U-MAG Issue #3

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U-MAG è un magazine bimestrale gratuito distribuito in tutti gli stores Urban Jungle. U-MAG parla la nostra lingua ed è incentrato su ultime novità, stile, tendenza e cultura. La cover di ogni numero è affidata ad un artista diverso. La issue #3 è a cura dell'artista Elio Varuna.

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Mag è il magazine di chi le uova invece che lanciarle le frigge in padella con il bacon, di chi alla festa non ci va perchè ha una super-sessione di Medieval

Fantasy, di chi si veste da se stesso e traveste solo il proprio avatar, di chi ha avuto Lara Croft come baby sitter e adesso è naturale che porti gli occhiali, di chi è un modello per i vestiti di Car-nevale degli altri. U-Mag è il magazine di chi ama vivere nella giungla urbana.

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N°3 Febbraio Marzo 2013Magazine Catalogo di Urban JungleProgetto grafico: KideaHanno collaborato a questo numero: Dario Volpe, Diana Gianquitto, Diego Davide, Giuseppe Corvino, Fabio Cu-fari, Marco Perrone, Roberto Niro, Ro-berto Strino, Rosa Iannuzzi, Simona Monteleone. Immagine in copertina di Elio Varuna.Contatti: [email protected]

Questa è una copia omaggio e non è in vendita. Le foto dei capi possono subire variazioni in caso di errori tipo-grafici. Il contenuto esplicito e implici-to di testi ed immagini in quanto frutto di ricerca artistica non vuole offende-re la sensibilità di nessun individuo. Le inserzioni pubblicitarie di questo volume sono a titolo gratuito, lo spa-zio ad essi dedicato è da intendersi come riempimento grafico e non ha alcun scopo di lucro da parte di Ur-ban Jungle che non riceve alcun com-penso dai marchi presenti.

UMAG

The Year of the Snake.............................................................................................................................08L.A. Trainer.................................................................................................................................................12Instagram Report.....................................................................................................................................14Adidas Allegra..........................................................................................................................................18Stussy.................................................................................................................................20Vans Van Doren........................................................................................................................................24

Blogging musicofilo.................................................................................................................................30Ladeejay....................................................................................................................................................32Il Cypher all’italiana..................................................................................................................................34

Elio Varuna.................................................................................................................................................38The Unknow Hipster................................................................................................................................40Hybrid Shop...............................................................................................................................................42La dura vita del supereroe.....................................................................................................................52

Non solo sci..............................................................................................................................................54Calcio Storico Fiorentino.......................................................................................................................56

Luchadores..............................................................................................................................................59

Dj Uncino, foto di Simona Monteleone

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enetevi forte, il 2013 sarà l’anno del ser-pente, e non solo per l’oroscopo cinese. Tante novità in amore, fortuna, lavoro e soprattutto nell’armadio. Lo avevamo già capito dai leggins in serpente indos-sati da Lourdes Maria Ciccone (la pic-cola Madonna) in giro per le strade di

Manhattan, ma ora, l’oroscopo ufficializza l’an-nata “serpentina”. Preparatevi a vetrine intarsiate

SNAKET

Blazer e Air Max a sangue freddo

di squame come fossero paludi, pendagli, borse e scarpe degne di Jane. Lo stile animalier, croce e delizia delle pas-serelle, ritorna in pompa ma-gna. D&G, Cavalli, Versace e persino Dior, pre-sentano in collezione pochette e bluse con decori squamati e dettagli ghepardo. Da sempre ai limiti del buon gusto, lo stile animalier, come un felino in agguato, aspetta paziente il suo momento per attaccare la moda, e fare a brandelli ogni forma di

THE

YEAROF THE

di Marco Perrone

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DA SEMPRE AI LIMITI DEL BUON GUSTO, LO STILE ANIMALIER, COME UN FE-LINO IN AGGUATO, ASPET-TA PAZIENTE IL SUO MO-MENTO PER ATTACCARE LA MODA

minimalismo; poi la bestia viene domata e ritorna per anni in gabbia. Tra kitsch e super lusso, anche quest’anno l’animalier assalta il fashion system, ma attenzione, per evitare l’“effetto Moira Orfei”

ed essere comunque alla moda, meglio limitarsi ai soli “dettagli “, evitando un total look “bestia-le”. Anche il brand Nike finisce nella gabbia ar-ricchendo i suoi modelli con preziosi dettagli pi-tonati. Nike Blazer e Air Max le sneaker a sangue freddo! L’icona Blazer, ormai al suo 40° anniver-sario, con la sua linea stretta e affusolata, sfoggia un cattivissimo baffo pitonato, completamente a

contrasto con i colori e le trame basic dei tessuti. Per la Air Max 90, in esclusiva negli store Urban Jungle, i colori fluo si alternano a una tomaia in pelle di serpente, traslucida e squamosa, per un look basic ma dai dettagli che non passano di cer-to inosservati!

Air Max 90 (Year of the Snake), esclusiva Urban Jungle.

di Marco Perrone

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Collezione Speciale Nike Blazer Year of the Snake. Urban Jungle Selected.

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e Los Angeles Trainer vennero lancia-te in occasione dei Giochi della XXIII Olimpiade nel 1984, e prendono il nome proprio dalla città che li ospitò. La loro ideazione e creazione si inser-sce in un contesto storico ben preciso, il periodo finale della Guerra Fredda, quello in cui ci si sfidava soprattutto

nel campo delle innovazioni tecnologiche e, in fondo, in quello delle competizioni sportive. Le Olimpiadi dell’84 (boicottate dai paesi dell’ex Unione Sovietica) offrirono la giusta occasio-ne per presentare al mondo queste innovative scarpe, concepite inizialmente per l’utilizzo in allenamento. La novità principale delle Trainer fu l’immissione di un sistema a tre stabilizza-tori (oggi il “Vario Shock Absorbition System”)

nell’intersuola, che consentiva di regolare l’am-mortizzazione e di personalizzare il supporto a seconda delle caratteristiche e delle esigenze dell’atleta. Oggi le Training pur non discostan-dosi molto esteticamente dal modello dell’84, non sono più considerate scarpe esclusivamen-te “tecniche”, diventando piuttosto un classico della collezione fashion Adidas Originals e un’i-cona vintage. Proprio per questa nuova “desti-nazione d’uso” alcuni nuovi modelli presentano

LLE OLIMPIADI DELL’84 (TRA L’ALTRO BOICOT-TATE DAI PAESI DELL’EX UNIONE SOVIETICA) OFFRIRONO LA GIUSTA OCCASIONE PER PRE-SENTARE AL MONDO QUESTE INNOVATIVE SCARPE

degli accorgimenti estetici come la tomaia rea-lizzata interamente in pelle piuttosto che in mesh di Nylon, riuscendo così a unire allo stile della vecchia Trainer un elevato comfort e una grande robustezza. Per la stagione spring summer 2013 il brand tedesco ha realizzato una versione spe-ciale, nella variante silver/blue in esclusiva na-zionale in tutti gli store Urban Jungle.

