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Università degli Studi di Perugia
Facoltà di Lettere e Filosofia
Facoltà di Scienze Politiche
Facoltà di Economia
Corso di Laurea Magistrale in
Comunicazione Istituzionale e d’Impresa
“Antitrust e tutela dei consumatori: il confronto
con le azioni collettive risarcitorie”
"Antitrust and consumers protection: a comparison
with collective redress”
8 novembre 2011
Laureanda Relatore
Silvia Marini Prof. Alberto Giulio Cianci
Anno Accademico 2010/2011
1
INDICE
Introduzione pag.3
CAPITOLO I
Dal consumismo al consumerismo
1. Decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 pag.8
2. Il consumatore e il professionista pag.9
2.1 Diritti fondamentali dei consumatori pag.17
3. Le associazioni dei consumatori pag.22
CAPITOLO II
La tutela del consumatore
1. Tra normativa interna e comunitaria pag.30
2. Forme di tutela pag.42
2.1 Clausole vessatorie pag.43
2.2 Pratiche commerciali scorrette pag.51
2.2.1 Pratiche commerciali ingannevoli pag.58
2.2.2 Pratiche commerciali aggressive pag.64
3. Strumenti per la tutela dei consumatori pag.70
CAPITOLO III
Antitrust
1. Definizione ed elementi costitutivi pag.77
1.1 AGCM pag.85
2. Illecito antitrust pag.89
2.1 Intese restrittive della concorrenza pag.89
2.2 Abuso posizione dominante pag.91
2
2.3 Operazioni di concentrazione restrittive
della libertà di concorrenza pag.94
3. Il “benessere” dei consumatori attraverso
l’Antitrust pag.96
CAPITOLO IV
Azioni collettive risarcitorie
1. Legge finanziaria 2008: L. 24 dicembre 2007 n. 244 pag.110
2. Azione di classe e azione collettiva pag.113
3. Il “benessere” dei consumatori attraverso
le azioni collettive risarcitorie pag.124
4. Caso di studio pag.127
Conclusioni pag.134
Bibliografia
Monografie pag.137
Articoli pag.140
Commentari pag.141
Riferimenti normativi pag.143
Sentenze pag.145
Sitografia pag.145
3
INTRODUZIONE
Nell'attuale società, caratterizzata dallo sviluppo sempre più frenetico
del mercato e dal continuo evolversi delle tecnologie, la figura del
consumatore e il problema della tutela giuridica dei suoi interessi, hanno
acquisito nel tempo un ruolo crescente.
Il consumatore, viene continuamente esposto ad una serie di rischi e
danni, e per anni è stato definito “parte contrattualmente debole”.
Cosa si intende per “soggetti deboli”? Ognuno di noi lo è, nonostante
spesso non ci accorgiamo di esserlo, prima che essere studenti universitari,
professori, imprenditori, avvocati, siamo innanzitutto consumatori. Nel
momento in cui leggiamo, prendiamo l’autobus, andiamo in palestra, siamo
consumatori, in quanto tutte queste singole attività presuppongono
l’acquisto e l’utilizzo di un bene o un servizio.
Oggigiorno non siamo abituati a soffermarci a lungo a pensare, a
ragionare, spesso ci limitiamo ad agire come autentici robot che ripetono
inconsapevolmente le stesse identiche azioni nel quotidiano. Tendiamo a
tenere costanti quei comportamenti e/o azioni che vediamo andare a buon
fine, per la maggior parte dei giorni della nostra vita, agendo in base
all’abitudine ed alla consuetudine e senza accorgerci che tutti quei beni
standardizzati che ci circondano in ogni attimo della nostra giornata ci
attribuiscono ineluttabilmente l’appellativo di “consumatore”.
Per questo si parla di parte svantaggiata, ogni giorno mettiamo in atto
pratiche da consumatore e spesso nemmeno ce ne rendiamo conto, o nel
caso contrario ci troviamo in condizioni di buona fede a dover contrattare
termini con una controparte molto più specializzata ed informata di noi, che
ha interesse a portare avanti solo il proprio beneficio, il proprio profitto.
Da questo assunto nasce il bisogno di garantire una maggiore tutela al
soggetto chiamato consumatore, salvaguardarne i diritti diventa uno dei
principali compiti affidati al panorama giuridico contemporaneo. Viene
4
adottato così nel 2005 il Codice del Consumo, una raccolta di normative
precedentemente mal coordinate, che segnerà l’inizio di un cammino in
grado di portare ad una maggiore consapevolezza dei propri diritti; partendo
dal presupposto che proprio questa consapevolezza costituisce la chiave di
volta per una tutela migliore.
Il Codice del Consumo contiene una serie di soluzioni e rimedi ai rischi
e danni in cui può incorrere il consumatore e, disciplinando i rapporti tra
quest’ultimo e i professionisti, consente un più corretto funzionamento del
mercato.
Il consumatore diviene oggetto di attenzione nel ventunesimo secolo, un
periodo durante il quale nasce negli USA il Consumerismo1, termine che è
stato coniato per indicare tutti quegli atti indirizzati a tutelare il soggetto
fruitore di beni o servizi ad uso privato. Il consumerismo germoglia proprio
a causa dell’avvento del consumismo: con l’arrivo dei consumi di massa si
comincia ad acquistare in misura crescente grazie ai maggiori redditi a
disposizione, perdendo spesso il senso del nesso esistente tra bisogno reale
e indotto, senza avere obbligatoriamente una reale necessità di ciò che si
acquista. Questo processo viene favorito in primo luogo dalle pubblicità, il
mezzo attraverso il quale “l’offerta” riesce a creare “la domanda”, ciò che si
potrebbe definire un proficuo “bombardamento delle menti”. Acquistiamo
con la convinzione di aver fatto una scelta autonoma, ma in realtà è solo la
risultante di un percorso guidato da menti altrui.
La disciplina volta a tutelare il consumatore nasce dalle situazioni lesive
dei suoi interessi quali pratiche commerciali scorrette, tra pratiche
aggressive e ingannevoli, clausole abusive e clausole vessatorie. Gli
strumenti più utilizzati per tutelare gli utenti sono quelli dell’antitrust e
delle azioni risarcitorie collettive.
1 In Italia la cultura consumerista si sviluppa con oltre cinquant’anni di ritardo, infatti solo nel
1955 viene costituita la prima associazione a tutela dei consumatori, precisamente l’Unione
Nazionale Consumatori.
5
L’antitrust agisce andando ad attuare miglioramenti all’interno del
funzionamento del mercato, attraverso l’AGCM, Autorità Garante della
Concorrenza e del Mercato, tutela il bene primario garantendo il gioco della
concorrenza. Evitare situazioni di monopolio e di abuso di posizione
dominante, significa poter così garantire concorrenza nel mercato,
consentendo la distribuzione di beni e servizi a prezzi più economici, di
qualità elevata e al massimo dell’innovazione, perché sono queste ultime
che consentono di raggiungere degli standard quali–quantitativi elevati.
L’antitrust cerca così di raggiungere il benessere del cittadino in piena
autonomia rispetto al potere esecutivo, infatti può anche essere definita
come “autorità indipendente”, dato che non agisce direttamente sul singolo,
ma previene situazioni di mercato poco competitive, tutelando da pratiche
commerciali scorrette.
A differenza della precedente, l’azione risarcitoria collettiva ha portato
ad un ribaltamento dei ruoli e dei soggetti legittimati ad agire. I cittadini ora
possono entrare nel vivo delle proprie azioni, preparare un’azione legale,
esercitando anche pretese risarcitorie dirette verso imprese e multinazionali.
Negli Stati Uniti la class action può essere effettuata anche singolarmente,
differentemente in Italia per prendere parte ad un’azione risarcitoria
collettiva i soggetti devono necessariamente fare parte di un’associazione.
L’azione collettiva è un’azione di classe che parte dal basso, non più dalla
necessità di doversi affidare ad un’autorità superiore come l’antitrust.
L’idea di questa tesi nasce per analizzare le differenze tra antitrust e
azione risarcitoria collettiva nella tutela dei consumatori, mostrandone
anche le rispettive criticità.
La prima può essere definita come autorità, mentre l’altra come azione.
Tale differenza nella denominazione evidenzia un aspetto rilevante
dell’azione risarcitoria collettiva: la legittimazione ad agire2, attraverso
2 Requisito soggettivo indispensabile per esperire un’azione giudiziale.
6
un’inversione di rotta che consenta di raggiungere e riappropriarsi dei
propri diritti.
Ho strutturato il mio elaborato in quattro capitoli.
Nel primo capitolo si esaminano i protagonisti dell’atto del consumo: il
consumatore, il professionista, nonché le associazioni dei consumatori.
Queste figure iniziano a rivestire molta importanza, con l’avvenire del
consumerismo, i rapporti economici divengono pane quotidiano, prende
piede così nel 2005 il Codice del Consumo volto a disciplinare gli atti
intercorrenti tra “soggetto debole” e “soggetto forte”, favorendo un
maggiore livello di tutela dei consumatori.
Ma quando realmente si inizia a sentire la necessità di una maggiore
tutela degli utenti? Come indicato nel secondo capitolo questo bisogno è
stato colto verso la metà degli anni ’70 dall’attuale Unione Europea, che
contando circa mezzo miliardo di potenziali consumatori, mostra come
questi ricoprano un ruolo determinante nella società sia dal punto di vista
economico che politico. In Italia la disciplina in materia di consumo arriva
con quasi trent’anni di ritardo con la Legge 30 luglio 1998, n. 281 confluita
poi nel Codice del Consumo, Legge che con i suoi soli 8 articoli mostrava
un cambiamento per quei consumatori che continuano ad imbattersi in
pratiche sfavorevoli, ingannevoli, limitative della loro libertà di scelta,
nonché tutela, come le clausole vessatorie e le pratiche commerciali
scorrette. Con il susseguirsi di questi illeciti iniziano a formarsi
innumerevoli possibilità di tutela, a partire dalla risoluzione extragiudiziale,
senza il ricorso del giudice, fino ad arrivare ad una risoluzione giudiziale di
tipo amministrativo vedi Antitrust, o di fronte al giudice ordinario vedi le
Azioni Risarcitorie Collettive.
Il terzo capitolo è infatti dedicato all’istituto dell’Antitrust, come questo
nasce e con quale scopo, ma soprattutto come questo possa garantire il
benessere del consumatore. Come la più generica tutela del consumatore
anche la disciplina Antitrust arriva con estremo ritardo in terra italica,
7
rispetto al suo esordio statunitense nel luglio 1890 con l’approvazione dello
Sherman Act. Tra le cause di questa lentezza si possono individuare la
difficoltà di adattamento della disciplina alle basi del Civil Law, che
contraddistingue il nostro ordinamento. La nostra legislazione antitrust si
differenzia anche per la presenza di un'autorità amministrativa "autonoma e
indipendente”, la cosiddetta Autorità Garante della Concorrenza e del
Mercato, i cui poteri sono orientati principalmente alla salvaguardia del
gioco della concorrenza che potrebbe essere intaccata.
Nel quarto capitolo si delinea la giurisdizione e la tutela che
scaturiscono dalle Azioni Collettive Risarcitorie, entrate in vigore con circa
70 anni di ritardo rispetto alle Class actions, azioni di classe tipicamente
statunitensi ed estremamente differenti, nell’attuazione, dalle azioni
collettive. Le Azioni Collettive Risarcitorie nascono grazie alla Legge
finanziaria per il 2008, ma entrano in vigore solo nel gennaio 2010, sono
quindi delle azioni legali estremamente recenti ed innovative, che
consentono la risoluzione di una problematica comune a più soggetti,
tramite una sola azione . Questo capitolo è corredato da un caso di studio
che intende confrontare i due strumenti di tutela del consumatore, attraverso
un’indagine svolta presso le principali associazioni che si occupano di
salvaguardare i suoi diritti.
Dal latino “faber est suae quemque fortunae”3 (ogni uomo è artefice
della propria fortuna), può trarsi l’insegnamento secondo cui ogni
individuo per poter essere artefice della propria vita, ha bisogno di prendere
coscienza dei propri diritti, individuare i propri obiettivi, solo così potrà in
piena libertà scegliere se lottare per difenderli o meno.
Da piccoli gesti, nascono delle grandi azioni, individualmente siamo
delle risorse, ma agendo collettivamente le forze di ogni singolo non si
sommano, si moltiplicano.
3 Cit. Appio Claudio Cieco
8
CAPITOLO I
DAL CONSUMISMO AL CONSUMERISMO
1. DECRETO LEGISLATIVO 6 SETTEMBRE 2005, N.206
Con il Decreto legislativo 6 settembre 2005, n.206 in base all’articolo 7
della legge delega 29 luglio 2003, n. 2294 viene introdotto il Codice del
Consumo, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 235 del 8 ottobre 2005 ed
entrato in vigore il 23 ottobre dello stesso anno.
Questa raccolta unisce 21 precedenti testi normativi5 , sintetizzando il
contenuto di 558 disposizioni in un testo unico ed organico di 170 articoli,
mirate esclusivamente alla tutela dei consumatori. Come può desumersi
dall’art. 1 D.Lgs 206/20056 il codice ha il pregio di aver armonizzato e
4 Art. 7 Legge 29 luglio 2003, n. 229 relativo al riassetto normativo in materia di tutela dei
consumatori: “Il Governo e' delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della
presente legge, uno o più decreti legislativi, per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di
tutela dei consumatori ai sensi e secondo i principi e i criteri direttivi di cui all'articolo 20 della
legge 15 marzo 1997, n. 59, come sostituito dall'articolo 1 della presente legge, e nel rispetto dei
seguenti principi e criteri direttivi: a) adeguamento della normativa alle disposizioni comunitarie e
agli accordi internazionali e articolazione della stessa allo scopo di armonizzarla e riordinarla,
nonché di renderla strumento coordinato per il raggiungimento degli obiettivi di tutela del
consumatore previsti in sede internazionale; b) omogeneizzazione delle procedure relative al
diritto di recesso del consumatore nelle diverse tipologie di contratto; c) conclusione, in materia di
contratti a distanza, del regime di vigenza transitoria delle disposizioni più favorevoli per i
consumatori, previste dall'articolo 15 del decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 185, di attuazione
della direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 1997, e
rafforzamento della tutela del consumatore in materia di televendite; d) coordinamento, nelle
procedure di composizione extragiudiziale delle controversie, dell'intervento delle associazioni dei
consumatori, nel rispetto delle raccomandazioni della Commissione delle Comunità europee”.
5 4 Leggi, 2 DPR, 14 D. Lgs. e 1 regolamento di attuazione.
6 D. Lgs. 206/2005, art. 1, relativo alla finalità ed oggetti del Codice del Consumo: “Nel rispetto
della Costituzione ed in conformità ai principi contenuti nei trattati istitutivi delle Comunità
europee, nel trattato dell’Unione europea, nella normativa comunitaria con particolare riguardo
all’articolo 153 del Trattato istitutivo della Comunità economica europea, nonché nei trattati
internazionali, il presente codice armonizza e riordina le normative concernenti i processi di
acquisto e consumo, al fine di assicurare un elevato livello di tutela dei consumatori e degli
utenti”.
9
riordinato le normative riguardanti i processi di acquisto e consumo,
garantendo così un livello maggiore di tutela dei consumatori e degli utenti.
Il codice del consumo innanzitutto disciplina e semplifica il rapporto tra
consumatori e professionisti, questione rintracciabile nella struttura del
testo, che andando in ordine tratta di informazioni sui prodotti, pratiche
commerciali e pubblicità, conclusione ed esecuzione del rapporto di
consumo, singole fattispecie di contratti, garanzie relative alla sicurezza e
qualità dei prodotti, associazioni rappresentative dei consumatori e, dulcis
in fundo, accesso alla giustizia. Individuando per ogni situazione l’ambito
di applicazione, eccezioni, divieti e relative sanzioni.
Tutto ciò può incentivare una rapida soluzione extragiudiziale delle
controversie; garantire una migliore qualità dei prodotti e dei servizi offerti,
maggiore correttezza nelle pratiche commerciali, maggior concorrenza,
trasparenza e informazione nel mercato. Ne conseguirà un miglior
funzionamento del mercato, che scaturisce in un beneficio per l’intera
collettività.
2. IL CONSUMATORE E IL PROFESSIONISTA
Il consumo ha scandito i tempi del nostro vivere moderno e diviene
sempre più centrale nell’epoca postmoderna: dove sentiamo parlare di
consumatore troviamo sempre un corrispondente atto di consumo, ma
questo rapporto non è sempre biunivoco, in quanto il consumo non
coinvolge necessariamente l’utilizzo di un consumatore. Il consumo è figlio
della Rivoluzione industriale, che porta con sé, profonde ed irreversibili
trasformazioni, sia nel sistema produttivo che nel sistema economico, fino
ad arrivare all’intero sistema sociale, provocando un allargamento globale
della diffusione dei prodotti manifatturieri. Questo periodo ha scatenato
forti mutamenti nelle abitudini di vita e nei rapporti tra classi sociali.
Appaiono per le prime volte le fabbriche, luogo di nascita della classe
10
operaia e del capitalista industriale. Il modo di consumare a questo punto
subisce una forte scossa, non si consuma più solo per soddisfare un
bisogno, il prodotto non è più il semplice binomio tra domanda e offerta o
l’ingenuo collegamento tra reddito, propensione all’acquisto e prezzo. Il
bene acquisisce delle connotazioni irrazionali, irrazionali come sono le
sensazioni di soddisfazione, quel piacere che si prova al momento
dell’acquisto. Genericamente la soddisfazione è temporanea, si arresta
quando altre persone arrivano allo stesso livello di consumi, o quando
l’appagamento per determinati acquisti si arresta e diventa abitudine: in
quel preciso momento occorre spingersi più avanti, innescando un vortice
senza fine.
11
Tab. 1 – Spesa media e mediana mensile delle famiglie per ripartizione geografia
Fonte: Istat
Nell’era del consumismo possedere i più disparati beni possibili,
acquistare, spendere anche fino alla soglia dell’indebitamento, è il
comportamento che consente apparentemente di esternare un certo status
sociale. Ostentare ricchezza e potere attraverso i consumi, nella società
dell’apparenza, diviene status symbol7.
Osservando la tavola di dati dell’Istat, Istituto nazionale di statistica,
sopra riportata, e considerando la spesa media e mediana delle famiglie per
7 Status symbol sta ad indicare ogni segno esteriore che denota la condizioni sociale, economica e
culturale di un soggetto.
12
ripartizione geografica, possiamo notare come la spesa per alimenti e
bevande sia di lunga inferiore al 20%, infatti 16,5% nel Nord e 18,6% nel
Centro, non rappresentando nemmeno un quarto della spesa totale di una
famiglia media. La spesa media non alimentare, composta ad esempio da
tabacchi, abbigliamento, trasporti, tempo libero, invece arriva a toccare ben
l’80% della spesa totale, vedendo aumentare la spesa riguardante
l’abitazione e del tempo libero e della cultura.
I protagonisti del consumare contemporaneo sono il consumatore ed il
professionista, attorno ai quali gira l’intero rapporto economico, analizzato
dal Codice del Consumo8. Essendo definizioni fondamentali, per una
corretta interpretazione della disciplina riguardante la tutela dei
consumatori, diviene necessario passarle in rassegna.
L’art. 3 D. Lgs. 206/2005 esordisce identificando i soggetti che
beneficiano delle tutele delineate nel Codice, i cosiddetti consumatori9.
Questi ultimi, ove non diversamente previsto, vengono identificati come le
persone fisiche che agiscono per scopi estranei all’attività economica10
.
Pertanto, consumatore è colui che agisce nel mercato, acquistando beni
e servizi non per la propria attività professionale; è colui che fa del bene,
del servizio o della merce acquistata un uso esclusivamente personale, per
8 In genere abbiamo un’applicazione differenziata per quanto riguarda i rapporti tra professionista
e professionista, infatti questi ultimi vengono tutelati nel Codice del Consumo, ma solo nei
rispettivi rapporti con i consumatori. Ciò si può intendere nel D. Lgs. 206/2005, art. 3; in sostanza
non vengono tutelati nel Codice del Consumo i rapporti tra soggetti che operano entrambi per
scopi relativi alla propria attività imprenditoriale o professionale. Il professionista, a differenza del
consumatore, nel momento dell’acquisto è spinto da motivazioni razionali, a differenza del
consumatore che agisce molto spesso d’istinto, determinato da fattori emotivi.
9 D. Lgs. 206/2005, art. 3 comma 1 lettera a): “consumatore o utente: la persona fisica che agisce
per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale
eventualmente svolta.
10 “Imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale” vedi D.Lgs. 206/2005 art 3..
13
soddisfare le limitate esigenze della sua vita individuale e familiare, al di
fuori della sua vita lavorativa11
.
Si parla di “persona fisica” in quanto è chiaro comprendere come ad
esempio le società, ossia la “persona giuridica” non possa godere delle
disposizioni e facilitazioni spettanti al consumatore; lo stesso trattamento è
valido anche per i soggetti che acquistano un bene per uso promiscuo, che
val a dire, sia per la propria attività imprenditoriale o professionale che per
uso personale. Il consumatore viene comunemente considerato come la
parte contrattualmente debole, meno informata, come protagonisti del
mercato che operano in condizioni non paritetiche.
Sono i soggetti maggiormente vulnerabili, per questo all’interno del
Codice del Consumo si è alla continua ricerca di una maggiore tutela,
situazione che si può constatare nel momento di risoluzione della
controversia, nel caso in cui il giudice si trovi in una situazione di
incertezza, quest’ultimo, si desume, dovrebbe tendere sempre a favorire il
consumatore, anziché il professionista.
Molto spesso si tende a fare del consumatore una vittima indifesa, ma a
volte così non è, risulta utile infatti distinguere tra consumatori più o meno
fragili ed influenzabili degli altri.
11
Tribunale di Genova, sentenza n. 4208 del 23 febbraio 2007, in I diritti del consumatore.
Commento al Codice del Consumo, 2009, 15.
14
Fig. 1 – Elasticità del prezzo in funzione dei redditi
Fonte: CHEVALIER e MAZZALOVO, Pro logo: le marche come fattori di progresso,
Franco Angeli, 2003, pag 280.
Il reddito, in questo quadro, svolge un ruolo di primaria importanza, in
quanto come si mostra nella Figura 1, i consumatori più ricchi mostrano
un’elevata indifferenza ai prezzi del mercato, a differenza del consumatore
dal reddito medio, che con estrema oculatezza deciderà quale prodotto
acquistare dopo un’attenta analisi qualità - prezzo.
Suscita stupore constatare come anche gli utenti dal basso reddito siano
insensibili ed indifferenti al criterio del prezzo, al pari livello dei
consumatori ricchi, forse perché in una soglia di debito permanente, i prezzi
diventano marginali e cessano di avere senso12
.
Passiamo ora ad analizzare quello che spesso potrebbe essere definito
come l’antagonista del consumatore: il professionista13
. Il professionista è
12
CHEVALIER e MAZZALOVO, Pro logo: le marche come fattori di progresso, Franco Angeli,
2003, pag 281.
13 D. Lgs. 206/2005 art. 3 comma 1 lettera c): “professionista: la persona fisica o giuridica che
agisce nell’esercizio della propria attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o
professionale, ovvero un suo intermediario”.
15
un altro soggetto protagonista del rapporto di consumo, è quella persona
fisica o giuridica, quindi sia pubblica che privata, che vende beni e servizi
per la propria attività professionale o imprenditoriale. Tra i professionisti
possiamo trovare anche i produttori14
, ovvero coloro che fabbricano o
forniscono i beni o i servizi, o li importano all’interno del territorio dello
Stato, sono anche coloro che imprimono su questi beni il proprio nome,
marchio o segno distintivo. I produttori producono qualsiasi bene destinato
al consumatore, anche nel quadro di una prestazione di servizi, fornito o
reso disponibile a titolo oneroso o gratuito nell’ambito di un’attività
commerciale.
Ai professionisti viene rivolta una minore tutela al paragone con i
consumatori, vengono indicati nel Codice del Consumo i loro diritti e
doveri, per non porre i contraenti “deboli” in situazioni insidiose o di netto
svantaggio.
I professionisti infatti sono soggetti molto razionali e poco
suggestionabili, il loro scopo è quello di strutturare la loro strategia di
propensione al consumo in base all’utilità15
che il bene o il servizio
acquistato può garantire all’impresa. Sarebbe più corretto parlare di
economicità, anziché di utilità, cioè massimo rendimento con il minor
sforzo possibile, perché molto spesso lo scopo di alcuni imprenditori e
professionisti non è assolutamente la felicità dei propri consumatori, ma
cercare di raggiungere il minor sfruttamento dei consumatori con maggiori
utili per i professionisti, una soglia limite entro la quale i clienti meno
avveduti non si possano nemmeno rendere conto di essere sfruttati.
14
D. Lgs. 206/2005 art. 3 comma 1 lettera d): “produttore: fatto salvo quanto stabili nell’articolo
103, comma 1, lettera d), e nell’articolo 115, comma 2-bis, il fabbricante del bene o il fornitore del
servizio, o un suo intermediario, nonché l’importatore del bene o del servizio nel territorio
dell’Unione Europea o qualsiasi altra persona fisica o giuridica che si presenta come produttore
identificando il bene o il servizio con il proprio nome, marchio o altro segno distintivo”.
15 Si parla di utilità quando si cerca di analizzare se un bene o un servizio è utile a soddisfare la
domanda di questo stesso bene o servizio. Secondo Jeremy Bentham, filosofo e giurista inglese,
fondatore dell’utilitarismo, ogni società dovrebbe tendere sempre ad ottenere “la felicità maggiore
per il maggior numero di individui” in DA RE, Etica e forme di vita, Milano, 2007, 231.
16
A differenza dei professionisti, i consumatori intraprendono azioni
dettate molto spesso dalle emozioni, dovute anche al luogo in cui queste si
manifestano. Frequentemente gli utenti vengono presi alla sprovvista (c.d.
“effetto sorpresa”), ed in un turbinio di sensazioni ed emotività scelgono
prodotti, firmano contratti, intraprendono percorsi sfavorevoli, e il disagio
di questa scelta spesso e volentieri sbagliata sopravviene solo in seguito.
Alla cessata suggestione, i consumatori si accorgono dell’acquisto
sbagliato, o del servizio diametralmente opposto a ciò che pensavano o
avevano intuito, magari in seguito ad una impressionante pubblicità16
.
Questo fenomeno ricorre spesso nella tipologia dei contratti a distanza17
e nei contratti negoziati fuori dai locali commerciali18
.
L’effetto sorpresa consiste nel cogliere impreparato il consumatore, per
strada o meno, in un momento in cui quest’ultimo sta andando di fretta e
convincerlo ad acquistare un prodotto o più generalmente ad accettare le
clausole di un generico contratto, senza ulteriori informazioni e senza
tempo per riflettere. Veniamo colti alla sprovvista anche nel momento in
cui ci troviamo ad acquistare un oggetto mai visto prima, magari on-line,
ossia non visionato di persona a differenza di come si farebbe in un negozio
fisico e rendersi conto che il bene o servizio in questione possiede delle
caratteristiche differenti e non desiderate.
16
D. Lgs. 145/2007 art. 2 lettera a), in merito alla nozione giuridica di pubblicità: “qualsiasi forma
di messaggio che é diffuso, in qualsiasi modo, nell'esercizio di un'attività commerciale, industriale,
artigianale o professionale allo scopo di promuovere il trasferimento di beni mobili o immobili, la
prestazione di opere o di servizi oppure la costituzione o il trasferimento di diritti ed obblighi su di
essi”.
