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I

GEOFISICA

Lastoriadelmondoplasmatodaighiacci

MEDICINA

Leterapiecontrol’epidemiadidiabete

BENESSERE

Ildrenaggiocontrolegambegonfie

BECCARIA PAGINA II ARCOVIO PAGINA IV DI TODARO PAGINA VI

TUTTOSCIENZEMERCOLEDÌ 14 NOVEMBRE 2012

NUMERO 1536

A CURA DI:

GABRIELE BECCARIAREDAZIONE:

CLAUDIA FERREROGIORDANO [email protected]/tuttoscienze/

La nostra mente affrontacontinuamente viaggi neltempo. Viviamo in unmondodi ieri e di domani,ricordando eventi passati

e progettando quelli futuri, dallacompilazione della lista della spesaall’organizzazione di un viaggio.Questa capacità, alla base della no-stra vita sociale, coinvolge sofistica-ti processi cognitivi, come la co-scienza di sé e la facoltà di formula-re pensieri, desideri e intenzioni.Per molto tempo si è creduto - e al-cuni ricercatori lo credono tutt’ora -che questa abilità sia unica della no-stra specie e che gli animali vivanoin un eterno presente.Manon è pro-prio così.

«Il punto critico della pianifica-zione del futuro - sostiene GiorgioVallortigara, professore di Neuro-scienze e direttore del “Center forMind/Brain Sciences” dell’Univer-sità di Trento che ha dedicato al te-ma parte del suo ultimo libro (“Lamente che scodinzola”) - è che ilcomportamento dell’animale deveessere orientato verso un obiettivofuturo, ma senza essere spinto dauna motivazione contingente». Unuccello che migra probabilmentenon prevede l’arrivo dell’inverno,ma segue i propri cambiamenti or-monali. O un ratto che impara adabbassare una leva per ricevere inun futuro, più omeno prossimo, unaricompensa, lo fa in preda alla fame.«Per pensare che ci sia una sorta divisione del futuro - continua Vallor-tigara - il ratto dovrebbe cercare diottenere qualcosa a cui, in quel mo-mento, non è interessato, ma che sache potrebbe desiderare in un mo-mento e in un contesto futuro».

Di recente, però, sempre piùesperimenti sembrano provare che,almeno alcuni animali, siano in gra-do di effettuare i viaggi mentali neltempo, con tutte le carte in regola.L’ultima ricerca, realizzata da Mi-chael Delgado dell’Università di Be-rkeley, ha analizzato l’abilità degliscoiattoli di fare le provviste perl’inverno. Questi mammiferi cerca-no alimenti diversi - noci, nocciole,pinoli - per nasconderli in modi eluoghi diversi. Secondo il ricercato-re, gli scoiattoli si comportano comeabili finanzieri, investendo i loro «ri-sparmi» in prodotti differenziati enon in un unico capitale a rischio.

Ma gli studi più originali, condot-

ti da un team dell’Università svedesedi Lund, riguardano le vicende diSantino, uno scimpanzé dello zoo diFuruvik. Lamattina, quando ancora icancelli dello zoo erano chiusi, racco-glieva e impilava dei sassi. Una voltache entravano i visitatori, Santinoaspettava di averli a tiro e iniziava ilsuo display aggressivo, lanciando nel-la direzione degli ospiti, evidente-mente non graditi, i suoi «proiettili».Ma non è tutto. Ultimamente, però,

ha fatto di più. Santino, resosi contoche gli spettatori indietreggiavanoquando si avvicinava, ha nascosto isassi sotto un po’ di paglia. Una voltapoi che gli umani erano vicini, simu-lando un comportamento disinteres-sato, si è avvicinato al cumulo di pa-glia e rapidamente ha raccolto i sassi,tirandoli al pubblico stupito. Secondoi ricercatori, che per 10 anni hannostudiato il diabolico scimpanzé, ciòdimostra che anche un primate non

umano possa avere unamente in gra-do di pianificare il futuro.

Sempre per sottolineare questeabilità, lo stesso team ha rilevato co-me due scimpanzé e un orango, postidi fronte alla scelta tra poter mangia-re un frutto subito o prendere unacannuccia con cui avrebbero potutomangiare, dopo un’ora, una deliziosazuppa di frutti, hanno preferito lacannuccia, dimostrando grande«self-control». «Ma, secondo me, gli

esperimenti più convincenti - diceVallortigara - sono quelli con le ghian-daie studiate da Nicky Clayton del-l’Università di Cambridge». Questiuccelli sono soliti nascondere il cibo ea volte tornano per cambiare il luogodove hanno nascosto le provviste. Inun primo esperimento si è notato checambiano molto più spesso il nascon-diglio quando vengono osservati daun «conspecifico».

