Business model: tra Startup e PMI

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E-CONTROLLING B2corporate La prima rivista di controlling scritta e creata dagli utenti Gennaio 2013 Scenari transitori e post incentivi verso la Grid-Parity/competitività fotovoltaica Scenari transitori e post incentivi verso la Grid-Parity/competitività fotovoltaica IN PRIMO PIANO La valorizzazione delle PMI e delle Startup tra innovazione e Lean management Verificate il Vostro Business Model Verificate il Vostro Business Model Fallimenti in Italia: è boom nel 2012 Fallimenti in Italia: è boom nel 2012 Analisi finanziaria Analisi finanziaria Analisi finanziaria: Diagrammi Dupont ed Economic Profit Analisi finanziaria: Diagrammi Dupont ed Economic Profit Controllo di gestione Controllo di gestione Controllo di gestione: una metodologia d’implementazione Controllo di gestione: una metodologia d’implementazione

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E-controlling è la rivista di controllo di gestione e materie affini creata direttamente dagli utenti, professionisti e addetti ai lavori e distribuita dalla redazione di B2corporate

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E-CONTROLLINGB2corporate

La prima rivista di controllingscritta e creata dagli utenti

Gennaio 2013

Scenari transitori e post incentiviverso la Grid-Parity/competitività

fotovoltaica

Scenari transitori e post incentiviverso la Grid-Parity/competitività

fotovoltaica

IN PRIMO PIANO

La valorizzazionedelle PMI e delle Startup tra innovazione e Lean management

Verificate il Vostro Business ModelVerificate il Vostro Business Model

Fallimenti in Italia:è boom nel 2012

Fallimenti in Italia:è boom nel 2012

Analisi finanziariaAnalisi finanziaria

Analisi finanziaria:Diagrammi Dupont ed Economic Profit

Analisi finanziaria:Diagrammi Dupont ed Economic Profit

Controllo di gestioneControllo di gestione

Controllo di gestione:una metodologiad’implementazione

Controllo di gestione:una metodologiad’implementazione

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Note di pubblicazione Pubblicato a Gennaio, 2013

B2corporate.com, Italy

Nato nelDicembre2001, B2corporatedistribuisceinformazioni utili ed

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ISBN: NON DISPONIBILE

Versione: N°1- Gennaio, 2013

Questo E-Magazine non è coperto da DRM. Ogni copia è distribuita

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Sommario La valorizzazione delle PMI e delle Startup tra innovazione e Lean management a cura di Luca Vanzulli–Controller …………………………………………………..…. pag. 4 Scenari transitori e post incentivi verso la Grid-Parity/competitività fotovoltaica a cura di Ing. Alessandro Caffarelli, Vicepresident Intellienergia Spin-off Università degli Studi di Roma Tor Vergata (http://www.intellienergia.com) ………………………..…. pag. 8 Verificate il Vostro Business Model a cura diLuigi Pavan – Best Control – www.best-control.it, società di consulenza di direzione……………………………………………..………………………………..…. pag. 10 Fallimenti in Italia: è boom nel 2012 a cura dell’Osservatorio CRIBIS D&B - www.cribisdnb.com …………………..…. pag. 18 Analisi finanziaria – Diagrammi Dupont ed Economic Profit a cura di Maurizio Nizzola, Easy Share Finance S.r.l, società di consulenza in Finanza aziendale e formazione…………………………………………………………………. pag. 24 Controllo di gestione: una metodologia d’implementazione a cura di Alessandro Musso– Controller……………………….…………………..…. pag. 35

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La valorizzazione delle PMI e delle Startup tra innovazione e lean management a cura di Luca Vanzulli - Controller Scenario economico incerto, complesso e costantemente in recessione. La sfiducia continua a comprimere la domanda interna e ad aumentare la propensione al risparmio da parte delle famiglie italiane. Gli investimenti sono ai minimi storici. Il quadro è davvero poco roseo e a tutto questo deve aggiungersi un quadro molto instabile e confuso del sistema politico italiano. L’era della finanza creativa è ancora viva: il caso MPS e i derivati ne sono la prova! Eppure si deve trovare la via d’uscita; la strada è quella che segue le direzioni che portano il nome di Innovazione, Capacità manageriale, Startup e PMI. La spinta determinante deve arrivare dalle riforme ma questo scenario economico politico non aiuta di certo. In Italia abbiamo una miriade di pmi e startup che potrebbero davvero essere valorizzate se adeguatamente supportate con incentivi fiscali. In tema di startup un passo avanti è stato fatto con il decreto sviluppo ma ciò non è sufficiente. Occorre andare oltre. L’innovazione è sicuramente la base per dare forte impulso ma poi ci deve essere un deciso cambio di cultura manageriale e valorizzazione dei concetti di strategia, controllo di gestione, pianificazione. Non ci stancheremo mai di dirlo! Non basta avere una business idea per fare una startup! E’ fondamentale implementare un business model ben strutturato, ragionato e in continua evoluzione con la startup stessa: conoscere i mercati, i potenziali clienti, i competitor attraverso le

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opportune ricerche di mercato rappresenta un punto critico di successo fondamentale. Su questo fronte,oltre al già più volte citato Business model Canvas, merita una citazione il libro di Er ic Ries - nominato nel 2012 entrepreneur-in-residence alla Harvard Business Review, attualmente un IDEO Fellow e presente nei cda di diverse startup tech. Il titolo del libro in questione è"The Lean Startup" dove viene descritto il "lean startup method". Un libro adatto a enterpreneur e agli addetti ai lavori, ma perché no anche alle PMI. Innovazione e logiche di produzioni snelle delle attività manifatturiere aprono nuove strade imprenditoriali. Eric Ries pone una questione: Vi siete mai chiesti perchè le startup falliscono? I fattori critici base da non trascurare, secondo Eric Ries, sono: "l'attrazione di un buon piano, una strategia solida e l'utilizzo di dettagliate ricerche di mercato". Parole non nuove che andiamo raccontando da tempo! Le startup operano in condizioni di elevata incertezza: non sanno ancora chi sono i loro clienti o che cosa vanno a produrre in definitiva. Così come il mondo diventa incerto e complesso così diventa più complessa predire e prevedere i possibili scenari futuri. E' pertanto fondamentale costruire solide fondamenta che devono spingere all'idea forte di management, concetto di idee da sviluppare per creare prodotti e includendo i concetti di lean manufacturing, design thinking, development dei potenziali clienti. Insomma un nuovo approccio per creare il c ircolo del l ' innovazione continua. "Be more innovative. Stop wasting people's time. Be more successful". I 5 pr incipi del la lean startup che si snodano in tutto il libro sono sono sintetizzati nei seguenti 5 bulletpoint: 1) Gli startupper sono ovunque

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2) L'enterpreneurship è management 3) Validate learning: le startup devono esistere per apprendere come costruire un business sostenibile 4) Build-Measure-Learn: l'attività fondamentale di una startup è quella di girare intorno a un'idea, misurare come i potenziali clienti rispondono e poi apprendere si "girare su se stessi" o perseverare. 5) Innovation accounting: come misurare il working progress? Come definire le pietre miliari? Quali attività devono avere priorità? Tutte cose che sembrano noiose ma sono fondamentali per chi vuole fare startup e crescere. Tra gli esempi di Lean startup possono essere annoverate realtà come quella di Dropbox, Wealthfront, Grockit, IMVU, Votizen, Aardvark. Per dettagli e approfondimenti potete visitare il sito http://theleanstartup.com/ I suddetti punti sono fondamentali e da mettere in pratica. Si devono aggiungere altri ingredienti come:

- la logica dell’elevata flessibilità, efficienza e produttività - l’idea del team cross functional - la strategia di internazionalizzazione attraverso la ricerca continua

di alleanze e partner al fine di diversificare il rischio, aumentare il knowhow già elevato delle nostre PMI.

- L’Anticipazione dei possibili scenari puntando su prodotti che possono cambiare le abitudini dei consumatori.

- L’utilizzo di internet e dei social media per arricchire le proprie business opportunities.

- Imparare a competere distinguendosi dai competitor - Uscire dal concetto di PMI come semplice entità locale

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- Approccio e sensibilità alle tematiche green. Tutto questo si traduce nella necessità di implementare e costruire dei business model che si devono adattare all’impresa di riferimento al suo settore, al paese di riferimento. Il business model varia organizzazione ad organizzazione e si deve tenere ben presente che può essere suscettibile di variare nel tempo.

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Scenari transitori e post incentivi verso la Grid-Parity/competitività fotovoltaica a cura di Ing. Alessandro Caffarelli, Vicepresident Intellienergia Spin-off Università degli Studi di Roma Tor Vergata (http://www.intellienergia.com) Da un punto di vista nozionistico si definisce Grid-Parity, l’equivalenza tra il costo di generazione del kWh prodotto da IAFR - Impianti Alimentati a Fonti Rinnovabili e il costo di generazione dello stesso kWh, prodotto con impianti fossili. In uno studio realizzato da Alessandro Caffarelli - Intellienergia Spin-off dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata - sono state introdotte le definizioni di Osservabilità (competitività in termini di costo di generazione del kWh rinnovabile rispetto al costo di acquisto dell’energia da impresa distributrice), e Raggiungibilità (competitività in termini di redditività dell'investimento), associate alla Grid-Parity fotovoltaica, concetto che nel tempo è andato evolvendosi. Affermare che un impianto fotovoltaico è esercito in Grid-Parity, nella terminologia tecnica in uso oggi, può anche assumere il significato di produzione di energia elettrica senza incentivi. La remunerazione economica dell’esercizio impiantistico avviene per la quota parte di energia scambiata con la rete mediante il regime di Ritiro Dedicato o Scambio sul posto, oltre il mancato costo di acquisto dell'energia elettrica per la quota autoconsumata. All'esercizio in Grid-Parity è associato un costo di generazione del kWh fotovoltaico (LEC - Levelised Energy Cost), ma anche un Tasso Interno di Rendimento dell'investimento nella realizzazione impiantistica che deve essere confrontato con valori benchmark del TIR, per valutare se porre in essere o meno l'investimento (Condizione di Raggiungibilità della Grid-Parity).

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Nella presentazione, che potete scaricare al seguente link (http://www.b2corporate.com/download_area.php?action=anteprima&id=3315) si riporta l’analisi condotta per diversi case-study (Goal1, Goal2, Goal3). Dallo studio emerge che, nel caso di vendita integrale (senza autoconsumo) è possibile esercire un impianto fotovoltaico in Grid-Parity (Raggiungibilità) quasi unicamente nella Regione Sicilia, per livelli di costo impiantistico prossimi ai 1.000,00 euro/kWp. All’aumentare della quota di autoconsumo (X%), è possibile esercire impianti fotovoltaici in Grid-Parity sempre in Sicilia per valori di costo di realizzazione prossimi ai 1.300 euro/kWp (X=38%) e 1.700 euro/kWp (X=100%). Spostandosi verso Nord si contrae lo spettro di osservabilità della Grid-Parity (aumenta il LEC), con condizioni di raggiungibilità al momento non praticabili (IRR <IRR,Benchmark). Nella presentazione vengono messi in evidenza descrivendone le caratteristiche salienti, strumenti catalizzatori per il processo di raggiungimento della Grid-Parity, ossia:

-­‐ la deliberazione dei SEU – Sistemi Efficienti di Utenza -­‐ la re-introduzione dei SAAE – Sistemi di Auto Approvvigionamento

Energetico

La liberalizzazione di tali strumenti regolatori, permetterebbe vantaggi in termini di efficientamento del sistema elettrico, migliori performance di rendimento economico per i clienti produttori da un lato, e maggiore convenienza in ambito di risparmio in bolletta per i clienti finali passivi. Infine vengono descritti i Virtual PowerSistemHybrid e la potenziale funzione di back-up associata all’esercizio di impianti convenzionali, destinata, quando necessaria, all’asservimento degli IAFR non programmabili nell’ottica del cambio di paradigma – da centralizzato a diffuso – attualmente in atto. Il documento di approfondimento è scaricabile al seguente link: http://www.b2corporate.com/download_area.php?action=anteprima&id=3315

