite causate da espe-rienze familiari e sociali molto devastanti. Tante sono le persone incontrate che con amore, com-petenza e dedizione svolgono il loro apostolato, da Bo-gotà a Medellin, da Tunja a Bucaramanga a Pasto aGuayaquil: parlare di tutte è impossibile. Per questo, vorrei citarne una che mi ha particolar-mente commosso. Margherita, una mamma che lavora a "El Tablazo" diRionegro (Colombia), accoglie i bambini al rientro del-la scuola, li assiste durante il pranzo, li segue nella ri-creazione e quando svolgono i compiti, sta con loro du-rante la cena sino al momento di coricarsi. Tutto normale per un educatore, ma, credete, le amo-revoli cure, la pazienza, le attenzioni con cui fa tuttoquesto lasciano trasparire il "colore somasco".Alla conclusione del Giubileo Somasco, il carisma disan Girolamo traspare nelle comunità già attive, ed è

sempre presente quando si progettano quelle nuoveche sorgeranno in aree di profonda emarginazione epovertà, con un'attenzione particolare agli ultimi, so-prattutto ai poveri ed ai piccoli più vulnerabili e biso-gnosi di accoglienza, affetto e protezione.Rivivo le emozioni provate durante le visite ai vari bar-rios, dove la miseria estrema non toglie dignità allepersone che, sorrette dalla fede, cercano di costruireun futuro migliore. "Dios te bendiga” (Dio ti benedica), è stato il saluto piùbello che spesso mi veniva rivolto! "Amare senza voler troppo capire, senza farsi trop-pe domande, senza paura di esagerare...”. Questo è ciò che rimarrà per sempre nel mio cuore.

Luigi Vismara

Coloresomasco

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Cari amiciCari amici

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p. Franco Moscone crs

Nati in carcere e cresciuti in strada

Il dono di grazia del Giubileo somasco, che sta per chiudersi, ci deve reintegrare in una vita cristiana unificata attorno a quel preciso itinerario di santità percorso dal Miani e trasmesso a noi come eredità. Solo in una vita unificata dalla santità riusciremo, come ha dimostrato san Girolamo, a confidare in Dio come se tutto dipenda da Lui e, al tempo stesso, impegnarci generosamente nelle opere di Cristo come se tutto dipenda da noi.Riprendo il tema, già trattato, della santità somasca, integrandolo con due nuovi scatti fotografici sulle immagini che ci hanno accompagnato in quest’anno:

il carcere e la strada. Colgo le due immagini dalla prospettiva dell’operare,o della attuazione della missione, dopo averle presentate come elementi della spiritualità. La necessità di partire da un’altra angolatura per scattare nuovamente due fotografie ci rimanda all’affermazione evangelica di Giovanni “il Padre mio opera, ed anch’io opero”.Con questo si intende riconoscere il fondamento cristologico dell’attività apostolica illuminata dal nostro carisma che si presenta nella Chiesa come servizio a Cristo nei poveri. Inoltre, credo si tratti anche della prospettiva più consona per crescere nella comunione dentro la Famiglia somasca, nella quale convergono vocazioni diverse: quella religiosa e quella laicale. Il comune riferimento ai poveri di Cristo da servire permette discoprire la personale chiamata alla santità, in corrispondenzacon la propria vocazione, e ci rende nel mondo affamati ed assetati di giustizia ed operatori di pace. Operare nella comunione ecclesiale, fondati su Cristo, a beneficio dei suoi poveri rende il nostro percorso di santità veramente maturo: il Signore ci darà carità perfetta, umiltà profonda e pazienza per amore di Dio.Scatto nuovamente due fotografie al carcere ed alla strada di Girolamo, cercando di guardare nell’obiettivo con i suoi occhi.Sono gli occhi bagnati dalle lacrime, come appaiono nell’ultima lettera, ed attenti ai bisogni ed al cuore dei fratelli come ce li presenta l’amico biografo.

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Tutta l’iconografia, che per secoli ha ri-tratto il nostro Fondatore reso più libe-ro dall’esperienza del carcere, conservasempre i simboli delle catene e dei cep-pi. Se ci fossero dubbi sulla identità delpersonaggio rappresentato, la presenzadi questi due elementi ci riporterebbecon certezza al patrizio veneto miraco-losamente liberato dalla Vergine, comeraccontato nel IV libro dei Miracoli del-la Madonna Grande di Treviso. Però, nel messaggio scaturito dall’ico-nografia, ceppi, manette e catene han-no assunto un significato ben diverso da

quello originale, per cui sono state co-struite: non sono più i segni della scon-fitta e della prigionia, ma del ringrazia-mento per la libertà riavuta in dono.Dio, non la Repubblica Veneta, in Cri-sto ha pagato il riscatto della liberazio-ne di Girolamo! E Dio, lo possiamo af-fermare senza ombra di dubbio, conti-nua a pagare il riscatto della liberazio-ne di ogni uomo, lacerato dalle più di-verse ferite, colpito nella dignità e pri-vato di futuro. Per noi, figli del Miani,ceppi e catene sono segni di vittoria, so-no il richiamo all’atto di fede da rinno-

1ª istantanea

Nati in

CARCERE

operare

le opere

del Signore

su noi stessi

perché

il Crocifisso

voglia aprire

gli occhi

della nostra

cecità,

domandandogli

misericordia

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Cari amiciCari amici

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vare continuamente; ci rimandano al-l’unico necessario: nostro fine è Dio, fon-te di ogni bene, in Lui solo e non in al-tri dobbiamo confidare… il benigno no-stro Signore ci ha messo alla prova peraccrescere la fede ed esaudire l’orazio-ne santa. Finché camminiamo su que-sta terra la vittoria non è mai consegui-ta una volta per sempre: si è continua-mente in situazione di combattimento. Girolamo ne era cosciente e per questoha continuato a presentarsi come nuo-vo soldato di Cristo ed a guardare a Luicome suo Capitano e, per il medesimomotivo, la Congregazione ai suoi iniziapplicava a sé l’immagine della milizia. Così, ceppi e catene sono anche i segnidi ferite: ferite rimarginate, guarite, mapur sempre visibili nelle cicatrici rima-ste. In ogni periodo della vita e ovunqueandiamo, portiamo con noi i segni del-le nostre prigionie passate e scorgiamoi rischi di quelle possibili e pur semprein agguato.Tralasciando di considerare le ferite chepossiamo subire nella vita di servizio aipoveri o nell’apostolato, vorrei eviden-ziare quelle più facili da procurare e pro-curarci: le lacerazioni relative alle rela-zioni quotidiane, quelle che provengo-no dallo stare insieme nella vita di co-munità o di famiglia, quelle legate agliambienti di tutti i giorni, dai luoghi dilavoro a quelli di riposo e di amicizia.Apparentemente si tratta di ferite menopericolose; ma per chi è chiamato ad es-sere discepolo di Cristo, a riformare ilpopolo cristiano a quello stato di san-tità che fu al tempo degli apostoli… arestaurare il modello della sua santachiesa dei primi tempi, sono le più dif-ficili da curare, quelle che continuamen-te rischiano di riaprirsi rendendo così lanostra devozione non trasparente, il no-stro lavoro poco efficace e pesante e so-prattutto la carità falsa ed inutile. È per questo che Girolamo, nelle sue let-tere, continuamente richiama ad essereattenti a tali relazioni, a curare atteggia-mento e sguardo in modo particolareverso i fratelli della Compagnia.

Riporto, quasi per intero, due passaggidalla terza e sesta lettera che ben espri-mono il richiamo del nostro Fondatorea curare le ferite sempre possibili nellerelazioni quotidiane tra fratelli: ovvia-mente è la seconda frase del suo testa-mento quella sempre maggiormente arischio! Ecco la cura dell’atteggiamentoverso i fratelli: “Deve essere nostro im-pegno sopportare il prossimo, scusar-lo dentro di noi, pregare per lui, trova-re il tempo di parlargli usando parolepiene di mansuetudine e di carità cri-stiana… ed evitare di comportarci inmodo contrario, come mormorare, de-nigrare, corrucciarsi, spazientirsi, di-re: - non sono un santo io; sono com-portamenti intollerabili; è gente che nonsa controllarsi - ; e così perdere il me-rito della buona azione, scaricando su-gli altri la responsabilità”.Ecco le domande per correggere losguardo: “Come possono presumere diadempiere tali impegni senza carità,senza umiltà di cuore, senza sopporta-re il prossimo, senza procurare la sal-vezza del peccatore e pregare per que-sto scopo, senza mortificazione, senzaeffettiva povertà e prudente castità,senza obbedienza e osservanza dellenorme in uso? Vivranno dunque da ipo-criti ed ostinati? Perciò non so dir altrose non pregarli per le piaghe di Cristoad essere pieni di umiltà, carità, sensi-bilità spirituale; a essere pronti a sop-portarsi l’un l’altro; ad obbedire e ri-spettare le sante norme cristiane; ad es-sere mansueti e benigni con tutti, spe-cialmente con quelli di casa”.La cura prescrittaci dal Fondatore el’attenzione allo sguardo amorevole e ca-ritatevole verso quelli di casa non ci eso-nereranno dal portare sempre con noicatene e ceppi. Ma questi, come è statoper Lui e, prima, per Paolo ed Ignazio diAntiochia, saranno il segno che siamostati insigniti di un’altissima onorifi-cenza, cioè delle catene di Cristo che por-tiamo ovunque con noi; ed allora nonci diremmo solo cristiani o somaschi,ma lo saremo veramente!

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2ª istantanea

luglio settembre 2012 Vita somasca

Usciti dalle strettoie deinostri carceri personali ecomunitari, ci incammi-niamo sulla strada perimpegnarci nella libera-zione dei nostri fratelli piùpiccoli e abbandonati: ipoveri di Cristo. La strada dalla notte del27 settembre 1511 a quel-la tra il 7 e l’8 febbraio1537 è indubbiamente ilpalcoscenico dell’essere edell’operare di san Giro-lamo. È la strada il luogodegli incontri e delle de-cisioni che gli hanno cam-

biato la vita. È scendendo in strada,dopo aver abbandonato ilsuo palazzo, dove si è fat-to povero, dove ha servi-to i poveri, dove ha segui-to il Crocifisso.Nel 1972, il Card. Miche-le Pellegrino, nella catte-drale di Torino, al termi-ne dell’ordinazione sacer-dotale, disse a don LuigiCiotti “la tua parrocchiasarà la strada”. Un programma operativoche per noi Somaschi nonha nulla di nuovo o pro-

fetico. Questa affermazio-ne, piuttosto strana perquegli anni, ancora oggici permette di guardarecon profondità ed atten-zione il nostro operare intutti i possibili settori del-la nostra missione apo-stolica. Se l’etimologia del termi-ne parrocchia ci rimandaal greco para-oikia, cheva tradotto casa accanto-vicino-attorno alle case,allora ci possiamo do-mandare: che cosa sta ac-canto o vicino o attorno

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Cresciuti in STRADA operare

le opere

del Signore

a beneficio

dei fratelli

più piccoli

con i quali

intendiamo

vivere

e morire

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Cari amiciCari amici

ad ogni casa?Che cosa collega le case tra loro renden-dole villaggio e città? La risposta è evi-dente: ciò che sta accanto alle case col-legandole tra loro è la strada!Mi viene allora da affermare che la tra-duzione somasca del termine parrocchiapossa essere strada: la strada è la no-stra parrocchia, a noi tocca, in qualsia-si campo operiamo, essere costruttori distrade tra le case.In altre parole, ci tocca essere esperti direlazioni e comunicazioni per coloro chehanno perso la sicurezza delle loro casedanneggiate o perché non sono state of-ferte loro occasioni per costruire rela-zioni stabili e sicure. Costruendo strade (= relazioni maturee permanenti) daremo case a chi non leha, metteremo le case in relazione traloro e costruiremo città. Quelle costruite dal nostro impegno apo-stolico saranno città poste sul monte, so-stenute dalla forza ed eloquenza del Van-gelo, saranno rocca stabile, contribui-ranno alla solidità della società ed allariforma della Chiesa: allora sì che si po-trà dire che abbiamo fatto parrocchia.Un discorso equivalente può essere ri-ferito ad un secondo impegno legato al-la missione somasca: educare.Educare non significa imporre (comeha inteso una certa pedagogia deviatadel XX secolo), ma esattamente il con-trario! Educare, da e-ducere, significa“tirare fuori e mettere per strada per-mettendo di camminare”: educare è ilverbo della libertà! Educare è l’esperienza di Girolamo “ti-rato fuori” dal carcere e “condotto” sul-la strada di Treviso la notte tra il 27 e28 settembre 1511. Educare è l’esempio di vita di Girolamosempre per stradaa “raccogliere” ed “ac-cogliere” chi non aveva libertà o gli ve-niva negata. Educare è, come Girolamo, saper guar-dare al futuro da qualsiasi situazione li-mite o estrema, che sia il carcere a cuiera costretto da Mercurio Bua, o il lettodi morte in casa degli Ondei.

Sì, educare è aver fatto i propri patticon Cristo; educare è poter dire sempre,a tutti ed ovunque con la forza della pro-pria testimonianza di vita che c’è spe-ranza per la tua discendenza, che il Si-gnore crea una cosa nuova sulla terra.Infine è per strada dove Girolamo in-contra e riconosce il suo caro Maestroe Capitano Cristo. E per strada Cristo si presenta a Giro-lamo con due volti.Il primo volto è quello di Cristo che por-ta la Croce e che il Servo dei Poveri in-tende seguire e servire disprezzando ilmondo.È il volto più evidente ed eloquente delnostro benignissimo Signore: questovolto dobbiamo contemplare con amo-re perché, da Lui affascinati, possiamoscoprirlo e curarlo nei nostri fratelli sfi-gurati nel volto. Il secondo volto è quello del Cristo Ri-sorto e Pellegrino. È il Cristo di Emmaus, che si accosta anoi quando fa sera, quando lo scenderedel buio e l’allungarsi delle ombre nerende difficile il riconoscimento. È il volto che mi rimanda alla Chiesa,che mi fa stringere al prossimo ricono-scendolo mio fratello, fratello affidato-mi da amare, per camminare insieme …perché da cristiani e discepoli è megliofare un passo assieme che due, o anchepiù, da soli.Se poi ci viene il coraggio di volgere losguardo più in basso, là dove si poggia-no i piedi per camminare, ossia alla stra-da stessa, allora scopriremo un terzo vol-to di Cristo. È il Cristo “strada, verità e vita” che edu-ca i suoi discepoli. Il Cristo-strada è quello che addirittu-ra si fa calpestare perché possiamo pro-cedere sicuri verso la meta.Così la strada, a noi figli e discepoli diGirolamo Emiliani, presenta ben tre vol-ti di Cristo: il fratello sofferente da servire, il pelle-grino anonimo a cui far spazio nel no-stro cuore, la strada che si fa calpesta-re per condurci alla meta.

