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Sommario Introduzione

Il percorso diagnostico iniziale

Il percorso terapeutico farmacologico sistemico

Il percorso diagnostico nel Centro di terapia del dolore Tabella riassuntiva

Schema terapeutico e test funzionali

Introduzione

In questa parte del manuale parleremo del dolore articolare che rappresenta una delle più frequenti cause di richiesta di valutazione e trattamento per il dolore negli ambulatori dei MMG e nei Centri di Terapia del dolore. Descriveremo il percorso diagnostico ed i primi trattamenti farmacologici che possono essere utilizzati da ogni Medico e come il percorso diagnostico- terapeutico può essere completato in un Centro di Terapia del dolore.

Va sottolineato che, pur tenendo presente le classificazioni tradizionali riguardanti le diverse patologie articolari, l'obiettivo della diagnosi è il dolore nei suoi aspetti con cui si presenta, si genera nei tessuti del corpo coinvolti dalla lesione o malattia. come viene percepito dal paziente nel suo contesto di vita e di lavoro.

Riteniamo opportuno definire:

Quali sono i quadri clinici che prenderemo in considerazione:

· Pazienti con dolore in quadri degenerativi (osteoartrosi, osteocondrite, necrosi asettica)

· Pazienti con dolore postoperatorio

· Pazienti con dolore non controllato da condividere con i Reumatologi nelle forme infiammatorie croniche

Quali sono gli obiettivi diagnostici che dobbiamo raggiungere per una terapia appropriata:

· l'identificazione del tessuto leso e coinvolto

· il o i meccanismi fisiopatologici del dolore (ipereccitabilità dei nocicettori, dei siti ectopici, dei neuroni spinali) ed i fattori affettivo-comportamentali che possono amplificare il dolore

· il o i fattori di stimolazione dei nocicettori o delle ectopie (peso, movimenti ecc.)

· gli aspetti psicosociali

Quali sono le possibilità terapeutiche in un ambulatorio del MMG ed in un Centro di Terapia del dolore:

· terapia farmacologica

· terapia infiltrativa o di blocco

· terapia di neuromodulazione

· terapia di neurolesione

Prima di iniziare il percorso è importante:

· Conoscere le aspettative del paziente

· Condividere il percorso diagnostico-terapeutico ed i possibili risultati.

· Chiarire che non esiste la cura miracolosa ma che è possibile controllare il dolore e recuperare la funzione seguendo un percorso fatto di periodici controlli e interventi mininvasivi.

· Identificare le complicanze di interventi eseguiti

· Identificare i quadri di dipendenza da farmaci oppioidi ed i soggetti con gravi disturbi della sfera psico-sociale.

· Disporre di test di valutazione del dolore e delle capacità funzionali per monitorare il trattamento. Nella cura di questi pazienti non basta prescrivere un farmaco o eseguire una procedura ma è necessario proseguire in un concetto di gestione in cui i test sono importanti per valutare la cura nel tempo.

Il percorso diagnostico iniziale

La prima azione che dobbiamo compiere è quella di individuare insieme al paziente in quale sede sente il dolore chiedendo di indicare precisamente la sede.

Se possibile chiedere al paziente di mostrare la parte sofferente e disegnare sul corpo con un pennarello ad acqua l'area del dolore. Il dolore viene ad assumere una dimensione reale e credibile perdendo i connotati di soggettività e di imprecisione. Inoltre vi accorgerete che le conoscenze anatomiche del paziente non sono così precise. Frequentemente nei pazienti anziani il dolore interessa più articolazioni anche se non possiamo considerare questa distribuzione come patognomonica di una patologia reumatica infiammatoria cronica.

E’ sempre opportuno identificare l’articolazione più dolente o più invalidante e iniziare a trattare

quella.

Figura1: primo atto è quello di identificare quale articolazione è interessata dal dolore e se si tratta di una sola articolazione o di più articolazioni.

