IL PRESTITO IN ARCHITETTURA UNA CASA A BERLINO

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01 Atelier Angonese Semestre autunnale 2013 Programma IL PRESTITO IN ARCHITETTURA UNA CASA A BERLINO

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Atelier Angonese Semestre autunnale 2013Programma

IL PRESTITOIN ARCHITETTURAUNA CASA A BERLINO

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Atelier Angonese Semestre autunnale 2013 Programma

PROGRAMMAAtelier di progettazione 2° anno

Professore: Walter Angonese

Assistenti: Axel Beck Margherita Pusterla Thomas Tschöll

atelier angonese Università della Svizzera ItalianaAccademia di architettura - MendrisioSemestre autunnale 2013

1° edizione - stampato in settembre 2013

Credits / Copyright

Unless otherwise indicated all copyrights are reserved. Every reasonable attempt has been made to identify third party propri-etary rights, listed in the Bibliography-section at the end of this booklet. Atelier Angonese apologizes for any errors or omissions that may occur. Please contact us should you discover any inconsistencies, as they will be corrected in subsequent editions of this catalogue.

IL PRESTITOIN ARCHITETTURAUNA CASA A BERLINO

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01Peter ZumthorHaus für das HandwerkAndelsbuch, Austria, 2013vista interna / pianta pian terrenoda: Domus - Deutsche Ausgabe 03pag.62 / pag. 66

02Ludwig Mies van der RoheNeue Nationalgalerievista interna / pianta pian terrenoBerlin, 1968da: fotocommunity.com/Kritik-hart-und-direkt/1507-15082009 /[414], pag. 187

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PAG. 5ATELIER ANGONESE AAM 2013 IL PRESTITO IN ARCHITETTURA - UNA CASA A BERLINO

INDICE

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TEMA IL PRESTITO IN ARCHITETTURAPROGRAMMA UNA CASA A BERLINOIL SITO HANSAVIERTEL BERLINO / INTERBAU 57

RIFERIMENTI PROGETTUALI GENERALI / CASE DI ABITAZIONE

TESTO JOSEF FRANK “LA CASA COME STRADA E PIAZZA”

RIFERIMENTI ICONOGRAFICI / SUGGESTIONI

METODOLOGIA WALTER ANGONESE ”RIFLESSIONI SUL METODO” WALTER ANGONESE ”CURIOSITÀ E PASSIONE” WALTER ANGONESE ”RIDISEGNARE & RICOSTRUIRE”

TESTO LE CORBUSIER “I CINQUE PUNTI DI UNA NUOVA ARCHITETTURA”

ESERCIZIO °1 RIDISEGNARE & RICOSTRUIRE 10 CASE

ALVAR AALTO - MAISON CARRÉ ÀLVARO SIZA - CASA FERREIRA DA COSTA / MIRANDSANTOS LE CORBUSIER - VILLA SAVOYE PAULO MENDES DA ROCHA - CASA DA ROCHA LUDWIG MIES VAN DER ROHE - HAUS LANGE DAVID CHIPPERFIELD - HAUS IN BERLIN ADALBERTO LIBERA - CASA MALAPARTE SMILJAN RADIC - CASA PITE JOSEF FRANK & OSKAR WLACH - HAUS BEER TONY FRETTON - THE RED HOUSE

TESTI ÀLVARO SIZA “ALVAR AALTO: TRE ASPETTI A CASO” ALVAR AALTO “MOTIVI DEL PASSATO” ADALBERTO LIBERA “LA MIA PROFESSIONE DI ARCHITETTO“ LUDWIG MIES VAN DER ROHE “SULLA FORMA IN ARCHITETTURA” ADOLF LOOS “GRUNDSÄTZLICHES / FONDAMENTI” DONALD JUDD “ART AND ARCHITECTURE” LOUIS I. KAHN “ORDINE È” PROGRAMMA CALENDARIO ATELIERPROGRAMMA VIAGGIO DI STUDIO A BERLINO

BIBLIOGRAFIA GENERALE / INDICE DELLE FONTI

PAG. 6 TEMA: IL PRESTITO IN ARCHITETTURA

05Josef Gočár, Haus zur schwarzen Madonna, Praga, 1911Tromba della scalafoto: A. Beck

03 / 04Andrea PalladioVilla MalcontentaMira, Veneto 1560 ca.

Le CorbusierVilla SteinGarches, Francia 1927da: Colin Rowe’s essay on The Mathematics of the Ideal Villa, Pal-ladio and Le Corbusier compared, 1947

01Aldo Rossi,Cimiterio San Cataldo, Modena, 1971tratto da: taccuinodicasabella.com

06Herzog de Meuron, Museo Küppersmühle, Duisburg, 1999Tromba della scala[244], pag. 249

02Adalberto Libera Piano regolatore di Aprilia,Latina, 1936progetto di concorso[249], pag. 58

07Arne JacobsenTongue Chair,progetto per una sedia, 1955tratto da: tonguechair.com

09Le CorbusierVilla SavoyePoissy, 1929[410], pag.

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08SANAARabbit chair,progetto per una sediatratto da: maruni.com

10OMA / Rem KoolhaasVilla AvaParis, 1991[253], pag.23

11Ludwig Mies van der Rohe, casa con tre corti, collage con un quadro di Georges Braque[414], pag.45

12Ruye Nishizawa,Weekend House, Usui-Gun, 1998, spazio centrale, da: i218.photobucket.com/albums/cc167/pfunes1981/ryae06.jpg

PAG. 7ATELIER ANGONESE AAM 2013 IL PRESTITO IN ARCHITETTURA - UNA CASA A BERLINO

TEMA

Nella professione di architetto ci riferiamo spesso ad immagini, temi compositivi, figurativi e strutturali presi in prestito da esperienze del passato, che una volta reinterpretati possono costituire le linee guida e i principi ispiratori del progetto a cui stiamo lavorando.Il prestito nasce attraverso l’accettazione e l’ammirazione delle esperienze collettive e personali. Lo studio e la lettura critica di tali esperienze formano il bagaglio di informazioni e spunti in grado di supportare, guidare ed ispirare il proprio percorso progettuale.Il prestito intergenerazionale rappresenta la consapevolezza di prestare ciò che è divenuto conoscenza ed esiste solo in una dimensione storica. Diversamente dalla copia che si identifica con la riproduzione di un originale, il prestito rappresenta un percorso di ricerca che può essere tipologica, linguistica, di contesto, di citazione etc.In questo modo, se si prende un dettaglio, un particolare di un elemento che è riferibile, ad esempio all’architettura, alla musica, all’arte, alla letteratura, e s’inserisce, attraverso un processo di astrazione, questo riferimento in un contesto diverso, questo assume il valore di citazione. Molti architetti contemporanei utilizzano in maniera consapevole lo strumento della citazione. Essa può rappresentare un nobile strumento e forma di prestito, quando si vuole rimandare a una situazione o a un personaggio particolare della storia. Prendere in prestito un quadro di Edward Hopper, ad esempio l’immagine di una stanza, può rappresentare un inizio, e questo “prestito” può evolvere, attraverso un percorso di sintesi ed astrazione, verso una propria idea e alla composizione di un progetto autonomo, nel quale rimangono rintracciabili il riferimento o i riferimenti del prestito.

Quando, ad esempio, si interviene in un luogo non familiare, spesso si prendono come riferimento e supporto i grandi architetti della storia, ma anche la fenomenologia della quotidianità che si manifesta intorno a noi e il nostro immaginario possono diventare grande fonte di ispirazione.Non sempre, però, il prestito è immediato e legato alla propria conoscenza razionale, esso può essere preso dal nostro subconscio perché appartiene al processo creativo. L’aspetto intergenerazionale del prestito è manifesto in molti esempi di architettura e non solo, ma sono pochi gli architetti che si riferiscono apertamente a eventuali prestiti. Troviamo, per esempio, nei lavori giovanili di Álvaro Siza espliciti riferimenti all’opera di Aalto e non ci sorprende notare nelle opere di Carlo Scarpa i motivi di F.L.Wright. Diversamene, Le Corbusier durante il progetto di Villa Stein, confrontandosi con il tema della villa signorile, si rivolge all’esperienza collettiva della storia e individua in una delle ville di Palladio, “la Malcontenta”, un rigore tipologico e armonico della pianta che farà da supporto per il futuro sviluppo del progetto. Il suo prestito, abilmente tematizzato, rimane riconoscibile poiché rappresentativo di un’entità storica, ma allo stesso modo Le Corbusier lo trasforma, conferendo al progetto una totale autonomia. Costruire il proprio progetto riferendosi al tipo e quindi svolgere un ragionamento tipologico, rappresenta anch’esso una forma di prestito.La costruzione del prestito è in funzione delle nostre esperienze individuali. Esso diviene un supporto essenziale e personale a cui trarre ispirazioni in maniera consapevole e ci permette di legittimare, senza cadere nell’arbitrarietà, le nostre scelte progettuali.

IL PRESTITO IN ARCHITETTURATEMA

02Aldo RossiCasa d’estate, Marina di Massa, 1960[240], pag. 147 01 02

01Adolf LoosCasa Moissi, Venezia, 1923 (progetto)

PAG. 8 UNA CASA A BERLINO

01Arno Brandlhuber, Haus Brunnenstrasse, Berlin, 2009vista dalla strada[251] pag. 3

03 / 04Erich Mendelsohn, Landhaus Dr. Bejach, Berlin, 1928vista del giardino / piante[256] pag. 146-149

02Karl Friedrich SchinkelNeuer Pavillion Schloss CharlottenburgBerlin, 1825

07AugustinundfrankarchitektenAtelier Katharina GrosseBerlin Moabit, 2007[252] pag.167

08Ludwig Mies van der RoheLandhaus LemkeBerlin, 1932Vista dal giardino[208] pag.157

05 / 06Hans ScharounHaus SchminckeLöbau, 1933pianta pian terreno /Vista dall giardino [409] pag.180-181

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PAG. 9ATELIER ANGONESE AAM 2013 IL PRESTITO IN ARCHITETTURA - UNA CASA A BERLINO

PROGRAMMA

Durante il viaggio di studio a Berlino sarà richiesta una seconda esercitazione. Berlino rappresenta uno scenario architettonico e culturale tra i più ricchi d’Europa, una città che negli ultimi anni ha manifestato un forte progresso e cambiamento, in continua evoluzione. Il secondo esercizio rappresenta il primo contatto con la città, che sarà documentato attraverso una serie di immagini e schizzi. Si richiede una lettura personale della città che ritrae le suggestioni, i fenomeni e le percezioni dello studente durante l’esplorazione della città. L’esercitazione prevede l’elaborazione individuale di dieci immagini o schizzi che esprimono, quindi la “Stimmung”, l’atmosfera, le sensazioni che la città suscita a livello personale durante il viaggio di studio.

Si chiederà allo studente di scegliere un architetto e da questo riferimento sarà selezionato un tema, che attraverso un processo di analisi, sintesi e astrazione, diventerà il prestito da inserire all’interno del progetto di una casa unifamiliare.Il sito di progetto è collocato nel quartiere Hansaviertel, nel quale sono presenti importanti referenze dell’architettura modernista, costruiti in occasione della Mostra Internazionale di Architettura Interbau ’57. In questa mostra si voleva rappresentare una nuova soluzione competitiva al tema dell’abitazione come risposta all’intervento della Stalinallee (parte est), degli anni cinquanta.Il luogo di progetto sarà un sito che si trova in un’area relativamente poco densa e si lega a questa esperienza di ricerca su diversi concetti dell’housing. Ogni studente progetterà una casa unifamiliare individuale, nella quale sarà presente un prestito specifico e proprio di un architetto. La casa si collocherà, quindi nel quartiere Hansaviertel e rappresenterà, in questo contesto, una nuova ed esemplare proposta di casa unifamiliare. Una Musterhaus, una casa che si vuole confrontare con le soluzioni architettoniche del ’57, attraverso la formulazione di un progetto di abitazione in grado di esprimere le esigenze dell’abitare del ventunesimo secolo. Nella casa, abitata da un’unica famiglia, sarà data la possibilità di visitare questa proposta di abitazione contemporanea. Il lavoro complessivo dell’atelier proporrà trenta soluzioni diverse, lavorando quindi su un progetto con un unico tema, in un unico luogo, ma con la sola variabile del prestito personale.

I Programma

01 Entrata 05mq02 Bagno degli ospiti 02mq03 Soggiorno 30mq04 Sala da pranzo 20mq05 Cucina 15mq06 2 camere da letto + 1 bagno 12mq + 12mq + 6mq07 camera da letto matrimoniale + bagno 18mq + 8mq08 stanza a libera scelta 30mq max09 cantina / garage facoltativo

Totale 160mq circa

17.10.`13 set. 05 Inizio del progetto individuale14.11.`13 set. 09 Critica Intermedia17.12.`13 set. 14 Critica Finale

I Disegni I Immagine

1:200 planimetria1:50 piante - sezioni - facciate1:20 1 sezione & pianta costruttiva1:20 1 assonometria del progetto 1 immagine significativa del progetto “stimmung”

I Modelli

1:200 Modello di inserimento1:50 Modello del progetto ( facoltativo 1:20 )

Per una descrizione dettagliata vedi pagina 31 ff.

La struttura della didattica consiste in diversi esercizi che si svolgono durante il semestre:

ESERCIZIO °2 “STIMMUNG”

PROGETTO “IL PRESTITO IN ARCHITETTURA - UNA CASA A BERLINO”

ESERCIZIO °1 “RIDISEGNARE & RICOSTRUIRE 10 CASE”

Nel secondo semestre il tema del prestito si sposterà nella città di Lione in Francia, dove si svolgerà un secondo viaggio di studio pernottando presso il Convento di Santa Maria de La Tourette, progettato da Le Corbusier. Il tema dell’atelier affronterà la progettazione dell’housing collettivo con il cambio di scala e tipologia.

SEMESTRE PRIMAVERILE - HOUSING A LIONE

UNA CASAA BERLINOPROGRAMMA SEMESTRE AUTUNNALE

MATERIALI RICHIESTI & CALENDARIOPROGRAMMA DELLA CASA

CALENDARIO

PAG. 10 IL SITO

Sito

IL SITO

Interbau ´57

HANSAVIERTELBERLINO

Hans Ch. E. Müller, Berlin

Günther Gottwald, Berlin

Wassili Luckhardt und Hubert Hoffmann, BErlin

Paul Schneider-Esleben, Düsseldorf

Bezirksamt Tiergarten, Amt für Hochbau

Willy Kreuer, Berlin

Ernst Zinsser und Hansrudolf Plarre, Berlin

Luciano Baldessari, Milano

J.H. van de Broek & J.B. Bakema, Rotterdam

Gustav Hassenpflug, Monaco

Raymond Lopez & Eugène Beaudouin, Parigi

Hans Schwippert, Düsseldorf

Werner Düttmann, Berlin

Otto H. Senn, Basel

Kay Fisker, Kopenhagen

Max Taut, Berlin

Franz Schuster, Vienna

Egon Eiermann, Karlsruhe

Oscar Niemeyer, Rio de Janeiro

Fritz Janecke & Sten Samuelson, Malmö

Werner Düttmann, Berlin

Alvar Aalto, Helsinki

Pierre Vago, Parigi

Walter Groprius & The Architects Collaborative (TAC),

Cambridge, Mass / Wils Ebert, Berlin

Klaus Müller-Rehm & Gerhard Siegmann, Berlin

Ludwig Lemmer, Berlin

Paul G.R. Baumgarten, Berlin

Eduard Ludwig, Berlin

Arne Jacobsen, Kopenhagen

Gerhard Weber, Frankfurt am Main

Alois Giefer & Hermann Mäckler, Frankfurt am Main

Johannes Krahn, Frankfurt am Main

Wolf von Möllendorff & Sergius Ruegenberg, Berlin

Sep Ruf, München

Günter Hönow, Berlin

Bruno Grimmek, Berlin

Le Corbusier, Parigi

Hugh A. Stubbins, Cambridge, Mass.

Gli architetti del Hansaviertel I IBA 1957

Internationale BauausstellungMostra internazionale di architettura Berlino Ovest, 1957

04Hansaviertel: planimetria 1957da: archsoz.tu-berlin.de

01Interbau 1957cartello pubblicitarioda: diestadtvonmorgen.de

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02Interbau 1957graficada: dekakiafonso.blogspot.ch

03Hansaviertelfoto aereada: bing.de

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IL SITO

Il tema del prestito si sposta a Berlino e il luogo del progetto sarà inserito all’interno del quartiere Hansaviertiel, nella zona centro-occidentale della città, dove sono presenti edifici costruiti in occasione della Mostra Internazionale di Architettura Interbau ‘57. La mostra è stata un esempio tangibile di modernizzazione della Germania e di un effetto collaterale della guerra fredda. La costruzione di questo quartiere è stata intesa come un simbolo della società occidentale liberale. In quest’area, distrutta prima dalla guerra, si è voluto mettere in chiaro, rispetto alla Berlino Est, che Berlino Ovest era vitale e rappresentava un’unità economica, supportata da tutto il mondo libero, nella quale si ricercavano la libertà e il progresso. L’interbau ’57 è stato un progetto urbanistico nel centro di Berlino come risposta all’intervento della Stalinallee (parte est) degli anni cinquanta e nella quale si voleva dare una nuova soluzione competitiva al tema dell’abitazione, in termini di nuovi concetti dell’abitare, con opere di importanti architetti del periodo quali W. Gropius, A. Aalto, O. Niemeyer, Arne Jacobsen ecc.I parchi pubblici furono all’epoca della mostra una priorità assoluta in quello che doveva rappresentare la “città del futuro”: un giardino zoologico è stato integrato nel quartiere Hansa circondato da grattacieli, condomini, case unifamiliari, chiese e diverse strutture di servizi. Il sito di progetto è unico, collocato in un’area relativamente poco densa, accanto ad una strada importante e trafficata. In questo luogo, dove sono presenti importanti soluzioni abitative dell’architettura modernista, troviamo interessante e stimolante collocare il tema del prestito.

INTERBAU 57IL SITO

01-03fotografie del sitoHansaviertel, BerlinoFoto: Philipp Derksen

04planimetria del sitoHansaviertel, Berlinoda: atelier angonese

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HHF architectsAllschwilerstrasse 714055 BaselSwitzerland

Tel + 41 61 756 70 10Fax + 41 61 756 70 [email protected] / www.hhf.ch

tSAi rESidEnCEnew York, USA 2005 - 2008

Project: HHF architects with Ai Weiweilocation: Ancram, New YorkFunction: weekend houseArea: 400m2 Material: wood constructionConstruction: 2006 - 2008Client: private

House Tsai is a country house de-signed for two young art collectors. The design reflects their request for a simple, abstract looking piece, sit-ting almost without scale on top of the site, which is located two hours upstate from New York City.

The four equally sized boxes are built as simple wood construction covered with metal panels on the outside and wood and gypsum panels on the in-side. The floor plan is based on the needs of a traditional country house. The organization of the rooms is only partially a direct consequence of the rigid outer form.