MONICAMAZZOTTO

Santino, lo scimpanzèpiù furbodinoiumani

MentesuperioreLo scimpanzèSantinovive nello zoodi Furuvikin Svezia:astutoe aggressivosi comportacon logicheche hannostupitoetologie neuro-scienziati

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fere gelatinose capaci di muoversi autonoma-mente: grazie alla biomimetica - la scienza cheimita la natura - la materia diventa «attiva».

Sfruttando le componenti dei «motori molecolari»delle cellule, un teamdellaBrandeisUniversity, negliUsa, ha realizzato un gel che si sposta da solo, consu-mando energia come gli esseri viventi. Il movimentoè reso possibile dal «citoscheletro», un’impalcaturadeformabile che modifica la cellula, permettendole -si dice in gergo - di «strusciare». I ricercatori hannousatomicrotubuli, cioè filamenti che danno forma almateriale, e molecole di chinesina, vale a dire mini-motori che «camminano» nei microtubuli stessi. Adare l’energia è una molecola, l’adenosintrifosfato.

Nasce il laser delle dimensioni di unvirus. Il dispositivo in miniaturafunziona a temperatura ambiente

e sfida i limiti di diffrazione della luce.Protagonista è un team della Northwe-stern University, negli Usa, che ha indivi-duato un nuovo modo per produrre «rag-gi singoli». Detti «nanolaser plasmonici»,possono essere integrati in dispositivi fo-tonici a base di silicio, nei circuiti ottici e

anche nei biosensori, tutti su scala nano-metrica. Si tratta di una vera rivoluzione,fondamentale per l’elaborazione e la me-morizzazione ultraveloce dei dati. Questefonti di luce a scala nanometrica - ha spie-tato il leader della ricerca Teri Odom - so-no possibili grazie all’utilizzo di particellemetalliche molto particolari, caratteriz-zate da strutture con una forma che ri-corda «un papillon tridimensionale».

Il gelha imparatoacamminare

Piccolocomeunvirus:è ilnano-laser

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lPSCIENZE

lP GEOFISICA

Oggi sono il para-diso dei vacan-zieri. Diecimilaanni fa erano unaltro tipo di pa-

radiso, per antenati intra-prendenti. Le isole dell’Egeo- come le conosciamo - nonesistevano. L’arcipelago so-speso tra Grecia e Turchiaera un vasto altopiano. Nonc’era bisogno di traghetti.Bastavano gambe allenateper spostarsi da un punto al-l’altro ed è grazie alla facilitàdegli spostamenti che dev’es-sere nata la prima civiltà delSud Europa, quella neolitica.Poi tutto cambiò. Brusca-mente.Kurt Lambeck indica le

mappe e racconta il suo en-nesimo viaggio nel tempo.Scienziato multidisciplinare,oggi sarà a Roma, al Quirina-le, insieme con gli altri pre-miati dalla Fondazione Inter-nazionale Balzan per gli stu-di sul passato e sul futurodella Terra. L’Egeo - spiega -è uno dei luoghi che testimo-niano quanto sia stata tor-mentata la storia recente delnostro pianeta, periodica-mente ricreato dalle bizzar-rie del clima. E che ci ricordache ulteriori cambiamentisono alle porte.

Professore, al cuore dellesue ricerche ci sono moltielementi, ma il più spetta-colare - quello che colpiscela nostra immaginazione esconvolse i nostri antenati -sono ibruschi cambiamentidel livellodeimari.

«I cambiamenti dei mari fu-rono processi complessi, di-versi a seconda dei luoghi.Sono stati il risultato delloscioglimento di enormi diste-se di ghiaccio alla fine di ogniglaciazione, ma anche deimodi in cui il pianeta reagì, acominciare dal campo gravi-tazionale. Ecco perché lo stu-dio dei cambiamenti nel-

l’Egeo ha richiesto l’accumulodi dati diversi, da quelli ocea-nografici a quelli archeologici,in una continua oscillazionemultidisciplinare».

I suoi viaggi nel tempo, in re-altà, si spingono più indietro:finoaquando?

«Fino a 20mila e a 140-150milaanni fa, in corrispondenza del-le ultime ere glaciali. Studiareciò che accadde nei periodi in-termedi - quelli interglaciali - èimportante, perché permette

di raccogliere informazionicon cui capire meglio sia il cli-ma attuale sia come potràevolvere».

