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Ma che democrazia è quella dove alcuni parlamentari eletti con i voti di pochi cittadini ma pagati con lo stipendio di tutti - quindi di fatto nostri dipendenti - appena possono rimestano impunemente sulla morte dei nostri soldati per uno straccio di visibilità mediatica? Mi riferisco in particolare a un politico italiano che ha fatto della legalità e della lotta contro il crimine la sua bandiera. Oggi ad Herat ho visto su SKY TG24 la sua esternazione a commento della morte del Caporale Maggiore paracadutista del Reggimento Nembo David Tubino. Il politico in questione ha detto: … che dobbiamo tornare a casa, andare via dall’Afghanistan perché la guerra è anticostituzionale! Queste affermazioni non sono accettabili per vari motivi, soprattutto da un esponente del parlamento che per principio immaginiamo colto e leale. Innanzitutto in Afghanistan non c’è una guerra e la Costituzione della Repubblica Italiana prima di invocarla andrebbe letta; in particolare l’art. 11 dopo averlo sillabato con attenzione sino in fondo andrebbe anche capito. L’ignoranza, nel senso di parlare di qualche cosa che si ignora, non è accettabile da un parlamentare visto che ha i mezzi per sopperire alla sua approssimazione, a meno che non sia strumentale, chiedendo informazioni precise al suo numeroso esercito di consulenti e portaborse, anche questi pagati da tutti noi. Se poi il parlamentare per un’infima manciata di voti rimesta sulla morte di un servitore della Repubblica, caduto mentre compie il proprio dovere, questo parlamentare è uno sciacallo. Non mi riferisco specificatamente al poltico che ho citato come esempio, ma a tutti coloro che seguono questa squallida farsa mal camuffata da libertà di espressione democratica. Chiedere unilateralmente il ritiro delle nostre Forze Armate dall’Afghanistan ogni volta che muore un nostro soldato è come chiedere lo scioglimento delle forze di polizia ogni qualvolta un loro esponente perde la vita ad opera della malavita; ma significherebbe anche uscire dal contesto internazionale dove la nostra credibilità è data in gran parte da ciò che fanno i nostri militari in Afghanistan e non certo dalle dichiarazioni di alcuni parlamentari nostrani a caccia di voti. Il 25 luglio eravamo a Shindad, dormendo in tenda come tutti i nostri soldati presenti in quella base e ci siamo alzati all’alba per documentare un check point con l’11° Reggimento Bersaglieri. Trenta chilometri in tre ore, a bordo del Lince, per scortare un carico di materiale di costruzione destinato ad un posto di polizia a protezione del bazar di Shindad e poi due ore a 48° senza un filo d’ombra che non fosse la nostra, smerigliati da un vento rovente, poi altre tre ore di Lince per tornare indietro. Per me ed il mio collega Giuseppe Lami è stato certamente faticoso, anche i rischi erano (quasi) gli stessi dei bersaglieri dell’11°. C’è però una sostanziale differenza: noi siamo degli osservatori occasionali, loro, i nostri soldati, fanno questo tutti giorni su mandato del Parlamento! Durante l’operazione abbiamo saputo di David Tubino, morto durante

un combattimento a seguito di un’azione militare delle truppe afghane, a cui noi diamo supporto, per instaurare un regime di legalità in un paese per decenni privo di qualsiasi regime che non fosse violenza e sopruso. Siamo quindi ripartiti la sera stessa con un convoglio di Lince scortati da due Freccia per essere presenti, dopo tre ore di Ring Road, all’apertura della camera ardente a Piazza Italia 150. Per me e Giuseppe Lami è la seconda volta che partecipiamo, sempre qui ad Herat, ad una simile cerimonia in poco più di 6 mesi. È un’esperienza che lascia il segno anche a chi ne ha già molti, di segni. L’opinione pubblica - ma soprattutto la classe politica - dovrebbe prendere atto che i nostri soldati qui stanno facendo un lavoro fantastico sul piano della governance e di conseguenza anche sotto il profilo umanitario, ma stanno anche scompigliando le carte di innumerevoli gruppi armati che si contendono con la violenza e sistemi “mafiosi” il controllo del territorio. I soldati possono anche distribuire nutella e coperte ma la loro missione primaria è un’altra: peace keeping vuol dire che si deve porre fine ad una situazione conflittuale, quando questa sarà finita ci sarà la pace. La mission primaria dei soldati è proprio questa: conquistare la pace anche con l’uso delle armi, tutto il resto sono solo corollari e chiacchere da bar. Non riconoscerlo, non ammetterlo, non dirlo all’opinione pubblica o mimetizzarlo come un viaggio di anime pie della caritas con panettoni e magliette di lana è un’offesa alla memoria dei nostri militari che sono morti facendo il loro dovere su mandato del Parlamento ed è un’ignobile speculazione sul dolore dei famigliari. Se un’errata interpretazione del concetto di democrazia coincide con il politicamente corretto dei cacciatori di consensi elettorali alla maniera di alcuni nostri politici, io voglio essere molto scorretto dicendo che i Funerali di Stato sono diventati una passerella delle vanità della classe politica e pertanto proporrei meno omelie politiche e più intime cerimonie militari, che piacciono ai soldati e questo è più che appagante, perché sono loro a morire! Poi vorrei che alle parole di circostanza seguissero fatti concreti! Perché è dopo i funerali - quando le porte della basilica si sono chiuse ed tecnici delle emittenti televisive sono da qualche altra parte a documentare ballerini sotto le stelle o partite di calcio - che si capisce quanto la classe politica ama e rispetta i propri soldati, in base a quanto fa per i famigliari in termini concreti, reali e duraturi nel tempo. Nel frattempo i media di riferimento, invece di interpretare i fatti in base al gruppo politico di appartenenza, dovrebbero iniziare ad informare sui fatti in quanto tali, impedendo così a molti esponenti del parlamento di fare meschine figure.

1° Caporal Maggiore David TOBINI Paracadutista del reggimento Nembo della Brigata Folgore, caduto in combattimento a Bala Mourghab (Afghanistan) il 25 luglio 2011: PRESENTE!

Antonello Tiracchia, Herat 26 luglio 2011(inviato di TNM in Afghanistan)

EDITORIALE

IL GIORNODELLO SCIACALLO

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TACTICAL NEWS MAGAZINEMilitary - Law Enforcement - Securityn°7 - luglio 2011 - mensile

Direttore responsabile: Giuseppe Morabito

Direttore editoriale: Mirko Gargiulo [email protected]

Direttore commerciale: Giovanni Petretta [email protected]

Art director: Matteo Tamburrino

Impaginazione: echocommunication.eu

Collaboratori: Davide Pane, Vincenzo Cotroneo, Gianluca Favro, Gianluca Sciorilli, Pasquale Camuso, Gianluca H., Fabio Rossi, Max Scudeler, Galdino Gallini, Lorenzo Prodan, Riccardo Braccini, Marco Sereno Bandioli, Carlo Biffani, Giovanni Di Gregorio, Roberto Galbignani, Zoran Milosevic, Denis Frati, Gabriele Da Casto, Andrea Totolo, Marco Strano,T. Col. GdF Mario Leone Piccinni, Antonello Tiracchia

Fotografie: ISAF, Department of Defense, Stato Maggiore Esercito, OMG, U.S. Navy, LosTempos.com, NATO Multimedia, The National, Command Special Naval Warfare Command, Onu Media Press, Zoran Milosevic, USAF (United State Airforce), Michele Farinetti, Giuseppe Lami

Ufficio stampa: Marcello Melca [email protected]@tacticalnewsmagazine.it

Redazione: [email protected]

Periodico mensile edito da:CORNO EDITOREPiazza della Repubblica n. 6 20090 Segrate - Milano - P.IVA 07132540969

Stampa: Reggiani SpaVia C. Rovera 40, 21026 Gavirate (VA)

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Tutti i diritti di proprietà letteraria, artistica e fotografica sono riservati, ne è vietata dunque ogni duplicazione senza il consenso scritto della Corno Editore

02EDITORIALE

06NEWS

018HOT POINTDecreto Legge 107…

022RES GESTAE

024POLICE FORCECOMBAT PSYCHOLOGYLA geStIoNe DeLLo StreSSIN AttIVItÀ oPerAtIVA

032REPORT FROMrSD - rhINo SecurIty DetAIL

034TACTICALASSAULT PLANNINGPIANIFIcAZIoNe tAttIcADI uN’INcurSIoNe

050FOCUS ONruger LcPcALIBro 380 Auto

056TEST BY TNMthe WArrIor SPIrIttIer1 oPerAtor PLAte cArrIer

064ARMI MILITARIh&K MP7-A1

068INSIDEAtJ - uNItÀ ANtIterrorISMo LucKo

084ARMI STORICHEMAuSer M37

090TACTICAL MEDICSoccorSo DurANtecoNFLItto A Fuoco

094BERETTA vs SIG SAUERItALIA-gerMANIA 1-1

102BERETTA DEFENCESHOOTING ACADEMY

106LAW AREAINtercettAZIoNIteLeFoNIche, teLeMAtIcheeD AMBIeNtALI

112SPECIAL REPORT1St SFoD-D SPecIAL ForceS oPerAtIoNAL DetAchMeNt - DeLtA

122SIRIA CROGIOLO GEOPOLITOSIrIA - IL crogIoLo geoPoLItIcoDeLLA BILANcIA MeDIorIeNtALe

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AROUND THE WORLD

COMMERCIALIAFGHANISTAN: CERIMONIE PER LA TRANSIZIONE AD HERAT ISAF REGIONAL COMMAND WEST - AFGHANISTAN

HERAT, Afghanistan (21 luglio 2011) - Alla presenza delle massime autorità civili e militari afghane, del Ministro per lo Sviluppo Economico, Onorevole Paolo Romani, e dei militari di ISAF rappresentati con orgoglio dal Comandante della Regione Ovest, Generale di Brigata Carmine Masiello, si sono svolte questa mattina ad Herat, le cerimonie simbolo della riacquistata capacità di provvedere in autonomia alla sicurezza, alla “governance” e allo sviluppo della città di Herat da parte delle legittime autorità locali. La prima cerimonia si è svolta all’aeroporto di Herat la cui trasformazione in HUB internazionale è uno dei primi progetti scelti dallo stesso Governatore Dr. SABA ed approvati dalle autorità centrali di Kabul, quale forte simbolo di ripresa economica e di speranza per un futuro sviluppo di un Paese dalle infinite risorse. La seconda cerimonia si è svolta nella vicina Base di Camp Saphar, sede del 207 Corpo d’Armata Afghano, ed ha voluto testimoniare gli importanti risultati ed obiettivi raggiunti anche nel campo della sicurezza, dove ormai già da tempo, le forze afghane sono le protagoniste. Questo di oggi rappresenta un primo passo verso quel processo di crescita che porterà il Paese verso la piena autonomia e che dovrebbe concludersi entro il 2014. 8 videoclip trasmessi dalla televisione Nazionale Afghana e realizzati dagli uffici stampa delle Forze di sicurezza Afghane, del Governatore ed in coordinamento con l’ufficio Pubblica Informazione del Contingente Italiano ad Herat, serviranno ad illustrare alla popolazione della provincia di Herat il processo di transizione in atto nella città. Il prodotto è il risultato di una serie di riunioni di coordinamento promosse dal Contingente Italiano fra i vari Uffici Stampa operanti nella zona e di corsi per cine- video operatori realizzati dai Paracadutisti della Folgore. Le autorità locali della provincia di Herat e le Forze di Sicurezza Afgane, durante uno dei numerosi incontri promossi e coordinati dall’ufficio stampa del Comando Regione Ovest di ISAF, hanno espresso la necessità di spiegare alla popolazione della provincia di Herat il processo di transizione.

I videoclip, realizzati dagli uffici stampa dell’esercito, della polizia e del Governatore, mostrano le Forze di Sicurezza in azione nella città di Herat per garantire la sicurezza mentre il Sindaco, il Governatore e il Mullah spiegano come la transizione rappresenti un grande segnale per l’intero paese e una grande opportunità di sviluppo. Già da tempo ormai le forze di ISAF non operano nella città di Herat, segnale che la transizione funziona e che le forze di sicurezza afgane sono pronte e orgogliose di garantire da sole la sicurezza della loro città sempre consapevoli che i veri protagonisti della transizione sono i cittadini, bisognosi di essere sempre piu’ coinvolti nel processo.

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da sinistraGen. Giorgio Cornacchione, On. Romani, Gen. Carmine Masiello

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PESCARA: A26 ARRESTI PER CLONAZIONE DI CARTE DI CREDITO

La Polizia Postale e delle Comunicazioni “ABRUZZO” di Pescara, in collaborazione con i Compartimenti Regionali della Polizia Postale di Lazio, Campania e Puglia, ha arrestato 26 persone appartenenti a un’associazione a delinquere finalizzata alla clonazione e indebito utilizzo di carte di credito.Le indagini del personale della Sezione Polizia Postale di Teramo, sono partite da alcuni accertamenti presso alcuni esercizi commerciali del teramano in merito allo strano utilizzo di alcune carte di credito clonate, che lasciava presupporre l’esistenza di una ben organizzata associazione criminale dedita alla commissione di svariati reati e operante in più regioni.Dalle indagini è emerso che i componenti dell’associazione si procuravano i codici delle carte tramite i cosiddetti “skimmer” (apparecchiature elettroniche installate sugli sportelli bancomat) o provenienti via posta elettronica dagli Stati Uniti, li trasferivano su delle carte comuni dotate di banda magnetica, e le usavano in negozi di persone compiacenti situati in prevalenza nella città di Roma e Napoli e nelle province di Teramo, Bari e Foggia.La particolarità è che le carte clonate venivano utilizzate presso esercizi commerciali normalmente abilitati ad accedere ai circuiti delle carte di credito i cui titolari “strisciavano” le carte negli apparecchi P.O.S. in assenza di clienti e senza che venisse effettuato alcun acquisto.Nel corso dell’indagine la Polizia Postale ha individuato e bloccato circa 1000 codici di carte di credito clonate, emesse prevalentemente da Istituti di credito americani, cinesi, giapponesi ed europei, impedendo un ingentissimo danno economico per circa un milione di euro.

PALERMO - SGOMINATA bANDA DI RAPINATORI: ESEGuITE 10 MISuRE CAuTELARI

All’alba del 22 luglio tra Termini Imerese e Bagheria (PA), i Carabinieri delle rispettive Compagnie coordinati dal Gruppo Carabinieri di Monreale, a conclusione di una complessa attività investigativa coordinata dalla

Procura della Repubblica presso il Tribunale di Termini Imerese, hanno eseguito una decina di misure cautelari nei confronti di altrettanti soggetti accusati di rapina a mano armata, furto aggravato e riciclaggio di autovettura provento di furto emesse dall’Ufficio G.I.P. del Tribunale di Termini Imerese. L’attività investigativa, durata 6 mesi, ha permesso di acquisire concreti elementi su una banda di rapinatori che imperversava lungo il litorale orientale della Provincia di Palermo, in special modo tra i grossi Comuni di Termini Imerese e Bagheria. I soggetti avevano creato una frangia criminale ben affiatata, dal carattere violento e privo di remore, votata alla commissione di rapine e furti. Il modus operandi adottato e quindi la loro tipicità d’azione, consisteva nel compiere dapprima dei sopralluoghi studiando le vittime ed i luoghi e successivamente passare al vero e proprio intervento esecutivo.

OPERAZIONE ANTIDROGA NELLE ACquE DEL MARE DI ALbORAN - SPAGNA

Comando Operativo Aeronavale Guardia di Finanza (19 luglio 2011, ore 08:25) - Un ulteriore brillante risultato è stato conseguito, in territorio estero, dal Comparto Aeronavale della Guardia di Finanza, impiegato, nel pomeriggio, con i propri uomini e mezzi, in una vasta ed articolata operazione aeronavale internazionale, nell’area marina a sud della Penisola Iberica. Nello specchio acqueo del Mare di Alboran, a sud della località spagnola di Almunècar (Granada), il Pattugliatore Veloce “G.9 Finanziere Cinus”, del Comando Operativo Aeronavale della Guardia di Finanza - Gruppo Aeronavale di Messina, ha effettuato il fermo di due imbarcazioni da diporto, battenti bandiera del Regno Unito, utilizzate per il trasporto illecito di sostanze stupefacenti dalle coste marocchine verso l’Europa. I due natanti, dopo aver affiancato un gommone proveniente dal Nord Africa, ed aver effettuato il trasbordo di numerosi involucri, si sono rapidamente diretti verso le coste spagnole nei pressi di Malaga. A seguito di un breve ma concitato inseguimento, dando riprova, ancora una volta, di elevata perizia marinaresca e di profondo attaccamento al dovere, gli uomini delle Fiamme Gialle, prontamente intervenuti, sono riusciti a interrompere la fuga delle due imbarcazioni e a sventare l’attività criminosa. La delicata operazione, condotta in stretta collaborazione con la Guardia Civil spagnola, si è brillantemente conclusa col sequestro di 1577,70 Kg di hashish e con l’arresto di quattro cittadini di nazionalità bulgara, accusati di traffico internazionale di sostanze stupefacenti.

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13 LuGLIO 2011, ROMAMINISTRO LA RuSSA INCONTRA L’AMMIRAGLIO STAvRIDIS, COMANDANTE SuPREMO DELLA NATO IN EuROPA

Il Ministro della Difesa Ignazio La Russa ha ricevuto a palazzo Baracchini l’Ammiraglio James G. Stavridis, Comandante Supremo Alleato della NATO in Europa (SACEUR) e Comandante dell’Allied Command Operations (ACO), in visita in Italia.Durante il colloquio, che si è svolto in un clima di grande cordialità, l’Ammiraglio Stavridis ha ringraziato l’Italia per il generoso e qualificato contributo offerto alle operazioni NATO, in particolare in Afghanistan e in Libia, enfatizzando l’alta professionalità e capacità operativa degli uomini e delle donne dei Contingenti italiani.Il Ministro La Russa, nel ringraziare, ha sottolineato l’esigenza che tutte le iniziative in campo operativo, in particolare per l’emergenza libica, siano assunte in sintonia e sinergia con tutti gli Alleati e secondo le linee strategiche della NATO.Altro tema al centro dei colloqui è stata la prevista costituzione in Poggio Renatico (Ferrara) del DACCC (Deployable Air Command and Control Center) della NATO che – ha precisato l’Ammiraglio Stavridis – diventerà un Comando più importante e più grande, centrale per l’Alleanza, la cui attivazione precederà la successiva costituzione del CAOC (Combined Air Operations Center) statico in Spagna.Successivamente, l’Ammiraglio Stavridis, parlando della realizzazione della nuova sede del Quartier Generale del Joint Force Command (JFC) della NATO a Lago Patria (Napoli), ha auspicato una rapida soluzione dei rimanenti problemi urbanistico-infrastrutturali. Al riguardo, il Ministro La Russa ha assicurato il suo personale interessamento, oltre a quello dei competenti Organi della Difesa, affinché vengano promosse tutte le azioni necessarie presso le Autorità locali per una rapida soluzione della problematica.

IL vARO DELLA FREGATA CARLO bERGAMINI

Sabato 16 luglio, presso gli stabilimenti Fincantieri di Riva Trigoso (GE), ha avuto luogo la cerimonia del varo della prima fregata multiruolo Carlo Bergamini (F590). All’evento hanno partecipato il Capo di Stato Maggiore della Difesa, Generale Biagio Abrate e il Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, Ammiraglio di Squadra Bruno Branciforte. Le autorità saranno ricevute dall’Amministratore Delegato di Fincantieri Giuseppe Bono. Madrina del Varo è stata la Signora Maria Bergamini Loedler, nipote dell’ammiraglio Carlo Bergamini. La Fregata Carlo Bergamini, il cui nome rievoca l’illustre Ammiraglio, Comandante in Capo delle Forze Navali da Battaglia, decorato con medaglia d’oro al valor militare alla memoria, che affondò con la Corazzata Roma l’8 settembre 1943, scrivendo una pagina indelebile della storia della Marina. L’Unità multiruolo è la prima del programma Rinascimento nato dalla cooperazione internazionale italo-francese e ridenominato FREMM, per sostituire le fregate classe Lupo, Maestrale e i pattugliatori di squadra classe Soldato. Nave Bergamini prevede un equipaggio di 145 persone, è lunga 140,4 metri, larga 19,7 metri e ha un dislocamento a pieno carico di circa 6000 tonnellate. Dotata di un impianto di propulsione ibrida di tipo CODLAG (Combined Diesel – Electric And Gas), può raggiungere una velocità massima di ventisette nodi. Dispone inoltre di moderni sistemi di scoperta e d’arma, di elevato livello tecnologico, frutto di collaborazioni internazionali di cui fa parte l’industria italiana della Difesa: in particolare, il Sistema missilistico antiaereo SAAM IT a 16 celle per missili ASTER 15 e radar multifunzionale EMPAR. Può imbarcare 2 elicotteri NH-90 oppure 1 NH90 più 1 EH-101 con sistema di movimentazione assistita.

IL REGGIMENTO SAN MARCO PARTE PER L’AFGHANISTAN

Il 13 luglio 2011, alle ore 10:00 - presso la Caserma “E. Carlotto” di Brindisi, il Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, Ammiraglio di Squadra Bruno Branciforte, accompagnato dal Comandante in Capo della Squadra Navale, Ammiraglio di Squadra Luigi Binelli Mantelli, ha salutato il personale della Forza da Sbarco (FdS) appartenente alla Task Force denominata “Leone”, di prossima partenza per il Teatro Operativo Afghano. Costituita dal personale appartenente al Reggimento San Marco, opportunamente integrata con altri assetti della FdS necessari per renderla idonea all’assolvimento della specifica missione, i 422 fucilieri di Marina della Task Force Leone (TFL) affiancheranno gli altri Gruppi Tattici dell’Esercito Italiano che sono posti attualmente alle dipendenze della Brigata “Folgore” a cui è assegnata la responsabilità del settore Ovest (Regional Command - West) nell’ambito della missione International Security Assistance Force (ISAF) in Afghanistan.La TFL, al comando del Capitano di Vascello Giuseppe Panebianco, Comandante del Reggimento San Marco, ha iniziato già dallo scorso mese di marzo l’iter di approntamento attraverso una serie di esercitazioni di difficoltà crescente, che hanno impegnato i Fucilieri di Marina in simulazioni di livello basico, avanzato ed integrato, ed ora è pronta per l’impiego operativo in teatro.Con la TFL viene significativamente incrementata la presenza di Fucilieri di Marina in territorio afgano. Il “San Marco” è infatti già presente con diversi compiti nell’ambito della missione ISAF: a Kabul all’interno del Quartier Generale, a Herat con un team di escort/driver, a Farah con un Operational Mentoring and Liaison Team (OMLT XI) e, sempre a Herat, con un team di fucilieri che opera a bordo degli elicotteri EH-101 della Task Force “Shark”.

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SIRIA, NuOvE PROTESTE. ANCORA MORTI IN PIAZZA

Continuano le manifestazioni contro Assad. In vista del Ramadan che inizia il primo agosto il regime teme le grandi aggregazioni e sconsiglia di andare in moschea «per il caldo».Da Damasco a Idlib, passando per Homs, teatro delle violenze degli ultimi giorni, oltre un milione di siriani sono scesi di nuovo in piazza nel diciannovesimo venerdì di protesta contro il regime di Bashar al-Assad. Secondo gli attivisti sarebbero undici i morti in diverse zone del Paese, uccisi dalle forze dell’ordine, che ad Homs hanno usato anche degli ordigni per colpire la popolazione. Damasco invece è stata blindata dall’esercito. Attraverso la Rete i testimoni hanno raccontato di attacchi e spari sulla folla, nel tentativo di disperderla. Secondo la Lega siriana dei diritti dell’uomo almeno 1.300 persone sono state arrestate. «Gli Shabbia, le milizie fedeli al regime, hanno occupato il confine turco-siriano intorno a Guvecci.

LIbIA: GHEDDAFI, NO A COLLOquI CON RIbELLI

“Non ci saranno colloqui tra me e loro fino al Giorno del Giudizio’’. Cosi’, il leader libico Muammar Gheddafi, in un messaggio audio rivolto a una folla di sostenitori a Sirte, sua citta’ natale, ha escluso qualsiasi possibilita’ di negoziati con i ribelli. Alla manifestazione nella citta’

balneare ad est di Tripoli hanno partecipato uomini con cappelli verdi, donne con bandiere e bambini con il volto dipinto che hanno scandito slogan pro-Gheddafi.Intanto, sul terreno, la situazione resta fluida. Dopo violenti combattimenti a Brega gli insorti avrebbero riconquistato lo strategico centro petrolifero, crocevia per lanciare l’ultima offensiva contro la capitale libica. Dal canto loro le forze del regime avrebbero contrattaccato Zlitan, roccaforte insurrezionale degli insorti, irrompendo con carri armati e blindati e spingendo al ripiegamento il fronte dissidente. Ieri, tuttavia, fonti degli stessi ribelli hanno rivelato di aver catturato il generale Abdul Nabih Zayid, autore dei rastrellamenti del regime a Misurata, nel mese di marzo, quando prese piede lo sterminio di Gheddafi e persero la vita centinaia di persone.Sul versante diplomatico resta sul tavolo una eventuale exit strategy del colonnello, nonostante il mandato di cattura per crimini di guerra spiccato contro il rais da parte della Corte penale internazionale. Il ministro degli Esteri francese Alain Juppe’ ha sollevato l’ipotesi che Gheddafi possa ‘’restare in Libia, a patto che esca dalla vita politica del Paese’’. Un faccia a faccia si e’ tenuto anche tra rappresentanti del Dipartimento di Stato americano ed emissari del regime, volti a discutere del futuro del Paese anche con Mosca in un briefing tenuto nei giorni scorsi tra il capo della diplomazia russa Lavrov e il suo omologo libico, Abdul Al Obeidi.

