LA COLLEZIONE IN VIVO DI LITHOPS N.E.BR. (AIZOACEAE PRESENTE PRESSO IL MUSEO … · 2021. 5. 1. ·...
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Ann. Mus. civ. Rovereto Sez.: Arch., St., Sc. nat. Vol. 29 (2013) 219-242 2014
GIONATA STANCHER
LA COLLEZIONE IN VIVO DI LITHOPS N.E.BR. (AIZOACEAE)
PRESENTE PRESSO IL MUSEO CIVICO DI ROVERETO
Abstract - GIONATA STANCHER - The in vivo Lithops N.E.Br. (Aizoaceae) collection at RoveretoCivic Museum (Italy).
The article features a description of the in vivo collection of Lithops plants created at Fon-dazione Museo Civico in Rovereto, with an historical and systemic framing of the genus. Particu-lar relevance is given to the didactic and conservationistic worth of the collection.
Key words: Lithops, Aizoaceae, succulent plants, phylogenesis, plant adaptations.
Riassunto - GIONATA STANCHER - La collezione in vivo di Lithops N.E.Br. (Aizoaceae) presentepresso il Museo Civico di Rovereto.
Nell’articolo viene descritta la collezione in vivo di Lithops costituita presso la FondazioneMuseo Civico di Rovereto, con cenni storici e sistematici riconducibili al Genere. Particolarerilievo viene posto al valore conservazionistico e didattico della raccolta.
Parole chiave: Lithops, Aizoaceae, succulente, filogenesi, adattamenti delle piante.
INTRODUZIONE
Il genere Lithops N.E.Br. (1822) comprende 37 specie di succulente (più unadi incerta origine (1)), e 53 taxa riferibili a ranghi subspecifici, appartenenti alla
(1) L. x steinekeana, che secondo quanto riportato da Cole (COLE & COLE, 2005) è comparsa per la primavolta nella collezione di Steinecke a Stoccarda ed è stata descritta da Tischer nel 1951, si ritiene sia di origineibrida con uno dei due parentali plausibilmente L. pseudotruncatella. Sebbene non si abbia notizia di unasua esistenza in natura ed essendo stata documentata la selezione artificiale cui è stata sottoposta da parte di
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famiglia delle Aizoaceae (tribù Ruschiae) (HAMMER, 2010). Si tratta di piante ca-ratterizzate da un aspetto assai tipico, che riflette in maniera evidente le fortipressioni adattative che hanno subìto nei loro ostili habitat naturali dei desertidella Namibia e del Sud Africa. La loro peculiare morfologia, evolutasi al fine difornire una protezione contro i grandi erbivori (HARTMANN, 2006; COLE, 1979;BARRETT, 1987) e limitare la disidratazione, concorre infatti a renderle simili asassi, tanto da meritare il nome vernacolare anglosassone di flowering stones («sassiviventi» in italiano).
La radiazione che ha interessato la tribù delle Ruschieae è considerata piut-tosto recente (compresa tra 3.8 e 8.7 milioni di anni fa) e viene attribuita al pro-cesso di inardimento progressivo del Sud Africa corrispondente al tardo Plioce-ne, il quale avrebbe portato allo sviluppo di alcuni caratteri condivisi dalle specieappartenenti il gruppo, tra i cui le tracheidi ad ampio lume (wide band tracheids)e le capsule igrocastiche (KLAK et alii., 2004).
Date le caratteristiche uniche e la relativa facilità di coltivazione anche nelclima europeo, sono divenute piante molto note e apprezzate dagli appassionatidi tutto il mondo, nonostante un vero e proprio studio scientifico e sistematicodel genere sia iniziato da soli 60 anni e sia tutt’ora in corso, non senza la scopertadi nuove entità (come nel caso di Lithops hermetica, raccolta nel 1995 da StevenHammer e descritta nel 2000 da Desmond Cole (COLE, 2001) e di Lithops amico-rum, descritta da Desmond Cole nel 2006 (COLE, 2006).