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luglio settembre 2012 Vita somasca

Anche noi oggi,a distanza di cinque secoli,

possiamo essere sicuri che c’è Qualcunoche ci fa uscire dal carcere,

che ci cura le ferite e ci accompagna per strada:

è la Vergine Maria.Come ha fatto con Girolamo,

così Maria continui a fare con ognuno di noi:

ci liberi, ci conduca per mano, ci attragga a sé e ci conduca

al Suo Figlio e ai suoi figli più piccoli.

Concludo questo percorso sulla santità somasca,

invitando a volgere lo sguardo su un quadro d’inizio settecento,

conservato nella quadreria di Casa Madre a Somasca,

che ci consegna una piccola orazioncinache, per il tenore e la lunghezza,

doveva essere cara anche al Fondatore. L’orazioncina, così recita in latino:

MARIA, TRAHE NOS POST TE!

Si tratta di una rappresentazione di Maria Assunta in cielo.

A Lei volgiamo, come i giovani raffigurati in basso,

il nostro sguardo e ripetiamo in forma di giaculatoria

la breve preghiera: Maria, attiraci dietro di te!

Così sarà possibile anche per noi che intendiamo imitare

Girolamo Emiliani arrivare al termine della nostra vita

avendo il Paradiso in mano.

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Contemplazione e preghiera

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La Famiglia Somasca ha concluso - il 30settembre - l’Anno Giubilare indetto perricordare i 500 anni della liberazione disan Girolamo dal carcere proprio a pochigiorni dall’inizio - l’11 ottobre - dell’Annodella Fede. Il Giubileo è stato indubbia-mente un anno che ha portato i Somaschialla riscoperta del proprio carisma, masoprattutto della propria fede. Nel mese di carcere di Quero, diceva il pa-dre Generale nel presentare al Meeting diRimini la mostra “Hai spezzato le miecatene e mi hai preso per mano”, Giro-lamo “ha imparato su se stesso che nonc’è luogo e persona senza Dio, ma che Diogli è al fianco e lo solleva: quello che con-ta non è trovare Dio, ma lasciarsi trova-re da Lui … ed a volte Dio ci permette discendere fino all’inferno perché poi pos-sa prenderci per mano”. Riscoprire la fede, per riscoprire Dio. Girolamo sconfitto che viene sollevato dal-la fede nella potenza di Dio. Ecco ciò chelega il Giubileo Somasco all’Anno della Fe-de, voluto da Benedetto XVI, per invitareogni cristiano a “professare la fede nellaTrinità, Padre, Figlio e Spirito Santo”.

Ma perché il Santo Padre ha voluto unAnno della Fede dopo aver promulgatole encicliche “Deus caritas est”, “Spe sal-vi”? e “Caritas in Veritate”? Lo chiediamo ad Aldo Maria Valli, notoscrittore e vaticanista del Tg1.Tutto il magistero di Benedetto XVI ruo-ta attorno alla questione della fede. Ri-corderete quanto disse durante la missapro eligendo pontifice, alla vigilia del con-clave dal quale sarebbe uscito Papa:“Quanti venti di dottrina abbiamo cono-sciuto in questi ultimi decenni, quantecorrenti ideologiche, quante mode delpensiero... La piccola barca del pensierodi molti cristiani è stata non di rado agi-

tata da queste onde, gettata da un estre-mo all’altro: dal marxismo al liberali-smo, fino al libertinismo; dal collettivi-smo all’individualismo radicale; dal-l’ateismo ad un vago misticismo religio-so; dall’agnosticismo al sincretismo e co-sì via. Ogni giorno nascono nuove settee si realizza quanto dice san Paolo sul-l’inganno degli uomini, sull’astuzia chetende a trarre nell’errore (cf Ef 4, 14).Avere una fede chiara, secondo il Credodella Chiesa, viene spesso etichettato co-me fondamentalismo. Mentre il relativi-smo, cioè il lasciarsi portare “qua e là daqualsiasi vento di dottrina”, appare co-me l’unico atteggiamento all’altezza deitempi odierni. Si va costituendo una dit-tatura del relativismo che non riconoscenulla come definitivo e che lascia comeultima misura solo il proprio io e le suevoglie”. Mi sembra che non ci sia da ag-giungere altro. Ma voglio ricordare quanto il Papa hadetto alle famiglie, durante la recente vi-sita a Milano: “La fede in Cristo deve ani-mare tutto il tessuto della vita, persona-le e comunitaria, privata e pubblica, co-sì da consentire uno stabile e autentico"benessere", a partire dalla famiglia”.

Nel Motu Proprio “Porta Fidei”, Benedet-to XVI scrive con toni preoccupati: “Ca-pita ormai non di rado che i cristiani sidiano maggior preoccupazione per leconseguenze sociali, culturali e politichedel loro impegno, continuando a pensa-re alla fede come un presupposto ovviodel vivere comune”. Aldo Maria, noi cri-stiani – religiosi, sacerdoti e fedeli – cipreoccupiamo che le nostre strutture sia-no efficienti, ma non sempre che dietrol’efficienza ci sia soprattutto la forza spi-rituale, la forza della fede in Dio?Ricordo che una volta il cardinale Ratzin-

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Report 1Report 1

Dal Giubileo Somasco all’Anno della Fede

Enrico Viganò

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ger parlò della necessità di andare all’essenziale e disseche il cristiano deve fare come lo scultore, il quale, perarrivare alla forma che ha in mente, deve continuare atogliere tutto il materiale non necessario con un lavorodi ablatio, cioè di eliminazione. Ecco, a noi cristiani toc-ca proprio questo lavoro: eliminare tutto ciò che non ènecessario, che è superfluo, e che spesso ci impedisce divedere, di contemplare il volto di Cristo. Le strutture indubbiamente servono, ma solo se sono so-stenute da una fede coltivata giorno per giorno. Inutilepredisporre grandi progetti e grandi strutture se non c’èla fede che le sostiene. Il rischio è di ridurre la nostra fede a un generico impe-gno sociale, magari anche generoso, ma non in grado difar vedere il volto di Cristo che è amore.

In ottobre, con l’Anno della Fede si apre anche il Sino-do dei Vescovi. Il Santo Padre vuole scuotere tutta laChiesa a trovare nuove forme di evangelizzazione e adessere veramente testimone di Cristo?La parola “testimone” è decisiva. Ecco ciò che il Papa cichiede di essere. Là dove siamo, nei nostri ambienti, oc-corre testimoniare la speranza cristiana: la speranza nel-la vita eterna. Non è facile, specie in un mondo secola-rizzato come il nostro, ma si può fare. Quando il cristia-no diventa testimone, la sua fede si fa contagiosa. Credo che tutti noi lo abbiamo sperimentato. A volte nonservono tante parole. Basta un gesto di vera condiviso-ne, di attenzione per l’altro, di rispetto. Basta anche unsorriso, una mano tesa. Ciò che conta è l’amore. E l’amore cristiano si mostra nel dono di sé.

I Padri Somaschi impegnano il loro ministero pastora-le soprattutto tra i ragazzi e i giovani. Come e cosa fare per presentare ai giovani una Chiesae una fede più convincenti?Non servono tante parole, conta l’esempio. I giovani os-

servano e valutano molto bene. E soprattutto capisconoquando sono presi sul serio. Non dobbiamo pensare cheil nostro compito sia di inculcare la fede, come se si trat-tasse di riempire contenitori vuoti. Si tratta piuttosto disuscitare l’amore, il desiderio di amore vero, che in tut-ti già c’è e che è così forte soprattutto nei giovani. Ecco il compito: suscitare, tirare fuori questa voglia diamore che è nel cuore di tutte le creature, ma che tantospesso è sepolta sotto falsi valori e falsi miti. È un lavoro educativo davvero entusiasmante.

Oggi ai sacerdoti e ai religiosi viene chiesto un coinvol-gimento in tante attività della vita sociale: dall’ecolo-gia, ai diritti umani, alla politica, al mondo del lavoro.Tu preferisci vedere un sacerdote in preghiera nellapropria chiesa parrocchiale o impegnato dietro unascrivania a organizzare, programmare, dirigere le ini-ziative parrocchiali?Conosco tanti preti che mi dicono di non riuscire a pre-gare come vorrebbero perché occupati in mille attività.Ma se non coltivano la loro fede nel rapporto diretto conDio e con suo Figlio come possono trasmettere la fede?Io credo che si debba fare di meno, molto di meno, mapregare di più. Nelle giornate mondiali della gioventù ilPapa ha valorizzato il momento dell’adorazione eucari-stica proprio per lanciare questo messaggio. Tutto il resto viene di conseguenza. Ricordiamo sempreche non tocca a noi l’opera di redenzione: il mondo è giàredento! A noi tocca testimoniare la bellezza e la gran-dezza ineguagliabili dell’amore di Dio.

“Per accedere a una conoscenza sistematica dei conte-nuti della fede, tutti possono trovare nel Catechismodella Chiesa Cattolica un sussidio prezioso ed indispen-sabile. Esso costituisce uno dei frutti più importanti delConcilio Vaticano II”. È quanto scrive il Santo Padre nelMotu Proprio “Porta Fidei”. È un altro tasto dolente.Credo che siano pochi i cristiani, e forse anche i religio-si, che hanno letto il catechismo. Purtroppo!È vero. Il catechismo è una grande risorsa. Ma prima an-cora lo è il Vangelo! Noi invece, troppo spesso, cerchia-mo di scimmiottare i sociologi e andiamo alla ricerca del-le risposte là dove, quando va bene, ci può arrivare soloun aiuto di tipo intellettuale. Naturalmente il catechi-smo e il Vangelo vanno proposti con le modalità giuste,a seconda delle persone alle quali ci rivolgiamo e dei con-testi nei quali ci troviamo. Ma prima di tutto dobbiamoessere noi stessi a coltivare un rapporto costante con leScritture e con il magistero: sono come pozzi d’acqualimpida ai quali possiamo abbeverarci in ogni momen-to. Invece, quanta ignoranza si vede in giro!

Vita somascaluglio settembre 2012

Aldo Maria Valli

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Report 2Report 2

I confratelli somaschi che lavorano negliUSA hanno tenuto il giorno 15 maggio laloro assemblea annuale, questa volta par-ticolarmente significativa, perché svolta-si nella ricorrenza del Giubileo Somasco.Abbiamo avuto modo di ripercorrere inalcune meditazioni il cammino di conver-sione di Girolamo, iniziato nel “carcere”per intercessione della Vergine, il suocammino sulla “strada”, preso per manoda Maria nel servizio ai piccoli ed ai po-veri, e le molteplici componenti della spi-ritualità del nostro Santo, che vive il pe-riodo storico del Rinascimento, della De-votio moderna, dell’Evangelismo e del-la Riforma cattolica. I religiosi del Commissariato hanno poiaffrontato i problemi relativi al loro apo-stolato, alle loro opere parrocchiali ed al-la situazione vocazionale nella casa di for-mazione di Houston.L’opera di Pine Haven è immersa nelverde paesaggio boscoso, dolcemente col-linare, del New Hampshire: ospita ragaz-zi difficili, inseriti qui dalla pubblica am-ministrazione dello stato federale, chehanno subito abusi oppure con problemipsichici. Ognuno ha alle sue spalle unastoria di sofferenze, che vengono lenite ecurate. Sono stato testimone di due sem-plici episodi. Un piccolo ospite lascia scrit-to su una tavoletta alla porta della sua ca-mera “this place is hell” (Questo posto èun inferno). Sarà solo l’amore dei Padri edell’équipe educativa che potrà toglierequesto senso di incubo e di disperazione.Il giorno successivo un altro ragazzo scap-pa di sera nei prati, scalzo, sguazza congioia nelle pozzanghere d’acqua, sotto lapioggia, si nasconde ed addirittura si ap-pollaia sugli alberi, quasi giocando a na-scondino per non farsi prendere e trova-re. Mi parve un piccolo personaggio delteatro di Pirandello, per il quale ragiona-re o sragionare ha la stessa valenza, per-ché la prima cosa di cui si sente bisognonella vita da parte degli altri è il senso dicomprensione e di pietà.

Educare questi piccoli non è facile, ancheper le tante regole, spesso formali, cui at-tenersi nel rapporto con i minori. Ho notato nel codice di comportamento,richiesto dall’autorità pubblica e rielabo-rato e sottoscritto dagli educatori, unamentalità molto pragmatica, tutta ame-ricana, che definisce fin nei minimi par-ticolari gesti ed atteggiamenti, e lascia unpo’ in disparte i motivi culturali ed idealidel servizio ai piccoli, comunque vivi nel-la nostra prassi e tradizione.Ho visitato poi le parrocchie di Houston,nel Texas, all’altro capo dell’immensaAmerica (ci vogliono due voli aerei conrelativa coincidenza), ormai in zona tro-picale, in un clima caldo ed umido.Si tratta di due parrocchie pastoralmen-te molto attive, di grande efficienza orga-nizzativa ed amministrativa: la parroc-chia di Cristo Re, più vicina al centrodi Houston, e la parrocchia dell’As-sunzione, molto più estesa territorial-mente. Quanti volti assume la Chiesa nel-le zone di confine! Qui vi è una comunitàbilingue, una di lingua inglese e l’altra dilingua spagnola, che trova la sua unità ecollaborazione in parrocchie vive, pienedi tante iniziative di bene. Si avverte uncerchio di affetto e di stima attorno ai no-stri Padri sia nel personale che lavora, neicatechisti e nei fedeli, come nelle scuoleche affiancano le nostre opere, anche seesse non sono direttamente gestite, masolo sostenute dai Religiosi: si tratta diuna scuola gratuita di alfabetizzazione al-l’inglese per latino americani nella par-rocchia di Cristo Re e di una scuola pri-maria nella parrocchia dell’Assunzione. Qui ti imbatti in un nugolo di bimbi tuttiorgogliosi della loro divisa in calzoni ne-ri e cravatta dello stesso colore, che spic-ca sul candore della camicia bianca, e inuna schiera di bimbe nella loro gonna az-zurra e blusa verdognola, cosa almeno perora assai inconsueta in Italia. Il fatto che vicino ad una nostra parroc-chia vi sia una scuola, induce a riflettere:

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“I magnifici dieci”

p. Giuseppe Oddone

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luglio settembre 2012 Vita somasca

la scuola, che può assume-re tante forme diverse, èsempre segno di vitalità, digiovinezza, di futuro e vasostenuta ed appoggiatadalla nostra fantasia edu-cativa, per poter dareun'ulteriore stabilità allenostre opere. Anche il pro-blema vocazionale è per-cepito e sentito, si pregaper avere sacerdoti e reli-giosi e si porta avanti nel-la casa di formazione, cheha già dato i suoi risultaticon due vocazioni religio-se sacerdotali (p. PabloGalván e p. Romualdo Ló-pez) ed un religioso pro-fesso semplice (CamiloNavarro), un contatto congiovani americani e lati-noamericani per una pro-posta di vita consacrata.Vi è anche una significati-va collaborazione con ladiocesi di Houston: il p. Al-berto Zanatta è vicario epi-scopale ed i padri Giulia-no Gerosa ed Italo Dell’Orohanno compiti formativinel seminario e tra il clerodella diocesi, secondo lamigliore tradizione soma-sca delle origini.