Olimpiadi 1984

L.A trainer d’archivio

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L.A.TRAINER

Guerra a colpo di lacci

Jay-Z

adidas L.A. Trainer, esclusiva Urban Jungle.

Olimpiadi 1984

di Marco Perrone

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REPORT

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Instagram Report.3Location: Urban Jungle Store, via Umberto 21, CataniaOutfit: Scarpe Air Jordan 1 Chicago, felpa Nike pinwheel HZ, Cappellino Ner Era 59fifty Oakland.

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unite all originals

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didas, dopo un periodo di pausa dura-to 20 anni, riporta alla luce le Torsion Allegra. Il (ri)lancio di queste stori-che scarpe da running è previsto per marzo 2013, ma pochi fortunati han-no già avuto modo di scoprirle al Bread&Butter di Berlino,

durante il quale è stata presentata una versione esclusiva progettata dal designer giapponese Kazuki Kuraishi. Ispirate alle calza-ture da run-n i n g

ADIDAS ORIGINALTORSION ALLEGRA

Il lungo letargo

anni 90, a primo impatto le modifiche rispetto al modello originale possono sembrare molto leggere, ma sono state naturalmente applicate tutte le migliori innovazioni raggiunte nel cam-po del comfort e del running. Le Adidas Torsion Allegra infatti, sono dotate del supporto Torsion,

che le rende capaci di adattarsi perfettamente a l l ’ a r c o

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adidas Torsion AllegraUrban Jungle Selected.

di Luca Mori

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SONO STATE NATURAL-MENTE APPLICATE TUTTE LE MIGLIORI INNOVAZIONI RAGGIUNTE NEL CAMPO DEL COMFORT E DEL RUN-NING

re, e sono rivestite da una combinazione di tes-suto, pelle scamosciata e nabuk pregiato, oltre chiaramente al marchio a tre strisce applicato lungo i lati. La fodera interna, un altro omaggio all’Allegra “originale”, altamente traspirante è realizzata in neoprene. Dal 1992 al 2013, un viaggio che è riuscito a carpire il meglio da ogni periodo che ha attraversato, e che mostra i pro-pri frutti sugli scaffali di pochi selezionatissimi store.

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tussy è un brand nato in California nel 1980, ed è stata una di quelle realtà commerciali che sono riuscite a rag-giungere il successo cavalcando l’onda del trend surfware e skateware prima, per abbracciare poi, più generalmente, la scena hip hop e streetwear adottan-do uno stile più urbano. Shawn Stussy,

fondatore del marchio, iniziò la sua attività im-brattando con il suo cognome le tavole da surf

Sartigianali che realizzava. Dalle tavole passò a disegnare t-shirt e cappelli che vendeva diretta-mente dalla sua auto, e la firma (copiata da quella dello zio) divenne il logo ufficiale del brand. La trasformazione di Stussy, da bottega di quartie-re di Laguna Beach a multinazionale, iniziò nel 1984 quando Shawn si mise in società con l’a-mico Frank Sinatra (non quel Frank…); in breve l’azienda varcò i confini degli States, approdando ai mercati di Europa, Asia, Canada e Australia con

STUSSY“Everybody calls it surf wear, or urban street wear, or surf street... I don’t name it, and I don’t name it on purpose.” (Shawn Stussy)

Shawn Stussy

di Luca Mori

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SHAWN STUSSY, IL FONDATORE DEL MAR-CHIO, INIZIÒ LA SUA ATTIVITÀ IMBRATTAN-DO CON IL SUO CO-GNOME LE TAVOLE DA SURF ARTIGIANALI CHE REALIZZAVA

risultati entusiasmanti. Il successo e la popolarità raggiunti negli ultimi anni sono da rintracciare ol-tre che nell’esposizione mediatica, ottenuta grazie alla scena musicale hip hop, anche nella crescita di sottoculture street come quella hipster e il ritorno del movimento punk, molto vicine allo style con-cept proposto da Stussy. Oltre che per la propria produzione, Stussy da qualche anno ha intrapreso un interessante quanto proficuo percorso di colla-borazioni con i più grandi brand di abbigliamento a livello mondiale (Nike, Converse, Parra e tanti altri), realizzando delle esclusive capsule collec-tion che a partire dalla prossima primavera saranno disponibili in tutti gli store Urban Jungle.

Nike e Stussy, S&S Off Mountain Series

di Luca Mori

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a Van Doren è una serie speciale creata da Vans in omaggio a James Van Doren, uno dei due fondatori, passato da poco a miglior vita. La collezione tributo è statarealizzata rielaborando i tre modelli sim-bolo di Vans: Era (le classiche vintage skate), Sk8-Hi (icona assoluta tra skater

e writers) e Slip-On (la prima vera Vans). Queste icone del marchio americano, avvolte in tessuto canvas effetto stone-washed, sono state persona-lizzate ripescando dagli archivi vecchie grafiche; nella collezione spiccano infatti stampe leopardate, stile nativo-americano, a stelle e strisce o a fantasia hawaiana supportate dalla classica suola in gomma bianca. Il pack Van Doren sarà disponibile in esclu-siva nei negozi Urban Jungle.