17 D. Lgs. 206/2005 art. 50 ss. relativi ai contratti a distanza.
18 D.Lgs 206/2005 art. 45 ss. relativi ai contratti negoziati fuori dai locali commerciali.
17
2.1 Diritti fondamentali dei consumatori
Perseguendo lo scopo di prevenire situazioni lesive degli interessi dei
consumatori, il Codice del Consumo si pone l’obiettivo primario di
affermarne i diritti fondamentali, dando loro un’adeguata tutela.
Fondamentali vengono chiamati quei diritti di rilevanza costituzionale,
ossia quei diritti che la Costituzione formalmente riconosce loro.
L’art. 2 della Costituzione della Repubblica italiana infatti afferma di
riconoscere e garantire i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo
individuo che come formazione sociale, attraverso i quali si svolge la loro
personalità19
; a fronte di ciò, i diritti dei consumatori non vengono
espressamente riconosciuti dalla nostra Costituzione, perché riconosciuti da
leggi ordinarie e non da leggi costituzionali.
Fig. 2 - Gerarchia delle fonti del diritto
Fonte: http://studiare-studere-discere.blogspot.com/
19
Art. 2 Costituzione della Repubblica Italiana: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti
inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua
personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e
sociale”.
18
Osservando il livello di gerarchia delle fonti, in questo schema
meramente esemplificativo, possiamo notare infatti che le norme sono
disposte secondo una scala gerarchica. Partendo dall’alto, al primo livello
possiamo trovare la Costituzione e le leggi costituzionali: queste sono le
fonti superprimarie, che possono essere modificate, sostituite od eliminate
solo ed esclusivamente da una legge di pari livello gerarchico, come ad
esempio dalle leggi di revisione costituzionale. La Costituzione è infatti il
corpus fondante dell’ordinamento giuridico italiano.
Scendendo al secondo livello, troviamo le cosiddette fonti primarie,
formate da leggi ordinarie, decreti leggi e decreti legislativi, regolamenti
comunitari e direttive, e le leggi regionali; successivamente andando a
scendere troviamo le fonti secondarie ossia i regolamenti governativi e
infine gli usi o consuetudini.
Ciò che viene stabilito al vertice della “piramide” non potrà mai essere
violato o disposto diversamente dai gradi successivi e viceversa una fonte di
grado inferiore non potrà mai contrastare o cancellare una fonte di grado
superiore. Seguendo questa prospettiva, i diritti dei consumatori inseriti
all’interno del Codice del Consumo quindi non potranno mai essere
equiparati ai diritti inviolabili dell’uomo inseriti all’interno delle leggi
costituzionali italiane, e non riceveranno mai la stessa tutela.
Situazione diametralmente opposta a quella dello Stato Italiano è quella
che è possibile riscontrare in Portogallo. Nell’ambito della Constituição da
República Portuguesa, l’art. 60 afferma:
“Direitos dos consumidores
1. Os consumidores têm direito à qualidade dos bens e serviços
consumidos, à formação e à informação, à protecção da saúde, da segurança
e dos seus interesses económicos, bem como à reparação de danos.
2. A publicidade é disciplinada por lei, sendo proibidas todas as formas
de publicidade oculta, indirecta ou dolosa.
19
3. As associações de consumidores e as cooperativas de consumo têm
direito, nos termos da lei, ao apoio do Estado e a ser ouvidas sobre as
questões que digam respeito à defesa dos consumidores, sendo-lhes
reconhecida legitimidade processual para defesa dos seus associados ou de
interesses colectivos ou difusos.”
Fig.3 – Revolução dos Cravos, Lisbona 25.04.1974
Fonte: Archivio Prof. Alberto Giulio Cianci
In sostanza l’articolo 60 della Costituzione della Repubblica Portoghese
asserisce che i consumatori hanno il diritto alla qualità dei beni e servizi
utilizzati, alla formazione e informazione e ad aver garantiti la tutela alla
salute, alla sicurezza ed alla tutela degli interessi economici, nonché al
risarcimento dei danni. Inoltre la pubblicità è regolata dalla legge, che
proibisce tutte le forme di pubblicità occulta, indiretta o intenzionale.
Le associazioni dei consumatori e le cooperative di consumo hanno
diritto per legge, al sostegno statale, hanno altresì diritto ad essere ascoltati
sulle questioni riguardanti la protezione dei consumatori, riconoscendo loro
una posizione legale per difendere gli associati e gli interessi collettivi.
Grazie alla nascita del Codice del Consumo è possibile in buona parte
colmare il gap relativo ai diritti dei consumatori, che non sono presenti
nella Carta Costituzionale.
L’art. 2 D. Lgs. 206/2005 riconosce ai consumatori ed identifica come
fondamentali i diritti:
20
“a) alla tutela della salute;
b) alla sicurezza e alla qualità dei prodotti e dei servizi;
c) ad una adeguata informazione e ad una corretta pubblicità;
c-bis) all’esercizio delle pratiche commerciali secondo principi di
buona fede, correttezza e lealtà;
d) all'educazione al consumo;
e) alla correttezza, alla trasparenza ed all'equità nei rapporti contrattuali;
f) alla promozione e allo sviluppo dell'associazionismo libero,
volontario e democratico tra i consumatori e gli utenti;
g) all'erogazione di servizi pubblici secondo standard di qualità e di
efficienza”.
Lo scopo del Codice del Consumo è quindi quello di assicurare
un’efficace salvaguardia dei consumatori, così da rimediare a quella
asimmetria informativa presente nei rapporti tra consumatore e
professionista, meglio detti contraenti “deboli” e contraenti “forti”.
Esaminando l’elenco di cui all’art. 2 D. Lgs. 206/2005, troviamo la
tutela della salute. Ogni azienda deve imporsi questo obiettivo e lavorare
nella direzione della cura della sicurezza e della salute dei propri clienti.
Come indica anche la stessa Costituzione all’articolo 4120
, l’iniziativa
economica privata deve svolgersi senza recare danno alla salute e alla
sicurezza delle persone. In ambito alimentare il tutto è ancora più chiaro,
infatti al momento di rifornirsi di materie prime bisogna attentamente
ponderare la qualità, la sicurezza e la provenienza, viste anche le passate ed
attuali crisi del settore alimentare, bisogna evitare di minare ulteriormente
la fiducia dei consumatori.
Proseguendo alla lettura dello stesso articolo notiamo che vengono
espressamente vietate pratiche commerciali contrarie ai principi di buona 20 Cost. art 41: “L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità
sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge
determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa
essere indirizzata e coordinata a fini sociali”.
21
fede, correttezza e lealtà. Queste ultime costituiscono un obbligo attraverso
il quale le parti del rapporto di consumo devono agire con lealtà,
astenendosi da false affermazioni, salvaguardando l’utilità reciproca. Si
tratta indubbiamente di una previsione che si rivolge al professionista, che
non deve utilizzare la sua maggiore conoscenza e avvedutezza a discapito
del consumatore, consentendo a quest’ultimo di operare in piena libertà e
consapevolezza nel mercato.
Per quanto riguarda invece l’educazione al consumo, per una migliore
analisi possiamo fare riferimento all’art. 4 D. Lgs. 206/200521
che tratta di
educazione al consumatore. Per educazione si intendono quelle attività
formative dirette al consumatore e necessarie per istruirlo ad approcciarsi
nel modo più appropriato nel mercato, in grado di consentirgli scelte di
consumo consapevole, che riducano al minimo rischi e possibili danni al
mercato e a sé stesso.
Le varie voci dell’art. 2 D. Lgs. 206/2005 garantiscono in egual modo
sicurezza e salute, rispetto della garanzia, responsabilità per eventuali danni
e corretta informazione; ciò configura un obbligazione di fornire prodotti di
un buon livello qualitativo, conformi alle finalità per i quali sono stati
prodotti od erogati e che corrispondano a come vengono descritti ed
illustrati in pubblicità.
Tutto ciò oltre a garantire la salvaguardia dei diritti del consumatore,
potrebbe consentire anche all’impresa che agisce con lealtà, senza inganni e
frodi, di acquisire nuovi clienti/consumatori.
Grazie al Codice del Consumo, la parte contrattualmente forte non potrà
fare affidamento stabile su alcuna forma di maggior potere rispetto al
21
D. Lgs. 206/2005 art. 4 “1. L’educazione dei consumatori e degli utenti e’ orientata a favorire la
consapevolezza dei loro diritti e interessi, lo sviluppo dei rapporti associativi, la partecipazione ai
procedimenti amministrativi, nonché la rappresentanza negli organismi esponenziali. 2. Le attività
destinate all’educazione dei consumatori, svolte da soggetti pubblici o privati, non hanno finalità
promozionale, sono dirette ad esplicitare le caratteristiche di beni e servizi e a rendere chiaramente
percepibili benefici e costi conseguenti alla loro scelta; prendono, inoltre, in particolare
considerazione le categorie di consumatori maggiormente vulnerabili”.
22
consumatore. A partire dalla tutela alla salute, informazione e trasparenza,
correttezza, fino ad arrivare all’educazione ed equità, si è in presenza di
numerosi elementi che agiranno da forza perequativa, al fine
dell’affermazione di un nuovo sistema concorrenziale.
3. LE ASSOCIAZIONI DEI CONSUMATORI
Le associazioni dei consumatori22
sono un altro tassello fondamentale
nel rapporto di consumo, infatti le possiamo trovare citate anche all’interno
dei diritti dei consumatori art. 3 D. Lgs. 206/2005 alla cui lettera f) si
afferma che al consumatore è riconosciuto come fondamentale il diritto
“alla promozione e alla espansione dell'associazionismo libero, volontario e
democratico tra i consumatori e gli utenti”.
Queste organizzazioni agiscono per la salvaguardia e la tutela di diritti
ed interessi dei consumatori, consentono quindi una ulteriore garanzia e
controllo a favore degli utenti.
Qui il consumatore non viene più esaminato solo nel ristretto ambito
della sua individualità, ma viene inserito nella vasta sfera delle associazioni
dei consumatori
Nel 1955 il tema dell’associazionismo inizia ad acquisire importanza;
nasce grazie a Vincenzo Dona23
la prima associazione a tutela dei
consumatori: l’UNC, Unione Nazionale Consumatori, costituita in seguito
ad un periodo in cui dilagavano frodi, specialmente nel settore alimentare; i
22
D. Lgs. 206/2005 art. 3 comma 1 lettera b): “associazioni dei consumatori e degli utenti: le
formazioni sociali che abbiano per scopo statutario esclusivo la tutela dei diritti e degli interessi
dei consumatori o degli utenti”.
23 Vincenzo Dona, nato in provincia di Messina il 24 gennaio del 1930 e deceduto a Roma il 27
agosto 2006, all’età di 76 anni. Riconosciuto come il padre del Consumerismo italiano. Segretario
generale e fondatore dell’Unione Nazionale Consumatori, rappresentante dei consumatori in
numerose occasioni, anche internazionali, tra cui il Codex Alimentarius e il Comitato nazionale
per la Biosicurezza e le biotecnologie. È ricordato per aver arricchito intere generazioni della
consapevolezza dei propri diritti di consumatori. Vedi DONA, Pubblicità, pratiche commerciali e
contratti nel Codice del Consumo, 2008, 7.
23
prezzi sottoposti ai consumatori non avevano alcuna relazione con i costi;
esistevano situazioni di monopolio in cui non si aveva il minimo riguardo
per gli utenti.
Da questo momento molto è cambiato, innanzitutto perché
l’organizzazione dei consumatori è ciò che si oppone alle forze politiche
consentendo, in seguito a pressioni e stimoli, proposte e provvedimenti
molto validi. Associarsi significa mettere insieme risorse e menti, per
perseguire degli obiettivi comuni. Vuol dire non rimanere a guardare, ma
contribuire attivamente a creare un mondo diverso, impegnarsi per cercare
di migliorare situazioni che non ci soddisfano, né ci rispecchiano. Come dal
latino cogito ergo sum, l’uomo come soggetto pensante deve svolgere
opere, azioni e attività che gli consentano di esprimere al meglio il proprio
essere. Lasciar correre comportamenti anticoncorrenziali, pratiche
commerciali scorrette, situazioni monopolistiche, significa limitare la
propria libertà, oltre che di scelta, anche di espressione. Le associazioni
sono nate con lo scopo di combattere situazioni lesive degli interessi dei più
deboli, e spesso degli sprovveduti. Essere in associazione indica un
perseguimento di scopi comuni che individualmente non si sarebbero potuti
raggiungere, evidenzia soggetti molto simili, non perché accomunati dagli
stessi tratti fisici o culturali, ma perché alla ricerca di fini comuni, alla
ricerca di un benessere comune.
Secondo l’art. 139 D. Lgs. 206/200524
, solo le associazioni inserite
nell’elenco di cui all’art. 137 D.Lgs 206/2005 sono legittimate ad agire ai
sensi dell’art 140 D. Lgs. 206/2005. Infatti in base all’articolo 137 D. Lgs.
206/2005, in tema di elenco delle associazioni dei consumatori e degli
utenti rappresentative a livello nazionale, presso il Ministero delle attività
produttive è possibile visionare, anche on-line, l’elenco, continuamente
24
D. Lgs. 206/2005 art. 139: “Le associazioni dei consumatori e degli utenti inserite nell'elenco di
cui all'art. 137 sono legittimate ad agire, ai sensi dell'art. 140, a tutela degli interessi collettivi dei
consumatori e degli utenti”.
24
aggiornato, di tutte le associazioni rappresentative dei consumatori a livello
nazionale. È possibile iscriversi all’elenco delle associazioni, solo se si è in
possesso dei seguenti requisiti, con conseguente attestata documentazione:
“a) avvenuta costituzione, per atto pubblico o per scrittura privata
autenticata, da almeno tre anni e possesso di uno statuto che sancisca un
ordinamento a base democratica e preveda come scopo esclusivo la tutela
dei consumatori e degli utenti, senza fine di lucro;
b) tenuta di un elenco degli iscritti, aggiornato annualmente con
l'indicazione delle quote versate direttamente all'associazione per gli scopi
statutari;
c) numero di iscritti non inferiore allo 0,5 per mille della popolazione
nazionale e presenza sul territorio di almeno cinque regioni o province
autonome, con un numero di iscritti non inferiore allo 0,2 per mille degli
abitanti di ciascuna di esse;
e) svolgimento di un'attività continuativa nei tre anni precedenti;
f) non avere i suoi rappresentanti legali subito alcuna condanna” 25
.
Inoltre a ciascuna associazione è vietata ogni attività di pubblicità o
promozione, riguardante beni o servizi prodotti da imprese con scopo di
lucro.
Una volta costituite e legittimate ad agire a tutela degli interessi
collettivi dei consumatori, le associazioni dei consumatori hanno il potere di
“inibire atti e comportamenti lesivi degli interessi dei consumatori; adottare
misure idonee a correggere od eliminare effetti dannosi e conseguentemente
ordinare la pubblicazione del provvedimento su più quotidiani a diffusione
sia nazionale che locale, in modo tale da contribuire ad eliminare e
correggere le violazioni accertate”26
. Possono inoltre secondo il D. Lgs.
25
D. Lgs. 206/2005 art. 137 , in materia di elenco delle associazioni dei consumatori e degli utenti,
rappresentative a livello nazionale.
26 D. Lgs. 206/2005 art. 140, riguardante la procedura di accesso alla giustizia.
25
206/2005 art. 140 comma 2, attivare precedentemente del ricorso al giudice,
la procedura di conciliazione avanti alle varie camere di commercio. Il
procedimento è definibile entro 60 giorni.
A questo punto non resta che scegliere, decidere di quale associazione
entrare a far parte, se lo si desidera, puntare su un’organizzazione che non
sia orientata a fare affari, o a fare battaglie per partito preso contro
determinate cariche politiche, ma indirizzarsi verso un’associazione al cui
centro ci siano solo gli interessi dei consumatori, ed iniziare da questi per
far partire il loro operato.
Le associazioni riconosciute dal Ministero delle attività produttive, sono
qui di seguito indicate27
.
Adoc - Associazione Nazionale per la Difesa e l'Orientamento
dei Consumatori e degli utenti: formatasi nel 1988 conta circa
sessantacinquemila iscritti. Il suo scopo principale è quello di lavorare
al perfezionamento delle norme per la sicurezza alimentare, di
assicurare tutela della privacy, e di vigilare sui gestori di acqua, luce,
gas28
.
Adusbef - Associazione Difesa Utenti Servizi Bancari,
Finanziari, Postali, Assicurativi: costituita nel maggio 1987, con circa
110 sedi in Italia. È specializzata in particolar modo nel settore
bancario, finanziario e assicurativo. La sua forza maggiore risiede nella
sua indipendenza sia dai poteri economici, che dalla politica e dai
padroni29
.
Acu - Associazioni Consumatori Utenti, onlus: viene
costituita nel 1984 con la denominazione di Agrisalus. Pone la sua
27
Vedi http://www.sviluppoeconomico.gov.it
28 Vedi http://www.adoc.org
29 Vedi http://www.adsusbef.it
26
attività per tutelare in particolar modo il consumatore nel settore agro –
alimentare e nei servizi di pubblica utilità30
.
Adiconsum - Associazione difesa consumatori e ambiente:
nasce nel 1987, quest’oggi conta circa centoventiduemila associati.
Lavora in piena autonomia dai poteri di imprese, governi e partiti e va a
lavorare principalmente sul fronte dell’usura e dell’accesso al credito,
assicurazioni, sicurezza stradale, energia, turismo31
.
Altroconsumo: nasce nel 1973 sotto il nome di Comitato
Difesa Consumatori, con oltre trecentomila associati, prende
successivamente la denominazione di Altroconsumo che era
inizialmente solo una rivista mensile a tutela dei consumatori. Si
propone come obiettivo primario, quello di tutelare i diritti dei
consumatori, D.Lgs. 206/2005 art. 2 sopra citato32
.
Assoconsum: costituita nel 2002 con l’obiettivo di tutelare i
cittadini nel campo dei consumi consapevoli, energia e territorio con lo
scopo di poter creare un eco-ambiente. Attualmente conta quarantamila
iscritti33
.
Assoutenti: costituita nel 1982, promuove gli interessi e i
diritti dei consumatori nelle valutazioni delle amministrazioni
pubbliche. I servizi pubblici a misura e a servizio dell’uomo sono la
base per una tutela migliore dell’utente34
.
Ctcu - Centro Tutela Consumatori e Utenti Alto Adige: i suoi
servizi si rivolgono ai consumatori privati, con lo scopo di incoraggiare
30
Vedi http://www.acu.it
31 Vedi http://www.adiconsum.it
32 Vedi http://www.altroconsumo.it
33 Vedi http://www.asso-consum.it
34 Vedi http://www.assoutenti.it
27
uno sviluppo sostenibile, di garantire una situazione paritaria tra
consumatore e professionista e infine consentire un innalzamento degli
standard di qualità dei prodotti35
.
Casa Del Consumatore: nasce nel 2002 con l’intento di
tutelare i consumatori aumentando la tempestività e la qualità della
fornitura dei servizi privati e pubblici, per passare poi dalle
assicurazioni, alla sanità, e finire con le etichettature dei prodotti36
.
Cittadinanzattiva: nasce nel 1978, conta oggi novantamila
aderenti circa. Si occupa principalmente di sanità, giustizia, scuola e
problemi di cittadinanza e permessi di soggiorno37
.
Codacons: nasce nel 1986, quando il principale problema era
quello di combattere il monopolio della SIP38
; è una delle associazioni
maggiormente riconosciute sul piano nazionale. Si occupa di tutelare i
consumatori riguardo argomenti di giustizia, scuola, trasporti, media e
molti altri39
.
Codici - Centro per i Diritti del Cittadino: costituita nel 1987
con oltre trentamila iscritti, promuove e tutela i diritti dei consumatori e
utenti, senza nessuna distinzione di razza, sesso, cultura, con particolare
riguardo ai più indifesi40
.
Confconsumatori: nasce nel 1976 quando oltre quattrocento
donne si unirono per protestare contro la speculazione sul prezzo del
35
Vedi http://www.centroconsumatori.it
36 Vedi http://www.casadelconsumatore.it
37 Vedi http://www.cittadinanzattiva.it
38 SIP da Società Italiana per l’esercizio telefonico, sorge nel 1899 con Società Idroelettrica
Piemontese, nel 1963 dopo la statalizzazione dell’industria elettrica, la SIP si sviluppa nel settore
delle telecomunicazioni. Nel 1994 cambia nome in Telecom Italia.
39 Vedi http://www.codacons.it
40 Vedi http://www.codici.org
28
parmigiano. È stata creata appunto per superare quella barriera che
intercorre tra consumatori e imprese, per cercare di aprire la strada al
dialogo. Oggi conta circa trentamila associati41
.
Federconsumatori: costituita nel 1988, con l’aiuto della Cgil,
con più di 700 sedi sparse nel territorio italiano e oltre centoventimila
iscritti. Opera su tutto il territorio italiano alla difesa del consumatore e
dei suoi interessi42
.
Lega Consumatori: costituita nel 1971, conta di circa
cinquantamila iscritti in 81 province italiane. Associazione
dall’ispirazione cristiana, si differenzia dalle altre organizzazioni per
l’attenzione che verte non solo su argomenti riguardanti la difesa del
cittadino e dei suoi diritti, ma anche sul consumatore membro di una
famiglia e di una società43
.
Movimento Consumatori: nasce nel 1985, svolge attività di
tutela dell’utente in ambito sanitario, assicurativo e bancario, turistico, e
nei servizi di pubblica utilità, sollecitando continuamente il
consumatore a prendere maggiore coscienza dei propri diritti e doveri44
.
Movimento Difesa Del Cittadino: nasce nel 1987, collabora
con Legambiente da anni. Indipendente da forze politiche e sindacati,
svolge il suo lavoro a tutela dei consumatori dotando quest’ultimi di
notevoli strumenti di autodifesa45
.
Unione Nazionale Consumatori: viene costituita nel 1955
grazie a Vincenzo Dona, la più antica associazione a tutela dei
41
Vedi http://www.confconsumatori.com
42 Vedi http://www.federconsumatori.it
43 Vedi http://www.legaconsumatori.it
44 Vedi http://www.movimentoconsumatori.it
45 Vedi http://www.mdc.it
29
consumatori, nata con lo scopo di proteggere questi ultimi dalle frodi
alimentari di quegli anni. Oggi conta più di centomila associati e
continua a promuovere attivamente la qualità e la sicurezza dei prodotti
ed il rispetto per l’ambiente e le risorse naturali46
.
Indipendentemente dal nome, tutte queste associazioni, hanno uno
stesso obiettivo da raggiungere: una maggiore tutela dei consumatori,
raggiunta fornendo assistenza e informazioni, difendendo i diritti
fondamentali degli utenti.
46
Vedi http://www.consumatori.it
30
CAPITOLO II
LA TUTELA DEL CONSUMATORE
1. TRA NORMATIVA INTERNA E COMUNITARIA
Il consumatore si trova sovente vittima di abusi ad opera delle
controparti, i professionisti. Nettamente più qualificati dei consumatori, o
semplicemente dal nome altisonante e rassicurante, dalla campagna
pubblicitaria e siti Internet promettenti e patinati, i professionisti
approfittano spesso della situazione di “superiorità” facendo emergere una
grande problematica: la necessità di una maggiore tutela delle “parti
contrattualmente deboli”.
Questo bisogno è stato colto verso la metà degli anni ’70, quando la
Comunità Economica Europea, oggi Unione Europea, ha iniziato ad
armonizzare le norme nazionali in modo tale da poter garantire a tutti i
consumatori del mercato comunitario lo stesso livello di protezione,
univoco e indistinto.
L’UE comprende oggi 27 paesi membri, circa mezzo miliardo di
potenziali consumatori che ricoprono un ruolo determinante nella società
sia dal punto di vista economico che politico, in quanto portatori di
un’opinione pubblica che risulta sempre più influente dal punto di vista
delle politiche industriali e di orientamento dei mercati.
31
Tab. 2 - popolazione totale dell’Unione Europea
Paese 2009
UE (27 paesi) 499.695.154
Belgio 10.750.000
Bulgaria 7.606.551
Repubblica ceca 10.467.542
Danimarca 5.505.504
Germania 82.002.356
Estonia 1.340.415
Irlanda 4.450.030
Grecia 11.260.402
Spagna 45.828.172
Francia 64.366.962
Italia 60.045.068
Cipro 796.875
Lettonia 2.261.294
Lituania 3.349.872
Lussemburgo 493.500
Ungheria 10.030.975
Malta 413.609
Paesi Bassi 16.485.787
Austria 8.355.260
Polonia 38.135.876
Portogallo 10.627.250
Romania 21.498.616
Slovenia 2.032.362
Slovacchia 5.412.254
Finlandia 5.326.314
Svezia 9.256.347
Regno Unito 61.595.961
Fonte: il portale ufficiale dell’Ue http://europa.eu/
Nel 1972 durante un vertice tra capi di Stato e di Governo si è
affrontato per la prima volta a Parigi la questione delle politiche
comunitarie in materia di consumo. Pochi anni dopo, nel 1975, vennero
identificate e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. C92 del 24 aprile 1975
le cinque tipologie di dritti essenziali in materia di tutela dei consumatori, il
primo programma d’azione relativo alla tutela dei consumatori in cui il
32
Consiglio delle Comunità europee ha affermato come “il diritto alla
protezione della salute e della sicurezza, il diritto alla protezione degli
interessi economici, il diritto all’informazione e all’educazione, il diritto
alla rappresentanza, il diritto al giusto risarcimento dei danni mediante
procedure rapide, efficaci e poco dispendiose"47
fossero principi basilari e
fondanti la legislazione comunitaria.
Gli anni ’90 sono stati anni caratterizzati da un susseguirsi di
provvedimenti importanti, a partire dalla sicurezza in materia di giocattoli,
dalle vendite a distanza, alla sicurezza più in senso lato dei prodotti, alle
clausole abusive dei contratti, e così via. Questo processo di sviluppo ha
permesso la creazione del “diritto comunitario della protezione dei
consumatori”48
.
Nel 1 gennaio 1993, le frontiere vengono finalmente aperte e così viene
a realizzarsi il mercato unico49
, ottenuto grazie all’istituzione dell’Atto
Unico europeo, accolto a Lussemburgo il 17 febbraio 1986 e
conseguentemente entrato in vigore nel luglio 1987.
L’importanza della categoria dei consumatori è andata crescendo a
partire dal Trattato di Maastricht50
, detto anche Trattato dell’Unione
Europea sottoscritto nel 1993, che affermava esplicitamente l’obiettivo di
garantire un ingente livello di difesa dei consumatori nell’art. 129 A “La
Comunità contribuisce al conseguimento di un livello elevato di protezione
dei consumatori mediante[…]azioni specifiche di sostegno e di integrazione
47
GUCE n. 92 del 25/04/1975 il primo programma d’azione presentato dalla Commissione
europea riguardante la protezione dei consumatori.
48 CAFARO, Tutela dei consumatori. Disciplina comunitaria e normativa interna, Napoli, 2002,
pag 14.
49 Il mercato unico ha l’obiettivo di facilitare la circolazione di capitale, lavoro, beni e servizi dei
paesi membri, eliminando le barriere doganali, fisiche ed amministrative. Mercato unico è
sinonimo sia di libertà, in quanto aumenta la possibilità di scelta del consumatore; che di
concorrenza, in quanto questo agevola gli scambi economici.
50 GUCE n. 191 del 29 luglio1992.
33
della politica svolta dagli Stati membri al fine di tutelare la salute, la
sicurezza e gli interessi economici dei consumatori e di garantire loro
un'informazione adeguata[…]”.