Visitando sia pure rapida-mente gli Stati Uniti ci sirende conto di una diver-sa sensibilità e di un'altracultura, non certo umani-stica, ma basata prevalen-temente sul pragmatismoe sull’efficienza: mi riferi-sco alle grandi città ame-ricane con la loro selva digrattacieli (ho visitato Bo-ston ed Houston), le lar-ghe autostrade con la filainterminabile di macchi-ne, gli immensi ed affolla-tissimi aeroporti, i grandimagazzini con estese areedi parcheggio: tutto con-corre a dare un’immaginedi potenza, di organizza-zione, di ricchezza, di or-goglio nazionale. Un’Ame-rica grande, che di tanto intanto, ad un osservatorestraniero, rivela anche lasua venatura di fragilità,con le sue belle abitazionidi legno nei suburbi dellecittà oppure immerse nelverde della natura e dei bo-schi, facilmente esposte alfuoco o alle violenze dellanatura; un’assistenza so-ciale e medica che non toc-ca tutte le fasce della po-

polazione, perché occorrepagarsi le assicurazioni;una immigrazione incon-trollata dai paesi latinoamericani che crea grandiproblemi umani e legali; letante vite di giovani solda-ti stroncate per l’impegnopolitico e militare degliUSA nel mondo. Anche nei piccoli cimiteri,sul verde del prato (comea Pine Haven), ci si può im-battere nella piccola lapi-de che ricorda che lì ripo-sano le spoglie di un gio-vane caduto recentemen-te in terre lontane.Ripensando ai dieci con-fratelli che con tanta gene-rosità lavorano negli USA,mi riecheggia in mente,non so perché, l’espres-sione letta tante volte neilibri di storia di Venezia:“i magnifici dieci”, la ma-gistratura più importantedella Repubblica dopoquella del doge. Un augurio ai dieci religio-si perché continuino ad es-sere “magnifici” nel loroapostolato e nella testimo-nianza del carisma di sanGirolamo Emiliani.

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Cuore di bullo

Ite Missa estIte Missa est

p. Augusto Bussi Roncalini

Un parroco della Campania,

don Maurizio Patriciello,

prepara alla Pasqua i ragazzi problematici

di una comunità educativa.

Scopre una verità bella e inattesa.

La racconta nell’articolo di spalla

di “Avvenire” il 21 aprile scorso

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Accompagnati da insegnanti ed educa-tori, arrivano di buon mattino e invado-no il cortile, il giardino e i locali della par-rocchia. Sono all’incirca una quaranti-na, ospiti di un istituto per adolescentiproblematici. Passeremo insieme lagiornata, come da programma.L’inizio non è facile. Fanno i bulli per intimorire il prete e sco-raggiare gli insegnanti. Litigano, si bur-lano, fanno chiasso. Per un po’ di tempoli lasciamo fare, poi, con una mossa a sor-presa ed esprimendomi nel loro stessovernacolo, affondo il dito nella piaga,mettendo sul tappeto i problemi che li at-tanagliano. Non argomento, racconto.Storie vere di ragazzi come loro. Tristissime storie di giovani che hannopagato a caro prezzo, spesso con la vita,scelte scellerate. I risultati non tardanoad arrivare. Capiscono. Tacciono. Si fan-no attenti. A turno, timidamente, alzanola mano per chiedere: “Che cos’è succes-so poi a Tony dopo la rapina? E Gigi èancora in galera? Come ha fatto Enzo amorire di overdose a soli 15 anni?”.Ha inizio il tempo dello svago. Le lorogambe svelte sono già pronte. Il pallone,sul quale si gettano come gatti affamatisu un topolino indifeso, pure. Vengonoavvisati che il prete, in chiesa, è disponi-bile per le confessioni o colloqui privati.Vado al mio posto con il Rosario in ma-no, convinto di dover attendere inutil-mente. Invece! Entra il primo, poi arriva-no il secondo, il terzo e così via. Alla fine sono venuti tutti. Senza esserechiamati, senza essere costretti. Liberamente. In privato come sono di-versi dai bulli di qualche ora prima. Arrivano e mi aprono il cuore. Un cuoretroppo piccolo per contenere i drammiche li affliggono da sempre. Troppo pic-colo per non lasciarlo straripare e in quel-l’acqua poi affogare. Quasi tutti hanno lelacrime agli occhi. Nessuno, ai piedi delCrocifisso, riesce più a vantarsi della vio-lenza usata nel passato.

Qualcuno ha già assaggiato lo squallore ela solitudine del carcere minorile. Altrihanno collaborato ad azioni decisamen-te pericolose quando nemmeno poteva-no rendersene conto. Tutti però hanno ildesiderio di fare qualcosa di bello nellavita. I sogni non li hanno mai abbando-nati. Partono però sconfitti, delusi, ama-reggiati. Troppo smaliziati, alle promes-se degli adulti hanno smesso di credereda tempo. Vanno a intuito, o, come dico-no, a pelle. Ancora credono, anche se coniniziale diffidenza, a chi sentono vicino, achi nel momento del bisogno ha saputofarsi avanti. A chi ha dato loro una manoconcreta. Deluderli ancora sarebbe disa-stroso, consegnarli per sempre alla rovi-na. Troppe volte sono stati strumentaliz-zati e violentati da chi avrebbe dovutoprendersene cura. Ragazzi di strada pro-blematici, difficili certamente, ma non ir-recuperabili, come qualcuno vorrebbe farcredere per mettere a tacere la coscienza. Questa è una fandonia inventata da chiha nei loro confronti doveri che non sa onon vuole assolvere. Da chi, magari,spende e spande allegramente il denaropubblico rubato ai legittimi proprietari, ipoveri, e che dovrebbe servire anche peril reinserimento nella società di ragazzicosì. Ragazzi cresciuti in fretta o forse maicresciuti, che pagano omissioni e ritardidi una società che finge di ignorarli. I col-loqui vanno per le lunghe, l’ora del pran-zo è già passata da un bel po’. Ci prepariamo per la Messa. Ed è uno spettacolo unico. Un vero donodel tempo di Pasqua. Pasqua di risurre-zione, di vita, di bellezza. I finti prepoten-ti della mattina sono scomparsi. Sono rimasti, compíti e commossi, i ra-gazzi di Forcella e della Pignasecca, diScampia e della Sanità. Dio mio, come so-no piccoli, come sono fragili. E come so-migliano ai coetanei che hanno avuto lagioia di nascere in una famiglia, in unquartiere, in una città più agiati e attentiai loro legittimi bisogni di bambini.

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Fa sempre piacere conoscere unapersona ricca di umanità. Con lei è impossibile non trovarsia proprio agio, il suo tratto versogli altri trasmette comprensione,fiducia, buonsenso. È ancor più bello, però, esserlo. Il cristianesimo, fondato su Dioche diventa uomo in Gesù, la per-sona più umana che sia mai esi-stita, ci offre questa impagabilepossibilità: crescere nella nostraumanità, diventare pienamenteumani. Sono tante le qualità con le qualiun cristiano esprime la sua uma-nità, nella puntata precedente neabbiamo elencato alcune. Tra di esse ce n’è una che meritauno spazio a parte. Forse non è la più importante, néla prima da conquistare, però na-sconde in sé una simpatia e, ose-rei dire, un fascino particolari, sitratta della capacità di saper fareeccezioni alle regole. Le autorità non si allarmino, nes-suno mette in discussione il fattoche nella vita le regole siano neces-sarie, tuttavia Gesù non è sceso tragli uomini per portare un nuovocodice di leggi, ma per insegnarciad amare i fratelli. “Il sabato è per l ’uomo, nonl’uomo per il sabato”, ripeteva acoloro che davano più importanzaalla legge ebraica del sabato che al-le persone. Il cuore del cristianesimo non siidentifica perciò in un regolamen-to da seguire scrupolosamente,ma nel comandamento dell’amorereciproco, nella carità. Essa arriva dove la rigidità della

legge non può giungere, sa capiresituazioni che le norme non rie-scono a prevedere, non si lasciamai imprigionare da abitudini,tradizioni e formalità. Ecco perché i mistici dicevano,con una splendida sintesi: “Allacarità tutto è permesso”. Gesù nella sua vita ha compiutomoltissimi gesti pieni di amore,ma contrari alle regole vigenti: hatoccato le membra impure dei leb-brosi, ha fatto amicizia con i pub-blicani, ha accolto tra i suoi disce-poli anche un gruppo di donne, ha

lavato i piedi a coloro che lo chia-mavano “Signore”, ha lasciato cheuna prostituta accarezzasse i suoipiedi, ha perdonato una donnascoperta in adulterio senza neppu-re chiederle prima se era pentita.“L'eccezione conferma la regola”ribatterà qualcuno per tranquilliz-zarsi, non proprio, le cose stannoal contrario. “La regola conferma l'eccezione”,accanto a ogni regola c'è un gestodi carità che la supera, perché lacarità vale più della legge, anzi èl'unica vera legge.

La regola confermal’eccezione

Dentro di meDentro di me

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Alessandro Turchi (Verona 1578-Roma 1649)

Allegoria della carità

p. Michele Marongiu

luglio settembre 2012 Vita somasca

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Dossier Dossier

Riprendiamo,

come introduzione di questo Dossier,

quanto scritto da p. Renato Ciocca

in “Nostra Storia”, pubblicata

su Vita Somasca n.119 - 2002

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AmeliaAmelia

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Amelia é un’antica cittadina

di origine pre-romana.

Situata nella verde Umbria

sorge in collina raggiungendo

un’altezza di 406 metri s.l.m.

Nel territorio circostante

sono dislocate sette frazioni

per una popolazione complessiva

di circa 12.000 abitanti

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In alcune nostre Opere, casa madredi Somasca, Orfanotrofio di S. Ma-ria Bianca di Ferrara, Sant’Angelo diAmelia, nei sec. XVII e XVIII, si eb-be la felice idea di raffigurare nellelunette dei chiostri gli episodi più sa-lienti della vita di san Girolamo Mia-ni e i miracoli più belli operati da Luia sollievo del prossimo. Purtroppo,la vicende umane hanno portato al-la distruzione dell’orfanotrofio diFerrara e cancellato quasi del tuttoquelle di Somasca. Rimane appena un affresco del no-stro Santo che prega davanti alla cro-

ce, ma ci hanno tramandato quelledi Amelia, anche se in stato assai pre-cario. Addossato alla fiancata sini-stra della chiesa di Sant’Angelo, unlato del chiostro presenta al visitato-re la glorificazione, per così dire, nonsolo del Santo Fondatore, ma anchedi alcuni cardinali, vescovi e religio-si, che hanno lavorato assiduamen-te in mezzo alla gioventù o che han-no beneficato l’opera con aiuti eco-nomici. Un grande ed elegante fregio di fo-glie di alloro accomuna tutti nella ce-lebrazione e nel ricordo perenne.Una specie di galleria di storia do-mestica, che doveva ricordare ai Pa-dri e agli alunni, che ivi transitava-no per recarsi in chiesa, l’obbligo mo-rale di ispirare la propria vita a talimodelli di dottrina e santità. In sa-crestia, invece, sono raffigurati alcu-ni miracoli dovuti alle preghiere delMiani, dopo la sua morte, el’inconsueto atto di venerazione deisuoi resti mortali per opera di sanCarlo Borromeo, durante una sua vi-sita pastorale. Ma prima di adden-trarci nella descrizione particolareg-giata degli affreschi, facciamo unpasso indietro, per capire il perchédella presenza dei Somaschi ad Ame-lia. Direbbe il Manzoni: “È Amelia una terricciola... ricca diantiche atmosfere, risale ai sec. VI-IV a. C., dove, alla dolcezza dei fichie dell’uva passa prodotti, si unisceun atavico impegno per l’istruzionee l’educazione della gioventù umbra.Tra i numerosi istituti che vi susse-guirono, si distinse, per oltre duesecoli, quello di Sant’Angelo, fon-dato e diretto dai Padri Somaschi”.Nel sec. XVII l’Ordine godeva di in-dubbia considerazione e prestigio, se

Antonio Maria Graziani, vescovo diAmelia, in data 3 Settembre 1601,concesse ai Somaschi la Chiesa diSant’Angelo, tessendone un elogio…esagerato. Nel diploma afferma, in-fatti, che essi “…risplendono in ognicircostanza, per la bontà, la santi-tà, la capacità di giudizio, perl’istruzione, per l’educazione e peraltri meriti di onestà e di virtù, conle quali preparano gli animi in mo-do straordinario e profondissimo equesto non solo per la testimonian-za di persone degne di fede, ma an-che per l’esperienza fatta da noi,

