This paper might be a pre-copy-editing or a post-print...

10
This paper might be a pre-copy-editing or a post-print author-produced .pdf of an article accepted for publication. For the definitive publisher-authenticated version, please refer directly to publishing house’s archive system.

Transcript of This paper might be a pre-copy-editing or a post-print...

Page 1: This paper might be a pre-copy-editing or a post-print ...senseable.mit.edu/papers/pdf/20030509_Goldman_Ratti_PechinoCitta_Aspenia.pdfcentro la Città Proibita muovere. Molti monumenti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

This paper might be a pre-copy-editing or a post-print author-produced .pdf of an article accepted for publication. For the

definitive publisher-authenticated version, please refer directly to publishing house’s archive system.

Page 2: This paper might be a pre-copy-editing or a post-print ...senseable.mit.edu/papers/pdf/20030509_Goldman_Ratti_PechinoCitta_Aspenia.pdfcentro la Città Proibita muovere. Molti monumenti

La situazione è nota. Una città definita dagli urbanisti “la piùgrandiosa opera unitaria dell’uomo sulla faccia della terra1”compromessa dalla frenesia edilizia degli ultimi decenni. Isuoi tradizionali vicoli (hutongs) e le sue case a patio (sihe-yuan) rimpiazzati via via da strade a scorrimento veloce, svin-coli di tipo autostradale e grattacieli. Gli antichi principi ur-banistici cinesi, che ne avevano governato la crescita fin dalmedioevo, travolti dall’impeto del capitalismo e dell’economiadi mercato. In passato le case di Pechino avevano un’altezzalimitata, non potevano utilizzare decorazioni esterne e doveva-no sottostare a rigide imposizioni cromatiche: i colori primarierano riservati ai templi e ai palazzi nobiliari, che emergevanocosì su uno sfondo di costruzioni di colore rigorosamente gri-gio – come fiori splendenti su uno sfondo di foglie verdi, perutilizzare un’immagine tipica cinese. Oggi questo tessuto ur-bano, originariamente caratterizzato da una forte unitarietà deldisegno, continua a essere intaccato in molti punti da nuovearchitetture eterogenee e senza regole, nonostante i severi mo-niti della stampa e delle associazioni internazionali, UNESCO intesta. Com’è possibile tutto ciò?Le radici del processo di trasformazione urbanistica della Cit-tà Vecchia di Pechino risalgono alla rivoluzione comunista del1949. Già a quei tempi il tessuto urbano storico veniva vistocome espressione dell’antico ordine feudale, pertanto da ri-

Pech

ino:

la C

ittà

Perd

uta?

Un vero scempio del tessuto urbani-stico a Pechino – come in tutte le mag-giori città cinesi – fu avviato già dopoil 1949, ma ha subito una forte acce-lerazione negli anni Ottanta. L’orgo-glio cinese rispetto all’urbanizzazionedi tipo occidentale e le ragioni dellaconservazione. Vi sono ipotesi di in-tervento che combinino le esigenzeeconomiche, sociali e architettoniche;ma la situazione politica e gli incenti-vi della speculazione spingono in di-rezione opposta.

Jasper Goldman eCarlo Ratti

Page 3: This paper might be a pre-copy-editing or a post-print ...senseable.mit.edu/papers/pdf/20030509_Goldman_Ratti_PechinoCitta_Aspenia.pdfcentro la Città Proibita muovere. Molti monumenti

264

Jasper Goldman,

oxoniano ed ex al-

lievo del Massachu-

setts Institute of

Technology, sta la-

vorando alla realiz-

zazione di un docu-

mentario sulle tra-

sformazioni urbani-

stiche di Pechino.

Carlo Ratti, Aspen

Junior Fellow, inge-

gnere e architetto,

insegna presso il

Massachusetts Insti-

tute of Technology,

dove dirige il SEN-

SEable City Labora-

tory. Collabora inol-

tre con le pagine

culturali della Stam-

pa e del Sole 24 Ore.