L’articolo 129 A del Trattato di Maastricht è stato poi modificato e
riscritto dall’art. 15351
del Trattato di Amsterdam, nel quale grande
importanza assunse la protezione dei Consumatori che afferma in materia di
protezione dei consumatori “Al fine di promuovere gli interessi dei
consumatori ed assicurare un livello elevato di protezione dei consumatori,
la Comunità contribuisce a tutelare la salute, la sicurezza e gli interessi
economici dei consumatori nonché a promuovere il loro diritto
all'informazione, all'educazione e all'organizzazione per la salvaguardia dei
propri interessi[…]contribuendo mediante misure di sostegno, di
integrazione e di controllo della politica svolta dagli Stati membri.”.
Negli stessi anni iniziano a prendere le mosse le pubblicazioni di
numerosi “Libri Verdi”, questi sono spesso il punto di partenza degli
sviluppi legislativi comunitari. Sono documenti pubblicati dalla
Commissione Europea per mezzo dei quali si vuole concentrare la
riflessione su un tema di particolare rilievo: sulla base delle proposte
presentate le parti interessate avviano un processo di consultazione e di
dibattito, sia di carattere politico che economico giuridico.
Quattro sono gli obiettivi contenuti all’interno dei cosiddetti “Libri
Verdi” con lo scopo di consentire un dibattito nelle materie di interesse.
Innanzitutto il primo obiettivo è quello di esaminare se la legislazione
risponde ai bisogni ed alle aspettative dei consumatori e relativi
professionisti; secondariamente bisogna verificare in quale modo la
seguente legislazione consente di tutelare gli interessi dei consumatori;
dopo aver raggruppato tutta questa serie di informazioni il terzo obiettivo è
51
A seguito delle modifiche introdotte con il Trattato di Amsterdam entrato in vigore nel 1999 e
pubblicato nella GUCE n. 340 del 10.11.1997 , che sanciva come gli interessi dei consumatori
debbono essere tenuti in debita considerazione
34
quello di avviare un dibattito pubblico nella materia sopra indicata; per
ultimo, ma non meno importante, si consente ove necessario alla
Commissione di avanzare adeguate misure a tutela dei consumatori,
consentendo il progresso della legislazione comunitaria.
I “Libri Verdi” propongono importanti spunti di riflessione, utili sia per
rendere più limpida la normativa per i consumatori, che per
responsabilizzare produttori e fornitori.
Il 16 novembre 1993, la Commissione pubblicò un Libro Verde sulle
materie riguardanti l’accesso dei consumatori alla giustizia e la risoluzione
delle controversie dei consumatori nel mercato unico52
, con l’obiettivo di
permettere a tutti i consumatori dell’allora Comunità Europea, di avere
accesso alla giustizia e di poter affrontare anche le controversie
transfrontaliere.
Tab. 3 – Libri verdi dall’origine ad oggi
2011
Libro verde - Giustizia penale nel settore della detenzione, COM(2011) 327
Libro verde - Il quadro dell'UE in materia di governo societario, COM(2011) 164
Libro verde - Gioco d'azzardo on-line nel mercato interno, COM(2011) 128
Libro verde - Finanziamento della ricerca e dell'innovazione , COM(2011) 48
Libro verde - Appalti pubblici, COM(2011) 15
2010
Libro verde - Meno adempimenti amministrativi per i cittadini, COM(2010) 747
Libro verde -Sistema dell’IVA più semplice, solido ed efficiente, COM(2010) 695
Libro verde - Crescita inclusiva e dello sviluppo sostenibile, COM(2010) 629
Libro verde - Estensione dell’uso degli appalti elettronici nell’UE, COM(2010) 571
Libro verde - La politica in materia di revisione contabile, COM(2010) 561
Libro verde - Verso sistemi pensionistici adeguati, sostenibili e sicuri, COM(2010) 365
Libro verde - Diritto europeo dei contratti per consumatori ed imprese, COM(2010) 348
Libro verde - Il governo societario negli istituti finanziari,COM(2010) 284
Libro verde - Le industrie culturali e creative, un potenziale da sfruttare, COM(2010) 183
Libro verde - La protezione e l’informazione sulle foreste nell’UE, COM(2010) 66
52
COM (93) 576 def. Bruxelles, 16 novembre 1993.
35
2009
Libro verde - Diritto d'iniziativa dei cittadini europei, COM(2009) 622
Libro verde - Promuovere la mobilità dei giovani per l'apprendimento, COM(2009) 329
Libro verde - Revisione del regolamento (CE) n. 44/2001, COM(2009) 175
Libro verde - Riforma della politica comune della pesca, COM(2009) 163
Libro verde - Integrazione della rete transeuropea di trasporto, COM(2009) 44
2008
Libro verde - Personale sanitario europeo, COM(2008) 725
Libro verde - Gestione dei rifiuti organici biodegradabili, COM(2008) 811
Libro verde - Mezzi di ricorso collettivo dei consumatori, COM(2008) 794
Libro verde - Qualità dei prodotti agricoli, COM(2008) 641
Libro verde - Coesione territoriale, COM(2008) 616
Libro verde - Copyright nell’economia della conoscenza, COM(2008) 466
Libro verde - Migrazione e mobilità, COM(2008) 423
Libro verde - Trasparenza del patrimonio del debitore, COM(2008) 128
2007
Libro verde - Verso una nuova cultura della mobilità urbana, COM(2007) 551
Libro verde - Preparazione contro gli attacchi biologici, COM (2007) 0399
Libro verde - L'adattamento ai cambiamenti climatici in Europa, COM(2007) 354
Libro verde - Futuro regime comune europeo in materia di asilo, COM(2007) 301
Libro verde - Per una migliore demolizione delle navi, COM (2007) 269
Libro verde - Servizi finanziari al dettaglio, COM(2007) 226
Libro verde - Accesso del pubblico ai documenti detenuti dall'UE,COM(2007) 185
Libro verde - Nuove prospettive per lo Spazio europeo della ricerca, COM(2007) 161
Libro verde - Strumenti utilizzati a fini di politica ambientale, COM(2007) 140
Libro verde - Revisione dell'acquis relativo ai consumatori, COM(2006) 744
Libro verde - Verso un'Europa senza fumo, COM(2007) 27
2006
Libro verde - Applicazioni di navigazione satellitare, COM(2006) 769
Libro verde - Difesa del commerciale in un'economia globale, COM(2006) 763
Libro verde - Modernizzare il diritto del lavoro, COM(2006) 708
Libro verde - Protezione diplomatica e consolare dei cittadini dell'UE, COM(2006) 712
Libro verde - Il sequestro conservativo di depositi bancari, COM(2006) 618
Libro verde - Tecnologie nel lavoro delle autorità di sicurezza, COM (2006) 474
Libro verde - Conflitto di leggi in materia di regime patrimoniale, COM(2006) 400
Libro verde - Società civile nella politica in materia di droga nell’UE, COM(2006) 316
Libro verde - Verso la futura politica marittima dell’Unione, COM(2006) 275
Libro verde - Iniziativa europea per la trasparenza, COM(2006) 194
Libro verde - Presunzione di non colpevolezza, COM(2006) 174
Libro verde - Strategia europea per l’energia sostenibile, COM(2006) 105
2005
Libro verde - Conflitti di giurisdizione, COM(2005) 696
36
Libro verde - Risarcimento danni per violazione delle norme antitrust, COM(2005) 672
Libro verde - Promuovere le diete sane e l’attività fisica, COM(2005) 637
Libro verde - Futuro della rete europea sulle migrazioni, COM(2005) 606
Libro verde – Protezione delle infrastrutture critiche, COM(2005) 576
Libro verde - Migliorare la salute mentale della popolazione, COM(2005) 484
Libro verde - Il credito ipotecario nell'UE, COM(2005) 327
Libro verde - Rafforzamento del quadro normativo fondi d'investimento, COM(2005) 314
Libro verde - Efficienza energetica, COM(2005) 265
Libro verde - Politica in materia di servizi finanziari (2005-2010), COM(2005) 177
Libro verde - Cambiamenti demografici, COM(2005) 94
Libro verde - Giurisdizione in materia di divorzio, COM(2005) 82
Libro verde - Successioni e testamenti, COM(2005) 65
Libro verde - Gestione della migrazione economica, COM(2004) 811
2004
Libro verde - Gli appalti pubblici della difesa, COM(2004) 608
Libro verde - Riconoscimento delle misure cautelari non detentive, COM(2004) 562
Libro verde - Uguaglianza e non discriminazione nell’UE, COM(2004) 379
Libro verde - Obbligazioni alimentari, COM(2004) 254
Libro verde - Partenariati pubblico-privati, COM(2004) 327
Libro verde - Riconoscimento ed esecuzione delle sanzioni penali, COM(2004) 334
2003
Libro verde - Norme di origine nei regimi commerciali preferenziali, COM(2003) 787
Libro verde - Servizi di interesse generale, COM(2003) 270
Libro verde - Garanzie procedurali a favore di indagati e imputati, COM(2003) 75
Libro verde - Trasformazione della convenzione di Roma 1980, COM(2002) 654
Libro verde - L'imprenditorialità in Europa, COM(2003) 27
Libro verde - Politica spaziale europea, COM(2003) 17
2002
Libro verde - Procedura europea per l'ingiunzione di pagamento, COM(2002) 746
Libro verde - Risoluzioni controversie in materia civile e commerciale, COM(2002) 196
Libro verde - Rimpatrio delle persone che soggiornano illegalmente, COM(2002) 175
2001
Libro verde - Revisione del regolamento (CEE) n. 4064/89 del Consiglio, COM(2001) 745
Libro verde - Tutela penale degli interessi finanziari comunitari, COM(2001) 715
Libro verde - Tutela dei consumatori nell'Unione europea, COM(2001) 531
Libro verde - Risarcimento alle vittime di reati, COM(2001) 536
Libro verde - Quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese, COM(2001) 366
Libro verde- Diritto contrattuale europeo, COM(2001) 398
Libro verde - Futuro della politica comune della pesca, COM(2001) 135
Libro verde - Politica integrata relativa ai prodotti, COM(2001) 68
2000
Libro verde -Sicurezza dell'approvvigionamento energetico, COM(2000) 769
37
Libro verde - Problematiche ambientali del PVC, COM(2000) 469
Libro verde - Scambio dei diritti di emissione di gas ad effetto serra, COM(2000) 87
Libro verde - Assistenza giudiziaria in materia civile, COM(2000) 51
1999
Libro verde - La responsabilità civile per danno da prodotti difettosi, COM(1999) 396
1998
Libro verde - Politica di spettro radio nel contesto delle politiche della UE, COM(98) 596
Libro verde - Informazione del settore pubblico, COM(98) 585
Libro verde - Lotta alla contraffazione ed alla pirateria nel mercato interno, COM(98) 569
1997
Libro verde - Porti e infrastrutture marittime, COM(97) 678
Libro verde - Convergenza tra i settori delle telecomunicazioni, COM(97) 623
Libro verde - Brevetto comunitario e sul sistema dei brevetti in Europa, COM(97) 314
Libro verde - Regimi pensionistici integrativi nel mercato unico, COM(97) 283
Libro verde - Legislazione in materia alimentare, COM(97) 176
Libro verde - Partenariato per una nuova organizzazione del lavoro, COM(97) 128
1996
Libro verde - Restrizioni verticali nella politica di concorrenza comunitaria, COM(96) 721
Libro verde - Servizi di telecomunicazione, COM(96) 590
Libro verde - Gli appalti pubblici nell'Unione europea, COM(96) 583
Libro verde - Fonti energetiche rinnovabili, COM(96) 576
Libro verde - Relazioni tra l'UE e i paesi ACP all'alba del XXI secolo, COM(96) 570
Libro Verde - Politiche future in materia di inquinamento acustico, COM(96) 540
Libro verde - Commercio, COM(96) 530
Libro verde - Tutela dei minori e della dignità umana, COM(96) 483
Libro verde - Istruzione, formazione, ricerca, COM(96) 462
Libro verde - Vivere e lavorare nella società dell'informazione, COM(96) 389
Libro verde - Il ruolo e responsabilità del revisore legale dei conti, COM(96) 338
Libro verde - Servizi finanziari, COM(96) 209
Libro verde - La comunicazione commerciale nel mercato interno, COM(96) 192
Libro verde - La protezione giuridica dei servizi criptati nel mercato interno, COM(96) 76
Libro verde - Controllo comunitario delle operazioni di concentrazione, COM(96) 19
1995
Libro verde - Internalizzazione dei costi esterni dei trasporti, COM(95) 691
Libro verde - Innovazione, COM(95) 688
Libro verde -Realizzare le potenzialità del trasporto pubblico, COM(95) 601
Libro verde - Il diritti d'autore e i diritti connessi, COM(95) 382
Libro verde - I modelli di utilità nel mercato interno, COM(95) 370
Libro verde - Misure pratiche per l'introduzione della moneta unica, COM(95) 333
Libro verde - Il ruolo dell'Unione in materia di turismo, COM(95) 97
1994
Libro verde - Liberalizzazione delle infrastrutture di telecomunicazione II, COM(94) 682
38
Libro verde - Per una politica energetica, COM(94) 659
Libro verde - Liberalizzazione delle infrastrutture di telecomunicazione I, COM(94) 440
Libro verde - Orientamento settore delle comunicazioni mobili e personali, COM(94) 145
Libro verde - Scelte strategiche per potenziare l'industria europea, COM(94) 96
1993
Libro verde - Accesso consumatori alla giustizia e risoluzione controversie, COM(93) 576
Libro verde - La politica sociale europea, COM(93) 551
Libro verde - Garanzie dei beni di consumo e dei servizi post-vendita, COM(93) 509
Libro verde - Dimensione europea dell'istruzione, COM(93) 457
Libro verde - Iniziative comunitarie 1994-1999, COM(93) 282
Libro verde - Risarcimento dei danni all'ambiente, COM(93) 47
1992
Libro verde - Pluralismo e concentrazione dei mezzi di com. massa, COM(92) 480
Libro verde - Impatto dei trasporti sull'ambiente, COM(92) 46
1991
Libro verde - Sviluppo del mercato unico dei servizi postali, COM(91) 476
1990
Libro verde - Comunicazioni via satellite nella Comunità europea, COM(90) 490
Libro verde - Integrazione tecnologica in Europa, COM(90) 456
Libro verde - Ambiente urbano, COM(90) 218
1988
Libro verde - Il diritto di autore e le sfide tecnologiche, COM(88) 172
1987
Libro verde - Mercato comune servizi ed apparati di telecomunicazioni, COM(87) 290
1985
Libro verde - Prospettive per la politica agraria comune, COM(85) 333
1984
Libro verde - Mercato comune delle trasmissioni radiotelevisive, COM(84) 300
Fonte: http://europa.eu/documentation/official-docs/green-papers
Tutto il contesto fin qui esaminato, costituito da innumerevoli
evoluzioni normative, porta all’adozione di un Piano di Azione detto Action
Plan che si pone l’obiettivo di intervenire su tre settori principali:
- salvaguardando la salute e la sicurezza dei consumatori;
- difendendo gli interessi economici dei consumatori;
- istruendo e rappresentando i consumatori.
39
La salute e la sicurezza vengono salvaguardate attraverso il ricorso a
pareri scientifici di elevato valore, gli interessi economici mediante
l’adozione di una moneta unica, l’euro, e relativi controlli sulla regolare
applicazione della legislazione vigente. Per quanto riguarda l’ultimo punto
riguardante l’istruzione e la rappresentanza dei consumatori, questi vengono
aiutati innanzitutto mediante un maggiore dialogo tra utenti ed imprese, poi
tramite lo sviluppo di campagne e sportelli informativi.
Lo scopo dell’Action Plan è quello di dare una voce più forte ai
consumatori membri dell’Unione Europea, favorendo maggiore efficacia al
sostegno fornito alle loro associazioni, garantendo maggiore dialogo e
cooperazione.
La politica comunitaria in materia di protezione dei Consumatori deve
essere improntata ai principi di sussidiarietà e proporzionalità, come
indicato dall’art. 5 del Trattato istitutivo della prima identificata sotto il
nome di Comunità Europea:
“La Comunità agisce nei limiti delle competenze che le sono conferite e
degli obiettivi che le sono assegnati dal presente trattato. Nei settori che non
sono di sua esclusiva competenza la Comunità interviene, secondo il
principio della sussidiarietà, soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi
dell'azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli
Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti
dell'azione in questione, essere realizzati meglio a livello comunitario.
L'azione della Comunità non va al di là di quanto necessario per il
raggiungimento degli obiettivi del presente trattato”.
L’articolo in commento completa ed appoggia la tutela degli Stati
membri, così da garantire un elevato livello di protezione ai consumatori. I
provvedimenti comunitari più importanti si vanno ad incastrare con la
normativa vigente specifica di ogni stato membro dell’Unione Europea,
tutelando maggiormente i molteplici e variegati interessi dei consumatori.
40
La nuova strategia volta a favorire la tutela dei consumatori a livello
europeo è stata dettata innanzitutto dalla libera circolazione di beni e servizi
e dall’evoluzione del mercato interno, che ha imposto l’adozione di
normative comuni tra gli stati membri53
.
Inoltre si ribadisce nuovamente che per consentire ai consumatori delle
scelte consapevoli e non condizionate dall’essere la “parte economicamente
debole”, è necessario fornire informazioni corrette e sufficienti ai seguenti
soggetti. I consumatori devono essere messi in condizioni tali da poter
comprendere oggettivamente e soggettivamente le politiche che li
riguardano e di conseguenza contribuire al loro sviluppo.
Come affermato nella Comunicazione della Commissione al Parlamento
Europeo, al Comitato Economico e Sociale, e al Comitato delle Regioni del
7 maggio 2002, la politica dei consumatori deve essere sostanzialmente
basata sulla conoscenza54
, “corroborata da informazioni e da informazioni e
dati pertinenti per adeguare le politiche e definire le priorità nel modo più
opportuno”55
.
A più di vent’anni di distanza dalla nascita della tutela dei consumatori e
del concetto di protezione dei “soggetti deboli”, l’Italia che tutelava gli
interessi dei consumatori solo attraverso la nostra Costituzione,
precisamente attraverso gli articoli 256
, 357
, 3258
e 4159
, recepisce le
53
CAFARO, Tutela dei consumatori. Disciplina comunitaria e normativa interna, cit., pag. 39.
54 “La politica dei consumatori deve essere corroborata da informazioni e dati pertinenti per
adeguare le politiche e definire le priorità nel modo più opportuno. Occorre uno sforzo più ampio,
sistematico e continuativo per sviluppare un'adeguata base di conoscenze, strumento essenziale per
i responsabili politici. Si avverte inoltre la necessità di mettere a disposizione del pubblico
informazioni e dati , soprattutto dopo l'introduzione dell'euro che fa aumentare la trasparenza dei
prezzi nell'area dell'euro. I consumatori chiedono anche dati accurati sulla sicurezza dei beni e dei
servizi, in modo da poter prendere decisioni consapevoli, e molti consumatori desiderano avere
informazioni su altri aspetti dei prodotti, come ad esempio i loro effetti sull'ambiente”.
55 COM(2002) 208 : comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Comitato
Economico e Sociale, e al Comitato delle Regioni del 7 maggio 2002
56 Costituzione art. 2: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia
come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede
l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.
41
normative comunitarie con l’entrata in vigore della Legge 30 luglio 1998, n.
28160
, contenente la disciplina dei consumatori, composta da 8 articoli61
ed
emanata in totale conformità con i principi istitutivi della Unione Europea.
La seguente Legge n. 281/98, confluita poi nel Codice del Consumo62
,
costituisce la pietra miliare di tutta la normativa italiana in materia di tutela
dei consumatori, poiché attraverso l’art. 1 Legge 281/9863
“sancisce il
57
Costituzione art. 3: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge,
senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni
personali e sociali.È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e
sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno
sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione
politica, economica e sociale del Paese”.
58 Costituzione art. 32: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e
interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a
un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun
caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
59 Costituzione art. 41: “L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con
l'utilità; sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge
determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa
essere indirizzata e coordinata a fini sociali”.
60 G.U. n. 189 del 14 agosto 1998
61 Il primo riguardante Finalità ed oggetto della legge; il secondo Definizioni; il terzo
Legittimazione ad agire; il quarto Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti; il quinto
Elenco delle associazione dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale; il sesto
Agevolazioni e contributi; il settimo Copertura finanziaria e l’ottavo articolo, nonché ultimo,
riguardante la Norma transitoria.
62 D. Lgs. 206/2005
63 Art. 1 L. 281/98 riguardante la finalità ed oggetto della legge: “1. In conformità ai principi
contenuti nei trattati istitutivi delle Comunità europee e nel trattato sull'Unione europea nonché
nella normativa comunitaria derivata, sono riconosciuti e garantiti i diritti e gli interessi individuali
e collettivi dei consumatori e degli utenti, ne e' promossa la tutela in sede nazionale e locale, anche
in forma collettiva e associativa, sono favorite le iniziative rivolte a perseguire tali finalità, anche
attraverso la disciplina dei rapporti tra le associazioni dei consumatori e degli utenti e le pubbliche
amministrazioni.
2. Ai consumatori ed agli utenti sono riconosciuti come fondamentali i diritti:
a) alla tutela della salute;
b) alla sicurezza e alla qualità dei prodotti e dei servizi;
c) ad una adeguata informazione e ad una corretta pubblicità;
d) all'educazione al consumo;
e) alla correttezza, trasparenza ed equità nei rapporti contrattuali concernenti beni e servizi;
f) alla promozione e allo sviluppo dell'associazionismo libero, volontario e democratico tra i
42
riconoscimento e la salvaguardia dei diritti e degli interessi dei consumatori,
sia a livello nazionale che locale, in forma collettiva o meno”, riconoscendo
a questi ultimi una serie di diritti fondamentali, quelli che possiamo trovare
oggi nell’art. 2 D. Lgs. 206/2005 con la sola differenza dell’aggiunta della
lettera c-bis) riguardante “l’esercizio delle pratiche commerciali secondo
principi di buona fede, correttezza e lealtà”.
Dall’entrata in vigore di questa legge la tutela dei consumatori in Italia
effettua un passo successivo, progredendo in una direzione che non
considera più lesivi dei consumatori soltanto i comportamenti fraudolenti,
tra produttori e imprenditori che potessero poi conseguire in una lesione
degli interessi dell’acquirente, oltrepassando così la visione ottocentesca di
vendita in cui il prodotto poteva ledere il consumatore solo nel caso in cui
fosse privo di qualità basilari o presentasse difetti non visibili.
2. FORME DI TUTELA
Iniziano così ad insediarsi nuovi concetti come la responsabilità delle
aziende e dei venditori per i beni difettosi da loro prodotti o venduti,
garanzie al consumo, sicurezza dei prodotti, buona fede, normale diligenza
del professionista, pubblicità ingannevole e così via.
I consumatori cominciano ad imbattersi in pratiche a loro sfavorevoli,
che ingannano, limitano la loro libertà di scelta, e limitano la loro tutela.
Tra le più importanti e consuete pratiche volte a limitare la tutela dei diritti
e degli interessi dei consumatori possiamo annoverare le clausole vessatorie
e le pratiche commerciali scorrette.
consumatori e gli utenti;
g) all'erogazione di servizi pubblici secondo standard di qualità e di efficienza.”
43
2.1 Clausole vessatorie
Almeno una volta nella vita chiunque di noi si è imbattuto nei contratti
“trappola”64
, sottoscritti ingenuamente, perché poco chiari o perché indotti
da sorrisi smaglianti e facili promesse. I contratti più rischiosi con cui più
frequentemente ci imbattiamo sono quelli riguardanti i servizi bancari,
assicurativi, di somministrazione di elettricità, gas, acqua, tutti contratti per
l’acquisto di beni e la fornitura di servizi.
Le clausole vessatorie fanno parte dei contratti “trappola”, ossia
contribuiscono ad indurre in inganno il consumatore. Queste clausole sono
inserite nella terza parte del Codice del Consumo65
, che riguarda il rapporto
(di consumo), tra impresa e consumatore. Generalmente è l’impresa a
predisporre le clausole del contratto66
, potendo disporre esclusivamente a
proprio vantaggio dell’autonomia contrattuale.
I consumatori a volte si trovano nelle condizioni di non avere
alternative, “prendere o lasciare”, senza poter negoziare nemmeno una
singola clausola. Una clausola contrattuale non negoziata è abusiva e crea
uno squilibrio significativo tra i diritti e gli obblighi delle due parti del
contratto. Squilibrio che volge a sfavore unicamente del consumatore.
Secondo l’art.33 del D. Lgs. 206/2005 sono vessatorie quelle clausole
contenute all’interno di contratti stipulati tra consumatore e professionista
che “malgrado la buona fede67
, determinano a carico del consumatore un
64
CAFARO, Tutela dei consumatori. Disciplina comunitaria e normativa interna, cit., pag 103
65 La parte III del Codice del Consumo, riguarda “Il rapporto di consumo” e include gli articoli dal
33 al 38, riguardante i contratti dei consumatori in generale.
66 Secondo l’art. 1321 del Codice Civile “Il contratto è l'accordo di due o più parti per costituire,
regolare o estinguere fra loro un rapporto giuridico patrimoniale”.
67 Nell’art. 1375 del Codice Civile viene indicato come il contratto debba essere eseguito seconda
buona fede, così come nell’art. 1337 c.c.
44
significativo squilibrio degli obblighi derivanti dal contratto”68
. Elemento
fondamentale è la sproporzione che viene a sussistere tra le due parti del
contratto, squilibrio che non riguarda la differenza del prezzo rispetto al
bene acquistato, ma che rivede le reciproche posizioni giuridiche, ossia che
siano idonei a favorire o a ledere entrambi le parti in egual modo, senza
nessuno squilibrio.
A questo punto il D. Lgs 206/2005 nel comma 2, elenca tutta una serie
di clausole che a prescindere dell’esame del caso concreto, si presumono
essere vessatorie69
, sino a prova contraria. Tuttavia la presunzione non è
sinonimo di certezza, quindi ad ogni impresa è concesso l’onere di provare
che sebbene una clausola rientri nell’elenco, nell’analisi del caso specifico,
questa può dimostrarsi come non essere vessatoria. La vessatorietà o meno
di una clausola non deve limitarsi ad un’interpretazione letterale del testo,
ma approfondire ed analizzare gli effetti nella pratica.