The living room focuses on the dif-ferent light conditions needed for an existing and future art collection, while the great view into the nearby

countryside is present without being dominant. The sequence of the differ-ent rooms reflects the idea of a pri-vate gallery. Natural light is coming into the spaces through the openings in between the outer boxes.

03Sou Fujimoto,House before House, Tochigi, 2008spazio interstiziale[221] pag.100

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06Caruso St John architects, The brick house, London, 2005[224] pag.188

07Phillip Johnson, Glass house, New Canaan, 1949[234] pag.227

04Valerio Olgiati, Studio Bardill, Scharans, 2002-07[231] pag.118

08Alberto Ponis, La casa definitiva,Palau 1975, spazio centrale del soggiorno [201], pag.165

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05Le Corbusier Casa Currutchet, La Plata, Argentina 1948da: jvercellone.blogspot.com

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RIFERIMENTI PROGETTUALI GENERALI / CASE DI ABITAZIONE

01 / 02HHF architects & Ai WeiweiTsai residence, New York, 2008Vista esterna / pianta pian terrenotratto da: hhf.ch

PAG. 13ATELIER ANGONESE AAM 2013 IL PRESTITO IN ARCHITETTURA - UNA CASA A BERLINO

04Office KGDVS,Office 39, Villa BuggenhoutBuggenhout, 2007-10spazio centrale,[237] pag.212

03Juan O’GormanStudio di Frida Kahlo & Diego Rivera, Mexico City 1932

08Konstantin Melnikow,casa e studioMosca, 1927modello - vista dello studio[205] pag.143

06/07Louis I. Kahn,Casa FischerMosca, 1927modello - vista dello studio[257] pag.131

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RIFERIMENTI PROGETTUALI GENERALI / CASE DI ABITAZIONE

01 / 02Marcello D’OlivoCasa d’estateLignano Pineta, 1955Sala d’entrata / Pianta Pian terreno [250] pag.61 / 58

05Casa del Mantegna,Andrea Mantegna, Mantova, 1476cortile interno

PAG. 14

05Luis Barragán,Barragán House and StudioTacubaya - Mexico City, 1947[212] pag.144

06Le Corbusier,Atelier OzenfantParis, 1920

01Luis Barragán,Barragán House and StudioTacubaya - Mexico City, 1947[212] pag.139

04L. Mies van der Rohe,Casa Tugendhat, Brünn, 1939/40studio[208] pag.138

03Kazuyo Sejima & AssociatesVilla nel boscoChino-Nagano,1994[233] pag.194

02Andrea PalladioVilla RotondaVicenza, 1567-91[247] pag.187

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07Atelier Bow-Wow,Pony Garden, Lake Miyagase, 2005[207] pag.188

RIFERIMENTI PROGETTUALI GENERALI / CASE DI ABITAZIONE

PAG. 15ATELIER ANGONESE AAM 2013 IL PRESTITO IN ARCHITETTURA - UNA CASA A BERLINO

03 / 04Le Corbusier Villa La Roche, Paris, 1910-1929[209] pag.145 / 146

01Herzog & De MeuronHaus Rudin, 1997[244] pag.120

02Takamitsu AzumaTower HouseTokyo, 1966[239] pag.47

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05Joao Vilanova Artigas,Casa Baeta, Sao Paollo 1957,spazio centrale[225] pag.51

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RIFERIMENTI PROGETTUALI GENERALI / CASE DI ABITAZIONE

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04Kazuo Shinohara, House in White, 1966Suginami Tokyo, pianta / sezione[303], pag.38

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07Kazuo Shinohara, House Tanikawa, 1974Naganohara, Naganofacciata esterna[303], pag.60

06Kazuo Shinohara, House Tanikawa, 1974Naganohara, Naganopianta pian terreno[302], pag.136

05Kazuo Shinohara, House Tanikawa, 1974Naganohara, Naganospace of no use[302], pag.141

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RIFERIMENTI PROGETTUALI GENERALI / CASE DI ABITAZIONE

01 / 02Kazuo Shinohara, House in White, 1966Suginami Tokyo, facciata giardino[303], pag.34 / [302], pag.77

03Kazuo Shinohara, House in White, 1966Suginami Tokyo, spazio interno[302], pag.85

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07 / 08Pierre KoenigCase study house # 21West Hollywood, 1958vista dal giardino / parcheggiopianta pian terreno[242] pag.275 / 282

01Arne JacobsenCase unifamiliare HansaviertelBerlin , 1957pianta pian terrenotratto da: utarchitects.com

02Arne JacobsenCase unifamiliare Hansaviertelfoto modello Berlin , 1957foto modelloda: gmw.dk/typo3temp/pics/55118ac040.jpg

03Arne JacobsenCase unifamiliare HansaviertelBerlin , 1957schizzo assonometricoda: at1patios.files.wordpress.com/2012/02/captura-de-pantalla-2012-02-18-a-las-12-46-222.jpg

04 / 05 / 06Craig EllwoodCase study house # 16Bel Air, 1953pianta pian terreno /giardino /vista dalla strada[242] pag. 222 / 228 / 221

RIFERIMENTI PROGETTUALI GENERALI / CASE DI ABITAZIONE

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07Kazunari SakamotoCasa Machiya, Minase 1970Foto: Shinkenchiku-shaArchitekturmuseum TU-München

06Antonio José CoderchCasa Ugalde, Barcelona 1953Vista dal giardino[228], pag.42

RIFERIMENTI PROGETTUALI GENERALI / CASE DI ABITAZIONE

01 / 02Claude Nicolas LedouxProgetto per una casa delle guardie campestri, Parigi, 1789sezione longitudinale / calcografia[204] pag.126

03Alison and Peter SmithsonThe House of the futurepianta

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04 / 05Charles & Ray EamesCase Study House 8Pacific Palisades, 1946[242], pag.107

PAG. 19ATELIER ANGONESE AAM 2013 IL PRESTITO IN ARCHITETTURA - UNA CASA A BERLINO

03Pezo von EllrichshausenCasa Poli, Coliumo, Chile, 2005da: plataformaarquitectura.cl, pezo.cl

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04Adolf Loos, Villa Müller,Praga, 1928-1930spazio centrale [115], pag.73

06 / 07Christ & Gantenbein ArchitektenCasa d’abitazione, Arlesheim 2002ampiamento, vista dal giardino /pianta pian terreno[255], pag.51 / 50

01Carlo Scarpa / Sergio LosCasa TabarelliBolzano, 1968spazio centrale [243]

02 / 05Adolf Loos, Villa Moller,Wien, 1927soggiorno / sala d’ingresso[105], pag. 243 / [115], pag. 8

RIFERIMENTI PROGETTUALI GENERALI / CASE DI ABITAZIONE

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01Josef Frank & Oskar Wlach, Haus Beer, assonometriaVienna, 1930da:studio1.viktorjak.com/wp-content/uploads/2011/09/Precedent_Josef-Frank_Haus-Beer-axo_630x520.jpg

L’abitazione moderna prende le sue origini dall’atelier bohemien nel sottotetto mansardato.Questa soffitta sospetta dichiarata antigienica e inabitabile dalle autorità e dagli architetti moderni, questo luogo tabù pieno di accidentalità, possiede tutto ciò che noi inutilmente cerchiamo negli appartamenti arredati con sistema e metodo che vi stanno sotto: la vita.Ambienti ampi, molti angoli, pareti curve, gradini, differenze di livelli, colonne e travi, in breve, c è tutta la varietà che cerchiamo nella casa nuova, per sfuggire alla sconsolante monotonia della stanza rettangolare. In fondo, la lotta per l’abitazione moderna, vuole liberare gli abitanti dai loro pregiudizi da buoni borghesi, vuol dare loro la possibilità di scegliere un abitare bohemien.L’abitazione ben arredata e perfettamente ordinata, deve ormai diventare un brutto ricordo di altri tempi.Il compito dell’architetto consiste ora nell’ordinare tutti questi elementi della soffitta per farne una casa. Una casa ben organizzata dovrebbe costruirsi come una città, con strade e vie che portano obbligatoriamente a piazze non trafficate, dove si possa sostare.La progettazione di tali disposizioni – soprattutto in Inghilterra, alla quale dobbiamo la forma moderna della casa – un tempo era consueta all’uomo sia per quanto riguarda la città che la casa, ma oggi questa tradizione è andata in gran parte perduta.La definizione di un giusto tracciato attraverso l’abitazione, esige un intelletto sensibile e, dato che l’architetto non può incominciare tutto da capo, è importante che questa tradizione venga recuperata. Altresì importante è che questa via sia indicata senza mezzi clamorosi o avvisi decorativi; al visitatore, all’abitante, non deve mai sembrare di essere giudicato. Una casa ben congegnata dovrebbe somigliare a quelle belle città antiche, dove anche un forestiero si orienta subito e trova municipio e piazza senza domandare. Vorrei portare come esempio un elemento molto importante per la costruzione di una casa: la scala. Il percorso guida dell’abitazione deve essere condotto in modo tale che sino alla scala e su di essa, non si abbia mai la sensazione di andare avanti e indietro, di tornare cioè in qualche modo sui propri passi: bisogna sempre procedere. Se una casa ha più di due piani, allora dobbiamo considerare la scala rispetto alla loro importanza. Se per esempio il sottotetto al secondo piano è di minor importanza, allora le rampe della scala

non devono sovrapporsi poiché ciò darebbe un’impressione di casa d’affitto e non si capirebbe quando si è arrivati al piano più importante. Se invece questo piano è caratterizzato da una terrazza sul tetto in stretta consuetudine d’uso con il soggiorno a pianterreno, allora si cercherà di condurre la scala, possibilmente nascosta, attraverso il primo piano dove ci sono le camere da letto. Ogni giro della scala serve alla continuità del suo svolgersi, e non all’economia di spazio. Non sempre il vano più grande in metri quadrati è il più abitabile, cosi come non sempre la via più breve è la più gradevole e la scala più diretta è la migliore, anzi quasi mai. La statistica delle superfici abitabili di una casa uccide l’architettura, poiché in una casa fatta bene non esiste uno spazio che non sia abitabile. Nella casa sulla Wenzgasse, la scala costituisce dunque il centro dell’abitazione ed è fatta in modo che i vari spazi abitati siano disposti su vari livelli. L’idea base è quella di accedere all’atrio dirigendosi verso la scala, che riconduce al punto di partenza porgendo gli scalini a chi entra. Mentre si fanno gli scalini, ci si trova sul primo pianerottolo da dove, grazie a una grande apertura, si guarda nella stanza più importante, ovvero il soggiorno.Da questo pianerottolo la scala porta diritta ai due vani più nascosti ma sempre comunicanti con il salotto, cioè lo studio e la sala. Qui finisce il piano. Per sottolineare ciò, la scala ora porta in direzione opposta al piano successivo, quello con le camere da letto; si ottiene così un evidente suddivisione della casa. Lo spazio rettangolare è il più inadatto all’abitare; è molto pratico come magazzino di mobili, ma altrimenti non serve a nulla. Penso che un poligono qualunque, ad angoli retti od ottusi, sia più adatto come pianta di una stanza, che non il rettangolo regolare. Nel caso degli atelier d’artista, nelle soffitte, è venuto in aiuto il caso che ha lavorato in modo quasi sempre gradevole e impersonale.Le necessità pratiche non dovrebbero mai dar luogo alla distruzione di un impianto formale, anche perché l’osservatore non può capirne il senso; l’alta funzione artistica dell’architetto è quella di portare in equilibrio armonico forma e contenuto. La camera rettangolare induce sempre l’architettura ad aver a che fare con i mobili. A mezzo di costruzioni, colori vistosi o creando forme cubiche, si vorrebbe dividere e ripartire l’ambiente rettangolare assolutamente privo di carattere per dargli un che di caratteristico. Tuttavia, il compito dell’architetto consiste nel

TESTO

Brano tratto da:Scritti e progetti di Josef Frank, a cura di Giovanni Fraziano, editoriale Lint, pag. 91.

LA CASA COMESTRADA E PIAZZAJOSEF FRANK

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PAG. 21ATELIER ANGONESE AAM 2013 IL PRESTITO IN ARCHITETTURA - UNA CASA A BERLINO

01Josef Frank & Oskar Wlach, Haus BeerVienna, 1930da:Maria Welzig, Josef Frank (1885-1967) - Das Architektonische Werk, bóhlau, Wien Köln Weimar,pag. 132/133

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costruire ambienti, non nel disegnare mobili o dipingere pareti; ciò fa parte del buon gusto, che ognuno dovrebbe possedere. È risaputo che in uno spazio ben concepito, non è importante che tipo di mobili vi siano collocati, a meno che essi non siamo talmente grandi da diventare elementi architettonici. La personalità dell’abitante si deve poter esprimere liberamente. L’ambiente suggerirà i passaggi e i luoghi di riposo, cioè le piazze e le vie. La camera rettangolare è assai responsabile delle mostruosità della nostra moderna arte decorativa, che spesso deve essere chiamata in aiuto per correggere, in modo relativamente poco costoso, la vuotezza di quei vani parallelepipedi.Il punto centrale, la piazza della casa, è il luogo ove ci si siede; ogni sala o ambiente di soggiorno deve avere un centro intorno al quale si dispone il resto e che dà all’ambiente il suo carattere.Una cosa facile da realizzare in altri tempi, perché il punto centrale era costituito dal caminetto oppure, anche se meno caratteristico, dalla stufa. Oggi, venendo meno questo centro naturale, è molto più difficile fare la pianta di una costruzione, perché è l’architettura a dover creare questo centro avvalendosi di finestre, nicchie, pilastri e altro. È anche la mancanza di questo centro formale che rende così invivibile uno spazio rettangolare.La via che congiunge le singole piazze dell’abitazione deve essere così ricca di variazioni da non consentire mai di percepire la lunghezza. Vari tipi di illuminazioni, scalini e altro sono di grande aiuto. Spesso si sottovaluta l’importanza che ha l’apertura di una porta; vorrei far notare in questa sede che, per esempio, quasi tutte le porte sono fissate in modo sbagliato: avendo il battente verso la parete, colui che entra si trova improvvisamente lì, creando disagio. Se invece la porta si apre verso la stanza, allora quando si entra si forma un anticamera tra porta e parete e lo spazio della stanza non viene disturbato; non è meno importante se una porta debba aprirsi verso l’interno o verso colui che entra. Tutte queste considerazioni non sono assolutamente nuove, anzi sono molto vecchie, tuttavia è importante riportarle alla memoria di tanto in tanto. Credo, infatti, che rappresentino dei fondamenti che già nelle scuole di architettura vengono presi in considerazione troppo poco. Il più delle volte si dà troppa importanza alla facciata, alla costruzione, all’economia, ma di rado si pensa che la Scuola non ha tanto il compito di produrre cose utili, ma di dare agli studenti le basi che consentano

loro, in seguito, di continuare a pensare autonomamente. Tuttavia, troppo spesso gli insegnanti imbottiscono gli studenti di pregiudizi personali sulla vita e la forma oltre a presentar loro problemi già risolti, senza consentire, solo per il fatto che non hanno ancora l’esperienza necessaria, lo sviluppo di una opinione propria. Con questo non voglio dire che un’educazione alla costruzione non sia importante; però, anche in questo caso, non si tratta di trasmettere la conoscenza di ciascun professore agli studenti, bensì di sviluppare il loro ingegno personale. Mi pare molto più importante iniziare con delle case ideali di qualsiasi tipo, cioè tentare di raggruppare anzitutto degli spazi senza badare alla loro realizzabilità in modo tale da dar loro la migliore collocazione e giuste misure e proporzioni.Ciò permette di ottenere una base eternamente valida che il pensatore autonomo e pratico potrà adattare come lo riterrà opportuno. Tutti i nostri oggetti d’uso comune, tra i quali vogliamo far rientrare anche la casa, sono un compromesso tra scopo, materiale, forma, qualità, prezzo e altro su una linea variabile media. Tuttavia, le regole per una casa ideale ben concepita non si modificano in sostanza, devono semplicemente venir considerate ogni volta secondo un nuovo punto di vista.Come si entra in un giardino? Che aspetto ha il percorso che conduce alla porta d’ingresso? Come si apre la porta d’ingresso? Che forma ha l’atrio? Come si arriva in soggiorno dal vestibolo passando dal guardaroba? Come sono i posti a sedere in relazione a porte e finestre? A tutte queste domande va trovata una risposta; è con tutti questi elementi che si compone una casa: questa è l’architettura moderna.

“LA CASA COME STRADA E PIAZZA”

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05Walter Pichler, Haus für das Kreuz, 1988

06Eduardo Chillida, Montana Tindaya, Fuerteventura-Spagna, 2002

03Sir John Soane, Lincoln`s Inn Fields, London 1823, Atrium Section

04Santiago Sierra,300 Tons Bregenz, 2005[240]

RIFERIMENTI ICONOGRAFICI / SUGGESTIONI

04Wolfgang Weinert,Composizione Circolare, 1963[223] pag.138

05Anish KapoorTurning the world upside downRoyal Parks - Serpentine GalleryKensington Gardens, 2011anishkapoor.com

PAG. 23ATELIER ANGONESE AAM 2013 IL PRESTITO IN ARCHITETTURA - UNA CASA A BERLINO

Io credo nel principio della costruzione di un’idea, e non solo a proposito dell’architettura.Normalmente l’idea si associa a un’illuminazione fulminea del pensiero, una cosiddetta scintilla; credo invece che questa “scintilla” istantanea non coincida con ciò che dobbiamo intendere “idea”, ma possa piuttosto essere interpretata come “intuizione o sentimento”.In italiano “ideare” significa concepire con la mente, pertanto la costruzione dell’idea inizia da una riflessione, consapevole e mediata dalla propria cultura. Questa “intuizione-sentimento” e questo concepire, attraverso un procedimento di ricerca sull’origine e sui motivi dell’idea, devono trasmettere dei valori culturali, valori che sono anche l’oggetto del nostro insegnamento. Si tratta di un processo con cui si cerca di trovare le connessioni che permettono di collocare “l’idea” in un contesto. Il nostro sapere e la nostra coscienza non riescono a interpretare e valorizzare l’intuizione, proprio perché ancora indescrivibile e inconsapevole. Probabilmente solo i “geni” sono in grado di percorrere il percorso dall’intuizione all’idea compiuta in brevissimo tempo o addirittura nello stesso istante. Nonostante ciò, dovremmo tenere sempre presente che il comune pensiero crede che avere un’idea è cosa semplice e immediata; quanto spesso ci sentiamo domandare “non hai un’idea a riguardo?”, da qualcuno che si aspetta una risposta immediata?È evidente che questo tipo di atteggiamento può condurre verso scelte superficiali ed arbitrarie e che, invece, “una buona e solida idea” come base di un’azione architettonica richiede tempo e riflessione.Dal punto di vista metodologico la costruzione di un’idea non può essere definita con precisione e in maniera pragmatica poiché fortemente influenzata dalla soggettività, ossia da processi che ne rendono difficile una sistematizzazione e canonizzazione. Spesso sono i fattori concreti o pratici a condurre verso una particolare scelta, in

una costante ricerca di comprendere.Esistono alcuni strumenti o strategie utilizzabili al fine di costruire un’idea. Il primo strumento è la storia, poiché, come afferma Immanuel Kant, senza di essa sapere e conoscenza non sono possibili. La storia trasmette informazioni sull’origine di associazioni e riferimenti, essa è sapere collettivo ed è parte della società. Tuttavia un approccio o metodo unicamente orientato alla storia sarebbe inefficace ai fini della costruzione di un’idea.Adolf Loos sosteneva ”bisogna innanzitutto evocare ciò che si conosce per ideare il nuovo”. Per creare questo “ nuovo” sono quindi necessari altri strumenti che si acquisiscono durante il proprio percorso di vita. Pertanto oltre ad essere consapevoli della storia e desiderosi di conoscere, bisogna essere critici di tutto e di noi stessi, per poi essere in grado di mettere in relazione fenomeni contemporanei quando ancora non sono stati storicizzati. È necessario possedere la capacità di comunicare e farsi capire in ogni situazione, valutando l’atteggiamento migliore da assumere al fine di raggiungere gli obiettivi prefissati, infrangendo schemi prevedibili, dando sostanza ed autorevolezza all’concetto. Tutti questi fattori contribuiscono alla costruzione dell’idea, definendo la sovrastruttura per un programma, indicando il percorso da seguire. Tale processo rimane sempre aperto, dinamico e per non essere indebolito da intuizioni, necessità oggettive, deve essere sempre arricchito da argomenti concreti-sostanziali, dalla riflessione e da una continua verifica che fanno parte del nostro agire culturale.Hermann Czech afferma che” di fronte alla creazione dell’architettura, ad una decisione di natura formale o programmatica deve corrispondere un ragionamento”, solo allora l’architettura diventa sostanziale e non arbitraria. Una volta seguiti o acquisiti questi parametri si può mettere in atto una coerente realizzazione dell’idea. Attraverso la “Stimmung”, come sosteneva Adolf Loos nei suoi scritti, il pensiero acquisisce un’entità fisica spaziale e filosofica. In tutto ciò il sapere, l’esperienza e la conoscenza hanno un ruolo fondamentale, ma altrettanto importante è riconoscere che il mondo intorno a noi è contraddistinto da “ segni” che trasmettono dei messaggi.L’architettura non può evitare questo insieme di segni, essa possiede una dimensione semantica, da ogni piccolo dettaglio costruttivo fino alla realizzazione in scala urbana essa trasmette significati, genera pensieri. Tutto questo non va dimenticato. Il percorso metodologico dell’atelier è finalizzato a sperimentare entrambi gli aspetti della nascita dell’architettura: la formulazione di un’idea e la sua coerente realizzazione, ricordando che l’uomo deve essere sempre curioso per acquisire lungo il suo percorso di vita un sapere, che vada oltre i confini della disciplina, un’autonomia di pensiero e consapevolezza della propria responsabilità sociale.

