Francesco La Manno - Analisi economica del diritto
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III. Analisi economica del diritto
Sommario: 1.Costi sociali. - 2.The Nature of the Firm vs The Problem of SocialCost . - 3.I costi di transazione. - 4.Analisi distributiva e possibilità di nuove
tassonomie. – 5.La funzione distributiva dei beni e i diversi sistemi di allocazione di
beni e servizi. – 6.La responsabilità oggettiva.
1.Costi sociali.
I costi sociali riguardano gli effetti negativi, che le industrie,
arrecano ai consociati. Il paradigma è quello di una impresa
che mediante l’emissione di esalazioni cagiona pregiudizi aivicini. La soluzione a tale problematica viene data dagli
economisti adottando la linea dell’economia del benessere
di Pigou1.
I rimedi che vengono indicati dagli economisti sono
molteplici: in primo luogo, taluni, considerano che
l’industria dovrebbe essere responsabile per le immissioni di
fumo che arrecano nocumento ai terzi, altri autori ritengonoche si dovrebbe imporre una tassa sulle esalazioni delle
imprese in base all’entità stessa delle immissioni, altriancora propongono di dislocare la fabbrica in altri luoghi,
ove tali esalazioni non potrebbero arrecare pregiudizio ai
consociati2.
Secondo R. Coase, questi rimedi non sono idonei a risolvere
il problema in parola3. Possiamo partire dal paradigma in
cui l’impresa è tenuta a liquidare completamente il dannoarrecato. Il caso, a cui mi riferisco, è quello in cui una
mandria di bestiame invade un terreno di un terzo arrecando
pregiudizi all’appezzamento di terra di costui. Immaginiamo
che, il caso in parola, riguardi un contadino ed un allevatore
1 R. H. COASE, I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA,
P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi
economica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 32 R. H. COASE, I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA,
P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi
economica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 33 R. H. COASE, I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA,
P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi
economica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 3
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che svolgano la propria attività commerciale, ed inoltre non
essendoci una recinzione ogni aumento di reddito
dell’allevatore della mandria corrisponda ad una perdita del
vicino agricoltore. Diversamente occorre accertare il danno
marginale qualora aumenti la mandria, infatti si dovranno
valutare diversi fattori tra cui il modo di pascolare degli
animali. Per quanto riguarda la nostra analisi possiamo
considerare che la condotta precedente sia del tutto
irrilevante.
Immaginiamo ora che il costo per costruire una barriera che
divida i due terreni sia di 8 euro all’anno, mentre il prezzodel grano ( prodotto dall’agricoltore ) sia di 1 euro per ogni
tonnellata. Ipotizziamo che la proporzione tra l’aumentodella mandria e la perdita di grano dell’agricoltore sia la
seguente: aumento di 1 capo, calo di 1 tonnellata per ogni
anno, perdita proporzionale all’aumentare di capi 0,5,
aumento di 2 capi, calo di 4 tonnellate per ogni anno,
perdita proporzionale all’aumentare di capi 1 , aumento di 3
capi, calo di 8 tonnellate per ogni anno, perditaproporzionale all’aumentare di capi 4, aumento di 4 capi,
calo di 10 tonnellate per ogni anno, perdita proporzionale
all’aumentare di capi 5.Dal momento che l’allevatore risponde per il pregiudizio
arrecato, se costui opterà per aumentare il suo bestiame da 3
a 4 dovrà sostenere un costo di 5 euro, pertanto sarà
costretto a considerare questa spesa al fine di aumentare la
propria mandria. Ovviamente l’allevatore non innalzerà ilnumero del suo bestiame, salvo che il valore economico
derivato dalla vendita di carne sia superiore alla spesa che
dovrà sostenere per risarcire l’agricoltore.
L’allevatore adotterà misure di prevenzione, solo edesclusivamente se il costo di queste sarà inferiore al valore
del grano4. Orbene, nel caso in cui l’allevatore volesse
innalzare a 4 la propria mandria riterrà conveniente erigere
una barriera ( il costo è di 8 euro ) che divida i due terreni.
4 R. H. COASE, I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA,
P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi
economica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 4
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Dal momento in cui viene edificata la staccionata i costi
marginali tornano a zero, salvo che una volta aumentata la
mandria non sia necessario erigerne un’altra più resistente.
Tuttavia esistono anche situazioni in cui non sarebbe
conveniente per l’agricoltore edificare la barriera, il caso è
quello che attiene all’aumento di soli 2 capi di bestiame, in
tale circostanza il pregiudizio arrecato sarebbe inferiore al
guadagno ottenuto. Potremmo anche ipotizzare che nel caso
in parola, ovvero quello in cui l’allevatore di bestiame non
erige la staccionata, l’agricoltore fosse sollecitato a produrre
maggiori quantità di grano, tuttavia questa tesi è errata5.
Se precedentemente l’agricoltore aveva venduto il grano in
regime di concorrenza perfetta, allora i costi marginali eranopari all’aumento delle sementi coltivate, pertanto nel caso in
cui costui avesse dilatato la propria produzione ne sarebbe
derivata una perdita di profitto6. Nel caso precedentemente
presentato l’agricoltore subirà un pregiudizio dal bestiame,
tuttavia non varierà il suo ricavo in quanto l’allevatore
risarcirà il danno arrecato.Nell’analisi fin qui esposta ho assunto che, nel caso in cui vi
sia una attività commerciale dedita all’allevamento in zona
confinante ad una proprietà agricola, il coltivatore nonaccrescerebbe la propria produzione, anzi il risultato sarebbe
un rendimento inferiore del raccolto. La motivazione della
scelta è che se l’entità del prodotto non ottenuto è inferiore
alla spesa totale di coltivazione di quel campo, il coltivatore
riterrà utile accordarsi con l’allevatore perché il terreno restitrascurato
7.
Immaginiamo che il prezzo del grano prodotto sia di 16 euro
e il costo per coltivarlo sia di 10 euro, il guadagno che
otterrà l’agricoltore sarà 6 euro. Supponiamo che ilcontadino sia anche il proprietario del terreno. Poniamo che
5 R. H. COASE, I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA,
P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi
economica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 46 R. H. COASE, I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA,
P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi
economica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 47 R. H. COASE, I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA,
P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi
economica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 5
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l’allevatore arrechi, mediante il suo bestiame, un danno di 1
euro all’agricoltore. In questa situazione il contadino
riceverà 15 euro dalla vendita del suo prodotto, 1 euro di
risarcimento dall’allevatore, pertanto il suo guadagno sarà
sempre pari a 6 euro.
Ipotizziamo che l’allevatore decida di innalzare
ulteriormente il numero del suo bestiame, e che tale scelta
comporti un danno di 7 euro all’agricoltore. A questo punto
l’allevatore riterrà utile contrattare con l’agricoltore per
lasciare una zona di terreno incolta, ovviamente se il costo
dell’operazione sarà inferiore a 7 euro. L’accordo potràessere vantaggioso per entrambi, tanto che l’agricoltore
potrebbe abbandonare la sua produzione8.La stessa ipotesi si può fare anche solo per una parte di
campo, immaginiamo che gli animali seguano una strada
predefinita. Il pregiudizio subito dall’agricoltore potrebbe
indurlo ad abbandonare l’intera coltivazione, tuttavia vi è
un’altra possibilità, ipotizziamo che il valore ottenuto dalla
produzione del terreno sia di 12 euro, mentre il costoammonti a 13 euro. Se non fosse intervenuto l’allevatore
con il suo bestiame quel terreno non sarebbe coltivato.
Mentre con la presenza dell’agricoltore tutta la produzionesarebbe perduta. In questa situazione l’allevatore dovrebbe
risarcire al contadino 12 euro e questo perderebbe 1 euro.
L’allevatore subirebbe un danno di 10 euro.
E’ ovvio che tale situazione non potrebbe andare avanti per
molto tempo, le due parti si accorderebbero per cambiarla,l’agricoltore sarebbe intenzionato ad ottenere una somma
necessaria dall’allevatore per evitare di coltivare quel
terreno. Pertanto tale prezzo non potrà essere superiore al
costo della barriera e nemmeno tanto alto da indurrel’allevatore a lasciare la sua attività commerciale
9.