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VANSVANDOREN

Van Doren CollectionUrban Jungle Exclusive

…In loving memory

di Marco Perrone

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URBAN JUNGLE SELECTED

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VAN DORENCOLLECTIONURBAN JUNGLE EXCLUSIVE

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BLOGGINGMUSICOFILO

musicale. Come funziona con il resto dei gior-nalisti, anche quelli musicali hanno cominciato ad aprire i blog personali, e molti hanno co-struito la loro fama su essi. Un buon esempio è Piero Scaruffi, italiano emigrato negli States, che su scaruffi.com posta le sue considerazioni controverse sulla musica odierna. Ma di bastian contrari ce n’è in abbondanza in questa fetta di internet. Il critico musicale che ha vissuto e dato un volto alla scena grunge, Everett True, creando Collapseboard prova a fornire un af-

a musica è una delle arti colte in modo più istintivo dagli esseri umani. Ma come ogni cosa ha anche bisogno di essere raccontata o spiegata. Fino agli anni novanta ci hanno pensato tonnel-late di riviste, ma da quando ognuno può dire la sua a costo zero in rete, una

marea di blog musicali ha cominciato a popo-lare il web. Con la velocità di riproduzione dei moscerini, migliaia di voci si sono sovrapposte con opinioni contrastanti su ogni argomento

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“Shied”, Grizzly Bear

La musica in parole di Roberto Strino

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UN CASO È QUELLO DI PITCHFORK, IN CUI UN ADOLESCENTE NERD HA INVESTITO TUTTI I SUOI POMERIGGI DAL 1997, FINO A FAR DI-VENTARE IL SUO SITO LA BOCCA DELLA VE-RITÀ SU OGNI USCITA DISCOGRAFICA.

fresco della scena underground della sua città adottiva, ovvero Brisbane, in Australia. Per

quanto riguarda gli Stati Uniti del Sud, Gorilla Vs Bear provvede a tenere aggiornati i lettori

con un mucchio di playlist e reazioni a news che fanno riferimento al circuito indie. Hip-ster Runoff, gestito dell’enigmatico Carles, è il GossipGirl dell’universo hipster. Un caso in cui un blog è diventato un impero media è quello di Pitchfork, in cui un adolescente nerd ha investi-to tutti i suoi pomeriggi dal 1997, fino a far di-ventare il suo sito la bocca della verità su ogni uscita discografica. Lo stesso Pitchfork aprì un sito figlio di nome Altered Zones in cui conver-geva un network di bloggers musicofili. Dopo la chiusura di Altered Zones, i suddetti blogger hanno messo in piedi Ad Hoc, immensa risor-sa musicale per appassionati ricolma di novità sulle band. In Italia possiamo vantare Enrico Veronese, ex scout di talenti su Blow Up, con il suo Italian Embassy. Per finire l’outsider d’oro Francesco Farabegoli con bastonate (ma ne ha creati parecchi lui) e il seguitissimo DanceLi-keShaquilleO’Neill (ufficialmente diventato un sito d’approfondimento).

www.alteredzones.com

di Roberto Strino

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n tempo erano sempre sobrie e det-tavano legge tra le mura domestiche; erano le acerrime nemiche della pol-vere e aspettavano di essere abborda-te dal principe azzurro sotto le luci magiche della mirrorball. Oggi si scolano Absolut come fosse acqua,

mantengono i loro ragazzi disoccupati lavo-rando da Mc Donald, fanno un’unica lavatrice con dentro capi bianchi e colorati e le trovi in consolle nei migliori club europei. “Non ci sono più le donne di una volta”, direbbe vostro padre. Ottima notizia, rispondereste voi. È che tutta questa confusione, questo scambiarsi di ruolo, è tremendamente sexy. Le donne a breve conqui-steranno il mondo, ma per il momento possono affermare con certezza di essere già a buon pun-to con il dancefloor. Sono lontani i tempi in cui Yvonne Daniels, la disc-jokey di Chicago Ra-dio, era l’unica esponente del gentil sesso a traf-ficare con i dischi. Oggi sono in tante, ognuna con le proprie peculiarità sviluppate sul giusto mix di sensualità femminile e impertinenza ma-schile. E le frecce al loro arco non sono poche, e per niente facili da schivare. Se ad esempio sei

Il sesso non è debole in console

interessato alla musica e alle sue evoluzioni pas-sate e future, o semplicemente un clubber che vuole essere al posto giusto al momento giusto, non avrai difficoltà a incrociare nei paraggi del-la tua città i set duri e puri di Cassie e il dreamy italo-techno di Miss Kittin; la deep house spor-cata di urban di Maya Jane Coles o la house pret à porter di Kim Ann Foxman; l’inconfondibile scia di hype (per molti ingiustificato) lasciata dal passaggio di Nina Kraviz o il patchwork so-noro molto alla Diplo di Lauren Flax. Se invece sono le tette la motivazione più grande che ti spinge a spendere i tuoi denari, avrai pane per i tuoi denti andando a sentire (sentire??) Tamara Sky o Niki Bellucci, la napoletana Deborah De Luca o la torinese Silvia Rocca, tutte bellissi-me e pronte a infinocchiarti spingendo verso i massimi limiti la tua libidine. Ce n’è per tutti i gusti, e da questo punto di vista bisogna am-mettere che le nostre correlative oggettive sono state in grado di diversificare il prodotto meglio e prima di noi figliocci di Edipo. Pazienza se poi arriva la Paris Hilton di turno a scombinare le carte in tavola: certi casi sfuggono a ogni umana comprensione.

