Il Mental Accounting: Teoria ed Evidenza Sperimentale · cosiddetta “Finanza Comportamentale”,...

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BEELab QUADERNI Il Mental Accounting: teoria ed evidenza sperimentale Lorenzo Magnolfi Facoltà di Economia Università degli Studi di Firenze Quaderni Didattici 01/2006 Novembre 2006 Behavioural and Experimental Economics Lab BEELab – Behavioural and Experimental Economics Lab http://www.beelab.unifi.it/

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BEELab QUADERNI

Il Mental Accounting: teoria ed evidenza sperimentale

Lorenzo Magnolfi

Facoltà di Economia

Università degli Studi di Firenze

Quaderni Didattici 01/2006 Novembre 2006

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BEELab – Behavioural and Experimental Economics Lab http://www.beelab.unifi.it/

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Abstract:Dalla formulazione della “Prospect Theory” di Kahneman e Tversky (1979) ha preso avvio un filone di ricerca che intende integrare aspetti psicologici nella teoria delle scelte economiche, mettendo in discussione l'ipotesi classica di razionalità degli agenti. In questa direzione si muove Richard Thaler con la sua teoria del “Mental Accounting”, con la quale si propone di dare conto delle principali deviazioni sistematiche dalla teoria della scelta razionale. Infatti, supponendo che le persone abbiano un vero e proprio sistema di conti mentali attraverso cui registrano e codificano ogni scelta economica che li riguarda, è possibile spiegare abbastanza coerentemente una serie di problemi e dilemmi per cui la teoria standard non sempre ha spiegazioni convincenti. Si tratta ad esempio di effetto dotazione, relativo al mancato riconoscimento dei costi opportunità, oppure di violazioni del principio di fungibilità del denaro, per cui si “etichetta” il denaro in base alla sua fonte o al suo impiego, che ispirano un tentativo di riformulazione della teoria del risparmio (behavioral life-cycle) o influiscono sulle decisioni in condizioni di rischio (house money effect). Dopo aver brevemente discusso i punti principali di questa teoria, passiamo a considerare l'evidenza sperimentale che la riguarda, e presentiamo l'esperimento che abbiamo condotto, (sull'esempio di Kahneman, Knetsch e Thaler (1990)) inteso a mettere in luce la presenza e l'intensità dell'effetto dotazione.

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Il Mental Accounting: Teoria ed Evidenza Sperimentale

Introduzione

E' ben noto che la teoria del consumatore presente oggi nei manuali di economia di base è

sostanzialmente la stessa elaborata più di un secolo fa dagli autori neoclassici, con

l'importante aggiunta della teoria dell'utilità attesa di Von Neumann e Morgenstern riguardo

alle scelte in condizioni di incertezza. Per sviluppare questo elemento fondamentale della

teoria microeconomica, gli economisti hanno formulato e quindi trovato la soluzione ottima al

problema del consumatore con tecniche matematiche, e hanno (spesso) supposto che gli

agenti, in quanto razionali, agiscano nel modo ottimale identificato dalla teoria. L’ipotesi che

gli agenti siano effettivamente razionali è quindi l'elemento che consente di utilizzare una

teoria che è essenzialmente normativa (indica quindi quello che gli agenti dovrebbero fare)

come anche positiva, adatta quindi a descrivere e prevedere il comportamento reale dei

soggetti. Ma in cosa consiste questa razionalità? In sostanza si presume che i soggetti

economici, di fronte a scelte anche complicate, facciano più o meno sempre la cosa giusta.

Questo elemento è centrale, tanto da entrare, per alcuni, nella definizione stessa di scienza

economica1. Per capire meglio questo punto può essere utile riprendere una analogia proposta

da Milton Friedman e ripresa da Thaler nel suo primo importante articolo (Thaler (1980)): si

suppone che gli agenti economici siano, di fronte alle scelte, nella stessa condizione di un

giocatore di biliardo. Il giocatore, con sofisticate tecniche matematiche, potrebbe identificare

il tiro ottimale: però, anche non avendo gli strumenti analitici adatti, se è sufficientemente

esperto può comunque avvicinarsi molto al tiro migliore. Così l'agente economico, anche

senza risolvere formalmente il problema di ottimizzazione, dovrebbe, secondo Friedman,

avvicinarsi molto alla scelta ottima. Il modello della scelta razionale è rafforzato, nella visione

degli economisti "ortodossi", dall'azione delle forze di mercato: in un contesto concorrenziale,

gli operatori che non riescono ad agire con razionalità impareranno velocemente o saranno

ben presto messi ai margini. La teoria è stata fra l'altro estremamente “comoda” per gli

economisti, data la relativa facilità di modellizzare matematicamente il comportamento

razionale-ottimizzante: questa fondamentale caratteristica ha permesso di costruire gran parte

1 Scrive David Friedman nel suo testo “Price Theory” : ”Economics is that way of understanding behavior that

starts from the assumption that people have objectives and tend to choose the correct way to achieve

them.The second half of the assumption, that people tend to find the correct way to achieve their objectives,

is called rationality.”

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dell'edificio, di mirabile sofisticazione ed eleganza, della moderna microeconomia.

D'altra parte, è opinione diffusa che l'efficacia di questa teoria nel descrivere comportamenti

reali sia modesta, perlomeno in certi contesti, e le critiche si sono susseguite nei decenni

scorsi. In particolare, la teoria dell'utilità attesa (EUT), sebbene abbia avuto grande successo e

sia stata rapidamente integrata nel nucleo della teoria economica, è stata fin da subito

attaccata. Avvalendosi di metodi sperimentali, molti economisti (a partire dal premio Nobel

francese Maurice Allais nel suo contributo Allais (1953)) hanno identificato importanti

violazioni dei postulati su cui la teoria è costruita. Infatti, per riprendere l'analogia sviluppata

sopra, è facile osservare che solo giocatori di biliardo molto esperti si comporterebbero come

vorrebbe la fisica del biliardo e i relativi calcoli. Volendo costruire un modello realistico del

giocatore medio, cosa che sarà l'obiettivo della teoria comportamentale di Thaler,

bisognerebbe distaccarsi da questi elementi, e considerare le molte procedure euristiche e

assai poco scientifiche di cui questi giocatori si servono (“rules of thumb” nel termine

inglese). Da notare che il loro comportamento è ancora razionale, nel senso limitato che essi

fanno meglio che possono e non tirano a caso, ma i loro limiti li condizionano, e il modello

fisico-matematico farebbe un pessimo lavoro nel predirne il comportamento, commettendo

errori sistematici. Allo stesso modo, è plausibile pensare che la teoria neoclassica non faccia

un buon lavoro nel prevedere il comportamento dei consumatori medi (che spesso non hanno

uno stabile e ben definito ordinamento di preferenze, non sono impeccabili processori

bayesiani di informazione, non sempre massimizzano l’utilità attesa, non sono

invariabilmente mossi dal proprio interesse personale) perchè troppo estrema, ma che vada

bene solo per classi molto ristrette di soggetti, che effettivamente hanno le conoscenze per

evitare le illusioni cognitive e comportarsi in modo ottimale.

Nel cammino verso un'analisi più ricca del comportamento economico bisogna indicare come

una pietra miliare il concetto di "razionalità limitata" di un altro premio Nobel, Herbert

Simon. Secondo Simon, se dovessimo ottimizzare ogni passo che facciamo nella vita, questo

ci costerebbe probabilmente uno sforzo tale da impedirci ogni azione. Regole empiriche e

standard di comportamento possono essere molto utili e farci risparmiare tempo e sforzi.

Tuttavia il loro uso non è consistente con un comportamento perfettamente ottimizzante, e

suggerisce piuttosto che dentro di noi ci sia un meccanismo di approssimazione programmato

per fermare la massimizzazione non appena si raggiunge un risultato soddisfacente. Appare

evidente come Simon (pensatore molto eclettico) sia stato influenzato, nel formulare le sue

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teorie, dal suo lavoro nell'informatica e in particolare nell'ambito dell'intelligenza artificiale.

Una svolta si è verificata con l'uscita dei primi lavori degli psicologi israeliani Daniel

Kahneman e Amos Tversky, a dimostrazione di come questo campo di studio sia il crocevia

in cui molte discipline, ognuna col suo approccio caratteristico, si incontrano (negli ultimi

anni, è notevole l'interesse del lavoro congiunto di economisti e neuroscienziati, nella

cosiddetta “neuroeconomics”2). La loro “Prospect Theory” cerca di proporsi come paradigma

alternativo alla tradizionale utilità attesa, e nasce con lo scopo esplicito di essere teoria

positiva e quindi di spiegare e prevedere il comportamento umano. Il concetto di razionalità

limitata di Simon è superato: le distorsioni e le procedure euristiche spesso non sono più da

considerare preziose scorciatoie della mente umana, ma a volte veri e propri difetti del nostro

apparato cognitivo, che conducono a scelte sistematicamente incoerenti, specialmente nel

contesto delle decisioni in condizioni di incertezza. Nella visione di Simon l'essere umano è

progettato in modo efficiente rispetto alle scelte economiche (il meccanismo che ferma

l'ottimizzazione consente un risparmio di risorse in ultima analisi), mentre dai nuovi studi di

psicologia cognitiva e comportamentale emerge sempre più l'inadeguatezza della mente

umana rispetto ad una quantità di situazioni.

Richard Thaler, all'epoca un dottorando in economia all'università di Rochester, famosa come

roccaforte dell'ortodossia nella teoria economica, si interessa subito al lavoro di Kahneman e

Tversky. Kahneman stesso riconoscerà, nel 2002, come il lavoro svolto da Thaler sia stato un

“fattore importante” nell'assegnazione del suo premio Nobel, dicendo nel suo discorso

ufficiale: “Il comitato mi ha nominato per aver 'integrato intuizioni della ricerca psicologica

nella scienza economica...' : sebbene io non voglia rinunciare ad alcuno dei miei meriti, devo

dire che dal mio punto di vista questo lavoro è stato fatto principalmente da Richard Thaler e

dal gruppo di giovani economisti che si è velocemente venuto a creare intorno a lui”. Infatti

Thaler, partendo dalla Prospect Theory, cerca di sviluppare una teoria che spieghi come i

soggetti valutino le scelte economiche deterministiche e non, e come poi sistematizzino le

scelte relative al proprio reddito e alla propria ricchezza con un sistema di veri e propri conti

2 Per una introduzione: Camerer, Loewenstein e Prelec (2005). Gli scienziati che operano in questo campo

stanno cercando di evidenziare le basi biologiche delle scelte economiche studiando la fisiologia del sistema

nervoso centrale. E' sempre più diffusa l'idea che ci siano come due sistemi paralleli che si attivano nelle

decisioni: uno intuitivo, emotivo e spesso irrazionale (che avrebbe il suo centro nell'amigdala, regione del

sistema limbico, la parte più primitiva del cervello), e l'altro deduttivo e razionale, non a caso situato nella

corteccia prefrontale, l'area più evoluta del cervello.

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mentali, violando diversi postulati di razionalità economica: questa teoria è meglio nota come

Mental Accounting.

La resistenza opposta dagli alfieri della teoria tradizionale a questi sviluppi è stata all'inizio

molto forte, tant'è che lo stesso Thaler ebbe svariate difficoltà all'inizio della sua carriera.

