L’ANTICRISTO CATTOLICESIMO A PARTIRE DALLA RIFLESSIONE ...
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L’ANTICRISTO E IL CATTOLICESIMO A PARTIRE DALLA
RIFLESSIONE NIETZSCHEANA SUL BUON EUROPEO
Ivan Rotella*
Abstract
This essay wants to support the idea that the Nietzschean concept of good European
is incompatible with Romanticism and, at the same time, that the mature phase of
Nietzsche’s thought, in particular the Antichrist, is actually a return to romanticism
of the initial phase after the illuminist period of negation of the romantic ethos. The
essay also wants to support the idea of a parallel between good
European/Enlightenment, on the one hand, and bad European/Romanticism, on the
other one. Like Twilight of Idols is an anti-Wagnerian text modeled on the Twilight
of Gods by Wagner, the Antichrist can be understood as an antiluteran text modeled
on Luther's Antichrist. Both Luther and Nietzsche see in the papacy first of all the
expression of an anti-Christian theology and, only as a consequence, a truly anti-
Christian political force. The difference between the Antichrist of Luther and the
Nietzschean one, however, consists in the fact that for the Christian Luther the anti-
Christianity of the papacy becomes a reason for condemnation, while for the anti-
Christian Nietzsche the anti-Christianity of the papacy instead represents merit.
Keywords: Good European, Antichrist, Nietzsche, Catholicism, Luther.
Lo stato di crisi in cui versa oggi l’Europa, forse, non è da ritenersi un caso
eccezionale limitabile alla sola contemporaneità se uno studioso come
Pirenne, già nella prima metà del Novecento, parla di crisi «perenne»
dell’Europa, come a volerne sottolineare, da storico, il carattere intrinseco alle
* Università della Calabria.
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dinamiche continentali che l’hanno preceduto, e da teorico, quello intrinseco
alle dinamiche che l’avrebbero succeduto, quindi anche quelle attuali.1
La Costituzione Europea (Roma 2004) è insieme simbolo ed elemento
concreto della crisi in cui si trova attualmente l’Europa: ratificata da alcuni
stati con procedura parlamentare, trattati d’accesso o referendum (Italia,
Germania, Spagna, Lussemburgo, Austria, Finlandia, Slovacchia, Slovenia,
Grecia, Bulgaria, Romania, Lettonia, Estonia, Lituania, Belgio, Cipro), è stata
però allo stesso tempo respinta o sospesa da altri (Paesi Bassi, Francia, Regno
Unito, Danimarca, Polonia, Portogallo, Svezia, Rep. Ceca). Proprio il rifiuto
di alcuni paesi europei e, soprattutto quello avvenuto attraverso procedura
referendaria (Francia e Paesi Bassi), ha di fatto invalidato l’entrata in vigore
della Costituzione Europea anche per gli Stati che l’avevano ratificata,
aprendo quindi una crisi istituzionale. Uno dei punti più controversi della
Costituzione Europea del 2004, forse anche il più dibattuto dall’opinione
pubblica e, indubbiamente, il più filosofico-culturale, è individuabile nel
mancato riconoscimento delle radici cristiane d’Europa. Il Cristianesimo,
dunque, è chiamato direttamente in causa quale elemento, in positivo o in
negativo, della crisi; basti pensare all’intervento di Jorge Mario Bergoglio al
Parlamento Europeo del 25 novembre 2014, discorso in cui il pontefice ha
sostenuto la tesi secondo cui uno dei motivi della crisi che l’Europa sta
attraversando sia proprio individuabile nel mancato riconoscimento delle
radici cristiane e della trascendenza quali elementi identitari europei.
Il buon europeo nella produzione nietzscheana
Quella del buon europeo è una figura poco indagata dagli studiosi, che solo
di recente si sono dedicati più sistematicamente alla questione2, in fondo,
1 Cfr. Henri Pirenne, Histoire de l'Europe des invasions au XVIe siècle, Alcan, Paris 1936; tr.
it. Storia d’Europa dalle invasioni al XVI secolo, Sansoni, Firenze 1956. Pirenne parla di
crisi già in riferimento al XIII secolo. 2 Si vedano Ralf Witzler, Europa im Denken Nietzsches, Königshausen & Neumann,
Würzburg 2001, pp. 77-114; N. Nicodemo, Die moralische Aufgabe der “guten Europäer”
und die “zukünftigen Europäer”, in S. Dietzsch (a cura di), Nietzsches Perspektiven. Denken
und Dichten in der Moderne, de Gruyter, Boston-Berlin 2014, pp. 385-406; Aldo Venturelli,
Die gaya scienza der “guten Europäer”. Einige Anmerkungen zum Aphorismus 377 des V.
Buchs der Fröhlichen Wissenschaft, in «Nietzsche-Studien», 38, 2010, pp. 180-200; Paolo
D’Iorio, Gilbert Merlio (a cura di), Nietzsche et l’Europe, Éditions de la Maison des sciences
de l’homme, Paris 2006; Martine Prange, Nietzsche, Wagner, Europe, de Gruyter, Boston-
Berlin 2013. Inoltre voglio ricordare che a Cosenza, tra il 10 e il 12 dicembre 2015 si è svolta
la XII edizione del Seminario Permanente Nietzscheano (SPN) dedicata al tema “Cosa
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quasi contemporaneamente alla crisi che ha investito l’Europa. Inoltre, nella
maggior parte di questi studi, la questione relativa al buon europeo è stata
sempre considerata in relazione al tema della «grande politica», ovvero, al
tentativo nietzscheano di descrivere e preconizzare una futura classe dirigente
capace di costruire aere perennius3. Un recente lavoro di Gori e Stellino4,
invece, non solo analizza la questione ricostruendo in maniera
filologicamente dettagliata le diverse occorrenze del termine all’interno della
produzione e del lascito nietzscheano, ma tenta anche di evidenziarne il valore
filosofico e non esclusivamente politico.