LADEEJAY

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Nina Kraviz

di Antonio Della Volpe

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Miss Kittin

di Antonio Della Volpe

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Nel gergo hip-hop, il termine cypher si riferisce a una sorta di jam session in cui ognuno contribuisce all’esperienza creativa. Che siano dj, ballerini, rapper o writer, tutti quelli che rappresentano la cultura hip-hop possono partecipare a un cypher. La dinamica infatti è sempre

la stessa, c’è un cerchio di breaker o rapper e ognu-no di loro si esibisce a turno al centro del cerchio umano. Ci si spinge in acrobazie atletiche o in rime sempre più taglienti, a cappella o accompagnate da battiti di mani. La “lingua” conosciuta per ogni tipo di cypher è l’improvvisazione, il freestyle. Il rapper e producer di Los Angeles Michael Troy, meglio

conosciuto come Myka 9 dei Freestyle Fellowship, una volta disse che in un cypher “il freestyle è come un assolo di jazz in cui vi è un sassofonista che funge da improvvisatore e il resto della band gli fornisce il ritmo”. Andando indietro alle origini del cypher si puó capire la sua natura competitiva, essendo diventato spesso luogo di memorabili bat-taglie in rima, dove ci si sfidava mettendo in mostra le proprie qualità per sconfiggere lo sfidante o gli sfidanti in una battle. Sembra che i primi esempi si rintraccino nella scena hip hop dell’East Coast ame-ricana agli inizi degli anni settanta. Quando poi, una

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Shady Records 2.0 Boys 2011

Cypher Napoli

LA DINAMICA INFATTI È SEM-PRE LA STESSA, C’È UN CER-CHIO DI BREAKER O RAPPER E OGNUNO DI LORO SI ESI-BISCE A TURNO AL CENTRO DEL CERCHIO UMANO

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decina di anni fa Eminem col film 8 Mile sdoganò nel mainstream la battle freestyle nei panni di Jimmy Smith Jr. detto Rabbit (il ragazzo cresciuto in una ba-racca di Detroit divenuto “negro” tra i neri nonstan-te il suo “viso pallido”), le battle di freestyle si sono diffuse in tutto il mondo, fino a diventare dei format televisivi spinti da realtà come BET o MTV. Volendo-ne capire le profonde radici culturali, viene naturale pensare che il cypher affondi le sue origini addiruttura nel flyting, ovvero un antico contest che consisteva in uno scambio di insulti in versi tra due o più persone sviluppatosi tra il 5° e il 16° secolo, in cui sembra che anche Shakespeare si sia cimentato. Oggi però, svuo-tatosi del suo inziale spirito competitivo, ha assunto un valore di progetto collettivo. Ne sanno qualcosa due brand molto legati al mondo street come New

“Il freestyle è come un assolo di jazz in cui vi è un sassofo-nista che funge da improvvisatore e il resto della band gli

fornisce il ritmo” (Mika 9 - Freestyle Fellowship)

CYPHERALL’ITALIANA

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Era & Urban Jungle, grazie ai quali, a fine dicembre, è stato possibile realizzare il primo cypher italiano. I due brand hanno scelto Napoli come primas tappa intuendo il gran fermento che c’è in questa città nel-la cultura hip hop e affascinati dal dialetto che suona tronco come l’inglese. E cosi, riuniti alcuni tra i più famosi e influenti rapper della Campania, sono stati registrati un teaser e due video (Cypher 1 e Cypher 2 Napoli visibili su youtube) seguendo gli esempi dei rapper statunitensi: un gruppo dimc si sono infatti al-ternati a una sola camera, con un microfono, esiben-dosi in freestyle. Le vecchie battle, dunque, lasciano spazio a un nuovo concept in cui non esiste più la sfida, ma gli mc si passano il microfono come in una staffetta con l’obiettivo di vincere tutti insieme.

di Dario Volpe

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ELIOVARUNA

Artista, ricercatore di antiche culture, viaggiatore spirituale. Ha esposto in molte gallerie private in Italia, Germania, Cina, India e U.S.A, e in presti-giosi musei pubblici. Nel 2008 è stato scelto dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali per rappresentare la giovane arte italiana in occasione della “X Settimana della Cultura”. È stato l’unico artista italiano invitato al Museo d’Arte Contemporanea di Shanghai nell’ambito della Biennale 2009-2010 “ANIMAMIX – The New Aesthetics of the 21st Century”. Ol-tre all’attività pittorica, Varuna ottiene successo e critiche con un intenso lavoro di “sensibilizzazione all’arte” attraverso i suoi provocanti manifesti affissi in varie città del mondo. Un documentario su Elio Varuna è stato prodotto da “Vite Reali” (Rai 4).

di Diana Gianquitto

Ricercatore di antiche culturee viaggiatore spirituale

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ncominciamo con un cronografo: la tua arte, intrisa di esoterismo medievale, onirismo surreale novecentesco, ironia mordace degli anni Duemila, registra e conserva il tempo di tutta la storia dell’arte, eppure sembra costantemente sospesa in un personalissimo immagi-

nario senza lancette. Cosa succede in quegli attimi eterni da te rappresentati? Cosa rac-conti nelle tue visioni? L’Arte che produco è il momento in cui si coa-gulano assieme i miei molteplici stati dell’esse-re: momenti reali e irreali della vita (quotidiana e onirica), immagini e visioni che m’invadono la retina, parole o suoni che mi sorprendono, odori; ogni elemento s’infila nella mia mente e come un seme s’annida, e poi lentamente - o all’improvviso - matura, esplode e finalmente

posso decodificarlo in una nuova creazione.Ecco, le mie visioni raccontano del costante processo di acquisizione di esperienze del mio subconscio e delle conseguenti trasformazioni nel concreto: le mie opere. O per dirla col motto alchemico: solve et coagula.

Continuiamo con un radar: i personaggi sur-reali delle tue opere – i “Tuty”, quasi gocce di sangue, ma anche i grotteschi “esseri-salami” - sono nati e cresciuti in giro tra i tuoi viaggi spirituali e reali, a cavallo tra India, Berlino, Roma, Londra, e molti altri luoghi. Ma da dove vengono realmente e dove vanno? Cosa simboleggiano?I Tuty vivono nei miei dipinti come l’Anima è

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I TUTY VIVONO NEI MIEI DIPINTI COME L’ANIMA È NEL COR-PO. SONO CONNESSI IN QUESTO SPAZIO E DEVI CREDERCI PER VEDERLI DAVVERO

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Il Girone dei Golosi, pittura su tela, 2011

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Anni Difficili

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Urbis Surrealis, incisione 2012

nel corpo. Sono connessi in questo spazio e devi crederci per vederli davvero. Mi accade come nel sogno del mistico cinese Tchouang Tseu: sono io che immagino i Tuty o sono loro che creano me? In effetti li ho disegnati la prima volta dopo averli sognati (era il 2005) e da al-lora condividono il mio tempo onirico, mi sug-geriscono cosa devo fare e spesso come lo devo fare. Simboleggiano la parte più incosciente di me, quella metafisica in cui tutto è possibile e nulla è grave. Al contrario, i vari salami che campeggiano nei miei quadri rappresenta-no ciò che di artefatto e mistificato affolla la nostra esistenza, il “materialismo” più gras-so che ci allontana dalla naturale leggerezza delle cose.