Oggi è un affermato professore della prestigiosa Graduate School of Business della University

of Chicago, ma ha proprio a pochi passi dal suo ufficio uno dei suoi più accaniti detrattori:

Eugene Fama, che ha dichiarato in un'intervista (“The New York Times Magazine”,

11/2/2001): “spesso mi chiedo come abbia fatto questa roba ad essere presa in considerazione

per la pubblicazione”. Una reazione tanto aspra si giustifica col fatto che il lavoro di Thaler e

di molti suoi allievi e colleghi ha negli ultimi 15 anni messo in subbuglio anche il campo della

teoria della finanza, mettendo in luce l'esistenza di numerose anomalie e dando origine alla

cosiddetta “Finanza Comportamentale”, che ha infastidito molto la ben nutrita schiera dei

difensori (tra cui spicca il sopracitato Fama) della teoria classica dei mercati efficienti che per

decenni hanno dominato incontrastati. Peraltro il dibattito su questi problemi è ancora molto

acceso, e il fatto che sui mercati finanziari operino grandi operatori estremamente sofisticati,

alla continua ricerca di opportunità di arbitraggio, rende la validità delle teorie

comportamentali meno ovvia che altrove. Non a caso uno dei pochi risultati della teoria

economica moderna che dipende dall'ottimizzazione dell'utilità di agenti razionali, fornisce

una chiara indicazione su un preciso aspetto della realtà e ha un buon record di validità

empirica è la formula di Black e Scholes. Allo stesso tempo, la enorme rilevanza pratica della

ricerca in questo campo è resa chiara fra l'altro dal fatto che la società di asset management

fondata da Thaler (nel cui board figura fra gli altri Daniel Kahneman), che gestisce circa $5

mld cercando di sfruttare le intuizioni teoriche del suo fondatore, ha un impressionante record

nel battere il mercato negli ultimi anni. Questa considerazione ovviamente non è decisiva

nello smontare le obiezioni di Fama, che si dedica con la consueta perizia a demolire le

anomalie comportamentali che mettono in dubbio l'efficienza dei mercati finanziari nel suo

articolo Fama (1998).

In conclusione, l'Economia e la Finanza comportamentale sono oggi probabilmente tra i

campi di ricerca più vivaci, e il lavoro di Richard Thaler nella direzione di un modello

descrittivo accurato del comportamento economico degli esseri umani è ormai nel nucleo di

questi nuovi settori della scienza economica. Catturare, tramite l'ausilio dell'evidenza

sperimentale, una nozione più realistica delle capacità cognitive umane nella modellistica

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economica non è sempre facile, soprattutto per la difficoltà di costruire modelli generali,

formali e astratti da un patchwork molto vario di osservazioni. In ogni caso, il Chicago Man

o l'homo oeconomicus, anche nelle versioni raffinate di massimizzatore di preferenze stabili di

Gary Becker, e previdente con aspettative razionali di Robert Lucas, appare tutto sommato in

ritirata, o addirittura, per dirla con Daniel McFadden (1999), in via di estinzione anche in

luoghi in cui, fino a poco tempo fa, si sentiva perfettamente al sicuro3.

Nei capitoli che seguono, prima proviamo a dare un'idea compiuta del cuore della teoria di

Richard Thaler e della varietà ed importanza delle sue applicazioni, per poi esaminare sia

l'evidenza sperimentale presente in letteratura, sia quella derivante dagli esperimenti che

abbiamo svolto.

3 Nella sua Nobel Prize Lecture, significativamente intitolata “Behavioral Macroeconomics and

Macroeconomic Behavior”, George Akerlof scrive:”Adoption of the new [behavioral] macroeconomics has

been slower, but the revolution is coming here as well. If there is any subject in economics which should be

behavioral, it is macroeconomics.”

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Capitolo 1 - Breve presentazione del Mental Accounting

L'idea di Thaler nella formulazione del concetto di Mental Accounting è che gli individui

hanno un sistema psicologico di contabilità che viola diversi postulati della teoria economica

tradizionale e quindi influenza le scelte in modo assai rilevante. Cerchiamo di darne conto

brevemente in questo capitolo, sulle orme di Thaler (1999).

La componente fondamentale da cui parte l'analisi delle decisioni economiche è la funzione

del valore, che Thaler riprende da Kahneman e Tversky, e che offre una valutazione dei

guadagni e delle perdite in ambito deterministico. Nel loro articolo Kahneman e Tversky

(1979), pubblicato su Econometrica (a titolo di curiosità l'articolo più citato in assoluto

pubblicato dalla rivista), sviluppano la Prospect Theory come nuova teoria delle decisioni in

condizioni di incertezza. Per spiegare le numerose anomalie che minavano il paradigma della

EUT, ricorrono a due funzioni: la funzione del valore (al posto della classica funzione di

utilità) e quella di probabilità, che va quindi a sostituire le probabilità oggettive. Laddove

l'utilità attesa di un prospetto, che si può pensare come una scommessa con la quale si abbia

l'importo x con probabilità p e l'importo y con probabilità q, è EU = p*u (W+x)+q*u (W+y)

dove W indica la ricchezza preesistente del soggetto, la Prospect Theory valuta li prospetto

come V (x,p;y,q) = π (p)*v (x)+π (q)*v (y). La funzione π ha discontinuità in 0 e 1, e porta

inoltre a sopravvalutare le probabilità basse e sottovalutare quelle alte. E' concava per un

primo tratto, per poi divenire convessa. Una rappresentazione frequente è π (p) =p^β/[p^β +

(1−p)^β] con β compreso tra 0 e1.

1.1 - La funzione del valore e le sue tre proprietà fondamentali

La funzione v, che ci interessa maggiormente, ha tre caratteristiche principali, che sono poi

punti chiave del Mental Accounting. Il modo più semplice di immaginarla è probabilmente

definirla come: v (x) = xα per x ≥ 0 e v (x) = −λ |x|α per x ≤ 0 con λ parametro positivo; gli

stessi Tversky e Kahneman (1992) hanno stimato α=0.88 e λ=2.25. Innanzitutto nella

funzione non rientra tutta la ricchezza del soggetto, ma essa è definita sui guadagni e le

perdite rispetto ad un certo punto di riferimento naturale suggerito dal contesto. Questo è un

punto cruciale e ricorrente negli studi di economia comportamentale, e una differenza

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fondamentale rispetto al modello classico di razionalità: gli individui tendono a valutare ogni

decisione separatamente, senza tener conto della loro situazione d'insieme, o comunque degli

effetti complessivi della loro decisione. E' proprio questo aspetto del “framing”4 che causa una

serie di distorsioni nelle scelte economiche. Si suppone poi che la funzione del valore sia

concava per i guadagni (quindi in questo ambito i soggetti sono avversi al rischio) e convessa

per le perdite: questa forma è suggerita non solo dall'evidenza sperimentale, ma anche dal

basilare principio psicofisico noto come legge di Weber-Fechner, per cui l'intensità della

percezione umana dello stimolo è rappresentata da una funzione logaritmica della sua

intensità fisica; applicato alle scelte economiche ciò significa che la differenza tra €5 e €10

appare come assai maggiore di quella tra €1005 e €1010. Dello stesso principio si può dare

anche una formulazione più moderna e generale che va sotto il nome di “legge potenza di

Stevens” da Stevens (1957). Gli individui tendono quindi a reagire più ai cambiamenti

percentuali che ai livelli assoluti di un certo stimolo: questo non può portare ad altro che ad

una funzione del valore con sensibilità decrescente. In termini matematici, la funzione deve

avere derivata positiva ma decrescente, e quindi essere concava per valori maggiori del

riferimento: per ottenere una stessa variazione positiva nella percezione occorrono variazioni

dello stimolo sempre più consistenti; volendo questo aspetto è anche assimilabile al concetto

di utilità marginale decrescente. Per chiarire questi due primi punti può essere utile un

esempio. Poniamoci nei panni di un consumatore che si rechi ad acquistare una piccola

calcolatrice in un centro commerciale, e al momento di pagare si sente dire dal commesso:ӏ

in corso una promozione per cui questo stesso prodotto si trova in vendita a €10 nel nostro

nuovo punto vendita, a venti minuti di macchina da qua; se la vuole acquistare qui sono €15”.

Consideriamo anche il caso in cui lo stesso consumatore si trovi nella stessa identica

situazione, ma che stavolta si tratti della possibilità di acquistare uno schermo TV a €1345

invece che a €1350. Se, trovandoci nei panni dell'ipotetico consumatore, fossimo tentati di

andare nell'altro negozio nel primo caso, ma non nel secondo, vedremmo all'opera entrambi

gli effetti descritti sopra: lo sconto sembra maggiore nel primo che nel secondo caso, perchè

relativamente ben superiore, anche se identico in valore; inoltre ci dimostriamo incapaci di

considerare nell'insieme la nostra situazione, per cui in entrambi i casi si tratta di scambiare

venti minuti del nostro tempo con €5, soffrendo perciò di un effetto framing. Infine, la

4 In recentissimo articolo su Science, De Martino et al. (2006) forniscono ulteriore prova sperimentale

dell'effetto framing, esposto per la prima volta da Tversky e Kahneman (1981) sulla stessa rivista 25 anni fa,

fornendone anche le basi neurobiologiche. Trovo che questo sia un ottimo esempio di come la

neuroeconomics vada a integrare le teorie comportamentali.

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funzione ha pendenza maggiore nel campo delle perdite che in quello dei guadagni, per via

del parametro λ. Questa caratteristica è stata indicata come “loss aversion” o avversione alle

perdite: l'intuizione sottostante è che “il fastidio che si prova a perdere una certa somma di

denaro è maggiore del piacere associato al vincere lo stesso importo” (Kahneman e Tversky

(1979)).

(figura 1: una rappresentazione della funzione del valore)

1.2 – Integrazione e segregazione degli eventi multipli

Oltre alla definizione di queste tre fondamentali proprietà, è interessante esaminare come gli

individui percepiscano la combinazione di due o più risultati economici: il tema è esplorato

per la prima volta da Thaler (1985). L'importanza di una questione del genere appare evidente

se si pensa al fatto che eventi come le compravendite generano per chi le opera manifestazioni

finanziarie combinate: ad un esborso monetario corrisponde l'acquisizione di un bene o

viceversa. Parlando del caso più semplice, ovvero quello che coinvolge due importi x e y, le

soluzioni che il soggetto può considerare sono due: integrarli e quindi valutare v(x+y) oppure

segregarli, ovvero considerarli separatamente, e valutare v(x)+v(y). Data la forma della

funzione del valore che abbiamo descritto, il modo edonicamente efficiente, definito come

quello che genera maggiore soddisfazione, di codificare coppie di risultati sarebbe integrare

tra loro due perdite e separare due guadagni. Avendo a che fare con combinazioni di guadagni

e perdite, appare ottimale integrare i guadagni con perdite di inferiore entità (questo è il

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principio della cancellazione e serve ad evitare l'avversione alle perdite) e segregare i piccoli

guadagni da perdite più pesanti. Sebbene l'evidenza sperimentale, in particolare quella

ottenuta da Thaler e Johnson (1990), suggerisca che non sempre gli agenti codifichino gli

eventi multipli nel modo edonicamente efficiente suggerito dalla teoria, in particolare per

quanto riguarda l'integrazione delle perdite (suggerendo che l'importanza dell'avversione alle

perdite è forse maggiore di quanto si creda), queste intuizioni si rivelano particolarmente utili

nel Marketing. A questo proposito, pare che Amos Tversky una volta abbia affermato,

riferendosi al suo lavoro di ricerca: “non ho scoperto niente che i pubblicitari e i venditori di

auto usate non sapessero già”. In effetti le teorie comportamentali hanno molto da offrire al

Marketing, in quanto presentano un modello assai ricco della scelta economica. Nel caso

specifico dell’integrazione e segregazione degli eventi multipli, un’applicazione classica

riguarda le strategie di prezzo per beni molto costosi ma non di lusso, principalmente le auto,

in cui viene pubblicizzato un prezzo base a cui poi vanno aggiunti numerosi optionals. Infatti

il prezzo di partenza molto conveniente offre un richiamo per i potenziali clienti, mentre i

costi aggiuntivi vengono “sentiti” meno in quanto naturalmente integrati col prezzo finale.

Inoltre, da un attento esame dei listini, si può notare che alcuni di questi optionals (penso in

particolare a gadget elettronici come i navigatori satellitari) sono venduti a prezzi molto

superiori rispetto ai sostituti, tecnicamente equivalenti, acquistabili after-market. E’ plausibile

che le Case automobilistiche possano permettersi questa politica in virtù del fatto che il

prezzo dell’optional è integrato con il costo dell’auto, e va quindi ad incidere in una zona

della funzione del valore in cui la sensibilità (ovvero la derivata in valore assoluto) è molto

bassa.