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Città di dottrina e di spiritualità

p. Renato Ciocca

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mentre esercitavamo la carica di ambasciatore aposto-lico a Venezia”. Il Consiglio generale della città approvòil pensiero del vescovo ed accettò i Somaschi con decre-to del 20 settembre del 1601. Nella medesima data, uno strumento rogato dal notaioBrulaschino ci informa che Bartolomeo Petrignani, si-gnore di Castro-Attiliano, fu il primo a pregare il SantoPadre affinché mandasse i Somaschi nella detta città echiesa, che in precedenza era stata concessa ai Gesuiti epoi ai Dottrinari, affinché si dedicassero all’educazionee all’istruzione della gioventù, “sapendo che loro posse-devano quelle qualità che si devono ricercare nei mae-stri e cioè intelligenza, buona reputazione, scienza nonostentata, eloquenza, abilità nell’insegnamento”. Clemente VIII fu ben lieto di accogliere tale richiesta, dalmomento che, durante il suo pontificato, si completavae si consolidava quella ampia trasformazione istituzio-nale, spirituale e culturale a cui si dà il nome di Contro-riforma o di riforma cattolica. A conferma della sua devozione e stima verso i Religio-si, al Petrignani fu caro lasciare un reddito perpetuo di200 scudi a favore del collegio di Sant’Angelo. Il primo rettore fu p. Ambrogio Ferrari, di Cremona, uo-mo rispettabilissimo per pietà e dottrina. Tra gli altri re-ligiosi che ebbero il governo di Sant’Angelo si distinsesicuramente il p. Ferdinando Petrignani, nobile cittadi-no di Amerino. Diresse il collegio per vari anni, attiran-dosi la stima e l’affetto degli alunni e dei suoi concitta-

dini. Fu uomo di vita innocentissima e, agli onori cheavrebbe potuto ottenere per la nobiltà del casato, prefe-rì l’umiltà e l’operosità della vita religiosa. Morì nell’an-no 1651. Pochi anni dopo la soppressione napoleonica,per vari motivi, i Padri Somaschi lasciarono Amelia. Ora il complesso di Sant’Angelo è un grande cantiere do-ve si lavora alacremente per trasformarlo in un centroculturale. I segni della permanenza dei figli di san Giro-lamo sono ancora ben visibili. All’ingresso, attorno alportale in marmo travertino è scritto in latino:

Collegio dei Chierici Regolari di Somasca

anno del Signore 1620.All’interno della chiesa, sulla tribuna dell’organo, rivoltoverso i fedeli, lo stemma dell’Ordine, Gesù che porta lacroce. Sul pavimento, al centro, la pietra tombale, incom-pleta, dei religiosi con questa scritta: “Qui giacciono i Padri della Congregazione di Somasca

dall’anno 1601 fino al giorno del giudizio. 1696”Completa lo stemma dell’Ordine, appena sbalzato. Infine, ai due altari, a destra e a sinistra del presbiterio,le tele di san Girolamo in estasi davanti alla Madonna equella dell’Arcangelo Michele che sconfigge Satana, oraal Museo di S. Francesco in Amelia, testimoniavano ledevozioni basilari che i Somaschi vivono e cercano di in-stillare con grande amore negli animi dei loro alunni.

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I Somaschi ad Amelia

L’ovale raffigura il mo-mento in cui il papa Cle-mente VIII consegna labolla di concessione delCollegio di San Michele alPadre Procuratore gene-rale, p. Giovanni BattistaFabreschi, accompagnatoda alcuni Religiosi soma-schi e dai signori Petrigna-ni e Boccarini, primi be-nefattori dell’opera. Gesuiti e Dottrinari ave-vano preceduto i Soma-schi nella conduzione delCollegio. Sullo sfondo, adestra, si nota la Chiesa diSan Michele con annessi ilocali della scuola. Era il 15 Aprile 1602.

Tra i palazzi nobiliari diAmelia uno dei più impor-tanti è quello della famigliaPetrignani. L’interno è sta-to dipinto dalla Scuola deifratelli Zuccari, esponentidel manierismo dell’Italiacentrale. Basti ricordare ladecorazione della villa Far-nese a Caprarola per avereun’idea del loro valore. La scena, in cattive condi-zioni, si trova nella voltadella sesta sala e raffigurail momento in cui Bartolo-meo Petrignani patrocinal’insediamento dei Soma-schi e garantisce una ren-dita di duecento scudi an-nui, a favore del Collegio.

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Vita di san Girolamo Miani negli affreschi

di San Michele Arcangelo

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Il Canonico Flavio Boccarini

Nel 1615 il canonico Flavio Boccarini dispone un lascito testamentario di 500 scudi annui per il mantenimen-to e l’istruzione di dieci giovani amerini. Grazie a queste e ad altre donazioni nel 1617 il Collegio fu dotato diambienti nuovi e più spaziosi. Al centro è raffigurato in trono papa Paolo V, mentre a sinistra sono ritratti ilpreposto della casa amerina Giacomo Brusco e un gruppo di dieci giovani allievi. A destra, Flavio Boccarini offre al papa il suo donativo e indica una veduta del predio di Totano, località vicinoad Amelia, da cui vengono ricavate le rendite. In primo piano lo stemma della famiglia Boccarini.

Corridoio del Collegio

Per recarsi in chiesa gli stu-denti e i Padri percorreva-no un corridoio, nella par-te superiore del quale so-no effigiati alcuni episodiedificanti della vita delMiani. Tra una scena el’altra campeggiano i ritrat-ti dei Religiosi che hannocontribuito maggiormenteallo sviluppo del Collegio.Occasione per avere sem-pre presente l’esempio delFondatore e dei suoi se-guaci. Gli affreschi risal-gono, come diremo piùavanti, al 1697, prima del-la beatificazione di Giro-lamo. Ecco perché noncompare mai l’aureola.

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Castellano a Quero

All’inizio del 1511, Girola-mo si porta a Castelnuovodi Quero per assumere lareggenza del castello al po-sto del fratello Luca, feritoin battaglia. Situata alla de-stra del Piave, dove la val-le si restringe, la fortezzarimane a cavallo della stra-da che collega Feltre a Tre-viso. Siamo ai tempi dellalega di Cambrai e Venezia,da sola, lotta contro papaGiulio II, Luigi XII di Fran-cia, Massimiliano I del Sa-cro Romano Impero, Fer-dinando II d'Aragona, re diNapoli e re di Sicilia, Alfon-so I d’Este duca di Ferrara,Carlo III duca di Savoia eFrancesco I Gonzaga, mar-chese di Mantova.

Abbandonato notte tempo,dal Battaglino con i suoi ba-lestrieri, Girolamo com-batte eroicamente con unacinquantina di soldati. La lotta è impari. Mercu-rio Bua, a servizio della Le-ga, lo fa prigioniero e lo rin-chiude in fondo alla torre.Il tempo passa, ma il riscat-to sperato non arriva. Allasperanza succede la delu-sione, la disperazione. Ab-bandonato e dimenticatoda tutti. E allora la sua bre-ve vita gli ritorna alla men-te. Tra i ricordi uno solo of-fre un barlume di speran-za. Quello della mammache, quand’era bambino, glisussurrava all’orecchio, pri-ma di addormentarsi…

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Sconfitto viene fatto prigioniero

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Invoca Maria

“Ricordati che quando io non ci sarò più, in cielo haiuna Mamma che è sempre pronta ad aiutarti se tu ri-corri a Lei”. Rivede il volto di mamma Dionora, risen-te la sua voce... Una madre può ingannare il propriofiglio? In preda alla disperazione, tenta l’ultima carta. Il turbinio di sentimenti che passa nel suo cuore rimar-rà sempre un segreto. All’improvviso il carcere si illumina di luce celestiale.La Vergine e un angioletto gli porgono le chiavi persciogliersi dai ceppi e per aprire la porta del carcere.E’ incredibile, ma è libero.

Lo guida attraversoil campo nemico

Timoroso di essere scoperto dalle guardie, invoca an-cora Maria. Gli appare di nuovo, lo prende per manoe lo conduce fuori dall’accampamento senza essere vi-sto… Lo accompagna per un tratto di strada fino allavista di Treviso. E lungo il cammino non rimangono insilenzio… Poi, all’improvviso, la stretta di mano si al-lenta e Lei scompare.Ma il cuore di Girolamo ormai è un tripudio di gioia.

Compra panni per gli orfanelli

Girolamo ritorna a Venezia, ma non è più lo stesso. La gente se ne rende conto e rimane meravigliata. Si affida a un direttore spirituale che lo accompagninel cammino della conversione. Ripete spesso: “Aiutatemi Signore e sarò vostro!”.Intanto il suo cuore non regge alla vista di tanti bim-bi abbandonati, sporchi e denutriti. Senza indugio li raccoglie, li lava, li sfama, li cura… Si accorge di avere un cuore di padre.

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Episodio della barba

In poco tempo fa rapidi progressi nel campo dell’asce-si cristiana. Impara a custodire gli occhi, a moderarela lingua, ad aiutare i poveri. Un giorno in piazza sanMarco viene ingiuriato gravemente e a torto. Al malvivente che lo minaccia di strappargli la barbaa pelo a pelo, risponde: ”Se Dio vuole, fa’ pure. Ecco-mi”. E, con ammirabile serenità, gli porge il mento. Alcuni dei presenti dissero che se il fatto fosse acca-duto qualche anno prima, Girolamo lo avrebbe strac-ciato coi denti.

Di notte seppellisce i morti abbandonati

Nel 1528 si abbatte su tutta l’Italia una carestia terri-bile. Venezia è invasa da frotte di mendicanti in cer-ca di cibo per non morire fame. Si vedono scene strazianti. Per sopravvivere la gente si ciba di cani, asini, erbe diogni tipo, paglia. Per le strade si sente ripetere un grido angoscioso:”Muoio di fame, muoio di fame”. Girolamo è in prima linea. Distribuisce cibo, vestiario,riempie la casa di poveri e, di notte, seppellisce i mor-ti abbandonati per le vie della città.

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Lascia i suoi beni

“Quando piacque al benignissimo Iddio di perfetta-mente muovergli il core e con santa ispirazione trar-lo a sé dalle occupazioni del mondo”, senza esitazione,davanti a un notaio, rende scrupolosamente conto del-l’amministrazione dei beni dei nipoti e rinuncia a tuttii suoi averi. Smette gli abiti nobiliari e veste quello deipoveri. Esce dalla sua casa per non farvi più ritorno. Finalmente, libero da ogni occupazione terrena, puòseguire totalmente il Cristo crocifisso.

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luglio settembre 2012

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A Pavia

Verso la fine del 1535 Giro-lamo si reca a Pavia. Entrain città dalla porta di San-ta Maria in Pertica. Prece-duto dalla croce, sorrettada un orfanello, un gruppodi una dozzina di fanciulli,in devota processione, pre-ga e canta. Chiude la fila ilMiani in atteggiamento co-sì dimesso e umile, dastrappare le lacrime. Chi fupresente alla scena ne ri-portò un’impressione in-dimenticabile. Subito i cu-gini Angiolmarco e Vincen-zo dei Conti Gambarana edaltri notabili della città of-frono i loro averi e la lorocollaborazione per acco-gliere gli orfani.

Giunge nel territorio diBergamo al tempo dellamietitura, Girolamo si as-socia ai contadini nel durolavoro dei campi. Approfit-ta dei tempi di pausa perfarli pregare. Con l’aiuto didue orfanelli più vivaci in-segna loro il catechismo colmetodo delle domande e ri-sposte. La dottrina dei pro-testanti serpeggia anchenelle campagne minando isani principi religiosi deipoveri terrazzani… In cittàlo accoglie, a braccia aper-te, il vescovo Pietro Lippo-mano, che gli affida la rior-ganizzazione delle opere dicarità: ospedali, orfanotro-fi, case per le convertite…Il suo ardore di carità atti-ra alla sua sequela, tra glialtri, i sacerdoti AgostinoBarili, Alessandro Besozzi,i nobili Domenico Tasso eGianfrancesco Albani.

Vita somasca

Nelle campagne del bergamasco aiuta

i contadini e li istruisce nella dottrina cristiana

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DossierDossier

Convertite

La povertà, la miseria, ladura necessità della so-pravvivenza, spingonomolte ragazze a battere lastrada. I maltrattamenti,le malattie infettive, losfruttamento le releganoinevitabilmente ai margi-ni della società. A Bergamo, a Verona e inaltre città dell’Italia set-tentrionale, fonda dellecase per loro e le affida al-le cure di donne di prova-ta virtù per restituirle alladignità di persona umana. Non possiamo non nota-re come l’artista trattil’argomento scabroso conmolta sobrietà e delicatez-za. I fanciulli devono ve-dere senza provare imba-razzo.

Capitolo della paglia

A Merone, in Brianza, do-ve alloggia presso LeoneCarpani, raduna i suoiprimi compagni. In aperta campagna, dinotte, al chiarore della lu-na, seduti su fasci di pa-glia di milio, ascoltano at-tentamente Girolamo che,ispirato da Dio, parla diorganizzarsi in Compa-gnia. Nell’occasione approva-no la scelta di Somasca,come sede centrale delleloro attività. Un luogo adatto al racco-glimento tra gente sem-plice e umile. Il seme di senape è getta-to…

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Cura amorevolmente gli ammalati

Nella sua grande carità, Girolamo nutre una teneracompassione soprattutto verso gli ammalati coperti dipiaghe ripugnanti… L’esperienza acquisita e maturata agli Incurabili a Ve-nezia e in altri ospedali facilita ogni tipo di cure, ma èsicuramente la sua preghiera e la sua santità che rido-nano la salute. Quella santità che lo porta a lambirecon le labbra le piaghe, anche le più repellenti.

luglio settembre 2012 Vita somasca

Rinuncia alle monete d’oro del Duca di Milano

A Milano, Girolamo suscita un enorme entusiasmonon solo presso il popolo, ma anche presso il ducaFrancesco II Sforza. Per sostenere le sue opere di carità, gli manda un gen-tiluomo di corte con una borsa di monete d’oro. Girolamo, tra la meraviglia dei presenti, ringrazia, marifiuta con risolutezza il denaro. Chiede piuttosto ed ottiene una casa per i suoi orfani.Si stringono attorno a lui numerose personalità: Ago-stino Panigarola, protonotario apostolico, i nobili Mar-co Strada, Francesco Croce e tanti altri.

Cura gli appestati

Nel 1532 a Bergamo e nel 1534 a Milano si diffondeun’epidemia quasi universale, che riempie di malatitutte le case. Girolamo prepara medicine, conforta, prega, assiste imoribondi, li esorta alla rassegnazione, si sobbarca aiservizi più umili e ripugnanti. È veramente instancabile… Nella valle di San Martino orfanelli e Padri non sonoesenti dal contagio, ma il Signore, per riguardo al suoServo, non permette che la morte neppure li sfiori.

