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Eni, il manager che sussurra a Bisignani (Marco Lillo). by Il Fatto Quotidiano 13/9/2014 (il Chiosco) Submitted at 9/13/2014 3:17:27 AM I PM SOSTENGONO CHE IL NUOVO AD (ASSIEME AL SUO PREDECESSORE SCARONI) PUNTAVA ALLA STECCA MILIONARIA. LE INTERCETTAZIONI DIMOSTRANO GIÀ LA CONTINUITÀ DI RAPPORTI CON I SOLITI FACCENDIERI. Matteo Renzi dice che rinominerebbe Claudio Descalzi domattina. Chi gli vuole bene pensa che Renzi lo confermerebbe per i buoni risultati ottenuti da questo manager nel settore dell’esplorazione, a partire dall’affare miliardario per l’Eni in Mozambico. Chi gli vuole male pensa che siano i rapporti tra l’amministratore dell’Eni e l’amico di Renzi, Marco Carrai, a consigliare al premier questa benevolenza. A differenza di Renzi, i pm milanesi Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro ritengono che “Paolo Scaroni e Descalzi abbiano organizzato e diretto l’attività illecita” del caso nigeriano. Scaroni e Descalzi sono indagati per corruzione internazionale per l’acquisto al prezzo di 1 miliardo e 92 milioni di dollari di un giacimento off-shore dalle enormi potenzialità. Un quinto del prezzo è stato congelato a Londra per una lite tra il mediatore Emeka Obi (collegato a Gianluca Dinardo, a sua volta legato a Luigi Bisignani) e il titolare effettivo di Malabu, cioé l’ex ministro del petrolio nigeriano Dan Etete. PER I PM MILANESI “la somma di 215 milioni, bloccata in Gran Bretagna, per la causa civile tra gli intermediari Emeka Obi e Dan Etete sarebbe stata certamente destinata a remunerare pubblici ufficiali e a pagare mazzette(kickbacks, Ndr) a managers di Eni e agli intermediari Obi/Agaev e Di Nardo/Bisignani”. Per i pm “le somme ancora rimaste in Gran Bretagna devono essere sequestrate come provento del complesso schema di corruzione messo in piedi da Eni per garantirsi la concessione petrolifera OPL 245”. L’ipotesi di accusa dei pm quindi, è che Descalzi, con Scaroni, avrebbe ordito uno schema corruttivo finalizzato a pagare mazzette ai manager Eni. Accuse gravissime che devono essere dimostrate e vanno contestualizzate. Probabilmente la Procura sarebbe stata più morbida se non avesse dovuto fare la voce grossa con i giudici londinesi per convincerli a concedere un sequestro che non avevano molta voglia di eseguire. A prescindere dalle accuse dei pm nella richiesta di sequestro restano però i fatti elencati negli atti allegati. Fatti mai smentiti né spiegati da Descalzi che avrebbero dovuto consigliare maggiore prudenza a Renzi prima di scrivere il suo tweet in difesa del manager. Prima di ‘rinominare’ Descalzi il premier dovrebbe farsi spiegare le sue telefonate del 2010 con Bisignani. Quelle conversazioni intercettate nell’inchiesta P4 dalla Procura di Napoli, poi trae enti locali già messi a bilancio per il 2015 con il decreto sugli 80 euro. Ed è qui che il presidente di regione medio la prende male, tanto che persino il “renziano” Sergio Chiamparino ha parlato del tradimento di un “patto d’onore” da parte del governo. La nuova sanità pubblica, però, non sarà ultra- federalista come quella disegnata ai tempi della Lega di governo: “Il fallimento del federalismo sanitario in Italia è nei fatti: metà delle regioni è commissariata”, ha detto Lorenzin e la colpa non è certo solo dei tagli, ma “anche delle regioni”. Il vero problema, secondo il ministro, “è la governance: cattivi direttori generali, cattivi manager, cattivi primari e anche cattivi assessori regionali”. I ministri e i premier, invece, specialmente quelli in carica sono tanto buoni. Marco Palombi smesse a Milano e ora usate contro Descalzi a Milano dimostrano che l’attuale numero uno (e allora numero due) dell’ENI si è speso nell’affare nigeriano in favore di Bisignani e della cordata di mediatori legati al potente lobbista amico di Scaroni, allora al vertice di Eni. Che lo abbia fatto per creare uno ‘schema corruttivo’ come dicono i pm non è ancora dimostrato. Che lo abbia fatto però è certo e il vero scandalo non è tanto che Renzi sostenga un amministratore indagato. Bensì che lo sostenga senza che Descalzi abbia spiegato il senso delle telefonate. La storia è complessa: un imprenditore amico di Bisignani, Gianluca Dinardo, è in affari con un nigeriano, Emeka Obi, a sua volta in contatto con l’ex ministro del petrolio della Nigeria, Dan Etete, titolare di fatto della società Malabu che detiene la concessione OPL 245. Dinardo attiva Bisignani che contatta Scaroni, allora numero uno di Eni, che a sua volta mette in pista Descalzi. Il 4 febbraio del 2010 Descalzi incontra a cena a Milano all’hotel Principe di Piemonte sia il venditore, Dan Etete, che il mediatore raccomandato da Bisignani, cioé Obi. Il 18 febbraio la società di Obi ottiene un primo incarico dal venditore Malabu che ha potuto apprezzare le entrature di Di- nardo (o meglio di Bisignani) all’ENI. Etete cercava da anni un contatto diretto con i top manager di Eni. Le trattative entrano nel vivo e a un certo punto però Eni sembra negoziare direttamente con Etete scavalcando Obi e quindi Dinardo- Bisignani. Stiamo parlando di un affare da 1 miliardo e 92 milioni di dollari che dovrebbe garantire una commissione oscillante tra i 100 e i 200 milioni di dollari. Bisignani entra in fibrillazione. Ovviamente Obi, come ha raccontato ai giudici inglesi, avrebbe garantito una percentuale della ‘mediazione’ a Dinardo e ovviamente Bisignani, come lui stesso ha ammesso con i pm si aspettava anche lui una fetta. In fondo l’affare era merito suo. Descalzi è l’uomo incaricato da Scaroni di seguire la trattativa. Ovviamente sa benissimo che Bisignani è un amico del suo capo Scaroni e quanto sia potente. In quel momento, siamo nei primi mesi del 2010, Silvio Berlusconi e Gianni Letta sono all’apice della loro forza. Bisignani è l’uomo che gestisce le partite più importanti: dalle nomine nei servizi segreti a quelle nelle società partecipate. Quando Scaroni deve andare ad Arcore a parlare con Berlusconi prima passa da Bisignani e gli chiede consigli su come comportarsi e su quali argomenti affrontare. Descalzi quindi sa benissimo che Bisignani non è un qualsiasi lobbista ma è legato a Scaroni, cioé il suo capo, e a Berlusconi, cioé il capo del suo capo. Quando il mediatore Obi si sente scavalcato da Eni che tratta direttamente con Etete, chiama Dinardo che a sua volta chiama Bisignani. L’amico di Scaroni cerca il numero uno dell’Eni e poi subito dopo parla al telefono con Descalzi. IN UNA SERIE di telefonate, due del 13 ottobre 2010 e una del 14 ottobre 2010, Descalzi garantisce a Bisignani che Eni non scavalcherà il mediatore Obi e poi lo tiene aggiornato sulle trattative con il Governo nigeriano con una telefonata del 18 novembre del 2010. Bisignani non aveva alcun incarico ufficiale dall’ENI per seguire l’affare nigeriano. Anche se avrebbe guadagnato una quota dei milioni di dollari della mediazione promessa al suo amico Dinardo. In quelle telefonate Descalzi sta facendo l’interesse di un privato, amico del presidente dell’ENI e del presidente del consiglio, o quello della sua società? Probabilmente Renzi lo riconfermerebbe domattina perché Descalzi ha agito nell’interesse di chi aveva il potere in quel momento. E oggi il potere è nelle mani di Renzi. Da Il Fatto Quotidiano del 13/09/ 2014. N.120 - 13 settembre 2014 www.ilchioscodifrancescoimpala.wordpress.com

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Eni, il manager che sussurra a Bisignani (MarcoLillo).by Il Fatto Quotidiano13/9/2014 (il Chiosco)

Submitted at 9/13/2014 3:17:27 AM

I PM SOSTENGONO CHE ILNUOVO AD (ASSIEME AL SUOPREDECESSORE SCARONI)P U N T A V A A L L A S T E C C AM I L I O N A R I A . L EI N T E R C E T T A Z I O N ID I M O S T R A N O G I À L ACONTINUITÀ DI RAPPORTI CONI SOLITI FACCENDIERI. M a t t e o R e n z i d i c e c h erinominerebbe Claudio Descalzidomattina. Chi gli vuole bene pensache Renzi lo confermerebbe per ibuoni risultati ottenuti da questomanager nel settore dell’esplorazione,a partire dall’affare miliardario perl’Eni in Mozambico. Chi gli vuolemale pensa che siano i rapporti tral’amministratore dell’Eni e l’amico diRenzi, Marco Carrai, a consigliare alpremier questa benevolenza. Adifferenza di Renzi, i pm milanesiFabio De Pasquale e Sergio Spadaroritengono che “Paolo Scaroni eDescalzi abbiano organizzato ediretto l’attività illecita” del casonigeriano. Scaroni e Descalzi sonoindagati per corruzione internazionaleper l’acquisto al prezzo di 1 miliardoe 92 mil ioni di dol lar i di ungiacimento off-shore dalle enormipotenzialità. Un quinto del prezzo èstato congelato a Londra per una litetra il mediatore Emeka Obi (collegatoa Gianluca Dinardo, a sua voltalegato a Luigi Bisignani) e il titolareeffettivo di Malabu, cioé l’ex ministrodel petrolio nigeriano Dan Etete. PER I PM MILANESI “la somma di215 milioni , bloccata in GranBretagna, per la causa civile tra gliintermediari Emeka Obi e Dan Etetesarebbe stata certamente destinata aremunerare pubblici ufficiali e apagare mazzette(kickbacks, Ndr) amanagers di Eni e agli intermediariObi/Agaev e Di Nardo/Bisignani”.Per i pm “le somme ancora rimaste inGran Bretagna devono esseresequestrate come provento delcomplesso schema di corruzionemesso in piedi da Eni per garantirsi laconcessione petrolifera OPL 245”.