METODOLOGIA

RIFLESSIONISUL METODOWALTER ANGONESE

01Josef Albers, Adobe Yellow Front, 1959[232], pag.56

02Andrea ZittelCellular Compartment Units, 2008[246], pag.98

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PAG. 24 RIFERIMENTI ICONOGRAFICI / SUGGESTIONI

03Atelier van Lieshout,Minimal steel with red lights,2006

04Marcel Duchamp,traveller`s folding item (underwood), 1906

01Edward Hopper,Morning Sun, 1952da: uploads4.wikipaintings.org/images/edward-hopper/morning-sun.jpg

02Thomas DemandJunior Suite, 2012da: blog.art21.org/wp-content/up-loads/2012/06/junior-suite-415x500.jpg

06Alberto Giacometti,Cube ( Pavillon nocture), 1934Ottone, 94x54x59cmAlberto-Giacometti-Stiftung, Zürich[238], pag. 96

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05Rachel Whiteread, Embankment, Tate Modern, London, 2005[211], pag.73

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01Olafur EliasonYour Engagement has Consequences, 2006[235]

METODOLOGIA

04Gordon Matta Clark,Threshold, 1973 [226] pag.87

Studenti e giovani colleghi mi chiedono spesso di citare le qualità necessarie per il lavoro che svolgiamo. La mia risposta è sempre la stessa: “curiosità, passione e un certo grado di autocritica”. La curiosità non significa interessarsi solamente di ciò che è immediatamente percepibile, ma richiede un continuo interrogarsi, è come una dipendenza, sempre più profonda.La curiosità è un dialogo tra ciò che è e ciò che può davvero essere vissuto, è un continuo indagare nelle motivazioni.La curiosità si relaziona con la storia; storia che a sua volta ci racconta da dove veniamo, rivela l’origine delle nostre associazioni e della forma con cui noi architetti lavoriamo.La curiosità ci permette di continuare a sperimentare cose nuove. Sono convinto che l’impegno verso l’architettura non può limitarsi all’interno della stessa disciplina ma che l’essenza del pensiero architettonico traspare in qualsiasi campo dello spazio umano e habitat nel quale si entra, allora la curiosità è una base ideale per un tipo di apprendimento che non ha mai fine.La costante consapevolezza delle situazioni che viviamo continuamente ci permette, attraverso la curiosità, di comprenderle e decifrarle anche in modo istintivo, senza specifiche regole, processo questo estenuante e impegnativo. A volte, succede che la curiosità nelle grandi città o in luoghi sconosciuti può essere accompagnata da un senso di sovraccarico, probabilmente questo è dovuto al mio luogo d’origine, un piccolo paese, dove conosco fino al più piccolo

dettaglio del tombino della mia vinoteca. Tendo a divorare le nuove situazioni, ma la curiosità rimane, in ogni modo, il mio aggiornamento costante della vita.La passione non può essere comprata, neppure costretta e non si può studiare.La passione è come l’amore, può crescere, può essere incoraggiata, stimolata e rappresenta un impegno che fa parte dei doveri di noi insegnanti, ma alla fine ogni individuo la deve scoprire e sperimentare dentro di sé e per se stesso, questo fa parte dell’essere umano ed è immensamente gratificante quando questo avviene.La passione quando si manifesta implica un impegno ed una grande quantità di lavoro. Questo spesso è dimenticato poiché la passione, il sentimento e le intuizioni si devono essenzialmente relazionare, e questo è corretto, con la conoscenza empirica, la metodologia e gli approcci sistematici. Un confronto che è allo stesso tempo ricco, corretto e fecondo.La passione è la forza motrice della nostra esistenza. Se siamo in grado di consentire alla passione di influenzare il nostro lavoro di architetti, allora abbiamo ogni qualifica convincente per il lavoro. Con una sola accezione: ”la cognizione che la passione da sola non basta!”, poiché senza una misura di autocritica, senza la consapevolezza (e l’accettazione) che la nostra ragione ed i nostri sentimenti non sempre raggiungono l’obiettivo al primo tentativo, si corre il rischio di diventare superficiali e presuntuosi.

CURIOSITÀ E PASSIONEWALTER ANGONESE

03Storefront - Elefant Castle, spontaneous assemblingLondon 2011

02Berthold Romanovich LubetkinPenguin PoolLondon Zoo, Regent`s Park 1934

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I CINqUE PUNTI DI UNA NUOVAARCHITETTURALE CORBUSIER

Tratto da: “Le Corbusier, serie di architettura”a cura di Willy Boesiger, Zanichelli, pag.31l cinque punti di una nuova architet-tura (1926).

02Le CorbusierQuattro Composizioni1: Casa La Roche2:Casa Stein a Garches3: Casa a Stoccarda4: Casa Savoye a Poissy

Tratto da: “Le Corbusier, serie di architettura”a cura di Willy Boesiger, Zanichelli, pag.30

01Le CorbusierI cinque punti di una nuovaarchitetturaschizzo[209] pag.202

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1. l “Pilotis”Ricerche assidue e ostinate hanno condotto a risultati parziali che possono essere considerati come prove di laboratorio. Questi risultati aprono nuove prospettive all’architettura, e queste si offrono all’urbanistica, che vi può trovare i mezzi per risolvere la grande malattia delle città attuali.La casa su pilotis! La casa si approfondiva nel terreno: locali oscuri e sovente umidi. Il cemento armato rende possibili i pilotis. La casa è nell’aria, lontano dal terreno; il giardino passa sotto la casa, il giardino è anche sopra la casa, sul tetto.

2. l tetti-giardinoDa quando è installato il riscaldamento centrale, il tetto tradizionale non conviene più. Il tetto non dev’essere spiovente ma incavato. Deve raccogliere le acque all’interno, non più all’esterno. Il cemento armato è il nuovo mezzo che permette la realizzazione delle coperture omogenee.Il cemento armato si dilata fortemente. La dilatazione fa spaccare la struttura nelle ore di improvviso ritiro. Invece di cercare di evacuare rapidamente le acque piovane, bisogna cercare al contrario di mantenere l’umidità costante sul cemento della terrazza, e quindi una coperturaregolata sul cemento armato. Misura particolare di protezione: sabbia ricoperta di lastre spesse di cemento, a giunti sfaldati. Questi giunti sono seminati di erba. Sabbia e radici non lasciano filtrare l’acqua che lentamente. l giardini-terrazze diventano opulenti : fiori, arbusti e alberi , prato.

3. La pianta liberaFinora: muri portanti. Partendo dal sottosuolo, si sovrappongono formando il pianterreno e gli altri piani, fino al tetto. La pianta è schiava dei muri portanti. Il cemento armato porta nella casa la pianta libera! l piani non devono più essere ricalcati gli uni sugli altri. Sono liberi. Grande economia di volume costruito, impiego rigoroso di ogni centimetro. Grande risparmio di denaro. Razionalità agevole della nuova pianta!

4. La “fenétre en longeur “La finestra è uno degli elementi essenziali della casa. Il progresso porta una liberazione. Il cemento armato rivoluziona la storia della finestra. Le finestre possono correre da un bordo all’altro della facciata. La finestra è l’elemento meccanico-tipo della casa; per tutti i nostri alloggi unifamiliari, le nostre ville, le nostre case operaie, i nostri edifici d’affitto.

5. La facciata liberal pilastri arretrati rispetto alle facciate, verso l ‘interno della casa. Il solaio prosegue in falso, verso l’esterno. Le faccia te sono solo membrane leggere, di muri isolati o di finestre. La facciata è libera; le finestre,senza esse re interrotte, possono corre re da un bordo all’altro della facciata.

TESTO

PAG. 27ATELIER ANGONESE AAM 2013 IL PRESTITO IN ARCHITETTURA - UNA CASA A BERLINO

Prima dell’invenzione della stampa da parte di Johannes Gutenberg tutti i manuali ed i manoscritti erano riprodotti dai copisti, per la maggior parte monaci e studiosi delle arti liberali.Spesso queste opere riprodotte non erano identiche a quelle precedenti, pur essendo frutto di un lungo e rigoroso lavoro di copiatura. Tali difformità potevano avere origini diverse ma principalmente si possono riportare a due fattori: l’inesperienza del copista o la sua ambizione a superare come atto creativo autonomo quanto espresso dall’originale.Ognuna delle miniature che oggi possiamo ammirare è quindi un’opera dotata di propria autonomia e unicità e l’atto stesso di copiare assume una valenza ed un significato di apprendimento e creatività. La copiatura come atto creativo non si limitava all’ambito dei codici miniati: lo stesso approccio si applicava, ad esempio, ai trattati di architettura. Copiare il disegno di un edificio rappresentativo della storia non implica solo l’acquisizione di tecniche, misure, proporzioni come solida materia di riferimento e di sicurezza per l’apprendista ma può diventare, se esercitata con la dovuta passione, anche un atto creativo.Un processo, che pur mantenendo l’eloquenza dell’informazione dell’opera oggetto di copiatura, si modifica secondo il proprio grado di esperienza e dedizione.L’esercizio del ridisegno e della ricostruzione di edifici significativi della storia dell’architettura - che fa parte del percorso didattico dell’atelier Angonese (BACII) presso l’Accademia di Architettura di Mendrisio - potrebbe sembrare anacronistico in un contesto

culturale in cui prevale lo spazio digitale e virtuale. In realtà si tratta di un metodo didattico che consente allo studente di acquisire esperienza e tecnica su alcuni piani fondamentali: l’utilizzo di strumenti di comunicazione importanti per la futura attività professionale, come il disegno e la realizzazione di modelli, utilizzando tecniche sia analogiche sia digitali; la capacità di analizzare, comprendere e comparare, nel lavoro di gruppo, progetti diversi, a partire da un tema dato come il Raumplan di Adolf Loos o lo Space of use and no use di Kazuo Shinohara. Abilità non raggiungibile in un’entità virtuale e che si affina in particolare nel processo di astrazione attraverso la realizzazione di modelli in scala 1:20, dove elementi come la materia e la luce consentono allo studente di scoprire una sua entità spaziale. Inoltre, se si considera come l’esperienza di lavoro individuale e collettiva sia uno dei presupposti necessari per “fare architettura”, acquisirla lavorando sulle opere dei maestri non può che essere utile consentendo, come metodo didattico, di raggiungere una padronanza degli strumenti necessari per il nostro mestiere di architetto e di costituire un punto di partenza per la propria esperienza creativa in questo settore.Vorrei ringraziare prima di tutto gli studenti, motivati e appassionati a questo percorso didattico, gli assistenti: Margherita Pusterla, Axel Beck e Thomas Tschöll per il supporto e l’incoraggiamento, e Danilo Bruno del Laboratorio di Modellistica, che con la sua costante pazienza contribuisce al successo di questa esperienza.

RIDISEGNARE & RICOSTRUIREWALTER ANGONESE

01Ricostruzione / RidisegnoKazuo ShinoharaUmbrella Houselavoro di:Barbara Mazza &Emilio Antonio TrevisiolAtelier Angonese SA 2012

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METODOLOGIA

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10 CASE I IL PRESTITO01 Alvar Aalto - Maison Carrè 02 Àlvaro Siza - Casa Ferreira Da Costa / Miranda Santos

03 Le Corbusier - Villa Savoye 04 Paolo Mendes da Rocha - Casa Mendes da Rocha

05 Mies van der Rohe - Haus Lange 06 David Chipperfield - Haus in Berlin

07 Adalberto Libera - Casa Malaparte 08 Smiljan Radic - Casa Pite

09 Josef Frank / Oskar Wlach - Haus Beer 10 Tony Fretton - The Red House

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ESERCIZIO 1 “RIDISEGNARE / RICOSTRUIRE 10 CASE”

PAG. 29ATELIER ANGONESE AAM 2013 IL PRESTITO IN ARCHITETTURA - UNA CASA A BERLINO

L’atelier focalizzerà la prima fase del corso sul tema del prestito intergenerazionale attraverso il ridisegno e la ricostruzione di alcuni progetti che condividono un prestito specifico. Si metteranno in relazione due case, analizzando un progetto del periodo modernista, che fornisce un “prestito”, a un secondo progetto più legato alla contemporaneità. Ad esempio, Álvaro Siza fa riferimento ad lvar Aalto nelle sue opere più giovanili, David Chipperfield per la casa a Berlino si ispira a Erich Mendelsohn e Mies van der Rohe, mentre Paulo Mendes de Rocha si riferisce sotto vari aspetti all’opera di Le Corbusier.Si cercherà di individuare, comprendere e interpretare, per ogni paio di progetti selezionati, quali elementi del “prestito” sono andati a costituire temi o principi ispiratori del progetto che ha usufruito del “prestito”.Per questo esercizio si suddivideranno gli studenti in gruppi. A ciascun gruppo sarà assegnata una casa da ridisegnare in vettoriale in scala 1:50 sviluppando piante, sezioni e facciate. È richiesto un disegno preciso e fedele all’originale. Saranno forniti

le linee guida per la stesura grafica e un materiale preparatorio di studio, che dovrà essere in seguito approfondito. Sulla base del materiale grafico prodotto, ogni gruppo eseguirà il modello della casa in scala 1:20.I modelli saranno realizzati in legno e dovranno essere laccati di colore bianco. Per lo sviluppo e per le indicazioni riguardanti l’esecuzione dei modelli, informazioni dettagliate saranno fornite grazie ad una lezione e al supporto di Danilo Bruno, responsabile del laboratorio di modellistica.Questa esperienza didattica permette di acquisire la capacità di comparazione, analisi critica di progetti diversi, capacità che si affina nel processo di astrazione attraverso la realizzazione di modelli in scala 1:20. In questa fase lo studente scopre, attraverso elementi quali la luce e la materia, una sua entità spaziale, per poi utilizzare quanto appreso nella successiva elaborazione progettuale, in un contesto reale.

ESERCIZIO 1 “RIDISEGNARE / RICOSTRUIRE 10 CASE”

MATERIALI RICHIESTI & CALENDARIO

Presentazione dell’esercizio °1 - “Ricostruire”Inizio costruzione dei modelli 1:20 / Consegna - Modelli “Mock-Up” 1:100 di cartoneConsegna Bozza disegniConsegna & Presentazione Finale dell’esercizio °1 - Modello 1:20 / disegni / materiale digitale (PDF/DWG)

19.09.201304.10.201310.10.201317.10.2013

Disegni I scala 1:50

piante - sezioni - facciatestampato su carta bianca 80x80il layout generale verrà fornito.

grafica & spessori:linea sezionata 0,38 mm nerolinea a vista 0,12 mm nero linea a vista nascosta 0,12 mm nero tratteggiata

linea a vista lontana 0,10 mm 70% neromobili 0,10 mm 70% nero

Modello I scala 1:20

costruito massiccio, apribile su un lato.

MDF spatolato & laccato in bianco opacobase di MDF - dimensioni da confermareulteriori informazioni verranno comunicate durante il lavoro.

RIDISEGNARE & RICOSTRUIRE10 CASEESERCIZIO °1

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ALVAR AALTOMAISON CARRÉ

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Brani tratti da: [403] [404]

01 - ESERCIZIO 1 “RIDISEGNARE / RICOSTRUIRE 10 CASE”

01 / 02Alvar Aalto Maison CarrèVista esterna[402] pag.8/ [404] pag.86

03Alvar Aalto Maison CarrèDettaglio Entrata[402] pag.12

04Alvar Aalto Maison CarrèSpazio Interno / Entrata[402] pag.18

localizzazioneprogetto / periodo di costruzione

cliente

Bazoches – sur Guyonne, Francia.1956-59Louis Carré

Questa casa è stata costruita per il famoso mercante d’arte Louis Carré. Si trattava di abbinare l’abitazione e la raccolta di quadri e sculture facendo in modo che la casa non assumesse il carattere di museo. Dalla villa, ubicata in cima a una collina boscosa, si ha un’ampia veduta sul paesaggio circostante. Il proprietario ha voluto affidate ad Aalto tutti i particolari del mobilio, dell’illuminazione, dei tessuti che rendono la casa una vera e propria sintesi di diverse forme d’arte. Aalto ideò anche un piccolo vigneto accanto alla casa e organizzò in bassi terrazzamenti la pendenza orientata verso la foresta. Esteticamente, l’elemento che prevale è il grande tetto a falda obliqua, che riproduce il profilo del paesaggio circostante. L’atrio ha un aspetto quasi sacrale e vi predomina l’onda del soffitto ricurvo in legno di pino rosso. Un’ampia scalinata scende verso il soggiorno, dominato dal soffitto ligneo a gradoni e dalle grandi finestre che si affacciano sul giardino. Lo studio, a destra, ospita la biblioteca. Le camere da letto e una stanza per gli ospiti si trovano dietro alle pareti leggere dell’atrio che dividono la stanza. Ogni stanza si affaccia su di un patio a se stante, i bagni sono collegati ad una sauna con accessi su terrazze coperte e nascoste. La sala da pranzo, la cucina e le stanze di servizio sono sul lato che si affaccia sulla pendenza. Materiali usati: all’esterno, calcare grigio di Chartes per il basamento e parte dei muri, cui fa da contrasto cromatico l’ardesia blu del tetto; all’interno, superfici intonacate bianche si alternano ad altre in listelli di legno che rivestono alcune pareti e il soffitto.