8 R. H. COASE, I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA,
P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi
economica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 59 R. H. COASE, I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA,
P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi
economica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 5
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Il punto di incontro si avrebbe nella circostanza in cui si
andrebbe a modificare la distribuzione del profitto e della
ricchezza tra agricoltore e allevatore10
.
Orbene, è possibile desumere dalla situazione in parola che
l’allevatore è responsabile del pregiudizio arrecato al
coltivatore, e “se il sistema dei prezzi opera perfettamente,
la riduzione del valore della produzione agricola deve
essere considerata nel calcolare il costo addizionale
costituito dall’aumento della mandria”.11
Il costo che
l’allevatore dovrà subire attiene all’aumento addizionale
della sua produzione, e nel caso in cui il mercato delbestiame sia in concorrenza perfetta, la distribuzione delle
disponibilità dell’impresa sarà efficiente12.E’ opportuno evidenziare che il pregiudizio arrecato
dall’allevatore, per quanto attiene alla produzione di grano,
potrebbe essere minore di quello che si potrebbe verificare
nel corso della normale stagione. Infatti incidono in modo
rilevante le transazioni di mercato13
. La situazione in parola
si realizza qualora il danno liquidato dall’allevatore eccedail costo che l’agricoltore pagherebbe per fruire della
possibilità di coltivare il campo.
In regime di concorrenza perfetta, il denaro che l’agricoltorepagherebbe per coltivare il campo è pari alla “differenza tra
il valore della produzione totale… Ed il valore del costo
addizionale”14
. Nel caso in cui il pregiudizio ecceda tale
somma il contadino sarà disposto a pagare per continuare la
propria attività e il valore addizionale sarà maggioreall’entità della produzione globale al netto del pregiudizio.
10 R. H. COASE, I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA,
P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisieconomica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 611 R. H. COASE, I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA,
P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi
economica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 612 R. H. COASE, I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA,
P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi
economica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 613 R. H. COASE, I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA,
P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi
economica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 614 R. H. COASE, I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA,
P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi
economica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 6
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Pertanto sarà conveniente lasciare tale attività e volgere lo
sguardo verso altre zone. Mediante le transazioni di
mercato, nel caso in cui il pregiudizio arrecato
all’agricoltore sia superiore ai ricavi ottenuti dallo stesso, la
situazione non continuerà.
L’agricoltore potrebbe anche continuare a produrre in
condizioni di perdita economica, tuttavia tale situazione non
potrà durare molto, in quanto costui successivamente sarà
destinato ad ottenere un accordo per interrompere la sua
attività15
.
A questo punto, facciamo un passo indietro e torniamoall’ipotesi in cui l’allevatore, nonostante il sistema dei
prezzi sia perfetto, non sia responsabile del nocumentoarrecato all’agricoltore. In tal caso l’impresa danneggiante
non dovrà risarcire alcun pregiudizio. Di seguito la mia
argomentazione sarà volta ad appurare che l’allocazione
delle risorse sarà eguale all’ipotesi in cui la società doveva
liquidare il danno.
Riprendiamo il paradigma dell’allevatore e dell’agricoltore.Abbiamo accertato che nella circostanza in cui il bestiame
crescerà, il contadino, dovrà subire un aumento del
pregiudizio derivante dall’incremento degli animali stessi.Ipotizziamo che la mandria sia composta da 4 capi.
L’agricoltore pagherà 4 euro se l’allevatore ridurrà di 2 capi
il suo bestiame, mentre fino a 6 euro se l’imprenditore si
limiterà ad avere 1 solo capo ed infine il contadino
corrisponderà 8 euro se il fattore lascia la sua attività.Pertanto il bovaro otterrà 4 euro per tenere solo 2 capi,
quindi i 4 euro rappresentano il costo di mantenimento di
due ulteriori animali. Ovviamente la situazione è la
medesima se dicessimo che i 4 euro rappresentano lasomma di denaro che l’agricoltore corrisponde all’allevatore
perché costui si limiti ad allevare due animali. Pertanto i 4
euro rappresentano il costo addizionale per il mantenimento
di due ulteriori capi di bestiame. Orbene, “se l’incremento
di valore di produzione dell’allevamento di bestiame
15 R. H. COASE, I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA,
P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi
economica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 6
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conseguente all’aumento di 2 capi è superiore al costo
addizionale che si dovrebbero sopportare le dimensioni
della mandria saranno senz’altro accresciute16
”.
Ovviamente nel caso contrario il bestiame non aumenterà,
pertanto, dalla seguente argomentazione si desume che il
numero dei capi di armento sarà la medesima, sia nella
circostanza in cui l’allevatore sarà ritenuto responsabile, sia
nel caso contrario17
.
Tuttavia, è bene precisare che l’agricoltore non sarà
disposto a compensare un pregiudizio che l’allevatore non
avrebbe potuto causare. Il coltivatore potrà corrispondere almassimo una somma di 8 euro, ovvero il costo annuale,
necessario all’edificazione della barriera necessaria aseparare i due fondi. Inoltre costui corrisponderà questa
somma solo nel caso in cui i suoi guadagni gli
consentiranno di permanere nella sua attività commerciale18
.
L’agricoltore sarà indotto ad elargire il denaro solo se
l’allevatore manterrà almeno 5 capi di bestiame.
Analizziamo questa circostanza. Ipotizziamo chel’agricoltore pagherà 4 euro se l’allevatore si limiterà a
tenere 4 capi di bestiame, 5 euro se il bestiame arriva a 3
capi, fino a 6 euro se l’armento arriva a 2 capi, fino a 7 eurose resta un animale e 8 euro se non vi è alcun bovino.
Occorre evidenziare che la somma attribuita all’allevatore
non muta, anche se costui riduce il suo armento.
L’allevatore otterrà una ulteriore somma di 1 euro se
deciderà di portare i suoi capi da 4 a 3, e di conseguenzaquesto denaro rappresenta la quantità di produzione agricola
che verrà distrutta dal bestiame. Nonostante l’opinione
divergente dell’agricoltore, sul numero dei capi
dell’armento che l’allevatore volesse continuare amantenere senza liquidazione del ristoro può andare ad
16 R. H. COASE, I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA,
P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi
economica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 717 R. H. COASE, I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA,
P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi
economica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 718 R. H. COASE, I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA,
P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi
economica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 7
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influire sul denaro che costui dovrà corrispondere. Non si
può dire che tutto ciò rilevi sulla convinzione del bovaro di
mantenere o meno una determinata quantità di bestiame19
.
La medesima situazione si verificherebbe nella circostanza
in cui se l’allevatore dovesse liquidare il pregiudizio , in
quanto il ricavo è uguale al corrispettivo dovuto20
.
A questo punto potremmo assumere che l’allevatore, dopo
essersi accordato con l’agricoltore, potrebbe tendere ad
aumentare la quantità di bestiame, in quanto il contadino
dovrebbe corrispondergli una somma di danaro più
elevata21
. Possiamo considerare che questa tesi sia correttaed è la medesima situazione in cui l’agricoltore dopo avere
negoziato con il bovaro decide di concludere la sua attivitàeconomica. Ovviamente queste situazioni, precedono un
patto tra le due parti, e non rilevano nel lungo periodo nel
caso in cui l’allevatore debba risarcire o meno il pregiudizio
arrecato all’agricoltore22
.
Di fondamentale importanza è accertare se il bovaro deve
rispondere o meno del pregiudizio, in quanto se non vi fossequesto controllo, non sarebbe possibile porre in essere
alcuna transazione tra le due parti. Tuttavia la conseguenza
conclusiva non tiene conto della situazione giuridica, se siconsidera che “il sistema dei prezzi opera senza costi
23”.
2.The Nature of the Firm vs The Problem of Social Cost.