Proseguiamo con una bilancia: c’è da nota-re che, a dispetto di tutta la surrealtà di cui sono intrisi i tuoi lavori, miti, riti e vicen-de contemporanei – da Hello Kitty a Dolce

e Gabbana, a fatti di cronaca – abitano co-munque le tue visioni. Come riesci a rag-giungere il delicatissimo “equilibrio sopra la follia” tra sguardo consapevole sul reale ed escursione infinita nel surreale?Ogni volta che guardo l’universo in cui vivia-mo rischio sempre d’affogare nello stupore! Ci si può inebriare, come dice Baudelaire, col vino, con l’arte o con la virtù, e sta a noi sce-gliere. Siamo davvero fortunati a vivere in que-sto mondo; spesso per distrazione perdiamo il sentiero e allora bisogna fermarsi per ritrovare la mappa, che è dentro di noi. Io ho sperimen-tato molte vie di ricerca interiore per raggiun-gere una certa dimensione: l’equilibrio psichi-co, la preghiera e la meditazione secondo le più complesse discipline indiane. Al momento ho capito che la ghiandola pinealis è il miglior amico dell’Uomo e per essere felici bisogna farsi Amore incarnato. Così il bene e il male diventano le due facce della stessa medaglia

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e non c’è più distinzione tra reale e surreale. L’Arte visiva è il veicolo con cui esprimo tutte queste forme.

C’è poi il termometro: la tua attività mul-tiforme ti rende artista poliedrico capace di muoversi tra mostre in galleria, produzio-ne di oggetti di design, gioielli, copertine… dove tu e i tuoi bizzarri esserini dipinti senti-te più freddo, e dove state più al caldo? Qual è, tra tutti questi, l’habitat più congeniale alla vostra arte?Ovunque sia un osservatore da assalire e dove c’è “pubblico” la mia arte si esalta. Ovvia-mente l’habitat che meglio frequento è quello museale e delle commissioni pubbliche, dove posso esprimermi nelle grandi dimensioni e con la consapevolezza che l’opera esposta di-venta “ufficiale” e contribuisce alla scrittura di una nuova pagina di storia dell’arte, oltre che della mia personale vicenda. Detto ciò, le

mostre nelle gallerie private rappresentano cir-ca la metà della mia opera, ed è fondamentale per mantenere i legami col cosiddetto “sistema” dell’arte. Dove invece veramente mi diverto è la strada: non mi reputo uno “street artist” ma da sempre utilizzo gli spazi urbani per la diffusione ideale della mia arte. I miei surreali manifesti politici, per esempio, impazzano un po’ ovunque e generano una straordinaria curiosità nei pas-santi, e la performance-istallazione “T.U.B.E” che porto dallo scorso anno nelle piazze di varie città europee ha già ricevuto numerosi ricono-scimenti. Per me è un modo di donare arte alla città e ai suoi abitanti, che sono ormai disabi-tuati – o non hanno il tempo – di frequentare i tradizionali luoghi adibiti all’arte.

Non possiamo certo dimenticare il metro: sfondi cosmici infiniti che sembrano anelare a sublimi verità, esserini microscopici come cellule capaci di follie. Sappiamo – non ti na-scondere! – che sei filosofo e viaggiatore spiri-tuale. Cosa è grande e cosa è piccolo nell’uo-mo e nella vita, secondo la tua arte? Posso risponderti che l’Uno è il tutto, e il tutto è l’Uno. Ogni mio disegno, dipinto o scultura, o creazione è come un frammento di un’Opera più grande, dall’immensa portata. Ma anche lì, nel perimetro d’un quadro, cerco di spiega-re un istante dell’infinito. Vivo dal 2006 senza televisione. Guardo il Cielo. Ringrazio Dio per l’incessante flusso d’ispirazioni e visioni che riempiono la mia mente, e poi si riversano nei fogli, sulle tele, sui muri...

Bene, dopo averti misurato nel tempo, loca-lizzato, soppesato, preso la temperatura, le dimensioni, siamo abbastanza soddisfatti di averti analizzato piuttosto a fondo. Inventa tu adesso lo strumento che ancora non abbiamo usato – e che invece avremmo dovuto adope-rare - per capirti meglio: ha forse a che fare con la tua mania-passione per le sneakers, che collezioni da sempre?Sarebbe probabilmente uno strumento hi-tech.Leggendo le risposte a quest’intervista chiunque m’immaginerebbe come una specie di monaco eremita, isolato dalla modernità, invece io adoro la pulsazione creativa della contemporaneità, anche nelle sue contraddizioni. Sono un appas-sionato collezionista di sneakers (rigorosamente limited edition!) e design e seguo tutto ciò che crea stile e tendenza. Le nuove estetiche del Ter-zo Millennio, in termini di linguaggio, architet-tura e strumenti tecnologici. Gli strumenti sono sempre gli stessi, ma evolvono: con l’iPhone che ho in mano, per esempio, posso fare cose che po-chi anni fa erano addirittura impensabili! Come inviarvi questo file e ordinare un paio di sneaker pazzesche in un negozio in Corea del Sud!

