Progetto scientifico - LaPArS

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Progetto scientificoMaria Grazia Melis - Università di Sassari

Progetto editoriale Maria Grazia Melis - Università di Sassari

Coordinamento del progetto Maria Grazia Melis – Università di Sassari

Direzione scientifica dell’équipe francese André D’Anna – Lampea, UMR UMR 6636 – Aix en Provence

Allestimento grafico: Luca Doro

Correzione bozze: Ramona Cappai, Laura Manca, Maria Grazia Melis

Revisione traduzioni riassunti: Ramona Cappai, Guillaume Robin, Fabio Serchisu, Florian Soula

Autori delle foto: Ramona Cappai, Luca Doro, Simona Faedda, Gianfranco Ghiani, Laura Manca,Maria Grazia Melis, Stefania Piras, Guillaume Robin, Florian Soula

Autori dei disegni: Ramona Cappai, Carmen Delogu, Luca Doro, Simona Faedda, Gianfranco Ghiani,Gianmario Lai, Laura Manca, Stefania Piras, Guillaume Robin, Florian Soula

In copertinaS'Elighe Entosu: in primo piano la valle del Riu Mannu vista dalla domus de janas VI; testa di statuinain marmo, frammento ceramico campaniforme e punta di freccia in selce dalla domus de janasIII; frammento ceramico con iscrizione dalla necropoli romana

in quarta di copertinaIl vano principale della domus de janas V di S'Elighe Entosu

Il progetto è stato realizzato con il contributo dell’Amministrazione comunale di Usini e dell’Universitàitalo-francese

Finito di stampare presso Carlo Delfino Editore

Sassari 2010

ISBN 978-88-7138-585-3

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PREMESSA

Lo scavo delle domus de janas III e IV della ne-cropoli di S’Elighe Entosu (Usini, Sassari) non èancora stato ultimato e sono tuttora in corso leoperazioni di inventariazione della grandequantità di materiale ceramico recuperato.Allo scopo di delineare una panoramica dellefasi di frequentazione dell’area funeraria e ai finidi questa pubblicazione, in via preliminare, sono

stati selezionati e documentati per ogni unitàstratigrafica individuata i manufatti tipologica-mente e cronologicamente diagnostici. Perquanto concerne la preistoria, l’arco cronolo-gico individuato vede ai due estremi l’Ozieri el’Età del Ferro (Melis, I materiali preistorici e pro-tostorici, in questo volume). Per alcuni fram-menti dalle dimensioni esigue, talvoltacentimetriche, la presenza di una decorazionecaratteristica (dell’Ozieri, ad esempio, o Cam-

Note tecnologiche preliminari su alcuni manufatticeramici dalle domus de janas III e IV

della necropoli di S’Elighe Entosu (Usini, Sassari)

STEFANIA PIRAS*

RÉSUMÉ - OBSERVATIONS TECHNOLOGIQUES PRÉLIMINAIRES SUR LES CÉRAMIQUES DES DOMUS DE JANAS III ET IV DE LA NÉCROPOLE DE S’ELIGHEENTOSU (USINI, SASSARI)La céramique préhistorique des domus de janas III et IV de S’Elighe Entosu fait l’objet d’un étude technologiqueet interdisciplinaire. Une sélection de tessons a été examinée au niveau macroscopique. Certains supportentdes décors dont on identifie les gestes et la séquence des opérations par rapport à ceux de façonnage et definition. Sur la plupart des récipients, au niveau de la surface des parois et des fractures, on observe plusieurscatégories de macrotraces liées aux opérations de façonnage et de finition des pots. Parmi les céramiques del’Age du Bronze, on reconnaît l’emploi des techniques au colombin et à pression, les modalités de pose des éle-ments accessoires, de différentes opérations de finition. Des variables au sein des chaînes opératoires sont dé-terminantes afin d’obtenir, pour un faible nombre de récipients, des caractères esthétiques « de prestige » parrapport au reste du corpus.

SUMMARY - PRELIMINARY TECHNOLOGICAL CONSIDERATIONS ON THE POTTERY FROM DOMUS DE JANAS III AND IV OF S’ELIGHE ENTOSU’S NE-CROPOLIS (USINI, SASSARI)The prehistoric pottery coming from the domus de janas III and IV of S’Elighe Entosu’s necropolis is object of atechnological and interdisciplinary study. Currently a selection of ceramics is being examined at macroscopicallevel. About the decorated artefacts it is possible to reconstruct the gestures, the sequences of operations andtheir place inside the production sequence. On the surfaces and on the fractures of most of them, it can be pos-sible to observe different categories of marks produced during moulding and finishing phases of the artefacts.Among the Bronze Age potteries the forming by coiling and pinching is attested and it’s possible to observe themode of connection among the accessories elements and to recognize the different finishing touch operations.In the operational sequence a variety has been determinated in a few number of these vessels with “prestigious”characteristics.

Parole chiave: ceramica preistorica, analisi tecnologica, modellazione, finitura, decorazioneKey words: prehistoric pottery, technological analysis, moulding phase, finishing phase, decoration

* LAMPEA, UMR 6636, Université de Provence-CNRS-MCC-IRD, MMSH, 5 rue du Château de l’Horloge, BP 13094 Aix-en-Provence cedex 2; LaPArS(Laboratorio di Preistoria e Archeologia Sperimentale), Dipartimento di Scienze Umanistiche e dell’Antichità, Piazza Conte di Moriana 8, 07100Sassari; [email protected]

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paniforme) costituisce il principale indicatorediagnostico sul piano crono-tipologico. Sul restodei manufatti, in gran parte recipienti inornatipertinenti al Bronzo medio, già nel corso delleprime fasi di trattamento -lavaggio e inventa-rio- del materiale ceramico, la manipolazionedi un gran numero di frammenti ha consentitodi riscontrare a livello macroscopico diverse ca-tegorie di macrotracce riconducibili a determi-nate operazioni di modellazione (façonnage,forming)1 e finitura (finition, finishing). Tali evi-denze sono state documentate mediante ma-crofoto e interpretate per analogia, utilizzandocome “collezione di confronto” il materiale do-cumentario (descrittivo e iconografico) dispo-nibile in letteratura2.Pur concernenti solo una selezione dei materiali,le informazioni tecnologiche in nostro possessopossono essere organizzate in relazione a singolimanufatti particolarmente significativi (in parti-colare quelli decorati) da un lato, dall’altro inrapporto al complesso dei materiali ascrivibili al-l’età del Bronzo medio. Per gran parte di questiultimi, una finitura poco accurata ha consentitodi preservare importanti macrotracce esitodelle operazioni di modellazione che altrimentisarebbero state obliterate; osservabili macro-scopicamente a livello di superficie delle paretie in sezione, esse sono talvolta chiaramente evi-denti e facilmente interpretabili, consentendodi ricostruire sezioni di sequenza operativa no-nostante la frammentarietà del materiale.L’esame del resto dei materiali e la possibilitàdi effettuare ulteriori rimontaggi consentirannodi incrementare la superficie di osservazione edi accedere alle informazioni eventualmentefornite dall’orientazione –preferenziale o alea-toria- delle fratture in rapporto alla topografiadell’intero recipiente, al fine di ricostruire me-todi e tecniche di diverse fasi della sequenzaoperativa. Al momento non risultano editi studitecnologici concernenti la ceramica nuragica

e nel quadro di questa carenza appare impor-tante mettere a disposizione del mondo scien-tifico le informazioni più significative in nostropossesso, auspicando che la diffusione di unapproccio tecnologico all’analisi dei manufatticeramici consenta, in un prossimo futuro, di as-sociare nei confronti caratteri tipologici e tec-nologici dei reperti.Si precisa che non vengono contemplati inquesta sede i materiali ceramici della US 7 dellatomba IV, il cui studio è oggetto della tesi di lau-rea magistrale della studentessa Silvia Ricci, la-voro al quale si rimanda3.