Si consiglia di inviare ai colleghi Reumatologi i quadri clinici che vedono coinvolte più articolazioni nel sospetto di una patologia reumatica per approfondimenti diagnostici ed eventuale presa in carico. Per conoscenza riporto le principali patologie reumatologiche e i primi accertamenti che possono essere eseguiti per una prima ipotesi di diagnosi di patologia.

Figura 2:

Principali patologie reumatiche

Figura 3: Accertamenti diagnostici iniziali in attesa di una consulenza reumatologica

Continuando il percorso diagnostico dobbiamo distinguere il colloquio, ovvero la raccolta dei sintomi riferiti dal paziente, dalla visita, ovvero dalla raccolta dei sintomi visitando il corpo del paziente.

A - Colloquio: anamnesi, aspetti descrittivi, intensità e test di qualità di vita e di funzione

Nella raccolta dei dati anamnestici è opportuno individuare la patologie in corso o pregresse, eventuali traumi, le attività lavorative svolte, gli sforzi eccessivi e le attività sportive (tutto ciò che può aver sovraccaricato l'articolazione sofferente). Opportuno conoscere le terapie fatte (farmaci, fisioterapie, interventi ecc.) e gli accertamenti eseguiti. Si consiglia di non prendere visione subito degli accertamenti ma di rimandare la visione dopo l'esame clinico (il dolore non è visibile negli accertamenti diagnostici).

Il dolore articolare è descritto come sordo e profondo, poco localizzato. Il paziente si lamenta di non poter compiere le normali attività della vita quotidiana e di non essere autosufficiente.

Quali dati raccogliere:

· L'intensità del dolore a riposo e al movimento

· Quali gesti, posture, movimenti, stimoli evocano il dolore ma anche quali possibili gesti o posture alleviano il dolore.

· L'interferenza del dolore con le attività della vita quotidiana (eventuali test presenti negli allegati)

Figura 4: nell'ambito delle forme cliniche che incontriamo distinguiamo le forme acute infiammatori, le forme croniche degenerative, ma anche le forme postchirurgiche o reumatologiche

B - La visita: valutazione dell’area di dolore e i segni clinici

Come prima accennato, si consiglia di disegnare l’area di dolore percepito dal paziente.

Può essere localizzata in un punto preciso o diffuso e di un’area che si estende al di fuori dell’articolazione vera e propria. L’estensione è collegata ai meccanismi fisiopatologici dell’ipereccitabilità dei nocicettori e dei neuroni spinali.

L'ipereccitabilità dei neuroni spinali porta ad una allargamento dell'area in cui il paziente dichiara di percepire il dolore.

Figura 5: L'estensione dell'area di dolore dichiarato è un segno che può indicare la presenza di più meccanismi fisiopatologici. Un'area limitata può corrispondere ad una lesione extra-articolare tendinea o inserzionale, mentre un'area estesa a tutto l'ambito articolare si osserva nelle forma infiammatorie articolari per l'instaurarsi di meccanismi fisiopatologici di ipereccitabilità dei nocicettori e per ipereccitabilità dei neuroni spinali

Considerando l'area di dolore possiamo porre alcune domande.

1° Domanda: quali tessuti innervati sono presenti nell’area di dolore? Il tessuto osseo dei capi articolari, la capsula articolare, la sinovia, i tendini ed i muscoli, i legamenti e le vie nervose sensitive

In altre parole dobbiamo conoscere l’anatomia delle articolazioni. Le articolazioni sono strutture complesse in cui sono presenti diversi tessuti oltre a quelli puramente articolari. L'identificazione del tessuto potrà essere confermata dalla palpazione e mediante un blocco test diagnostico con anestetico.

Figura 6: i tessuti dell'articolazione nella spalla

Nella valutazione clinica dell'articolazione della

spalla, ad esempio, devono essere considerate, accanto alla patologia acromio-claveare e a quella clavicolo-scapolare, le patologie tendinee ed in particolare la tendinite del bicipite, la tendinite del sovraspinato e la borsite subacromiale.