L’ipotesi di accusa dei pm quindi, èche Descalzi, con Scaroni, avrebbeordi to uno schema corru t t ivofinalizzato a pagare mazzette aimanager Eni. Accuse gravissime chedevono essere dimostrate e vannocontestualizzate. Probabilmente laProcura sarebbe stata più morbida senon avesse dovuto fare la voce grossacon i giudici londinesi per convincerlia concedere un sequestro che nonavevano molta voglia di eseguire. Aprescindere dalle accuse dei pm nellarichiesta di sequestro restano però ifatti elencati negli atti allegati. Fattimai smentiti né spiegati da Descalziche avrebbero dovuto consigliaremaggiore prudenza a Renzi prima discrivere il suo tweet in difesa delmanager. Prima di ‘rinominare’Descalzi il premier dovrebbe farsispiegare le sue telefonate del 2010con Bisignani. Quelle conversazioniintercettate nell’inchiesta P4 dallaProcura di Napoli, poi trae enti localigià messi a bilancio per il 2015 con ildecreto sugli 80 euro. Ed è qui che ilpresidente di regione medio la prendemale, tanto che persino il “renziano”Sergio Chiamparino ha parlato deltradimento di un “patto d’onore” daparte del governo. La nuova sanitàpubblica, però, non sarà ultra-federalista come quella disegnata aitempi della Lega di governo: “Ilfallimento del federalismo sanitario inItalia è nei fatti: metà delle regioni ècommissariata”, ha detto Lorenzin ela colpa non è certo solo dei tagli, ma“anche delle regioni”. I l veroproblema, secondo il ministro, “è lagovernance: cattivi direttori generali,cattivi manager, cattivi primari eanche cattivi assessori regionali”. Imin i s t r i e i p remier , invece ,specialmente quelli in carica sonotanto buoni. Marco Palombi smesse aMilano e ora usate contro Descalzi aMilano dimostrano che l’attualenumero uno (e allora numero due)dell’ENI si è speso nell’affarenigeriano in favore di Bisignani edella cordata di mediatori legati alpotente lobbista amico di Scaroni,allora al vertice di Eni. Che lo abbiafa t to per creare uno ‘schemacorruttivo’ come dicono i pm non è

ancora dimostrato. Che lo abbia fattoperò è certo e il vero scandalo non ètan to che Renz i sos tenga unamministratore indagato. Bensì che losostenga senza che Descalzi abbiaspiegato il senso delle telefonate. Lastoria è complessa: un imprenditoreamico di Bis ignani , GianlucaDinardo, è in affari con un nigeriano,Emeka Obi, a sua volta in contattocon l’ex ministro del petrolio dellaNigeria, Dan Etete, titolare di fattodella società Malabu che detiene laconcessione OPL 245. Dinardo attivaBisignani che contatta Scaroni, alloranumero uno di Eni, che a sua voltamette in pista Descalzi. Il 4 febbraiodel 2010 Descalzi incontra a cena aMilano all’hotel Principe di Piemontesia il venditore, Dan Etete, che ilm e d i a t o r e r a c c o m a n d a t o d aBisignani, cioé Obi. Il 18 febbraio lasocietà di Obi ottiene un primoincarico dal venditore Malabu che hapotuto apprezzare le entrature di Di-nardo (o meglio di Bisignani)all’ENI. Etete cercava da anni uncontatto diretto con i top manager diEni. Le trattative entrano nel vivo e aun certo punto però Eni sembranegoziare direttamente con Etetescavalcando Obi e quindi Dinardo-Bisignani. Stiamo parlando di unaffare da 1 miliardo e 92 milioni didollari che dovrebbe garantire unacommissione oscillante tra i 100 e i200 milioni di dollari. Bisignani entrain fibrillazione. Ovviamente Obi,come ha raccontato ai giudici inglesi,avrebbe garantito una percentualedella ‘mediazione’ a Dinardo eovviamente Bisignani, come luistesso ha ammesso con i pm siaspettava anche lui una fetta. In fondo

l’affare era merito suo. Descalzi èl’uomo incaricato da Scaroni diseguire la trattativa. Ovviamente sabenissimo che Bisignani è un amicodel suo capo Scaroni e quanto siapotente. In quel momento, siamo neip r imi mes i de l 2010 , S i lv ioBerlusconi e Gianni Letta sonoall’apice della loro forza. Bisignani èl’uomo che gestisce le partite piùimportanti: dalle nomine nei servizisegret i a quel le nel le socie tàpartecipate. Quando Scaroni deveandare ad Arcore a parlare conBerlusconi prima passa da Bisignanie gli chiede consigli su comecomportarsi e su quali argomentiaffrontare. Descalzi quindi sabenissimo che Bisignani non è unqualsiasi lobbista ma è legato aScaroni, cioé il suo capo, e aBerlusconi, cioé il capo del suo capo.Quando il mediatore Obi si sentescava lca to da En i che t r a t t adirettamente con Etete, chiamaDinardo che a sua volta chiamaBisignani. L’amico di Scaroni cerca ilnumero uno dell’Eni e poi subitodopo parla al telefono con Descalzi.IN UNA SERIE di telefonate, due del13 ottobre 2010 e una del 14 ottobre2010, Descalzi garantisce a Bisignaniche Eni non scavalcherà il mediatoreObi e poi lo tiene aggiornato sulletrattative con il Governo nigerianocon una telefonata del 18 novembredel 2010. Bisignani non aveva alcunincarico ufficiale dall’ENI per seguirel’affare nigeriano. Anche se avrebbeguadagnato una quota dei milioni didollari della mediazione promessa alsuo amico Dinardo. In quel letelefonate Descalzi sta facendol’interesse di un privato, amico delpresidente dell’ENI e del presidentedel consiglio, o quello della suasocietà? Probabilmente Renzi loriconfermerebbe domattina perchéDescalzi ha agito nell’interesse di chiaveva il potere in quel momento. Eoggi il potere è nelle mani di Renzi. Da Il Fatto Quotidiano del 13/09/2014.

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COM’È FACILE NON CAPIRSI AL TEMPODELLE MAIL (Umberto Eco)(il Chiosco)

Submitted at 9/13/2014 2:01:26 AM

) 13 settembre 2014 Il mezzo e il messaggio hanno fattocor tocircui to . Oggi domina i ld iverbio . Comunicazione è una parola di cuitu t t i c redono d i conoscere i lsignificato e viene usata nelleci rcostanze più diverse… Peresempio, sin da tempi immemorabili,si è parlato di vie di comunicazione,come le strade romane, e di mezzi dicomunicazione per quelli che sichiamano anche mezzi di trasporto,come i carri, le navi, i treni e gli aerei.Pensate alla sorpresa del turista chead Atene vede grandi automezzi consopra scritto metaphora. Dapprima siammira la grandezza umanistica diquel popolo, poi ci si accorge che sitratta di automezzi che si occupano ditraslochi: E infatti trasporto è statochiamato ne l mondo c lass icol’artificio metaforico che traspone ilsignificato di un termine letterale a untermine figurato. Quindi si hatrasporto quando trasferisco una miaidea nella mente di qualcun altro etrasporto quando si trasferisce unpacco postale da Milano e Roma. Si tratta soltanto di una sempliceomonimia? Torniamo indietro alleprime teorie della comunicazione chep o t r e m m o r i a s s u m e r e c o m epassaggio di messaggio da unemittente al destinatario lungo uncanale, sulla base di un codicecomune. In effet t i i l model lofunz ionava ben i s s imo pe r l acomunicazione di messaggi moltoelementari come quelli in Morse —che possono essere decodificati etrascritti anche da un apparatomeccanico. La teoria consideravaanche il canale attraverso il qualepassava il messaggio (come aria, filielettrici o onde hertziane) ma ilc a n a l e e r a u n a c o m p o n e n t epuramente meccanica che nonincideva sulla natura dei messaggi,salvo casi accidentali di rumore…Oltre a varie altre complicazioni delmodello iniziale, una rivoluzione èavvenuta all’inizio degli anni sessantacon la focalizzazione del problemadel canale. N e l m o d e l l o c o m u n i c a t i v oelementare il canale era come un tuboa t t r a v e r s o i l q u a l e p a s s a v ainformazione. Era neutro. È statoMcLuhan a concentrare le propriaattenzione sul medium, che altro nonera che un altro nome per il canale.Con la formula il medium è ilmessaggio McLuhan ha sostenuto checoi nuovi mezzi elettronici il mediumpoteva rendere i l dest inatar iotalmente dipendente dal canale darendere irrilevante la natura del