I MATERIALI DIAGNOSTICI DECORATI

Sul piano tecnologico, la decorazione di un re-cipiente determina di fatto uno spostamento,asportazione o aggiunta di materia ed è parteintegrante della sequenza operativa. Le tecni-che decorative sono definite dai gesti messi inopera dall’artigiano, dagli utensili impiegati (na-turali o fabbricati in osso, legno, pietra, metallo,facenti parte dello strumentario quotidiano orealizzati appositamente, strumenti naturali o ar-tificiali) e dallo stato della pasta al momento incui si interviene sul manufatto, sia in relazionealla plasticità della materia (plastica, secca,cotta) che in rapporto ad altre operazioni di fi-nitura della superficie (la quale può essere li-sciata, ingubbiata, lucidata, precedentementeo successivamente alla sua realizzazione). Per-tanto, laddove l’osservazione lo consente, è im-portante cogliere e precisare queste variabili alfine di collocare le operazioni di ornamento insequenza con le fasi di modellazione, finitura,cottura del manufatto.

Il frammento OzieriIl frammento decorato più antico tra i materialiesaminati proviene dalla domus IV (Melis cit.,fig. 4,1). La caratteristica decorazione Ozieri, è

1 All’interno della sequenza operativa (chaîne opératoire, operational sequence) della ceramica, la modellazione (façonnage, forming) è l’in-sieme delle operazioni che conducono dall’impasto argilloso già pronto per essere plasmato al manufatto modellato con caratteristiche geo-metriche definitive. Il metodo di modellazione è dato da una sequenza ordinata di operazioni articolata in fasi (modellazione del fondo, delcorpo, dell’imboccatura) e tappe: la sbozzatura (ébauchage, primary forming ) e la messa in forma (préformage, secondary forming) (Roux 1994;Rye 1981). Tali tappe sono ben distinte concettualmente e nel vocabolario dalle popolazioni etnografiche: la prima include le operazioni dimontaggio e di assottigliamento che conducono ad un volume cavo il quale non presenta ancora le caratteristiche geometriche definitive delrecipiente, la seconda comprende le operazioni di modellazione che conferiscono al recipiente le sue caratteristiche geometriche definitive.Le tecniche (es. tecnica colombino, a pressione…) sono le modalità fisiche secondo le quali la materia viene trasformata attraverso dei proce-dimenti (strategie di messa in opera della tecnica) mediante o meno l’impiego di utensili (Roux 1994).2 La metodologia applicata per lo studio delle ceramiche preistoriche di S’Elighe Entosu è la medesima sperimentata per l’analisi delle ceramicheSub-Ozieri provenienti dallo scavo del Lotto Badas del villaggio di Su Coddu–Canelles, oggetto della tesi di dottorato in itinere della scrivente.Dati morfologici (Melis, I materiali preistorici e protostorici, in questo volume) e tecnologici concorrono nell’analisi del singolo manufatto e delcorpus nel suo insieme, interpretati per analogia sulla base della letteratura archeologica e etnoarcheologica e col supporto dell’archeologiasperimentale al fine di verificare le ipotesi formulate e le interrelazioni delle sequenze operative delle diverse categorie di manufatti (ceramica,litica, materia dura animale, materie prime vegetali) (Cappai et alii cds; Piras cds). La metodologia, la terminologia descrittiva e le rappresen-tazioni grafiche si ispirano ai lavori di numerosi studiosi tra cui Owen Rye, Valentine Roux, Rémi Martineau, Laure Salanova. Per le definizioni si ri-manda a Rye 1981, Roux 1994 e Gélbert 2003.3 Tesi di laurea magistrale di Silvia Ricci (Melis, Un progetto didattico, in questo volume).

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stata realizzata su pasta umida determinandouno spostamento di materia per mezzo di duegesti tecnici differenti: mediante “intaglio”(gesto: entailler)4 sono incise delle linee che de-limitano aree poi campite con impressioni sem-plici (gesto: estampage, simple pression). Essainteressa sia la superficie esterna che quella in-terna; sul lato interno una linea incisa sotto l’orloè campita da un doppio ordine di impressioniottenute mediante uno strumento sottile e affi-lato. L’impronta potrebbe essere compatibile

con la sezione di una scheggia o lamella litica,così come la sezione a V dell’incisione. Po-tremmo dunque trovarci in presenza di unpunto di contatto fra le sequenze operative ed’uso di un manufatto ceramico e uno stru-mento litico, ipotesi che si provvederà a verifi-care sperimentalmente. L’area sottostanteinvece non presenta decorazione, ma una su-perficie liscia, priva di asperità, il cui comporta-mento alla luce è opaco. Sul lato esterno lelinee incise sono due, oblique rispetto all’orlo, e

Fig. 1 – Usini, S’Elighe Entosu, domus de janas IV, frammento Ozieri: superfici esterna ed interna e particolari della decorazioneincisa e impressa.Usini, S’Elighe Entosu, domus de janas IV, Ozieri’s shard: internal and external surface and details of incised and impresseddecoration.

4 Distinguere anche sul piano terminologico le variabili che intervengono nelle operazioni di decorazione -gesto, utensile, stato della materia emodificazione determinata- può apparire inizialmente puro virtuosismo concettuale, ma tale scomposizione si rivela metodologicamente utilea livello analitico e sperimentale. Le tecniche dell’incisione e del graffito, ad esempio, possono essere messe in atto con il medesimo gesto emedesimo strumento; le variabili sono lo stato della pasta (umida, secca o cotta) e la modificazione determinata sulla materia (su supporto plas-tico può essere semplicemente uno spostamento di materia, su supporto secco o cotto l’asportazione è inevitabile). Pertanto se si ha una inci-sione il gesto non può essere definito “incidere” o nel caso di un graffito “graffire” o “incidere su pasta secca o cotta”, perché questi terminisottintenderebbero già uno stato della materia e un esito. Il gesto è il medesimo e ad esempio la ceramologia francese impiega il medesimotermine: entailler. Nella lingua italiana il termine “intaglio” è correntemente utilizzato in relazione alla tecnica dell’excisione e pertanto richiamaad una asportazione di materia più consistente rispetto a quella determinata con altre tecniche. Al fine di non generare incomprensioni, si èpreferito al momento, a seconda dei casi, cercare una corrispondenza nella lingua italiana o mutuare la terminologia dalle fonti bibliografiche,riportando comunque, tra parentesi o in nota, le corrispondenze dei termini e le relative definizioni.

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ugualmente delimitano aree campite da im-pressioni alternate ad un’area centrale liscia. Leimpressioni sono allineate su una fila o su duefile in ordini sovrapposti all’aumentare dellospessore della banda da decorare. Osservatamacroscopicamente alla luce radente, la su-perficie esterna del frammento presenta in al-cuni punti un comportamento riflettente cheinteressa anche i margini delle linea incisa edelle impressioni a lato. La lucidatura interessaanche il labbro. Perlomeno la superficie esternaè stata dunque lucidata, successivamente allarealizzazione della decorazione (fig. 1).

I materiali campaniformiLa frequentazione della necropoli durante ilCampaniforme è attestata da nove frammentiprovenienti dall’ US 0 della domus III (Melis cit.,fig. 1,1-5). Almeno cinque frammenti -tre conorlo e due di parete- sono pertinenti ad ununico manufatto (n. 1). Altri quattro (nn. 2-5)sono frammenti di parete dalle dimensioni esi-gue, talvolta centimetriche, per i quali la carat-teristica decorazione impressa costituisce ilprincipale indicatore diagnostico. Tutte le de-corazioni osservate sono ottenute mediantel’impiego di uno strumento dentato la cui azioneha determinato uno spostamento di materia.Un’aggiunta di materia mediante incrostazionedi pasta bianca sembra aver interessato due soliframmenti (nn. 4-5).I cinque frammenti riconducibili ad un unico re-cipiente (pur non combacianti, ma le superficiesterne e le sezioni sono più o meno abrase acausa delle condizioni di giacitura in US 0) sonoaccomunati dalla sintassi decorativa, dal coloredi superfici e sezione, dalla medesima finitura in-terna e dalle caratteristiche macroscopichedell’impasto. Lamatrice d’impasto èmolto fine,tuttavia presenta sporadici grani chiari calcareie quarzosi di dimensioni intorno ai 2 mm, talvoltaosservabili in superficie. La colorazione è diso-mogenea: zonale esterna, variando dal grigiopiù o meno scuro al beige anche in frammentidi pochi centimetri quadrati, arancione la su-perficie interna. Le superfici esterne sonoabrase e non consentono di determinare se siastata effettuata una lucidatura, prima o dopola decorazione. La superficie interna, meglioconservata su alcuni frammenti, presenta in-vece una pellicola superficiale finissima, chepotrebbe ricondursi ad un ingobbio o all’esitodi una lisciatura assai accurata allo statoumido. Su manufatti in buono stato di conser-vazione un’osservazione accurata del negativoimpresso sulla superficie consente di definire intermini più precisi la tecnica attraverso i criteridel gesto, distinguendo per l’impressione tra