DALLA PRIMA DESCRIZIONE ALL’INIZIO DEGLI STUDI SISTEMATICI
La prima descrizione di una pianta di Lithops si riferisce ad un esemplareraccolto il 14 settembre 1811 da William John Burchell a SE dell’attuale cittadi-na di Prieska, Sud Africa. Di tale esemplare, descritto da parte di N.E. Brown colnome di Mesembryanthemum turbiniforme sulla base di un disegno dello stessoBurchell (Fig. 1), non rimane ad oggi altro che quello stesso disegno dello sco-pritore datato agosto 1822 e le seguenti , scarne note presenti nel suo libro Tra-vels (BURCHELL, 1822): «Pianta acaule, obconica, troncata superiormente e indi-stintamente punteggiata». Nonostante gli sforzi compiuti da Desmond Cole, eprima di lui da N.E. Brown e J.D. Hooker, non è attualmente possibile identifi-care con certezza la pianta raccolta da Burchell con alcuna delle specie attual-mente note (2). Come propone Cole nel suo libro (COLE & COLE, 2005), Lithops
E. E. Fritz per raggiungere la tipica forma attuale, viene ciò nonostante regolarmente compresa negli elenchidelle specie riconducibili al genere Lithops (vedi ad es. KELLNER et alii, 2009).
(2) A causa dell’incompletezza della descrizione, della scarsa leggibilità dell’illustrazione e della com-presenza, nella zona interessata, di tre differenti specie: L. halli, L. aucampiae e L. verruculosa (COLE & COLE,2005).
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turbiniformis (3) dovrebbe quindi essere considerata species non satis cognita,ovvero una specie non sufficientemente nota.
Lo studio sistematico del genere Lithops è iniziato intorno al 1950 ad operadello stesso Desmond Cole ed ha condotto tanto alla revisione del genere quantoalla scoperta di nuovi taxa sia a livello specifico che subspecifico, più alcunevarietà locali. Le modalità estremamente accurate con le quali sono state condot-te da Cole non solo le ricerche in habitat, ma pure la distribuzione dei semi nelcorso dei decenni (4), ci consente oggi di disporre di materiale vivente che conelevata probabilità può dirsi autenticamente rappresentativo delle popolazionioriginali; una tale disponibilità di reperti vivi risulta di cruciale importanza inquanto i pochi esemplari presenti in erbario (e più in generale le preparazioni diLithops) risultano di limitata utilità ai fini della fine classificazione sistematica,venendo a mancare nel corso dell’essiccazione tutti quei caratteri sui quali pri-mariamente si basa la classificazione tassonomica all’interno di questo genere(KORN, 2011; COLE & COLE, 2005).
Fig. 1 - Prima illustrazione di Mesembryanthe-mum turbiniforme ad opera di W. J. Burchell(1822).
(3) Il genere Lithops venne costituito un secolo più tardi da parte di N.E. Brown.(4) Disponiamo oggi di 419 numeri di campo, corredati da dati di località, riconducibili ad altrettante
popolazioni visitate da Cole, popolazioni dalle quali sono stati prelevati gli esemplari ora facenti parte dellacollezione di Johannesburg.
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IL GENERE LITHOPS: DESCRIZIONE E COLLOCAZIONE TASSONOMICA
Quella che può essere definita l’«unità fondamentale» della pianta di Lithopsè un corpusculum composto da due sole foglie estremamente succulente appaiatee separate da una scissura verticale che interessa circa 1/3 della pianta. Ognipianta può essere composta da un numero variabile di tali «unità», da una-duead una decina o oltre, in quanto vi è una tendenza propria di quasi tutte le specie– anche se in misura variabile da una all’altra – a moltiplicare negli anni il nume-ro dei corpuscola dai quali è composta una volta giunta a maturità, ciò che sitraduce in un accrescimento in larghezza.