messaggio. La posizione di Mc Luhanè stata criticata, osservando cheinfinite volte l’informazione rimanecostante e indipendente dal canaleattraverso cui passa. Il 10 giugno1940 il fatto che l’Italia avessedichiarato guerra alle potenze alleaterimaneva indiscutibile sia che lo sifosse appreso per radio in diretta daldiscorso del Duce sia che lo si fosseletto il giorno dopo su L’Osservatoreromano. Ma rimane indiscutibile chela par tecipazione emotiva deldestinatario e quindi la valutazionedell’evento veniva influenzata dallanatura del medium. McLuhan, generalizzando, usava deiparadossi, ma qualcosa aveva capito.Pensiamo per esempio alla polemicanata in Italia quando si dovevadecidere se passare dalla televisionein bianco e nero a quella a colori. Lepreoccupazioni erano allora dicarattere economico, ma il risultato èstato di carattere psicologico. Latelevisione a colori ha dato inizio alriflusso degli anni ottanta, alla perditad’interesse nei messaggi, e alla puradegustazione delle meraviglie delnuovo mezzo. E pensiamo al dibattitopoli t ico che infuria sui nostr iteleschermi: tranne casi virtuosi, ilpubblico non è interessato a quelloche vi si dice, anche perché le vocisovrapponendosi l’una all’altrarendono irrilevante il contenuto delleaffermazioni: il vero messaggio è ildiverbio, il confronto quasi circensetra gladiatori, non si è conquistatidagli argomenti dei parlanti, ma dalleprodezze dei reziari. Ho intitolato questo mio interventoagl i aspet t i sof t e hard del lacomunicazione. Pensiamo che inprincipio sia hard il canale, laferraglia, che può essere fatta da uncorriere cavallo, da un vagone postaleo da onde hertziane. In linea diprincipio la ferraglia non ha maiin te r fe r i to con l a na tu ra de lmessaggio. Il messaggio dipendevainvece dal programma e soft era ilrapporto tra tenore del messaggio ecodice. E quello che caratterizzava laferraglia era che essa prendevatempo: di qui le lancinanti attese peruna lettera di risposta e i lunghiintervalli comunicativi nel corso deiquali l’emittente si chiedeva se ildestinatario avesse ricevuto e comeavrebbe risposto, e il destinatarioattendeva emozionato la lettera chetardava a venire. Il rapporto ha iniziato a mutare coltelegrafo senza fili, con la radio e conil telefono. Il telegrafo consentivaricezione e risposta immediata, maimplicava delle istanze mediatrici(l’andata all’ufficio telegrafico, latrascrizione del telegrafista inpartenza e la nuova trascrizione in

arrivo, oltre ai tempi di consegna delmessaggio — salvo ovviamentecomunicazioni militari o marittime).La radio e la televisione consentivanouna emissione immediata ma nonconsentivano risposta. Il telefonoconsentiva rapporti istantanei diazione-reazione tra emittente edestinatario, ma occupava solo partedella nostra giornata, e prendevatempo se si doveva ricorrere allamediazione di un centralino. La verarivoluzione è avvenuta col computer,l’e-mail e i telefonini cellulari. Inq u e s t i c a s i i l r a p p o r t o ètemporalmente immediato. Sia nelcaso del nerd che passa le notti online, che in quello dei telefona- toricompulsivi che vediamo camminareper strada parlando a qualcuno,abbiamo un processo domanda-risposta che non prende tempo. In chemodo questa modificazione dellaferraglia viene a incidere sulla naturadel messaggio? Per il telefonino la situazione èintuitiva ed è stata ampiamentestudiata. Tranne casi estremi ildrogato del cellulare non parla orisponde per comunicare pensieri ofatti urgenti, ma per mantenere ilcontatto e quindi per mantenersi incontatto. Di solito parla a vuoto.Questo gli evita la solitudine ma lorelega a un rapporto meramentevirtuale in cui la personalità diemittente e destinatario si vanificanosempre più… Altro accade con la e-mail. Mi limiterò a considerare unevento di cui sono stato testimone…Un tale (lo chiameremo Pasquale) hapassato alcuni anni in una azienda,stimato da superiori e colleghi per lasua cortesia e disponibilità. Magaricovava delle insoddisfazioni, ma nonlo lasciava capire. Pasquale vieneinviato all’estero per una missione difiducia, e si tiene in contatto con icolleghi via e-mail. Un amico glicomunica (via e-mail) che gli è statofatto un torto: un suo progetto, cheaveva lasciato prima di partire, è statogiudicato insufficiente e affidato a unaltro che lo ha rifatto. Giusto o menoche fosse, è comprensibile chePasquale si prenda una grandearrabbiatura. Quando ci arrabbiamo per unapresunta ingiustizia, nel momentodell’ira siamo disposti a dire che chici ha fatto il torto è un imbecille, che“quelli” non ci hanno mai capito, checi hanno fatto passare davanti deileccapiedi, e ci viene voglia dimandare tutti al diavolo. Poi di solitosi lascia sbollire l’ira, si chiede uncolloquio (a cui ci si prepara nel

corso di alcune notti insonni) e, contono fermo e dolente, si domandanospiegazioni. Se si è lontani si scriveuna lettera, la si rilegge prima dispedirla, la si corregge più volte perottenere il tono più efficace. InvecePasquale ha ricevuto la notizia eimmediatamente (come gli consentivala e-mail) ha scritto al responsabiledel presunto torto trattandolo damascalzone, accusandolo di averconcesso favori aziendali in cambiodi prestazioni sessuali, e quandoquello ha risposto irritato (via e-mail),chiedendogli se era matto, Pasqualeha rincarato la dose, spiegandogliquali menomazioni f is iche gl iavrebbe fatto subire se non fosse statoper la distanza geografica. E siccome un messaggio e-mail puòessere inviato contemporaneamente apiù persone, Pasquale ne ha inviatocopia al capo dell’azienda e ad altrico l leghi , aggiungendovi a l t reriflessioni sulla considerazione cheegli aveva per quel luogo, da luifermamente ritenuto non dissimile dauna discarica di rifiuti organici. Eraun modo or iginale di dare ledimissioni? Niente affatto, tutti sonoconvinti che Pasquale desiderassecontinuare a lavorare, il subìto(presunto) non era drammatico, forseil suo informatore aveva esagerato.Pasquale si è probabilmente rovinatola carriera. Che cosa gli è successo?Ha ricevuto una notizia inquietante el’email lo ha incoraggiato a reagiresubito, nonché a dare eccessivapubblicità alla sua reazione. Isolatodal mondo, lui e la sua rabbia, erasolo di fronte allo schermo delcomputer, che aveva eccitato la partepiù oscura del suo animo. I lmessaggio ricevuto ha mandato incortocircuito il suo inconscio, senzalasciargli il tempo di consultare ilSuperego, come di solito accade. Lamacchina lo metteva in contattoimmediato con tutto il mondo, ma glii m p o n e v a l e s u e r e g o l e d iaccelerazione, facendogli dimenticareche, nel corso dei secoli, il contrattosociale ha imposto tempi diversi diazione e reazione. Il che ci dice comeanche la e-mail (invenzione grandealmeno quanto i jet intercontinentali)ponga dei nuovi problemi di maillagal contrario, ai quali dobbiamopsicologicamente adattarci. Ed ecco che possiamo tornare allasinonimia apparente di cui ho dettoal l ’ iniz io , quel la t ra rapportocomunicativo e trasporto: pareva chesi trattasse di due fenomeni diversi,ma abbiamo visto come spesso ilmodo di trasporto del messaggiopossa interferire con la natura delmessaggio stesso e sulla forma dellasua ricezione.

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I REGALI DI RENZI AL VATICANO (MarcoPalombi).by Il Fatto Quotidiano13/9/2014 (il Chiosco)

Submitted at 9/13/2014 2:35:25 AM

SOLDI PUBBLICI ALLE SCUOLEPRIVATE, ESENZIONE DALLATASI, LAVORO DA STOPPER SUETEROLOGA E GAY. Oggi Matteo Renzi non sarà col Papaal sacrario di Redipuglia, in Friuli,per il centenario dello scoppio dellaGrande Guerra: ha disdetto, sarà inPuglia per un giro istituzionale.Francesco non se la prenderà: nonsolo perché è un uomo buono e nonbada a queste cose, ma anche perchél’organizzazione che guida non haproprio niente di cui dolersi colgiovane premier italiano. Renzi,infatti, nei rapporti con la Chiesa, staproseguendo l’antica tradizionedell’inchino, una sorta di regola aPalazzo Chigi. Meglio un’esenzioneche un milione di pater e gloria,figurarsi di una visita in Friuli. Quelche c’era da dire, d’altronde, tra Italiae Santa Sede, è argomento che saràstato affrontato già dal Segretario diStato, Pietro Parolin, nel pranzo cheha avuto con Renzi martedì allapresenza di Maria Elena Boschi, LucaLotti e porporati a sfare. Solo una goccia nel fluire eterno eastratto del potere romano, che pureama incarnarsi a volte in terreneleggine, decretucci, normette ecattolicissime omissioni: Procure eAnti-riciclaggio chiedono da mesiallo Ior la lista dei conti sospetti, mapressioni del governo in tal senso nonrisultano agli atti. Ecco, dunque, unarapida panoramica delle opere delRenzi vaticano. 8 PER MILLE. È lavicenda più fresca. Non solo ilgoverno Renzi non prende neanche inconsiderazione di modificare ilmeccanismo truffaldino con cui laCei incassa tre volte di più di quanto icittadini le destinino direttamente (lacosiddetta divisione proporzionaledell’inoptato), ma ora vuole regalareal Vaticano pure un pezzo dei soldilasciati allo Stato dai contribuenti. Èandata così. La Finanziaria di Lettastabiliva che tra i benificiari dell’8per mille lasciato all’erario ci fosse