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Dalla roccia fa scaturire

una sorgente

Per i piccoli orfani che ri-siedono alla Valletta è cer-tamente gravoso salire allaRocca ad attingere acquapiù volte al giorno, soprat-tutto d’inverno quando ne-vica e il sentiero è sdruccio-levole e pericoloso. Girolamo non pensa nep-pure un minuto che possa-no continuare a vivere inquesta situazione. In ginocchio, prega arden-temente il Padre celesteperché provveda. Comed’incanto, dalla roccia zam-pilla acqua purissima e ab-bondante. Ancora oggi al-la Valletta calma la sete delcorpo e soprattutto quelladell’anima dei pellegrini.

Moltiplica i pani

Un inverno nevica così tan-to che dalla Valletta è im-possibile scendere in pae-se per fare provviste. Il manto bianco copre tut-to e il sentiero è sparito. E in casa ci sono soltanto trepani. Le bocche da sfama-re sono tante. Girolamoesorta tutti a pregare e fa ac-comodare ciascuno al suoposto. Nasconde i tre paninel suo grembiule, li bene-dice e quindi li distribuisce,guardando verso il cielo. Pane così buono non fu piùmangiato. Un orfanello fur-bo e birichino si rende con-to del miracolo e conservaun pezzetto di quel pane.Dopo venticinque anni ri-mane ancora integro e gua-risce alcuni ammalati.

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Pranzo a Salò

Di ritorno da Venezia, Girolamo e mons. Stefano Ber-tazzoli sono invitati a pranzo a Salò in casa dei fratel-li Bartolomeo e Giovanni Battista Scaini, sinceri suoistimatori. In tavola pietanze ricercate e vini eccellen-ti, in onore dell’ospite.Si respira l’aria di una festa gioiosa e di un incontro

tanto atteso e desiderato.All’improvviso Girolamo scoppia in un pianto sconso-lato. Al pensiero della passione di Cristo, esce dalla sa-la da pranzo e si ciba di solo pane e di sola acqua, tralo sgomento dei convitati.

Mastica fango

Un giorno Girolamo, scendendo da Somasca a Vercu-rago, si imbatte in due fratelli che si ingiuriano e si mi-nacciano di brutto. E non contenti della rissa, bestem-miano Dio e la Vergine SS.ma con orrendo turpiloquio. A tale spettacolo indecente, cerca in tutti i modi di pa-cificarli, ma ogni sforzo risulta vano. Si butta in ginocchio, si riempie la bocca di fango e co-mincia a masticarlo. I due contendenti si fermano, si vergognano del com-portamento scandaloso e si riconciliano.

Preghiera e penitenza all’eremo

Desideroso di unirsi più intimamente al Signore conla preghiera e la meditazione, cerca un luogo solitarioe lo trova in un anfratto naturale sotto la Rocca. Davanti alla croce prega ardentemente per la Chiesa.Ripete spesso l’invocazione: “Dolcissimo Gesù non es-sermi giudice, ma salvatore”. E molto spesso sottopone il corpo ad aspre penitenze.Solo così vince lo spirito del male.

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La sagrestia

La sagrestia, come si può vedere dalle immagini cheseguono, è ancora in cattivo stato. Nelle lunette sono raffigurati tre miracoli operati dalMiani e San Carlo che venera le sue ossa incensandole.A prima vista, si ha l’impressione di trovarsi davantiad opera di altra mano.

Guarigione miracolosa

di suor Veronica Manenti

Suor Veronica Manenti, del monastero Mater Dominidi Bergamo, da venticinque anni è affetta da una gra-ve forma di sciatica alla coscia destra. All’età di sessant’anni si aggrava talmente da non po-tersi più muovere. La sera del 22 Novembre 1613, mentre a Bergamo sicelebrano i processi per la beatificazione del Miani, sicorica e lo prega con tutto il fervore possibile… Si addormenta tranquillamente e il mattino dopo sisveglia completamente guarita.

San Carlo incensa

le ossa di Girolamo

Nel 1566 San Carlo, durante la visita canonica alla dio-cesi di Milano, giunge alla parrocchia di San Bartolo-meo, a Somasca. Posto il piede sul limitare della chie-sa avverte un profumo celestiale. Al P. Bartolomeo Brocco, preposito della casa religio-sa, dice: “Non v’ha dubbio che in questa chiesa ripo-sa il corpo di qualche gran servo di Dio”. Accompagnato alla tomba del Miani, fa collocare lacassa sull’altare e ne incensa devotamente le ossa.

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luglio settembre 2012 VViittaa somasca

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Guarigione di uno storpio

Francesco Rocco Polvarodi Pescarenico è tormen-tato da dolori articolariacutissimi.Non si sorregge in piedi,se non appoggiato al ba-stone. Nessun rimedio riesce adargli sollievo. Confidan-do nel Signore è condottoa Garlate, dal parroco, peruna benedizione. Questi lo invita a pregareil Miani. Con grande difficoltà siinginocchia, lo invoca edottiene all’istante la gua-rigione.

Guarigione di un vecchio

caduto dagrande altezza

Francesco Manzoni, diBrivio, cade da un dirupoe si schianta a terra. Riporta varie rotture in-terne che gli rendono dif-ficoltosa ogni funzione.Anche la deambulazioneè praticamente nulla. Da due anni trascina unavita impossibile. Venuto a conoscenza del-la santità del Miani, si faportare più volte alla suatomba e ottiene un buonmiglioramento. Una notte Girolamo gliappare in sogno, lo guar-da con benevolenza, lobenedice e lo guarisce de-finitivamente.

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Il contratto“A di 8 maggio 1697 in Amelia […] io infrascritto

prometto al R.P. D. Gregorio D’Aste Preposto del

ve[nerabile] Collegio di S. Michele Arcangelo d’Amelia

di fare a tutte mie spese la pittura di tutto il Cor-

ridore della Porta come anco tutti li versi, con il

quadro in mezzo la sagrestia, secondo la forma in-

cominciata, cioè ornamenti delle porte, e fenestre,

ritracti del loro fondatore, e ritratti de loro cardi-

nali e vescovi, e Padri con farvi le sue iscrizioni

ovunque bisognerà, e ciò per lo spatio di tre mesi

d’esser tutto il d[ett]o lavoro composto, con ogni

perfezione dell’arte, altrimenti sia lecito, passato il

d[ett]o tempo respettivamente al detto P[ad]re

Preposto di farlo terminare a tutte mie spese sen-

za altra interpellatura perché cosi et a questo obli-

go lo faccio, perche detto Padre Preposto mi ha

promesso darmi scudi quaranta m[one]ta pero al

fine delle Raccolte, perché cosi et anco di dare a

me et ad un mio giovane che deve servire in detti la-

vori, e per mettere la calce [cancellatura] di quei

giorni, però che si lavora perche così e per osser-

vanza delle dette cose […]”.

Io Filippo Ralli mi obbligo et affermo quanto di sopra.

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luglio settembre 2012 VViittaa somasca

Il presente lavoretto ha il pregio, per al-tri certamente il difetto, di essere statocomposto “in toto” dall’autore, nono-stante la scarsità di mezzi a disposizio-ne e le difficoltà tecniche per la realiz-zazione dell’apparato fotografico. Soltanto la fotografia n° 3 è stata pre-sa da Internet. L’amore con cui è stato composto sup-plisce certamente ai limiti evidenti. Nella narrazione ho usato, per quantoè stato possibile, il presente, perché iSanti sono sempre con noi.

A cinquecento anni dalla sua liberazio-ne dal carcere, Girolamo Miani avreb-be meritato molto di più, ma… non è ilpensiero che conta?Con l’amico Prudenzio, anch’io alloraoffro questa umile corona.

Infine, un ringraziamento doveroso alresponsabile dei Beni Culturali di Ame-lia, Riccardo Passagrilli, che mi ha aper-to San Michele e alla mia amica Stefa-nia ”la Scordarella” che per due volte miha “scarrozzato” da Roma ad Amelia.

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Per ora ci è pervenuto soltanto il nomee cognome dell’artista di San Michele.Ma se osserviamo ed analizziamo la suaopera, scopriamo aspetti interessantidella sua personalità. Tre mesi per realizzare la decorazionedel corridoio non sono tanti se si con-sidera che si tratta di affreschi, dove lasicurezza del disegno e la velocità del-l’esecuzione sono fondamentali. Le scene si sviluppano in ambienti na-turali o in ambienti urbani incornicia-ti da severe architetture dove i perso-naggi si fondono in una mirabile unità.Niente è artefatto, ma tutto è naturale.I colori di alcuni episodi sono così mor-

bidi e vellutati da sembrare piuttostopastelli che affreschi. Lo sfumato che si perde in lontananzaverso le montagne crea bagliori inquie-tanti di luce che elevano l’animo del vi-sitatore alle realtà eterne. Ci presenta sempre il protagonista, Gi-rolamo, con la stessa serenità di spiri-to, che gli rende spontanee le sue azio-ni, mentre impersona negli altri perso-naggi, a seconda delle situazioni, i piùsvariati stati psicologici dell’animoumano. Ogni episodio è curato nei minimi par-ticolari, come fossero piccole miniature.Non mi sembra poco.

Filippo Ralli, pittore

Nota semiseria

p. Renato Ciocca

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Arabo. Una parola che suscita in noi im-mediati collegamenti, quasi fossero si-nonimi: lingua incomprensibile, terro-rismo, pane, turbanti e petrolio… Niente di tutto questo. Vi parlo oggi di un arabo di due anni emezzo d’età, Elias, viso vispo e due oc-chioni neri, con delle sopracciglia lun-ghe, dolcissimo, con l’unico “limite” (no-stro, a dire il vero), di parlare una lin-gua a noi per niente familiare.

Elias è stato con noi, nella comunità diLecco, ospite speciale per qualche gior-no, accompagnato da papà Rami e mam-ma Abeer, due giovani che hanno sogna-to e realizzato il desiderio di partecipa-re all’incontro mondiale delle famiglietenutosi a Milano lo scorso giugno. Sembrerebbe una storia come tante senon fosse per la loro provenienza che lirende una famiglia speciale: Betlemme.Ma la dolcezza dell’ambiente dal sapo-

re natalizio sappiamo bene che al gior-no d’oggi non è di casa. La realtà è un’altra. Ci hanno raccontato i salti mortali chehanno fatto per ottenere il permesso pervenire in Italia; il viaggio durato duegiorni in più, semplicemente perché aipalestinesi non è permesso l’utilizzo del-l’aeroporto israeliano di Tel Aviv, che di-sta poco meno di un’ora da casa loro, equindi il dover raggiungere prima laGiordania via terra e, da lì, prendere ilvolo verso l’Italia. La necessità di camminare sempre conil passaporto in mano, perché anche rag-giungere Gerusalemme è un’impresa ar-dua, quasi impossibile. Nei giorni in cui sono stati con noi, ab-biamo visto un’espressione costante digioia, pace e stupore.Alla nostra domanda: “come state”, cirispondevano: “stiamo respirando la li-bertà”. In realtà, abbiamo solo vagamente in-tuito il loro stato d’animo, così come va-gamente abbiamo capito come si vive inuna terra in continua guerra, tensione epericoli. La cosa più sorprendente è constatare illoro desiderio di dare il proprio appor-to perché la realtà in cui vivono cambi.Rami lavora come addetto alla manu-tenzioni impianti nell’ospedale pediatri-co Caritas Baby Hospital in Betlemme,e, per niente al mondo, lascerebbe quel-lo che è molto di più di un lavoro: è lasperanza di un futuro migliore. Ci racconta della sua decisione come cri-stiano di interrompere la spirale di vio-lenza, incontrando grandi difficoltà e in-comprensioni da parte degli stessi suoicompagni, e di passare dall’essere uncombattente anti-israeliano all’offrireaiuto attraverso l’ospedale (visite, me-dicine). “Non voglio più saperne di vio-lenza”, dice; e per questa sua decisioneha subito pressioni e violenze. Ci racconta di un’aggressione subita in

In casa nostra

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Vita e missione 1Vita e missione 1

sr. Giovanna Serra

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casa, dall’esito raccapric-ciante: un cacciavitepiantato sulla fronte cheprometteva un futuro insedia a rotelle. Una fede in Dio capace disfidare qualsiasi diagno-si medica, una voce sen-tita nella grotta della Na-tività che assicurava vici-nanza perenne e che si-curamente è stata la ve-ra medicina per la sua si-tuazione. E a ragione. Il medico che aveva concertezza diagnosticatol’impossibilità di ripren-dere a camminare, nonne ha più voluto sapernedi lui, perché la sua scon-fitta scientifica è stata pa-lese. Oggi Rami cammi-

na, e bene, conduce unavita normale e ha ancheavuto un figlio, altrasmentita alle previsionimediche. La cosa più bella per noiè stato vedere che nellesue parole non c’era om-bra di risentimento o diodio. Attraverso innumerevolidettagli affioranti dai rac-conti, ci hanno fatto viag-giare virtualmente nellaloro vita, nella loro terra,nel loro impegno di vive-re con pienezza la fede. Un’esistenza incerta e incostante pericolo ma sor-retta dalla certezza chequel Gesù, nato a pochipassi da casa loro duemi-la anni fa, è sempre al lo-

ro fianco per dar loro fi-ducia e forza. Grazie Rami e grazieAbeer che ci avete per-messo di condividere convoi qualcosa della realtàin cui vivete e soprattut-to della vostra testimo-nianza di cristiani impe-gnati a costruire una con-vivenza diversa. Ciao Elias! Cresci, e possa tu vedere,nel tuo futuro, doni al po-sto delle bombe, porteaperte al posto dei check-point militari, spazi aper-ti al posto degli otto me-tri d’altezza del muro checinge la tua città. Dimenticavo! Una parola in arabo l’hoimparata: “Halib”, latte.

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Missionarie Figlie di s. Girolamo EmilianiMissionarie Figlie di s. Girolamo Emiliani

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Lo scorso 30 giugno, noi, Suore Soma-sche, Figlie di San Girolamo Emiliani,abbiamo potuto godere di un bellissi-mo dono del Signore: il 50° di profes-sione religiosa di cinque nostre sorel-le: Madre M. Tiziana Benaglia, sr. M.Patrizia Belotti, sr. M. Elvira Amigo-ni, sr. M. Onorina Gaveglio e sr. M.Claudia Alfero.