semplice e pivotante, e dell’utensile impiegato:pettine (strumento fabbricato) o conchiglia(strumento naturale, il cui impiego è attestato,anche sperimentalmente, in diverse regioni eu-ropee) (Salanova 2000, pp. 28-33). Il pettine èidentificabile dalla lunghezza e dalla curvaturadel fronte, dalla forma dei denti e dal loro nu-mero, isolando, anche all’interno di una succes-sione, uno stesso segmento di improntaripetuto. Le conchiglie differiscono anch’esseper numero, forma, taglia, curvatura e distanzatra i denti, rendendo possibile, grazie alla speri-mentazione, una distinzione per esemplari especie. Per i materiali campaniformi di S’EligheEntosu, l’esigua dimensione dei frammenti e lostato di conservazione delle superfici decorate-piuttosto abrase- non consentono di effettuaretutte queste considerazioni, ma solo una parte:è per esempio possibile riconoscere l’impiegodi più strumenti.L’organizzazione dello spazio decorativo nellaparte superstite del recipiente è orizzontale, laspartizione avviene mediante due linee paral-lele ottenute mediante sequenza di impressionicon strumento dentato (fig. 2,1). Il movimento dibase è una traslazione orizzontale. Lo strumentoimpiegato (primo strumento identificabile) halunghezza e numero di denti imprecisabili poichénon è possibile -almeno a livello macroscopico-isolare un modulo all’interno della sequenza diimpressioni. Il fronte è rettilineo, i denti ben di-stanziati, a sezione quadrangolare, determi-nanti ciascuno un’impronta di circa 1mm² nelpiano tangente la superficie.Le due linee (linee a e b in fig. 2,1) delimitanouna fascia orizzontale alta circa 1,5 cm.La decorazione al suo interno vede un motivoa zig-zag, ottenuto a partire dall’impressionesemplice di uno strumento dentato (secondostrumento) con 4 denti ben distanziati, a se-zione rettangolare, con fronte rettilineo lungocirca 6 mm (fig. 2,2).Questa unità è l’elemento di base per la costru-zione del motivo e del tema della decorazione,che possono essere identificati e descritti se-condo criteri già codificati per lo studio delleceramiche campaniformi in ambito europeo(Salanova 2000). Con una riflessione su asseverticale dell’unità individuata, infatti si ottienemediante impressione semplice (non bascu-lante) il motivo (fig. 2,3). Sempre da riflessionesemplice su asse verticale si delinea il tema (fig.2,4); la simmetria del tema è data dai movi-menti di riflessione e traslazione (réflexion dé-calée, slide reflection) (fig 2,5). Il risultato finaleè un tema a doppio zig-zag inquadrato da duelinee orizzontali.Nella decorazione dell’ordine sottostante (fig. 3)

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le impronte sono meno nette e più irregolari -per profondità e perpendicolarità- rispetto aquelle osservate nella fascia superiore, presumi-bilmente a causa della maggiore curvaturadella parete. Si osservano almeno tre ordini dilinee spezzate -a zig-zag- ottenute a partite daun’unità costituita da impressione semplice diuno strumento dentato, impresso con angolo dicirca 45° in rapporto alla linea b (fig. 3,1). Ilfronte è lungo 2 cm e rettilineo, con denti ravvi-cinati a sezione rettangolare (un terzo stru-mento). Motivo (fig. 3,2) e tema (fig. 3,3) sicompongono a partire dall’unità per riflessionesu asse verticale e traslazione verticale. Il temarisparmia una serie di triangoli rovesciati conbase appunto nella linea b, campiti con impres-sioni di uno strumento dentato dalla lunghezzae dal numero di denti imprecisati, in quanto lalunghezza sezione impressa diminuisce col ra-stremarsi della superficie da decorare verso ilbasso (fig. 3,4). Il fronte è stavolta curvilineo,convesso verso l’alto, e riconducibile ad unostrumento diverso da quelli impiegati prece-dentemente (un quarto strumento). L’insieme

delle impressioni è a sua volta marginato da im-pressioni laterali parallele ai lati del triangolo(fig. 3,5).Lo schema decorativo descritto nell’ordine in-feriore si riscontra anche per un secondo reci-piente campaniforme (Melis cit., fig. 1,4), quiassociato alla tecnica dell’incrostazione.

Il vaso a “tesa” interna e gli altri frammenti de-corati dell’Età del BronzoLa frequentazione della necropoli durante l’EtàNuragica è attestata dalla grande quantità diceramica rinvenuta, attribuibile in gran parte alBronzo Medio. Si tratta di ceramica essenzial-mente inornata. Com’è noto la decorazione siriscontra spesso in relazione a determinateforme, come le olle a tesa interna, di cui unesemplare assimilabile è stato rinvenuto nelladomus IV (Melis, I materiali preistorici e protosto-rici, in questo volume, fig. 7,1). La parte alta delrecipiente è ricostruibile graficamente per in-tero, poiché si conserva per circa un quartodella circonferenza. Alcuni altri frammenti, purnon combacianti, sono per caratteristiche ma-

Fig. 2 – Usini, S’Elighe Entosu, domus de janas III, frammenti campaniformi: schema della decorazione della fascia superiore.Usini, S’Elighe Entosu, domus de janas III, Bell Beaker’s pot: scheme of decoration in the higher area.

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croscopiche attribuibili allo stesso manufatto(Melis cit., fig. 7,2-3). La “tesa” interna in realtànel nostro recipiente è un listello che si sviluppaall’interno del vaso sotto l’orlo (Melis cit.), èmolto sviluppata e termina inclinandosi versol’alto, accostandosi agli esemplari della TombaIII di Sa Figu (Ittiri, SS) (Campus e Leonelli 2000, p.461, tav. 266,6) e della tomba di Seleni (Lanusei,NU) (Campus e Leonelli 2000, p. 463, tav. 268,1),anch’essi da contesti funerari, e impone una ri-flessione di carattere funzionale. In generale, lacaratteristica morfologia, la presenza frequentedella decorazione e la durevole presenza deivasi con tesa interna, attestati anche in monu-menti evoluti e in contesti sia abitativi che cul-tuali, hanno condotto ad ipotizzare per questaforma una funzione molto specializzata. Per lapresenza di fori sulla tesa, funzionali probabil-mente alla ferma di un coperchio, sarebberorecipienti destinati alla conservazione e prote-zione di particolari derrate o offerte votive(Contu 1998, p. 680). Nel nostro caso, l’unicoforo della parte di recipiente rinvenuta si col-loca proprio all’attacco della tesa (o meglio li-stello), ma negli esemplari già citati sono peròpresenti due ordini di fori, di cui il secondo col-locato invece presso il bordo interno. E propriotra l’attacco e il bordo, sulla superficie esterna,è possibile osservare una zona di abrasione,anche se difficile stabilire se riconducibile all’at-trito con un eventuale coperchio.Per quanto riguarda le modalità di modella-zione del recipiente, la frattura inferiore nonoffre spunti riguardo alle tecniche di realizza-zione del corpo del recipiente. Per l’imbocca-tura, invece, le sezioni dei due frammenticombacianti mostrano una continuità tra la pa-rete e la tesa interna, mentre l’ orlo appare mo-dellato su un innesto successivo di pasta (fig.4,1A) . Un altro frammento di orlo non comba-ciante, ma presumibilmente appartenente allostesso recipiente, presenta alla base una frat-tura a “U”, caratteristica dell’innesto di un co-lombino (fig. 4,1B) (Arnal 1969, pp. 178 e sgg.).Sulla superficie interna del listello, parte del reci-piente naturalmente ostica alle operazioni di fi-nitura, si osservano tracce di raschiatura supasta umida (raclage)5 (fig. 4,2). Dalla sovrap-