La superficie superiore delle foglie è appiattita o debolmente convessa ed è,di fatto, l’unica porzione che, nella maggior parte delle specie (ad eccezione dipoche entità più esposte come Lithops optica e L. divergens) sporge dal terreno,potendo la pianta essere in alcuni casi addirittura sotterranea durante il periododi dormienza al fine di limitare al minimo l’evaporazione durante i mesi asciutti.Tale porzione di foglia risulta in tutte le specie adornata in maniera caratteristicae tipizzante (Figg. 2, 3), il colore di base riflettendo spesso le sfumature del terre-no nel quale la pianta cresce in natura (con variazioni geografiche intraspecificheche seguono tale tendenza, ad esempio in L. hallii var. ochracea). I disegni e letrame di colori creano delle linee spezzate, talora simili a ramificazioni arboree(come in L. pseudotruncatella var. dendritica) o a reticolati (come in L. hallii o L.hookeri), che scompongono i contorni rotondeggianti della pianta rendendola menocospicua e dunque difficilmente identificabile rispetto allo sfondo, di norma com-posto da pietre variamente scheggiate e dal profilo irregolare. Nonostante sia pos-sibile ascrivere a tali adornazioni l’evidente funzione di concorrere al mimetismocomplessivo della pianta, la funzione specifica di ognuno degli elementi che lecompongono (5), è, come fa giustamente notare Hammer (2010), lungi dall’esserepienamente compresa.
Fatto piuttosto interessante, la fotosintesi non è a carico della pagina superioredelle foglie – ovvero quella che sporge dal terreno – bensì viene effettuata da quellainferiore, e per di più nella sua porzione interna (clorenchima) (Fig. 4). La luceattraversa quindi la superficie superiore delle foglie – entrando attraverso dellearee più o meno traslucide dette finestre epidermali proprio in virtù della lorotrasparenza – per giungere sino al tessuto fotosintetizzante che si trova al disottodel livello del suolo (JUMP, 1989). Tale passaggio dei raggi luminosi attraverso lafoglia è reso possibile dalla presenza di uno spesso strato di parenchima acquiferoche permette la loro propagazione all’interno della pianta. La funzione delle fine-stre epidermali in relazione all’entrata di raggi luminosi è stata sottoposta ad inda-
(5) Secondo la terminologia utilizzata da Cole (COLE & COLE, 2005), «rubricazioni», «puntini pelluci-di», «canali» e «isole».
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Fig. 2 - Esemplare di L. hookeri presente nellaCollezione. Si noti la faccia superiore appiatti-ta e le finestre epidermali ridotte a sottili ca-nali affossati.
Fig. 3 - Esemplare di L. dorotheae presentepresso la Collezione. Si noti la faccia superioredebolmente convessa e le finestre epidermalipercorse da rubricazioni lineiformi.
Fig. 4 - Sezione longitudinale di Lithops. Si notiin particolare il clorenchima disposto lungo lapagina inferiore delle foglie e la nuova coppia difoglie emergente dal centro di quelle visibili dal-l’esterno (Autore dell’immagine: C.T. Johansson).
gine sperimentale in alcuni recenti studi (EGBERT & MARTIN, 2000; EGBERT etalii, 2008). I risultati non sembrano confermare l’ipotesi relativa alla correla-zione tra attività fotosintetica in prossimità del tessuto clorenchimatico e l’esten-sione delle finestre, in quanto in caso di copertura forzata delle finestre l’attivi-tà fotosintetica non diminuiva o diminuiva in maniera statisticamente non si-gnificativa (EGBERT & MARTIN, 2000). Al contrario, la quantità di radiazione lu-minosa infrarossa misurata al centro della pianta è risultata in stretta relazionecon l’ampiezza delle finestre e subiva una drastica diminuzione in caso di lorocopertura (EGBERT et alii, 2008). Di conseguenza, si ritiene più probabile che ilsignificato dell’estensione delle finestre (e della loro riduzione a sottili «canali» in
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alcune specie) sia quella di limitare il surriscaldamento delle foglie e della piantapiuttosto che quella di regolare l’attività fotosintetica (TURNER & PICKER, 1993).
