Compareti_I Monumenti Funerari Appartenuti a Potenti Stranieri

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Fonte: http://www.cinaoggi.it/storia/storia-della-cina/storia-della-cina/i-monumenti- funerari-appartenuti-a-potenti-stranieri-di-origine-iranica-recentemente-scoperti-in-cina I monumenti funerari appartenuti a potenti stranieri di origine iranica recentemente scoperti in Cina Category: Storia della Cina Created on Friday, 23 January 2009 07:11 Published on Friday, 23 January 2009 07:11 Written by Matteo Compareti Tags: iran sogdiana persia han orientali tang Anyang Gli studi iranistici in Cina hanno conosciuto negli ultimi venti anni un periodo particolarmente felice. di Matteo Compareti (Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”) A un nutrito gruppo di ricercatori specializzati distribuiti tra le principali università del paese (Pechino, Hangzhou, ecc.) si aggiunge ora una serie di scavi scientifici (alcuni dei quali davvero recentissimi) condotti nelle zone attorno a Xi’an (provincia dello Shaanxi) nonché nel Gansu e nel Ningxia (Cina nord–occidentale). La nuova, attivissima, generazione di archeologi cinesi ha consentito inoltre di attribuire con un buon margine di certezza altri

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Sogdian monument

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I monumenti funerari appartenuti a potenti stranieri di origine iranica recentemente scoperti in Cina

Category: Storia della Cina

Created on Friday, 23 January 2009 07:11

Published on Friday, 23 January 2009 07:11

Written by Matteo Compareti

Tags:

iran

sogdiana

persia

han orientali

tang

Anyang

inShar e

Gli studi iranistici in Cina hanno conosciuto negli ultimi venti anni un periodo particolarmente felice.

di Matteo Compareti

(Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”)

A un nutrito gruppo di ricercatori specializzati distribuiti tra le principali università del

paese (Pechino, Hangzhou, ecc.) si aggiunge ora una serie di scavi scientifici (alcuni dei quali

davvero recentissimi) condotti nelle zone attorno a Xi’an (provincia dello Shaanxi) nonché

nel Gansu e nel Ningxia (Cina nord–occidentale). La nuova, attivissima, generazione di

archeologi cinesi ha consentito inoltre di attribuire con un buon margine di certezza altri

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monumenti funerari comparsi da tempo sul mercato antiquario e oggi parte di numerose

collezioni pubbliche e private.

La conferenza “I Sogdiani in Cina. Nuovi studi storici,

archeologici e filologici” tenuta a Pechino tra il 22 e il 25

aprile 2004 ha riunito la maggior parte degli esperti cinesi di

questo settore e anche parecchi studiosi giunti da tutto il

mondo. I locali della Biblioteca Nazionale di Pechino non

hanno ospitato solo la conferenza, ma anche una piccola

sebbene documentatissima mostra sull’attività dei Sogdiani in

Cina. Tralasciando l’aspetto prettamente storico e filologico

della suddetta conferenza, ci concentreremo piuttosto sulle

scoperte archeologiche rese pubbliche proprio in questa

occasione. Difatti, prima che gli scavi portassero a tali

risultati, l’attività delle popolazioni di origine iranica (quali

Persiani e Sogdiani) nel Celeste Impero era nota solo dalle

fonti scritte e da pochi indizi rintracciabili nell’arte cinese

dell’epoca che va dalla caduta dei Han Orientali (25–220 d.C.)

alla caduta dei Tang (618–906 d.C.). Le prime avvisaglie di

una presenza stabile e certamente considerevole di Sogdiani

in Cina si ebbero verso la fine degli anni ’50 del secolo scorso

allorquando una studiosa americana risalì all’origine di un

letto funerario atipico comunemente noto come “letto

funerario di Anyang” sulla base dei suoi elementi decorativi.

Il tema riguarda scene tratte dalla vita di un personaggio non

cinese ma la cui posizione all’interno dell’amministrazione

imperiale doveva essere tutt’altro che di secondo piano. I

pannelli del letto funerario di Anyang riportano scene

conviviali (fig. 1),

fig. 1

processionali e religiose tra cui, forse,

sacrifici di animali. Compaiono poi

moduli decorativi di taglio

tipicamente iranico come i cosiddetti

“medaglioni perlati”, vale a dire

cornici circolari lungo il cui bordo

corrono file di dischi lasciati più

chiari, contenenti vari soggetti: nel

caso del letto funerario di Anyang si

tratta di musicisti (fig. 2). Questo

monumento si trova oggi smembrato

presso le collezioni di svariati musei

in Europa e America e la sua

attribuzione a un ricco sogdiano

attivo in Cina nel VI secolo è

unanimemente accettata.