TESTATO IL SOFTWARE DELL’X-47b A bORDO DELLA EISENHOWER

La US Navy e Northrop Grumman hanno completato con successo una dimostrazione del software che permetterà all’X-47B di operare dal ponte di una portaerei a partire dai primi test nel 2013.In particolare la prova, condotta il 2 luglio nell’Atlantico occidentale sulla portaerei USS Dwight D. Eisenhower (CVN-69), è consistita in diversi lanci ed appontaggi di un aereo surrogato, un F/A-18D dell’Air Test and Evaluation Squadron (VX) 23, equipaggiato con il software avionico di controllo e navigazione che ha permesso all’aereo di partire e atterrare automaticamente senza l’intervento del pilota, presente comunque a bordo per ragioni di sicurezza.Questa dimostrazione è il culmine di una serie di passaggi incentrati sulla

simulazione sul software delle capacità di comando e controllo e scambio dati tra l’aereo e la nave. Successive prove di volo dell’hardware e del software dello UCAS-D installati su un Beechcraft King Air 300 hanno riguardato lo studio dal vivo delle performance di scambio e gestione dei dati dei sistemi di navigazione, missione, comunicazione tra il King Air, che ha volato in prossimità della CVN-69 ancorata a Norfolk, in Virginia, e la portaerei stessa. Di particolare interesse è stata l’analisi del comportamento dei sistemi della nave nell’interagire con l’aereo, in particolare dello strumento utile in fase di atterraggio Precision Global Positioning System (PGPS).Per supportare il velivolo la nave è stata modificata con particolari equipaggiamenti in modo che aereo, operatore di missione e personale di bordo potessero interagire sulla stessa rete. L’LSO, il Landing Signal Officer (LSO), l’addetto sul ponte che segue l’aereo in avvicinamento in fase di atterraggio e l’accompagna fino all’arresto sulla nave tramite segnali visivi (con l’utilizzo dell’Optical Landing System) e messaggi vocali, in questo caso comunicava con l’aereo che simulava uno UAS con una speciale interfaccia in dotazione anche alla torre e al centro di controllo del traffico aereo (CATCC).Queste prove consentono di limitare il rischio di programma e facilitare la transizione a bordo delle unità della Marina USA della piattaforma unmanned X-47B, attualmente in fase di test in volo presso la Edwards Air Force Base.

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Potenze e durate• Calcolate con una batteria AA da 1.5V• Max Output: 200 Lumens per 1h.• High Output: 170 Lumens per 1.15h.• Low Output: 20 Lumens per 10h.• Min Output: 2 Lumens per 50h.

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bLOCCO CqD MARK II PER FuCILE

Sviluppato specificatamente per le forze speciali di polizia ed militari, il FERMO CQD MARK II assicura la ritenzione dell’arma e la messa in sicurezza, pur garantendone l’immediata impugnabilità. Ambidestro, taglia unica e compatibile con gli esistenti sistemi di equipaggiamento, il MARK II è dotato di uno strap per garantirne l’aderenza alle

armi, rendendolo anche idoneo alle operazioni silenziose.

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GINOCCHIERE NEW GENERATION

• Robusto guscio in STPA , non brucia, non fonde, non si consuma.• Imbottitura in schiuma a cellule chiuse foderata in nylon ad alta resistenza.

• Fodera interna in CoolMax ® traspirante.

• “Patch” interna anti-scivolo per il blocco in posizione.• Chiusura a sgancio rapido

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bLADE-TECH WRS RMRTACTICAL HOLSTER SySTEM

Il Trijicon RMR Sighting System® ha molto rivoluzionato il tiro tattico, rendendo molto più facile, anche al tiratore medio, il poter acquisire e colpire un target che senza il Trijicon sembrava impossibile. Blade-Tech inizialmente ha introdotto la Seraphim CCW Holster, che ha permesso di portare la pistola Glock, dotata di sistema RMR, nel quotidiano potendo contare su un occultamento totale. Successivamente sono arrivate le molte richieste da parte dei militari e della polizia, richieste per la realizzazione di una fondina tattica con le stesse caratteristiche ed è nata la Blade-Tech WRS RMR, dotata di sistema modulare di montaggio. La fondina è stata realizza partendo dalla collaudata fondina Tactical Blade-Tech avente il sistema di ritenzione dell’arma di livello 2. Il sistema di attacco è stato progettato con un meccanismo maschio/femmina che consente di passare rapidamente e comodamente la fondina dalla coscia al petto o alla cintura. Questa fondina si adatta solo alle Glock modello 17 e 22; con una piccola modifica, nella zona della canna, può alloggiare la Glock 19 e 23.

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ENERGIZER TACTICAL HELMET LIGHT

La Torcia Energizer è stata selezionata per essere inserite all’interno del programma U.S.Army’s Program Executive Office Soldier. E’ completamente impermeabile ed è stata progettata per essere montata sull’elmetto e permettere l’illuminazione a mani libere. Ha una potenza di circa 45 lumens ed offre quattro modalità di illuminazione: LED principale a luce bianca, LED blu, luce a infrarossi, IR IFF strobo. La torcia può anche essere utilizzata con altri accessori MOLLE, Picatinny, Ops-Core. La temperatura di operatività è compresa nel range -40° C a 60° C.

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CINGHIA TATTICA ARES ARMOR HuSKEy AMENTuM SLIDER

L’ Huskey Amentum Sling Slider è stato concepito per consentire la facilità d’impiego delle armi lunghe, per un rapido adattamento alle posizioni di tiro e per velocizzare le transizioni. Porta il nome ed la garanzia di qualità di Josh Huskey Istruttore Sniper Scout dell’USMC e vincitore nel 2009 del Concorso Internazionale per Sniper. La cinghia permette di poter passare da un sistema di ancoraggio “a due punti” a quello “ad un punto” e viceversa con un semplice movimento. E’ corredato da un pulsante di sgancio rapito in alluminio 6061-T6 indurito con un trattamento di anodizzazione tipo III secondo specifiche MIL-A-8625F. Disponibile in colorazione nero, coyote, A-TACS e MultiCam.

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NIKE PRO COMbAT CORE FITTED CAMOuFLAGE MEN’S SHIRT

Nike ha presentato la sua nuova linea di t-shirt Nike Pro Combat Camouflage. Caratterizzata da una grafica elegante eseguita in stampa digitale è confezionata con tessuto Dri-Fit traspirante con cuciture piatte ed ergonomiche per ridurre al minimo gli sfregamenti ed aumentare il comfort ed il movimento. Il tessuto Dri-FIT, marchio di proprietà della Nike, è costituito per l’84% in polyestere ed il 16% di spandex, favorisce la traspirazione del sudore e mantiene la pelle fresca e asciutta. Disponibile nelle colorazioni White/Matte Silver e Black/Flint Grey e’ lavabile in lavatrice. Prezzo 30$

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GRIP FORCE ADAPTER

Questi “adattatori sagomati” sono stati specificatamente progettati dalla americana GRIP FORCE per eliminare gli svantaggi correlati al fusto della pistola nuova di fabbrica. Essi vanno a modificare la presa posteriore del telaio GLOCK, permettendo alla mano del tiratore di conformarsi meglio all’impugnatura in modo più sicuro offrendo, quindi, un maggiore controllo e permettendo al tiratore di indirizzare meglio la pistola sul bersaglio. Il prodotto è disponibile per tutti i modelli di Glock compresa la 4^ generazione.

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GAMMA vESTCORPETTO PORTA PIASTRE MODuLARE

Il corpetto è una buffetteria “Releasable” tipo hard plate carrier modulare dotato di cummerbund regolabile,esso è proposto in due taglie M,L è realizzato integralmente in cordura 1000d originale.Per garantire la massima traspirazione la fodera interna e’ realizzata i rete tridimensionale.Il corpetto si caratterizza per un elemento porta piastra frontale e un elemento porta piastra dorsale capace di accogliere piastre sapi.Il gamma in taglia L è compatibile con piastre 10”x12”x1”. Il sistema di sgancio a cavo singolo puo’ essere posizionato sul lato sinistro o destro.Il vest e’ dotato di pannelli interni amovibili con funzione di riduzione del trauma, essi possono essere sostituiti con specifici pannelli balistici con livello di protezione IIIA.Il “cammerbund” presenta il sistema di ancoraggio sia esternamente che internamente, oltre ad un comparto interno accessibile dall’alto, atto a contenere tasche velcrate.Il pannello frontale, che costituisce il sistema di chiusura principale, è caratterizzato da un volume capace di accogliere tasche piatte e velcrate, attead accogliere serbatoi di varie armi.

coLorsCoyote Brown, Olive Green, Ranger Green,Black and CRYE

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L.R.R.v. - LONG RANGE RECOM vEST

Vest di grande capacità a tasche fisse. Struttura principale in rete, tasche in tessuto ad alta tenacità 1000D.Sistema di regolazione su spalle e fianchi.

caratteristiche• 4 tasche porta serbatoi (4 x 5,56 NATO)• 2 tasche logistiche 2L / MINIMI• 2 tasche logistiche sul petto• 4 tasche porta bombe• 2 tasche porta fumogeni• 2 tasche logistiche piccole• 2 micro comparti con cerniera• 2 grandi intercapedini con fondina interna• 1 sacca dorsale per idratatore• 2 tasche dorsali piatte in rete

• 1 tasca interna porta documenti• 2 tasche per flashbang• elastici e anelli a d• cinturone amovibile imbottito• tasca porta radio amovibile

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...Quei Pazzi di

Mad Max...TNM ••• 016

FOCuS ON FOCuS ON FOCuS ON FOCuS ON FOCuS ON FOCuS ON FOCuS ON FOCuS ON FOCuS ON FOCuS ON FOCuS ON FOCuS ON

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Questo mese vogliamo approfondire una ben nota e consolidata Azienda italiana, che molti dei nostri lettori conosceranno, non solo grazie alla pubblicità sulle maggiori riviste del settore, ma anche e soprattutto perché avranno acquistato, o saranno in procinto di farlo, alcuni dei loro prodotti. In molti li avranno notati e si saranno fermati a discutere di materiali direttamente con loro, durante le numerose fiere, a cui Mad Max partecipa puntualmente con il proprio stand, sempre ampio e rifornito delle ultime novità targate U.S.A., e non solo!!!! Fedeli al motto “sempre in prima linea”, ci siamo recati direttamente a Roma presso l’headquarters della ditta MAD MAX co. ITALIA dove oltre agli onori di casa, tra una visita agli uffici ed un tour presso i magazzini a guardare e “toccare con mano” i numerosi prodotti, i titolari ci raccontano come nasce la loro “folle” avventura.Tutto ebbe inizio nel 1990 ed in breve tempo l’azienda diventò fornitrice ufficiale della maggior parte dei Reparti Speciali, delle nostre Forze Armate e di Polizia, oltre che di Reparti Stranieri. Questo grazie alla specializzazione in articoli tecnico-tattici; infatti nel 1993, Mad Max rifornisce il contingente italiano dislocato in Somalia per “l’Operazione IBIS” e per la nascente “Direzione Investigativa Antimafia” (DIA). Negli anni a seguire tramite delle gare d’appalto e forniture dirette a Enti Militari, l’azienda raggiungerà una clientela composta da: Guardia di Finanza - Carabinieri - Polizia di Stato - Polizie Locali - Polizia Penitenziaria - Esercito - Marina militare - Aeronautica militare.Altre tappe significative sono l’anno 1997, quando Mad Max diventa distributore ufficiale di materiale Tecnico/Tattico della prestigiosa BLACKHAWK americana ed il 2002, quando inizia a produrre protezioni balistiche in tessuto DYNEEMA su licenza della DSM.Siamo adesso nel 2007 e MAD MAX viene riconosciuta dall’ASP (Armament System and Procedures) come miglior distributore in Italia per i suoi prodotti - Tactical Baton, Spray antiaggressione Key-defender, manette di sicurezza - e ne diventa l’importatore ufficiale. All’inizio del 2009 CARACAL e i Fratelli Tanfoglio scelgono Mad Max come partner nella promozione della nuova pistola, sottolineandone il ruolo primario in Italia nello scenario delle forniture agli Enti Militari e delle Forze dell’Ordine. In buona sostanza, da più di vent’anni sul mercato, una profonda conoscenza dei prodotti e della clientela, unita ad una passione non comune nel lavoro, hanno permesso a questa azienda di ottenere una serie di rappresentanze prestigiose sia italiane che straniere. Infatti molti produttori esteri hanno riconosciuto in MAD MAX co. il partner ideale per introdursi nel mercato e “nel mondo italiano” del Military e del Law Enforcement.

Citiamo ad esempio per un servizio puntuale ai lettori di TNM: ATK - BLACKHAWK PROD. GROUP (Materiale Tecnico tattico - Warrior Wear - USA) ASP (Baton, manette di alta qualità, Spray OC Ket Defender – USA) STARFORCE (Stivaletti militari e di servizio – DE) SNUGPAK (Abbigliamento invernale e tattico – UK) DSM (Dyneema -Tessuti balistici - NL) BOLLE’ (Occhiali tattici - FR) COSMAS (Stivaletti tattici - IT) VERTX (abbigliamento tattico - USA) EAGLE

CREST (Berretti e stemmi personalizzati - USA) HWI GEAR (Guanti operativi – USA) MK TECHONOLOGIES (Materiali antisommossa – DE) TURTLESKIN (Guanti antitaglio - USA). Tutti i prodotti commercializzati possono sono venduti e distribuiti, sia al professionista sia all’appassionato, per mezzo di efficiente struttura capillare che conta una rete di distribuzione di oltre 250 punti vendita su tutto il territorio, (armerie, negozi di soft air e military) raggiunti tramite personale di vendita direttamente in zona, i prodotti cosi sono a disposizione per chi vuole provare e valutare con mano , mentre un sito web e un catalogo di 120 pagine, sono a disposizione per tutti gli utenti che preferiscono ricevere comodamente a casa i propri acquisti.

Concludiamo citando lo staff, ovvero un agguerrito team di professionisti, composto dai Soci fondatori Massimo Zotti e Alessandra Tolomei (nella foto in alto a sinistra a pagina. 16), e dai collaboratori Mina Guerra (amministrazione), Barbara Bernardini (assistenza clienti), Caterina De Rocca (segreteria e web assistant), Roberto Vecchiarelli (responsabile magazzino) ed i Rappresentanti sul territorio Paolo Vecli e Giorgio Vigna; Staff che ci ha accolto presso gli uffici ed i magazzini di Formello, dove si respira un clima di professionalità, cortesia, competenza ed una sana “follia” comune a chi si occupa di questo settore.

LA FORMAZIONE ED IL TRAINING ASP

Una novità importante dal 2008 - con l’arrivo della ditta ASP - MAD MAX co. Italia ha aperto la divisione Training Center ed ha organizzato, prima con l’ausilio di Trainer internazionali stranieri, poi con Trainer italiani selezionati ed appositamente formati dalla casa madre, specifici addestramenti per l’uso del tactical baton e corsi di difesa personale professionale e tecniche di polizia. Referenze importanti sono sicuramente i corsi di formazione per Istruttori ASP - AIC (ASP Instructor Course), inerenti l’utilizzo del Tactical Baton, Tactical Handcuff. organizzati e svolti presso: Esercito Italiano, Guardia di Finanza, Ministero dell’interno, Polizia Penitenziaria, Polizia di Stato, Carabinieri.

Ci comunicano che è stato programmato e sono aperte le iscrizioni, per gli ultimi posti disponibili, al corso AIC nelle date del 16-18 ottobre 2011 che verrà svolto presso le strutture del Centro Sportivo FIDIA di Cesano (Roma) ed esclusivamente riservato ad Operatori delle Forze dell’Ordine in servizio attivo.

MAD MAX co. ItaliaVia degli Olmetti 44/A-B5 00060 Formello ( RM )Tel/fax 063326.5464/[email protected]

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Decreto Legge 107…

AvAnti tuttACon l’approvazione del Decreto Legge 107 del 12 Luglio 2011, il nostro Paese compie un balzo in avanti di fondamentale importanza nell’utilizzo della risorsa armata in difesa di interessi commerciali. Ritengo che non si tratti più di riconoscere l’utilità, in termini di deterrenza, di una Guardia Particolare Giurata di fronte all’ingresso di una banca, come neanche di applicare il principio dell’utilizzo di risorse di sicurezza sussidiaria in ambito aeroportuale. Il passaggio fondamentale, quello che rende la decisione del legislatore diversa da tutte le altre che l’hanno preceduta nel nostro settore di competenza, sta nel riconoscimento dello stato di necessità nel quale si trovano da anni gli armatori e nella volontà di permettere loro di esercitare il diritto alla legittima difesa, ricorrendo all’utilizzo di risorse reperibili nel libero mercato. Nel nostro paese che è quello, sarà bene ricordarlo, del TULPS (Testo Unico Leggi di Pubblica Sicurezza) datato 1931, si è promulgata una legge che norma l’utilizzo di veri e propri security contractors, alla stregua di quanto da anni accade in paesi europei a noi molto vicini. Non mi sembra un passaggio marginale! Ora forse, sarà bene fare un po’ di chiarezza in merito al come ed al perché. Saranno, come più volte presagito dal sottoscritto, gli Istituti di Vigilanza a provvedere alla fornitura di questo genere di servizi, con buona pace dei titolari delle cosiddette “agenzie di sicurezza” che, forse ingenuamente, immaginavano potesse esserci finalmente lavoro, alla luce del sole, per i prossimi 20 anni. Inutile sottolineare come fosse impensabile che lo Stato decidesse di aprire il mercato, in un settore tanto delicato ed intrinsecamente pericoloso, a tutti coloro i quali si occupano, a vario titolo, di sicurezza. Il settore, sarà bene ricordarlo, è lontano anni luce da quello proposto da nazioni nostre alleate, ed è popolato dai soggetti più disparati. Troppo spesso

Di CARLO BiFFANi

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chi decide di offrire servizi nel comparto security e risk-management lo fa proponendo un profilo di se stesso e della sua società, troppo orientato verso attività combat, che frequentemente, ritiene di essere in grado di offrire solo per aver frequentato qualche corso od aver fatto un anno o due di attività in divisa. In quest’ottica, non si può minimamente dar torto a chi abbia deciso di muoversi e “normare”, in linea con i principi sanciti dal Testo Unico, che sia detto chiaramente, andrebbe certamente adeguato ad una serie di esigenze attuali, che non potevano essere neppure lontanamente immaginate negli anni 30, quando vi si mise mano per la prima volta. Si è percorsa l’unica strada possibile copiando, in buona sostanza, il modello spagnolo, che in materia di contrasto alla pirateria ha già dato eccellenti risultati. Ora la parola passerà al mercato, come è giusto che sia in una democrazia ed in un paese moderno, ma in attesa del regolamento che sancirà le modalità attuative della legge, per quanto sta agli Istituti di Vigilanza, ho ritenuto opportuno farmi e farci alcune domande.Il decreto legge appena approvato sancisce l’obbligo da parte degli armatori che intendessero difendersi, di rivolgersi prima alla risorsa pubblica, ovvero alla MM e poi, qualora avessero ricevuto un diniego, dà loro la possibilità di attingere dai servizi proposti da privati. A questo punto, credo valga la pena concentraci sui numeri. Secondo Confitarma, la Confederazione italiana degli Armatori, le navi che battono bandiera italiana che attraversano quel tratto di mare sono 900 l’anno ovvero 3.3 al giorno. Lo Stato Maggiore della Marina Militare, ha già fatto sapere che il reparto individuato come il più idoneo allo svolgimento di questi servizi è il Reggimento S. Marco ed ha fatto circolare numeri in merito alla quantità di personale inquadrato in quel reparto, disponibile per l’attività in oggetto: numero oscillante fra le 60 e le 100 unità. La composizione dei team che intenderebbero proporre è di 6 operatori. Mediamente il tratto di mare da coprire in termini di giorni di navigazione in zona di pericolo è compreso fra i sei ed i dieci. Credo risulti evidente il fatto che, se su ognuna delle navi che necessitano del servizio di protezione si imbarcassero 6 uomini in divisa, in un solo giorno, ne sarebbero impiegati 18, e conseguentemente, i 100 messi a disposizione dallo SMM, finirebbero in meno di 6 giorni.Ma veniamo ad un altro punto. Nel decreto legge si fa preciso riferimento al

fatto che anche altri reparti della FFAA possano concorrere allo svolgimento del servizio. Se conosco anche solo un poco le logiche che muovono l’uomo, sono pronto a scommettere sul fatto che tutti si lanceranno nel business. Ci sono soldi da guadagnare, televisioni dalle quali ottenere inquadrature, ribalta internazionale e visibilità. Volete che questo possa essere lasciato nelle sole mani del S. Marco e degli Istituti di Vigilanza? Temo che la torta faccia gola a troppi pretendenti e che la sua spartizione rappresenti un “bottino” di primaria importanza, perché vi possano partecipare solo pochi competitors. A questo aspetto puramente remunerativo ed ad una valutazione di tipo meramente speculativo, aggiungete anche il fatto che nel nostro Paese, da sempre, vige l’errata convinzione che quando si discute di sicurezza, gli unici titolati a parlarne siano gli uomini delle FFAA e dell’Ordine e che tutto il resto della compagine civile e commerciale, rappresenti una sorta di sottoprodotto del quale diffidare e dal quale stare più lontani possibile. Ho già accennato, in quest’articolo, alle lacune del nostro vituperato settore, ma non possiamo dimenticare che esistono realtà composte da professionisti che da anni sono impegnati in attività, fra le più disparate e bisognerebbe dar loro modo di esprimere ancora meglio le potenzialità di un settore che, se pur ancora in via di sviluppo, sa produrre eccellenze che potrebbero e dovrebbero essere agevolate nel loro processo di crescita.

Mi sono poi fatto delle domande, rispetto alle quali sarebbe importante ricevere risposte sollecite.

• Se i players saranno di due tipi, ovvero commerciale e militare, quali regole dovranno essere emanate affinché non vi sia, già in partenza, il prevalere di una categoria ai danni dell’altra? Il legislatore terrà conto di tutti gli aspetti che sancirebbero pari dignità e principi d’eguaglianza fra i competitors? Un solo esempio: se il player militare potrà contare su basi ed accordi con i paesi frontalieri e potrà muoversi in maniera snella nel trasporto delle armi, come si pensa di favorire gli Istituti di Vigilanza in tal senso? Personalmente mi augurerei che si sottoscrivessero accordi diplomatici e commerciali con i paesi interessati, tali da evitare che debbano essere gli stessi Istituti di Vigilanza a doversi muovere autonomamente. Una soluzione che non

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tenesse conto di tali difficoltà genererebbe infatti lungaggini burocratiche e perdite di tempo che danneggerebbero gravemente il comparto della sicurezza privata.

• Se l’offerta di servizi sarà allargata a tutti gli attori aventi i requisiti, cosa potrà impedire ad una società di security di altro paese di svolgere servizi di protezione nei confronti di un assetto di rilevanza strategica nazionale? Assisteremo forse ad episodi nei quali un team israeliano proteggerà una petroliera italiana nel passaggio in acque prospicienti un paese a fortissima connotazione mussulmana? E questo, aggiungerebbe o toglierebbe rischio alla missione?

• Come potrebbe un team privato essere competitivo, rispetto ad uno pubblico, se i suoi operatori non dovessero essere dislocati in basi nell’area, se non gli fosse data la stessa possibilità in termini di armamento utilizzabile per un corretto ed adeguato svolgimento del servizio e se non potesse utilizzare lo stesso protocollo operativo? Il personale di un Istituto di Vigilanza potrebbe utilizzare armi dello stesso calibro di quelle utilizzate dai militari ed in caso positivo, quanto tempo occorrerebbe per

raggiungere uno standard operativo accettabile nell’uso corretto di quelle armi? Chi certificherebbe il personale privato? Forse gli stessi uomini delle FFAA che sarebbero sul fronte opposto dal punto di vista della dinamica commerciale?

In ultimo due considerazioni. La prima riguarda il fatto che, in materia di armi e di diritto internazionale, le cose si possono complicare tanto da poter generare incidenti diplomatici. Forse non tutti sanno che nel recente passato alcuni operatori di nazionalità inglese, dipendenti di una PSC, hanno trascorso sei mesi nelle galere Etiopi, per via di una errata trascrizione sui documenti di carico riguardo il calibro delle armi in dotazione con le quali erano transitati in quel paese.

La seconda riflessione riguarda invece il fatto che il reparto che avvicenderà la Folgore in Afghanistan entro breve, sarà proprio il S. Marco. In tutta onestà, faccio fatica ad immaginare che vi sia un numero sufficiente di uomini per ottemperare ad entrambe le necessità, senza che si generi qualche serio mal di pancia.

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POLICE FORCE COMBAT PSYCHOLOGY POLICE FORCE COMBAT PSYCHOLOGY POLICE FORCE COMBAT PSYCHOLOGY POLICE FORCE

Marco Strano è Direttore Tecnico Capo (Psicologo) della Polizia di Stato, Dirigente nazionale della CONSAP e Direttore Scientifico dell’ICAA (www.criminologia.org)

di Marco Strano

LA GESTIONE DELLO

STRESSIN ATTIVITÀ OPERATIVA

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Lo stress, soprattutto se proveniente da più fonti in contemporanea, incide sui processi di pensiero dell’individuo che progressivamente diviene meno efficace in azione, non riesce a pensare ed avverte disagio fisico, che cresce lentamente, fino a raggiungere la soglia del “discontrollo”. Lo stress, entro certi limiti ed in alcune tipologie di soggetti, può però provocare l’effetto opposto ed incidere positivamente sui processi di pensiero, attivando aree cerebrali normalmente sopite ed il pensiero del soggetto diviene progressivamente più lucido ed efficace nella progettazione e nell’esecuzione di compiti complessi. Sono in atto delle ricerche da parte dell’ICAA che impiegano sperimentalmente simulazioni di combattimento con armi softair insieme all’inoculazione di varie forme controllate di stress. Obiettivo è misurare le reazioni degli individui che appartengono a categorie professionali a rischio quando si trovano in contesti multistress e progettare percorsi di training funzionale. Le prime ricerche scientifiche “pionieristiche” hanno mostrato che le persone, quando sono sottoposte ad una certa quantità di “pressione” dall’ambiente circostante, perdono, oppure acquisiscono, lucidità. Operare con equipaggiamento scadente o incompleto può rappresentare un fattore in grado di produrre un alto livello di stress. Progettare con cura l’equipaggiamento costituisce quindi uno dei primi correttivi allo stress degli operatori di polizia/security.