Una delle frequenti cause di dolore è la rottura parziale o completa della cuffia dei rotatori. La cuffia dei rotatori è formata da 4 muscoli e dai relativi tendini: sottoscapolare, sovraspinato, infraspinato e piccolo rotondo.

Nell’articolazione del ginocchio va distinta la parte femoro- tibiale da quella femoro-rotulea, per le implicazioni che possono avere nella scelta terapeutica riguardante le afferenze sensitive, e tutti i legamenti articolari.

2° Domanda: è possibile evocare il dolore del paziente? Se evoco dolore posso anche ipotizzare il tessuto d’origine e il meccanismo patogenetico se infiammatorio o degenerativo, se è presente una ipereccitabilità dei nocicettori a cui si è aggiunta una ipereccitabilità o sensibilizzazione spinale.

E’ chiaro che se evoco dolore con i movimenti passivo e attivo posso presumere la presenza di una condizione di ipereccitazione

dei nocicettori e quindi uno stato infiammatorio.Figura 7: l'articolazione del ginocchio

Nelle forme degenerative il dolore è evocato da stimoli intensi come il peso del paziente.

Evocare il dolore è fondamentale perché mi dice che il dolore è localizzato in quell’area e mi permette di ipotizzare il tessuto e il meccanismo.

Figura 8: Gli stimoli applicati vanno dal semplice sfioramento della cute sovrastante l'articolazione nell'area di dolore alla pressione, movimento attivo o passivo, al carico. La presenza di dolore allo sfioramento è indice di ipereccitabilità dei neuroni spinali e si associa a processi infiammatori di una certa portata e durata.

L'assenza di dolore alle manovre è indice di dolore irradiato o di dolore riferito.

Va innanzi tutto considerato che la motilità può essere ridotta per il dolore ma anche per lesioni muscolo tendinee o deficit neurologici. Pertanto è opportuno osservare se è presente una evidente ipotrofia muscolare, un cedimento della scapola o riduzione della massa muscolare della coscia ad esempio.

Importante sottolineare che le manovre di semeiotica devono aiutarci a definire la sede di origine del dolore e ad ipotizzare un meccanismo fisiopatologico del dolore, Non sono mirate a precise diagnosi di lesione in quanto la diagnosi è affidata ad accertamenti radiologici come l’ecografia, la RMN o la TAC.

3° Domanda: non sono riuscito ad evocare il dolore; come devo procedere alla valutazione di altre ipotesi diagnostiche: l’importanza della diagnosi differenziale tra dolore localizzato (nocicettivo infiammatorio o degenerativo), irradiato (neurologico), riferito (da visceri, strutture osteo-articolari e miofasciali) ?

Un ruolo importante gioca la valutazione neurologica sia per escludere patologie neurologiche radicolari e sia per esaminare eventuali danni neurologici successivi all’intervento chirurgico o a lesioni traumatiche. Si consiglia di utilizzare le mappe dermatomeriche e le mappe che mostrano i territori di innervazione cutanea dei nervi periferici.

Figura 9: è importante, in assenza di dolore evocato eseguire una indagine delle sensibilità cutanee per escludere, come nel caso di un dolore al ginocchio, la possibile lesione radicolare lombare

La valutazione neurologica richiede tempo e può essere eseguita con semplici strumenti come una garza per valutare la sensibilità tattile delle fibre Abeta, uno stimolo caldo a 42 gradi per esaminare la sensibilità termica condotta da piccole fibre C e una punta smussa come una graffetta per evocare una sensazione dolorosa puntiforme in grado di stimolare le fibre Adelta.