PAG. 31ATELIER ANGONESE AAM 2013 IL PRESTITO IN ARCHITETTURA - UNA CASA A BERLINO

01 - ESERCIZIO 1 “RIDISEGNARE / RICOSTRUIRE 10 CASE”

01Alvar Aalto Maison CarrèAssonometria esplosada: naoce.sjtu.edu.cn/teaching/arch/precedent/2004/Papers/03-Maison%20Carre-p01.jpg

02Alvar Aalto Maison Carrèsezione, studio sull’illuminazioneda: http://naoce.sjtu.edu.cn/teach-ing/arch/precedent/2004/Papers/03-Maison%20Carre-p02.jpg

03Alvar Aalto Maison CarrèPiano terra[402] pag.15

04Alvar Aalto Maison CarrèSezione sala d’entrata[402] pag.16

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PAG. 32

áLVARO SIZACASA FERREIRA DA COSTA / SANTOS

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localizzazioneprogetto / periodo di costruzione

cliente

Matosinhos, Portogallo1962-65Fernando Ferreira da Costa / Ing. Miranda Santos

Questa casa presenta diverse fasi di costruzioni e adeguamento, secondo la successione dei proprietari. Il tema degli ampliamenti dimensionali riguarda l’autorimessa, allungato, in due fasi successive, fino ad arrivare direttamente sulla strada. La costruzione in oggetto occupa un lotto d’angolo. La posizione e lo studio dei volumi proposti tendono, da un lato, a evitare gli inconvenienti di un terreno troppo visibile, dall’altro, a considerare la relazione delle future costruzioni attigue, così come l’equilibrio fra volumi costruiti e spazi liberi. Si stabiliscono pertanto determinate inclinazioni delle coperture, determinate altezze, così come il rapporto fra il garage in progetto e quello del lotto attiguo, in modo da ottenere, in particolare, un certo equilibrio lungo il percorso verso il centro commerciale. L’organizzazione interna del lotto è caratterizzata dall’abbassamento della quota del piano terra in modo da ottenere un volume compatibile con le dimensioni del terreno. Il soggiorno occupa una superficie articolata e ampia a compensare le superfici piccole dei restanti locali. Questa superficie comprende zone differenziate dovute alle articolazioni citate e all’incidenza della luce. Si prevede pertanto a ovest una forte relazione con il giardino, creando cosi una zona intensamente illuminata. Le zone di permanenza godono di un’illuminazione ottimale permettendo di fruire anche delle zone meno illuminate, contrasto fondamentale in una casa. La costruzione, di tipo economico, utilizza muri in pietra o mattoni forati sui quali poggiano i solai in elementi forati (soletta e copertura).

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Brano tratto da: [408]

02 - ESERCIZIO 1 “RIDISEGNARE / RICOSTRUIRE 10 CASE”

01Àlvaro SizaCasa da Costa / SantosVista esterna[406] pag.94

02Àlvaro SizaCasa da Costa / SantosCorridoio[406] pag.103

03Àlvaro SizaCasa da Costa / SantosPlanimetria[408] pag.38

04Àlvaro SizaCasa da Costa / SantosVista esterna[406] pag.97

05Àlvaro SizaCasa da Costa / SantosEntrata / Soggiorno[406] pag.102

PAG. 33ATELIER ANGONESE AAM 2013 IL PRESTITO IN ARCHITETTURA - UNA CASA A BERLINO

02 - ESERCIZIO 1 “RIDISEGNARE / RICOSTRUIRE 10 CASE”

01Àlvaro SizaCasa da Costa / SantosDettagli [406] pag.99/100

02Àlvaro SizaCasa da Costa / SantosSezione trasversale[408] pag.39

03 / 04Àlvaro SizaCasa da Costa / SantosPiano Terra / Primo Piano[408] pag.39

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LE CORBUSIER VILLA SAVOyE

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Poissy, Francia1928-31Pierre Savoye

In Villa Savoye il principio moderno delle regole compositive, marcato dalla maglia di pilotis, dall’articolazione degli spazi intorno alla rampa ed espresso infine dalle finestre a nastro, viene impiegato per creare una progressione dal basso verso l’alto e verso l’esterno per stabilire un nuovo dialogo con il paesaggio e il contesto naturale. Il piano terra è un portico con un sistema a pilotis attorno alla circolazione, con una superficie curvilinea di vetro, per parcheggiare sotto l’edificio. Nel piano nobile una finestratura orizzontale corre lungo i lati del piano, incorniciando il paesaggio. Nella planimetria centralizzata, di matrice classica, il fulcro compositivo diventa la rampa, la base di ciò che definiva la promenade architectural’: attraverso un’apertura centrale, posta sul versante posteriore della casa, si passa nel vestibolo per avere accesso e salire verso i piani superiori. Il grande soggiorno della villa comunica con la terrazza grazie a un infisso a tutta altezza vetrato e scorrevole. La passeggiata architettonica prosegue quindi sulla terrazza e mediante la rampa, che diventa esterna e si giunge al solarium. Dal punto di vista spaziale, la pianta è scandita da un sistema di campate 5x5 m e l’edificio non è esattamente quadrato, essendo allungato da travi a mensola lungo la direzione di arrivo per rafforzare l’idea di un asse principale. Essa rappresenta il manifesto dei cinque punti della nuova architettura formulati nel 1927 da Le Corbusier per teorizzare i principi fondamentali del Movimento Moderno: i pilastri, le terrazze giardino, la pianta libera, la finestra a nastro, la facciata libera.

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Brano tratto da: costruire.laterizio.it/costruire/rivista.asp?anno=2006&numero=109

01 / 02Le CorbusierVilla SavoyeVista esterna[409] pag.172 / [411] pag.9

03Le CorbusierVilla SavoyeBagno[411] pag. 63

04 / 05Le CorbusierVilla SavoyeTerrazza sul tetto[411] pag.68 / 71

03 - ESERCIZIO 1 “RIDISEGNARE / RICOSTRUIRE 10 CASE”

localizzazioneprogetto / periodo di costruzione

cliente

PAG. 35ATELIER ANGONESE AAM 2013 IL PRESTITO IN ARCHITETTURA - UNA CASA A BERLINO

03 - ESERCIZIO 1 “RIDISEGNARE / RICOSTRUIRE 10 CASE”

01Le CorbusierVilla SavoyeDettaglio [410] pag. 128

02Le CorbusierVilla SavoyeSchizzo assonometrico[411] pag.117

03 / 04 / 05Le CorbusierVilla SavoyePian terreno / Primo piano /Piano tetto[411] pag.13

06Le CorbusierVilla SavoyeSezione trasversale[411] pag.13

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PAG. 36

PAULO MENDES DA ROCHA CASA DA ROCHA

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São Paulo, Brasile.1960Paulo Mendes da Rocha

La casa è immersa nella naturale pendenza della piccola collina sopra il Rio Pinheiros. Il piano abitativo è sospeso rispetto alla quota del lotto ed è sorretto da quattro pilastri in calcestruzzo armato. Due murature delimitano il limite di due dei lati del perimetro quadrangolare del lotto, mentre, altri due elementi delimitano la rampa di accesso. Il piano terra è caratterizzato da un piccolo volume circolare, destinato alla portineria e ai servizi, localizzato all’interno dell’area di parcheggio per le autovetture; Il volume sospeso dell’abitazione si accede dalla piccola scala sul fondo del giardino. Gli spazi abitativi sono tutti ricavati dalla suddivisione del perimetro compatto del piano abitativo sospeso. Questo piano fuori terra è totalmente vetrato sul lato ovest ed est, anche se tutto questo non appare subito evidente all’esterno perché parzialmente negato dalle travi pareti laterali, a sbalzo, d’irrigidimento perimetrale. I diversi ambienti domestici sono delimitati e divisi da sottili diaframmi in calcestruzzo che, con la loro unitarietà, si pie-gano ogni volta a formare il mobilio fisso e le zone più intime delle stanze da bagno. L’atmosfera che viene determinandosi all’interno ricorda quella di una foresta, uno spazio in continuo divenire. La luce penetra in maniera filtrata, differenziata all’interno della casa, attraverso i lucernari, posti sull’area centrale di servizio, attraverso le finestre a nastro continue, che illuminano gli ambienti principali e si caratterizzano per il particolarissimo sistema di chiusura artigianale.

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Brano tratto da: archisquare.it/paulo-mendes-da-rocha-casa-butanta-san-paolo/

01 Paulo Mendes da RochaCasa da RochaVista esterna[413] pag.54

04 - ESERCIZIO 1 “RIDISEGNARE / RICOSTRUIRE 10 CASE”

localizzazioneprogetto / periodo di costruzione

cliente

02Paulo Mendes da RochaCasa da RochaZona Entrata[413] pag.55

04Paulo Mendes da RochaCasa da RochaEntrata dalla strada[Foto: A. Beck]

05Paulo Mendes da RochaCasa da RochaFinestra - Zona dello studio[Foto: A. Beck]

03Paulo Mendes da RochaCasa da RochaStudio / zona d’entrata[413] pag.60

PAG. 37ATELIER ANGONESE AAM 2013 IL PRESTITO IN ARCHITETTURA - UNA CASA A BERLINO

04 - ESERCIZIO 1 “RIDISEGNARE / RICOSTRUIRE 10 CASE”

01 Paolo Mendes da RochaCasa da RochaPrimo Piano[413] pag.63

04 Paolo Mendes da RochaCasa da RochaDettaglio Finestra[413] pag.59

02Paolo Mendes da RochaCasa da RochaPian Terreno[413] pag.56

03Paolo Mendes da RochaCasa da RochaSezione longitudinale[413] pag.57

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LUDwIG MIES VAN DER ROHEHAUS LANGE

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Krefeld, Germania1927-30Hermann Lange

Un tetto sporgente sulla facciata fronte strada protegge due ingressi, quello principale e l’ingresso di servizio, senza la creazione di una gerarchia tra di essi. Dopo aver attraversato un piccolo corridoio, si accede ad un grande salone rettangolare che stabilisce i rapporti di comunicazione tra una serie di camere separate, che sono progressivamente arretrati sulla facciata sud, verso il giardino posteriore e prato. La sala da pranzo è raggiungibile da entrambi gli annessi di servizio e un piccolo passaggio aperto nel salone, che offre viste incorniciate sul giardino. Si può uscire sulla piattaforma esterna, sia da una porta, un po’ nascosta, sul lato nord o dallo studio con una terrazza coperta. La distribuzione della casa è cosi concepita da creare percorsi distinti per il personale e i proprietari. Un cortile di servizio retrocesso consente l’accesso al garage e al piano semi-interrato. Gli interni del piano terra rap-presentano pareti bianche, che si combinano con la lavorazione del legno di noce e rovere, e mobili su misura, con l’eccezione di pochi individuale elementi realizzati in ebano. Il piano superiore ha un layout più convenzionale, con un passaggio che corre parallelo lungo la facciata nord verso la porta che conduce alla terrazza. Questo corridoio conduce alle tre camere da letto con bagno, ed due ulteriori camere, nel volume che sporge verso il giardino; camere da letto e le stanze della servitù sono situata nella parte nord. Su questo secondo piano le porte, gli infissi e i serramenti sono verniciati in colore grigio.

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Brano tratto da: [414], traduzione atelier Angonese

05 - ESERCIZIO 1 “RIDISEGNARE / RICOSTRUIRE 10 CASE”

localizzazioneprogetto / periodo di costruzione

cliente

01Ludwig Mies van der RoheHaus Lange (Haus Esters dietro)Vista dalla strada[208] pag.79

03Ludwig Mies van der RoheHaus LangeVista dalla “Herrenzimmer”[208] pag.97

04Ludwig Mies van der RoheHaus LangeVista dal giardino[208] pag.92

02Ludwig Mies van der RoheHaus Lange Vista dal giardino[Foto: A.Beck]

PAG. 39ATELIER ANGONESE AAM 2013 IL PRESTITO IN ARCHITETTURA - UNA CASA A BERLINO

05 - ESERCIZIO 1 “RIDISEGNARE / RICOSTRUIRE 10 CASE”

05Ludwig Mies van der RoheHaus LangePian Terreno[415] pag.138

04Ludwig Mies van der RoheHaus LangeSezione longitudinale[415] pag.142

03Ludwig Mies van der RoheHaus Langefacciate[415] pag.140

01Ludwig Mies van der RoheHaus Langemattoni: principio tettonico / giuntifacciate[415] pag.65

02Ludwig Mies van der Roheplanimetria: Haus Esters / Haus Lange[414]

06Ludwig Mies van der RoheHaus LangePrimo Piano[415] pag.138

PAG. 40

DAVID CHIPPERFIELDHAUS IN BERLIN

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Berlin, Germania1994-96-

Questa casa, organizzata con esposizione a sud, si affaccia su un ampio giardino posteriore. Essa è situata in un quartiere verde, nel sud-ovest di Berlino. La casa è rivestita interamente in mattone e ricorda per il rivestimento e la sua solidità fisica alle prime case di Erich Mendelsohn e Mies van der Rohe. Costruita intorno ad un cortile, il piano della casa costruisce una serie di semplici spazi interni, dove è stata data attenzione alle loro sequenze e composizione. Questa struttura stabilisce una serie di volumi che si presentano con le loro qualità fisiche e astratte, in modo che gli spazi dettano all’interno del volume le loro gerarchie, cosicché nessuna si impone sulle altre solo per dettami funzionali. Il risultato è che gli spazi all’interno della casa possono godere di una manipolazione di altezze dei soffitti, compressione ed espansione verticale che si manifesta conseguentemente nell’articolazioni delle superfici esterne, dove ancora una volta è visibile questo gioco tra fisicità ed astrazione. L’edifico risultante è costruito da un uso rigoroso dei materiali e presenta una composizione che deriva dal materiale e dalla forma, dallo spazio interno ed esterno, dalla dimensione verticale e orizzontale, dallo spazio astratto e dal programma domestico.

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Brano tratto da: [416], traduzione atelier Angonese.

06 - ESERCIZIO 1 “RIDISEGNARE / RICOSTRUIRE 10 CASE”

localizzazioneprogetto / periodo di costruzione

cliente

01David ChipperfieldHaus in BerlinVista dalla strada[416] pag.219

02 / 03David ChipperfieldHaus in BerlinVista dal giardino[416] pag.216 / 220

04David ChipperfieldHaus in BerlinEntrata[416] pag.223

05David ChipperfieldHaus in BerlinSoggiorno[416] pag.222

PAG. 41ATELIER ANGONESE AAM 2013 IL PRESTITO IN ARCHITETTURA - UNA CASA A BERLINO

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06 - ESERCIZIO 1 “RIDISEGNARE / RICOSTRUIRE 10 CASE”

01David ChipperfieldHaus in Berlinplanimetria / situazione[416] pag.215

02David ChipperfieldHaus in BerlinSezione longitudinale[416] pag.224

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03David ChipperfieldHaus in BerlinPiano cantina[416] pag.224

04David ChipperfieldHaus in BerlinPian terreno[416] pag.224

06David ChipperfieldHaus in Berlinfacciate[416] pag.225

05David ChipperfieldHaus in Berlinprimo piano[416] pag.224

PAG. 42

ADALBERTO LIBERACASA MALAPARTE

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Promontorio Capo Massulo, Capri, Italia1938-42Curzio Malaparte

Questa casa è costituita da un blocco rettangolare allungato, eretta sulla parte pianeggiante dello sperone roccioso e si adatta all’andamento in salita verso il mare. I muri esterni sono color sangue di bue, le finestre simili agli oblò di un a transatlantico, una rampa di gradini a forma di cuneo che sale obliqua fino al tetto-terrazza. La forma planimetrica è stata paragonata a metafore nautiche. Al piano inferiore ospita solo alcuni locali di servizio, quello intermedio le stanze degli ospiti. La scala interna mette in comunicazione i tre piani e svolge il compito di trasformare l’ingresso laterale dall’esterno in ingresso quasi assiale al piano dell’appartamento. Le bucature, disposte in modo apparentemente indifferente sulla facciata, sono il punto di contatto tra i diversi elementi di quel rapporto. Il grande soggiorno occupa esattamente metà del rettangolo della pianta. Su ogni lato si aprono due finestre, una più grande dell’altra, ma in posizione invertita sulle due pareti. Il camino ad ovest è chiuso da una lastra di cristallo che permette una mescolanza simbolica di elementi: luce, acqua, fuoco. Dall’unica porta si accede ad un disimpegno a T intercettato da piccole finestre sui due lati e concluso dalle porte affiancato delle camere da letto. La simmetria della pianta in questa zona si rompe solo per consentire l’accesso allo studio della camera di Malaparte. La stanza che conclude la sequenza è un ambiente compresso ed è anche l’unico in cui le tre finestre uguali si trovano al centro delle rispettive pareti. Nelle finiture si passa dall’austerità del sog-giorno pavimentato in lastre di pietra, alla ricchezza dei marmi del bagno.