Le occorrenze del termine “buon europeo”, nelle opere licenziate per
la stampa, nei Frammenti Postumi e nelle corrispondenze, sono tutte
comprese tra gli anni 1880-1887. Se si volesse usare la suddivisione, ormai
classica, della produzione nietzscheana in un primo periodo
schopenhaueriano-wagneriano, definito dallo stesso Nietzsche come il suo
periodo romantico; un secondo periodo illuminista e, infine, in un terzo
periodo nichilista, allora, si sarebbe costretti ad ammettere che le occorrenze
del termine “buon europeo” sono quasi tutte collocate all’interno del secondo
periodo della produzione nietzscheana, quello illuminista, con qualche
eccezione importante per l’inizio del terzo, mentre, in ogni caso, è da notare
che non ci sono occorrenze del termine né nel periodo romantico, né in quello
finale della produzione nietzscheana, ovvero in Crepuscolo degli idoli, Ecce
Homo e Anticristo.
La tesi che qui si vuole sostenere consiste proprio nell’idea che il
concetto nietzscheano di buon europeo sia incompatibile con il romanticismo
e, nello stesso tempo, che la fase matura del pensiero di Nietzsche, in
particolare l’opera Anticristo, costituisca in realtà una sorta di ritorno al
romanticismo della fase iniziale, dopo il periodo illuminista di negazione
dell’ethos romantico. Infine, si vuole anche sostenere l’idea di un parallelismo
tra buon europeo/illuminismo, da una parte, e cattivo europeo/romanticismo,
dall’altra.
significa essere buoni europei?”, dalle cui sessioni ho tratto molti spunti per le riflessioni del
presente lavoro. 3 Si veda, per esempio, Friedrich Nietzsche, GD Götzen-Dämmerung, tr. it. Il Crepuscolo
degli idoli, Adelphi, Milano, 1966. In particolare la sezione “Quel che debbo agli antichi”, §
1 «Si riconoscerà in me, sin dentro il mio Zarathustra, una ambizione assai seria di stile
romano, per ciò che nello stile è aere perennius»: corsivo dell’autore. 4 Pietro Gori, Paolo Stellino, Il buon europeo di Nietzsche oltre nichilismo e morale cristiana,
in «Giornale critico della filosofia italiana», vol. 1 (2016), pp. 98-124.
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Cosa significa buon europeo
Prima di tutto, bisogna chiarire la portata semantica dei termini “buono” ed
“europeo” nella cornice del filosofema “buon europeo”. Seguendo
l’argomentazione nietzscheana dislocata all’interno della prima dissertazione
di Genealogia della Morale, in cui vengono analizzate le coppie di termini
buono/cattivo e buono/malvagio, bisognerà intendere il termine buono
all’interno del filosofema “buon europeo” come contrapposto al termine
cattivo, ma non al termine malvagio e, di conseguenza, buon europeo
contrapposto a cattivo europeo e non a europeo malvagio.
La coppia buono/cattivo, infatti, nella prospettiva nietzscheana,
assume un carattere puramente descrittivo e avalutativo. Nietzsche, in effetti,
non usa mai l’espressione “cattivo europeo”, tuttavia, al fine di intenderne il
significato, è implicitamente necessario contrapporla all’espressione “buon
europeo” e mantenere entrambe le definizioni su un piano
dell’argomentazione descrittivo ed extra-morale. Bisogna ora chiarire cosa si
intenda invece per europeo o per Europa. Da questo punto di vista,
estremamente significativo e chiaro, è l’aforisma 215 del Viandante e la sua
ombra:
Qui, dove i concetti “moderno” ed “europeo” sono quasi parificati,
s’intende per Europa un territorio molto più esteso che non l’Europa
geografica, questa piccola penisola dell’Asia: in particolare ne fa parte
l’America, in quanto appunto è figlia della nostra civiltà [Tochterland
unserer Cultur ist]. D’altra parte nemmeno cade sotto il concetto di
“Europa” civile tutta l’Europa [fällt nicht einmal ganz Europa unter den
Cultur-Begriff „Europa“]; sotto di esso cadono soltanto tutti quei
popoli e parti di popoli che hanno nella grecità, nella romanità,
nell’ebraismo e nel cristianesimo un passato comune.
Se il dibattito intorno al riconoscimento delle radici cristiane all’interno della
Costituzione Europea fosse dettato da ragioni per così dire storiche, allora
sarebbe lapalissiano che l’Europa possiede delle radici cristiane, ma, allo
stesso modo, sarebbe altrettanto ovvio che quelle radici sarebbero soltanto un
elemento insieme ad altri, ovvero insieme alla grecità, alla romanità o alla
ebraicità e, forse, anche all’islamicità, che molto ha contribuito per la
formazione della scienza moderna e del Rinascimento europeo. Quindi è
impossibile intendere il riconoscimento delle radici cristiane all’interno della
Costituzione Europea come un’esigenza storica, ma bisogna intenderlo,
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invece, come un’esigenza politica, volta a rafforzare una pretesa identità
cristiana e, implicitamente, a sottolineare una altrettanto pretesa alterità non
cristiana. Si potrebbe dire che è europeo tutto ciò che possiede un certo
«atteggiamento culturale [geistige Haltung]»5, greco-romano e giudeo-
cristiano insieme.