Risultano quindi vessatorie quelle clausole che, fino a prova contraria,
abbiano l’effetto di:
“a) escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di
morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da
un'omissione del professionista;
b) escludere o limitare le azioni o i diritti del consumatore nei confronti
del professionista o di un'altra parte in caso di inadempimento totale o
parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista;
c) escludere o limitare l'opportunità da parte del consumatore della
compensazione di un debito nei confronti del professionista con un credito
vantato nei confronti di quest'ultimo;
68
D. Lgs. 206/2005 art. 33 comma 1
69 Vessatorie, ossia che provochino in significativo squilibrio tra le Parti.
45
d) prevedere un impegno definitivo del consumatore mentre l'esecuzione
della prestazione del professionista e' subordinata ad una condizione il cui
adempimento dipende unicamente dalla sua volontà;
e) consentire al professionista di trattenere una somma di denaro versata
dal consumatore se quest'ultimo non conclude il contratto o recede da esso,
senza prevedere il diritto del consumatore di esigere dal professionista il
doppio della somma corrisposta se e' quest'ultimo a non concludere il
contratto oppure a recedere;
f) imporre al consumatore, in caso di inadempimento o di ritardo
nell'adempimento, il pagamento di una somma di denaro a titolo di
risarcimento, clausola penale o altro titolo equivalente d'importo
manifestamente eccessivo;
g) riconoscere al solo professionista e non anche al consumatore la
facoltà di recedere dal contratto, nonché consentire al professionista di
trattenere anche solo in parte la somma versata dal consumatore a titolo di
corrispettivo per prestazioni non ancora adempiute, quando sia il
professionista a recedere dal contratto;
h) consentire al professionista di recedere da contratti a tempo
indeterminato senza un ragionevole preavviso, tranne nel caso di giusta
causa;
i) stabilire un termine eccessivamente anticipato rispetto alla scadenza
del contratto per comunicare la disdetta al fine di evitare la tacita proroga o
rinnovazione;
l) prevedere l'estensione dell'adesione del consumatore a clausole che
non ha avuto la possibilità di conoscere prima della conclusione del
contratto;
m) consentire al professionista di modificare unilateralmente le clausole
del contratto, ovvero le caratteristiche del prodotto o del servizio da fornire,
senza un giustificato motivo indicato nel contratto stesso;
46
n) stabilire che il prezzo dei beni o dei servizi sia determinato al
momento della consegna o della prestazione;
o) consentire al professionista di aumentare il prezzo del bene o del
servizio senza che il consumatore possa recedere se il prezzo finale e'
eccessivamente elevato rispetto a quello originariamente convenuto;
p) riservare al professionista il potere di accertare la conformità del bene
venduto o del servizio prestato a quello previsto nel contratto o conferirgli il
diritto esclusivo d'interpretare una clausola qualsiasi del contratto;
q) limitare la responsabilità del professionista rispetto alle obbligazioni
derivanti dai contratti stipulati in suo nome dai mandatari o subordinare
l'adempimento delle suddette obbligazioni al rispetto di particolari
formalità;
r) limitare o escludere l'opponibilità dell'eccezione d'inadempimento da
parte del consumatore;
s) consentire al professionista di sostituire a sé un terzo nei rapporti
derivanti dal contratto, anche nel caso di preventivo consenso del
consumatore, qualora risulti diminuita la tutela dei diritti di quest'ultimo;
t) sancire a carico del consumatore decadenze, limitazioni della facoltà
di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria,
limitazioni all'adduzione di prove, inversioni o modificazioni dell'onere
della prova, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi;
u) stabilire come sede del foro competente sulle controversie località
diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore;
v) prevedere l'alienazione di un diritto o l'assunzione di un obbligo come
subordinati ad una condizione sospensiva dipendente dalla mera volontà del
professionista a fronte di un'obbligazione immediatamente efficace del
consumatore. E' fatto salvo il disposto dell'articolo 1355 del codice
civile70
”.
70
Art. 1355 Codice Civile “E’ nulla l’alienazione di un diritto o l’assunzione di un obbligo
subordinata a una condizione sospensiva che la faccia dipendere dalla mera volontà dell’alienante
47
Rispetto all’articolo 33 del Codice del consumo, contenente tutte quelle
ipotesi che possano far presupporre la vessatorietà delle clausole del
contratto l’art.34 D.Lgs 206/200571
, in modo diametralmente opposto al
precedente, indica tutte quelle circostanze che escludono la vessatorietà di
una clausola, seppur inclusa tra i parametri dell’articolo 33.
Non bisogna in sostanza limitarsi a verificare l’esatta corrispondenza tra
le singole clausole del contratto e le fattispecie vessatorie indicate
all’interno dell’art 33 D.Lgs 206/2005, ma considerare le circostanze del
momento e la natura del bene/servizio. Non sono vessatorie nemmeno
quelle clausole che siano state oggetto di trattativa individuale, cioè quelle
condizioni che il consumatore ha avuto la possibilità di trattare prima di
concludere il contratto.
Nel caso in cui il carattere vessatorio di una o più clausole contrattuali
appaia ancora di dubbia interpretazione, si propende per quella più
favorevole al consumatore72
, in quanto fra i più importanti diritti del
consumatore, troviamo quello di poter sceglier autonomamente se
o, rispettivamente, da quella del debitore”. Rimanda alla lettera d) del D.Lgs 206/2005 art. 33
comma 2.
71 D.Lgs 206/2005 art. 34 in tema accertamento della vessatorietà: “1. La vessatorietà di una
clausola e’ valutata tenendo conto della natura del bene o del servizio oggetto del contratto e
facendo riferimento alle circostanze esistenti al momento della sua conclusione ed alle altre
clausole del contratto medesimo o di un altro collegato o da cui dipende. 2. La valutazione del
carattere vessatorio della clausola non attiene alla determinazione dell’oggetto del contratto, ne’
all’adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, purche’ tali elementi siano individuati in
modo chiaro e comprensibile. 3. Non sono vessatorie le clausole che riproducono disposizioni di
legge ovvero che siano riproduttive di disposizioni o attuative di principi contenuti in convenzioni
internazionali delle quali siano parti contraenti tutti gli Stati membri dell’Unione europea o
l’Unione europea. 4. Non sono vessatorie le clausole o gli elementi di clausola che siano stati
oggetto di trattativa individuale. 5. Nel contratto concluso mediante sottoscrizione di moduli o
formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali,
incombe sul professionista l’onere di provare che le clausole, o gli elementi di clausola, malgrado
siano dal medesimo unilateralmente predisposti, siano stati oggetto di specifica trattativa con il
consumatore”.
72 Favor consumatoris. D.Lgs 206/2005 art. 35 comma 2 “In caso di dubbio sul senso di una
clausola, prevale l’interpretazione più favorevole al consumatore” fatta eccezione per le Azioni
inibitorie. D.Lgs 206/2005 art. 37. Le azioni inibitorie sono dei provvedimenti giudiziari volti a
fare cessare dei comportamenti lesivi dei diritti ed dei consumatori , quindi illeciti, portati avanti al
giudice ordinario dalle associazioni di categoria.
48
concludere o meno un determinato contratto: una possibilità che nel caso di
clausole redatte in modo poco chiaro e comprensibile, le rende vessatorie
dato che rischiano di pregiudicare irrimediabilmente e drasticamente la
scelta del consumatore.
L’art. 36 del D. Lgs. 206/2005 afferma inoltre che fatta eccezione per i
requisiti essenziali del contratto, individuati dal Codice civile nell’art.
132573
, la vessatorietà rimane circoscritta, annullando le singole clausole
indicate come vessatorie negli articoli 33 e 35 del Codice del consumo,
facendo rimanere il resto del contratto valido a tutti gli effetti.
Concludendo questa breve disamina sulle clausole vessatorie, vale la
pena ricordare gli “sforzi” compiuti da alcuni addetti ai lavori che hanno
permesso sia a livello comunitario, che a livello locale, la realizzazione di
una banca dati CLAB, contenente un ampio quadro sulle tipologie di
clausole vessatorie. Questa banca dati che è stata realizzata ricercando ed
analizzando riviste specializzate, pubblicazioni giuridiche, e contratti,
immettendo all’interno anche le decisioni dei giudici74
73
L’art 1325 c.c. detta i requisiti essenziali del contratto, che sono l’accorto delle parti, l’oggetto,
la causa e la forma se prevista dalla legge. Nel caso in cui all’interno del contratto risultino
vessatori uno di questi elementi, assolutamente fondamentali per la validità del contratto, la nullità
non rimarrebbe circoscritta al singolo elemento/clausola, ma si estenderebbe a tutto il contratto,
invalidandolo.
74 Vedi http://europa.eu.int/clab
49
Fonte: http://eur-lex.europa.eu
Fig. 4 e Fig.5 – Statistiche estratte dalla banca dati CLAB. Tipi di clausole abusive e
clausole abusive per settore economico
Tab. 3 – Libri verdi dall’origine ad oggi
Tab. 3 – Libri verdi dall’origine ad oggi
50
Come si può vedere dalla Figura 4, circa il 28% delle clausole abusive si
riferiscono agli obblighi imposti dal professionista a carico del
consumatore, come l’esclusione o la limitazione dei diritti, clausole penali
contrattuali o costi straordinari75
. Il 16% approssimativamente, riguarda la
limitazione della responsabilità del professionista in caso di non conformità
o danni dei beni e servizi forniti. Il 13% fa riferimento a quelle clausole del
contratto poco chiare e comprensibili o volutamente escluse. Il 9% indica
rispettivamente il termine del contratto e il suo prezzo. Così a scendere tra
le più sporadiche clausole abusive possibili, troviamo la modalità di
esecuzione e di conclusione del contratto, l’accesso alla giustizia e infine la
palese elusione della legge.
Procedendo con l’analisi, nella Figura 5 viene mostrato l’impatto delle
clausole abusive in riferimento ai singoli settori economici. Il settore
immobiliare, con a seguire il settore finanziario, risulta essere il più ricco di
casi riguardanti la giurisprudenza in merito di clausole abusive.
Probabilmente la motivazione scaturisce dal fatto che quando ci sono in
ballo cifre cospicue e l’accettazione di innumerevoli clausole di contratto, è
molto più facile illudere e far allentare la guardia al consumatore, anche
solo per un attimo.
Tutto questo mostra come il problema dell’abusività delle clausole,
generi problemi di vario tipo, provocando la necessità di trovare sempre
continui deterrenti all’attività illecita dei professionisti.
75
Vedi anche:
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2000:0248:FIN:IT:PDF
51
2.2 Pratiche commerciali scorrette
La disciplina concernente le pratiche commerciale scorrette viene a
formarsi con i Decreti Legislativi del 2 agosto 2007 n. 145 e 146.
Con il D. Lgs. 146/2007 il legislatore italiano ha novellato il Codice del
consumo introducendo, nella Parte Seconda che cambia il suo titolo in
“Educazione, informazione, pratiche commerciali, pubblicità”, gli articoli
dal 18 al 27 quater76
che rimodellano lo scenario della tutela spettante al
consumatore nel campo della pubblicità. Le modifiche introdotte dal D.
Lgs. 146/2007 rendono evidente come il legislatore intenda realizzare una
tutela effettiva del soggetto debole imponendo al professionista determinati
doveri di comportamento. Mentre con il D. Lgs 145/2007, si assiste alla
rimozione dal Codice del Consumo delle norme riguardanti le pratiche
commerciali scorrette tra i professionisti, rappresentando un corpo
normativo separato contenente le disposizioni sulla pubblicità ingannevole
e comparativa pregiudizievole solo per i professionisti.
L’art. 18 del Codice del consumo, in seguito alle modifiche apportate
dal decreto legislativo n. 146/2007, fornisce le definizioni di “pratica
commerciale” (lett. d), “consumatore” (lett. a), “professionista” (lett. b) e
“prodotto” (lett. c). La lettera d) dell’art. 18 del Codice del consumo dà una
nozione molto estesa di “pratica commerciale”, con tale espressione il
codice intende infatti “qualsiasi azione, omissione, condotta o
dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la pubblicità e la
commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista, in
relazione alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai
consumatori”.
76
DONA, L’elenco delle pratiche considerate in ogni caso sleali nell’allegato I della direttiva
2005/29/CE in MINERVINI e ROSSI CARLEO a cura di “Le pratiche commerciali sleali,
direttiva comunitaria ed ordinamento italiano” Milano, 2007, pag. 10.
52
In dottrina77
viene fatto notare che il legislatore interno, a differenza di
quello comunitario, fa ricorso all’espressione “in relazione” al posto
dell’espressione “direttamente connessa”. La stessa dottrina ritiene che
questa differenza terminologica non possa legittimare un’interpretazione
che la estenda a pratiche commerciali rivolte ad altri professionisti. Deve
sussistere una relazione tra la pratica di vendita, promozione e conseguente
fornitura ai consumatori78
.
Degli indici idonei ad orientare l’interprete nella ricerca del significato
da attribuire alla pratica commerciale si possono desumere dalle nozioni di
pratica commerciale ingannevole ed aggressiva79
contenuti nel Codice del
consumo atti a descrivere condotte, attive o omissive, dirette ai consumatori
e capaci di condizionarne la capacità di decisione e di scelta. Dall’insieme
di questi dati si afferma che la “pratica commerciale” comprende
comportamenti di professionisti capaci di incidere o di condizionare la
capacità di autodeterminazione dei consumatori riguardo ad una operazione
commerciale relativa ad un prodotto.80
Quanto ai caratteri oggettivi della pratica, i comportamenti sono vietati
ai sensi dell’art. 20 Codice del consumo se, oltre a contrastare con i canoni
77
DE CRISTOFARO, L’attuazione della direttiva 2005/29/CE nell’ordinamento italiano:
prospettive, in AA. VV., Le pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori. , a cura di DE
CRISTOFARO, Torino 2007, pag. 97
78 Vedi http://www.ambientediritto.it/Giurisprudenza/consumatori.htm.
79 Per pratica commerciale ingannevole, art. 21 Codice del consumo, si intende quella che
“contiene informazioni non rispondenti al vero o, seppur di fatto corretta, in qualsiasi modo, anche
nella sua presentazione complessiva, induce o è idonea ad indurre in errore il consumatore medio”.
Per pratica aggressiva, art. 24 Codice del consumo, si considera quella che “mediante molestie o
coercizioni limiti considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento del consumatore
medio in relazione al prodotto e lo induca ad assumere una decisione di natura commerciale che
altrimenti non avrebbe preso”.
80 La valutazione circa l’idoneità condizionante della pratica non deve essere fatta tenendo presenti
le circostanze che accompagnano la condizione di forza e di debolezza dell’individuo raggiunto o
raggiungibile dalla pratica: il punto di riferimento è individuato nel consumatore medio o nel
membro medio di un gruppo di consumatori.
53
della diligenza professionale, siano idonei a falsare il comportamento
economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio.
La qualificazione di “pratica commerciale” non può essere attribuita a
quelle attività di diffusione di informazioni rivolte a orientare la scelta dei
consumatori, che tuttavia non sono in relazione con la commercializzazione
di un prodotto ma rientrano nella generale libertà di manifestazione del
pensiero.81
Nella sfera di operatività dell’art.18, lett. d) Codice del consumo82
,
ricadono invece tutte le forme di promozione e di commercializzazione di
prodotti anche diverse dalle comunicazioni commerciali e dalla pubblicità,
che portano ad un primo contatto tra le parti fino ad arrivare al
perfezionamento dell’accordo e, infine, le pratiche commerciali che
incidono sui comportamenti economici successivi ad una operazione
commerciale.
Una pratica commerciale è “scorretta”, a norma della nozione generale
di cui al comma 2, dell’art. 20 e del Codice del consumo, se risulta
“contraria alla diligenza professionale” e “falsa o è idonea a falsare in
misura apprezzabile” il comportamento economico dei consumatori in
relazione al bene o al servizio a cui si riferisce.
Dopo aver formulato, al comma 1 dell’art. 20 del Codice del consumo, il
generale divieto di pratiche “scorrette”, il legislatore provvede a fissare in
modo puntuale i criteri ed i parametri in applicazione dei quali può stabilirsi
se ed in quale misura questo divieto possa considerarsi violato. A tale fine,
viene dettata una definizione generale di pratica commerciale scorretta, alla
81
Ad esempio le opinioni espresse nei siti internet su determinati prodotti.
82 D.Lgs 206/2005 art. 18 lettera d): “sono pratiche commerciali, qualsiasi azione, omissione,
condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la pubblicità e la
commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista, in relazione alla
promozione vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori”.
54
quale si aggiunge l’elencazione di due sottocategorie “speciali” di pratiche
scorrette: le pratiche ingannevoli e quelle aggressive.
Alla delimitazione dei caratteri di queste due categorie il legislatore
provvede affiancando ad un insieme di previsioni di carattere generale83
due
black list, contenenti un elenco di singole e concrete tipologie di pratiche
considerate in ogni caso ingannevoli, art. 23 del Codice e aggressive art. 26,
la cui natura scorretta è riconosciuta dal legislatore con una valutazione
definitiva che non lascia all’interprete alcun margine di discrezionalità84
.
Secondo parte della dottrina85
, il procedimento che l’interprete dovrà
seguire per determinare se una pratica commerciale abbia o meno natura
scorretta è formato da varie fasi. Inizialmente, l’interprete dovrà stabilire se
la pratica possa o meno essere ricondotta ad una delle previsioni accurate ed
analitiche contenute negli articoli 23 e 26 del Codice del consumo, le sopra
citate black list. Qualora questa verifica risulti positiva, la pratica dovrà
senz’altro considerarsi scorretta, non essendovi alcuna possibilità di una
valutazione diversa o contraria. Qualora la verifica dovesse condurre ad un
esito negativo, l’interprete potrà controllare se siano in essa ravvisabili gli
estremi di una azione o di una omissione ingannevoli, facendo riferimento
rispettivamente alle fattispecie indicate negli artt. 21 e 22, Codice del
consumo, ovvero di una pratica aggressiva come da art. 24 del Codice del
consumo. Laddove anche questa verifica non raggiungesse un esito
positivo, l’interprete potrà ricorrere alla “norma generale”, contenuta
83
Per le pratiche ingannevoli le disposizioni contenute negli artt. 21 e 22 Codice del consumo. Per
le pratiche aggressive le disposizioni contenute negli artt. 24 e 25 Codice del consumo.
84 Sono considerate scorrette senza alcuna possibilità di valutazione discrezionale per l’interprete,
le pratiche commerciali contemplate dalle previsioni inserite nei commi 3 e 4 dell’art. 21 Codice
del consumo. Ma secondo parte della dottrina questa collocazione sarebbe impropria: più logico
sarebbe stato inserirle nella disposizione recante la definizione generale di pratica commerciale
sleale. Vedi, DE CRISTOFARO, Le pratiche commerciali scorrette nei rapporti fra professionisti
e consumatori: il d. legisl. n. 146 del 2 agosto 2007, attuativo della Direttiva 2005/29/CE in
Studium Iuris, 2007, pag. 1187.
85 DE CRISTOFARO, op. cit., pag. 1188.
55
nell’art. 20 comma 2 del Codice del consumo, la quale, almeno in questa
prima fase di attuazione del decreto legislativo n. 146/2007, è destinata a
svolgere un ruolo marginale dal momento che l’attenzione degli operatori è
rivolta alle indicazioni contenute nelle black list e nelle “categorie” speciali
individuate e delineate negli art. 21, 22 e 24 del Codice del consumo.
Come si è accennato la valutazione della scorrettezza deve pertanto
accertare la sussistenza di entrambi gli elementi costitutivi della definizione
generale sopra riportata86
:
- Contrarietà alla diligenza professionale;
- Idoneità a falsare in misura apprezzabile il comportamento
economico del “consumatore medio”.
Per “consumatore medio” il Considerando n. 18 della Direttiva
29/2005/CE87
intende colui “che è normalmente informato e
ragionevolmente attento e avveduto, tenendo conto di fattori sociali,
culturali e linguistici, secondo l’interpretazione della Corte di Giustizia”.
Il parametro di riferimento viene dunque individuato non nel modello
del consumatore sprovvisto delle conoscenze e delle informazioni
indispensabili per agire con piena consapevolezza della convenienza delle
proprie decisioni, nonché privo di razionalità e del senso critico per porre in
essere delle scelte ponderate, ma nel modello del consumatore “critico e
consapevole” in quanto normalmente informato e avveduto. La nozione di
consumatore medio non è comunque da considerarsi statica88
, ma si
86
Vedi D.Lgs. 206/2005 art.20 comma 2.
87 DE CRISTOFARO, L’attuazione della direttiva 2005/29/CE nell’ordinamento italiano:
prospettive, in AA. VV., Le pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori. , a cura di DE
CRISTOFARO, Torino 2007, pag. 163.
88 DE CRISTOFARO, L’attuazione della direttiva 2005/29/CE nell’ordinamento italiano:
prospettive, in AA. VV., Le pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori. , a cura di DE
CRISTOFARO, Torino 2007, pag. 164,
56
configura diversamente a seconda che la pratica commerciale sia diretta
indistintamente a tutti i consumatori o soltanto ad un gruppo determinato di
essi. Occorre fare riferimento al membro medio del gruppo determinato dei
consumatori: è necessario un adattamento del parametro alle particolari
caratteristiche generali dello specifico gruppo di consumatori cui il
professionista rivolge i messaggi pubblicitari e le comunicazioni finalizzate
alla promozione dei beni o dei servizi. È da tenere presente che una stessa
pratica commerciale può ritenersi scorretta se si rivolge ad un determinato
pubblico, mentre può non rientrare nella fattispecie vietata se si rivolge alla
generalità dei consumatori e viceversa. Qualora invece la pratica sia diretta
a tutti i consumatori, il modello di “consumatore medio” si otterrà da una
valutazione cumulativa delle generalità dei consociati.
Il comma 3, dell’art. 20, Codice del consumo, prevede tuttavia che siano
idonee a falsare in misura rilevante la condotta economica solo di un
gruppo di consumatori manifestamente individuabile in un modo tale che il
professionista poteva ragionevolmente prevedere.
Per quanto riguarda la nozione di “diligenza professionale”, essa è
inserita nell’art.18, lettera h), del Codice del consumo, e fa riferimento al
“normale grado della specifica competenza ed attenzione che
ragionevolmente i consumatori attendono da un professionista nei loro
confronti rispetto ai principi generali di correttezza e di buona fede nel
settore di attività del professionista”.
La norma propone il richiamo ai principi generali di buona fede, dando
così a questi il ruolo di parametro per misurare il livello di competenza ed
attenzione che ci si può ragionevolmente aspettare dal professionista89
.
89 Ciò allinea la norma italiana con le altre versioni linguistiche della direttiva: ad esempio con
quella inglese.
57
Il richiamo alla diligenza professionale risulta essere un rinvio a regole
di condotta, corrispondenti ad uno standard di conoscenze specialistiche,
che il professionista ha l’onere di osservare quando si rivolge ai
consumatori. Tale standard va individuato di volta in volta, in relazione al
caso concreto, tenendo conto del settore di attività del professionista. La
buona fede che è da considerare in senso oggettivo, costituisce il
fondamentale nesso di congiunzione tra la disciplina delle clausole
vessatorie e la disciplina delle pratiche commerciali scorrette, che
costituiscano i due grandi pilastri del sistema delle regole a cui debbono
attenersi i professionisti nei rapporti contrattuali.
Le pratiche commerciali scorrette, secondo l’art. 20 comma 4, Codice
del consumo, possono essere così classificate:
- ingannevoli di cui agli articoli 21, 22 e 23 D. Lgs 206/2005
- aggressive di cui agli articoli 24, 25 e 26 D. Lgs 206/2005
Il comma 5, art. 20, Codice del consumo, dispone che: “Gli articoli 23 e
26 riportano l'elenco delle pratiche commerciali, rispettivamente
ingannevoli e aggressive, considerate in ogni caso scorrette”.
58
2.2.1 Pratiche commerciali ingannevoli
Le pratiche commerciali ingannevoli vengono distinte in:
a. azioni ingannevoli, art. 21, Codice del consumo
b. omissioni ingannevoli, art. 22, Codice del consumo
Iniziando ad analizzare l’elenco presente nel primo comma dell’ art. 21,
in materia di pratiche commerciali ingannevoli si nota come, ai sensi dalla
lett. a), si definisce ingannevole l’informazione falsa quando questa
riguarda “l’esistenza o la natura del prodotto”90
, anche la lett. b) segue la
stessa direzione, in quanto sottolinea l’importanza di una correttezza
informativa circa le caratteristiche principali del prodotto quali: la sua
“disponibilità, i vantaggi, i rischi, l'esecuzione, la composizione, gli
accessori, l'assistenza post-vendita al consumatore e il trattamento dei
reclami, il metodo e la data di fabbricazione o della prestazione, la
consegna, l'idoneità allo scopo, gli usi, la quantità, la descrizione, l'origine
geografica o commerciale o i risultati che si possono attendere dal suo uso,
o i risultati e le caratteristiche fondamentali di prove e controlli effettuati
sul prodotto”91
.
Continuando ad esaminare il 1 comma dell’art.21, all’interno della
lettera c) si individuano elementi tra loro alquanto eterogenei: la pratica
ingannevole riguarda innanzitutto la portata degli impegni assunti dal
professionista e si estende anche ai motivi della pratica commerciale e alla
natura del sistema distributivo.
L’elenco prosegue individuando, nella lettera d), fattispecie ingannevoli
riguardanti ”il prezzo o il modo in cui questo è calcolato o l’esistenza di
uno specifico beneficio relativo al corrispettivo versato dall’acquirente”. La
“ratio” di tale scelta si rinviene nell’intenzione di proteggere il consumatore
90
D.Lgs. 206/2005 art. 21 comma 1, lettera a.
91 D.Lgs. 206/2005 art. 21 comma 1, lettera b.
59
da tutte quelle tecniche pubblicitarie che presentano un fasullo prezzo
vantaggioso al fine di attirare clientela.
La fattispecie descritta dalla lettera e), invece, opera in piena coerenza
con quanto stabilito dall’art. 19 del Codice del consumo, per quanto
riguarda il lasso temporale cui deve ritenersi valida la tutela. A tale
proposito, si può citare l’ipotesi dei contratti di garanzia92
che possono
essere proposti in modo da sedurre e attirare il pubblico quando, invece,
non prevedono nient’altro di più di ciò che è già previsto per legge.
L’interesse del consumatore alla corretta informazione, e cioè a godere
dell’esatta rappresentazione di tutte le circostanze capaci di influenzare la
sua volontà, è oggetto della fattispecie prevista nella lettera f), la quale
prende in considerazione le notizie intorno alla “natura, le qualifiche e i
diritti del professionista o del suo agente, quali l'identità, il patrimonio, le
capacità, lo status, il riconoscimento, l'affiliazione o i collegamenti e i diritti
di proprietà industriale, commerciale o intellettuale o i premi e i
riconoscimenti”93
. Nell’ultima lettera g) sono riportarti i diritti del
consumatore quali di sostituzione o di rimborso dei beni acquistati al fine di
tutelare i soggetti durante l’intero processo dell’attività commerciale.
Terminata l’analisi del primo comma, si procede all’esame del secondo
comma dell’art. 21, che descrive altre condotte che possono rivelarsi
ingannevoli: le azioni confusorie e il “mancato rispetto, da parte del
professionista, degli impegni contenuti nei codici di condotta che il
medesimo si era vincolato a rispettare”94
. L’obiettivo che si è prefissato il
legislatore è quello di consentire una protezione nei confronti del
92
I contratti di garanzia sono oggetto specifico dell’art. 133 del Codice del consumo, nel quale si
legge che la garanzia convenzionale vincola chi la offre secondo le modalità indicate nella
dichiarazione di garanzia medesima o nella relativa pubblicità. Vedi DONA, Pubblicità, pratiche
commerciali e contratti nel Codice del Consumo, Torino, 2008, pag. 220.
93 D.Lgs. 206/2005 art. 21 comma 1, lettera f.
94 D.Lgs. 206/2005 art. 21 comma 2, lettera b.
60
consumatore ancora più consistente, in particolare da quelle fattispecie che
si possono rintracciare all’interno dell’articolo 2598 c.c. A differenza di
quanto riportato dal codice civile95
, affinché un consumatore possa
appellarsi al contenuto dell’articolo 21 del Codice del consumo è necessario
che si dimostri che tale pratica confusoria è idonea ad indurlo ad assumere
“decisioni che altrimenti non avrebbe preso”.
La seconda parte della lettera a) prende in considerazione la pubblicità
comparativa illecita che, almeno in questa sede, non viene chiarita né
menzionata ulteriormente, seppur sia chiaro, per i non neofiti, il chiaro
rimando alla lettera d) dell’art. 4 del decreto legislativo 145/200796
.
La lett. b del comma 2 dell’articolo 21 descrive “il mancato rispetto da
parte del professionista degli impegni contenuti nei codici di condotta che il
medesimo si e' impegnato a rispettare là dove si tratti di un impegno fermo
e verificabile”.
Il 3 comma dell’art. 21 del Codice del consumo censura quella pratica
commerciale che può provocare l’induzione in errore di un consumatore,
connettendola direttamente all’omissione di notizie importanti che possano
portare gli individui a sottovalutare i pericoli.