posizione delle macrotracce appare evidentecome l’operazione immediatamente succes-siva alla modellazione del recipiente sia stata larealizzazione dei fori sul listello, uno soltanto deiquali è presente nella parte di recipiente con-servata. Il foro superstite ha sezione cilindrica,un diametro di circa 7 mm ed è stato praticatosulla pasta fresca procedendo dall’esternoverso l’interno del recipiente, dove la materiaplastica spostata in conseguenza della perfo-razione, non essendo stata asportata, è rimastaai margini del foro stesso (fig. 4,3B). La mancataasportazione ha consentito al tale surplus di co-stituire unamacrotraccia in rilievo: essendosi so-vrapposto alle macrotracce in profondità (encreux) di raschiatura ed essendo poi stato a suavolta parzialmente spianato dalle operazioni dilucidatura, può restituire la sequenza cronolo-gica di queste operazioni (fig. 4,2 e 4).La lucidatura della superficie interna, ancoraper questioni di accessibilità, è stata effettuatain modo sommario mediante uno strumentoche ha lasciato tracce irregolari e distanziatetra loro (fig. 4,4), che pertanto non ha conferitoalla superficie un attributo funzionale (esclu-dendo naturalmente un intento estetico, nontrattandosi di una parte del recipiente a vista)né naturalmente ha obliterato le macrotraccedelle operazioni precedenti6. Una lucidaturadecisamente più accurata ha interessato la su-perficie esterna della tesa e su quella interna edesterna del colletto (fig. 4,5)7. La superficieesterna del recipiente presenta una decora-zione mediante impressione semplice su pastafresca, di uno strumento appuntito a sezione cir-colare (fig. 4,6). L’organizzazione della decora-zione vede una linea orizzontale all’altezzadella tesa, ottenuta con un movimento di tra-slazione; l’allineamento delle impronte è irrego-lare per distanza (in media tra 0,4 e 1 cm),altezza, profondità e orientazione dello stru-mento. Tre allineamenti verticali dipartono datre impressioni consecutive verso la parte infe-riore del recipiente, indizio di uno schema de-corativo metopale, presente anche su un altroframmento non combaciante (Melis cit., fig.7,3). La realizzazione della decorazione ha pre-ceduto le operazioni di lucidatura che si mo-

5 La raschiatura è una delle ultime operazioni di messa in forma mediante utensile del recipiente ceramico. Su pasta umida determina unospostamento di materia (raclage). Su pasta alla consistenza cuoio invece il recipiente viene assottigliato emodellato asportando porzioni di spes-sore (rabotage) (Gelbert 2003).6 Attestare sul nostro pur frammentario manufatto e verificare su esemplari analoghi la presenza di una eventuale lucidatura interna -sul corpoe sul fondo- significa recepire un indizio di carattere funzionale. La lucidatura infatti, diminuendo la porosità della superficie, rende il recipientepiù funzionale al contenimento di liquidi.7 Attraverso ripetuti strofinamenti per mezzo di un utensile è possibile conferire alla superficie a consistenza cuoio un aspetto più o meno lucido.I termini lucidatura e brunitura (polissage e brunissage, polishing e burnishing) sono considerati sinonimi da alcuni ceramologi, poiché la tecnicache descrivono è la medesima. Altri, tra i quali O. Rye, li impiegano invece con due accezioni diverse: polishing per una lucidatura uniforme,burnishing se si determinano tracce ben visibili non coprenti che risaltano per contrasto sulla superficie opaca (Rye 1981).

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strano assai accurate sull’imboccatura del re-cipiente, ma hanno generalmente tralasciatole aree decorate, come dimostrano il compor-tamento opaco della superficie e il surplus dimateria ai margini delle impressioni (fig. 4,6).Solo per tre punti si osserva invece un appiana-mento e comportamento riflettente la luce deibordi (fig. 4,7), indizio che in alcuni punti le ope-razioni di lucidatura hanno invaso la parte de-corata. Infine, si sottolinea che gli aspetticromatici del recipiente non sono uniformi: lesuperfici interne ed esterne sono chiare ma lafrattura è a sandwich, con interno nero, indiceche nella fase di cottura si sono dunque deter-minate due differenti condizioni di atmosfera, ri-ducente e ossidante.Tra i manufatti della tomba IV è forse presenteun secondo esemplare di olla a tesa interna, ocomunque un recipiente decorato, dunque, dipregio, rappresentato dai due frammenti pro-venienti dalle US 20 e 23 (Melis cit., fig. 8,6 e 11),i quali presentano una sintassi decorativa atte-stata principalmente per questa categoria direcipienti (Campus e Leonelli 2000, pp. 455 e

sgg.; p. 728, tav. 430). Il primo frammento è dipiccole dimensioni (circa 5x2 cm), ma il suo po-tenziale diagnostico è dato dalla decorazioneesterna, costituita da due linee incise conver-genti che delimitano una superficie liscia alter-nata ad aree campite da punti impressi (fig.5,1A). Nel già citato esemplare da Sa Figu, dellelinee incise, distanziate sulla spalla ma conver-genti sulla tesa, delimitano aree alternativa-mente campite da “piccoli punti impressi inmodo casuale” e lisce, secondo uno schemametopale (Campus e Leonelli 2000, pp. 70-71).In altri esemplari, come quello di Soleminis (Ma-nunza 2005, p. 250), la campitura è effettuatamediante pettine, ma la ripetizione delle im-pronte è comunque irregolare, con sovrapposi-zioni e “sconfinamenti” nelle linee incise. E’possibile apprezzare la ripetizione di una unitàriconducibile ad uno strumento dentato piutto-sto che ad un’unica punta, uno strumento conalmeno quattro denti di cui il primo a sezionerettangolare, gli altri sub-circolari, disposti su unfronte rettilineo (fig. 5,1A). Le impressioni si af-fiancano e sovrappongono secondo un movi-

Fig. 3 - Usini, S’Elighe Entosu, domus de janas III, frammenti campaniformi: schema della decorazione sulla fascia inferiore.Usini, S’Elighe Entosu, domus de janas III, Bell Beaker’s pot: scheme of decoration in the inferior area.

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mento di traslazione orizzontale e verticale e sipresentano irregolari per distanza, profondità,direzionalità del gesto. All’osservazione macro-scopica, in sezione e sulla superficie interessatadalla decorazione impressa, l’impasto apparericco di inclusi bianchi calcarei, con dimensionifino a 2 mm (fig. 5,1B). Sulla porzione di superfi-cie liscia si osservano invece in controluce de-boli tracce di lucidatura, operazione che hadeterminato l’affossamento della frazione nonplastica entro lo spessore della parete. La super-ficie interna ha invece un aspetto opaco ed èsolcata da finissime strie parallele, appena per-cettibili ad occhio nudo e luce radente, indicedi una semplice lisciatura a mano.Il secondo frammento (fig. 5,2) presenta le me-desime caratteristiche sul piano tecnologico ela stessa unità della decorazione impressa: i dueframmenti appartengono dunque allo stesso re-cipiente.

