GILDA MARZO 2018...GILDA ADOLFO SCOTTO DI LUZIO e TOMASO MONTANARI Professione Professione...

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GILD A ADOLFO SCOTTO DI LUZIO e TOMASO MONTANARI ADOLFO SCOTTO DI LUZIO e TOMASO MONTANARI anno XXVIII 2 Professione Professione DCOOSO325 MARZO 2018 Contiene I.R. - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB Roma Contiene I.R. - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB Roma I Settant’anni della Costituzione. FABRIZIO TONELLO FABRIZIO TONELLO Vulnerabilità di base nel sistema scolastico. LUCA SERIANNI LUCA SERIANNI La libertà d’insegnamento non è solo un principio costituzionale ma anche un principio applicativo. ROBERTO CASATI ROBERTO CASATI Parole matematiche. In caso di mancato recapito inviare al CSL STAMPE ROMA Troppa fretta a firmare il contratto. Il Punto di RINO DI MEGLIO NUOVO CONTRATTO: NUOVO CONTRATTO: tutto quello che c’è da sapere.

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G I L D A

ADOLFO SCOTTO DI LUZIOe TOMASO MONTANARIADOLFO SCOTTO DI LUZIOe TOMASO MONTANARI

anno XXVIII2 ProfessioneProfessione

DCOOSO325

MARZO 2018

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I Settant’anni della Costituzione.

FABRIZIO TONELLOFABRIZIO TONELLOVulnerabilità di basenel sistema scolastico.

LUCA SERIANNI LUCA SERIANNI La libertà d’insegnamento nonè solo un principio costituzionalema anche un principio applicativo.

ROBERTO CASATIROBERTO CASATIParole matematiche.

In caso di mancato recapitoinviare al CSL STAMPE ROMA

Troppa fretta a firmare il contratto.

Il Punto diRINO DI MEGLIO

NUOVO CONTRATTO:NUOVO CONTRATTO:tutto quello che c’è da sapere.

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PROFESSIONE DOCENTEReg. Tribunale di Roma n. 257/90 del 24/04/'90

Direttore ResponsabileFranco ROSSO

Responsabile di RedazioneRenza BERTUZZI

Vice caporedattoreGianluigi DOTTI

Comitato di redazioneAntonio ANTONAZZO, Piero MORPURGO,

Massimo QUINTILIANI, Fabrizio REBERSCHEGGHanno collaborato a questo numero

Fabio Barina, Roberto Casati, Vito Carlo Castellana,Rosario Cutrupia, Alberto Dainese, Tomaso Montanari,

Marco Morini, Adolfo Scotto di Luzio,Fabrizio Tonello, Ester Trevisan

Stampa Romana Editrice - 069570199

GILDA DEGLI INSEGNANTIVia Salaria, 44 00198 Roma

Tel. 068845005 - Fax 0684082071UNAMS - Viale delle Provincie, 184 - 00162 Roma

Sito internet: www.gildaprofessionedocente.itE-mail: [email protected]

S O M M A R I O

G I L D A

2

23456-78-9101112131415161718191920

a cura di Rosario Cutrupia

CONTRATTO, COSTITUZIONE E MOLTO ALTRO

CONTRATTO, COSTITUZIONEE MOLTO ALTRO

Il Punto di Rino Di MeglioCONTRATTO INSUFFICIENTE.LA FGU NON HA FIRMATO A... Gianluigi Dotti INIZIO TRATTATIVE: QUESTLE PROPOSTE IRRICEVIBILI...Gianluigi Dotti FINE TRATTATIVE: L’AZIONESINDACALE HA PRODOTTO...Ester TrevisanDOBBIAMO SFORZARCI DIEDUCARE IN SENSO CRITICO...Adolfo Scotto di LuzioSCUOLA E COSTITUZIONE

Fabrizio Reberschegg COME SEMPRE LA SCUOLA EGLI INSEGNANTI RIMANGONO...Tomaso Montanari ARTICOLO 9: LA CULTURA PERPRESERVARE LA DEMOCRAZIAFabrizio TonelloVULNERABILITÀ DI BASENEL SISTEMA SCOLASTICO Alberto Dainese LA LEZIONE FRONTALE

Roberto Casati PAROLE MATEMATICHE

Vito Carlo Castellana ALLA FIERA DEI TITOLI

Fabio Barina LA SCUOLA BREVE

Piero Morpurgo1928: DIRITTI, INNOVAZIONI,RESTRIZIONI NELLA SCUOLAMarco MoriniIN GRAN BRETAGNASI RIPARLA DI GRAMMAR SCHOOLMassimo QuintilianiNON È UN PAESE PER PROF!

Massimo Quintiliani PALERMO CAPITALE ITALIANADELLA CULTURA 2018Ester TrevisanCOME VOLEVASI DIMOSTRARE

Qualifica fasce anzianità

TOTALE LORDO

TRATTENUTE previd.li e fiscali

TOTALE NETTO

NETTO (media

mensile)

DOCENTE SCUOLA INFANZIA

ELEMENTARE

Da 0 a 8 � 443,50 � 147,15 � 296,35 � 10,58 Da 9 a 14 � 491,90 � 164,08 � 327,82 � 11,71 Da 15 a 20 � 534,40 � 179,11 � 355,29 � 12,69 Da 21 a 27 � 578,90 � 194,66 � 384,24 � 13,72 Da 28 a 34 � 617,50 � 223,03 � 394,47 � 14,09 Da 35 in poi � 650,20 � 239,01 � 411,19 � 14,69

DOCENTE DIPLOMATO SCUOLA

SUPERIORE

Da 0 a 8 � 443,50 � 147,20 � 296,30 � 10,58 Da 9 a 14 � 491,90 � 164,13 � 327,77 � 11,71 Da 15 a 20 � 534,40 � 179,16 � 355,24 � 12,69 Da 21 a 27 � 595,90 � 200,71 � 395,19 � 14,11 Da 28 a 34 � 637,10 � 233,68 � 403,42 � 14,41 Da 35 in poi � 669,80 � 247,97 � 421,83 � 15,07

DOCENTE SCUOLA MEDIA

Da 0 a 8 � 480,10 � 160,00 � 320,10 � 11,43 Da 9 a 14 � 539,00 � 180,60 � 358,40 � 12,80 Da 15 a 20 � 587,40 � 197,72 � 389,68 � 13,92 Da 21 a 27 � 635,80 � 231,92 � 403,88 � 14,42 Da 28 a 34 � 684,20 � 250,40 � 433,80 � 15,49 Da 35 in poi � 720,20 � 266,34 � 453,86 � 16,21

DOCENTE LAUREATO SCUOLA SUPERIORE

Da 0 a 8 � 480,10 � 160,00 � 320,10 � 11,43

Da 9 a 14 � 551,40 � 184,95 � 366,45 � 13,09

Da 15 a 20 � 605,70 � 204,12 � 401,58 � 14,34

Da 21 a 27 � 699,10 � 257,45 � 441,65 � 15,77

Da 28 a 34 � 720,20 � 266,34 � 453,86 � 16,21

Da 35 in poi � 755,50 � 285,94 � 469,56 � 16,77

Qualifica fasce anzianità

RETRIBUZIONE MENSILE RETRIBUZIONE MENSILE AUMENTO

da 1/3/2018 da 1/4/2018

Stipendio RPD Elemento perequativo Stipendio RPD Elemento

perequativo da 1/7/2010 a 1/4/2018

DOCENTE SCUOLA INFANZIA

ELEMENTARE

Da 0 a 8 � 1.666,36 � 174,50 � 19,00 � 1.678,43 � 174,50 � 19,00 � 85,50 Da 9 a 14 � 1.849,84 � 174,50 � 14,00 � 1.861,92 � 174,50 � 14,00 � 86,50 Da 15 a 20 � 2.011,34 � 214,80 � 8,00 � 2.023,42 � 214,80 � 8,00 � 87,80 Da 21 a 27 � 2.169,22 � 214,80 � 3,00 � 2.181,30 � 214,80 � 3,00 � 88,80 Da 28 a 34 � 2.324,07 � 273,20 � --- � 2.336,15 � 273,20 � --- � 93,70 Da 35 � 2.439,67 � 273,20 � --- � 2.451,74 � 273,20 � --- � 97,70

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DOCENTE DIPLOMATO

SCUOLA SUPERIORE

Da 0 a 8 � 1.666,36 � 174,50 � 19,00 � 1.678,43 � 174,50 � 19,00 � 85,50 Da 9 a 14 � 1.849,84 � 174,50 � 14,00 � 1.861,92 � 174,50 � 14,00 � 86,50 Da 15 a 20 � 2.011,34 � 214,80 � 9,00 � 2.023,42 � 214,80 � 9,00 � 88,80 Da 21 a 27 � 2.245,80 � 214,80 � 4,00 � 2.257,88 � 214,80 � 4,00 � 91,80 Da 28 a 34 � 2.399,41 � 273,20 � --- � 2.411,48 � 273,20 � --- � 95,70 Da 35 � 2.516,29 � 273,20 � --- � 2.528,37 � 273,20 � --- � 99,70

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DOCENTE SCUOLA MEDIA

Da 0 a 8 � 1.807,77 � 174,50 � 15,00 � 1.820,88 � 174,50 � 15,00 � 85,50 Da 9 a 14 � 2.021,73 � 174,50 � 9,00 � 2.034,84 � 174,50 � 9,00 � 87,50 Da 15 a 20 � 2.209,27 � 214,80 � 3,00 � 2.222,38 � 214,80 � 3,00 � 89,80 Da 21 a 27 � 2.391,57 � 214,80 � --- � 2.404,68 � 214,80 � --- � 92,80 Da 28 a 34 � 2.570,50 � 273,20 � --- � 2.583,61 � 273,20 � --- � 101,70 Da 35 � 2.703,67 � 273,20 � --- � 2.716,78 � 273,20 � --- � 106,70

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DOCENTE LAUREATO SCUOLA

SUPERIORE

Da 0 a 8 � 1.807,77 � 174,50 � 15,00 � 1.820,88 � 174,50 � 15,00 � 85,50

Da 9 a 14 � 2.074,21 � 174,50 � 9,00 � 2.087,32 � 174,50 � 9,00 � 88,50

Da 15 a 20 � 2.276,64 � 214,80 � 3,00 � 2.289,75 � 214,80 � 3,00 � 91,80

Da 21 a 27 � 2.534,58 � 214,80 � --- � 2.547,69 � 214,80 � --- � 97,80

Da 28 a 34 � 2.703,67 � 273,20 � --- � 2.716,78 � 273,20 � --- � 106,70

Da 35 � 2.837,68 � 273,20 � --- � 2.850,79 � 273,20 � --- � 110,70

GLI AUMENTI IN BUSTA PAGA DEL PERSONALE DELLA SCUOLA PERSONALE DOCENTEArretrati del periodo 1/1/2016 - 28/2/2018 (26 mesi)

GILDA DEGLI INSEGNANTI FEDERAZIONE GILDA UNAMS

GILDA DEGLI INSEGNANTI FEDERAZIONE GILDA UNAMS

LE RETRIBUZIONI DEL 2018 DEL PERSONALE DELLA SCUOLA PERSONALE DOCENTE

L'AUMENTO E' UGUALE ALLA DIFFERENZA TRA LO STIPENDIO LORDO DI APRILE 2018 EQUELLO DI LUGLIO 2010.L’IMPORTO NETTO MENSILE SI OTTIENE NEL MODO SEGUENTE:Importo lordo meno trattenute previdenziali (11% circa) e IRPEF (27% o 38%)Esempi:

Questo numero riserva molto spazio al rinnovo del contratto, alle problematiche risolte e a quelle ancoraaperte: un’informazione dettagliata su questo fondamentale argomento. Quindi, i settant’anni della Co-stituzione e i principi in essa contenuti, ancora pienamente in vigore e,come sempre, molto altro ancora.

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OFFICINAGILDA

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IL PUNTOdel Coordinatore nazionale

Di Meglio, la Gilda non ha sotto-scritto il contratto del personale dellascuola. Poche risorse, è stato detto.Tuttavia, le risorse erano già cono-sciute. Il governo poteva fare di più,secondo lei?La scarsa entità delle risorse economi-che per il rinnovo contrattuale era nota:le cifre corrispondevano, infatti, aquelle stanziate nelle leggi di Stabilitàche si sono succedute dal 2009 ad oggi.Il ministero dell’Economia aveva indi-cato gli aumenti medi nell’ordine del3,48%, una percentuale che paradossal-mente per la sezione scuola del com-parto istruzione si traduceva in una me-dia di circa 73 euro, non riuscendoquindi a raggiungere nemmeno gli 85euro del famoso accordo del novembre2016 tra Governo e Confederazioni. Cer-tamente il Governo poteva fare di più, sitratta di scelte politiche: non è stato te-nuto conto in alcun modo che la scuola, inquanto a retribuzioni, costituisce il fanalino dicoda di tutto il pubblico impiego. Per rendersiconto di questa situazione, basta fare un para-gone tra quegli ex comparti che ora si trovanoinsieme nel contratto scuola: per esempio, lostipendio delle figure amministrative delle uni-versità, cioè quelle che corrispondono ai bidellidella scuola, vede sul tabellare una differenzadi circa 2mila euro lordi l’anno, oltre ad unagrande differenza sull’integrativo. Il para-dosso è che abbiamo un comparto unicocon stipendi differenziati e sempre adanno del personale della scuola.Quando in passato il Governo si è trovato afare contratti con comparti che contavano po-chi dipendenti, è stato più generoso. Nei casi incui i dipendenti sono tanti, come nella scuola,il Governo ha lesinato, creando grosse ingiusti-zie: non dimentichiamo che la Costituzionestabilisce che, a parità di lavoro, dovrebbe cor-rispondere parità di retribuzione. Si tratta di unprecetto costituzionale che tutti hanno dimen-ticato, compresi i sindacati. Visto che non sipuò cavare il sangue dalle pietre e che non sipotevano avere altre risorse oltre a quelle stan-ziate dalla legge di Stabilità, la Fgu ha propo-sto di recuperare altri fondi dai 200 milionistanziati dalla legge 107/2015 per il bonus delmerito. Non si trattava di grandi cifre, maalmeno avrebbe rappresentato un risul-tato politico, perché avremmo scardi-nato un pezzo della cosiddetta BuonaScuola che consideriamo fortemente ne-

gativo e avremmo riportato un po’ di re-cupero agli stipendi del personale dellascuola. L’obiettivo è stato raggiuntoparzialmente, perché il Governo ha rinun-ciato a circa un terzo dei 200 milioni e ciò haconsentito semplicemente di dare alla scuolagli 85 euro, lasciando però inalterata la forbiceretributiva con gli altri comparti. Questo ci haindotto a dare un giudizio di insufficienza alcontratto. L’aspetto normativo presenta novitàdi rilievo?Dal punto di vista normativo, guardan-dolo a posteriori, il contratto risultasemplicemente inutile perché per il 95 percento sono richiamate le norme del vecchiocontratto. Però, guardando il punto dipartenza della trattativa, aver difeso leposizioni si configura come un risultatopositivo. Siamo riusciti a conservare gliscatti di anzianità, la cui abolizione è statapiù volte proposta, e a difendere la fun-zione docente e il lavoro degli inse-gnanti. La bozza iniziale del contratto,che la Fgu ha definito inaccettabile sin dalprimo momento, prevedeva lavoro nero ob-bligatorio per tutti, cioè inseriva nella funzionedocente il tutoraggio dell’alternanza scuola-la-voro e la formazione a titolo gratuito. Tuttoquesto non è passato. Da un punto di vistanormativo, inoltre, il contratto pone unargine alla deriva dello strapotere assegnatoal dirigente scolastico. Sul fronte delle relazionisindacali si è fatto qualche modesto passoavanti, aumentando gli ambiti del confronto, ilche significa avere diritto ad un’infor-mazione più ampia.Perché tanta fretta di chiudere ilcontratto e perché i sindacati si sonodivisi sulla firma?La fretta è stata chiaramente dettata dallacampagna elettorale: il Governo pensavadi ottenere qualche vantaggio con que-sta modesta elargizione agli inse-gnanti. In realtà questa strategia può risul-tare controproducente perché dopo 9 anni diattesa aumenti così irrisori hanno un saporebeffardo. Non è una novità usare la distribu-zione di denaro in campagna elettorale: nel-l’antica Roma c’erano le frumentarie, cioè lespartizioni di frumento.I sindacati si sono divisi sulla firma per una di-vergenza di valutazioni: c’è chi ha ritenutodi aver ottenuto buoni risultati e chi,come la Federazione Gilda-Unams, ha ri-tenuto che il contratto non raggiungesse

la sufficienza. Se avessimo ottenuto ilpassaggio nelle retribuzioni di tutti i 200milioni del merito, sicuramente il nostrogiudizio sarebbe stato migliore.Qualcuno potrebbe sostenere chenon firmare un contratto è un atto dimancata responsabilità verso i docentiche lo aspettavano da 9 anni. È così?Il problema della responsabilità ce lo siamoposto. Non abbiamo condiviso le moda-lità con cui si è arrivati al rinnovo delcontratto, perché la fretta estrema nonha lasciato alcun margine di discussionee ragionamento ponderato. Adesso biso-gnerà tenere conto di due contratti insieme percapire cosa è vigente e ciò creerà confusionenelle scuole. Noi abbiamo sempre sostenutoche gli insegnanti, per poter lavorare, hannobisogno di certezza sui loro diritti, doveri e re-sponsabilità. La mancata chiarezza incide ne-gativamente sulla vita scolastica.Che significato politico ha il rifiutodella Gilda? Se lo dovesse tradurre inun discorso politico agli iscritti e ai do-centi cosa direbbe?Quello della Gilda non è un rifiuto apriori. Visto che si trattava di un’ipotesi dicontratto, ci siamo presi del tempo, così dapoter analizzare attentamente il testo. A taleproposito, va sottolineato che nella notte tral’8 e il 9 febbraio all’Aran non abbiamo avutoneanche il tempo di leggere la versione defi-nitiva. Il presidente Gasparini è rientrato insala firmando già il contratto senza che aves-simo avuto la possibilità di dargli un’occhiata.E comunque, poiché riteniamo importante ilcontatto con la base dei colleghi, ci prende-remo tutto il tempo necessario per consultarei nostri iscritti e ci comporteremo di conse-guenza.Adesso come continuerà le sue bat-taglie la Gilda?Con la coerenza che ci ha sempre con-traddistinto. Le nostre battaglie non siesauriscono di certo con il contratto di la-voro, che rappresenta soltanto un episodiodella nostra azione sindacale. Noi ci bat-tiamo per la difesa e la rivalutazionedella professione docente e continue-remo strenuamente ad opporci alladeriva impiegatizia e alla legge107/2015 che vorremmo abrogare. Nonci fermeremo fino a quando non avremocentrato questi obiettivi e il contratto, lo ri-badisco, è semplicemente un episodio diquesta battaglia.

a cura di Renza Bertuzzi e Ester Trevisan

CONTRATTO INSUFFICIENTE.LA FGU NON HA FIRMATO A PRECIPIZIO:È NECESSARIO CONSULTARE ISCRITTI E DELEGATIIl contratto è solo un episodio della nostra azione sindacale. Noi continueremo a batterci per ladifesa e la rivalutazione della professione docente.