Nello stesso ordine di tutela si colloca il quarto comma dell’art. 21,
volto a proteggere i piccoli consumatori, bambini e adolescenti, che
possono essere raggiunti da talune pratiche commerciali idonee a
minacciare, anche indirettamente, la loro sicurezza97
. Esso non fa più
95
Che definisce l’autore di concorrenza sleale chiunque “usa nomi o segni distintivi idonei a
produrre confusione con i nomi o con i segni distintivi legittimamente usati da altri, o imita
servilmente i prodotti di un concorrente, o compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare
confusione con i prodotti e con l’attività di un concorrente”
96 La lettera d) dell’appena citato articolo 4 del d.lgs. 145/2007, infatti afferma che, affinché si
possa ritenere lecita una pubblicità comparativa, questa stessa “non debba generare confusione sul
mercato fra l’operatore pubblicitario ed un concorrente o tra i marchi, le denominazioni
commerciali, altri segni distintivi, i beni o i servizi dell’operatore pubblicitario e quelli di un
concorrente".
97Così l’articolazione della protezione dei minori nel Codice del consumo riformato risulta
differente rispetto a quella presente nel testo precedente. Il vecchio art. 25 del Codice dichiarava
61
riferimento alla fattispecie riguardante la pubblicità che abusi della naturale
credulità o mancanza di esperienza di un pubblico non adulto; come pure a
quella che impegnando bambini o adolescenti, abusi dei naturali sentimenti
degli adulti per i giovani (ex art. 25, Codice del consumo, prima della
modifica D. Lgs. 146/07).
Il comma 4 art. 21, fa riferimento alla pubblicità che “minacci” la
sicurezza, e per la sua applicazione non richiede il verificarsi in concreto di
alcun danno, è sufficiente il configurarsi del pericolo che il danno possa
verificarsi. Il valore della sicurezza, cui si intende garantire tutela,
considerando anche il riferimento ai pregiudizi indiretti, deve essere inteso
come sicurezza fisica ma anche morale e psichica. La minaccia alla
sicurezza fisica si può attuare solo in via indiretta attraverso, ad esempio, la
proposizione di modelli di comportamento pericolosi che i più piccoli, per il
loro naturale spirito di emulazione, potrebbero essere portati a ripetere98
. La
sicurezza morale può essere minacciata da messaggi che propongono
modelli di comportamento violenti o antisociali.
Anche le omissioni sono suscettibili di generare fattispecie di pratiche
commerciali ingannevoli99
. L'articolo 22, del Codice del consumo, infatti,
introduce l'altra faccia della condotta ingannevole, ossia il comportamento
omissivo che il professionista può tenere in relazione ad informazioni
rilevanti, con il risultato di indurre il consumatore a prendere delle decisioni
commerciali che non avrebbe adottato se fosse stato correttamente
informato100
.
l’ingannevolezza delle tecniche di commercializzazione e pubblicità che rivolgendosi ai minori
“abusino della loro naturale credulità o mancanza di esperienza, o che, impiegando i bambini ed
adolescenti in messaggi pubblicitari, abusi dei naturali sentimenti degli adulti per i più giovani”.
98 BORRUSO, La pubblicità ingannevole e la nuova disciplina della pubblicità comparativa, in La
Nuova giurisprudenza civile commentata, 2002, pag 683.
99 PARROTTA, “L’inganno può derivare da omissioni”, in Guida al Diritto, n. 39, 6 ottobre 2007.
100 L’attenzione del legislatore, nel delineare le varie fattispecie omissive, si incentra sulla fase
dedicata all'informazione preliminare: la negoziazione di consumo è di fatto priva della fase delle
62
Il mezzo utilizzato per comunicare le pratiche commerciali può imporre
delle restrizioni in termini di spazio o tempo, come nel caso della pubblicità
in TV, su Internet oppure su cartelloni pubblicitari. “Dette restrizioni e
qualunque misura adottata dal professionista per mettere le informazioni a
disposizione dei consumatori con altri mezzi, devono essere tenute in
considerazione per valutare la scorrettezza della pratica”, come da art. 22
C.d.c. comma 3.
Il comma 4 indica una serie di informazioni che devono
necessariamente essere presenti nell'invito all'acquisto, contenente gli
elementi essenziali della proposta contrattuale autosufficiente:
a) “Le caratteristiche principali del bene o servizio, che debbono
essere descritte in maniera adeguata al mezzo di comunicazione
utilizzato e alla natura dell'oggetto.
b) l'indirizzo geografico e l'identità del professionista, come la
sua denominazione sociale e, dove queste informazioni siano
pertinenti, l'indirizzo geografico e l'identità del professionista per
conto del quale egli agisce.
c) il prezzo comprensivo degli oneri fiscali oppure, se la natura
del prodotto rende ragionevolmente impossibile determinarne in
anticipo l'ammontare, le modalità con le quali il prezzo deve essere
calcolato nonché, ove le circostanze lo richiedano, la totalità delle
spese aggiuntive di spedizione, di consegna o postali oppure, qualora
non possano ragionevolmente essere prefissate, l’indicazione che tali
spese potranno essere addebitate al consumatore.
d) Le modalità di pagamento del prezzo, di consegna del bene, di
esecuzione del contratto, nonché il sistema di gestione dei reclami,
qualora si allontanino dalle regole di diligenza professionale.
trattative per via dell’asimmetria che caratterizza il rapporto di consumo. DONA, Pubblicità,
pratiche commerciali e contratti nel Codice del Consumo, 2008, 34.
63
e) L'esistenza di un diritto di recesso o scioglimento del contratto
per i prodotti e le operazioni commerciali che comportino tale
diritto”.
Questo elenco costituisce il nucleo di informazioni che devono
obbligatoriamente essere fornite al consumatore dal professionista che
voglia “invitare all’acquisto”, al fine di garantirgli un livello minimo di
tutela a favore di esso.
Ai sensi del comma quinto del D.Lgs 206/2005 art. 22, “sono
considerati rilevanti gli obblighi di informazione previsti dal diritto
comunitario, connessi alle comunicazioni commerciali, compresa la
pubblicità o della commercializzazione del prodotto”. L'informazione,
infatti, può essere di per sé corretta, ma comunque fuorviante a causa di un
cosiddetto sovradosaggio informativo; con questo termine si intende
alludere alla sensazione di disorientamento che può essere avvertita dal
consumatore quando il rigore osservato dal professionista, nella
rappresentazione del vero, rasenti l'eccesso. Un eccesso di informazione
diviene in pratica ingestibile e corre il rischio di indebolire, in un flusso
indistinto di comunicazioni, l'attività critica di ogni individuo, in particolare
il consumatore.101
101
Per chiarire ulteriormente tale concetto si può attingere dalla sociologia della comunicazione: la
ridondanza di informazione, oltre una determinata soglia critica, genera confusione e conduce il
consumatore a porre in essere decisioni commerciali non oculate. Così BIFULCO, in “Sociologia
della comunicazione, un'antologia di studi sui media”, 2004, Napoli, pag. 186.
64
2.2.2 Pratiche commerciali aggressive
Come da articolo 24 del D.Lgs 206/2005, una pratica commerciale può
essere considerata aggressiva, quando ”nella fattispecie concreta, tenuto
conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, mediante molestie,
coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica o indebito
condizionamento, limita o e' idonea a limitare considerevolmente la libertà
di scelta o di comportamento del consumatore medio in relazione al
prodotto e, pertanto, lo induce o e' idonea ad indurlo ad assumere una
decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso”.
Ai fini della valutazione della presunta aggressività della pratica
commerciale, la locuzione molestie non è oggetto di alcuna definizione
normativa, nonostante questo può essere identificata come l’effettuazione di
reiterate e poco gradite sollecitazioni commerciali tramite qualsiasi mezzo
di comunicazione a distanza
Per quanto riguarda invece la condotta coercitiva, corrisponde a delle
minacce verbali o fisiche che vengono imposte al consumatore al fine della
stipulazione del contratto. Come indicato all’interno dell’articolo 26 lettera
a) e lettera b) C.d.c. sono da includere nelle attività coercitive, le pratiche
aggressive consistenti nel creare “l’impressione che il consumatore non
possa lasciare i locali commerciali fino alla conclusione del contratto” e
l’effettuazione di “visite presso l'abitazione del consumatore, ignorando gli
inviti del consumatore a lasciare la sua residenza o a non ritornarvi”.
La vittima di violenza psichica è, dunque, posta di fronte ad
un'alternativa: subire il male minacciato, rifiutandosi di prestare il proprio
consenso oppure cedere alle pretese dell'autore della minaccia; il nostro
ordinamento giuridico offre in questo caso l’opportunità a chi ha subito la
violenza, di agire o meno per l’annullamento.
Per quanto riguarda invece la nozione di indebito condizionamento,
contrariamente a quella di “molestia” e di “coercizione”, viene definita
65
chiaramente all’interno dell’art. 18, lett. l) del Codice del consumo.
Costituisce in particolare indebito condizionamento “lo sfruttamento di una
posizione di potere rispetto al consumatore per esercitare una pressione,
anche senza il ricorso alla forza fisica o alla minaccia di tale ricorso, in
modo da limitare notevolmente la capacità del consumatore di prendere una
decisione consapevole.”
La nozione di indebito condizionamento è molto ampia, la genericità
dell'espressione “sfruttamento di una posizione di potere” può consentire di
far rientrare in tale nozione tutte le fattispecie contemplate dalla disciplina
delle pratiche commerciali aggressive. In particolare, secondo questa
dottrina, l'indebito condizionamento può essere inteso come qualunque
forma di pressione del professionista, capace di manifestarsi anche con
forza fisica, eventualmente basato sulle minacce e costruito sullo
sfruttamento della condizione di soggezione psicologica in cui versa il
consumatore.
Nell'articolo 25 del Codice del consumo, il legislatore ha elencato
cinque chiavi di lettura che l'interprete può utilizzare per stabilire se, nel
caso concreto, la pratica commerciale comporti molestie, coercizione o
indebito condizionamento. Questi criteri, sono i seguenti:
a) “i tempi, il luogo, la natura o la persistenza della pratica posta
in essere dal professionista;
b) il ricorso alla minaccia fisica o verbale;
c) lo sfruttamento da parte del professionista di qualsivoglia
evento tragico o circostanza specifica di gravità tale da alterare la
capacità di valutazione del consumatore, al fine di influenzare la
decisione relativa al prodotto;
d) qualsiasi ostacolo non contrattuale, oneroso o sproporzionato,
imposto dal professionista qualora un consumatore intende esercitare
diritti contrattuali (compreso il diritto di risolvere un contratto,
quello di cambiare prodotto o rivolgersi ad un altro professionista);
66
e) qualsiasi minaccia di promuovere un'azione legale ove tale
azione non sia giuridicamente ammessa.”
Iniziando ad esaminare i criteri appena elencati si può subito osservare
che ai sensi della lettera a) l'interprete dovrà, innanzitutto, considerare i
tempi durante i quali è stata realizzata la pratica commerciale. Rilevante è
pertanto la durata della condotta incriminata ma anche l'età del consumatore
aggredito dalla pratica commerciale posta in essere dal professionista;
quest’ultimo sfrutta spesso il cosiddetto “effetto sorpresa”. Secondo aspetto
rilevante della valutazione della pratica commerciale è il luogo in cui essa è
posta in essere. Ad esempio un'attività pubblicitaria del professionista che si
è svolta attraverso un’azione di volantinaggio lungo una via commerciale
potrà incidere meno sul consumatore, rispetto alle medesima attività svolta
ad esempio dal professionista davanti all'ingresso di un complesso
residenziale. Prevedendo anche altri criteri quali la natura e la persistenza
della suddetta pratica commerciale. La natura facendo riferimento a quelle
pratiche commerciali del professionista particolarmente petulanti, assillanti,
condizionanti, ed è intesa in relazione alla durata della stessa pratica.
La lettera b) individua il ricorso alla minaccia fisica o verbale, essa tratta
di una mancanza particolarmente grave da parte del professionista nei
confronti del consumatore, riconducibile o ad un atto di coercizione o ad un
atto di indebito condizionamento.
Un altro parametro ancora più specifico è dettato dalla lettera c) “lo
sfruttamento da parte del professionista di qualsivoglia evento tragico o
circostanza specifica di gravità tale da alterare la capacità di valutazione del
consumatore, al fine di influenzarne la decisione relativa al prodotto”102
, se
tale pratica si verificasse in concreto non avrebbe bisogno di altre
valutazioni e sarebbe quindi considerata in ogni caso aggressiva.
102
Ad esempio le condotte di maghi, ed irreali guaritori.
67
Un altro parametro di valutazione è quello contenuto nella lettera d)
“qualsiasi ostacolo non contrattuale, oneroso o sproporzionato, imposto dal
professionista qualora un consumatore intenda esercitare diritti contrattuali,
compresi il diritto di risolvere un contratto o quello di cambiare prodotto o
rivolgersi ad un altro professionista”.
L’ultimo criterio, quello contenuto nella lettera e), che indica, infatti,
come possibile pratica commerciale aggressiva la minaccia da parte del
professionista di intraprendere una via legale anche se non procedibile.
Le pratiche commerciali aggressive vengono classificate all’interno
dell’articolo 26 del Codice del consumo in tre sottocategorie:
- pratiche minatorie, lettere a) e g)
- pratiche petulanti, lettere b), c), e) ed f)
- pratiche defatiganti lettera d) e h)
Le pratiche ritenute minatorie si aprono con la previsione contenuta
nella lettera a) art. 26 codice del consumo, “creare l’impressione che il
consumatore non possa lasciare i locali commerciali fino alla conclusione
del contratto” che costituisce, di fatto, una tipologia di pratica coercitiva per
la cui realizzazione è sufficiente che l’acquirente abbia l’impressione di non
poter uscire da un locale commerciale, senza prima aver stipulato un
contratto o comprato della merce.
Sempre nella sottocategoria delle pratiche minatorie troviamo la lettera
g) con la seguente dicitura “informare esplicitamente il consumatore che se
non acquista il prodotto o il servizio sarà in pericolo il lavoro o la
sussistenza del professionista”.
Fanno parte della tipologia delle pratiche petulanti le lettere b, c, e ed f,
dell’articolo 26 del Codice del Consumo.
In essa rientra la pratica proposta nella lettera b) “effettuare visite presso
l’abilitazione del consumatore, ignorando gli inviti del consumatore a
lasciare la sua residenza o a non ritornarvi, fuorché nelle circostanze e nella
68
misura in cui siano giustificate dalla legge nazionale ai fini dell’esecuzione
di un’obbligazione contrattuale” e quella descritta dalla lettera c) “effettuare
ripetute e non richieste sollecitazioni commerciali per telefono, via fax, per
posta elettronica o mediante altro mezzo di comunicazione a distanza”.
Nella stessa classe rientra anche la pratica commerciale descritta dalla
lett. e) relativo all’ “includere in un messaggio pubblicitario un’esortazione
diretta ai bambini affinché acquistino o convincano i genitori o altri adulti
ad acquistare loro i prodotti reclamizzati” che mira a tutelare non solo i
bambini, ma anche i genitori e gli adulti che possono essere facilmente
influenzati dai più piccoli.
Infine rientra tra le pratiche petulanti anche la lettera f) “esigere il
pagamento immediato o differito o la restituzione o la custodia di prodotti
che il professionista ha fornito, ma che il consumatore non ha richiesto”. Un
classico esempio di questa pratica è la fornitura non richiesta disciplinata
dall’articolo 57103
del Codice del Consumo. Questa pratica ha spesso
successo perché il consumatore non sempre è consapevole che non è tenuto
al pagamento o alla restituzione o alla conservazione di beni o servizi che
non ha richiesto. Le ultime due pratiche, analizzate in questo paragrafo,
sono definite defatiganti.
La lettera d) dell’articolo 26 del Codice del Consumo “imporre al
consumatore che intenda presentare una richiesta di risarcimento del danno
in virtù di una polizza di assicurazione di esibire documenti che non
possono ragionevolmente essere considerati pertinenti per stabilire la
fondatezza della richiesta, o omettere sinteticamente di rispondere alla
103
Articolo 57 “Fornitura non richiesta:
1. È vietata la fornitura di beni o servizi al consumatore in mancanza di una sua previa ordinazione
nel caso in cui la fornitura comporti una richiesta di pagamento.
2. Il consumatore non è tenuto ad alcuna prestazione corrispettiva in caso di fornitura non
richiesta. In ogni caso la mancata risposta non significa consenso”.
69
relativa corrispondenza, al fine di dissuadere un consumatore dall’esercizio
dei suoi diritti contrattuali”. L’idoneità a richiedere taluni documenti deve
essere valutata oggettivamente anche ricorrendo al principio di
proporzionalità e alla comune ragionevolezza. In ogni contratto possono
essere stabiliti anteriormente i limiti di quantità, di qualità tipologica e
scopo dei documenti esigibili.
La lettera h) “lasciare intendere, contrariamente al vero, che il
consumatore abbia già vinto, vincerà o potrà vincere compiendo una
determinata azione un premio o una vincita equivalente, mentre in effetti
non esiste alcun premio né vincita equivalente oppure che qualsiasi azione
volta a reclamare il premio o altra vincita equivalente è subordinata al
versamento di denaro o al sostenimento di costi da parte del consumatore”.
Questo illecito assume i tratti dell’aggressività a causa della pressione
psicologica che viene suscita nell’utente che, convinto di poter usufruire di
un vantaggio, si trova di fronte alla realtà che tale vantaggio esiste solo
dietro compenso ed esborso di denaro. In questo caso una corretta e
preventiva informazione sugli oneri da sostenere è l’unico modo, per il
professionista, di non incorrere in illeciti sanzionabili in base alle norme
riportate nel Codice del Consumo.
70
3. STRUMENTI PER LA TUTELA DEI CONSUMATORI
Pratiche commerciali scorrette e clausole vessatorie sono il punto focale
in materia di controversie in materia di consumo. Anche se il consumatore
può trovarsi davanti a moltissime altre situazioni, il punto comune di
ognuna di queste controversie è lo squilibrio tra l’entità economica delle
controversie e il costo, nonché la durata della risoluzione giudiziaria104
.
Questo perché molto spesso l’unica via di risoluzione delle controversie è
quella dell’azione giudiziale, che a causa della sua onerosità induce i
consumatori, non di rado, a rinunciare ai propri diritti, ancor più se la
controversie è a livello transfrontaliero.
Un tipo di risoluzione extragiudiziale delle controversie, per così dire di
“risoluzione amichevole”, è quello del Formulario di reclamo per il
consumatore, elaborato dalla Commissione europea, con lo scopo di riuscire
a risolvere le problematiche in materia di consumo, proponendo un
maggiore dialogo tra consumatore e professionista.
104
CAFARO, Tutela dei consumatori. Disciplina comunitaria e normativa interna, Napoli, 2002,
pag 121
71
Fig. 6 – Formulario di reclamo del consumatore
72
73
74
Riferimento (fornito dal professionista):
53 • Accetto interamente il suo reclamo e m’impegno a:
55 • Non riconosco la fondatezza del suo reclamo ma accetto di compiere un gesto commerciale e m’impegno a:
57 • Le propongo di sottoporre la controversia ad un organo sottoindicato, competente per la risoluzione extragiudiziale di
questo tipo di controversia in materia di consumo:
75
Fonte: http://ec.europa.eu/consumers/redress/compl/cons_compl/acce_just03_it.pdf
Il formulario si pone l’obiettivo di mettere in luce i problemi riscontrati
dal consumatore, in relazione al bene o servizio prestato dal professionista,
cercando un risoluzione della problematica che consenta la possibilità di
non presentarsi dinnanzi al giudice.
Nel caso in cui la risoluzione extragiudiziale della controversia non sia
sufficiente, possiamo incorrere in due tipi di tutele riservate dal nostro
sistema giuridico e non solo:
- l’Antitrust
- le Azioni collettive risarcitorie
Il primo tipo di tutela è quello che viene riservato dall’Antitrust che,
attraverso il suo complesso di norme giuridiche e servendosi dell’Autorità
garante della concorrenza e del mercato, meglio detta AGCM, va a
giudicare in materia di abuso di posizione dominante, e di intese restrittive
della libertà di concorrenza, vigilando sul corretto andamento del mercato,
consentendo benefici a favore dei consumatori, come la riduzione dei prezzi
o maggiore scelta tra i prodotti, e la tutela da pratiche commerciali scorrette
76
o pubblicità ingannevoli. Tutti vantaggi derivabili da un mercato in cui non
sia presente una condizione di monopolio.
Il secondo genere di tutela riscontrabile è quello delle azioni collettive
risarcitorie. Si decide autonomamente se intraprendere un’azione
collettiva105
che, come si può desumere dal nome, mira principalmente al
risarcimento dei danni e torti subiti da aziende, imprese, professionisti.
Nel ambito riguardante la tutela dell’Antitrust, i consumatori sottostanno
alle decisioni ed ai miglioramenti di un’Autorità indipendente, autonoma
rispetto al potere esecutivo, ma ognuno di noi è a conoscenza del fatto che il
potere dell’Autorità è insindacabile, consentendo quindi ai consumatori la
sola possibilità di accettare l’indiscutibile giudizio dell’Autorità stessa.
Nelle azioni collettive risarcitorie, sono i consumatori che “autorevolmente”
e autonomamente decidono se rivendicare i propri dritti, consentendo anche
un notevole snellimento della spesa pubblica e dell’economia processuale.
Nei prossimi capitoli verranno passati in rassegna.
105
Se si intraprende un’azione collettiva risarcitoria, lo si deve fare obbligatoriamente tramite
un’associazione dei consumatori. Se si intraprendere una class action, lo si può fare anche
autonomamente. La class action è esperibile negli Stati Uniti, mentre l’azione risarcitoria
collettiva in Italia.
77
CAPITOLO III
ANTITRUST
1. DEFINIZIONE ED ELEMENTI COSTITUTIVI
La legislazione Antitrust prende il via nel 1890, negli Stati Uniti, grazie
all’emanazione dello Sherman Act nel luglio del 1890, che ricalca il nome
di chi lo fece pubblicare: il senatore John Sherman. Lo Sherman anti – trust
act intende reprimere qualsivoglia “contratto, combinazione nella forma del
trust o altrimenti, o cospirazione, che limita gli scambi o il commercio tra i
vari stati, o con nazioni straniere”106
, definendo illegali e criminosi tutti
quei comportamenti volti a raggiungere una situazione di monopolio107
, in
qualsiasi attività o commercio.
Il monopolio, viene definito illegale quando un’unica azienda ottiene il
controllo totale del mercato per un determinato prodotto o servizio,
estromettendo dal mercato i possibili concorrenti, prevaricando sui piccoli
complessi industriali; legale quando il monopolio si viene a creare come
naturale conseguenza dei prezzi nettamente vantaggiosi rispetto alla
concorrenza, che produce direttamente al suo seguito una perdita cospicua
di clienti per tutti “gli avversari”.
106
Sherman act, section 1: “Every contract, combination in the form of trust or otherwise, or
conspiracy, in restraint of trade or commerce among the several States, or with foreign nations, is
declared to be illegal. Every person who shall make any contract or engage in any combination or
conspiracy hereby declared to be illegal shall be deemed guilty of a felony, and, on conviction
thereof, shall be punished by fine not exceeding $10,000,000 if a corporation, or, if any other
person, $350,000, or by imprisonment not exceeding three years, or by both said punishments, in
the discretion of the court”.
107 Sherman act, section 2: “Every person who shall monopolize, or attempt to monopolize, or
combine or conspire with any other person or persons, to monopolize any part of the trade or
commerce among the several States, or with foreign nations, shall be deemed guilty of a felony,
and, on conviction thereof, shall be punished by fine not exceeding $10,000,000 if a corporation,
or, if any other person, $350,000, or by imprisonment not exceeding three years, or by both said
punishments, in the discretion of the court”.
78
Antitrust prende il nome dalla parola trust108
che sta ad indicare quel
fenomeno molto in voga di accordo tra imprese, produttori, per il controllo
del mercato, consentito da un’omogenea impostazione riguardo il livello dei
prezzi, la produzione e conseguente distribuzione. Segue quindi l’idea di
proibire i cosiddetti “cartelli”, sulla scia di quanto sostenuto da Adam
Smith, filosofo ed economista scozzese, nell’“Indagine sulla natura e le
cause della ricchezza delle nazioni”. Per Smith la concorrenza è la linfa
vitale di una sana economia, favorisce la crescita all’interno del sistema
economico ed una efficiente allocazione delle risorse109
.
A differenza di un regime di concorrenza, in cui il singolo operatore
economico dovrà tenersi continuamente aggiornato al livello dei prezzi
esercitati dai concorrenti, cercando di consentire un’offerta vantaggiosa e
sostenibile, in un sistema di monopolio l’imprenditore sarà svincolato dalla
pressione della concorrenza, elaborando prezzi ben poco vantaggiosi per la
maggior parte della collettività. La legislazione antitrust costituisce lo
spazio entro il quale si esprime liberamente lo spirito di iniziativa degli
operatori economici, finalizzata al raggiungimento del benessere collettivo.
La concorrenza diviene così un bene comune per il benessere cittadino e
la salvaguardia dei consumatori, mostrando la necessità di una tutela
giuridica in materia di intese lesive della concorrenza e di abusi di
posizione dominante, che sono il nucleo imprescindibile di tutti gli illeciti
antitrust.
La nozione di concorrenza perfetta, è uno degli obiettivi della dottrina
economica, i cui presupposti sono costituiti da un numero considerevole di
imprese, posseditrici di una piccola quota di mercato del prodotto x;
108
Trust dalla lingua inglese cartello.
109 CATELLI e FLORIDA, Diritto antitrust. Le intese restrittive della concorrenza e gli abusi di
posizione dominante, IPSOA, 2003, pag 9.
79
nessuna barriera all’entrata quindi libera circolazione di materiali e
potenziali da un settore all’altro; infine dall’omogeneità del prodotto stesso.
Fig. 7 – Curva domanda e offerta mercato concorrenza perfetta
Fonte: PELLIZZARI, Introduzione alla microeconomia, Milano, 1985, 70.
p: prezzo
q: quantità
qo: curva offerta
qd: curva domanda
p: prezzo di equilibrio
q: quantità di equilibrio
La Figura 7 è il diagramma cartesiano esemplificativo di una situazione
perfettamente concorrenziale. Il prezzo del bene, come si può facilmente
intuire non viene deciso dall’impresa, bensì dal mercato, questo la fa
80
definire price taker in quanto non ha alcuna influenza sulla fissazione del
prezzo del bene.
Price taker e non price maker dato che il mercato perfettamente
concorrenziale si contraddistingue dalla presenza di un congruo numero di
tante piccole imprese, che controllano piccolissime quote, essendo in
presenza di un mercato estremamente frammentato. Ciò non consente ai
singoli imprenditori di possedere un adeguato potere contrattuale da poter
consentire a quest’ultimi di alzare il prezzo del bene, in quanto
rischierebbero irrimediabilmente la perdita di una consistente parte di
clientela.
L’impresa può decidere la quantità da produrre, e questa viene
individuata intersecando la curva dell’offerta con la curva della domanda:
all’aumentare dalla domanda di un determinato bene, aumenterà
proporzionalmente l’offerta, eguagliandosi. Questo viene definito come
punto di equilibrio tra la domanda e l’offerta, quello spazio in cui la
quantità dei beni prodotti rispecchia perfettamente la quantità di beni
richiesti dai consumatori.
Proprio per questo la situazione di mercato perfettamente concorrenziale
è l’obiettivo costante da perseguire secondo la dottrina economica, per
scongiurare il rischio di monopolizzazione del mercato, con la massima
trasparenza, evitando produzioni superflue e sfruttamento economico dei
consumatori.
In Italia la legislazione antitrust ha origini ben più recenti rispetto a
quella statunitense. Nel 1990, a più di cento anno dalla nascita della prima
normativa in materia, viene finalmente approvata la Legge 10 ottobre 1990,
n. 287 in materia di “Norme per la tutela della concorrenza e del
mercato”110
, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il giorno 13 ottobre 1990, n.