Premessa

La Psicologia del combattimento studia in prevalenza le reazioni umane a forme di stress acuto, in particolare ad un’intensa paura. Quando lo stimolo stressante è improvviso e fortissimo, molti uomini, riescono di solito a fare solo due cose: fuggire o combattere furiosamente. A volte nemmeno quello e si paralizzano sperando in un miracolo (effetto freezing) come fanno le volpi che quando vengono “puntate” dai fari di un’auto si bloccano e purtroppo, vengono molto spesso investite ed uccise. E meno male che si dice “furbo come una volpe”. Ma l’organismo umano reagisce anche quando viene esposto a forme più lente e prolungate di stress e mostra delle modifiche nella capacità di realizzare pensieri complessi, nel cosiddetto problem solving. Frasi tipo “c’è troppo rumore e non riesco a pensare” oppure “fa troppo caldo e non riesco a concentrarmi” sono di uso comune e già intuitivamente indicano come lo stress, oltre che sulla percezione e sulle reazioni istintive, possa incidere profondamente anche sulla capacità di pensiero complesso degli individui.

Police Force combat Psychology research Project

Il nostro interesse è rivolto, da qualche anno, alla ricerca scientifica sulla gestione dello stress nel corso di attività operative e sulla capacità dell’individuo, che opera in ambito police force e security, di risolvere in maniera lucida ed efficace, eventuali “complicazioni” professionali

anche quando è sottoposto ad una serie di sollecitazioni fisiche ed emotive. Presso l’International Crime Analysis Association, l’associazione di ricercatori internazionali di cui sono direttore scientifico, è attivo da qualche anno un progetto di studio denominato “Police Force Combat Psychology”, condotto da un’equipe multidisciplinare (psicologica, medica e tecnologica) che studia le reazioni allo stress degli operatori di polizia, degli addetti alla security e dei militari sia in contesti simulati (di laboratorio) che in situazioni operative reali. L’obiettivo applicativo dello studio è quello di progettare percorsi di training per migliorare le performance del personale, ma anche tecnologie speciali in grado di ridurre alcune sollecitazioni tipiche delle professioni che possono prevedere forme più o meno cruente di combattimento. Ma partiamo da un contesto reale per descrivere lo sviluppo della ricerca dell’ICAA.

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POLICE FORCE COMBAT PSYCHOLOGY POLICE FORCE COMBAT PSYCHOLOGY POLICE FORCE COMBAT PSYCHOLOGY POLICE FORCE

“ ...Sto effettuando un servizio di pattuglia a piedi in un’area boschiva.. Come un idiota non ho portato i guanti e quando sposto i rovi per avanzare mi entrano le spine nelle mani. Fa caldo umido e mi cola il sudore sugli occhi.. Dobbiamo mantenere addosso il giubbotto antiproiettile perché siamo in territorio ostile. Una sensazione fastidiosa. Gli scarponcini tattici sono nuovi e fanno ancora un po’ male. L’acqua della borraccia è diventata calda ed ha un saporaccio. Il nostro comandante mostra di non avere le idee chiare. Ci da un ordine, poi ci ripensa e dà disposizioni opposte. Sono almeno quattro ore che andiamo avanti così. Siamo coscienti di poter essere attaccati dal fuoco nemico in qualsiasi momento. Vorrei fumare ma non si può. Ho anche il terrore d’incontrare un serpente nella boscaglia. Odio i serpenti, mi fanno paura.. (TWITTER-2011)”Dal “twitter” di questo soldato che opera in Afghanistan si può evincere che nello stesso contesto l’uomo è sottoposto a forme di stress diversificate, alcune delle quali possono sembrare banali rispetto alla paura d’incontrare il nemico e di essere uccisi in combattimento, ma non è proprio così. Un’analisi approfondita del racconto fa emergere la presenza contemporanea di molte forme di stress che possono giungere in una fase operativa. Alla scontata paura di rimanere ferito in combattimento, o addirittura di morire, si sommano infatti altre sollecitazioni stressanti, apparentemente più banali ma che, unite alle altre, possono far raggiungere più rapidamente una fase di “crisi” d’efficienza. E’ oramai assodato da numerosi studi scientifici che l’individuo è in grado di sopportare una certa quantità di stress, indipendentemente dalla sua origine, poi il suo equilibrio psico-fisico “si rompe” e la sua capacità di performance su base logica tendenzialmente si modifica. Le varie forme di stress tendono infatti a sommarsi tra loro

fino ad “incidere” sulla capacità di pensiero logico da parte dell’individuo e sull’efficacia di un’eventuale reazione. In altri termini, l’organismo è una sorta di contenitore per le sollecitazioni stressanti di varia origine che, quando raggiungono una certo livello, cominciano a farlo funzionare in maniera alterata. La neocorteccia (cerebrale), sede del pensiero razionale, comincia a limitare la sua azione, a favore di altre parti più istintive del cervello, fino a giungere ad una sorta di cortocircuito. Nella tabella (1) che segue sono elencati alcuni classici fattori fisici e psicologici stressanti per un combattente o per un operatore della security.

la gestione dello stress è utile a varie categorie ProFessionali

Il concetto di attività operativa è comunque molto ampio. Tendenzialmente si tratta di scenari con presenza di forme diversificate di rischio, necessità di gestione rapida dell’imprevisto, necessità di comunicare in maniera efficace soprattutto in caso di operazione in team. Scenari che evidentemente non sono ad unico appannaggio dei “combattenti”. Un Avvocato che si trova in un’aula di tribunale nel mese di luglio, senza aria condizionata, percepisce che il giudice è ostile nei confronti del suo assistito, si accorge di aver dimenticato a casa un documento importante e prova una certa difficoltà a leggere con la luce al neon poco potente e dulcis in fundo, ha la batteria del telefonino scarica (e non ha con se il caricabatterie ovviamente). Un simile scenario definisce almeno due forme di stress fisico (temperatura e difficoltà visiva) e tre forme di stress psicologico (presunta ostilità del giudice, senso di colpa per la dimenticanza del documento ed impossibilità di chiedere aiuto). Una condizione multistress che potrebbe far perdere di lucidità il soggetto. Vogliamo quindi sgombrare il campo dall’idea che solo le professioni militari, della sicurezza e della polizia possono trovare giovamento nella capacità di ridurre/gestire lo stress in ambito professionale. Stimoli stressanti eccessivi e sommati tra loro si riscontrano in numerosi contesti lavorativi ed in tutti i casi modificano, negli individui, lo stile di pensiero e la sua efficacia. Non è un caso che ai corsi sperimentali dell’ICAA in “gestione dello stress in attività operativa” si ritrovano sovente, a fianco di militari, police officers e security operators, anche Avvocati, esperti di sicurezza Informatica, psicologi, managers ed altri professionisti.

la metodologia di ricerca aPPlicata

Al centro del metodo di studio applicato dall’equipe dell’ICAA c’è il tentativo di verificare le alterazioni della capacità di problem solving, di concentrazione, di manualità a seguito d’inoculazione controllata di varie

tabella 1

Fattori Fisici

•Temperatura esterna (caldo/freddo)•Rumore•Peso dell’equipaggiamento•Dolore fisico (anche se leggero ma prolungato nel

tempo)•Sensazioni cutanee fastidiose (prurito, insetti)•Sete / fame

Fattori Psicologici

•Emozioni (paura di morire, rabbia, frustrazioni, amore, ecc.)

•Elevato coefficiente d’imprevedibilità del contesto•Contraddittorietà degli ordini ricevuti•Assenza o inefficacia delle comunicazioni tattiche

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forme di stress. Negli esperimenti avviene inizialmente una misurazione delle abilità basiche del soggetto in situazione di “quiete relativa”, attraverso alcune prove che valutano la capacità di concentrazione, la capacità di eseguire compiti complessi e la capacità di memoria. Le abilità misurate sono state standardizzate e pubblicate dall’ICAA in una tabella (2) per consentire ad altri studiosi la riproducibilità dell’esperimento. L’utilizzo del tiro con armi softair fornisce buone indicazioni riducendo al minimo i rischi e i problemi burocratici connessi all’uso di armi vere. La somministrazione di test d’intelligenza e di memoria, appositamente costruiti dai ricercatori dell’ICAA, si è rivelata molto interessante e consente di determinare uno specifico “punteggio” del soggetto. Le abilità vengono misurate prima e dopo l’inoculazione controllata di varie forme di stress (fisico, psicologico/emotivo e percettivo/cognitivo), che riproducono alcune delle sollecitazioni classiche che, un operatore di polizia, un operatore della security o un militare può subire durante la sua attività operativa. Anche le sollecitazioni applicate sono state standardizzate e pubblicate dall’ICAA in una tabella (3) per consentire ad altri studiosi la riproducibilità dell’esperimento.Le varie forme d’inoculazione di stress sono state studiate per non creare rischi per la salute, od un disagio grave, in coloro che si sottopongono alle prove. Singolarmente,

come si può notare, non rappresentano un elemento particolarmente “fastidioso” ma somministrate contemporaneamente, raggiungono lo scopo prefissato: impediscono di pensare. I dati raccolti dai ricercatori dell’ICAA vengono poi inseriti con pazienza in un software statistico che consente delle elaborazioni scientifiche complesse. Attualmente è stato studiato un campione pilota di 100 soggetti appartenenti in larga parte al mondo della security e delle forze di polizia. I risultati sono in corso di analisi e sono ancora incerti. Quello che già si può affermare con certezza è che lo stress incide, sempre e comunque, sulla capacità di pensare, di decidere, di trovare rapidamente una soluzione ad un problema operativo. Ma incide sempre e comunque negativamente? Apparentemente no. Sembrerebbero infatti emergere due tipologie di soggetti, aventi diverse modalità di risposta ai contesti multistressanti.

tabella 2 e 3

tabella icaa delle Forme di stress inoculate

stress Fisico

•Esercizio aerobico (3 minuti di corsa)•breve esposizione caldo / freddo (5 min)•Leggerissimo dolore fisico permanente (ottenuto

con una molletta di legno che esercita una leggera pressione al dito)

stress Psicologico/emotivo

•Ordini per eseguire compiti volutamente contraddittori

•Induzione alla competizione (nel tiro mirato)•Aggressività verbale dei ricercatori•Mettere fretta nelle prove a tempo•Imboscata durante una simulazione di

combattimento softair a squadre

stress Percettivo/cognitivo

•Camminare per 5 minuti ad occhi bendati in un uno spazio con ostacoli imprevisti;

•Permanere per 5 minuti in un luogo con luce negli occhi, forti rumori in cuffia ed odore cattivo (chimico)

tabella icaa delle abilità misurate

•Manualità, concentrazione e controllo della respirazione (punteggio nel tiro mirato di 10 colpi a 12 metri con arma lunga softair);

•Esecuzione di compiti complessi (punteggio nei test di intelligenza e problem solving ed osservazione da parte del team di Psicologi);

•Capacità mnemonica (punteggio nei test di evocazione di stimoli visivi – oggetti e sequenze numeriche mostrate al soggetto).

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diversi ProFili di reazione allo stress

Le prime risultanze delle ricerche sulla “combat psychology” stanno delineando due diversi profili d’individui che reagiscono in maniera diversa ai contesti multistress:Un profilo di un individuo (type 1) che pensa ed agisce con efficacia (riesce a risolvere problemi complessi) solo in situazione di quiete e che, mano a mano che gli stressor aumentano, perde progressivamente la sua capacità di pensiero logico complesso e la capacità di affrontare e risolvere lucidamente situazioni critiche fino a giungere (lentamente) all’inefficienza totale rispetto al compito. In questi soggetti anche la manualità e la capacità di concentrazione perdono progressivamente d’efficacia e si possono inoltre riscontrare evidenti sintomi d’ansia, a volte già all’inizio della prova. Un secondo profilo (type 2) definisce invece una tipologia di soggetti praticamente opposta alla prima, per quanto riguarda le reazioni progressive allo stress. Si tratta di soggetti che, in fase di quiete, possono apparire poco reattivi ed addirittura svogliati. Questi individui per poter esprimere le loro potenzialità di problem solving e di operatività hanno bisogno di un livello medio-alto di sollecitazione stressante. Tendono ad avere una performance non brillante in condizione di poco stress ed hanno, viceversa, bisogno di una forte sollecitazione per funzionare bene e concentrarsi. Persone che migliorano quindi sensibilmente la loro efficacia mentale (e spesso anche la loro coordinazione motoria) quando vengono stressati, ovviamente entro un certo limite. Poi però giunti alla fase critica (che può variare da un individuo all’altro)

”crollano” rapidamente e a volte senza preavviso.E’ comunque difficile trovare individui che appartengano in maniera netta ed inequivocabile ad uno dei due profili. La maggior parte delle persone sono infatti disposte su un continuum che va da un estremo all’altro. La definizione corretta dovrebbe quindi essere “tendente a type 1” o “tendente a type 2”. Non siamo inoltre in grado di dire con certezza quale dei due profili sia più adatto all’attività operativa ma è fondamentale che i professionisti della sicurezza sappiano a quale tipologia appartengono (si avvicinano) per poter controllare le loro debolezze e sfruttare al meglio le loro risorse. Intuitivamente, i soggetti che sotto stress migliorano la loro performance, potrebbero essere più adatti a compiti operativi ma il repentino crollo “rapido e senza preavviso” potrebbe essere pericoloso in operazioni che si prolungano nel tempo. Allo stesso modo, le reazioni di chi soffre particolarmente i contesti multistress, possono essere corrette con il training mirato e con una pianificazione particolarmente accurata dell’operazione. Quello che è assolutamente certo è che per entrambe le tipologie d’individui, la conoscenza anticipata delle proprie reazioni allo stress e l’acquisizione di tecniche psicologiche che riducono il disagio sono dei fattori importantissimi che migliorano le risorse individuali e la conseguente performance.

il training come soluzione Per gestire lo stress

Come mai individui appartenenti ad alcune categorie professionali riescono ad operare con efficacia (pensare, agire, coordinarsi, risolvere problemi ecc.) anche mentre sono sottoposti a fonti di stress che per un soggetto “normale” sarebbero impossibili da sopportare? Si tratta di super uomini? No, si tratta semplicemente di uomini equilibrati, addestrati e dotati di equipaggiamento idoneo. Nei professionisti preparati, gradualmente e con il tempo, anche le sollecitazioni forti fanno sempre meno effetto e l’individuo produce reazioni funzionali. In questo anche la natura (la fisiologia umana) aiuta molto. Esponendo ad esempio una persona ad un rumore forte, la sua soglia di percezione acustica, in pochi minuti, progressivamente, si abbassa. Si tratta di un meccanismo di difesa innata di tutti gli esseri viventi finalizzato a preservare la mente. Si può comunque accelerare e stabilizzare questo processo di desensibilizzazione spontaneo, inoculando forme controllate di stress, con ritmi e metodi studiati da specialisti. L’individuo, mediante questi special training, con il tempo, impara a gestire lo stimolo fastidioso ed a rispondere in maniera accettabile. Normalmente le forme di stress vengono classificate come evitabili (contenibili con soluzioni tecnologiche ed organizzative) ed inevitabili (insite nella funzione dell’individuo). Per quest’ultimo tipo di stress, quello inevitabile poiché insito nell’attività professionale, l’unica soluzione è quindi il training mirato, sia di tipo tecnico sia di tipo psicologico. Un Vigile del fuoco non può certamente eliminare gli incendi o starne alla larga, ma può con l’addestramento e con il tempo, abituarsi a gestire la situazione e di conseguenza a vivere

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in maniera meno stressante e più accettabile lo stimolo. In gergo tecnico si dice “desensibilizzarsi”. Nei corsi ICAA sulla gestione dello stress, ad esempio, viene richiesto ai partecipanti di effettuare semplici esercizi di manualità e di pensiero (tiro soft air e test d’intelligenza), alternativamente in quiete (relativa) e sotto stress “estremo”. Per prima cosa, i partecipanti a questi stage formativi, riescono ad incrementare la consapevolezza delle proprie reazioni psicomotorie e comportamentali sotto stress (capacità anticipatoria). In secondo luogo (seguiti dagli psicologi) possono comprendere a quale profilo/tipologia appartengano. Se la loro mente ha bisogno di quiete per esprimersi al massimo (type 1) o se funziona meglio quando va “sotto pressione” (type 2). Nel corso del training sperimentano l’aumento o la diminuzione della loro efficacia di pensiero in base alla quantità di stress “artificiale” che subiscono. Infine apprendono alcune semplici tecniche di rilassamento, utilizzabili anche in fase operativa, alcune tecniche di pensiero positivo e funzionale e le strategie di comunicazione efficace quando operano in team. L’efficacia del training per migliorare le risposte ai contesti multistress è sovente subito apprezzabile dai partecipanti. Già in una giornata di corso, infatti, dopo un ciclo di 5-6 inoculazioni controllate di stress, i soggetti sperimentano una piccola desensibilizzazione ed il minore effetto degli stimoli stressanti sulla loro efficienza psicofisica e sulla capacità di problem solving. Naturalmente l’obiettivo è quello di convincerli a sottoporsi, in seguito, ad un addestramento

sistematico e costante per incidere positivamente su questo aspetto della loro professionalità.

organizzazione, equiPaggiamento e contenimento dello stress

Ancor prima del training, la prima soluzione da parte del professionista, è però quella di ridurre alcune fonti di stress fisico con una buona organizzazione. Non si può eliminare la paura del nemico (anzi, è sicuramente un fattore salutare) ma si può certamente eliminare lo stress legato ad un equipaggiamento scadente o semplicemente incompleto. L’utilizzo di strumentazioni ed oggetti che riducono le sollecitazioni fisico-climatiche, il preservare l’organismo da escursioni termiche eccessive, l’utilizzo di contenitori che conservino l’acqua potabile con sapore e temperatura gradevole, calzature comode ed accessori protettivi, zaini e buffetteria leggeri e resistenti, riduzione del peso globale dell’equipaggiamento, sono solo alcuni esempi delle soluzioni che abbattono drasticamente lo stress-level dell’operatore sul campo. Lo studio del coefficiente ergonomico dell’equipaggiamento, rappresenta quindi un’attività organizzativa strettamente connessa all’efficace riduzione dello stress e quindi alla Psicologia del combattimento.

Si ringrazia l’associazione Tactical Gun per le attrezzature e per la partecipazione dei loro istruttori ai nostri corsi.

Dario De Vito tutor ICAA Marco Campilani tutor ICAA

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Pattuglia APU in una zona di foresta particolarmente fitta

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RSDRhiNo SecuRiTy DeTail

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RepoRT FRoM RepoRT FRoM RepoRT FRoM RepoRT FRoM RepoRT FRoM RepoRT FRoM RepoRT FRoM RepoRT FRoM RepoRT FRoM

Di anDrea totolo

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maciullate. Mentre la preda ferita cerca di rialzarsi, le spaccano la spina dorsale con una serie di brutali colpi d’ascia. Mentre l’animale in fin di vita schiuma per il dolore i bracconieri asportano con una sega il corno del rinoceronte. Spesso la parte anteriore del muso viene amputata per fare più in fretta.Ogni giorno questa scena si ripete uguale: 333 Rinoceronti sono stati massacrati nel 2010 ed oltre 100 solo nei primi 3 mesi del 2011, confermando l’aumento esponenziale negli ultimi anni della caccia di frodo al rinoceronte. La cosa più sconvolgente sono le ragioni di una simile mattanza: la più pressante richiesta di questo prodotto arriva dall’estremo oriente, in Cina ed in Vietnam la medicina tradizionale ritiene il corno di rinoceronte un portentoso rimedio per svariate malattie. Tuttavia, molteplici ricerche hanno più volte evidenziato che tale corno non è altro che un tessuto cheratinoso pressoché uguale a quello

Tre uomini armati di AK47 lasciano le loro abitazioni prima che sorga il sole, diretti in una zona di foresta che conoscono molto bene. Dopo averne seguito le tracce per circa un’ora avvistano il loro obiettivo: a circa 100 metri una femmina di rinoceronte con il suo cucciolo. Il vento favorevole consente loro di avvicinarsi senza essere individuati dall’animale, la cui capacità visiva è assai limitata. Giunti ad una distanza che consente loro di prendere la mira tra la fitta vegetazione africana, i bracconieri, esplodono alcuni colpi alle zampe del pachiderma, rendendole impossibile la fuga. Il piccolo, come accade spesso, rimane vicino alla madre ferita cercando di proteggerla e viene falciato da una raffica di 7.62 X 39. Il cucciolo non ha ancora sviluppato il prezioso corno, ma intralcerebbe e rallenterebbe il lavoro. Si avvicinano rapidamente all’animale immobilizzato, che si lamenta per le zampe

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Operatore APU in addestramento con gibernaggio pettorale donato dall’Associazione Italiana Esperti d’Africa

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delle unghie umane e pertanto completamente privo di alcuna funzione medicale. Fortunatamente la richiesta di corni di rinoceronte è in forte diminuzione dalloYemen, dove tradizionalmente era utilizzato per fabbricare i coltelli cerimoniali “jambiya“. Organizzazioni criminali molto efficienti, con la connivenza delle istituzioni locali, contrabbandano animali rari o parti di essi: è questo il quarto traffico illegale al mondo per volume d’affari dopo droga, armi e prostituzione. I livelli più bassi della piramide di queste organizzazioni sono normalmente costituiti da cacciatori di frodo locali. Le armi utilizzate in prevalenza sono fucili, pali appuntiti, reti e trappole. Tra di esse alcune, come gli “snares” costruiti con cappi di metallo che si restringono fino a lacerare la carne, portano ad una lenta e tremenda morte. Chiaramente, le trappole uccidono indistintamente: siano essi elefanti o ghepardi, antilopi o giraffe. Migliaia di animali

muoiono così, ma nel 70% dei casi la carcassa non viene nemmeno recuperata. I livelli più elevati delle organizzazioni sono invece occupati da ricchi imprenditori o da politici spregiudicati che, fiutando la possibilità di un facile guadagno, assoldano cacciatori professionisti mercenari, dotandoli anche d’imbarcazioni ed elicotteri. Ma quanto vale la vita di un rinoceronte? I bracconieri autoctoni a volte si accontentano di poche centinaia di dollari per ammazzare un esemplare, ma, a causa della forte richiesta cinese e vietnamita, un chilogrammo di corno di rinoceronte arriva a costare fino a 60.000$ al consumatore finale: ovvero circa 350.000$ per un corno di medie dimensioni. I rinoceronti sono diventati il simbolo di un macabro commercio che interessa anche molte altre specie animali. Ad esempio gli elefanti, il cui avorio è ancora richiestissimo in Cina per fabbricare stampi e timbri; le tigri, decimate tanto per le pellicce quanto per le viscere e le ossa, dotate di poteri curativi secondo la medicina tradizionale cinese. Neanche il più nobile simbolo del continente africano è immune da caccia indiscriminata, trappole e deforestazione: oggi il CITES, l’organo internazionale preposto al monitoraggio della flora e della fauna, ha incluso il leone nella lista degli animali a rischio d’estinzione. Alcuni stati africani, come Kenya, Botswana, Namibia, Zimbabwe, e con alcune limitazioni la Repubblica Sudafricana, si sono attivati concretamente per lotta al bracconaggio, con l’impiego di personale specializzato. Sono le “AntiPoaching Units”: squadre di rangers specializzati a volte composte da ex-militari. Le attività svolte dalle APU sono

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INFORMATION BASED ON THE PRESENTED BY THE NATIONAL WILDLIFE CRIME REACTION UNIT

LEVEL 5INTERNATIONAL

CONSUMERBUYER

LEVEL 4INTERNATIONAL

COURIERS - BUYEREXPORTER

LEVEL 3NATIONAL

COURIERS - BUYEREXPORTER

LEVEL 2LOCAL

POACHING GROUPS - COURIERSBUYER

LEVEL 1PROTECTED AREA/PRIVATE LAND

POACHING INDIVIDUALGROUPS

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in Zimbabwe e presieduta da Damien Mander, gli istruttori PPA si occupano di addestrare al meglio le APU di Kenya, Malawi, Zambia, Namibia e Sudafrica, offrendo servizi personalizzati per le situazioni più difficili da gestire.

Sebbene in Europa il bracconaggio di specie rare sia un mero fenomeno mediatico e pertanto non venga identificato come parte della nostra realtà, in Africa è invece in atto un conflitto vero e proprio, in cui gli interessi di alcuni si scontrano con la determinata voglia di difendere la natura ed il futuro del nostro pianeta. Speriamo che per una volta non sia l’interesse economico ad avere la meglio, ma il senso di responsabilità verso la Natura.

molto varie, sia di prevenzione, sia di deterrenza, sia di intervento operativo. Le prime includono l’inserimento di microchip nei corni dei rinoceronti per il monitoraggio degli esemplari e l’eventuale cattura dei bracconieri; il taglio preventivo del corno senza danni per l’animale (questa tecnica però è risultata talvolta inefficace poiché i bracconieri, dopo aver seguito per ore le tracce di un esemplare, non esitano ad abbatterlo comunque per non incappare nuovamente in esemplari privi di corno); la ricerca e la rimozione di trappole. I compiti di deterrenza riguardano la sorveglianza perimetrale delle riserve e l’allestimento di posti di blocco per il controllo di veicoli sospetti. L’intervento operativo implica l’organizzazione di squadre preposte al pattugliamento intensivo di vaste aree di foresta o savana, in cerca di tracce di bracconieri: quest’ultima attività è certamente la più pericolosa, poiché le severe pene inflitte ai “poachers” colti sul fatto li motivano spesso ad utilizzare le loro armi anche contro i rangers, con esiti letali da entrambe le parti. Per una volta l’Italia riesce a ritagliarsi una piccola fetta nel mercato della sicurezza, sebbene si tratti di un settore poco conosciuto e che gode di finanziamenti spesso inadeguati alle reali necessità: la Poaching Prevention Academy è costituita da un gruppo di operatori esperti, specializzati in materia di antibracconaggio, tra questi spicca il nome di Davide Bomben, già presidente dell’Associazione Italiana Esperti d’Africa. In collaborazione con l’International AntiPoaching Foundation, localizzata

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Gli elefanti, il cui avorio è ancora richiestissimo in Cina per fabbricare stampi e timbri,sono diventati il simbolo di un macabro commercio

Le attività svolte dalle APU sono molto varie, sia di prevenzione, sia di deterrenza, sia di intervento operativo

PAG AR15 ITA 23-03-2011 17:26 Pagina 1

Colori compositi

C M Y CM MY CY CMY K

Via Guido Rossa, 425062 Concesio (Brescia) Italy

Tel. +39 030 8370301Fax +39 030 8360475www.adccustom.com

e.mail:[email protected]

La nostra produzione di carabine offre una vasta scelta, così da soddisfare tutte leesigenze del cliente, dalla configurazione tattica al tiro di precisione.