L’Età del FerroLa frequentazione nell’Età del Ferro è attestatadall’ansa decorata a cerchielli concentricidalla Tomba IV (Melis cit., fig. 3,3), presumibil-mente appartenente ad una brocca e comun-que ad un manufatto di pregio (fig. 6,1). Sullagran parte della superficie si sono verificati il di-stacco o la parziale abrasione del rivestimentooriginario, costituito da un’ingubbiatura rosso-bruna. In superficie e in sezione è dunque pos-sibile osservare le caratteristiche dell’impasto,che presenta una colorazione uniformementescura e una abbondante frazione non plasticacostituita da frammenti chiari, traslucidi o opa-chi, dalla granulometria variabile (fino ad 2,5mm per gli elementi di dimensioni maggiori). Lefessurazioni e anomalie presenti a livello dellefratture indicano una lavorazione non troppoaccurata dell’elemento accessorio, la cuiframmentarietà non consente di formulare ipo-tesi sulle modalità di innesto. Tali imperfezionierano tuttavia mascherate successivamentedall’ingubbiatura, costituita da un’argilla coninclusi dalle caratteristiche macroscopicheanaloghe, sebbene di dimensioni minori, ri-spetto alla materia dell’impasto. L’ipotesi dipartenza per un approfondimento sul piano ar-cheometrico sarebbe dunque quella di un rive-

stimento ottenuto a partire dalla medesimamateria prima argillosa del corpo del reci-piente, modificata per depurazione e aggiuntadi una materia colorante. Il colore uniforme delrivestimento e una successiva lucidatura hannoindubbiamente conferito un discreto pregioestetico al recipiente. Sul rivestimento è realiz-zata, mediante impressione semplice, la deco-razione a cerchielli concentrici, impiegandouno strumento analogo a quello, in materiadura animale, rinvenuto nel complesso nura-gico di Palmavera (Alghero, Sassari) (Moravetti1992, p. 119, fig. 119).A causa del pessimo stato di conservazione èinvece impossibile condurre un’analisi tecno-logica del frammento (Melis cit., fig. 1,6): sitratta di un’ansa dalla superficie totalmenteabrasa, decorata da tre motivi curvilinei, dal-l’impasto caratterizzato da un’alta percen-tuale di frazione non plastica ed una elevatafriabilità (fig. 6,2).

I MATERIALI CERAMICI DELL’ETÀ DEL BRONZO

Materie primeAlcune indicazioni preliminari sulle fasi di sele-zione e preparazione dell’impasto argilloso -leprime fasi della sequenza operativa dei manu-fatti- si evidenziano già alla semplice osserva-zione macroscopica. I manufatti di S’EligheEntosu attestano un’ampia varietà di materieprime: si distinguono impasti con inclusi calca-rei di forma arrotondata, talora abbondanti edi grandi dimensioni (Melis cit., figg. 4,7; 7,1-3;7,4; 8,6,7,11,12), da impasti con inclusi rossi piùo meno friabili (ossidi di ferro, chamotte?) (Meliscit., figg. 5,1; 6,1 e 3; 10,4), impasti con compo-nente micacea (Melis cit., fig. 5,2), quarzosa,etc. Indubbiamente, in una fase più avanzatadella ricerca sulla necropoli e sul territorio, ana-lisi archeometriche potranno rendere conto diquesta varietà e delle sue ragioni: la caratteriz-zazione di materie prime locali o allogene, undeterminismo in relazione alle caratteristichemorfologiche dei diversi recipienti e a fattorifunzionali o culturali, i quadri sincronici e diacro-nico8.La gran parte dei manufatti è realizzata con im-pasti argillosi che presentano inclusioni di di-

8 La Sardegna può vantare una delle primemonografie pubblicate in Italia sul contributo delle analisi archeometriche allo studio delle ceramichepreistoriche (Tanda et alii 1988). All’archeometria gli studiosi locali si rivolgono per trovare risposte a quesiti archeologici concernenti la carat-terizzazione delle materie prime e la loro provenienza (spesso in parallelo alle indagini geoarcheologiche sul territorio) e a quesiti di caratteretecnologico (la presenza di un rivestimento, la caratterizzazione di un pigmento, etc.): in un contesto insulare dalla grande variabilità geo-lito-logica le potenzialità di questo approccio possono essere ampiamente sfruttate. Molti lavori hanno riguardato singoli contesti territoriali o singolimanufatti (Melis e Oggiano 1998). Tra le indagini più recenti, diverse si concentrano sulla Sardegna meridionale: le analisi di S. Cara e M. R. Ma-nunza su manufatti dall’Eneolitico all’Età del Ferro provenienti dal territorio di Soleminis (Cara e Manunza 2005) e di C. Luglié su manufatti delBronzo Recente del territorio di Selargius, Cagliari (2005). Altre indagini sono state avviate sulle ceramiche Sub-Ozieri dal villaggio di Su Coddu –Canelles, Selargius, Cagliari (Melis et alii 2006).

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mensioni macroscopiche e che in questa sededefiniremo genericamente semifini o grossolani,in relazione alla granulometria e alla percen-tuale della frazione non plastica.Un numero ristretto di recipienti (Melis cit., figg.2,7; 3,14; 4,2; 4,9; 4,10; 5,5; 6,7; 6,10) è invecemodellato impiegando una materia primaestremamente fine: nelle prime fasi della se-quenza operativa di questi manufatti si inserisceun’operazione di depurazione dagli elementinon plastici (frammenti minerali, elementi vege-tali) mediante setacciatura o decantazione.Occorre anticipare che tale intervento sullamateria prima è sovente il punto di partenza diun procedimento tecnologico che consentiràdi realizzare unmanufatto con caratteristiche fi-nali estetiche e morfologiche che si discostanodalla media del corpus esaminato.

Macrotracce di modellazione e finitura dei reci-pientiSui manufatti realizzati con una materia primadepurata, seguono generalmente operazioni dimodellazione e trattamenti di finitura accurati,al fine di conferire ai recipienti forme regolari,spessori sottili e superfici lucide; si evince infine laricerca di resa cromatica che predilige la colo-razione uniforme e scura di superfici e sezioni,attuabile in fase di cottura mediante un’atmo-sfera riducente e ben controllata (Melis cit.,figg. 2,7; 4,2; 4,9; 5,4; 5,5; 6,7; 6,10). La piccolascodella a calotta di sfera dell’US 14 (Melis cit.,fig. 4,10) presenta un impasto finissimo, accu-rata lucidatura interna ed esterna, colorazioneuniforme, ma nera per la superficie interna earancione per quella esterna e per la sezione(fig. 10,2). Una nota originale va riferita per laciotola carenata dell’US 12 (Melis cit., fig. 5,5):l’accurata lucidatura interna ed esterna nonpresenta tracce riconducibili ad uno strumento.L’assenza di tracce si riconduce generalmenteall’impiego di uno strumento morbido (cuoio,tessuto), il quale è funzionale anche alla model-lazione dell’orlo svasato e del labbro assotti-gliato per étirement (mediante applicazione,pressione e trascinamento).L’insieme di queste considerazioni conduce aconsiderare questo gruppo di recipienti dei“manufatti di pregio“, in ragione della curaprofusa nella loro realizzazione in termini di in-vestimento di tempo ed energia e della conse-guente resa estetica e/o funzionale.Tali fattori risaltano particolarmente al co-spetto del resto dei manufatti esaminati: lagran parte dei recipienti ha ricevuto una rifini-tura assai sommaria e presenta forme e spes-sori irregolari e generalmente una colorazionedelle superfici chiara.

Singolare è il fatto che, ad esclusione dei ma-nufatti già indicati, gli unici ad aver ricevutouna rifinitura mediante lucidatura siano i due te-gami rinvenuti nella US 14. Il primo (Melis cit., fig.4,11) ha in comune con il resto dei tegami i co-lori chiari, l’impasto grossolano e l’asperità dellesuperfici, ma all’esterno presenta tracce di luci-datura a rigor di logica non funzionali né esteti-camente rilevanti. Un secondo tegame (Meliscit., fig. 4,8) ha impasto grossolano e fondo nonrifinito, ma sono state lucidate sia la superficieinterna che quella esterna.Sul resto del corpus una lisciatura poco accu-rata (se non del tutto assente) ha determinatosuperfici irregolari con bozze e depressioni, in al-cuni casi vistose macrotracce di façonnage,grani di degrassante in rilievo, talvolta crepe evacuoli. Per quanto riguarda i manufatti realiz-zati mediante elementi assemblati (tecnica acolombino, a placche, impiego di più tecnicheper le diverse parti), le evidenze macroscopi-che sono strettamente legate al grado di ac-curatezza con cui l’artigiano ha operato legiunzioni di volumi comunque eterogenei. Inogni caso, la successiva messa in atto e il gradodi accuratezza delle operazioni di rifinitura sonodeterminanti per l’occultamento o meno dellemacrotracce relative alle diverse tecniche,comprese quelle che modellano un volumeomogeneo (pressione e percussione).Tra i manufatti di S’Elighe Entosu esaminati èpossibile attestare l’impiego della tecnica a co-lombino, riscontrabile nella modellazione del-l’imboccatura di diversi recipienti tramitemacrotracce osservabili sulla superficie internae talvolta anche su quella esterna, costituite perlo più da solchi arrotondati, equidistanti e nonrettilinei. A livello macroscopico e al tatto si col-gono irregolarità dello spessore e delle superficiin un’alternanza di depressioni e rilievi dovuteallo spessore degli elementi innestati e alla pres-sione discontinua con cui vengono viene effet-tuata la giunzione, che determina le cosiddette“rughe di compressione” (Rye 1981, pp. 67-68).Di grande interesse l’osservazione di tecnica emetodo di modellazione delle olle a orlo ingros-sato, la cui evidenza è inversamente proporzio-nale al savoir faire dell’artigiano che le harealizzate. Un esempio fra tutti l’olla con orlo in-grossato (Melis cit., fig. 2,23), le cui fratture dellasezione e quella interna allo spessore mostranocome l’imboccatura consistesse originariamentein una parete rientrante realizzata perlomenonella parte terminale mediante sovrapposizionedi colombini (fig. 7,1). Se ne distinguono due dicirca 0,7 cm di diametro, a sezione circolarequello superiore, mentre quello inferiore un po’schiacciato lascia forse aperte altre possibilità