Ci siamo ritrovate nella Chiesa di SanFrancesco in Rapallo officiata dai nostriConfratelli, i Padri Somaschi. Tante per-sone sono venute dalla Lombardia e dalPiemonte, luogo di nascita delle Suoree altre persone da luoghi diversi per lacerimonia. Abbiamo celebrato la S. Messa solennedi ringraziamento al Signore, per tuttoil bene che queste nostre sorelle hannopotuto operare nella loro vita di aposto-lato, a servizio dei piccoli e dei poveri,sull’esempio del nostro caro Padre Gi-

rolamo.La cerimonia è stata presieduta dal Vi-cario Generale dei Padri Somaschi, p.José Antonio Nieto, assistito da altri re-ligiosi Somaschi, che hanno voluto pre-gare con noi e condividere la nostra gio-ia: p. Giuseppe Oddone, p. FrancescoMurgia, p. Renzo Montrucchio, p. AldoGazzano, p. Renzo Carena, p. Ignazio Ar-giolas e un missionario della Consolata,p. Rinaldo Do, presente in Italia per cu-re mediche, ma che svolge il suo mini-stero in Congo, a Mont-ngafula, dove sitrova la nostra missione.Un buon numero di chierichetti, com-posti e attenti, guidati da fr. Carlo Sca-glione, hanno reso la cerimonia più vi-va e più solenne. La corale della chiesa di S. Francesco haaccompagnato, con canti ben prepara-ti e ben riusciti, ogni parte della liturgia.Il celebrante, all’omelia, ha sottolinea-to l’aspetto principale della cerimoniache è appunto quello di ringraziare tut-ti insieme il Signore, che ha dato la pos-sibilità alle nostre sorelle, in questi lun-ghi 50 anni di donazione a Lui, di faretanto bene e, nello stesso tempo, dire ilnostro grazie alle festeggiate, che han-no saputo ascoltare il Signore, produ-cendo tanti frutti buoni. Al termine dell’omelia, le cinque sorel-le hanno rinnovato i santi voti religiosi.Questo è stato certamente un momen-to emozionante, perché il pensiero è an-dato a quando, giovanissime suore, an-cora insieme davanti all’altare, hannopronunciato il loro primo ”sì”, affidan-do al Signore tutto il cammino della lo-ro vita e rimettendo nelle sue mani tut-te loro stesse. Quanta strada hanno percorso queste

C i n q u a n t ’ a n n i d i p r o f e s s i o n e

r e l i g i o s a

Vita e missione 2Vita e missione 2

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sorelle! Quanti bimbi ac-colti, curati, educati;quante anziane consolatee amate!Tutte le persone presentierano la conferma di que-sto. Anche la presenza didue nostre sorelle congo-lesi, è stata la prova delbene operato da Madre M.Tiziana e Suor M. Patri-zia, missionarie in Congo,venute in Italia apposita-mente per la festa. I loro dieci anni di perma-nenza laggiù, hanno giàdato frutti! All’offertorio le suore fe-steggiate hanno portatoall’altare il pane e il vino,unitamente ad altri donied a cinque rose rosse che,al termine della cerimo-nia, hanno deposto da-vanti all’altare di san Gi-rolamo, quale segno di ri-conoscenza al nostro ca-ro Padre che, sin dalla gio-vinezza, ha messo nel lo-ro cuore il desiderio di se-guire le sue orme, al ser-vizio del prossimo.Al termine della cerimo-

nia, il religioso Missiona-rio della Consolata ha ri-volto parole di augurio al-le Suore, sottolineando ilbene che le nostre conso-relle italiane, con quellecongolesi, operano inCongo, a favore di tantipiccoli, che frequentanola nostra scuola ed ha in-vitato alla preghiera per ifratelli africani, che sonoprovati da tante sofferen-ze. Da ultimo, ha chiestoun applauso per le festeg-giate e le persone presen-ti hanno riempito la chie-sa, con un applauso sen-tito e scrosciante.Al termine della cerimo-nia, è seguito un momen-to di condivisione per tut-ti, al nostro Istituto “NidoS. Girolamo “ di Rapallo.Il “ Nido “ ha accolto tut-ti: sacerdoti, parenti, ami-ci e conoscenti, alcuni deiquali sono giunti dalla pro-vincia di Varese e di Lec-co e anche ex alunni con iparenti, per ricordare igiorni trascorsi con le Suo-re nel periodo scolastico.

È stata davvero una bel-lissima occasione per rin-graziare insieme il Signo-re e per vivere un momen-to di fraternità e di gioiacristiana.Certamente la MadreAgnese e le Consorelle chesono nella gioia del Para-diso, avranno gioito perquesto giorno memorabi-le e ne abbiamo sentito ve-ramente la loro spiritua-le presenza.Un grazie al p. Vicario Ge-nerale, a tutti i nostri Con-fratelli, alle Autorità pre-senti, alle persone che intanti modi ci dimostranoil loro affetto e la loro ge-nerosità, alle collaboratri-ci e collaboratori che han-no voluto essere di aiutoprezioso alle suore in que-sto momento particolare.Affidiamo la ricompensaalla bontà del Signore echiediamo la protezionedel nostro caro Padre sanGirolamo, in questo AnnoGiubilare, mentre augu-riamo alle cinque Sorelle“ad multos annos”.

Suore Somasche Figlie di s. Girolamo EmilianiSuore Somasche Figlie di s. Girolamo Emiliani

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Vita e missione 3Vita e missione 3

San Girolamo Miani e santa BenedettaCambiagio Frassinello, fondatrice delleSuore Benedettine della Provvidenza, so-no due santi lontani nel tempo ma cosìuniti per spiritualità e ardore apostolico.I tratti più salienti di questa loro sinto-nia si trovano in una fede fortemente le-gata alla paternità di Dio e al fiduciosoabbandono nel suo amore e in un’attivi-tà apostolica che vide il Santo fra i gio-vani e la Santa tra le fanciulle più biso-gnose. Nella gioventù orfana, abbandonata o di-sagiata seppero contemplare il volto diDio e con la forza del Vangelo ridonaro-no dignità e nuova energia alla società.Con la loro vita, totalmente orientata alservizio di Dio attraverso l’opera educa-tiva e l’amore ai poveri, affascinarono igiovani e le giovani di allora.Benedetta volle san Girolamo tra i pro-tettori del sua prima opera pavese e del

suo Istituto, affiliato spiritualmente al-l’Ordine di Somasca con decreto del 10luglio 1928. Conobbe e assimilò la sua spiritualità dalsuo direttore spirituale, padre GiacomoDe Filippi, chierico regolare somasco,che dopo la esclaustrazione, dovuta allasoppressione napoleonica, abitò nellasua stessa parrocchia dove svolse lode-volmente il ministero sacerdotale. Benedetta ebbe sempre molto vivo il de-siderio di perfezione e di vita religiosa;per questo desiderava compiere opere dipietà, praticare penitenze anche non co-muni e seguire le pratiche imposte dal-le regole dell’Ordine dei Somaschi. Lo dimostra la lettera che il padre De Fi-lippi le scrisse da Somasca il 24 gennaio1825 e che qui riportiamo integralmen-te, eccettuato il PS, in cui le chiedeva ilfavore di saldare un conto che egli ave-va con un creditore a lei ben noto.

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San Girolamo e santa Benedetta

Cambiagio Frassinello

Benedetta Carissima in Cristo.Voi credete che io abbia il tempo di stare al tavolino a scrivere per darvi quelle istruzio-ni che bramate, onde secondare il vostro spirito di pietà, e il desiderio vostro di giungerealla perfezione cristiana. Ma mia cara Benedetta, come posso io mai qui trattenermi in tale occupazione, che sa-rebbe certamente santa e lodevole ed anche conforme al mio volere, ma non è compati-bile con le altre mie occupazioni, l’adempimento delle quali assorbisce tutte le ore dellagiornata? Mettete dunque tutta la vostra confidenza in Dio, il Quale conoscendo tutta lavostra buona volontà e il vostro zelo, vi darà Egli stesso que’ lumi che sono necessari perarrivare a quella perfezione che tanto desiderate, e finirà col darvi altresì il gran donodella perseveranza. Quanto alla penitenza, che vorreste fare per meglio uniformarvi al vostro esemplare Ge-sù Cristo, voi non potete ingannarvi nelle vostre risoluzioni: poiché, se le vostre mortifi-cazioni e le vostre austerità non vi riducono ad essere così languida ed inferma, che ab-biate a mancare ai vostri doveri ed all’esercizio delle opere di misericordia, specialmen-

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Suore Benedettine della ProvvidenzaSuore Benedettine della Provvidenza

te verso la vostra povera sorella già da tanti anni inchiodata nel letto; dovete da ciòcomprendere che esse sono benedette da Dio, il Quale, ad onta dei vostri patimenti, vidà la forza di sostenervi. Se poi vedete che le vostre macerazioni vi riducono a tale sta-to di debolezza, da non poter reggere nell’adempimento delle suaccennate opere, sì do-mestiche che di pietà e di religione; in tal caso voi dovete mitigarle, e riconoscere che ilSignore non vuole che voi pratichiate tutte quelle austerità che furono praticate dai piùgran penitenti, i quali voi forse vi sentite indotta ad imitare: perché sarebbe una pre-sunzione vostra il pretendere che Iddio conceda a voi quell’abbondanza di grazie, cheEgli ha voluto profondere sopra di essi. Ad ogni modo voi regolatevi sì in questa, che inogni altra cosa secondo il consiglio di codesto vostro Confessore, al quale voi dovete cie-camente ubbidire, sul riflesso che sarà sempre più grata a Dio la vostra ubbidienza chequalunque altro vostro sacrificio; poiché, come dice S. Gregorio, coll’ubbidienza si sa-crifica a Dio stesso la nostra volontà: per obedientiam voluntas propria mactatur.E poi riflettete, e state sempre tranquilla su questo pensiero che il Signore non vi faràmai carico di aver ubbidito il vostro Direttore spirituale, ancorché egli potesse anchetalvolta fallare. Avvertite pure ad un altro inconveniente, che può succedere a chi vuolcorrere con troppa velocità nella via spirituale; ed è che il demonio, più accorto di noi,potrebbe tentarvi col mettere in voi la smania di avanzarvi al più presto nella perfezio-ne cristiana, per poi produrre in voi medesima tale stanchezza e tale noia, che dobbia-te alla fine fermarvi alla metà del cammino. Per non cadere, adunque, in sì fatto ingan-no, vi ripeto di consigliarvi col vostro confessore; il quale essendo assistito da lumi del-la grazia divina, vi darà quei savi avvertimenti che saranno opportuni alle vostre cir-costanze. Quanto alle regole che riguardano il nostro Istituto di Somasca, che voi bra-mate di avere per osservarle, non è possibile che io ve le trascriva, perché esse sono stam-pate in un grosso volume. Noi però oltre i digiuni che obbligano tutti i cristiani, digiu-niamo in adempimento alle nostre regole anche l’Avvento, e le due vigilie del Corpus Do-mini, di San Gerolamo, di cui si celebra la festa l’8 di febbraio, giorno della sua morte. Ma ritenete che, quando non vi sia un manifesto disprezzo, le nostre Regole non ci ob-bligano neppure a peccato veniale. Alcuni religiosi poi sogliono digiunare per la loro devozione il venerdì e il sabato di ognisettimana. Qui abbiamo inoltre la ufficiatura in coro tre volte la settimana, il rosariotutte le sere, la meditazione due volte al giorno. Alla tavola si legge mattina e sera unlibro spirituale, e si fanno in chiesa e in casa altri esercizi di pietà, che sarebbe troppolungo di accennarvi.Per vostro conforto poi e della sorella vostra inferma, e di tutte le persone che hanno labontà di raccomandarsi alle mie deboli orazioni, vi dico che io prego costantemente pervoi tutti più volte al giorno, cioè nelle mie orazioni mattina e sera, ogni volta che discen-do nella chiesa a far l’adorazione del SS. Sacramento e specialmente nel santo Sacrifi-cio della Messa; e prego Iddio, col maggior fervore per me possibile, che vi conceda legrazie, sì spirituali, che temporali, di cui abbisognate. Nelle accennate occasioni prego altresì per i miei penitenti e per le mie penitenti. Misembra adunque di poter meritare che tutte le suddette persone si ricordino ugualmen-te di me: al quale oggetto caldamente mi raccomando.Aggradite i miei cordiali saluti, cui pregovi di effondere al vostro marito, alla vostrasorella, ai due sig. Curati Carena e Fiocchi, all’Anna M., alla Clara, alle Monache Fio-roni, e a tutte le persone da me conosciute, e che si ricordano di me: mentr’io col so-lito affetto mi protesto

Vostro Affezionatissimo in Gesù CristoGiacomo De Filippi, crs

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Vita e missione 4Vita e missione 4

Il 24 luglio scorso si è con-cluso a Somasca ilXXXIII Capitolo genera-le del nostro Istituto, leSuore Orsoline di San Gi-rolamo in Somasca.I lavori capitolari, enu-cleati a partire dal temagenerale: “Dal cuore del-la Trinità - Vere madriin Cristo nel segno dellacomunione e della condi-visione”, si sono articola-ti in una serie di riflessio-ni volte a cercare di defi-

nire le concrete modali-tà, con cui poter porrenella ferialità di ogniesperienza segni sempli-ci, ma reali di comunio-ne e di condivisione, vi-vendo la maternità edu-cativa in Cristo come do-no per ogni persona e, inparticolare, per le giova-

ni generazioni. In particolare, gli argo-menti, da cui sono scatu-rite anche alcune priori-tà per il prossimo sessen-nio, sono stati i laici,l’intercultura e la curaeducativa per le nuovegenerazioni. Il tutto nella consapevo-lezza della necessità di unpercorso di formazionecontinua e qualificata,che progressivamenteconfigura a Cristo e ren-de capaci di leggere e diaccogliere con occhi sa-pienziali e con cuore tra-boccante d’Amore le di-verse realtà sociocultura-li ed ecclesiali.Un fondamentale riferi-mento per il cammino è laParola, che ha illuminatoil lavoro capitolare e cheaccompagnerà anche ilprogetto comunitario eapostolico del sessennio2012-2018: “Ora siete luce nel Signo-re. Comportatevi perciòcome figli della luce; ilfrutto della luce consistein ogni bontà, giustizia everità. Cercate ciò che ègradito al Signore” (Ef5,8-10).Parola impegnativa, chearricchisce la quotidiani-tà di orizzonti di speran-za e invita a vivere con au-tenticità la nostra consa-crazione e missione, cer-te che “dalla convinta ecoerente testimonianzapersonale e comunitaria

scaturisce la fecondità diogni azione apostolica”(cf Cost n. 81).Molto importante è statoanche l’aiuto spiritualedonatoci da p. FrancoMoscone, Preposito gene-rale dei Padri Somaschi,che con significative me-ditazioni nel corso degliEsercizi spirituali e dellaS. Messa quotidiana ci haaiutato a “leggere” la Pa-rola e gli impegni capito-lari alla luce della nostraspecificità carismatica at-traverso il “volto” di sanGirolamo Emiliani, dellabeata Caterina Cittadini edella sorella Giuditta, no-stre Fondatrici.Nella fase elettiva del Ca-pitolo si è provveduto an-che al rinnovo delle cari-che istituzionali.In questo prossimo ses-sennio l’Istituto sarà gui-dato dalla Superiora ge-nerale suor Maria Sacco-mandi, coadiuvata dallaVicaria generale MadreLetizia Pedretti, dalleConsigliere suor Carla La-velli, suor Theresa Eda-cheril e suor Pierina Pe-roni e dalla Segretariasuor Rosaria Isacchi. Ora riprendiamo il cam-mino quotidiano con lacertezza della Presenza diDio fedele e provvidente econ il desiderio di essereveramente di Cristo perportare a Cristo, il Croci-fisso Risorto, speranza del-l’umanità.