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Brani tratti da: [417] [419]

07 - ESERCIZIO 1 “RIDISEGNARE / RICOSTRUIRE 10 CASE”

localizzazioneprogetto / periodo di costruzione

cliente

01Adalberto LiberaCasa MalaparteVista dal mare[417] pag.11

01Adalberto LiberaCasa Malaparteaccesso alla casa[418] pag.52

03Adalberto LiberaCasa Malapartesoggiorno[417] pag.19

04Adalberto LiberaCasa Malapartevista dal’alto[417] pag.13

PAG. 43ATELIER ANGONESE AAM 2013 IL PRESTITO IN ARCHITETTURA - UNA CASA A BERLINO

07 - ESERCIZIO 1 “RIDISEGNARE / RICOSTRUIRE 10 CASE”

01Adalberto LiberaCasa MalaparteFacciate[418] pag.38 01

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02Adalberto LiberaCasa MalapartePiano tetto / situazione[418] pag.34

03Adalberto LiberaCasa Malapartesezione longitudinale[418] pag.36

04Adalberto LiberaCasa Malaparteprimo piano[418] pag.36

05Adalberto LiberaCasa MalapartePiano terra[418] pag.36

PAG. 44

SMILjAN RADICCASA PITE

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Papudo, Cile2003-05María Terese Petric, Rodrigo Peón Veiga

Collocata in mezzo alla natura inospitale della costa centrale del Cile, casa Pite è stata edificata su di un terreno molto esteso. Le varie parti che la compongono sono distribuite sull’intera area. Una strada costiera segna la quota più alta del terreno, a circa quaranta metri sul livello del mare; Più in basso, un’area parallela al mare conclude il dolce pendio. A questo livello sono ubicati la piattaforma di accesso alla casa e una rampa che scende alla terrazza in cui è ricavata la piscina dove risiedono i locali principali (il soggiorno, la cucina, la camera da letto padronale, i servizi e la cantina). Un corridoio esterno che costeggia il dirupo funge da collegamento con le camere destinate agli ospiti. Nel terzo livello della costruzione, diciotto metri più in basso è inserita la parte della villa destinata ai figli dei proprietari. l vari corpi edilizi sono congiunti da rampe esterne sospese sulla vegetazione spontanea. Seguendo una strategia insediativa imperniata sulla dispersione, ciascun blocco stabilisce in base alla propria forma e posizione uno specifico rapporto con il paesaggio marino: il padiglione centrale è sospeso come una zattera sull’oceano, le camere per gli ospiti richiamano delle grotte, quelle dei bambini sono state costruite quasi “nel mare”. Per proteggere la villa dagli sguardi dei passanti e dal traffico sulla strada retrostante, le volumetrie della costruzione sprofondano nel suolo arido della costa del Pacifico sotto la grande spianata d’accesso. Su questa superficie sono disposti undici blocchi di basalto estratti da una cava distante 400 km, seguendo le indicazioni fornite dalla scultrice Marcela Correa.

Brano tratto da: [420]

08 - ESERCIZIO 1 “RIDISEGNARE / RICOSTRUIRE 10 CASE”

localizzazioneprogetto / periodo di costruzione

cliente

01 / 02Smiljan RadicCasa Pitepiscina / terrazza sul tetto[421] pag.84 / 77

03Smiljan RadicCasa Pitevista da sotto[420] pag.19

04 / 05Smiljan RadicCasa Pitevista dal mare[420] pag.14 / [421] pag.74

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PAG. 45ATELIER ANGONESE AAM 2013 IL PRESTITO IN ARCHITETTURA - UNA CASA A BERLINO

08 - ESERCIZIO 1 “RIDISEGNARE / RICOSTRUIRE 10 CASE”

01Smiljan RadicCasa Pitesezione[420] pag.18

02Smiljan RadicCasa Pitefacciata[420] pag.18

03Smiljan RadicCasa PitePiano Tetto / terrazza[420] pag.17

04Smiljan RadicCasa PitePiano Terra[420] pag.17

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jOSEF FRANk & OSkAR wLACHHAUS BEER

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Vienna, Austria1929-30Julius Beer

La casa Beer è, insieme alla casa Moller di Adolf Loos, una dell’architetture residenziali private più importante degli anni venti e trenta di Vienna. Josef Frank, insieme con Oskar Wlach, guidava tra gli anni 1925-38, una casa d`arredamento moderna “Haus & Garten“, che definiva, già dal 1910, una propria autonomia di linguaggio all’interno del modernismo viennese. Questo suo linguaggio si basava fortemente sugli effetti psicologici dei suoi clienti e si manifestava con una leggerezza non dogmatica, sia nell’architettura sia nell’arredamento. La casa Beer è insieme alla “Werkbundsiedlung” il capolavoro del “Neuen Wiener Wohnens“; per Frank rap-presenta il manifesto costruito della sua idea e visione della casa come strada e piazza, che è un ulteriore sviluppo del Raumplan Loosiano. In questo concetto l`abitante dovrebbe trovarsi all’interno della casa come in città, con ambienti spaziali diversificati, ma distribuiti con una sequenzia armonica fra di loro. Insieme alla successione di piani e sale su diversi livelli, le scale aperte, le nicchie, terrazze, i pianerottoli fungono da elementi di connessione e mediazioni con gli spazi principali e importanti della casa. La casa crea una forma movimentata e si articola verso l’esterno con volumetrie cubiche, dove sono inseriti le grandi vetrate e un balcone su pilastri verso il giardino, che secondo l’architetto fa parte del piano urbano della città. La nobile leggerezza sia dell’architettura sia dell’arredamento rappresentava in quel periodo a livello internazionale, una posizione emergente di un modernismo viennese indipendente.

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Brano tratto da: nextroom.at/building.php?id=2368, traduzione: Atelier Angonese AAM.

09 - ESERCIZIO 1 “RIDISEGNARE / RICOSTRUIRE 10 CASE”

localizzazioneprogetto / periodo di costruzione

cliente

01Josef FrankHaus BeerSoggiorno[206] pag.132

02 / 03Josef FrankHaus BeerVista dalla strada[422] pag.37 / 38

04Josef FrankHaus BeerVista dal giardino[422] pag.39

PAG. 47ATELIER ANGONESE AAM 2013 IL PRESTITO IN ARCHITETTURA - UNA CASA A BERLINO

09 - ESERCIZIO 1 “RIDISEGNARE / RICOSTRUIRE 10 CASE”

01 / 02Josef FrankHaus BeerFacciata dalla stradaFacciata dal giardino[422] pag.38

03 / 04 / 05Josef FrankHaus BeerPiano terra / Primo- / secondo piano[422] pag.40 / 41

06Josef FrankHaus BeerSezione trasversale[422] pag.40

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TONy FRETTONTHE RED HOUSE

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Chelsea, Londra, Gran Bretagna2001-

La casa è stata commissionata dal cliente come un luogo in cui vivere e lavorare e contemporaneamente di visualizzare la sua notevole collezione di arte contemporanea. La casa si trova a Chelsea in una zona di pregio architettonico e storico.Il progetto comprende un interno che è stato progettato in collaborazione con lo Studio Marco Pimlott. Le qualità spaziali e il carat-tere di ogni piano degli interni sono diversi. Una finestra bovindo al centro della facciata dà importanza alla curva della strada e ad un’altra che si incontra ad angolo retto, di fronte alla casa. La facciata consiste di un muro che funge da schermo al livello della pavimentazione e che contiene gli ingressi, con la facciata principale superiore arretrata rispetto alla strada. La casa mostra discretamente il suo interno alla strada pubblica, come una casa sul canale olandese o come un palazzo veneziano.Il piano terra ha un’enfasi orizzontale che ricorda il primo modernismo e termina in un padiglione da pranzo vetrato all’interno del giardino retrostante. Dalla sala d’ingresso, una scala conduce fino alla stanza principale della casa, uno spazio a doppia altezza al primo piano, una sala all’italiana di una certa entità, per accogliere una collezione di tele di grandi dimensioni e sculture. Le camere da letto ei bagni sono posizionati nel piano del tetto come due padiglioni paralleli divisi da una serra tropicale e una corte. La casa è di nuova costruzione, in cemento armato e rivestito con uno schermo protettivo in calcare “Frenchred”, con le finestre in bronzo.

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Brani tratti da: [424] / tonyfretton.com

10 - ESERCIZIO 1 “RIDISEGNARE / RICOSTRUIRE 10 CASE”

localizzazioneprogetto / periodo di costruzione

cliente

01 / 02Tony FrettonThe Red HouseVista dalla strada[424] pag.21 / 22

03 / 04Tony FrettonThe Red HouseInterni / “Bay-Window”[424] pag.25 / 26

PAG. 49ATELIER ANGONESE AAM 2013 IL PRESTITO IN ARCHITETTURA - UNA CASA A BERLINO

10 - ESERCIZIO 1 “RIDISEGNARE / RICOSTRUIRE 10 CASE”

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01Tony FrettonThe Red HouseSchizzi[424] pag.21

02Tony FrettonThe Red HouseSezioni trasversali[424] pag.28

03 / 04 / 06 / 05Tony FrettonThe Red HousePiano tetto / Secondo pianoPiano terra / Primo Piano[424] pag.23

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1.“Considero un fatto molto stimolante che un artista si debba scomodare e debba, diciamo così, uscire dalla sua sfera di lavoro tradizionale. Nel rendere democratico il suo prodotto, egli lo tira fuori dal suo ambito ristretto e lo colloca nelle mani del grande pubblico. Di conseguenza, l’artista si avvicina al pubblico, ciò che l’aiuta molto a creare una vita armoniosa, invece di mantenere ostinatamente una distanza tra arte e non arte, ciò che conduce a una costante tragedia e a una vita senza speranza.”L’esposizione di Alvar Aalto giunge a Lisbona in un momento opportuno: tra l’esposizione di Marques (ricostruzione rapida di una grande città distrutta da un cataclisma) e l’esposizione “Dopo il Moderno” (senza un cataclisma evidente alle spalle).I cataclismi provocano una immediata voglia di (ri)costruzione, e naturalmente una lotta di tendenze, quando queste esistono. Il risultato di questa lotta influisce profondamente sull’equilibrio culturale delle comunità, che subisce una frattura, parallela alla frattura fisica.A volte, il nuovo ordine si universalizza; altre volte, costituisce la sistematizzazione di indagini frammentarie precedenti, vincolata o meno ai modelli di partenza.Lisbona, Cadice, o Noto sono esempi fecondi di ricostruzione. Dai terremoti più recenti della Sicilia, e dalla soluzione adottata (costruzione di città nuove), poco più risultò, per la cultura architettonica europea, che il seppellimento di alcune idee ancora latenti, come conseguenza delle grandi opzioni di ricostruzione del dopoguerra. Anche l’attività professionale di Alvar Aalto fu influenzata da un cataclisma: la guerra.La Finlandia si rende indipendente nel 1917, e l’anno seguente Aalto realizza la sua prima opera: la ristrutturazione della casa paterna.

Segue la partecipazione entusiasta nello sforzo di conquista e di affermazione dell’autonomia nazionale: edifici per cooperative e per organizzazioni patriottiche, stabilimenti industriali, padiglioni per esposizioni nazionali ed internazionali. L’attività di questo periodo è interrotta, ed anche potenziata, dalla guerra del ’39-45.Aalto viene internazionalmente conosciuto, soprattutto a partire dall’apparizione folgorante del padiglione di New York (1938), dalla divulgazione del sanatorio di Paimio (1929) e dalla biblioteca di Viipuri (1930). Nel giugno del 1940 pubblica, nel “Magazine of Art”, il saggio Ricostruzione nel dopoguerra, in cui formula problemi e propone soluzioni, definendo l’universalità delle risposte: “La Finlandia dovrà essere il primo luogo per la sperimentazione e l’investigazione nell’attività umana, adesso chiamata ricostruzione. È il debito di questo paese verso l’umanità.”In questo testo Aalto definisce una terza via, evolutiva e aperta, tra il precario che risponde all’urgenza e la città nuova “ completata”. I suoi punti di vista si mantengono attuali e più evidenti, se osserviamo le conseguenze della ricostruzione, così come fu realizzata in Francia, o in Germania, o perfino in Inghilterra.Polemiche recenti, come quella in corso a Berlino (sull’Iba ’87) o le eruzioni marginali del postmodernismo e inoltre, e soprattutto, la reazione disincantata delle popolazioni, non importa di dove, ci portano a pensare alla riconosciuta qualità dell’architettura finlandese, per la quale, e al di là di altre ragioni, la partecipazione di Aalto fu tanto influente.Durante gli anni quaranta, l’attività di Aalto è prevalentemente legata all’abitazione. Si può dire che a partire da allora egli progetta edifici pubblici.

ALVAR AALTO:TRE ASPETTI A CASOÁLVARO SIZA

Tratto dal libro:Siza, Scritti di architettura,Skira, 1997, pag. 98-104

Testo scritto in occasione delle mostre su Alvar Aalto e sulla ricostruzione di Lisbona ad opera del Marquȇs de Pombal. Pubblicato in “Jornal de Letras, Artes e Ideias”, n. 51, 1-14 febbraio 1983.

01 / 02Alvar AaltoCasa AaltoHelsinki, Finlandia 1934[401] pag. 51

03Alvar AaltoVilla-Mairea,Noormakku, Finlandia, 1938[401] pag. 92

04Alvar AaltoMaison Carré,Bazoches-sur-Guyonne, Francia, 1956[401] pag. 96 01 02 03

TESTO

PAG. 51ATELIER ANGONESE AAM 2013 IL PRESTITO IN ARCHITETTURA - UNA CASA A BERLINO

2. “Non penso di avere una propensione al folklore. Le tradizioni che ci colpiscono si riferiscono soprattutto al clima, alle condizioni materiali, alla natura della tragedia e della commedia che ci toccarono. Non faccio architettura manifestamente finlandese, e non vedo alcuna opposizione tra finlandese e internazionale.”Nonostante il successo internazionale, che gli avrebbe permesso di seguire altre vie, Aalto rimane in Finlandia, questo paese distante, poco popolato e poco conosciuto, ritagliato da laghi e boschi, dove i sentieri non hanno guide e rimangono coperti dalla neve per lungo tempo. Pura superficie che i piedi vanno disegnando nella forma più naturale.I lavori realizzati dopo la guerra sono notevolmente condizionati dalle limitazioni di materiali e di mezzi di produzione e di trasporto. Al contrario di quello che succede in altri paesi, la mancanza di cemento e di ferro porta ad impiegare i materiali locali (mattone, legno, rame) e consente la sopravvivenza dell’artigianato.In Francia non c’è più posto per Chareau e i suoi artigiani, come il miracolo tedesco non può ammettere Taut all’interno delle cooperative. Il lavoro di Aalto non si definisce come reazione alla “meccanizzazione moderna”, e quando si pronuncia su questo tema, lo fa generalmente con moderazione; non tradisce la componente Ciam o costruttivista della sua formazione; né quella neoclassica, né quella romantica.Per lui non esistono tante frontiere; e come nel paesaggio della Finlandia, gli accidenti costituiscono un fine tessuto, continuo e vario.Anche quando questo paesaggio segna la sua produzione, quando la forma dei laghi approssima quella dei cristalli che disegna, questo non è più che un aspetto particolare della sua maniera di includere tutto nel disegno, di prendere tutto come stimolo.Finlandese col desiderio di viaggiare (il viandante è un uomo dalle forti radici) va disegnando ciò che più lo impressiona e diviene, come tutti i grandi creatori, ”agente di ibridazione” – il seme della trasformazione. Con questo voglio dire che, dominando modelli sperimentati (il modello è universale), li trasforma, e nell’introdurli nelle realtà differenti li deforma, inoltra li incrocia, li impiega in modo sorprendente e luminoso: oggetti insoliti che atterrano e subito gettano radici. Il dormitorio per studenti di Boston (1947) è, contemporaneamente, un “Aalto” ed un edificio americano. E chi critica il marmo dell’Enso-Gutzeit non lo capisce.C’è del Marocco in Seinäjoki, Delfi in Otaniemi, Londra in Sunila, Venezia in Helsinki – e anche Finlandia. E la trasformazione non dipende mai solamente dal Marocco, o Delfi o Londra, o Venezia.3. “Il numero immenso di esigenze e problemi costituisce una barriera che rende difficile l’apparizione dell’idea architettonica di base. A momenti mi dimentico di tutto, dopo aver colto inconsciamente i parametri e le esigenze del lavoro. Disegno per istinto, non faccio sintesi di architettura, molte volte i miei schizzi assomigliano a composizioni infantili, ed in questo modo l’idea principale prende forma gradualmente, una specie di sostanza universale che mi aiuta ad armonizzare le innumerevoli componenti contradittorie.”Bastano queste righe perché mi sorprenda se casualmente sento dire (e l’ho sentito) “Aalto, architetto, finlandese, non teorizzava, non parlava di metodo”: lo faceva, e in modo geniale.

Questo perché non conosco un’analisi del processo mentale del progettare più precisa e penetrante di quella sintetizzata in questo frammento ed in altri testi e discorsi di Aalto, che sebbene brevi non sono meno chiarificatori.Ciò che questo “discorso” comunica non è la “sua” maniera di progettare, semmai “la” maniera di progettare per il nostro tempo, nascosta sotto il manto di molti interessi. Sopra la nuda verità (che non ha bisogno di molte parole) il manto pesante del condizionamento.Occorre cercare la testimonianza di altre esperienze nel campo delle Arti (Aalto scrisse qualcosa sulla relazione tra le arti) per trovare la “rivelazione” di alcune delle capacità della natura umana, convenientemente censurate.Gli architetti si stanno abituando ad avere molto pudore, o nessuno; soggetti ad intrighi, in un modo o nell’altro tessono manti intorno al proprio lavoro.Questi manti, dalla caduta complessa, molto ramificata e a volte elegante, quando vengono debitamente stirati e inamidati, si tengono perfettamente in piedi e si possono confondere con il corpo di una teoria, o di un metodo d’azione, nonostante l’assenza del capo, che sfugge nella penombra, o sotto una luce molto violenta.Così, mille studenti di architettura percorrono con le dita solchi profondi (uno per uno e separatamente), constatando che tutti i percorsi terminano nel suolo, o nell’etere.L’architettura di Aalto non è stata influente, in Portogallo, fino alla seconda metà degli anni cinquanta. E reputo lo sia stata per poco tempo e più frequentemente per le forme (alcune) che per i contenuti. Però questa influenza non fu casuale, né venne unicamente dall’Italia, come quasi tutto, né di essa rimangono solo le forme. Va notata la coincidenza con uno dei pochi momenti di azione professionale collettiva e con la rottura dell’isolamento tra Porto e Lisbona. Mi riferisco al periodo successivo all’Inquérito á Arquitectura Portuguesa e al movimento che ne seguì, coinvolgendo studenti e architetti di Lisbona e di Porto, riuniti attorno alla rivista “Arquitectura”. Quando Fernando Távora e Nuno Teutónio Pereira si incontrarono vicino alla chiesa do Carmo a Porto, senza simbolismo ma con segnali combinati di identificazione.L’influenza di Aalto era inevitabile, perché si stabiliva in circostanze simili: necessità di riscoprire le radici, condizioni di restrizioni e isolamento; si fondava anche sui dubbi di cui i delegati portoghesi al Ciam riportavano notizia.La seconda fase dell’influenza di Aalto potrebbe essere vicina.Usciremo chissà da quale altro cataclisma, meno rapido ma non meno sistematico: la distruzione delle nostre città e di quello che in esse si sedimenta e si rende disponibile.Questa via d’uscita possibile spiega forse l’agitazione e la mobilitazione di cui sono testimonianza le tre esposizioni aperte a Lisbona.Studiare Aalto può aiutarci, non interpretandolo come ultimo grande personaggio, di genialità incomunicabile, semmai per ciò che di lui è comunicazione generosa. La sua influenza deve cominciare nella riforma delle nostre scuole di architettura, aperte ai problemi di oggi. È reagendo ad essi che noi possiamo trovare una via, non certo reagendo al Modernismo del dopoguerra che noi in Portogallo non abbiamo avuto.