Tutti i nostri lower e upper sono lavorati dal pieno, da unabilletta di alluminio 7075-T6 e finiti con anodizzazione dura.

LAVORAZIONE BILLETTA

COMPETITION UPPERQuesto nuovo upper sta rivoluzionando il sistema di armamento,aumentando velocità, prestazione e precisione.Ideale per uso tattico e per uso sportivo.

MODELLO BODYGUARD CQB SWAT SPEC. FORCES TACTICAL OPERATOR MARKSMAN TARGETCALIBRO 223 223 223 223 223 223 223 223

LUNG. CANNA 7,5” 10,5” 12,5” 14,5” 16” 18” 20” 24”

TIPO DI CANNA HEAVY HEAVY HEAVY HEAVY HEAVY HEAVY BULL BULL

Arm

i

Da l l e ra Custo

m

Disponibile a breve in calibro 7,62x39 - 308 win.

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Da l l e ra Custo

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E’ stato riscontrato che, anche in ambienti professionali, non viene sempre impiegata la corretta terminologia. Talvolta ciò avviene anche in fase di briefing per spiegare, coordinare, comunicare od ordinare un “qualcosa”. In determinati contesti operativi, soprattutto quelli reali (e quindi non solo d’esercitazione), è invece necessario, se non doveroso, utilizzare espressioni e termini rigorosamente appropriati. L’osservazione potrebbe sembrare un inutile puntiglio od un vezzo accademico, in realtà l’impiego di

un corretto linguaggio operativo “può fare la differenza”, consentendo di evitare fraintendimenti degli ordini e conseguentemente, perdite umane sul campo di battaglia. Inoltre è determinante, per quanto possibilmente perseguibile, attuare una pianificazione che tenga conto anche dei minimi dettagli, in modo tale che l’intero piano operativo sia oggettivamente fattibile ed operativamente attuabile all’interno dei vincoli imposti e di quei rischi comunque ritenuti accettabili. La pianificazione deve

Di Marco BaNDioLi

TACTICAL ASSAULT PLANNING TACTICAL ASSAULT PLANNING TACTICAL ASSAULT PLANNING TACTICAL ASSAULT PLANNING

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risultare rigida, ma flessibile, in modo tale da consentire, al verificarsi di un evento imprevedibile, un certo“margine di manovra”... un’elasticità operativa. Per esperienza vissuta, durante il compimento di una missione, si possono effettivamente verificare situazioni assolutamente non prevedibili che potrebbero anche risultare estremamente penalizzanti per la buona riuscita dell’operazione ancorché studiata e pianificata in modo eccellente. Pertanto è necessario prevedere più opzioni in determinati punti focali,

individuando anche il cosiddetto “punto di non ritorno” (TIme Limit of Abort Mission, TILAM), ovvero quel momento oltre il quale non è più possibile annullare l’operazione.Le piccole “dimenticanze”, riscontrabili dai lettori maggiormente esperti del settore, sono dimenticanze volute, per permettere la pubblicabilità dei temi trattati garantendo, nel contempo, la tutela di informazioni non divulgabili (o presunte tali!).

I TRE LIVELLI: STRATEGICO, OPERATIVO, TATTICO

Tralasciando le responsabilità e le competenze della sfera esclusivamente politica, ovvero del livello “Politico/Strategico” che assegna il compito allo strumento militare, nei paesi occidentali (principalmente per essere allineati alla dottrina della NATO) è uso suddividere le funzioni e le competenze del settore militare in tre livelli di “responsabilità gerarchico-funzionale” (a cui non necessariamente corrisponde uno specifico livello ordinativo di Comando), in modo da poter attribuire ad ogni singolo livello proprie capacità decisionali di comando, di controllo e se richiesto, d’esecuzione. In termini generali, senza entrare in specifici e noiosi dettagli dottrinali, tenendo presente che l’autorità conferita ad ogni singolo livello è commisurata sempre al proprio compito da assolvere, i tre livelli si possono delineare come segue:• Livello Strategico (Strategical/Strategic): è individuato

dalla più alta autorità militare (non necessariamente una persona, ma anche un Comando) che deve tradurre in termini militari quanto è stato stabilito dal livello Politico-Strategico, determinando l’obiettivo che deve essere conseguito in modo tale da far sì che l’azione militare soddisfi appieno sia i requisiti che le finalità del volere politico, compresi i limiti nei quali sarà consentito l’uso della forza. In buona sostanza trasforma il compito politico in compito militare e lo trasmette al Livello Operativo;

• Livello Operativo (Operational/Operative): è individuato dall’autorità militare che è preposta a stabilire gli obiettivi operativi per il conseguimento della missione, emana il Concetto Operativo di pertinenza, stabilisce la consistenza delle forze e le assegna, pianifica ed emana gli ordini relativi al proprio livello di responsabilità attuando le azioni di comando e controllo di pertinenza. Assegna la missione al Livello Tattico;

• Livello Tattico (Tactical/Tactic): è individuato dall’autorità militare che è preposta a pianificare ed a condurre, attraverso la propria attività di comando e controllo o direttamente, l’azione vera e propria “sul campo”. Stabilisce tutti i minimi dettagli dell’operazione e porta a termine la missione.

E’ opportuno sottolineare che anche un’operazione militare limitata nel tempo e condotta con pochi uomini (in un cosiddetto contesto di “conflitto a bassa intensità” (Low

TACTICAL ASSAULT PLANNING TACTICAL ASSAULT PLANNING TACTICAL ASSAULT PLANNING TACTICAL ASSAULT PLANNING

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Intensity Conflict, LIC) deve essere comunque sempre inquadrata nel contesto generale. Infatti, un’operazione seppure gestita a livello di comando tattico può comunque assumere, di fatto, una valenza talmente elevata da essere considerata un’operazione strategica. Naturalmente vi possono essere unità militari o paramilitari che, per motivi di diversa natura (struttura gerarchica, limitata consistenza, ordinamento civile, obiettivi da conseguire, motivi di segretezza, ecc..) non rientrano in una struttura gerarchico-funzionale di tipo classico in cui siano presenti i tre livelli in oggetto. Questo significa che un’unità militare/paramilitare, pur con una consistenza numerica relativamente limitata, considerabile quindi a livello tattico, può avere comunque strutture, risorse, mezzi, equipaggiamento e capacità tali da poter operare anche a livello operativo per conseguire obiettivi strategici, come precedentemente accennato. Al riguardo, a titolo esemplificativo, si possono ricordare importanti Compagnie Militari Private (Private Military Companies, PMCs) che impiegano Contractors e che, pur avendo strutture contenute, conseguono significativi risultati operativi nelle varie tipologie di missioni ad alto rischio.

LA CONSISTENZA DI UN GRUPPO TATTICO

In termini generali, la cosiddetta “Consistenza” di un’unità militare, strano a dirsi, è abbastanza variabile. Ogni nazione stabilisce le strutture ordinativo-organiche delle proprie unità da combattimento (terrestri/navali/aeree – maggiori o minori) sia in relazione a pregressi storico-funzionali che a specifici correnti criteri operativi. Tuttavia, esiste un criterio di riferimento senza il quale non si potrebbe avere un’idea che quantifichi, ancorché di massima, la consistenza. Tale criterio di riferimento è la “Capacità di fuoco” che può sviluppare un’unità da combattimento. Molto tempo addietro, il soldato aveva in dotazione il famoso moschetto che sparava un colpo alla volta e che doveva essere ricaricato per sparare una seconda volta.. il che significava che, per sparare contemporaneamente 100 colpi, ci volevano 100 soldati. Con l’avvento delle armi individuali automatiche, quindi con una capacità di fuoco maggiore, per sparare i soliti 100 colpi non occorrevano più i 100 soldati di prima, ma ne bastavano, magari, solamente 30, perché dotati di fucili mitragliatori. Per tale motivo la compagnia di fanteria aveva ancora 150 uomini mentre la compagnia paracadutisti, a cui erano stati distribuiti i mitra, aveva una consistenza decisamente inferiore. Gli eserciti, pur essendo strutturati in modo molto simile, possono pertanto presentare organici diversi. A titolo indicativo, si può ragionevolmente affermare che, mediamente, una Squadra ha una consistenza che può variare da 5 a 10 uomini, il Plotone 20/50 uomini, la Compagnia 100/200

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TACTICAL ASSAULT PLANNING TACTICAL ASSAULT PLANNING TACTICAL ASSAULT PLANNING TACTICAL ASSAULT PLANNING

Membro del Tactical Assault Group del 4° battaglioneRoyal australian Reggiment ( 4 RAR )

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Il punto di Rilascio si può trovare sia in zona neutrale che in zona ostile o nemica: se il Rilascio avviene già in zona ostile allora inizia ufficialmente la Fase di Infiltrazione.

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uomini (in Cavalleria assume la denominazione di “Squadrone” ed in Artiglieria di “Batteria”), il Battaglione 600/1000 uomini ed a salire, il Reggimento, la Brigata, la Divisione, il Corpo d’Armata, l’Armata. La consistenza di una Forza che si può impiegare a livello tattico spazia quindi dalla Squadra al Battaglione.Consideriamo ora, in termini generici, quello che potrebbe essere l’assolvimento di una missione “tipo” attribuibile ad un’unità tattica di consistenza realmente minima. Un’unità costituita da un numero di uomini che può variare dai 5 a 40 e che, in aderenza a diversi ordinamenti e tipologie di unità militari/paramilitari, può assumere diverse denominazioni quali, ad esempio, Unit, Detachment, Team, Wing, Group o Cadre.

ELEMENTI INIZIALI

Prima di affrontare la pianificazione di una missione “ideale”, che consenta però di esplicitare al meglio i vari concetti operativi, è opportuno fornire degli elementi “teorici” iniziali (quindi modificabili a seconda sia della missione assegnata che delle diverse situazioni e circostanze reali) sui quali avviare tutto il cosiddetto “Processo Decisionale” per la pianificazione della missione in un ipotetico scenario. Si suppone, pertanto, di avere a disposizione un ipotetico Gruppo Tattico paramilitare “Omega”, della consistenza di 18 uomini, dotato di idonei mezzi, equipaggiato, armato ed addestrato per assolvere una serie diversificata di missioni... come ad esempio quella che verrà successivamente illustrata.

ESEMPIO DELLO SVILUPPO DEL PROCESSO DECISIONALE

Il Processo Decisionale che permette l’attivazione di Omega potrebbe configurarsi come segue:Determinazione Politico-Strategica: Bande di criminali e narcotrafficanti continuano a far pervenire una nuova droga sintetica in Europa... nel Paese “Alpha”. E’ giunta l’ora di non permettere più che la cosa accada, impegnandosi con fatti concreti e non solo a parole. Il traffico è da considerarsi come una reale minaccia per la sicurezza nazionale di Alpha, sebbene sia fondamentale che ufficialmente nessuna azione ostile venga intrapresa contro Organizzazioni di narcotrafficanti o contro Nazioni conniventi.Determinazione Politico-Militare: La sicurezza nazionale deve essere garantita. E’ necessario individuare i capi del nuovo traffico clandestino e porre fine, con ogni mezzo, alle loro attività illecite, garantendo contemporaneamente il non coinvolgimento politico e militare di Alpha. Per evitare coinvolgimenti politici dovranno essere impiegate unicamente unità paramilitari. Le unità militari forniranno l’idoneo supporto e protezione a distanza.Determinazione Strategica: Stroncare il nuovo narcotraffico individuandone i Capi e porre in essere tutti quegli accorgimenti ritenuti più opportuni affinché tali individui desistano dalle loro attività criminali senza concedere loro alcuna alternativa. Alpha dovrà risultare estraneo alle azioni intraprese. Attivare un’unità non governativa per risolvere il problema fornendo unicamente supporto militare e protezione non palese.Determinazione Operativa: I Capi del nuovo narcotraffico sono tre e sono stati individuati in un insediamento di

I teams imbarcati su unico velivolo, verranno paracadutati appena raggiunto il Punto di Rilascio per prendere terra nella zona di lancio, il punto d’atterraggio (Drop Point, DP) è considerato quale Punto di Inserzione

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fabbricati e capanne all’interno delle foreste del Lichenistan, dove è stata costituita una base con 30 uomini a sua difesa, dotati di armi individuali e di reparto. In tale base lavorano e dimorano circa 40 persone. Nella base è’ presente una stazione radio ed è stata creata un’area per l’atterraggio ed il decollo di elicotteri. L’area viene utilizzata due volte la settimana per l’arrivo di rifornimenti e viveri. Nelle prossimità sono presenti un fiume navigabile ed una strada sterrata che potrebbero essere ambedue utilizzati per un’eventuale fuga dei trafficanti o per l’arrivo di eventuali loro rinforzi. Le forze regolari proteggeranno e supporteranno con navi, elicotteri ed aerei l’infiltrazione e l’esfiltrazione del Gruppo Tattico denominato “Omega” (unità operativa paramilitare non riconducibile a forze regolari), la cui missione è quella d’effettuare un’“azione diretta” (Direct Action, DA) sull’obiettivo, eliminando i tre capi criminali, la cui presenza nel sedime è prevista per un certo periodo.Determinazione Tattica: il Comando di Omega, ricevuto l’Ordine di Missione, dopo un’attenta valutazione della situazione, pianifica, organizza ed assolve la missione assegnata, adottando quegli specifici criteri dottrinali e di impiego ritenuti più opportuni. L’Ordine di Operazione è a cura del Gruppo Omega (che si desume più avanti tramite le ”Nove fasi dell’incursione”).

STUDIO DELL’OBIETTIVO E PIANIFICAZIONE OPERATIVA

A monte di qualsiasi operazione militare sono necessarie informazioni che siano per quanto possibile aggiornate sull’obiettivo. L’attività con la quale si effettua una ricognizione per raccogliere informazioni sull’obiettivo,

infiltrandosi occultamente in prossimità dell’obiettivo stesso, prende il nome di “Acquisizione Obiettivo”. Inoltre, se il tempo a disposizione lo permette, è estremamente utile che l’obiettivo venga ulteriormente “riverificato” qualche giorno prima dell’azione inviando uno specifico “Nucleo di Ricognizione”.Per inciso, la pianificazione, oltre alla conoscenza dell’obiettivo e delle forze da impiegare per la missione, deve anche tenere conto di quello che si definisce il “Concetto Operativo” (CONcept of OPerationS, CONOPS), ovvero degli intendimenti generici stabiliti dal Comandante responsabile dell’intera operazione per l’assolvimento della missione (“Commanding Officer’s Intent” per Marina/Marines o “Commander’s Intent” per l’Esercito). Il Concetto Operativo consentirà di approntare il “Piano dell’Operazione” (Operation PLAN, OPLAN), stilato applicando sia la dottrina operativa idonea sia le Procedure Operative Consolidate (Standard Operating Procedures, SOP). Infine, al termine di tale processo, viene redatto il documento chiamato “Ordine di Operazione” (OPeration ORDer, OPORD) che rappresenta la promulgazione tattica degli specifici ordini nonché l’atto finale di tutto il Processo Decisionale.Tornando un attimo allo Studio dell’obiettivo, come noto, è necessario anche acquisire fotografie aeree (per la “foto interpretazione”) ed ausilii cartografici di tutte le aree d’interesse quali mappe, carte topografiche, carte geografiche, nautiche ed aeronautiche, nelle scale ritenute più utili, nonché le carte generalmente impiegate dagli elicotteristi per il ”volo a bassa quota” (in quanto molto dettagliate e d’immediato impatto visivo).

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Occorre tenere presente, da subito, l’ambiente orografico dell’intera area di operazioni in cui si svolgerà la missione (mare e sue profondità, spiagge, colline e montagne con relative quote, quote dominanti e pendenze, natura del terreno, tipologie di vegetazione, torrenti, sentieri, fiumi, ecc..), quindi considerare tutto quello che può essere presente in quanto costruito dall’uomo (edifici, case, manufatti, muri, tralicci, strade, ponti, impianti industriali, depositi, centrali di energia, canali, pozzi, tubazioni, acquedotti, ecc..) e quanto è stato messo in opera specificatamente per difendere e proteggere l’obiettivo (muri, recinzioni, cancellate, palizzate, varchi e vie di accesso, illuminazione, sensori attivi e passivi, sistemi di sorveglianza ed allarme, punti d’osservazione, mimetizzazione, accorgimenti di controsorveglianza, centri di fuoco, ostacoli, altane, garitte, camminamenti difensivi, ecc..). In aggiunta a quanto detto si deve considerare la situazione meteorologica e la sua evoluzione (movimento delle perturbazioni e dei fronti, pioggia, mare, vento, neve, sole, temperatura, ecc..), i fattori astronomici del periodo (inizio e fine crepuscolo mattinale e serale, sorgere e tramonto del sole, sorgere e tramonto della luna, fasi lunari..), nonché eventuali elementi oceanografici (intensità e direzione delle correnti, correnti di marea, natura delle spiagge, movimento dei fondali sotto costa, ecc..). A tutto questo si deve aggiungere la conoscenza della presenza umana ostile/nemica in area e sull’obiettivo: organizzazione, consistenza numerica, armamento, capacità operative e di reazione, centri di comunicazione, capacità e possibilità di movimento (veicoli, natanti, velivoli) e rifornimento.

Infine, un ultimo ed importante fattore per produrre una buona pianificazione: sapere, o decidere, quanto tempo si ha a disposizione per pianificare e portare a termine la missione possibilmente riservandosi un minimo margine temporale per far fronte ad eventuali imprevisti. Stiamo pertanto parlando di quello che i manuali operativi serie FM (Field Manuals) ed FMFM (Fleet Marine Force Manuals) indicano con l’acronimo METT-T (Mission, Enemy, Terrain, Troops – Time available – Missione, Nemico, Terreno, Truppe disponibili – Tempo a disposizione per effettuare la missione).

APPRONTAMENTO E PIANIFICAZIONE TATTICA

L’Approntamento alla missione da parte di Omega si attua tramite:•l’Approntamento vero e proprio, ovvero pratico, di uomini, mezzi e materiali;

•la Pianificazione a livello tattico della missione.L’APPRONTAMENTO consiste nel controllo e nella verifica delle dotazioni (sia personali che di reparto), delle apparecchiature (radio, computers, sensori..) ed attrezzature (barbettoni, imbragature, cime, vanghe, fornelli da campo, ecc..), dei mezzi da impiegare (velivoli, elicotteri, veicoli, moto, quad, imbarcazioni, navi, sommergibili, ecc..), delle armi (fucili d’assalto, lanciagranate, mitragliatrici, mortai, ecc..) e di tutto quanto possa servire per portare a termine la missione. Vengono stilate delle “liste di controllo” (check list) al fine di garantire la presenza di tutto quel materiale/apparecchiature/sensori necessari per quella specifica azione, evitando spiacevoli e talvolta pericolose, dimenticanze. Inoltre, durante l’approntamento, si apportano quelle eventuali modifiche (ad apparecchiature e mezzi) ritenute necessarie.In sede di PIANIFICAZIONE TATTICA, si stabilisce l’organizzazione interna della propria forza, una sua eventuale divisione in unità minori, la policy delle comunicazioni, i nominativi in codice, le varie frequenze da impiegare ed i cambi di frequenza, armi, munizioni ed esplosivi, mezzi da impiegare e le loro autonomie, le distanze e le velocità in gioco, le direttrici d’avanzamento, le tempistiche e le modalità operative relative alla singole Fasi, le formazioni da assumere, i movimenti sul terreno nonché le procedure tattiche da impiegare. Lo Studio dell’obiettivo viene affrontato nei minimi dettagli decidendo, in relazione al risultato da conseguire, le Linee d’Azione Proprie (LAP) da adottare per portare a termine la missione, tenendo peraltro presenti anche le Possibili Azioni del Nemico (PAN). Si devono inoltre decidere tutte le procedure ed i comportamenti tattici da seguire nelle varie Fasi della missione. Il Gruppo Tattico, dovrà sempre sapere come comportarsi di fronte a qualsiasi imprevisto si possa presentare, in ogni Fase della

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missione, anche qualora dovesse mantenere un assoluto silenzio radio con le proprie Squadre o se il nemico dovesse disturbare o rendere impossibili le comunicazioni. Ogni “Comportamento Tattico” deve essere stabilito precedentemente, in sede di pianificazione. Il Gruppo Tattico, od ogni sua Squadra (se viene diviso in Squadre), deve sapere che cosa fare. Deve sapere, per esempio, cosa fare in caso di contatto con il nemico: se effettuare un “trafilamento” tra le pattuglie nemiche, evitando il contatto con loro, oppure rinunciare all’assetto “occulto”, palesare la propria presenza ed attaccare qualsiasi forza ostile s’incontri sul proprio cammino verso l’obiettivo.. se e come reagire “in modo automatico” (Reazione Automatica Immediata, RAI) in caso d’attacco o di imboscata da parte del nemico.. se disperdersi, o meno, per poi ricongiungersi successivamente in uno dei vari punti di riunione già prestabiliti... e così via.

LE NOVE FASI DELL’INCURSIONE

Per compiere la missione assegnata, Omega (18 uomini) viene suddiviso in 4 Squadre (Teams), i cui nominativi di fantasia aiutano a ricordare il loro compito sul campo: Tigre (Team d’attacco, 6 uomini), Grifone (Team di osservazione, Controllo e Supporto diretto di fuoco, 4 uomini), Demone 1 (Team di sicurezza, 4 uomini) e Demone 2 (Team di sicurezza, 4 uomini). L’incursione, per una questione puramente didattica, si può

ragionevolmente dividere in nove Fasi:

1ª FASEPartenza, Trasferimento e Protezione. I Teams vengono “imbarcati” su 2 differenti vettori (velivolo e sommergibile) per effettuare il Trasferimento sino alle rispettive zone del Rilascio. Tutto il Trasferimento avviene sotto protezione di altre forze operative che garantiscono la sicurezza del transito sino ai punti di Rilascio degli operatori. Teams Tigre e Demone 1 imbarcati su Sommergibile dirigeranno per il Punto di Rilascio PR1 a (xx) miglia dalla costa nemica in coordinate (x, y) per poi proseguire a bordo di gommoni sino al punto di presa di terra, punto di Inserzione A, in posizione (x,y). Teams Grifone e Demone 2, imbarcati su unico velivolo, verranno paracadutati appena raggiunto il Punto di Rilascio PR2 (x,y,z) alla quota di (xxxx) piedi per prendere terra nella Zona di Lancio (Drop Zone, DZ). Il punto d’atterraggio (Drop Point, DP) è considerato quale Punto di Inserzione B, in posizione (x,y).

2ª FASERilascio (Infiltrazione). Il punto di Rilascio si può trovare sia in zona neutrale che in zona ostile o nemica: se il Rilascio avviene già in zona ostile allora inizia ufficialmente la Fase di Infiltrazione. Il momento del Rilascio è il momento in cui tutti gli operatori abbandonano i mezzi con i quali è stata effettuata la Fase di Trasferimento.

L’APPRONTAMENTO consiste nel controllo e nella verifica delle dotazioni (sia personali che di reparto), delle apparecchiature (radio, computers, sensori..) ed attrezzature (barbettoni, imbragature, cime, vanghe, fornelli da campo, ecc..) delle armi (fucili d’assalto, lanciagranate, mitragliatrici, mortai, ecc..) e di tutto quanto possa servire per portare a termine la missione.

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sopra: Partenza, Trasferimento e Protezione. I Teams vengono “imbarcati” su 2 differenti vettori (velivolo e sommergibile) per effettuare il Trasferimento sino alle rispettive zone del rilascio

sotto: I Teams, partendo dai punti di Inserzione, assumono le Formazioni per il “movimento tattico sul terreno” al fine di raggiungere il punto di Ricongiungimento (Rendez/Vous Point, R/V Point)

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3ªFASEInserzione (Infiltrazione). I Teams, partendo dai punti di Inserzione, assumono le Formazioni per il “movimento tattico sul terreno” al fine di raggiungere il punto C di Ricongiungimento (Rendez/Vous Point, R/V Point), attuando le previste procedure di riconoscimento tra Teams. Si ricompatta Omega. Il movimento viene effettuato in totale silenzio radio evitando qualsiasi contatto con il nemico.

4ªFASEAvvicinamento all’obiettivo. Lungo il percorso prepianificato sono stati previsti particolari punti di riferimento D, E, F, G, H, I, L per lo stazionamento, il bivacco ed in caso di sparpagliamento, punti per il successivo riordino e ricompattamento di Omega. Permangono le direttive impartite per la Fase d’Infiltrazione. Avvicinandosi al nemico, vengono attivati gli assetti previsti per evitare l’individuazione da parte di eventuali pattuglie nemiche e vengono eventualmente modificate le formazioni tattiche di avanzamento, di protezione laterale e di sicurezza. Dal bivacco in posizione M, Demone 2 viene distaccato quale “Nucleo di Ricognizione” per la conferma di tutti i dati relativi all’obiettivo. Effettua la ricognizione e rimane in attesa degli altri Teams in posizione N (o torna al punto di bivacco) per il ricongiungimento prima dell’azione.