19R. H. COASE, I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA,
P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisieconomica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 820R. H. COASE, I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA,
P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi
economica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 821 R. H. COASE, I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA,
P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi
economica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 822 R. H. COASE, I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA,
P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi
economica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 823 R. H. COASE, I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA,
P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi
economica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 8
5/7/2018 Francesco La Manno - Analisi economica del diritto - slidepdf.com
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57
Secondo alcuni giuseconomisti la tesi di Coase, descritta in
The Problem of Social Cost deve essere riletta. Con
particolare attenzione rispetto ai concetti di efficienza e di
ottimo paretiano24. Alcuni autori, rispetto al tema in parola,
affermano che i costi di transazione si occupano di stabilire
l’esito di ogni società in modo eguale rispetto alla
risoluzione che viene procurata dalla tecnologia25
. Pertanto
una volta ottenuti i costi di transazione, ogni società riuscirà
a raggiungere il punto Pareto ottimale. Da ciò si desume che
non è pensabile un passaggio dello status quo senza
cagionare pregiudizi ad altri soggetti e allontanarsi versol’esterno la frontiera
26. Dunque non è possibile differenziare
tra rimozione delle inefficienze e innovazione.Dopo questa breve introduzione è importante chiedersi
quale sia il motivo per il quale l’articolo intitolato The
Problem of Social Cost ha ottenuto un cosi’ grande successo
tra gli studiosi. Taluni hanno ritenuto che in tale studio era
ravvisabile da un lato il predominio dei mercati e dall’altro
l’inutilità di qualsiasi forma di regolamentazione deglistessi
27. L’articolo in parola, successivamente, è stato
oggetto di studio anche dei giuristi, costoro ne hanno
individuato il merito ed hanno iniziato ad applicare quellatesi. Tuttavia, occorre evidenziare che, Ronald Coase, molti
anni prima della pubblicazione dell’articolo The Problem of
Social Cost, pubblicò un elaborato intitolato The Nature of
The Firm. Questo saggio fu minimizzato sia dai giuristi che
dagli economisti, in quanto contrasta decisamente con molte
24G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,
traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,Giuffrè, Milano, 1998, pg. 1625 G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,
traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,
Giuffrè, Milano, 1998, pg. 1726
G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,
traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,
Giuffrè, Milano, 1998, pg. 1827
G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,
traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,
Giuffrè, Milano, 1998, pg. 19
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teorie consolidate tra gli studiosi28
. In primo luogo, in The
Nature of The Firm, Coase, afferma che sia i mercati sia le
forme di organizzazione non di mercato possono essere una
scelta ottimale, in quanto gli agenti economici optano per le
modalità più agili per regolare i loro rapporti e cercano di
massimizzare la propria utilità personale29
.
In entrambi i casi si realizza una funzione distributiva,
giacché nell’ambito dei mercati vi saranno taluni soggetti
accresceranno le proprie disponibilità economiche, e nelle
organizzazione di comando alcuni individui accresceranno il
loro potere. Molto spesso, nei sistemi misti, gli agentieconomici puntano mediante un posizione di supremazia
ottenuta in un campo, ad ottenere vantaggi distributivi anchein un altro ambito mediante la corruzione
30.
Qualsiasi cittadino, di fronte a tale pratica, esprimerebbe un
forte sentimento di repulsione, tuttavia taluni economisti
hanno rilevato che questo tipo di condotta risulta abbastanza
probabile nell’ambito dei rapporti sociali. Infatti possiamo
immaginare l’ipotesi in cui, un pubblico ufficiale, grazieall’esercizio del suo potere, anche se magari non
propriamente dotato di ingenti risorse economica, possa far
valere la sua autorità obbligando ad esempio deicommercianti a donargli alcuni beni. Pertanto è possibile
desumere che anche l’autorità è uno strumento idoneo a
corrompere i consociati31
.
Coase, nei suoi studi, ha dimostrato l’importanza della
simmetria tra i sistemi di comando e quelli di mercato, tale
28G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,
traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,Giuffrè, Milano, 1998, pg. 2029 G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,
traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,
Giuffrè, Milano, 1998, pg. 2030
G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,
traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,
Giuffrè, Milano, 1998, pg. 2031
G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,
traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,
Giuffrè, Milano, 1998, pg. 20
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59
equilibrio consente in modo idoneo di raggiungere gli
obiettivi attesi32
.
Coase afferma che in “assenza di costi di transazione,
qualsiasi punto di partenza sarà,o condurrà
immediatamente, e per consenso unanime, ad un punto
finale efficiente”.33
Gli economisti, nella teoria in parola, hanno ravvisato il
pensiero fondamentale di Coase, tuttavia Guido Calabresi
muovendo dalla tesi di The Nature of The Firm sostiene che
“se l’efficienza è definita sulla base di un’applicazione
rigida del test di Pareto, qualsiasi punto di partenza sarà, o
potrà immediatamente diventare, un obiettivo efficiente,
anche in presenza di costi di transazione”.34 In primo luogo dobbiamo specificare cosa sia questo test di
Pareto. Esso dispone che non è possibile arrivare in una
posizione di ottimo se vi è un mutamento che consente di
migliorare le condizioni di taluno senza aggravare la
posizione di un altro soggetto35
. Pertanto la teoria in parola,
se avesse un solido fondamento, affermerebbe che anche sei punti di partenza siano arbitrari, e per quanto siano
deplorevoli la ricchezza e i poteri che sono stati creati dal
nostro diritto, le disposizioni normative qualora nonraggiungessero il punto Pareto ottimale, sarebbero
suscettibili di modifiche36
.
32G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,
traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,
Giuffrè, Milano, 1998, pg. 2133
G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,Giuffrè, Milano, 1998, pg. 2134 G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,
traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,
Giuffrè, Milano, 1998, pg. 2135
G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,
traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,
Giuffrè, Milano, 1998, pg. 2136
G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,
traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,
Giuffrè, Milano, 1998, pg. 22
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60
Da queste prime battute si desume che la teoria in parola ha
l’obiettivo di migliorare quelle che sono le condizioni
sociali degli ordinamenti giuridici. Tuttavia l’applicazione
della dottrina di Pareto risulta difficoltosa, in quanto se
l’ottimo paretiano non ci consente di migliorare la posizione
di un soggetto senza contemporaneamente peggiorare quella
di un altro individuo allora saremo sempre statici sulla
medesima condizione37
.
Inoltre se consideriamo che la teoria di Pareto riflette una
nozione di efficienza, possiamo rilevare che otterremo una
conseguenza efficiente. Questa situazione persisterà fino aquando una nuova condizione sarà realizzabile senza
cagionare alcun danno ai consociati. Qualora si verifichiquesto evento potremmo dislocarci in quel punto, senza che
nessun economista ci indichi la soluzione38
. Tuttavia non è
possibile desumere che sia un rimedio idoneo, quello
appena stabilito, in quanto sarebbe possibile addivenire ad
un diverso esito mediante trattative politiche. La chiave di
lettura è che il test di Pareto non consente “una guida
normativa di uso genrale”.39
Qualche autore propone di adottare la teoria di Pareto in
modo più elastico. Designando la dinamica Pareto superioresecondo una prospettiva meramente finanziaria come quella
che migliora la situazione di qualche agente economico
senza peggiorare quella di altri individui, potremmo stabilire
che il punto individuato è Pareto ottimale40
. Taluni
potrebbero obiettare il movimento verso una condizione
37G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,
traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,Giuffrè, Milano, 1998, pg. 2238 G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,
traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,
Giuffrè, Milano, 1998, pg. 2339
G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,
traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,
Giuffrè, Milano, 1998, pg. 2340
G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,
traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,
Giuffrè, Milano, 1998, pg. 23
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61
Pareto superiore anche se non subissero alcun nocumento da
un punto di vista finanziario, nel caso in cui, a costoro,
venisse arrecato un pregiudizio morale. In modo uguale,
anche l’invidia potrebbe essere idonea ad indurre alcuni
soggetti a contrastare questo cambiamento, in quanto, questi
individui, non vedrebbero di buon occhio il miglioramento
delle condizioni economiche di altre persone attuato
mediante questa teoria41
. Pertanto, possiamo affermare che
lo spostamento, anche se venisse da molti soggetti
considerato efficiente, potrebbe cristallizzarsi solo qualora
fossimo in grado di convincere gli agenti economici che sioppongono a questa tesi
42. Un’altra ipotesi potrebbe essere
quella di far uso della coercizione, tuttavia l’esito sarebbequello di svuotare la teoria di Pareto.