04

ÁLVARO SIZA “ALVAR AALTO - TRE ASPETTI A CASO”

PAG. 52 TESTO

In Finlandia la conoscenza dell’architettura antica, l’ammirazione e l’apprezzamento dei valori della tradizione in genere sembrano essere di data piuttosto recente. Tali valori sono tuttavia così profondamente radicati in noi «professionisti» da costituire una base reale sulla quale lavorare. Possiamo anche dire, senza esitazione, che è proprio questa base, l’«antica autorità», che rappresenta il criterio del nostro procedere. Anche l’istruzione popolare si sforza di migliorare il gusto della gente (attività che spetterebbe innanzitutto agli architetti) e di attirare l’attenzione del vasto pubblico sulla nostra antica cultura architettonica, sottolineandone ideali e valori, e creando così un terreno favorevole all’architettura moderna.Noto con piacere che esperti e non si occupano sempre più frequentemente del nostro patrimonio architettonico e che cominciano ad essere disponibili i primi risultati di tali ricerche.Vorrei pertanto sottolineare alcune caratteristiche della nostra tradizione architettonica, insistendo su alcuni aspetti che riguardano i problemi formali.Visitando le vecchie chiese, ammirando i vecchi manieri gustaviani¹, esaminando l’opera di un artigianato centenario, studiando le vecchie case contadine constatiamo che da tutto ciò emana qualcosa di affascinante: un’«atmosfera». Essa è originata certamente in parte dal sottile lavoro artigianale, dalla purezza artistica dei materiali, dalle linee sobrie in armonia col paesaggio, ma anche dalla fine usura delle superfici e dalla patina centenaria delle cose. Sono propenso a credere che la maggior parte della gente, e gli artisti in modo particolare, siano comunque in grado di percepire il contenuto emotivo dell’opera d’arte. Il che è particolarmente evidente nel caso dell’architettura antica. A volte l’atmosfera del luogo è così forte, addirittura inebriante, da distoglierci da un’osservazione approfondita delle singole parti, dei dettagli, anzi ce li tiene del tutto nascosti.

Ma c’è qualcosa che vorrei porre sullo stesso piano dell’atmosfera: la scoperta di un preciso motivo architettonico e modesto simbolo stilistico, che possiamo incontrare osservando la nostra architettura primitiva ma anche quella più recente. Ricordo con quale entusiasmo i miei compagni di corso ed io «assalimmo» l’unico portale in pietra calcarea del vecchio convento di Naantali².Un portale: già di per sé un’impresa audace nella Finlandia di allora. Non solo pietra, ma forma vitale. Stile. Qui incontrammo l’architettura. Era una creazione di stile così come l’aveva percepita quel lontano costruttore nordico, il creatore del portale. Non si trattava più soltanto dell’espressione di un’abilità costruttiva tradizionale, permeata dal piacere creativo che il mastro muratore aveva provato nel suo lavorare, ma era piuttosto la creazione di un architetto. È così che reagisce la mente incontrando un motivo frutto dello stile.Pensiamo ad esempio, portandoci un po’ più verso i nostri giorni, alla piccola sala dell’edificio principale del castello di Olkkala, decorata con colonne tuscaniche o alla scala doppia, che fa quasi da cornice, nella sua modestia, al castello di Wadstena, e definita con entusiasmo dal Prof. Rohmdal come il primo esempio di Rinascimento nei paesi nordici.Si tratta di motivi talmente rari nella nostra tradizione da essere in virtù della loro rarità, perle eccezionali. Ma nello stesso tempo significano molto di più. Vi si è come cristallizzata la distanza che separa il nostro paese dai grandi centri culturali, così che il loro valore non viene sminuito dall’essere definiti come «arte provinciale». Tutte queste manifestazioni della nostra antica cultura sono talmente nordiche per le loro caratteristiche, così «finlandesi», quanto mai avremmo sperato: e d’altra parte ci mostrano quanto dell’«artista internazionale» vi fosse in questi

MOTIVI DEL PASSATOALVAR AALTO

Brano tratto da:Alvar Aalto, Idee di architettura, scritti scelti 1921-1968, Zanichelli Editore, 1987, pag. 8-10

Testo scritto di Alvar Aalto,pubblicato in “Arkkitehti” nel 1922

PAG. 53ATELIER ANGONESE AAM 2013 IL PRESTITO IN ARCHITETTURA - UNA CASA A BERLINO

ALVAR AALTO: “MOTIVI DEL PASSATO”

lontani antenati.Può sembrare inattuale trattare di tali questioni stilistiche separatamente dalla nostra antica architettura. Il problema, visto più da vicino, appare quasi senza senso. Eppure, con una impercettibile linea teorica di separazione, si potrebbe distinguere da una parte ciò che è stato ereditato dall’architettura dei nostri avi e ciò che si è sviluppato gradualmente, generazione dopo generazione, legato alle conquiste tecniche del tempo, con le radici nelle difficoltà climatiche, nelle esigenze di conforto tipiche del passato e nella locale tradizione estetica.C’è poi la questione di ciò che chiamiamo «lusso architettonico», ciò che è stato cioè aggiunto come risultato di influenze esterne, impulsi venuti da lontano, a volte portati direttamente dall’estero: si tratta di solito di un dettaglio, di un tratto dell’intero edificio; influssi fecondi per la nostra architettura antica. Queste «Concessioni al lusso» hanno gradualmente esercitato una loro influenza e conferito nuovo impulso a un’architettura creata forse da qualche mastro di provincia dotato di una professionalità che si tramandava da generazioni. La fiducia in sé stessi e le condizioni economiche assai modeste del nostro paese sono comunque dimostrate dal fatto che i nuovi motivi usati dagli architetti del tempo appaiono perfettamente inseriti nel contesto, fin dalle prime applicazioni.Quando la nostra architettura moderna era ancora sotto l’influenza del «rinascimento» svedese Vasa³, attingeva già allora a questa «abilità dei mastri muratori». Era quello un tempo di grande ammirazione per l’artigianato, e quando la conseguenza più evidente del nostro tempo, l’urbanesimo, lo annientò, restò in noi gratitudine per la conoscenza della natura dei materiali. Ora che il nostro stile impero viene nuovamente riproposto come modello di riferimento, abbiamo una scelta più ricca di motivi architettonici. Cominciando a considerare gli architetti di un tempo

e non potendo più seguire l’esempio dell’estroso mastro muratore sentiamo tutta la limitazione della nostra arte nazionale. Ciò tuttavia non significa che rigettiamo ciò che abbiamo imparato circa la specificità dell’architettura nordica; e non si tratta certo della debolezza ed emulazione tipiche di un piccolo paese nei confronti dei modelli importanti: si tratta piuttosto della necessità di conoscere a fondo il nostro passato. Alla fine tutto ciò si traduce in forza: nessuno stile europeo, nessuna teoria individuale (Morris o Van de Velde) sono più in grado di «convertirci»: segnamoil nostro corso. E se pensiamo quanto le epoche passate hanno saputo essere internazionali, prive di pregiudizi e fedeli a sé stesse, possiamo accettare senza complessi le influenze provenienti dall’Italia antica, dalla Spagna, dal Nuovo Mondo. I nostri antenati resteranno sempre inostri maestri.

¹ Durante il regno di Gustavo Adolfo (1611/32) e il rafforzamento del potere centrale svedese, le città della Finlandia conobbero un importante sviluppo che si accompagnò alla costruzione di numerosissime fortificazioni, alla fondazione di nuove città e al tracciamento di impianti urbanistici a seguito della diffusione locale dei modelli rinascimentali. I «Castelli gustaviani» di cui parla Aalto sono quelli della regione di Turku di Viipuri e Hameenlinna le cui origini risalgono al XII secolo.²Naantali è città di mare nei pressi di Turku, sulla costa sudoccidentale.³Con «rinascimento Vasa» si intende generalmente il periodo che va dal1521 (elezione di Gustav Eriksson al trono di Svezia col nome di Gustavo I Vasa), fino al regno di Carlo Filippo di Södermanland (1601/22), durante il quale si diffusero in Svezia i modelli della rinascenza italiana.

01Thomas StruthPantheon, Rom 1990[245] pag.83

01

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“Nel ricordare gli anni che vanno dalla prima mostra di architettura razionale al 1940, mi sembra di ripensare ad un’epoca preesistente.Perché, tra il mondo d’oggi e il mondo di ieri, c’è di mezzo la guerra e, per quanto riguarda l’architettura, ci sono di mezzo dodici anni di non professione: cioè la guerra, il dopoguerra e il mio incarico per l’INA-Casa. Quindi, tra la mia mentalità o il mio pensiero architettonico di oggi e quello di allora si frappone una distanza tale che mi sembra trattarsi di un’altra vita, addirittura. Ma se penso al mondo di allora, debbo ricordare solamente alcuni fatti e, soprattutto, notare le differenze tra quel primo e questo secondo periodo della nostra vita.Data anche la giovane età, eravamo sempre ingenui e generosi: qualità che, nel movimento architettonico del dopoguerra, si sono sentite meno, perché i giovani si sono rivelati dei politici dell’architettura, dei furbi.Per me, quel periodo costituisce l’atto di nobiltà della mia vita, ma questo non c’entra.C’è una profonda differenza di mentalità tra i giovani di allora e i giovani di oggi: allora più idealisti, oggi più concreti. Non voglio far confronti di qualità, si tratta di due modi diversi di pensare: allora c’era il pregio di star lontani dalle cose del mondo, un attaccamento straordinario alla spiritualità delle cose, però tutto questo si pagava caro”.(……) “Ho pensato tanto ai fenomeni dell’arte. Nello svilupparsi delle varie civiltà, le correnti d’arte sono come delle ondate: nascono, crescono, muoiono nei secoli. A volte, talune civiltà delineano quest’onda in maniera chiarissima. Altre volte, le ondate si accavallano l’una all’altra per cui resta difficile, ad un certo momento, distinguere quello che decade da quello che nasce; e, noi siamo allora in un momento in cui un’onda muore e un’altra sta nascendo. L’onda che muore è quella sapiente, quella colta, o quella che ama il passato: l’onda che nasce è invece incosciente, ama il presente e guarda verso il futuro, cosi diventa più chiara la distinzione; e, da questo punto di vista, si può distinguere chiaramente ciò che appunto è morituro da ciò che è valido. Perché Nervi, che non è un architetto cosciente, è riconosciuto nel mondo un grande architetto? Perché appartiene a questa seconda ondata, all’ondata di oggi, alla nuova civiltà, e non importa che lui non sia uno specialista nel mondo figurativo. Perché Nervi fa nascere le cose dal di dentro,

dal fattore oggettivo e si identifica con le sue armature, non ha una cultura che lo blocchi; non voglio esagerare, ma non è uno specialista dell’architettura; e, quindi, non essendo un dotto, è più libero; essendo uno spirito vivo, tecnicamente preparato, può agire nelle migliori condizioni. Perciò da tutti noi, che tanto abbiamo cercato di fare in architettura, chi si è distaccato per primo dai vecchi moduli è Nervi: la conoscenza sua di un mondo specifico, qual è quello della costruzione, il suo animo vivissimo, infine – dico anche ciò che può sembrare negativo – la sua non specializzazione nel mondo figurativo gli permettono di realizzare liberamente, secondo ragioni pratiche e del tutto oggettive, che lui considera seriamente, come fatti reali che vanno assecondati.Come avviene questo manifestarsi della sua arte? Non si sa, il suo è solamente un modo felice di fare, di fare felicemente una cosa e di farla sul serio. Penso che condizione essenziale sia quella di fare seriamente, e qualcuno riesce a fare felicemente.Vorrei dire che la maniera moderna di affrontare il mondo oggettivo è quella di far nascere le cose dal di dentro, cioè capire i fatti che debbono essere risolti e di risolverli un poco alla volta, fino a che tutte le varie esigenze si manifestino e, da ultimo, si veda il risultato architettonico: allo stesso modo, che in una pianta, in cui da ultimo si vede il fiore, che all’inizio era soltanto un seme”.(……) “Invece, vi sono degli architetti i quali – forse perché non coscienti, o solo perché credono nella vita del nostro tempo e nel futuro – affrontano e accettano la realtà, la maturano dal di dentro e la esprimono come meglio possono, qualche volta efficacemente. Vorrei ricordare che la lotta di noi giovani, in pochi, contro tutto il mondo di allora, era proprio questa: la lotta tra il credere e il sapere”.(….) “Il M.I.A.R. fu un movimento di forze spontanee, sollecitate da comuni esigenze di cultura e di rinnovamento. Ma è vero che, in quel nostro movimento, non è che noi si avesse una regola da seguire o si sapesse esattamente dove dirigersi: la nostra fu piuttosto un’animosità architettonica, un comune sentire l’urgenza di aggiornare la nostra cultura, mentre l’istinto poteva guidarci verso una direzione, verso le opere di altri architetti, verso le architetture più moderne viste sul luogo dov’erano nate e cresciute, ma sarebbe molto difficile delineare la parabola compiuta dal nostro sentimento ed anche dai nostri interessi in quegli anni. Purtroppo molti di noi progettavano senza mai

LA MIA PROFESSIONE DI ARCHITETTOADALBERTO LIBERA

01 02

01Adalberto Libera,Progetto per il Padiglione della Societá Terni,1948[249] pag.13

02Adalberto Libera,Palazzo dell’Acqua e della Luce[249] pag.19

Brano tratto da:Adalberto Libera, La città ideale, a cura di Nicola di Battista, Mart, Electa, 2013, pag.94-105

A. Libera, pubblicato in “La Casa”, n. 6, s.d. (1960), pp. 171-175.

Il testo completo si trova sul server Angonese, a disposizoine per gli studenti

TESTO

PAG. 55ATELIER ANGONESE AAM 2013 IL PRESTITO IN ARCHITETTURA - UNA CASA A BERLINO

costruire. Solamente nelle mostre si riusciva a realizzare qualche ambizione, e la mostra dell’infanzia fu una manifestazione molto importante: per 20 mila metri quadrati si configurò tutto un mondo decisamente moderno, e quella fu la prima manifestazione, sia pure fatta di capannoni e padiglioni, di una edilizia che era tutta moderna. Mentre Terragni costruiva le architetture più significative d’Italia, come la Casa del Fascio di Como, noi a Roma si poteva solamente realizzare quella mostra dell’infanzia, che era ugualmente un fatto importante.Si è detto e ripetuto spesso che la nostra ansia di cultura trovasse sfogo nello sfogliare riviste di architettura e nell’ammirare senza discriminazione ogni architettura, realizzata in Germania e in Olanda soprattutto, che fosse comunque razionale. Sarà vero che le riviste fossero importanti in quegli anni di gioventù ansiosa di conoscere e di sperimentare, ma più importante ancora era lo spirito che ci animava.Bisogna pensare al dopoguerra, a quanto avviene generalmente dieci anni dopo la fine d’ogni guerra, com’è avvenuto anche in questo dopoguerra. Dopo otto o dieci anni di calma la mente ricomincia a pensare, si formano correnti di pensiero e il mondo pian piano si rinnova. Anche allora i giovani negarono, come al solito, il mondo dei padri per creare un nuovo mondo.Se avessimo visto solo dei pali telegrafici e delle macchine, come è accaduto a me, anche da quelle cose potevamo trarre uno spunto. (…..) Anche oggi, in quello che progettano i giovani, c’è qualcosa di comune che si riallaccia alle esperienze passate, alle nostre esperienze: ma è vero che i giovani d’oggi sanno contenersi e controllarsi di più, sono più consapevoli e più obiettivi, dimostrano uno spirito di rinunzia, perché sanno che un artista deve saper rinunciare, e che i “pallini” degli artisti non interessano nessuno, e che l’artista è al servizio della collettività.Oggi anche noi sappiamo finalmente quali siano le esigenze del nostro tempo e non badiamo a quelle delle persone; cerchiamo anche noi di essere duttili e di accettare la realtà, perché tutto ciò che è esageratamente personale, individualistico e psicologico, è negativo”.(…..) “In un primo tempo il nostro fu un movimento culturale, poi fu un continuo e cieco dibattersi contro condizioni ambientali e psicologiche, con risultati assai scarsi. L’Italia era un campo di azione individuale.Appena appena oggi, America e Inghilterra si interessano di quanto avviene in Italia, da pochi anni. L’interesse da parte delle nazioni estere feconda i contatti, li anima.Non c’è stata una coscienza chiara, un’idea chiara del nostro movimento.Non era chiara in noi questa coscienza, non avevamo un’idea precisa.Perché quando un movimento è veramente vivo, non ha dei programmi, e quanto di serio avviene, lo si capisce dopo.Credo mai avvenuto, che da una definizione teorica sia scaturito uno spirito vivo, autentico, di quelli che durano: mai. Oggi stesso noi ci domandiamo tra colleghi: insomma, dove stiamo andando? Non lo sappiamo affatto. Ci sentiamo attratti da tante cose, nuove e nuovissime; ogni anno, ogni due anni, c’è un fatto nuovo, interessantissimo. Si pensa alle volte del cielo, alle strutture spaziali”.(… ) “ Perché l’architettura moderna batte stranamente in tante direzioni e non siamo ancora contenti? Perché non siamo ancora in seno ad una civiltà formata, ma al principio di una civiltà che si

va formando; quando sarà formata, allora finalmente, avendola capita, ci saranno persone che sapranno far la filosofia, la storia ed anche l’arte. Allora finalmente si potrà arrivare all’armonia, mentre oggi l’armonia non si raggiunge, perché abbiamo ancora da risolvere il ritmo. Noi siamo agitati, e quindi facciamo delle architetture agitate. Anch’io penso che una delle prerogative massime dell’arte non sia l’agitazione ma la serenità dell’anima: e ciò si vede in poche architetture, in quelle buone.Come avviene per i funghi radioattivi, che crescono sottoterra, così si vanno formando gli architetti”.(….) “ Per fare un edificio, bisogna preparare a volte otto o nove progetti. Per fare una architettura buona, bisogna studiarla lungamente, far progetti approfonditi. L’approfondimento è la prima condizione per un buon risultato. Per fare un buon progetto ci vuole un anno di pensiero, di maturazione tecnica: e se uno fa questo, ammesso che uno lavori per cinquant’anni, riesce a realizzare tre cose.Quanto a me, ne ho realizzata appena una. Forse, tra poco, realizzerò la seconda. Ma, in mezzo a queste cose, ci sono decine di concorsi fatti a vuoto, progetti che sono costati un anno di lavoro e poi buttati via. Per esempio, io ho fatto il progetto di una caserma, già pronta per essere costruita, con tutti gli impianti, proprio studiata all’americana. Chi mi trovo dinanzi? Un ingegnere che mi dice: - Per favore, faccia il progetto su questi altri dati. Tra quindici giorni me li consegni. Guardi, però che abbiamo il nostro architetto, si metta d’accordo. – E io ho detto: - Arrivederci, e me ne sono andato. Ho perso un anno della mia vita”.(….) “ Credo che al di là della cultura e del gusto, vi sia qualcosa di più: e non è più il dramma di non sapere quale via prendere. Poiché il fatto culturale, che è sempre e solamente un mezzo di ricerca, non può né dev’essere mai suggestione che attragga verso il passato”.(….) “ Per concludere, vorrei dire che, come non ci si deve attendere dagli uomini troppa bontà, allo stesso modo non bisogna pretendere dall’architettura troppa arte.Basterebbe fare delle cose corrette: così come fanno i contadini quando costruiscono le loro case. Perché quando parliamo della bellezza degli ambienti antichi che si sono venuti formando, non è bellezza architettonica, quella: è bellezza di natura, come quando vedi un bel paesaggio, un golfo, una montagna, la cui bellezza è naturale. Oggi la pretesa è di fare dell’arte, mentre bisognerebbe fare soltanto delle cose corrette, ma farle davvero corrette.Il grande sbaglio della nostra scuola è ancora quello di insegnare il bello, poiché le nostre facoltà di architettura sono ancora figlie dell’Accademia di Belle Arti, dalla quale sono derivate; e si insegna a comporre come se l’arte fosse una cosa che possa congegnarsi.Troppe cose sono cambiate. Un poco alla volta, si andrà delineando una nuova grammatica: per il momento abbiamo esaurita l’antica e ci manca la nuova. Ognuno di noi ha la sua piccola esperienza, arricchita da quella degli altri. Come si è fatta la grammatica italiana? Attraverso i secoli.Così l’architettura ha bisogno di tempo per formarsi. E non potrà formarsi finché non abbia una base costante per le fondamenta”.