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Inizio trattative: queste le proposteirricevibili del Governo per il rinnovo

di un contratto fermo dal 2009

RINNOVO DEL CONTRATTO DI LAVORO DEL PERSONALE DELLA SCUOLA. PERCHÉ LA FGU-GILDA HA DETTO NO

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L’ultimo Contratto Collettivo Nazionale diLavoro (CCNL) degli Insegnanti era sta-

to firmato per la parte normativa il 29 no-vembre 2007 e per la parte economica il23 gennaio 2009 (http://www.arana-genzia.it/contrattazione/comparti/scuola/contratti.html).Questo significa che dal 1 gennaio 2009per gli stipendi degli insegnanti non c’erapiù stato alcun incremento, nonostante ilcosto della vita per le famiglie dei docentisia aumentato, come del resto tutti possia-mo toccare con mano. Gli insegnanti, quin-di, in questi 9 anni sono diventati più pove-ri. L’unica vera conquista dell’ultimodecennio, raggiunta grazie all’iniziati-va della Gilda degli Insegnanti, è statoil recupero degli scatti di anzianità (tranneil 2013 ancora in sospeso) e il loro mante-nimento, che ha portato nelle tasche deidocenti italiani diverse migliaia di euro.Nel mese di dicembre 2017 avevano avutoinizio le trattative per il rinnovo del CCNLscuola e nella prima bozza, redatta sullabase dell’Atto di indirizzo del Governo epresentata dall’ARAN alle OOSS, la sorpre-sa più grande non è stata sulla parteeconomica, che in linea con l’accordo del30 novembre 2016 tra il Governo e leOOSS, che la Gilda non ha firmato, ave-va messo a disposizione del rinnovo delCCNL una cifra inferiore agli 85,00 euromedi lordi al mese di aumento, ma sullaparte normativa.

QUESTE IN SINTESI LE INCREDIBILIPROPOSTE CHE IL GOVERNO AVEVAAVUTO L’ARDIRE DI PRESENTARE. 1. Un aumento, di fatto senza retri-

buzione, dell’orario di lavorograzie all’introduzione, nelle attivitàfunzionali all’insegnamento (quellegratuite), dell’obbligo di forma-zione, dell’obbligo del tutorag-gio per l’Alternanza Scuola Lavo-ro e per i nuovi ordinamenti de-gli Istituti professionali, lasciandoai Dirigenti scolastici la possibilità di sce-gliere a chi assegnare questi compiti(staff del Dirigente).

2. Per le sanzioni disciplinari, l’ap-plicazione pedissequa del D.lgs75/2017 (Madia) con palesesprezzo del principio per cui lafunzione docente risponde aldettato costituzionale della li-bertà di insegnamento. In questaproposta, il Dirigente scolastico, nonun organismo terzo ma il “capo” dellascuola, unirebbe in sé tutti i poteri del-l’accusatore, del pubblico ministero e delgiudice per sanzioni fino a 10 giorni di

sospensione dello stipendio(non si era mai visto, neppureprima di Montesquieu!). Im-possibile permettere checiò avvenga in un am-biente tanto particolarequale quello della scuola.

A ciò si aggiunga che in tut-to il testo non si ribadivamai che la funzione istitu-zionale della scuola consi-ste nella “trasmissione dellacultura che, come recita il Testounico (D.lgs. 297 del 16 Aprile1994. Parte III, Titolo I, Capo I,art. 395) è l’essenza dell’attivitàdi insegnamento: “La funzionedocente è intesa come esplica-zione essenziale dell’attività ditrasmissione della cultura, dicontributo alla elaborazione diessa e di impulso alla partecipa-zione dei giovani a tale proces-so e alla formazione umana ecritica della loro personalità”.Allo stesso modo il principio co-stituzionale della “libertà di in-segnamento” compare una solavolta, in relazione alla formazio-ne del PTOF e non nella definizione dellafunzione docente.Anzi, l’impostazione ideologica, chenel solco della D.lgs. 150/2009 (Brunetta)e della Legge 107/2015 (Renzi-Giannini),ha guidato (e guida) gli estensori dellabozza di CCNL ha come obiettivo quello ditrasformare la funzione docente daprofessione intellettuale a impiegati-zia, nella logica della scuola-azienda.Questo era evidente nel seguente passag-gio della bozza del CCNL: “I docenti svol-gono le attività di insegnamento di cuiall’articolo - (Attività di insegnamento),nonché le attività per il potenziamento del-l’offerta formativa di cui all’articolo - (Atti-vità per il potenziamento dell’offerta for-mativa) e quelle organizzative e ammi-nistrative di cui all’articolo - (Attività or-ganizzative e amministrative), nel rispettodelle esigenze didattiche previste dagli or-dinamenti vigenti.”Il tutto nella filosofia della legge107/2015 di assegnare più potere ai Diri-genti scolastici (si veda il capitolo relativoalle sanzioni disciplinari) anche nelle rela-zioni Sindacali:• introducendo l’istituto del “confronto”,

in pratica un’informativa a richiesta delleOOSS, la cui conclusione è un verbale chelascia libero il Dirigente di fare quello chevuole. Con ciò si eliminerebbe tuttal’informativa preventiva e successi-

va obbligatoria per la contrattazio-ne di secondo livello, con grave no-cumento alla trasparenza;

• sottraendo alla contrattazione integrativanazionale la formazione, gli utilizzi e leassegnazioni provvisorie, gli organici,l’ASL e a livello di scuola: l’aggiornamen-to e la formazione, i criteri per la riparti-zione dei fondi non FIS, l’articolazionedell’orario di lavoro, l’assegnazione allesedi/plessi dei docenti, l’assegnazionealle attività del PTOF (potenziamento) deidocenti.

Si continua, infine, a mantenere la normache impone l’esclusione delle OOSS, anchese rappresentative, dalle contrattazioni inte-grative nazionali, regionali e di scuola qualo-ra queste non firmino il CCNL. La normachiaramente antidemocratica ha lo scopo dilimitare il dissenso e danneggia i docentiperché priva del diritto ad essere rappresen-tati gli iscritti del sindacato rappresentativoche si rifiuta di sottoscrivere un CCNL.Su questa proposta complessiva chela Gilda Unams aveva dichiarato irri-cevibile, soprattutto a causa dell’in-tervento sull’orario dei docenti esulla funzione docente, sono conti-nuate le trattative che hanno porta-to ad un diverso articolato, con mo-difiche importanti proprio su queidue punti da noi considerati indiscu-tibili. Il risultato è sintetizzato del-l’articolo che segue.

OFFICINAGILDA

di Gianluigi Dotti

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Fine trattative: l’azione sindacale haprodotto risultati importanti, sufficientiper alcuni sindacati ma non per la Gilda-Unams…

Il CCNL 2016/2018 riguarda il personale delle Istituzio-ni scolastiche ed educative, quello delle Istituzioni di

Alta formazione artistica, musicale e coreutica, quelledelle Università e delle Aziende ospedaliero-sanitarie equello delle Istituzioni ed Enti di ricerca e sperimentazio-ne (art. 1). Il nuovo testo è strutturato in una Parte co-mune al personale di tutte queste Amministrazioni e inSezioni specifiche, come quella della scuola. A questanovità si aggiunge l’art. 1, c. 10 del nuovo CCNL,il quale mantiene in vigore tutti gli articoli delprecedente CCNL 2006/2009 che non siano modi-ficati dal nuovo.Il risultato finale è quello di un “contrattone” di diversecentinaia di pagine con poca chiarezza e moltaconfusione per gli insegnanti che dovrannoutilizzarlo e si sa che quando le norme nonsono chiare ne approfitta chi ha più potere,cioè i Dirigenti scolastici.Tuttavia l’estenuante e difficile trattativa, dopo noveanni di vacanza contrattuale, ha portato ad alcuni ri-sultati che, anche se non pienamente soddisfa-centi per la delegazione FGU-Gilda degli Inse-gnanti che non ha sottoscritto l’ipotesi di CCNL,hanno permesso di mantenere inalterati i di-ritti dei docenti e intaccato uno dei pilastridella legge 107/2015: il bonus merito.

RISPETTO ALL’INIZIALE PROPOSTA DELL’ARAN(SU ATTO DI INDIRIZZO DEL GOVERNO) NELCCNL 2016/2018 • non c’è alcun aumento o aggravio dell’orario

di servizio: sia la proposta di obbligare i docenti altutoraggio gratuito dell’Alternanza scuola-lavoro siaquella del tutoraggio individuale dei professionalisono state cassate. Anche le attività funzionali all’in-segnamento rimangono 40+40 e sono regolate dal-l’art. 29 del CCNL 2006/2009 rimasto immutato;

• sono stati conservati nel CCNL gli scatti di an-zianità: che il governo voleva abolire a favore delmerito

• sono rimaste in vigore, sia per i docenti a tem-po indeterminato sia per quelli a tempo deter-minato, gli articoli del CCNL 2006/2009 per ciòche riguarda congedi parentali, ferie, permessi retri-buiti, permessi brevi, malattia, aspettative, attività diinsegnamento, funzioni strumentali, part-time.

• per le sanzioni disciplinari, che sono normatenella parte comune del CCNL per tutti i dipen-denti delle pubbliche Amministrazioni del

Comparto, l’intervento della delegazione dellaFGU-Gilda degli Insegnanti ha tenuto fermo ilprincipio per cui le regole sulle Responsabilitàdisciplinari non possono essere applicate aidocenti, che sono tutelati dalla Costituzionecon la libertà di insegnamento. Con l’art. 29,c. 1 del CCNL 2016/2018 si è ottenuto di nonapplicare agli insegnanti le regole sulla Re-sponsabilità disciplinare degli altri dipendentipubblici, ma di rinviare la materia ad una suc-cessiva sequenza contrattuale con il vincoloche non sarà possibile “sindacare, neppure in-direttamente, la libertà di insegnamento”.

PER QUANTO RIGUARDA LA FUNZIONE DOCEN-TE:• è stata cassata la norma che imponeva agli in-

segnanti di svolgere anche attività amministrative, ir-ricevibile per la nostra delegazione;

• sono rimasti in vigore gli articoli 26, 27 e 28 delCCNL 2006/2009 che normano tra l’altro l’orario dilavoro e le procedure per l’approvazione del pianodelle attività annuali da parte del Collegio dei docen-ti, rimasti quindi gli stessi di oggi, che riconosconole prerogative degli insegnanti;

• le poche integrazioni fatte con il CCNL 2016/2018agli articoli 26, 27 e 28 non intervengono in al-cun modo sulla funzione docente.

PER LE RELAZIONI SINDACALI • sono cambiati, rispetto alla proposta iniziale,

gli articoli relativi al settore scuola e in particolarequelli sulla contrattazione integrativa;

• sono state riportate, nella contrattazione nazio-nale, le materie delle assegnazioni provvisorie e de-gli utilizzi, così come la formazione, che erano stateavocate alle decisioni unilaterali del MIUR. Inquella di scuola sono state inserite la ripartizione deifondi accessori, compresi quelli dell’Alternanza scuola-lavoro, quelli della valorizzazione del personale (il bo-nus merito), la formazione del personale;

• è stato introdotto un nuovo punto che riguarda lapossibilità di contrattare il “diritto alla disconnessio-ne” per contrastare l’abitudine di Dirigenti scolastici esegreterie di mandare mail e circolari via web ad ogniora del giorno e della notte e nei giorni festivi;

• infine si verificheranno anche le ricadute sulla qualitàdel lavoro e sulla professionalità delle innovazionitecnologiche e dei processi di informatizzazione.

La novità nella parte specifica della scuola è che vieneintrodotto l’istituto del confronto (art. 6) che, però, nonsostituisce l’informazione (art. 5), quindi le Organiz-zazioni sindacali firmatarie (OOSS) mantengonoil diritto a ricevere in tempi congrui tutti i dati egli elementi conoscitivi per consentire alle stessedi prendere conoscenza delle questioni inerentile materie di confronto e contrattazione integra-tiva necessari a svolgere il proprio ruolo. L’istitutodel confronto si sostanzia nella “partecipazione costrut-tiva” (dialogo e proposte) delle OOSS alle decisioni

dell’Amministrazione. Il confronto non si conclude conaccordi e contratti ma con un semplice verbale che lascial’Amministrazione libera di operare (sic!).Nonostante questi risultati, diverse problemati-che rimangono aperte e hanno fatto propenderela delegazione della FGU-Gilda degli Insegnanti,sulla scorta delle indicazioni dell’Assembleanazionale e del Consiglio nazionale, per lanon-firma in attesa della consultazione degli or-gani statutari e dei docenti.

QUESTE LE PROBLEMATICHE IMPORTANTI NONRISOLTE • La nostra delegazione aveva proposto che i cri-

teri per l’assegnazione dei docenti alle attività di po-tenziamento fossero deliberati dal Collegio dei docen-ti, come avviene per l’assegnazione dei insegnanti alleclassi, ma nel CCNL 2016/2018 non vi è alcunaindicazioni su questa materia. All’art. 26 ci si limi-ta a ricordare che tutti “i docenti in servizio in ciascu-na istituzione scolastica appartengono al relativo or-ganico dell’autonomia” e all’art. 28 che le eventualiore di potenziamento non programmate nel PTOF sa-ranno destinate alle supplenze fino a 10 giorni;

• Il CCNI della mobilità diventa triennale (art. 22,c. 4, lettera a) e viene stabilito che il docente il qualeha presentato domanda di mobilità e che ottiene iltrasferimento sulla scuola richiesta volontariamentedebba rimanere per tre anni in quella scuola. Per glialtri rimane la possibilità di presentare domanda dimobilità annuale;

• Per quanto riguarda la parte economica lanostra delegazione ha rilevato l’esiguitàdegli aumenti stipendiali e degli arretratidopo nove anni di vacanza contrattuale.

Avevamo chiesto di utilizzare tutti i 200 milioni dieuro del bonus merito previsto dalla legge107/2015 per aumentare la Retribuzione Profes-sionale Docenti (RDP). Il bonus è stato un falli-mento ed è anche un elemento simbolico in nega-tivo della filosofia della 107/2015, da qui la ne-cessità di dare un segnale al mondo della scuolache si invertiva la rotta. Il Governo e le OOSS chehanno firmato l’ipotesi hanno scelto invece unasoluzione pasticciata: solo 70 milioni nel 2018, 50nel 2019 e 40 a regime nella RPD e il resto andràin trattativa di scuola con la rsu. Si apre in questomodo un inquietante scenario che coinvolge la rsu(anche il personale ATA) nella definizione del me-rito e dei compensi dei docenti e sicuramente en-tra in contrasto con il Comitato di valutazione de-putato per legge a definirne i criteri.Infine, rimane la clausola di esclusione dalla con-trattazione nazionale, regionale e di scuola perle OOSS che non firmeranno il CCNL (art. 22, c. 2)che la FGU-Gilda degli Insegnanti considera anti-democratica. Su queste criticità la FGU-Gilda de-gli Insegnanti consulterà i propri organismi sta-tutari e i docenti per approfondire i contenuti eproporre scelte condivise.

RINNOVO DEL CONTRATTO DI LAVORO DEL PERSONALE DELLA SCUOLA. PERCHÉ LA FGU-GILDA HA DETTO NO OFFICINAGILDA

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…che non si è precipitata a firmare il contratto, convinta che si poteva fare molto di più. Se solo il Governoavesse voluto mantenere le promesse ampiamente divulgate in questi mesi; se davvero avesse voluto-comepredicava- valorizzare il ruolo dei docenti e della scuola. La parola ora va ai delegati. di Gianluigi Dotti

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INTERVISTA A LUCA SERIANNI

Alcuni mesi fa un appello di oltre 600 docenti e intellettualiha lanciato un allarme sulle carenze linguistiche degli stu-

denti. Lei condivide quell’allarme? Quell’iniziativa ha suscitato una eco molto vasta, favorevole ma

anche sfavorevole. Ho apprezzato che su un tema tipicamente di-dattico relativo all’Italiano ci sia stata una mobilitazione esterna almondo della scuola, con storici come Galli Della Loggia e sociologicome Ricolfi. Sull’altro versante, però, ho trovato inaccettabile l’at-teggiamento anti-De Mauro che circolava in quelle pagine e anchein articoli scritti da alcuni dei promotori dell’appello, attribuendo a

De Mauro delle colpe che storicamente non ha: egli si è battuto perun principio assolutamente giusto, cioè quello della condivisionecon tutti del valore dell’istruzione, che non è affatto in contrasto

con la necessità di una scuola esigente che raggiunga i suoi risul-tati. Nel merito, i firmatari dell’appello insistevano molto

sull’ortografia, che certamente non è da trascurare ma chenon rappresenta la competenza più importante e quella di

cui si lamenta maggiormente la carenza. Le lacune più gravisono, da una parte, la difficoltà degli studenti di costruire un testo,

di interpretarlo e di saperlo leggere e, dall’altra parte, il lessicomolto limitato che rende difficile, per esempio, la comprensione di

un articolo di giornale.