Se tra 20 e 10 mila anni fal’Egeo era una terra com-patta, com’era il resto delmondo?

«I ghiacci ricoprivano il NordEuropa così come l’Americasettentrionale e tutte quellemasse d’acqua risucchiate daimari e dagli oceani ne fecerocrollare il livello».

“TraNoèeGilgameshlaverastoriadiAtlantide”

Glaciazioni e diluvi hannoplasmato le prime civiltà e rivelano il climadel futuro

GABRIELE BECCARIA

n Come una star che deve presentarsi sempreal meglio, Vesta «ritocca» continuamente il pro-prioaspettopersembrarepiùgiovane.Ascoprireil segreto del più grande e affascinante asteroidedel Sistema Solare è stata la missione «Dawn»della Nasa, a cui contribuisce anche l’Italia conl’Istituto Nazionale di Astrofisica: nel corso deltempo altri asteroidi, ricchi di carbonio, hanno ri-versato il loromaterialesuVesta, trasformandoloin un puzzle di elementi diversi. Così le particelledi ferro che rendono opachi tanti altri corpi cele-sti non hanno avuto la possibilità di accumularsi.

Kurt

Lambeck

GeofisicoRUOLO: È PROFESSORE EMERITO

DI SCIENZE DELLA TERRAALLA AUSTRALIAN NATIONAL

UNIVERSITY DI CANBERRALA FONDAZIONE BALZAN:

HTTP://WWW.BALZAN.ORG/

furono costrette a spostarsicostantemente. Nel Golfo Per-sico ci furono periodi in cuil’acqua allagò le terre a un tas-so di 1 km l’anno. Poi, 6mila an-ni fa, l’avanzata si interruppe einiziò l’era degli insediamentipermanenti. Credo che i sume-ri abbiano risalito la Mesopo-tamia, finché si fermarono perfondare le loro città. Ma solol’archeologia subacquea potràfornirci le prove definitive».

Lei è tra gli studiosi convinti

Il grande freddoFino a 20 mila anni fa i ghiacci

ricoprivano il Nord Europacosì come

l’America settentrionale

n L’Universo è in grave crisi. Uno studio inter-nazionale, guidato dall’Università di Leida, neiPaesiBassi,hadimostratoche laproduzionedellestelle è costantemente diminuita negli ultimi 11miliardidiannieoggiè30voltepiùbassarispettoal suo probabile picco. «Il “Pil cosmico” - ha spie-gato David Sobral - sta vivendo una lunga e seriadecadenza. E, se il declino dovesse continuare, siaggiungerà solo un 5% alle stelle già esistenti, daqui alla fine del ciclo vitale dell’Universo stesso».Fa eccezione la Via Lattea, che continua a esseretra le galassie più «forti» e «produttive».

Diquanto?«Di almeno 120-130 metri».

Lei ipotizza che quel mondocosì diverso dall’attuale deveavere avuto conseguenze de-cisive sugli albori della civiltà,facilitando i flussi delle mi-grazioni verso il Mediterra-neoe ilGolfoPersico.

«Quando gli strati di ghiacciocominciarono a sciogliersi, imari si innalzarono rapida-mente e la mia ipotesi è che lepopolazioni sparse sulle coste

L’Universo è in crisie nascono meno stelle

Il «make-up»dell’asteroide Vesta

IlPremioBalzannOggi,alQuirinale, iquat-tro Premi Balzan 2012 DavidCharles Baulcombe, RonaldDworkin, Kurt Lambeck eReinhard Strohm riceveran-no la pergamena dal presi-dente della Repubblica Gior-gio Napolitano. Seguirà, do-mani, il «Forum» all’Accade-mia Nazionale dei Lincei.

II .TuttoScienze .LA STAMPA

MERCOLEDÌ 14 NOVEMBRE 2012

lP SPAZIO

Da quando, nel 1957,fu lanciato loSputnik, migliaiadi missioni spazia-li si sono succedu-

te con più di 4 mila satellitimessi in orbita, producendo ilrilascio nello spazio di centina-ia di migliaia di detriti, con di-mensioni vanno da quelle di ungranello di sabbia a quelle diun autobus. Alcuni sono dive-nuti famosi, come la fotocame-ra persa daMichael Collins du-rante la missione Gemini 10,ma la maggior parte ha originimolto meno suggestive. Sitratta di satelliti dismessi oesplosi, di resti di motori e ser-batoi, di parti di navette, matutti con un elemento in comu-ne: la pericolosità.