anche l’edilizia scolastica; il 1settembre– quando alla Camera èarrivato il decreto attuativo scritto aPalazzo Chigi – c’era però unapiccola modifica: i soldi andrannoalle scuole “di proprietà pubblicade l lo S ta to , degl i en t i loca l iterritoriali e del Fondo edifici diculto”. Il Fondo in questione – che facapo al ministero dell’Interno- oltre anegozi, appartamenti, foreste equant’altro, è il formale proprietariodi 750 e più grandi complessiecclesiastici, con scuole annesse, datiin gestione alle varie congregazioni diSanta Madre Chiesa. Sono scuoleprivate, ma beneficeranno dei (pochi,circa 150 milioni l’anno) soldi dell’8per mille dello Stato tra le proteste –solitarie finora – del M5S. Ora il testoè all’esame del Parlamento: “Del-rioci tiene molto”, dicono nei corridoi(anche se, a stare a Dagospia, alVaticano non ri tengono più i lcattolicissimo sottosegretario uninterlocutore affidabile: ha persopunti col capo). TASI-IMU. Gli

edifici, anche “commerciali”, diproprietà di enti religiosi continuanoa essere largamente esentati dalpagamento delle imposte suglii m m o b i l i . D o p o g l i a n n idell’esenzione semi-totale, il governoMonti – anche per evitare una multadall’Ue – decise di far pagare ilsettore “no profit” almeno per le partid e g l i e d i f i c i a d i b i t i “ a u s ocommerciale”: peccato che poi feceun regolamento incomprensibile e daallora ancora non s’è visto un euro.Ora, però, ci sono le nuove istruzionipubblicate il 26 giugno dall’Agenziadelle Entrate. Risultato: a parte glialberghi, anche con Renzi la Chiesanon paga. Le cliniche sono esentate(basta che siano convenzionate colSsn) e le scuole praticamente pure: lalegge “salva” quelle che chiedonoalle famiglie “importi simbolici”, masecondo il Tesoro “simbolico”significa che la retta non devesuperare i 6-7 mila euro l’anno, cioèall’ingrosso 700 euro al mese.DIRITTI CIVILI. Sulle coppie di

fatto, Renzi si presentò in Parlamentoparlando di un “compromesso”possibile. Le Camere, dunque, hannodiscusso e ora in Senato c’è un ddlquasi pronto e accettato da molteforze politiche, anche d’opposizione.E qui a r r iva i l compromessorenziano: con apposita intervista algiornale della Cei, Avvenire, a fineluglio, Renzi ha definito “superato iltesto” e annunciato “un ddl ad hoc delgoverno”. Quando? Mah. Per lafecondazione eterologa, invece, èaccaduto il contrario. La Consultaboccia la legge 40 e consente diricorrere a donatori esterni allacoppia, il ministro Lorenzin s’affrettaa scrivere un decreto, ma il premier los t racc ia : “Ci deve pensare i lParlamento”. Nel frattempo, lui e ilministro mandano i Nas in quellecliniche che tentano di far rispettarela legge. D’altronde, ai tempi delreferendum sulla legge 40 e degliinviti al boicottaggio del cardinalRuini, il nostro si esprimeva così:“Non andrò a votare. Rivendico lalegittimità della posizione di chir i t iene di dover far fa l l i re i lreferendum facendo mancare ilquorum”. LE SCUOLE. L’istruzioneprima di tutto, dice Renzi, e infattialle scuole private non solo saràconfermato più o meno l’interopacchetto dei finanziamenti diretti damezzo miliardo l’anno (con buonapace della Costituzione che li vieta),ma si appresta anche a varare unadefiscalizzazione abbastanza decisadelle donazioni. Nelle parole di Labuona scuola, vale a dire le lineeguida della riforma prossima ventura:“Va offerto al settore privato e noprofit un pacchetto di vantaggigraduali per investimenti in risorseumane e finanziarie destinato asingole scuole o reti di scuole,attraverso meccanismi di trasparenzaed equità che non comportinodistorsioni”. Quando tra pubblico eprivato non c’è differenza, in genere èil secondo che ci guadagna. Da Il Fatto Quotidiano del 13/09/2014.

«L’AMACA» DEL 13 SETTEMBRE 2014(Michele Serra)(il Chiosco)

Submitted at 9/12/2014 10:03:44 PM

) 13 settembre 2014 I mancati carnefici di MalalaYousafzai, “punita” con il piombo dauna squadraccia di talebani perchéosava andare a scuola, sarebbero statiarrestati dalle autorità pakistane. Lanotizia circola con intensità medio-bassa, della decina di maschi checomponevano il gruppo femminicida

non si fa neanche il nome, eppurequel crimine, per l’odiosa qualità delsuo movente (impedire alle donne distudiare, relegarle in casa, negare lorovi ta propr ia) , ebbe r i sonanzaplanetaria, e oggi Malala è un’iconamondiale della libertà e gira il mondoper promuovere l’autodeterminazionedelle donne anche attraverso quellaleva fondamentale che è l’istruzione.È uno dei rari e fortunati casi in cui lavittima ha stravinto e gli assassini

straperso, così clamorosamente persoche del loro arresto si rende contoquasi distrattamente, come di unaturba senza nome e senza identità.Immaginiamo si tratti di ragazzi pocopiù grandi di Malala, che all’epocaaveva quattordici anni, e proviamopena per loro, branco anonimo,

avviati all’odio da infami maestriadulti. Scriveva Kurt Vonnegut che“sono sempre i vecchi porci a fare leguerre, e i giovani a morire”. Avevaproprio ragione, e i dieci piccolitalebani acciuffati come uno stormodi uccellacci e avviati alla galeravanno a gonfiare il numero deiragazzi divorati dalla guerra.

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CENTO MILIONI DI EURO AL GIORNO INARMI (Alex Zanotelli)(il Chiosco)

Submitted at 9/12/2014 9:51:07 PM

) 13 settembre 2014 La guerra imper­versa ormaidall’Ucraina alla Soma­lia, dall’Iraqal Sud Sudan, dal Calif­fato isla­mico(Isis), al Calif­fato del Nord dellaNige­ria (Boko Haram), dalla Siria alCen­tra­frica, dalla Libia al Mali,dall’Afghanistan al Sudan, finoall’interminabile con­flitto Israele-Palestina. Mi sem­bra di vedere il «cavallorosso fuoco» dell’Apocalisse: «Acolui che lo caval­cava fu dato poteredi togliere la pace della terra e di farsì che si sgoz­zas­sero a vicenda, e glifu con­se­gnata una grande spada»,(Ap.6,4). È la «grande spada» che èritor­nata a gover­nare la terra. Siamoritor­nati alla Guerra Fredda tra laRus­s ia e l a Nato che vuoleespan­dersi a Est, dall’Ucraina allaGeorgia. Nel suo ultimo ver­tice, tenu­tosiqual­che giorno fa a New­port nelGal­les, la Nato ha deciso di costruire5 basi mili­tari nei paesi dell’Est,non­ché pesanti san­zioni al laRus­sia. Il nostro pre­si­dente delCon­si­glio, Mat­teo Renzi, haappro­vato que­ste deci­sioni e haanche ade­rito alla Coa­li­zione deidieci paesi, pronti a bat­tersi con­trol’Isis, offrendo per di più armi aikurdi. Inol­tre si è impe­gnato aman­te­nere forze mil i ­ tar i inAfgha­ni­stan e a far parte dei«dona­tori» che for­ni­ranno a Kabul4 miliardi di dol­lari. Durante ilver­tice Nato, Obama ha invi­tato gli

alleati euro­pei a inve­stire di più inDifesa, desti­nan­dovi come minimoil 2% del Pil. Attual­mente l’Italiadestina 1,2% del pro­prio bilan­cio inDifesa. Accet­tando le deci­sioni delver­tice, Renzi è ora obbli­gato ainve­stire in armi il 2% del Pil.Signi­fica 100 milioni di euro algiorno. Que­sta è pura fol­lia per unpaese come que­sto in piena crisieco­no­mica. È la fol­lia di un mondolan­ciato ad armarsi fino ai denti. Lo scorso anno, secondo i dati Sipri(lo Stoc­kholm inter­na­tio­nal peacere sea rch in s t i ­ t u t e , l ’ i s t i t u tointer­na­zio­nale di ricer­che sullapace di Stoc­colma), i governi delmondo hanno speso in armi 1.742miliardi di dol­lari che equi­vale aquasi 5 miliardi di euro al giorno(1.032 miliardi di dol­lari solo da Usae Nato). Siamo pri­gio­nieri del «com­plessomilitare-industriale» sta­tu­ni­tense einter­na­zio­nale che ci sospinge asem­pre nuove guerre, una piùspa­ven­tosa dell’altra, per la difesad e g l i « i n t e ­ r e s s i v i t a l i » , i npar­ti­co­lare della «sicu­rezzaeco­no­mica», come afferma lamini­stra della Difesa Roberta Pinottinel Libro Bianco. Ci lan­ciamo in nuove guerre cheasso­mi­gliano alle vec­chie. Comequella con­tro l’Iraq , dove hannop e r s o l a v i t a 4 . 0 0 0 s o l ­ d a t iame­ri­cani e mezzo milione diira­cheni, con un costo solo per gliStati uniti di 4.000 miliardi didol­lari. Ed è stata que­sta guerra allabase dell’attuale disa­stro in Medio