Una volta chiarito che con buon europeo Nietzsche intende la
definizione extramorale di un determinato tipo culturale, si possono ora
prendere in considerazione le occorrenze più importanti del termine. La prima
di queste occorrenze si trova in Umano, troppo umano, non a caso il libro
dichiaratamente più illuminista dell’intera produzione nietzscheana: basti
pensare alla dedica per il centenario della morte di Voltaire presente nella
prima edizione del primo volume. Il sottotitolo dell’opera, Un libro per spiriti
liberi, indica già un possibile legame tra le figure del buon europeo e dello
spirito libero. Nell’aforisma 475 (MA I), intitolato L’uomo europeo e la
distruzione delle nazioni, Nietzsche descrive, contemporaneamente, il buon
europeo e ciò che ad esso si contrappone, si potrebbe dire il cattivo europeo.
Il buon europeo viene descritto come un uomo di «razza mista [Mischrasse]»,
colui che opera «con i fatti alla fusione delle nazioni», chi invece «opera in
senso contrario a questa meta» è invece il nazionalista. Nietzsche definisce il
nazionalismo come un qualcosa di «artificiale» e «pericoloso»,
paragonandolo al cattolicesimo artificiale:
questo nazionalismo artificiale è tanto pericoloso quanto lo è stato il
cattolicesimo artificiale, essendo, per sua natura, un violento stato
d’emergenza e d’assedio [ein gewaltsamer Noth- und
Belagerungszustand] imposto da pochi su molti, il quale per riscuotere
credito ha bisogno di astuzia, di menzogna e di violenza. Non l’interesse
dei molti (dei popoli), come si dice, ma soprattutto l’interesse di una
determinata dinastia regnante, e poi di determinate classi commerciali
e sociali spinge a questo nazionalismo; una volta riconosciuto ciò,
bisogna solo dichiararsi senza timore buoni europei6.
Il buon europeo, quindi, è antinazionalista7 e, in questo senso, espressione di
una cultura mista. Interessante è il parallelo che Nietzsche, in questa fase
5 Alfred R. Witzler, op. cit., p. 199. 6 Friedrich Nietzsche, MA, I, Menschliches Allzumenschliches; tr. it. Umano, troppo umano,
§ 475, Adelphi, Milano, 1966 corsivo dell’autore. 7 Nietzsche, nel Viandante e la sua ombra, definisce il nazionalismo anche una «malattia» e
un «nemico» del buon europeo. Cfr. F. Nietzsche, WS §87.
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illuminista, istituisce tra nazionalismo artificiale e cattolicesimo artificiale,
ovvero due espressioni spirituali antinaturaliste e antidionisiache. Tanto il
nazionalismo, quanto il cattolicesimo, in effetti, sono stati, storicamente e
politicamente, elementi di disgregazione tra i popoli e ostacoli al progresso
economico e sociale degli stati; basti pensare ancora all’analisi di Pirenne
sulle lotte tra impero e papato nel Medioevo, oppure alla situazione descritta
da Machiavelli ne Il Principe, in cui mette in luce le responsabilità del papato
per il mancato processo di unificazione dell’Italia e il conseguente dominio
straniero: analisi tanto lucida da essere tornata di attualità durante tutto il
periodo risorgimentale.
Nel passo citato, quindi, Nietzsche intende il buon europeo come un
antinazionalista e un anticattolico, dal momento che «bisogna solo dichiararsi
senza timore buoni europei» dopo aver «riconosciuto ciò», ovvero dopo aver
riconosciuto che «questo nazionalismo artificiale è tanto pericoloso quanto lo
è stato il cattolicesimo artificiale». Dunque il buon europeo è uno spirito
libero che pensa a edificare una nuova unità statale e culturale,
sovranazionale, di cultura mista e che, quindi, se attualizzato nel dibattito
odierno sulle radici europee, rinuncia totalmente a qualsiasi tipo di radice
cristiana o cristiano-cattolica. Di conseguenza, coloro i quali ancora insistono
per il riconoscimento di quelle radici cristiane all’interno della Costituzione
Europea sarebbero da considerarsi dei cattivi europei. Da questo punto di
vista, l’impostazione di Umano, troppo umano è non semplicemente
illuminista, ma piuttosto radicalmente antiromantica, se si pensa a un testo
classico del romanticismo intorno alla tematica europea come Cristianità o
Europa, in cui Novalis affida il progetto di unificazione europea proprio al
cattolicesimo romano, indicando quindi una prospettiva diametralmente
opposta a quella nietzscheana.
Gori e Stellino, ricostruendo la costellazione di significati della
espressione nietzscheana, suggeriscono, accanto alla correlazione tra il buon
europeo e lo spirito libero cui si è accennato, anche quella tra il buon europeo
e la figura dell’ombra, correlazione del resto già allusivamente esposta dallo
stesso Nietzsche, che pare fosse indeciso sul titolo da dare al Viandante e la
sua ombra e che, in un primo momento, avrebbe voluto intitolare Il Viandante
o il buon europeo8, come se ombra e buon europeo fossero, in effetti, quasi
sinonimi. Ma l’ombra, del resto, allude alla condizione del senza patria
8 Cfr. Pietro Gori, Paolo Stellino, op. cit., p. 108. Sul tema dell’ombra in relazione al buon
europeo, si veda anche M. Brusotti Europäisch und Über-europäisch, in «Tijdschrift voor
Filosofie», LXVI, n. 1, p. 36.