L’estensione delle finestre epidermali, la loro forma e il modo in cui essesono costrette dall’epidermide circostante a formare particolari disegni – chepossono essere di volta in volta estesi e dai contorni rotondeggianti (come in L.otzeniana) o sottili e finemente ramificati (come nelle specie L. gracilidelineata oin L. pseudotruncatella ssp. dendritica, nelle quali tali caratteristiche hanno con-corso a determinare il loro nome specifico o subspecifico) – rappresentano degliimportanti caratteri diagnostici per l’identificazione delle specie stesse (KORN,2011), caratteri tuttavia non privi di una talora spiccata variabilità intraspecifica(come nel caso delle forme «reticolate» e «a finestre aperte» di L. salicola e L.optica). Altri elementi caratterizzanti la superficie superiore delle foglie sono de-finiti di volta in volta «rubricazioni», «puntini pellucidi», «canali» e «isole» esono anch’essi utilizzati quali caratteri diagnostici (COLE & COLE, 2005). Nelloro lavoro di revisione del genere, i coniugi Cole hanno posto in evidenza comeun numero non ristretto di specie fosse caratterizzato da un’ampia variabilitàintraspecifica, addirittura intrapopolazionale, degli elementi della superficie fo-gliare, in alcune specie tanto estesa da essere paragonabile a quella interspecifica.È questo, ad esempio, il caso della specie L. julii e di alcune popolazioni di L.karasmontana (ad esempio la «C168» localizzata a 10 km NNE di Grünau). Talefenomeno, in qualche modo comparabile al polimorfismo noto nella chiocciolaCepaea nemoralis (HARVEY et alii, 1975), può al pari di esso essere spiegato ipo-tizzando l’azione di una selezione apostatica, legata alla necessità adattiva ad im-pedire l’apprendimento, da parte di un predatore, delle caratteristiche tipizzantigli esemplari di una popolazione, ovvero la formazione della cosiddetta «imma-gine di ricerca» – un meccanismo cognitivo che rende più facile l’individuazionedegli esemplari componenti un gruppo di possibili prede dopo aver acquisito,dalla prima, le loro caratteristiche specifiche (TINBERGEN, 1960). Tale meccani-smo selettivo spingerebbe ogni esemplare di una popolazione a sviluppare carat-teri diversi da quelli portati dagli altri esemplari.
Le recenti analisi genetiche condotte sul DNA non codificante dei cloropla-sti e sul DNA ribosomiale hanno consentito di far luce sulle relazioni filogeneti-che all’interno del genere, con il riconoscimento di 9 cladi, che descriviamo quidi seguito (KELLNER et alii, 2009):
Clade A: L. francisci, L. gesinae, L. gracilidelineata;Clade B: L. aucampiae ssp. aucampiae, L. coleorum;Clade C: L. aucampiae ssp. euniceae, L. bromfieldii, L. hookeri;Clade D: L. dinteri, L. dorotheae, L. karasmontana;Clade E: L. fulviceps, L. schwantesii;Clade F: L. pseudotruncatella, L. ruschiorum, L. steinekeana, L. «localis» (L. ter-
ricolor);
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Clade G: L. hallii, L. julii, L. salicola;Clade H: L. geyeri, L. herrei, L. marmorata, L. meyeri, L. olivacea, L. optica,
L. otzeniana;Clade I: L. verruculosa, L. villetii.
Non compresi in alcun calde dei precedenti: L. divergens, L. helmutii, L. lesliei,L. naureeniae, L. vallis-mariae.
Dato che una dissertazione particolareggiata dei risultati ottenuti esula dallefinalità di questo articolo, ci limitiamo a porre in evidenza tre aspetti secondo noidegni di nota. Il primo si riferisce all’inaspettata distanza genetica individuata traL. aucampiae ssp. euniceae e la sottospecie nominale, ovvero all’attuale assenza dimonofilia della specie aucampiae, ciò che imporrebbe di elevare le sue sottospe-cie al rango specifico o di unire le specie appartenenti ai cladi B e C. Il secondoriguarda la vicinanza della specie, nana e geograficamente isolata, L. coleorumcon L. aucampiae ssp. aucampiae, nonostante l’apparente assenza di tratti morfo-logici comuni tra i due. Il terzo si riferisce alla controversa posizione delle specieappartenenti al genere Dinteranthus (6), talora incluse in Lithops, talora escluse.In particolare, mentre Dinteranthus inexpectatus, D. puberulus e D. wilmotianusformano un gruppo monofiletico interno a quello di Lithops, D. vanzylii nonrisulta parte di questo gruppo, bensì sistergroup di L. julii ssp. fulleri e L. do-rotheae.