Quali sono, secondo lei, le cause di questa impreparazionelinguistica così diffusa?

Non dobbiamo lasciarci condizionare da una distorsione ottica: perquanto si voglia essere laudatores temporis acti, 50 anni fa non tutti

i ragazzi scrivevano in un Italiano impeccabile. In realtà, la plateastudentesca di riferimento è cambiata perché l’istruzione, almeno

fino alla secondaria di primo grado compresa, è effettivamente uni-versale ed è chiaro che questo allargamento comporta qualche diffi-

coltà in più dal punto di vista della media. A ciò si aggiunge laminore dimestichezza con il testo tradizionalmente scritto. La Rete

ha una potenzialità straordinaria, tuttavia spesso favorisceun rapporto con la scrittura assolutamente rapido, episo-

dico, superficiale. Pensiamo anche agli aspetti più pericolosi dellaRete, in particolare ai tweet e anche ai blog che veicolano spessoconcetti, frasi di una superficialità sconcertante perché non c’è un

sufficiente filtro. La lettura di un testo scritto richiede indubbiamentepiù tempo e maggiore impegno.

Gli errori commessi dagli alunni riguardano non soltanto illessico e la sintassi, ma anche l’ortografia. A suo parere esi-

di Ester Trevisan

Dobbiamo sforzarci di educarein senso critico i cittadini per evitare

che si schierino su determinati argomentisenza essersi adeguatamente documentati

LUCA SERIANNILinguista e filologo italiano, è stato professore di Storia della lingua

italiana presso le Università di Siena, L’Aquila e Messina e a La

Sapienza di Roma (1980-2017). Ha incentrato le sue ricerche sulla

grammatica (Grammatica italiana - Suoni, forme, costrutti, con A.

Castelvecchi, 1988; Italiano - Grammatica, sintassi, dubbi, 1997),

sulla lingua letteraria (Introduzione alla lingua poetica italiana,

2001) e sui linguaggi settoriali (Un treno di sintomi - I medici e leparole: percorsi linguistici nel passato e nel presente, 2005).

Convinto sostenitore dell’importanza dell’indagine filologica (pre-

liminare e indispensabile all’analisi linguistica del testo), è ormai

considerato uno dei più attendibili e influenti studiosi della lingua

italiana. Socio dell’Accademia della Crusca e dell’Accademia Na-

zionale dei Lincei, nonché direttore delle riviste Studi linguisticiitaliani e Studi di lessicografia italiana, nel 2010 è stato nominato

vicepresidente della Società Dante Alighieri.

Serianni è anche curatore dell’opera in volumi Storia della linguaitaliana per immagini. Tra i saggi più recenti: Prima lezione di sto-ria della lingua italiana (2015), Parola (2016) e Per l’italiano diieri e di oggi (2018). Nel 2017 è stato nominato consulente del Mi-

nistero dell’istruzione per l’apprendimento della lingua italiana.

Per l’ortografia sarebbe sufficiente un piccolo sforzo da esaurire nella scuola primaria, perché sa-rebbe opportuno che nei gradi successivi dell’istruzione si pensasse a competenze più complesse earticolate. Il vecchio tema creativo non è scomparso, semplicemente vogliamo affiancarlo ad altre

tipologie, dando un particolare peso alla sintesi e alla riformulazione di un testo con domande chene verificano la comprensione. La libertà dell’insegnante non è soltanto un principio costituzio-nale, ma anche un principio applicativo che noi abbiamo tenuto ben fermo e che non abbiamo

messo in alcun modo in discussione. La Rete ha una potenzialità straordinaria, tuttavia spesso fa-vorisce un rapporto con la scrittura assolutamente rapido, episodico, superficiale.

LE NOSTREINTERVISTE

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stono margini di recupero efficaci? Se sì, entro quantotempo?

Secondo me un obiettivo che la scuola primaria dovrebbe raggiun-gere è quello di familiarizzare con le regole fondamentali dell’orto-

grafia, che non sono poi molte. Pensiamo alla difficoltà che ha unbambino inglese o un bambino francese di fronte a un’ortografia

indubbiamente molto più complicata: l’ortografia francese, peresempio, è ricca di grafie latineggianti.

Le regole fondamentali si traducono in pochi punti: primadi tutto, ovviamente, la divisione delle parole, poi l’uso degli ac-

centi, che non è molto difficile, e le principali oscillazioni grafichenelle quali possiamo incorrere per il soggiacente modello dialet-

tale, come il raddoppio erroneo di alcune consonanti. In generale,si tratta di non troppi casi di parole molto ricorrenti, che capita fre-

quentemente di scrivere, per le quali si può imparare attraversoesercizi che si possono applicare con successo alla primaria, come i

vari test a risposta multipla. Quindi sarebbe sufficiente unpiccolo sforzo da esaurire nella scuola primaria, perché

sarebbe opportuno che nei gradi successivi dell’istruzionesi pensasse a competenze più complesse e articolate.

A che punto sono i lavori della task force istituita dalMiur - e da lei presieduta - per migliorare le capacità lin-

guistiche degli studenti delle scuole secondarie? Qualestrategia di intervento verrà messa in campo?

Il 16 gennaio abbiamo presentato al Miur la bozza conte-nente i suggerimenti per la prova scritta dell’esame di se-

condaria di primo grado. Si tratta di indicazioni cherecepiscono ciò che un decreto legislativo già stabilisce riguardo latipologia dei testi da proporre. Il collegio scolastico potrà articolare

molto liberamente questi suggerimenti nella scelta delle terne dacui poi estrarre le tre tracce da sottoporre agli studenti. Il vecchiotema creativo non è scomparso, semplicemente vogliamoaffiancarlo ad altre tipologie, dando un particolare peso

alla sintesi e alla riformulazione di un testo con domandeche ne verificano la comprensione. La prova creativa consiste

nel testo narrativo: si parte da uno spunto, per esempio da unbrano letterario, che si interrompe chiedendo allo studente di pro-

seguire nel racconto. Quindi il testo creativo resta ma si dà al colle-gio la possibilità di variare a seconda della tipologia di studenti. La

libertà dell’insegnante non è soltanto un principio costi-tuzionale, ma anche un principio applicativo che noi ab-

biamo tenuto ben fermo e che non abbiamo messo inalcun modo in discussione.

Professore, dunque la commissione da lei presieduta hamandato in pensione il tema. Perché si è ritenuto che non

fosse più idoneo uno strumento che ha fatto esercitareper decenni gli studenti?

In realtà non lo abbiamo mandato in pensione del tutto,ma soltanto come prova finale. Il tema è utile in tutte le fasiprecedenti per le ragioni che ogni insegnante conosce: nella pri-maria, e anche all’inizio della secondaria, il tema classico

sul vissuto personale ha un valore pedagogico notevoleperché dà all’alunno la possibilità e il gusto di parlare li-

beramente di sé e soprattutto perché, attraverso il rac-conto autobiografico, possono venire fuori anche episodimolto gravi, come atti di bullismo e violenze. Dal punto di

vista didattico, il tema ha senz’altro una sua utilità, ma non è laprova secondo noi più adatta per mostrare l’effettiva padronanza

della lingua. Per questo, abbiamo strutturato le nostre proposte intipologie specifiche.

Nel sistema dell’istruzione disegnato dalla legge107/2015, in cui si punta a valorizzare le competenze a

scapito delle conoscenze, come si colloca il lavoro di unatask force come quella da lei guidata?

Non mi pare che nella legge della Buona Scuola ci sia un conflitto

tra competenza e conoscenza. Certa-mente la competenza è ciò che si chiede

di verificare, ma in realtà non sono due am-biti opposti e non si può avere una compe-

tenza adeguata se non si è sviluppata una seriedi conoscenze anche disciplinari. Al triennio delle su-

periori la prova di Italiano funziona veramente se fa leva su unaserie di conoscenze consolidate da parte degli alunni. Il tradizio-

nale tema letterario ha un’assoluta ragion d’essere alliceo, perché si tratta di argomenti che lo studente ha giàabbordato; invece il tema cosiddetto di attualità, in cui sichiede allo studente di esprimere un’opinione personale,

è assolutamente diseducativo. È un invito alla chiac-chiera, esattamente il contrario di ciò che la scuola do-

vrebbe costruire.

Migliorare il bagaglio di competenze, conoscenze e abilitàlinguistiche può essere di aiuto agli studenti per ricono-scere le famigerate fake news, e quindi migliorare anche

le loro capacità critiche e diventare cittadini consapevoli?Certamente, questo è un compito fondamentale perché il cittadinodeve essere in grado di porsi criticamente di fronte alle notizie cheascolta o che legge. Si tratta di un’ambizione particolarmente ele-vata, che è difficile raggiungere a livello collettivo e che non è una

questione soltanto italiana ma anche di elettorati di altre nazioniche votano “di pancia”, sulla base dell’emotività. Un male in qual-

che misura inevitabile, il costo che bisogna pagare per il suffragiouniversale. Tuttavia, dobbiamo sforzarci di educare in

senso critico i cittadini per evitare che si schierino su de-terminati argomenti senza essersi adeguatamente docu-

mentati. Il caso dei vaccini è un esempio lampante: se nonvogliamo informarci, o non siamo in grado di farlo, fino a prova

contraria la comunità scientifica ha un sistema consolidato e glo-bale di verifiche in base al quale assume una posizione condivisa

e, dunque, non abbiamo alcuna ragione di dire “no, non sono d’ac-cordo”. Quello di educare in senso critico è un valore fondamen-tale e trasversale: quando si parla di scuola, si finisce sempre conl’avere in mente l’alunno del liceo, ma non dimentichiamo che gli

istituti tecnici e professionali coprono, come è giusto che sia, quasila metà della popolazione scolastica superiore. Quindi dobbiamofar sì che tutti i diciottenni scolarizzati sviluppino, almeno ideal-

mente, un atteggiamento critico, cioè che siano in grado di valu-tare le informazioni che leggono e sentono e maturare una

posizione autonoma.

Quando saranno disponibili i risultati del lavoro della taskforce relativo alla secondaria di secondo grado?

Ci stiamo lavorando, ma la secondaria di secondo grado presentaqualche difficoltà in più rispetto alla secondaria di primo grado

perché mette insieme tipologie di studenti molto diversi, dal pro-fessionale al liceo. Spero siano tempi abbastanza rapidi, perchéla legislatura e il Governo sono agli sgoccioli e vorrei cercare di

produrre un documento in concomitanza con le elezioni, altri-menti sarebbe troppo tardi. Diversamente da quanto ab-

biamo fatto nella bozza per la secondaria di primogrado, per la secondaria di secondo grado non potremoindicare esempi relativi alla prova d’esame perché le ti-pologie sono troppo diverse e non avrebbe senso. Quello

che possiamo dire è che certamente resteranno il confronto con iltesto letterario, che probabilmente sarà alleggerito rispetto allagriglia attualmente proposta, e la riflessione sul testo argomen-tativo. Per quanto riguarda questa tipologia, cercheremo di evi-tare il rischio cui è andato incontro il saggio breve, così come èandato snodandosi dopo la riforma Berlinguer, e che consisteva

nel proporre una serie, a volte eccessivamente lunga, di docu-menti. La prova argomentativa non deve essere un centone digiudizi altrui. Cercheremo di formulare una proposta di analisi

del testo in modo più articolato.

LE NOSTREINTERVISTE

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I SETTANT'ANNI DELLA COSTITUZIONE ITALIANA

Nella scuola che celebra i Settant’anni della Costituzione manca proprio l’essenziale: la fiducia nel poteredella cultura di portare le persone in luogo diverso da quello in cui sono nate. Se questa è la scuola che ce-lebra i settanta anni della Costituzione repubblicana, allora in questo quadro c’è una presenza abusiva, odella Costituzione o delle nuove politiche scolastiche.

SCUOLA E COSTITUZIONE

La Costituzione dell’Italia repubblicana compiesettant’anni. In che rapporto sta con la nostra

scuola? La domanda non è così scontata comepotrebbe sembrare di primo acchito. Certo la Co-stituzione è parte integrante della retorica scola-stica di questi anni. Eppure, la Costituzionenon è stata e non è sempre la stessa. Perquanto la si concepisca e la si proponga, soprat-tutto agli allievi e ai nuovi insegnanti, come ilcontenuto di una fede politica e civile, la Costitu-zione è innanzitutto un oggetto storico. È insie-me figlia del proprio tempo e dei suoi limi-ti e vive nel tempo, esposta agli usi, alleesigenze, alle interpretazioni degli uominiche agiscono all’interno di circostanze sto-riche determinate. È difficile, ad esempio, poterimmaginare i padri costituenti riconoscersi nellascuola attuale e ritrovare nelle pratiche didatticheed educative che pur vengono concepite «sullabase» della Costituzione il frutto legittimo deiloro sforzi di settant’anni fa. Ve li figurate Con-cetto Marchesi o Aldo Moro, che pure nel1946 aveva appena trent’anni, in mezzo al Clil,all’alternanza scuola-lavoro, ai Bes? Pernon dire della nuova Università.Il guaio delle celebrazioni è la pretesa di affer-mare una continuità e una discendenza senzavoler nemmeno provare a tematizzare rotture ediscontinuità. Tanto per fare un esempio, ipadri Costituenti scartarono deliberata-mente la possibilità di affrontare la questione

che pure si trascinava da tempo della scuolamedia unica perché erano convinti che, viste lecondizioni gravissime di indigenza delle classipopolari, invece di costringere i genitori a man-dare i figli a scuola fino ai quattordici anni(l’obbligo formale esisteva dagli anni Venti ecioè dai tempi della riforma Gentile) sarebbestato meglio favorire l’emigrazione, mettere in-somma le classi popolari nelle condizioni di tro-vare un modo per assicurare la propria soprav-vivenza materiale. Alla stessa maniera, noioggi con una incuranza degna di notatraduciamo il principio che «la scuola èaperta a tutti», solennemente enunciato dall’ar-ticolo 34, in uno sciatto «la scuola è di tutti»,non prestando nessuna attenzione alla differen-za che evidentemente pure esiste tra la procla-mazione di un’opportunità e la perentoria affer-mazione di uno stato di possesso.Questo accade non solo perché, come si suoldire, la società è cambiata, ma anche perchéignoriamo (o facciamo finta di ignorare) che laCostituzione italiana oltre a guardare ver-so il futuro è figlia del passato. È figlia cioèdelle culture costituzionali europee degli anniVenti e Trenta. Il principio dell’accesso, per fareun altro esempio, quello in gioco nell’affermazio-ne della scuola aperta a tutti, si afferma nel co-stituzionalismo del Vecchio continente a partiredalla fine della Prima guerra mondiale. Lo si tro-va nell’Education Act inglese e nella costituzione

polacca e, importantissima per le influenze cheeserciterà sul dibattito italiano del 1946-1947, inquella della Repubblica di Weimar. Negli anniTrenta, lo stesso principio filtra negli ordinamenticostituzionali dei regimi totalitari. Il nazismo pro-clama l’élite che esercita le funzioni di comandonella società aperta a tutti i cittadini di tutte leclassi sociali e ceti, purché abbiano capacità ade-guate. Naturalmente, la condizione fonda-mentale per accedere alla cittadinanza,nello stato hitleriano, era il fatto di esseredi «puro sangue tedesco». Ma è soprattut-to nel fascismo italiano che il principiodell’accesso trova una chiara formulazio-ne. Nella terza dichiarazione della Cartadella scuola di Giuseppe Bottai si legge,infatti, la prima enunciazione del criterio,che passerà poi nella Costituzione repub-blicana, dei capaci e dei meritevoli: «L’ac-cesso agli studi e il loro proseguimento sono re-golati esclusivamente dal criterio delle capacità eattitudini dimostrate. I collegi di Stato garanti-scono la continuazione degli studi ai giovani ca-paci ma non abbienti».I «capaci e meritevoli», appunto. Che finehanno fatto in questo settantesimo com-pleanno della nostra Costituzione? La scuo-la pubblica, per come è oggi concepita, è ancorain grado di riconoscerli? Non c’è neanche biso-gno di sottolineare che il criterio esiste unica-mente in relazione alla povertà dei mezzi mate-

Il 2017 ha segnato iSettant’anni dalla promul-

gazione della Costituzione dellaRepubblica italiana che oggi è ancora in vi-gore, malgrado alcune modifiche non tutte“salutari”.Professione docente, che si è espressa sem-pre contro i vari tentativi di modificarnel’assetto democratico, intende celebrarequesta ricorrenza richiamando all’atten-zione civile gli articoli che riguardano la fun-zione della scuola, quella dei docenti el’istruzione dei cittadini.I capitoli che riguardano questi temi sono: Articolo 9. La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e laricerca scientifica e tecnica [cfr. artt. 33, 34]. Tutela il paesaggio e ilpatrimonio storico e artistico della Nazione. Art. 33. L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegna-mento.La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituiscescuole statali per tutti gli ordini e gradi.Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educa-zione, senza oneri per lo Stato.