1.3 – L’effetto dotazione

La funzione del valore permette di risolvere un problema che ha interessato Thaler fin

dall'inizio, ovvero quello relativo all'”endowment effect”, o effetto dotazione. Compiendo

ricerche sperimentali per la sua tesi di dottorato, nella quale si occupava del valore economico

della vita umana, Thaler spesso si trovava a porre domande su quanto i soggetti sarebbero

stati disposti a pagare per evitare o assumere rischi di morte esattamente quantificati. Con sua

grande sorpresa, e contravvenendo alle prescrizioni della teoria economica, Thaler (1980)

riporta che le risposte che riceveva erano estremamente diverse nel caso in cui si trattasse di

pagare per evitare un rischio che già si corre, rispetto al caso in cui ci fosse da ricevere

compensi per assumersi nuovi rischi. In particolare la gente tendeva a chiedere molti soldi per

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accollarsi nuovi rischi, mentre era disposta a pagare assai meno per evitare i rischi già

presenti. Una delle prime lezioni della microeconomia è che i costi opportunità vanno valutati

esattamente come i costi che hanno manifestazione finanziaria immediata (nell'eloquente

termine inglese, i costi “out-of-pocket”): le violazioni di questo principio (frequenti nella

realtà), come quella descritta sopra, portano gli individui a formulare prezzi di riserva molto

differenti per acquistare o vendere un certo bene. In altre parole, le persone chiedono molto

più denaro per cedere un bene di quanto sarebbero disposte a pagare per acquistarlo. Un altro

esempio: se abbiamo l'abitudine di tagliare il prato di casa nostra (anche se il figlio del vicino

lo farebbe al nostro posto per €5), ma non taglieremmo il prato del nostro vicino per meno di

€20, il nostro comportamento non è consistente con il modello tradizionale di scelta razionale.

La spiegazione datane da Thaler è che il costo opportunità che sosteniamo nel rinunciare agli

ipotetici €20 che potremmo guadagnare non è tenuto nella considerazione suggerita dagli

economisti, mentre invece abbiamo ben presenti i €5 che dovremmo sborsare per farci tagliare

il prato. Questo comportamento è però consistente con la funzione del valore alla base del

Mental Accounting: se i costi monetari immediati sono codificati come perdite e i costi

opportunità come mancati guadagni, per la presenza di avversione alle perdite è ovvio che i

primi saranno valutati come più pesanti dei secondi. E' questa l'essenza dell'effetto dotazione,

che può generare un vero e proprio “Status Quo bias” (Kahneman, Knetsch e Thaler (1991)):

con forte effetto dotazione, gli individui che sono in possesso del bene vedranno aumentare la

propria valutazione di esso, espressa come “Willingness to Accept” ovvero il prezzo minimo a

cui si è disposti a cedere il bene, con la conseguenza che i mercati saranno meno attivi di

quanto si potrebbe supporre. Alla base di tutto, la violazione del principio economico che

vorrebbe i costi opportunità (impliciti nel non cedere un bene) perfettamente assimilabili ai

costi “vivi”: la forma della funzione del valore di Kahneman e Tversky ci dà un modello

teorico per spiegare questo fenomeno, del quale esiste buona evidenza sperimentale, che

avremo modo di esaminare in dettaglio nel capitolo successivo. Da notare che l'incapacità di

tener conto in modo appropriato dei costi opportunità può portare a riscoprire il vecchio

argomento della “illusione monetaria” di Keynes. Sembra perfettamente consistente con

questa affermazione il risultato sperimentale descritto in Kahneman, Knetsch e Thaler (1991),

per cui i soggetti sono assai più propensi a considerare come “giusto” (e quindi ad accettare)

un taglio dei salari reali generato da maggiore inflazione rispetto ad uno ottenuto dalla

riduzione dei salari monetari.

1.4 – L'effetto costi affondati

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La vocazione descrittiva della teoria del Mental Accounting pretende che essa spieghi le più

importanti violazioni della teoria della scelta razionale, proprio come la Prospect Theory

spiega quelle della EUT. Oltre all'effetto dotazione, relativo al mancato riconoscimento dei

costi opportunità, un altro “errore” rilevante spesso compiuto dagli individui è il mancato

riconoscimento dell'irrilevanza dei costi affondati, dove con questo termine si intendono

quelle spese passate e relative a scelte compiute e non reversibili . Infatti, la teoria economica

prescrive che le decisioni debbano tener conto solo dei costi e benefici marginali: i costi

affondati, già sostenuti e irrecuperabili, non dovrebbero perciò influenzare le scelte correnti.

Poiché per molti questo ragionamento pare essere ben poco intuitivo, non sorprende che le

violazioni del principio di irrilevanza dei costi affondati siano particolarmente frequenti. Già

Knox e Inkster (1968) hanno dimostrato che gli scommettitori che già si sono impegnati

scommettendo su un certo cavallo hanno stime eccessivamente ottimistiche sulle sue

probabilità di vittoria, rispetto a chi, egualmente intenzionato a scommettere, non ha ancora

piazzato la sua puntata. Per stabilire questo rapporto di causalità intervistarono ad un

ippodromo più di cento scommettitori, circa la metà dei quali aveva appena piazzato una

scommessa di $2 nei trenta secondi precedenti, mentre l'altra metà era intenzionata a piazzare

una scommessa di pari entità nei trenta secondi successivi. Chiesero a ciascuno di quantificare

le probabilità di vittoria del proprio cavallo, e osservarono che chi aveva già scommesso si

mostrava significativamente più sicuro. La loro tesi è che l'essersi impegnati definitivamente,

sostenendo un costo affondato, genera una convinzione più forte di aver fatto la scelta giusta.

La teoria di Thaler rispetto ai costi affondati è che con essi l'avversione alle perdite è in

agguato: sostenere un costo e poi non raccogliere i relativi benefici genera uno spreco di

risorse ovvero una perdita, che, stando alla funzione del valore, fa molto male al consumatore.

Infatti i soggetti non sentono perdite quando fanno un acquisto per il consumo immediato

(fintanto che il prezzo sia ragionevole), così come, quando fanno un acquisto per il consumo

differito (sostenendo quindi costi affondati), non sentono sul momento né perdite né

guadagni, che arriveranno solo al momento dell'effettivo consumo. Se questo momento non

arriva, ecco che la perdita si manifesta. E' quindi inevitabile che si faccia di tutto per non

sentirla e che, ad esempio, se si sono comprati i biglietti per una partita, si cerchi in ogni

modo di andarci, anche se il tempo è pessimo o quel giorno siamo indisposti e staremmo, a

ben vedere, meglio a casa. L'incapacità di ignorare i costi affondati è quindi un fenomeno

importante e che agisce a molti livelli: è anche nota come “effetto Concorde” con un

riferimento al fallimentare (almeno dal punto di vista economico) progetto congiunto Franco-

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Inglese. Infatti i due governi furono incapaci (per ragioni principalmente politiche) di

interrompere il programma di sviluppo del primo aereo passeggeri supersonico anche quando

era ormai manifesta la sua attitudine a generare solo perdite. Allo stesso modo gli individui

non riescono, in molti casi, a fare le scelte giuste, condizionati dalla forte paura di sprecare

risorse ormai già impiegate e irrecuperabili: l'avversione alle perdite rende questa circostanza

quasi insopportabile, inducendo però a perseverare su strade sbagliate. E' interessante notare

che anche questo elemento introduce nel modello comportamentale del consumatore

componenti di “inerzia” del tutto assenti nel modello razionale del Chicago Man.

1.5 – L'effetto del pagamento anticipato e la separazione tra spesa e consumo

La rilevanza delle anomalie comportamentali relative a transazioni in cui pagamento e

consumo sono separati temporalmente non si limita all'esistenza dell'effetto sunk costs. Il

tema principale di questo filone di ricerca è la separazione tra spesa e consumo. Riprendendo

alcune osservazioni di Thaler (1980), Prelec e Loewenstein (1998) sviluppano un modello di

contabilità mentale che mette in luce come il pagamento anticipato di un certo bene o servizio

renda il consumo stesso più piacevole. Infatti, mentre chi acquista pagando subito sente il

fastidio di dover pagare, che oscura anche il piacere della contestuale esperienza di consumo,

il pagamento anticipato fa sì che il momento spiacevole del pagamento sia in qualche modo

reso meno pesante dal pensiero del consumo futuro, e che la successiva esperienza di

consumo sia goduta appieno in quanto considerata praticamente gratuita. Dovendo fare un

bilancio “edonico”, questo si rivela quindi molto più favorevole al secondo tipo di esperienza.

Questo effetto è ancora rafforzato dal fatto che i costi per l'acquisto di determinati beni (gli

esempi ormai classici sono i vini da collezione di Shafir e Thaler (1998)) sono etichettati dagli

individui come investimenti e quindi percepiti come più virtuosi. Il pagamento anticipato

quindi genera una sorta di separazione temporale tra spesa e consumo che fa sentire meglio il

consumatore; questo aspetto della separazione può però derivare da altri elementi. Ad

esempio certe forme di finanziamento, in primis la carta di credito, possono essere fonti di

separazione (oltre ad allentare vincoli di liquidità) e per questo stimolare gli acquisti: se

questo è vero, non sorprende dunque che i commercianti siano disposti a pagare alte

commissioni pur di rendere disponibile questo tipo di servizi ai loro clienti. Il pagamento

anticipato si rivela poi particolarmente importante nei suoi effetti distorsivi quando si tratta di

una tariffa fissa, molto gradita perchè risparmia alle persone l'associazione diretta del

consumo alla spesa sostenuta per esso e genera quindi ulteriore separazione. La portata di

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questo fattore pare essere tale da condurre a quello che nell'industria delle telecomunicazioni

si chiama “flat rate bias”: molti utenti scelgono tariffe flat con pagamento mensile fisso anche

se converrebbe loro scegliere tariffe a consumo; così facendo dimostrano che sono disposti a

pagare di più per avere un piano tariffario che permette loro di telefonare più a cuor leggero.

La formula di pricing con tariffa fissa è molto popolare anche nel campo del fitness: qua

entrano in campo fattori di self control, per cui le persone probabilmente realizzano che il

pagamento di un abbonamento annuale, che offre i vantaggi simultanei di generare effetto

costi affondati e rendere il costo marginale di ogni ingresso in palestra o in piscina pari a zero,

rende meno difficile andare ad allenarsi regolarmente ed incoraggia un comportamento

virtuoso.

1.6 – Utilità di acquisizione e utilità di transazione

Dopo aver ampiamente sottolineato l'importanza dell'avversione alle perdite, potrebbero

sorgere dubbi su come gli individui valutino le decisioni di acquisto. Se infatti i prezzi pagati

fossero codificati come perdite nella funzione del valore, e i beni acquistati come guadagni, la

loss aversion renderebbe questa sistematizzazione edonicamente inefficiente. Thaler (1985)

propone quindi una teoria degli acquisti alternativa, in cui i consumatori valutano due tipi di

utilità: la “acquisition utility” o utilità di acquisizione e la “transaction utility” o utilità di

transazione. La prima, simile al concetto di surplus del consumatore, è pari ad una funzione

del valore equivalente all'utilità generata dal ricevere il bene acquistato in regalo, meno il

prezzo effettivamente pagato, ovvero v. La seconda esprime la sensazione di aver fatto un

buon affare, e si può quindi esprimere come funzione della differenza tra un certo prezzo di

riferimento meno il prezzo pagato. Questa seconda componente è particolarmente innovativa

ed importante, e permette di spiegare il comportamento di quei consumatori che, attirati da

saldi o offerte speciali, finiscono per acquistare beni per loro obiettivamente inutili. Non solo:

elemento cruciale nell'utilità di transazione è la presenza di un prezzo di riferimento, che

evidenzia ancora una volta un effetto di framing. I venditori faranno di tutto per suggerire

prezzi di riferimento molto maggiori di quelli effettivi (ad esempio esponendo prezzi di listino

molto elevati, da scontare successivamente) e generare quindi artificialmente utilità di

transazione per i loro clienti. D'altra parte, per i consumatori il concetto di prezzo di

riferimento sembra essere assimilato a quello di prezzo “giusto”, e nel determinarlo hanno un

ruolo essenziale la percezione che i consumatori stessi hanno dei costi di produzione del

venditore. Le aziende devono quindi stare attente a non urtare la sensibilità dei loro clienti con