CICLO VEGETATIVO
Il ciclo vegetativo dei Lithops è tanto peculiare quanto il loro aspetto morfo-logico e, proprio come nel caso di quest’ultimo, tutto risulta finalizzato a favori-re la sopravvivenza negli ambienti desertici della Namibia e del Sud Africa neiquali queste specie vivono: verso la fine del periodo di dormienza (stagione sec-ca), le due foglie succulente di ogni corpusculum, prima strettamente saldate eindivisibili, iniziano a divergere per consentire la fuoriuscita di una nuova cop-pia di foglie, che si presenterà con un orientamento ruotato di 90 gradi rispetto aquella dell’anno precedente. Nel giro di alcune settimane le vecchie foglie primaavvizziscono per poi seccare completamente, letteralmente trasferendo i liquidiin esse contenuti nella nuova coppia di foglie, quindi per così dire accompagnan-do e sostenendo queste ultime verso la stagione delle piogge. La «muta» di nor-ma avviene, nell’emisfero boreale, durante i mesi che vanno da gennaio ad aprile.Di tanto in tanto, anziché un solo nuovo corpo vegetativo, uguale al precedente,
(6) Morfologicamente molto affine a Lithops.
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ne vengono prodotti due (Fig. 5), ed è questo il modo in cui la pianta si accresceestendendosi in larghezza, formando talvolta con gli anni – come nel caso di L.salicola e L. terricolor – gruppi composti da una decina di teste. Altre specieinvece – ed è questo il caso ad esempio di Lithops pseudotruncatella ssp. dendriti-ca C245 (‘farinosa’) – rimangono per lo più solitarie per tutta la vita.
Il periodo di fioritura corrisponde alla fine della stagione piovosa – l’autun-no nell’emisfero boreale. Ciascuno dei corpuscola di una pianta matura produceun solo fiore (Fig. 6), cosicché per alcuni giorni l’anno la pianta, segnalando lapropria presenza agli imenotteri pronubi, esce dalla condizione di invisibilitànella quale si trova per il resto dell’anno. Tutti i Lithops sono autosterili: i semi,molto piccoli, maturano all’interno di capsule lobate igrocastiche generalmentepentaloculari e a placentazione parietale (Fig. 7) che si aprono solo una voltaseccatesi grazie ad un peculiare meccanismo attivato dall’umidità, per poi richiu-dersi terminata la pioggia – ciò riflettendo la necessità di tutelare quanto piùpossibile la dispersione del seme, ovvero limitandola ai momenti in cui la proba-bilità di germinazione è maggiore (IHLENFELDT, 1993). Trattandosi di un movi-mento che, pur realizzandosi in pochi minuti (3 o 4 minuti), è di natura intera-mente meccanica, non biologica, la dispersione dei semi è garantita per vari annianche in caso di morte della pianta madre. La dispersione del seme sembra esse-re attuata principalmente ad opera delle gocce di pioggia che, facendo fuoriusci-re i semi dalla capsula grazie alla loro azione meccanica di caduta, ne determinail rilascio nei dintorni della pianta madre – ciò naturalmente concorre a determi-nare le condizioni di isolamento che hanno consentito la diversificazione deiLithops in quelle numerose forme locali riproduttivamente isolate oggi ricono-scibili (IHLENFELDT, 1993). Secondo quanto riportato in COLE & COLE, 2005 eIHLENFELDT, 1993, la distribuzione delle colonie in natura mostra poche zone disovrapposizione tra le diverse specie.