La legge, nel fissare i diritti e gli obblighidelle scuole non statali che chiedono la pa-rità, deve assicurare ad esse piena libertà eai loro alunni un trattamento scolasticoequipollente a quello degli alunni di scuolestatali. È prescritto un esame di Stato perl’ammissione ai vari ordini e gradi di scuoleo per la conclusione di essi e per l’abilita-zione all’esercizio professionale. Le istitu-zioni di alta cultura, università edaccademie, hanno il diritto di darsi ordina-menti autonomi nei limiti stabiliti dalle

leggi dello Stato.Art. 34 La scuola è aperta a tutti.L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoriae gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno dirittodi raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effet-tivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altreprovvidenze, che devono essere attribuite per concorso.Ha chiesto quindi a rappresentanti autorevoli della cul-tura nazionale di intervenire sui temi della scuola, del-l’istruzione, della cultura. In questo numero i contributidi Tomaso Montanari e Adolfo Scotto di Luzio.

di Adolfo Scotto di Luzio

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TEATRODELLE IDEE

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riali degli studenti. Perché chi ha i mezzi è sem-pre in grado di valorizzare il talento, le capacità,l’intelligenza e la disposizione allo studio propriae dei propri figli. Ma degli altri? Che ne è adesempio dei figli degli immigrati? La scuola re-pubblicana è ancora in grado di sostenereil progetto di vita di un ragazzo nato inItalia da genitori stranieri o di uno sbarca-to da solo o con la sua famiglia sulle costedell’Italia meridionale in questi anni, così cometra gli anni Cinquanta e Sessanta fu in grado difare con i figli dei suoi contadini poveri?La patologizzazione della differenza pro-dotta dalla teorica dei Bes non è un buonsegno e non dà nessuna speranza in que-sto senso. La verità è che la scuola dei nostrianni sembra così impreparata ad accogliere e adaccompagnare i giovani provenienti da famigliemodeste in un luogo diverso da quello in cuisono nati - obiettivo che fu alla base, seppur informe estremamente selettive della scuola libera-le - perché ha essenzialmente affidato questocompito al mercato. La scuola italiana, per laverità le sue dirigenze politico-burocrati-che, non ha nessuna fiducia residua nelpotere emancipativo della cultura. Cosache invece stava alla base delle concezioni deipadri costituenti, figli di una Italia che aveva affi-dato all’istruzione pubblica, alla scuola gestitadallo Stato, il compito di qualificare da un lato lafunzione di direzione politica e sociale esercitatadalle élite (nascere ricchi evidentemente non ba-stava in quella Italia pure così ferocemente dise-guale), innalzando complessivamente i livelli cul-turali dei ceti popolari subalterni, e di seleziona-re, dall’altro, all’interno di quegli stessi ceti, i piùcapaci.Questa spinta fortissima a fare della scuo-la un motore efficiente della trasforma-zione morale e intellettuale del paese, op-portunamente corretta in vista di una visione piùgenerosa della sfera sociale che si produce conl’avvento della democrazia, ha animato a lungola scuola dell’Italia repubblicana. Come hoscritto più volte, nessun Don Milani hafatto per i figli dei contadini quello chehanno fatto per generazioni i maestri e iprofessori della scuola pubblica, pur tan-to vilipesi. Ora questa visione positiva, fiducio-sa, del ruolo della cultura e dunque dello studioè venuta meno. Nella scuola che celebra i set-tanta anni della Costituzione in maniera piut-tosto singolare della Costituzione mancaproprio l’essenziale, ripeto, la fiducia nelpotere della cultura di portare le personein luogo diverso da quello in cui sononate. Quel potere che permetteva ai «padri»della Costituente di pensare che la nuova de-mocrazia italiana non potesse fare a meno deglistudenti migliori e che fosse compito dello Statoe non più solo della società (riserva inesauribiledi diseguaglianze e di ingiustizie) di riconoscer-ne e valorizzarne i talenti.Questo ci permette di fare un’ulterioreconsiderazione circa il fatto che una de-mocrazia non si risolve, pena il suo falli-mento, sul piano orizzontale della comu-ne mediocrità. Una democrazia sana e forte,soprattutto di fronte ai suoi nemici, è una de-mocrazia che accoglie in sé il principio dell’ari-stocrazia, vale a dire il principio dei migliori.

Come sapeva, ad esempio Antonio Gramsci, unasocietà che aspiri all’uguaglianza e alla giustizianei rapporti sociali non per questo rinuncia a se-lezionare i migliori. Quello che cambia, osservavauno dei più originali pensatori del marxismo eu-ropeo, era la base sulla quale si operava questaselezione. Del resto era stato Lenin a proclamareil principio che anche una cuoca potesse gover-nare l’Unione sovietica. Dove quell’«anche» nonvoleva dire che persino una cuoca avrebbe potu-to governare la Repubblica dei Soviet, ma checompito dello Stato socialista sarebbe statoquello di mettere una cuoca nelle condizioni diessere classe dirigente.Ora che cosa vuol dire rinunciare a selezionare?Vuol dire forse essere più accoglienti; significaevitare di inchiodare un adolescente, vale a direun individuo che ha dinanzi a sé tutta la vita epossibilità ancora impregiudicate, inchiodare, di-cevo, un adolescente al proprio fallimento mo-mentaneo? Niente di tutto questo. Evitare diselezionare significa autorizzare qualcunaltro a farlo. La scuola che non boccia piùnessuno demanda semplicemente a qual-cun altro il compito di farlo. A chi? È questoil punto. La risposta è una sola: la scuola che nonseleziona si accontenta che a farlo sia il mercato,quel vasto e crudele spazio della competizionedove a competere sono sempre i più attrezzati.Siccome noi viviamo in società che non ricono-scono più nessun valore, almeno in linea teorica,al cosiddetto principio di ascrizione, le disegua-glianza sono legittime solo in quanto trascrivonodifferenze nei livelli di merito. Il modo ufficial-mente riconosciuto per certificare queste differen-ze è rappresentato dalle credenziali educative, ititoli di studio. Ora siccome il mercato è essen-zialmente uno spazio reputazionale, quello checonta in una competizione regolata dai titoli distudio non è il fatto che due candidati possanopresentare una credenziale dello stesso livello. Afare la differenza è propriamente la «fama» del-l’ente erogatore. Screditare la scuola pubbli-ca in questi anni ha significato sottrarreallo Stato la titolarità degli standard di

qualità, alterandocosì il gioco dellacompetizione. Dicia-mo così che il messaggioal compratore inviato in que-sti anni è stato di questo tenore:la scuola pubblica assolve a funzioni di alfabetiz-zazione di base, il resto lo fanno le risorse dellefamiglie. Le quali, soprattutto al Nord, si sonospostate verso l’istruzione privata oppure, auspicel’autonomia, hanno fatto «proprie» le scuolepubbliche dei propri figli. Questo comporta unsolo effetto: la fine della selezione è statouno sbarramento alle ambizioni di mobili-tà dei ceti popolari subalterni, confinatidentro un sistema di istruzione concepitosempre di più come un apparato burocra-tizzato per il trattamento di moltitudinisommariamente alfabetizzate.In questa drastica riaffermazione dei valori priva-tistici c’è in gioco un elemento ulteriore. Se lacultura non è più il motivo per il quale si manda-no i figli a scuola, detta in toni più formali, se ilprincipio di legittimazione dell’istituzione scola-stica passa dalle funzioni tradizionali connesseallo studio al primato assegnato al mercato eall’orientamento professionalizzante dell’orga-nizzazione didattica, la domanda che bisognaporsi è la seguente: quali diventano i compitidell’insegnante?Nella cosiddetta scuola tradizionale, la rispostaera di questo tipo: l’insegnante promuove l’auto-nomia dell’allievo, fornendogli gli strumenti in-tellettuali perché il giovane in formazione possaliberamente scegliere il proprio futuro, vale a direi modi di iscrizione della propria vicenda perso-nale dentro il quadro della società. Oggi gli inse-gnanti non sarebbero in grado di dare la stessarisposta. Le richieste di conformismo sono sem-pre più urgenti. Dall’importanza annessaalle tecnologie informatiche, alla spinta indirezione della diffusione dell’uso dell’inglesenell’insegnamento, fino all’imposizione dell’alter-nanza scuola-lavoro, la nuova scuola aboli-sce brutalmente la sua duplice natura diistituzione al servizio dell’autonomia per-sonale e della socializzazione a vantaggioesclusivo del secondo termine della pola-rità. La nuova scuola è al servizio delle richiestedi uniformità che provengono dal mondo del la-voro. Il suo compito è produrre individuidisponibili a lasciarsi plasmare secondoqueste richieste. L’individuo in questo quadroesiste esclusivamente nella sua dimensione diconsumatore e di addetto alla nuova produzione,con un tratto di intolleranza ideologica nei con-fronti di qualsiasi voce dissidente che non haprecedenti nella storia culturale dell’Italia demo-cratica. L’idea ad esempio che il giovane non vo-glia integrarsi in una società così concepita, chechieda alla scuola strumenti intellettuali per ca-pire il mondo e non solo per adattarvisi non vie-ne nemmeno presa in considerazione. La nuovascuola è concepita sulla base di un funzionali-smo che presenta tratti inediti di rozzezza e dibrutalità ideologica.Se questa è la scuola che celebra i settan-ta anni della Costituzione repubblicana,allora in questo quadro c’è una presenzaabusiva, o della Costituzione o delle nuo-ve politiche scolastiche.

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ADOLFO SCOTTO DI LUZIOInsegna Storia della pedagogia, Storia delle istituzioniscolastiche ed educative e Letteratura per l'infanzianell’Università di Bergamo. Si è occupato a lungo distoria del fascismo e, in particolare, della costruzionedel suo apparato culturale e anche di storia delle isti-tuzioni culturali e della scuola (con un’attenzione maismessa per l’editoria e la stampa). Ha pubblicato diversi volumi, tra cui ricordiamo, per ilMulino, «Il liceo classico» (1999), «La scuola degli ita-liani» (2007) e «Napoli dei molti tradimenti» (2008),“Senza Educazione. I rischi della scuola 2.0”(2016);per Bruno Mondadori «La scuola che vorrei» (2014).

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Dopo una campagna elettorale imbarazzantefatta di promesse mirabolanti sui temi del fisco, degli

aiuti alle famiglie, dell’abolizione di tasse e gabelle, deiredditi di inclusione, cittadinanza, dignità.., delle pensioni,ecc. i problemi della scuola italiana sono, comesempre, rimasti nell’ombra, toccati con superficia-lità, con l’ottica demagogica del facile consensobasato su luoghi comuni e sull’inseguimento di in-teressi legati a specifici settori (precariato, pro-blema dei diplomati magistrali, ecc.).Mentre scriviamo non sappiamo quale coalizioneo partito avrà vinto le elezioni, ma è abbastanzaprobabile che non ci saranno immediatamente lecondizioni per garantire nel medio-lungo periodocondizioni stabili di governabilità. In tale contestoappare difficile che siano affrontati i nodi politici chehanno contraddistinto il malessere diffuso nel mondodella scuola e degli insegnanti, soprattutto dopo la va-langa di riforme che ogni governo e ogni ministro ha vo-luto imporre negli ultimi trent’anni con risultati disastrosi.In questo senso le responsabilità dello stato di cose pre-senti sono da attribuire sia al centro-destra che al centro-sinistra. La legge 107/15 (Buona Scuola) è di fatto la sin-tesi confusa di proposte fatte nel passato da partiti dicentro destra, declinate e applicate da un governo di cen-tro sinistra.In generale possiamo fotografare le posizioni deipartiti e delle coalizioni che si sono confrontate incampagna elettorale sui temi dell’istruzione par-tendo da alcuni problemi di fondo: la legge 107/15,il tema della governance (ruolo della dirigenza, organi col-legiali, chiamata diretta, ecc.);il precariato e i sistemi di re-clutamento; la valorizzazione economica dei docenti; l’op-portunità di aumentare gli investimenti pubblicinell’istruzione e formazione; l’edilizia scolastica; il ruolodell’alternanza scuola-lavoro.Tutti si sono trovati d’accordo con varie promessesu: aumento degli stanziamenti sull’istruzione pubblica,con il centro-destra che inserisce nella scuola pub-blica a pieno titolo la scuola paritaria, aumento de-gli stipendi dei docenti e del personale della scuola, inter-venti strutturali per l’edilizia scolastica, abolizione delprecariato, generalizzazione della scuola dell’infanzia. Tutto bene, ma dove si trovano i soldi per faretutto ciò, soprattutto dopo la ridicola farsa del contrattodi lavoro degli insegnanti che ha offerto loro dopo quasi10 anni di attesa poco più di 40-50 euro netti di au-mento? Come si possono trovare i soldi se contem-poraneamente si promettono: la flat tax, l’erogazionedei mitici 80 euro mensili a tutti i lavoratori autonomi ealle famiglie con figli, l’abolizione di tasse (casa, auto, uni-versità, e chi più ne ha più ne metta..), il reddito di inclu-sione, cittadinanza, ecc. a tutti i non occupati, l’aumentodelle pensioni e la revisione della legge Fornero..? Misterodella fede.Le divisioni più importanti rimangono sul tema

della Buona Scuola renziana e sui temi del preca-riato. I partiti che si sono espressi per una radicalerevisione, se non abolizione totale o parziale,della legge 107 sono stati il Movimento 5 stelle e Liberie Uguali. Forza Italia è per un aggiustamento diparti della legge (chiamata diretta, ma sempre chia-mata diretta è.., alternanza scuola-lavoro), il PD difendela legge ma riconosce la necessità di apportarecorrettivi su poche cose (forse bonus per il merito, cartadel docente e ASL), la Lega è per il cambiamentodella legge mettendo al centro una struttura federaledegli organici e del reclutamento. Sia il PD che il Cen-tro-destra non hanno alcuna intenzione di rive-dere la struttura della governance della scuola-azienda con a capo il dirigente scolastico. IlMovimento 5 stelle è apparso vago sulle proposte inerentila governance limitandosi a chiedere un generico poten-ziamento degli organi collegiali, il riconoscimento di figureorganizzative intermedie elette dal Collegio dei Docenti erifacendosi a sistemi come quello finlandese. FratelliD’Italia si spinge, pur condividendo il programma dicentro-destra, a chiedere una progressione di carrieranuova per i docenti.Sul precariato tutti d’accordo per il suo supera-mento, ma restano vaghe le ipotesi delle modalità di sta-bilizzazione. Se il PD difende la legge 107 e la strut-tura dei FIT, i 5 stelle chiedono l’applicazione, conLiberi e Uguali, del principio automatico della stabiliz-zazione dopo tre anni di servizio nella scuola statale. Lacoalizione di centro-destra insiste su nuove moda-lità di reclutamento a base regionale con la Legache propone il domicilio professionale dei docentinella regione di servizio e più incisivi limiti alla mobi-lità. Sul tema attuale dei diplomati magistrali (en-trati in ruolo o nelle Gae con riserva, i quali, dopola sentenza del Consiglio di Stato che ha negato la vali-dità del loro titolo di studio per l’accesso nelle graduatoriead esaurimento e per questo dovrebbero decadere dalleloro posizioni) tutti promettono una soluzione politica perconsentire la continuità di lavoro dei docenti interessati.Le modalità (concorso riservato, fascia aggiuntiva gae,ecc.) sono rimandate al nuovo ministro.In tutti i programmi, a parte delle generiche as-serzioni di aumento della spesa pubblica per istru-zione e università o di suo riordino (polo di cen-tro-destra), non una parola sul contratto dellascuola e i soldi veri che i docenti pretendono dopoanni di sacrifici e di aumenti incredibili dei carichi burocra-tici e gestionali. Tutti dimenticano che dal 1 gennaio 2019dovrebbe essere firmato il nuovo contratto di lavoro. Ilcuore delle vaghezze e delle omissioni sta nellaquestione del merito.Nell’immaginario collettivo della politica (PD, Centro De-stra) è passata l’idea che bisogna premiare la meritocraziae che ci debbano essere sistemi di valutazione delle scuole(e per alcuni anche dei singoli docenti). Tutte le forze poli-

tiche, con l’eccezione di Liberi e Uguali e in parte dei 5stelle, riconoscono essenziale il ruolo dell’Invalsi e la ne-cessità di introdurre o di rinforzare gli elementi di premia-lità negli stipendi dei docenti. Anche in questo caso sucome si possa fare vige una grande confusione (progres-sioni di carriera, categorie stipendiali diverse “per capacitàe competenze”, valutazioni dei dirigenti, di comitati vari,ecc.). Facile demagogia che sfrutta ancora l’anticaconvinzione dei docenti che lavorano poco ehanno tre mesi di vacanza. Preoccupa il fatto chesi possa tornare a proporre aumenti dell’orario dilavoro dei docenti in cambio di aumenti stipendialisenza alcuna riflessione sul ruolo e la funzione dei docentie il loro effettivo carico di lavoro che non può esserequantificato a livello impiegatizio.In tale contesto, tralasciando la ridda delle tantealtre cose sparate a proposito della scuola in cam-pagna elettorale, resta il fatto che la politica con la Pmaiuscola è assente. Non c’è una prospettiva politicasulla scuola e sull’istruzione di medio-lungo pe-riodo, prevale ancora la visione della scuola comeservizio aziendale all’utenza e non come Istitu-zione della Repubblica con il compito di formare ifuturi cittadini in termini di diritti e responsabi-lità. Il ruolo dei docenti viene ancora schiacciato nellamacchina della burocrazia e delle pedagogie astratte, sot-toposto a livello gerarchici aziendalisti o alla filosofia della“centralità dello studente”. La scuola viene presentatacome viatico per il mercato del lavoro (ma quale lavoro? equanto lavoro?) in cui la didattica per competenze, impo-sta di fatto per legge dalle ultime riforme, determina ladecostruzione delle conoscenze e delle discipline alla ri-cerca di un saper fare e che diventa saper fare per l’im-presa e il mercato. L’alternanza scuola lavoro diventa intale contesto una sorta di totem intoccabile.Un panorama desolante che non fa sperare beneper il futuro. L’importante per noi è continuare a resi-stere giorno per giorno nelle nostre classi facendo bene ilnostro lavoro e facendo il bene delle nostre allieve e deinostri allievi. E soprattutto rivendicare una autono-mia professionale dei docenti che è riconosciutadalla nostra Costituzione e che rimane punto di ri-ferimento per immaginare un Paese libero e de-mocratico.