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Suore Orsoline di San Girolamo in SomascaSuore Orsoline di San Girolamo in Somasca

XXXIII Capitolo generaleMadre Letizia Pedretti

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È stato dimostrato che la stima el'apprezzamento di se stessi sonofondamentali per imparare, cresce-re e per riuscire a far fronte ai pro-blemi della vita in modo ottimale.Diventa quindi prioritario fare inmodo che i nostri bambini imparinosoprattutto a credere in se stessi, so-lo così potranno sempre trovare ilmodo migliore per affrontare i pro-blemi che si porranno. È in primo luogo compito dei geni-tori offrire ai propri figli un ambien-te che consenta loro di crescere fidu-ciosi e sicuri.Il bambino ha bisogno d essereascoltato e capito, ha bisogno di es-sere posto di fronte a situazioni noncompletamente nuove e che comun-que gli consentano di sperimentareun vissuto di successo. A volte, la fretta dei grandi di vede-re crescere i propri figli li pone difronte a compiti molto più grandidelle possibilità e, quindi, inevitabil-mente di fronte ad un insuccesso.L'importante è sempre la certezza distabilire degli obiettivi appropriatiper il proprio bambino, stimolando-lo ad esplorare il mondo, a conosce-re e imparare, ma sempre senza por-lo di fronte a compiti che non potreb-be risolvere, perché troppo grandiper lui. Le conseguenze caratteristi-che di una bassa autostima sonoun’eccessiva timidezza e senso di in-feriorità nei confronti degli altri. Sembra che il bambino abbia sem-

pre bisogno di qualcuno che gli siaaccanto, supportandolo nei com-portamenti. Non è raro che il bam-bino nutra dei seri dubbi su di sé.Questo lo porta ad evitare situazio-ni di confronto o di potenziale suc-cesso. Di solito, una carente autosti-ma si nasconde dietro comporta-menti di segno opposto. Non è raro che gli atteggiamentiusuali siano di tipo aggressivo, o det-tati dalla rabbia, oppure, ancora, ba-sati su l’ostentazione eccessiva o ca-ratterizzati da un perfezionismo avolte esasperante. Questi atteggia-menti rappresentano proprio uncampanello di allarme, perché sonoquelli maggiormente usati per na-scondere delle convinzioni oppostequali quelle di non avere fiducia nel-le proprie capacità. Altri comporta-menti distintivi di una bassa autosti-ma possono essere un’eccessiva pas-sività e un’inibizione rispetto alleproprie emozioni, ritenute spesso evolentieri non adeguate alle situa-zioni. Come aiutare i bambini?Sono i genitori ad essere chiamati incausa. Il bambino negli anni dellasua crescita ha bisogno di sentirsi“speciale”. Se sarà soddisfatto que-sto bisogno fondamentale si sentiràin grado di gestire la realtà e non avràgrandi difficoltà ad affrontare la suavita. Soddisfare queste sue necessi-tà lo farà sentire amato e riconosciu-to nel proprio essere dalle due per-sone su cui lui conta maggiormente.Questo non deve voler dire viziare ilbambino, accontentandolo su tutto,oppure permettendogli atteggia-menti “da padroncino”, bensì aiu-tarlo ad avere rispetto per sé. Questa iniezione di fiducia lo accom-pagnerà per il resto della sua vita.

Spazio famigliaSpazio famiglia

Se i bambini vivono con le critiche,imparano a condannareSe i bambini vivono con l'ostilità, imparano a combattereSe i bambini vivono con la paura, imparano a essere apprensiviSe i bambini vivono con la pietà, imparano a commiserarsiSe i bambini vivono con il ridicolo, imparano a essere timidiSe i bambini vivono con la gelosia,imparano a provare invidiaSe i bambini vivono con la vergo-gna, imparano a sentirsi colpevoliSe i bambini vivono con l'incoraggia-mento, imparano a essere sicuri di séSe i bambini vivono con la tolleranza,imparano a essere pazientiSe i bambini vivono con la lode, imparano ad apprezzareSe i bambini vivono con l'accettazio-ne, imparano ad amareSe i bambini vivono con l'approvazio-ne, imparano a piacersiSe i bambini vivono con il riconosci-mento, imparano che è bene avereun obiettivoSe i bambini vivono con la condivi-sione, imparano a essere generosiSe i bambini vivono con l'onestà, imparano a essere sinceriSe i bambini vivono con la correttezza,imparano cos'è la giustiziaSe i bambini vivono con la gentilez-za e la considerazione, imparano il rispettoSe i bambini vivono con la sicurez-za, imparano ad avere fiducia in séstessi e nel prossimoSe i bambini vivono con la benevo-lenza, imparano che il mondo è unbel posto in cui vivere

Dorothy Law Nolte dal libro “i bambini imparano

quello che vivono” - Fabbri editori

Cinzia Riassetto

Una iniezioneche non punge

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Queste parole della Bib-bia si trovano nel libro diIsaia 40,31, e il presiden-te degli Stati Uniti, BarakObama, ha confessato ditrovare in esse fonte di in-coraggiamento per tuttala sua vita, si suppone,pubblica e privata.Il complicato reticolo cheavvolge la campagnaelettorale, che tra pochimesi porterà milioni dicittadini americani a sce-gliere un nuovo presiden-te, ha obbligato Obama eil suo sfidante repubbli-cano Mitt Romney a ci-mentarsi in una lunga in-tervista pubblica che ave-va come argomento fedee sentimento religioso.

Romney, con posizioniconservatrici, per usareun eufemismo, combattecon vigore le riforme diObama che chiede diestendere l’assistenza sa-nitaria gratuita a circaquaranta milioni di citta-dini indigenti, in nome diprivilegi di classe, che unademocrazia per di piùispirata alla Bibbia, nonpuò accettare. Eppure per la propagan-da elettorale lo stesso Ro-meny, che è seguace del-la setta dei Mormoni, di-chiara con scarsa coeren-za di amare molto il pas-so delle scritture (Mt25,35 - 36) che recita:“Avevo fame e mi avetedato da mangiare, avevosete e mi avete dato da be-re, ero straniero e mi ave-te accettato, ero nudo emi avete vestito...”. Dove, come, quandoRomney abbia rifocillato

affamati e assetati o ac-colto stranieri o vestito di-seredati non è dato sape-re. Anzi, i suoi comporta-menti politici smentisco-no questa sua adesione al-la scrittura. Più saggia la scelta di Oba-ma che pare affidare al-l’occhio benevolo del Si-gnore la difficoltà dellesue scelte. Ma ancora una volta, inderoga ai principi del li-beralismo, la religione,che dovrebbe essere fattoassolutamente privato,perché all’interno di unacomunità i cittadini al pri-mo posto dovrebberomettere il rispetto delleleggi, diventa elemento didiscussione e di valutazio-ne della statura politicadei leader da scegliere pergovernare un grande pae-se come gli Stati Uniti.E così, senza nessuna no-vità, la religione e la suaricerca intorno ai valorieterni ed al sentimentodell’infinito diventanoancella della politica,scienza del possibile.Il magnanimo e non di-menticato don PrimoMazzolari diceva:“Gli uomini di fede sono

servi di tutti, ma non han-no padroni”.Il vero testimone della fe-de cristiana e il suo stare

Ricordare per riflettereRicordare per riflettere

Fede e politica...“Ma tutti quelli che confidano nel Signore ricevono forze sempre nuove: camminano senza affannarsi, corrono senza stancarsi, volano con ali di aquila”

Matteo Lo Presti

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nel mondo con una visio-ne autentica dell’eternonon dovrebbe avere rap-porti con il potere. Come hanno testimonia-to i grandi protagonistidel mondo cristiano, ilVangelo dovrebbe dare ilsenso all’essere della po-litica. Il Vangelo è un an-nuncio di salvezza, ma so-lo forzature interpretati-ve possono trovare inquelle pagine scelte eco-nomiche o equilibri poli-tici, programmi di gover-no o tecniche ammini-strative. Non si può usa-re la religione per la dife-sa di interessi materiali.Le realtà materiali e tem-porali devono essere se-parate dalla religione. Certo i cristiani devonoessere non disinteressati,certamente attenti a nonparteggiare per favorireinteressi religiosi o per fa-re contrabbando ideolo-gico del verbo evangelico.Che fede è quella che im-

pedisce di pensare cheCristo si incarna in ogniepoca storica? Il cristiano dimenticaspesso che la sua missio-ne è vocazione alla soli-tudine, chiamato spessoa disapprovare mode esfavillio di ricchezze, chedeve tenersi lontano dal-la esaltazione delle am-bizioni degli uomini, an-che di quelli che sposa-no per passione civica lapolitica. Il compito del buon cri-stiano (lo era anche il“buon samaritano”, nonproprio uomo di ricono-sciuta religiosità) è soloquello di rendere testimo-nianza e non a caso mol-ti secoli della storia dellachiesa sono legati a storiedi martirio unica testimo-nianza sopportabile.L’intervista parallela deidue candidati alla presi-denza degli Stati Uniti hamolte sfaccettature dipropaganda, ma mentre

la riflessione di Obama èconfortata, fino a qui, dauna azione politica coe-rente con le sue convin-zioni (“vedere l’immaginedi Dio nel prossimo”), leparole di Romney (“ho in-caricato mia moglie (!) dipromuovere le organiz-zazioni di servizio socia-le di ispirazione religio-sa”), hanno spesso il sensodi una vuota inaccettabilepropaganda elettorale.Il mondo della politica hagrandi complessità, maanche nei labirinti del po-tere, le semplificazioninon dovrebbero guastarele campagne elettorali.Basta ricordare la frase disan Giovanni (1Gv 4, 8.16)“Dio è amore”.Comincia tutto da questaterribile, importante, co-raggiosa sferzata alla no-stra pigrizia sociale. E speriamo che Obama,senza bisogno di esibire isuoi sentimenti più inti-mi, sia rieletto, perché lastoria possa dire che è sta-to un buon testimone nel-la pratica quotidiana del-le convinzioni solidali cheha cercato di realizzare,come cittadino prima ecome cristiano dopo.Così come aveva fattoJohn Kennedy, primopresidente cattolico ame-ricano, che mai avevapensato di potere favori-re in qualunque modo lasua parte religiosa. E anche questo era unmodo coraggioso di fug-gire da privilegi di etichet-ta faziosa per essere cri-stiano, nella tolleranza diogni altra religione.

luglio settembre 2012 VViittaa somasca

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Bangalore (India)Rito di ammissione al noviziato con l’affidamento al maestro p. Prabhakar Madanu di quattro novizi:Balthazar Essak, Stalin Susai Rajan Susai Nayagam,Francis Jayaraj Sebasthikannu e Gnana Sundar Giregory.

Madrid (Spagna)Grande successo ha riscosso il pellegrinaggio delle reliquie insigni di san Girolamo portate per lediverse comunità somasche della Provincia spagnola,stimolando la fede, la devozione e la partecipazionedi numerose persone.

Pinchote (Colombia)Incontro formativo dei laici vincolati al Movimento

Laicale Somasco e che operano, sullo stile di san Gi-rolamo, con le diverse comunità somasche

nel tradurre il Vangelo della carità in contesti socialiassetati di dignità e di giustizia.

Tagaytay (Filippine)Rito di ammissione al noviziato internazionale con

l’affidamento al maestro p. Luigi Cucci di nove novizi: sette indonesiani e due filippini.

Con i cinque giovani nigeriani già presenti, il gruppo è composto da 14 presenze.

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A 87 anni, è deceduto il 2giugno 2012. Originario di Molteno(Lecco), primo di dieci fi-gli, matura la sua vocazio-ne nel ceppo forte e soli-do di una famiglia che loprepara e abilita ad af-frontare difficoltà di ognitipo. Infatti, p. Carlo farà par-te di un numeroso grup-po di confratelli che ha af-frontato gli studi di filo-sofia e teologia, nel pienodella guerra e immediata-mente dopo, risultando laprima classe di nostri sa-cerdoti ordinati nel dopo-guerra a Roma (1949).Trascorre i primi anni disacerdozio nei seminari di

Corbetta e di Feltre, quin-di si dedica alacrementeal ministero strettamentesacerdotale nel santuariodi Legnano e nelle parroc-chie di Treviso e di Me-stre, svolto per 20 anni,dal 1958 al 1978. Darà il meglio di sé nelcampo della scuola (i mi-tici anni ’80 e ’90 di Cor-betta), cimentandosi vit-toriosamente nella garadell’educazione, per tra-smettere i doni dell’eredi-tà, cioè il patrimonioevangelico. “Sapeva comunicare vo-glia e amore di studio”,han detto in tanti. Trascorrerà gli ultimi 16anni della sua ultima tap-

pa di apostolato nella co-munità di Magenta, appli-candosi con entusiasmo esenza risparmio di ener-gie nella pastorale parroc-chiale. “Qui voglio spen-dere – diceva – le energiefin che Dio vuole e qui mo-rire”, come è stato.All’avvicinarsi della mor-te, p. Carlo ha affrontatogli ultimi anni e, in parti-colare, gli ultimi cinquemesi, assistito affettuosa-mente dai confratelli del-la comunità. A lui si applica perfetta-mente il detto dei patriar-chi nel primo libro dellaBibbia: “Si è ricongiuntoai suoi padri, vecchio esazio di giorni”.