Quali possono essere le diagnosi differenziali?

a) La presenza di dolore riferito da patologie dei visceri (es. polmone-pleura-fegato per la spalla, visceri pelvici per l’anca). Ricordiamo che nel dolore riferito non si riesce ad evocare alcun dolore al movimento nell'area di dolore dichiarato dal paziente ma probabilmente visitando la reale sorgente del dolore. Si pensi al dolore alla spalla destra da patologie dei tessuti epato-biliari; il dolore si evoca alla palpazione epatica e non della spalla.

b) La presenza di dolore irradiato di origine neurologica; la diagnosi di basa sulla valutazione della presenza di sintomi negativi ovvero di deficit del sistema somato-sensoriale nel territorio di dolore, nel dermatoma o nei territori di innervazione dei nervi periferici.

c) La presenza di dolore (percepito come profondo) a partenza dai tessuti profondi sottostanti all'articolazione come la pleura o le coste nel caso della spalla

Figura 10: Come si può vedere il dolore alla spalla e riferito dai tessuti epatici. La spiegazione viene dalla conoscenza dell'innervazione del nervo frenico

Considerazioni relative al punto in cui sono arrivato con la visita:

1. Ho evocato il dolore nell'area indicata dal paziente e non ho trovato deficit; posso dunque ipotizzare un dolore a partenza dei tessuti articolari e/o peri-articolari.

2. All'ispezione dell'area non sono presenti esiti chirurgici, danni da deformazione articolare o segni di plegia d'arto.

3. Posso dunque ipotizzare che il dolore è di tipo nocicettivo (ovvero nasce da stimolazione dei nocicettori presenti nei tessuti) e che può nascere da un processo infiammatorio ed alterazioni di tipo degenerativo (ricordiamo che dire "degenerativo" non esclude che in molti casi non vi siano eventi infiammatori di modesto significato.

Posso dunque considerare la prescrizione di una terapia farmacologica sistemica

Un discorso a parte merita l’eventualità di consulti con colleghi Reumatologi e Ortopedici per una eventuale scelta terapeutica basata su farmaci immunologici o interventi chirurgici protesici. Queste eventualità vanno anche discusse con il paziente tenendo conto di eventuali comorbilità presenti.

Figura 11: l'esame clinico ha evidenziato tre possibilità: la classica infiammazione che in alcuni casi può richiedere un consulto reumatologico, le forme complicate da esiti chirurgici o altro e le frequenti forme degenerative che a volte richiedono interventi protesici.

4° Domanda: quali sono le condizioni cliniche generali del paziente? Non vanno sottovalutate le condizioni cliniche generali e la presenza di patologie che possono interferire con le scelte terapeutiche e quindi condizionarle

Figura 12: importante, prima di ogni decisione terapeutiche conoscere le condizioni cliniche del paziente

5° Domanda: quale ipotesi fisiopatologica posso fare e quindi quale terapia sistemica posso prescrivere?

· Ipotesi meccanismo infiammatorio: farmaci antinfiammatori + Analgesici

· Ipotesi maccanismo degenerativo: farmaci analgesici

Test farmacologico sistemico nel dubbio diagnostico.

Posso anche eseguire un test iniziale per tre giorni con terapia con antinfiammatori e poi decidere come continuare. Per conferma devo indagare se l’assunzione di questi farmaci ha comportato:

1) Inizio progressivo dall’analgesia (2-3 ore per sviluppo dell’azione antinfiammatoria)

2) Durata protratta di almeno 8-12 ore per l’azione antinfiammatoria in corso

3) Inizio e durata congrui con il farmaco ma non completo controllo del dolore; utile associare analgesico centrale in un progetto di terapia combinata