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Valutate il vostro Business Model a cura di Luigi Pavan – Best Control – www.best-control.it, società di consulenza di direzione Dovete predisporre il modello di business per la vostra nuova attività o dovete verificare se quello esistente è adeguato? Ogni attività possiede un mix per il successo, vediamo di riassumere come predisporlo. 1. SCENARI FUTURI Cosa chiederanno le imprese, le persone, gli enti in generale, nel prossimo futuro? Date una vostra risposta e poi cercatela anche nelle persone che conoscete, che osservate mentre camminate o con cui intrattenete rapporti di lavoro. Facciamo degli esempi. Volete avere un’automobile tutta vostra o pagarla solo quando la utilizzate? E’ utile ed economico avere uno staff interno in grado di risolvere ogni problema o avere solo gli operativi e pagare un esterno quando serve? La consulenza aziendale sarà sostituita da applicazioni informatiche di poco costo sui cellulari di nuova generazione? In altre parole, da quale parte sta andando il mondo? 2. OFFERTA DI VALORE Quale bisogno del potenziale cliente vogliamo o stiamo soddisfacendo? Offriamo qualcosa di innovativo e diverso dai nostri concorrenti o copiamo il nostro concorrente di riferimento? I commercialisti svolgono un’attività tradizionale appresa nello studio dove hanno fatto pratica, se non operano cambiamenti la loro attività per acquisire clienti deriverà unicamente dalla complessità delle norme fiscali e dal prezzo sempre più basso praticato ai clienti. La stessa cosa può valere per altre categorie professionali e lo stesso problema esiste oggi

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anche in altri servizi (telefonia ad esempio) mentre ci sono prodotti dove si cerca l’innovazione (la Apple sta rivoluzionando il mondo informatico con l’hardware e il software con le applicazioni). Se dobbiamo cercare di definire quale è la nostra offerta di valore probabilmente la troveremo compresa tra una o più di queste voci: novità, prestazioni, personalizzazione, risoluzione di un problema, design, status symbol, prezzo, riduzione dei costi, riduzione dei rischi, accessibilità, comodità, praticità. Per alcuni servizi professionali potremmo aggiungere: competenza, preparazione, relazioni influenti, velocità. Per altri servizi: qualità, assistenza tecnica, …. Anche il fornaio dove acquistate il pane ha una sua offerta di valore altrimenti andreste da un altro. La vostra offerta di valore per il potenziale cliente quale è? 3. MIX DI SUCCESSO Come deve essere composto il mix della vostra attività per avere successo? Ogni attività ha un proprio mix di successo. Per chi vuole creare una società che effettua corsi di formazione esiste un determinato mix come esiste un adeguato mix per chi vuole affittare ponteggi per l’edilizia o produrre montascale. Attualmente assistiamo a mutamenti radicali nella formazione del mix di successo, forse anche a causa della situazione economica generale. Potremmo addirittura affermare che il mix di successo, anche in attività storiche e tradizionali, possa costituire l’innovazione o l’offerta di valore in passato non conosciuta o sottovalutata. Quale è il mix di successo della vostra attività presente o futura?

4. MERCATO DI RIFERIMENTO Il mercato a cui l’azienda si riferisce può essere di massa (tutti sono potenziali clienti come per i detersivi o i generi alimentari) oppure facenti parti di una nicchia specifica (il software per i commercialisti è solo per loro). Vi sono aziende che hanno fondato la loro fortuna sui mercati di nicchia e ne sono diventati leader con meno problemi di altri sulla concorrenza e quindi con prezzi maggiormente remunerativi. Ma vi sono anche aziende che si rivolgono ad un ampio spettro di clientela come gli editori di romanzi.

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In generale il mercato di nicchia è più semplice da gestire perché i clienti potenziali sono definibili con facilità, possono anche essere contattati singolarmente e capirne le esigenze. A quali clienti intendete rivolgervi? 5. METODO E CANALE DI VENDITA Il metodo di vendita e il canale di vendita dipendono dal mercato a cui l’azienda si riferisce. I detersivi vengono cercati (e quindi venduti) tramite la grande distribuzione ma non è così per tutti i prodotti, ad esempio: chi vuole comprare un software lo cerca e lo compra via internet chi vuole un libro entra in una libreria, chi vuole un e-book lo cerca su internet e lo compra con la carta di credito chi vuole un genere alimentare normalmente entra in un supermercato la lavanderia industriale cerca i clienti (alberghi e ristoranti) con agenti Ma vi sono casi di successo di vendita non convenzionale, come le vendite telefoniche di vino, consegna solo a domicilio di bevande (i clienti successivi al primo si trovano con una prova agli altri condomini), vendita di olio, biglietti per teatro ecc. con telemarketing e consegna a domicilio. Il vostro metodo e canale di vendita sono adeguati per il vostro prodotto o servizio? Come state vendendo? Le vendite sono adeguate? 6. PARTNER NECESSARI Un esempio chiarirà meglio cosa si intende per partner necessari. Supponiamo intendiate vendere corsi di formazione indirizzati ai manager delle banche: per essere credibili in questa nicchia dovete avere come socio un gruppoaziendale, meglio se quotato e con immagine culturale, un docente o rettore universitario che offra credibilità ai programmi dei corsi, un gruppo editoriale che abbia come lettori gli stessi manager a cui offrite i corsi per avere la necessaria pubblicità. Questo caso concreto (perché così è stato in un caso definito e attuato con appropriatoassetto societario) può essere difficile da realizzare ed è per questo che esiste una barriera di ingresso notevole. Stessa valutazione dovrà essere fatta nel caso in cui l’attività richieda un notevole esborso finanziario. Per fortuna non è così per la maggior parte delle attività. Nella grande maggioranza dei casi si tratta solo di coinvolgere soggetti con le

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competenze necessarie e non necessariamente con grande visibilità sul mercato o disponibilità finanziarie rilevanti. Quali sono i vostri partner indispensabili per il successo? 7. RISORSE INTERNE Molte attività svolte via internet non richiedono personale, mentre quelle tradizionali non ne possono fare a meno. Naturalmente oggi sono privilegiate le attività senza costi o con costi ridotti al minimo indispensabile. Dipende dal settore e da come vi siete organizzati, in altre parole dal vostro modello di business. Quali sono le risorse indispensabili per il vostro modello di business? 8. RICAVI, COSTI E FABBISOGNO FINANZIARIO Qualunque modello di business abbiate scelto dovrà avere redditività sufficiente per offrire una resa e per sostenersi. Non da ultimo dovrà darvi del sovrappiù finanziario (liquidità disponibile) dopo la fase di start-up. Queste sono condizioni indispensabili altrimenti il modello di business non funziona in tutto o in parte. Quali sono i vostri costi e ricavi? Quanta liquidità generate dalla vostra attività?

9. AUTOVALUTAZIONE O AIUTO ESTERNO Fate una prima autovalutazione sul vostro modello di business e poi cercate conferme al vostro pensiero. Ascoltate gli altri in modo che entriate in possesso di qualche nuovo elemento di valutazione. Chi posso ascoltare per fare una valutazione corretta e correggere il mio modello di business? RIEPILOGHIAMO E SCRIVIAMO IL PROGRAMMA 1. Cosa chiederanno le imprese, le persone, gli enti in generale, nel

prossimo futuro?

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2. La vostra offerta di valore per il potenziale cliente quale è? Date un

punteggio dal vostro punto di vista da 0 a 10.

n.a. 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

Novità

Prestazioni

Personalizzazione

Risoluzione di un problema

Design

Status symbol

Prezzo

Riduzione dei costi

Riduzione dei rischi

Accessibilità

Comodità

Praticità

Competenza

Preparazione

Relazioni influenti

Velocità

Qualità

Assistenza tecnica

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3. Quale è il mix di successo della mia attività presente o futura? …………………………………………………………………………………………………

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4. A quali clienti mi rivolgo? Che caratteristiche hanno? Quanto vale questo mercato?

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5. Quale metodo e canale di vendita uso o intendo usare?

n.a. 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

Sito internet

Multilevel marketing

Catalogo

Telemarketing

Franchising

Email marketing

Venditori dipendenti

Concessionari

Distributori

Porta a porta

Dettaglianti

Direct marketing

Volantini

Agenti e rappresentanti

Fiere di settore

6. Quali sono i partner che mi servono per avere successo?

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7. Quali sono le risorse indispensabili per il mio modello di business?

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8. Quali sono i miei costi e ricavi? Quale è la mia redditività? ………………………………………………………………………………………………

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9. Quanta liquidità genero dalla mia attività?

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10. Chi ho ascoltato per fare una valutazione corretta e correggere il mio modello di business? Cosa mi hanno contestato?

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Se i risultati non sono quelli attesi, ricomincio dall’inizio l’analisi sino a quando trovo un giusto equilibrio.

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Fallimenti in Italia: è boom nel 2012 a cura dell’Osservatorio CRIBIS D&B - www.cribisdnb.com Nell’anno appena concluso sono state 34 le imprese che ogni giorno (considerando anche le domeniche e i giorni festivi) sono state costrette a portare i libri in Tribunale, oltre 1.000 al mese, per un totale di 12.463 fallimenti da gennaio a fine dicembre. È il dato in assoluto più alto a partire dal 2009, ovvero da quando la crisi economico-finanziaria ha iniziato a far sentire i suoi drammatici effetti. Più in generale, in questi ultimi quattro difficili anni sono state 45.301 le imprese italiane ad aver dichiarato fallimento, con un trend di aumento costante che ha visto il numero dei casi nella penisola crescere di un terzo dall'inizio della crisi economica ad oggi. Questa è la drammatica fotografia che emerge dal l 'Anal is i dei fa l l imenti in Ital ia aggiornata al 31 dicembre 2012 e realizzata da CRIBIS D&B, la società del Gruppo CRIF specializzata nella business information.

Fonte: Analisi CRIBIS D&B sui fallimenti in Italia

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Il trend dei fallimenti rilevato dal 2009 al 2012 evidenzia un netto e insesorabile aumento, fino a raggiungere i 12.463 casi del 2012, il dato più alto da molti anni a questa parte, con un incremento del +2% rispetto al già preoccupante numero registrato nel 2011, quando i casi rilevati erano stati 12.169. La variazione sale a +10% rispetto al 2010 (quando i fallimenti erano stati 11.268) e addirittura si assesta ad un +33% rispetto al 2009 (9.383 casi). Il 2012 si è chiuso con 3.745 fallimenti nell'ultimo trimestre, dopo i 3.212 casi di gennaio – marzo, i 3.109 di aprile – giugno, i 2.397 di luglio – settembre. Negli ultimi tre anni, non si era mai registrato un numero così alto di eventi tra ottobre e dicembre.

Fonte: Analisi CRIBIS D&B sui fallimenti in Italia

Entrando maggiormente nel dettaglio, tre quarti dei fallimenti rilevati nel corso del 2012ha riguardato società di capitali (il 76% del totale, per la precisione), il 13% società di persone, l'11% ditte individuali. “Purtroppo il consuntivo dei fallimenti registrati nel corso del 2012 non sorprende in quanto il perdurare della crisi economica ancora irrisolta non poteva non riflettersi in modo diretto e pesante anche su questo indicatore, confermando una volta di più lo stato di grande difficoltà in cui versano molte imprese italiane, già messe a dura prova dai magri anni precedenti – illustra Marco Preti, Amministratore Delegato di CRIBIS D&B -. Per altro, il trend di fallimenti era stato anticipato anche dai dati

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relativi ai ritardi di pagamento accumulati dalle imprese nei confronti dei propri fornitori. In effetti, è ormai assodato come la cattiva performance di pagamento sia il segnale più efficace del rischio di fallimento di un’azienda”.

L’anal is i terr i tor ia le La distribuzione dei fallimenti lungo la penisola presenta situazioni molto differenti tra le diverse aree geografiche. Nello specifico, oltre un quinto dei casi dell’intero 2012 ha interessato la Lombardia (per la precisione il 22,7% del totale), che si conferma la regione di gran lunga più colpita anche perché è quella con la maggior densità di imprese: nel 2012 in regione hanno dichiarato fallimento 2.826 imprese ma dal 2009 ad oggi sono stati complessivamente quasi 10.000 i casi rilevati. La seconda regione per numero di fallimenti è il Lazio, con 1.345 casi nel 2012, pari al 10,8% del totale nazionale, seguita dal Veneto (1.082 casi, pari al 8,7% del totale) e dalla Campania con 1.008 (8,1%). Vengono poi il Piemonte (961), la Toscana (865), l'Emilia Romagna (861), la Sicilia (651) e la Puglia (565). Più di 400 fallimenti hanno invece interessato imprese delle Marche, oltre 300 dell'Abruzzo, seguito da vicino da Calabria, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Sardegna e Umbria, tutte con più di 200 fallimenti.

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Fonte: Analisi CRIBIS D&B sui fallimenti in Italia

“Per quanto riguarda la distribuzione territoriale dei fallimenti – aggiunge Preti - deve essere necessariamente considerata alla luce della localizzazione delle imprese italiane, concentrate principalmente nel Nord del Paese. D’altro canto, le dinamiche che caratterizzano le singole regioni sono direttamente influenzate dall’andamento degli specifici comparti economici maggiormente presenti sul territorio”.