Questi detriti viaggiano at-torno alla Terra a una velocitàfino a 20 volte superiore aquella di un proiettile. Così an-che frammenti con dimensionidi un centimetro possono ave-re effetti devastanti in casod’impatto con i satelliti opera-tivi e in particolare con la Sta-zione Spaziale Internazionale.Se la gravità porta questi pezziverso orbite sempre più basse,fino a farli interagire con l’at-mosfera, dove, nella stragran-de maggioranza dei casi, bru-ciano, la permanenza in orbitaè tanto maggiore quanto piùelevata è l’altezza di partenza:così, se i detriti prodotti a me-no di 600 kmrientrano aTerrain pochi anni, quelli rilasciatioltre i mille km possono resta-re in orbita per secoli.

La stima è di decine di mi-gliaia di oggetti potenzialmen-te distruttivi, il cui numero staaumentando. La situazione èdiventata così pericolosa cheNasa, Esa e le principali agen-zie spaziali mondiali stanno in-vestendo grandi risorse in«programmi dedicati». L’Esa,per esempio, ha avviato unprogramma per la sicurezzaspaziale («Ssa», «Space situa-

tional awareness»), con l’obiet-tivo di realizzare una rete dimonitoraggio basata su senso-ri e radar. Con le tecnologie og-gi disponibili è impensabile ri-pulire lo spazio e, quindi, nonresta che cercare di scoprire lamaggior parte dei «pezzi», de-terminarne l’orbita e mante-nerli sotto sorveglianza perconsentire che le future mis-sioni non corrano il rischio dicollisioni accidentali.

Ma come osservaremigliaia

di corpuscoli distanti centina-ia o migliaia di km in modo ra-pido ed efficace? Un team ita-liano, composto da ricercatoridell’Università di Pisa, del-l’Istituto Nazionale di Astrofi-sica, dell’Istituto di Fisica Ap-plicata del Cnr, di SpaceDyS(spin-off dell’Ateneo pisano,coordinato da Compagnia Ge-nerale per lo Spazio Spa), hatrovato la soluzione al proble-ma, ideando un rivoluzionariotelescopio a grandissimo cam-po, che riproduce l’architettu-ra dell’occhio della mosca.Questo «prodigio» dell’otticaavanzata è stato possibile gra-zie alle intuizioni degli espertidel gruppo, che si sono ispiratiagli occhi degli insetti, formatida tanti piccoli occhi semplici,ognuno dei quali osserva unaporzione del campo visivo. Leimmagini fornite da ogni oc-

chio vengono poi composte co-me le tessere di un puzzle, ot-tenendo l’immagine continuae ad altissima definizione di uncampo di vista molto ampio.

Questa idea rivoluzionariaha portato il team coordinatoda Cgs all’ideazione di unanuova generazione di telesco-pi, definiti «Fly-eye telescope»,in grado di osservare vasteporzioni di cielo: il prototipopotrà essere realizzato già en-tro l’inizio del 2014 e si fotogra-feranno così rapidamente inuna notte grandi porzioni dicielo (operazione pressochéimpossibile con i telescopi oggidisponibili) e si inizierà la cac-cia alla spazzatura spaziale.

Fondamentali sono le tecni-che di calcolo orbitale messe apunto dai ricercatori dell’Uni-versità di Pisa: unici al mondo,riescono con metodi matema-tici di loro ideazione a calcola-re l’orbita di un determinatodetrito con due sole osserva-zioni e, così, diventerà possibi-le una più efficiente cataloga-zione dei detriti spaziali.

Ora per l’Italia si apre unapossibilità straordinaria, quel-la di diventare un punto di rife-rimento in un settore altamen-te strategico come quello dellasicurezza spaziale. Ma servo-no i giusti «sponsors» (a co-minciare dall’Asi) e i necessarifondi: l’occasione strategicasarà il 20 novembre, quando aCaserta si riuniranno i mini-stri della Ricerca dei Paesi eu-ropei che collaborano nell’Esa.