Nonostante alcune specie siano interfertili tra di loro (come dimostrano gliesperimenti di ibridazione in vivaio), nel corso dello studio delle oltre 450 colo-nie visitate dai coniugi Cole in cinquant’anni di ricerche sul campo, sono statiriportati pochissimi casi di sospetta ibridazione spontanea (come il caso di L.halli della colonia C87, sospettata di avere un’origine ibrida L. hallii x L. salicolae L. hallii C45, per la quale è sospetta l’origine ibrida tra L. hallii e L. julii ssp.fulleri), ciò riflettendo la presenza di forme di isolamento riproduttivo (geografi-che o non, come ad esempio i differenti periodi di fioritura delle specie simpatri-che), il cui studio in habitat, insieme alla ricerca di possibili forme di transizione,risulterebbe particolarmente importante ai fini della sicura collocazione tasso-nomica dei taxa descritti (ad esempio, nella decisione se elevare una forma localeal rango di sottospecie o specie).
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VALORE DIDATTICO DELLA COLLEZIONE
Nata da un limitato numero di piante rese disponibili dall’Autore per finalitàdidattiche nell’ambito dei laboratori didattici sull’evoluzione biologica, la Colle-zione di Lithops al Museo Civico di Rovereto – custodita in una serra delle di-mensioni di 6,22 x 3,50 mt – ha visto accrescere rapidamente il numero di esem-plari fino a comprendere in un paio d’anni tutte le specie, sottospecie e varietànaturali attualmente note. Ad eccezione del nucleo di piante originario (com-prendente un centinaio di esemplari), acquistate come piante già adulte, la Colle-zione è costituita da esemplari nati presso il Museo da seme reperito da quattro
Fig. 5 - L. bromfieldii var. glaudinae in muta edin fase di sdoppiamento. Si noti l’emergenzadi due nuove coppie di foglie dalla singola cop-pia dell’anno precedente.
Fig. 6 - L. geyeri in fiore.
Fig. 7 - L. pseudotruncatella ssp. archerae concapsule seminifere aperte.
Fig. 8 - L. aucampiae ssp. euniceae, forma dicolore aberrante sensu Cole (acf ‘Bellaketty’).
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principali fonti: Desmond Cole (Sud Africa), Norbert Kleinmichael (Germania),Steven Breck (U.S.A.), e Giuseppe Piccione (Italia), dunque da materiale ripro-dotto in vivaio di prima generazione (D. Cole) o seconda generazione (N. Klein-michael, S. Breck, G. Piccione) rispetto al materiale originale raccolto in habitatcui si riferiscono i «field numbers» riportati in Tab. 1. La disponibilità di unelevato numero di soggetti (in numero variabile da 5 a 50) per ciascun taxon,perdipiù suddivisi in base all’areale di provenienza, fa sì che l’unità base dellacollezione sia la popolazione piuttosto che l’esemplare, consentendo ciò di ap-prezzare la variabilità morfologica intrapopolazionale che spesso caratterizza lediverse specie.
Dati i peculiari adattamenti dei Lithops (e di altre aizoacee sudafricane, peruna rassega vedi IHLENFELDT, 1993), queste piante si prestano come soggetti d’ele-zione in ambito educativo e didattico della biologia (come rilevato, ad esempio,dal gruppo SAPS del Cambridge University Botanic Garden (7)), in particolarenel fornire esempi tangibili delle estreme potenzialità modificative indotte dallepressioni selettive naturali: ad esempio, il fenomeno del mimetismo disruptivo inrelazione all’apparato percettivo dei predatori; la perdita delle strutture non in-dispensabili in un habitat sfavorevole e l’ottimizzazione del rapporto superficie/volume per un organismo che si trovi nella necessità di minimizzare la superficietraspirante; il fenomeno della convergenza evolutiva (KELLNER et alii, 2011). L’am-pia variabilità di forme e colorazioni che contraddistingue il genere, apprezzabi-le in una collezione completa come quella presente al Museo Civico di Rovereto,fornisce inoltre, come si è già posto in evidenza, uno straordinario esempio dimicroadattamento a peculiari habitat e nicchie ecologiche, in particolare in rela-zione alla composizione chimico-mineralogica del suolo. La presenza di specieappartenenti a generi filogeneticamente prossimi a Lithops, ma portanti caratterimeno specializzati (ad es., Delosperma lehmannii o Lapidaria margaretae), con-sente di introdurre il concetto di evoluzione su base adattiva, con la possibilità diproporre la ricostruzione, disponendo di materiale attualmente vivente, dei pos-sibili passaggi evolutivi che hanno condotto alla forma iper-specializzata dei Li-thops. Infine, la comparsa occasionale di forme aberranti con foglie di coloregiallo, verde o rosso (Fig. 8) – e la loro rarità o assenza in natura, ad es. L. lesliei‘Albinica’ o L. optica ‘Rubra’ – consente di trattare il fenomeno della selezionedelle varianti genetiche e dell’eliminazione di quelle sfavorevoli (in quanto mag-giormente visibili dai predatori), oltre che di concetti come la recessività dei geniche vengono conservati in forma silente all’interno del genoma della pianta.