I settor i economici più colpit i Ancora una volta l'Edilizia è il settore ad aver evidenziato le maggiori criticità sul fronte dei fallimenti: con oltre 2.600 imprese fallite nel corso del 2012, infatti, quasi un caso su cinque ha interessato questo comparto negli ultimi 12 mesi. Nello specifico, sono state 1.571 le attività fallite nella "Costruzione di edifici" mentre 1.040 casi sono stati rilevati tra gli "Installatori". A conferma della drammatica situazione dell’intero comparto, dall'inizio del 2009 ad oggi complessivamente si contano 8.740 fallimenti nel settore edile, cui si accompagnano le criticità rilevate tra le imprese del settore immobiliare, che ha chiuso il 2012 con 658 fallimenti.

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Molto colpito risulta anche il Commercio all'ingrosso, che supera i 1.700 casi di fallimento nel corso del 2012 (954 casi nel "Commercio all'ingrosso dei beni durevoli", 747 nel "Commercio all'ingrosso di beni non durevoli"), a cui vanno aggiunti gli oltre 1.400 fallimenti del Commercio al dettaglio (tra cui i settori più colpiti sono "Ristoranti e Bar", "Abbigliamento e accessori", "Arredamento – Articoli per la casa", "Alimentari", "Rivenditori vericoli e stazioni di servizio"). Nell'Industria, invece, i settori più colpiti risultano essere l'”Industria Manufatti in metallo” (563 fallimenti), l’”Abbigliamento ed altri prodotti tessili” (245), l’”Industria macchinari industriali e computer” (243), l’”Industria alimentare” (210), l’”Industria del mobile/accessori per arredi” (204), l”Industria della pietra e vetro” (175) e le “Attrezzature elettriche ed elettroniche” (139).

Fonte: Analisi CRIBIS D&B sui fallimenti in Italia

“L’andamento dei casi di fallimento tra i diversi settori dell’economia italiana lascia ipotizzare che l’accentuazione delle difficoltà si sia concentrata non solo nei comparti in cui il ciclo economico sembra essersi completamente bloccato con la crisi, come ad esempio quello dell’edilizia e delle attività correlate, ma anche in quei comparti dove la competizione internazionale è più forte.. Questo ha accentuato

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ulteriormente il processo di selezione tra le imprese, con un incremento costante dei fallimenti – commenta Preti”. “Alla luce di questo preoccupante scenario sarebbe fondamentale che anche le imprese italiane adottassero un’efficace politica di credit management – conclude Preti - che, attraverso strumenti adeguati, consentisse loro di conoscere in maniera approfondita e tempestiva lo stato di salute e l’affidabilità dei propri partner commerciali, in modo da contenere quanto più possibile i livelli di rischiosità e mantenere in equilibrio le esigenze di sviluppo del business con quelle di salvaguardia del cash flow”. Per scaricare l’Osservatorio Completo sui fallimenti 2012 occorre iscriversi alla community del sito www.cribis.com a questo link http://www.cribis.com/Pages/News-fallimenti-2012.aspx

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Analisi finanziaria – Diagrammi Dupont ed Economic Profit a cura di Maurizio Nizzola, Easy Share Finance S.r.l, società di consulenza in Finanza aziendale e formazione L’analista finanziario deve essere in grado di combinare adeguatamente abilità, esperienza e strumenti tali da consentirgli di valutare con rapidità e precisione le performance dell’impresa e il livello di equilibrio economico e finanziario conseguenti. Riferendoci agli strumenti in particolare, abbiamo differenti opportunità che possono condurre ad un’analisi corretta per quanto riguarda i risultati e, soprattutto, in tempi rapidi. Aspetto quest’ultimo fondamentale, in quanto l’analisi deve supportare le decisioni tattiche e strategiche da attuare velocemente in azienda e consentire a quest’ultima di per poter competere adeguatamente sul mercato. E’ molto difficile, se non impossibile, spingere il lavoro di analisi in tutti gli ambiti di lavoro aziendali, valutandone conseguentemente gli aspetti e le ricadute possibili. Per meglio puntualizzare questo aspetto ci possiamo servire di un gioco di parole quale: “il lavoro di analisi deve essere il più possibile sintetico, lasciando aperte tutte le necessità di approfondimento di contenuti che si ritengono strategici e di particolare importanza”.Questo breve studio ha lo scopo di fornire indicazioni riguardo ad un modello che abbia tali requisiti. Partendo da questa premessa, il più tradizionale e pur sempre valido percorso per mettere a fuoco un giudizio affidabile e completo sullo stato di salute di un’impresa è quello di affidarsi ad uno degli strumenti di composizione degli indici di bilancio. Individuando un buon sistema di raccordo degli indicatori è possibile apprezzare rapidamente l’andamento dell’impresa. Il risultato di sintesi è legato al primo indice della scala gerarchica degli indicatori il Return on Equity o in acronimo ROE.

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Definiz ione di ROE e sue impl icazioni nel la gest ione Il ROE,calcolato quale rapporto tra Risultato netto su Capitale proprio, esprime la redditività complessiva dei mezzi propri, vale a dire quanti euro di utile netto l’impresa ha saputo realizzare per 100 euro di capitale di rischio. Poiché il valore al numeratore comprende i risultati realizzati nelle diverse aree della gestione, l’indicatore può essere considerato riassuntivo della economicità complessiva, cioè dell’efficienza e dell’efficacia con cui l’alta direzione ha condotto l’intero processo gestionale. Il ROE è, infatti, influenzato dalle scelte compiute nell’ambito della gestione caratteristica, ma anche dalle decisioni relative alla gestione finanziaria, patrimoniale, accessoria e dalle disposizioni fiscali. Rappresenta, in modo sintetico, l’ammontare delle risorse generate dall’attività dell’impresa e ne approssima il livello di autofinanziamento potenziale raggiungile attraverso la ritenzione degli utili netti; da questo punto di vista esprime il tasso di sviluppo degli investimenti sostenibile senza modificare il coefficiente di indebitamento, eccetto i dividendi o le altre variazioni del capitale proprio. Nello specifico il ROE dovrà necessariamente essere superiore al tasso “risk free”, altrimenti la gestione non avrà risultati apprezzabili sull’incremento di valore dell’impresa. E’ abbastanza intuitivo che per un investitore non avrebbe senso investire i propri capitali in imprese che producono un rendimento inferiore a quello dei titoli di Stato a media/lunga scadenza. Non solo,è anche opportuno che il ROE sia superiore al costo del capitale proprio, quest’ultimo composto da vari fattori (Risk Free + (Betax sovrarendimento di mercato). Il ROE è un indicatore sintetico importante in quanto rappresenta un metodo facile e rapido per confrontare aziende e soprattutto valutare l’operato e la capacità di creare valore per gli azionisti da parte del management. Infine il valore del ROE, se elevato, influenza positivamente la capacità dell’impresa di reperire nuove risorse a titolo di capitale proprio, per cui non può che essere considerato positivamente ai fini della nostra analisi

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I l model lo DUPONT Obiett iv i Il modello mira ad approfondire il concetto di ROE e in particolare la relazione che lo lega ad altri due indicatori di redditività, il ROI(Return on Investments) ed il ROS(Return on Sales) e soprattutto al cosiddetto “effetto leva”, che peraltro con la crisi attuale, è diventato molto di moda come espressione. Innanzitutto scomponiamo il ROE in modo da comprendere quali altri fattori lo influenzano:

In questo modo si può osservare come il ROE sia influenzato principalmente da tre fattori:

• l’efficienza nell’utilizzo delle Attività totali, misurata dal cosiddetto “asset turnover”, ovvero il rapporto tra Ricavi e Totale delle Attività (primo membro nella formula sopra riportata);

• l’effetto leva o “leverage” dato dal rapporto tra Attività totali e Patrimonio Netto (secondo membro nella formula);

• l’efficienza dei margini, misurata dal “profit margin”, che nella formula riportata rappresental’ultimo membro.

Sempre dallo schema DUPONT è possibile ottenere un’altra relazione:

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ed infine inserendo la formula del ROI (EBIT/Capitale Investito)al posto dei due membri centrali, si ottiene la terza importante relazione:

La stor ia Il modello DUPONT è stato ideato nel 1914 da Donaldson Brown, un ingegnere elettronico che faceva parte del dipartimento di tesoreria e finanza del gigantesco gruppo chimico. Alcuni anni dopo la DUPONT acquisì il 23% delle azioni di GENERAL MOTORS CORP. conferendo a Brown il compito di riassettare le finanze piuttosto aggrovigliate dell’azienda automobilistica. Si è trattato probabilmente del primo tentativo di riprogettazione di un sistema di controllo economico e finanziario apportato su larga scala negli USA. In seguito al successo conseguito il modello DUPONT venne adottato dalla maggioranza delle grandi società statunitensi. Questo modello ha rappresentato la forma di analisi finanziaria più utilizzata fino agli anni ’70.

Come si svi luppa i l model lo: un esempio Per realizzare un applicazione del modello DUPONT abbiamo riclassificato i bilanci consolidati del GRUPPO AMPLIFON riportati sul sito web della società:Bilancio consolidato e bilancio d’esercizio al 31.12.2011.

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2009 2010 2011STATO PATRIMONIALE PASSIVO euro % euro % euro %

Capitale versato 3.969 0,54% 4.408 0,38% 4.422 0,38%

Riserve 186.102 25,26% 309.833 26,63% 344.016 29,63%

Utile 29.178 3,96% 30.581 2,63% 42.732 3,68%

Capitale Netto dei soci 219.249 29,76% 344.822 29,64% 391.170 33,69%

Fondi per rischi ed oneri futuri 26.443 3,59% 27.203 2,34% 27.123 2,34%

Fondo T.F.R. 7.299 0,99% 10.943 0,94% 11.101 0,96%

Debiti finanziari a lungo 185.088 25,12% 447.950 38,50% 417.800 35,99%

Debiti comm.li a l/t - 0,00% 1.029 0,09% 1.562 0,13%

Altri debiti a lungo 29.953 4,07% 49.704 4,27% 53.572 4,61%

Totale debiti a m/l termine 215.041 29,19% 498.683 42,86% 472.934 40,73%

RISORSE STABILI DI FINANZIAMENTO 468.032 63,52% 881.651 75,77% 902.328 77,72%

Debiti finanziari a breve 60.754 8,25% 50.393 4,33% 49.104 4,23%

Debiti comm.li a breve 99.654 13,53% 119.157 10,24% 99.345 8,56%

Debiti tributari 24.184 3,28% 24.380 2,10% 23.563 2,03%

Altri debiti a breve 84.157 11,42% 87.946 7,56% 86.699 7,47%

TOTALE DEBITI A BREVE 268.749 36,48% 281.876 24,23% 258.711 22,28%

TOTALE PASSIVO 736.781 100,00% 1.163.527 100,00% 1.161.039 100,00%

GRUPPO AMPLIFON

Bilanci riclassificati

2009 2010 2011STATO PATRIMONIALE ATTIVO euro % euro % euro %

Immobilizzi materiali netti 60.950 8,27% 87.792 7,55% 91.380 7,87%

Immobilizzi immateriali netti 318.087 43,17% 688.372 59,16% 697.262 60,06%

Immobilizzi finanziari 83.126 11,28% 98.209 8,44% 99.266 8,55%

Immobilizzi commerciali - 0,00% - 0,00% - 0,00%

TOTALE ATTIVO IMMOBILIZZATO 462.163 62,73% 874.373 75,15% 887.908 76,48%

Magazzino 35.854 4,87% 37.154 3,19% 34.651 2,98%

Crediti commerciali 97.273 13,20% 98.317 8,45% 104.838 9,03%

Crediti finanziari a breve - 0,00% - 0,00% - 0,00%

Altri crediti a breve 39.454 5,35% 28.198 2,42% 25.337 2,18%

Disponibilità a breve 172.581 23,42% 163.669 14,07% 164.826 14,20%

Titoli di pronto realizzo 2.615 0,35% 559 0,05% - 0,00%

Cassa, Banche e c/c postali 99.422 13,49% 124.926 10,74% 108.305 9,33%

Disponibilità liquida 102.037 13,85% 125.485 10,78% 108.305 9,33%

TOTALE CIRCOLANTE 274.618 37,27% 289.154 24,85% 273.131 23,52%

TOTALE ATTIVO NETTO 736.781 100,00% 1.163.527 100,00% 1.161.039 100,00%

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2009 2010 2011CONTO ECONOMICO euro % euro % euro %