L’asse centrale nord-sud di Pechino (7,9 chilometri); alcentro la Città Proibita

muovere. Molti monumenti importanti, tra cui le vecchie murache “adornavano la città come un girocollo2, vennero effettiva-mente rasi al suolo. Alcuni proposero addirittura la distruzionedella fantastica Città Proibita, antica residenza imperiale risa-lente al Quattrocento. Mentre i tecnici sovietici che facevanoda consulenti al regime di Pechino caldeggiavano la costruzio-ne di grattacieli in pieno centro storico, per celebrare i suc-cessi della nascente Repubblica popolare. In realtà il governo cinese venne a più miti consigli. Decise ditutelare i monumenti più significativi e anzi di appropriarsi

Page 4: This paper might be a pre-copy-editing or a post-print ...senseable.mit.edu/papers/pdf/20030509_Goldman_Ratti_PechinoCitta_Aspenia.pdfcentro la Città Proibita muovere. Molti monumenti

della loro dimensione simbolica per scopi propagandistici. Continuò a vagheggiareinterventi radicali sui vecchi hutongs e siheyuan, ma non riuscì a realizzarli soprat-tutto per mancanza di fondi. La maggior parte delle trasformazioni urbane si verifi-carono lontano dal centro storico: in quei sobborghi industriali che, in ottemperanzaai precetti di Mao Zedong, avrebbero dovuto “trasformare le città del consumo in cit-tà della produzione”. Nella vecchia Pechino i cambiamenti furono modesti: al di làdell’allargamento del viale Chang’An e della piazza Tiananmen, per renderla adattaalle parate del regime, si può dire che la maggior parte della struttura urbana dellacittà rimase intatta fino agli anni Ottanta. Tuttavia, anche se non vi furono grandi cambiamenti esteriori, la realtà abitativa nelcentro storico si modificò radicalmente negli anni successivi al 1949. L’amministra-zione locale, a corto di mezzi, rispose alla carenza di alloggi in città favorendo l’au-mento della densità abitativa nelle tradizionali case a patio. Dove prima viveva un’u-nica famiglia, ora ce n’erano due, tre o più. I patii, santuari della vita familiare cine-se, vennero gradualmente riempiti da costruzioni abusive, mentre l’espressione da zayuan (casa sovraffollata) prese il posto del tradizionale siheyuan. La Città Vecchia nelsuo complesso acquistò quell’apparenza trasandata, a tratti simile a una baraccopo-li, che ne avrebbe oscurato il vero valore architettonico nei decenni seguenti.La vera rivoluzione nelle dinamiche di trasformazione urbana avvenne con le politi-che di progressiva apertura al mercato promosse dal leader Deng Xiaoping verso la 265

Vista prospettica di una tradizionale casa a patio nella Città Vecchia diPechino

Page 5: This paper might be a pre-copy-editing or a post-print ...senseable.mit.edu/papers/pdf/20030509_Goldman_Ratti_PechinoCitta_Aspenia.pdfcentro la Città Proibita muovere. Molti monumenti

fine degli anni Settanta. Gli enti governativi ebbero la possibilità di vendere diritti diedificazione su suolo pubblico e di trasformarsi così in immobiliaristi improvvisati.Tra i primi programmi messi in pratica ci furono proprio quelli nei centri storici dimolte città cinesi. Lo scopo dichiarato era il miglioramento degli standard abitatividei residenti. In realtà, questi ultimi venivano spesso trasferiti controvoglia in sob-borghi periferici e distanti, mentre i preziosi terreni del centro storico erano recupe-rati per speculazioni edilizie di vario genere. Un processo particolarmente evidentea Pechino o nel distretto di Pudong a Shanghai (dove una città è cresciuta pratica-mente dal giorno alla notte) ma che ha interessato quasi tutta la Cina urbanizzata. APechino gli effetti sono stati particolarmente pesanti. Per quantificarli bastano duedati: a partire dall’inizio degli anni Ottanta almeno metà del tessuto storico della Cit-tà Vecchia è andato distrutto, mentre oltre un milione di abitanti hanno dovuto la-sciare le loro case per trasferirsi in periferia. “Se le cose non cambieranno in fretta– commenta Ian Johnson, a lungo corrispondente del Wall Street Journal dalla capi-tale cinese e testimone dei processi di trasformazione urbana degli ultimi decenni –fra pochi anni l’ineguagliabile patrimonio architettonico di Pechino sarà completa-mente scomparso, a parte qualche frammento conservato per la gioia dei turisti3”.