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prezzi che potrebbero generare significativa disutilità di transazione perchè percepiti come

“ingiusti”, e quindi influenzare sensibilmente la domanda. Questa intuizione potrebbe

spiegare come mai in alcuni mercati i prezzi non si adeguino verso l'alto per far fronte alla

domanda, che rimane quindi in buona parte insoddisfatta facendo venir meno l'efficienza

allocativa. Un esempio significativo è quello del football americano. Il campionato NFL,

infatti, dopo una stagione regolare, prevede una fase di playoff che culmina con il superbowl,

la finale che designa il vincitore della lega. La teoria dell'utilità di transazione può spiegare

perchè i biglietti del superbowl, per cui la domanda è fortissima, costino esattamente come

quelli per le gare di stagione regolare. La NFL, infatti, non vuole irritare i suoi tifosi con

prezzi che, rispetto al riferimento naturale generato dai prezzi “normali” di tutta la stagione,

sarebbero sensibilmente più elevati e genererebbero notevole disutilità di transazione. Si avrà

quindi un prezzo di equilibrio sul “mercato nero” assai superiore a quello ufficiale, ma i

venditori preferiranno rinunciare comunque a questa rendita, percepita come “parassitaria” da

clienti che interessa loro non perdere. Questo è assimilabile a ciò che avviene nel nostro

campionato di serie A: molti club mantengono prezzi dei biglietti abbastanza stabili per tutte

le gare, anche quelle decisive o con squadre importanti per cui la domanda è molto superiore

alla norma, lasciando ai bagarini una rendita potenzialmente elevata. Elementi fondamentali

di questo fenomeno sono la presenza di un prezzo normale di riferimento naturale e l'esistenza

di una relazione non occasionale tra venditore ed acquirente: questi sono riscontrabili anche in

situazioni come i grandi concerti (poiché gli artisti vogliono continuare a vendere album) o le

prenotazioni ai ristoranti di moda nelle ore di punta.

1.7 – Il sistema dei conti mentali

Esaminiamo adesso più da vicino il sistema di conti con cui gli individui classificano fonti e

usi della loro ricchezza. L'idea di un sistema di conti mentali viola il principio fondamentale

di fungibilità del denaro, secondo il quale il denaro non dovrebbe avere alcuna etichetta, nel

senso che, a priori, può essere destinato a qualsiasi uso. Secondo Thaler invece le persone

tendono ad avere dei limiti di budget per diverse categorie di consumo e classificare in veri e

propri conti (a cui sono associati diversi livelli di propensione al consumo dei fondi) il loro

stock di ricchezza e il loro reddito.

1.8 – Limiti di Budget

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Il primo livello di contabilità mentale è quello relativo ai limiti di budget per il consumo:

questa è un'idea abbastanza diffusa, tanto che alcune famiglie tengono veramente su carta e

non solo a livello mentale una contabilità di questo tipo. In generale, questa è tanto più

esplicita e precisa quanto più la famiglia ha bisogno di limitare le spese. Un processo di

questo genere distorce palesemente le scelte economiche: mentre con un unico vincolo di

bilancio si ottiene il principio di eguaglianza delle utilità marginali ponderate dei beni, se

scelte di consumo relative a beni di categorie diverse sono vincolate da budget differenti, e se

alcuni di questi budget sono troppo alti o troppo bassi, al consumatore possono essere

precluse scelte che migliorerebbero la sua utilità. Questa eventualità pare tutt'altro che

improbabile, e può anche essere causata da scelte precise: Thaler (1985) nota che, per far

fronte a problemi di self-control, i budget relativi a beni considerati come “tentazioni” sono

volontariamente impostati a livelli molto bassi, mentre al contrario quelli riferiti a beni

“virtuosi” (come per esempio articoli per il fitness, l'istruzione o i cibi “sani”) sono

generalmente alti. Se si considera questo aspetto, è possibile ribaltare la tradizionale teoria

economica dei regali, secondo la quale un regalo “in natura” può al massimo far contento chi

lo riceve quanto lo avrebbe accontentato il ricevere il corrispondente importo monetario (e

questo avviene quando si regala a qualcuno quello che si sarebbe comprato lui stesso con quei

soldi). Infatti regali possono essere meglio del denaro contante se si regala a qualcuno un bene

che rientra in una categoria a basso budget, tipicamente qualcosa di più lussuoso di quello che

il ricevente avrebbe comprato per sé: in questo modo si fa in modo che il soggetto destinatario

del regalo raggiunga un livello di utilità che gli è precluso dal vincolo stringente di bilancio

per quella categoria di beni. Anche se non generata da scelte volontarie di questo tipo, la non

fungibilità del denaro genera quindi in questo campo notevoli distorsioni, come ad esempio

nel caso in cui il consumo in certe categorie abbia già raggiunto il limite prefissato per il

periodo (o comunque è già ad un livello percepito come elevato) mentre ci siano fondi non

spesi in altre categorie. Sottolinea proprio questa situazione l'esperimento di Tversky e

Kahneman (1981) sui biglietti del teatro. Ad un primo gruppo di soggetti fu descritto il

seguente scenario: immaginate di aver acquistato un biglietto per il teatro per $10; il giorno

dello spettacolo vi accorgete che lo avete perso. Alla domanda: “Ricomprereste il biglietto?”

il 54% rispose di no. Ad un secondo gruppo fu presentata una situazione differente:

immaginate di aver deciso di andare a teatro; appena arrivati sul posto vi rendete conto di aver

perso una banconota da $10. Questa volta, ben l'84% si disse disposto a comprare comunque

il biglietto. In termini di Mental Accounting, questo comportamento potrebbe essere spiegato

supponendo che nel primo caso i $10 già assegnati al conto “intrattenimento” limitino la

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propensione a spenderne altri 10 relativi a quello stesso budget. Nel secondo caso invece, i

$10 perduti rientrano magari in un conto “imprevisti”, e non impediscono di spenderne

altrettanti per comprare il biglietto. Infine, è interessante notare che nel sistema di contabilità

mentale dei consumi le piccole spese possono passare inosservate, ovvero non venire

assegnate ad alcuna categoria (con relativo budget). Si spiegano in questo modo alcune

tecniche di marketing che contravvengono i principi di integrazione/segregazione di perdite e

guadagni multipli. Avviene abbastanza spesso che un servizio che prevede l'esborso di un

importo considerevole, come ad esempio un abbonamento annuale (e viene in mente uno spot

di qualche tempo fa sul canone RAI), venga pubblicizzato esprimendo il costo come una

piccola spesa giornaliera, contravvenendo al principio edonicamente efficiente di integrazione

delle perdite. Questa apparente contraddizione si può spiegare col fatto che, mentre l'importo

annuale può entrare in una categoria di consumo per cui il budget è esaurito o comunque

scarso, impedendo l'acquisto, il piccolo importo giornaliero si presta a non essere neanche

conteggiato, evitando di incorrere in vincoli stringenti.

1.9 – Il behavioral life-cycle model

Gli effetti della contabilità mentale della ricchezza e del reddito sono molto interessanti,

poiché permettono di rivedere profondamente la teoria del consumo neoclassica, elaborata da

Modigliani e Brumberg (1954) e Friedman (1957). La teoria del “Ciclo Vitale” o “Reddito

Permanente” è semplice ed elegante: prevede, in breve, che gli individui calcolino la propria

ricchezza presente totale, compreso il valore attuale dei redditi futuri attesi scontati ad un

certo tasso di interesse; poi, data l'aspettativa di vita, consumino ogni periodo un importo

uguale alla rendita di durata pari alla vita residua attesa acquistabile (in mercati finanziari

perfetti) con la loro ricchezza. In questo modo, perfettamente razionale, gli individui possono

ottenere un perfetto “consumption smoothing”, rendendo uniforme nel tempo il profilo dei

loro consumi anche a fronte di redditi assai variabili. Purtroppo i riscontri empirici di questo

modello sono abbastanza modesti. Anche se sono molte le spiegazioni cui si potrebbe

ricorrere, di particolare interesse sono quelle legate al Mental Accounting. La violazione della

fungibilità (oltre alla presenza di costi di transazione: smobilizzare certe forme di ricchezza

costa ovviamente di più) rende difficile accorpare, considerandole perfettamente sostituibili,

le varie forme di ricchezza per derivare una ricchezza attuale totale. Infatti si possono

individuare almeno tre macro categorie in cui le persone dividono la loro ricchezza, a cui

corrispondono differenti propensioni marginali al consumo. La prima classe è quella dei

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“current asset”, che comprende il denaro contante e i conti correnti, e ha la propensione

marginale al consumo (MPC) più elevata. Questo potrebbe dar conto almeno parzialmente del

fatto che il consumo si mostra, a livello aggregato, forse più correlato col reddito del periodo

di quanto le teorie del ciclo vitale farebbero supporre. Segue la classe della “current wealth”

in cui si trovano conti di risparmio, azioni, obbligazioni e quote di fondi comuni: le persone

tendono a non consumare la ricchezza in questa classe, destinata a risparmio. Infine c'è la

classe della “future wealth” che comprende guadagni futuri e investimenti previdenziali: la

MPC corrispondente a questa categoria è probabilmente vicina a zero. Alla non fungibilità si

aggiungono notevoli problemi di self-control: gli individui fanno fatica a risparmiare, in

particolare per la pensione. Questo è un altro aspetto importante che le teorie neoclassiche

ignorano; si assume infatti che gli individui determinino il piano di consumo ottimo e vi si

attengano con volontà di ferro. Nella realtà, i problemi di autocontrollo esistono e le persone

se ne rendono conto: l'acquisto di assicurazioni sulla vita o polizze previdenziali (spesso

strumenti molto costosi e inefficienti rispetto semplici piani di accumulo in fondi indicizzati)

può essere visto come un tentativo di far fronte a questi problemi, di cui si ha una vaga

consapevolezza, legandosi le mani con una soluzione di second best. I tradizionali sistemi

pensionistici pubblici a ripartizione possono essere visti come un esempio di imposizione di

autocontrollo da parte dello Stato. Inoltre le famiglie, come nel caso dei budget di consumo, si

possono auto-imporre regole di bilancio, come avere sempre almeno un certo saldo di conto

corrente o non indebitarsi se non per importanti acquisti di beni durevoli. Quest'ultima ipotesi

potrebbe portare a dare una spiegazione diversa al fatto che gli individui ricorrono meno

all'indebitamento di quanto non previsto dalla teoria del ciclo vitale. Infatti la supposizione

abituale che gli individui non possono prendere denaro in prestito per l'esistenza di vincoli di

liquidità (data l'imperfezione dei mercati finanziari) potrebbe forse essere rivista supponendo

che gli individui semplicemente non vogliano indebitarsi per finanziare il loro consumo, con

una sorta di avversione al debito, ritenuto indice di cattiva salute finanziaria. Il modello di

“behavioral life-cycle” introduce quindi in questo settore della teoria macroeconomica le

imperfezioni delle persone normali5, generando anche prescrizioni di politica economica.

Infatti in questo campo sarebbe particolarmente auspicabile, secondo Thaler, un intervento

governativo ispirato al “libertarian paternalism” (si veda Cass e Thaler (2003) e Thaler e

Bernartzi (2004)): sapendo che gli individui non sono razionali ma soggetti a errori cognitivi,

5 Da Thaler (1990): “[..] at an NBER conference a couple years ago I explained the difference between my

[behavioral life-cycle] models and Robert Barro's by saying that he assumes the agents in his model are as smart

as he is, while I portray people as being as dumb as I am. Barro agreed with this assessment.”

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lo Stato può e deve intervenire per indirizzare le loro scelte, facendo leva proprio sui loro

limiti, pur lasciandoli sostanzialmente liberi. In questo caso specifico, l'intervento potrebbe

consistere nel tentativo di far aumentare sensibilmente il risparmio previdenziale agevolando

il trasferimento di ricchezza nella future wealth per eliminare problemi di autocontrollo,

anche impostando come opzione di default (e sfruttando così una sorta di Status Quo bias) la

partecipazione in piani previdenziali aziendali, pur con piena libertà di scegliere

diversamente.