(7) Programma educativo «Science & Plants for Schools», www.saps.org.uk/secondary/teaching-resour-ces/739-using-lithops-in-the-lab.
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VALORE CONSERVAZIONISTICO DELLA COLLEZIONE
Il valore della Collezione si estende ad un ambito conservazionistico oltreche didattico. A questo proposito va posto rilievo alla presenza, nel genere Li-thops, di entità estremamente elusive e occupanti areali oltremodo ristretti, talo-ra con un’estensione compresa entro pochi chilometri quadrati (è questo ad esem-pio il caso di L. coleorum, L. naureniae, L. helmutii); in alcuni sfortunati casi,come quello di L. werneri, l’unica nota ed estremamente localizzata colonia na-turale (estensione stimata inferiore a 1 km2, LOOTS, 2004) è stata oggetto in annirecenti di ripetute e infruttuose ricerche, nel tentativo di rinvenire gli eventualiultimi esemplari rimasti; ciò ha portato alcuni autori a ritenere la specie prossimaall’estinzione in natura principalmente per cause antropiche (JAINTA et alii, 2008)e ad adottare di recente (febbraio 2012) misure di intervento per il recupero ed ilre-insediamento della popolazione naturale partendo da plantule provenienti daconservazione ex-situ, dunque riprodotte in vivaio e ripiantate in habitat sotto lasupervisione del National Botanical Research Institute of Namibia (GREEN, 2012).Tali entità estremamente elusive sono presenti nella Collezione del Museo ac-compagnate da field number indicanti l’esatta provenienza delle piante selvati-che che hanno prodotto il seme (nel caso di L. werneri, ad esempio, si tratta dellacolonia «C188» localizzata nella parte meridionale dei Monti Erongo a nord diUsakos).
Data la popolarità della quale gode il genere Lithops presso appassionatianche non specialisti, riteniamo in conclusione che la Collezione possa rivestireun ruolo didattico di primo piano anche nella trasmissione dei valori e dei prin-cipi legati alla conservazione e alla raccolta/classificazione di materiale vegetale(anche vivente) con finalità di studi sistematici in campo botanico, con particola-re richiamo alla tutela della biodiversità, sia a livello specifico che di popolazio-ne, tanto nel nostro territorio che in altre zone del mondo.
Nell’elenco che segue (Tab. 1) sono descritti i taxa attualmente (marzo 2014)presenti presso la Collezione, comprensivi della località cui si riferisce il numerodi campo, della fonte del materiale e della tipologia dello stesso (semi o piante) almomento dell’acquisizione. TL = località tipo.
Legenda:A = Desmond T. Cole, Sud Africa.B = Steven Brack, U.S.A.C = Norbert Kleinmichael, Germania.D = Giuseppe Piccione, Italia.E = Carlo Zanovello, Italia.
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RINGRAZIAMENTI
Un ringraziamento al Direttore della Fondazione Museo Civico Franco Fi-notti che ha creduto sin dall’inizio in questo singolare progetto che attraversa lesezioni del Museo, mettendo puntualmente a disposizione tutto quanto era ne-cessario alla sua realizzazione. Un sentito ringraziamento anche a Claudio To-masi, botanico del Museo, per la revisione del manoscritto e per i preziosi consi-gli che ha saputo fornire per la stesura di questo articolo.
BIBLIOGRAFIA
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Indirizzo dell’autore:Gionata Stancher - Fondazione Museo Civico di Rovereto - Sezione di Zoologia -
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