In memoriaIn memoria

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Padre Carlo Valsecchi

A 47 anni, è deceduto l’8luglio 2012.“Le nostre strade si sonoincrociate nel 1989, avevi24 anni: nel tuo cuore nu-trivi un desiderio di mis-sione e voglia di viaggiare.Il 1989 fu un anno impor-tante, di svolta storica perl’Europa, il mondo e so-prattutto la Polonia. La caduta dei regimi sem-brava ridare libertà e su-scitare entusiasmo. Sei così potuto venire inItalia e continuare la tuaformazione al sacerdozioche tanto desideravi: haicambiato lingua e “casa”entrando nella Congrega-zione somasca. La meta del sacerdoziol’hai raggiunta nella pri-

mavera del 1996. Hai portato il peso dei mi-steri santi per 16 anni che,forse, non li hai sentiti dol-ci e leggeri, come li chiamaGesù in Mt. 11,30, ma han-no sempre addolcito la tuaesistenza rendendola per-corribile. Hai così volto lo sguardoad un aspetto della missio-ne prediligendo lo studio:lì ci riuscivi bene. Hai affrontato con profes-sionalità il pensiero e la fi-gura di Florenskij, sacer-dote e martire della Chie-sa perseguitata di Russia. Di lui amavi parlarne, far-lo conoscere e… speravi dipoter un giorno anche in-segnarne il pensiero e ladottrina in maniera uffi-

ciale. Gli ultimi due annidella tua vita, fuori per tuascelta dalla comunità reli-giosa, ma nella tua Chiesalocale di Bydgoszcz, e gliultimi due mesi, sono sta-ti, di sicuro i più faticosi.Adattando le parole cheDavide dice al profeta Gad(2 Sam 24,14): “Ora sei ca-duto nelle mani di Yavè lacui misericordia è gran-de… sono mani di salvez-za e più sicure di qualsia-si altra mano umana”. E con le parole della No-stra Orazione, la preghie-ra consigliataci da san Gi-rolamo Emiliani: “…orasei nella via di Dio che èpace, carità e prosperità”.

(dal messaggiodi p. Franco Moscone)

Padre Krzysztof Gorlewski

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Recensioni Recensioni

Gesù di Nazaret nelle culture del suo tempoAlcuni aspetti del Gesù storicoRomano Penna - pp. 211 - EDB, 2012 È un libro di erudizione, con molte note e molti tecnicismi, di uno studioso di grande statu-ra, un piemontese trapiantato da anni a Roma. Ma tutto l’apparato serve a rispondere consicurezza ad alcune fondamentali questioni, ad aprire le quali sta la constatazione che il Ver-bo, vero Dio, è vero uomo nel senso di vero ebreo-giudeo-israelita, condizionato da una pre-cisa dimensione temporale (il primo trentennio del primo secolo dell’era cristiana) e spa-ziale (la Galilea di pressoché tutta la sua esistenza) e dal ceto sociale cui apparteneva. “La conoscenza della situazione storica di Israele – premette l’autore, già professore in va-rie università pontificie romane - costituisce un apporto imprescindibile per favorire un con-fronto con il mistero di Gesù di Nazaret”, artigiano di villaggio e poi profeta itinerante.Di più (e qui la conoscenza di Gesù si fa ragione di fede): non è mai esistita una documen-tazione su Gesù a prescindere dalla fede in lui, e questo almeno per 1700 anni, fino all’illu-minismo. E anche chi volesse parlare di un Gesù “dono all’umanità cui egli appartiene” nonpuò ignorare che chi lo ha conservato per l’umanità è stata solo la fede cristiana, vissuta dapiù comunità. L’esplorazione dell’ambiente culturale in cui Gesù è vissuto (di fatto è solo ilgiudaismo, in cui va compresa la sua stessa osservanza della Legge e la sua esperienza delDio di Israele) è un debito, di amore e di ragione, che già la Chiesa delle origini manifestain modo incontrovertibile per poggiare la sua fede nel Cristo risorto, sapendo distingueremolto bene tra ciò che essa è, in quanto costituita a motivo della fede, e ciò che egli è statoin quanto figlio del suo popolo.

Non so se don LorenzoAdele Corradi - pp. 169 - Feltrinelli, 2012Ad Adele “professoressa diversa da tutte le altre, che ci ha fatto tanto del bene” è dedicatal’immaginaria quarta parte della “Lettera a una professoressa”, arrivata, fresca di stampa, sulletto di don Milani a poche settimane dalla morte. A lei, a Barbiana dall’inizio del 1963-64, fi-no al 1969, “noi non si è mai smesso di chiedere” – dice uno dei custodi dell’eredità milaniana- di buttare giù ricordi e osservazioni, anche per autenticare o smentire “fonti”di aneddoti e epi-sodi diffusi. Quando più nessuno ci pensava, la professoressa di scuola media, nel 2009, a 85anni, annuncia di avere messo mano a scrivere, non la vita di don Lorenzo, non le contro-testi-monianze o le schede vere della biografia, ma frammenti disordinati di ricordi che affioranocon l’emozione di chi ripassa gesti e parole, senza preoccuparsi delle reazioni altrui.Quei ricordi, oggi nel libro, sono legati agli anni in cui sta molto male il priore (che muore a 44anni, nel giugno 1967), in cui si acuisce l’isolamento dal suo ambiente culturale e ecclesiastico,in cui si radicalizza la singolarità di Barbiana, in cui si producono gli straordinari frutti di quel-la scrittura collettiva, della quale ancora non è svelato il segreto (Lettera ai giudici, Lettera auna professoressa). E lei c’è, accettata in quel cerchio di affetto costituito da don Lorenzo, dal-la Eda (la domestica) e dal ristretto numero di ragazzi che si vuole tagliati fuori da ogni conta-minazione borghese. Forse la via è stata tracciata dalla reazione tranquilla, all’inizio della fre-quentazione, quando lei, preoccupata per la salute già precipitata di don Lorenzo, viene aggre-dita da un “chi si occupa dei ragazzi non deve avere pene personali, ma solo quelle dei ragaz-zi”. Capì, il priore, che poteva contare su di me - ammette.

Per troppa vita che ho nel sangueAntonia Pozzi e la sua poesiaGraziella Bernabò - pp. 340 - Ancora, 2012Sul territorio Lecco-Milano è stato dato risalto, nel 2012, al centenario della nascita di AntoniaPozzi, poetessa, suicida a 26 anni, sepolta a Pasturo, in Valsassina (sulla tomba un passo di unapoesia del 2 novembre 1932: “E vedono l’oro tuo, Signore, il mare eterno della Tua verità”). Figlia unica, di famiglia milanese socialmente in ascesa grazie alla capacità del padre, avvoca-to di fama e sposo di una esponente del patriziato pavese, cresce in un ambiente colto, cultu-ralmente “laico”, con amicizie “plurali” (nel suo giro: la giovane quotata intellighenzia milane-se, socialisti di peso ed ebrei, epurati questi ultimi nel 1938, lo stesso della sua morte). È legata anche a universitarie cattoliche – una di esse sarà suora – che la introducono e nelmondo della solidarietà cristiana e negli ambienti più sofisticati dell’università statale (filolo-gia moderna e estetica, della facoltà di lettere-filosofia). Frammiste ai successi scolastici (ma-turità classica, poi laurea nel 1935 con tesi diretta dal più moderno docente universitario pre-sente sul campo cittadino) ci sono vicende sentimentali contrastate – soprattutto nel caso del-la più eccedente - dalla famiglia che le offre, quasi in cambio, soggiorni all’estero, vacanze insud Italia e possibilità di ogni pratica sportiva. “È terribile essere una donna ed avere 17 anni”,confessa nell’anno delle prime creazioni, inizio di quella parabola di intensa emozionalità e stra-ripante vitalità (“la follia dei puri”) che catalizzano la sua poesia, ignorata sulla scena ufficialemilanese e recuperata solo nel 1945 da Eugenio Montale.

p. Luigi Amigoni

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luglio settembre 2012 Vita somasca

Al presente saggio in 13 capitoli, edizione perfezionata di quello del 2004 e che forse risulta lapiù completa ricostruzione dei travagli interiori e degli eventi quotidiani rilevanti, si è dedica-ta, con passione posta in atto fin dal 1976, una studiosa, mossa da una percezione-guida: quel-la di un destino femminile gravante sulla protagonista tra emancipazione culturale prematurae ripiego su un desiderio, fin troppo educato, di felicità domestica. Si coglie perciò il segno del-l’altezza e del dramma a cui sono state legate “una donna e una poesia in anticipo sui tempi” inalmeno due elementi: “il senso della relazione e dell’incontro“, e “la vita dal di dentro” - ovve-ro la troppa vita nel sangue - che nell’incompreso astro milanese sono stati alimentati, con con-traddittoria intensità, da persone, fenomeni naturali e luoghi (tra i quali Pasturo, amatissimaperché, - confessa la poetessa - “qui sono le mie radici” e perché terra del salto “all’altra riva, aiprati del sole”). Di alto valore la prefazione di suor Onorina Dino, responsabile dell’archivioPozzi e curatrice delle sue opere.

Mal di Chiesa Dubbi e speranze di un cristiano in crisiGian Franco Svidercoschi - pp. 167 - Cooper, 2011Tra i libri (e i saggi) usciti ultimamente a documentare le difficoltà con cui la Chiesa deve mi-surarsi nell’ambito disciplinare-organizzativo e in quello, più decisivo, del rilancio della fede,questo è il più sofferto e delicato. L’autore non è sospettabile di pregiudizi o di critiche “a te-si”; la sua statura di credente e giornalista (all’Osservatore Romano per anni, di cui 3 da vi-cedirettore), la sua dichiarata simpatia per papa Wojtyla (a costruire il monumento bibliogra-fico in suo onore ha contribuito con testi indovinati) e la sua devozione per papa Ratzinger lotengono al riparo da “sparate nel mucchio” e dal cono rivendicativo di eclatanti rivolgimenti.Vero è che in un suo sorprendente post-scriptum vengono registrati strani ritardi e reticen-ze che lo hanno spinto a navigare da una stazione editoriale all’altra prima di trovare quelladisponibile al lancio. Così, tra le novità del libro, c’è anche una inattesa, non banale riflessio-ne di Adriano Sofri che analizza e condivide il “malessere interiore” dell’autore, additando,come lui, la radice di tante incomunicabilità esterne e interne della Chiesa (compresi certi ec-cessi dottrinali) alla distanza tra carità e verità “nella cui congiunzione consiste la vita cristia-na”. Non è un caso che Svidercoschi individua (e non è il solo) nella scarsa recezione del Con-cilio Vaticano II - e siamo a 50 anni dal suo inizio - il punto drammatico della crisi.

Fai bei sogniMassimo Gramellini - pp. 209 – Longanesi, 2012 L’aveva detto anche il quasi psicologo che “rimanere orfani a 9 anni non produce scompen-si indelebili, anche se enfatizza certe propensioni”. Il ricorso allo specialista è una delle ini-ziative cui sono talora costretti le figure monoparentali per sgravarsi di qualche sospetto diirresponsabilità. Proprio come parcheggiare obbligatoriamente il ragazzo in una scuola atempo pieno, programmare implacabilmente il pomeriggio di certe domeniche a incubo dinoia, prevedere una persona in casa che sia di controllo e anche, un po’, di confidenza peril minore. Detto così, il racconto di memorie, non tutte tristi, di Gramellini (52 anni, pre-senza di successo in TV da un po’ di tempo) sarebbe il filmato di un esito di sopravvivenzadi un figlio e un padre con qualche possibilità economica e una buona autosufficienza cul-turale, nella Torino fine anni 60 e seguito, con le sue tradizionalmente controllate espan-sioni relazionali (pag. 40), i simboli onnipresenti della sua industria caratterizzante, i dividella sua storia calcistica – sempre antagonistica - recente e passata, e con le già radicatecelebrazioni dei miti televisivi nazionali. Se non che, a pressoché regolari intervalli, in questo sfoglio leggero e brillante di ricordi,appare un pensiero adulto, che certifica le paure e le angosce del bambino e del bambinocresciuto: “Non essere amati non è la più grande sofferenza; la più grande è non essere ama-ti più” (28); “Non è semplice rimanere orfani nel paese dei mammoni; non chiedevo com-passione e privilegi, ma amore” (43); “Io ero troppo preso dalla mia sofferenza per interes-sarmi alla sua (di papà)” (51); “Un demone sovrappeso m’incatenava alla terra; un mostromolle e spugnoso che si alimentava delle mie paure: sfiducia, rifiuto e abbandono (58). Uscito quasi indenne dal sistema scuola, “il mancato avvocato” previsto dalla mamma ta-glia i vari traguardi professionali (ai giornali) e matrimoniali, ma sempre con lo scarto di“un’ombra ineluttabile di morte” da cui è assalito dopo l’imboscata fatale nella sua storia.Per guardare in faccia tutta intera la verità scomoda (non poter perdonare la mamma peraverlo sfiduciato e l’universo per essersela presa in giovane età) serve altro tempo, con al-tra fatica, altro sentimento, altre persone da recuperare (la figura del padre) e da farsi gui-dare (la donna giusta). E, fondamentali, piovono due scritti: uno scambio di messaggi (qual-che anno fa) su una rubrica del giornale torinese di cui oggi Gramellini è uno dei vicediret-tori, e un pezzo di cronaca di quarant’anni prima, sullo stesso quotidiano, l’ultima sera diun anno. Solo con il perdono e l’amore che non si arrende “fare bei sogni” è una meta (pertutti) di lungo orizzonte.

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* In caso di mancato recapito inviare al CMP Romanina per restituzione al mittente previo pagamento resi

“L’attenzione

alla gioventù

e alla sua educazione

umana e cristiana,

che contraddistingue

il carisma

dei Somaschi,

continua ad essere

un impegno

della Chiesa,

in ogni tempo

e luogo”

Benedetto XVI