A) VALORE PRODUZIONE 663.766 100,00% 711.344 61,14% 830.105 100,00%

B) Costo della Produzione (387.401) -58,36% (410.333) -35,27% (436.662) -52,60%

VALORE AGGIUNTO (A - B) 276.365 41,64% 301.011 25,87% 393.443 47,40%

C) Costo del lavoro (186.219) -28,05% (204.122) -17,54% (248.932) -29,99%

MARGINE OPER. LORDO (A-B-C) 90.146 13,58% 96.889 8,33% 144.511 17,41%

D) Accant. e ammortamenti (30.295) -4,56% (31.711) -2,73% (44.218) -5,33%

RISULTATO OPERATIVO (A-B-C-D) 59.851 9,02% 65.178 5,60% 100.293 12,08%

E) Saldo gest. finanziaria (13.586) -2,05% (11.594) -1,00% (27.989) -3,37%

F) Saldo gest. straordinaria - 0,00% - 0,00% - 0,00%

RISULTATO ANTE IMP. (A-B-C-D-E-F) 46.265 6,97% 53.584 4,61% 72.304 8,71%

Imposte sul reddito d'es. (17.087) -2,57% (23.003) -1,98% (29.572) -3,56%

RISULTATO NETTO 29.178 4,40% 30.581 2,63% 42.732 5,15%

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Tendenza

⇧ Performance migliorata rispetto all'anno precedente

⇩ Performance peggiorata rispetto all'anno precedente

⇔ Performance non valutabile

ROE Red. mezzi propri in % ROA

Valore Tendenza Indicatore Valore Tendenza Indicatore

2011 10,9% ⇧ buono 2011 8,6% ⇧ neutro

2010 8,9% ⇩ neutro 2010 5,6% ⇩ neutro

2009 13,3% buono 2009 8,1% neutro

RN/EBIT Utile netto/Red. operativo in % Red. operativo/Fatturato in %

Valore Tendenza Indicatore Valore Tendenza Indicatore

2011 42,6% ⇩ buono 2011 12,1% ⇧ neutro

2010 46,9% ⇩ buono 2010 9,2% ⇧ neutro

2009 48,8% buono 2009 9,1% neutro

Fatturato/Totale attivo Totale attivo/mezzi propri

Valore Tendenza Indicatore Valore Tendenza Indicatore

2011 0,7 ⇧ negativo 2011 3,0 ⇧ buono

2010 0,6 ⇩ negativo 2010 3,4 ⇩ neutro

2009 0,9 negativo 2009 3,4 neutro

EBIT/ONERI FINANZ. Copert. inter. da reddito oper. ONERI FINANZ. / D Oneri fin./Posiz. fin. netta in %

Valore Tendenza Indicatore Valore Tendenza Indicatore

2011 3,6 ⇩ neutro 2011 11,0% ⇩ negativo

2010 5,6 ⇧ buono 2010 3,1% ⇧ buono

2009 4,4 buono 2009 9% neutro

Vendite/Posiz. fin. netta Risultato operativo/Vendite in %

Valore Tendenza Indicatore Valore Tendenza Indicatore

2011 2,3 ⇧ neutro 2011 12% ⇧ buono

2010 1,9 ⇩ negativo 2010 9,2% ⇧ buono

2009 4,6 neutro 2009 9,1% buono

VENDITE / DEBITI EBIT/VENDITE

Red. Operat./Attivo in %

MARGINE SU RICAVI

TURNOVER LEVERAGE

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Stime per i l Forecast Abbiamo fatto delle ipotesi sui possibili sviluppi della gestione futura sino al 2017

2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017Tipo bilancio Consuntivo Consuntivo Consuntivo Previsione Previsione Previsione Previsione Previsione Previsione

Tasso previsto incremento costo del lavoro 3,0% 3,0% 4,0% 4,0% 4,0% 5,0%

Tasso previsto incremento costi fissi annuo 2,0% 2,0% 2,0% 2,0% 2,0% 3,0%

Incremento/Decremento % Ricavi di esercizio 7,8% 16,9% 6,0% 4,8% 4,5% 4,3% 4,2% 4,0%Imputazione voce Altri Ricavi

% Incidenza dei consumi sul valore di produzione -24,4% -23,6% -21,5% -25,0% -25,0% -26,0% -26,0% -26,0% -27,0%2000000,0%Valore dei consumi (161.865) (168.139) (178.527) (222.857) (230.331) (250.368) (261.209) (272.050) (301.903) 20.000% Incidenza dei servizi sul valore di produzione (-) -30,9% -34,0% -34,0% -34,0% -34,0% -34,0% -34,0%

% Incidenza godimento beni di terzi su produz.

Operazioni leasing/affitto in essere (-) ù% Ammortamento beni materiali su produzione

% Ammortamento beni immateriali su produzionePrevisione del Magazzino Scorte di materie prime - - - - - - - - -

Scorte di semilavorati 915 509 35 24.858 26.039 27.218 28.399 29.581 46.142

Scorte di prodotti finiti 34.939 36.645 34.616 23.883 25.018 26.151 27.286 28.421 44.332

Magazzino totale 35.854 37.154 34.651 48.741 51.056 53.369 55.685 58.002 90.474

Acquisti (161.865) (168.139) (178.527) (222.857) (230.331) (250.368) (261.209) (272.050) (301.903)

Giorni di scorta media m.p.

Giorni di scorta media semilav. prodotti finiti 20 19 15 20 20 20 20 20 30Previsione dei crediti verso clienti Crediti commerciali oltre 12 mesi - - - - - - - - -

Crediti commerciali entro 12 mesi 109.557 109.259 116.092 146.042 152.979 173.234 180.753 202.754 210.844

Crediti commerciali oltre 12 mesi vs gruppo - - - - - - - - -

Crediti commerciali entro 12 mesi v gruppo 187 119 144 181 190 215 224 251 262

Totale crediti commerciali 109.744 109.378 116.236 146.223 153.168 173.449 180.977 203.006 211.106

Ricavi netti d'esercizio 657.032 708.096 827.442 877.337 919.010 960.641 1.002.333 1.044.030 1.085.687

Giorni di credito ai clienti (gg) 60 56 51 60 60 65 65 70 70

Previsione dei debiti verso fornitori Debiti commerciali entro 12 mesi 99.654 119.157 99.345 106.362 118.323 134.320 139.677 154.813 160.914

Debiti commerciali oltre 12 mesi - 1.029 1.562 1.672 1.860 2.112 2.196 2.434 2.698

Debiti commerciali entro 12 mesi vs gruppo - - - - - - - - -

Debiti commerciali oltre 12 mesi vs gruppo - - - - - - - - -

Debiti commerciali totali 99.654 120.186 100.907 108.034 120.183 136.432 141.874 157.247 163.444

(-) Acquisti netti (161.865) (587.859) (190.890) (222.857) (230.331) (250.368) (261.209) (272.050) (301.903)

(-) Servizi, godim. beni di terzi, acquisto cespiti (225.536) (242.194) (258.135) (375.488) (387.753) (404.507) (419.785) (435.563) (433.597)

Giorni di credito dai fornitori (gg) 93 52 81 65 70 75 75 80 80

Stima accantonamenti e svalutazioniTrattamento di quiescenza e simili - - - - - - - - -

Altre svalutazioni delle immobilizzazioni (381) (130) (406)

Accantonamenti per rischi - - - aAltri accantonamenti - - -

Totale crediti commerciali 109.557 109.259 116.092 146.042 152.979 173.234 180.753 202.754 210.844

(-) Fondo svalutazione crediti (12.471) (11.061) (11.398) (16.065) (18.357) (20.788) (21.690) (24.331) (25.301)

Incidenza fondo su crediti a breve -11,4% -10,1% -9,8% -11,0% -12,0% -12,0% -12,0% -12,0% -12,0%

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Actual 2011 P lan 2017

Economic profit

NOPAT Capital charge

EBIT

Costi operativi

33.171  

70.933   (37.550) (47.159)

23.774  

100.293   110.245   5,01%

70.721,00  

Imposte

(39.312)(29.572) 6,00%

WACC Capitale investito iniziale

749.769 785.835  

729.812 1.013.445   830.105 1.123.690   788.642 689.575  

Produzione dell'esercizio Immobilizzi materiali e immateriali Capitale circolante netto Altre attività non correnti

(103.007) 199.266  99.266(138.139)

Costi della produzione Ammortamenti

Magazzino

Attività correnti Passività correnti

Costi del personale Altre spese(+) e ricavi (-)

435.306 683.958   164.826 267.673   (302.965) (370.680)44.218 34.410  

Crediti e altri attività correnti

248.932 293.536   1.356   1.542   34.651   58.002   130.175 209.672  

Fornitori e altri debiti Altre passività correnti

(124.470) (202.924) (178.495) (174.145)

DIAGRAMMA DEL PROFITTO ECONOMICO

Questo diagramma riproduce con il metodo "top-down" o viceversa lo sviluppo progressivo del profitto generato confrontando i vari livelli di risultato del conto economico e dello stato patrimoniale-finanziario. E' un metodo rapido ed estremamente utile per mettere a confronto le gestioni dell'ultimo anno di consuntivo e dell'ultimo di preventivo, valutando il valore creato al netto del costo del capitale impiegato ( EVA).

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• Economic Prof it= è il valore prodotto dalla gestione e derivante dalla differenza tra Nopat e Capital Charge e si può esprimere con il concetto di EVA (Economic Value Added). L’Economic Value Added si fonda sull’assunto per cui un’azienda crea valore laddove i profitti sono superiori al costo complessivo delle fonti di finanziamento. La misura del valore generato o distruttoannualmente dall’azienda è data dal profitto operativo al netto delle imposte, (NOPAT),dedotto un costo figurativo rappresentante la remunerazione del capitale investito.

• NOPAT = è l’acronimo di “net operating profit after taxes”, ossia il risultato operativo (EBIT) al netto d’imposte.

• Capital charge = indica il costo del capitale impiegato a produrre il NOPAT. Per capitale impiegato s’intende il capitale investito all’inizio dell’esercizio (immobilizzazioni materiali e immateriali nette + immobilizzi finanziari + posizione finanziaria verso il gruppo + capitale circolante netto). Il costo deriva dal rapporto Capitale investito x WACC.

• WACC = è l’acronimo di Weighted Average Capital Cost, il termine indica il costo medio ponderato % del capitale investito. Le fonti finanziarie considerate sono due: ü i mezzi propri; ü i debiti finanziari (posizione finanziaria netta);

DIAGRAMMA DUPONT

Il diagramma o schema DUPONT analizza un indicatore di fondamentale importanza il ROE approfondendo il legame tra esso e due indicatori di redditività il ROI e il ROS e soprattutto al cosiddetto "effetto leva". In questo schema sviluppato a piramide e possibile vedere che il ROE è influenzato da tre fattori:

1. l'efficienza nell'utilizzo totale delle attività, misurata dal cosiddetto "Asset Turnover", ovvero il rapporto tra Ricavi e Totale delle Attività;

2. l'effetto leva (leverage) che è dato dal rapporto tra Totale delle Attività e Patrimonio Netto;

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Actual 2011 P lan 2017

ROE

10,9% 10,1%

Utile netto/investimenti totali

Investimenti totali/capitale proprio

3,68% 5% 2,97 2  

Utile netto/ricavi netti

5,16% 5% 0,7 0,9

Turnover

Utile netto Ricavi netti

42.732   58.968   827.442   1.085.687   827.442   1.085.687   1.161.039   1.210.437  

Ricavi netti Totale investimenti

Risultato operativo Voci non operative

100.293   110.245   57.561 51.277  

Costi operativi Ricavi netti

727.149 975.443   827.442   1.085.687  

Proventi finanziari ed altri proventi

Operazioni non correnti e interessi di minoranza

Imposte sul reddito

27.989   11.965  

108.305  -­‐

29.572 39.312  

Attività correnti Attività non correnti

273.131   324.034   887.908   886.403  

34.651  

Magazzino

90.474  

Clienti e altri crediti

Altre attività correnti

130.175 216.801  

-­‐ 16.760  

Costo del venduto Spese amministrative e generali

547.435 837.204   91.419 37.689  

Fabbricati, macchinari, impianti e attrezzature

Immobilizzi immateriali

Altre attività non correnti

91.380   126.007  

697.262   561.130  

99.266 99.266

Spese di vendita Altre spese(+) e ricavi (-)

90.958 106.080   -­‐2.663 (5.531)

3. l'efficienza dei margini

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Controllo di gestione: una metodologia d’implementazione a cura di Alessandro Musso - Controller Premessa Il presente contributo nasce dall’idea di organizzare e sintetizzare varie esperienze, maturate in diversi contesti industriali, per raccogliere le idee, partendo dal presupposto che il Controllo di Gestione sia un tema di Organizzazione Aziendale, strettamente connesso ai Sistemi Informativi, per cui il Controller oltre ad essere un “cacciatore” di informazioni, deve poterle sintetizzare e catalogare, per renderle fruibili in varie forme e sotto differenti prospettive.  