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[Heimatlosigkeit], si potrebbe dire dell’apolide, del viandante che è
dappertutto e in nessun luogo, esattamente il contrario del nazionalista: il
buon europeo è, dunque, esplicitamente contrapposto da Nietzsche «agli
uomini delle patrie». Usando la prima persona plurale “noi”, che nel periodo
romantico schopenhaueriano-wagneriano lo stesso Nietzsche della prima
Inattuale aveva contestato allo Strauss de La vecchia e la nuova fede, in un
frammento del 1885 scrive: «Questi buoni europei, che noi siamo: che cosa
ci distingue dagli uomini delle patrie? […] siamo atei e immoralisti […] ci
guardiamo dal mettere radici»9.
In realtà, qualche tempo prima, ne La gaia scienza, Nietzsche aveva
sostenuto, sempre a riguardo della figura del buon europeo, che è proprio nel
cristianesimo che i buoni europei hanno le loro radici.10 Questa
contraddizione, però, come spesso avviene, è soltanto apparente. Nietzsche
sostiene che i buoni europei hanno le loro radici nel cristianesimo perché così
è storicamente, ma, allo stesso tempo, adombra implicitamente la necessità di
sradicare quelle stesse radici, proprio in ragione del fatto di averle avute: il
buon europeo non è colui che non possiede radici cristiane, bensì colui che,
pur avendole, opera in modo tale da rinnegarle, oppure, in altri termini:
«Nietzsche insiste molto sul fatto che i buoni europei abbiano vissuto la
malattia del cristianesimo e da essa siano guariti. Il superamento del
cristianesimo […] è possibile solamente a chi ha vissuto fino in fondo la
costrizione spirituale che esso produce»11.
Il buon europeo, quindi, è prima di tutto ateo, prima ancora che
anticattolico o anticristiano, sebbene di un ateismo che ha conosciuto il
cristianesimo o di un ateismo inteso come fase matura del cristianesimo, in
altri termini, un ateismo straussiano. Anche un mussulmano, un ebreo o un
appartenente a qualsiasi tipo di fede o culto, potrebbe essere anticattolico e
anticristiano, ma non per questo sarebbe ancora un buon europeo, proprio
perché, nella visuale nietzscheana, sulla scia di Feuerbach, l’ateismo è inteso
come l’esito necessario e inevitabile del cristianesimo.
Da questo punto di vista, il buon cristiano è colui che non è più
cristiano, così come il buon europeo è colui che ha abbandonato le sue radici
9 Friedrich Nietzsche, Frammenti Postumi, nota 35 [9] del maggio-luglio 1885 corsivo
dell’autore. 10 Id., FW Fröhliche Wissenschaft, tr. it. La gaia scienza, Adelphi, Milano 1966 § 377 «Noi
siamo […] buoni europei […] siamo cresciuti troppo anche per il cristianesimo, ostili ad esso
proprio perché è nel cristianesimo che abbiamo le nostre radici, perché i nostri antenati furono
cristiani», corsivo dell’autore. 11 Pietro Gori, Paolo Stellino, op. cit., p. 123.
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europee, greco-romane e giudaico-cristiane. Non è un caso, infatti, che
l’aggettivo “buon” del filosofema “buon europeo”, ricorra, in Umano, troppo
umano, anche in relazione al tipo nazionale tedesco ed esprima lo stesso
meccanismo di negazione come appropriazione, di conservazione come
abbandono.
Essere buon tedesco significa stedeschizzarsi [Gut deutsch sein heisst
sich entdeutschen] […] quando un popolo progredisce e cresce, spezza
ogni volta la cintura che gli conferiva il suo aspetto nazionale […]. Se
dunque un popolo ha molto di stabile, ciò è una prova che esso vuole
impietrire e che vorrebbe addirittura diventare un monumento […]. Chi
dunque vuol bene ai tedeschi, veda da parte sua di superare sempre più
ciò che è tedesco. Perciò il volgere al non tedesco [Die Wendung zum
Undeutschen] ha sempre contraddistinto gli uomini di valore del nostro
popolo12.
Alla luce di questa considerazioni si può individuare un significato preciso
del sintagma “buon europeo”: il buon europeo è colui che si diseuropeizza, è
aperto all’Oriente, al Sud, all’Africa o a qualsiasi presunta alterità, è colui che
ha abbandonato le sue radici e si riconosce cittadino del mondo; il buon
europeo è un illuminista, fautore di una ragione astratta e formale che, proprio
in quanto formale, può adattarsi a qualsiasi contesto e qualsiasi epoca, può
assumere qualsiasi maschera e nazionalità, con la consapevolezza che ogni
maschera è sempre reversibile e mai definitiva, è l’uomo inteso come
l’«animale non ancora determinato»13 [noch nicht festgestellte Thier], mai
rigidamente e definitivamente determinabile.
Il cattivo europeo
Come si è detto, Nietzsche non utilizza mai l’espressione “cattivo europeo”,
ma spesso contrappone al buon europeo figure ben precise, come ad esempio
quella del nazionalista o del cattolico. A ben guardare, però, l’evoluzione del
pensiero nietzscheano rende più problematico il rapporto tra cattivo europeo
e cattolicesimo. L’ultima fase della produzione nietzscheana, quella compresa
tra la pubblicazione dello Zarathustra e gli ultimi testi del 1888, è la fase in
12 Friedrich Nietzsche, FW Fröhliche Wissenschaft, tr. it. La gaia scienza, Adelphi, Milano
1966 Opinioni e sentenze diverse, II, § 323. 13 Id., JGB Jenseits des Gut und Böse, tr. it. Al di là del bene e del male, Adelphi, Milano
1966 § 62.