Oriente, che fa ripiom­bare il mondoin una pau­rosa spi­rale di odio e diguerre. Papa Fran­ce­sco ha par­latodi Terza guerra mondiale. Davanti a una tale situa­zione diorrore e di morte, non rie­sco aspie­garmi il silen­zio del popoloita­liano. Que­sto popolo non puòaver dimen­ti­cato l’articolo 11 dellaCosti­tu­zione: «L’Italia ripu­dia laguerra come mezzo di riso­lu­zioned e l l e c o n ­ t r o ­ v e r ­ s i einter­na­zio­nali». Non è pos­si­bileche gli ita­liani tol­le­rino che ilgoverno Renzi spenda tutti que­stisoldi in armi, men­tre non li trova perla scuola, per la sanità, per il terzoset­tore. Tan­to­meno capi­sco ilsilen­zio dei vescovi ita­liani e dellecomu­nità cri­stiane, eredi delVan­gelo della non­vio­lenza attiva. È ora che insieme, cre­denti e non, cimobi­li­tiamo, uti­liz­zando tutti imetodi non­vio­lenti, per affron­tarela «Bestia» (Ap.13,1). Ritor­niamo inpiazza e per strada, con volan­ti­naggie con digiuni e, per i cre­denti, conmomenti di pre­ghiera. Chie­diamo algoverno sia di bloc­care le spesemili­tari che di «tagliare le ali» agli F-35 che ci coste­ranno 15 miliardi dieuro. E come abbiamo fatto in quellasplen­dida «Arena di Pace» del 25ap r i l e s co r so , r i t r o ­v i a ­moc iuni­ta­ria­mente nei due momenticol­let­tivi che ci atten­dono: Firenzee la Perugia-Assisi. Tutto il grandemovi­mento della pace in Ita­lia ci

invita a un primo appun­ta­mento, il21 set­tem­bre, a Firenze, dalle ore 11alle 16, al Piaz­zale Miche­lan­gelo.Il tema sarà: «Fac­ciamo insieme unpasso di pace». Sarà l’occasione perlan­ciare la cam­pa­gna pro­mossadall’Arena di Pace: una legge diin i ­ z i a ­ t i va popo­ l a r e pe r l acrea­zione di un Dipar­ti­mento diDifesa Nonar­mata e Nonviolenta. Il secondo grande appun­ta­mentosarà la Perugia-Assisi, il 19 otto­bre,con una pre­senza mas­sic­cia di tuttele realtà che ope­rano per la pace. Noinon atten­diamo più nulla dall’alto.La spe­ranza nasce dal basso, daque­s to met­ terci ins ieme pertra­sfor­mare Sistemi di morte inSistemi di vita. Ce la dob­biamo fare. Noi siamo pri­gio­nieri di un Sognocosì ben espresso dal pro­fetaMichea: «Spez­ze­ranno le loro spadee ne faranno ara­tri, delle loro lancefaranno falci, una nazione non alzeràpiù la spada con­tro un’altra nazione,non impa­re­ranno più l’arte dellaguerra». (Michea,4,3)_______________________________*Alex Zano­telli è tra i fir­ma­taridell’appello, a pochi giorni dal votodella camera dei depu­tati, sullem o z i o n i c h e c h i e ­ d o n o l acan­cel­la­zione defi­ni­tiva o larevi­sione del pro­gramma degli F35.Hanno ade­rito alla cam­pa­gna«Taglia le Ali alle Armi» ancheRoberto Saviano, Mario Mar­tone,Toni Ser­villo, Alice Rorh­wa­cher,Ste­fano Benni e Asca­nio Celestini.

LE TECNICHE ASFISSIANTI DELLE FORZEDELL’ORDINE (Luigi Manconi)(il Chiosco)

Submitted at 9/12/2014 9:49:52 PM

) 13 settembre 2014 Quanto emerge dalla peri­zia sulcorpo di Ric­cardo Maghe­rini èl’ennesima con­ferma, e non ce n’erabiso­gno, che esi­ste un enormepro­blema di for­ma­zione, intesa neisuoi te r ­mini p iù con­cre t i eopera­tivi. Ovvero che esi­ste unmodus ope­randi, uti­liz­zato dagliappar­te­nenti alle forze dell’ordineper effet­tuare i fermi, deci­sa­menteperi­co­loso per l’incolumità delfer­mato. Lo si è visto nelle vicendedella morte del tuni­sino Bohli Kayesa San Remo e di Aldro­vandi,Rasman e Fer­rulli; e in chissà quantialtri casi che non hanno por­tato allamorte del fer­mato o che, purcau­san­done il decesso, non sonodiven­tati noti.

La tec­nica è la seguente: siimmo­bi­lizza la per­sona, la sirove­scia prona a terra, si por­tano lebrac­cia die­tro la schiena e sibloc­cano i polsi con manette.Quindi, un numero varia­bile diagenti, anche quat­tro, gra­vano sullasua schiena per impe­dirne qual­siasimovi­mento. Si deter­mina qual­cosac h e p o s ­ s i a m o c h i a ­ m a r ecom­pres­sione tora­cica e che portaall’infarto o all’asfissia. Com’è pos­si­bile che dopo una seriedi decessi in simili cir­co­stante, unamoda­lità del genere venga ancorauti­liz­zata? Sì, è pos­si­bile, per­chéè quella che risulta più facile e piùimme­diata. Ma che denun­cia,appunto, un incre­di­bile defi­cit dicom­pe­tenza. Quando ho chie­sto algene­rale Leo­nardo Gal­li­telli,c o m a n ­ d a n t e d e l l ’ A r m a d e iC a r a ­ b i ­ n i e r i , e a l p r e ­ f e t t o

Ales­san­dro Pansa, capo dellaPoli­zia di Stato, se esi­stanopro­to­colli pre­cisi su ciò che èpos­s i ­b i le fare e c iò che vaasso­lu­ta­mente evi­tato, al fine dibloc­care un indi­vi­duo che si ritieneperi­co­loso, mi è stato rispo­sto cheque­sto tipo di tec­ni­che e di regolesono tut­tora in corso di definizione. A me sem­bra ter­ri­bil­mente tardi.O meglio, ogni giorno che passa, aseguire le cro­na­che, è sem­pre piùt a r d i . S e n z a a f f r o n ­ t a r e i lcom­pli­cato capi­tolo della morte diDavide Bifolco a Napoli, anche da lìemerge una domanda non troppodiversa: com’è pos­si­bile che pera f f r o n ­ t a r e d u e g i o ­ v a n i ,pale­se­mente privi di armi da fuocoo da taglio, almeno fino a prova

con­tra­ria, un cara­bi­niere spianiuna pistola con il colpo in canna esenza sicura? È pen­sa­bile chequal­cuno gli abbia inse­gnato cheque l l a f o s se l a t e c ­n i ca p iùoppor­tuna? O , al con­tra­rio, nondove­vano spie­gar­gli che eraproprio la moda­lità più inu­tile e piùperi­co­losa? Come si vede, il pro­blema dellafor­ma­zione è enorme. E dellafor­ma­zione cul­tu­rale (quali sono idiritti e le garan­zie dei cit­ta­dini) edella pre­pa­ra­zione tec­nica: comesi affronta una manifestazione, comesi ferma un indi­vi­duo armato ecome uno disar­mato, come si operaun inse­gui­mento. Mi sem­bra che,su tutto ciò, il ritardo sia addi­rit­turadi molti decenni. Ed è un’autenticatragedia.

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Sarà Bruxelles a controllare le riforme.Unagabbia per l’Italia (ANDREA BONANNI).by 13/9/2014 (il Chiosco)

Submitted at 9/13/2014 2:40:59 AM

L’INSISTENZA dei minis t r idell’Eurogruppo e della Bce sullanecessità di accelerare le riformestrutturali in Europa (soprattutto inItalia e Francia) sta diventando unm a n t r a e u r o p e o , d e s t i n a t o asoppiantare quello sulla urgenza dirisanare i bilanci pubblici. MILANO– MA NON si tratta solo di parole alvento. Lo aveva già vagamenteanticipato Jean-Claude Juncker nelsuo discorso di investitura a luglio.Lo ha detto con maggior chiarezzaMario Draghi ad agosto: è giunto ilmomento in cui gli stati membri,dopo aver rinunciato alla sovranitàsui bilanci, rinuncino almeno in parteanche a quella sul le poli t icheeconomiche. La riunione informale diieri è servita a dimostrare che esisteormai un vasto e generalizzatoconsenso dei governi europei neiconfronti di questo ulteriore passoavanti della «governance comune».Dopo aver per l’ennesima voltasottoscritto un impegno collettivo adaccelerare le riforme strutturalichieste da Bruxelles, difficilmente lecapitali potranno rifiutarsi di rendereconto dei risultati ottenuti in questocampo. C’è dunque da aspettarsi che lanuova Commissione, che entrerà infunzione a novembre, metta subito sulpiatto una serie di proposte tese arafforzare il controllo e la gestionedelle riforme strutturali che vengonorichieste ai singoli Paesi in occasione

delle «raccomandazioni specifiche»che Bruxelles indirizza a ciascungoverno. La stessa strutturazionedella Commissione, presentata daJ u n c k e r a l m o m e n t odell’assegnazione dei portafogli,indica che il focus del nuovo collegiosarà tutto centrato sulle misuren e c e s s a r i e a r a f f o r z a r e l acompetitività delle economie Ue. Magià fin d’ora, con gli strumenti ad i s p o s i z i o n e a l m o m e n t o ,l’orientamento di Bruxelles è quellodi far marciare di pari passo ilcontrollo sulle politiche di bilancio ela verifica sull’attuazione delleriforme. Un approccio che ha labenedizione di Berlino, ma anche ilconsenso, più o meno convinto e piùo meno esplicito, di tutti gli altrigoverni, compresi quelli di Parigi eRoma. E del resto, dopo che i Paesisottoposti al duro controllo dellatroika stanno tutti registrando tassi dicompetitività e di crescita più chesoddisfacenti, sono proprio la Franciae l ’ I ta l ia , con i loro r isul ta t ieconomici deludenti, il vero obiettivodi questa nuova stretta di redini che sista profilando all’orizzonte. Che cosasignifica in concreto questo nuovocorso europeo per il governo Renzi?A Bruxe l les o rmai s i s t annotracciando le porte stret te delpercorso che l’Italia dovrà superareda qui a giugno per passare l’esamedell’Europa (e dei mercati) e ottenerela tanto sospirata «flessibilità». Ilprimo gradino sarà, ad ottobre, lap resen taz ione de l l a bozza d iFinanziaria che il governo intende