 

Introduzione Al fine di condividere una terminologia ed inquadrare aspetti che coinvolgono tutte le diverse funzioni aziendali, il Controllo di Gestione potrebbe essere definito come l’insieme di attività che cerca di identificare ed utilizzare opportunamente quel crocevia di informazioni (economiche e finanziarie ma non solo) in cui normalmente si trova un’azienda.    Si potrebbe iniziare dalle classiche tecniche di riclassifica di bilancio ed analisi per indici e margini, che aiutano a effettuare una prima diagnosi dell’azienda, per proseguire con la programmazione economica e finanziaria, cioè budget e business plan, che potrebbero rappresentare la cura e, quindi, con la reportistica periodica e l’analisi degli scostamenti.

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Gli aspetti più complessi, che possono influenzare le scelte su prodotti/servizi e, di conseguenza, su reparti o aziende, sono probabilmente quelli della contabilità industriale. In ottica progettuale potrebbero essere definite almeno due macro fasi attraverso cui implementare il Controllo di Gestione: una che riguarda fasi ed attività per progettare la reportistica desiderata ed una per analizzare processi e relative procedure aziendali che la producono. Una terza macro fase sarebbe poi l’adeguamento, quando necessario, di usi, consuetudini e relativi strumenti utilizzati. Una volta che è stato stabilito il livello di dettaglio della reportistica, la periodicità di aggiornamento, la versione, occorre cercare tutte le informazioni necessarie per realizzarla. Le aziende e le sue dinamiche interne molto spesso, prima di analizzare processi e procedure in essere, decidono la forma che i dati aggregati devono avere e poi cercano di adattare l’organizzazione per creare i presidi che monitorizzano le azioni (individuali) da cui scaturiscono le informazioni. L’analisi dei processi e la definizione di procedure, formalizzando necessità di adempimenti, cambio di abitudini, introduzione di nuovi strumenti (tecnologici, umani), verifica l’organizzazione e pertanto guida alla manutenzione dell’organigramma. I punti di cui nel prosieguo rappresentano le fasi attraverso cui è possibile implementare un sistema di controllo gestionale in un’azienda dotata di un moderno e.r.p..  

A.1.) Reporting: strutture di rendiconti esterni ed interni    

La maggior parte dei sistemi informativi comunemente usati permette di definire diversi schemi di aggancio dei conti contabili, cioè di riclassificare in modi diversi lo stesso piano dei conti, sia per il bilancio civilistico che per quello gestionale. La figura seguente vuole schematizzare la logica di collegamento fra Piano dei Conti, Bilancio Civilistico, Bilancio Gestionale e, successivamente, Piano dei Centri di Costo/Commessa, Piano di Contabilità Industriale. Il Piano delle Voci di CdC/Commessa mostra quali conti contabili sono rilevanti per attivare le rilevazioni su CdC/Commesse. Il Piano delle Voci di Contabilità Industriale dovrebbe sostanzialmente replicare il Piano delle Voci Interno/Gestionale, almeno nella struttura e nella evidenziazione dei margini ma potrebbe ovviamente

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differire in alcune voci al fine di soddisfare diverse esigenze informative di natura più prettamente produttiva/industriale.      

   

In linea generale è possibile affermare che il CdC è un oggetto “dinamico” che non ha una durata prefissata e può essere ulteriormente elaborato, infatti esistono CdC Cedenti e Riceventi tra i classici CdC Statistici, Intermedi, Finali (o Funzionali, Ausiliari, Produttivi). La Commessa è invece un oggetto “statico”, ha una durata prestabilita e non prevede ulteriori elaborazioni, al massimo riceve costi dai CdC. Dal momento che la reportistica periodica proviene direttamente dalle procedure del sistema informativo, questo porta a definire un calendario di attività da espletare e ad implementare due sezioni: una civilistica/fiscale ed una gestionale, in modo che tutte le scritture contabili riguardanti la chiusura periodica (come ad esempio la valutazione del magazzino, ratei e risconti, ammortamenti e svalutazioni) siano raccolte sotto la seconda area e non ci siano contaminazioni tra gli adempimenti civilistici (e irelativi libri contabili) ed i principi gestionali (che possono essere più o meno simili, ad esempio, ad altri principi contabili). I classici strumenti di “office automation” sono dunque usati per analisi, previsioni e presentazioni.  

A.2.) Reporting: modelli economici, finanziari, patrimoniali per Budget/Forecast e Business Plan

Piano dei ContiRiclassifica Piano delle

Voci per Bilancio Esterno / Civilistico

Riclassifica Piano delle Voci per Bilancio

Interno / Gestionale

Piano dei per Centro di Costo / Commessa

Piano delle Voci di Contabilità Industriale

c/ economici 1c/ economici 2 Commessa Commessa

c/ economici 3 Conto Economico Profit & Loss c/ rilevanti per ---> CdC Produttivo, Ausiliario, Funzionale Prodotto / Servizio

… … … CdC Finale, Intermedio, Statistico

c/ economici n

c/ patrimoniali 1c/ patrimoniali 2c/ patrimoniali 3 Stato Patrimoniale Balance Sheet

… … … c/ patrimoniali n

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La mera informazione dello scostamento tra Consuntivo e Budget dovrebbe poter provenire direttamente dal sistema, ciò significa caricare precedentemente le cifre di budget negli schemi e nelle strutture di rendicontazione utilizzate. Anche se i modelli di budget e forecast dovrebbero essere parte del gestionale integrato, nella maggior parte dei casi, per la necessità di essere rapidi e flessibili nella fase di modellazione economica/finanziaria, questi moduli non sono oggetto di implementazione. Le simulazioni su (diversi scenari di) budget e business plan sono generalmente effettuate extra-sistema su fogli di lavoro. Nonostante ciò le cifre del budget definitivo dovrebbero essere inserite a sistema, nella sezione gestionale, in modo da poter rapidamente e semplicemente produrre rendiconti sugli scostamenti. E’ stato adottato un modello di budget e business plan (triennale) dove, partendo dalle vendite stagionalizzate, i costi sono divisi in variabili e fissi e quindi distribuiti lungo l’anno secondo diversi criteri, i più comuni dei quali sono:

• lineare (1/12 o 1/11) • giorni di calendario (365 o 366) • giorni lavorativi • rapporto gg lavorativi / gg calendario • stagionalità delle vendite terze / vendite intragruppo

La figura seguente mostra come le cifre consuntive per la reportistica periodica devono provenire direttamente dal sistema informativo dove sono implementate due sezioni. Una volta chiuso il periodo contabile, i dati raccolti dalla area contabile sono importati nell’area gestionale per le rettifiche necessarie che possono riguardare, come accennato precedentemente, l’utilizzo di differenti principi contabili, accantonamenti per costi o ricavi, valutazioni sul magazzino (e sullo stato dei semilavorati).

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Un normale package finanziario include conto economico, rendiconto finanziario e stato patrimoniale ed un calendario di produzione in cui siano definiti i giorni lavorativi (cioè i giorni di calendario meno sabati e domeniche e festività infrasettimanali), i giorni lavorabili (cioè giorni lavorativi meno ferie e permessi come stabiliti dal ccnl), i giorni lavorati (cioè i giorni lavorabili meno altre assenze più gli straordinari). Il prospetto sotto mostra come le cifre previsionali, riguardanti lo scenario di budget, possono provenire da modelli extra-sistema (tipicamente giorni clienti, giorni fornitori, giorni magazzino, costo del lavoro, andamento vendite); quelle cifre possono essere inserite a sistema o tenute separate su fogli di lavoro, a seconda di quanti scenari sono stati richiesti e quanti analisi differenziali vengono effettuate. Come mostra la figura sotto la coerenza tra le voci dei vari Piani delle Voci è l’unico modo per automatizzare la reportistica e quindi dedicare tempo all’analisi anziché alla raccolta di dati (magari non troppo affidabili).

 

Riclassifica Piano delle Voci per Bilancio

Interno / Gestionale

Coerenza Voci per Bilancio Riclassificato e di Contabilità Industriale

Piano delle Voci di Contabilità Industriale

---> Cut Off ---> Ratei / RiscontiAmmortamenti Commessa

P&L Magazzino ProdottoPersonale ServizioAltri Accertamenti

B/SArea Gestionale

Area Contabile

Riclassifica Piano delle Voci per Bilancio

Interno / Gestionale

Piano delle Voci di Contabilità Industriale

Coerenza Voci di Budget

Piano delle Voci di Budget Forecast

---> Variance Analysis ---> Assumption

Commessa CommessaP&L Prodotto Prodotto

Servizio Servizio

B/S

Modeling Extra-Sistema

Consuntivo Gestionale

E.R.P. utilizzato

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B.1.) Reporting: chiusure periodiche Ipotizzando una chiusura mensile gestionale nei primi giorni del mese successivo, i passaggi obbligati sono:

• cut off contabile: in un giorno stabilito, per alimentare gli archivi gestionali esportando dagli archivi contabili i dati relativi alle fatture clienti ed alle fatture fornitori contabilizzate

• costi da ricevere: determinazione bolle fornitori da evadere (materiali) e ordini fornitori da evadere (servizi) nel periodo di competenza contabile considerato, relativo accertamento gestionale auto-stornante all’inizio del mese successivo (discorso analogo per i ricavi da emettere)

• determinazione ratei e risconti (in particolare risconti): sfruttando le funzioni di calcolo automatico di cui i gestionali normalmente dispongono, attraverso l’inserimento delle date di competenza sui conti contabili abilitati, relativo accertamento gestionale auto-stornante all’inizio del mese successivo, quindi le competenze sono sempre progressive e la competenza del mese è ottenuta per differenza proprio grazie allo storno automatico ad inizio mese

• determinazioni altri costi: relativi a forniture per cui non vengono emessi ordini di acquisto ne ingressate bolle (es. utilities), relativo accertamento gestionale auto-stornante all’inizio del mese successivo

• determinazione calcolo ammortamenti: normalmente progressivo e relativo accertamento gestionale auto-stornante all’inizio del mese successivo

• determinazione allocazione costi su centri di costo: lancio procedure gestionali per lo svuotamento dei centri di costo cedenti e l’allocazione ai centri di costo riceventi (propedeutico per l’aggiornamento delle tariffe di costo utilizzate dal sistema)

• determinazione valore dei magazzini: per m.p., s.l. e p.f. e relativo accertamento gestionale auto-stornante all’inizio del mese successivo, con relativi controlli di coerenza per eventuali articoli presenti a magazzino con quantità inferiori a zero o articoli a

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magazzino con costo uguale a zero (tipico caso di emissione ordini senza valore con regolarizzazione a consuntivo)

• determinazione del costo del personale: normalmente in base alle ore effettivamente lavorate e relativo accertamento gestionale.

La sostanziale differenza tra “gestionale” e “civilistico” è dovuta, ad esempio, alla differenza dei principi contabili usati o al metodo di determinazione dell’importo. Ad esempio, la valorizzazione del magazzino “civilistica” normalmente è quella “fifo” che si allinea a quella ammessa fiscalmente; gestionalmente può essere ritenuta più valida una valorizzazione basata su una media ponderata degli acquisti degli ultimi tre mesi o sei mesi (rolling). Discorso analogo può essere fatto per il costo del personale, gestionalmente calcolando un costo orario che considera non solo i ratei di ferie, festività e permessi, il tfr ed i relativi contributi ma anche le assenze per scioperi e/o malattie e le normali pause fisiologiche (definite su base statistica). Senza la definizione di precise procedure operative gestionali per gestire automaticamente, attraverso il sistema gestionale utilizzato, i calcoli relativi ad ammortamenti, ratei/risconti e valorizzazione magazzini, è ovvio che le ambizioni di effettuare chiusure periodiche, mensili, gestionali nei primi giorni del mese successivo al periodo considerato, devono fare i conti con la dura e per certi aspetti inadeguata organizzazione in essere.    