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cui Nietzsche tenta la resa dei conti finale con il cristianesimo e, proprio per
questo motivo, forse, arriva a distinguere il cristianesimo in generale,
soprattutto protestante, da quello cattolico.
Al di là del bene e del male è l’ultimo testo in cui compare la figura
del buon europeo e, con ogni probabilità, anche quello in cui questa figura
assume piena valenza filosofica e raggiunge la sua maturità concettuale. Già
la chiusa della Prefazione indica l’intento nietzscheano:
La lotta contro Platone o, per esprimerci in modo più accessibile e
adatto al «popolo», la lotta contro la secolare oppressione cristiano-
ecclesiastica – giacché il cristianesimo è un platonismo per il «popolo»
– ha creato in Europa una splendida tensione dello spirito come ancora
non si era avuta sulla terra: con un arco teso a tal punto si può ormai
prendere a bersaglio le mete più lontane […]. Noi, che non siamo né
gesuiti, né democratici, e neppure abbastanza tedeschi, noi buoni
europei e spiriti liberi, assai liberi – noi la sentiamo ancora, tutta la pena
dello spirito e la tensione del suo arco! E forse anche la freccia [Pfeil],
il compito [Aufgabe], e chissà? La meta [Ziel]14
In questo passo i buoni europei vengono investiti di un compito [Aufgabe],
essi sono la nuova aristocrazia dello spirito che dovrà condurre l’umanità a
superare il cristianesimo15. Ma questo compito non è un compito soltanto
politico e rivoluzionario, come se il superamento del cristianesimo fosse un
mero obiettivo istituzionale, al contrario, questo compito ha un valore anche
e soprattutto filosofico e psicologico; non è messo in discussione il
riconoscimento formale e storico delle radici cristiane, bensì l’esigenza stessa
di quel riconoscimento e, per fare in modo che scompaia l’esigenza del
riconoscimento, bisogna minare il fondamento filosofico del cristianesimo,
ovvero il platonismo. Sradicare il platonismo, come compito etico-filosofico,
coincide con lo sradicare il cristianesimo. Il cattivo europeo, allora, è il
cristiano-platonico, ovvero il cristiano votato alla trascendenza. La nota
espressione «dio è morto [Gott ist todt]» (FW 125) implica necessariamente
che dio un giorno sia anche nato e, la nascita di dio, nella prospettiva
nietzscheana, coincide con la nascita del platonismo e della trascendenza. Il
platonismo, poi, rappresenta esattamente la malattia europea e Platone
14 F. Nietzsche, JGB op. cit., “Prefazione”. 15 Cfr. ivi, § 251 pt. VIII: «l’allevamento di una nuova casta governante in Europa [die
Züchtung einer neuen über Europa regierenden Kaste]».
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assume simbolicamente il profilo del cattivo europeo per eccellenza in quanto
inventore della metafisica intesa come trascendenza iperurania.
Sempre in Al di là del bene e del male, Nietzsche è ancora più chiaro
nel descrivere questi nemici dei buoni europei, identificandoli negli «uomini
spirituali», ovvero nel clero cristiano che ha plasmato l’Europa. Questi
uomini spirituali avrebbero capovolto i valori dell’aristocrazia che li aveva
preceduti, «tramutando tutto l’amore per ciò che è terrestre […] in odio contro
la terra e le cose terrene». A questo punto, Nietzsche sembra quasi offrire una
vera e propria definizione del cattivo europeo:
Non sembra, infatti, che per diciotto secoli abbia dominato in Europa
questa sola volontà di fare dell’uomo un sublime aborto? Ma chi si
accostasse a questa quasi volontaria degenerazione e a questo
intristimento dell’uomo, quale è diventato l’Europeo cristiano (Pascal
per esempio), con esigenze opposte […] non dovrebbe costui gridare
con rabbia, con pietà, con orrore: «Oh, gaglioffi, che cosa avete
combinato! Questo non era un lavoro per le vostre mani! […] Che cosa
non vi siete permessi, voi!». Voglio dire: il cristianesimo è stato finora
la forma di presunzione più funesta […] tali uomini hanno finora […]
dominato il destino dell’Europa, finché ne è risultata una specie
rimpicciolita, quasi ridicola, un animale gregario, qualcosa di
condiscendente, malaticcio e mediocre, l’Europeo di oggi…16
In questo passo, in aggiunta alle caratterizzazioni precedenti (nazionalista,
platonico, cristiano), Nietzsche individua in Pascal un altro modello
paradigmatico di cattivo europeo17. Lo stesso aforisma individua le ragioni di
questa scelta nella biografia di Pa.scal che appare infatti a Nietzsche come
una sorta di emblematica ricapitolazione della storia dell’umanità europea nel
passaggio dalla fase precristiana a quella cristiana. Come noto, Pascal, prima
della conversione al cristianesimo, era un libertino, uno spirito libero, uno
scienziato, amante dei piaceri terreni. La conversione trasforma
profondamente la vita e la filosofia pascaliane orientandole verso una
attitudine critica e risentita nei confronti della dimensione terrestre fino alla
16 Friedrich Nietzsche, JGB, op. cit., § 62 corsivo dell’autore. 17 Cfr. anche F. Nietzsche, EH Ecce Homo, tr. it. Ecce Homo, Adelphi, Milano 1966. In
particolare la sezione “Perché sono così accorto”, § 3 «Che io non legga, ma ami Pascal come
la vittima più istruttiva del cristianesimo, assassinato lentamente, prima fisicamente, poi
psicologicamente, con tutta la logica di questa forma, tra le più terribili, di crudeltà inumana
[…] non esclude che anche i francesi più recenti siano per me una compagnia charmante»,
corsivo dell’autore.