4) Azione rapida e durata breve depongono per azione analgesica centrale dl farmaco; utile cambiare terapia e utilizzare farmaci analgesici centrali

l percorso terapeutico farmacologico sistemico

In questo capitolo tratteremo brevemente dei farmaci utilizzabili per via sistemica e proporremo alcuni criteri di scelta tratti dalla letteratura. Possiamo prescrivere i farmaci antinfiammatori non steroide che agiscono a livello dei terminali nocicettivi tissutali contro i mediatori della flogosi, e i farmaci che agiscono a livello della sinapsi spinale sulla trasmissione dell'impulso tra il primo ed il secondo neurone (paracetamolo e oppioidi). Per quanto riguarda i farmaci antinfiammatori steroidei vanno fatte alcune considerazioni. Il loro impiego può certamente essere utile nelle forme persistenti di dolore articolare quando tra i mediatori della flogosi prevalgono le citochine e non le prostaglandine. Sono pertanto farmaci di seconda scelta e in pazienti in cui è stata fatta una diagnosi più approfondita della patologia in corso. In ogni caso, se le condizioni cliniche del paziente lo permettono, possono essere utilizzati per tre-quattro giorni al fine di documentare un meccanismo fisiopatologico di tipo infiammatorio.

Gli antinfiammatori non steroidei rappresentano i farmaci raccomandati da tutte le linee guida internazionali

Da sottolineare che sono indicati nelle patologie articolari dove il meccanismo fisiopatologico è di tipo infiammatorio e non nelle forme degenerative. Devono essere utilizzati per la loro attività antinfiammatoria e non per quella analgesica centrale che alcuni di loro possiede.

Modalità di somministrazione:

Somministrazione continua e per via orale: non sarebbe considerata ottimale per gli effetti collaterali che possono insorgere e per il fatto che in molti casi di osteoartrosi il quadro clinico si manifesta in episodi che si ripetono e che possono interessare la stessa articolazione o una articolazione differente.

Somministrazione ciclica o al bisogno pervia orale: particolarmente utile con il farmaco e con il dosaggio efficace nel singolo paziente. Si consiglia di utilizzare il farmaco alla dose minima ma sufficiente a controllare il dolore e a garantire le funzionalità articolare. E’ quindi importante scegliere il farmaco che meglio agisce su dolore e funzione.

Somministrazione topica: per quanto riguarda i farmaci antinfiammatori topici, benché non vi siano evidenze, potrebbero essere impiegati in fase iniziale e per articolazioni aggredibili con la forma topica

Suggerimenti: In caso di cardiopatie è indicato un periodo di sospensione di uno-due mesi. Nelle forme continue e cicliche è importante associare un inibitore di pompa protonica. E’ da considerarsi fondamentale, come già scritto, che si programmi un controllo continuo del paziente e dell’efficacia del trattamento.

Quello che vogliamo sottolineare è che la somministrazione continua di farmaci antinfiammatori è in effetti non consigliata se non nei casi particolari e sicuramente accompagnata da controlli continui degli effetti collaterali. Per questo motivo sosteniamo la necessità di utilizzare una terapia combinata non solo tra farmaci antinfiammatori e analgesici ma anche tra farmaci e tecniche antalgiche.

Il concetto di “terapia combinata”. Combinare non vuole dire associare ma, come nell’apertura di una cassaforte individuare i farmaci giusti in una combinazione utile. Nel dolore nocicettivo infiammatorio è evidente che i farmaci antinfiammatori sono da utilizzare in prima linea ma è indicato, in vaso di insufficiente controllo del dolore, combinare un analgesico ad azione centrale come il paracetamolo o l’oppioide. Nel caso invece di un dolore non collegato alla flogosi non ha senso utilizzare un farmaco antinfiammatorio ma è opportuno combinare soluzioni che riguardano il carico sull’articolazione, interventi riabilitativi, gestione delle attività quotidiane cercando di intervenire sui fattori di stimolazione “terapia multimodale”. Il dolore e la limitazione funzionale rappresentano un vero problema non solo per chi svolge un’attività lavorativa ma anche per il paziente anziano che teme di perdere la propria autosufficienza. In questi ultimi casi è fondamentale non sostituire l’invalidità legata al dolore con quella causata dal farmaco.

Attenzione alle associazioni con farmaci come le Benzodiazepine, i Gabapentinoidi e gli Antidepressivi.