Analisi dettagliata di una situazione sconfortante: chiunque governerà avrà co-munque una prospettiva politica sulla scuola e sull’istruzione non di medio-lungo periodo. Prevale ancora in tutte le forze politiche la visione della scuolacome servizio aziendale all’utenza e non come Istituzione della Repubblica conil compito di formare i futuri cittadini in termini di diritti e responsabilità.

Come sempre la scuola e gliinsegnanti rimangono al margine

ELEZIONI POLITICHE 2018OFFICINAGILDA

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di Fabrizio Reberschegg

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TEATRODELLE IDEE

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«I‘principî fondamentali’ che sono sanciti nell’introduzione, e che possono sembrare vaghi e nebulosi, corrispondono a re-altà ed esigenze di questo momento storico, che sono nello stesso tempo posizioni eterne dello spirito, e manifestano

un anelito che unisce insieme le correnti democratiche degli «immortali principî», quelle anteriori e cristiane del sermonedella montagna, e le più recenti del manifesto dei comunisti, nell’affermazione di qualcosa di comune e di superiorealle loro particolari aspirazioni e fedi». Con queste parole Meuccio Ruini illustrò all’assemblea il signifi-cato dei principi, in apertura della fatidica seduta pomeridiana del 22 dicembre 1947 alla fine dellaquale la Costituzione fu approvata. In quell’occasione egli segnalò ai deputati il «concetto aggiunto dello sviluppoculturale in genere»: era il primo comma dell’attuale articolo 9.Questa decisiva integrazione si doveva al Comitato di redazione, e fu apportata in riunioni delle quali non si steseroverbali: evidentemente la parola ‘cultura’ e l’idea che tra i compiti fondamentali della Repubblica sidovesse indicare l’attiva promozione del suo ‘sviluppo’ stavano a cuore a qualcuno tra i Diciotto re-dattori. È difficile andare oltre il livello di una verosimile ipotesi sul nome di questo fin qui sconosciuto apostolo della‘cultura’, ma, sfogliando le biografie dei membri del comitato, saltano agli occhi i nomi di Aldo Moro, Giu-seppe Dossetti e Piero Calamandrei. È soprattutto pensando alla biografia intellettuale di quest’ultimo che sipotrebbe provare a dare un significato più profondo e pregnante al «concetto aggiunto dello sviluppo culturale ingenere». Nel pensiero di Calamandrei si trova una lucida consapevolezza del valore civile e politicodella scuola e della cultura, specie in chiave di resistenza critica contro il totalitarismo fascista. Nell’arringa diparte civile che aveva pronunciato nel 1945 al processo agli assassini dei fratelli Rosselli, egli identi-fica il nucleo originario dell’antifascismo organizzato e della Resistenza nel circolo che Carlo e Nello avevano volutochiamare proprio «di Cultura»: «E allora ai Rosselli, mentre quelli bastonavano e assassinavano impunemente e lagran massa inerte li lasciava fare, si presentò in termini angosciosi il problema morale dell’Italia. Perché accadeva questo ge-nerale sfaldamento di tutta una struttura nazionale? Perché questo crollo? Perché questa indifferenza? Prima di agire biso-gnava poter rispondere a queste domande tormentose: bisognava capire».Non possiamo sapere se sia stato proprio Calamandrei a suggerirlo, ma certo mettere la cultura tra i prin-cipi fondamentali della Repubblica per lui significava rafforzarne la tenuta democratica. La cultura, dunque, in-tesa soprattutto come senso critico, come strumento per una consapevole resistenza al potere. Poco prima, nel 1944, il piùgrande storico europeo - Marc Bloch - aveva spiegato, con parole altissime e assai lucide, perché la conoscenza e la praticadel «metodo critico della storia» fossero necessarie «nella nostra epoca, più che mai esposta alle tossine della menzogna edella falsa diceria» (in Bloch, 1998, pp. 102-103). Di fronte al nazismo e all’Olocausto la cultura umanistica sembrava ancorapiù necessaria: Bloch - fucilato dalla Gestapo perché membro della Resistenza - la definisce «una nuova via verso ilvero e, perciò, verso il giusto». Il suo libro si apre con la domanda di un figlio a un padre: «Papà, spiegami allora a cosaserve la storia», e la risposta di Bloch è la risposta di una generazione che, in Italia, decide di porre la cultura a difesa della li-bertà a caro prezzo riconquistata. Non è necessario presumere che si debba proprio a Calamandrei il «concetto aggiuntodello sviluppo culturale in genere» per suggerire che questa possa esserne, comunque, la chiave di lettura. Ma, in pratica,cosa voleva dire (e cosa può, e deve ancora, voler dire oggi) che la «Repubblica promuove lo sviluppo dellacultura»? Una risposta particolarmente concreta viene da un appunto di un altro membro di quella generazione, un costi-tuente ombra, anzi meglio un ‘costituente morale’ – Antonio Gramsci, che era morto in detenzione nel 1937: «Servizi pub-blici intellettuali: oltre la scuola, nei suoi vari gradi, quali altri servizi non possono essere lasciatiall’iniziativa privata, ma in una società moderna, devono essere assicurati dallo Stato e dagli enti locali (co-muni e province)? Il teatro, le biblioteche, i musei di vario genere, le pinacoteche, i giardini zoologici, gli orti botanici, ecc. Èda fare una lista di istituzioni che devono essere considerate di utilità per l’istruzione e la cultura pubblica e che tali sono in-fatti considerate in una serie di Stati, le quali non potrebbero essere accessibili al grande pubblico (e si ritiene, per ragioni na-zionali, devono essere accessibili) senza un intervento statale. È da osservare che proprio questi servizi sono da noi trascuratiquasi del tutto: tipico esempio le biblioteche e i teatri. I teatri esistono in quanto sono un affare commerciale: non sono con-siderati servizio pubblico» (Quaderni del carcere, 14, I, par. 56). Promuovere lo sviluppo della cultura, e renderla accessibile atutti i cittadini: cioè fornire a ognuno gli strumenti culturali per esercitare la propria sovranità. In un’epoca come l’attuale, incui la parola ‘sviluppo’ pare piegata all’unica dimensione economica, è invece vitale sottolineare che lo ‘sviluppo’ del primocomma dell’articolo 9 significa la stessa cosa del «progresso … spirituale della società» cui un altro principio fondamentaledella Carta, l’articolo 4, chiama a concorrere, doverosamente, «ogni cittadino». Ecco il modo più costruttivo per pre-servare la democrazia: è questo, sembra di poter dire, il vero senso del primo comma dell’articolo 9 dellaCostituzione. Introducendo il primo abbozzo dell’articolo, Concetto Marchesi aveva scritto: «E in verità non occorrechiamarsi socialisti o comunisti per riconoscere che i tre quarti della popolazione sono sottratti alla prova dell’attività intellet-tuale. La leva in massa degli eserciti è stata fatta da secoli, la leva dell’intelligenza mai. Ed importa all’Italia che questi mi-lioni d’Italiani entrino nel circolo della vita nazionale. Chi darà i mezzi per questa leva dell’intelligenza? Si troveranno: nongià nelle elargizioni di mecenati milionari, ma nelle finanze dello Stato che provvederà a premere nei giusti limiti e con le do-vute gradazioni sulle private fortune; si troveranno nel concorde tributo di tutti i cittadini che sentiranno nella scuola il presi-dio della Nazione. Se i nostri bilanci militari dovranno essere contratti o aboliti, siccome impongono i vincitori, accettiamocon animo equo questa necessità che ci permette intanto di preparare e di addestrare nella scuola aperta al popolo i futurireggitori e artefici dei nostri destini». Ora sta a noi lavorare a questo altissimo progetto, così largamente ancora inattuato.

di Tomaso Montanari

Articolo 9: la cultura perpreservare la democrazia

TOMASOMONTANARI È ordinario di storiadell’arte moderna al-l’Università ‘Federico II’di Napoli. Ha dedicatolibri, saggi e mostre al-l’arte italiana ed europeadel Seicento.Tra i suoi libri si trova-no una riflessione sulruolo della storia del-l’arte nell’Italia di oggi(A cosa serve Michelan-gelo?, Einaudi, 2011),una riflessione sull’arti-colo 9 della Costituzione(Costituzione incompiu-ta. Arte, paesaggio, am-biente, a cura di T.Montanari, Torino, Ei-naudi, 2013), una inda-gine sulla privatizzazio-ne del patrimonio cultu-rale della nazione (Pri-vati del patrimonio, Ei-naudi 2015; "Cassandramuta. Intellettuali e po-tere nell' Italia senza ve-rità". Edizioni GruppoAbele ( recensito nel nu-mero di gennaio di que-sto giornale); con Vin-cenzo Trione , " Controle mostre". Einaudi2017.Infine, due rilevanticontributi di Storia del-l'Arte: Barocco, Einau-di, 2012; La libertà diBernini, Einaudi, 2016.È Presidente di Libertàe Giustizia, e scrive suRepubblica.

Nel pensiero di Calamandrei si trova una lucida consapevolezza del valore civile e poli-tico della scuola e della cultura e mettere la cultura tra i principi fondamentali della Re-pubblica per lui significava rafforzarne la tenuta democratica.

I SETTANT'ANNI DELLA COSTITUZIONE ITALIANA

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“Nel sistema elettorale maggioritario con mag-gioranza relativa, i seggi sono assegnati nel-

la totalità al partito che ha ottenuto più voti, anchesolo ottenendo, ad esempio, il 51% dei voti rispet-to al 49% dell’altro partito” ha scritto uno dei mieistudenti della triennale nel compito di scienza poli-tica del 22 gennaio scorso. Uno studente, che comegli altri due milioni circa di suoi coetanei fra i 19 e i22 anni, sarà presumibilmente andato a votare il 4marzo. Mi chiedo come si sarà orientato nel ma-neggiare una scheda che prevedeva, da un lato, ilvoto per un candidato nel collegio uninominale e,dall’altro, le coalizioni di partiti che sostenevano ivari candidati. Il voto disgiunto non era ammesso,quindi se ha votato per il candidato del PD nell’uni-nominale e per il M5S nel proporzionale la suascheda sarà stata annullata.Prima di chiederci se lo studente abbia espresso unvoto valido, o studiato il manuale previsto per ilmio esame, potremmo riflettere sull’utilità di un si-stema scolastico che si è occupato per ben 13 annidi un bambino, poi un adolescente, ora un giovaneadulto, senza riuscire a fargli capire che la mag-gioranza relativa è un concetto diverso allamaggioranza assoluta e che, per definizione,una maggioranza relativa non può essere del 51%(e nemmeno del 50,0001%). Una maggioranza re-lativa può essere del 49%, del 39%, o anche del19%, a condizione che altri candidati abbiano otte-nuto percentuali inferiori nella suddivisione dei voti(e questo vale per qualsiasi altro universo oggettodell’analisi, che si tratti per esempio di quote dimercato nei detersivi, marche di cioccolato o auto-mobili).C’è stato un momento, negli anni ‘90, in cui il ge-nere letterario basato sugli svarioni degli studentiera molto di moda, da Io speriamo che me la cavodi Marcello D’Orta in poi. Non mi è mai sembratoun grande contributo al miglioramento della didat-tica o al rinnovamento della scuola: se vogliamo ri-flettere seriamente dobbiamo chiederci cosa rive-lano certi errori, dove si potrebbe interveni-re.Altro compito: una studentessa deve spiegare ilfunzionamento di un sistema elettorale proporzio-nale e scrive: “Per calcolare i seggi di ciascuna coa-lizione si stabilisce una soglia minima di voti peraggiudicarsi ognuno e si comincia da chi ha passa-to il turno con le prime preferenze”. Naturalmentequesto non ha nessun senso, la risposta è: “Per cal-colare i seggi di ciascuna coalizione si divide il nu-mero di voti validi per il numero di liste in campo, oper il numero di liste che hanno superato una certa

percentuale, se esiste una soglia di sbarramento”.Ma la nostra studentessa, invece di limitarsi a unaformulazione confusionaria, fa di più e inserisce

una tabella non richiesta, di questo tipo:Spiegazione della candidata: “A passa al primoscrutinio, B al secondo scrutinio, con i 5 punti in piùdi A”.Notare che le 25 “preferenze” di B al secondo“scrutinio” sono 7 e non 5 più di quelle di A (18)e che non viene preso in considerazione il candida-to C a cui la tabella assegna ben 40 suffragi.Conoscendo il manuale su cui hanno studiato, in-tuisco che gli studenti hanno confuso un normalesistema proporzionale, in cui i seggi di una circo-scrizione vengono ripartiti con vari metodi (resti piùalti; d’Hondt, ecc.) con un sistema chiamato Alter-native Voting e usato in Australia e Irlanda, dove glielettori debbono mettere in ordine di preferenza ivari candidati di una circoscrizione secondo una

loro personale graduatoria. Questo permette di cal-colare il sostegno di un candidato nell’intera plateadi elettori e non semplicemente tra quelli che gli

hanno assegnato il primo voto. Inutile, qui soffermarsi sui detta-gli tecnici che hanno confuso lastudentessa: di nuovo, il proble-ma non è la conoscenza dellamateria d’esame ma la capacità

di fare un esempio numerico. Nella tabella (ripeto,non richiesta) la studentessa palesemente mette inumeri a caso: è evidente che il totale delle “pri-me” e “seconde” preferenze dovrebbe essereuguale, mentre nella prima riga della tabella i voticonteggiati sono 60 e nella seconda 83.Prendiamo un terzo studente che, alla richiesta didescrivere i vari tipi di sistemi elettorali, risponde:“Possono essere uninominali, proporzionali o misti.Dipende se il numero di voti sono proporzionali omeno ai seggi conquistati da un partito”. Anche inquesto caso il problema non sta nella materiad’esame (i sistemi sono “maggioritari”, i collegio le circoscrizioni sono “uninominali”, cioè eleg-gono un unico deputato o senatore). Il problemasta nell’incapacità di formulare una frase coerentein italiano: per esempio, lo studente avrebbe potu-to scrivere “Sono proporzionali quei sistemi in cuiun partito conquista un numero di seggi approssi-mativamente corrispondente alla percentuale divoti ottenuti”. Quando lo ho incontrato mi ha det-to, candidamente: “Era quello che volevo dire”.Certo, ma non l’hai detto.Queste riflessioni dove portano? A sollevare untema troppo spesso dimenticato non solo dal MIURma anche e soprattutto dai colleghi delle scuolemedie e superiori, impegnati ogni giorno nel tenta-tivo quasi impossibile di conquistare e mantenerel’attenzione dei ragazzi. Si iscrivono al primo annodi università centinaia di migliaia di studenti vul-nerabili per la mancanza di competenze dibase: italiano e matematica. Noi possiamotentare di insegnare loro la scienza politica, la sto-ria, la letteratura o la sociologia ma, in realtà, pe-stiamo l’acqua nel mortaio se il core knowledgemanca. Abbiamo bisogno urgente di rimettere inmoto, a partire dalle medie, dei sistemi di apprendi-mento che diano dei risultati in queste due aree:pazienza se gli studenti non sanno chi è Garibaldi,lo scopriranno su Wikipedia. Ma se non sanno for-mulare una frase decente, non capiscono le percen-tuali o addirittura ignorano le tabelline, li condan-niamo a una vita di sconfitte e delusioni, laureati onon laureati che siano.

Vulnerabilità di basenel sistema scolastico

TEATRODELLE IDEE

di Fabrizio Tonello

Si iscrivono al primo anno di università centinaia di mi-gliaia di studenti vulnerabili per la mancanza di compe-tenze di base: italiano e matematica. Noi possiamotentare di insegnare loro la scienza politica, la storia, laletteratura o la sociologia ma, in realtà, pestiamo l’acquanel mortaio se il core knowledge manca.

Soglia minima: 20 preferenze Candidato A Candidato B Candidato C Prime preferenze 25 20 15 Seconde preferenze 18 25 40

FABRIZIO TONELLOÈ docente di Scienza politica presso l’università diPadova, dove insegna, tra l’altro, un corso sulla po-litica estera americana dalle origini ad oggi. Ha in-segnato alla University of Pittsburgh e ha fattoricerca alla Columbia University, oltre che in Italia(alla SISSA di Trieste, all’università di Bologna). Hascritto L’età dell’ignoranza (Bruno Mondadori,2012), La Costituzione degli Stati Uniti (BrunoMondadori, 2010), Il nazionalismo americano (Li-viana, 2007), La politica come azione simbolica(Franco Angeli, 2003). Da molti anni collabora allepagine culturali del Manifesto.

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Confesso il mio peccato: adotto, in classe, la lezione frontale. E proclamo a gran voce che lalezione frontale è la vetta di ogni didattica. Non il simbolo di tutto il vecchiume da cui i maître à penserdella psicopedagogia, e molti prèsidi e colleghi illuminati, ci vorrebbero affrancare.