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in relazione alla tecnica di façonnage delcorpo (fig. 7,1A). Per ottenere l’orlo ingrossatoun altro cilindro di pasta del diametro di circa1,5 cm è stato sovrapposto esternamente (fig.7,1B). A ragione si può parlare di sovrapposi-zione piuttosto che di giunzione o innesto, poi-ché non appare nessun tentativo, né tramitepressioni delle dita né mediante uno strumento,di impastare i lati dei colombini tra loro. Laforma di ogni singolo colombino è preservata,le superfici lisciate. La superficie è stata infine re-golarizzata con un’aggiunta di pasta negli in-terstizi esterni (quelli interni sono invece cavi ehanno consentito a tenaci radici di colonizzareil frammento) (fig. 7,1C). A causa del differentestato igrometrico delle parti, quest’ultimo inter-vento costituisce quasi una sorta di rivestimento,inefficace da solo nel conferire una buona coe-sione all’imboccatura del recipiente.Il tegame alla figura 7,2A (Melis cit., fig. 5,1),dalle superfici sia interna che esterna non rifi-nite, mostra chiaramente le macrotracce le-gate alla modellazione a colombino dellaparete e persino il procedimento di giunzioneche consiste nell’aumentare la superficie di in-nesto assottigliando o sbiecando le estremitàdei colombini. Appare probabile un procedi-mento di montaggio per segmenti piuttostoche in spirale o per anelli sovrapposti. Associataalla tecnica del colombino è la caratteristicafrattura “a U”, esito delle operazioni messe inatto per impastare tra loro i lati degli elementisovrapposti; già descritta in relazione all’imboc-catura del vaso a “tesa” interna, è riscontrabileanche per l’attacco col fondo del tegame allafig. 7,2B (Melis cit., fig. 6,6).A livello etnografico si riscontra una grande va-riabilità nello spessore e forma dei colombini,nella giunzione, nel tipo di pressione utilizzataper impastarli, e nei procedimenti di montag-gio. Laddove riscontrabile a livello archeolo-gico, questa varietà costituisce un importanteindicatore culturale.Inoltre, sempre a livello etnografico, la tecnicaa colombino è ampiamente impiegata per larealizzazione della parte dell’imboccatura deirecipienti, spesso tuttavia in associazione conaltre tecniche (pressione, percussione) per larealizzazione del corpo e del fondo (Gelbert2003). Occorre dunque attendere il compi-mento dei rimontaggi sui manufatti per rico-struire per intero sequenze operative cheincludono l’impiego di questa tecnica.Altrettanto ben documentato in letteratura èl’impiego della tecnica a pressione per la realiz-zazione di forme semplici di piccola taglia. I dueframmenti non combacianti ma verosimilmentepertinenti al medesimo manufatto -una sco-

della di piccola taglia- (Melis, I materiali preisto-rici e protostorici, in questo volume, fig. 3,14)presentano diverse macrotracce indicatori diquesta tecnica. Il tipo di pressione utilizzato èdetto pincement: la fonte di energia è la pres-sione contrapposta delle dita su pasta umidache consente di assottigliare e modellare la pa-rete a partire da un volume omogeneo. Il risul-tato a livello macroscopico sono delle leggeredepressioni e bozze ripartite sulla superficie, lacurvatura della parete e lo spessore irregolari(con base spesso più spessa e assottigliamentoverso l’orlo). A livello di microstruttura si osser-vano vuoti allungati e paralleli alle pareti; sul re-cipiente così modellato, nessuna discontinuità asegnalare giunzioni (Rye 1981, p. 70). Sul nostromanufatto, tali irregolarità si colgono chiara-mente in sezione e sulla parete esterna, mentrela superficie interna -trattandosi di una formaaperta- è stata lisciata e resa più regolare.Anche l’aspetto sfogliato della frattura è ricon-ducibile alla pressione esercitata perpendicolar-mente alle pareti (fig. 8,1).Per un secondo recipiente (Melis cit., fig. 4,10)le piccole dimensioni consentirebbero comun-que di ipotizzare una modellazione da un vo-lume omogeneo, ma in questo caso spessore,profilo della parete e superfici sono stati rego-larizzati con estrema cura (fig. 8,2). Possiamodecisamente escludere sia l’impiego di unostrumento morbido come un pezzo di cuoio, ditessuto, poiché le superfici interna ed esternarecano le tracce dell’azione ripetuta di unostrumento duro (in osso, ad esempio) che hadeterminato uno spostamento di materia e alcontempo un comportamento riflettente laluce. Tale strumento, premuto e trascinato sullasuperficie, ha determinato lunghe strie parallelerispetto all’orlo o leggermente oblique, dellospessore di circa due millimetri, a loro volta sol-cate da finissime strie parallele. Come si evincedalle macrofoto della figura 8,2, lo stato dellasuperficie era ancora abbastanza plastico daconsentire allo strumento di lasciare traccenette e di spostare una certa quantità di mate-ria. Un’azione prolungata e una pressione con-tinua (associata probabilmente alla rotazionedel piccolo manufatto in mano all’artigiano)sono indiziate dalla sovrapposizione e dalla lun-ghezza delle strie. Lo strumento ha insistito sututta la superficie del frammento conservato ein particolare sull’orlo, internamente ed esterna-mente. L’operazione continuata è risultata effi-cace non solo a livello superficiale, ma anchesul fronte della regolarizzazione della forma edello spessore, determinando di fatto uno spo-stamento di materia. Non è stato dunque ne-cessario intervenire ulteriormente mediante

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raschiatura ad uno stadio di essiccazione piùavanzato (rabotage). In sede sperimentale sipotranno indagare la natura dello strumento ela variabile legata allo stato di plasticità.Senza l’impiego di alcuno strumento è stata in-vece effettuata la caratteristica rifinitura conmano umida, che contraddistingue due fram-menti -di orlo e parete con presa- rispetto alresto dei materiali. Pur non riscontrando un at-tacco diretto, a livello macroscopico si deduceappartengano allo stesso recipiente e pertantosono stati composti in sede di resa grafica (Meliscit., fig. 5,9). Al momento i confronti con mate-

riali nuragici sono generici a livello morfologico(Melis cit.), a livello tecnologico non verificabiliper assenza di dati editi. Poiché, com’è noto, indeterminati contesti può risultare difficile distin-guere una ceramica “d’impasto” preistorica daquella comune modellata a mano di età clas-sica o medievale, si considera l’ipotesi chepossa trattarsi di un recipiente post-nuragico.Prese dalla morfologia analoga caratterizzanotra l’altro recipienti di ceramica grezza model-lata provenienti da diversi contesti già nuragicima con continuità di frequentazione fino al me-dioevo (Nuraghe Losa di Abbasanta, Nuraghe

Fig. 4 - Usini, S’Elighe Entosu, domus de janas IV, vaso a “tesa” interna: 1, vuoti di giunzione livello di frattura (A) e frattura a Ualla base del colletto (B); 2, macrotacce di raclage sulla superficie interna della tesa; 3, particolari del foro sulla: lato esterno(A) e interno (B); 4, particolare delle tracce di lucidatura sulla superficie interna della tesa; 5, particolare della superficie esternadella tesa, accuratamente lucidata; 6 e 7, particolari della decorazione impressa sulla superficie esterna.Usini, S’Elighe Entosu, domus de janas IV, vaso a “tesa” interna: 1, join voids in cross section (A) and coiling’s junction (B); 2, marksof scraping on the internal surface; 3, details of the hole: external (A) and internal side (B); 4, detail of burnished striations on theinternal surface; 5, detail of polishing the external surface; 6 e 7, details of impressed decoration on the exterior surface.