In ogni situazione, precedentemente esposta, taluno
subirebbe una perdita, ovviamente, altri potrebbero obiettare
che il beneficio ottenuto dalla collettività sarebbe
nettamente superiore al pregiudizio subito da qualche
individuo. Ma la tesi in parola, anche se può averefondamento, non è consolidata tra gli economisti.
3.I costi di transazione.
Prima di proseguire occorre introdurre un altro concetto,
nell’ambito di un scambio quando due parti si impegnano ad
arrivare ad un patto, ovvero si obbligano ad ottemperare aquanto prescritto possiamo definire, tale situazione, come
costi di transazione43
. Questo tipo di costi secondo Coase
non presentano alcuna differenza rispetto agli altri. Essi
41 G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,
traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,
Giuffrè, Milano, 1998, pg. 2342
G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,
traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,
Giuffrè, Milano, 1998, pg. 2443
G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,
traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,
Giuffrè, Milano, 1998, pg. 25
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62
rappresentano la frontiera di Pareto, ovvero quelle situazioni
che possono essere migliorarete senza arrecare pregiudizi ad
altri soggetti. Secondo alcuni economisti, che hanno
rielaborato il pensiero di Coase, il movimento della frontiera
e quello verso la stessa rappresentano la medesima
situazione44
.
Parte della dottrina ritiene che qualora non si riesca ad
ottenere una situazione in cui si migliora la posizione di
taluni senza arrecare pregiudizi ad altri, non sia corretto, per
raggiungere tale effetto adottare metodologie non di
mercato45
.Alcuni economisti ipotizzano che nel caso in cui i costi di
transazione sia eccessivamente alti si potrebbe ricorrere amodalità alternative di mercato. Tuttavia Calabresi sostiene
che la risposta, a tale domanda, sia contenuta nell’articolo
The Nature of the Firm di Coase, giacché nel saggio in
parola viene affermato che se si fosse conosciuto “un
metodo non di mercato ex ante Pareto superiore, l’avremmo
utilizzato!”46
. Questa è la tesi presentata da Coase in meritoalla nascita dell’intrapresa. Sostanzialmente non abbiamo la
possibilità di fruire di un metodo alternativo di mercato, in
quanto taluno considera che da tale modello economicosubirebbe un pregiudizio. Altri ancora considerano che il
modello di mercato sia il più efficiente. Inoltre coloro che
otterrebbero un beneficio dal sistema alternativo di mercato
non avrebbero la possibilità controbilanciare la loro
situazione compensando coloro che subiscono dei danni47
.
44G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,
traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,Giuffrè, Milano, 1998, pg. 2645 G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,
traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,
Giuffrè, Milano, 1998, pg. 2646
G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,
traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,
Giuffrè, Milano, 1998, pg. 2747
G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,
traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,
Giuffrè, Milano, 1998, pg. 27
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63
Altri autori sostengono che a fronte di alti costi di
transazione che non ci permettono di effettuare spostamenti
Pareto superiori, dovremmo abbatterli. Si potrebbe
ipotizzare una modifica legislativa che minimizzi i costi di
negoziazione, i sostenitori di questa tesi considerano che si
otterrebbe un beneficio. Tuttavia se vi fosse l’unanime
convinzione che nessuno subirebbe pregiudizi,
nell’orientamento in parola, tali ostacoli sarebbero già stati
eliminati48
. Pertanto qualora un agente economico ipotizzi
di subire un pregiudizio e non sia possibile un risarcimento
allora tale mutamento non potrà consentire di essere ex ante Pareto superiore
49.
Il problema fondamentale, come precedentemente esposto, èche non si può ottenere una situazione Pareto superiore in
quanto qualche agente economico non è favorevole a tale
orientamento, oppure perché i soggetti non sono concordi
sulla strategia da tenere ( come nel dilemma del prigioniero
). Sulla base delle presenti argomentazioni, alcuni autori
considerano che in primo luogo non è possibile confutare ilsistema attuale semplicemente sulla base del fatto che è
possibile raggiungere una situazione migliore50
. In caso
contrario tale critica non avrebbe senso. Se non siamocoscienti di ciò una semplice competenza sarebbe idonea ad
impedire un miglioramento. Comunque è sbagliato agire
come se potessimo compiere un movimento Pareto
superiore, in quanto è necessario che le nostre competenze e
le nostre capacità organizzative aumentino, altrimenti questiresteranno solo ed esclusivamente semplici desideri
51.
48
G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,
Giuffrè, Milano, 1998, pg. 2749
G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,
traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,
Giuffrè, Milano, 1998, pg. 2750 G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,
traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,
Giuffrè, Milano, 1998, pg. 2851
G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,
traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
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64
4.Analisi distributiva e possibilità di nuove tassonomie.
L’insucesso del test di Pareto ci indica che la possibilità per
taluni individui di ottenere un miglioramento comporta
direttamente nocumento ad altri. Potrebbe accadere,
ipoteticamente, che taluni avversi a tale condizione si
possano trovare ad essere vincitori, mentre altri che fino a
poco tempo prima erano sostenitori della tesi in parola
diventino perdenti. Tuttavia è opportuno evidenziare che ex
ante non potremmo mai essere sicuri della situazione che si
andrà a realizzare, pertanto né l’orientamento che sostiene latesi in parola né quella che la critica si possono considerare
neutrali dal punto di vista distributivo52
. Pertanto il grande
sforzo di rendere l’economia “una scienza immune da
contaminazioni distributive53
”si deve considerare un
fallimento.
Questo assunto dovrebbe avere un carattere positivo, inquanto gli economisti non devono sostenere teorie del tutto
contrastanti con la realtà, come ad esempio il fatto che i
soggetti sappiano sempre qual è la soluzione migliore.L’analisi distributiva in tal senso diventa fondamentale
54.
Secondo alcuni autori gli economisti e i giuseconomisti
hanno la possibilità di prospettare soluzioni in merito ai
parametri distributivi. L’obiettivo è quello di sviluppare
“sotto il profilo scientifico definizioni di equità distributiva,
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,Giuffrè, Milano, 1998, pg. 2852 G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,
traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,
Giuffrè, Milano, 1998, pg. 3653
G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,
traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,
Giuffrè, Milano, 1998, pg. 3654
G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,
traduzione di , M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,
Giuffrè, Milano, 1998, pg. 36
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65
sia di taglio teorico, sia riferibili all’analisi empirica di
determinate società”.55
A tal proposito taluni economisti potrebbero sostenere di
aver sempre conosciuto l’impossibilità di applicare il
criterio di Pareto. Calabresi considera che un’analisi che
adotta come fondamentale il test di Pareto sia
pregiudizievole. Il giuseconomista americano muove dal
fatto che questo tipo di uso cela, l’inevitabile adozione di
problematiche distributive ed inoltre non consente la
possibilità di condurre ad un’analisi che consenta di
migliorare la posizione degli individui56
.Gli economisti che adottano la teoria di Pareto diversificano
tra movimenti verso la frontiera e spostamenti checomportano la dislocazione della frontiera verso l’esterno.
Secondo Calabresi il primo modello non esiste ex ante.
Mentre il secondo consente miglioramenti grazie ad un
progresso tecnologico che prima non era possibile. Pertanto,
secondo l’autore americano, tutti i possibili mutamenti
fanno riferimento ai due generi proposti57
. Abbiamomovimenti che comportano benefici per alcuni e pregiudizi
per altri e questi avvengono lungo la frontiera. In tale
situazione i vincitori potranno ottenere più di quanto saràperso da coloro che subiranno il danno, tuttavia i primi non
potranno compensare i secondi. Questo tipo di mutamenti si
occupa solo di disciplinare quelli che sono i perdenti e i
vincenti e ciò che hanno vinto o perso. Pertanto possiamo
desumere che questa è anche la ratio del diritto e dell’analisieconomica reale
58. Inoltre si farà riferimento a movimenti la
55
G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,
Giuffrè, Milano, 1998, pg. 3756
G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,
traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,
Giuffrè, Milano, 1998, pg. 3857 G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,
traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,
Giuffrè, Milano, 1998, pg. 3958
G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,
traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
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66
cui rilevanza è uguale alla precedente , ovvero quelli della
frontiera che consentono benefici ad alcuni agenti
economici e arrecano pregiudizi ad altri59
.