1.10 – La rilevanza delle fonti di reddito

Ci sono anche violazioni del principio della fungibilità relative al flusso di reddito degli

individui. E' stato infatti documentato che la fonte del reddito influenza sia la propensione a

spenderlo che il modo in cui esso verrà speso. O'Curry (1997) ha determinato come esista un

legame tra il livello percepito di “serietà” della fonte di un guadagno casuale e quello

dell'impiego di quel reddito. Le persone tendono quindi a fare acquisti “frivoli” con denaro

ottenuto da cose come piccole lotterie o ritrovato in un vecchio cappotto. Inoltre la MPC

cambia a seconda di come un flusso di reddito è classificato nelle tre categorie del behavioral

life-cycle model, e la fonte del reddito è importante per determinare questa classificazione. Ad

esempio, i capital gains si prestano ad essere conteggiati come semplice aumento della

ricchezza corrente, con MPC relativamente bassa; piccoli guadagni occasionali come una

modesta vincita al lotto si prestano invece ad essere spesi con più facilità. Un caso molto

interessante è quello riportato in Ishikawa e Ueda (1984) dove vengono analizzati gli effetti su

consumo e risparmio dei bonus, semestrali e abbastanza prevedibili, guadagnati oltre allo

stipendio dai lavoratori giapponesi. Mentre in anni di ciclo non recessivo la MPC dei bonus

era .437 contro .685 del reddito normale, nel periodo della crisi petrolifera del '74-'76 la MPC

dei bonus balzò sopra a 1, rivelando il ruolo di riserva di emergenza di questa fonte di reddito.

1.11 – Il dividend puzzle

Un'applicazione di queste intuizioni comportamentali può aiutare a dare una spiegazione ad

una domanda che ha a lungo assillato gli economisti americani e non solo: perchè le società

quotate pagano dividendi? Infatti negli USA i dividendi entrano a far parte del reddito

imponibile di chi li percepisce, e quindi sono tassati più pesantemente dei capital gain. Data

questa distorsione fiscale, sarebbe razionale per le aziende evitare di pagare dividendi e

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remunerare gli azionisti solo attraverso riacquisti di azioni proprie (buy-back). Invece le

aziende continuano a distribuire dividendi, forse perchè, come suggerisce la soluzione

proposta dal Mental Accounting (Shefrin e Statman (1984)), agli investitori fa piacere avere

da spendere i contanti generati da questi pagamenti, che vengono consumati quasi

interamente, mentre si stenta a vendere le azioni per finanziare il consumo: realizzare i capital

gain generati è un'alternativa che spesso non viene neanche considerata. In altre parole, il

pagamento dei dividendi fornisce agli azionisti una semplice regola naturale di self-control, ed

è quindi comodo e compatibile con il loro sistema di contabilità mentale; i dividendi danno

modo all'individuo di ottenere un flusso di reddito percepito come facilmente spendibile dalla

propria ricchezza finanziaria, che non va toccata. C'è tuttavia sottolineare che la spiegazione

comportamentale non è ovviamente l'unica possibile per il dividend puzzle, ma che, insieme

ad altre teorie (principalmente legate a problemi di asimmetria informativa) può dare una

spiegazione al fenomeno.

1.12 – Il flypaper effect

Un'altra applicazione riguarda il “flypaper effect”, noto nell'ambito della finanza pubblica e

relativo principalmente a stati federali come gli USA. In poche parole, molti studi (Hines e

Thaler (1995) ne citano più di dieci) hanno evidenziato che, quando una amministrazione

locale riceve contributi dall'amministrazione centrale tende a spenderli interamente, invece di

comportarsi come vorrebbe la teoria per la quale i soldi del governo federale dovrebbero

sortire lo stesso effetto di un equivalente aumento della base imponibile locale sulla quale

l'amministrazione decentrata impone le proprie tasse. Per questo, i soldi ricevuti dovrebbero

essere spesi solo in percentuale alla frazione del reddito imponibile locale rappresentata dalla

spesa pubblica: la parte restante dovrebbe semplicemente essere resa ai contribuenti sotto

forma di sgravi fiscali; invece, come la carta moschicida, il contributo federale “sticks where

it hits”, nelle parole di Okun. Tra le altre spiegazioni di questo fenomeno (tutt'altro che

sorprendente per chi ha presenti le burocrazie delle nostre latitudini) c'è anche quella

comportamentale. Secondo Hines e Thaler (1995), gli elettori non percepiscono il tradeoff tra

spesa e tagli alle tasse: quei soldi sono semplicemente etichettati come pubblici e la scelta si

presenta solo a riguardo del come spenderli; gli individui non sono capaci di andare oltre al

framing proposto, ignorando ancora una volta i costi opportunità. Inoltre gli amministratori si

trovano direttamente a disposizione del denaro, e inevitabilmente questo viene consumato,

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come gli individui tendono a consumare il reddito corrente sotto forma di contanti o conti

correnti. Un esempio di questo problema può essere rappresentato dalla situazione attuale di

alcuni comuni della Val d'Agri, in Basilicata, e dal dibattito relativo (si veda il “Sole 24 Ore”

del 27/10/2006). Questi piccoli comuni infatti ricevono, da quando l'estrazione di petrolio

nella zona è entrata a pieno regime, più di cento milioni di euro l'anno come royalties da parte

delle compagnie petrolifere. A tutti i livelli di amministrazione locale vi sono accese

discussioni su come spendere questo fiume di denaro, tra programmi di incentivo alla

(praticamente inesistente) piccola e media imprenditoria della zona, nomi delle strade iscritti

in preziose lastre di marmo, fondi agli immigrati lucani in Argentina e impianti sportivi

faraonici. Non risulta che l'alternativa di rendere i soldi ai cittadini, attraverso tagli alle tasse

e/o sussidi, sia stata presa in considerazione. Questo stesso fenomeno sembrerebbe riguardare

anche le imprese, per le quali si è sempre rilevata una notevole correlazione tra reddito

corrente e investimenti, contravvenendo alla teoria classica per cui le decisioni di

investimento andrebbero prese considerando solo i benefici marginali (produttività del

capitale) e i costi (tassi di interesse reali). Per più di mezzo secolo si è spiegato questa

incongruenza principalmente con l'esistenza di vincoli di liquidità, ma il peso di fattori

comportamentali potrebbe essere non trascurabile.

1.13 – L'elemento temporale nella contabilità mentale e l'equity premium puzzle

Un elemento fondamentale di ogni sistema di contabilità è la definizione del periodo di

riferimento, trascorso il quale si “chiudono” i conti (che, nei termini della funzione del valore,

significa che si adotta un nuovo punto di riferimento). Il sistema di contabilità mentale non fa

eccezione, e ci interessa quindi definire come l'elemento tempo entra nel Mental Accounting.

Per prima cosa c'è da dire che la decisione di “resettare” certi conti è a volte completamente

discrezionale: il contesto offre all'individuo il potere di chiudere i conti in qualsiasi momento,

ma questo fattore, combinato con la loss aversion, distorce le scelte e può portare a soluzioni

irrazionali. E' questo il caso delle operazioni di trading sui mercati: il conto si chiude quando

l'operazione è conclusa, ovvero i titoli sono ceduti. Data la presenza di loss aversion però, gli

investitori saranno assai restii a vendere i titoli in perdita, realizzando perdite che sono per il

momento solo sulla carta. Quando si tratta quindi di dover cedere dei titoli, a parità di

aspettative si può supporre che gli investitori saranno assai più propensi a cedere i titoli su cui

hanno un guadagno, anche se questo è irrazionale dato il fatto che i capital gain sono tassati

mentre le perdite sono deducibili. In questo caso, detto da Shefrin e Statman (1985)

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“disposition effect”, il costo psicologico di chiudere un conto in perdita (con le sensazioni

fortemente negative che ne derivano) è tale da oscurare l'ovvio vantaggio fiscale. In altri casi,

come nella valutazione della performance del proprio portafoglio di investimenti a lungo

termine (che generalmente non si intende liquidare a breve, ma semmai riallocare

diversamente), si tratta di scegliere un termine temporale per valutare le proprie scelte. Spesso

accade che i soggetti non riescano ad individuare correttamente l'orizzonte temporale adatto, e

questo può generare deviazioni dalla razionalità. In particolare si nota che gli individui fanno

fatica ad avere una visione complessiva e di lungo periodo delle proprie decisioni: è quello

che Kahneman e Lovallo (1993) chiamano “Narrow Framing”. Una importante applicazione

di questo concetto si riscontra nella spiegazione che Benartzi e Thaler (1995) danno del

fenomeno noto come “Equity Premium Puzzle”. Nell'articolo di Mehra e Prescott (1985), gli

autori rilevano essenzialmente che il premio in termini di rendimento di cui le azioni

(notoriamente più volatili e quindi rischiose) hanno storicamente goduto rispetto ai bond è

troppo elevato (intorno al 6% annuale negli USA negli scorsi settant'anni) per essere

compatibile con livelli plausibili di avversione al rischio nei mercati. La spiegazione

comportamentale di questo fenomeno combina loss aversion e narrow framing, in quella che

gli autori chiamano “myopic loss aversion”, intendendo con questo che gli individui sono

incapaci di adattare alla lunghezza del proprio orizzonte di investimento il loro meccanismo di

contabilità mentale e “sentono” le eventuali perdite (sebbene solo virtuali) ogni trimestre o

ogni anno quando ricevono le relazioni dei gestori dei loro patrimoni. Questo spiega il perchè

sia riscontrabile una “eccessiva” propensione a tenere obbligazioni in portafoglio: infatti

l'intuizione diffusa (e razionale solo in mercati “mean-reverting”, come dimostrato da

Samuelson (1969)) vuole che la percentuale di azioni in portafoglio sia tanto maggiore quanto

è maggiore l'orizzonte temporale. Con l'artificiale accorciarsi degli orizzonti di investimento,

dovuto alla myopic loss aversion, appare quindi ovvio che i soggetti tendano a tenere troppi

titoli obbligazionari in portafoglio. Forse questo punto merita ulteriori chiarimenti.

Supponiamo che un investitore affidi i suoi soldi ad un bravissimo gestore che riesce a

ottenere un ritorno atteso del 15% superiore al rendimento dei BOT con una volatilità del

10%. Supponendo che i rendimenti seguano una distribuzione normale (assunzione inesatta

che può però passare per questo esempio), con l'uso di un semplicissimo simulatore Monte

Carlo si può apprezzare come l'orizzonte temporale che l'investitore sceglie per valutare il suo

gestore sia cruciale. Infatti il simulatore ci dice che la probabilità che l'investimento in

questione ottenga un ritorno positivo rispetto al benchmark risk free è del 93% ogni anno, ma

del 77% ogni trimestre, del 67% ogni mese e di solo il 54% ogni giorno. L'investitore che

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controlli sul giornale o tramite una piattaforma online le performance del suo investimento

ogni giorno, e che supponiamo provi piacere ogni volta che vede il segno più, e fastidio

(fortemente aggravato dalla loss aversion) allorquando vede il meno, potrebbe facilmente

essere portato a disinvestire e comprare BOT, perchè in ben 46 giorni su 100 vedrà in media il

segno meno. Se valutasse il proprio gestore ogni anno, avrebbe 19 buone sorprese per ogni

cattiva, in media, e sarebbe probabilmente molto più contento dello stesso (ottimo)

investimento. In sostanza, valutare gli investimenti (in particolare quelli previdenziali) sul

breve periodo è stupido, perchè l'unica cosa che si apprezza è la volatilità. Purtroppo sono

pochissimi a capirlo, e qua entra in gioco la myopic loss aversion che, secondo Thaler, è così

importante da spiegare in buona parte l'equity premium puzzle (per una discussione più

approfondita si rimanda a Taleb (2003)). In questo caso, sarebbe quindi meglio per gli

investitori se essi non potessero valutare periodicamente la performance del loro portafoglio, e

fossero quindi costretti ad adottare un orizzonte temporale adeguato: avvicinandosi a modelli

(come sono i modelli comportamentali) in cui si tiene conto esplicitamente dei limiti degli

esseri umani non è facile stare lontani dal concepire qualche forma di paternalismo6. La

spiegazione comportamentale dell'equity premium puzzle attraverso la myopic loss aversion,

che è supportato da una discreta quantità di risultati empirici, coinvolge anche fondi pensione

e fondazioni: in questi casi è configurabile come un problema principale-agente. C'è infatti un

conflitto di interessi (sui generis) tra gli esperti che gestiscono i patrimoni, e sono soggetti a

valutazioni periodiche e quindi ad effetti di “miopia indotta”, e la strategia ottimale di

gestione (cioè l’interesse del fondo in gestione a crescere nel lunghissimo periodo di

riferimento che gli compete).