240, meglio nota come Legge Antitrust.
110
CATELLI e FLORIDA, Diritto antitrust. Le intese restrittive della concorrenza e gli abusi di
posizione dominante, 2003, 3.
81
Come indicato all’interno della L. n. 287/1990 nell’art. 1 comma 1 “Le
disposizioni della presente legge in attuazione dell'articolo 41 della
Costituzione a tutela e garanzia del diritto di iniziativa economica, si
applicano alle intese, agli abusi di posizione dominante ed alle
concentrazioni di imprese che non ricadono nell'ambito di applicazione
degli articoli 65 e/o 66 del Trattato istitutivo della Comunità europea del
carbone e dell'acciaio, degli articoli 85 e/o 86 del Trattato istitutivo della
Comunità economica europea (CEE), dei regolamenti della CEE o di atti
comunitari con efficacia normativa equiparata”. La legislazione italiana in
materia di antitrust opera fondamentalmente per tutelare i consumatori da
due categorie di illecito: dagli abusi di posizione dominante e dalle intese
restrittive della concorrenza. Come indicato all’interno dell’art. 41 della
Costituzione italiana deve essere tutelato e garantito loro il diritto di
iniziativa economica, essendo quest’ultima libera e necessaria all’interno di
un mercato concorrenziale.
Sussistono molteplici differenze tra la legislazione antitrust a livello
italiano/europeo e quella a livello statunitense. Per esempio negli Stati Uniti
le leggi in materia di antitrust hanno rilevanza penale, in Italia e più in
generale in Europa la L.A. ha valenza a livello amministrativo, punendo
con sanzioni amministrative, spesso molto cospicue, coloro che non
rispettano rigidamente la legge. Un’altra notevole differenza si può
riscontrare all’interno dello stesso nome della disciplina antitrust, il “trust”
infatti è un istituto tipico della Common Law, poco riscontrabile all’interno
del nostro ordinamento dalle basi del Civil Law.
82
Fig. 8 – Common Law and Civil Law world map
Fonte: Berkeley Law, University of California
Civil Law è il sistema di leggi emerso in Europa continentale durante il
Medioevo, sotto la notevole influenza del Diritto romano, che si basa su
leggi codificate, ossia suddivise per categorie111
. Il Common Law è invece
emerso in Inghilterra, infatti si parla anche di diritto degli anglosassoni, ed è
un modello di ordinamento giuridico che non si basa sulla legge codificata,
bensì giudica in base alla giurisprudenza, ossia tenendo conto delle
precedenti sentenze.
Questa distinzione risulta necessaria per una più corretta analisi della
legge antitrust, bisogna tenere conto delle imprescindibili caratteristiche di
ogni paese che si osservi, e necessariamente prendere in considerazione
111
Codice civile, Codice penale, Codice del consumo, e così via.
83
anche la disciplina comunitaria, come indicato nella Legge n. 287/1990
nell’art. 1 comma 4 “L'interpretazione delle norme contenute nel presente
titolo è effettuata in base ai principi dell'ordinamento delle Comunità
europee in materia di disciplina della concorrenza”.
La disciplina del diritto antitrust, in Italia, fa rispettivamente riferimento
sia alla Legge Antitrust, che agli articoli della normativa antitrust
comunitaria112
, in particolar modo gli articoli 101, 102 e 106 del Trattato
sul funzionamento dell’Unione Europea, meglio detto TFUE113
, detto anche
Trattato di Roma del 1957.114
L’art. 101 TFUE disciplina le intese restrittive della concorrenza
vietando “tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di
imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il
commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di
impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del
mercato interno” elencando nel primo comma le possibili fattispecie vietate,
sancendo nel secondo comma come queste intese provochino la loro
immediata nullità, e puntualizzando nel terzo ed ultimo comma
l’eventualità di possibili eccezioni al divieto115
.
112
CATELLI e FLORIDA, Diritto antitrust. Le intese restrittive della concorrenza e gli abusi di
posizione dominante, 2003, 23 ss..
113Gli articoli 101, 102 e 106 TFUE, con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona del 2009,
hanno cambiato numerazione, prima erano indicati rispettivamente con l’art. 81, 82 e 86 del TCE,
Trattato istitutivo della Comunità Economica Europea. Reso ufficiale con la pubblicazione della
GU n. 115 del 9 maggio 2008.
114 Per il codice aggiornato vedi http://eur-lex.europa.eu
115 Art. 101 TFUE, ex articolo 81 TCE: “1. Sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti
gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate
che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di
impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato interno ed in
particolare quelli consistenti nel: a) fissare direttamente o indirettamente i prezzi d'acquisto o di
vendita ovvero altre condizioni di transazione; b) limitare o controllare la produzione, gli sbocchi,
lo sviluppo tecnico o gli investimenti; c) ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento; d)
applicare, nei rapporti commerciali con gli altri contraenti, condizioni dissimili per prestazioni
equivalenti, così da determinare per questi ultimi uno svantaggio nella concorrenza; e) subordinare
la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni
supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con
84
L’art. 102 TFUE tratta del divieto di abuso di posizione dominante,
affermando come questo sia “incompatibile con il mercato interno e vietato,
nella misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra Stati
membri”116
elencando tutta una serie di comportamenti prevedibilmente
abusivi. Mentre l’art. 106 TFUE si limita ad affermare l’ovvio principio
secondo cui le norme di ogni singolo Stato membro, non devono
assolutamente essere contrarie ai principi comunitari, indicati all’interno del
Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea117
.
Senza tralasciare ciò da cui queste norme sono corredate, due
regolamenti dalla notevole importanza, per ogni Stato membro dell’Unione
Europea: il Regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio, pubblicato in GU
l'oggetto dei contratti stessi. 2. Gli accordi o decisioni, vietati in virtù del presente articolo, sono
nulli di pieno diritto. 3. Tuttavia, le disposizioni del paragrafo 1 possono essere dichiarate
inapplicabili: - a qualsiasi accordo o categoria di accordi fra imprese, - a qualsiasi decisione o
categoria di decisioni di associazioni di imprese, e - a qualsiasi pratica concordata o categoria di
pratiche concordate, che contribuiscano a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o
a promuovere il progresso tecnico o economico, pur riservando agli utilizzatori una congrua parte
dell'utile che ne deriva, ed evitando di a) imporre alle imprese interessate restrizioni che non siano
indispensabili per raggiungere tali obiettivi; b) dare a tali imprese la possibilità di eliminare la
concorrenza per una parte sostanziale dei prodotti di cui trattasi”.
116 Art. 102 TFUE, ex articolo 82 TCE: “È incompatibile con il mercato interno e vietato, nella
misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra Stati membri, lo sfruttamento abusivo
da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato interno o su una parte
sostanziale di questo. Tali pratiche abusive possono consistere in particolare: a) nell'imporre
direttamente od indirettamente prezzi d'acquisto, di vendita od altre condizioni di transazione non
eque; b) nel limitare la produzione, gli sbocchi o lo sviluppo tecnico, a danno dei consumatori; c)
nell'applicare nei rapporti commerciali con gli altri contraenti condizioni dissimili per prestazioni
equivalenti, determinando così per questi ultimi uno svantaggio per la concorrenza; d) nel
subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni
supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con
l'oggetto dei contratti stessi”.
117 Art. 106 TFUE, ex articolo 86 TCE: “1. Gli Stati membri non emanano né mantengono, nei
confronti delle imprese pubbliche e delle imprese cui riconoscono diritti speciali o esclusivi,
alcuna misura contraria alle norme dei trattati, specialmente a quelle contemplate dagli articoli 18
e da 101 a 109 inclusi. 2. Le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico
generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme dei trattati, e in
particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione di tali norme non osti
all'adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata. Lo sviluppo
degli scambi non deve essere compromesso in misura contraria agli interessi dell'Unione. 3. La
Commissione vigila sull'applicazione delle disposizioni del presente articolo rivolgendo, ove
occorra, agli Stati membri, opportune direttive o decisioni”.
85
n. L 024 del 29/01/2004 e il Regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio,
pubblicato in GU n. L 001 del 04/01/2003118
.
Il Regolamento (CE) n. 139/2004 entrato in sostituzione del
Regolamento (CEE) n. 4064/89 prevede il controllo preventivo della
formazione di concentrazioni, in particolare di quelle imprese il cui
fatturato superi una determinata soglia. Mentre il Regolamento (CE) n.
1/2003, venuto in sostituzione del precedente Regolamento n. 17/1962,
mette in luce la correlazione tra legislazione antitrust a livello comunitario
e a livello di ogni Stato membro, indicando esplicitamente che nel
presentarsi di una situazione di conflitto tra Stati membri, dovrà
obbligatoriamente essere applicata la normativa comunitaria119
.
Questo discorso vale ovviamente solo per quelle fattispecie che non si
esauriscono all’interno del territorio del singolo Stato, in quanto queste
rientrano unicamente sotto la giurisdizione nazionale e non comunitaria.
1.1 AGCM
Ciò che è elemento distintivo solo della legislazione italiana in materia
di antitrust, è la presenza di un’istituzione indipendente120
dal peculiare
nome di Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, comunemente
nota come AGCM. Questa è stata istituita con l’entrata in vigore della
Legge 287/1990, che ha segnato l’inizio di un lungo percorso di normative
antitrust in territorio italiano.
118
Vedi www.agcm.it
119 CATELLI e FLORIDA, Diritto antitrust. Le intese restrittive della concorrenza e gli abusi di
posizione dominante, 2003, 24.
120 L. 287/1990 art. 10 comma 6: l'Autorità è provvista di piena autonomia organizzativa, e quindi
“delibera autonomamente le norme concernenti la propria organizzazione ed il proprio
funzionamento nonché quelle riguardanti il trattamento giuridico ed economico del personale e
l'ordinamento delle carriere”.
86
Fig. 9 – Struttura, attività e procedure AGCM
Fonte: http://www.borsaitaliana.it
L’AGCM è un organo collegiale che “opera in piena autonomia e con
indipendenza di giudizio e di valutazione”121
e lavora indipendentemente
dal potere esecutivo, cioè dal governo. È costituito dal Presidente e da
quattro membri, i quali sono nominati congiuntamente dai relativi
presidenti della Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica,
nominati per sette anni senza possibilità di riconferma. “Il presidente è
scelto tra persone di notoria indipendenza che abbiano ricoperto incarichi
istituzionali di grande responsabilità e rilievo. I quattro membri sono scelti
tra persone di notoria indipendenza da individuarsi tra magistrati del
Consiglio di Stato, della Corte dei conti o della Corte di cassazione,
121
L. 287/1990 art. 10 comma 1
87
professori universitari ordinari di materie economiche o giuridiche, e
personalità provenienti da settori economici dotate di alta e riconosciuta
professionalità”122
.
L’attuale organizzazione è visionabile nella figura 10: Antonio
Catricalà svolge il ruolo di Presidente, mentre Rebecchini, Pilati, Barucci e
Rabitti nominati Compomenti. Luigi Fiorentino nominato Segretario
Generale dell’Autorità, per conto del Ministero dello Sviluppo Economico,
sotto proposta del Presidente Catricalà. Il tutto fino a contare un totale di
277 unità al servizio dell’Autorità. Tutti i membri sottostanno
all’accettazione di un codice etico, che sono tenuti a rispettare passo dopo
passo, contenente principi basilari per lo svolgimento delle particolari
funzioni dell’AGCM, quali: riservatezza, imparzialità, correttezza.
L'autorità è composta inoltre da tre Direzioni Generali: la Direzione
Generale per la concorrenza, la Direzione Generale per la tutela del
consumatore e la Direzione Generale per le risorse. Ogni direzione è poi
suddivisa a sua volta in Direzioni Settoriali, ciascuna delle quali svolge per
i propri settori di competenza, attività di indagine e di analisi delle pratiche
restrittive della concorrenza e delle concentrazioni tra imprese.
122
L. 287/1990 art. 10 comma 2
88
Fig. 10 – Organizzazione AGCM
Fonte: http://www.agcm.it/istituzione/organizzazione.html
89
2. ILLECITO ANTITRUST
I principali e più antichi compiti dell’Autorità sono tre, vigilare sulle
tipiche categorie di illecito Antitrust, quali:
- Intese restrittive della libertà di concorrenza;
- Abuso di posizione dominante;
- Operazioni di concentrazione restrittive della libertà di concorrenza.
I primi due punti, riguardanti il divieto di intese ed il divieto di abuso
costituiscono il nucleo primario della disciplina antitrust, sia nazionale che
comunitaria, entrambi sono comportamenti anticoncorrenziali il primo
riguardante due o più imprese, il secondo indicativo di una singola impresa.
Per lo svolgimento di questi compiti tutelativi, indicati anche all’interno
dell’articolo 27 del Codice del consumo, così come modificato dall’art. 1
del D.Lgs. 146/07, la L.A. conferisce all’AGCM poteri di indagine, come
indicato all’interno della Legge 287/1990 art. 12 ; poteri sanzionatori, come
indicato all’interno della Legge 287/1990 art 15 e la possibilità di avviare
un’Istruttoria in qualsiasi momento l’Autorità ritenga opportuno farlo, come
indicato nella Legge 287/1990 art 14.
2.1 Intese restrittive della concorrenza
Il divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza costituisce
sotto il profilo storico il blocco principale e trae origine dal principio per cui
i “cartelli” risultano estremamente nocivi, per la libera espressione della
concorrenza. I “cartelli” sono accordi orizzontali tra imprenditori che si
trovano approssimativamente nello stesso punto della catena produttiva, che
può accadere stabiliscano un prezzo comune del bene prodotto, in modo
tale da spartirsi i mercati ed alterare nella maniera più nociva possibile
90
l’equilibrio concorrenziale del mercato.123
Il bene tutelato all’interno di
questo divieto è quello del “gioco della concorrenza” come ben
puntualizzato anche all’interno dell’art. 101 TFUE, ex articolo 81 TCE124
,
oltre che nella Legge 287/1990 art 2.
Gli elementi che costituiscono le intese restrittive del gioco della
concorrenza sono molteplici. Il primo tra tutti, come accennato in
precedenza, è la fissazione di un prezzo d’acquisto o di vendita comune, è
inoltre vietato impedire o limitare l’accesso ai mercati o al progresso
tecnologico, ripartire mercati, applicare prezzi favorevoli o meno a seconda
del contraente e infine includere prestazioni supplementari non richiesti
perché non ai fini dell’uso commerciale, al momento dell’accettazione del
contratto125.
Per ultimo, ma non per importanza, abbiamo come elemento
fondamentale della seguente enunciazione e più in generale della disciplina
dell’Antitrust, la definizione di “impresa”. Questa nozione, costantemente
richiamata ed adottata dall’Antitrust, indicata nell’art. 2082 del Codice
123
CATELLI e FLORIDA, Diritto antitrust. Le intese restrittive della concorrenza e gli abusi di
posizione dominante, 2003, 18.
124 L’art. 101 TFUE coincide quasi totalmente con la L. 287/1990 art. 2. La sola differenza tra le
due normative, comunitaria e nazionale, è che hanno applicazioni in differenti ambiti territoriali e
quindi la normativa nazionale rifletterà decisamente più le peculiarità caratteristiche del proprio
territorio, a differenza della normativa nazionale che necessita di una uguale interpretazione per
tutti gli Stati membri dell’Ue.
125 L. 287/1990 art 2, comma 2 e 3: “2. Sono vietate le intese tra imprese che abbiano per oggetto o
per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza
all'interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, anche attraverso attività consistenti
nel: a) fissare direttamente o indirettamente i prezzi d'acquisto o di vendita ovvero altre condizioni
contrattuali; b) impedire o limitare la produzione, gli sbocchi o gli accessi al mercato, gli
investimenti, lo sviluppo tecnico o il progresso tecnologico; c) ripartire i mercati o le fonti di
approvvigionamento; d) applicare, nei rapporti commerciali con altri contraenti, condizioni
oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti, così da determinare per essi ingiustificati
svantaggi nella concorrenza; e) subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte
degli altri contraenti di prestazioni supplementari che, per loro natura o secondo gli usi
commerciali, non abbiano alcun rapporto con l'oggetto dei contratti stessi. 3. Le intese vietate sono
nulle ad ogni effetto”.
91
Civile sotto il nome di imprenditore e non di impresa126
, definisce questo
soggetto come colui che “esercita professionalmente un'attività economica
organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi”.
Queste intese in qual si voglia modo vengono considerate come nulle,
cioè inesistenti, in quanto si consta innanzitutto il concorso alla volontà
degli aderenti, che decidono autonomamente se partecipare o meno alle
seguenti intese, che effettivamente provocano una restrizione e un
pregiudizio della concorrenza che, come postulato in precedenza, dovrebbe
venir considerata come un bene pubblico in grado di consentire il corretto
svolgimento del gioco del mercato.
2.2 Abuso di posizione dominante
Questo secondo divieto di abuso di posizione dominante prende in
considerazione, a differenza del primo divieto, di intese restrittive della
libertà di concorrenza127
, comportamenti unilaterali128
. Unilaterali in quanto
si tratta di una singola impresa, che rivestendo una posizione dominante ha
la possibilità di agire indipendentemente dal comportamento dei concorrenti
e a prescindere dall’andamento del mercato, e senza tenere conto del volere
dei consumatori, causando per via di questa non curanza, una distorsione
del corretto svolgimento della concorrenza.
Questa figura vieta, come si può intuire dal nome stesso, usi illeciti che
possano scaturire dalla posizione dominante che si sostiene all’interno del
mercato, ed è contenuta all’interno della Legge 287/1990 art. 3 per quanto
126
Nel Codice Civile si parla di imprenditore e non di impresa in quanto, l’impresa è l’ovvio frutto
dell’attività dell’imprenditore.
127 Si asserisce di imprese che si coordinano tra loro, volontariamente e coscientemente, per
conquistare una maggiore fetta di mercato.
128 CASTRONOVO e MAZZAMUTO, Manuale di Diritto Privato europeo. Volume III, 2007, 271
ss.
92
riguarda la legislazione italiana, e nell’articolo 102 TFUE, ex articolo 82
TCE129, in materia di legislazione antitrust comunitaria. Entrambe
estremamente molto simili, costituiscono un’elencazione di tutti quegli atti
e fatti che possono considerarsi ovviamente illeciti, quali:
“a) imporre direttamente o indirettamente prezzi di acquisto, di vendita o
altre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose;
b) impedire o limitare la produzione, gli sbocchi o gli accessi al mercato, lo
sviluppo tecnico o il progresso tecnologico, a danno dei consumatori;
c) applicare nei rapporti commerciali con altri contraenti condizioni
oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti, così da determinare per
essi ingiustificati svantaggi nella concorrenza;
d) subordinare la conclusione dei contratti all'accettazione da parte degli
altri contraenti di prestazioni supplementari che, per loro natura e secondo
gli usi commerciali, non abbiano alcuna connessione con l'oggetto dei
contratti stessi”.
Caratteristiche paradossalmente analoghe a quelle indicate nella voce
precedente riguardante le intese restrittive, L. 287/1990 art 2130
, infatti
anche qui il bene che si cerca di tutelare è quello del “gioco della
concorrenza”. Una differenza dalla notevole importanza in questo modello
di analisi, è la nomina all’interno della L. 287/1990 art. 3 della nozione di
consumatore, assolutamente assente nell’art. 2 della stessa Legge.
Tale nozione introduce la problematica principale, che ha dato l’input di
partenza per l’elaborazione di questa tesi di laurea: il concetto di tutela dei
consumatori, come viene garantita ed applicata nel nostro ordinamento.
All’interno dell’art. 3 della L.A. viene appunto presa in considerazione
la possibilità, spesso considerata fin troppo “remota”, di una possibile
limitazione della libertà dei consumatori, propriamente detta libertà di
129
Vedi sopra, nota 121.
130 Vedi sopra, nota 129.
93
scelta. Spesso questa ci viene limitata, o diametralmente annullata come
potrebbe succedere in una tipica situazione di posizione dominante o di
intesa restrittiva. Questi abusi arrecano al mercato una limitazione del gioco
concorrenziale, arrecando problemi non solo al mercato cui si riferisce, ma
principalmente agli interessi dei consumatori.
La normativa antitrust non implica quindi prodotti o servizi adatti alle
specifiche esigenze dei singoli consumatori, questa circoscrive
semplicemente quei comportamenti che potrebbero essere gravosi per
l’utente e non indispensabili per l’impresa, limitandosi alla mera attuazione
della L. 287/1990, che nonostante le modifiche subite nel corso degli anni,
non è ancor’oggi strutturata a “misura d’uomo”. Lo scopo principale
dell’Antitrust oggi non è la mera ed esclusiva tutela dei consumatori, ma
quello di non disturbare i “padroni” nel senso Marxiano del termine131
, cioè
quelle imprese che ormai da decenni, perseguono un unico grande scopo, il
profitto selvaggio, dimenticando quel concetto basilare che dovrebbe
aleggiare all’interno di ogni cittadino coscienzioso: il concetto di “bene
comune”.
Il bene comune per eccellenza è l’intelligenza collettiva, interessa tutte
le dimensioni della collettività, indirizzandosi verso ogni singolo individuo,
senza tralasciare niente e nessuno. È un concetto che coinvolge intere
società, mettendo da parte desideri individualisti, permettendo al singolo di
sentirsi parte fondamentale della collettività, è “la ricerca costante del bene
altrui come se fosse proprio”132
, perciò dovrebbe essere la ragion d’essere in
particolar modo degli imprenditori, delle autorità politiche e non.
Il concetto di posizione dominante, non rispecchia assolutamente il
senso di appartenenza e valorizzazione della collettività, la seguente
impresa infatti domina il mercato, monopolizzandolo, offrendo beni e
131
MARX, Il capitale, 1867.
132 GRASSELLI, Riflessioni sul collegamento tra etica ed economia, 2005, 145.
94
servizi a consumatori e concorrenti, che si limitano a subire condizioni
sfavorevoli133
. L’impresa monopolista, non persegue il benessere collettivo,
bensì quello personale: secondo questa logica maggiore egemonia porta
maggiori profitti.
2.3 Operazioni di concentrazione restrittive della libertà di
concorrenza
Oltre ai precedenti ambiti, la legislazione antitrust vigila anche sul
controllo delle concentrazioni. Queste indicate all’interno della Legge
287/1990 articoli 5, 6 e 7 e negli articoli 16, 17, 18 e 19134
.
Più dettagliatamente l’operazione di concentrazione restrittiva della
libertà di concorrenza può sopravvenire nei momenti in cui “due o più
imprese procedono a fusione; quando uno o più soggetti in posizione di
controllo di almeno un'impresa ovvero una o più imprese acquisiscono
direttamente od indirettamente, sia mediante acquisto di azioni o di
elementi del patrimonio, sia mediante contratto o qualsiasi altro mezzo, il
controllo dell'insieme o di parti di una o più imprese ed infine quando due o
più imprese procedono, attraverso la costituzione di una nuova società, alla
fondazione di un'impresa comune”135
Questa situazione e le precedenti sono accomunate dalla stessa
problematica: la fusione tra due o più imprese o l’acquisizione di imprese
prima autonome ed indipendenti, provocano notevoli problemi nel
meccanismo interno del mercato, riducendo notevolmente la concorrenza ed
aumentando sensibilmente la mole di lavoro e le capacità dell’impresa, che
133
CATELLI e FLORIDA, Diritto antitrust. Le intese restrittive della concorrenza e gli abusi di
posizione dominante, 2003, 301 ss.
134 Nella L. 287/1990 articoli 16, 17, 18 e 19, vengono indicati i poteri dell’autorità in merito al
divieto delle operazioni di concentrazione.
135 L. 287/1990 art. 5 comma 1
95
consentiranno a quest’ultima la fissazione autonoma ed indipendente di
prezzi e condizioni a scapito sia dei consumatori che delle controparti.
La Legge Antitrust a tal proposito, con il supporto degli indici Istat
sull’andamento del carovita, fissa annualmente delle soglie limite, oltre la
cui cifra le operazioni di concentrazioni prima di essere realizzate devono
essere notificate all’Autorità. Lo scorso anno l’aggiornamento Istat ha
portato come risultato finale le soglie di 472 milioni di euro di fatturato
massimo realizzato dall’insieme delle imprese in operazione di
concentrazione e 47 milioni di euro136
di fatturato per l’impresa acquisita.
In Linea con le indicazioni provenienti dall’Antitrust e rintracciabili
all’interno del sito www.agcm.it; “per venire incontro all’esigenza delle
imprese”. Uno “slogan” che si potrebbe definire contraddittorio ed in
antitesi con ciò che si può leggere lucidamente, nella prima pagina del sito
ufficiale AGCM, cioè che “l’Autorità garantisce il rispetto delle regole che
vietano le intese anticoncorrenziali tra imprese, gli abusi di posizione
dominante e le concentrazioni in grado di creare o rafforzare posizioni
dominanti dannose per la concorrenza, con l’obiettivo di migliorare il
benessere dei cittadini”. Se vengono elaborate delle operazioni con
l’obiettivo principale di rispettare le esigenze di maggior profitto delle
imprese capitalistiche137
, volte al profitto e all’accumulazione di ricchezza,
a scapito dei lavoratori e dei consumatori, sembra lecito sollevare il dubbio
e la questione su come questa Autorità possa realmente migliorare il
benessere dei cittadini.
Cittadini e imprese sono le due parti opposte della stessa medaglia, e
non possono assolutamente andare di pari passo. Se, come pensa la
sottoscritta, ci si prefigge lo scopo della tutela dei cittadini e dei
consumatori, questo esclude automaticamente l’atto del privilegiare le
136
Vedi http://www.agcm.it/concorrenza-competenza/operazioni-di-concentrazione.html
137 Per un discorso maggiormente approfondito sulla questione si veda: MARX, Il capitale, 1867.
96
imprese, soprattutto quelle volte unicamente a soddisfare quell’impulso
egoistico di arricchimento alla base dell’attuale congiuntura economica.
Definitivamente tramontata l’epoca del comunismo come alternativa al
capitalismo, di un mondo che aveva come caratteristica la bifaccialità, oggi
gran parte della società è orientata al pensiero neoliberista, che identifica la
libertà nell’individuo, nella sua accezione borghese moderna, professando
la liberazione dell’economia dallo Stato, la privatizzazione dei servizi
pubblici e la liberalizzazione di molti settori. In un contesto in cui sono gli
stessi Stati a farsi portatori di tale logica non c’è nulla di sorprendente nel
precedente paradosso tra tutela dei consumatori e privilegio alle imprese, in
quanto la libertà è intesa come libertà d’iniziativa economica e non come
libertà individuale, così è l’impresa a farsi portatrice dell’interesse
collettivo e non più la cittadinanza.
3. IL “BENESSERE” DEI CONSUMATORI ATTRAVERSO
L’ANTITRUST
Oggi l'Autorità Garante della Concorrenza del Mercato, a seguito
dell'entrata in vigore del D. Lgs. 146/2007138
, rappresenta l'autorità
amministrativa di riferimento per la tutela dei consumatori. Ora possiamo
vedere più da vicino come la legislazione in materia di antitrust a livello
nazionale tuteli il consumatore. Questo incarico a tutela del soggetto
“debole” viene portato a termine solo attraverso le tradizionali mansioni,
sopraelencate, di vigilanza sul divieto di intese restrittive della concorrenza;
sul divieto di abuso di posizione dominante e sul divieto di operazioni di
concentrazione.
Dal lontano 1992, due anni dopo l’istituzione dell’Antitrust in Italia,
questa veniva chiamata dal legislatore a svolgere attività di repressione in
138
Il D. Lgs. 146/2007 ha recepito la direttiva sulle pratiche sleali.