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i aggira con nonchalance in compa-gnia di Karl Lagerfeld, banchetta con Warhol e Basquiat, tiene testa a Marina Abramovic e non perde un defilè. Lui è “The Unknown Hipster”, camicia a quadri, cane al guinzaglio in pendant e tante, tante

avventure immaginarie. Frutto della fantasia e della penna naive di Jean-Philippe Delhom-me, the Unknown Hipster nasce nel 2009, come alter ego del suo creatore, che ne fa un pretesto per un blog. Sobbarcato dal lavoro, Jean-Philippe, triste e solo dietro la sua scri-

vania, comincia a utilizzare la piazza virtuale del web per dare libero sfogo al suo animo socievole e modaiolo. “Information without the invitations” è il credo del nuovo personag-gio, che fa gavetta da blogger, infiltrandosi un po’ qui un po’ li. Con discrezione e iro-nia, la nuova creatura di Jean Philippe riesce a farsi strada nel mondo che conta, di oggi e di ieri. La vera novità dell’Hipster misterio-so risiede, infatti, proprio nella possibilità di

Sraggiungere e colloquiare anche con chi vivo, non lo è più. Ma come Jessica Rabbit insegna, talvolta l’immaginario prende vita e prevari-ca l’illustratore di turno. Come Pinocchio, il dandy immaginario comincia a bazzicare tra amici poco raccomandabili del jet set, lascian-do a casa il triste falegname. The Unknown Hipster, si afferma nel mondo della moda e dell’arte e comincia a lavorare autonomamen-te per GQ USA, GQ France, GCasa e The Los Angeles Times. Lui, ibrido abbozzo tra John Lennon e Sebastien Tellier, è oramai una cele-brità, ma al contempo si prende gioco di esse e con sarcasmo ironizza sui loro eccessi, (“I only have Starck furniture in my apartment.”), ma la distanza e l’eleganza con cui lo fa, lo rende agli occhi di molti ancora più irresisti-bile. Jean-Philippe Delhomme, oggi all’apice del successo grazie alla sua creatura, rivela

THE UNKNOWN HIP-STER NASCE NEL 2009, COME ALTER EGO DEL SUO CREATORE, CHE NE FA UN PRETESTO, PER UN BLOG.

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THE UNKNOWN

HIPSTERIl diario segreto di un infiltrato illustrato

che il segreto del successo è un perfetto mix di arte e attualità, lui non rifugge dal presente per barricarsi in passate epoche dorate, vive il presente, ne è un cronista privilegiato in grado di carpirne eccessi e contraddizioni e di espor-li in una veste artistica nuova e mai banale; e

ora, come per Lady Diana e Marilyn è arrivato anche per il nostro giovane cronista illustrato, il momento biografico; The Unknow Hipster Diaries, il memoriale segreto di un infiltrato speciale, fa la sua comparsa sul mercato, ma solo e rigorosamente in edizione limitata.

Jean-Philippe DelhommeThe Dandy Warhols

di Rosa Iannuzzi

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vete presente quell’odore penetran-te di carta, tipica di un libro ancora nuovo di zecca che si diffonde nelle librerie, intenso come quello del pane appena sfornato? ecco ora provate a immaginare l’odore del pane in li-breria. Follia, esercizi di creatività in

stile Munari? Niente di tutto questo, siamo in uno shop ibrido, ultima tendenza ma anche ne-cessità del mercato. Quando il gioco si fa duro i duri cominciano a ibridare. La crisi economica, avendo steso numerose attività commerciali che

HYBRIDSHOPA

impossibilitate a raggiungere il budget necessa-rio attraverso la vendita di una singola tipologia di prodotto, ha dato vita a una nuova formula commerciale in grado non solo di far quadrare il bilancio di tante piccolo botteghe, ma capace al contempo di offrire un servizio multiplo all’u-tenza. Tra i primi a generare l’innesto, neanche a dirlo, sono stati gli americani, con il Brain Wash Cafè, una lavanderia nel cuore di San Francisco dove poter attendere il bucato sorseggiando un caffè e magari trovando l’anima gemella nel mentre. La necessità dell’attesa ha trasformato

Tra libri e salumi

Brain Wash Cafè

di Rosa Iannuzzi

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HYBRIDSHOP

il mix lavaggio/cafè in un’accoppiata vincente da esportazione. Un’analoga attività ha trovato posto a Copenhagen (Laundromat) e successi-vamente a Torino (Wash Bubble Bar). L’Hybrid Shop, appare dunque non solo un’attività profi-qua, ma anche cool: hotel-shop-design, libreria-fast food, o ancora bar-book-shop... Le combi-nazioni potrebbero essere infinite, la riuscita del mix sarebbe ovviamente da esplorare. Fatto sta che, in un’epoca in cui anche il tempo è tiran-no, la possibilità di poter testare due attività in una rende l’idea ancora più allettante, sposan-dosi alla perfezione con le esigenze della nuova società. La formula più diffusa sembra essere diventata quella legata ai libri, che intimoriti dal mercato incombente dell’e-book, scappano dagli scaffali delle vecchie e polverose librerie rifugiandosi talvolta in un ristorante, altre volte in una boutique. L’accoglienza è sempre piutto-sto calorosa, d’altronde si sa, i libri conferisco-no sempre un certo spessore culturale oltre ad essere un ottimo orpello decorativo. Il caso più

singolare, orgogliosamente made in Italy, è quel-lo parmense de “La bancarella”, dove poter sfo-

gliare un antico volume, assaporando una delle specialità locali, il Culatello. Un unico appunto: si prega di lavare via l’unto prima di passare alla pagina successiva.

Copenhagen (Laundromat)

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a nemici giurati delle nostre pagelle di fine quadrimestre a icone della cultu-ra pop. Partendo dal Mivar 15 pollici in cameretta fino agli ips di iPhone (o superAmoledHD di Galaxy vari) i personaggi dei videogiochi ci hanno accompagnato nei momenti di “vuo-

to” come nemmeno il catalogo di Postalmarket a 12 anni. Ma chi erano (e sono)? Qual’è la loro storia? Perchè per un videogiocatore il character design è così importante?

SUPER MARIONato con il nome di Jumpman nel lontano 1981 era un falegname “antagonista” di Donkey Kong(lo scimmione che lanciava i barili). Successi-vamente fu chiamato Mario come il magazzi-niere di origini italiane di Nintendo Of America a cui i due ragazzi incaricati della conversione del nome erano particolarmente affezionati. Il character design, baffi-salopette e scarpe, deriva

Dinvece dalle limitazioni hardware della scheda su cui fu programmato. Nei 30 anni e passa suc-cessivi, da buon italiano, il caro Mario ha fatto ogni tipo di lavoro. Idraulico, pilota di go-kart, medico, wrestler, senza contare i titoli dedicati al calcio, tennis, golf e i party games. Ha visita-to mondi in 3d, 2d, in cell-shading, su cartuccia, nitendoopticaldisc e cdrom. E nonostante abbia attraversato 3 generazioni di videogiocatori, ri-mane sempre tremendamente affascinante, e così italiano.