Le reazioni ad alcune soluzioni possibili. Negli ultimi anni la stampa e le orga-nizzazioni internazionali si sono schierate apertamente contro la distruzione del cen-tro storico di Pechino. Ma quali sono state e sono tuttora le reazioni dei cinesi? Mol-ti, soprattutto tra gli esponenti del governo e della pubblica amministrazione, difen-dono i cambiamenti. I grattacieli e gli immensi svincoli autostradali (quello di Siyuancon i suoi 500.000 metri quadrati copre un’area pari al 70% della Città Proibita) so-no fonte di orgoglio nazionale, segni visibili del prodigioso boom economico della ca-pitale cinese. Ricorrono ormai con regolarità nell’iconografia locale, come sui mani-festi politici e commerciali che tappezzano le strade della città. Alcuni funzionari non nascondono un certo fastidio per le ingerenze della comunitàinternazionale: le preoccupazioni per l’architettura della città – sostengono – sonodominio di un’élite soprattutto straniera, che ignora pretestuosamente i grandi mi-glioramenti degli standard abitativi della popolazione. Non sarà forse che i Paesiavanzati sono preoccupati per l’irrefrenabile boom economico della Cina? O che glioccidentali si lamentano perché ormai privi di quell’autocompiacimento generatodalla consapevolezza di provenire da società più ricche e avanzate? Là dove una vol-ta gli abitanti di Pechino vivevano in graziose case a patio, ora vi sono grattacieli aventi o più piani, che possono competere a pieno titolo con quelli delle grandi cittàeuropee o americane. Chi, tra quegli occidentali che lodano il pittoresco stile di vitatradizionale, sarebbe disposto a trasferirsi in una tipica da za yuan, dove una fami-glia vive spesso in due stanzette senz’acqua corrente e con servizi igienici esterni?

266

Page 6: This paper might be a pre-copy-editing or a post-print ...senseable.mit.edu/papers/pdf/20030509_Goldman_Ratti_PechinoCitta_Aspenia.pdfcentro la Città Proibita muovere. Molti monumenti

Sostenuto da queste considerazioni, il governo cinese ha buon gioco nel portare avan-ti i progetti di demolizione e ricostruzione. La perdita di un patrimonio inestimabileviene giustificata con il miglioramento delle condizioni di vita degli abitanti del cen-tro storico. D’altronde, da dove potrebbero provenire i fondi necessari per questo mi-glioramento se non da un più efficace sfruttamento economico della centralità? Lepolitiche di tutela dell’architettura tradizionale non genererebbero alcun reddito, esarebbero anzi molto costose – troppo costose, secondo i funzionari governativi – perun Paese in via di sviluppo come la Cina. Infine, si fa notare che la conservazioneestensiva della Città Vecchia impedirebbe lo sviluppo economico e la valorizzazionein chiave commerciale del centro. In quasi ogni città sviluppata del mondo occiden-tale – dalla Parigi del barone Haussman a New York – i processi di trasformazioneurbana hanno comportato la distruzione di un tessuto urbano storico a bassa densitàe la sua sostituzione con edifici più alti. Perché Pechino dovrebbe essere da meno?Perché non dovrebbe poter seguire la stessa strada?Un’analisi più attenta del fenomeno mostra tuttavia che alcuni di questi argomenti,all’apparenza convincenti, non sono fondati. Innanzitutto, non è vero che il problemadella conservazione del patrimonio architettonico interessi soltanto un’élite, locale ostraniera. Le preoccupazioni per l’attuale modello di sviluppo urbano ed economicosono condivise da ampi strati della società cinese. Un gruppo di 125 studenti dellescuole elementari ha scritto di recente al sindaco Liu Qi per domandargli: “Se unacittà non ha la propria cultura e la propria storia, che cosa la differenzia da tutte lealtre città?” Aggiungendo quindi: “I nostri hutongs e le nostre case a patio sono uni-ci al mondo, mentre i grattacieli che stiamo costruendo sono un luogo comune4”. Non-ostante i controlli governativi sugli organi di stampa, molti articoli di giornale docu-mentano il crescente impegno della popolazione per impedire che ciò che resta del-la vecchia Pechino venga cancellato per sempre. In secondo luogo, l’idea che conservazione e sviluppo economico siano obiettivi incontrasto uno con l’altro è fallace. La Città Vecchia di Pechino rappresenta in realtàappena il 10% del territorio comunale: aree di espansione enormi sarebbero dispo-nibili per lo sviluppo della città. Molti esperti sostengono che il centro storico, se benconservato, potrebbe diventare in futuro una grande attrazione turistica, e che il suoeffettivo valore economico sarebbe in realtà ben superiore a quello del tessuto urba-no ordinario con cui oggi viene sostituito. Anche la nozione che la Cina, in quanto Paese in via di sviluppo, non possa permet-tersi politiche di tutela non sembra convincente. Quel che un governo può o non puòpermettersi è naturalmente una questione di priorità. Se il governo cinese investe in-genti capitali in programmi spaziali e altri ambiziosi progetti d’immagine, potrebbeprobabilmente, se lo volesse, trovare i mezzi per finanziare un adeguato programmadi tutela e recupero della Città Vecchia. Basterebbero anche soltanto un programma