5ªFASE Azioni sull’obiettivo. Tutti i Teams in area obiettivo in posizione O, che è il Punto d’Inizio dell’Azione (PIA). Teams in movimento sull’obiettivo. Demone 1 e Demone 2 pronti per eventuale cinturazione/sterilizzazione obiettivo. Demone 1 in posizione P e Demone 2 in posizione Q per evitare fughe del nemico od arrivo di eventuali rinforzi. Team Grifone in punto sopraelevato garantisce il controllo, in posizione R. Team Tigre in posizione S pronto per l’attacco. Tutti i Teams in posizione: posizioni raggiunte e confermate. Pronti per l’attacco. Grifone a tutti: “Azione!” Ha così inizio l’azione sull’obiettivo con azioni di fuoco diretto e di copertura. Tigre a Grifone: “Obiettivi eliminati!” Grifone a tutti: “Disimpegnarsi e Ripiegare!”.

6ªFASERipiegamento ed Esfiltrazione (allontanamento dall’obiettivo). Tutti i Teams si disimpegnano dalle forze nemiche e ripiegano rapidamente sul punto di Riordino S, effettuando azioni di disturbo per rallentare/ostacolare eventuali inseguitori. Omega si ricompatta e viene assunta la Formazione tattica prevista per l’Esfiltrazione. Inizia la Fase d’Esfiltrazione, ovvero di allontanamento dalla zona dell’obiettivo per raggiungere il Punto di Estrazione.

7ªFASEEstrazione (Esfiltrazione). Omega dirige verso il Punto di Estrazione T (che non deve essere quello d’Infiltrazione, che nel frattempo potrebbe essere stato individuato dal nemico). Omega raggiunge il Punto T sulla spiaggia Verde (Punto di Estrazione alternativo U sulla spiaggia Gialla /in inglese “alternate”) e rimane in attesa delle imbarcazioni

provenienti da nave mercantile, ad orario concordato o su chiamata, incaricata per il Recupero. Omega assume una formazione difensiva.

8ªFASERecupero (Esfiltrazione). Nave mercantile sul Punto di Recupero V in coordinate (x, y) (e Punto di Recupero alternativo Z). Le imbarcazioni arrivano sulla spiaggia Verde ed imbarcano Omega al completo. Teams a bordo: termina la Fase di Recupero.

9ªFASETrasferimento, Protezione e rientro alla base. Omega è a bordo della Nave che, appena raggiunte le acque internazionali, viene scortata e protetta da Unità Navali amiche... dirigendo verso un approdo concordato in un Paese non ostile.Grifone a Base: “Missione Compiuta!”.

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Di GALDiNO GALLiNi - FOtO mAx mAsALA

Piccolina ma…CATTIVISSIMA

Il concetto dell’arma da “back up” fa parte della cultura americana ed è un’esigenza molto sentita dalle loro forze di polizia. La necessità di avere una seconda pistola era particolarmente pressante quando gli agenti in servizio avevano, come arma d’ordinanza, il revolver a sei colpi. I tempi di ricarica, pur utilizzando lo speed loader, non erano paragonabili a quelli necessari per effettuare una sostituzione del caricatore di una pistola semiautomatica. Pertanto, poter estrarre un revolver con canna da due pollici o una piccola semiautomatica per fronteggiare gli aggressori quando l’arma in dotazione era scarica, poteva essere l’ancora di salvezza. La tendenza ad armare il personale operativo con pistole semiautomatiche è ormai generalizzata e la dotazione di servizio prevede anche uno o due caricatori di scorta. Ciò nonostante c’è sempre la possibilità di avere un inceppamento particolarmente rognoso, inoltre l’arma potrebbe essere sottratta o persa durante una caduta, una colluttazione o semplicemente correndo. Per questi motivi molti agenti di polizia preferiscono munirsi di una seconda pistola, semiautomatica o a tamburo, per poter fronteggiare con successo queste spiacevoli evenienze. L’arma da back up deve essere leggera, così da non gravare sull’operatore già affardellato dall’equipaggiamento standard, e di piccole dimensioni per poter essere facilmente occultata. Tali caratteristiche possono essere però anche risolutive in quelle situazioni in cui l’abbigliamento non consente di occultare

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pistole full size o compatte. Per questo motivo tanti operatori di sicurezza, che prestando servizio in abiti civili in ambienti caldi o in luoghi e situazioni dove gli indumenti eccessivamente coprenti sono un palese segnali di occultamento di un arma, prediligono pistole super-compatte. Purtroppo le pistole con un ingombro molto ridotto hanno dei limiti che penalizzano chi deve farne un uso in situazioni critiche: devono essere camerate in un calibro non eccessivamente potente in quanto le ridotte dimensioni, quindi la scarsa impugnabilità, rendono difficile il controllo del rinculo. Il diametro della palla non deve superare certi limiti per essere compatibile con gli ingombri dell’impugnatura e del complesso canna-carrello. L’arma avrà quindi un limitato numero di colpi nel caricatore e purtroppo il potere d’arresto sarà in funzione della cartuccia e della lunghezza di canna. Molte fabbriche d’armi si sono prodigate nella progettazione di pistole “sub-compatte” spesso con caricatore bifilare, in calibri esuberanti quali il 9 mm.Pb ( 9x21), il 40 SW ed il 45 ACP ma il risultato è sempre stato discutibile. Il vantaggio dimensionale di queste armi, cioè l’occultabilità, si è sempre dimostrata inferiore alle aspettative. Inoltre il rinculo, specie con i calibri più pepati, è difficile da gestire anche da parte

di tiratori esperti. I progettisti della Sturm, Ruger & Co. Di Prescott, Arizona, che fabbrica pistole da più di sessant’anni, forti dell’esperienza e dei meritati successi accumulati in questi anni di attività, hanno deciso di rendere più completa la loro linea di produzione ed hanno aggiunto al loro già nutrito catalogo una pistola semiautomatica tascabile che, grazie all’utilizzo di tutte le moderne innovazioni tecnologiche nella scelta dei materiali e nel loro utilizzo, offre delle prestazioni difficilmente uguagliabili dalle aziende concorrenti. La sigla di identificazione di questo modello è LCP, iniziali di “Light Compact Pistol”. Le dimensioni sono veramente ottimali per un porto occultato ma consentono all’utilizzatore di impugnare l’arma in modo saldo e di mantenere un valido controllo del rilevamento allo sparo. La LCP è lunga 131 mm., l’altezza è 91 mm. e lo spessore è solo 24 mm. Per avere un buon potere d’arresto ed una buona controllabilità dell’arma la scelta del 380 Auto (9 corto o 9x17) è indiscutibilmente valida. Il calibro è stato introdotto da John Moses Browning all’inizio del secolo scorso ma è tutt’ora valido ed attuale. La cartuccia ha un bossolo lungo 17 mm. e spara una palla blindata con diametro nominale di 9 mm. e diametro effettivo di 355’ centesimi di pollice. Sono disponibili anche cartucce

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con palla in piombo grassato o teflonato. In questo caso il diametro è, di solito, 356’. Il caricamento più comune prevede una palla FMJ da 90 o 95 grains ma i pesi di palla reperibili sul mercato vanno dai 75 ai 120 grains con svariate conformazioni di palla: hollow point, soft point, tronco coniche, ecc. La velocità media, con palla da 95 grains in una canna da 4 pollici si aggira sui 260 metri/sec. La canna della LCP è lunga solo 2.75 pollici ma riesce ugualmente a conferire al proiettile da 95 grs. una velocità di circa 200 metri/sec. Il 9 corto è una cartuccia subsonica a bassa pressione e può essere agevolmente utilizzata in armi con chiusura labile ( detta anche “chiusura a massa” ) ma la Ruger ha intelligentemente deciso di dotare la sua tascabile di una chiusura geometrica a corto rinculo: un sistema di bloccaggio più prolungato tra canna e culatta, di solito utilizzato con cartucce ben più potenti ( dal 7,65 mm. Pb in su ), che garantisce un maggiore contenimento dei gas propulsivi.Infatti la chiusura labile prevede che la canna rimanga ancorata al fusto e che l’arretramento della culatta venga contrastato dalla sola molla di recupero. Nella chiusura geometrica a corto rinculo la canna ed il carrello arretrano insieme per almeno tre millimetri. In quel mentre le pressioni nella canna hanno il tempo di abbassarsi. Dopo quella breve precorsa solidale la canna si svincola dalla culatta e quest’ultima continua il suo tragitto retrogrado dando luogo all’estrazione ed all’espulsione del bossolo. Finito l’arretramento, la culatta ritorna in avanti spinta dalla molla di recupero, preleva una nuova cartuccia dal serbatoio e la introduce

in camera di scoppio. L’arma è di nuovo pronta per un altro ciclo di sparo. Nella progettazione della LCP è stata posta un’attenzione particolare nella eliminazione di ogni sporgenza ed asperità. L’arma non deve assolutamente impigliarsi nei vestiti durante il porto e l’estrazione.Il meccanismo di scatto è in sola semi doppia azione: una volta camerata la cartuccia il cane rimane semi armato. La corsa retrograda del grilletto completa l’armamento e ne provoca l’abbattimento come nella doppia azione dei revolver. La cresta del cane è completamente carenata dalla parte posteriore del carrello. Pertanto il tiratore può controllare visivamente la posizione del cane ma nulla sporge dalla sagoma della culatta.Le mire sono ricavate dal pieno e sporgono pochissimo dal piano superiore dell’arma. Sono un po’ difficili da acquisire, sono prive di riferimenti colorati o luminescenti e non sono certo l’ideale per un tiro mirato. Questo però è coerente con la destinazione d’uso di quest’arma. Volendo si riesce ad effettuare un tiro più meditato ma questa pistola nasce per un utilizzo a breve distanza, quasi istintivo, in cui si utilizza la parte superiore del carrello, a mo’ di bindella, per indirizzare il colpo.Anche il peso dello scatto, equivalente ad una doppia azione di un revolver, non è certo indicato per il tiro mirato. Il carrello è in acciaio brunito opaco antiriflesso, ha un’ampia finestra d’espulsione che riduce al minimo la possibilità di inceppamenti da mancata espulsione. Tra canna e carrello c’è una minuscola feritoia che permette, in condizioni di luce normale, di verificare la presenza di un colpo in canna. La molla di recupero, per contenere

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controllabile e, con un po’ di pratica, si riesce a concentrare i colpi al centro della sagoma IPDA in maniera soddisfacente. Ovviamente la distanza ideale di utilizzo non va oltre i 10 metri. Si riesce a concentrare ragionevolmente i colpi sul bersaglio anche a distanze maggiori ma i tempi di esecuzione non sono più compatibili con la realtà operativa. Anche la durezza dello scatto penalizza la precisione del tiro, specialmente in condizioni di stress: la corsa lunga ed il peso elevato portano spesso a strappare verso il basso. A breve distanza la cosa non crea problemi ma già a quindici metri l’imprecisione può compromettere l’esito dello scontro. Tutto sommato questa Rugerina ha dimostrato di essere un’ottima scelta per chi ha bisogno di una pistola piccola ma efficace, con una sufficiente capacità di colpi e meccanicamente affidabile. Non è facile da utilizzare e, chi decide di affidare la propria vita a quest’arma, deve impratichirsi con un costante allenamento specifico. Ringraziamo sentitamente la Bignami SpA di Ora ( Bz ) per averci messo a disposizione l’arma. Grazie alla Loro squisita cortesia è stato possibile effettuare questa prova.

le dimensioni ma essere al contempo adeguata alla potenza del 9 corto, è doppia e si inserisce attorno ad un guidamolla di tipo lungo. Il fusto è in nylon rinforzato da fibra di vetro. Nella sua parte superiore, abbraccia una geniale slitta metallica su cui si articolano le guide del carrello e che offre l’ancoraggio a tutte le parti metalliche del meccanismo di scatto. La slitta è unita al fusto in nylon da due perni in acciaio. La finitura del fusto è nera e presenta parti zigrinate in corrispondenza di tutti i punti che vengono a contatto con la mano che impugna l’arma assicurando così una presa salda anche con mani umide. Il caricatore monofilare ha il corpo in acciaio, può contenere sei cartucce e presenta una serie di fori laterali per il controllo dei colpi contenuti. Il pulsante di sgancio è del tipo classico, posizionato nel punto di inserzione del ponticello sull’impugnatura.Lo smontaggio è molto semplice ma richiede l’aiuto di un qualsiasi attrezzo da taglio. Al fine di evitare drammatici incidenti prima di iniziare questa operazione bisogna tassativamente rimuovere il caricatore e controllare che la camera di scoppio sia vuota. A questo punto, mediante la lama di un coltellino, un cacciavite sottile od un attrezzo similare si estrae il piolino ( fatto a forma di chiodo ) dal fusto. Ora il complesso carrello-canna-molla di recupero-guidamolla può essere agevolmente sfilato in avanti dal fusto stesso. Si separano le quattro suddette componenti e lo smontaggio per la manutenzione ordinaria è ultimato. La Ruger LCP è dotata, sul lato sinistro, di un pulsante di “hold open” che non viene azionato automaticamente dall’elevatore del caricatore una volta esauriti i colpi, bensì deve essere spinto verso l’alto volontariamente da chi utilizza l’arma.Questo rende più comodo l’inserimento del colpo in camera di scoppio se si desidera avere a disposizione sette colpi ( sei nel caricatore ed uno in canna). Il peso dell’arma scarica è di soli 270 grammi. Ogni particolare è stato studiato per ottenere il massimo contenimento dimensionale e ponderale.Ciò nonostante la sensazione allo sparo non risulta particolarmente fastidiosa. L’arma è sufficientemente

Tipo: Pistola SemiautomaticaProduttore: RugerPaese: Stati UnitiNumero Catalogazione: 17469Impiego: Difesa PersonalePrezzo: 395 euro.Catalogazione: Armi Comuni da SparoCalibro: 9 Corto (380 Auto)Lunghezza: 131 mm.Altezza: 91 mm.Spessore: 24 mm.Peso: 270 gr

Importatore: Bignami S.p.A. Via Lahn 139040 Ora (BZ) - tel. +39 0471 80300

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The Warrior SpiriTTier1 operaTor plaTe Carrier«La differenza tra noi Serse…è che tu hai un milione di schiavied io ho 300 fratelli!»(Leonida – Battaglia delle Termopili agosto del 480 a.c.)

Di FABiO ROSSi - FOtO Di Michele FARiNetti

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Polo Blackhawk Performance warrior wear

•Tessuto con trattamento antimicrobico, ingualcibile, anti macchia

•Manica raglan per facilitare i movimenti•collo in maglia elastica con inserto anti-

piega•Tasca di piccole dimensioni chiusa sul

braccio sinistro per alloggiare radio-cellulari, con passaggio sotto il collo per eventuale cavo per auricolare

•bottoni in gomma a basso profilo•Taglie dalla X-small alla 3X-large•colori: bianco, grigio, rosso, nero, blu,

sabbia

Mad Max & Co.www.madmaxco.com

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Il prodotto che abbiamo testato è contrassegnato dal logo della italiana THE WARRIOR SPIRIT, marchio di recente ingresso sul mercato ma facente capo al più noto rivenditore savonese TAcTIcAL EQUIPMENT. L’azienda è nata nel 2001 dalla passione del fondatore Didier Pastorino per la militaria in genere e, in particolar modo, per tutti quei prodotti provenienti dagli USA. E’ specializzata nella vendita di abbigliamento ed equipaggiamento adottato dalle U.S. SPEcIAL FORcES, U.S. AIR FORcES, U.S. NAVY SEALS, U.S. ARMY, RANGERS, U.S. ARMY, U.S. MARINE cORPS e molto spesso è in grado di poter fornire ai propri clienti vere e proprie “primizie” in lotti di pochissimi pezzi.

STRUTTURA

Il TIER1 è definito come un plate carrier modulabile ed è caratterizzato da un design abbastanza classico, al quale sono stati apportati alcuni piccoli accorgimenti costruttivi per renderne più confortevole la vestibilità in periodi di tempo prolungati. La struttura principale è stata interamente realizzata in cordura® Dupont 1000 denari e da essa ne derivano l’affidabilità e la resistenza nel tempo. Le colorazioni disponibili sono l’olive drap, il coyote, il Multicam ed il vegetato italiano. La superficie esterna è interamente rivestita da un allestimento bcM per il fissaggio universale che la rende compatibile con tutte le buffetterie in commercio provviste del sistema MOLLE - Modular Lightweight Load-carrying Equipment. L’allestimento è formato da serie di pals, in nastro di ottima qualità, fissati con filo ad alta resistenza; nelle versioni in colorazione Multicam e vegetato i pals sono in cordura® mentre le cinque righe pettorali sono, in tutti i modelli, rifasciate in velcro. Il prodotto è caratterizzato da un

pannello velcrato, che ne determina l’apertura, accoppiato ad un “cummerbund” amovibile, suddiviso posteriormente in due sezioni, la cui regolazione è affidata a tre nastri con fibbie. Nella sua parte interna sono presenti quattro piccole tasche, dal profilo molto slim, nelle quali possono essere collocati piccoli oggetti o documentazione. La parte interna della struttura è rivestita in rete tridimensionale ad alta resistenza, che ne assicura un ottimo confort e traspirabilità in ogni condizione climatica di impiego. La stabilità del TIER1 viene ulteriormente garantita da due nastri regolabili alti 4 cm, posizionati ai lati del corpo in zona fianchi e dotati di chiusura Fastex® YKK. In ultimo, è presente una maniglia di trasporto, collocata nella parte dorsale superiore e finalizzata a facilitare le operazioni di recupero dell’operatore in difficoltà. E’ possibile configurarlo con un setup ottimale composto da quattro magpouch per caricatori in cal. 5.56 mm, due large utility pouch, un admin sulla fascia pettorale e due small utility lungo la fascia laterale lombare del cummerbund, anche se quest’ultimi risulterebbero di non facile accesso. Il pannello posteriore, di grandezza limitata, come su tutti i modelli di plate carrier, permette l’aggancio di tutti i sistemi di idratazione oggi conosciuti, ivi compresi i camelback e gli zainetti idrici di tipo MAP (Modular Assault Pack).

ATTAGLIAMENTO

Il prodotto viene confezionato in un’unica taglia e la giusta registrazione si ottiene, come già detto, agendo sulla regolazione dei tre nastri del cummerbound e tramite le due fasce velcrate presenti sulle spalle. Queste ultime sono rifasciate con due elementi amovibili tramite velcro, che ne aumentano il confort soprattutto per alleviare il peso,

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Pantaloni elite tactical oPerator “the warrior SPirit”

Pantalone tattico in tessuto ripstop caratterizzato da:•Rinforzi in cordura Dupont sulle ginocchia

con possibilità di inserire all’interno inserto in neoprene

•Rinforzi in cordura anti-usura nella parte finale interna del pantalone.

•Passanti cinturone in cordura•Ghetta interna•2 tasche anteriori•2 tasche posteriori•2 tasche cargo laterali con bottoni di

grosse dimensioni per facilitarne la chiusura utilizzando guanti

•colori attualmente disponibili: coyote, multicam, vegetato

TACTICAL EQUIPMENT S.r.l.www.tacticalequipment.it

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quando questo raggiunge livelli elevati. Esse, abbinate a quattro nastri passacavi, posizionati da ciascun lato, possono anche essere utilizzate per fissare e proteggere il cablaggio di un apparato di comunicazione, di un sistema di idratazione o per fissare una cinghia elastica “single point” per arma lunga.

PROTEZIONI BALISTICHE

Le due strutture principali sono state disegnate per ospitare delle piastre rigide SAPI e noi consigliamo, ad esempio, l’impiego di piastre in carburo di boro b4c di classe IV NIJ “Standalone”, omologate da USSOcOM per l’impiego anche in operazioni subacquee che, risultate insensibili all’acqua di mare, possono essere utilizzate in immersione o in operazioni di antipirateria, a bordo di navi e natanti, senza incappare in un precoce decadimento delle caratteristiche di protezione balistica.

REPORT DELLE PROVE

Il TIER1 è stato provato, come dimostrano le foto allegate all’articolo, durante una sessione di addestramento in poligono finalizzata all’accompagnamento di un soggetto

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Guanti mechaniX m-Pact Glove

Modello con protezione sul palmo in cuoio antiusura e antisdrucciolo per una presa sempre salda. Dorso in Spandex con protezioni in termoplastica. Dito pollice e indice ricoperti di materiale gommoso denominato Zeus clarino®. Dotato di rinforzi sulla punta delle dita per ridurre l’usura ed aumentare la protezione. Tra le dita sono presenti dei pannelli in Lycra. chiusura al polso tramite elastico velcrato.

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VIP in zona “calda” ed alla sua successiva immediata evacuazione in seguito ad “attivazione” da parte di ostili. Dalla sua struttura, definibile “slim e low profile”, scaturiscono una buona gestibilità dei materiali trasportati ed un buon comfort, che sicuramente contribuiscono a favorire la rapidità nei movimenti e la velocità di estrazione dei serbatoi alloggiati nella buffetteria. Il prodotto è stato particolarmente apprezzato nelle operazioni di discesa e risalita da automezzi, consentendo all’Operatore di effettuarle con il massimo grado di sicurezza, rimanendo concentrato sugli eventi. Nelle prove a fuoco ha garantito una buona capacità di gestire sia l’arma lunga che quella corta, in modo particolare nelle posizioni di tiro frontale ed in quelle con l’esposizione della sagoma minima. Abbiamo verificato anche la tenuta della maniglia di trasporto che, grazie al buon fissaggio sino a metà della parte posteriore, permette di trascinare un operatore, completamente equipaggiato, senza grandi difficoltà e senza evidenziare tracce di cedimento strutturale. In conclusione, ci troviamo di fronte ad un articolo avente un buon rapporto qualità/prezzo, prodotto e

commercializzato da una seria azienda nazionale, sempre alla ricerca di nuove soluzioni per poter esaudire le molte richieste provenienti dal mondo del military e del security di alto livello. Ahhh… il prezzo?... 128 euro nella versione base!!!

Si rinGraziano:

Il Cav. Gian Franco SILVANO, Presidente della Sezione di Novi Ligure del Tiro a Segno Nazionale per l’utilizzo delle strutture del poligono.

Alex SPAGNOLI, amico, Istruttore Krav Maga IDS Italia e cultore di armi lunghe e corte.

Michele BISTOLFI, della b&b Motors, viale Regione Piemonte 1 Novi Ligure (AL) per l’utilizzo dell’autovettura Toyota RAV4.

Global Security Agency per la consulenza,www.globalsecurityagency.it

TACTICAL EQUIPMENT S.R.L. Store: Via Nizza 167/169 R - 17100 SavonaTel/Fax 019 2054224www.tacticalequipment.it

Ha fornito tutto l’abbigliamento The Warrior Spirit, Arc’TerYx e gli accessori tattici presenti nelle foto dell’articolo

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Di Livio nobiLe

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L’evoluzione naturale delle pistole mitragliatrici è rappresentata dalle P.D.W. (Personal Defense Weapon). Questo progresso fa parte di quel naturale processo che porta al miglioramento di un sistema d’arma e al perfezionarsi dei sistemi di difesa contro lo stesso (… e ovviamente viceversa). Questa nuova concezione di armi punta essenzialmente a racchiudere nello stesso strumento i vantaggi enormi dati dai ridottissimi spazi di ingombro, tipici delle S.M.G. con calibro molto più performante e più simile a quello dei fucili d’assalto.I punti cardine che un’arma deve avere per poter rientrare di diritto in questa categoria sono descritti nel PDW Requirement Document D-29 (redatto dalla N.A.T.O. ) in particolare:

1)il peso a vuoto non deve superare il chilo per le armi corte e i tre chili per le lunghe

2)i comandi di sicura/selettore di fuoco devono essere ambidestri

3)il calibro scelto deve essere in grado di perforare protezioni balistiche in particolare la CRISAT body armor ad una distanza minima di trenta metri.

Ovviamente la HK non poteva non presentare il suo modello per questa categoria e fu così che nacque il progetto che permise all’azienda di Oberndorf di annunciare nel 2000 l’arrivo dell’MP7-A1 e della pistola P-46 (diretti concorrenti del P90 e della FiveSeven prodotti dalla Belga F.N.).Guardando l’MP7 è evidente che le richieste N.A.T.O. siano state soddisfatte completamente.Le dimensioni ridottissime

lo rendono ideale per essere impiegato all’interno delle auto e nel close quarter combat. Il corpo polimerico con anima e rinforzi in acciaio permettono il giusto compromesso tra peso e resistenza strutturale. All’interno dell’impugnatura (tipicamente da arma corta) è situato il caricatore che può essere da 20 o da 40 colpi. Il selettore che è ambidestro e comodamente azionabile con il pollice della mano forte , presenta tre posizioni: Sicura, Semi-Automatico, Automatico. Il calcio è collassabile, in chiusura permette l’utilizzo dell’arma come una normale pistola (la HK a tal proposito ha progettato anche una apposita fondina per il porto come arma da fianco ), invece in posizione di apertura permette un tiro molto più mirato e preciso.Al punto che la casa produttrice assicura di poter ottenere rosate di dieci colpi in meno di 2 pollici a cinquanta metri in modalità Semiauto ma, nel caso in cui si renda necessario l’utilizzo in Full-Auto, è possibile utilizzare l’impugnatura anteriore reclinabile che si trova subito dopo il ponticello del grilletto per avere un ottimale controllo sull’arma. La leva di armamento è situata nella parte posteriore dell’arma subito sopra la calciatura ed è, a parer mio , di dimensioni forse un pò troppo ridotte. Immancabile la presenza su un’ arma moderna di una slitta Picatinny integrale che percorre la parte superiore dell’arma in tutta la sua lunghezza. Su di essa si ha quindi l’opportunità di montare, oltre alle normali tacche di mira ribaltabili, il sistema di puntamento che più si addice alla situazione di utilizzo del sistema d’arma. Nel caso in cui un rail non fosse abbastanza è possibile montare senza problemi altre due piccole slitte accessorie sui due lati dell’arma appena al disopra dell’impugnatura anteriore

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sfruttando gli appositi fori filettati. Infine un’ importantissima differenza che lo distingue in quanto PDW dalle “vecchie” Pistole Mitragliatrici è dato dal fatto che il funzionamento è a sottrazione di gas con il ritardo di apertura permesso dalla testina dell’otturatore girevole. Per darvi un idea il meccanismo e la forma dell’otturatore sono simili a quelli dell’ HK G36.