97
materia di pubblicità ingannevole e comparativa, ma solo dopo tredici anni,
nel 2005, venne concesso all’AGCM di somministrare multe. Nel 2007
l’Autorità acquisì poi una nuova competenza, quella di tutelare i
consumatori dalle pratiche commerciali scorrette139
. Questa nuova capacità,
probabilmente la più importante in materia di tutela dei consumatori, viene
utilizzata allo scopo di protegge i contraenti “deboli”, i consumatori, dal
rapporto con i contraenti “forti”, le aziende, in modo tale da salvaguardare
l’autonomia del consumatore nella scelta di consumo140
. Oggi l'Autorità
Garante della Concorrenza del Mercato rappresenta l'autorità
amministrativa di riferimento a la tutela dei consumatori.
L' Autorità ha la competenza di applicare il decreto legislativo n. 145/07
che ha recepito la normativa comunitaria in materia di pubblicità141
ingannevole e comparativa, che all’art. 2, lettera b) afferma: viene
considerata ingannevole “qualsiasi pubblicità che in qualunque modo,
compresa la sua presentazione è idonea ad indurre in errore le persone
fisiche o giuridiche alle quali è rivolta o che essa raggiunge e che, a causa
del suo carattere ingannevole, possa pregiudicare il loro comportamento
economico ovvero che, per questo motivo, sia idonea a ledere un
concorrente”.
La pubblicità comparativa anch’essa inserita all’interno del D. Lgs.
145/2007142
lettera, d) sovviene nel momento in cui un’azienda identifica il
139
Per rivedere l’ampio concetto di pratiche commerciali scorrette, vedi capitolo II (La tutela del
consumatore), punto 2.2.
140 CATRICALÀ e LALLI, L’antitrust in Italia. Il nuovo ordinamento, Giuffrè, Milano, 2010, 133
ss.
141 Per comprendere meglio la nozione di pubblicità ingannevole è necessario prima di tutto,
analizzare il concetto di pubblicità, inserito nel D. Lgs. 145/2007 all’art 2. lettera a) affermando
che può essere identificata come pubblicità “qualsiasi forma di messaggio che è diffuso, in
qualsiasi modo, nell'esercizio di un'attività commerciale, industriale, artigianale o professionale
allo scopo di promuovere il trasferimento di beni mobili o immobili, la prestazione di opere o di
servizi oppure la costituzione o il trasferimento di diritti ed obblighi su di essi”.
142 In seguito alla legge finanziaria del 2007, precedentemente era indicata all’interno del Codice
del consumo.
98
proprio prodotto o servizio con quello di un’altra azienda, ledendo in questo
modo l’immagine altrui e appropriandosi di caratteristiche non proprie.
La legittimazione a ricorrere avanti all’ AGCM è riconosciuta dall'art.
27 Codice del consumo143
a ogni soggetto o organizzazione. Il soggetto che
richiede l'intervento dell'Autorità è tenuto a fornire a quest'ultima, oltre alle
proprie generalità, gli elementi idonei a consentire una precisa
identificazione della pratica commerciale in questione e del professionista
che l’ha posta in essere, nonché ogni elemento ritenuto utile ai fini della
valutazione. L’antitrust a tal proposito propone varie strade per ricorrere
alla via della tutela dei diritti del consumatore: attraverso il sito internet
www.agcm.it permette la segnalazione relativamente a messaggi
pubblicitari ingannevoli e pubblicità comparative mediante la segnalazione
online http://www.agcm.it/invia-segnalazione-online.html, o tramite fax,
posta o numero verde, o ancora meglio tramite il modello di segnalazione,
compilabile e stampabile, che possiamo visionare nelle pagine seguenti,
facilmente reperibile nel sito dell’Autorità.
143
Così anche art. 5 del “Regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pratiche
commerciali scorrette”.
99
Fig. 11 – Modello di segnalazione all’AGCM di pubblicità ingannevoli e comparative
Segnalazione in materia di tutela del consumatore e di pubblicità ingannevole e comparativa
Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato Piazza Verdi, 6/a
00198 Roma
tel. 06858211 - fax 0685821256
Sezione 1. DATI RELATIVI AL SEGNALANTE (N.B. I dati identificativi del segnalante sono necessari nei casi in cui :
- la pratica scorretta riguardi utenze, contratti di fornitura o altri contratti;
- si voglia ricevere la comunicazione dell’Autorità relativa all’esito della segnalazione.)
(Il recapito telefonico del segnalante è indispensabile per ogni eventuale successivo ricontatto volto ad acquisire chiarimenti o a integrare i fatti segnalati)
Cognome Nome
Ragione sociale
Qualifica/ruolo del segnalante (es. amministratore, legale rappresentante, altro)
Partita IVA /Codice fiscale
Indirizzo n. civico
Città Provincia CAP
Telefono Fax e-mail
Sezione 2. DATI RELATIVI AL SEGNALATO (SOGGETTO O IMPRESA)
(N.B. I dati identificativi del soggetto o dell’impresa sono indispensabili ai fini della procedibilità della
segnalazione)
Denominazione
Partita IVA /Codice fiscale
Indirizzo n. civico
Città Provincia CAP
Telefono Fax e-mail
Segue
100
Sezione 3. FATTO CHE SI VUOLE SEGNALARE Breve descrizione del fatto segnalato
(Descrivere l’accaduto evidenziando i contenuti del problema riscontrato e, ove possibile, le date in cui si
sono verificati i fatti)
2
101
Sezione 3. FATTO CHE SI VUOLE SEGNALARE (segue)
a) Messaggio pubblicitario/iniziativa promozionale
(N.B. Indicare, ove possibile, l’esatta denominazione dell’offerta o del servizio reclamizzato e della relativa data
di diffusione al fine di consentire un intervento tempestivo e mirato)
Nome promozione Prodotto/servizio reclamizzato
Mezzo di comunicazione
utilizzato: Internet (indicare il
sito)
stampa (nome quotidiano/periodico/altra pubblicazione)
televisione/radio (indicare emittente, canale e programma)
volantino/depliant cartellone catalogo confezione prodotto
posta ordinaria sms e-mail pubblicità telefonica
altro (specificare)
Diffusione:
data (giorno, mese, anno) ora (per messaggi via Tv, radio)
luogo (per depliant/volantini/cartelloni/affissionali)
Il messaggio è ritenuto ingannevole riguardo a:
le caratteristiche dell’offerta
indisponibilità/disponibilità limitata assistenza post vendita
consegna caratteristiche, funzioni e/o risultati prospettati
proprietà salutistiche e terapeutiche proprietà ecologiche
trattamento reclami altro (specificare)
102
Sezione 3. FATTO CHE SI VUOLE SEGNALARE (segue)
le condizioni economiche
prezzo/sconto modalità calcolo prezzo/sconto
spese accessorie modalità pagamento
false affermazioni di gratuità finanziamento finalizzato al consumo
costi/penali per l’esercizio del diritto di recesso altro (specificare)
le qualifiche dell’impresa
capacità/autorizzazione a svolgere l’attività
titolarità marchi, brevetti o altri riconoscimenti
la sua riconoscibilità (pubblicità occulta)
il pericolo per la salute e la sicurezza dei consumatori
i destinatari (messaggio diretto a bambini o adolescenti) b) Altri comportamenti scorretti
(N.B. Indicare, ove possibile, l’esatta denominazione del prodotto o del servizio al fine di consentire un
intervento tempestivo e mirato)
prodotto/servizio
ha sottoscritto un contratto? sì no
in caso di risposta affermativa:
nome intestatario
n. utenza n. contratto
data sottoscrizione contratto
4
103
Sezione 3. FATTO CHE SI VUOLE SEGNALARE (segue) luogo di sottoscrizione contratto
presso un punto vendita (indicare denominazione)
fuori dai locali commerciali (es. proprio domicilio/luoghi pubblici/aeroporti/stazioni)
telefonicamente via internet
Quale comportamento dell’impresa segnalata ritiene scorretto?
fornitura non richiesta di un prodotto/servizio
disattivazione non richiesta di una fornitura/servizio
modifica contrattuale (es. aumento potenza Kwh, piano tariffario, tassi di interesse, altro) non preceduta
da informativa
ostacolo al passaggio ad altro operatore
mancata consegna prodotto mancato rispetto tempi di consegna
false vincite di concorsi a premio
sollecitazioni commerciali, ripetute e non richieste, tramite telefono, fax, posta elettronica, sms
visite porta a porta insistenti finalizzate alla vendita di beni o servizi
altro (specificare)
104
Sezione 3. FATTO CHE SI VUOLE SEGNALARE (segue)
Mancanza di informazioni sui diritti dei consumatori:
condizioni o limitazioni all’esercizio del diritto di recesso
rimborsi al consumatore
garanzia sul prodotto acquistato
altro (specificare)
Ostacoli ai diritti dei consumatori (rifiuto, ritardo, oneri):
esercizio del diritto di recesso
garanzia sul prodotto acquistato
rimborsi al consumatore
altro (specificare) Ha già inoltrato reclami all’impresa? [ ] sì [ ] no
(N.B. La conoscenza del tipo di reclamo, delle modalità seguite e della relativa data consentono di valutare il
comportamento complessivo tenuto dal professionista)
In caso di risposta affermativa Quando ?
Con quali modalità? (tramite posta, e-mail, telefono, servizio clienti)
Ha ricevuto risposta ? sì no quando? (data)
Il problema è stato risolto? sì no quando? (data)
Come?
105
Sezione 4. ALLEGATI
a) Documenti a supporto della segnalazione:
copia volantino o altro materiale pubblicitario segnalato
copia delle schermate di cui si compone il messaggio segnalato e diffuso a mezzo internet
copia del messaggio segnalato diffuso a mezzo stampa
rilievi fotografici del messaggio segnalato
copia contratto sottoscritto o inviato dall’impresa
copia reclamo/i inviato/i all’impresa
copia documenti di fatturazione oggetto di contestazione
copia nota d’ordine compilata per acquisti via internet
copia della prova d’acquisto (scontrino, fattura)
altro (specificare)
Sezione 5. Informativa ai sensi dell’art. 13 del d.lgs. n. 196 del 2003
Il sottoscritto autorizza l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato al trattamento e alla diffusione dei propri dati personali ai fini delle attività amministrative conseguenti alla presente
segnalazione, incluso l’eventuale accesso agli atti.
Data Firma
Data Firma
Fonte:www.agcm.it
106
Una volta avvenuta la segnalazione, inizia la fase che può definirsi
pre-istruttoria, durante la quale l'Autorità rivaluta gli elementi in suo
possesso nonché quelli allegati alla richiesta di intervento e, qualora ritenga
che non vi siano i presupposti per un approfondimento istruttorio, archivia
la richiesta di intervento dandone comunicazione al richiedente, in caso
contrario provvede ad avviare l'istruttoria.
La fase pre-istruttoria non è soggetta ad alcuna forma di pubblicità. In
questa fase, il responsabile del procedimento può, chiedere per iscritto al
professionista di rimuovere gli elementi di possibile ingannevolezza o
illiceità, salvo che non si tratti di casi particolarmente gravi. Questo
strumento semplifica molto l'attività del responsabile del procedimento, che
è colui a cui spetta la decisione di avvio del procedimento o di
archiviazione144
. Quando l’AGCM decide di avviare l'istruttoria, ne
informa il professionista ed i soggetti che hanno presentato la richiesta di
intervento, specificando l'oggetto del procedimento, la scadenza per la sua
conclusione, l'ufficio e la persona responsabile, l'ufficio le modalità di
accesso agli atti, la possibilità di presentare memorie scritte o documenti ed
il termine entro cui possono essere presentati.
L’AGCM, dopo aver valutato impegni proposti, ha tre possibilità:
- qualora li ritenga manifestamente legittimi dispone la chiusura del
procedimento senza accertare l'infrazione, rendendolo obbligatorio;
- qualora li ritenga solo parzialmente illegittimi, fissa un termine al
professionista per un eventuale perfezionamento degli impegni
medesimi;
- qualora ritenga la pratica commerciale totalmente illegittima o nei
casi di evidente scorrettezza e/o gravità, delibera il rigetto degli
impegni medesimi.
144
Presenta anche alcuni limiti oggettivi, in quanto, non può essere utilizzato nei casi di particolare
gravità e la discrezionalità della responsabile del procedimento viene ristretta mediante la
previsione di un'informativa al Collegio.
107
L'accettazione degli impegni e la conseguente chiusura del
procedimento, non ostacolano un'eventuale successiva riapertura d'ufficio
del procedimento quando il professionista, non porta a termine gli impegni
assunti oppure la situazione di fatto muta rispetto ad uno o più elementi su
cui si fonda la decisione, oppure ancora quando la decisione di accettazione
degli impegni si fonda su informazioni incomplete, inesatte o fuorvianti.
Sempre con lo scopo di perseguire il “benessere dei cittadini” l’AGCM
propone anche delle Mini Guide con l’obiettivo di aiutare i consumatori a
non incorrere nelle truffe. Di seguito possiamo trovare un piccolo decalogo
utile composto da dieci regole, che se seguito alla regola dal consumatore,
eviterebbe molteplici situazioni spiacevoli. Noi consumatori siamo “animali
istintivi”, agiamo d’istinto facendoci guidare molto spesso dalle sensazioni,
un comportamento in antitesi con quello del presupposto homo economicus
che secondo la teoria economica classica dovrebbe essere sempre orientato
verso la razionalità nelle sue scelte.
Fig. 12 – Mini Guida per consumatori
Fonte: www.agcm.it
108
Nonostante i buoni propositi, secondo il mio parere l’Antitrust non
riesce a pieno a garantire la tutela dei consumatori. Partiamo dal
presupposto che promuovere il “benessere” dei consumatori non è la stessa
cosa che “tutelare” i consumatori. Il benessere145
è quella sensazione
psicofisica di armonia e beatitudine con ciò che ci circonda, raggiungibile
anche dopo un acquisto indotto tramite quella che non ci accorgiamo essere
una pratica commerciali scorretta. Un acquisto dovuto ad una pubblicità
ingannevole, è soddisfacente come un acquisto scaturito da una normale146
pratica commerciale, fino al momento in cui non ci aggiorniamo
dell’illegalità che ci ha spinto a questo atto di consumo. Un acquisto
effettuato in seguito a pratiche scorrette e pubblicità ingannevoli o
comparative, potrebbe provocare addirittura un grado maggiore di
soddisfazione, dovuto alle apparenti condizioni “favorevoli” dell’acquisto.
Raggiungere quindi il “benessere” non è assolutamente sinonimo di una
tutela reale per questi soggetti, tutt’altro. Tutelare i consumatori, implica
invece la protezione dei loro diritti ed interessi realmente, non
all’apparenza147
, ma nella pratica.
Esistono quindi notevoli contraddizioni all’interno dell’AGCM , questa
non è studiata a misura d’uomo, non è strutturata sulle specifiche esigenze
del consumatore, ma tenta di raggiungere il giusto compromesso tra
l’insoddisfazione e la soddisfazioni di questi’ultimi. L’Antitrust italiano
inoltre tutela le imprese dalle grandi dimensioni e dai cospicui fatturati,
sanzionando le aziende in fallo, con sanzioni dalle cifre massime che
risultano gravose solo per le piccole imprese, causando così una
145
Seconda una definizione dell’OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità il benessere è “lo
stato emotivo, mentale, fisico, sociale e spirituale di ben-essere che consente alle persone di
raggiungere e mantenere il loro potenziale personale nella società”
146 Normale inteso come rientrante nella norma, ossia nella Legge.
147 Per un discorso più approfondito della questione rivedi Capitolo I e Capitolo II.
109
diminuzione dell’efficacia deterrente della pena e il formarsi di mercati
oligopolistici148
.
L’AGCM oltre a ciò è un sistema definibile sotto il concetto di
“Autorità”, così il cittadino/consumatore sotto la sua tutela non si sentirà
mai veramente libero. Il sistema autarchico è fondato sull’equazione
comando/obbedienza, l’autorità in questo caso si trova in uno status di
potere, in una “posizione gerarchica” superiore149
, che divide questa dai
comuni mortali, che istituzionalizza, e ciò che è istituzione è distante anni
luce dagli individui, dai consumatori e dall’aver acquisito un minimo di
autonomia, che dal greco autòs, se stesso, e nomos, legge, fa ben
comprendere come questa sia acquisibile quando la Legge si fa da se. Del
resto l’AGCM pur essendo un soggetto “autonomo” ed “indipendente”, è
pur sempre un’entità istituzionale, sorge quindi il dubbio se questa possa
essere veramente garante di imparzialità ed indipendenza.
148
Oligopolio è una forma di mercato consistente nella presenza sul mercato di poche imprese, di
grandi dimensioni. Anche un duopolio può essere definito come oligopolio.
149 FROMM, Fuga dalla libertà, 1994.
110
CAPITOLO IV
AZIONI COLLETTIVE RISARCITORIE
1. LEGGE FINANZIARIA 2008: L. 24 DICEMBRE 2007 N. 244
In seguito a numerose peripezie formative e normative, l’art. 2, commi
445-449, della legge 24 dicembre 2007 n. 244150
, finanziaria 2008, viene
alla luce, grazie ad una svista di un parlamentare al momento del voto151
.
L’obiettivo è quello di elevare il margine di tutela del contraente debole,
con questa proposta viene a formarsi all’interno del nostro ordinamento un
istituto fino ad allora ignoto: l’Azione risarcitoria collettiva.
Come l’Antitrust anche l’azione risarcitoria collettiva, è strumento volto
alla tutela dei consumatori, con l’importante differenza che questa trova il
suo fondamento nella volontà di garantire e riconoscere i diritti e gli
interessi individuali e collettivi dei consumatori, attraverso una forma di
150
L. 24.12.2007, n. 244 art 2, comma 445: “Le disposizioni di cui ai commi da 446 a 449
istituiscono e disciplinano l’azione collettiva risarcitoria a tutela dei consumatori, quale nuovo
strumento generale di tutela nel quadro delle misure nazionali volte alla disciplina dei diritti dei
consumatori e degli utenti, conformemente ai princıpi stabiliti dalla normativa comunitaria volti ad
innalzare i livelli di tutela”.
L. 24.12.2007, n. 244 art 2, comma 446: “Dopo l’articolo 140 del codice del consumo, di cui al
decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e` inserito il seguente: Art. 140-bis. – Azione
collettiva risarcitoria” Vedi D. Lgs. 206/2005 art. 140 bis.
L. 24.12.2007, n. 244 art 2, comma 447: “Le disposizioni di cui ai commi da 445 a 449 diventano
efficaci decorsi centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge”.
L. 24.12.2007, n. 244 art 2, comma 448: “All’articolo 50-bis, primo comma, del codice di
procedura civile, dopo il numero 7) e` aggiunto il seguente: «7-bis) nelle cause di cui all’articolo
140-bis del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206»”.
L. 24.12.2007, n. 244 art 2, comma 449: “Al codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6
settembre 2005, n. 206, la rubrica del titolo II della parte V e` sostituita dalla seguente: «Accesso
alla giustizia»”.
151 Dopo aver subito un’opportuna azione di attenuazione motivata dalle paure riguardanti le class
actions.
111
tutela in sede nazionale o locale effettuata in forma associativa e collettiva.
Questa azione è inserita all’interno del titolo V del nostro Codice del
Consumo, in materia di “Associazioni dei consumatori ed accesso alla
giustizia”, esattamente nell’art. 140 bis.
I concetti espressi dall’art. 140-bis appaiono chiari e comprensibili dal
momento che non hanno avuto la pretesa di trattare ogni aspetto processuale
delle azioni risarcitorie, si inizia a “sostituire l’azione della collettività a
quella dei singoli, ogni qual volta quest’ultima si ravvisi insufficiente”152
.
Ciò che risulta ancor più chiara è la scelta di base: immaginare che taluni
attori esponenziali diventino l’organo fautore di un giudizio risarcitorio in
cui i crediti relativi ai soggetti lesi, possano calare, garantendo posizioni
giuridiche omogenee per il maggior numero di utenti/risparmiatori,
scatenando così un evento plurioffensivo, acceso dall’unione di quello che
sarebbe stata l’azione di ciascuno dei danneggiati.153
L’introduzione nel nostro ordinamento de “l’azione collettiva
risarcitoria a tutela dei consumatori” costituisce una decisiva svolta per il
sistema processuale italiano. Essendo questo l’esito di un “fenomeno
internazionale di circolazione di modelli processuali” volto a garantire ai
gruppi delle strutture di accesso collettivo per la tutela rimediale -
risarcitoria dei propri diritti, si può intuire il notevole passo in avanti
effettuato rispetto alle singole pretese risarcitorie delle azioni individuali.
Viene considerato come un significativo passo in avanti, in quanto
l’introduzione dell’azione risarcitoria collettiva, permette di soddisfare
quelle importanti esigenze che prima l’azione inibitoria non consentiva.
152
BONAUDI, La tutela degli interessi collettivi, 1911.
153 CHINÈ e MICCOLIS, Class action e tutela collettiva dei consumatori. Art. 2 commi dal 445 al
449, legge 24 dicembre 2007 n. 24, Roma, 2008, 132.
112
Le azioni collettive condotte da più soggetti, in difesa dei propri diritti
ed interessi comuni, si possono dividere in due tipologie: da una parte
troviamo le azioni inibitorie e dall’altra quelle risarcitorie.
L’azione inibitoria, disciplinata dagli articoli 37154
e 140 del Codice del
Consumo, ha lo scopo di far cessare l’attività del professionista, che sia
riconosciuta dal provvedimento giudiziale come scorretta, inoltre vuole
imporre allo stesso l’obbligo di astenersi in futuro dal compimento di tale
attività. La tutela giurisdizionale che si ottiene attraverso l’azione inibitoria
è orientata a perseguire due tipi di risultati: ripristinare la situazione iniziale
che è stata lesa ed inibire qualsiasi altra reiterazione del comportamento
illecito. Da quanto esposto, si desume che essa rappresenti una forma di
tutela preventiva che è volta non solo a difendere i consumatori, ma anche il
regolare funzionamento del mercato, dato che tende ad attuare l’interesse
generale della lealtà nello svolgimento delle transazioni commerciali.
La tutela che scaturisce dalle azioni inibitorie non è però sufficiente a
soddisfare le esigenze della collettività, in tutti i suoi crismi, a differenza
dell’azione collettiva risarcitoria che oltre a consentire la tutela collettiva
delle vittime di uno stesso evento dannoso, con una sola azione giudiziaria,
permette anche la reintegrazione dei rispettivi patrimoni; una possibilità che
non era mai stata contemplata in nessuna normativa, fino alla sua
introduzione.
L’arrivo a tale riforma è stato segnato dall’indiscutibile influenza offerta
dal modello delle class actions, tipicamente americano, ma l’operato
154
D. Lgs. 206/2005 art 37, in materia di azioni inibitorie:
“1. Le associazioni rappresentative dei consumatori, di cui all'articolo 137, le associazioni
rappresentative dei professionisti e le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura,
possono convenire in giudizio il professionista o l'associazione di professionisti che utilizzano, o
che raccomandano l'utilizzo di condizioni generali di contratto e richiedere al giudice competente
che inibisca l'uso delle condizioni di cui sia accertata l'abusività ai sensi del presente titolo.
2. L'inibitoria può essere concessa, quando ricorrono giusti motivi di urgenza, ai sensi degli
articoli 669-bis e seguenti del codice di procedura civile.
3. Il giudice può ordinare che il provvedimento sia pubblicato in uno o più giornali, di cui uno
almeno a diffusione nazionale.
4. Per quanto non previsto dal presente articolo, alle azioni inibitorie esercitate dalle associazioni
dei consumatori di cui al comma 1, si applicano le disposizioni dell'articolo 140”.
113
italiano non può essere letto come un mero riaggiustamento di questo
schema, in quanto class action e azioni risarcitorie collettive sono
estremamente differenti, anche se nate per soddisfare lo stesso bisogno: la
necessità di una maggiore tutela dei consumatori. Vederle più da vicino è lo
scopo dei prossimi paragrafi.
2. AZIONE DI CLASSE E AZIONE COLLETTIVA
Fig. 13 – Che cosa è la Class Action
Fonte: http://www.borsaitaliana.it
Le azioni di classe, meglio note come Class Actions, prendono origine
dall’americana Rule 23 della Federal Rules of Civil Procedure, nata nel
1938 per adozione dalla Corte Suprema degli Stati Uniti, maturata in seno
alle corti come manifestazione dei principi dell’equity, in modo del tutto
114
diverso dai modelli di tutela risarcitoria europei che spesso emergono da
una reale manovra di laboratorio da parte dei legislatori.
Le Azioni di classe si differenziano notevolmente dalle Azioni collettive
che sorgono in Italia in seguito alla legge finanziaria per il 2008,
introducendo all’interno del nostro Codice del Consumo nell’articolo 140
bis l’istituto, fino ad allora poco noto, delle azioni risarcitorie collettive.
Quest’ultimo iniziò ad essere operativo in territorio italiano solo a partire
dal 1 gennaio 2010155
, grazie all’introduzione dell’art. 49 della legge 23
luglio 2009 n. 99 in materia di “Disposizioni per lo sviluppo e
l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia”156
. In
Italia il sistema subisce ritardi nella sua introduzione, una delle principali
cause di questo rallentamento è dovuto al fatto che le Class Actions
provengono da un ordinamento giuridico di matrice anglosassone, detto
Common Law, che con molta difficoltà è riuscito ad adattarsi ad un modello
di Civil Law, a cui noi apparteniamo157
.
155 Questo mostra la notevole arretratezza e la lentezza del sistema giuridico italiano rispetto al
sistema giuridico americano, sia in materia di legislazione antitrust che in materia di azioni
collettive risarcitorie.
156 Legge 99/2009 art. 49 “Modifica dell'articolo 140-bis del codice del consumo, di cui al decreto
legislativo 6 settembre 2005, n. 206”
157 Vedi sopra, Capitolo III, punto 1. La stessa situazione di adattamento problematico al nostro
modello di Civil Law, si può scorgere anche nella disciplina antistrust.
115
Fig. 14 – Class Action tra modello anglosassone e modello italiano
Fonte: http://www.borsaitaliana.it
Le azioni di classe sono profondamente differenti dalle azioni collettive
in quanto queste ultime possono essere esperite solo dalle associazioni dei
consumatori158
indicate nell’articolo 139 del Codice del Consumo, come
dettato dal comma 1 dell’articolo 140 bis dello stesso Codice: “1. I diritti
individuali omogenei dei consumatori e degli utenti, di cui al comma 2,
sono tutelabili anche attraverso l'azione di classe, secondo le previsioni del
presente articolo. A tal fine ciascun componente della classe, anche
mediante associazioni cui dà mandato o comitati cui partecipa, può agire
158
Vedi sopra, Capitolo I, punto 3.
116
per l'accertamento della responsabilità e per la condanna al risarcimento del
danno e alle restituzioni”. Le associazioni di consumatori in questo caso
agiscono da rappresentanti degli interessi degli utenti, operando come
mediatori. Un ruolo che può essere osservato con accezione critica, in
quanto la mediazione genera rapporti di dipendenza, sopprimendo un’altra
delle poche libertà rimaste in capo ai consumatori.
A differenza di ciò che succede in Italia, in cui le azioni collettive oltre
ad essere un’eccezione, vengono portate avanti da un soggetto differente dal
titolare del diritto, negli Stati Uniti le azioni individuali sono una rarità e le
Class Actions sono la regola, una consuetudine portata avanti dai
consumatori in persona.