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TEATRODELLE IDEE

Ci sono due momenti, ogni anno, in cui miritrovo a dover mettere nero su bianco la

dicitura “lezione frontale”: a ottobre, quandostendo il “piano di lavoro”, e a giugno, per la“relazione finale” che gli fa da contrappunto.Non nascondo che ogni volta mi percor-re un brivido. È come confessare un pecca-to, con la consapevolezza però che l’ammis-sione è ineluttabile, sia per onestà intellettualeche per l’ossequio da ligio dipendente all’ob-bligo di dichiarare il vero. Anni passati tra for-matori, psicologi, pedagogisti, metodologi, di-rigenti e colleghi militanti mi hanno, mio mal-grado, a tal punto condizionato che ancoraprovo vergogna a scrivere quelle due paroline.E non escludo che moltissimi colleghi abbianocassato tout court l’aborrita formuletta, vuoiperché ormai persuasi che ci siano modi mi-gliori per condurre la lezione, vuoi per meroossequio formale, da nicodemiti, ai dettamiimposti dall’alto, a mo’ d’indottrinamentoideologico o di Diktat burocratico. Mi dico,però, che è ora di dire basta. Mi propongo,d’ora in avanti, di reprimere quel brivido, taci-tare quel senso di colpa. Non mi voglio vergo-gnare più. Voglio dichiarare che adotto lalezione frontale con consapevolezza e orgo-glio quale maestra e regina tra le forme di le-zione possibili, senza più remore o infingimen-ti, il che non preclude che essa possa (o deb-ba) attorniarsi di uno stuolo di tecniche ancil-lari e ausili di ogni tipo e natura.La lezione frontale, di uno che sa e può di più(magis-ter) a beneficio di chi sa e può dimeno, ha superato la prova del tempo (a diffe-renza delle mode pedagogiche, che durano lospazio di un mattino): ha istruito schiere distudenti e trasmette quanto di buono vale lapena consegnare alle nuove generazioni datempo immemorabile. Considerata dal main-stream la matrice di ogni male, vituperata ederisa, praticata ormai solo in gran segreto nelchiuso delle aule quale atto carbonaro, negata

persino da chi di fatto l’adotta (“ma non èproprio frontale frontale: è interattiva, è parte-cipata, è empiriocentrica, è student-centred, èdi pochi minuti, si avvale di diapositive”... evia discolpandosi), è assurta a gran totem etabù, è quasi il simbolo di tutto il vecchiumeda cui i maître à penser della psicopedagogia,e molti prèsidi e colleghi illuminati, ci vorreb-bero affrancare. Ecco, io trovo invece chesia liberatorio proclamare finalmente agran voce che la lezione frontale è lavetta assoluta di ogni didattica. Non esi-ste, non può esistere, niente di altrettantoeconomico, ovvero nulla che ottenga più infretta e in modo più efficace gli stessi risultaticon un dispendio di tempo, mezzi, denari al-trettanto esiguo. Ebbene sì: in questo tempodi economicismo e talora sacrosanti tagli allospreco, la lezione frontale dev’essere ricono-sciuta campionessa del rapporto costi/benefi-ci. Il mio amore e la mia gratitudine diex studente per i miei maestri, che permezzo di questo solo strumento, senzaquasi mai ricorrere neppure a gesso elavagna, mi hanno passato tutto quantopotevano, con competenza e passione,mi supportano e animano in questo mioslancio apologetico. E non si tratta solo di passaggio di conoscen-ze (altro tabù). Pensiamoci: una lezioneben fatta, in cui in un clima di serena la-boriosità gli studenti - in silenzio -ascoltano e annotano, non è solo tra-smissione di contenuti. S’impara, peresempio, ad ascoltare in modo attivo, transco-dificando in appunti e schemi quanto vienedetto, coltivando al contempo le proprie dotidi sintesi. S’impara a star seduti calmi e con-centrati per tempi lunghi, ottimo antidoto allesoglie di attenzione infinitesimali degli studen-ti di oggi, fenomeno che è da imputare anchea noi stessi e al nostro inseguire metodologiee strumenti didattici che assecondano la loro

dispersività e promuovono la parcellizzazionedelle lezioni in istantanee, atomi, schegge. An-cora, s’impara a rispettare quanto un altroracconta o spiega o (di)mostra, addomestican-do la spontanea tendenza del singolo, specieda bambino e adolescente, al soggettivismonarcisistico, ai facili “io penso” e “ma io...”.Infine, si può godere di un modello d’uso dellalingua, di articolazione dei concetti, di argo-mentazione. Dico sùbito a chi sente puzzadi regime che non si tratta di autoritari-smo, bensì di severa propedeutica al li-bero pensiero. Lo studente potrà - anzi do-vrà - rielaborare, anche in modo critico e crea-tivo, quanto gli viene così bene illustrato, masolo dopo aver ascoltato e osservato con cal-ma, aver studiato e provato da sé, aver riferitoa voce e per iscritto, aver applicato e ricercatoin proprio. A molti verrà in mente - me loaspetto - anche la parola noia. A parte ilfatto che la noia è uno dei motori delsapere più sottovalutati (ma questa èun’altra storia), credo che sia capitato atutti di ascoltare con rapimento nondico un bravo docente ma magari unbravo oratore o conferenziere e di pro-vare un intimo e profondo piacere intel-lettuale nel seguire l’inanellarsi dei con-cetti, il fluire del fraseggio, l’icastica ef-ficacia dello stile, il fiorire degli esempi,la cogenza della dimostrazione, l’incal-zare dei quesiti. E così è coi bravi insegnanti, che padroneg-giano e amano la materia: non ci si annoia, ose anche a volte càpita - com’è normale - diannoiarsi, saranno il rispetto, il senso del do-vere e l’habitus a far presto ritrovare il filosmarrito. O così dovrebbe essere, in una“buona scuola”. Certo, se solo un’intera so-cietà e un intero sistema non lavorassero conpertinace determinazione a disperdere leenergie degli studenti, a vezzeggiarli anzichécoltivarne il potenziale, a istupidirli e ubriacar-li nel mesmerico e rutilante caleidoscopio vir-tuale della rete e in una dimensione di ludicae perpetua immaturità, a vilipendere la cate-goria dei docenti, a svuotare di senso la scuo-la immaginandola quale grande parcheggio opaese dei balocchi, insomma: se solo ci fosse-ro le precondizioni sociali, culturali, professio-nali per esercitare quella cadenzata, tranquil-la, antichissima, ovvia faccenda che dovrebbeessere la trasmissione efficace del sapere ainostri bambini e ragazzi. Bravi insegnanti, li-beri da vessazioni burocratiche e ricatti pa-rentali o dirigenziali, buoni manuali, un sup-porto per scrivere purchessia: è questo, in findei conti, l’imprescindibile che serve ai nostristudenti per godere di una buona scuola. Ilresto è contorno e complemento, quando nonsia coreografia, orpello o superfetazione. Nondimentichiamocene.

LA LEZIONE FRONTALE

di Alberto Dainese

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Una ricerca ha mostrato come le difficoltà che incontrano gli studenti di scuola elementarea capire il funzionamento delle operazioni possa essere legata proprio al linguaggio che usiamo

per parlarne. Forse bastano piccole migliorie per togliere un po' di ansia a chi la matematica la deve im-parare, vale a dire tutti i cittadini moderni.

Checché se ne dica, imparare la ma-tematica è imparare a costruire e a

destreggiarsi con sofisticate impalca-ture formali: numerali, simboli, una certadisposizione di simboli nello spazio, regole daapplicare per trasformare queste disposizionie questi simboli in altre disposizioni e in altrisimboli. Le impalcature hanno dei nomi, equesti nomi hanno una storia. Parliamo diseno e di coseno, di radice quadrata, di tan-gente, di funzione, di algoritmo, di addizionee di sottrazione. Sono nomi bellissimi cheperò possono avere un duplice inconve-niente, evidente non tanto per chi la mate-matica la conosce, quanto per chi la sta im-parando. I nomi possono infatti veicolareun’intuizione fuorviante, o possono esserecompletamente muti, non dire nulla chepossa aiutare e instradare il discente. Il pro-blema dell’intuizione fuorviante è l’oggettodella ricerca di Emmanuel Sander dell’Uni-versità di Ginevra, che ha mostrato comela difficoltà che incontrano gli studentidi scuola elementare a capire il funzio-namento delle operazioni può esserelegata proprio al linguaggio cheusiamo per parlarne. Per esempio, un pro-blema come Maria aveva sette mele. Ha cin-que mele in più di Anna. Quante mele haAnna? risulta più difficile da risolvere del suoequivalente Maria ha sette mele. Anna hacinque mele meno di Maria. Quante mele haAnna? La parola “più” nella prima for-mulazione invita un’applicazione del-l’addizione, e inibisce la strategia cor-retta di soluzione che consistenell’eseguire una sottrazione. Problemianaloghi si riscontrano con la divisione, il cuinome invita a pensare a uno sminuzza-mento, una distribuzione: un problema comeMezza torta costa tre euro. Quanto costa latorta intera? è di facile soluzione intuitiva,ma la sua “traduzione” matematica richiededi dividere 3 per 1/2, cosa che non pare evi-dente se si pensa che la divisione sia unaspecie di condivisione.Queste sono dunque le parole mate-matiche che fuorviano. Ci sono poi quelleche non aiutano, come “radice quadrata” o“tangente” (trigonometrica), perché anchesenza fuorviare, non hanno un contenuto in-tuitivo utile o instradante.Quali rimedi? Possiamo immaginare un’evo-luzione leggermente diversa della storia dellamatematica, che, ferma lasciando tutta laparte formale, ci avesse consegnato dei nomileggermente diversi. Andiamo quindi inuna scuola della immaginaria Repub-blica dei Numeri su un lontano pianeta,

e vediamo quali nomiusano laggiù. E comin-ciamo proprio dalle paroleche non aiutano, le parolesenza un buon contenutointuitivo. Per esempio, inquelle scuole non parlano di“radice quadrata” ma di“lato del quadrato”. L’ideaè la stessa, è la misura delpiede su cui si appoggia unquadrato, ma “lato” è unaparola che già viene usata, e perché non riuti-lizzarla? Invece di dire Calcola la radice qua-drata di nove loro dicono Calcola il lato delquadrato di area nove (unità). In quellescuole non parlano di “algoritmo”, madi “ricetta”: un algoritmo è una ricetta, eancora una volta tutti sanno che cos’è una ri-cetta. Nella Repubblica dei Numeri nonsi parla di “tangente” trigonometrica, ma di“pendenza” (come fanno da noi i matematicianglosassoni, che probabilmente hanno ac-colto una delegazione da quel lontano pia-neta), con una pendenza che cresce. Non par-lano di “seno” e “coseno” ma di “piede” e di

“schiena” di un angolo (e approvano il fattoche usiamo già il termine “corda”). Non di-cono “funzione” ma dicono “ombra”, pittore-scamente. Sono molto ambiziosi, sul Pianeta dei Nu-meri. Hanno anche migliorato sensibilmenteil sistema dei numerali. “Undici” è unabellissima parola, ma “dieci uno” sa-rebbe meglio. Anzi, meglio ancora “unodieci uno”: una decina più uno. “Quaranta-quattro” diventerebbe “quattro dieci quat-tro”. E così via (come sul nostro pianetafanno già i matematici cinesi, che nella lorolingua parlano in un perfetto sistema deci-male). E come fare con “addizione” e “sottra-zione”? Pensate a questo problema. Anna haperso tre biglie. Ora ne ha cinque. Quante neaveva all’inizio? “Perdere” invita l’applica-zione della sottrazione. Di converso, in Annaaveva tre biglie. Ora ne ha otto. Quante neha vinte? “vincere” invita l’applicazionedell’addizione. Esistono parole migliori? SulPianeta dei Numeri non ci hanno ancora pen-sato, potremmo aprire un concorso di idee suquesto tema. Ho proposto questo esperimento mentale,questo viaggio extraplanetario, per mostraregli inciampi di una riflessione su cosa cam-biare e migliorare nell’insegnamento; e c’èda dire che la matematica è un caso relativa-mente semplice, dato che possiamo misurare(fino a un certo punto) vantaggi e svantaggidi interventi molto locali. Al tempo stessovorrei spezzare una lancia in favoredelle piccole migliorie, a volte margi-nali. Vedo molta agitazione, festival dellamatematica e della scienza, campagne me-diatiche, proposte di grandi riforme dei pro-grammi che mettano l’accento sul lato ludicodel fare matematico; tutte cose bellissime,ma a volte gli ostacoli sono proprio sullaporta d’ingresso, e delle modifiche veramenteminime potrebbero avere la conseguenza ditogliere un po’ di ansia a chi la matematicala deve imparare, vale a dire tutti i cittadinimoderni.

PAROLE MATEMATICHE

di Roberto Casati

ROBERTO CASATIÈ un Filosofo italiano, studioso dei processi co-gnitivi. Attualmente è Direttore di ricerca delCentre National de la Recherche Scientifique(CNRS), presso l’Institut Nicod a Parigi. Espo-nente della filosofia analitica, già docente in di-verse università europee e statunitensi, èautore di vari romanzi e saggi, tra cui La sco-perta dell’ombra (2001), tradotto in sette lin-gue e vincitore di diversi premi, la raccolta diracconti filosofici Il caso Wassermann e altri in-cidenti metafisici (2006), Prima lezione di filo-sofia (2011), Contro il colonialismo digitale.Istruzioni per continuare a leggere (2013), re-censito in “Professione docente”, set-tembre 2016, con un’intervista all’autore eLa lezione del freddo, presso Einaudi, una filo-sofia e un manuale narrativo di sopravvivenzaper il cambiamento climatico.

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TEATRODELLE IDEE

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Si parla di merito e di valorizzazione della qualità dell’insegnamento ma la realtà dei fatti è bendiversa: ormai per diventare insegnanti si deve in certo qual modo “acquistare” titoli. Quale autorevolezza equale prestigio sociale può rivestire un insegnante che di fatto ha comprato i titoli per accedere alla professione?

ALLA FIERA DEI TITOLI TEATRODELLE IDEE

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Alla fiera dei titoli… per due soldi, i 24 CFUmio padre comprò…”, ma potremmo anche

dire l’abilitazione o il master, l’ecdl e tutto quan-to possa costituire un credito per chi aspira adessere o è già insegnante. Sono ormai quasivent’anni che i provvedimenti legislativi vannoin questa direzione e non c’è alcun vero segnalepolitico che indichi l'intenzione di una direzionecontraria. Anche con la legge 107/2015, chetanto parla di “merito”, sono state emanatenuove regole che rivedono totalmente le formedi reclutamento degli Insegnanti della ScuolaSecondaria e che in realtà, sostanzialmente, van-no ad alimentare il mercato fiorente dei titoli.Per chi vuole diventare insegnante è previstauna fase transitoria che porterà a concorsi bien-nali su base regionale che daranno accesso alpercorso FIT (formazione iniziale tirocinio), altermine del quale, dopo aver superato valutazio-ni intermedie e finali, si avrà finalmente accessoal ruolo. Purtroppo però, rispetto alle vec-chie regole, per accedere al concorso nonsarà più sufficiente possedere il titolo distudio (laurea, diploma di I e II livello ac-cademico AFAM), ma la legge 107/2015ha previsto che gli aspiranti docenti do-vranno necessariamente essere in posses-so anche di 24 CFU nelle discipline antro-po-psico-pedagogiche e nelle metodolo-gie e tecniche didattiche. Con grave ritardoe in periodo ferragostano il Miur, dopo due anni,ha finalmente stabilito con precisione le modali-tà organizzative per conseguire i 24 CFU conD.M. 616 del 10/08/2017, chiarendo che biso-gnerà essere in possesso di crediti in almeno 3delle 4 aree, con almeno 6 cfu per area, per untotale di 24. Questo provvedimento è stato ap-provato nel silenzio totale dei media e con soloqualche timida protesta sui social, l’impressio-ne è quella che ci si sia rassegnati all’ideache per diventare insegnanti si debba incerto qual modo “acquistare” titoli.Da quel momento, i sindacati e le universitàsono stati letteralmente presi d’assalto da tutticoloro che sono potenziali partecipanti al con-corso. Nel frattempo l’offerta delle università te-lematiche private ha anticipato i tempi, con pac-chetti pronti e ben confezionati per rispondere aquesta nuova opportunità economica. Media-mente i corsi offerti da queste realtà han-no costi di €700. Un grande affare nonc’è dubbio!L’università pubblica ha tardato un po’ ad orga-nizzarsi e comunque, in linea con quanto stabili-to dalla normativa, ha previsto in genere un se-mestre aggiuntivo per i laureandi, oppure lapossibilità di farsi riconoscere gli esami già ef-fettuati, riconoscimento che non avviene a titologratuito, ed eventualmente di acquisire i creditimancanti attraverso la frequenza a corsi cheavranno un costo massimo di €500. Evidente èil mercimonio creato da questo decreto. Sa-rebbe stato più corretto permettere l’ac-

cesso al concorso a tutti quelli che sonoin possesso del titolo e poi, una volta su-perato, far eventualmente conseguire i24 CFU, anche se poi non si capisce il sen-so del percorso FIT, che duplica l’acquisi-zione di competenze in ambito pedagogi-co, antropologico, didattico e psicologi-co. Invece si è voluto l’esatto contrario, favoren-do così un enorme commercio intorno “all’ac-quisizione” dei crediti. A dimostrazione di que-sto, basta visitare qualsiasi sito che parli di scuo-la per trovare decine e decine di banner pubbli-citari che sponsorizzano l’offerta formativa sui24 CFU delle università telematiche, con promo-zioni di tutti i tipi e organizzazione di corsi adat-ti ad ogni esigenza. In realtà quanto avvenu-to attorno ai 24 CFU è solo il culmine diuna serie di interventi legislativi che, dainizio anni 2000, hanno reso l’accesso al-l’insegnamento una grande occasione peruna miriade di enti di formazione e perpseudo associazioni che promettono“punti”, ma anche il ruolo o l’abilitazioneall’insegnamento per mezzo di ricorsi delcosto di qualche centinaia di euro. Si par-la di merito e di valorizzazione della qua-lità dell’insegnamento solo in linea moltoteorica e nei dibattiti politici, ma la realtàdei fatti è ben diversa. Dalla nascita delle“Graduatorie Permanenti”, poi diventate adEsaurimento, è iniziata una guerra tra aspirantidocenti basata sull’acquisizione di titoli. La ma-dre di tutti i provvedimenti legislativi è la leggefinanziaria del 2003 che di fatto legittima la na-scita delle università telematiche e dei corsi a di-stanza.Da quel giorno è incominciata la raccoltapunti, trasformando, per alcuni, la pro-fessione di insegnante in un ammortizza-tore sociale della disoccupazione intel-lettuale, quasi un lavoro di ripiego, inve-

ce che una scelta consapevole e decisa.L’istruzione dovrebbe essere l’investimento piùimportante di una nazione e avere prima di tut-to sicure e solide regole per il reclutamento dichi ci dovrebbe lavorare. In Italia negli ultimivent’anni questo non è avvenuto. I canalidi reclutamento sono stati molteplici e siè invece fatta passare l’idea della facileaccessibilità all’insegnamento, aiutata daun caos normativo, con provvedimenti chespesso si sono contraddetti tra loro e che han-no necessitato di ulteriori circolari esplicativeda parte del Miur. Questa confusione a trattipuò far sospettare che sia stata voluta. Di fat-to, nel tempo, è diminuita l’autorevolez-za dei docenti e sono aumentati i luoghicomuni sulla professione, quasi tutto or-chestrato per legittimare la bassa retri-buzione. Basti pensare a cosa avviene con lapossibilità di abilitarsi all’insegnamento pressoaltre nazioni dell’Unione Europea. Sono natedelle vere e proprie società che, con una decinadi migliaia di euro, permettono di abilitarsi inSpagna o in Romania, accedendo così a dei ca-nali preferenziali del reclutamento. È arrivato ilmomento di dire basta a questo mercato! Qua-le autorevolezza e quale prestigio sociale puòrivestire un insegnante che di fatto ha compra-to i titoli per accedere alla professione? Si ri-schia di avere una futura generazione di docen-ti costituita solo da chi alle spalle ha famigliecon solide basi economiche, perché diventareinsegnanti è costoso e infine mal retribuito. Leorganizzazioni sindacali dovranno battersi per-ché cessi questo mercato. Insegnanti lo sideve diventare per merito, solo così sipotrà restituire il giusto prestigio allanobile professione dei docenti, avendoun’arma in più da giocarsi al momento dichiedere maggiori investimenti e stipen-di veramente “europei”.

di Vito Carlo Castellana

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Il falso mito della concentrazione del tempo scolastico e il rischio che il tempo libero deinostri ragazzi diventi sempre più vuota inattività, non sano otium.