267

Page 7: This paper might be a pre-copy-editing or a post-print ...senseable.mit.edu/papers/pdf/20030509_Goldman_Ratti_PechinoCitta_Aspenia.pdfcentro la Città Proibita muovere. Molti monumenti

di fund raising o un quadro giuridico che incoraggi i proprietari di immobili a ri-strutturare le proprie case. Probabilmente il compito più difficile sarebbe non economico, bensì tecnico: comemigliorare gli standard di vita per coloro che abitano in case a patio ormai sovraffol-late (da za yuan)? Vi sono infatti esigenze contrastanti, che obiettivamente rendonoil problema di difficile soluzione: da un lato la necessità di tutelare l’architettura esi-stente, dall’altro quella di salvaguardare le comunità locali. Quest’ultimo aspetto èmolto importante, poiché queste ultime sono in generale molto vitali e dinamiche,malgrado l’ambiente degradato in cui si trovano; se esse fossero in Occidente, nes-sun urbanista metterebbe in dubbio la necessità di proteggerle a ogni costo. La lorofrantumazione, con il trasferimento forzato dei vecchi residenti in sobborghi periferi-ci molto distanti, è stato probabilmente uno degli aspetti più deleteri e criticati del-le recenti trasformazioni urbane. D’altra parte, i siheyuans e gli hutongs hanno ungrande valore storico, e devono essere protetti ed eventualmente riportati alle loro

268

A causa dell’aumento della densità insediativa a partire dagli anni Cin-quanta i tradizionali patii vengono via via riempiti da costruzioni abusi-ve; mentre l’espressione da za yuan (casa sovraffollata) prende il postodel tradizionale siheyuan

Page 8: This paper might be a pre-copy-editing or a post-print ...senseable.mit.edu/papers/pdf/20030509_Goldman_Ratti_PechinoCitta_Aspenia.pdfcentro la Città Proibita muovere. Molti monumenti