1.14 – L'effetto house money

Nel caso descritto sopra, il narrow framing induce gli investitori a fare scelte troppo prudenti.

Il sistema di dynamic mental accounting, che genera parentesi temporali che alterano le scelte,

può avere numerosi altri effetti sull'attitudine verso il rischio degli individui. In particolare,

poiché in situazioni di scelte in condizioni di incertezza le scelte spesso tendono ad essere

6 Si può azzardare che, in modelli a razionalità limitata, gli agenti sono naturalmente inclini a “farsi fregare”

(abbiamo già detto della rilevanza del filone di ricerca per il Marketing) e allo stesso tempo sono quindi

candidati a farsi proteggere (o ancora meglio, semplicemente indirizzare) da uno Stato o da entità superiori

benevolenti e paternaliste (Cass e Thaler (2003)). Agli antipodi, ci sono le concezioni, per esempio, di Milton

Friedman, per cui lo Stato minimo deve guardarsi bene dall'interferire con l'azione dell'iper-razionale

Chicago Man, che sa cavarsela benissimo da solo.

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raggruppate in uno stesso conto mentale, le perdite o i guadagni precedentemente realizzati

tendono ad avere una forte influenza sul comportamento: come nel caso dell'influenza dei

costi affondati, gli individui non riescono a considerare solo costi e benefici marginali delle

decisioni. Thaler e Johnson (1990) individuano in particolare due anomalie ricorrenti: lo

“house money effect” e il “break even effect”. Il primo caso si riferisce a quei giocatori

d'azzardo che si trovano ad aver accumulato nella sessione di gioco corrente un notevole

guadagno: la teoria, supportata dall'evidenza sperimentale, vuole che essi siano molto più

propensi a rischiare con i soldi già vinti; male che vada faranno pari col punto di rifermento

scelto, ovvero la ricchezza con cui sono arrivati al casinò, e non soffriranno troppo per le

perdite (di “house money”), che faticano a percepire. Coloro che invece si trovano “sotto”

ovvero hanno subito perdite, possono invece trovarsi particolarmente attratti da quelle

scommesse che possono riportarli alla ricchezza iniziale, disinnescando la loss aversion:

questo è in sostanza il break-even effect, che suggerisce che gli individui sono molto riluttanti

a chiudere conti in perdita, ed è per questo legato al disposition effect.

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Capitolo 2: Mental Accounting ed evidenza empirica

In questo capitolo discuteremo brevemente i risultati di un esperimento da me condotto, con il

quale intendo fornire spunti per l'ulteriore analisi di qualche aspetto della teoria del Mental

Accounting, oltre che per discutere l'ampia letteratura sperimentale già presente

sull'argomento.

La prima parte dell'esperimento è sostanzialmente una replica non perfettamente fedele

dell'esperimento di Kahneman, Knetsch e Thaler (1991), ed è pensato per investigare

sull'esistenza dell'effetto dotazione. Come abbiamo già spiegato nel paragrafo 1.3, l'effetto

dotazione si può descrivere come quell'effetto per cui si valuta di più un bene che si possiede

rispetto a quanto lo si valuterebbe se non lo si possedesse, a causa principalmente della

scorretta percezione dei costi opportunità (dovuta, nell'ipotesi di Thaler, alla loss aversion).

Questo si traduce in valori massimi che si è disposti a pagare per acquistare un certo bene

(Willingness to Pay) sistematicamente inferiori rispetto ai valori minimi che si è disposti ad

accettare per venderlo (Willingness to Accept), ovvero in un gap WTA-WTP. Questa

supposizione è in aperto contrasto con la teoria economica standard, per cui (se non si

considerano gli effetti reddito, approssimazione accettabile per beni di valore modesto) le

differenze tra WTA e WTP dovrebbero essere trascurabili, e le curve di indifferenza possono

essere disegnate senza riguardo alla dotazione dell'agente in questione. Per cercare evidenza

dell'esistenza della discrepanza tra i due valori è in teoria sufficiente raccogliere con un

sondaggio i valori di WTA e WTP di possessori e non di un certo bene. Oppure si può far

funzionare un mercato in cui ci sono compratori e venditori, per cui i primi possono cercare di

acquistare sul mercato un oggetto che è invece stato assegnato dall'inizio ai secondi, che

possono scegliere se venderlo o meno. Il teorema di Coase, basato sulle assunzioni della

teoria standard, afferma che, trascurando gli effetti reddito, in mercati perfetti l'allocazione

iniziale dei diritti di proprietà non influenza l'allocazione finale dei beni, che vanno

ovviamente a chi li valuta di più. Con campionamento casuale quindi la probabilità che un

soggetto sia tra la metà del gruppo che ha una maggiore valutazione del bene scambiato nel

mercato simulato sperimentalmente è del 50%, così che ci aspetteremo, secondo il teorema di

Coase un numero di transazioni pari in valore atteso alla metà del numero dei beni: se invece

c'è effetto dotazione, il teorema di Coase salta e il numero di transazioni effettuate sarà, in

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valore atteso, minore. Tuttavia l'esistenza di un gap WTA-WTP (e quindi di una scarsa

attività del mercato, meglio nota con Status Quo Bias), anche se non dovuta ad effetti reddito,

non basta per sostenere l'esistenza di effetto dotazione, dato che potrebbe essere generata da

altri fattori, come ad esempio imperfezioni nella struttura dell'esperimento e delle istruzioni,

ma anche dall'abitudine di contrattazione per cui gli agenti economici cercano di “vendere alto

e comprare basso”, esprimendo valori di WTA gonfiati e valori di WTP troppo bassi rispetto

alle loro vere preferenze. Questa abitudine, assai diffusa, potrebbe bene essere la causa di un

gap WTA-WTP: anche se essa è razionale solo in certi casi (si veda Knetz, Smith e Williams

(1985)), potrebbe essere applicata per errore anche in situazioni in cui non conferisce alcun

vantaggio. Si tratta quindi di cercare un meccanismo sperimentale che permetta in qualche

modo di isolare l'effetto dotazione per valutarne l'importanza. La soluzione trovata consiste

innanzitutto nel prendere opportuni accorgimenti per eliminare le altre possibili cause di

discrepanza tra WTA e WTP. Per questo si cerca di impostare l'esperimento con un

meccanismo che rende palesemente sconveniente non esprimere i propri veri valori di WTA e

WTP nella speranza di spuntare migliori prezzi: il meccanismo tipicamente adottato a questo

scopo è noto come meccanismo di Becker-DeGroot-Marschak e consiste semplicemente nel

far avvenire tutte le transazioni ad un prezzo estratto casualmente, così che nessuno ha potere

di mercato, anche in situazioni in cui acquirenti e venditori sono pochi, e tentare di “vendere

alto e comprare basso” ha il solo effetto di fare perdere transazioni potenzialmente

vantaggiose7. Inoltre si cerca di condurre diversi round di prova degli esperimenti per far sì

che possa aver luogo un certo apprendimento, e che i partecipanti all'esperimento possano

capire bene il meccanismo. Infine, si cerca di creare una “condizione di controllo”

conducendo i primi round dell'esperimento non con oggetti, ma con “induced-value tokens”,

ovvero gettoni virtuali a valore indotto, comunemente utilizzati per testare l'efficienza dei

mercati e ideati da Vernon Smith. Questi gettoni sono semplicemente oggetti immateriali, che

hanno valore per le persone solo in quanto lo sperimentatore si impegna a pagarli, alla fine del

periodo di contrattazione, un certo importo, differente per ciascun soggetto presente. Oggetti

del genere, immateriali e utili solo per la loro proprietà di poter essere scambiati poco dopo

con denaro, non dovrebbero generare alcun effetto dotazione. Dunque su questi mercati

7 Tuttavia, Horowitz (2006) dimostra rigorosamente che il meccanismo BDM non è in realtà incentive

compatible, perchè l'offerta ottimale, per soggetti avversi al rischio, dipende dalla distribuzione di probabilità

relativa alla variabile casuale prezzo. Questa obiezione, nel nostro caso, ha una importanza limitata sia dal

fatto che i soggetti non conoscevano esattamente la distribuzione dei prezzi estratti, sia dalla supposizione di

completa razionalità dei soggetti, che ci pare, anche alla luce dei risultati dell'esperimento, fuori luogo in

questa occasione.

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eventuali discrepanze tra WTA e WTP (e fra queste e i valori indotti) sono imputabili solo a

fraintendimenti, costi di transazione e imperfezioni nella progettazione dell'esperimento, o a

strategie di contrattazione. Conducendo di seguito esperimenti di compravendita in mercati

per ogni aspetto identici (quindi a parità di imperfezioni), ma in cui si scambiano comuni beni

di consumo, si potrà concludere che c'è qualche evidenza di effetto dotazione solo nel caso in

cui la discrepanza tra WTA e WTP (e quindi la scarsa attività del mercato) sia

apprezzabilmente maggiore rispetto ai mercati condotti con gettoni a valore indotto.

2.1 – Altri risultati noti in letteratura

La letteratura su esperimenti come questo o assimilabili è molto ampia, e si contano decine di

esperimenti i cui risultati sono stati pubblicati e discussi per fornire prova dell'esistenza e di

svariate proprietà dell'effetto dotazione. La effettiva presenza di endowment effect è

considerata, alla luce di questa massa di evidenza sperimentale, uno dei risultati più robusti

dell'economia comportamentale. Un deciso attacco a questa tesi è venuto recentemente da

Richard Plott, che in un suo recente articolo (Plott e Zeiler (2005)) mostra l'importanza

estrema delle procedure e delle istruzioni fornite durante l'esperimento, argomentando che con

opportuni cambiamenti di questi fattori l'effetto dotazione può essere “acceso e spento”. Plott

sostiene quindi che l'effetto dotazione non sia una caratteristica fondamentale delle preferenze

umane, ma che sia semplicemente un comportamento irrazionale generato da procedure

sperimentali “sbagliate”. Tuttavia lo scopo degli economisti nell'elaborare una teoria positiva

delle scelte economiche è di spiegare i comportamenti umani osservati nella realtà, ed è assai

probabile che le procedure secondo Plott scorrette siano una migliore approssimazione del

contesto in cui viene presa in pratica la maggioranza delle decisioni economiche. In altre

parole non è affatto detto che le transazioni che avvengono nella vita di tutti i giorni siano

immuni da fattori che causano effetti del tutto simili a quelli delle procedure sperimentali

oggetto della critica di Plott. A questo proposito è interessante soffermarsi su una particolare

interpretazione dei dati che Plott dà nel suo articolo. Infatti sostiene che ad esempio che

l'esperienza gioca un ruolo molto importante, e dando ai soggetti molti round per far pratica,

le loro stesse preferenze diventano loro più chiare e il loro comportamento diventa sempre più

razionale; l'importanza degli effetti di framing (e quindi dell'effetto dotazione) tende a

indebolirsi quindi con l'esperienza. Nel mondo reale le persone fanno scelte sia in contesti in

cui hanno possibilità di fare una pratica estensiva, sia in contesti in cui questa possibilità non

c'è: è possibile quindi che si manifesti un gap WTA-WTP molto più importante nel secondo

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caso che nel primo. Si può inoltre obiettare alle tesi di Plott e Zeiler che ci sono diversi

esperimenti (si veda ad esempio Boyce et al. (1992)) condotti con i loro stessi metodi in cui è

però consistentemente osservato un effetto dotazione, e che le loro stesse procedure, così tese

ad eliminare le “subject misconceptions”, potrebbero aver avuto un ruolo fin troppo

importante, forzando il comportamento dei partecipanti agli esperimenti. Scrivono Plott e

Zeiler (2005, pag.17): “Inoltre, lo sperimentatore aveva l'opportunità di osservare il

comportamento individuale e eliminare ogni fraintendimento (i.e., la messa in atto di strategie

dominate) che emergeva dalle osservazioni”: se valori di WTP inferiori a quelli di WTA

venivano visti come fraintendimenti da eliminare, non sorprende che sia stato osservato alcun

effetto dotazione. Penso che procedure sperimentali così invasive pongano problemi rilevanti,

in quanto influenzano tanto pesantemente il comportamento dei partecipanti all'esperimento

da rendere problematico distinguere le componenti “originali” e quelle puramente indotte dei

comportamenti.