SIR ARTHURLa filosofia di Ghosts’n’Goblins (gioco di culto di Capcom) è questa: “non importa quante peri-pezie farai per una donna, quanti mondi incon-trerai e quanti mostri dovrai abbattere. Alla fine ti lascerà sempre in mutande”. Ma anche “chi trova un forziere non sempre trova un tesoro”. Sir Arthur lo impara durante la sua traversata del mondo demoniaco a proprie spese. Dopo aver lasciato il posto al più giovane Maximo per gli spin-off su PS2 una versione in lifting per PSP, Sir Arthur è tornato alla ribalta in occasione dei picchiaduro Marvel Vs Capcom dove non rima-ne mai in mutande (eccetto l’inizio durante la presentazione del cast, appena uscito dal tribuna-le dopo la separazione dalla principessa).

GUYBRUSH THREEPWOOD “Guybrush Threepwood: che razza di nome è mai questo? ”. In realtà è il mitico ed eclettico personaggio della Lucas Arts, e le sue caratteri-

Segreti e vita privata delle star dei videogames

LA DURA VITA DEL

SUPEREROE

di Fabio Cufari e Giuseppe Corvino

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stiche sono anticipate proprio dal nome. Infatti è l’unione del nome del file contenente le anima-zioni, chiamato genericamente “guy” (ragazzo, uomo) dai programmatori, unito all’estensione, appunto brush (associata a Deluxe Paint, storico programma di editing grafico) con un cognome impronunciabile più volte appositamente stor-piato durante i vari capitoli della saga “Monkey island”, ben cinque, pensate. Già da ragazzo, Guybrush coltiva un sogno: quello di diventare un temibile pirata: niente di eccezionale consi-derati i classici supereroi tuttofare a cui siamo abituati. Ma il nostro personaggio ha più le sembianze da “nerd”, avvolto da una bandana e una camicia da pirati oversize, imbucato a una pessima festa in maschera di un generico college americano. Riuscirà nel suo scopo? Versate un pò di grog nel boccale, e liberate il pirata che è in ognuno di voi.

LARA CROFTEroina dei videogame in “terza persona” e ge-neratrice di occhiaie per molti videogiocatori. Parliamo di Lara Croft, personaggio dalle doti acrobatiche quasi antigravitazionali, in un cor-po da perfetta diva porno soft core degli anni 90. Nata in inghilterra nella fine degli anni 60, da famiglia aristocratica, ribelle per natura e appassionata archeologa, Lara trascorre la sua vita esplorando siti di interesse archeologico e

studiando antiche civiltà. Esperienze raccolte nei suoi diari di viaggio. Lara divenne cosi famosa da essere interpretata sul grande schermo da An-gelina Jolie, proiettata nelle sue piroette e acro-bazie sugli schermi di un tour degli U2, e come se non bastasse, ancora in vita, le hanno persino dedicato una via nella cittadina inglese di Der-by. Questo successo sarà merito del disegnatore che, per suscitare l’ilarità del team di sviluppo, aumentò il petto di Lara del primo bozzetto del 150%? Anche.

ALEX KIDDEra il protagonista di “Alex Kidd In Miracle World”, il gioco che veniva regalato in bundle agli sventurati acquirenti del Sega Master Sy-stem II (che ignoravano l’esistenza del Mega Drive, più potente) sedotti dall’endorsement di Walter Zenga e Gianluigi Lentini. Alex Kidd era un platform atipico, le fasi a scorrimento oriz-zontale si alternavano a fasi a scorrimento verti-cale nello stesso livello. Il gioco incorporava ele-menti da quelli di strategia e dai giochi di ruolo, oltre che la possibilità di acquistare dei mezzi da impiegare nei livelli (come una moto e un elicot-tero a pedali). Purtroppo però Alex Kidd, dopo una serie innumerevole di seguiti e spin off dal dubbio gusto venne abbandonato da Sega per far spazio al figliol prodigo Sonic di Yuji Naka.

Lara Croft

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e vi piace sfidare la forza di gravità cer-tamente non perderete l’occasione di farlo anche sulle nevi. Elenchiamo una serie di sport acrobatici e non, alterna-tivi al più classico di quelli invernali, lo sci, provando a conoscere una serie di sport difficili non solo da praticare ma

anche da pronunciare dandogli un ordine pura-mente alfabetico: Airboard: è una sorta di gom-moncino triangolare come un bob meno pericolo-so e più divertente. Big foot: si pratica con degli

Piccolo dizionario per sport invernali alternativi

sci molto corti che permettono una certa facilità a fare acrobazie, piroette e salti. Boardercross: è la discesa di diversi snowboarder che gareggiano in evoluzioni e incroci. Broomball: invece del ba-stone si usa una scopa per un hockey su ghiaccio più semplice classico dove si “corre” con scarpe speciali invece dei pattini. Carving: i carving sono degli sci un po’ più corti simili a due snow-board stretti con i quali è più semplice curvare. Ciaspole: racchette in lega di titanio che servono per camminare sulla neve fresca senza stancarsi.

NON SOLOSCI

Skijöring

Airboard

Sdi Dario Volpe

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Dog trekking: un cane vi trascina e voi sciate. Eliski: sono dei fuori pista in zone delle montagne accessibili solo in elicottero. Freestyling: volteg-gi acrobatici con sci da carving o con lo snow-board. Half pipe: snowboard con trampolino. Ice climbing: arrampicate su mura ghiacciate con scarponi, chiodati, piccozze e funi di sicurezza. Kitesailing: vi fate trainare da una sorta di para-pendio su un lago ghiacciato con sci o snowboard. Kiteski: ovvero “Aquilone da traino” che differi-sce dal kitesailing perché ci si fa trascinare sulla neve con un aquilone dalla forza del vento. Mo-noski: un solo sci per chi ha tecnica, prudenza e una bella dose di esperienza. Nordic walking: la tipica passeggiata nordica tra i sentieri, una sorta di camminata atletica con bastoncini tra il trekking e lo jogging anche per tenersi in forma. Skidoo: slittino a motore per bambini. Skifox: una slitta monosci. Skijöring: Scierete trainati da un caval-