Nella figura sono rappresentati i momenti della nocicezione, la trasduzione nei tessuti periferici, la trasmissione e la modulazione a livello spinale, la percezione a livello corticale. con A indichiamo la sede di azione del paracetamolo o degli oppiodi; con B una possibile combinazione di meccanismi d'azione sulla modulazione e sulla trasmissione come avviene utilizzando il tramadolo o associando ad un oppioide un farmaco antidepressivo triciclico; con C una possibile combinazione una combinazione di meccanismi d'azione sulla trasduzione e trasmissione ottenuta associando un farmaco antinfiammatorio al paracetamolo o ad un oppioide (combinazioni ora presenti in commercio); in D la possibilità di combinare tutti e tre i meccanismi associando ad esempio il tramadolo ad un farmaco antinfiammatorio (come già in

commercio)Figura 1: i fattori della nocicezione come siti di azione

farmacologica

Queste indicazioni possono essere d'aiuto nella prescrizione. Nella tabella successiva riportiamo uno schema interessante da seguire.

I farmaci antinfiammatori steroidei consigliati nelle forme infiammatorie sostenute dalla presenza di mediatori della flogosi come le citochine euindi nelle forme persistenti e collegate a patologi reumatologiche

Il loro impiego richiede un controllo continuo del paziente e nelle terapie protratte una supervisione da parte dei Reumatologi. Il Prednisone è il farmaco glucocorticoide inizialmente prescrivibile ed efficace.

I farmaci analgesici che agiscono a li ello della sinapsi spinale e che modulano l impulso nocicetti o Sono indicati nelle forme degenerati e non infiammatorie

Paracetamolo: non è un farmaco antinfiammatorio ma un analgesico ad azione centrale. Si consiglia certamente di prescriverlo nelle fasi iniziale e valutarne l’efficacia soprattutto nei pazienti con patologie cardiovascolari e gastriche.

La letteratura non ne garantisce un particolare successo. Indicato nel trattamento combinato con i farmaci antinfiammatori per potenziale l’efficacia antalgica della cura.

Oppiodi: sono indicati particolarmente nelle forme degenerative dove la componente infiammatoria è minima o assente. Il Tramadolo sembra essere il farmaco più consigliato dalle linee guida internazionali. Aggiungiamo per esperienza sul campo il tapentadolo e la buprenorfina patch. Nelle forme infiammatorie si consiglia un loro impiego in una terapia combinata.

Utilizzare la minima dose efficace e valutare in ciascun caso il farmaco più efficace e con migliori effetti collaterali. Nella tabella riportiamo i consigli relativi ai tempi di assunzione.

Qualora fosse necessaria una assunzione continua, un consiglio importante è di non utilizzare, una volta individuata la dose efficace con forma a pronto rilascio, utilizzare forme a lento rilascio.

Figura 2: consigli pratici

Suggerimenti:

E’ da considerarsi fondamentale, come già scritto, che si programmi un controllo continuo del paziente e dell’efficacia del trattamento nei confronti del dolore e dell’autosufficienza con particolare riferimento ai pazienti anziani. L'impiego degli oppioidi nel dolore cronico deve seguire regole diverse da quelle che guidano il loro impiego nel dolore da cancro. Sono sicuramente utili ma vanno valutati nei singoli casi seguendo il decorso della patologia e dei risultati sul dolore e di eventuali effetti collaterali. La constatazione di una forma cronica di dolore articolare non è una indicazione alla somministrazione cronica di oppioidi in quanto esistono tecniche mininvasive che possono essere utilizzate.