fig.2

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Si è parlato poc’anzi delle genti iraniche presenti in Cina nel periodo di transizione compreso

tra la caduta dei Han (220 d.C.) e l’ascesa dei Tang (618 d.C.) comunemente noto come epoca

delle “Dinastie del Nord e del Sud”. Tale nome deriva dal fatto che mentre il nord dell’antico

impero cadeva preda delle invasioni di popolazioni “barbare” di stirpe turca e

(probabilmente) proto–mongola, le grandi famiglie aristocratiche han trovavano rifugio a

sud del Fiume Giallo, stabilendovi nuove dinastie. Le ambasciate provenienti dai regni vicini

considerati tributari dall’amministrazione cinese comprendevano anche spedizioni dalla

Persia (all’epoca governata dalla potente dinastia dei Sasanidi, 226–642) e dalla Sogdiana.

I Sogdiani erano un

popolo di lingua e

cultura iranica

stanziati a cavallo

degli odierni

Uzbekistan

meridionale e

Tajikistan

occidentale lungo il

corso del fiume oggi

noto come

Zerafshan. La loro

patria, laSogdiana,

viene citata per la

prima volta in

un’iscrizione del re persiano Dario I (522–486 a.C.) ascrivibile al VI secolo a.C. Con

l’invasione dell’impero persiano da parte diAlessandro Magno anche le regioni dell’Asia

centrale passarono sotto il controllo macedone e la capitale del regno

sogdiano, Maracanda (l’odierna Samarcanda), oppose una strenua resistenza vedendosi

costretta alla fine a cedere dinanzi alle armate del grande condottiero.

Alessandro, seguendo il suo sogno di fusione tra il mondo greco e quello iranico, diede

l’esempio ai suoi generali sposando la bellissima Rossane –figlia di Ossiarte, un capo

locale– da cui forse ebbe anche un erede. Alla frammentazione dell’impero macedone

avvenuta con la morte di Alessandro a Babilonia nel 423 a.C., la Sogdiana si trovò

automaticamente inglobata all’interno del regno cosiddetto greco–battriano ma riuscì presto

a rendersi indipendente sebbene sempre soggetta alle incursioni da parte dei nomadi.

Una caratteristica costante nella storia di questa regione storica è stata sempre l’esposizione

alle invasioni da parte degli imperi attigui (Persiani, Macedoni e Cinesi) e anche da parte dei

regni nomadici più minacciosi lungo il fronte orientale. I Sogdiani non costituirono mai un

regno unitario ma piuttosto un insieme di principati nominalmente retti dal re di

Samarcanda.

I contatti con la Cina sono attestati almeno dal III secolo d.C. fino all’invasione araba

avvenuta agli inizi dell’VIII secolo d.C. I Sogdiani erano abili mercanti ma le loro conoscenze

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e la loro esperienza in questioni internazionali li rendevano particolarmente utili agli

imperatori cinesi per mantenere i rapporti diplomatici con le entità statali dei nomadi

centrasiatici, molto aggressivi e per niente bendisposti nei confronti del Celeste Impero. Le

fonti cinesi riportano anche notizie dell’impiego di ambasciatori sogdiani inviati a corte dai

sovrani dei regni nomadici. Grazie a un sistema di colonie commerciali stanziate in tutta

l’Asia centrale, i Sogdiani furono in grado di dominare la grande carovaniera

universalmente nota come “Via della Seta” che collegava la Cina con il bacino

mediterraneo fino all’arrivo degli Arabi. Con l’islamizzazione di tutta la Transoxiana (la

regione, cioè, posta al di là dell’Oxus o Amu Darya) anche il culto e le tradizioni di stampo

zoroastriano presenti in Sogdiana vennero mano a mano abbandonati a favore della

religione monoteistica professata dai nuovi invasori. Le successive ondate migratorie di genti

mongole e turcofone di passaggio in Asia centrale contribuirono a cancellare le tracce di

questa raffinatissima civiltà di cui sopravvisse testimonianza unicamente nelle fonti

(specialmente cinesi) fino ai primi ritrovamenti fortuiti avvenuti in epoca sovietica nelle zone

di Bukhara e Samarcanda in Uzbekistan e a Penjikent in Tajikistan. Volendo essere precisi,

sopravvivono ancora oggi tre dialetti direttamente imparentati con l’antica lingua dei

Sogdiani lungo la valle di un affluente dello Zerafshan –lo Yagnobi– ma si tratta di poche

migliaia di parlanti, peraltro, drammaticamente in diminuzione (ammontano oggi a circa

1500 unità).