Negli Stati Uniti le azioni di classe vengono instaurate da un singolo
individuo159
rappresentante di una pluralità di individui che si trovano nella
stessa situazione bisognosa di tutela160
, questo attore rappresentativo
chiamato nel diritto anglosassone come representative plaintiff, solitamente
risulta essere il consumatore che ha subito i maggiori danni, questo deve
rappresentare in modo adeguato tutti i singoli interessi di ogni membro
della classe di consumatori lesi. Ogni azione di classe per essere ammessa,
certified, deve possedere quattro requisiti essenziali:
- Numerosity, ossia la numerosità della classe per la quale va ad
operare; sarebbe impossibile la presenza fisica di tutti i soggetti lesi
in un unico processo;
- Commonality, cioè la comunanza di uno stesso problema;
159
Ma nulla vieta a questi di agire tramite associazioni rappresentative dei consumatori. Viene
individuato solitamente un Representative Plaintiff in quanto all’interno dei requisiti della Rule 23
è indicata a chiare parole “impossibilità di riunione in un unico processo di tutte le parti”
160 CHINÈ e MICCOLIS, Class action e tutela collettiva dei consumatori. Art. 2 commi dal 445 al
449, legge 24 dicembre 2007 n. 24, Roma, 2008, 139 ss.
117
- Tipicality, stante a significare come quelle domande ed eccezioni che
il representative plaintiff andrà a richiedere debbano essere tipiche e
rappresentative di tutti i membri della classe;
- Adeguacy, come la credibilità che il rappresentative plaintiff deve
ottenere a sostegno degli interessi della classe161
.
Una volta certificata, l’azione di classe viene notificata a tutti i membri
della classe lesa, per poi passare in sentenza, con cui si stabilirà
successivamente l’ammontare del risarcimento. La cifra che corrisponderà
al risarcimento verrà ripartita, in modo tale da restituire le spese iniziali
anticipate dallo Studio Legale prescelto dai membri della classe, più
l’onorario calcolato in proporzione al risultato conseguito. Questo accordo è
noto anche con il nome di “Patto di Quota Lite”, che sta ad indicare quella
situazione in cui il singolo danneggiato, che non potrebbe esperire
un’azione di rivendicazione individuale a causa del cospicuo costo di
questa, si accorda con l’avvocato che anticiperà tutte le spese legali, incluse
le spese per perizie e trasferte dei testimoni, al patto che ad azione conclusa,
solo in caso di vittoria, lo studio legale potrà recuperare le spese effettuate
ed ottenere un risarcimento/onorario in percentuale al risultato conseguito,
solitamente corrispondente alla metà del risarcimento ottenuto. In caso di
esito negativo, lo studio legale non otterrà nessun risarcimento, né
compenso.
Il “Patto di Quota Lite” tipico del sistema anglosassone è ciò di cui ha
usufruito anche Erin Brockovich, impersonata in un noto film dall’attrice
Julia Roberts162
, intraprendendo nel 1992 una Class Action contro la Pacific
Gas and Electric company contro l’inquinamento delle falde acquifere da
161
CHINÈ e MICCOLIS, Class action e tutela collettiva dei consumatori. Art. 2 commi dal 445 al
449, legge 24 dicembre 2007 n. 24, Roma, 2008, 140 ss.
162 Julia Roberts ha interpretato il ruolo di Erin Brockovich nel film “Erin Brockovich – Forte
come la verità” diretto da Soderbergh nel 2000. Per chiarificazioni vedi www.brockovich.com.
118
cromo esavalente163
ottenendo per i molteplici querelanti, indennizzi per
oltre 300 milioni di dollari.
Tab. 4 – Tutti in classe
Fonte: www.lavoce.info
Nel modello delle Class Actions c’è una ulteriore differenza rispetto al
modello italiano, il primo si basa sul concetto dell’opt-out, opt da option,
ossia l’individuo che fa parte della classe che decide di ricorrere alla class
action, automaticamente diviene parte dell’azione di classe, quindi opt-out
in quanto il seguente soggetto nel caso in cui non voglia usufruire dei
benefici derivabili dall’azione di classe ha la possibilità di “tirarsene
163
Vedi http://www.brockovich.com ed anche http://www.ermesconsumer.it
119
fuori”164
. Differentemente da quando appena enunciato in materia di class
actions, in ambito italiano si ricorre al criterio diametralmente opposto:
quello dell’opt-in, si entra a far parte dell’azione collettiva risarcitoria solo
nel momento in cui decidiamo di aderirvi, avrà quindi efficacia solo nei
confronti di chi avrà usufruito dell’opting-it, come indicato del resto
all’interno dell’art. 140 bis del Codice del Consumo comma 3 “I
consumatori e utenti che intendono avvalersi della tutela di cui al presente
articolo aderiscono all'azione di classe” e successivo comma 15 per cui “le
rinunce e le transazioni intervenute tra le parti non pregiudicano i diritti
degli aderenti che non vi hanno espressamente consentito”.
Per una rivisitazione moderna del concetto di opting in e opting out si
possono osservare le figure seguenti n. 15 e 16.
164
MAZZINA, Prime considerazioni sugli aspetti costituzionali dell’ “azione collettiva”, in
AGIT, 2008, 8 ss.
120
Fig. 15 e fig. 16 – Opting In e Opting out nell’accezione moderna
Fonte: www.goodreads.com
121
Ora concentreremo la nostra analisi sul modello italiano.
Fig. 17 – Le fasi dell’azione collettiva risarcitoria
Fonte: BONA, BUZZELLI e CONSOLO, Obiettivo Class Action: l’azione collettiva
risarcitoria. L.24 dicembre 2007, n. 244 (Finanziaria 2008) che introduce l’art. 140-bis
codice del consumo e modifica l’art 50-bis c.p.c., IPSOA Gruppo Wolters Kluwer, 2008,
XXI.
122
Le azioni collettive risarcitorie, come indicato nell’art. 140 bis comma
2 del Codice del Consumo, sono condotte volte a tutelare:
“a) i diritti contrattuali di una pluralità di consumatori e utenti che versano
nei confronti di una stessa impresa in situazione identica, inclusi i diritti
relativi a contratti stipulati ai sensi degli articoli 1341 e 1342 del codice
civile165
” ossia quei danni scaturiti dalla stipulazione di contratti;
“b) i diritti identici spettanti ai consumatori finali di un determinato
prodotto nei confronti del relativo produttore, anche a prescindere da un
diretto rapporto contrattuale” detto anche danno da prodotto166
;
“c) i diritti identici al ristoro del pregiudizio derivante agli stessi
consumatori e utenti da pratiche commerciali scorrette o da comportamenti
anticoncorrenziali” definibile anche come danno da “antitrust” in quanto
rispecchia gli obiettivi ricercati da questo istituto.167
Passando ad esaminare brevemente il procedimento di un’azione
collettiva168
, una volta verificato il danno e individuata la causa scatenante
verrà fatta la richiesta sulla possibilità di esperire un’azione risarcitoria
collettiva “al tribunale ordinario avente sede nel capoluogo della regione in
cui ha sede l'impresa, ma per la Valle d'Aosta è competente il tribunale di
Torino, per il Trentino-Alto Adige e il Friuli-Venezia Giulia è competente il
tribunale di Venezia, per le Marche, l'Umbria, l'Abruzzo e il Molise è
competente il tribunale di Roma e per la Basilicata e la Calabria è
competente il tribunale di Napoli” .
165
I seguenti articoli 1341 e 1342 del Codice Civile trattano delle “Condizioni generali di
contratto” e del “Contratto concluso mediante moduli o formulari”, esprimono in poche parole il
concetto che i contratti devono essere oggetto di negoziato tra le parti.
166 Individuati nel Codice del Consumo negli art. 114 e ss. riguardante la responsabilità per danno
da prodotto difettosi.
167 Vedi sopra capitolo III.
168 Vedi figura 17, le fasi dell’azione collettiva risarcitoria.
123
In questa fase preliminare il tribunale deve valutare se la domanda è
ammissibile e sospendere il giudizio qualora ci sia un’istruttoria dianzi al
giudice amministrativo169
. Viene data ordinanza di inammissibilità della
domanda nel caso in cui sia “manifestamente infondata, quando sussiste un
conflitto di interessi[…], nonché quando il proponente non appare in grado
di curare adeguatamente l'interesse della classe”170
. Il giudizio di
ammissibilità dell’azione viene svolto dal giudice che, alla prima udienza,
mediante un provvedimento a cognizione sommaria, deve verificare
l’insussistenza delle cause di inammissibilità sopra elencate.
Nel caso di inammissibilità della domanda, il Tribunale si pronuncia
sulle spese e ordina la più opportuna pubblicità a cura e a spese del
soccombente. Se la domanda collettiva è ritenuta ammissibile, il tribunale
stabilisce il termine per la notificazione dell’ordinanza: “il tribunale
determina altresì il corso della procedura”, disponendo, fra gli altri, l’onere
alle parti in merito alla “pubblicità ritenuta necessaria a tutela degli
aderenti”171
.
A questo punto arriva il momento della decisione finale, che si qualifica
come una “sentenza di condanna” con la quale il giudice stabilisce le
somme da risarcire a coloro che hanno partecipato all’azione. Ovviamente
la sentenza fa stato nei confronti di tutti quelli che hanno aderito all’azione
collettiva risarcitoria mentre non avrà alcun effetto nei confronti di chi non
ha aderito, per i quali non saranno più “proponibili ulteriori azioni di classe
per i medesimi fatti e nei confronti della stessa impresa dopo la scadenza
169
L’AGCM è un’autorità amministrativa indipendente. Nel qual caso ci sia già un procedimento
in corso con l’AGCM, non si potrà esperire un’azione risarcitoria collettiva.
170 Vedi D. Lgs. 206/2005 art. 140 bis comma 6.
171 Vedi D. Lgs. 206/2005 art. 140 bis comma 11.
124
del termine per l'adesione assegnato dal giudice ai sensi del comma 9”172
,
anche se rimarrà per loro sempre possibile esperire l’azione individuale.
3. IL “BENESSERE” DEI CONSUMATORI ATTRAVERSO
LE AZIONI COLLETTIVE RISARCITORIE
Ma queste azioni collettive a scopo risarcitorio, spesso chiamate con
svelto americanismo class actions, come tutelano il “benessere” del
consumatore?
In primo luogo consentono di arrivare laddove altri istituti non riescono;
sono strutturate a misura d’uomo con l’unico obiettivo di tutelare il
consumatore e di non permettere loro di rinunciare ai propri diritti
fondamentali. L’azione risarcitoria collettiva consente ai consumatori di
arrivare dove un’azione individuale non riesce, permettendo loro di
intraprendere azioni che singolarmente non avrebbero avviato a causa degli
eccessivi costi giudiziari rapportati spesso all’esiguo danno dalla portata
economicamente modesta.
Tra i vantaggi che presenta uno dei principali è l’abbattimento dei costi,
infatti unendosi collettivamente le spese si abbattono ed il singolo acquista
una maggiore forza nei confronti della fonte dei suoi mali: l’impresa e
perché no anche la pubblica amministrazione. Il singolo così con l’azione
risarcitoria collettiva oltre a fare tutelare dei diritti a costo pressoché nullo
rispetto ad un’azione individuale, unendosi collettivamente con altri
individui, moltiplica esponenzialmente l’influenza e il potere contrattuale,
riuscendo a sovrastare anche grandi colossi come le multinazionali del
tabacco e delle automobili.
172
Vedi D. Lgs. 206/2005 art. 140 bis comma 14.
125
Fig. 18 – Uniti contro i grandi si può
Fonte: www.reset-italia.net
Come illustrato ironicamente nella fig. 18 l’unione di tanti piccoli
consumatori, nell’immagine identificati come pesciolini, riesce a
contrastare la parte contrattualmente forte costituita dai grandi imprenditori,
e quindi ad acchiappare il cosiddetto pesce grosso.
Anche nel caso di piccole somme in ballo l’azione collettiva risarcitoria
riesce ad agevolare la tutela restitutoria, consentendo un’equa
redistribuzione tra i danneggiati del patrimonio risarcito. Inoltre l’unione di
più ricorsi individuali, associati in una sola azione comune consente un
notevole risparmio della spesa processuale e una cospicua riduzione della
spesa pubblica.
126
Le azioni collettive consentono di dare libero sfogo alle necessità dei
consumatori senza dover far vagliare la propria problematica ad una
autorità superiore. Un potere quindi diffuso, che dal basso rivendica i diritti
dei propri rappresentati attraverso una costruzione plurale e articolata,
smarcandosi così dai meccanismi di tutela che necessariamente fanno capo
ad un potere proveniente “dall’alto”.
Fig, 19 – Avvocato del diavolo contro azioni collettive
Fonte: www.disinformazione.it
Queste si stanno insinuando in svariati ambiti, a partire dal settore delle
telecomunicazioni, in cui i consumatori mostrano problematiche riguardanti
bollette, pubblicità ingannevoli, servizi a pagamento; nel settore bancario
127
riguardante azioni collettive finalizzate al recupero crediti173
; nel settore dei
servizi pubblici, rivendicando inefficienze collegate per esempio al servizio
dei trasporti pubblici174
; passando per il settore riguardante energia e
carburanti, concernente erogazioni difettose o a prezzi praticati non
seguendo il gioco concorrenziale; per arrivare infine al settore
dell’editoria175
.
Le Azioni collettive, causa la loro estrema attualità, possono risultare
estremamente efficaci ma di difficile attuazione perché poco frequenti nel
nostro territorio.
4. CASO DI STUDIO
La materia oggetto della mia ricerca è stata introdotta recentemente
nell’ordinamento nazionale, pertanto la trattazione al riguardo risulta spesso
limitata ad un approccio teorico più che applicativo. Le Azioni Risarcitorie
Collettive intraprese fino ad oggi costituiscono un numero esiguo nel totale
delle pratiche adottate per tutelare i consumatori e spesso risultano ancora
in corso. Alla luce di questi fatti ho ritenuto necessario introdurre un caso di
studio, oggetto di una ricerca personale, per approfondire l’analisi fin qui
svolta, concentrando l’attenzione sull’aspetto applicativo di tali strumenti.
L’intenzione è quella di fornire un quadro generale di come il ricorso
all’Antitrust e l’attuazione di Azioni Risarcitorie Collettive contribuiscano
alla tutela del consumatore. Per raggiungere tale scopo mi sono servita di un
questionario fatto di domande sia chiuse che aperte, somministrato
173
Vedi lo scandalo riguardante la Cirio, la Parmalat ed i Bond argentini.
174 Vedi l’azione risarcitoria collettiva instaurata contro Trenitalia.
175 Vedi l’azione risarcitoria collettiva instaurata contro Google da parte di tutti gli scrittori
d’Italia, per problematiche riguardanti violazioni di copyright.
128
telefonicamente alle principali associazioni dei consumatori riconosciute
dal Ministero dello Sviluppo Economico176
. L’utilizzo del questionario,
nella seguente ricerca, è motivato dalla facilità di ottenere risposte rapide e
concise ed allo stesso tempo dalla possibilità di ottenere maggiori
informazioni nelle risposte a domande aperte. Rispetto ad un’intervista il
questionario è uno strumento di facile somministrazione, che richiede poco
tempo all’intervistato e che riesce ad evidenziare semplicemente differenze
ed affinità nei risultati conseguiti.
Il questionario si articola in 9 domande che, partendo dalle materie
specifiche di cui si occupa l’associazione in questione, si addentrano
nell’aspetto applicativo del ricorso all’Antitrust e alle Azioni Risarcitorie
Collettive. E’ stato somministrato a 10 diverse associazioni riconosciute177
,
che si occupano delle più svariate materie, tra le quali Altroconsumo,
Legaconsumatori, Adiconsum, Centro Tutela Consumatori, Lega
Consumatori, ADOC Piemonte, Assoutenti, Assoconsum, Confconsumatori
e Unione Nazionale Consumatori.
Il fine è quello di mostrare una comparazione, dove possibile, tra i due
strumenti, scoprire come vengono utilizzati dalle associazioni dei
consumatori e per quali casi viene preferito l’uno o l’altro. Inoltre si cerca
di scoprire se, secondo tali associazioni, con l’introduzione delle Azioni
Risarcitorie Collettive sia migliorata la tutela del consumatore ed in quali
ambiti queste possono essere delle pratiche più efficaci rispetto agli
strumenti di tutela tradizionali.
176
http://www.sviluppoeconomico.gov.it
177 Sono state esaminate il 55% delle associazioni dei consumatori, riconosciute dal Ministero
dello sviluppo economico, in quanto il totale di queste ammonta a 18.
129
Tab. 5 – Questionario Antitrust/Azioni Risarcitorie Collettive
Questionario Antitrust/Azioni Risarcitorie Collettive
1) La vostra associazione si occupa di qualche ambito specifico nella
tutela del consumatore?Siete specializzati in qualcosa?
SI NO
Se si, quali?
………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………
2) Quali sono i principali motivi per cui una persona o gruppo di
persone si rivolge a voi?
………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………
3) Quante sono mediamente le persone che si rivolgono a voi nell’arco
di un anno?
………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………
4) Vi rivolgete all’Antitrust (AGCM) per alcune di queste
problematiche?
SI NO
Se no, per quale motivo?
………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………
130
5) I casi nei quali vi rivolgete all’Antitrust sono molti?Saprebbe
indicarmi una percentuale approssimativa rispetto ai casi totali da voi
trattati?
………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………
6) Nel 2010 sono entrate in vigore le Azioni Risarcitorie collettive,
solitamente chiamate Class Actions, vi è mai capitato di attuarne
alcune? SI NO
Motivare la risposta.
………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………
7) Quanti sono stati questi casi approssimativamente e cosa
riguardavano?
………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………
8) Secondo lei, da quando sono entrate in vigore le Azioni Risarcitorie
Collettive è migliorata la capacità di tutelare i consumatori?
SI NO
Se no, perché?Se si, quali sono stati i principali cambiamenti apportati?
………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………
9) A vostro avviso il consumatore riesce ad essere tutelato in maniera
migliore se si rivolge all’Antitrust o se intraprende un’Azione
Risarcitoria Collettiva?
………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………
Fonte: Silvia Marini
131
Nella loro eterogeneità, le associazioni dei consumatori prese in
considerazione si occupano principalmente della tutela dei consumatori in
vari settori: telefonia, problemi bancari, finanziari ed assicurativi, energia e
gas, commercio, consulenza per problematiche immobiliari e di edilizia,
elettrosmog, consulenza per problematiche di consumo di carattere
transfrontaliero, turismo, condomini, attività commercialistiche e beni di
consumo. Al di là dei settori di specializzazione di ognuna, in questa breve
carrellata possiamo rintracciare le motivazioni per le quali una persona o un
gruppo di persone si rivolgono ad un’associazione dei consumatori. Sono
questi infatti gli ambiti in cui il consumatore è soggetto a rischi; un universo
che risulta alquanto ampio e variegato, che contiene in sé problematiche che
vanno dai disagi nei trasporti alla garanzia negata per beni di consumo, dai
risarcimenti richiesti per automobili acquistate che non risultavano avere le
caratteristiche espresse all’atto della vendita fino ai reclami ed ai
comportamenti scorretti da parte delle aziende fornitrici di servizi. I soggetti
che ricorrono alle associazioni dei consumatori per tutelare i propri diritti
sono centinaia di migliaia in tutto il paese, ma è un dato che tiene conto
solo di chi ricerca una forma di tutela e non di chi, per scarsa conoscenza o
per poca volontà, non fa valere i propri diritti. I numeri danno un’idea
dell’ampiezza del fenomeno, basti considerare che solamente al Centro
Tutela Consumatori si rivolgono circa 49.000 persone all’anno178
. La
maggioranza delle associazioni si rivolge all’Antitrust principalmente per
segnalare presunte pratiche commerciali scorrette da parte di aziende179
e
comportamenti lesivi della concorrenza. I casi in questione però sono solo
una minima parte in relazione ai casi totali trattati, con variazioni
significative di anno in anno e con percentuali che non superano il 7-8% del
178
Dati del 2010.
179 In particolare messaggi e pubblicità che si ritengono ingannevoli.
132
totale delle pratiche totali. Il ricorso ad Azioni Risarcitorie Collettive risulta
anch’esso di scarso utilizzo, nonostante la maggioranza delle associazioni
abbiano intrapreso pratiche di questo tipo. Principalmente sono rivolte a
disservizi riscontrati nel settore turistico, nei trasporti, nel settore bancario o
truffe ricevute da parte di grandi aziende180
. Le Azioni Risarcitorie
Collettive sono una possibilità in più fornita alla tutela del consumatore, che
offre una tutela più estesa, specialmente quando lo scarso valore economico
della causa può rappresentare un disincentivo all’introduzione di un
giudizio ordinario. Tuttavia risultano di scarso utilizzo perché la normativa
vigente è inadatta e non facilita le associazioni dei consumatori, i costi sono
spesso eccessivi, l’attuazione è incerta negli esiti ed economicamente
troppo rischiosa. Sono sicuramente pratiche che migliorano ed integrano la
capacità di tutela del consumatore, ma sono concepite in maniera inefficace
e vanno migliorate nel tempo. Molte associazioni sono fiduciose nei loro
confronti ed auspicano un incremento futuro nell’uso di tale strumento,
specialmente nel momento in cui saranno anche più chiari taluni aspetti
applicativi, alla luce dei primi casi risolti dalla giurisprudenza. In ogni caso
Antitrust ed Azioni Risarcitorie collettive costituiscono due tipi di tutela
diversi, il primo tende a tutelare il mercato in via diretta e in maniera
assorbente anche i consumatori, l’AGCM, infatti non può condannare la
società a rischiare il danno, mentre l’azione risarcitoria collettiva è uno
strumento giudiziale volto proprio a tutelare i consumatori che hanno subito
un danno derivante da un comportamento scorretto. L’azione presso
l’Antitrust ha lo scopo di sanzionare comportamenti scorretti da parte delle
aziende ed ha anche una funzione deterrente, volta a prevenire analoghe
condotte da parte di altre imprese e prescinde dall’esistenza di un reale
danno al consumatore. Le Azioni Risarcitorie Collettive, data la disciplina
che ne impedisce un uso efficace e snello, si caratterizzano per il
180
Il recente caso di Aiazzone è emblematico.
133
cambiamento che sono riuscite a portare, con la loro introduzione, nella
tutela del consumatore; questo però non risulta tanto nel ricorso a tali
pratiche, quanto piuttosto nel mutamento degli atteggiamenti delle imprese
alla luce del rischio ipotetico che qualcuno le possa condannare al
risarcimento dei danni. A risultare efficace non è tanto l’azione in sé, ma la
minaccia, ipotetica, di tale azione.
134
CONCLUSIONI
Dalla nascita del consumerismo ad oggi, le tecniche di tutela dell’utente
nell’atto di consumo sono aumentate notevolmente, il consumatore diviene
un soggetto dalla tutela privilegiata, scatenando l’interesse di molti; la
problematica riguardante la necessità di una maggiore difesa degli interessi
e diritti dei consumatori, si pone al centro dell’attenzione dell’odierna
società consumistica.
Vedono quindi la luce nuove modalità di protezione dei “soggetti
deboli”, a partire dalla istituzione dell’autorità amministrativa per
eccellenza, l’Antitrust, fino ad arrivare al nuovo strumento di ricorso al
giudice ordinario appellandosi alle recenti azioni collettive risarcitorie.
Queste due modalità, anche se estremamente differenti, si pongono
l’obiettivo comune di elevare il consumatore da mero “soggetto debole” a
“soggetto consapevole e con potere decisionale”.
L’AGCM, strumento dell’Antitrust italiano, persegue come obiettivi la
salvaguardia del gioco della concorrenza, ed in secondo luogo ed in
secondo piano la vigilanza sul benessere del cittadino. Punto cardine della
legislazione antitrust è mantenere uno status di potere, adattandosi alle
esigenze di mercato e delle grandi imprese, consentendo a queste il
continuo aumentare del fatturato, perseguendo un’idea alquanto vaga di
concorrenza perfetta che può addirittura portare al formarsi di mercati
oligopolistici. Si rincorre la tanto agognata libertà, che nell’accezione
borghese moderna, indica il raggiungimento della libertà d’impresa e non
della libertà del consumatore considerato come individuo. Questa
concezione implica un privilegio verso l’impresa, colei che attraverso la sua
rappresentanza politico-istituzionale inizia a farsi portatrice di un’idea di
interesse collettivo che si allontana dai bisogni reali della cittadinanza,
sempre più spogliata di un minimo potere decisionale.
135
Il consumatore, cittadino del villaggio globale, in questa accezione si
trova in uno status di sottomissione all’autorità, che vocifera “leggi di vita”
a cui gli utenti sono obbligati a sottostare. L’AGCM viene a fondarsi su un
sistema autoritario incentrato sulla corrispondenza comando/obbedienza
che allontana i consumatori da ogni ipotetica acquisizione di un minimo di
autonomia decisionale.
Il miglior modo per consentire ai consumatori un più alto livello di
tutela consiste nel far acquisire loro una maggiore consapevolezza dei diritti
in loro possesso; questa si può ottenere solo con la conoscenza che è il
primo tassello del composito mosaico della vita. Imparare, conoscere,
genera automaticamente voglia di fare, cambiare, prendere iniziativa, ed è
da qui che prende via il passaggio da consumatore “parte contrattualmente
debole” a consumatore autonomo, intraprendente e con potere decisionale.
Se l’atto di consumo ruota attorno al consumatore, questo detiene del
potere, che può sfruttare a proprio favore, ribellandosi a questo stato di
passività, partecipando attivamente al processo di consumo e decidere
autonomamente la sua sorte.
La figura guida di questa ambizione sociale, risiede proprio nelle Azioni
risarcitorie collettive, che consentono di agire indipendentemente e
autonomamente da qualsiasi autorità o potere. Corrisponde all’intraprendere
azioni composte dall’unione di più individui accomunati da uno stesso
comune problema, consta di azioni intraprese dal “basso”, quel “basso”
della società spesso dimenticato, da imprenditori facoltosi e accusato
sovente di incapacità, che intraprende azioni spesso silenziose, ma che sono
la rimostranza che qualcosa o meglio qualcuno sta cambiando. Solo
prendendo coscienza che siamo noi stessi gli artefici del nostro destino, che
nulla ci sarà mai dovuto o regalato, è possibile il cambiamento, quindi la
136
rivoluzione. Un cambiamento che, parafrasando Negri, solo il piano di
immanenza che caratterizza l’ardente desiderio può permette181
.
Le Azioni risarcitorie collettive, come evidenziato nel caso di studio,
data la loro recente entrata in vigore, non permettono un cambiamento
sostanziale nell’ambito della tutela dei consumatori. Queste, a differenza
della situazione riscontrabile negli Stati Uniti in cui sono la regola e non
l’eccezione, in terra italiana non sono di uso comune. Corrispondono ad una
immensa e non sfruttata possibilità in più a favore dei consumatori, che
vista la giovane età e l’inadattabilità al modello di Civil Law che ci
contraddistingue, rimane pressoché inutilizzato.
Il sistema attuale di tutela dei consumatori, non consente di poter
usufruire di una completa tutela, questa sarà raggiungibile solo nel
momento in cui ogni singolo consumatore deciderà di essere parte del
cambiamento e sentire la necessità di essere non più un burattino umano,
ma burattinaio della propria sorte. Oltre alla presa di coscienza, che può
generare il cambiamento, il sé individuale deve farsi sé collettivo, la volontà
deve manifestarsi in un ambito di condivisione di intenti, che non guardi in
maniera miope solo al proprio cortile, ai propri interessi individuali, ma che
sia capace di convogliare la necessità, e quindi la richiesta, di far valere i
propri diritti in un’unica direzione. In antitesi all’imprenditore, che mira al
profitto ed esclusivamente al suo interesse individuale, i consumatori
devono farsi parte costituente di un meccanismo di condivisione, e
condivisibile, in grado di spingere verso un’affermazione reale di quei
diritti che troppo spesso rimangono solo sulla carta.
181
NEGRI, L’inverno è finito. Scritti sulla trasformazione negata, Roma, 1996, 129 ss.
137
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