Qualche nozione sul calibro

Il 4,6x30mm è scelto per camerare sia l’MP7-A1 che la P-46 come il suo diretto concorrente belga, il 5,7x28mm è utilizzato nel P90 e nella FiveSeven. Non a caso la HK è in competizione proprio con la F.N. per far si che il proprio calibro venga in futuro adottato come standard N.A.T.O. per questo genere di armi.Lo sviluppo del 4,6 nasce da una collaborazione tra la HK e la inglese Royal Ordnance’s Radway Green. Il punto di partenza per lo sviluppo venne scelta la 4,6x36 C.E.T.M.E. (calibro sperimentale creato

negli anni sessanta successivamente messo da parte in favore del 5.56x45).La munizione è prodotta anche dalla Italiana Fiocchi ed è disponibile in molti allestimenti con possibilità di utilizzare palle perforanti completamente in acciaio camiciate di rame, traccianti o normali FMJ. Il peso palla varia tra i 25 e i 40 grains e la velocità alla bocca si aggira intorno ai 700 m/s con energie nell’ordine dei 450 Joules, ma con un rinculo dimezzato rispetto alla classica 9x19 Parabellum. Come calibro ha dimostrato di avere una capacità di penetrazione elevatissima, riuscendo a passare senza problemi il giubbotto antiproiettile CRISAT (composta da 20 strati di Kevlar e una lamina di titanio di circa 2mm) da oltre 200m di distanza.

MP7-a1

calibro 4,6x30

Peso 1,5 Kg

lunghezza 340/540mm (calcio collassabile)

lunghezza canna 180mm

alimentazione caricatori da 20 o 40 colpi

cadenza di tiro circa 950 colpi al minuto

MP7-a1 4,6x30 5,7x28

Peso palla 30-40 Grains 40 Grains

Vel. iniziale 700 m/s 720 m/s

energ. iniziale 420 Joules 420 Joules

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Il Ministero degli Affari Interni della Repubblica Croata comprende numerose unità, classificate nel settore “Polizia Speciale”, per le operazioni anti-terrorismo. L’élite in questo settore, molto centralizzata, è l’unità Anti-Terrorismo (ATJ) Lucko, composta da uomini attentamente selezionati, altamente addestrati e modernamente equipaggiati, che rappresentano il pugno di ferro croato nella lotta contro il nemico numero uno al mondo: il terrorismo.

ATJUnità antiterrorismo LUcko(atJ - antiteroristička Jedinica LUčko)

Di ZORAN MiLOSEViC

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La creazione deLL’aTJ Lucko

La Repubblica Croata è uno stato che sorse dopo la disgregazione dell’ex SFR (Repubblica Socialista Federale) Jugoslavia. L’adattamento di questo Stato agli standard di vita occidentali (l’ammissione all’Unione Europea), militari (l’unione con la NATO) e le strutture sociali che seguono lo sviluppo dell’Europa, ha portato anche alla nascita di nuove minacce sociali, quali gruppi terroristici, criminalità organizzata e/o bande di vario genere. Per rispondere con successo a queste nuove minacce, la Croazia ha sviluppato potenti forze di “Polizia Speciale” la cui élite è rappresentata dall’Unità Anti-Terrorismo “Lucko” detta anche ATJ Lucko. Questa unità, in seguito, si è insediata nella periferia di Zagabria, dove si trova ancora oggi.

La SToria

L’origine e lo sviluppo della Polizia Speciale moderna nella Repubblica di Croazia, è inseparabile e parallela alla creazione ed alla costruzione dello Stato croato. Preparandosi alla disgregazione jugoslava, la Repubblica di Croazia creò segretamente le fondamenta della propria paramilizia, del proprio esercito segreto e dei servizi segreti, sull’eredità della polizia di Tito. La Croazia cancellò ufficialmente il Servizio di Sicurezza Nazionale ed il Dipartimento di Polizia della Repubblica nel Maggio del 1990, quando ebbe luogo la riorganizzazione territoriale della polizia pubblica e segreta. In quest’occasione si formò la nuova polizia in 18 città. L’ex Dipartimento di Polizia (Segreteria degli Affari Interni - Sekretarijat Unutrasnjih Poslova-SUP) diventò il “Dipartimento di Polizia - Policijska uprava” mentre l’SDB (Servizio di Sicurezza Nazionale) venne diviso in “Ured

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za zastitu ustavnog poretka” (Ufficio per la Protezione dell’Ordine Costituzionale) e “Tajnistvo drzavne sigurnosti” (Segreteria Nazionale per la Sicurezza). Lo sviluppo degli eventi riguardante la sicurezza, tra il 1990 ed il 1991, ha imposto al Ministero degli Interni della Repubblica Croata la riorganizzazione delle unità di Polizia Speciale già esistenti e la creazione di nuove unità, che furono precedentemente all’interno dei Dipartimenti di Polizia in tutte le Repubbliche dell’ex Jugoslavia. Durante lo scoppio del conflitto, le unità di polizia erano le uniche forze armate legittime possedute dai Croati. Piuttosto che funzionare come organizzazioni civili, le unità di polizia presero gradualmente caratteristiche militari, operando così, come vere e proprie forze militari di difesa. Al loro interno, occupavano un posto particolare le forze speciali della polizia del Ministero degli Affari Interni. Queste unità avevano un destino quasi identico.Infatti alla vigilia della disgregazione della Jugoslavia,

vennero utilizzate come nuclei per la formazione delle nuove forze armate dei nuovi stati ed il loro personale fu il primo ad operare nelle reali azioni militari. Questo fu anche il caso dell’ex unità speciale del Dipartimento di polizia della Croazia, di stanza a Zagabria e composto da settanta membri. Poco prima che scoppiasse la guerra e che la Croazia dichiarasse la sua indipendenza, l’unità venne sciolta. Sulle sue fondamenta però, il 7 settembre 1990, nacque la nuova Unità Anti-terrorismo (ATJ) Lucko, che è stata la prima unità armata all’interno del Ministero degli Affari Interni del nuovo Stato croato. Di tutti i precedenti membri, solo cinque aderirono alla nuova unità. Questi cinque praticamente rappresentarono la base dell’addestramento ATJ Lucko. Questi presero il compito d’istruttori per i nuovi membri, reclutati tra gli ordini di studenti iscritti al primo corso “Prvi hrvatski redarstvenici” (Primo Poliziotto croato). Dopo il corso presso la Scuola di Polizia di Šimunska, che

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poteva riunire circa 1700 studenti, il 7 settembre 1990, i 200 uomini più capaci vennero scelti per entrare a far parte dell’unità antiterrorismo Lucko, che già contava 225 membri. Poco dopo l’inizio della guerra civile, sul territorio dell’ex Jugoslavia, tra il1990 e il 1991, l’unità di nuova costituzione agì sotto il nome (pubblicamente noto) di “potenti forze di polizia”. Gli scopi principali dell’Unità furono la partecipazione attiva per la stabilità della pace e dell’ordine pubblico, l’esecuzione di compiti in materia di lotta contro il terrorismo e la partecipazione alla cosiddetta “guerra Homeland” (guerra civile nell’ex Jugoslavia nel territorio della Repubblica Croata) come prima formazione militare croata, presente su tutti i campi di battaglia della Croazia. L’unità antiterrorismo Lucko ebbe il suo primo battesimo del fuoco il 1 marzo del 1991, a Pakrac. Avendo conquistato la fiducia del governo, ai suoi membri furono dati i compiti di garantire la sicurezza di alti funzionari del governo della Repubblica e di Franjo Tuđman, l’allora presidente della Repubblica Croata. Lo scoppio della guerra ha portato alla formazione di altre 18 unita speciali di polizia (Specijalne Jedinice Policije- SJP) all’interno dei dipartimenti di polizia nelle principali città/regioni, meglio conosciute con il nome di “anti-terrorismo delle Forze di Polizia”. Queste unità sono state create riorganizzando le unità speciali di polizia (Posebne Jedinice Policije-PJP) secondo il documento: Staff Operativo della RH MUP, n° 511-01-35-34902/91 del 15 novembre 1991. La struttura del gruppo ed il livello della compagnia erano simili all’organizzazione del Lucko, unica differenza il minor numero di membri (da 100 a 180 persone). Col tempo nacque la necessità di collegare queste forze, così che, nel 1992, fu costituito il Dipartimento di Polizia Speciale presso il Ministero degli Affari Interni della Croazia ed a causa di un ampio margine di attività, crebbe nel settore durante il 1994. Come parte di una profonda ristrutturazione del Ministero degli Interni, nel 2001, è stata effettuata la riorganizzazione della polizia speciale. Il motivo di base della riorganizzazione fu la riduzione del numero totale dei membri della polizia speciale da 2500 a 300-350 operatori ed il fatto che tutti, da quel momento, furono sotto il comando del capo della polizia speciale Zdravko Janjic. La “polizia Speciale”, estratta dalla composizione del dipartimento della polizia, si trova in “Ravnateljstvo policije - Directorat della polizia” sotto il comando di “Zapovjedništva specijalne policije- Comando Speciale di Polizia”, ed ha sotto la sua giurisdizione sei unità organizzative:

• Unità Antiterrorismo Lucko.• Zrakoplovna jedinica–unità elicottero.• Unita Speciale-SPU polizia (Specijalna jedinica policije-SJP) Zagabri “ALFA”.• Split-SPU.• SPU-Rijeka.• SPU Osijek.

Al fine di una maggiore capacità operativa, nel mese di agosto del 2008, fu svolta una procedura funzionale-

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territoriale supplementare per l’organizzazione delle forze speciali di polizia. L’unità speciale della polizia “Alfa” Zagabria fù incorporata all’unità Lucko anti-terrorismo che, come già detto, era l’unica unità con l’autorizzazione ad agire su tutto il territorio della Repubblica di Croazia. L’ATJ Lucko ha una lunga e dura storia di guerra (un gran numero di azioni armate). Ha perso 14 membri e 52 sono stati gravemente feriti. Un totale di 350 uomini passati attraverso l’unità anti-terrorismo Lucko di cui molti diventati ufficiali e 7 diventati generali dell’esercito croato. I membri di quest’unità hanno ricevuto le più alte decorazioni nazionali.

organizzazione aTTuaLe

Il Comando Speciale di Polizia comanda le unita speciali nell’esecuzione dei compiti nella lotta contro tutte le forme di terrorismo, liberazioni di ostaggi, nella risoluzione di rapimenti e sequestri, nella risoluzione delle forme più gravi di violazione dell’ordine pubblico, nell’arresto di individui o gruppi armati e nella protezione di persone in condizioni particolari. Partecipa anche nella definizione dei criteri per l’assunzione in Polizia Speciale dei candidati, nel processo d’ammissione, nella realizzazione del programma di lavoro e nella formazione avanzata della polizia speciale. Dà suggerimenti per la nomina del personale di comando, controlla il livello d’abilità dei suoi membri, supervisiona il loro lavoro, valuta il loro miglioramento, sceglie mezzi tecnici, attrezzature ed armi. Organizza corsi di formazione base ed avanzata, dà sostegno alla preparazione e formazione avanzata dei membri di altre unità organizzative all’interno del ministero. Collabora

con le forze speciali della polizia degli altri paesi. Il comandante della polizia speciale è il col. Zdravko Janic. Il sistema di polizia speciale del Ministero degli Affari Interni della Croazia si compone di sette unità organizzative: il Comando della Polizia Speciale, l’ATJ Lucko, l’Unità speciale di polizia (Specijalna jedinica policije- SJP) Split, l’SJP Osjiek, l’Rijeka SJP, l’Unità Aria ed il Centro Immersioni di Mali Losinj, per un totale di 400 membri. L’unità aria comprende 33 piloti e meccanici che hanno 6 elicotteri a loro disposizione. In aggiunta alle mansioni che comportano il trasporto dei membri delle forze speciali presso i siti d’azione, quest’unità partecipa anche alle azioni di ricerca e salvataggio di civili (in montagna, al mare e su terreni non facilmente accessibili). La polizia Speciale del Ministero degli Interni Croato esegue una vasta gamma di compiti, alcuni di essi sono:

• Lotta contro ogni forma di terrorismo• Liberazione di ostaggi ed altre situazioni di crisi• Risoluzione di sequestro di persona e di dirottamento di

aerei e di altri mezzi di trasporto• Particolare protezione di alti funzionali statali e di alcuni

individui a rischio• (SAR) azioni di ricerca e soccorso• Operazioni di sniping• Intervento subacqueo (come compensazione delle mine

subacquee, ricerca ed estrazione di personale annegato e prove crimine)

• Operazioni in elicottero (terreno di ricerca, azione di soccorso in caso di catastrofe, sorvolo in elicottero)

• Assistere alle altre forze di polizia nell’abbattimento del crimine e nel ristabilimento della pace e dell’ordine pubblico in situazioni eccessive

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• Scorta e protezione di denaro• Altri

L’elemento più significativo della Polizia Speciale è sicuramente l’unità antiterrorismo Lucko, modernamente organizzata ed addestrata secondo gli standard mondiali, avente giurisdizione su tutto il territorio della Repubblica Croata. Con la nuova organizzazione, i compiti della ATJ Lucko sono stati definiti con precisione: combattimento anti-terrorismo, risoluzione di tutti i tipi di situazioni critiche, in particolare “le situazioni con presenza di ostaggi” (dirottamento e sequestro di altri mezzi di trasporto), l’arresto di criminali pericolosi, assistenza alle altre forze di polizia nell’abbattimento del crimine e nel ristabilimento della pace e dell’ordine pubblico. Inoltre, i membri delle forze speciali del Ministero degli Affari Interni croato, sono addestrati per interventi d’immersione, come lo sminamento subacqueo, la ricerca e l’estrazione di persone annegate, tutela delle persone importanti, scorta e protezione di denaro, azioni di ricerca e soccorso (SAR). Quest’unità è molto importante anche per il Ministero degli Interni perché i suoi membri sono in grado di reagire rapidamente e risolvere tempestivamente le varie situazioni imprevedibili, che a volte possono non esser affari della “polizia classica”. Tale ampio spettro d’attività è reso possibile dalla sua organizzazione e grazie ad un alto livello di competenza in vari campi, così come le attrezzature e le armi specialistiche che quest’unità possiede. L’ATJ Lucko ha la sua base nella periferia di Zagabria, a Lucko, da dove l’unità ha preso il nome che porta con orgoglio da 16 anni. L’unità è sotto il diretto controllo del comando della Polizia Speciale, ed ottiene le autorizzazioni per le azioni direttamente dal Ministero

degli Affari Interni. Nell’ATJ Lucko ci sono in circa 150 operatori. Il comandante dell’unità è attualmente Klabot Allen, che ha 4 assistenti. Gli istruttori responsabili della formazione post-laurea, hanno una formazione per ciascuna delle specialità: la tattiche antiterrorismo, tiro, sniping, preparazione fisica generale, arti marziali, gli specialisti di montagna, le tattiche della polizia, paracadutismo, tecniche d’intervento ed immersioni di sminamento. L’unità è stata organizzata in 3 plotoni, i primi due contano, per ognuno, 4 gruppi di specialisti che lavorano quotidianamente. Quando non sono occupati in interventi, gli specialisti si occupano di altre attività quali l’addestramento, l’istruzione, ecc.. Il terzo plotone ha 3 gruppi di cui 2 operativi e specializzati in azioni subacquee ed anti-esplosive ed 1 per il supporto (che include esperti di tecniche invasive, armi, attrezzature, veicoli e imbarcazioni). Insieme a questi gruppi, il Lucko ATJ è strutturato in modo da avere due unità di negoziazione ed una squadra di consulenza per le situazioni di crisi. Selezione dei candidati per l’ammissione all’ATJ LuckoAgire in condizioni “estreme” non richiede, da parte dei membri del Lucko ATJ, solo abilità specifiche fisiche o mentali (ad esempio stabilità psicologica, fisica, determinazione, coraggio, intraprendenza, la capacità di reazione rapida, unità di squadra e fiducia reciproca), ma anche le continue formazioni di base e speciali.Al fine di mantenere il gruppo omogeneo, in grado di compiere tutte le tipologie di missioni a loro affidate, i futuri membri delle forze speciali entrano in un rigoroso e difficile processo di selezione e formazione, che permette la selezione dei migliori uomini pronti a svolgere diversi tipi di attività nella realtà della lotta contro il terrorismo. Durante la formazione i membri sono esposti a situazioni pericolose e di stress, in modo

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che possano davvero avvertire il vero e proprio sforzo, è per questo che possiamo affermare che la formazione è ad “alto rischio”. La formazione si basa molto sulla realtà, simulando situazioni di pericolo, in modo che i membri delle forze speciali possano avvertire lo sforzo e la tensione, che possono esser causa di blocco del singolo o di mancanza d’intraprendenza nel gruppo, portando ad attività incomplete o scarsamente complete. Pertanto, durante l’addestramento, gli uomini sono esposti a forti stress, in modo da poter adattare la loro psiche e agire poi normalmente durante le missioni vere e proprie.L’unità utilizza le esperienze degli altri paesi per quanto riguarda i test d’ingresso. A tale proposito, alcune parti sono state prese dalle prove di selezione degli austriaci (GEK “Kobra”), dei tedeschi (GSG9) e da alcune prove americane. La combinazione di tutti questi criteri ha dato vita al test d’ingresso per l’ammissione all’unità. Di regola, le persone con molta esperienza passano le selezioni, perché nelle pratiche precedenti si è notato che per quanto concerne i membri delle forze speciali, l’esperienza è di cruciale importanza. Anche se l’attuale età media dei membri del gruppo è di 28 anni, il limite per l’ammissione è di 30 anni, perché si tratta di un lavoro molto impegnativo e stressante. Tutti coloro che desiderano entrare nel gruppo devono prima passare per il corso selettivo, che si svolge in tempi diversi, a seconda delle esigenze dell’Unità e delle offerte di lavoro disponibili. La selezione dei candidati per l’ammissione alla polizia speciale (test d’ingresso), è in mano agli istruttori ed agli ufficiali del comando dell’Unità. I candidati, per l’ammissione, devono provenire da reparti collegati al Ministero degli Affari Interni e devono avere almeno 4 anni di esperienza operativa. I candidati provenienti dalla Polizia sono selezionati con maggior frequenza. La prima fase è la visita medica di categoria A, il cui compito è quello di riconoscere il limite di sopportazione dei candidati in relazione a duri sforzi fisici. Questo controllo si conclude con una prova scritta che verifica il profilo psicologico del candidato sotto vari aspetti, quali la resistenza allo stress, la capacità d’adattamento, la tolleranza, l’intelligenza e la flessibilità nella realizzazione dei vari compiti. Se il candidato supera la visita medica, si passa alla fase successiva del test, il cui scopo è quello d’individuare i candidati più adatti dal punto di vista della forma fisica. Questo test è composto da:

• Preparazione fisica base e speciale per la valutazione del coordinamento, della forza, della resistenza, della forza esplosiva, della flessibilità, della precisione e dell’equilibrio.

• Armamento e tiro che include la conoscenza basilare delle armi e delle prove di tiro con armi corte semi-automatiche.

• Test sulla torre che comprende la sperimentazione d’attività in quota con particolare attenzione alle reazioni ed al comportamento.

• Arti marziali che comprendono il combattimento tra membri (è consentito l’uso di varie tecniche) in presenza

di tutta l’Unità, in modo che il candidato possa esser accettato o rifiutato attraverso una selezione naturale.

Se il candidato ha superato tutte le fasi sopra elencate, viene effettuata una valutazione psicologica attraverso un test/colloquio che comprende una discussione con il comandante dell’Unità, al fine di valutare la motivazione, il profilo psicologico e così via. I candidati che superano tutti questi criteri devono superare poi due fasi di formazione in un anno. I primi sei mesi sono riservati alle singole formazioni di base in tecniche d’intervento, mentre i successivi sei mesi sono dedicati alla formazione congiunta, con particolare attenzione all’integrazione nel team di specialisti. Durante questo periodo, ogni candidato viene valutato in base alle sue conoscenze ed alle sue competenze, viene inoltre identificata, in base alle sue specifiche abilità, un’ulteriore specializzazione (sniper, paracadutista, sommozzatore, esperto d’esplosivi, unità cinofila, ecc..)

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addeSTramenTo

La formazione dei membri dell’ATJ Lucko avviene continuamente durante tutto l’anno, in conformità con i piani di formazione mensili ed annuali. L’addestramento è suddiviso in formazione base, formazione specifica, formazione professionale e mantenimento della formazione. La formazione di base, della durata di 6 mesi, comprende le tecniche e le tattiche utilizzate negli interventi base, a cui tutti i membri del gruppo devono esser preparati. Questa fase è destinata allo sviluppo delle abilità individuali e comprende numerose attività come il tiro rapido, preciso ed istintivo, diurno e notturno, in presenza di gas chimici (gas lacrimogeni) e nelle varie situazioni, l’uso di esplosivo e gas speciali, guerriglia e tecniche di contro-guerriglia, formazione base d’arrampicata in montagna, formazione base di paracadutismo (salti con paracadute ad apertura automatica), attività in acqua, arti marziali, l’educazione fisica/ginnastica. Al termine del corso, si organizza la prova di resistenza “terzana”, con cui si esamina la conoscenza acquisita, nonché le reazioni individuali alle condizioni estremamente difficili e di stress (ad esempio, lunga marcia di giorno e di notte, il superamento d’ostacoli naturali, l’azione di combattimento, l’orientamento in condizioni di visibilità ridotta, ecc). I candidati che riescono a supera la prova “terzana”, ottengono il berretto verde e diventano così membri Lucko ATJ a pieno titolo, con l’impegno di un

ulteriore sviluppo. I candidati devono inoltre acquisire delle conoscenze nel campo della negoziazione ed hanno come formazione base attività all’interno di operazioni con elicotteri. Durante l’addestramento base ogni candidato sarà osservato attentamente, in modo da intuire verso quale specialità è più portato ed a seconda delle necessità dell’unità, verrà mandato a svolgere una formazione specialistica: sniping, immersioni, trattative, tattiche e tecniche d’intervento, paracadutismo, soccorso in elicottero ed altri. Al completamento della formazione base, gli istruttori scelgono i candidati che soddisfano i criteri imposti e li inviano alla prossima fase della formazione, cioè la formazione specifica, della dura 6 mesi. Coloro che invece non superano la fase selettiva, cioè la formazione base, vengono rimandati alle unità di provenienza. La formazione specifica si svolge attraverso vari corsi ed è obbligatoria per tutti i membri del gruppo. Essa rappresenta un più alto livello di preparazione per gli interventi. Oltre alla formazione fisica ed alla formazione sull’utilizzo di vari tipi d’armi (fucili d’assalto, pistole, fucili mitragliatori, armi speciali ed armi che si trovano nelle mani dei terroristi), questa parte si concentra sulle tattiche tipiche delle operazioni antiterrorismo, come lo spostamento attraverso gli edifici, da una stanza all’altra, sulle scale e negli ascensori, raid su bus, treni, navi, aerei, azioni di sorveglianza e cattura di pericolosi criminali, protezione di VIP, ecc.. I futuri membri ATJ Lucko devono anche imparare ad utilizzare sistemi di comunicazione ed

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attrezzature speciali che sono a disposizione del gruppo, come i dispositivi di visione notturna per osservazione e puntamento, esplosivi, ecc.. I futuri membri del gruppo prendono parte a corsi di lingua e psicologia, al corso di guida ad alta velocità, al corso di paracadutismo di base che dura circa 3 settimane, alle azioni di soccorso organizzate in collaborazione con l’unità elicotteri del Ministero degli Affari Interni, con il quale vengono praticate corda veloce, tecniche d’arrampicata e tiro da elicottero. Anche se l’infiltrazione dalla terza dimensione non viene quasi mai utilizzata durante gli interventi, l’Unità è destinata anche a questo ed i futuri membri delle forze speciali devono esercitarsi molto su questa tecnica. Il resto della formazione è incentrata sull’arresto di pericolosi criminali, scorte ad alto rischio o di tutela di persone importanti. Alla fine del percorso formativo ed avendo ottenuto le qualifiche, i nuovi operatori, sono inviati alle squadre operative del gruppo ed insieme ai loro colleghi più anziani, partecipano alle esercitazioni sulla realizzazione di operazioni antiterrorismo affidate all’Unità. Tuttavia, l’ammissione nel gruppo non significa che l’allenamento è finito. Al contrario, un membro delle forze speciali deve continuare i suoi allenamenti al fine di mantenere o, se possibile, migliorare il suo livello di preparazione e le capacità per il completamento dei compiti (mantenimento della formazione). Sono pochi gli operatori che vengono addestrati per alcune specialità (circa il 30%). Corsi di formazione professionale sono svolti attraverso seminari per le abilità speciali, necessarie per gli interventi. Abilità speciali e specialità rappresentano il massimo livello di formazione degli operatori, la selezione è effettuata secondo l’affinità personale di ciascuno:

attività anti-esplosivo• Corso generale esplosivi (formazione al lavoro con

gli esplosivi negli interventi, raid in una costruzione, mezzi di trasporto, effetti a sorpresa, la protezione e la sicurezza del gruppo..)

• Formazione per gli interventi con esplosivi in immersione (livello più alto di operazioni complesse)

diving• Corsi classificati in categorie, fino al livello d’istruttore

per le immersioni in qualsiasi condizione.Formazione Sniper• Formazione in tiro sniper ad alta precisione da breve e

lunga distanza.Specialità in montagna• Formazione in alpinismo, speleologia, scii su tutti i

terreni, salvataggio per le operazioni di combattimento su terreno di montagna ed operazioni di ricerca e soccorso (SAR).

attività in elicottero• Formazione in fase di discesa dall’elicottero sul

sito di destinazione per mezzo di diverse tecniche e salvataggio.

Formazione con Paracadute• Salti con paracadute sui siti di destinazione (HALO e

HAHO).