ADALBERTO LIIBERA - “LA MIA PROFESSIONE DI ARCHITETTO”

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Testo tratto da:Ludwig Mies van der Rohe, Gli scritti e le parole, a cura di Vittorio Pizzigoni, ed. Einaudi,

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SULLA FORMAIN ARCHITETTURA

Sulla forma in architettura

Caro dott. RiezlerIo non mi oppongo alla forma, ma soltanto alla forma come fine. E lo faccio proprio sulla base di una serie di esperienze e di con-vinzioni che ne sono derivate.La forma come scopo sfocia sempre nel formalismo. Infatti questo sforzo si rivolge non verso un interno, bensì verso un es-terno. Ma solo un interno vivente ha un esterno vivente. Soltanto un’intensità di vita ha un’intensità di forma. Ogni “come” è sostenuto da un ”che cosa”.Ciò che è privo di forma non è peggiore di ciò che ha un eccesso di forma. Il primo è nulla, il secondo è apparenza. Una forma reale presuppone una vita reale. Ma non una vita già stata, e neppure pensata.Qui sta il criterio¹. Noi non valutiamo il risultato, ma il principio del processo di formazione. Proprio questo mostra se la forma è stata trovata a partire dalla vita, oppure per amore di se stessa. Per questo motivo il pro-cesso di formazione è per me così essenziale. La vita è per noi decisiva. Nella sua totale pienezza, nelle sue relazioni spirituali e materiali.Non è forse uno dei compiti più importanti del Werkbund, quello di chiarire la situazione spirituale e reale in cui ci troviamo, render-la evidente, mettere ordine nelle sue tendenze e quindi guidarle?Non si deve affidare tutto il resto alle forse creative?

1927

¹Nella versione preparatoria manoscritta vi è l’aggiunta:” Soltanto un processo di formazione correttamente impostato e realizzato porta al risultato. Voi valutate il risultato, noi il punto di partenza. Cosí come è certo che il processo di formazione è ricon-oscibile soltanto nel risultato, è altrettanto certo che un processo iniziato e realizzato in modo corretto giunge a un risultato. Non è questo il compito più importante, forse l’unico compito? Perciò mi sembra più importante chiarire la situazione in cui ci troviamo, ren-derla evidente, fare ordine nelle sue correnti e indirizzarle, piuttosto che valutare tutto ciò.”

LUDWIG MIES VAN DER ROHE

01Mies Van der Rohe Edificio per ufici alla Friedrichstrasse, BerlinoProgetto di concorso, 1919[254], pag.222

02Mies Van der Rohe Edificio per uffici alla Friedrichstrasse, BerlinoProgetto di concorso, 1921 02

TESTO: L. M. v. d. Rohe

PAG. 57ATELIER ANGONESE AAM 2013 IL PRESTITO IN ARCHITETTURA - UNA CASA A BERLINO

Brano tratto da: Adolf Loos, Löckerverlag, Wien 1930

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GRUNDSÄTZLICHESFONDAMENTI

Attenzione alla ricerca dell’originale. Il disegno ti porta a farlo. Non cercare l’originale è spesso la parte più difficile perché il dis-egno delle idee ti porta lontano. Ma un pensiero mi aiuta. Come vivranno le persone per cui lavoro fra 50 anni in questa casa? Questo pensiero mi ha aiutato a non essere moderno.La buona architettura può essere descritta, non è necessario disegnarla. Il Pantheon si descrive da solo. La Secessione no.L’architettura suscita nell’uomo degli stati d’animo. Il compito dell’architetto è dunque di precisare lo stato d’animo. La stanza deve apparire accogliente, la casa abitabile. Il Palazzo di Giustizia deve apparire al vizio segreto come un gesto di minaccia. La sede della banca deve dire: qui il tuo denaro è custodito saldamente e con oculatezza da gente onesta. All’architetto questo riesce soltanto se si collega a quegli edifici che finora hanno suscitato nell’uomo questo stato d’animo. Presso i Cinesi il colore del lutto è il bianco, per noi è il nero. I nostri architetti non riuscirebbero quindi a suscitare con il nero uno stato d’animo gioioso. Se in un bosco troviamo un tumulo, lungo sei piedi e largo tre, disposto con la pala a forma di piramide, ci facciamo seri e qualcosa dice dentro di noi: qui è sepolto qualcuno. Questa è architettura.Non costruire in modo pittoresco. Lascia questo effetto ai muri, ai monti e al sole. L’uomo che si veste in modo pittoresco non è pittoresco, è un pagliaccio. Il contadino non si veste in modo pittoresco. Semplicemente lo è.La pianura richiede elementi architettonici verticali; la montagna orizzontali. L’opera dell’uomo non deve competere con l’opera di Dio.Costruire con materiale economico è sempre moderno. Oggi si è diffusa l’idea sbagliata che solo cemento e ferro sono materiali moderni. Portare il materiale da lontano è stata più una ques-tione di denaro che un problema di architettura. Nelle montagne

si costruisce con il legno, nel deserto con la pietra. In altre zone con mattoni o cemento perché più convenienti che altrove.Si può fare solo qualcosa di nuovo quando si può fare qualcosa di meglio. Solo le nuove invenzioni (illuminazione elettrica, il tetto in legno cemento USF), aprono grosse brecce nella tradizione.La casa deve piacere a tutti. A differenza dell’opera d’arte, che non ha bisogno di piacere a nessuno. L’opera d’arte è una fac-cenda privata dell’artista. La casa no. L’opera d’arte viene messa al mondo senza che ce ne sia bisogno. La casa invece soddisfa un bisogno. L’opera d’arte non è responsabile verso nessuno, la casa verso tutti. L’opera d’arte vuol strappare gli uomini dai loro comodi. La casa è al servizio della comodità. L’opera d’arte è rivoluzionaria, la casa è conservatrice. L’opera d’arte indica all’umanità nuove vie e pensa all’avvenire. La casa pensa al presente.Soltanto una piccolissima parte dell’architettura appartiene all’arte: il sepolcro e il monumento. Il resto, tutto ciò che è al servizio di uno scopo, deve essere escluso dal regno dell’arte.Basta con la ricerca dell’originale. Ripetiamo sempre le stesse cose. Sempre le stesse case! Non arriveremo mai all’”arte e arte decorativa tedesca” con professori di arti e mestieri. Meglio se-guire il proprio tempo, la propria cultura.Non temere di non essere moderno. La verità, ed è stato così per centinaia di anni, ha con noi un legame intrinseco e ha creato quello che si trova attorno a noi.L’individuo umano non è in grado da solo di creare una forma. L’architetto ha cercato di farlo più volte ma sempre con risultati negativi. Forma o ornamento sono il risultato inconscio del lavoro di tutto un popolo, di un intero gruppo culturale. Tutto il resto è arte. L’arte è autonoma volontà del genio. Dio gli ha dato il mandato per farlo.

ADOLF LOOS

01Adolf Loos, Villa Müller,Praga, 1928-1930Vista dalla strada [114], pag.257

02Adolf Loos, Villa Moller,Vienna, 1928facciata principale[116], pag. 39

TESTO: ADOLF LOOS

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I’ve always been interested in architecture. I remember doing drawings of houses with porches around them, improved houses, at thirteen or so. I also devised a great scheme, ideal and utopian: social, political, urban and rural, all at once. Every family — this was the end of the thirties — would have about fifty acres, depending on the usefulness of the land, with a house, one much more intelligent than those I knew. Each family would be within fifty miles of several businesses and factories, one or more modest governments — servitors and coordinators, not Governments — one or more universities and one or more facilities for shopping and entertainment. I realized that it would be hard to calculate the overlying grids. Most people would be nearer than fifty miles. Except for the fifty acres each, such a distribution has occurred randomly in dense countries such as the Netherlands. More intended I suppose, is the maintenance there of the farmland. Before, in Omaha, I was critical of the Joslyn Memorial, the city museum under construction, for being a Roman villa in Nebraska. I was scornful of the military monument opposite the Union Station in Kansas City, also constructed in the thirties. It has an ‘Eternal Flame’ on top of a tower designed in the usual combination of Gothic and cubist. Its one-story pedestal is decorated with reliefs, somewhat Egyptian, of simple soldiers and sailors slightly geometricized. These structures are examples - especially the monument, the museum is better — of the public style in the twenties and thirties in the United States, called fascist in Europe.While I was in the army in 47, helping to occupy Korea, before going to college, my assignment to myself was to decide between being an architect or an artist, which to me was being a painter. Art was the most likely in the balance, but the decisive weight was that in architecture it was necessary to deal with the clients and the public.This seemed impossible to me, as did the business of a firm.This thinking assumes a society too difficult to deal with. It also assumes that doing something of your own is long and difficult and that it is basically done alone. For the worse, I think this is the nature of the situation then as well as now. However I’ve been around a while and tend to think that I know what I’m doing. In a small way I’ve built structures steadily, daily, for over 20 years. The activities of art and architecture can be defined in many ways. For myself and others in the forties, fifties and

sixties art had to be defined as art itself, only itself, in order to be developed. The social systems and their wars had demolished the earlier efforts toward more general thinking. I have no trouble in maintaining my original alienation, but I think given the choice we would prefer that our work have some effect upon others. I’ve always questioned the design of what I’ve seen and I’ve always designed (I don’t like the word “design” - it sounds like an application, an imposition) the things and spaces around me. Between this experience and the forcible incorporation of my work into the art and museum business, I am, despite the beginning, somewhat in public.As I said, the systems and the wars destroyed the relationship of art and architecture, as they did that between most aspects of the society. Wars benefit central governments and the ensuing strong central governments are jealous of rivals, certainly in combination, especially “culture”. The situation in the Soviet Union since the revolution is that all things should be asked of the top and all things received from the top. Ivan Grozny wanted this too. The Unites States Government has similar aspirations, well along, and in place of perfection does it’s best to divide everything. The interests of any community are smashed into pieces by the requirements of the Government. The fear of culture is actually a little cheerful. It means a little involvement, some importance, and a little power in a good way, more so in the Soviet Union than in the United States. Culture makes them nervous. Hermann Goering said “When I hear the word ‘culture’ I reach for my revolver.”I consider the attempted coherence, more breadth than coherence, of De Stijl, the Bauhaus and the Constructivists as live, as normal, and not oppressive. It’s the separation and isolation that are oppressive, the exclusivity of Specialists in all kinds of design, their rote appeal to rules learned by rote, their behavior as merchants in control of a market. The three groups did something tremendous. They didn’t impose their work upon the world. On the contrary everyone used and debased their designs. I once went aboard the old Queen Mary or Elizabeth to visit Jack Wesley and Hannah Green before they sailed. One large salon was laid with linoleum that had a design taken from Mondrian. The floor cost more than the fourhundred dollars that Sidney Janis paid Mondrian for Trafalgar Square. It’s not thought that is an imposition, it’s mediocrity, the consequence

ART ANDARCHITECTUREDONALD JUDD

0101Donald JuddUntitled, 1989[232] pag.57

Brano tratto da:Donald Judd, Architektur, Münster, 1989

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of very little thought, of the easy way out, that is imposed upon the world. Convention and the easiest thing to do - usually not even cheaper, just easier — determine the appearance of the world. I’m not arguing, incidentally, for a confusion of art and architecture, a fashion now, but for a coherent relationship.Therefore, within the capacity of one person or of a small group, the relationship of all visible things should be considered. Second, imitating Vitruvius whom Alberti thought sloppy, all visible things are important. As in art, contrary to some, there are no public and private types, nor in architecture should there be. The difference between buildings is in the function, not in the ‘style’, and in whether they are big or small, not in whether they are grand or modest. Buildings may have a certain panache, but not according to their social standing. This idea applies also to expense, which can mean care and special materials, to either costly or cheap buildings. There is nothing wrong with cheap buildings. In fact saving money could be called a ‘function’ to consider, which is Three: the particulars of architecture are not a nuisance, but sources of good architecture. Failures of common sense are also aesthetically disagreeable, such as a waste of money or a disregard for the site. The main plan can arise from considering the site, either as terrain, as nature, or as existing streets and buildings. Materials vary from place to place; local ones are cheaper, are usually better suited to the climate, and those doing the work know how to use them. They are used to a certain way of building and this is hard to fight. Ordinarily if any of these considerations are ignored, the city, the building, the utensil look like impositions. All of these factors, again, are not limits but interesting considerations from which new ideas for buildings arise.Four: this is also true for the function of a building, one thing which separates architecture from art. Consideration of the function is enjoyable. It’s not in the way of being creative — it’s against ‘creative’, a present delusion and one in the past as well. Faujas de Saint-Fond is quoted saying of factories in 1797: “L’architecture est une peste pour ces sortes d’establissements!” I say that about museums. Form may not closely follow function, hut my axiom is that form should never violate the function. ‘Forms’ for their own sake, despite function, are ridiculous. One reason art museums are so popular with architects and so bizarre, is that they must think there is no function, the clients too, since to them art is meaningless. Museums have become an exaggerated, distorted and idle expression for their architects, most of whom are incapable of “expression”. The only decent museums that I’ve seen are the ones by Louis Kahn.Five: “Small Is Beautiful”. Never make anything (politically as well) bigger than necessary. Perversely, the works of art in big museums are crammed together. Six, which should have been first: new land should not be built upon. There are exceptions, but this is an easier rule to observe than is thought. Cities in the United States sprawl, but even in Europe, even in Japan, the land could be more rigorously conserved. And existing structures should be saved,‘important and ‘unimportant’ alike, even to a cost beyond that of a new building. Seven: all buildings and cities should be agreeable and liveable. Almost none ore so of the last thirty years. The reason for this can only be not knowing how to live well. Obviously this applies most to those with money and power. Eight: as “klein ist schön”, so is simple. Part of the present ‘expression’ and ‘creativity’ is an extreme complication

of parts. Complication has become a symbol of importance, as with the museums. As to simplicity, to me symmetry is the given and assymmetry is the exception, caused only by reasonable particulars, such as the site or the function. And to have simplicity and symmetry, proportion is crucial; we see simple proportions. Much of the quality of a structure lies in these. The scale results from these. The remaining 87 theses come later.Now, as to actual construction, I did what I could with a very cold, cold-water, railroad flat on Twenty-seventh Street near Second Avenue in New York City. Later, I divided and organized a lot on Nineteenth Street and Forth Avenue, at the last with regard to the installation of my own work and of others that was accumulating. Then in November 681 bought a cast-iron building on the comer of Spring and Mercer Streets. It was built in 1870 and the architect was Nicholas Whyte. The five floors were open. I thought they should remain open. Despite being ruined inside, the building set conditions which could not be violated. Most of the building simply contains art. The little I’ve added to the building in reworking the interior is nevertheless to me very important, constituting serious ideas, architectural, but also the result and cause of some works of art. Now it must be the only loft building that remains a loft building in what used to be called the Cast-Iron District, Il Distrettoo Ferro Fusione. In 73 and 74 I bought a city block in a small town in West Texas because the block had two large buildings which were once airplane hangars, since moved. It also has a two-story building which contained offices. The large spaces are primarily for the installation of my work. There is a studio and a library. Since the city block was between the highway and the railroad, I had an adobe wall built around it. This was an earlier idea from Rancho El Porvenir in Baja California, which has no structures, where the wall was intended to define the occupied space and to make a complex of various parts.Despite the indifference of the site in the town and the prosaic buildings, I’ve worked steadily to make a large considered complex, and, as such, it’s the largest work I’ve made. I have a ranch fifty miles away Upon and around one peak of the Chinati Mountains on which there are two houses that I’ve renovated. On the outskirts of the town, on what used to be Fort D. A. Russell, there is now the Chinati Foundation, Fundacion Chinati, so for consisting mostly of my work, including fifteen concrete pieces extending a kilometer, supervised by Robert Kirk of Dallas. There are to be six large works by Dan Flavin. A building a block-long in the center of town, which I renovated, contains the work of John Chamberlain. I also renovated a building, another hangar, which a rancher used as a horse arena, which we call the Arena. I built a courtyard at one end around an existing foundation. I designed the windows for two long buildings which contain 100 works of mine and later the form, primarily the curve, of the corrugated iron roofs which were placed (incompetently) upon the buildings. The windows make an axis through the flat breadth of the buildings; the voluminous roofs make an axis through the length. Many works are in storage. For these I’ve planned a new complex of ten buildings, very open, 108 x 144 meters, without a wall, apparently on open rangeland but actually on land that has been damaged by previous structures whose foundations remain. All ideas, seemingly simple and easy, are difficult for people to understand. One of the most difficult is the one of leaving the land alone: leave it alone or return it to its natural state. The natural world seems not to exist for almost everyone.

DONALD JUDD - “ART AND ARCHITECTURE”

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ORDINE ÈLOUIS KAHN

Ordine è¹

Progetto è dare forma nell’ordineForma emerge da un sistema di costruzioneCrescita è una costruzioneNell’ordine risiede l’energia che creaNel progetto risiedono i significati del dove, con cosa, del quando, con quantoLa natura dello spazio riflette ciò che lo spazio aspira a essere L’auditorium è uno Stradivarius oppure è un orecchio L’auditorium è uno strumento per creare in accordo con Bach o Bartok suonato dal direttore d’orchestra altrimenti è una sala per congressiNella natura dello spazio risiedono lo spirito e il volere che ne decretanol’esistere in una maniera data Il progetto deve assoggettarsi a questo volere Perché un cavallo dipinto a strisce non è una zebra. Prima di essere una stazione, una stazione è un edificio che aspira a essere una strada che è il prodotto di ciò di cui la strada ha bisogno prodotto dell’ordine del movimento.Dalla natura- perchéDall’ordine- cosaDal progetto- comeLa Forma prende forma dagli elementi strutturali che le appartengono. Non si concepisce una cupola quando ci si domanda come costruirla. Nervi sorge dall’arco Fuller sorge dalla cupolaLa composizioni di Mozart sono progetti Sono esercizi su un ordine intuitivo Progetto suscita altri progetti l progetti traggono la loro fantasia dall’ordine Fantasia è la memoria - la Forma Stile è un ordine presceltoIl medesimo ordine ha creato l’elefante e l’uomo Sono progetti diversi Frutti di aspirazioni diverse Hanno preso forma a partire da circostanze diverseOrdine non significa bellezza Il medesimo ordine ha creato il nano e AdoneProgettare non è produrre Bellezza La bellezza sorge dalla selezione dalle affinità dalle congiunzioni dall’amoreArte è una forma che produce una vita nell’ordine dell’intellettoOrdine è intangibile È uno stadio della coscienza creativa che sempre evolve verso l’alto Più alto è l’ordine, più grandi sono le differenze nel progettoOrdine favorisce le congiunzioniDa ciò che lo spazio aspira a essere, ciò che non è usuale può essere rivelatoall’architetto.Dall’ordine egli trarrà l’energia per creare e la forza per criticarsiper dare forma a questa cosa inusuale. Bellezza verrà.