Analizzando gli spostamenti della frontiera, gli economisti
si occupano di valutare le innovazioni tecnologiche e delle
abilità che loro stessi devono ottenere sul tema per indurci a
pensare che questi siano semplici spostamenti atti a
raggiungere l’ottimo paretiano60
. Mentre le innovazioni
tecnologiche che ci giungono da altre discipline vengono
considerate esterne al sistema di Pareto. Questo tipo di
argomentazione viene respinta da Calabresi, in quanto unaclassificazione che distingua tra le innovazioni degli
economisti e quelle di studiosi di altre discipline deve essererigettata
61.
Calabresi ritiene che dobbiamo comportarci come se
fossimo tutti lungo la frontiera di Pareto e prendere in
considerazione tutte le modalità di mutamento62
. Il
giuseconomista americano sostiene che occorre rigettare il
modello tradizionale di considerazione delle innovazioni, inquanto stabilisce una distinzione tra esse arbitraria, ed
inoltre ci sollecita a pensare che i movimenti verso la
frontiera, possano essere realizzati, in modo più agevole,degli spostamenti della frontiera e tutto ciò è privo di
consistenza nella realtà63
.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,
Giuffrè, Milano, 1998, pg. 3959 G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,
traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,Giuffrè, Milano, 1998, pg. 3960
G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,
Giuffrè, Milano, 1998, pg. 3961
G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,
traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,
Giuffrè, Milano, 1998, pg. 4062 , G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,
traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,
Giuffrè, Milano, 1998, pg. 4163
G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,
traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
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67
Calabresi suggerisce di adottare quelle innovazioni che
consentono di apportare dei miglioramenti nella situazione
di ciascun consociato. Il primo passo è quello che si
preoccupa di non effettuare mutamenti, che creino subito
vincitori e perdenti che non possano ottenere una
compensazione64
. Successivamente, dovremmo concentrarci
sui cambiamenti che migliorano la condizione di taluni e
peggiorano quella di altri soggetti. Inoltre, sempre ad avviso
di Calabresi, è importante sottolineare che le innovazioni
tecnologiche, nella stragrande maggioranza dei casi, non
consentono ai vincitori di compensare i perdenti65
. Pertantodiversi spostamenti della frontiera comportano maggiori
spostamenti lungo la frontiera. Ad esempio possiamoconsiderare che l’invenzione dell’automobile ha portato a
numerosi benefici, tuttavia ha causato, e causa, numerose
vittime.
A questo punto è importante individuare quali sono gli
ostacoli che non ci consentono di dislocare la frontiera verso
l’esterno:
a) l’incompetenza tecnologica
b) l’incompetenza organizzativac) l’incomptenza di tipo conoscitivo
d) l’incompetenza informativa
Tale tassonomia è imprecisa, in quanto risulta difficile
distinguere in modo efficiente quali siano gli ostacoli.Tuttavia un lavoro originale sui costi di transazione è
proposto da Williamson, l’economista lega la propria teoria
a quella di Coase. Williamson si occupa di studiare quali
siano gli ostacoli che non consentano di spostare la frontiera
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,
Giuffrè, Milano, 1998, pg. 4164
G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,
traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,
Giuffrè, Milano, 1998, pg. 4165
4 G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,
traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,
Giuffrè, Milano, 1998, pg. 42
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68
verso l’esterno, ovvero ciò che Coase definiva costi di
transazione. Secondo Calabresi, il fallimento del test di
Pareto ci impone di muovere dalla teoria di Williamson, in
maniera più generale di quanto lo stesso studioso non abbia
fatto66
.
Dopo aver individuato i tipi di barriere che consentono le
innovazioni, se pur in maniera sommaria, possiamo
individuare quale debba essere analizzata. A questo punto
occorre individuare quale sia la probabilità maggiore di
eliminare tali barriere e ovviamente quale soluzione
comporta i costi sociali minori67
. D’altro canto sarebbepossibile eliminare tali ostacoli, in quanto si avrebbe un
netto miglioramento per tutti i consociati.Questa tesi, ci consente di valutare quali siano gli inventori
da incentivare, ovvero ci si deve chiedere quale categoria di
studiosi ci permetterà di ottenere maggiori innovazioni (
economisti, ingegneri, fisici, et cetera68
… ).
Nei confronti dell’orientamento in parola potrebbe essere
sollevata un’obiezione, giacché taluni affermerebbero chequeste ipotesi sono eccessivamente materiali. Tuttavia
l’obiezione è priva di fondamento, in quanto non bisogna
dimenticare che i movimenti della frontiera possono essereanche di tipo estetico, morale e altruistico
69.
Gli insuccessi analitici possono averci condotto a
concentrare l’attenzione su scienze esatte e l’economia.
Tuttavia non si deve escludere, a priori, che altre discipline
ci consentano di ottenere risultati altrettanto efficienti.
66G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,
traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,Giuffrè, Milano, 1998, pg. 4567 G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,
traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,
Giuffrè, Milano, 1998, pg. 4568
G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,
traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,
Giuffrè, Milano, 1998, pg. 4569
G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,
traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,
Giuffrè, Milano, 1998, pg. 46
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69
Pertanto, è da rigettare il modello che rifiuta di volgere lo
sguardo alla problematica della limitazione degli ostacoli,
che non consentano di addivenire ad una vita migliore70
.
Secondo Calabresi è opportuno condividere la tesi di Coase
“secondo cui a qualsiasi cosa, inclusi i mercati esistenti e i
mercati potenziali, corrisponde un costo, significa che
possiamo concentrarci sulla decisione relativa ai tipici costi
che dovremmo cercare di ridurre e a quelli che , per il
momento, possiamo trascurare”.71
La soluzione proposta da Williamson è affine alla tesi di
Coase, tuttavia il primo ha superato il secondoconsentendoci di guardare ad un’analisi più aperta della
società. Di conseguenza, occorre chiedere a tutte lediscipline quale sia la maggiore probabilità, che ci permetta
di dislocare la frontiera verso l’esterno e di conseguenza chi
otterrà benefici e chi subirà pregiudizi da tale scelta72
.
5.La funzione distributiva dei beni e i diversi sistemi diallocazione di beni e servizi.
Parte della dottrina considera che il diritto può essereapplicato con successo qualora siano realizzate le seguenti
condizioni:
a) la sanzione delle condotte
b) la ripartizione del poterec) la distribuzione dei beni
73
70
G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,
Giuffrè, Milano, 1998, pg. 4771
G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,
traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,
Giuffrè, Milano, 1998, pg. 4772 G. CALABRESI, L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,
traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.
PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,
Giuffrè, Milano, 1998, pg. 4773
S. CASTIGIONE, R. GUASTINO, G. TARELLO, Introduzione teorica allo
studio del diritto. Lezioni, Genova, 1979, tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A.
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70
A questo punto della mia indagine vorrei evidenziare
l’importanza che la funzione distributiva volge, nell’ambito
del nostro sistema. La nostra società ci ha condotto a
concepire il mercato come elemento essenziale di
distribuzione dei beni. Le ragione sono di due tipi, in primo
luogo già nelle civiltà antiche si adottavano unità di conto
dei prezzi, pertanto il sistema allocativo dei beni è il
mercato. In secondo luogo la nostra società liberista ci ha
imposto il mercato come sistema fondamentale di
allocazione dei beni. La prima ipotesi ci porta a ritenere ilmercato come “strumento generale di allocazione dei
beni”74 , mentre la seconda come strumento fondamentale.Ovviamente dal momento in cui si decide di sostenere
questa tesi, si considerano tutte le altre forme di allocazione
dei beni, differenti dal mercato, come eccezioni. Questo
orientamento, ha inciso in maniera rilevante sullo studio di
altri sistemi di allocazione e solo negli ultimi anni, tali
ricerche hanno potuto assumere consistenza75
.La tesi che muove dalla considerazione che il mercato sia il
sistema generale di allocazione dei beni ha un suo
fondamento, in quanto già nelle antiche civiltà era lamodalità prevalente di distribuzione
76. Tuttavia esso non è
l’unico sistema di allocazione dei beni, ora proverò a
presentare un catalogo di questi sistemi.