Sulla base di quanto sopra, i membri dall’ATJ Lucko sono preparati per le azioni in tutti i tipi di scenari: terra, acqua ed aria. Il mantenimento della formazione rappresenta un esercizio quotidiano e continuo. I gruppi operativi sono sottoposti a regolari test ed esercizi, destinati al miglioramento o mantenimento del livello di preparazione fisica, tecniche e tattiche acquisite da ogni individuo. Ad ogni membro del gruppo è richiesto di mantenere il livello necessario di forma fisica, resistenza, forza e flessibilità. Per questo motivo, sport collettivi, corsa ed arti marziali vengono praticati costantemente. In merito tecnico, costantemente, gli operatori si allenano all’utilizzo di ogni tipo di arma ed in tutte le diverse situazioni. Durante queste esercitazioni vengono utilizzare munizioni speciali, cosiddette Simunition, che permettono di sparare agli altri operatori, creando così simulazioni in cui i poliziotti possono stimare il pericolo di fuoco nemico e, sulla base di questo, trovare il modo migliore per reagire. I test tattici sono sistematici ed includono varie azioni, come l’arresto della persona armata e fisicamente instabile e situazioni complesse come la liberazione di ostaggi dai terroristi. Queste esercitazioni simulano la realizzazione di tutti i tipi d’azioni in strade, edifici, treni, navi, aerei (ATJ Lucko è l’unica unità sul territorio della Repubblica Croata che agisce in caso di sequestri su aerei) e richiede una perfetta conoscenza dei dettagli di tutti gli aerei utilizzati della compagnia nazionale di trasporto aereo. L’addestramento per i raid su aeroplani è veramente complesso ed i membri dell’unita devono esser perfettamente preparati, perché il conflitto a fuoco è comune in queste situazioni. Di conseguenza, solo i membri delle forze speciali con più esperienza vengono utilizzati in questi casi. L’esperienza ha dimostrato che, in queste situazioni, le vittime non sono solo comuni passeggeri ma anche membri delle unità che fanno l’irruzione ed affrontano i dirottatori. Il rischio è grande ed il tempo per prendere decisioni cruciali, in queste situazioni, è solitamente molto poco, per questo solo i membri con grande esperienza delle forze speciali di polizia possono prender parte a queste azioni. In Europa e nel Mondo, ATJ Lucko ha degli accordi internazionali per interscambi d’esperienza con molte delle forze speciali di polizia ed i loro relativi impegni statali. Così, nel campo della formazione, delle esercitazioni, dei corsi e dei seminari, cooperano con l’unità speciale “Cobra” austriaca, l’unità speciale SEK tedesca, unità GIPN della gendarmeria e l’unità speciale della polizia RAID francese, gli specialisti cechi dell’URNA, l’unità speciale SE slovena, con esperti dell’FBI, con la maggior parte dei team di negoziazione Europei e molti altri. I Membri dell’ATJ Lucko svolgono inoltre corsi di protezione di persone (protezione Vip) in Israele.

armamenTi ed equiPaggiamenTo

I membri dell’Unità Speciale della Polizia ATJ Lucko partecipano ad azioni che richiedono l’utilizzo di attrezzature speciali, che incrementino le loro possibilità di sopravvivere durante le azioni e simultaneamente

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permettano loro di reagire tempestivamente in varie condizioni. L’attrezzatura include sia l’equipaggiamento personale che i vari sistemi che sono utilizzati come supporto alle missioni collettive. L’unità utilizza una divisa standard, composta da due parti, di colore verde chiaro (realizzata in Goretex dall’azienda locale Splendor – Tekstil). Durante le azioni d’assalto, i membri dell’unità, utilizzano una tuta nera Kroko M700/701 fatta in ignifugo Nomex. L’uniforme mimetica verde Kroko e l’uniforme mimetica Woodland, entrambi prodotte in Croazia, sono utilizzate durante le missioni nelle foreste o nelle aree urbane. Con la divisa, i membri, indossano anfibi alti per interventi tattici (Telson GTX”8 Modello K-008), realizzati in cordura e pelle, con fodera impermeabile in Goretex e suola in Danner Exo Uniform. Oltre a questi, i membri dell’unità, indossano anche degli anfibi bassi Telson GTX”6 Modello K-009, realizzati con lo stesso materiale ed ideali per lunghe marce e per le corse. Il gilet tattico da combattimento è il Kroko M-402 in colorazione nera oppure Camouflage. Le armi personali sono inserite nelle apposite custodie rigide Kroko M-116/118 che sono nella cintura della stessa manifattura Kroko M-150. L’equipaggiamento include una calotta “raid” per la protezione del viso, occhiali balistici protettivi Arena Tactical Flakjak, occhiali da sole Ess Flyby Modello K026, guanti Camelbak o guanti con un rinforzo con membrana resistente alle lame Kroko M-AR10LS, con fodera Amortez, gomitiere e ginocchiere, fondine come scomparti di ricambio, maschera antigas militare M-95 con filtro sul lato, coltello da combattimento Extrema Ratio Fulcrum, baionette Extrema Ratio Fulcrum S, etc..L’emblema dell’unità, a forma di foglia, con due fulmini sovrapposti ad una spada, è posizionato sulla manica sinistra, mentre l’emblema della Polizia Croata è posizionato sulla manica destra dell’uniforme. In piccolo, le parole “Polizia Speciale” sono stampate sulla parte anteriore destra della divisa (sul petto) mentre sono stampate in grande ed in giallo sul retro della divisa e del gilet da combattimento. I membri dell’unità indossano un basco verde scuro, il simbolo della Polizia Speciale Croata. La protezione balistica della testa è data dal casco Pasgt Sestan Busch BK-3 il cui livello di protezione è III o IIIA, secondo NIJ 0106.01 STANAG 2920 V50 standard, così come dal casco BK6 di stessa manifattura e con lo stesso livello di protezione. La visiera di vetro balistico, che protegge il viso da lesioni dovute a luce e tagli, può esser montata sul primo casco. I giubbotti balistici sono anch’essi della Kroko, modello M-150, e possono fermare ogni tipo di proiettile di piccolo calibro, livello protezione IIIA. Se necessario, il giubbotto balistico può esser

ulteriormente rinforzato con una placca in ceramica, in modo che possa fermare anche le munizioni sparate da fucili d’assalto. L’unità antiterrorismo del Ministero degli Affari Interni della Croazia presta particolare attenzione all’acquisto di armi di qualità, in grado di soddisfare tre criteri fondamentali: contenimento dei costi, semplicità e funzionamento impeccabile. Ogni membro dell’unità è armato con pistola HS2000 9x19 mm, HS Tactical .45 ACP (Springfield Armory XD45), S&W .40 o con l’eccellente pistola ceca Zbrojovka M-75B 9x19 mm. Su quest’arma, nella parte inferiore, è possibile installare una torcia tattica Surefire per le operazioni con visibilità ridotta o in completa oscurità. Per le azioni d’assalto l’ATJ Lucko utilizza il fucile mitragliatore H&K MP-5 (9x19 mm), nelle versioni MP-5 A3 e MP-5A5 (nuova versione con quattro posizioni di fuoco selezionabili: sicurezza dell’arma, fuoco singolo, raffica di 3e fuoco continuo) e la versione con silenziatore integrato MP5 SD. L’arsenale della Lucko comprende anche il fucile croato ERO, che è, praticamente, una copia dell’UZI Israeliano. Altri due “tedeschi” sono stati aggiunti ultimamente, i fucili

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mitragliatori H&K MP7 UMP 45ACP ed A1 4.6x30 mm. Tutte queste armi hanno un’appropriata guida Picatinny per il fissaggio dei dispositivi ausiliari quali mirini Aimpoint, luci tattiche Surefire G2, ecc.. La seconda arma dell’unità è il fucile d’assalto tedesco H&K G-36 5.56x45 mm NATO e la sua versione compatta G-36C. Questo fucile può essere equipaggiato con telescopio fotografico Hensolt con zoom 3x, mirini Aimpoint e silenziatori svizzeri Brugger & Thomet AG. I membri dell’unità utilizzano maggiormente le munizioni ceche Sellier & Bellot, mentre i Simunition, con proiettili di plastica o marker, vengono utilizzati durante le esercitazioni. Per i tiri d’alta precisione, gli sniper dell’unità, utilizzano uno dei fucili da sniper più costosi al mondo, il famoso H&K PSG1 A1 Terminator in calibro 7.62x51 NATO, dotato di mirino Zeiss con zoom 6x42. L’arsenale dell’Unità include anche il fucile Steyr SSG Police ed il fucile M-69 con canna pesante, con visore diurno/notturno Dedal. Un altro ottimo fucile, utilizzato dagli snipers dell’unità, è il “bolt action” finlandese, il Sako TRG-42 .338 Lapua Magnum, dotato di visore tattico Leupoldn VX Mark IV. Nell’arsenale dell’ATJ Lucko possiamo includere ancora due eccellenti fucili di precisione H&K 417 20” (7.62x51) con canna da 20 pollici (50,8 cm) ed Erma SR100 (308 win / 300 win.mag / 338 Lapua). Durante l’abbattimento di porte o nelle azioni in cui è richiesta una grande forza, i membri dell’Unità utilizzano diversi tipi di fucile da combattimento quali l’M4 Benelli, il Franchi 12 ed il Mosseberg (Mod. 500 e 590). Il supporto è attivo con MG-4E 5.56x45 mm ed AGL da 30 mm. In aggiunta, l’unità utilizza armi elettriche non letali Taser X26, le varie bombe d’urto (flashbang) e gas lacrimogeni. Per quanto riguarda altri equipaggiamenti comuni e di accompagnamento, l’ATJ Lucko ha a disposizione scudi balistici K-810 il cui livello di protezione è IIIA e lo scudo balistico K-811 il cui livello di protezione è III, secondo lo standard 0.108,01 NU. Questi schermi, fabbricati dal rinomato produttore austriaco Ressening, pesano 29 kg ed hanno piccole ruote, sono utilizzati durante l’irruzione nei locali. Per le comunicazioni, l’unità utilizza un sistema standard di comunicazione della polizia croata, stazioni radio digitali con crittografia Motorola MTP 850 ed il

sistema Clip-com di ascolto e conversazione (MTK).I lanci con paracadute dei membri dell’unità sono eseguiti con paracadute di manifattura francese, modelli Prima ZP 290 e Classic. Ci sono anche attrezzature da arrampicata prodotte dalla Marlow K196, uno zaino “climatizzato” Camelbak Hawg da 3l, uno zaino da combattimento Kroko M-120 da 95l, un piccolo zaino Kroko M-100 da 60l, una luce tattica Surefire G2 Nitrolon e Surefire Z2, un visore notturno monoculare multi-scopo NVS-1, barella pieghevole (modello compatto EMS K804 e K805), equipaggiamento per lo scii alpino e per spostamenti sulla neve ed altro ancora. I subacquei, oltre alla dotazione standard, utilizzano mute “Wet-and-Dry” e sono equipaggiati con respiratori a circuito chiuso DRÄGER LAR VII. Per l’esplorazione/osservazione prima e durante l’intervento, i membri usano attrezzature quali stetoscopi, termovisori ad infrarossi, visori notturni, telecamere gestite a distanza, monitor video, disturbatori di frequenza GSM, GPS, set di negoziazione e molto altro.Il superamento di ostacoli e l’irruzione in tutti i locali è possibile con l’aiuto di vari mezzi di effrazione (violazione). Così, per sfondare una porta usano il dispositivo idraulico Door Raider, “ariete” con unità cinetica ed un cannone ad acqua, slitta violazione/rottura, boltmaster, ascia ed altri. Sono inclusi anche i mezzi esplosivi per l’ingresso forzato, che possono distruggere porte, finestre e pareti. Questi mezzi sono di produzione propria, la dimensione varia a seconda dell’esigenza. Il Parco veicoli è costituito da mezzi civili e furgoni d’alta gamma come Mercedes Viano e G320, VW Tuareg, BMW X5 ed altri. Per il trasporto dei sommozzatori, barche ed attrezzature, l’unità utilizza furgoni Mercedes Sprinter. L’unità utilizza veicoli di commando e veicoli corazzati (BOV M-86). Per compiti più specifici, in acqua, l’unità utilizza gommoni con motori fuoribordo RIS 50Ks, ma per le attività in mare viene anche utilizzato il gommone SACS con cabina e 2 motori fuoribordo, 150 ks per ognuno. Per muoversi rapidamente e per l’esecuzione delle attività dall’aria, l’unità speciale Lucko utilizza gli elicotteri delle unitàaeree della Questura Speciale.

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Collaboriamo per la produzione dei nostri prodotti con la Tokyo Marui, King Arms, Guay Guay G&G e molti altri. La Cybergun è l’unica azienda che produce prodotti in fabbriche con licenze ufficiali del governo Cinese.

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ARMI STORICHE ARMI STORICHE ARMI STORICHE ARMI STORICHE ARMI STORICHE ARMI STORICHE ARMI STORICHE ARMI STORICHE

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Mauser m37Dal “Terzo Reich” allo “Stato Nuovo”K98k contratto portoghese

ARMI STORICHE ARMI STORICHE ARMI STORICHE ARMI STORICHE ARMI STORICHE ARMI STORICHE ARMI STORICHE ARMI STORICHE

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Sopra:particolare del crest di notevoli dimensioni

Sotto:sul fianco sinistro della carcassa una scritta

che recita: Mauser-Werke A.G. Oberndorf

Di Luca TineLLi - foTo Di MarTa nobiLe

Solitamente siamo portati ad associare il K98k (Karbiner 1898 Kurz) all’arma principale in dotazione alle truppe tedesche nella seconda guerra mondiale, corretto, ma la Germania nazista mise a disposizione l’uso e/o la produzione di quest’arma a molti paesi “satellite” del Terzo Reich. Uno di questi fu il Portogallo.

CominCiamo Con un po’ di storia

Siamo nel 1937, Hitler afferma il suo potere, i paesi di origine germanica sono annessi al Reich, altri vengono armati, addestrati ed istruiti alla guerra. Il Portogallo, sotto il governo di Antonio Salazar, partecipa alla guerra civile spagnola con una milizia composta da volontari, in appoggio ai soldati di Francisco Franco, chiedendo alla Mauser una nuova arma individuale per la fanteria. La Mauser inizia la produzione di K98k destinati al Portogallo. Questa versione verrà denominata M37 (Modello 1937).Prima di parlare, nello specifico, dello strumento in questione, lasciate che spenda due parole sulle armi dette “a contratto”, per chiarire un malinteso che molto spesso si palesa. Quante volte si sente parlare, nel caso dei Mauser, di modello israeliano, portoghese, argentino, cileno, messicano, serbo, ecc.. Bisogna saper distinguere bene un esemplare dall’altro, perché non tutti possono aver avuto origine nel paese in cui si trova in dotazione alle medesime forze armate. A questo punto la storia gioca un ruolo fondamentale nella

conoscenza di un appassionato d’ex-ordinanza. Il concetto di contratto, lo spiega il termine stesso, è da intendersi come l’acquisto, da parte di uno stato estero (Germania), di un’arma costruita secondo le specifiche richieste dall’acquirente (Portogallo), mantenendo sempre la base del modello originale (Mauser K98k).Abbandoniamo i discorsi troppo generici ed iniziamo a parlare del protagonista del nostro articolo.A primo impatto, questa carabina è identica a tutti i K98k, si distingue solo per alcuni particolari che la rendono, oltre che uno splendido pezzo da collezione, uno dei Mauser maggiormente ricercati. Appena presa in mano quest’arma, salterà

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Sopra:copri-mirino alette a “V”

Sotto:maniglia d’armamento ricurva

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subito all’occhio il crest di notevoli dimensioni, posizionato al centro, sulla culatta di canna, al posto della sigla di riferimento all’arsenale di provenienza, evidenziato dall’anno di produzione (1941). Questo è l’elemento identificativo di base. (Chiunque avesse il minimo dubbio sull’autenticità di questo esemplare, troverà sul fianco sinistro della carcassa una scritta che recita: MAUSER-WERKE A.G. OBERNDORF A.N.). Portandolo in mira si noterà il secondo punto di differenza: il copri-mirino, non più a ponticello come siamo abituati a vedere, ma ad alette a “V”, unite tra loro dal basso e fermate da una vite laterale, esattamente come per il Vergueiro 1904 che lo precedette. (Purtroppo l’esemplare in questione ne è sprovvisto). Per il resto rimangono invariate tutte le caratteristiche estetiche e tecniche fondamentali, ma andiamo ad esaminarlo nel dettaglio. La meccanica dell’otturatore si presenta robusta ed affidabile, non per niente viene utilizzato ancora oggi su carabine express di grosso calibro. La maniglia d’armamento ricurva, abbinata ad una sede ricavata nella calciatura, permette un riarmo veloce e preciso, al di sotto di essa una waffenamt, segno di unica appartenenza per tutte le componenti che formano questo prezioso oggetto storico. L’estrattore, imponente e massiccio come pochi, garantisce un funzionamento impeccabile con la sola clausola che non consente l’incameraggio di cartucce direttamente in camera di scoppio, ma necessita sempre di un’alimentazione da parte del serbatoio sottostante.Lo smontaggio è estremamente semplice.. se si conosce il trucco! A cosa serve l’anello d’acciaio nel calcio? ebbene si! Serve per disassemblare, dall’otturatore, il percussore al suo interno, senza difficoltà e soprattutto senza attrezzi, con le sole nude mani! Dovete pensare che in guerra, per quanto un’arma possa sembrare

indistruttibile ed affidabile, un percussore, dopo un utilizzo estremo, tenderà, non tanto a rompersi, quanto ad usurarsi, diventando la componente sostituibile con più frequenza. Noterete infatti che la matricola porta cinque cifre anziché quattro, diverse dal resto dell’arma, semplicemente perché sarebbe stato inutile apporre la stessa matricola su una componente da sostituire con frequenza. Chi ha avuto modo di utilizzare un K98k avrà notato che, dopo aver espulso l’ultimo colpo,

waffenamt segno di unica appartenenza per tutte le componenti

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l’elevatore impedisce all’otturatore di ritornare in posizione di chiusura, è in pratica un “avvisatore di arma scarica”, come nelle carabine semiautomatiche. Per agevolare quest’operazione, i tedeschi ricavarono un incavo a misura di pollice, per abbassare manualmente l’elevatore. Il serbatoio, da cinque colpi a presentazione bifilare, può essere rimosso per manutenzione o per uno scaricamento rapido, premendo il tasto nel foro, presente alla base della soletta, con l’ogiva di una cartuccia. Il caricamento, come per la maggior parte dei bolt-action dell’epoca, può avvenire sia tramite lastrine, in maniera veloce, inserendole nell’apposita feritoia ad “U”, sia a cartuccia singola. Se proprio si vuole cercare un difetto strutturale in quest’arma, lo si trova nella bacchetta per la manutenzione sotto la canna, un po’ scomoda, dato che deve essere rimossa se si vuole innestare la baionetta, ed inutilizzabile se si è da soli! Essendo lunga circa venticinque centimetri, fu pensata per un impiego “di squadra”, tre soldati dovevano unire le rispettive bacchette, tramite la filettatura all’estremità, ottenendo il kit di pulizia di cui necessitavano. L’alzo a cursore, graduato da 100 a 2000 metri, fissato da un perno a molla, porta i riferimenti metrici da ambedue i lati, dotato di punzonature waffenamt e matricola, come ogni singolo pezzetto removibile dell’arma. Anche la calciatura, oltre la matricola, come “prova di fede”, porta al centro un grossa aquila che sorregge una croce uncinata sulla sigla WaA135 (marchio applicato dalla Mauser di Oberndorf dal 1941 al 1945).

sCheda teCniCaed utilizzo pratiCo

Il K98k, a differenza del K98 (primo modello), ha una canna da 60 cm a 4 principi destrorsi, per una lunghezza complessiva di 110 cm, un peso di 4.3 kg e camerato per il famoso 7.92x57 IS (Infanterie Spitzer), modificato

waffenamt segno di unica appartenenza per tutte le componenti

l’anello d’acciaio per disassemblare, dall’otturatore, il percussore al suo interno

incavo a misura di pollice, per abbassare manualmente l’elevatore

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Il caricamento può avvenire sia tramite lastrine inserendole nell’apposita feritoia ad “U”, sia a cartuccia singola

ARMI STORICHE ARMI STORICHE ARMI STORICHE ARMI STORICHE ARMI STORICHE ARMI STORICHE ARMI STORICHE ARMI STORICH

dagli americani in JS e chiamato comunemente 8 mm Mauser, anche se questa ditta non ebbe nulla a che fare con lo sviluppo di questa cartuccia. In commercio non c’è molta scelta, si trovano, per esempio, le Geco che montano una palla TIG da 185 grani per la caccia al cinghiale, oppure le Sellier & Bellot, formidabili per il tiro, le quali caricano una palla blindata da 196 grani, anche se volendo essere pignoli questo calibro nasce con un proiettile dal peso di 198 grani. Prestate attenzione ai suoi “fratelli minori”, tanto rassomiglianti nell’aspetto, quando diversi nell’anima. Sto parlando dell’ 8x57 J, in realtà un 7.79 mm e dell’ 8x57

JRS, un 8.05 mm rimmed, caricato in maniera più lieve per carabine basculanti. Tengo a precisare che sono misure riferite alla foratura di canna e non al diametro della palla, vi ricordo che il calibro lo fa l’arma e non la munizione!A mio personale parere, il Mauser K98k, qualunque sia la sua storia, la sua origine o la sua manifattura, è stato, è e sempre sarà, una delle armi più belle ed affascinanti che il mercato offre a tutti i collezionisti, cacciatori o tiratori italiani. Il modello esaminato fu prodotto dal 1937 al 1941, il numero di catalogo è 1252 ed il prezzo dipende dall’autenticità e dalle condizioni generali.

bacchette del kit di pulizia proiettile dal peso di 198 grani

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TacTical casualTy combaT care

soccorso duranTeconfliTTo a fuocoIl soccorso durante il conflitto a fuoco consiste nell’insieme d’interventi effettuati dal soccorritore alla vittima, nel punto dove è avvenuto l’infortunio, mentre entrambi si trovano ancora sotto il fuoco nemico. Il rischio costante di ulteriori infortuni è estremamente alto, sia per il ferito che per il soccorritore. Le maggiori considerazioni durante questa fase del soccorso sono:

• La supervisione del fuoco nemico;• Lo spostamento del ferito in posizione sicura;• Il trattamento immediato delle emorragie (se in

pericolo di vita).

Il soccorso di un ferito nella fase di uno scontro a fuoco è complicato da severi fattori tattici:

• L’equipaggiamento medico disponibile per le cure è limitato a ciò che è trasportato dal singolo soldato e dai soccorritori;

• L’unità della vittima sarà impegnata con le forze ostili, specialmente durante l’impiego di una piccola unità, non sarà quindi a disposizione per l’assistenza, il trattamento e l’evacuazione della vittima;

• La situazione tattica impedisce al medico od al soccorritore di eseguire un esame dettagliato od un trattamento definitivo alla vittima.

Inoltre, queste situazioni si verificano spesso durante le operazioni notturne, con gravi conseguenti limitazioni visive nel trattamento della vittima.

Azioni difensive

La miglior medicina su un campo di battaglia è la superiorità di fuoco. Il rapido successo della missione di combattimento è l’immediata priorità ed è il miglior modo per prevenire il rischio di lesioni al resto del personale o lesioni aggiuntive alla vittima. L’aggiunta della potenza di fuoco del personale medico, quando possibile, può esser essenziale per ottenere la superiorità di fuoco. Inizialmente, il personale medico può aver bisogno di aggiungersi alla risposta al fuoco prima di prestare le cure alla vittima. Inoltre, le vittime che non sono in pericolo di vita e sono ancora capaci di partecipare al combattimento, devono continuare a rispondere al fuoco come sono in grado di fare.

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TacTical medic TacTical medic TacTical medic TacTical medic TacTical medic TacTical medic TacTical medic TacTical

Di Max ScuDeler

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Le barelle standard per l’evacuazione del paziente potrebbero non esser disponibili per lo spostamento delle vittime nel soccorso in fase di scontro a fuoco. Considerare di utilizzare metodi alternativi di evacuazione, come la barella Sked e la barella Talon II

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TacTical medic TacTical medic TacTical medic TacTical medic TacTical medic TacTical medic TacTical medic TacTical

Gestione delle vie Aeree

Non eseguire nessuna gestione delle vie aeree nel soccorso durante il conflitto a fuoco. Le lesioni delle vie aeree giocano di solito un ruolo minimo nelle perdite in combattimento, comprendono una percentuale che va dall’1 al 5% di vittime e sono principalmente dovute a ferite maxillo-facciali. La prima preoccupazione è quella di spostare la vittima al coperto il più in fretta possibile. Il tempo, l’attrezzatura ed il posizionamento richiesto per gestire una compromissione delle vie aeree espone la vittima ed il soccorritore all’aumento del rischio. I soccorritori devono rinviare la gestione e la fase di cura delle vie aeree a dopo il conflitto, quando la vittima ed il soccorritore saranno al sicuro dal fuoco nemico.

il controllo dell’emorrAGiA

La causa numero uno delle morti prevenibili sul campo di battaglia è il dissanguamento da ferite alle estremità. Quindi, come primo intervento medico

durante le cure in conflitto a fuoco sarà necessario fermare qualsiasi sanguinamento, il prima possibile. Le ferite ad un’arteria o ad altri vasi sanguigni maggiori, possono rapidamente peggiorare in shock emorragici e conseguente dissanguamento. Una vittima può dissanguarsi prima dell’arrivo dell’aiuto medico, quindi in definitiva, il controllo delle emorragie nel campo di battaglia non può esser sottovalutato. In Vietnam, il dissanguamento da ferite alle estremità è stato causa di morte di più di 2.500 vittime che non avevano subito altre ferite.

ferite alle estremità: Il rapido e temporaneo utilizzo del laccio emostatico (CAT - Combat Applied Tourniquette) è la gestione raccomandata per tutte le emorragie alle estremità. Le fasciature da campo standard e la diretta pressione possono non funzionare in modo affidabile nel controllo di queste emorragie. Il tradizionale addestramento ATLS (Advanced Trauma Life Support) scoraggia l’utilizzo di lacci emostatici, mentre sono appropriati nell’ambiente del combattimento tattico. I benefici dell’utilizzo del laccio emostatico rispetto agli

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altri metodi di controllo di un’emorragia, in fase di combattimento, sono i seguenti:

• La pressione e la compressione diretta sono difficili da attuare e mantenere in combattimento e possono esserci ritardi nell’ottenere coperture per la vittima da parte del soccorritore.