Come già ricordato sopra, si annoverano altri monumenti funerari di comprovata origine

sogdiana provenienti dalla Cina. Un secondo letto funerario appartenuto a un Sogdiano

deceduto in Cina ugualmente acquistato sul mercato antiquario è quello generalmente

denominato “Miho”, dal nome del museo giapponese dove oggi è conservato. Alcuni pannelli

del letto funerario del museo Miho presentano scene cultuali davvero uniche come il rituale

funerario del “sagdid” (fig. 3), oppure scene della vita del trapassato durante il suo

matrimonio (fig. 4) o le imprese venatorie da lui contemplate (fig. 5). Negli ultimi due casi

si tratta di scene piuttosto comuni nell’arte della Sogdiana vera e propria, tuttavia, eseguite

nei monumenti funebri scoperti in Cina secondo uno stile diverso. Ciò è probabilmente dovuto

al fatto che furono le maestranze locali cinesi a produrre tali oggetti, certamente seguendo le

indicazioni fornite dai loro committenti stranieri.

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fig. 3 fig. 4 fig.5

Altri due letti funerari sogdiani sono oggi noti in Cina: quello appartenuto a Yu

Hong proveniente da Taiyuan, nello Shanxi, (fig. 6) e quello del museo di Tianshui, nel

Gansu (fig. 7). Entrambi mostrano decorazioni a rilievo non sempre facilmente

interpretabili (soprattutto per quanto riguarda il letto funerario di Yu Hong, fig. 8). Altre

decorazioni estremamente interessanti ricorrono su un letto funerario appartenuto a An

Qie, un Sogdiano originario della zona di Bukhara impiegato nell’amministrazione dei Zhou

Settentrionali (557–581) in qualità di responsabile civile e religioso delle colonie di stranieri

stabiliti in Cina (il termine utilizzato per indicare un personaggio simile era sabao). Sebbene

non sia sempre chiaro chi fossero tali stranieri (spesso definiti dalla storiografia ufficiale

cinese “hu”), sembra che quelli di origine iranica (in particolare i Sogdiani) occupassero le

posizioni preminenti. I pannelli del letto funerario di An Qie riportano scene della vita di

questo importante straniero evidentemente stimato dall’aristocrazia e da tutta la classe

dirigente cinese sotto cui aveva prestato servizio. Si riconoscono anche qui scene venatorie

(fig. 9), conviviali (fig. 10) e religiose (fig. 11) e anche alcuni medaglioni perlati decorativi

contenenti teste di animali fantastici (fig. 12).

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fig. 6 fig. 7

fig. 8, fig. 9, fig. 10

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fig. 11

fig. 12

Gli ultimi monumenti funerari associabili

a questo gruppo comprendono, infine, due

basamenti di letti funerari oggi parte della

collezione privata Shelby White e Leon

Levidatabili alla fine del VI–inizi del VII

secolo d.C. e alcune riproduzioni di

pannelli un tempo parte della decorazione

di una tomba da Yidu(provincia del

Shandong), oggi irrimediabilmente

perduti per la costruzione di una diga. I

due basamenti di letti funerari rientrano a

pieno titolo tra i monumenti funerari

eseguiti in Cina per ricchi sogdiani appena

elencati. Tra le decorazioni più

interessanti si annoverano vari

medaglioni perlati contenenti animali

fantastici o simbolici su uno dei due

basamenti (fig. 13). I pannelli da Yidu

invece rappresentano un enigma poiché

sopravvivono oggi solo le riproduzioni ma

non è chiaro se si trattasse di un letto

funerario o di un sarcofago. Non è

possibile stabilire poi se l’opera fosse

veramente destinata a un sogdiano

fig. 13

fig. 14

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deceduto in Cina: certo la tematica di

varie scene ricorda molto gli altri

monumenti funerari appena osservati, ma

le scene riprendono soggetti ampiamente

attestati nell’arte funeraria cinese in cui

ricorrono diverse figure di personaggi

iranici o, comunque, stranieri (fig. 14).

In occasione della recente conferenza

pechinese sono stati commentati altri

due monumenti funerari cinesi

decisamente atipici e un terzo è stato

solamente menzionato: in quest’ultimo

caso si tratta di quanto rinvenuto nella

tomba di Kang Ye, un sogdiano

proveniente dalla zona di Samarcanda

del quale si sa ancora poco. Gli altri due

manufatti sono il sarcofago diShi

Zhun proveniente da uno scavo della

zona di Xi’an condotto scientificamente e

completamente documentato, e un letto

funerario parte di una collezione

privata, oggetto di una recente mostra

al Museo Guimet di Parigi (fig. 15).