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famosa scommessa usata come argomento per convincere altri dei vantaggi e
della ragionevolezza della conversione. La scommessa di Pascal rientra a
pieno titolo, nella prospettiva nietzscheana, in quel movimento del nichilismo
europeo, che attraverso Platone e il cristianesimo svilisce e annichilisce la
realtà terrena, scommettendo tutto su una realtà ultraterrena. Il cattivo
europeo, allora, è anche un campione di nichilismo, poiché con i suoi valori
cristiani, con il suo dio trascendente e vivo, ha di fatto ucciso la terra: un
nichilismo tanto inconsapevole quanto pericoloso, che, in nome di quel dio e
di quei valori ultraterreni, indirizza l’umanità verso un percorso di ascetismo
schopenhaueriano e di allontanamento dalla terra18.
In precedenza si è tentato di evidenziare come l’intento nietzscheano,
nella sua descrizione del buon europeo e del cattivo europeo, sia
semplicemente un intento diagnostico e non moralistico. Ma se l’analisi
nietzscheana, individuando la nascita di dio nel platonismo, diagnostica lo
sviluppo della malattia platonica sotto forma di cristianesimo, con il relativo
deterioramento della umanità europea, allo stesso modo, la stessa analisi
extramorale nietzscheana diagnostica anche la morte di dio, l’avvento del
superuomo e di un nuovo assetto valoriale [Rangordung] al di là del
cristianesimo e, in questa previsione diagnostica di superamento non è
inverosimile intravedere un auspicio e una prescrittività etica implicita che
muova proprio nella direzione dello sradicamento delle radici cristiane.
I buoni europei, come gli spiriti liberi, non sarebbero altro che una
avanguardia che prepara l’avvento del superuomo. La diagnosi nietzscheana,
allora, è la diagnosi di un momento di crisi, naturalmente, nel senso cui
rimanda l’etimologia greca del termine, ovvero uno stato di cambiamento,
come per esempio durante una malattia. Proprio a partire dalla riflessione
nietzscheana sulla malattia europea del nichilismo, del cristianesimo-
platonismo e del nazionalismo, è legittimo ipotizzare, al di là del testo
strettamente nietzscheano, che questo stato di malattia è destinato a essere
superato nella direzione positiva di nuova salute, una salute sovranazionale,
sovraeuropea e sovracristiana. Ma in che senso si può parlare di
sovracristianità, se non ipotizzando un processo di “scristianizzazione” della
cristianità che permetta l’istituirsi di una dimensione sovracristiana?
L’Anticristo si presenta allora come un testo particolarmente
interessante per comprendere questo processo di scristianizzazione del
18 Cfr. Friedrich Nietzsche, AC Der Antichrist, tr. it. L’Anticristo, Adelphi, Milano 1966. In
particolare § 58 «con l’al di là si uccide la vita … Nichilista e cristiano: si corrispondono tra
loro» corsivo dell’autore.
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cristiano. Nella fase illuminista della riflessione nietzscheana il buon europeo
è illuminista e anticattolico, si contrappone a qualsiasi forma di cristianesimo,
anzi, forse a quello cattolico più risolutamente che agli altri. L’Anticristo,
invece, appartiene all’ultimo periodo della produzione nietzscheana, un
periodo in cui la nozione di buon europeo e quella di anticattolicesimo del
periodo illuminista stranamente scompaiono.
Si potrebbe pensare che la posizione nietzscheana, nel testo
L’Anticristo, sia una posizione anche anticattolica, poiché chiaramente ed
esplicitamente anticristiana. In realtà, a mio avviso, si può sostenere
esattamente il contrario, ovvero che nell’Anticristo Nietzsche assuma una
posizione assolutamente e radicalmente cattolica, proprio perché assume una
posizione anticristiana. Per sostenere una tesi del genere, però, deve essere
messa in discussione la tesi corrente che il cattolicesimo sia una forma di
cristianesimo e, anzi, diviene addirittura necessario sostenere l’idea opposta,
cioè che il cattolicesimo sia in realtà, nella sua propria essenza e non soltanto
nella sua versione rinascimentale, la forma più radicale di anticristianesimo
che esista. In effetti, una posizione del genere appare decisamente
controintuitiva, poiché la fede cattolica si professa come una delle versioni
del cristianesimo più accreditate. Tuttavia, questa tesi può essere plausibile
per lo studioso nietzscheano che ne consideri il peso della formazione
protestante. Come è noto, infatti, Nietzsche nasce in una famiglia di pastori
protestanti e, prima della lettura dei testi di David Strauss, si iscrive alla
facoltà di teologia, con l’intenzione di intraprendere la medesima carriera
ecclesiale di molti membri della sua famiglia. È dunque lecito supporre che
un giovane studioso di teologia protestante abbia avuto modo di conoscere
l’opera di Lutero e, in particolare, il testo che porta lo stesso titolo dell’opera
nietzscheana, ossia l’Anticristo. Anzi, si può ipotizzare che, come il
Crepuscolo degli idoli sia un testo antiwagneriano modellato sul Crepuscolo
degli dei di Wagner, allo stesso modo, L’Anticristo sia un testo antiluterano
modellato su L’Anticristo di Lutero. In effetti, se si leggono parallelamente i
due testi, L’Anticristo di Lutero e L’Anticristo di Nietzsche, è facile rendersi
conto dello strettissimo legame teorico che li unisce, fino al punto da poter
addirittura sostenere che L’Anticristo nietzscheano non sia altro che il
rovesciamento dell’Anticristo luterano19. Sia Lutero sia Nietzsche, infatti,
19 Su rapporto Nietzsche e Lutero si vedano Emanuel Hirsch, Nietzsche und Luther, in
«Nietzsche-Studien» (1986), 15/1, pp. 398-431 e H. Bluhm, Nietzsche’s Final View of Luther
and the Reformation, in «PML» (1956), 71/1, pp. 75-83 e il più recente H. Heit, A. U.