2.2 – I dettagli specifici del nostro disegno

Il nostro esperimento consisteva nello svolgimento di quattro sessioni di mercato con gettoni a

valore indotto, per cui solo nelle ultime due si estraeva a sorte un partecipante alla fine del

round e si eseguiva la transazione che lo riguardava, seguite da due sessioni svolte con beni di

consumo (nella prima si trattava di un piccolo thermos, mentre nella seconda di una penna a

sfera), nelle quali tutte le transazioni erano effettivamente eseguite. In tutte le sessioni veniva

utilizzato il meccanismo di prezzo casuale BDM, di cui non si specificava la funzione di

distribuzione di probabilità, limitandosi a dire che si trattava di un prezzo positivo casuale.

Questo esperimento è stato ripetuto due volte, con due differenti campioni di dieci persone,

tutti studenti del Polo di Scienze Sociali, per la stragrande maggioranza senza alcuna

preparazione di teoria economica. A tutti è stata pagata una show-up fee di €3, e si è

provveduto a fornire sia a voce che su carta istruzioni articolate (che forniamo in allegato).

L'esperimento, svoltosi in laboratorio attrezzato con l'utilizzo del software libero z-Tree

(Fischbacher (1999)), prevedeva che per ogni sessione di mercato i soggetti esprimessero un

valore di WTA se venditori, o WTP se compratori. Ogni partecipante è stato, sia nei turni con

gettoni che in quelli con oggetti, sia venditore che compratore.

2.3 – L'analisi dei dati

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Turno WTP

media

campioni

1 e 2

WTA

media

campioni

1 e 2

WTP

mediana

campioni

1 e 2

WTA

mediana

campioni

1 e 2

Valore test

Wilcoxon per

differenza tra

WTA e WTP

P-value

statistica Mann-

Whitney

/WilcoxonGettoni I 2.46 1.76 3.3 4 2 1.7 3.5 4 17 22.5 0.21 0.016Gettoni II 2.66 2.14 4.3 3.38 2 2.1 4 3.5 20 22 0.075 0.027Gettoni III 2.92 2.28 3.6 3.3 2.9 2 4 2 16 16.5 0.27 0.21Gettoni IV 2.52 2.58 3.24 4.56 2.5 3 3 4.5 15.5 22 0.27 0.027Thermos 1.18 1.94 3.1 4.3 1 1.9 2.5 4.5 24 21 0.008 0.047Penne 1.22 0.76 1.7 2.68 1.2 0.1 2 2.5 15 23.5 0.345 0.008

(tabella 1: sintesi dei risultati dell'esperimento)

La tabella contiene una rappresentazione dei dati raccolti nell'esperimento, con i valori medi e

mediani di WTA e WTP espressi dai soggetti dei due campioni, i valori della statistica test U

di Wilcoxon (Mann-Whitney) per la differenza tra WTA e WTP nei due campioni, e infine i

p-value corrispondenti a questi valori. Dall'analisi dei risultati emerge chiaramente uno

scostamento tra WTA e WTP nei round effettuati con gli oggetti reali: mettendo insieme i

risultati relativi ai due esperimenti (quindi con campioni di 10 osservazioni ciascuno per

WTA e WTP per entrambi i round con oggetti) si ha che essi sono differenti secondo un test

Wilcoxon (Mann-Whitney) a una coda con p-value rispettivamente di 0.003 per i thermos e

0.004 per le penne. Resta da stabilire se lo scostamento è significativamente maggiore nel

caso degli oggetti rispetto agli esperimenti condotti con gettoni a valore indotto, che usiamo

proprio come condizione di controllo per isolare l'effetto dotazione. Si evince infatti dai dati

che anche con i gettoni si osserva un certo scostamento WTA-WTP. A cosa si debba questo

gap è una questione interessante, dato che avevamo scelto un meccanismo di prezzo casuale

proprio per dare corretti incentivi: viene spontaneo chiedersi come mai, nonostante l'esplicita

menzione della strategia ottimale nelle istruzioni e i vari round a disposizione per apprendere

ad implementarla, ci sia stata una così persistente deviazione dal comportamento razionale,

cosa non accaduta in molti degli esperimenti presenti in letteratura, dove pure le istruzioni

sono generalmente assai meno esplicite. Una possibile risposta è che nell'esperimento

originale e in buona parte della letteratura i partecipanti agli esperimenti hanno una

preparazione economica tale da comprendere bene i termini WTA e WTP, e che sarebbero

probabilmente stati necessari nel nostro caso per giungere allo stesso risultato una decina di

sessioni con gettoni (di cui magari gli ultimi pagati interamente) e istruzioni ancora più

esplicite e ancora più insistenti, anche se quest'ultima soluzione potrebbe generare

inconvenienti del tipo di quelli accennati a proposito dell'articolo di Plott e Zeiler (2005),

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ovvero indurre “artificialmente” un certo tipo di comportamento. A parte queste

considerazioni, si ha una misura dello scostamento, e del modesto apprendimento verificatosi

nei round con gettoni osservando le sequenze dei valori della statistica test U di Wilcoxon

(Mann–Witney) presenti nella tabella 1 per i campioni di WTA e WTP, tenendo presente che

il valore critico corrispondente ad un livello di significatività pari a 0.05 è 21, e 23 per

alfa=.025. Quindi c'è stato gap WTA-WTP nei round con gli oggetti, ma anche in quelli con i

gettoni: come si può capire se il primo è stato maggiore del secondo, indicando così la

presenza di effetto dotazione? Ho cercato possibile soluzione costruendo una statistica test

che prende in considerazione lo scarto tra WTA e WTP mediana nei 4 mercati degli oggetti e

nei 4 mercati (più informativi) dei gettoni in cui pagavamo una transazione. Per rendere più

significativo il confronto, eliminando gli effetti di scala, si divide ciascuno scarto per un

prezzo "teorico" di mercato, pari a 3 nel caso dei gettoni (dato che a quel livello si aveva

l'intersezione di offerta e domanda indotta), e pari ai prezzi di vendita al pubblico (espressi

chiaramente durante l'esperimento) nel caso dei mercati dei beni. Si può dunque sottoporre a

verifica, con il solito test di Wilcoxon, l'ipotesi che lo scarto relativo tra WTP e WTA

mediane sia maggiore nel caso dei mercati dei beni, e si ottiene per i due campioni di 4

osservazioni un valore corrispondente ad un p-value di 0.1. L'evidenza di effetto dotazione, se

prendiamo per buona questa statistica, non è quindi molto robusta, ma tuttavia abbastanza

significativa tenendo in considerazione anche l'ampiezza ridotta del campione che rende

difficile trarre conclusioni statisticamente molto forti. C'è purtroppo da dire che il p-value

della statistica descritta sopra si alza notevolmente se si utilizzano i dati medi anziché

mediani. L'analisi del numero delle transazioni, infine, non si rivela molto significativa nel

nostro caso, dato il numero tutto sommato esiguo di partecipanti all'esperimento.

2.4 – Il questionario

Il nostro esperimento comprendeva anche un questionario, che indaga su altri aspetti della

teoria del Mental Accounting. Il primo gruppo di domande è relativo in particolare all'effetto

degli esiti precedenti sulle decisioni in condizioni di incertezza, ovvero all'effetto House-

Money e Break-Even, già descritti nel paragrafo 1.14. Per sottoporre a test questa parte della

teoria, l'esperimento ideale consisterebbe nel replicare in laboratorio un ambiente in cui i

soggetti giocano con scommesse in cui si vince o si perde denaro reale. Purtroppo ci sono

problemi di ordine etico e legale a far perdere quantità rilevanti di denaro ai partecipanti di

esperimenti in laboratorio, e se si tenta comunque di svolgere esperimenti di questo tipo si

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finisce per reclutare soggetti con una estrema propensione al rischio, per cui si ottengono

risultati non sempre facilmente generalizzabili e utilizzabili per lo sviluppo della teoria.

Anche avendo a disposizione le risorse per implementare i correttivi predisposti

nell'esperimento di Thaler e Johnson (1990), che hanno un budget sperimentale adeguato a

proporre ai partecipanti scommesse ad alto valore atteso e che offrono a chi ha perso denaro la

possibilità di lavorare per loro, i problemi di cui sopra non avrebbero potuto dirsi del tutto

risolti. Abbiamo quindi fatto ricorso ad un questionario su questa parte della teoria, ma i

risultati sono stati decisamente poco significativi, il che è comprensibile data la scarsa

efficienza intrinseca in questo tipo di meccanismo sperimentale rispetto alla problematica

trattata.

Chi è in una situazione più favorevole? X Y Indiff.Il signor X ha giocato per due volte €1 al lotto, vincendo prima €100 e poi

€50 nelle due estrazioni. Il signor Y ha giocato per una volta €2 al lotto, e

ha vinto €150.13 3 4

Il signor Y ha ricevuto una lettera dell'agenzia delle entrate in cui lo si

informa che per un errore di calcolo nella sua dichiarazione dei redditi

deve pagare €100. Lo stesso giorno riceve anche una multa per eccesso di

velocità presa da un autovelox, per cui dovrà pagare €70.

Il signor X oggi ha ricevuto una lettera dell'agenzia delle entrate in cui lo si

informa che per un errore di calcolo nella sua dichiarazione dei redditi

deve pagare €170.

14 2 4

Il signor X ha trovato la sua macchina graffiata in un parcheggio, e ha

dovuto spendere €350 per portarla dal carrozziere. Lo stesso giorno, ha

vinto un premio minore ad una piccola lotteria, incassando 50€.

Il signor Y ha trovato la sua macchina graffiata in un parcheggio, e ha

dovuto spendere €300 per portarla dal carrozziere.

18 0 2

(tabella 2: questionario sulla codifica degli eventi multipli)

Il secondo gruppo di domande, riportato integralmente nella tabella 2, era invece mirato a

studiare il tema della percezione degli eventi multipli. In questo caso il questionario si è

rivelato un metodo di indagine assai più appropriato, e i risultati conseguiti sono decisamente

significativi. Sulle orme di Thaler (1985), abbiamo infatti proposto tre domande, in cui veniva

chiesto di scegliere quale, tra due situazioni ipotetiche finanziariamente equivalenti, fosse

ritenuta più vantaggiosa, oppure se le si ritenessero equivalenti. In tabella la soluzione X è

sempre quella suggerita dalla teoria, per rendere più comoda l'interpretazione dei dati, ma così

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non era durante l'esperimento. La prima domanda, in cui le alternative suggerite erano l'una

consistente in una vincita casuale, e l'altra in due vincite che, sommate, rendevano una somma

equivalente all'unica vincita precedente; ben tredici partecipanti su venti hanno scelto questa

seconda opzione, come suggerisce la forma della funzione del valore, che rende vantaggiosa

edonicamente la separazione dei guadagni. Ricordiamo infatti che Kahneman e Tversky

hanno pensato la funzione del valore concava per i guadagni e convessa per le perdite rispetto

al punto di riferimento. La seconda domanda invece poneva un simile quesito ma stavolta a

proposito di perdite di denaro: stavolta in 14 hanno scelto come preferibile la situazione in cui

c'era un'unica perdita di maggiore entità, assecondando la previsione della teoria. Nell'ultima

domanda le situazioni alternative erano quella di una perdita consistente oppure di una perdita

di entità maggiore accoppiata con un guadagno più limitato, che rendeva il valore atteso

equivalente al precedente. Ben 18 persone su venti hanno preferito questa seconda scelta, e

solo due si sono dichiarate indifferenti. Questo quesito finale ha quindi completato un quadro

dal quale esce un riscontro molto positivo per la potenza predittiva della sezione di teoria

comportamentale esaminata.