condizioni originali. Il problema è che migliorare le condizioni di vita degli abitanticonservando sia le comunità locali che il tessuto urbano non è possibile, per que-stioni molto semplici di densità: la popolazione oggi residente non può essere allog-giata in situ con standard moderni in costruzioni a un solo piano. Così si prospettanodue alternative opposte, entrambe insoddisfacenti: preservare il tessuto architettoni-co esistente, trasferendo la maggior parte dei residenti altrove; o proteggere le comu-nità locali distruggendo il tessuto architettonico e sostituendolo con un altro a mag-gior densità. Quale di queste due soluzioni sarebbe preferibile? Un intervento urbano spesso preso a modello, il cosiddetto Ju’er Hutong5 – progetta-to dal professor Wu Liangyong nei primi anni Novanta – scelse la seconda opzione:ricostruire un tessuto urbano di tipo siheyuan con case a patio multipiano, ispiratenell’organizzazione a quelle tradizionali ma con una densità abitativa molto più ele-vata. Per quanto interessante dal punto di vista formale, questo approccio non po-trebbe essere proposto su larga scala, visto che comporterebbe comunque la distru-zione totale del tessuto urbano storico esistente. La risposta al dilemma deve pertanto consistere nel cercare di realizzare al meglio en-trambi gli obiettivi, quello sociale e quello architettonico. È possibile trasferire il nu-mero minimo di cittadini per raggiungere standard di densità abitativa accettabili ne-gli hutongs, ma dare loro nuove abitazioni in prossimità di quelle precedenti, in mododa permettere la conservazione dei rapporti con le comunità d’origine. Questa filoso-fia è stata proposta di recente in un concorso di progettazione urbanistica per la zonadi Dashilan, dove sono previsti interventi di rilievo in vista dei giochi olimpici del2008. Progetti simili sono stati presentati per altre aree di Pechino, e sembrano costi-tuire un buon compromesso per quanto riguarda i problemi che il governo sostiene divoler risolvere. Tuttavia, finora nessuno di essi ha avuto corso. Il modello di sviluppoche continua a essere seguito sembra essere il peggiore possibile: trasferire forzata-mente tutti i residenti e sostituire l’antico tessuto urbano con edifici di nuova costru-zione. Anche in quelle poche zone di Pechino dove il governo ha imposto la tutela del-l’esistente (il cosiddetto piano delle venticinque aree protette) continuano a essere ri-lasciati permessi per demolizioni e ricostruzioni totali, ancorché “in stile”. Come mai?Perché uno sforzo serio per conservare sia il tessuto storico della città sia la ricchez-za delle comunità locali non riesce a imporsi nell’attuale sistema economico cinese?

Le ragioni degli errori. La risposta a questa domanda deve essere ricercata nellastruttura del sistema politico. In Cina oggi non esiste un quadro normativo chiaro,che disciplini la proprietà immobiliare e che permetta ai residenti della Città Vec-chia di investire con tranquillità nella ristrutturazione delle loro case. La minacciadelle demolizioni, con conseguenti trasferimenti, aleggia su tutto il centro storico. Diconseguenza i siheyuan continuano a deteriorarsi e il governo, dal canto suo, ha buon

269

Page 9: This paper might be a pre-copy-editing or a post-print ...senseable.mit.edu/papers/pdf/20030509_Goldman_Ratti_PechinoCitta_Aspenia.pdfcentro la Città Proibita muovere. Molti monumenti