Capitolo 3: Il percorso diagnostico nel Centro di terapia del dolore

QUANDO INVIARE IL PAZIENTE AD UN CENTRO DI TERAPIA DEL DOLORE

1) DIFFICOLTA’ NELLA VALITAZIONE DIAGNOSTICA

2) INSUCCESSO DELLA TERAPIA CORRETTAMENTE IMPOSTATA E ASSUNTA

3) NECESSITA’ DI TERAPIE MININVASIVE PER PERSISTENZA DEL QUADRO DI DOLORE ANCHE SE CONTROLLATO DAI FARMACI

4) RICHIESTA DEL PAZIENTE

PERCHE’ INVIARE IL PAZIENTE AD UN CENTRO DI TERAPIA DEL DOLORE?

1) PER STABILIRE LA SEDE SE ENDO- O PERI-ARTICOLARE MEDIANTE BLOCCHI DIAGNOSTICI

2) PER IDENTIFICARE ILA PRESENZA DI EVENTUALE DANNO CHIRURGICO SULLE AFFERENZE SENSITIVE

3) PER CONFERMARE IL MECCANISMO MEDIANTE BLOCCO DIAGNOSTICO

4) PER ESEGUIRE NLOCCHI TERAPEUTICI O INTERVENTI MININVASIVI

La disponibilità di strumenti come l’ecografo ed il fluoroscopio permette di eseguire le tecniche infiltrative su visione anatomica e su individuazione del danno.

I PAZIENTI CHE ARRIVANO AI CENTRI DI TERAPIA DEL DOLORE SONO IN GENERE DI TRE TIPOLOGIE

1) PAZIENTI CON DOLORE CRONICO E CON DIAGNOSI GIA' DOCUMENTATA DA INDAGINI E DA COLLEGHI MA NON OPERABILI PER VARI MOTIVI

2) PAZIENTI CON DOLORE ACUTO-PERSISTENTE CHE NON RISPONDONO A TERAPIA FARMACOLOGICHE SISTEMICHE O SOLO PER BREVI PERIODI

3) PAZIENTI AFFETTI DA DOLORE CRONICO POSTCHIRURGICO

QUALI OFFERTE DIAGNOSTICHE

Blocco diagnostico atto a reimpostare il trattamento farmacologico

Il blocco deve essere effettuato durante la visita di terapia del dolore al fine di definire il piano terapeutico.

Figura 1:

Il blocco, i possibili risultati e il programma di cura

A: Aspetti riguardanti le tecniche utilizzate nei blocchi articolare

E' evidente che allo stato attuale ogni blocco dovrebbe essere effettuato sotto guida ecografica o fluoroscopica, Tutto questo è fondamentale ed indispensabile per quanto riguarda l'articolazione coxo-femorale.

BLOCCHI DELL’ARTICOLAZIONE DELLA SPALLA: ricordiamo che il meccanismo fisiopatologico può coinvolgere le articolazioni gleno-omerale e acromio-claveare, ma anche i tessuti sub.acromiali e pertanto gli obiettivi dei blocchi sono distinti.

Figure 2-3-4: i diversi blocchi della spalla

BLOCCHI DELL’ARTICOLAZIONE DEL GINOCCHIO: ricordiamo che il meccanismo fisiopatologico può coinvolgere le articolazioni femoro-tibiale e femoro-rotuleo, ma anche i tessuti miofasciali e tendinei periarticolari

Figura 5: Queste immagini sono state prese dal testo "PERIPHERAL JOINT AND SOFT TISSUE INJECTION TECHNIQUES" di Paul Lento , Joseph Ihm , D.J. Kennedy , and Christopher Visco

BLOCCHIDELL’ARTICOLAZIONECOXOFEMORALE:ricordiamocheilmeccanismofisiopatologicopu coin olgere l articolazione co o femorale ma anche le strutture tendinee e miofasciali peri articolariIl blocco richiede la visione ecografica o fluoroscopica

Figura 6 - 7 - 8 : tecniche di blocco

B: Aspetti riguardanti i blocchi con anestetico locale e il corticosteroide: riportiamo nelle tabelle sottostanti alcune indicazioni sui farmaci steroidi e sugli anestetici locali da utilizzare

ABBIAMO ORA LA POSSIBILITA' DI CONTINUARE LA CURA UTILIZZANDO LA VIA ENDOARTICOLARE MA MODIFICANDO IL TIPO DI SOMMINISTRAZIONE. RIPORTIAMO ALCUNE INDICAZIONI ALLA SCELTA.