LA SCUOLA BREVE

Sempre più negli ultimi anni è andata afferman-dosi l’idea che accorciare o comprimere il tempo

scuola sia operazione utile per tutti i soggetti coin-volti oltre che conveniente sul piano della gestionedelle risorse delle scuole.Dai classici modelli totalizzanti della scuoladegli anni ’70 (tempi pieni e tempi prolungati)fino alle “certezze” della Buona scuola(scuole aperte il pomeriggio e d’estate), legiustificazioni addotte per accorciare i giorni dellelezioni settimanali sono state sempre suffragate da“sani principi” di natura didattica e di gestionale-amministrativa.In realtà la crisi dei modelli orari lunghi deltempo pieno e del tempo prolungato è do-vuta a motivi di ordine storico poiché allafine del secolo scorso sono venute a manca-re le condizioni economiche, sociali e culturaliche ne hanno originato la formazione negli anni’70 (oggi una scuola di Barbiana non sarebbe in al-cun modo pensabile). E negli ultimi tempi si èvenuta progressivamente radicando nellescuole del primo ciclo, ma anche in taluniistituti superiori, la proposta di modelli sco-lastici che prevedono un’organizzazioneoraria che comprime le lezioni in 5 giorni epropone quindi formule con seste e settimeore e sabato libero. Si tratta di un’ideologiadi lungo respiro che coinvolge l’ipotesi unpercorso liceale di 4 anni, fino a compiersinel modello universitario del 3 + 2 dove si èradicato il falso mito che si possa conseguireuna “laurea” in soli 3 anni. Il tutto partendo dallaconvinzione che sia comunque possibile compatta-re l’attività didattica con utili risultati.Va ricordato tuttavia che questa proposta ènata spesso dalle richieste delle famiglie chenella scuola primaria ormai hanno imposto il mo-dello scolastico del “week end libero”, inteso comespazio temporale necessario alle famiglie per lacondivisione di momenti di vita familiare. Si è avvia-to così un processo di progressiva elementarizzazio-ne dell’organizzazione scolastica nelle secondarie diI e II grado, in cui risulta prevalente la convinzioneche sia necessario un periodo di riposo per i ragazzidopo le dure fatiche degli impegni scolastici setti-manali. Il timore di una perdita di iscrizioni e l’allet-tante illusione di una semplificazione organizzativa(con il sabato a casa non ci sono più richieste con-flittuali nel giorno libero ed anche l’organizzazionedel lavoro del personale ATA è più semplice) hannosuggerito a molti istituti scolastici di anticipare laconcorrenza e di proporre alle famiglie prima deglialtri modelli orari in 5 giorni.

LA DIDATTICAMa davvero concentrare il lavoro in 5 giornilasciando 2 giorni di riposo alla settimanaaiuta ad una migliore didattica?Noi crediamo che si tratti di un falso mito,che nasconde pericoli ben più consistenti sul pianodidattico oltre su quello dell’organizzazione com-plessiva degli istituti scolastici.Di fatto la settimana corta implica l’allunga-

mento dell’orario giornaliero fino ad una 6a

o 7a ora e richiede di conseguenza l’introduzionedi una secondo intervallo giornaliero di almeno 10minuti: che, moltiplicato per 5 giorni, significa alme-no 50 minuti di riduzione delle ore di lezione setti-manali oltre che un aumento delle ore di 55 minuti(da 2 a 4 per ogni giorno di lezione). Quindi unareale diminuzione del tempo di apprendimento.Lo stesso prolungamento della giornata sco-lastica sembra poi contraddire il dichiaratoobiettivo del benessere scolastico poiché è evi-dente che esso mina i tempi di attenzione e la ca-pacità di concentrazione dei ragazzi nell’affrontarenelle ultime ore della giornata discipline o attivitàparticolarmente impegnative.Un orario su 5 giorni presuppone inoltre lapresenza di giornate scolastiche particolar-mente gravose sul piano delle discipline, per-ché la distribuzione delle lezioni su 5 anziché 6giorni comporta inevitabilmente l’impossibilità didistribuire in modo equilibrato le materie più impe-gnative, implica la formazione di giornate con trop-pe ore “pesanti”, nonché l’inevitabile accumulo distanchezza dei ragazzi nella 2a metà della settima-na. E, non ultimo, determina la possibilità che in al-cuni momenti topici del quadrimestre possano es-sere effettuate più verifiche nella stessa giornata.Uno degli aspetti più preoccupanti riguardapoi il problema dei compiti domestici: al di là dellenuove teorie che ipotizzano una scuola “senzacompiti”, sta di fatto che l’esercizio domestico diriordino, rielaborazione, esercitazione e consolida-mento di quanto svolto in classe appare semprepiù importante nel progredire del percorso scolasti-co di uno studente. Ma un’organizzazione orariacon la settimana corta implica inevitabilmente unariduzione del tempo e delle risorse personali dispo-nibili a casa, dove si arriva più tardi e più stanchi,dove bisogna svolgere i compiti per le 6 o 7 ore delgiorno successivo, dove si ha meno tempo disponi-bile per seguire altre attività extrascolastiche (sipensi ai tanti ragazzi che praticano sport) o da de-dicare al riposo e agli interessi personali. Ne conse-gue che per gli alunni meno impegnati aumentainevitabilmente il fenomeno dei compiti non svolti,mentre per i ragazzi più diligenti si moltiplicano leproteste dei genitori per l’eccessiva mole di lavoroassegnato. Per non parlare delle difficoltà incontra-te dagli alunni con BES, dagli stranieri in fase di

prima alfabetizzazione, dagli studenti con certifica-zione (per i quali le famiglie più attente vanno nelladirezione della richiesta di un’ulteriore riduzionedella frequenza scolastica). Per di più negli istituti ad indirizzo musicaleche presuppongo comunque il rientro pome-ridiano per le lezioni di strumento e negli Istitutisuperiori che prevedono un orario più lungo, la di-latazione dell’orario antimeridiano grava ulterior-mente sia sulle energie dei ragazzi, sia sui tempi diper sé ristretti da dedicare allo studio domestico.Da non dimenticare infine altri fattori nonsecondari: l’aumento del peso degli zaini, la mol-tiplicazione del peso specifico delle assenze (che da5 ore gravano in questo caso su 6 o 7 ore), la cre-scita della mole di compiti assegnati per il weekend, la possibilità da parte di qualche famiglia diapprofittare di ponti nel caso di festività nelle gior-nate infrasettimanali, la difficoltà di sostituire even-tuali assenze dei docenti che inevitabilmenteavranno un numero maggiore di ore di serviziogiornaliero.

IN CONCLUSIONESi può ragionevolmente affermare che l’orario gior-naliero lungo comporti uno scadimento del benes-sere scolastico degli alunni, uno svilimento delle at-tività didattiche ed una complicazione della gestio-ne organizzativa dell’intera scuola.Il modello della settimana corta impostato su criteriestranei al mondo della scuola e tutti tesi a istanze disvago familiare (chi può viaggia o va a sciare, chi nonpuò permetterselo semplicemente va agli ipermercatio se ne sta a casa) non ha alcuna valenza didattica. Il rischio concreto però è che la logica concorren-ziale dell’autonomia scolastica spinga molti Diri-genti e Collegi a proporre ad oltranza questo mo-dello di scuola per non perdere fette di utenti o peraccaparrarsi nuove iscrizioni.

E, NON ULTIMOE’ inevitabile che gli studenti, affaticati da giornatecon 6 o 7 ore di lezione, giungeranno alla convin-zione che la scuola, l’impegno e l’apprendimentosiano sinonimi di fatica e stress mentre il tempo li-bero è piacevole perché sempre più affrancato daqualsiasi obbligo. E il rischio è che il tempo liberodei nostri ragazzi diventi sempre più vuota inattivi-tà, non sano otium.16

TEATRODELLE IDEE

di Fabio Barina

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FINESTRA SUL MONDO E NEL TEMPO. LA STORIA DELLA SCUOLA

Nel 1928 Francis Scott Fitzgeraldpubblicò Basil: the freshest boy1,

la storia di un ragazzo sognatore e irrispet-toso che si trova a disagio in una scuola perricchi; Fitzgerald tratteggiò spesso ladissoluzione morale degli adolescenti agiatie, come Basil, rimase affascinato dalla vitadi New York. Questi furono gli anni incui negli U.S.A. si diffuse il DaltonPlan ideato da Helen Parkhurst (1886-1973) influenzata dalle idee dellaMontessori e di Dewey. Il piano erastato annunciato nel 19212 e prevede-va l’istituzione di laboratori tematiciove gli studenti risolvessero problemicon la guida dell’insegnante che non“trasferisce” saperi, bensì guida alla ri-cerca rispettando i tempi di apprendimentodi ciascun allievo, lo studio venne trasforma-to in un lavoro con obiettivi specifici calibraticon il punto di vista di apprende.Il sistema di insegnamento scanditodal suono della campanella che dettagli impegni da svolgere fu abbattutodal principio per cui si riconosceva che ognimente aveva diritto a portare a termine lasua ricerca. Il lavoro poteva essere condottosingolarmente o in gruppo.3In Francia, con Freinet, si affermavauna didattica che metteva fine a mo-delli, imposizioni, direttive degli inse-gnanti per dare libertà a una pedagogiafondata sull’armonia delle menti e sul dirit-to della libertà d’espressione: il bambinonon scrive per accontentare l’insegnantebensì per esprimere il suo pensiero e i suoiprogressi. Sicché nel leggere una favola di

La Fontaine si accoglieranno le emozioni diogni allievo e non si imporranno quelle delmaestro. Il compito per accontentare ilmaestro mina la formazione dell’infanzia.Gli studenti debbono essere lasciati liberi discrivere per sé stessi e per i propri compa-gni. Tutto questo può essere realizzato or-ganizzando una tipografia in ogni scuola.Un giornale costruito dagli studenti signifi-ca che ogni allievo è chiamato ad essere:autore, correttore, editore, tipografo, illu-stratore, diffusore. Una tecnica pedagogicarovesciata che mette al centro il ragazzo elascia al maestro il compito di indirizzo.4

L’istituzione delle tipografie scolasti-che rispondeva alla necessità di mo-dernizzare l’insegnamento e di fare inmodo che scuole diverse comunicassero traloro: è necessario eliminare tutto ciò chenella scuola è convenzionale ripetitivo perrendere l’apprendimento un’esperienza incui si cerca la ricompensa (il voto) ma lasoddisfazione dell’intelligenza.5 La tipografiamette lo studente in grado di investigare,comporre, correggere i testi degli altri, discu-tere e l’esperimento si estese anche in Ma-rocco dove gli studenti attraverso questa in-novazione didattica si appassionarono allalingua francese.Il progetto era rivolto fondamental-mente alle scuole popolari e prevede-va anche l’educazione alla composi-zioni di immagini mediante apparec-chi di linotipia.6 In Europa e negli U.S.A.spiravano venti di novità: in Inghilterra fuconcesso il diritto di voto alle donne di 21anni. Nel frattempo in Italia il 12 aprile1928, quando il re VittorioEmanuele III si apprestava adinaugurare la Fiera di Milano,fu fatta esplodere una bom-ba a Milano che provocò de-cine di morti: furono accusatii comunisti e in particolareRomolo Tranquilli, fratello diIgnazio Silone, che morì perle torture subite; allora ilcommissario Camilleri sca-gionò i comunisti indirizzan-do le indagini all’interno digruppi fascisti ostili alla mo-narchia e pagò il coraggiocon il confino.7 L’Italia eraprigioniera della dittatu-ra e imprigionava soprat-tutto la Scuola. E il 9 di-cembre 1926 con il RegioDecreto 2480, le donne furo-no escluse dai concorsi per lecattedre di lettere, latino,greco, storia e filosofia nei li-

cei classici e scientifici, oltre che dall’inse-gnamento di italiano e storia negli istitutitecnici. Poi, nel 1928, fu impedito alle donnedi diventare presidi delle scuole medie.Come sosteneva il deputato fascista Gere-micca nel 1928 in ordine al progetto di fa-scistizzazione della scuola: “occorre che in-torno al fanciullo tutto sia penetrato di sen-timento e d’ideale fascista, che tutto nellascuola gli parli di ciò; che attraverso tuttol’insegnamento, anche il più semplice edelementare, egli lo senta”.In questo contesto, le commissioni perl’analisi e l’approvazione dei libri ditesto cominciarono ad essere gestiteda personalità del Partito fascista e diriflesso i nuovi testi editi accolsero inmaniera crescente tra le pagine i prin-cipi ispiratori del regime. Il fenomenointeressò anche la Matematica: fu il caso diGiuseppe Sommadossi che mise a punto uncurricolo di quarta e quinta elementare dovele pagine di Aritmetica sono intervallate dadisegni e fotografie di Mussolini, degli eroifascisti dell’aria, della battaglia del grano,del prestito littorio, tentandone una mate-matizzazione più o meno forzata.8

1 http://www.gutenberg.net.au/fsf/BASIL-THE-FRESHEST-BOY.html 2 https://saxion.nl/wps/wcm/connect/53817e17-638b-47df-9b22-0fb8c201db29/Helen+Parkhurst4_artikel_1_TES.pdf?MOD=AJPERES 3 https://archive.org/details/in.ernet.dli.2015.60793?q=dewey+dalton 4 https://www.icem-pedagogie-freinet.org/node/3471;http://www.icem-freinet.fr/archives/livres/index.htm 5 https://www.icem-pedagogie-freinet.org/node/5851 6 https://www.icem-pedagogie-freinet.org/node/248547 http://www.cadutipolizia.it/articoli2013/strage-scomparsa.htm 8 http://matematica.unibocconi.it/articoli/lautorappresentazione-del-regime-fascista-nei-testi-didattici-di-matematica-elementare.

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TEATRODELLE IDEE

di Piero Morpurgo

1928: DIRITTI, INNOVAZIONI,RESTRIZIONI NELLA SCUOLAL’Italia era prigioniera della dittatura e imprigionava soprattutto la Scuola.