B.2.) Analisi Processi: Contabilità Industriale e determinazione del costo di prodotto/servizio A questo livello di dettaglio, si comincia a parlare di contabilità industriale o analitica propriamente definita, con le sue varie logiche e procedure. Questo significa che deve essere compreso quale è l’obbiettivo finale cioè l’oggetto dell’analisi del costo, al fine di poterne determinare un prezzo vincente. L’oggetto può dunque essere un prodotto finito, un servizio ma anche una linea di produzione, un reparto, uno stabilimento, una divisione e così via ma anche differenti aree geografiche o mercati cioè differenti aggregati di vendita. Lo scopo dell’analisi dei costi dovrebbe essere la determinazione di un margine adeguato, congruo così che il mercato lo possa accettare ed ovviamente profittevole per

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l’azienda, questo soprattutto per rispondere rapidamente a richieste di quotazioni e formulare offerte di vendita. Le procedure di determinazione del costo e del relativo prezzo possono essere considerate parte del processo gestionale, nel suo significato più ampio di sequenza di attività interfunzionali, che partono dalle distinte basi scendendo per cicli e fasi di produzione, passando per la loro valorizzazione, muovendosi verso le spese generali di produzione ed i costi di struttura. Ciò porta ad una scelta strategica, se la contabilità analitica debba, o meno, riconciliare con la contabilità civilistica. Ciò non è affatto ovvio perchè è chiaro che le fonti di informazione sono decisamente differenti, così come le tempistiche di aggiornamento. Il costo standard, come considerato nella distinta base potrebbe essere piuttosto differente dal costo effettivo, inoltre dovrebbe essere definito cosa intende l’azienda per costo standard (che tipo di costi operativi sono considerati nello standard, appunto) e quanto spesso viene aggiornato. La tariffa oraria considerata nei cicli di produzione inoltre, dovrebbe essere scomposta nelle sue determinanti e periodicamente aggiornata, così come il tempo macchina standard (che naturalmente potrebbe differire già nelle diverse rilevazioni ad esempio per le differenti abilità delle risorse). Il caso esaminato nelle pagine che seguono è quello di una società operante su commessa, della durata approssimativa di 1 anno, nel settore della progettazione e realizzazione di impianti automatizzati. Probabilmente questo tipo di realtà è quella in cui il sistema di Controllo di Gestione è fra i più complessi e completi perchè prevede, appunto, sia le commesse che i centri di costo, questi ultimi possono essere ribaltati sulle commesse, la cui definizione, spesso, non è facilmente ottenibile soprattutto per i differenti punti di vista tecnici/industriali ed operativi/gestionali. Esistono costi direttamente allocabili sulle commesse e costi indirettamente allocabili sulle commesse ma direttamente allocabili sui CdC.

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L’introduzione dei CdC e delle Distinte Base, per gruppi e sottogruppi, è necessaria al fine di determinare oggettivamente costi standard correnti (per pensare successivamente costi standard normali e attesi) per determinare Preventivi di Commessa, consapevoli che non tutte le commesse ed i macchinari che le compongono rappresentano un nuovo progetto, dal punto di vista tecnico/industriale, quanto piuttosto una configurazione su specifiche del cliente. L’emissione di ordini e la rilevazione ore su commessa, è invece necessaria per calcolare Consuntivi di Commessa. In fase di progettazione del sistema informativo e definizione delle procedure operative, molta attenzione deve essere posta alla corretta alimentazione ed utilizzo dei CdC e delle Commesse. In fase di normale utilizzo, è molto delicato l’aspetto di ingegnerizzazione del prodotto, distinte basi e cicli, sia nella loro definizione che nei successivi aggiornamenti (rilasci). In ambito tecnico e produttivo è necessario stabilire precise milestones di commessa, sia per quanto riguarda la progettazione (emissione disegni e distinte basi) che in riferimento alle operations (emissione ordini, ricevimento materiali, assemblaggio gruppi, montaggio macchine); dalle riunioni di produzioni devono uscire verbali di avanzamento lavori con queste informazioni tracciate, sintetizzate almeno a fini gestionali,

Commessa 1 Commessa 2 Commessa 3 Cdc Produttivo (Finale / Intemedio)

CdC Ausiliario (Intermedio)

CdC Funzionale (Statistico)

Valore Produzione

Consumi Materiali

MOD

I Mar. Contribuzione

Costi Gen. Operativi

MOI

Ammort. Operativi

II Mar. Contribuzione

Costi Gen. Struttura

Retribuzioni

Ammort. Struttura

Risultato Operativo

Oneri Finanziari Netti

Oneri Straordinari Netti

Risultato Ante Imp.

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altrimenti la valorizzazione commesse diventa un esercizio contabile piuttosto inutile. Ipotizzando di mantenere la logica del costo pieno industriale, che pare idonea per il business in cui opera l’azienda in questione, dovremmo avere:  

• Costi Diretti rispetto alla commessa: ü Materiali/Componenti ü Assemblaggi/Montaggi (solo le teste per cui si rilevano tempi/ore tramite

rapportino) ü Progettazione e Operazioni (ad esempio studi esterni di progettazione,

personale interno solo le teste per cui si rilevano tempi/ore tramite rapportino)

Attribuiti alla commessa mediante criteri oggettivi: ð Ordine di acquisto ð Tempi/Ore tramite rapportino  

• Costi Indiretti Industriali rispetto alla commessa: ü Altri Materiali non attribuibili alle commesse (ad esempio materiali di

consumo, attrezzatura varia e minuta, …) ü Utilities, Affitti, Leasing, Ammortamenti, … non attribuibili alle commesse ü Personale (ad esempio Capi Uffici Progettazione, Reparti Carpenteria e

Lavorazioni Meccaniche, … per cui non si rilevano tempi/ore tramite rapportino e quindi non attribuibili oggettivamente alla commessa)

ü Operazioni (Acquisti, Logistica, Manutenzione, … per cui non si rilevano tempi/ore tramite rapportino e quindi non attribuibili oggettivamente alla commessa).

Attribuiti mediante assegnazione/contabilizzazione ai Centri di Costo Produttivi, ad esempio:

ü Meccanico ü Elettronico ü Operazioni OH ü Lavorazioni Meccaniche ü Carpenteria

 

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Attribuiti mediante assegnazione/contabilizzazione ai Centri di Costo Ausiliarie di Servizio, ad esempio:

ü Ingegnerizzazione ü Industrializzazione ü Acquisti ü Logistica ü Manutenzione ü Forza Motrice ü …

 

Allocazione dei Costi Indiretti Industriali, attribuiti ai CdC Ausiliari e di Servizio, sui CdC Produttivi mediante appositi driver, ad esempio:

ü Ore assorbite dai CdC Produttivi ü Flat (criterio lineare) ü Metri q ü Metri c ü Costo orario medio di CdC produttivo ü Teste di CdC produttivo

 

Allocazione dei Costi Indiretti Industriali, attribuiti ai CdC Produttivi, sulle commesse mediante appositi driver, ad esempio:

ü Numero di disegni emessi ü Numero di distinte emesse ü Numero di gruppi ü Layout/Offerte emesse ü Ore rilevate su Commessa

 

Oltre al Piano delle Voci di Contabilità Industriale è presente anche il Piano delle Voci di Commessa, quindi la fase di progettazione del sistema gestionale, in base al modello di contabilità industriale adottato, è molto delicata per quanto riguarda l’identificazione di quali conti contabili sono rilevanti per i CdC e quali per le Commesse, ciò al fine di evitare il rischio di duplicazione dei costi.          

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E’ necessario verificare quali tipologie di movimenti sono effettuati dall’e.r.p. per alimentare il modulo di contabilità industriale, a tal fine deve essere realizzata una “check list” con le causali interessate, i conti contabili considerati anche per la contabilità industriale, la coerenza della riclassifica gestionale con il piano delle voci di contabilità analitica. Il Conto Economico di Commessa, definito dal PdV di Commessa, potrebbe esplodere in ulteriori voci il PdV di Contabilità Industriale, come potrebbe invece avere lo stesso schema e lo stesso livello di dettaglio. E’ fondamentale che la procedura informatica preveda per il C/EC di Commessa, la separazione dei costi diretti di commessa, dai costi ricevuti per effetto dei ribaltamenti dei centri di costo, così come nei centri di costo è prevista l’identificazione dei costi assorbiti dal centro ma ceduti alla commessa. Tale impostazione riporta al problema di evitare, per quanto possibile, conti contabili abilitati per commessa e per centro di costo, per evitare il rischio di duplicazione costi che vengono rilevati su commessa e poi attribuiti ancora alla commessa per effetto dei ribaltamenti dai centri di costo. Nel caso esaminato ciò non risulta operativamente applicabile in quanto alcuni articoli possono venire ordinati sia su commessa che come scorta (paragrafo B.4.); uno dei compiti del Controllo di Gestione è dunque verificare che gli ordini emessi siano rilevanti per commessa o per centro di costo ma non per entrambe le dimensioni di analisi.  

B.3.) Analisi Processi: coerenza dell’Organigramma La figura sotto mostra la bozza finale di un modello organizzativo semplificato ma rappresentativo. L’azienda è stata organizzata in

Commesse Riceventi CdC Cedenti

Voci di Ricevimento Voci di Storno

CdC Riceventi CdC Cedenti

Voci di Ricevimento Voci di Storno

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servizi/funzioni e ciascuno di essi scomposto in uffici/reparti che possono ulteriormente essere scomposti in centri di costo.

   

Dovrebbe essere chiaro che il maggior proposito della contabilità industriale e della introduzione dei centri di costo, dovrebbe essere di prevedere o almeno stimare certe spese, non solo allocare i costi una volta che arrivano le fatture da registrare contabilmente, pertanto dovrebbe essere definito il centro di costo in fase di emissione ordine al fine di evitare o ridurre al minimo che alcuni acquisti (soprattutto quelli riguardanti i costi operativi) diventino fatture senza una relativa destinazione. Considerando una funzione (come mostrata sopra) come un centro di responsabilità, dovrebbe essere definita una procedura di autorizzazione delle spese, iniziando dalla richiesta di acquisto sul centro dicosto, una volta controllato sul gestionale se tale spesa è prevista a budget o meno, può essere validata e procedere verso il servizio approvvigionamenti per diventare un ordine di acquisto.    

Non considerate perché non oggetto del presente lavoro, pur importanti considerazioni riguardanti:    

ü attività svolte nei CdC (logica Activity BasedCosting) ü driver di costo, per allocare i costi dai centri di costo alle attività ü driver di attività, per allocare i costi dalle attività ai prodotti/servizi finali ü check list per individuare le fonti (origine) delle informazioni, gli sbocchi

(termine) di quelle informazioni, le risorse disponibili/necessarie, i vincoli ü check list per individuare chi fa cosa, quando, perchè e dove

 

FUNZIONE

Ufficio  /  Reparto

Marketing

VenditeProgettazione  Mec.

Progettazione  Elettr.

QualitàTempi  e  Metodi

Logistica

Montaggio

Lavorazioni

Contabilità

Reporting

IT HR

CdC  Produttivo

Mont.  Mec.

Mont.  Elettr.

Tornitura

Fresatura

Lav.  Mont.  Esterno

CdC  Ausiliario

Ingegneriz.  Mec.

Disegni  Mec.

Ingegneriz.  Elettr.

Disegni  Elettr.

Industr.  D.B.  e  Cicli

Collaudi  e  Ispez.

Manut.Progr.  Prod.

Acquisti Movim.Attrezzaggio

EnergiaHW  e  Reti

SW  e  Sistemi

CdC  Funzionale

Analisi  Mercato

OfferteTras.  &  Spedi.

Contratti

Prj  MngR&S  (Studi  Prel.)

Procedure  e  

Norme

Ambiente  

Sicurez.

Clienti  e  Fornit.

Generale  e  

Fiscale

Banche  e  Tesor.

Chiusure  Analisi

Relaz.  Sindacali

Presenze  e  

Paghe

STRUTTURACOMMERCIALE TECNICA PRODUZIONE

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B.4.) Analisi Procedure: identificazione Centri di Costo, relativi conti contabili e voci di contabilità industriale I centri di costo possono essere raggrupparti in reparti e i reparti in aree funzionali o servizi aziendali, non importa l’”organizzazione a cartelle” perché essa dipende ovviamente dalle dimensioni dell’azienda ma ancora di più dal suo stile. I centri di costo possono essere divisi in finali, intermedi e statistici. In base al modello di contabilità industriale adottato dall’azienda cioè metodo del costo diretto, del costo (pieno) industriale o del costo pieno, i centri di costo intermedi possono raggruppare sia centri di costo dei servizi ausiliari di produzione che centri di costo funzionali. L’azienda ha optato per un modello di contabilità analitica del costo pieno industriale quindi i cdc intermedi includono sia cdc ausiliari di che alcuni cdc funzionali ma rilevanti dal punto di vista industriale (quali il Project Management). Partendo dai costi “core” di realizzazione, espandendo l’analisi dei costi come onde ed allargandosi verso l’esterno, possono essere definiti:

ü i costi di produzione, ü i costi operativi ü i costi industriali.