Possiamo introdurre l’elenco presentando il primo modello,
ovvero quello che viene adottato mediante il potere. Nelleculture tradizionali possiamo trovare dei soggetti cosiddetti
dominanti, riconosciuti come tali dalla collettività grazie a
particolari doti quali la forza fisica e la capacità di intimidire
gli altri, che si appropriano dei beni mediante la coercizione,
PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto
privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 5574 S. CASTIGIONE, R. GUASTINO, G. TARELLO, Introduzione teorica allo
studio del diritto. Lezioni, Genova, 1979, tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A.
PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto
privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 5675 S. CASTIGIONE, R. GUASTINO, G. TARELLO, Introduzione teorica allo
studio del diritto. Lezioni, Genova, 1979, tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A.
PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto
privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 5676
M. WEBER, Storia economica, Donzelli, Roma, 2007
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71
tale modello può essere ravvisabile ancora in talune zone
abitate da culture tradizionali dell’Africa, del Sud America e
dell’Asia77
.
Tuttavia, è bene evidenziare, che non solo le culture
tradizionali e le antiche civiltà facevano ( e fanno ) uso di
questo modello, anche la nostra società è permeata da
strutture di potere che lo utilizza a scopo distributivo. Il
gioco del potere realizza una situazione analoga a quella del
gioco del denaro, generando il mercato a dominio del
potere78
. Molto spesso, accade che i sociologi si occupano di
studiare questo tipo di mercato, prendendo in prestito glistrumenti utilizzati dagli economisti. Molti studiosi hanno
appurato che il controllo sui comportamenti dei consociati siottiene mediante il danaro. Pertanto, dall’argomentazione
espsosta, è agevole desumere che il mercato di potere è
effettivamente un sistema di generale allocazione di beni79
.
Procedendo in questa analisi troviamo il sistema di
allocazione mediante status sociale. In tutte le società
troviamo distinzioni in base a classi sociali. Possiamopensare alla divisione in caste di alcuni sistemi africani, la
distinzione di ceto in epoca feudale, e ovviamente la
differenziazione dei periodi corporativi tardo medievali,nella quale emerge la figura del borghese quale propulsore
della svolta economico-giuridica che ha messo una seria
ipoteca allo sviluppo economico-politico della società
occidentale80
. Tuttavia il sistema in parola non è assoluto,
necessita di essere integrato. Questo modello è idoneo adallocare solo taluni tipi di beni, ovvero quelli che sono
ritenuti scarsi dalla collettività e vengono assegnati alla
77 R. SACCO , Antropologia giuridica, Il Mulino, Bologna, 2007; e anche N.
ROULAND, Antropologia giuridica, Giuffrè, Milano, 199278
S. CASTIGIONE, R. GUASTINO, G. TARELLO, Introduzione teorica allo
studio del diritto. Lezioni, Genova, 1979, tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A.
PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto
privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 5779 S. CASTIGIONE, R. GUASTINO, G. TARELLO, Introduzione teorica allo
studio del diritto. Lezioni, Genova, 1979, tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A.
PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto
privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 5780
M. WEBER, Storia economica, Donzelli, Roma, 2007; F. GALGANO , Lex
mercatoria, Il Mulino, 2010
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72
particolare categoria di riferimento81
. L’effetto, che si
propone questo sistema, può essere anche prodotto in
maniera artefatta. Si pensi allo status di mercator del tardo
medioevo, che veniva attribuito dalla corporazione di
mercatores ad un determinato soggetto, e in base alle regole
dello ius mercatorum, costui avrebbe potuto godere e
disporre di privilegi, quali ad esempio poter commerciare i
propri prodotti all’esterno delle mura cittadine, circostanza
che ad altri individui era impedita ( WEBER, 2007;
GALGANO , 2010 ).
Questo modello è risultato quello prevalente nelle societàdel passato, tuttavia, non dobbiamo illuderci, in quanto il
sistema in parola, in parte, è ancora presente nel presentemomento storico.
Un altro modello di allocazione dei beni è quello che si basa
su una qualità individuale82
. Generalmente ci si riferisce a
due categorie distinte, quella che attiene al merito e quella
che riguarda le attività. Questo sistema viene definito,
normalmente, meritocratico, tutti le società lo hannointrodotto, si pensi ad esami, concorsi, et cetera…
Questo particolare modello viene utilizzato per l’allocazione
di beni impropri, ovvero quelli che dalla generalità deiconsociati non vengono considerati come tali, si pensi ad
esempio ad un titolo di prestigio pubblico.
Gli economisti ultimamente hanno si sono occupati del
sistema delle code. Siamo di fronte a situazioni in cui un
particolare bene viene distribuito ad un prezzo inferiore aquello di mercato, ovvero quando è difficile valutare i criteri
di merito, pertanto, in tali casi, si adotterà il sistema delle
code. Si pensi ad esempio che venga fissato un concerto di
una famosa popstar ad un prezzo, oggettivamente, basso,tuttavia, l’ubicazione scelta dagli organizzatori consente
solo un numero limitato di posti. A questo punto quale
potrebbe essere il migliore sistema di allocazione di
81 M. WEBER, Storia economica, Donzelli, Roma, 2007; F. GALGANO , Lex
mercatoria, Il Mulino, 201082
S. CASTIGIONE, R. GUASTINO, G. TARELLO, Introduzione teorica allo
studio del diritto. Lezioni, Genova, 1979, tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A.
PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto
privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 58
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73
mercato? Nella stragrande maggioranza dei casi viene
adottato il sistema delle code, in quanto solo coloro che
avranno la dedizione di sottoporsi ad ore ed ore di attesa
potranno godere del beneficio di assistere al concerto.
Questo tipo di modalità potrebbe definirsi del merito,
tuttavia, la scelta adottata presenta anche taluni aspetti
negativi. In primo luogo si verifica, sistematicamente, il
bagarinaggio, ovvero taluni soggetti, dotati di cinismo,
acquistano un certo numero di biglietti allo scopo di
venderli, speculando, ad un prezzo più alto di quello
stabilito dagli organizzatori, ad altre persone. In secondoluogo, anche se tale sistema venisse eliminato, verrebbero
privilegiati coloro che hanno maggiore tempo a disposizionecome casalinghe, disoccupati, rentiers, et cetera
83…
Questo tipo di scelta risulta inadeguata in quanto non tiene
in considerazione un elemento fondamentale come il tempo,
e il punto fondamentale è che, il sistema in parola, non si
limiterà a situazioni quali ad esempio il concerto della
popstar del momento, bensi’ diventerà, in taluni casi, ilsistema di allocazione di beni e servizi di rilevante entità (
CALABRESI, BOBBIT, 2006 ). Questo modellino viene
utilizzato anche per canali di natura sociale, pertanto, iprivilegi di tale assunto andranno a riverberarsi nei confronti
delle categorie sopra indicate. Una parte degli studiosi
ritiene che, il sistema in parola, non sia meritocratico, ma si
debba definire demeritocratico84
, in quanto non vi sono
prove che consentono di stabilire quale sia il soggetto piùidoneo, in base a delle qualità empiriche, a godere della
possibilità di ottenere tali beni, ma si valuta solo ed
esclusivamente il tempo perso in questa attività.