¹ Il grassetto è di Kahn

PAG. 61ATELIER ANGONESE AAM 2013 IL PRESTITO IN ARCHITETTURA - UNA CASA A BERLINO

Presentazione del corso

Primo incontro in atelierLezione inaugurale del Prof. Walter Angonese “ Il Prestito in Architettura” Presentazione / inizio esercizio °1 (Ricostruire), °2 (Stimmung)AtelierFormazione dei gruppi di studenti - °1 esercizio

Lezione di A.Beck/ M.Pusterla / T.Tschöll: “Disegnare - CAD&Grafica”Inizio delle Workshop introduttivo alla modellistica - Danilo Bruno

Inizio Viaggio di studio - Mendrisio / CH - Berlino / DFine Viaggio di studio - Berlino / D - arrivo Mendrisio / CH

AtelierEsercizio °2: consegna & presentazione

Consegna disegni °1 esercizio - Bozza Atelier

Esercizio °1: consegna & presentazioneInizio del progetto individuale

Atelier Lezione di Thomas Tschöll - “Tipo e tipologia”

Atelier - Presentazione modello urbanisticoLezione di Margherita Pusterla - “Abitare lo spazio”

CRITICA INTERMEDIACritico invitato: Peter Riepl - Riepl Riepl Architekten - Linz (A) BAC2 TALKS: Peter Riepl - Riepl Riepl Architekten - Linz (A)

Atelier Lezione di Axel Beck - “Quanto lunga é una scala...”

AtelierAtelier

AtelierAtelier - ultima revisione sul progetto

Atelier - settimana del print dayAtelier - Consegna disegni

AtelierAtelier

Atelier - Consegna modelliPulizia Atelier / Allestimento Spazio Atelier (critica finale / mostra)

CRITICA FINALE critico invitato: Arno Ritter - AUT InnsbruckCRITICA FINALE

Cena Atelier

Pulizia Atelier / Archiviazione Progetti Voti

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26.09.201329.09.2013

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17.10.2013 18.10.2013

24.10.201325.10.2013

31.10.201301.11.2013

07.11.201308.11.2013

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21.11.201322.11.2013

28.11.201329.11.2013

05.12.201306.12.2013

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CALENDARIOATELIER

01 /2013

SEMESTRE AUTUNNALE `13

PROGRAMMA

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MITTE / REGIERUNGSVIERTEL / CHARLOTTENBURG / HANSAVIERTEL / MUSEUMSINSEL / BRITZ / KURFÜRSTENDAMM / KREUZBERG / WEISSENSEE / MITTE / POTSDAMER PLATZ

PROGRAMMA

Andremo a Berlino, che dopo la riunificazione del 1989, si è notevolmente sviluppata, diventando una metropoli culturalmente molto vivace. Una città che vive di un forte e competitivo dualismo e che ha subito un rapido e denso sviluppo urbanistico negli ultimi vent’anni, unico nella storia e in Europa. La città presenta una ricca presenza di riferimenti storici e un’estesa esposizione di architettura contemporanea, anche da parte architetti stranieri; pertanto rappresenta un luogo stimolante dove portare ed indagare il tema del prestito. Il viaggio prevede un programma denso e stimolante che ci porterà a conoscere l’architettura del periodo classico, moderno e contemporaneo, ogni giorno in un quartiere diverso.Approfondiremo il tema e i concetti di housing visitando, ad esempio, gli edifici progettati da Mies van der Rohe e Bruno Taut e conosceremo il quartiere, dove è previsto l’inserimento del progetto.

Collezione Boros “Boros Bunker”RealarchitekturBerlin Mitte, 2007Visita guidata: 28.09.2013

PAG. 63ATELIER ANGONESE AAM 2013 IL PRESTITO IN ARCHITETTURA - UNA CASA A BERLINO

BERLINOLIONE / LA TOURETTE sp`14

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GIOVEDÌ 26.09.2013 BERLIN BASICS: MITTE / REGIERUNGSVIERTEL / HANSAVIERTEL / CHARLOTTENBURG / KURFÜRSTENDAMM

Diener & Diener: Naturhistorisches Museum Josef Paul Kleihues: Hamburger Bahnhof, 1996 / Ampliamento Kuehn Malvezzi Barkow Leibinger: Tour Total

Pariser Platz & Regierungsviertel Hugh A. Stubbins: Kongresshalle - Haus der Kulturen der Welt Schloss Bellevue: Michael Philipp Boumann, 1785 bis 1786 Hansaviertel: Van den Broek & Bakema / Egon Eiermann / Niemeyer & de Almeida / Arne Jacobsen Sep Ruf / Alvar Aalto / Pierre Vago / Walter Groprius Visita del Sito - Hansaviertel Karl Friedrich Schinkel: Neuer Pavillon Hans Kollhoff: Wohnbebauung am Luisenplatz - 1983-87

Erich Mendelsohn: Universum Theater (Kurfürstendamm / Lehniner Platz) Hans Kollhoff: Leibnitzkollonaden (Leibnitzstrasse / Walter Benjamin platz) VENERDÌ 27.09.2013 BRITZ / KREUZBERG / MITTE Bruno Taut: Hufeisensedlung Àlvaro Siza: Bonjour Tristesse & Kindergarten Schlesisches Tor Daniel Liebeskind: Jüdisches Museum Berlin

IBA 1987 John Hejduk: Kreuzberg Tower & Aldo Rossi: Wilhelmsstrasse & Koolhaas & Zenghelis: Ceckpoint Charlie Sauerbruch Hutton: GSW Hochhaus Jean Nouvell: Galeries Lafayette & Oswald Matthias Ungers: Quartier 205 Gendarmenmarkt / Deutscher Dom

Museumsinsel: K.F. Schinkel: Neue Wache / Friedrichswerderdersche Kirche / K.F. Schinkel: Altes Museum I.M. Pei: Deutsches Historisches Museum - 2003 David Chipperfield: Neues Museum & Galerie am Kupfergraben

SABATO 28.09.2013 WEISSENSEE / MITTE OMA: Ambasciata Paesi Bassi

Mies v.d. Rohe: Landhaus Lemke BERLIN MITTE: Visita guidata con Prof. Christoph Frank (da confermare)

Dan Graham: Kunstwerke Berlin GruentuchErnst: Ehemalige Jüdische Mädchenschule Berlin Arno Brandlhuber: Galerie Koch Oberhuber Wolff (KOW) Heinrich Tessenow: Stadtbad “James Simon” Sammlung Boros - Boros Bunker Cena d’Atelier

DOMENICA 29.09.2013 POTSDAMER PLATZ / MITTE Hans Scharoun: Philharmonie & Bibliothek Ludwig Mies van der Rohe: Neue Nationalgalerie, Walter Groprius: Bauhausarchiv Potsdamer Platz: Hans Kollhoff “Kollhoff-Tower” / Helmut Jahn “Sony Center” / Renzo Piano “Mercedes Benz” / Giorgio Grassi

Peter Eisenman: Denkmal für die ermordeten europäischen Juden

PROGRAMMA

VIAGGIO DI STUDIO

PAG. 64 BIBLIOGRAFIA GENERALE / INDICE DELLE FONTI

[105] „Adolf Loos, Leben und Werke 1870-1933“, Hsgb. Ralf Bock, Deutsche Verlags-Anstalt, München, 1. Auflage, September 2009;

[114] „Adolf Loos. Das Werk des Architekten“, Hsgb. Heinrich Kulka, Löcker Verlag, Wien 1979;

[115] „Loos: Architekt, Kulturkritiker, Dandy“, Hsgb. August Sarnitz, Taschen Verlag GmbH, Köln, 2003;

[116] „Adolf Loos. Kultivierung der Architektur“ , Hsgb. Akos Moravansky, Bernhard Langer und Elli Mosayevbi, gta-Verlag, Zürich, 2008;

[117] „Adolf Loos. Opere e Progetti“, Giovanni Denti e Silvia Peirone, Maggioli Editore, 2011;

[201] Sebastiano Brandolini, Alberto Ponis Architettura in Sardegna, Skira, 2006.

[203] James Steele , R.M. Schindler, Taschen, 1999.

[204] Anthony Vidler, Claude-Nicolas Ledoux - Architektur und Utopie im Zeitalter der französischen Revolution, Birkhäuser, 2005.

[205] Künstlerhäuser - eine Architekturgeschichte des Privaten, Deutsches Architekturmuseum

[206] Maria Welzig, Josef Frank (1885-1967) - Das Architektonische Werk, bóhlauWien Köln Weimar

[207] Yoshiharu Tsukamoto+ Momoyo Kaijima, Behaviorology - Atelier Bow- Wow, Rizzoli, 2010

[208] Monografia 2G N.48/49, Mies van der Rohe - Casas Houses,

[209] Jean-Louis Cohen, Tim Benton, Le Corbusier Le Grand, Phaidon Press, 2008

[210] Bernhard Leitner, Das Wittgenstein Haus, Hatje Cantz Verlag, 2000.

[211] Rachel Whiteread - Embankment, Catalogo Tate Publishing.

[212] Van den Bergh-Kim Zwartzs, Luis Barragán - The eye embodied, Pale Pink Pubblishers. 2006

[213] Johannes Spalt, Hermann Czech, Josef Frank 1885-1967, Zusammenstellung und Gestaltung Hochschule für Angewandte Kunst Wien, 1981.

[214] Gaston Bachelard, Poetik des Raumes, Fischerl Taschenbuch Verlag.

[215] Adriano Cornoldi, L’architettura della casa- Manuale di progettazione architettonica. Sulla tipologia dello spazio domestico con un atlante di 100 abitazione disegnate alla stessa scala, Officina edizioni, 1988. [216] Martin Heidegger, Was heisst denken?, Vorlesung Wintersemester 1951/52, Reclam.

[217] Ettore Camesasca, Storia della casa, Rizzoli editore.

[218] Hannes Böhringer, Auf der Suche nach Einfachheit - Eine Poetik, Merve Verlag Berlin, 2000.

[219] Bogdan Bogdanovic, Vom Glück in den Städten, Zsolnay, 2002.

[221] Sou Fujimoto, 2G N.50, Editorial Gustavo Gili, 2009

[223] Abecedario – La grafica del novecento, Sergio Polano – Pierpaolo Vetta, Electa - 2008

[224] Caruso St.John, Almost Everything, Philip Ursprung, Ediciones Poligrafa 2008

[225] Joao Vilanova Artigas, 2G No.54, Editorial Gustavo Gili, 2010

[226] Gordon Matta Clark, You are the measure, Elisabeth Sussmann, Wittney Museum NY / Yale University Press, 2007

[227] Atelier Bow: Wow, Graphic Anatomy, Toto, 2007

[228] Jose Antonio Coderch, 2G No.33, Editorial Gustavo Gili, 2002

[229] Jean Nouvel – Jean Nouvel, Emmanuel Cattani und Partner, Oliver Boissiere, Artemis Verlags-AG, Zürich 1992

[230] La Villa Imperiale di Katsura, L’ambiguità dello Spazio, Giunti

[231] Valerio Olgiati, Laurent Stalder / Dino Simonett, Verlag der Buchhandlung Walther König, 2008

[232] Josef Albers - Donald Judd, Form and Color, PaceWildenstein, 2007

[233] Singular Housing, Jaime Salazar, Manuel Gausa, Actar 1997

[234] Architektur des 20. Jahrhunderts, Peter Gössel, Gabriele Leuthäuser, Taschen Verlag, 1994

[235] Olafur Eliasson, Your Engagement has consequences, Lars Müller Publishers, 2006

[236] Robbrecht en Daem, 2G No.55, Editorial Gustavo Gili, 2010

[238] Herzog & de Meuron, Naturgeschichte, Philip Ursprung, Lars Müller Publishers, 2005

[239] Arch+ Zeitschrit für Architektur und Städtebau , edizione #208 - Tokio, Aug.2013, Arch + Verlag GmbH

[240] Santiago Sierra. 300 Tons and previous works, Verlag der Buchhandlung König, 2005

[241] Propyläen Kunstgeschichte - Die Kunst des 20. Jahrhunderts 1880-1940, Giulio Carlo, Propyläen Verlag Berlin.

[242] Case Study Houses, The complete CSH Program - 1945-1966, Taschen 2009

[243] Casa Tabarelli 1968-2008, Roberto Gigliotti, Bolzano University Press, 2008

PAG. 65ATELIER ANGONESE AAM 2013 IL PRESTITO IN ARCHITETTURA - UNA CASA A BERLINO

BIBLIOGRAFIA GENERALE / INDICE DELLE FONTI

[244] Herzog & de Meuron, Das Gesamtwerk-Band 3, Birkhäuser 2000

[245] Thomas Struth, Fotografien 1978-2010, Kunstsammlung Nordrhein-Westfalen, Düsseldorf, 2013

[246] Andrea Zittel, Gouachen und Illustrationen, Schaulager, Steidl, 2008

[247] Palladio, Wundram-Pape-Marton, Taschenverlag

[248] Ars Kunst A-Z - 500 Künstler - 500 Bilder, Adam Butler - Claire Van Cleave , Susan Stirling Ars Edition GmbH

[249] Adalberto Libera, La cittá ideale - Nicola Di Battista - Mart - Rovereto - Electa 2013

[250] Italo Modern - Architektur in Oberitalien 1946-1976 - Martin & Werner Feiersinger, aut. architektur und tirol - Springer-Verlag Wien 2012

[251] Arch+ Zeitschrit für Architektur und Städtebau , edizione #195 - Istanbul wird grün, Nov.2009, Arch + Verlag GmbH

[252] Arch+ Zeitschrit für Architektur und Städtebau , edizione #201/202 - Berlin, März.2011, Arch + Verlag GmbH

[253] OMA, Villa dall’ Ava / Maison a Bordeaux, Yukio Fatagawa, A.D.A. Edita Tokyo Co., 2009

[254] Bauhaus - Jeannine Fiedler / Peter Feierabend - Könemann, Köln 1999

[255] Architekturpreis Beton 05 - DARCH GTA Institut für Geschichte und Theorie der Architektur Department Architektur, ETH, 2005

[256] „Erich Mendelsohn, Das Gesamtschaffen des Architekten“, Heinrich Klotz, Vieweg & Sohn VerlagsGmbH, Braunschweig, 1989

[257] „Louis I. Kahn, Houses“, Yutaka Saito, Toto Shuppan, Tokyo, 2003

[258] „Architettura è, Louis I. Kahn, gli scritti“, Maria Bonaiti, Mondadori Electa spa, Milano, 2002;

[302] Kazuo Shinohara, 2G N.58/59, Editorial Gustavo Gili, Monica Gili, 2011

[303] Kazuo Shinohara - Street with human shadows / Selected works, CGA Kitakyushu, Akiko Miyake, 2007

MESSO A DISPOSIZIONE PER GLI STUDENTI SUL SERVER “PROJECTS”

[401] “Alvar Aalto Houses”, Markku Lahti, Sirkkaliisa Jetsonen, Hiroshi Naito, Rakennustieto Publishing, Helsinki, 2005;

[402] “Casabella, edizione 767”, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, giugno 2008;

[403] “Alvar Aalto”, Karl Fleig, Zanichelli Editore S.p.A., Bologna, 5. Ristampa, 1982;

[404] “Alvar Aalto, 1898-1976, Il paradiso per l’uomo della strada”, Louna Lahti, Taschen Verlag GmbH, Köln 2005;

[405] “Alvar Aalto”, Richard Weston, Phaidon Press Limited, London 1995;

[406] “Álvaro Siza 1954-1976”, Luiz Trigueiros, Editorial Blau Lda, Lisboa, 1997;

[407] “Álvaro Siza, tutte le opere”, Kenneth Frampton, Mondadori Electa spa., Milano, 1999;

[408] “Álvaro Siza, Private Houses 1954-2004”, Alessandra Cianchetta, Enrico Molteni, Skira Editore S.p.A., Milano 2004;

[409] “Architektur des 20. Jahrhunderts”, Peter Gössel, Gabriele Leuthäuser, Taschen Verlag GmbH, Köln, 1994;

[410] “Das Detail in der Architektur der Moderne”, Edward R. Ford, Birkhäuser Verlag, Basel, 1994;

[411] “Le Corbusier, Villa Savoye, Poissy, France, 1928-31”, Yukio Futagawa, A.D.A. Edita Tokyo Co. Ltd., Tokyo, 2009;

[412] “Le ville di Le Corbusier e Pierre Jeanneret, 1920-1930”, Tim Benton, Mondadori Electa spa., Milano, 2008;

[413] “Paolo Mendes Da Rocha, Bauten und Projekte”, Annette Spiro, Verlag Niggli AG, Sulgen / Zürich, 2002;

[414] “Mies van der Rohe”, Werner Blaser, Zanichelli Editore S.p.A., Bologna, 10. Ristampa, 1983;

[415] “Mies van der Rohe, The Krefeld Villas”, Kent Kleinmann, Leslie Van Duzer, Princeton Architectural Press, New York, 2005;

[416] “David Chipperfield, Architectural Works 1990- 2002”, Thomas Weaver, Birkhäuser – Publishers for Architecture, Basel, 2003;

[417] “Casabella, edizione 648”, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, settembre 1997;

[418] “adalberto libera, casa malaparte a capri 1938-1942”, Mario Ferrari, Ilios editore, Bari, 2010;

[419] “Adalberto Libera, Opera completa”, Comitato scientifico del Museo Provinciale di Trento, Mondadori Electa spa., Milano, 1989;

[420] “Casabella, edizione 747”, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, luglio-agosto 2006;

[421] “Smiljan Radic”, 2G N.44, Editorial Gustavo Gili, Barcelona, 2007;

[422] “Josef Frank 1885-1967”, Johannes Spalt, Hermann Czech, Hochschule für Angewandte Kunst, Wien, 1981;

[423] “De aedibus international, Nr. 5 _ Tony Fretton Architects”, Quart Verlag, Luzern, Juni 2010;

[424] “Tony Fretton Architects”, 2G N.46, Editorial Gustavo Gili, Barcelona, 2008;

PROGRAMMAAtelier di progettazione 2° anno

Professore: Walter Angonese

Assistenti: Axel Beck Margherita Pusterla Thomas Tschöll

atelier angonese Università della Svizzera ItalianaAccademia di architettura - MendrisioSemestre autunnale 2013

1° edizione - stampato in settembre 2013

atelier angonese ACCADEMIA DI ARCHITETTURA DI MENDRISIO

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