I costi di produzione possono essere definiti come comprendenti, oltre ai costi della manodopera e dei materiali utilizzati, altri costi diretti non inclusi nella distinta base (quali minuterie, lubrificanti, imballi, per cui non vale la pena determinare la quantità necessaria). I costi operativi includono i costi indiretti dei servizi ausiliari di produzione (manutenzioni, programmazione, logistica, acquisti, ...). I costi industriali includono altri costi indiretti che possono essere allocati totalmente o parzialmente sul prodotto finito (ad esempio Ricerca & Sviluppo, Qualità, Sicurezza e Ambiente). Dal punto di vista industriale l’impianto è costituito da diverse macchine, ciascuna scomponibile in gruppi (meccanici, elettrici, elettronici, strutture, …) a loro volta scomponibili in parti (sottogruppi). Dal punto di vista operativo, l’impianto rappresenta la commessa che raggruppa le varie distinte basi (di diversi livelli), che possono essere più o meno duplicabili

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anche all’interno della stessa commessa (con evidenti analogie con tipologie di produzione ripetitiva e da cui la necessità dei centri di costo). Dal punto di vista gestionale la commessa rappresenta il contratto siglato con il committente e l’oggetto di contabilità industriale con le maggiori dimensioni. Ciò nondimeno la contabilità industriale si occupa anche di oggetti dimensioni inferiori. I vari Sottogruppi che costituiscono i Gruppi e le Macchine che formano la Commessa, sono parti in genere replicabili secondo un processo produttivo consolidato che prevede la gestione e manutenzione di una distinta base, sostanzialmente senza particolari aspetti di ingegnerizzazione o prototipazione. Questo può essere vero anche per alcune tipologie di Gruppi e Macchine che pertanto possono essere realizzati secondo una logica “make to stock” che può tornare utile per accelerare alcune fasi di assemblaggio e montaggio. Questa impostazione si riflette nella configurazione dell’articolo, con la suddivisione in: ü famiglie di articoli costruttivi (realizzati cioè su disegno) ed articoli

commerciali (normalmente disponibili a catalogo) ü categorie, all’interno delle famiglie, per le componenti meccaniche ed

elettroniche ü gruppi merceologici, all’interno delle categorie, per ulteriori

classificazioni (ad esempio a fini intrastat). Le principali voci di costo, specifiche di Commessa quindi rilevate a livello di impianto, oltre alle spese di trasporto ed alle provvigioni di procacciamento affari, sono invece quelle relative al Commissioning, cioè alla gestione complessiva del progetto e riguardano, ad esempio, Varianti in corso d’opera, Factoring Acceptance Test e Site Acceptance Test, che quando possibile vengono rilevate a livello di singola macchina.

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La valorizzazione delle varie distinte base, recependo sia dai cdc che dalle commesse: Ø i costi diretti, dei materiali e dei tempi di lavoro diretto Ø i costi indiretti industriali, dei costi generali operativi e della

manodopera indiretta gioca un ruolo fondamentale nel dimensionare la trattativa tecnica/commerciale nelle sua fase iniziale, prima di passare al vaglio del team di progetto per i dettagli tecnici, la definizione delle tempistiche, la contrattualistica e la valutazione generale di redditività. Definire la politica di allocazione ed il relativo driver è necessario stabilire: ü la percentuale di allocazione dei centri di costo intermedi sui centri di costo finali perchè ad esempio il CdC Project Management potrebbe non essere allocato al 100% ma al 75% considerando che una porzione della sua attività e del relativo costo assorbito non sia per fini industriali ma istituzionali (nel caso della contabilità industriale a costo pieno il problema non si pone in quanto tutti i cdc verrebbero allocati completamente) ü i parametri di allocazione

IMPIANTO COMMESSA

MACCHINA MACCHINA MACCHINA D.B.

GRUPPI Sotto D.B.SOTTOGRUPPI Sotto D.B.

D.B. CICLI

X

XX XX XXXXX XXX XXX

COSTI DIRETTI

COSTI INDIRETTI

INDUS.

COSTI TOTALI INDUS.

P.to Vista Industriale

P.to Vista Operativo/Gestionale

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cioè scegliere quei driver (come sopra esemplificati) che meglio possano aiutare a spiegare per quali ragioni e come, i centri di costo finali ricevono costi dai centri di costo intermedi.  

B.5.) Anal is i Procedure: Codif ica Art icol i e Ordini di Acquisto A prescindere dal significato della codifica cioè da ciò che la nomenclatura può comunicare, quale che sia la logica seguita dalla sua sintassi, è possibile dividere gli articoli in due tipologie:

ü articoli presenti in “distinta base” ü articoli “fuori distinta base” e articoli “non di produzione”.

Gli articoli in “distinta base” seguono le regole di codifica, che possono essere informazioni sulla categoria di prodotto, tipo di materiale, se appositamente costruito o commerciale, numero di revisione e altro ancora. Gli articoli “fuori distinta base”, come gli “articoli non di produzione”, possono seguire regole di codifica più semplici, ad esempio possono essere usati articoli “fittizi” solo per permettere l’emissione dell’ordine che può essere definito come il primo tassello delle procedure di controllo di gestione, perché senza un adeguato controllo su quantità e costo, è ovvio che tutto il resto sia un sostanziale esercizio contabile. Una cosa molto importante da definire è se questi articoli devono essere gestiti a magazzino, sia sotto il profilo della movimentazione logistica che sotto l’aspetto della valorizzazione. Questo porta ad importanti decisioni da prendere ai fini della valorizzazione di magazzino e del relative metodo, delle procedure da seguire ai fini della dichiarazione di produzione e dei versamenti di semilavorati e prodotti, dei buoni di prelievo e degli ordini di produzione. Dalla definizione di queste procedure dipende l’adeguata valorizzazione del magazzino di materie prime e componenti, prodotti in corso e semilavorati e dalla loro corretta valorizzazione dipende un adeguata procedura di approvvigionamento materiali ed emissione ordini di acquisto, normalmente suggerita dalle procedure m.r.p. del sistema

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informativo che devono però essere spesso interpretate per essere sintonizzate opportunamente. L’importanza delle Anagrafiche (Articolo ma non solo) coinvolgono in maniera sostanziale le ambizioni del Contabilità Industriale.

   

In linea generale, a livello di Articolo dovrebbe essere definibile il Centro di Costo e a livello di Ordine il CdC o la Commessa. Dalle informazioni tecniche circa Famiglia, Categoria, Gruppo Merceologico, dovrebbe essere possibile attribuire automaticamente, in fase di anagrafica, il Conto Contabile. Anche a livello di Fornitore è possibile normalmente attribuire il Conto Contabile, ciò normalmente torna utile per definire i conti intercompanyed orientarsi nelle riconciliazioni, pertanto quando definito a questo livello è gerarchicamente superiore. Può essere utile, anche a livello di Conto Contabile, poter attribuire il Centro di Costo, normalmente ciò accade per gli acquisti “non di produzione” o per articoli fittizi (utilizzati solo per emettere ordini di acquisto) o in caso di acquisti senza relativo ordine.

ORDINE

ARTICOLO Centro di Costo Commessa

FAMIGLIACommercialiDisegnoLavorazioni

C/ CONTABILECATEGORIAMeccaniciElettriciElettronici

GRUPPO MERCEAcciaio

INFO TEC Gomma… … …Plastica

FORNITORE(CLIENTE)

IntercoyNazionaliEuropaResto Mondo

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Risulta fondamentale dunque sfruttare opportunamente le possibilità offerte in fase di anagrafica per omogeneizzare ed esplicitare i criteri che alimentano poi gli oggetti del controllo gestionale.    

B.6.) Anal is i Procedure: Costo Standard, Costo d’Acquisto e Costo Effett ivo Esistono tre differenti tipologie di costo, nel mondo ideale tutte e tre dovrebbero coincidere ma non necessariamente. I Costi Effettivi sono quelli inseriti a sistema attraverso la registrazione delle fatture di acquisto, devono essere comparati rispetto agli ordini emessi e ai relativi costi di acquisto. Il Costo Standard deve essere definito dall’azienda, costantemente aggiornato o rivisto nella sua composizione, chiaramente l’ordine di acquisto può differire in base alle dimensione del lotto, allo sconto ottenuto, al tasso di cambio. Il Costo Standard può essere una media di costo dello stesso articolo per diversi fornitori, può essere il costo ultimo o primo di un certo periodo, allora è chiaro che deve essere definito quanto è lungo il periodo e come la procedura automatica del sistema deve effettuare l’aggiornamento periodico di tale costo (per esempio una volta l’anno, considerando per ogni articolo la media ponderata degli acquisti degli ultimi tre mesi a costi effettivi… includendo o meno le differenze prezzo rilevate). B.7.) Anal is i Procedure: identi f icazione e gestione Dif ferenze Quantità e Valore Viene adottato un semplice prospetto, sotto esemplificato, per monitorare e tenere sotto controllo le differenze fra gli ordini emessi, le bolle materiali ingressate e le fatture, le cui più comuni cause di differenza sono riportare sotto. Differenza di quantità tra fattura e ricevimento merci, identificata perchè gli articoli della fattura non si abbinano agli articoli delle bolle ad esempio perchè la quantità fatturata è maggiore della quantità ingressata a magazzino. La fattura deve essere registrata e fini fiscali ma il pagamento viene bloccato da apposite funzioni di sistema, viene utilizzato un banale

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escamotage per forzare il sistema in fase di registrazione fattura, che consiste nel registrare le quantità della fattura per l’articolo in questione. La questione si risolve con una nota credito o una ulteriore bolla di ricevimento materiale. Nel secondo caso dovrebbe anche essere emesso un ordine ad integrazione, evaso quindi dalla bolla di ricevimento a sua volta già evasa dalla fattura che a questo punto può essere sbloccata per il pagamento. Questa soluzione perchè il magazzino è valorizzato a costi effettivi i cui importi sono presi dalle fatture di acquisto. Differenza di prezzo tra fattura e ricevimento merci (valorizzate al costo dell’ordine), identificata perché non c’è abbinamento tra il valore degli articoli, ciò potrebbe accadere, ad esempio, per la validità periodica del listino. Anche in questo caso la fattura deve essere registrata ed il pagamento bloccato, viene adottato lo stesso tipo di escamotage visto sopra, registrando la fattura con i prezzi in fattura differenti da quelli dell’ordine. Anche in questo caso, la questione si risolve con una nota credito o una ulteriore bolla di ricevimento materiale. Il prospetto adottato per monitorare queste differenze, analizzato periodicamente a seconda dell’orizzonte temporale definito, potrebbe essere come quello rappresentato sotto:  

   

E’ chiaro che in questo tipo di prospetto, ordinato per articolo, la nota credito o la bolla o l’integrazione dell’ordine, sono tracciati e monitorati in riferimento ad ogni articolo codificato a sistema.  

C.1.) Real izzazione: Gestione del Progetto L’introduzione di un modulo strategico, nel sistema informativo gestionale, come quello del controllo di gestione e della contabilità industriale, comporta la necessità di affrontare cambiamenti non solo

Codice Rif.  Ordine Rif.  DDT DDT Rif.  Mag. Rif.  FatturaQ.tà Costo Q.tà Q.tà Costo

Articolo Nr.  Ordine 10 100,00 Nr.  DDT 10 Nr.  BEM Nr.  Fattura 10 110,00

1.000,00 1.100,00

ODA FATTURA

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tecnologici ma anche organizzativi; a tal fine è stato lanciato un progetto al fine di implementare il software come strumento di miglioramento dei processi aziendali e definizione delle procedure. L’approccio utilizzato nella gestione dei progetti prevede la scomposizione in fasi, macroattività e attività.  

   

Secondo una terminologia convenzionalmente adottata, l’implementazione si scompone nella Fase di installazione ed attivazione, quest’ultima, a sua volta, in configurazione ed avviamento. Il progetto prende forma e si sviluppa nelle sue Macroattività di Preparazione, Modellazione, Progettazione, Realizzazione e Roll-out. Dalla programmazione cronologica delle attività necessarie per il completamento delle fasi, sia dal punto di vista della allocazione delle risorse che dell’ambiente di lavoro, all’analisi dei principali processi aziendali per realizzare un prototipo, alle modifiche organizzative ed allo svolgimento della formazione specifica, le tecniche di project management, abitualmente utilizzate dalle società operanti su commessa, apportano una cultura organizzativa ed un orientamento alla programmazione che risulta indispensabile anche nella disegnazione dei sistemi sistemi informativi. Di seguito viene proposta la matrice di scomposizione del progetto (WBS) nelle singole attività da realizzare.  