ABBIAMO STABILITO LA SEDE E IL MECCANISMO FISIOPATOLOGICO, ABBIAMO PRESCRITTO UNA TERAPIA FARMACOLOGICA COMBINATA COME PROCEDERE DOPO AVER CONTROLLATO IL RISULTATO?

COME PROSEGUIRE LA CURA DI QUESTI PAZIENTI SE NON ABBIAMO OTTENUTO UN CONTROLLO DEL DOLORE?

Gli interventi mininvasivi verrano trattati in un testo separato ma va sottolineato che il principale criterio di scelta è legato al diverso grado di lesione delle vie afferenti sensitive che va dalla semplice interruzione temporanea della conduzione e del flusso assonale, al danno completamente reversibile della crioneuromodulazione, al danno non sempre reversibile della neuromodulazione a radiofrequenza continua.

Tabella riassuntiva

Schema terapeutico e test funzionali

QUESTA DIAPOSITIVA CHE RIPORTA LE DIVERSE OPZIONI TERAPEUTICHE NON DEVE ESSERE INTERPRETATA COME UNA SEQUENZA DI POSSIBILITA' TERAPEUTICHE DA APPLICARE PROGRESSIVAMENTE O SEGUENDO IL CRITERIO DELL'INTENSITA' DEL DOLORE COME SPESSO VIENE INDICATO.

NOI CONTINUEREMO A SOSTENERE LA NECESSITA' DI UN APPROCCIO MULTIMODALE E MOLTIPROFESSIONALE DOVE MEDICI DI MEDICINA GENERALE E TERAPISTI DEL DOLORE COLLABORANO ALLA CONTINUITA' DELLE CURE

TEST FUNZIONALI

Istruzione e Formazione:

1972 Laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università di Pavia e Borsa di Studio presso l’Istituto di Fisiologia Umana dove continua le ricerche sperimentali iniziate negli anni universitari;

1974 Specializzazione in Anestesia e Rianimazione presso Università di Pavia; 1979 Specializzazione in Neurochirurgia presso Università di Pavia;

1990 Specializzazione in Fisiopatologia e Terapia del dolore presso l’Università di Verona. Esperienze lavorative:

1973-1990 Anestesista presso il Policlinico San Matteo di Pavia. Negli anni di lavoro presso il Policlinico di Pavia si occupa degli aspetti clinici dell’Anestesia neurochirurgica e dirige il Centro di Terapia del dolore dell’Istituto di Neurochirurgia;

dal 1990 Responsabile prima del Servizio di Anestesia dedicato alla Terapia del dolore e poi dell’Unità di Terapia del dolore presso l’Istituto di Pavia della Fondazione Salvatore Maugeri. L’Unità è diventata in questi ultimi due anni Centro di Terapia del dolore di II livello (Hub) della Regione Lombardia;

dal 1990 il suo lavoro ed i suoi interessi sono rivolti esclusivamente alla terapia del dolore e alla ricerca clinica. Si occupa non solo delle più recenti tecniche per sconfiggere il dolore ma anche della diagnosi dei meccanismi fisiopatologici che sottendono alla sofferenza;

Nel 2002 pubblica presso la casa editrice Mondadori il romanzo Liberi dal dolore raccontando la vita di chi soffre e di chi cura. È oggi responsabile del progetto di formazione regionale riguardante la Terapia del dolore;

Membro del direttivo di società scientifiche e presidente della Società Italiana “Federdolore”. Ha partecipato alle commissioni ministeriali e regionali contribuendo alla stesura della legge 38/2010 e delle delibere regionali che hanno portato alla costituzione della rete di terapia del dolore della regione Lombardia.

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