Sommer (a cura di), Nietzsche und die Reformation, De Gruyter, Berlin 2019.
138
concordano nella descrizione della chiesa cattolica come la forza più
radicalmente anticristiana della storia, ed entrambi non basano questa tesi a
partire da argomentazioni storiche, come potrebbero essere le crociate, le
inquisizioni o simili, bensì su ragioni filologiche e teoriche. Entrambi vedono
nel papato prima di tutto l’espressione di una teologia anticristiana e, solo
come conseguenza, una forza politica effettivamente anticristiana. La
differenza tra L’Anticristo di Lutero e quello nietzscheano, però, consiste nel
fatto che per il cristiano Lutero l’anticristianesimo del papato diventa motivo
di condanna, mentre per l’anticristiano Nietzsche l’anticristianesimo del
papato rappresenta invece motivo di merito. Questo differente atteggiamento
valutativo costituisce proprio il fulcro del rovesciamento nietzscheano
rispetto alla posizione luterana.
Del resto, l’abbandono del cristianesimo coincide ipso facto, per
Nietzsche, con la fuoriuscita dalla chiesa protestante, dalla prima e originaria
formazione e appartenenza, e non dal cattolicesimo, che gli è invece lontano
e distante. Inoltre, la politica nazionalista della Germania bismarckiana, di
chiara ispirazione culturale protestante e anticattolica, è oggetto di una critica
asprissima da parte di Nietzsche, che, non a caso, assume Bismark come
prototipo del tedesco nazionalista e protestante. Tutti questi argomenti
inducono a ritenere che Nietzsche, da buon tedesco stedeschizzato, si sia
avvicinato alla posizione cattolica come espressione di un più autentico e
radicale anticristianesimo, giocato anche e soprattutto contro Lutero.
I tedeschi hanno defraudato l’Europa dell’ultima grande messe di
cultura che essa avrebbe potuto raccogliere, ‒ quella del Rinascimento
[…] che cosa fu il Rinascimento? La trasvalutazione dei valori
cristiani, il tentativo, intrapreso con tutti i mezzi, con tutti gli istinti, con
tutto il genio, di condurre alla vittoria i valori antitetici [al
cristianesimo], i valori aristocratici […]. Un frate tedesco, Lutero,
venne a Roma. Questo frate, con nel sangue tutti gli istinti vendicativi
di un prete fallito, a Roma tuonò contro il Rinascimento … Invece di
comprendere con la più profonda gratitudine il prodigio accaduto, il
superamento del cristianesimo nella sua sede […]. Lutero vide la
corruzione del papato, mentre era palmare precisamente l’opposto: la
vecchia corruzione, il peccatum originale, il cristianesimo non sedeva
più sul seggio del papa! Bensì la vita! Bensì il trionfo della vita! Bensì
il grande sì a tutte le cose alte, belle, audaci! … E Lutero ripristinò la
Chiesa.20
20 Friedrich Nietzsche, AC op. cit., § 61 corsivo dell’autore.
139
Lutero, pur avendo riconosciuto tutta la portata anticristiana del papato, pur
avendone individuato la natura dionisiaca e il carattere di romanità, anzi
proprio in ragione di questi aspetti della chiesa cattolica rinascimentale, ne ha
derivato e divulgato un atteggiamento di disprezzo, discredito e rifiuto verso
quei valori positivi del vitale e del dionisiaco di cui il cattolicesimo
rinascimentale sarebbe intriso. Il vero peccatum originale, nella prospettiva
nietzscheana de L’Anticristo consiste nel rifiuto della vita a favore di un
inconsistente mondo ultraterreno, rifiuto che caratterizza appunto il
luteranesimo, mentre, la chiesa cattolica rinascimentale appare a Nietzsche
come assolutamente pervasa dall’opposto spirito terrestre-dionisiaco. Alcuni
frammenti postumi del periodo possono chiarire ulteriormente le posizioni
espresse ne L’Anticristo: «la Chiesa [cattolica] non è soltanto la caricatura del
cristianesimo, ma la guerra organizzata contro il cristianesimo …»21. Dello
stesso tenore, il frammento in cui Nietzsche osserva che: «La Chiesa conviene
così bene al trionfo dell’anticristiano, come lo Stato moderno, il nazionalismo
moderno … La Chiesa è la barbarizzazione del cristianesimo». In questi
frammenti è assente il riferimento al Rinascimento, ma si parla soltanto,
genericamente, della chiesa, intendendo quella cattolica.