sottoporre al Parlamento. Con lenuove norme europee, l’esamepreventivo di Bruxelles sulle leggi dibilancio è diventato un obbligo. Ma laCommissione e l’Eurogruppo non siaccontenteranno di sapere comesaranno gestiti i nostri conti pubblici.Bruxelles vorrebbe che, in parallelocon la bozza della Finanziaria, ilg o v e r n o p r e s e n t i a n c h e u nprogramma dettagliato e scadenzatodelle riforme che ha ripetutamenteannunciato di voler fare. Tre inp a r t i c o l a r e s o n o q u e l l e c h einteressano l’Europa: la rifor- ma delmercato del lavoro, la riforma dellagiustizia (civile), e la riforma dellaburocrazia. Si tratta di provvedimentiche non incidono direttamente sulbilancio, ma che possono avere effettimolto positivi sull’economia e sulrafforzamento della competitività eche dunque entreranno a pieno titolonella valutazione della «flessibilità»d a a c c o r d a r e a l P a e s e . L aCommiss ione tu t t av ia non s iaccontenterà di impegni genericicome quelli già presi da Renzi. Vorràun piano dettagliato delle riforme, perverificare che comprendano alcunemisure considerate «cruciali». E vorràun calendario di attuazione, checomprenda l’iter parlamentare maanche la messa in opera concretaattraverso i decreti attuativi. Laseconda porta da superare sarà agennaio- febbraio, quando Bruxellespresenterà le previsioni economiched’ inverno sul la base dei da t i

consolidati del 2014 e potrà lanciaredei «warning», degli avvertimenti, aiPaesi che si stanno allontanando dallaretta via. Quella sarà l’occasione peruna prima verifica dell’attuazionedegli impegni presi, sia con laFinanziaria ormai approvata (taglia l l a s p e s a , r i f o r m a f i s c a l e ,privatizzazioni), sia soprattutto sulleriforme annunciate, che a quel puntodovrebbero aver g ià supera tol’approvazione parlamentare. La terzaporta verrà a primavera, al momentod i p r e s e n t a r e l e p r e v i s i o n ieconomiche. E ancora una voltal’esame sarà doppio: da una parte sulmantenimento degli impegni dibilancio, e dall’altra sullo stato diattuazione delle riforme promesse.Infine si arriverà al traguardo digiugno, quando Bruxelles esamineràil risultato del lavoro svolto, renderàpubbliche le nuove raccomandazionie deciderà se aprire o chiudere leprocedure di infrazione. Sarà quello ilmomento per esercitare la tantoevocata «flessibilità » confrontandoda una parte i risultati raggiunti inmateria di risanamento dei contipubblici, e dall’altra la qualità e lostato di attuazione delle riformevarate. Ma sarà questo secondo esamea determinare l’esito del primo. Senzarisultati concreti in materia di lavoro,giustizia e riforma della pubblicaamministrazione, l’Italia non deveaspettarsi sconti e può essere certache il giudizio sui conti pubblici saràspietato. Da La Repubblica del 13/09/2014

LA LINEA GARANTISTA CHE AGITA IL PD(Francesco Vederami)(il Chiosco)

Submitted at 9/13/2014 2:01:06 AM

) 13 settembre 2014 Ma Renzi non fu garantista ai tempidi Ligresti e della Cancellieri. Tenere una linea sulla giustizia puòessere difficile per Renzi quantotenere a posto i conti pubblici. Primada leader del Pd e poi anche dapresidente del Consiglio, Renzi havissuto finora pericolosamente la suastagione, oscillando sulle questioni dacodice penale tra gesti intransigentied enunciati garantisti. Il odo in cuiieri ha difeso l’ad di Eni — accusatodi una presunta tangente per unaconcessione petrolifera in Nigeria —è parsa una svolta, perché è statainsieme la rivendicazione della sceltafatta cinque mesi fa con la nomina diDescalzi, e la difesa di un principiocostituzionale: «Rispetto le indagini easpetto le sentenze». I n s o m m a , è u n a p o s i z i o n ecoraggiosa, che rompe con gliatteggiamenti a volta farisei delpassato e tende a restituire alla

politica i suoi spazi e il suo primato.Il fatto è che Renzi non si è sempremosso così da quando è balzato sullascena. È vero che c’è una differenzatra un manager e un rappresentantedel popolo. È vero che nel mondo delbusiness internazionale il confine tralobbismo e «stecca» è assai labile. Edè vero infine che certe inchieste siportano appresso il rischio di quei«danni collaterali» — come lidefinisce il Giornale — a causa deiquali famose aziende di Stato italianeh a n n o p e r s o c o m m e s s em u l t i m i l i o n a r i e a l l ’ e s t e r o . Tuttavia l’approccio del premier nonfu lo stesso quando non era ancorapremier. Ai tempi del «caso Fonsai»— che portò all’arresto dei Ligresti— il rottamatore chiese infatti ledimissioni del Guardasigilli delgoverno Letta. Secondo Renzi, laCancel l ier i s i sarebbe dovutadimettere per via di quella telefonatacon i familiari degli arrestati, durantela quale il ministro della Giustiziaaveva criticato la decisione deimagistrati: «Indipendentemente se

abbia ricevuto o meno un avviso digaranzia, sono per le sue dimissioni.Non è un problema giudiziario,questo. È un problema di opportunitàpolitica». L’«opportunità politica» fu lo scudodietro cui Renzi protesse il suogarantismo e iniziò a picconare#enricostaisereno. Fu infatti per«ragioni di opportunità politica» —fresco vincitore delle primarienazionali — che risolse con unatelefonata il «caso Barracciu», ladirigente democratica vincitrice dellepr imarie in Sardegna e f ini tanell’inchiesta sulle spese pazze delConsiglio regionale. Lei era soloindagata, lui allora era solo segretariodel Pd. Lei fece un passo indietronella corsa da governatore, lui —appena diventato premier — le diedeun posto nel governo. Fu un cambiod i ro t t a t an to b rusco quan toincomprens ib i l e . Accusa ta d ipeculato, la Barracciu fu difesa dalla

Boschi: «Non è nostra intenzionechiedere dimissioni di ministri osottosegretari sulla base di un avvisodi garanzia». Una posizione garantista, non c’èdubbio: ma perché non venne adottataprima? Sarà stato per ragioni di«opportunità politica», le stesse cheindussero Renzi ad avallare il voto ascrutinio palese della Camera sullarichiesta d’arresto — avanzata dallaprocura di Messina — del deputatopd Genovese, che era solo indagato enon condannato. Fu una scenaraccapricciante agli occhi di molti deiparlamentari dem. E la scel taipergiustizialista — non contrastatadal premier — più che una ragione diopportunità politica si rivelò un casodi opportunismo elettorale, vistol’approssimarsi delle Europee e labattaglia con il Movimento 5 Stelle. Lo si capì dal tweet di Renzi,qua lche minuto dopo i l vo to( f a v o r e v o l e a l l ’ a r r e s t o ) d i

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Cottarelli: “Lascio a ottobre ma i tagli devonocontinuare” Dalla Sanità 900 milioni(ROBERTO PETRINI).by 13/9/2014 (il Chiosco)

Submitted at 9/13/2014 3:31:45 AM

“L’obiettivo dei 35 miliardi in treanni resta valido ma non tutti iministeri risparmieranno il 3 percento”. ROMA – «Il fatto che ilCommissario termini il suo lavoronon vuol dire che il lavoro finisce.A n z i è i m p o r t a n t e c h e s i acontinuato». Mr. Forbici, CarloCottarelli, parlando al meeting dellaConfesercenti a Perugia, annunciaufficialmente la sua uscita di scena.Anche se — ha confermato —rimarrà al lavoro fino al varo dellalegge di Stabilità. Cottarelli haricordato che «tagli alla spesapubblica già ne sono stati fatti negliscors i ann i» , che «dobbiamocont inuare su ques ta s t r ada»aggiungendo di essere «fiducioso nelsuccesso» della politica impostata. IlCommissario ha fornito una serie dicifre: «Dal 2009 al 2012 per lo Statola spesa per interessi si è ridotta del10 per cento in termini nominali. Laspesa dei Comuni è stata ridottadell’8%, le Provincie hanno tagliato il14%, le Regioni al netto della sanitàhanno tagliato il 16%, mentre la spesasanitaria è rimasta costante». L’obiettivo triennale di risparmio di30-35 mil iardi , ha spiegato i lfunzionario Fmi, serve per garantirela riduzione della tassazione, «inparticolare sul lavoro». A inizio 2014,ha ricordato il Commissario, latassazione sul lavoro era del 2% di Pil