Shi Zhun era anch’egli un sabao, vale a

dire un responsabile delle comunità di

stranieri presenti nel territorio sotto il

controllo dei Zhou Settentrionali. Le sue

mansioni contemplavano anche la sfera

religiosa: il credo dei suoi sottoposti

riguardava zoroastrismo, manicheismo

e cristianesimo. Shi Zhun doveva essere

però zoroastriano o, meglio, aderiva a

quella forma di zoroastrismo praticata

localmente in Sogdiana (e nelle colonie).

Difatti, tra le decorazioni dei pannelli

esterni del suo sarcofago si possono

notare varie divinità sogdiane tra cui il

dioWeshparkar seduto su tre protomi di

toro e con un tridente in mano (fig. 16).

Nella parte sottostante del medesimo

pannello compaiono anche due sacerdoti

zoroastriani muniti di una maschera

particolare tuttora utilizzata in Iran e in

India durante alcuni riti e una

processione di animali da soma su di un

fig. 15

fig. 16

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ponte. Si tratta del ponte Chinvat, il

passaggio che il defunto è tenuto ad

attraversare durante il suo trapasso

nelle credenze zoroastriane. Secondo i

testi religiosi zoroastriani l’anima del

defunto deve superare varie stazioni

prima di raggiungere il paradiso. A ogni

stazione è preposta una divinità tra cui,

appunto, Weshparkar. Il tridente e il

toro sono i suoi attributi caratteristici

chiaramente presi a prestito

dall’iconografia delle divinità hindu, in

questo caso da Shiva. I Sogdiani,

infatti, assorbirono molti elementi

dell’iconografia religiosa indiana

secondo un processo ancora poco chiaro

ma che va datato al VI secolo d.C. circa.

Ciò costituisce una prova ulteriore

dell’esistenza di rapporti intensi con

l’India anche se oggi restano poche

tracce documentate.

Anche il letto funerario esposto recentemente a Parigi mostra vari pannelli decorati secondo

l’iconografia hindu. Tre sono i pannelli più interessanti da questo punto di vista entrambi

dominati da figure di probabile natura divina. Il primo pannello ritrae un personaggio

dotato di quattro braccia affiancato da due arcieri su di un trono a base lotiforme (fig. 17).

Tali attributi rimandano immancabilmente a un aspetto particolare del dio del sole

indiano Surya. Inoltre, i dischi concentrici alle spalle dei personaggi richiamano appunto un

simbolismo solare. L’altra scena interpretabile in chiave hindu riguarda un pannello con una

scena acquatica in cui si scorge un personaggio maschile intento a scoccare una freccia verso

l’alto mentre sta seduto a cavalcioni di un grosso bovino immerso nei flutti assieme a altri

esseri mostruosi (fig. 18). In questo caso sembrerebbe di trovarsi di fronte a un episodio

della vita di Krishna che altri non era se non un avatara (cioè una manifestazione

terrena) del dio indiano Vishnu. L’ultimo pannello, molto rovinato, ritrae un personaggio

dal ventre prominente seduto su una pelle di elefante e circondato da tralci d’uva (fig. 19).

Forse anche questo personaggio è interpretabile come un essere divino in quanto i Sogdiani

sembrano aver adottato l’iconografia di Indra per adattarla a quella di Ahura Mazda, il

signore supremo del proprio pantheon. Tuttavia non è escluso che possa trattarsi anche di

una raffigurazione di Kuberaper via della pancia del dio e dei grappoli d’uva.

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fig. 17 fig. 18 fig. 19

In conclusione, la conferenza sui Sogdiani in Cina è stata certamente un’eccellente occasione

d’incontro e di discussione tra i massimi esperti al mondo di problemi connessi alla cultura

sogdiana e anche la circostanza adatta per rimarcare l’esistenza di molte zone d’ombra in

questo particolare campo d’indagine (per esempio, l’indecisione nel richiamare l’iconografia

indiana adattata all’ambito religioso sogdiano). L’augurio espresso durante la chiusura dei

lavori dagli organizzatori è stato di speranza per un continuo incremento delle nostre

conoscenze derivate in massima parte dall’archeologia: un auspicio che trova d’accordo non

solo chi lavora sul campo in Cina ma anche gli studiosi di molte altre parti del mondo (anche

italiani), impegnati in campagne di scavo in varie zone dell’Asia centrale.

Le figure inserite nel testo sono state tratte dalle opere menzionate in bibliografia, tranne

alcuni schemi eseguiti dall'autore.

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