Esistono altri sistemi di allocazione dei beni, definiti nongenerali, essi non sono esclusivi e devono essere integrati da
altri modelli di allocazione85
. In primo luogo abbiamo il
83G. CALABRESI, P. BOBBIT, Scelte tragiche, Giuffrè, Milano, 2006
84 S. CASTIGIONE, R. GUASTINO, G. TARELLO, Introduzione teorica allo
studio del diritto. Lezioni, Genova, 1979, tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A.
PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto
privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 6085
S. CASTIGIONE, R. GUASTINO, G. TARELLO, Introduzione teorica allo studio
del diritto. Lezioni, Genova, 1979, tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU,
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74
sistema a base di riconosciuto bisogno86
. Esso fa riferimento
a beni che possono essere prodotti in quantità illimitate e i
costi di produzione possono essere assorbiti dalla
collettività. Mi riferisco a beni d’uso e servizi. Il sistema
riuscirà ad allocare tali beni in base alle proprie capacità,
infatti accadrà che alcuni di questi non potranno essere
distribuiti. Un esempio è dato dal servizio sanitario. Questo
modello non può essere definito come un sistema generale
di allocazione dei beni, in quanto diverse società storiche
non lo hanno adottato87
.
In questo sistema molto spesso viene adottato il sistemadelle code, giacché quello meritocratico non viene
considerato idoneo a svolgere una funzione efficiente.Successivamente abbiamo il modello di allocazione sulla
base delle preferenze88
. Il presente paradigma presenta
talune convergenze con il precedente, in quanto consente di
allocare beni a particolari categorie e di effettuare una
pianificazione. Mentre invece si distingue soprattutto perché
fa riferimento a particolari beni di cui la società si assume ilcosto. Ci si riferisce, ad esempio, ad una piazza pubblica o
ad un museo, questi beni vengono allocati in base alle
preferenze, in quanto tutti i consociati possono decidere seutilizzare uno piuttosto che l’altro. Un ordinamento
giuridico viene considerato tanto più avanzato, quanto riesce
ad offrire tali beni ai suoi cittadini89
. Non possiamo definirlo
come un sistema di allocazione generale in quanto ben
F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato,
Giuffrè, Milano, 1998, pg. 6086
S. CASTIGIONE, R. GUASTINO, G. TARELLO, Introduzione teorica allo
studio del diritto. Lezioni, Genova, 1979, tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A.
PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 6087 S. CASTIGIONE, R. GUASTINO, G. TARELLO, Introduzione teorica allo
studio del diritto. Lezioni, Genova, 1979, tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A.
PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto
privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 6188
S. CASTIGIONE, R. GUASTINO, G. TARELLO, Introduzione teorica allo
studio del diritto. Lezioni, Genova, 1979, tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A.
PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto
privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 6189
S. CASTIGIONE, R. GUASTINO, G. TARELLO, Introduzione teorica allo
studio del diritto. Lezioni, Genova, 1979, tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A.
PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto
privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 61
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75
poche società storiche hanno fatto fronte a costi del genere
per offrire alle persone i benefici da essi derivanti.
L’ultimo modello che è vorrei introdurre è quello che
attiene all’allocazione dei beni sulla base della sorte90. Molti
ordinamenti nelle circostanze in cui non era possibile
assegnare un bene sulla base di altri sistemi ne ha fatto uso.
Tutto questo anche nell’ambito processuale. E’ bene
evidenziare che i modelli di allocazione sono direttamente
connessi ai criteri di giustizia ottenuti dalle società
storiche91
. Infine possiamo distinguere i vari sistemi in:
a) sistemi di allocazione sulla base degli status dei
consociatib) sistemi di allocazione sulla base all’attività
c) sistemi di allocazione sulla base dei bisogni
d) sistemi di allocazione sulla base delle preferenze
e) sistemi di allocazione sulla base del sorteggio
f) sistemi di allocazione sulla base della ricchezza
g) sistemi di allocazione sulla base del potere
Questi sette modelli di allocazione delle risorse attengono a
sette sistemi di giustizia diversa e caratterizzeranno gliordinamenti giuridici in cui verranno adottati
92.
6.La responsabilità oggettiva.
La responsabilità oggettiva assume una funzione
fondamentale, in quanto consente di ottenere una forte
garanzia per i consociati. La teoria economica a cui fa
90 S. CASTIGIONE, R. GUASTINO, G. TARELLO, Introduzione teorica allo
studio del diritto. Lezioni, Genova, 1979, tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A.
PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto
privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 6191
S. CASTIGIONE, R. GUASTINO, G. TARELLO, Introduzione teorica allo
studio del diritto. Lezioni, Genova, 1979, tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A.
PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto
privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 6292
S. CASTIGIONE, R. GUASTINO, G. TARELLO, Introduzione teorica allo
studio del diritto. Lezioni, Genova, 1979, tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A.
PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto
privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 62
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76
riferimento, attiene ai costi e ai profitti che disciplinano le
scelte produttive93
.
Gli imprenditori scelgono le politiche di realizzazione dei
loro prodotti in base ai principi di economia, ad esempio, un
determinato bene verrà commerciato fino al momento in cui
i ricavi saranno superiori ai costi. Ovviamente questo tipo di
preferenze si andranno a riverberare anche in ambito sociale
( TRIMARCHI, 1961 ). Nell’ambito del ciclo produttivo
dell’impresa è naturale che vengano considerati anche i
danni arrecati ai terzi. Pertanto nella circostanza in cui un
ordinamento non imputi, ad un imprenditore, il costoderivante dal pregiudizio che egli costituisce, mediante la
sua attività economica, potrà accadere che i danni realizzatisaranno superiori ai benefici prodotti e tale costo sarà
pagato dalla collettività ( TRIMARCHI, 1961 ).
Molto spesso gli strumenti atti a prevenire possibili danni
sono eccessivamente onerosi per le imprese, in questa
circostanza il legislatore non prevede la colpa in capo
all’imprenditore, se ovviamente, la possibilità che siverifichi il pregiudizio non è elevata e contemperando anche
l’importanza dell’attività economica svolta ( TRIMARCHI,
1961 ).Gli ordinamenti giuridici, ad esempio, permettono di fruire
delle automobili, sempre che siano rispettate le regole
precauzionali previste da norme positive o sociali, anche se
vi è il rischio che possano verificarsi degli incidenti e
pertanto, incombe sulla società un potenziale pericolo.In tali casi, qualche autore ha ritenuto idoneo imputare in
capo all’imprenditore il rischio di impresa, in questo modo,
il produttore viene incentivato dall’ordinamento giuridico ad
utilizzare maggiori precauzioni nell’ambito della suaattività. Occorre evidenziare, che la tesi in parola, non è
applicabile soltanto ad esercenti di attività pericolose, in
quanto tutti gli imprenditori arrecano, chi più chi meno,
pregiudizi e pertanto il costo potrà essere a loro imputato.
Il rimedio che il legislatore ha escogitato è quello della
responsabilità oggettiva, in questo modo l’ordinamento
93P. TRIMARCHI, Rischio e responsabilità oggettiva, Giuffrè, 1961
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77
giuridico mira a ridurre i rischi derivanti dalle attività
produttive ( TRIMARCHI, 1961 ). Questo tipo di rimedio,
nella stragrande maggioranza delle volte, risulta più efficace
della stessa colpa per ridurre la possibilità che si verifichino
incidenti. Negli Stati Uniti d’America, alcuni psicologi,
hanno condotto alcuni studi sul tema. Costoro hanno
accertato che la gran parte dei sinistri, che si verifica in
ambito industriale, non deriva da violazioni di regole
precauzionali, ovvero da colpa. Questi studiosi hanno
rilevato che alcuni lavoratori ( per la verità una minoranza )
cagionano, abitualmente, danni. L’analisi ha potutoaccertare che questa particolare categoria di lavoratori
arrecava pregiudizi non per una mancata adozione di regoleprecauzionali ( colpa ), ma questi eventi si realizzavano a
causa di distrazioni ( TRIMARCHI, 1961 ).