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Santa Barbara di Bauladu, Nuraghe Corbulas diMilis) (Bacco 1997; Serra 1995). Si tratta di “pen-tole e olle da fuoco o da conserva” dal “corpocilindroide o emisferico, munite di tozze prese alingua, a segmento lunato o a orecchia” “va-riamente impostate appena sotto l’orlo o sullaspalla o ancora infine allamassima espansione”,mentre i caratteri tecnologici riferiti descrivono lematerie prime impiegate come“argille scarsa-mente depurate con degrassanti di dimensionimacroscopiche”, “modellate amano o al torniolento”. Il cromatismo presenta tonalità “dal noc-ciola rosato al grigio-ferro e dal brunomarrone albruno nerastro”. In relazione al nostro recipiente,l’uso di un dispositivo rotativo spiegherebbe laregolarità dei segmenti di circonferenza rilevatisui frammenti al momento del calcolo dei dia-metri, quando per la maggior parte degli altrimanufatti, sia di grandi che piccole dimensioni,le forme si presentano piuttosto irregolari. Le lun-ghe e finissime strie che solcano la superficie siainterna che esterna, sarebbero da considerarsi,in questo caso, non esito di una operazione dirifinitura ma contestuali alla messa in forma delrecipiente9.

ELEMENTI ACCESSORI

Pur in assenza di rimontaggi, alcuni tra i fram-menti esaminati consentono all’osservazionemacroscopica la comprensione delle modalitàdi innesto di diverse categorie di elementi ac-cessori al corpo dei recipienti.

Anse e preseSe l’ansa con decorazione a cerchielli impressidell’Età del Ferro fu frettolosa, affidando la resaestetica al rivestimento, un atteggiamento tec-nologico opposto è attestato dall’ansa con ap-pendice superiore insellata (Melis cit., fig. 2,2),che presenta impasto fine, lisciatura accurata eforma regolare che, pur in assenza di lucidaturao ingobbio, conferiscono all’elemento da presadei caratteri distintivi rispetto agli altri.Sappiamo che la fratturazione in fase post-de-posizionale di un recipiente costituito da un vo-

lume eterogeneo -realizzato cioèmediante ele-menti assemblati- tende a verificarsi a livellodelle superfici di giunzione, nella misura in cui lediscontinuità del corpo ceramico sono accen-tuate da una differenza negli degli stati igrome-trici dei diversi elementi e da sistemi di giunzionepiù o meno efficaci. Il fatto dunque di trovareanse e prese ancora connesse al recipiente,senza distacchi a livello della superficie di inne-sto, indica che l’espediente tecnologico messoin atto (tempistica emodalità) era senz’altro ef-ficace. Si è in genere osservata una buona coe-sione col corpo ceramico di anse e prese didimensioni ridotte (Melis cit., figg. 2,27; 4,6; 5,12;9,2). Per le anse non è documentata l’inserzionediretta sulla parete del recipiente, mentre di-versi frammenti attestano per anse di diverse di-mensioni l’impiego di codoli d’inserzione nellospessore delle pareti (Melis cit., figg. 5,12; 9,3). Ilsistema appare funzionale per le anse più pic-cole (fig. 9,1), mentre maggiori difficoltà com-portavano forse anse e recipienti più voluminosie pesanti: la frammentazione di questi ultimi re-stituisce diverse sole anse (fig. 9,2), per le quali ilmedesimo sistema d’inserzione o, in un caso, laperforazione della parete (fig. 9,3) non sem-brano essere state altrettanto efficaci.

Elementi plastici verticaliGli elementi plastici verticali appaiono comeelementi accessori applicati mediante innestodiretto sulla superficie, generalmente poco rifi-niti. Il distacco della parte inferiore sui frammentiproveniente dalle US 12 e 29 (Melis cit., figg. 5,6;10,2) si deve alla scarsa coesione tra corpo ce-ramico ed elemento plastico, imputabile alladifferenza igrometrica al momento dell’innesto.

Cordoni plastici orizzontaliAlcuni frammenti di parete (Melis, cit., figg.5,11 e 7,4) presentano un cordone plasticoorizzontale e sono pertinenti a recipienti digrandi dimensioni, in ragione dello spessore edell’impasto assai grossolano (fino a 4 mm ildiametro degli inclusi calcarei nei due fram-menti combacianti alla figura 7,4). Questi ele-

9 Da sole queste particolari macrotracce –perlomeno quando l’osservazione interessa una superficie ridotta- non sono univoche (non sono cioèindicatori inequivocabili) e per essere correttamente interpretate necessitano di essere abbinate ad altre informazioni tecnologiche sul recipiente.Analoghe finissime e lunghe strie orizzontali sono state ad esempio osservate anche sulle superfici interne dei tegami Sub-Ozieri di Su CodduCanelles, qui prodotte dalla semplice lisciatura a mano, come si è potuto verificare sperimentalmente nell’ambito del Laboratorio di Preistoria(Melis e Piras cds; Piras cds). Già in relazione alle ultime fasi dell’Età del Bronzo diversi autori riconducono macrotracce sulle superfici di alcunirecipienti all’introduzione di un dispositivo rotativo (Lugliè 2005, pag. 158; tav. 55). Far ruotare il vaso su sé stesso mediante un dispositivo privo diperno o una tournette consente di applicare durante la modellazione e la rifinitura una pressione continua e orizzontale; l’energia cinetica ro-tativa si ha quando il movimento è in grado di resistere alla frizione necessaria per centrare, rendere cava e assottigliare una determinata massad’argilla. Le macrotracce prodotte dalle operazioni di modellazione e rifinitura effettuate mediante pressioni continue orizzontali sono tutt’altroche univoche. Inoltre, indagini etnografiche attestano come la sbozzatura possa continuare ad essere effettuata con diverse tecniche (es.colombino) anche successivamente all’introduzione del tornio, mentre l’energia cinetica rotativa può intervenire anche solo per la messa informa e rifinitura del recipiente. Etnoarcheologia e archeologia sperimentale hanno consentito di testare le variabili e di documentare e dis-tinguere i loro esiti a livello di macro e microtracce (Roux 1994; Roux e Courty 1998).

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menti sono generalmente considerati una sortadi prodotto congiunto dei fattori culturale e fun-zionale: un elemento decorativo al contempofunzionale a rafforzare la resistenza del reci-piente. In effetti, manipolando questi frammentila prima impressione è quella di una grandecoesione tra parete ed elemento plastico: si os-servano l’assenza sia di distacchi di materia insuperficie (i quali sono conseguenti all’utilizzo dibarbottina per facilitare il collage), sia di ano-malie in sezione alla base del cordone (le qualiugualmente indizierebbero una modalità diposa per innesto diretto). Si ipotizza dunque uninnesto avvenuto pressoché contestualmenteal façonnage, senza differenze igrometriche ri-levanti tra corpo ed elemento accessorio, e,con questa ipotesi si procede all’osservazionemacroscopica di tutti i frammenti analoghi. Unaanomalia obliqua collocata sulla frattura verti-cale di uno dei frammenti e percettibile allaluce radente (fig. 10) attesta un innesto di co-lombino a banda o placca. Il procedimento digiunzione messo in atto è detto en biseau econsiste nell’assottigliare e sbiecare le estremitàdei due elementi, in modo da aumentare la su-perficie di innesto e facilitarlo. In frattura si os-serva inoltre la continuità tra cordone e parete:significa che l’innesto è stato effettuato inmodo che l’estremità inferiore della bandasporgesse rispetto al filo della parete esterna,costituendo di fatto l’elemento plastico orizzon-

tale poi rifinito in forma di cordone. Quest’ultimodunque non costituisce un elemento accesso-rio modellato separatamente e poi applicatoal recipiente in fase di rifinitura, ma è frutto di unespediente di assemblaggio e parte integrantedel corpo ceramico. Un dato tecnologico im-portante per valutarne più consapevolmentesia il carattere funzionale che quello di markerculturale.