più alta rispetto all’area euro.«Qualcosa è stato fatto con i 10miliardi per il bonus Irpef», ha detto.Infine le società partecipate daiComuni: dal taglio di queste società,portandole in tre anni da 8.000 amille, potrebbero arrivare risparmiper «2-3 miliardi in 3-4 anni». Iministri collaborano, ma faranno amodo loro. E la Lorenzin giàannuncia 900 milioni di risparmi sullasanità per il 2015. Hanno tirato fuoridai cassetti le numerose proiezionisulle quali negli ultimi anni si èlavorato per ridurre gli sprechi, fare itagli senza provocare rivolte delpersonale o t rovarsi di frontel’ammutinamento delle burocrazie.Così, forse tra oggi e lunedì, i compitiassegnati dal premier Matteo Renzi,saranno pronti e per iscritto. Sul capodei ministeri di spesa peraltro pendela minaccia del presidente delConsiglio, avanzata nel consiglio deiministri di questa settimana, di farepresto e bene se non vorranno che itagli li confezioni Palazzo Chigi. Aconvincere i ministri a collaborareanche un cambio di metodo che difatto arriva con l’abbandono diCottarelli e che potrebbe chiudere unapag ina ape r t a da i p receden t icommissari Giarda e Bondi, entrambipassati per la medesima esperienza:invece di fare la spending reviewpartendo dall’alto, tentare di fare deisemplici risparmi, tagli agli sprechi erecuperi di efficienza partendo dalbasso. Il risultato si vedrà nelle

prossime settimane. L’obiettivo restail 3 per cento, ma su una massa dicirca 200 miliardi, darà nella miglioredelle ipotesi 6 miliardi e comunquenon sarà uguale per tutti i ministeri(come ha confermato ieri lo stessoCottarelli). Saranno cruciali leprossime settimane per capire dovesaranno recuperati gli altri 14-15miliardi per arrivare a quota 20. Così,per ora, i messaggi dei ministri dispesa appaiono concilianti. «Taglierògli sprechi , ma non i servizi .Difenderò le risorse che aiutanocinema, cultura, musei e restauri», haannunciato Dario Franceschini,ministro dei Beni culturali. Assicurache per domani sarà tutto pronto eche invierà una lettera alla presidenza

d e l C o n s i g l i o i l m i n i s t r odell’Ambiente, Gian Luca Galletti:«Non ho paura di affrontare i tagli».Diligente anche il ministro delleInfrastrutture, Maurizio Lupi, cheinvierà le sue proposte tra domani elunedì: «In consiglio dei ministriabbiamo condiviso il metodo maanche i tempi». Gli occhi restanotuttavia puntat i sul la sanità –l ’ i n t e r v e n t o i n p r i m a l i n e anell’agenda del governo – e sullatitolare Beatrice Lorenzin che ieri hagià messo sul piatto la sua proposta:«Potremo fare 900 mil ioni dirisparmi», ha detto annunciando diaver già inviato il suo piano a PalazzoChigi. «La sanità non è dei ragionieriné della cattiva politica», ha aggiunto.In campo anche il presidente dellaConferenza delle Regioni, SergioChiamparino, che ha spiegato comecon il “Patto per la salute” la spesa sia«so t to con t ro l lo » pe rché i ldocumento «è già una spendingr e v i e w » . E d i c o n s e g u e n z arappresenterebbe una sorta di «lineadel Piave»: «Collaboreremo se non sitocca il fondo per la sanità». Suquesto punto giungono peraltro unanuova assicurazione e un nuovoavvertimento di Renzi, via Twitter:«Revisione della spesa non significatagliare la sanità. Ma le Regioniprima di fare proclami inizino aspendere bene i soldi che hanno». DaLa Repubblica del 13/09/2014.

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Montecitorio: «Ora Grillo si asciughila bava alla bocca». Tenere parametrigarantisti è complicato quanto restaredentro i parametri europei. Eppure ilpremier sembra stavolta intenzionatoa non deflettere, e così come si èmosso a difesa di Descalzi, non si èmosso — almeno così pare — perinvitare al passo indietro il compagnoBonaccini, in corsa per le primariedel Pd in Emilia Romagna e accusatodalla Procura bolognese dello stessoreato che impedì alla Barracciu lacandidatura in Sardegna. Una svoltache sconta le contraddizioni delpassato, perché mentre Renzi nonintervenne a difesa di Genovese perrisparmiargli la galera preventiva, si èesposto con l’ormai ex governatoreemiliano Errani, che pure era statocondannato in secondo grado e alquale però aveva chiesto di restare alsuo posto. L’applauso per «Vasco», strappatodomenica scorsa a Bologna dal

segretario del Pd al popolo della festad e l l ’ U n i t à , h a c o i n c i s o c o nl’offensiva riformista del premiersulla giustizia, con il tweet sullaresponsabilità civile dei magistrati(«chi sbaglia paga»), con il tagliodelle ferie ai togati, con quel «brrrrche paura» con cui ha risposto agliat tacchi del l’Anm. Renzi , chedismesso il vecchio Cda della «ditta»,sembra volerne dismettere anche lalinea politica. A questo punto resta da capirese sitratta solo di un caso di «annuncite»,o se davvero i l premier vorràrottamare il giustizialismo insiemeallo Statuto dei lavoratori. E se cosìfosse, bisognerà vedere se reggerà ilPd. A meno dell’ennesima correzionedi rotta per ragioni di «opportunitàpolitica».

Il Grande Twittatore(Marco Travaglio).by Il Fatto Quotidiano13/9/2014 (il Chiosco)

Submitted at 9/13/2014 2:20:14 AM

Renzi ha perso 15 punti di fiducia int r e mes i . Cos ì ha dec i so d imoltiplicare i tweet, che sono per luiil prolungamento del pene. Nonbastandone più uno alla volta, ieri neha sparati cinque tutti insieme, cosìchi era in crisi di astinenza s’è fatto lascorta e poi se li è delibati uno per

uno con godimento multiplo. Ilcontenuto, del Pentatwitter, al solito,non è granché: lui è felice di avernominato Descalzi all’Eni, infatti èindagato per corruzione, sonosoddisfazioni; i candidati li scelgono icittadini (soprattutto uno: lui) e non leProcure (che si limitano a compilareil registro degli indagati su cui luisceglie i candidati); e supercazzole

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Consulta, Catricalà si ritira dopo ilblitz dei frondisti Forza Italia ora vasu Bruno (LIANA MILELLA).by 13/9/2014 (il Chiosco)

Submitted at 9/13/2014 3:02:43 AM

L’ex capo dell’Antitrust: non milascio rovinare l’immagine Csm,malumori dei togati di sinistra suLegnini vicepresidente. ROMA – Ungelido Catr icalà s i sf i la dal lac o m p e t i t i o n p e r l a C o r t ecostituzionale. Troppe liti dentroForza Italia, troppi pochi voti inParlamento. Solo 68 il primo giorno,e 300 in più il secondo. Ben lontanoquindi dai 570 necessari. Una sfidaimpossibile. La conseguenza dellafronda dei deputati e soprattutto deisenatori schierati con il loro collegaDonato Bruno, e decisamenterecalcitranti rispetto agli ordini diBerlusconi e Gianni Letta schieraticon il grand commis. Quando è primopomeriggio l’ex sottosegretario allapresidenza del governo Monti ed exvertice dell’Antitrust ufficializza unforfa i t matura to nel le 24 oreprecedenti. Uno schiaffo in quattrorighe: «Ringrazio i parlamentari chemi hanno votato, ma chiedo loro dinon sostenere ulteriormente la miacandidatura. Non vorrei mettere a rischio la miaimmagine professionale». Poi, a chiglielo chiede, aggiunge: «Non provonessuna amarezza, sono un uomodelle istituzioni. C’è un problema, hovoluto risolverlo così». In campo aquesto punto, per la votazione dilunedì, per Forza Italia resta per ilmomento Bruno, avvocato civilista,da sempre in buoni rapporti conCesare Previti, che è riuscito aincassare 120 voti, pur senza gli altisponsor, Berlusconi e Letta, di cuigodeva Catricalà. In compenso, dallasua parte, c’è Niccolò Ghedini,l’avvocato dell’ex Cavaliere. Il Pdinvece tiene ancora su LucianoViolante perché, come dicono aivertici, lui ha aumentato i suoi voti(da 429 a 468) e perché finora non èstato eletto «solo per colpa del nietforzista». Il voltafaccia di Catricalànon arriva a sorpresa. Lui, che dimestiere è un consigliere di Stato,annusa l’aria e già giovedì chiamaBerlusconi per dirgli che non ci sta afinire nel tritacarne. Si parlanoVerdini e Letta, chiedono a Catricalàdi aspettare. Ma è evidente che lagara è persa in partenza perché l’exsottosegretario è considerato unestraneo e viene rifiutato. Il candidatoche tutta la base di Fi vuole è Bruno,

per anni in Parlamento, primadeputato e poi senatore. Un nuovonome , que l l o d i un t e cn i co ,rischierebbe, se proposto, la stessafine di Catricalà. Non solo. Propriofar passare Bruno può addolcire lapillola di Violante. Un politico di Ficontro uno del Pd. Proprio il Pd nonsi smuove, il suo nome è quello e noncambia. Mentre potrebbe cambiare ilterzo nome per il Csm. Via la giuristanapoletana Teresa Bene, dentro AnnaRossomando, deputata da moltelegislature sempre in commissioneGiustizia e nella giunta per leautorizzazioni, avvocato di Torino.Le ragioni del cambiamento sonodue. La prima: i dubbi sui titoli dellaBene, segnalati soprattutto da togatidel Csm uscente. La seconda: i fortimal di pancia tra i togati del nuovoCsm, in particolare la sinistra di Areae una parte di Unicost, che non vuolevotare come vicepresidente GiovanniL e g n i n i , i l s o t t o s e g r e t a r i oall’Economia del governo Renzi, chefinora ha ottenuto più voti inParlamento. «È un uomo del governo,

un’anomalia e un’intrusione maia v v e n u t a p r i m a e q u i n d iinaccettabile». Per questo il Pd ritieneche sarebbe meglio fornire unas e c o n d a c h a n c e , q u e l l a d iRossomando, che se fosse votatasarebbe la prima vicepresidentedonna di palazzo dei Marescialli.Rossomando sta sulle sue. Si riescesolo a strapparle un «faccio quelloche il partito mi chiede di fare».Certo, la contrapposizione tra duecandidati del Pd, che fanno capo acorrenti diverse e che hanno sponsordiversi, potrebbe caricare di unav a l e n z a p o l i t i c a i l v o t o d e lvicepresidente. Ma i togati stavoltasono ferrei: «Non accetteremo unvicepresidente che non ci dia precisegaranzie sulla difesa dell’autonomiadella magistratura e sulla collegialitàdello stesso Csm». A questo punto ètutto da vedere se lo stesso Legniniaccetterà di lasciare l’incarico digoverno nell’incertezza della suaelezione a vicepresidente. Da LaRepubblica del 13/09/2014.