Il rimedio della responsabilità per colpa, in questi casi, non
risulta efficace al fine di prevenire i sinistri, siamo di fronte
a soggetti che hanno una tendenza a cagionare incidenti, e
costoro nella maggior parte dei casi non hanno laconsapevolezza della loro maldestra condotta (
TRIMARCHI, 1961 ). In una situazione del genere può
operare in modo efficiente l’imprenditore che, mediantevisite specialistiche, può assegnare distinte mansioni a
coloro che risultino predisposti alla realizzazione di
incidenti.
Ora ci si potrebbe domandare se un rimedio adeguato
potrebbe essere quello di imputare la responsabilità percolpa all’imprenditore, nel caso in cui il rischio prodotto da
costui sia superiore a quello necessario per ridimensionarlo.
Parte della dottrina afferma che questa tesi non è
sostenibile94
, perché in primo luogo non è correttoconsentire ai giudici poteri di ingerenza nella contabilità
delle imprese, inoltre è preferibile riverberare il costo del
rischio direttamente sull’imprenditore, in quanto costui
vendendo diminuire i propri profitti, a causa del
risarcimento dovuto a terzi, sarà incentivato a innovare i
sistemi di produzione atti a garantire maggiore sicurezza (
TRIMARCHI, 1961 ).
94
P. TRIMARCHI, Rischio e responsabilità oggettiva, Giuffrè, 1961
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78
Vorrei evidenziare che la responsabilità oggettiva incide sul
patrimonio dell’imprenditore, indipendentemente dal suo
status, tanto che saranno tenuti a rispondere anche gli
incapaci.
La responsabilità oggettiva è legata possibilità di assicurarsi
contro il rischio. Questa dovrà riconoscere pregiudizi di
rilevante apprezzabilità, cosi’ da consentire al responsabile
di potere calcolare il danno da risarcire e adottare
un’assicurazione che copra questo rischio ( TRIMARCHI,
1961 ). Diversamente, nel caso in cui si verificasse un
sinistro, non si potrebbe realizzare la situazioneprecedentemente esposta e si andrebbe a sconvolgere le
programmazioni economiche dell’imprenditore.Un’altra importante funzione della responsabilità oggettiva
è quella di colpire chi ha la forza economica di sostenere la
liquidazione del danno ( le imprese ), in caso contrario i
cittadini non avrebbero i mezzi economici per fare fronte a
queste spese e si realizzerebbe un notevole pregiudizio nei
confronti dell’intera società ( TRIMARCHI, 1961 ).Tuttavia è bene evidenziare che non sempre il costo
dell’incidente resta sempre in capo a chi viene individuato
dalla legge. Il costo che attiene al rischio può essere traslatoin svariati modi, ed il risultato di tale processo può essere
diverso da quello del responsabile.
Immaginiamo che Tizio dia in locazione un macchinario a
Caio per un anno. Ipotizziamo che la legge faccia ricadere il
rischio in capo a Tizio e costui stipulerà un negoziogiuridico con una società assicurativa che lo copre dal
rischio pagando 100 euro. Tizio darà in locazione il
macchinario a Caio ad un costo pari a 100 euro + 800 euro,
con la prima somma di denaro Tizio pagheràl’assicurazione, mentre con 800 euro rappresentano il suo
ricavo. Successivamente, la giurisprudenza cambia
orientamento e considera responsabile non più Tizio ma
Caio. A questo punto spetterà a Caio stipulare un contratto
con una società assicurativa, e ovviamente dovrà pagare un
premio di 100 euro, inoltre pretenderà la riduzione del
canone di locazione, e Tizio liberato dal rischio accetterà.
Pertanto, dato che i costi del mercato permangono allo
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79
stesso modo, non muterà né per Tizio il profitto, né per Caio
il costo95
.
Il paradigma appena presentato vale solo in determinate
circostanze, ovvero qualora la responsabilità imputata non
sia un evento imprevedibile e straordinario, ma possa essere
oggetto di un calcolo razionale. Questo è l’unico modo per
concedere la possibilità, al potenziale danneggiante, di
calcolare i costi necessari da investire in misure
precauzionali atte a prevenire gli incidenti.
Nella circostanza, precedentemente esposta, in cui il
pregiudizio sarà frutto di un evento imprevedibile ostraordinario, il danneggiante sarà gravato del costo di tale
danno e non potrà traslarlo su nessun altro soggetto (TRIMARCHI, 1961 ).
Per operare la traslazione del rischio è necessario che vi sia
un regime di concorrenza. Se un’azienda produce un rischio
superiore alla media consentita sarà costretta a rispondere di
tale nocumento, in quanto essa dovrà adeguarsi adottando le
misure precauzionali atte a prevenire tali incidenti.Parte della dottrina ha individuato quali siano gli indici
fondamentali per imputare la responsabilità per rischio. Gli
autori indicano due possibilità:
a) la prima è quella che opera riducendo i pericoli di
incidenti innalzando di regole precauzionali,
adottando strumenti tecnologicamente più avanzati e
razionalizzando l’organizzazione;b) la seconda è quella che considera come fondamentale
la posizione del soggetto che è preposto a porre in
essere l’esercizio dell’attività economica, tale da
prevedere quello che è il rischio e di conseguenzaelargire delle somme di danaro che nel tempo
possano ridurre questi sinistri ( TRIMARCHI, 1961 ).
Nel primo caso ovviamente se fossero adottate queste
misure di prevenzione il rischio sarebbe ridotto. Tuttavia,
potrebbe anche accadere che tali precauzione comportino un
costo eccessivo e, in un regime di concorrenza come il
95
P. TRIMARCHI, Rischio e responsabilità oggettiva, Giuffrè, 1961
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80
nostro, l’impresa che metta in atto tale politica venga
pregiudicata. Ma l’imprenditore potrebbe anche liquidare
alcuni rami d’azienda che costituiscano un peso per l’intera
attività economica ( TRIMARCHI, 1961 ). Parte della
dottrina considera che la scelta di indurre l’imprenditore a
razionalizzare la sua produzione riducendo il rischio risulta
preferibile, in quanto costui è in grado di incidere
direttamente sul pericolo restringendo la probabilità che si
verifichi. Ed inoltre il responsabile mediante la stipulazione
di un contratto di assicurazione è indotto direttamente,
mediante ispezioni e controlli, dalla società assicurativa adinnalzare i propri standard di diligenza allo scopo di
prevenire i sinistri ( TRIMARCHI, 1961 ). Questa ultimatesi risulta preponderante, giacché in molti casi le somme di
danaro elargite per assicurarsi superano gli indennizzi pagati
dalle assicurazioni. Senza dimenticare che il premio pagato
dipende dalla quantità di incidenti che si sono verificati.
Orbene, è agevole affermare che questo tipo di prevenzione
risulta più efficiente.Per quanto attiene invece all’ipotesi b, risulta evidente che
solo nella circostanza in cui l’esercente sia in grado di
prevedere il rischio e calcolarlo, gli si potrà imputare laresponsabilità. In caso contrario, non solo si realizzerebbe
un danno nei suoi confronti, ma addirittura sarebbe
pregiudicato l’intero sistema economico ( TRIMARCHI,
1961 ). Il punto fondamentale è che per poter prevedere il
rischio, occorre che esso si verifichi in maniera costante, intal guisa sarà possibile calcolare la prevedibilità che esso si
verifichi ( in maniera razionale ).Pertanto, gli autori
ritengono che la responsabilità debba essere traslata nei
confronti di coloro che abbiano un rapporto stretto con ildanno.
La teoria in parola, ad avviso di chi scrive, risulta
direttamente collegata con il pensiero di Max Weber. Nelle
argomentazioni, di natura giuseconomica, fin qui esposte
ricorre sovente il termine “razionalità”. Il sociologo tedesco,
nell’ambito dei suoi studi, ha dimostrato che l’elemento
fondamentale, che ha contribuito alla creazione dello stato
5/7/2018 Francesco La Manno - Analisi economica del diritto - slidepdf.com
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moderno, è da ravvisare proprio nella razionalità96
, giacché,
solo in Occidente vi è stato un diritto razionale,
un’economia razionale ed una contabilità razionale (
WEBER, 2007 ).
96
M. WEBER, Storia economica, Donzelli, Roma, 2007