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IL LIBERISMO NELL’ISTRUZIONE ACCOMUNA STATI UNITI E GRAN BRETAGNA

IN GRAN BRETAGNASI RIPARLA DI GRAMMAR SCHOOL

TEATRODELLE IDEE

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Lo scorso 8 gennaio, il premier britannico TheresaMay ha effettuato un “rimpasto” di governo. Il

primo di questo suo difficile secondo mandato allaguida di un governo di minoranza. Ma era un rime-scolamento atteso, specie dopo lo scandalo ses-suale che ha coinvolto il Segretario di Stato DamianGreen, costretto alle dimissioni perché accusato diaver scaricato materiale pornografico sul suo com-puter di lavoro e aver successivamente mentito suquesta stessa circostanza. Tra le caselle ministerialiche hanno cambiato occupante vi è quella del-l’Istruzione, dove la moderata Justine Greening hadovuto lasciare il posto a Damian Hinds, consi-derato un “falco” e in precedenza Vice Mini-stro del Lavoro e del Welfare nello stessogoverno. La nomina di Hinds ha sollevato nume-rose proteste sia da parte dell’opposizione laburistache dei sindacati e più in generale dei difensoridella scuola pubblica. Il neo ministro si è infattidistinto per dichiarazioni come “solo lemamme possono fare la differenza nell’ap-prendimento dei bambini” e soprattutto è unconvinto sostenitore delle Grammar School, chelui stesso ha frequentato da ragazzo, e per le qualiauspica nuove aperture, in modo che ve ne possaessere almeno una in ogni quartiere di ogni città.Le Grammar School sono le più antichescuole secondarie britanniche, alcune dellequali con una storia che risale fino al Me-dioevo. Per secoli sono state il cardine del si-stema educativo d’Oltremanica, fondato suun approccio così selettivo che gli studenti giàa 11 anni dovevano sostenere severi test per poteraccedere al canale privilegiato che permetteva l’ac-cesso all’università. Le riforme degli anni ’60 esoprattutto l’Education Act del 1976, ispi-rate da una forte impronta “pubblica” edalla volontà di eliminare i test selettivi allafine della scuola elementare, ne imponevanola chiusura o la riconversione. All’epoca vi eraun consenso bipartisan e le Grammar School rap-

presentavano, talvolta anche con esagerazioni, ilsimbolo di un Regno Unito classista e dallascarsa mobilità sociale. Negli anni, però, l’im-plementazione di queste riforme ha incontrato resi-stenza a livello locale e alcune di queste sono so-pravvissute. Anche la tradizionale opposizionedei Laburisti è andata moderandosi, specienegli anni dei governi Blair. Il programma elettoralelaburista del 1997 dichiarava infatti che “ogni mo-difica alle modalità di accesso e selezione allescuole secondarie deve essere decisa solo con ilconsenso delle famiglie del luogo”. Successiva-mente, alcune Grammar School hanno sem-plicemente mantenuto il nome, a richiamo di unglorioso passato, altre sono diventate completa-mente private e sono ora spesso gestite da congre-gazioni religiose (alcuni esempi si trovano nei quar-tieri più esclusivi di Londra). Allo stesso modo,l’ostilità di alcune regioni del Paese, come ilKent e, soprattutto, l’Irlanda del Nord, hafatto sì che vi siano tutt’ora Grammar Schoolinserite nel sistema educativo pubblico. Questeancora oggi selezionano i propri allievi all’età di 11anni, consentendo a coloro che ottengono i miglioririsultati di accedere a un percorso che li porterà aglistudi terziari, mentre per gli altri vi sarà probabil-mente un futuro fatto di lavori manuali.A oggi, pur essendone proibita per leggel’apertura ex novo, permangono 164 GrammarSchool in Inghilterra e ben 69 nella sola Irlanda delNord, mentre in Scozia e Galles non ve ne è più al-cuna da ormai molti anni. Sono scuole dove sistudia ancora il Latino e, in alcuni casi, ilGreco antico. Sono frequentate dai rampolli dellamiglior aristocrazia del Paese e lo stesso Hinds si èdiplomato al St. Ambrose College, Grammar Schoolcattolica dello Cheshire. Proprio il fatto che al-cune delle Grammar School rimaste sianoora gestite da congregazioni religiose (quasisempre cattoliche) è un altro punto di con-troversia. La legge attuale impone infatti alle

scuole di ispirazione religiosa di avere almeno il50% dei propri studenti provenienti da altre fedi.Hinds e la May si sono pubblicamente esposti a fa-vore di un superamento di questo limite, invocandola libertà per tutte le famiglie di poter aspirare adaccedere a qualsivoglia tipo di scuola.Cotanta attenzione per questioni di questotipo non è solo un chiaro segnale dell’im-pronta liberista e privatistica dell’attuale go-verno conservatore britannico, ma è sotto-stante anche a una precisa necessità politica.L’attuale governo conservatore gode infatti del vitaleappoggio esterno del DUP, il partito unionista nordir-landese, che conta 10 decisivi deputati alla Cameradei Comuni. Si tratta di un partito conserva-tore ed euroscettico e rappresentativo di unterritorio dove le Grammar School sono benradicate e rappresentano un simbolo reli-gioso e identitario. Poiché la ministra Greening siera mostrata tiepida sia nella difesa che sull’even-tuale rilancio delle Grammar School, la sua rimo-zione va quindi a garantire il debole governo May ea compiacere parlamentari e simpatizzanti del DUP. Vi è infine un ultimo dato da rilevare, questa voltariguardante una tendenza di politica internazionale.La nomina di Hinds in Gran Bretagna sembrafare il paio con quella di Betsy De Vos a Mi-nistro dell’Istruzione statunitense, avvenutapoco meno di un anno fa e della quale ab-biamo scritto nel numero di Maggio 2017. Sitratta di due profili simili, che simboleggiano aper-tamente il profilo liberista delle due amministrazioniconservatrici attualmente al potere in Gran Breta-gna e negli Stati Uniti. A fronte delle apparenti di-vergenze su immigrazione e politica internazionale,i governi Trump e May sembrano accomunatidalla precisa volontà di favorire l’istruzioneprivata a scapito di quella pubblica edespandere i network delle scuole più esclu-sive, anche a costo di utilizzare a questoscopo le casse pubbliche.

di Marco Morini

I governi Trump e May sembrano accomunati dalla precisa volontà di favorire l’istruzione privata a scapitodi quella pubblica ed espandere i network delle scuole più esclusive, anche a costo di utilizzare a questoscopo le casse pubbliche.

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6 DICEMBRE 2017 - CONVEGNO A PADOVA

Questo il titolo del Convegno nazionale,organizzato dalla Gilda degli Insegnanti

provinciale di Padova-Rovigo e dall'AssociazioneDocenti Art.33 a Padova, presso l’I.I.S. Duca degliAbruzzi, il 6 dicembre 2017. Dopo il saluto delDirigente dell’Uff. Scolastico V-Ambito di Padova Dott.Andrea Bergamo, seguito dal saluto del Coordinatorenazionale della Gilda degli Insegnanti, Rino DiMeglio, il prof. Giorgio Quaggiotto Coordinatoreprovinciale Gilda Padova-Rovigo ha introdotto iltema del Convegno con ‘ affermazione per cui i professorioggi sono considerati i nemici, i colpevoli da punire, gliincompetenti da demansionare. Tutto ciò a testimonianzadi come oggi non tiri una buona aria per i prof! Certo,non sembra questa la Scuola pensata dai Costituenti,convinti com’erano che fosse necessaria una culturacondivisa di conoscenze e di valori, per una convivenzapacifica libera e democratica. Per Quaggiotto i profcontinueranno a pensare, a opporsi. Sono seguiti gliinterventi dei relatori quali: il Prof. Diego Fusaro(Istituto Alti Studi Strategici e Politici di Milano) con la suarelazione “Pensare altrimenti. Riconquistare lasovranità mentale”, il quale in sintesi ha ribadito

come la formazione culturale sia il primo gradinoper l’emancipazione e come oggi si assista alladissoluzione dell’eticità in favore del mercato e dellacompetitività, grande dogma del nostro tempo. Esiste unavera e propria violenza dell’economia e con La Buonascuola assistiamo al trionfo del progetto coerenteal fine della descolarizzazione, rappresentatodall’alternanza scuola lavoro visto comesfruttamento del lavoro minorile. L’intervento delprof. Fabrizio Tonello (Università di Padova) èseguito col tema “La nuova scuola come motoredelle disuguaglianze”, il quale ha illustrato un’analisisull’andamento della frequenza e delle iscrizioni deglistudenti nei vari livelli d’istruzione nel nostro paese negliultimi anni. In calo le iscrizioni alle Università italianedove solo un terzo dei maturati vi s’iscrive e dove solo unterzo degli iscritti alle lauree triennali completa ilpercorso. La scuola non riduce le disuguaglianzesociali ma si limita a certificarle. Sono pochi ilaureati nella forza lavoro ed il 50% dei figli di genitorinon laureati non arriva alla maturità. L’intervento delprof. Adolfo Scotto Di Luzio (Università diBergamo) con “La Buona scuola: cronaca di unfallimento” ha sottolineato come la scuola dovrebberiappropriarsi delle sue ragioni politiche e che oggisubiamo gli esiti del ciclo delle politiche scolasticheavviatosi già dalla crisi della Repubblica dei partiti. Lascuola ha subito un progressivo indebolimento edè stata spinta verso le esigenze di uniformità,assistendo alla svalutazione delle disciplined’insegnamento e del ruolo degli insegnanti. Oggiquello che conta sta fuori dalla scuola cioè nel mondo dellavoro, poiché sono in opera meccanismi di naturaculturale che tendono a svalutare in maniera radicaletutto ciò che attiene alla costruzione intellettuale della

sfera dell’autonomia individuale. Ad interventoconcluso, il prof. Quaggiotto ha quindi letto ilsaluto inviato al Convegno dalla giurista prof.ssaLorenza Carlassare, costituzionalista e accademicaitaliana, Professoressa Emerita di dirittocostituzionale all’Università degli Studi di Padova.Dopo il dibattito finale, ha preceduto la fine deilavori la presentazione di un Documento dellaDirezione Provinciale Gilda degli Insegnanti, chedi seguito si riassume, titolato: PER RILANCIAREUN DIBATTITO POLITICO SULLA SCUOLA “Per laprossima legislatura non si dovranno varare riforme ma cisi dovrà dedicare a ricostruire la professionalità deidocenti nel prestigio, nella retribuzione, nellaprevidenza...”. Prendendo in prestito queste parole diVittorio Lodolo D’Oria sulla categoria degli Insegnantidefinita, in un suo recente articolo, “la peggio retribuita,vituperata, la più anziana, la meno tutelata”- in occasionedell’annuale Convegno Nazionale della Gilda degliInsegnanti di Padova/Rovigo- la Direzione ProvincialeGilda degli Insegnanti ha presentato un documentopolitico per il prossimo rinnovo contrattuale, del quale sipropongono i punti: FUNZIONE DOCENTE LIBERTÀ DIINSEGNAMENTO E AUTONOMIA PROFESSIONALE -AUTONOMIA CONTRATTUALE E ORGANISMOPROFESSIONALE - FUNZIONI E POTERI DEI DIRIGENTISCOLASTICI - APPRENDIMENTO E MERITO DEGLISTUDENTI - AGGIORNAMENTO, FORMAZIONE INIZIALE ECARRIERA DEGLI INSEGNANTI SELEZIONE IN INGRESSO -AGGIORNAMENTO - CARRIERA – DEMERITO -

Sitografia dei contenuti del Convegno:http://www.gildapadova.it/web/category/document/

Il capoluogo della Sicilia ospiterà Manifesta 12, labiennale itinerante europea d’arte contemporanea.

Un’idea di viaggio per immergersi nel programmadegli eventi culturali palermitani organizzati per l’oc-casione. La città dimostra così la capacità di rinnovarsiproiettandosi verso un futuro di valorizzazione e rico-noscimento in ambito internazionale, nel suo percorsocostellato da luci ed ombre del passato. Anno im-portante, allora, per Palermo a sottolineare la dimensionee l’identità mediterranea e mediorientale della città. Iproblemi di una grande realtà del Sud restano ma dicontro crescono le iniziative che la rendono una metaappetibile dal punto di vista turistico. Il capoluogodella Sicilia parte avvantaggiato sia dalla sua posizionestrategica che dalla propria storia secolare, fattori chepongono Palermo tra le “capitali” del Mediterraneo:una città mosaico, espressione delle culture europeeche dialogano con il mondo arabo.Palermo 2018 ha realizzato una piattaforma te-lematica “cultura e tempo libero”, con l’obiettivodi realizzare un portale del territorio che comprendapatrimonio artistico, naturalistico, tradizioni, prodottieno-gastronomici, strutture ricettive e di ristoro, eventi;

di mettere a sistema risorse culturali riguardanti orarie modalità di accesso a teatri, monumenti, strutturesportive, biblioteche; di condividere l’accesso al patri-monio librario dell’intera area metropolitana attraversola realizzazione di un portale unico di prenotazione edi consultazione; di realizzare un sistema di prenotazionedei servizi turistici, in grado non solo di proporresoluzioni tradizionali (trasporto, vitto, alloggio eitinerario) ma anche di valorizzare i prodotti delterritorio diventando un vero e proprio portale dimarketing territoriale. Tra i tanti luoghi deputati aospitare eventi e attività di Palermo 2018 non man-cheranno i Cantieri culturali della Zisa, il TeatroMassimo, Palazzo Sant’Elia, il Loggiato SanBartolomeo, il Complesso dello Spasimo, PalazzoBranciforte, il Complesso di Sant’Anna alla Mi-sericordia, il Museo civico di Castelbuono. Ildossier di presentazione di Palermo Capitaleitaliana della cultura 2018, si può scaricare econsultare in formato pdf; mentre per mantenersiaggiornati sulla prossima programmazione di eventi,il sito di riferimento è Palermo 2018. L’intento èquello di rendere Palermo davvero sullo stesso

piano di tante altre città europee, almeno dalpunto di vista turistico, creando i presupposti di facilee puntuale fruibilità di una rete di supporto valida perchi vuole conoscere, visitare e vivere la città.Sitografia:https://www.comune.palermo.it/js/server/uploads/_31012017161757.pdfhttps://www.lifegate.it/persone/stile-di-vita/paler-mo-capitale-italiana-della-cultura-2018https://www.lifegate.it/persone/stile-di-vita/cosa-vedere-a-palermo-mete-da-non-perdere

LINK UTILITurismo - Palermo WelcomeCammini Francigeni Di SiciliaCittà Metropolitana di PalermoVisit Sicily

Palermo capitale italiana della cultura 2018di Massimo Quintiliani

Viaggi&Cultura

di Massimo Quintiliani

TEATRODELLE IDEE

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NON È UN PAESE PER PROF!La Legge 107/2015 segna il tramonto del mandato costituzionale e professionaledell’Insegnante?

In Gildatvhttps://gildatv.it/convegni-assemblee-manifestazioni/i servizi sul convegno.

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di Ester Trevisan

È andato tutto come la Gilda aveva previsto. Resoconto interessante dell’assemblea di gennaiodei delegati, prima della chiusura del Contratto, precipitosamente firmato da alcuni sindacati.

Il 26 e 27 gennaio si è riunita a Roma l’Assem-blea nazionale della Gilda degli Insegnanti per

discutere del rinnovo del contratto. L’organi-smo statutario è stato convocato in viastraordinaria per consultare i delegati ditutte le province e, nel pieno rispetto deiprincipi democratici che da sempre con-traddistinguono l’attività della Gilda,ascoltare le loro osservazioni riguardo labozza di articolato prodotta dall’Aran.Una bozza che Rino Di Meglio, coordinatore na-zionale della Gilda, ha definito “inaccettabile”. “Se il contratto dovesse assomigliare aquesta bozza, noi non potremmo assolu-tamente sottoscriverlo - ha dichiarato DiMeglio -. E deve essere chiaro che non sarem-mo disponibili a firmarlo neanche se le risorsestanziate per l’aumento stipendiale aumentas-sero, perché per il nostro sindacato fun-zione docente e orario di insegnamentosono punti fondamentali di cui chiedia-mo il pieno rispetto. Se non si scioglie-ranno questi nodi, non si andrà da nes-suna parte”.“Da molti anni nelle scuole italiane la categoriadegli insegnanti è oberata da una mole di lavoroche non le compete e che viene camuffata comefunzione docente. In realtà - ha denunciato DiMeglio - stiamo assistendo all’introduzione diuna strisciante forma di lavoro nero che portagli insegnanti a restare a scuola a disposizionedei dirigenti scolastici molte più ore di quelle de-

dicate all’insegnamento. Si tratta di tempo in cuii docenti vengono impiegati per svolgere compi-ti a cui non corrisponde alcun riconoscimentoeconomico o per i quali vengono retribuiti 3euro l’ora, meno di quanto percepisce una colf.È una situazione indegna che deve finire” am-monisce il coordinatore della Gilda che ricordaquanto sancito da una direttiva europea recepi-ta dall’ordinamento italiano: “È orario di lavorotutto il tempo che il prestatore d’opera passa adisposizione del datore di lavoro. Si tratta di unconcetto molto importante e sarebbe auspicabi-le che nel contratto questa norma fosse richia-mata per far capire che l’insegnante è sì un la-voratore intellettuale, ma che ha anche diritto alsuo tempo, cioè al bene più prezioso che ha l’es-sere umano”. Sul versante economico, Di Meglio ha ribaditoche “neppure i già miserabili 85 euro medi procapite ci sono, perché il ministero dell’Econo-mia ha calcolato su base percentuale (il3,48%, ndr) le risorse da destinare agli incre-menti in busta paga. Poiché la scuola ha gli sti-pendi più bassi di qualunque altro compartodel pubblico impiego, se gli aumenti vengonoassegnati su base percentuale anziché in termi-ni assoluti, i famosi 85 euro scendono a 72euro medi. Così - ha commentato amaramenteil coordinatore nazionale - si realizza un’ulte-riore beffa ai danni degli insegnanti rispettoagli altri pubblici dipendenti, perché la forbicesi allarga invece di restringersi”.

La differenza di trattamento non risparmia ne-anche il personale amministrativo: “Un collabo-ratore scolastico ha una retribuzione inferiore ri-spetto al suo omologo in servizio all’università”.Per sanare questa sperequazione, la Gilda indicauna strada precisa: far confluire nelle retribuzio-ni le risorse stanziate dalla legge 107/2015.“Ciò consentirebbe di pareggiare il conto e an-che di ottenere un certo risultato politico. Sequeste condizioni si concretizzeranno, si potràsperare in un esito positivo. Altrimenti - ha av-vertito Di Meglio - la strada per il rinnovo delcontratto diventerà davvero impervia”.“Non mi sorprende che il Governo voglia chiu-dere presto la partita del contratto, in campagnaelettorale è costume della politica cercare di cat-turare il consenso comprandolo con i soldi cheha a disposizione. La politica spera che, in cam-bio di qualche euro, l’elettore sia più clemente.Ma è risaputo - ha concluso il coordinatore dellaGilda - che la fretta è una cattiva consigliera”.