IN CONCLUSIONE

Trattandosi, come premesso, di uno studio in iti-nere che offre, piuttosto che risposte, spunti diosservazione e richieste di riscontri, è bene aste-nersi da conclusioni di carattere generale. Si at-tendono il proseguo dello scavo, nuovimateriali, rimontaggi, ulteriori dati, le analisi ar-cheometriche. Non occorre più dimostrare chela conoscenza di un manufatto, di un corpus dimanufatti, di qualunque categoria, se limitataai soli aspetti morfologici è già di per sé limitatae superata. Lo sarebbe comunque se non inse-rita in un contesto di ricerca interdisciplinareche si proponga come obiettivo la compren-sione della comunità di cui i manufatti sono ilprodotto.Un’ulteriore riflessione è invece d’obbligo: nel-l’ambito specifico di un contesto funerario, idati tecnologici possono essere utili per cogliereil significato della presenza dei reperti ceramici?

Fig. 5 - Usini, S’Elighe Entosu, domus de janas IV, frammenti decorati: 1, dall’US 20, decorazione incisa e impressa con strumentodentato (A) e sezione con abbondanti inclusi calcarei (B); 2, dall’US 23, con decorazione incisa e impressa con strumento den-tato (foto: Laura Manca).Usini, S’Elighe Entosu, domus de janas IV, decorated shards: 1, from US 20: incised and impressed with comb decoration (A) andcross section with abundant calcareous inclusions (B); 2, shard from US 23, incised and impressed decoration (comb impressions).

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I recipienti sono di pregio per sé stessi (Ozieri,campaniforme, manufatti decorati o rifiniti) oacquistano pregio in relazione alla funzione dicontenitore di specifici beni di pregio (vaso atesa?), oppure ancora è solo il loro contenutoad avere valore di offerta (tegami e recipientinon rifiniti)?

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Fig. 6 - Usini, S’Elighe Entosu, domus de janas III e IV, anse decorate: 1, dalla tomba IV, con cerchielli concentrici impressi (A) eparticolare della frattura (B); 2, dalla tomba III, con superficie totalmente abrasa.Usini, S’Elighe Entosu, decorated handles: 1, from domus IV, with impressed circles (A) and cross section detail (B); 2, from domusIII, with a singular surface abrasion.

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Fig. 7 – Usini, S’Elighe Entosu, domus de janas IV, macrotracce relative alla tecnica a colombino: 1, olla con orlo ingrossato, concolombini visibili a livello delle fratture; 2, su tegami: A, sulla superficie interna non rifinita; B, alla giunzione tra parete e fondo.Usini, S’Elighe Entosu, domus de janas IV, marks of coiling: 1, olla con orlo ingrossato, fractures with visible coils; 2, tegami: A, onthe internal unfinished surface ; B, on the junction between body and base.

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Fig. 8 – Usini, S’Elighe Entosu, domus de janas IV, piccoli recipienti: 1, scodellina non rifinita con macrotracce di modellazionea pressione su volume omogeneo; 2, scodellina accuratamente rifinita mediante utensile duro.Usini, S’Elighe Entosu, domus de janas IV, small vessels: 1, unfinished, with marks of pinching; 2, with a careful finishing by anhard tool.

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Fig. 9- Usini, S’Elighe Entosu, domus de janas IV, sistemi d’innesto delle anse: 1 e 2, mediante inserzione nello spessore dellaparete; 3, mediante perforazione della parete.Usini, S’Elighe Entosu, domus de janas IV, handles joining techniques: 1 e 2, with insertion in the wall thickness; 3, with perfo-ration of the wall.

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Fig. 10 – Usini, S’Elighe Entosu, domus de janas IV: frammenti con cordoni orizzontali realizzati in durante la modellazione delrecipiente.Usini, S’Elighe Entosu, domus de janas IV: shards with horizontal cordons produced during moulding phase.

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PresentazioneGIUSEPPE ACHENZA, IOLE SERRA

ALBERTO MORAVETTI

Ringraziamenti MARIA GRAZIA MELIS

CAPITOLO PRIMO IL PROGETTO SCIENTIFICO E DIDATTICO

Il patrimonio archeologico del territorio di Usini nella storia degli studiMARIA GRAZIA MELIS

Il progetto S’Elighe EntosuMARIA GRAZIA MELIS

S’Elighe Entosu (Sardaigne) et Cauria (Corse): mise en valeur de sites préhistoriques, dela recherche à la présentation au public. Une collaboration scientifique italo-française ANDRÉ D’ANNA, MARIA GRAZIA MELIS

Usini. Un progetto didattico internazionale MARIA GRAZIA MELIS

Le domus de janas del territorio di Usini: stato delle ricerche e nuove acquisizioni GIANFRANCO GHIANI

Il GIS in archeologia un’applicazione nel territorio di UsiniGIANMARIO LAI

CAPITOLO SECONDO S’ELIGHE ENTOSU E IL TERRITORIO

La nécropole de S’Elighe Entosu dans son espace ANDRÉ D’ANNA, JEAN-LOUIS GUENDON, FLORIAN SOULA

Examen macroscopique des provenances des matières premières siliceuses etétude technologique du matériel de prospection de la commune d’Usini (Provincede Sassari, Sardaigne)FLORIAN SOULA, JEAN-LOUIS GUENDON

Simbolismo e arte nei monumenti preistorici e protostorici del territorio di UsiniMARIA GRAZIA MELIS

L’arte parietale dell’ipogeo di ChercosGUILLAUME ROBIN

La domus dei triangoli scolpiti di Sos BaddulesosANTONELLA FOIS

CAPITOLO TERZO LA NECROPOLI DI S’ELIGHE ENTOSU. LE CAMPAGNE DI SCAVO

La necropoli di S’Elighe Entosu: aspetti architettonici e topograficiMARIA GRAZIA MELIS

INDICE USINI. RICOSTRUIRE IL PASSATO

Una ricerca internazionale a S’Elighe Entosu

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Le campagne di scavo 2006-2009 a S’Elighe Entosu. Risultati preliminari MARIA GRAZIA MELIS

Analisi fisico chimiche delle US provenienti dagli scavi in località S’Elighe Entosu (Usini) PAOLO MULÈ

Analisi dei macroresti vegetali provenienti dalla domus de janas IV della necropolidi S’Elighe Entosu (Usini, Sassari)ALESSANDRA CELANT

Analisi dei resti di vertebrati rinvenuti nelle domus de janas III e IVMARCO ZEDDAAppendice. Osservazioni sui resti malacologici rinvenuti nelle domus de janas III e IVMARCO ZEDDA, LAURA MANCA

Prime osservazioni sui reperti ossei umani della domus de janas IV di S’Elighe Entosu ALESSANDRA PISCHE

CAPITOLO QUARTOI REPERTI

I materiali preistorici e protostorici delle domus de janas di S’Elighe Entosu. ProblematichegeneraliMARIA GRAZIA MELIS

Note tecnologiche preliminari su alcuni manufatti ceramici dalle domus de janas III e IVdella necropoli di S’Elighe Entosu (Usini, Sassari) STEFANIA PIRAS

L’industria litica delle domus de janas III e IV: un esempio di gestione integrata dellerisorse RAMONA CAPPAI

Gli oggetti d’ornamento in conchiglia LAURA MANCA

Note su un frammento di statuina neolitica della domus de janas III di S’Elighe Entosu MARIA GRAZIA MELIS

Un betilino dalla domus de janas IV di S’Elighe Entosu: relazioni e confronti con la piccolaproduzione betilica dell’architettura funeraria nuragica STEFANIA BAGELLA

La necropoli di S’Elighe Entosu: le monete FRANCESCO GUIDO

I monumenti e i materiali di età romana SIMONA FAEDDA

CAPITOLO QUINTOSINTESI DEI RISULTATI

La necropoli di S’Elighe Entosu e il territorio di Usini in età preistorica e protostorica MARIA GRAZIA MELIS

ELENCO DELLE TAVOLE

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