FITTO GUIDA LARIVOLTA.BERLUSCONI LOGELA: “MEGLIO SETE NE VAI” (CarmeloLopapa)(il Chiosco)

Submitted at 9/13/2014 2:00:24 AM

) 13 settembre 2014 L’ex delfino contro la Rossi: “Nondare voti”. E rispunta l’ipotesi Marinaalla guida di Fi Il tutti contro tutti che dilania ormaiForza Italia lascia sul campo ilcandidato del partito alla Consulta,Antonio Catricalà, ma trascina in unapalude la stessa leadership di SilvioBerlusconi . Cala i l gelo dopol’attacco senza precedenti di RaffaeleFitto — sempre più leader di unavasta area di dissenso — a MariaR o s a r i a R o s s i , t e s o r i e r a m asoprattutto braccio destro dell’exCavaliere, lei che in una intervista aRepubblica invitava l’eurodeputatopugliese, di fatto, a fare le valigie. Berlusconi reagisce malissimoall’ennesimo schiaffo di Fitto. Dopola storia dei tanti che non versanonemmeno un euro al partito, per lui èla conferma del «fallimento delprogetto » Forza Italia. Megliosmantellare tutto, ricominciaredaccapo, puntare sul voto in tempiravvicinati (se Renzi vorrà) e su «unBerlusconi» per la premiership, perusare le parole della Rossi. Ed èrisaputo che l’unico nome in campo— pur tra mille smentite ufficiali —resta quello di Marina. Sponsorizzatoproprio dal “cerchio” Pascale-Rossi.I l l e a d e r f o r z i s t a a p p r e n d edell’attacco alla tesoriera appenauscito dall’istituto Sacra Famiglia diC e s a n o B o s c o n e e p r i m a d iraggiungere Milanello per incontrarela squadra, l’uveite ormai è guarita.Nei confronti dell’ex pupillo puglieseconfessa ai suoi di nutrire ormai«profonda disistima: approfittasempre dei momenti di difficoltà delpartito per attaccarmi, cosa aspettaRaffaele a lasciare Forza Italia? » è losfogo molto privato. Il momento di difficoltà ultimo a cuif a r i f e r i m e n t o è l ’ i m p a s s eparlamentare che ha costretto ilquartier generale di Arcore adaccet tare i l passo indie t ro d iCatricalà, impallinato in aula dai“ribelli”. Una brusca sconfitta,ascritta a Berlusconi e alla linea“buonista” rispetto a Renzi e algoverno (ancora ieri il Mattinale diBrunetta rilanciava la «coesionenazionale»). Per tutto il giorno non unparlamentare interviene anche soloper difendere la Rossi. C’è ormai unpartito nel partito che vorrebbevedere lei come la Pascale, sempre

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sfuse su India, tagli a Regioni esanità, Europa e il 3%. Ma il mezzoconta più del messaggio. Sul GrandeTwittatore è uscito un libro per FaziEditore, dal titolo arrembante #ArrivoArrivo, liberamente ispirato all’arriba-arriba-àndale-àndale di SpeedyGonzales. S o t t o t i t o l o : “ L a c o r s a d i@matteorenzi da Twitter a PalazzoChigi” (e ritorno). Autori i giornalistiinfatuati Matteo Grandi e RobertoTallei. Prefatore l’inutile Luca Sofri.In copertina il Nostro, slanciato comeuna pera, corre e sorride al futuro intenuta da jogging. Primo capitolo: “Iltweet Vangelo secondo Matteo”.M e c o j o n i . S v o l g i m e n t o : “ I lprimissimo tweet di Renzi, cimeliostorico da esporre nel museo dellacomunicazione, datato 8.1.2009, giàlasciava intravvedere il suo potenzialecomunicativo”. Eccolo: “Torna apensare che per il Pd fiorentino piùche le primarie ci voglia il primario!”.Torna chi? Parla di sé in terzapersona come Povia, il DivinoOtelma e i reclusi nei manicomicriminali? Boh. Però il primo tweetnon si scorda mai, e già lasciaintravvedere. Come pure gli altri:“Pensa che arrivare in PalazzoVecchio al mattino presto e lavorareda solo nel silenzio della salaClemente VII”, punto, fine e morta lì.Già pensare è un verbo impegnativo.

“Ha lasciato la sala del Consiglio ed ètornato in ufficio. All’una di notte, dasolo, con il ritmo dei passi…”, seguerimando a Facebook, che sta aTwitter come le linee-guida alle slide:“…ad accompagnare il rumore dels i l enz io men t re l a penombrailluminava il Salone dei 500. Ci sonodei momenti in cui ti rendi conto diquanto sei fortunato a poter servire latua comunità. Oggi è uno di questi.Viva Fiorenza!”. Lirismo puro, DolceTweet Novo. Dopo due anni esatti dicure, il 12.1.2011 Matteo nostroriesce finalmente a cinguettare inprima persona: è la scoperta dell’Io,non meno devastante del Lui. InfattiEl Twitador inizia subito a cazziarequelli che comunicano in terzapersona: “@Donadelli74 entrare suTwitter e lasciarci il portavoce è robada sfigati”. Concetto alato, tipicodegli statisti momentaneamenteristretti a fare i sindaci. Siccome peròscripta manent e i tweet di più, fatenerezza rileggere quelli con cui ilTwittatore Folle deliziava i fiorentini:“ I o s o n o p e r a b o l i z i o n efinanziamento pubblico a partiti egiornali e per mostrare conti correntie proprietà dei politici”. Ma non delfinanziere Marco Carrai, che nellos t e s s o p e r i o d o g l i m e t t e v agratuitamente a disposizione un piedà terre in via degl i Alfani 8,all’insaputa degli elettori e dei lettori

di Twitter. In ogni caso, non appenaandrà al governo, Renzi dimenticheràprontamente l’abolizione dei fondipubblici a partiti e giornali. A volte,sopraffatto dalla fatica, il sindaco 2.0twittava “XimNd” e subito dopo, permaggiore chiarezza, “Xvhgcuy”(13.2.2012), poi però si riaveva dald e l i q u i o e c h i a r i v a a i t a n t e :“Apprezzabile lo sforzo esegetico percapire i miei ultimi tweet! Ma è solol’iPhone lasciato aperto. StavoTwittando #amiainsaputa”. Peccato,perché “XimNd” e “Xvhgcuy”resteranno i tweet più sinceri delc o n t e M a s c e t t i r e i n c a r n a t o .Seguiranno “#enricostaisereno” e “unforte abbraccio a @EnricoLetta”, unattimo prima dell’incaprettamento. Ilmi t ico “Ber lusconi sa che sevinciamo noi lui è il 1° rottamato”. El’imperituro “Scegliendo le personepiù competenti, l’Italia può diventarela più bella startup del mondo”, 13mesi prima di scegliere Boschi,Madia, Pi-nott i , Alfano, Lupi,Lorenzin, Orlando, Guidi e lav i g i l e s s a . M a n c a g i u s t o# l a d o n n a b a r b u t a . Da Il Fatto Quotidiano del 13/09/2014.

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più “interventiste”, fuori dalla stanzadei bottoni. Non solo pugliesi ecampani schierati con Fitto e con larichiesta di primarie. Ma anche bigcon più legislature alle spalle,Capezzone e Carfagna, SaverioRomano, Polverini, Prestigiacomo etanti altri. Alla squadra si aggiungeora Trifone Altieri, uomo di Fitto inProvincia di Bari, che subentra allaCamera ad Antonio Leone (Ncd)eletto al Csm.«Lascia allibiti che il presidenteBerlusconi possa consentire allasenatrice Rossi di rilasciare o ritirarepatenti sulla legittimità dello stare nelpartito» è l’attacco mattutino di Fittodal suo blog. «Né la senatrice né altrihanno titoli o legittimazione tecnico-giuridica e statutaria, nonché politica,per ipotizzare cose del genere ».Scrive di «disagio sempre più forte ditanti colleghi» per concludere cheForza Italia «è stata e sarà ancora»

casa sua. Non lascia, insomma, sevogliono mi caccino, è il senso. Lareplica ufficiale Berlusconi la affidadopo otto ore di silenzio, alle 20, allaportavoce Deborah Bergamini .Critica i «toni discutibili» di Fitto,difende la Rossi e i suoi titoli(assegnati dal capo), per concludere:«Evidentemente, la sua solerziaquando si tratta di prendere voti persé diventa distrazione o svogliatezzaquando si tratta di lavorare per tuttaForza Italia». Fitto non controreplica,la definirà «patetica» coi suoi. Ma èl’unico ad uscire allo scoperto, conl’eccezione di Maurizio Bianconi:«Non seguo l’ordine di Berlusconi dinon attaccare Renzi, avevamo 13milioni di voti, oggi tre». Questo ilc l ima. E i l f rul latore ha solocominciato a girare .