Fasi

Macro

Attività

Attività

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Macroatt iv ità di Preparazione: ha lo scopo di effettuare una prima programmazione cronologica di tutte le fasi e delle attività che le compongono, degli obiettivi che si intendono perseguire, della risorse necessarie, dell’ambiente di lavoro (processi, procedure e consuetudini aziendali), al fine di ottenere una conoscenza generale della tempistiche e delle criticità che devono essere monitorate e gestite. Si compone delle seguenti attività:

ü Programmazione: condivisione delle tappe previste, delle date di raggiungimento e dei gruppi di lavoro coinvolti, definizione della informazione alla direzione circa l’impatto del progetto

ü Installazione Hw/Sw: predisposizione della rete ed installazione dell’hardware (se necessario), installazione del sistema operativo e configurazione di apparecchiature e database (architettura client/server)

 

Macroatt iv ità di Model lazione: ha lo scopodi definire, mediante un’analisi dei principali processi aziendali, un modello d’impresa e quindi una prima configurazione della soluzione. Viene esplicitato quello che si prevede possa essere il percorso critico e le relative milestones, arrivando a proporre alla direzione un primo modello organizzativo che, se accettato, da il via alla fase successiva, in caso contrario deve essere ristudiato fino alla condivisione. Si compone delle seguenti attività: ü Analisi funzionale: il gruppo di lavoro viene istruito sulla logica

dell’applicativo e sulla integrazione dei processi in modo da poter contribuire in modo determinante all’analisi del flusso informativo,

InstallazioneConfigurazione Avviamento

Programmazione GeneraleIntallazione Hw/Sw (S.O.)Analisi FunzionaleInstallazione ApplicativoPreparazione Base DatiAggiornamento ProgettoMappatura CicliProtitipo SimulazioneCambiamenti OrganizzativiFormazione Utenti ChiavePopolamento Base DatiFormazione Utenti FinaliDefinizione Accessi/GerarchieControllo Finale Base DatiConclusione Progetto

Progettazione

Realizzazione

Roll-Out

Attivazione

Preparazione

Modellazione

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documentale e materiale, di tutte le aree funzionali aziendali e dei moduli del gestionale da configurare, tracciando la rotta per le attività successive

ü Installazione applicativo: effettuata installazione e configurazione hw/sw del sistema operativo, si può procedere all’installazione dell’applicativo ed alla creazione dei primi utenti chiave (che appartengono al gruppo di lavoro congiunto) ed utenti finali (data entry)

ü Preparazione base dati: appartiene a questa attività la definizione della sequenza di migrazione o inserimento delle anagrafiche, delle tabelle e degli archivi che devono essere trasferiti dal precedente sistema, in quale misura la conversione è automatica e la suddivisione di responsabilità, requisiti e sotto-attività propedeutiche

ü Aggiornamento progetto: una volta riconosciuti i processi e la sequenza più efficiente di avviamento, identificate le informazioni da controllare (compresa la loro forma e fonte) e stabilito il popolamento del data base mediante migrazioni o inserimenti manuali, è necessario controllare il ciclo di progetto evidenziando le peculiarità ed apportando le variazioni necessarie fino alla completa condivisione ed approvazione che può portare ad una nuova programmazione.

 

Macroatt iv ità di Progettazione: ha lo scopo di realizzare un (primo) prototipo quale simulazione dei processi aziendali sin ad ora analizzati, in modo da controllarne l’effettiva comprensione e mostrare alla direzione le soluzioni operative poste in essere per l’implementazione del modello teorico di cui alla fase precedente. Queste le attività: ü Mappatura dei cicli: naturale approfondimento dell’analisi funzionale

svolta a monte, porta gli utenti chiave a mettere in discussione le procedure sino a quel momento adottate e a conoscere le funzionalità dell’applicativo e la loro integrazione, in modo da esaminare, mappare analiticamente e disegnare adeguatamente sul sistema i cicli operativi, definendo le informazioni utilizzate nello svolgimento delle operazioni ordinarie e la loro forma opportuna anche attraverso idonea modulistica aziendale

ü Simulazione: le attività precedenti hanno portato alla progettazione di un prototipo del sistema in cui la direzione ed il gruppo di lavoro devono potersi riconoscere, ciò conduce al primo test, generalmente

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condotto da un analista della software-house, allo scopo ottenere la valutazione dell’impatto organizzativo e l’approvazione al proseguimento

Macroatt iv ità di Real izzazione: la fase comprende le modifiche all’organizzazione ove vantaggioso e lo svolgimento della formazione di dettaglio che consente la preparazione dell’applicativo alla prossima partenza e la capacità di verificare la bontà dei dati migrati. Si compone delle seguenti attività: ü Ufficializzazione cambiamenti organizzativi: in seguito all’analisi

d’impatto del sistema viene (generalmente) redatto un documento che riassume le proposte suggerite alla direzione e quelle accettate (ad es.: creazione di nuovi ruoli, distribuzione nuove mansioni, adozione nuova modulistica, …)

ü Formazione utenti chiave: gli utenti chiave sono istruiti con un maggior gradi di dettaglio, ciascuno sulle funzionalità che dovranno saper usare, ciò permette loro di contribuire direttamente alla formazione degli utenti finali ed impadronirsi degli adeguati strumenti/funzioni di verifica

ü Popolamento base dati: questa attività ha come fine la preparazione di una base dati pulita, da utilizzare per il sistema definitivo, ottenuta per copia dai database di progetto su cui sono stati testati con successo il caricamento dei dati principali dalle tabelle di base, dalle anagrafiche e dagli archivi dinamici trasferiti dai sistemisti, su cui gli utenti hanno inserito manualmente e successivamente controllato ulteriori dati, su cui sono state verificate le procedure di amministrazione del sistema

Macroatt iv itàdi Rol l-out: con l’ultima attività precedente, il (primo) prototipo è stato definito ormai completamente, l’azienda è preparata per la partenza, tutti i dati sono caricati o convertiti ed il sistema è messo in esercizio. ü Formazione utenti finali: gli utenti finali sono istruiti dagli utenti chiave

con l’ausilio di un assistente sulle funzionalità che ciascuno deve usare, contemporaneamente sono rese operative le modifiche organizzative

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ü Definizione Gerarchie/Accessi: vengono creati opportuni profili con diversi gradi di accesso, sono rifiniti i menu per profilo utente, definite password e backup

ü Controllo finale base dati: viene effettuato un test finale, eseguito dal gruppo di progetto insieme con gli utenti finali, su tutti gli archivi previsti che vengono per l’ultima volta controllati

ü Gestionale operativo e progetto concluso: l’ultima attività è quella in cui il precedente sistema è fermato e tutti gli utenti sono operativi sul nuovo e comprende il supporto operativo nel primo periodo post partenza

   

C.2.) Real izzazione: adeguamento ai s istemi integrat i ( inter-funzional i ) Ai fini di una più efficace allocazione dei costi indiretti industriali, è necessario identificare parametri focalizzati sulle attività svolte nei vari centri di costo, che possono migliorare il modello inizialmente adottato che si basa principalmente sull’ammontare delle ore di lavoro diretto (il mono-driver più adoperato), assumendo che ogni ora diretta trascini con se, proporzionalmente, gli altri costi indiretti. Da questo punto di vista, tutta la documentazione inerente gli adempimenti Qualità/Iso dovrebbero suggerire ed ispirare l’utilizzo di parametri relativi a processi e attività piuttosto che i tradizionali driver provenienti dalla organizzazione per funzioni. Maggiore è la sofisticazione del modello, maggioreè il dettaglio richiesto e maggiori le informazioni che devono essere inserite a sistema. Ad esempio, nei campi disponibili nell’anagrafica articolo si dovrebbe riflettere questo maggior livello di analiticità, specialmente per I componenti ma anche per l’acquisto di materie prime (assumendo che si utilizzino materie prime diverse per costruire un certo tipo di sottogruppo piuttosto che per un altro). L’ipotesi di raccogliere i costi nei CdC Finali/Produttivi e quindi dividere l’importo per il numero di prodotti realizzati è puramente teorica perché determina un costo medio di prodotto che è troppo generico per essere significativo in fase di pricing, a meno di aumentare il numero di CdC finali, per la necessità di maggiori dettagli, che porta ad un crescente

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numero di informazioni per canalizzare propriamente i costi diretti e, ancora più importante, porta alla necessità di ulteriori parametri per allocare i costi indiretti.    

La soluzione adottata è quella mostrata nella figura, in cui la contabilità analitica viene introdotta efficacemente sfruttando la valorizzazione della Distinta Base e dei suoi Cicli dove la tariffa oraria è costituita dalla somma di diversi addendi, in un dato periodo (ad esempio trimestrale): ü i costi diretti (variabili) dei materiali presenti a distinta base, valorizzati al

costo standard in base agli Ordini d’Acquisto ü il costo diretto/indiretto (semivariabile) del lavoro, presente nelle

fasi/ciclo, valorizzato al costo raccolto nei relativi CdC e comprendente gli accantonamenti per contributi sociali e trattamento di fine rapporto

ü altri costi diretti/indiretti (semivariabile) industriali, presenti nelle fasi/ciclo, valorizzati al costo standard in base agli Ordini d’Acquisto

 

diviso il numero di ore dirette ed indirette lavorate (secondo quanto definito al paragrafo A.2.) nello stesso orizzonte temporale di riferimento. E’ stata creata una “routine software” per aggiornare le tariffe orarie nei cicli di produzione associate alle distinte base. Tale modello risente evidentemente della saturazione delle risorse umane, in periodi ad alto assorbimento di lavoro la tariffa scenderà (perché il numeratore cresce), in periodi di basso assorbimento si alzerà. Il punto debole è l’utilizzo di un unico driver che potrebbe essere troppo rozzo; il punto di forza è la scomposizione della tariffa oraria nelle sue componenti e l’opportunità è quella di introdurre i centri di costo al fine di migliorare l’analisi dei costi e suggerire migliori criteri di allocazione dei costi.

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Quanto sopra ha soprattutto valore in fase preventiva, come accennato ai paragrafi B.2) e B.4.), al fine di dimensionare la trattativa commerciale. In fase consuntiva le ore relative alle commesse sono consentivate a mezzo fogli presenza e raccolti a livello di singola macchina, i componenti e le lavorazioni sono valorizzati in base agli ordini di acquisto emessi o, qualora prelevati dal magazzino ed assegnati in quel momento ad una determinata macchina appartenente ad una commessa, ad un costo medio.  

Conclusioni Nel disegno dei sistemi diventa fondamentale tracciare flussi erelazioni tra le informazioni, capire quando e dove nascono, come e perché si modificano, per definire le opportune procedure di aggiornamento e di esportazione dati. Tutto ciò ha un impatto strategico sull’organizzazione della reportistica, sulla sua attendibilità e quindi sul valore aggiunto rappresentatodal Controllo di Gestione. Se le prime fasi possono essere attivati nella maggior parte delle aziende, è chiaro che quando si comincia a parlare di costo del prodotto/servizio, normalmente per determinare un ragionevole prezzo di

Piano delle Voci di Contabilità

IndustrialeD.B. CICLI

MATERIALI FASI

C. del Venduto ---> Materiali Costo  m.p.  e  comp. ---> Consum.  non  D.B.

MOD ---> Costo  Onerato Tempo  Uomo x  TariffaLavoro  Diretto

C. Gen. Operativi ---> Forza  Motrice Tempo  Macchina x  Tariffa'Manutenzioni Costi  IndirettiMateriali  ConsumoTrasporti

MOI ---> Costo  Onerato Tempo  Uomo x  Tariffa''Lavoro  Indiretto

Ammort. Operativi ---> Canoni Tempo  Macchina x  Tariffa'''Ammort. Costi  Diretti/Indiretti

Costo Standard

- Quali costi include (coerenza)- Dove sono rilevati (cdc)- Quando vengono aggiornati (elaborazioni)

Defizione aziendale

Diverse Tariffe

Raggruppabili per tipologia

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vendita (profittevole per l’azienda ed accettato dal mercato), non può essere ignorata l’analisi dell’assetto organizzativo, generale e dipartimentale. Il Controllo Finanziario inizia ad espandere il suo ruolo in Controllo Industriale diventando un servizio interfunzionale, se ciò richieda un background tecnico o amministrativo, è una questione squisitamente politica che certamente riguarda la complessità tecnologica del settore industriale ma anche la visione (nel suo significato più ampio di cultura) del capitano d’azienda. Attraverso l’adozione di un sistema di Controllo di Gestione, l’azienda inizia ad analizzare la sua organizzazione, cioè le funzioni e le attività che vengono svolte al suo interno, passando attraverso I carichi di lavoro e le risorse (sia umane che tecnologiche) utilizzate, scomponendo i processi aziendali al fine di comprendere la complessità del business, dopodiché seguendo un sano pragmatismo invece di ideologie alla moda, deve saper prendere decisioni su quali strumenti informativi possono essere i più efficienti ed efficaci anche rispetto alla propria dimensione.