gioco nel sostenere che si tratta di complessi fatiscenti che devono essere demoliti.Inoltre, non sono previsti al momento sistemi di finanziamento per i progetti di recu-pero dell’esistente, a differenza di quanto avviene per le nuove costruzioni. Il gover-no ritiene (erroneamente) che gli interventi nel centro storico debbano generare pro-fitti o, alla peggio, chiudere in pari. Inutile dire che logiche di questo tipo non favo-riscono interventi di recupero organico e su piccola scala. Inoltre, nell’attuale sistema politico cinese, dominato dal partito comunista, i funzio-nari sono ansiosi fornire ai loro superiori (che hanno pieni poteri sul loro futuro) pro-ve concrete di efficienza. Per la carriera di un politico cinese è fondamentale riusci-re a ottenere risultati incontrovertibili nel più breve tempo possibile. Cosa c’è di me-glio della demolizione e ricostruzione a tempo di record di un intero quartiere? I pro-getti incentrati sulla conservazione e il recupero dell’esistente richiederebbero tem-pi più lunghi e in fin dei conti garantirebbero un ritorno di immagine inferiore ri-spetto alla realizzazione, poniamo, di un nuovo grattacielo di venti piani a ridossodella città proibita.A ciò si deve aggiungere l’importanza simbolica dei grandi interventi urbani. I pro-getti principali realizzati fino a oggi a Pechino, come la ricostruzione del viale Ping-An e la speculazione dell’Oriental Plaza a ridosso della Città Proibita, hanno semprecoinciso con ricorrenze importanti, come il cinquantenario della fondazione dellaRepubblica popolare nel 1999. Oggi i cantieri della città stanno lavorando a pienoritmo, ventiquattr’ore su ventiquattro, per non mancare l’appuntamento con i giochiolimpici del 2008. Infine non bisogna dimenticare quella che è stata definita “la new economy delle tan-genti” legata, a Pechino come in altre parti del mondo, all’attività edilizia. Le societàimmobiliari che hanno stretti legami con le amministrazioni locali riescono spesso aottenere prestiti bancari e fondi a tasso agevolato per le proprie speculazioni. A voltepropongono interventi non giustificabili dal punto di vista economico, ma che vengo-no approvati e portati a termine grazie a torbide connivenze. Numerosi articoli sullastampa hanno messo in evidenza i problemi di corruzione a Pechino e il loro ruolo al-l’interno dei grandi processi di trasformazione urbana. Emblematico lo scandalo checoinvolse alcuni anni fa il sindaco Chen Xitong, condannato a sedici anni di reclusio-ne proprio per una storia di tangenti legate alla realizzazione dell’Oriental Plaza. Cio-nonostante, il governo non sembra intenzionato a perseguire le riforme necessarie perresponsabilizzare i vari attori e per rendere l’intero processo più trasparente.Si può dire insomma che i cambiamenti in atto a Pechino, come nella maggior par-te delle altre città cinesi, non siano la risposta ragionata a situazioni architettonichee sociali complesse. Bensì che rispondano a logiche soprattutto politiche, che ser-vono per assecondare la volontà di autorappresentazione della classe dirigente, an-che in contrasto con le richieste e le aspirazioni di ampi strati della popolazione. I

270

Page 10: This paper might be a pre-copy-editing or a post-print ...senseable.mit.edu/papers/pdf/20030509_Goldman_Ratti_PechinoCitta_Aspenia.pdfcentro la Città Proibita muovere. Molti monumenti

grattacieli e le autostrade urbane di Pechino hanno avuto costi culturali e sociali al-tissimi e non sono giustificabili solo in base a logiche economiche; la loro forza èsimbolica, in quanto soddisfano il delirio di onnipotenza di un regime drogato dalboom economico e dalle nuove leggi del mercato. Sono forse l’equivalente urbanodella diga delle Tre Gole sul Fiume Azzurro: un’opera gigantesca, il più grande pro-getto per la produzione di energia al mondo, di cui continua a essere messa in dis-cussione l’opportunità (ha provocato danni culturali e sociali enormi, anche in que-sto caso con lo sradicamento di molte centinaia di migliaia di persone). Ma che ilgoverno difende con orgoglio come segno tangibile della “nuova Cina” e della suainarrestabile corsa verso il progresso. Lo confermava involontariamente nei mesiscorsi uno degli astronauti che hanno partecipato al primo programma spaziale ci-nese, raccontando le sue impressioni dopo il ritorno a terra. Lassù, dallo spazio, laGrande Muraglia non è visibile (a dispetto delle credenze popolari). La diga delleTre Gole, finalmente, sì.

1 Edmund N. Bacon, Design of Cities, revised edition, Thames and Hudson, Londra 1975.2 Christoph Peisert, Peking und die ‘nationale Form’: Die repräsentative Stadtgestalt im neuen China alsZugang zu klassischen Raumkonzepten, Technische Universität, Berlino 1996.3 Conversazione con Carlo Ratti, 7 ottobre 2003.4 Mark O’Neill, “Home truths”, South China Morning Post, Hong Kong 13 gennaio 2003.5 Wu Liangyong, Rehabilitating the old city of Beijing: a project in the Ju’er Hutong neighbourhood, UBC

Press, Vancouver 1999.271