Lutero, filologicamente, parte dal Testo Sacro, scardinando alla radice
il presunto primato di Pietro e, quindi, del vescovo di Roma22. Ma Lutero,
come del resto il Nietzsche dei frammenti, non si riferisce soltanto al papato
rinascimentale, bensì al papato tutto, all’istituzione stessa della chiesa
romana: «Anche Cristo dice l’abominazione sta nel luogo santo [Mt. 24,15],
cioè salda, stabile, rinvigorita dai molti che le sono devoti; anche Paolo non
fa passare rapidamente il figlio della perdizione ma lo fa insediare nel tempio
di Dio [II Tess. 2, 3-4]»23. L’Anticristo, per Lutero, non è un singolo uomo,
né un singolo papa o un singolo principe della chiesa di Roma, bensì il papato
in quanto istituzione: «Denunciamo dunque non la malvagità di un principe
ma del potere, che è di tale natura da non poter essere gestito da un principe
21 Id., Frammenti Postumi, 1887 gruppo 11 [276] corsivo dell’autore. 22 Martin Lutero, Ad librum eximii Magistri Nostri, Magistri Ambrosii Catharini, defensoris
Silvestri Prieratis acerrimi Responsio M. Lutheri, in Weimarer Ausgabe (WA 7, 705-778);
tr. it. Replica di Martino Lutero al libro dell’esimio magister noster, maestro Ambrogio
Catarino, difensore dell’acutissimo Silvestro Prierias, Claudiana, Torino 1989, p. 49 «Il
problema principale è se con le parole: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia
chiesa, ecc” del capitolo 16 di Matteo [Mt 16,18] Cristo abbia reso la Chiesa di Roma capo,
maestra, guida, signora e prima tra tutte le chiese del mondo». 23 Ivi, p. 78.
140
buono ma unicamente da un nemico di Cristo»24. Il potere anticristiano del
papato è dato proprio dall’inganno di autodefinirsi un potere cristiano: «Non
insegna [il papato] infatti cose terrene, e nemmeno cose spirituali; ma finge
di insegnare cose spirituali mentre invece insegna cose terrene»25. Il
riferimento evangelico a cui qui allude Lutero è, ironicamente, lo stesso
passaggio utilizzato dalla chiesa di Roma per giustificare il presunto primato
di Pietro, ovvero a Matteo (16, 13-23), passaggio che forse vale la pena
riportare nella sua interezza:
Gesù […] domandò ai suoi discepoli: «Chi dice la gente che sia il Figlio
dell’uomo?»./Essi risposero: «Alcuni dicono Giovanni il battista; altri,
Elia; altri, Geremia o uno dei profeti»./Ed egli disse loro: «E voi, chi
dite che io sia?»./Simon Pietro rispose: «Tu sei il Cristo, il Figlio del
Dio vivente»./Gesù, replicando, disse: «Tu sei beato, Simone, figlio di
Giona, perché non la carne e il sangue ti hanno rivelato questo, ma il
Padre mio che è nei cieli. E anch’io ti dico: tu sei Pietro, e su questa
pietra edificherò la mia chiesa, e le porte dell’ades non la potranno
vincere. Io ti darò le chiavi del regno dei cieli; tutto ciò che legherai in
terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai in terrà sarà sciolto
nei cieli»./Allora ordinò ai suoi discepoli di non dire a nessuno che egli
era il Cristo./Da allora Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che
doveva andare a Gerusalemme e soffrire molte cose da parte degli
anziani, dei capi dei sacerdoti, degli scribi, ed essere ucciso, e
risuscitare il terzo giorno. Pietro, trattolo da parte, cominciò a
rimproverarlo, dicendo: «Dio non voglia, Signore! Questo non ti
avverrà mai»./Ma Gesù, voltatosi, disse a Pietro: «Vattene via da me,
Satana! Tu mi sei di scandalo. Tu non hai il senso delle cose di Dio, ma
delle cose degli uomini».
Se, da un lato, è vero che Cristo riconosce a Pietro il ruolo di fondatore della
sua chiesa, dopo essere stato a sua volta riconosciuto da lui in quanto figlio
di dio, dall’altro lato, immediatamente dopo questo doppio riconoscimento, è
altrettanto vero che Cristo chiama Pietro con l’appellativo di “Satana”, ovvero
l’ingannatore, colui il quale finge di insegnare cose spirituali, ma in realtà
insegna cose terrene, non a caso la chiusa del passaggio di Matteo, spesso
viene resa anche con «Vattene via da me, Satana! Tu mi sei di scandalo. Tu
non hai il senso delle cose del cielo, ma solo delle cose terrene». In ogni caso,
24 Ivi, p. 109. 25 Ivi, p. 97.
141
è su questo passaggio che Lutero fonda la sua argomentazione secondo la
quale l’istituzione del papato, sin dall’origine e fino alla fine della sua attività,
è stata e sarà sempre l’istituzione dell’Anticristo, quindi non soltanto il caso
storicamente determinato della chiesa rinascimentale, ma tutta intera la storia
della chiesa romana. Analogamente, ma specularmente, un Nietzsche
impegnato a smantellare il cristianesimo luterano, che nei frammenti non
specifica che la chiesa romana rinascimentale è la barbarizzazione del
cristianesimo, ma che afferma che la chiesa tutta lo è, può essere inteso come
un Nietzsche che guarda con simpatia a un’istituzione attenta alle cose terrene
e dimentica di quelle celesti, un’istituzione che non soltanto durante il
Rinascimento, ma già a partire dal suo primo fondatore, Pietro, ha evocato a
sé l’appellativo di “Satana” e dunque anche quello di “Anticristo”. Se
L’Anticristo nietzscheano è un testo speculare a L’Anticristo luterano, allora,
si può ipotizzare che questo rapporto speculare risiede in una sostanziale
identità descrittiva ‒ papato inteso come istituzione anticristiana ‒, ma una
radicale divergenza assiologica: negativa per Lutero, positiva per Nietzsche.
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