MARIODIMARTINO

INAF - OSSERVATORIO DI TORINO

Larivoluzionemade in Italy

per ripulire lo spazioUn’occasioneunica.Maora ci vogliono i fondi

nÈcomesericonoscessero lapossibilitàchechili ha osservati potrà poi rubare loro il cibo. «Ma ciòche è fantastico - aggiunge Vallortigara - è che tor-nano a cambiare il nascondiglio solo gli uccelli chehanno avuto esperienze da ladri nelle tane altrui».Questo sembra dimostrare che le ghiandaie sonoin grado di associare informazioni ottenute daproprie esperienze passate - come il furto - allepossibili e future strategie di un altro individuo. Enon solo. Usano quest’associazione per modifica-

re i comportamenti. In un secondo test alcuneghiandaie venivano abituate a frequentare alter-nativamente due stanze: nella prima, la mattina,veniva servita un’abbondante prima colazione,nella seconda non ricevevano cibo. Per il resto del-la giornata le provviste nelle stanze erano abbon-danti e identiche. Al sesto giorno veniva data lorola possibilità di nascondere del cibo in una delledue stanze. In modo lungimirante - diremmo noi -le ghiandaie si sono preoccupate di nascondere lamaggior parte del cibo nella stanza dove sapeva-no che la mattina dopo non avrebbero ricevuto al-cuna colazione. Se questi uccelli appaiono in gra-do di pianificare, senza essere motivati da spinteimmediate, ciò può indicare che possiedono unarappresentazione del futuro. «E sempre più espe-

rimenti sembrano confermare che anche altri ani-mali possiedano almeno dei rudimenti di capacitàdi immaginare stati futuri - commenta il neuro-scienziato -. Purtroppo, però, nulla si sa delle basineurologiche di questi processi e, in mancanza dellinguaggio, non è facile indagare. Con l’uomo ba-sta posizionare uno scanner e poi gli si chiede dipensare a cosa vorrebbe che succedesse tra unasettimana e si può vedere l’attivazione delle areecerebrali». Con gli animali è impossibile. «Ma -conclude Vallortigara - è improbabile che almenoalcuni siano sprovvisti di una visione del futuro: lavita diventa complicata se ci si deve basare soltan-to su criteri di stimolo-risposta sganciati dal tem-po». La «nostra» e la «loro» intelligenza hanno piùpunti in comune di quanto si creda.Una ghiandaia: la sua mente sa stupirci

MONICAMAZZOTTO

SEGUE DA PAGINA I

Mario

DiMartino

AstronomoRUOLO: È RICERCATORE ASSOCIATO

DELL’INAF - OSSERVATORIOASTROFISICO DI TORINO

IL SITO DELL’INAF (ISTITUTONAZIONALE DI ASTROFISICA):

HTTP://WWW.INAF.IT/IT

che le tracce della primaespansione umana, oltrel’Africa, giacciano nascostesotto imari.

«Sì. E’ là che dovremo cercaremolte testimonianze».

Forse sono quelle prove na-scoste laveraAtlantide?

«Atlantide è la materializza-zione della memoria collettivadell’umanità, che per un lungoperiodo ha lottato contro laforza delle acque. Non a caso imiti del diluvio si diffusero inogni cultura, incarnandosi nel-l’eroe Gilgamesh e nel dio Enkifino a Noè. E, oltre che tra su-meri ed ebrei, la stessa leggen-da si ritrova ovunque, dal-l’America fino all’Australia».

Lesuericerchesonounesem-pio di scambi continui tra di-scipline diverse: in concretochecosasignifica?

«Ho cominciato la mia carrie-ra nel settore dei programmispaziali, studiando come lagravità influenzasse le orbitedei satelliti. Ma per definire

questi modelli era necessariocapire la tettonica e per quan-tificare quest’ultimahodovutorivolgermi al problema della“viscosità”, cioè come si defor-mano le placche. Così ho ap-profondito la geofisica e daquesta sono arrivato alla gla-ciologia e, mentre i dati si ac-cumulavano, ho allargato lecollaborazioni con teamdi oce-anografi e archeologi. E’ unviaggio eccitante».

Che cosa insegna il passatosul climadioggi?

«Da un secolo stiamo regi-strando cambiamenti eviden-ti, dalle temperature ai mari,ma, quando analizziamo le va-riazioni del passato, non dispo-niamo ancora di strumenti ab-bastanza sofisticati per capir-ne la velocità rispetto a quellidel presente».

Lasuaconclusione?«Che i cambiamenti a cui assi-stiamo sono anomali: non c’èdubbio che siano dovuti all’in-fluenza dell’uomo!».

Una simulazione di come apparirà il telescopio «Fly-eye»

Le ghiandaie che vedononel futuro

LA STAMPA

MERCOLEDÌ 14 NOVEMBRE 2012 .TuttoScienze .III