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Conclusione

Nel primo capitolo abbiamo tentato di fare il punto sul lavoro di ricerca degli ultimi 25 anni di

Richard Thaler, che riveste un ruolo importante per il campo dell'Economia comportamentale,

e che ha applicazioni in una quantità di settori della scienza economica (il che non è

sorprendente, dato che si discute proprio della natura degli agenti che popolano i modelli

economici, di qualsiasi tipo essi siano). L'idea di fondo è quella di spiegare e incorporare in

una nuova teoria descrittiva le violazioni più comuni e robuste dell'assioma di razionalità del

consumatore (declinabile in una gran numero di forme). Il risultato può essere letto in molti

modi. I detrattori lo descrivono come una collezione di curiosità, al più vagamente divertente,

e di nessuna utilità per la teoria economica. Nella nostra opinione molte intuizioni hanno un

potere predittivo così evidente che è difficile ignorarle. Sicuramente sono qualcosa di ben

diverso rispetto a quello con cui gli economisti si sono abituati a lavorare, e non mancano i

problemi e le incoerenze. Dopotutto però pare plausibile, dopo il superamento delle ipotesi

(nell'ordine) di concorrenza perfetta e perfetta informazione nei modelli economici, che si

trovi il modo di rilassare anche l'assunzione palesemente estrema di perfetta razionalità e

incorporare nelle fondamenta della teoria i concetti chiave dell'economia comportamentale,

anche se questa conclusione non è certo scontata. Nel secondo capitolo abbiamo voluto dare

un modesto assaggio di come le numerose ipotesi sui comportamenti umani che sono raccolte

nella teoria del Mental Accounting sono naturalmente messe in discussione e rinforzate, in un

processo dialettico, dai risultati sperimentali. La prima parte dell'esperimento, riguardante

l'effetto dotazione, ha fornito una discreta conferma della teoria, anche se con vari problemi

aperti, in primis il comportamento assai poco razionale degli agenti nei primi turni. Il

questionario, sebbene inadeguato per indagare sulle decisioni in condizioni di rischio, ha dato

l'opportunità di raccogliere un'evidenza molto favorevole riguardo alla teoria della codifica di

eventi multipli, rispecchiando in pieno le previsioni della teoria comportamentale.

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[Allegato 1] Istruzioni per l'esperimento del 4/10 --- “Gettoni e Oggetti”

Questo è un esperimento sulle scelte economiche individuali, con il quale vogliamo studiare alcuni aspetti dei meccanismi decisionali. Le istruzioni sono semplici e complete, e se le segui attentamente e prendi buone decisioni potresti guadagnare una discreta somma di denaro e altri oggetti. Ti preghiamo di non comunicare con nessuno e di non reagire verbalmente in alcun modo agli eventi che accadono durante l'esperimento.L'esperimento si compone di due fasi: la prima riguarda mercati di gettoni virtuali a valore indotto; nella seconda fase invece si tratterà di normali beni di consumo. La prima fase si compone di 4 round: i primi due round si svolgono con importi ipotetici, che non verranno effettivamente pagati, mentre nel terzo e quarto round un partecipante sarà estratto a sorte alla fine del round e la transazione che lo riguarda sarà effettivamente eseguita. I primi due round dell'esperimento, nei quali non avvengono pagamenti veri, sono pensati per chiarire ogni dubbio e far comprendere il meccanismo: se avete qualche perplessità non esitate a chiedere agli sperimentatori alla fine o all'inizio del turno. Nelle seconda fase tutte le transazioni saranno eseguite rispetto alle scelte fatte, che sono pienamente vincolanti.Alla fine dell'esperimento ti attende un questionario.

PRIMA FASE:Nella prima fase dovrai fare delle scelte a proposito di gettoni virtuali. Questi oggetti, puramente nominali, che non esistono fisicamente, hanno per te un valore che ti è assegnato ad ogni periodo: è il valore che lo sperimentatore può pagarti se possiedi il tuo gettone alla fine del periodo.In ciascun round può esserti assegnato o meno il gettone: nel primo caso sarai un potenziale venditore e nel secondo un potenziale compratore.Se sei un venditore: Ciò significa che possiedi un gettone virtuale per il quale, alla fine del periodo, lo sperimentatore ti pagherà il valore che ti è stato specificato. Devi quindi formulare un prezzo minimo al quale sei disposto a cederlo. Ciò significa che per importi superiori o uguali al prezzo indicato cederai il tuo gettone, mentre per importi inferiori ne rimarrai in possesso.Il prezzo minimo che decidi tu verrà confrontato con un prezzo casuale estratto, al quale eventualmente avverrà la transazione.E' essenziale che ti sia chiaro che il prezzo che indichi non sarà il prezzo a cui cederai il tuo gettone: se il prezzo estratto sarà minore del prezzo che hai indicato, non avverrà alcuna transazione, altrimenti scambierai il tuo gettone con un importo pari al prezzo estratto. Un esempio: se tu indichi un prezzo minimo di €1 e il prezzo estratto è €5, cederai il tuo gettone e riceverai 5€. Se, nello stesso caso, il prezzo estratto fosse €0,5, non cederesti il tuo gettone, e potresti riscuotere dallo sperimentatore il suo valore (in questo esempio €1).Da sottolineare inoltre che il prezzo minimo che indichi non influenza in alcun modo il prezzo estratto, che è casuale. Nota inoltre che se il prezzo che indichi è inferiore al valore del gettone, rischi di venderlo ad un prezzo inferiore a ciò che potresti ricevere dallo sperimentatore; viceversa indicando un prezzo superiore, rischi di perdere transazioni vantaggiose. Ad esempio se hai un gettone che vale €1, e indichi come prezzo minimo di vendita €5 non potrai cederlo se il prezzo estratto è €4, e invece di ottenere €4 rimarrai col tuo gettone che vale €1. Se viceversa stabilisci che cederai il tuo gettone per prezzi superiori a €0,5 rischi di cedere al possibile prezzo estratto €0,6 il gettone che per te valeva €1.Se sei un compratore:Questo comporta che non possiedi un gettone virtuale; tuttavia, se riesci ad acquistarlo, lo sperimentatore ti pagherà alla fine del round il valore che ti viene comunicato all’inizio del round. Devi in questo caso formulare un prezzo massimo al quale sei disposto a comperarlo. Ciò significa che per importi inferiori o uguali al prezzo indicato acquisterai il tuo gettone, mentre per importi superiori non ne verrai in possesso.Il prezzo massimo che decidi tu verrà confrontato con un prezzo casuale estratto, al quale eventualmente avverrà la transazione.E' essenziale che ti sia chiaro che il prezzo che indichi non sarà il prezzo a cui acquisirai il tuo gettone: se il prezzo estratto sarà maggiore del prezzo che hai indicato, non avverrà alcuna transazione, altrimenti pagherai il prezzo estratto per venire in possesso del gettone. Un esempio: se tu indichi un prezzo massimo di €1 e il prezzo estratto è €5, non acquisterai il tuo gettone. Se, nello stesso caso, il prezzo estratto fosse €0,5, compreresti il gettone per €0,5 e potresti ottenere il suo valore dallo sperimentatore.Da sottolineare inoltre che il prezzo massimo che indichi non influenza in alcun modo il prezzo estratto, che è

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casuale. Nota inoltre che se il prezzo che indichi è inferiore al valore del gettone rischi di perdere transazioni vantaggiose, viceversa indicando un prezzo superiore rischi di comprarlo ad un prezzo superiore a ciò che potresti ricevere dallo sperimentatore.Ad esempio se puoi comprare un gettone che per te vale €1, se indichi come prezzo massimo di acquisto €5, lo acquisirai se il prezzo estratto è €4, ma dovrai pagare €4 per il tuo gettone che vale €1 e dunque incorrerai in una perdita. Se viceversa stabilisci che comprerai il tuo gettone per prezzi inferiori a €0,5 rischi di non acquistare al possibile prezzo estratto €0,6 il gettone che per te valeva €1.

SECONDA FASE:Nella seconda fase, il meccanismo è sostanzialmente lo stesso, come lo stesso è il compito che ti è richiesto, ma questa volta si tratta di beni reali e non di gettoni virtuali. Si tratta nel primo round di un piccolo thermos, il cui valore di mercato è di circa €3,5, e di una penna a sfera, il cui valore si aggira intorno ai €2,5.Anche questa volta potrai essere venditore o compratore, a seconda che, in ciascuno dei due round, ti venga assegnato o meno un oggetto.Ti preghiamo di notare che le scelte che fai sono vincolanti, e che se decidi di acquistare un bene dovrai versare l'importo corrispondente. Ricordiamo inoltre che siamo a disposizione per fornire credito e resti.Se ti viene assegnato un oggetto all'inizio del periodo:Sei un potenziale venditore. Infatti l'oggetto che ti è stato assegnato è a tutti gli effetti tuo. Ti viene però richiesto di formulare un prezzo minimo a cui saresti disposto a cederlo. Indica quindi il più basso importo in euro per cui venderesti il bene in tuo possesso. Non c'è un prezzo “giusto”, perchè ognuno ha una propria valutazione personale del bene: la strategia ottimale è senza dubbio quella di esprimere veramente le proprie preferenze. Questo prezzo minimo sarà poi confrontato con un prezzo estratto a sorte, e se questo sarà maggiore del tuo prezzo minimo, cederai il tuo bene al prezzo estratto (che anche stavolta è del tutto indipendente dalle scelte tue e degli altri). Ad esempio se hai indicato che non cederai il tuo bene per meno di €1, e il prezzo estratto è €5, dovrai cedere il bene in cambio di €5; se il prezzo estratto fosse di €0,5 non cederesti il tuo bene e potresti portarlo a casa. E' opportuno ripetere che conviene indicare sinceramente le proprie preferenze, dato che affermare valori troppo bassi può portarti a cedere il bene per prezzi non congrui alle tue valutazioni, mentre indicare valori troppo alti può farti perdere transazioni vantaggiose.Se non ti viene assegnato un oggetto all'inizio del periodo:Sei un potenziale compratore. Puoi osservare l'oggetto in possesso del tuo vicino e cercare di acquistarne uno identico. Ti viene richiesto di formulare un prezzo massimo a cui saresti disposto ad acquistarlo. Indica quindi il più alto importo in euro per cui compreresti il bene in questione. Non c'è un prezzo “giusto”, perchè ognuno ha una propria valutazione personale del bene: la strategia ottimale è senza dubbio quella di esprimere veramente le proprie preferenze. Questo prezzo massimo sarà poi confrontato con un prezzo estratto a sorte, e se questo sarà minore del tuo prezzo massimo, acquisterai il tuo bene al prezzo estratto (che anche stavolta è del tutto indipendente dalle scelte tue e degli altri). Ad esempio se hai indicato che comprerai il bene per €1 massimo, e il prezzo estratto è €5, non acquisterai il bene; se invece il prezzo estratto fosse €0,5 potrai portare a casa il bene pagando appunto €0,5. E' opportuno ripetere che conviene indicare sinceramente le proprie preferenze, dato che affermare valori troppo alti può portarti a comprare il bene per prezzi non congrui alle tue valutazioni, mentre indicare valori troppo bassi può farti perdere transazioni vantaggiose.Infine ti proponiamo un breve questionario, nel quale ti sono presentate poche domande a scelta multipla. Tutto ciò che devi fare è leggerle con attenzione e scegliere l'alternativa che preferisci. Tieni presente che nel questionario non ci sono risposte giuste o sbagliate, e devi rispondere pensando a come agiresti in una situazione analoga nella vita di tutti i giorni. In ogni caso, il questionario non influisce sulla tua remunerazione finale.I pagamenti dovuti, in denaro ed in natura, saranno effettuati alla fine della sessione di esperimenti e includeranno la show-up fee (i €3 assicurati a tutti). Verrà messo in atto un meccanismo di compensazione, per cui se hai speso del denaro per comprare un oggetto ma ne hai guadagnato negli esperimenti, ti verrà versata alla fine la differenza tra i due importi.

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