lo con cavaliere. Sleddog: fate trainare la vostra slitta da una muta di cani e sfidate le altre slitte. Snowboard: si surfa sulla neve con una “tavola” che è come uno sci molto largo. I più spericolati volteggianno in aria dopo aver preso velocità sul-le pareti ghiacciate dei percorsi da boardercross, jump, rail e half pipe. Snowbike: la bicicletta che al posto delle ruote ha piccoli sci. Snowblades: comodi come degli sci,ma nettamente più corti e divertenti come gli snowboard per pireottare. Snowrafting: scivolare sul ghiaccio con gommo-ni su “fiumi” di ghiaccio. Snowtubing: scivolare su l ghiaccio con una qualsiasi camera d’aria o gonfiabile. Snow walking: camminata con le rac-chette da neve. Telemark: si scia con sci lunghi come quelli da fondo. Qualcuno lo pratica indos-sando abiti d’antan, gonnellone e pantaloni alla zuava di velluto. Si può praticare anche in coppia tenendosi con un bastone.

di Dario Volpe

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CALCIO STORICOFIORENTINO

n’arena di sabbia in una delle piaz-ze più belle d’Italia, due squadre, ciascuna di 27 uomini a torso nudo e con braghe disegnate da una moda antica, regole vecchie di quasi cin-quecento anni e 50 minuti di batta-glia da combattere ogni anno, nel

giorno di San Giovanni. Quando il “pallaio” lancia la sfera si apre ufficialmente la sfida, da questo momento in poi non c’è spazio per le esi-tazioni, i giocatori delle due squadre cercheran-no (con qualunque mezzo) di portare il pallone fino al fondo del campo avversario per deposi-tarlo nella rete segnando quello che in uno sport omonimo, ma molto meno glorioso e molto meno serio, si chiama “goal” e che in questo caso si chiama “caccia”. A ogni errore si concede mezzo punto agli avversari, a ogni marcatura le squadre cambiano campo. Il confronto agonistico mutua i propri fondamentali da tre discipline sportive classiche: il pugilato, il rugby e la lotta greco ro-mana. Così, mentre i “datori avanti” (terzini) si cimentano nei placcaggi, gli sconciatori (media-

Uni) tengono alta la guardia e provano a colpire le mezze linee avversarie, compito degli innanzi o corridori (a taccanti), invece, è quello di fi-nalizzare lo sforzo corale espugnando la metà campo opposta. Il sudore, i pugni, le risse, le ferite, il sangue, ciò che accade in quel recinto è tutto vero perché stiamo parlando del Calcio Storico Fiorentino cari amici, mica una cosa per femminucce o per golfisti con pullover sulle spalle e la puzza sotto il naso. Le com-pagini che partecipano al torneo annualein tre partite (due semifinali e una finale) sono i quat-tro quartieri storici di Firenze: i verdi di San Giovanni, gli azzurri di Santa Croce, i rossi di Santa Maria Novella e bianchi di Santo Spirito. Il premio per la vittoria è la simbolica consegna alla squadra vincitrice di una vitella di razza chianina; ecco, appunto, simbolica, perché chi scende in campo sa benissimo che alla fine del-le ostilità, chi avrà collezionato più cacce vince ben altro, vince Firenze! Difficile fare un iden-tikit del calciante, l’età, le esperienze, lo status sociale, le vite di ciascuno di essi sono diver-

foto di Stefano Pogliani

“...e di vero valor tante e sì altere prove in finta battaglia indimostrarse, che sembran finte al paragon le vere...”

di Diego Davide

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IL SUDORE, I PUGNI, LE RISSE, LE FERITE, IL SANGUE, CIÒ CHE AC-CADE IN QUEL RECIN-TO È TUTTO VERO

se ma hanno in comune uno spiccato senso di appartenenza e una radicata “fiorentinità” che, come in una chiamata alle armi, li spinge una volta all’anno a interrompere la propria occupa-zione, qualsiasi essa sia, e a tornare dai propri

compagni nell’arena per difendere i colori del proprio quartiere. Il “Piombino” vive in Sviz-zera, dove fa l’ingegnere, con una fidanzata in-glese, ma a giugno, non c’è ragione che tenga, deve fare “battaglia” per i colori azzurri. C’è Lapi, colonna portante della squadra dei verdi per 32 anni, che ha giocato la sua ultima partita

lo scorso 16 giugno, a piedi scalzi. Lascia all’e-tà di cinquant’anni con uno score di 60 caccie realizzate e le lusinghe di quanti lo paragonano a “Lorenzo dei Medici” uno dei migliori gioca-tori di tutti i tempi. Poi ci sono i veterani, quelli con i capelli bianchi, che nel quartier generale delle squadre, hanno il compito di tenere alto il morale dei giovani, loro si che ne hanno di storie da raccontare “di scazzottate e di lotte in terra”. Nel luogo simbolo dell’appartenenza ci si allena, si fuma una sigaretta, si beve un grappino e ci si rispetta indipendentemente da contro chi si dovrà scendere in campo in quei terribili 50 minuti di adrenalina, muscoli e pau-ra. Quella è solo una parte, un rischio che vale la pena correre perché per ogni colpo ricevuto ci sarà un incoraggiamento, una carezza, una pacca sulla spalla. Ciò che davvero conta è es-sere lì, tutti insieme, tutti con lo stesso pensiero perché che si vinca o che si perda c’è ancora un anno per rimettersi in sesto, un anno per prova-re a vincere, una vita intera per fare il calciante.

foto di Stefano Pogliani

di Diego Davide

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LA VOCE DEL PIANETA.Greenpeace esiste perché il nostro fragile Pianeta merita

di avere una voce. Servono soluzioni, cambiamenti, azioni.Greenpeace è indipendente e non accetta fondi da enti pubblici,

aziende o partiti politici. Sostienici con il tuo 5x1000. www.greenpeace.it

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LA VOCE DEL PIANETA.Greenpeace esiste perché il nostro fragile Pianeta merita

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LUCHADORES

Blue Demon Jr

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Atlantis

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Rey Mysterio Jr

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Canek

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Dr Wagner

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Mascarita Sacrada

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L.A. Park

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