• I lacci emostatici possono esser applicati dalla vittima stessa, così da limitare l’esposizione del soccorritore al fuoco ostile.

• Ci sono poche complicazioni dovute all’utilizzo del laccio emostatico., il danno ischemico è raro se il laccio emostatico è posizionato per meno di due ore.

Durante le cure sotto conflitto a fuoco, la vittima ed il soccorritore sono in grande pericolo a causa fuoco nemico, durante l’applicazione del laccio emostatico. Talvolta può esser necessario ignorare le emorragie non a rischio di vita fino a quando non cessa la fase tattica sul campo. Il soccorritore deve prendere la decisione riguardante il rischio relativo ad ulteriori

infortuni dovuti all’applicazione del laccio emostatico, contro la possibilità di un dissanguamento.ferite non alle estremità: Come per le ferite alle estremità, durante lo scontro a fuoco, si affrontano solo le emorragie che espongono la vittima ad immediato rischio di vita. Se il sito dell’incidente è accessibile, il sanguinamento può esser controllato con una pressione diretta e/o con dispositivi emostatici. Uno dei dispositivi emostatici attualmente più raccomandati è la medicazione HemCon, un bendaggio impregnato con agente emostatico glucosamina poly-N-acentyl.Tra le complicazioni dovute all’utilizzo è inclusa una reazione esotermica che causa dolore e la perdita collaterale dei tessuti. In aggiunta, essendo in polvere, questo prodotto può esser difficile da somministrare correttamente sul campo di battaglia, specialmente di notte. Quindi, per la sicurezza e la facilità d’utilizzo, il Comitato per la TCCC (Tactical Combat Casualty Care) raccomanda l’utilizzo di un bendaggio emostatico, come l’HemCon, come prima

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sinistra: La prima preoccupazione è quella di spostare la vittima al coperto il più in fretta possibile. Il tempo, l’attrezzatura e il posizionamento richiesto per gestire una compromissione delle vie aeree espone la vittima e il soccorritore all’aumento del rischio (paramedici di uno SwAT Team mentre simulano una decompressione pneumotorace iperteso).

destra: Max Scudeler (autore del servizio e collaboratore di TNM) è attualmente in sevizio nell’US Army in qualità di TRAUMA PARAMEDIC

TacTical medic TacTical medic TacTical medic TacTical medic TacTical medic TacTical medic TacTical medic TacTical

opzione per il controllo delle emorragie in casi non riconducibili all’utilizzo di un laccio emostatico. Può esser considerato l’utilizzo del QuikClot solo dopo questo tipo di bendaggio.

il trAsporto dellA vittimA

Il trasporto della vittima è uno degli aspetti più problematici del TCCC. Nella cura sotto la fase di fuoco, il trasporto è complicato per il limite dovuto alla scarsa attrezzatura, per il poco personale disponibile e per il rischio di ulteriori infortuni dovuti al fuoco ostile. La rimozione della vittima dal campo di battaglia, che deve esser fatta il prima possibile, è il trasporto prioritario in questa fase di cura. Non tentare di salvare lo zaino della vittima, a meno che non contenga materiale cruciale per la missione. Tuttavia, se possibile, si devono recuperare le armi e le munizioni della vittima. I nemici potrebbero utilizzarle contro.

immobilizzazione della colonna cervicale: sebbene le linee standard di soccorso civile indichino, come prima cosa, di immobilizzare la colonna cervicale prima di trasportare un paziente che potrebbe essersi provocato danni alla colonna vertebrale, questa pratica non è generalmente appropriata alle situazioni di combattimento. In Vietnam, studi approfonditi hanno esaminato l’utilità del blocco spinale su ferite da penetrazione al collo, trovando che solo l’1.4% delle vittime con questo tipo di ferita avrebbe potuto trovare un qualche beneficio dall’immobilizzazione della colonna cervicale. Il tempo necessario per realizzare un bloccaggio della colonna cervicale efficace è stimato sui 5.5 minuti, con soccorritori esperti. In aggiunta, l’equipaggiamento necessario per questa procedura (la tavola spinale) non è generalmente disponibile nella zona dell’incidente. Quindi, il potenziale pericolo che il fuoco nemico colpisca nuovamente la vittima o i soccorritori supera i possibili benefici dovuti all’immobilizzazione della colonna cervicale. Tuttavia, per le vittime di significativi traumi contusivi, l’immobilizzazione cervicale è appropriata durante le cure in fase di conflitto a fuoco. Lesioni dovute al paracadutismo, al fast-roping (discesa veloce della corda), cadute da altezze superiori a 15 piedi (4,57 metri) ed altre tipologie di trauma con conseguente dolore al collo o stato di incoscienza, devono esser trattate con il bloccaggio della colonna cervicale, a meno che il

pericolo del fuoco nemico non costituisca, a giudizio del medico, un rischio maggiore. metodi di trasporto: Le barelle standard per l’evacuazione del paziente potrebbero non esser disponibili per lo spostamento delle vittime nel soccorso in fase di scontro a fuoco. E’ necessario considerare l’utilizzo di metodi alternativi di evacuazione, come la barella Sked e la barella Talon II, o trascinando il ferito fuori dal campo di battaglia per i suoi indumenti, poncho o anche una larghezza di corda con un moschettone. Si deve, inoltre, considerare di poter utilizzare oscuranti, come il fumo o il CS (agente irritante) come aiuto nel recupero della vittima. I veicoli possono anche esser utilizzati come difesa durante i tentativi di recupero. In Iraq ci sono stati numerosi casi in cui serbatoi sono stati utilizzati come metodi di difesa per facilitare il CASEVAC (Casualty evacuation – Evacuazione di vittime).

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esempio di come viene applicato un CAT - Combat Applied Tourniquette

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Di OViDiO Di GiANFiLiPPO E LUiGi PALMA

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Sono tante le case costruttrici di armi corte destinate all’utilizzo tattico-difensivo che ormai, negli anni, si sono ricavate le loro sicure nicchie d’impiego tra i reparti militari e di polizia di tutto il mondo. Tra queste ce ne sono due in particolare che occupano un posto ormai ben definito dall’esperienza e dalle qualità tecnico-funzionali, stiamo parlando di BERETTA e SIG SAUER.L’articolo in questione è una comparazione tra due pistole semiauto fabbricate dalle due case sopraindicate, più precisamente parleremo di una delle ultime creature della casa teutonica e dell’’italiana per eccellenza, quella che per molti rappresenta la nostra Polizia, i nostri Carabinieri, insomma le nostre forze dell’ordine in genere. Stiamo parlando della comparazione tra SIG SAUER mod. SP2022 e BERETTA mod. 98 FS, entrambe nel blasonato cal. 9x21.

BERETTA mod. 98 FS

Meglio conosciuta come M9 da parte dei militari USA che l’hanno scelta quale arma da fianco, la Beretta 98FS ha soddisfatto tutti i requisiti stabiliti dai capitolati militari americani e li ha superati ampiamente. Nel corso delle severissime prove condotte dall’Esercito degli Stati Uniti è capitato che ben 30.000 colpi siano stati sparati con un esemplare scelto a caso prima che questo accusasse un solo difetto di funzionamentoLa Beretta 98 FS è una pistola dalle generose dimensioni, nata per sparare sempre e comunque, morfologicamente inconfondibile proprio per alcuni suoi particolari, come per esempio l’ampia finestra d’espulsione che mette a

nudo il 90% della canna, fattore poi copiato da qualche altra casa costruttrice di armi. Nata dal miglioramento della serie 92 F, di quest’ultima la 98 FS e quindi la 92 FS (versione militare, camerata nel calibro 9x19 parabellum), mantiene le dimensioni e gran parte delle caratteristiche tecniche ed ergonomiche, anche se migliorata per qualche aspetto tecnico-funzionale.Come già detto la 98 FS è stata migliorata rispetto alla sua sorella precedente, e l’accorgimento più significativo apportato è caratterizzato dall’aggiunta della sicura passiva, che serve ad evitare infortuni al tiratore in caso di rottura del carrello (verificatasi talvolta durante i test per l’adozione militare statunitense di alcune 92 F). Questa sicura passiva non è altro che un dischetto di metallo fissato sul lato sinistro della parte alta dell’impugnatura, il carrello-otturatore è opportunamente fresato inferiormente, sul lato corrispondente al dischetto metallico in questione, in modo tale da scorrere liberamente senza che si verifichino intralci di sorta, ma è proprio la sede fresata nel carrello, che avendo corsa limitata, serve a fermare l’eventuale pezzo di carrello che rompendosi verrebbe proiettato in direzione posteriore costituendo un pericolo per il tiratore. (In realtà le rotture verificatesi alle 92 F sono state in percentuale bassissime, anzi, la cattiva pubblicità fatta alla Beretta per il modello 92 F è stata per lo più una campagna denigratoria, architettata dalle aziende concorrenti agli appalti per le forniture alle forze armate statunitensi). La Beretta 98 FS presenta una finitura nera opaca, costituita da polveri epossidiche,

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risultanti più resistenti della normale brunitura. Essa è un’arma caratterizzata dal classico sistema di recupero a corto rinculo di canna, in cui il vincolo meccanico tra canna e carrello è messo in atto da un blocchetto oscillante di tipo WALTER, utilizzato negli anni 30 per la realizzazione della famosa Walter mod. P-38. Quest’arma utilizza caricatori metallici con capacità di 15 cartucce calibro 9 mm, ha una canna con lunghezza di 125 mm, ed ha una lunghezza totale di 217 mm, con un peso a vuoto di circa 950 grammi. Gli organi di mira sono caratterizzati da tacca di mira anteriore, ottenuta mediante fresatura dal carrello-otturatore e dalla tacca di mira posteriore, innestata a coda di rondine. Il suo funzionamento è ad azione mista (singola e doppia azione), è corredata di molla di recupero di tipo elicoidale ed asta guidamolla in metallo pieno (solo nelle 98 FS di ultima produzione, l’asta guidamolla è fabbricata in materiale sintetico). La Beretta 98 FS è dotata di sicura manuale, azionabile mediante leva ambidestra, posta sulla zona alta e posteriore del carrello-otturatore. Tale sicura, azionata a cane armato, funge anche da abbatti-cane. Come tutte le pistole di concezione moderna, la 98 FS è dotata anche di sicura al percussore, costituita da un perno che trova alloggio nella parte interna destra del carrello, questo perno viene sollecitato a sollevarsi mediante azione del grilletto e sollevandosi svincola il percussore che può compiere il suo lavoro.L’estrattore è posto sul lato destro del carrello-otturatore, in corrispondenza delle linee zigrinate, che servono come grip per riarmare.

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SIG SAUER SP 2022 cAl. 9x21

La Sig Sauer SP 2022 è una pistola leggera, dalle dimensioni compatte, ma dalla classica linea squadrata ed aggressiva che delinea i connotati delle armi marcate SIG, la sua caratteristica è data dal fatto di avere il fusto in tecno-polimero, che gli conferisce una funzionale leggerezza, abbinata ovviamente a robustezza e durevolezza nel tempo, cosa che ormai tutti i polimeri per armi da fuoco devono garantire. Inquadrata nella serie SIG-PRO, la SP 2022 può essere considerata un’evoluzione della SIG-PRO SP 2340, rappresentando un ottimo connubio tra soluzioni ormai datate nel tempo (utilizzate dalla casa tedesca e garantite da una lunga esperienza d’impiego sul campo) e nuove soluzioni tecniche, che portano l’arma ad un’evoluzione in positivo per quanto riguarda efficienza e durata.Tutte (o quasi) le pistole con fusto in polimero, destinate ad utilizzo militare, di polizia e difesa personale, hanno come caratteristica quella di avere dorsalini intercambiabili, di diversa ergonomia, particolare che serve ad adattare il più possibile l’arma alle varie tipologie di mano umana. Nella SIG SP 2022 è possibile rimuovere completamente le guancette, permettendo così anche una manutenzione più accurata, visto che in questo modo si può accedere direttamente alla molla del cane, di tipo elicoidale, alloggiata nell’impugnatura. Altro particolare costruttivo è dato dalle guide metalliche su cui scorre il carrello-otturatore, le quali sono direttamente rivettate nel fusto, a differenza

di molte polimeriche in cui invece sono affogate nel polimero. Nelle SIG SAUER della serie P-220, P-225, P-226, P-228, il carrello-otturatore è ottenuto mediante imbutitura (stampaggio) di lamiera d’acciaio (ovviamente con spessore di generose dimensioni), con gruppo di alloggio percussore fissato al carrello tramite spinatura, mentre nella SP 2022 il carrello è ricavato da blocco d’acciaio fresato, con sede in cui alloggia il percussore completamente solidale, soluzione già adottata nella serie P-229. La SP 2022 ha lunghezza canna di 98 mm e una lunghezza totale di 187 mm, con un peso a vuoto di circa 760 grammi. Utilizza caricatori metallici a profilo bifilare con capacità di 15 cartucce. Il suo funzionamento è ad azione mista, quindi singola e doppia azione. Gli organi di mira sono a lamina, innestati a coda di rondine sia anteriormente che posteriormente, dotati di classico riferimento centrale di colore bianco, per rendere ancora più immediata la loro intercettazione. Le parti metalliche come canna e carrello sono costruite con acciaio al carbonio ed il carrello ha una finitura al nitron opaco che gli conferisce un aspetto militare. Come tutte le SIG SAUER, la SP-2022 è priva di sicura attiva azionabile manualmente, ma è provvista di leva con esclusiva funzione di abbatti-cane posta sul lato sinistro dell’arma. Per quanto riguarda la sicura al percussore, essa è costituita da classico pistoncino alloggiato nella parte alta interna del carrello, che al momento della pressione del dito sul grilletto, va a sollevarsi, svincolando il percussore e permettendo il funzionamento a fuoco dell’arma.

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Per svicolare il caricatore, la SP 2022 è provvista di pulsante posto sul lato sinistro dell’impugnatura, dove ha origine il ponticello del grilletto, tale pulsante è azionabile tramite pressione del pollice della mano.L’arma funziona tramite chiusura a corto rinculo di canna di tipo BROWNING modificato.

PRoVE A FUoco

Per le prove a fuoco ci siamo recati al campo di tiro dell’A.M.T.D.S. (Associazione Marsicana Tiro Dinamico Sportivo), con sede in Trasacco (AQ).Abbiamo testato entrambe le pistole con tre tipologie di munizione forniteci dall’armeria CALVISI RACHELE con sede in Trasacco (AQ):• I.M.I. SAMSON cal. 9x21 con palla semi jacketed soft point

da 115 grs;• SELLIER & BELLOT cal.9x21 con palla full metal jacket da

124 grs;Cartucce ricaricate utilizzando polvere VITHA VUORI N-340 e palla in lega da 124 grs con profilo troncoconico;sparando su distanze che andavano da 10 a 15 metri, sia con tiro rapido che con tiro lento mirato, un totale di 200 munizioni a pistola, riscontrando un funzionamento eccellente in entrambe le armi.Con tutte le tipologie di munizioni provate, le due armi, hanno dato ottimi risultati sia in termini di precisione (ovviamente sempre proporzionale alla nostra capacità personale di tiro, che può essere sempre migliorata), sia in termini di funzionalità, non facendo riscontrare nessun tipo

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di malfunzionamento. Durante le prove a fuoco abbiamo effettuato vari cambi caricatori, in varie forme operative (cambio tattico, cambio tattico con ritenzione, cambio d’emergenza), in tutte le modalità di cambio, le suddette armi risultano essere di rapido impiego, favorendo un riallineamento immediato grazie anche alle masse ben distribuite ed alle buone mire di cui le due pistole sono dotate.

IN SINTESI

Abbiamo a che fare con due armi attualmente in servizio:• La BERETTA 92-98 FS come tutti sappiamo, oltre che

ad essere in dotazione alle nostre forze armate e forze dell’ordine, è impiegata già da tempo in molti reparti stranieri, come US MARINE CORPS, molti distretti di polizia statunitense e altri ancora;

• La SIG SAUER SP-2022, da non molto presta servizio nella polizia svizzera, nella polizia nazionale francese e nella Gendarmeria Francese.

Abbiamo quindi a che fare con due pistole nate per servire soldati e poliziotti, e come tali godono delle migliori soluzioni tecniche e funzionali, proprio per garantire un lungo servizio, senza che diano problemi nel momento della verità.Fondamentalmente il confronto tra BERETTA 98 FS e SIG SAUER SP 2022 finisce alla pari, con un risultato di 1 a 1, esprimendo un mio personale piccolo plauso in più a favore della BERETTA per quanto riguarda lo smontaggio da campo, che risulta essere di veloce e semplicissima applicazione, rispetto alla SIG che invece è un po’ più macchinoso.

BERETTA 92-98 FS

Tipo: Pistola SemiautomaticaProduttore: Beretta PietroPaese: ItaliaNumero Catalogo: 4692Impiego: Difesa Personale Lunghezza: 217 mm.Altezza: 137 mm.Spessore: 39 mm.Peso: 1000 gr.Prezzo: 850 euro circa

SIG SAUER SP-2022

Tipo: Pistola SemiautomaticaProduttore: Sig ArmsPaese: GermaniaNumero Catalogo: 16217Impiego: Difesa PersonaleLunghezza: 187 mm.Altezza: 144 mm.Spessore: 35 mm.Peso: 855 gr.Prezzo: 590 euro circa

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BERETTA DEFENCE SHOOTING ACADEMY BERETTA DEFENCE SHOOTING ACADEMY BERETTA DEFENCE SHOOTING ACADEMY BERETTA

La qualità del prodotto si esalta con la capacità di sfruttarlo al meglio. E’ per questo motivo che Beretta, accanto all’attenzione che da sempre la contraddistingue nella fabbricazione delle armi, punta d’ora in poi anche alla formazione. E’ con questo spirito che nasce la Beretta Defence Shooting Academy. Questo progetto è partito ad Aprile con il primo di undici corsi di formazione distribuiti su varie regioni del territorio nazionale. Il corso proposto è aperto a tutti i clienti Beretta possessori di un’arma corta da difesa, ma anche a chi possiede una pistola di marca diversa. I corsi si svolgono prevalentemente su campi di tiro all’aperto del Sud, Centro e Nord Italia. I docenti: la direzione della formazione è affidata a Marco Buschini, sottoufficiale della Polizia di Stato in quiescenza, con pluriennale esperienza in tattiche di difesa e già direttore tecnico dell’A.S.O., Accademia di Sicurezza Operativa, coadiuvato da istruttori professionisti Beretta da lui formati e diretti. I corsi: sono previsti corsi di tre livelli ai quali si accede dopo aver superato il precedente. I corsi hanno una durata di 8 ore (una giornata), suddivisi due ore di teoria e sei di pratica, con pausa pranzo

intermedia. Durante la parte teorica con ausilio di supporti audiovisivi in aula, i formatori insegnano il mind set (giusto atteggiamento mentale) con cui si dovrà affrontare una situazione di emergenza. Inoltre, verranno fornite le nozioni fondamentali sulla sicurezza nell’uso e sicurezza dell’armi, cenni sulla normativa della legittima difesa, della psicologia e reazione individuale allo stress. In questa fase teorica, inoltre, vengono illustrate le peculiarità di ogni arma da difesa Beretta e il loro specifico uso così da dare la possibilità ai possessori di poter sfruttare al meglio sia la sicurezza delle armi Beretta sia il loro uso. Per la parte pratica il programma prevede le tecniche base di caricamento e scaricamento delle armi in sicurezza, tiro di pronta risposta, ready, tiro da dietro ripari, cambi caricatori tattici di emergenza, tiro in movimento, soluzione di inceppamenti, tiro in condizioni di low light, e molte altre tecniche. Come afferma Marco Buschini, il tiro di difesa non è uno sport ma una necessità. Oltre a curare le tecniche di tiro, una rilevante importanza dovrà essere data all’atteggiamento mentale e alla preparazione psicologica di chi si troverà obbligato a difendersi.

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Proprio questo aspetto viene normalmente tralasciato e i tiratori si concentrano solo ed esclusivamente sulle tecniche di tiro in cui il fine dell’addestramento è quello esclusivamente di fare centro. I partecipanti, potranno iscriversi tramite tutte le armerie o direttamente sul sito BERETTA.it.Vi saranno particolari sconti sia per i nuovi e i già clienti BERETTA. Per poter accedere ai corsi, si dovrà essere in possesso di regolare titolo (porto d’armi sportivo o di difesa, licenza di caccia), di una pistola da difesa BERETTA o di altra marca,completa di due caricatori, una fondina e un porta caricatore da cintura. Per i partecipanti, sono previsti degli utili omaggi come le cuffie e gli occhiali da tiro BERETTA.Alla fine del corso, verrà rilasciato un attestato di partecipazione BERETTA.

La BERETTA DEFENCE SHOOTING ACADEMY, organizza anche corsi di formazione per Istruttori di tiro operativo e di difesa. Il corso ha una durata di 80 ore di lezioni teoriche in aula e pratiche sul campo di tiro. In questo corso si studiano le pistole BERETTA Mod: 98, Px4, 84, le carabine Px4 Storm, il fucile Tikka in Cal. 308 e i fucili cal. 12 Beretta TX4 Storm e i Benelli Nova, Super nova, M3, M4. Il corso si sviluppa in due settimane e al superamento dell’esame finale, viene rilasciato un diploma di istruttore di Tiro BERETTA.

Il prossimo corso è previsto per Ottobre 2011

BERETTA DEFENCE SHOOTING ACADEMY

Tel: 049.9360.293 Fax: 049.936.4621www.beretta.it - www.accademiadisicurezza.itChiedi al tuo armiere di fiducia

CALENDARIO CORSI 2011

17 settembre, Brescia, Lombardia24 settembre, Padova, Veneto1 ottobre, Napoli, Campania8 ottobre, Olbia, Sardegna15 ottobre, Cosenza, Calabria

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Di T. Col. GdF Mario leone PiCCinni

INTerceTTazIoNITelefoNIche, TeleMaTIche ed aMbIeNTalI:uno straordinario strumento investigativo indispensabile per combattere una criminalità sempre più agguerrita ed organizzata.Quello delle intercettazioni è un mondo che suscita curiosità ed interesse ma che spesso ha alimentato un insano atteggiamento di voyeurismo mediatico da parte di mass media e cittadinanza, una deprecabile “gogna mediatica” che ha coinvolto anche interlocutori accidentalmente attinti dalle intercettazioni ma che in realtà non avevano alcun collegamento con le

indagini in corso di svolgimento. Nonostante tutto, le intercettazioni di comunicazioni sono e restano prettamente uno strumento tecnico ed investigativo, indispensabile e di grande valore strategico per chi ha come target istituzionale la lotta alla criminalità, quella stessa malavita che oggi ha acquisito i connotati di organizzazioni ben strutturate, capaci

Sistema di video sorveglianza a distanza illimitata,è possibile

vedere e sentire ciò che succede nell’ambiente dal proprio cellulare

UMTS, dimensioni ulteriormente ridotte rispetto al sistema mobile

permettendo l’occultamento in spazi ridotti.

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di investire e riciclare denaro proveniente da attività delittuose in strumentazioni tecniche moderne e dall’elevata tendenza alla transnazionalità ed alla internazionalizzazione. Oggi la parte antagonista rispetto allo Stato, è rappresentata da sodalizi malavitosi moderni, che impiegano i più innovativi sistemi informatici e telematici. Ne sono un esempio i gruppi malavitosi di etnia rumena e nigeriana, specializzati in reati informatici e telematici, che non sarebbe possibile contrastare efficacemente senza adeguati strumenti di indagine tecnica come le intercettazioni telefoniche e telematiche.Ne consegue che le strategie stesse di dette compartecipazioni criminali sono evidentemente basate sulle comunicazioni, telefoniche e telematiche soprattutto e che un’efficace lotta di contrasto non può assolutamente prescindere da un attento controllo e monitoraggio delle stesse da parte di Magistratura e Forze di Polizia. Le intercettazioni non sono una “scorciatoia” rispetto alle indagini tradizionali, ma piuttosto un’eccezionale mezzo di ricerca delle prove dei reati al servizio di magistratura e polizia giudiziaria nella lotta alla criminalità moderna. Ciò nonostante, con un provvedimento normativo, tuttora all’esame delle Camere e che potrebbe divenire a breve legge dello Stato, l’Autorità politica ha postulato una rivisitazione dell’intero impianto strutturale delle intercettazioni, ridisegnando talune garanzie in merito al particolare mezzo di ricerca della prova, al suo utilizzo ed alle regole di pubblicazione delle stesse sulla stampa. Per gli addetti ai lavori, si tratta di un provvedimento potenzialmente in grado di ostacolare l’accertamento dei reati satellite, estremamente importanti per giungere ad individuare delitti più gravi e che sono indicativi e rilevatori di organizzazioni malavitose operanti sul territorio. Come detto, le intercettazioni telefoniche rappresentano un’eccezionale mezzo di ricerca delle prove dei reati, imprescindibile principalmente alla luce delle caratteristiche di internazionalità ed estrema abilità tecnica assunte dalle reti criminali, ma i costi relativi alla loro esecuzione gravano in maniera particolarmente onerosa sul bilancio delle spese di giustizia. Nelle ultime quattro legislature sono stati ben 738 i disegni di legge presentati per tentare di regolamentare il “grande orecchio”. Va doverosamente sottolineato come senza lo specifico strumento tecnico investigativo, magistratura e Forze di Polizia non avrebbero potuto far affiorare gli eclatanti casi di criminalità, malasanità e corruzione di questi ultimi anni, dalla cattura dei più pericolosi latitanti di mafia e camorra, alle pericolose bande di criminali dedite alle rapine in villa, alle frodi consumate in danno di migliaia di cittadini da parte di società e finanziarie o da sedicenti maghi e guaritori. In una società come quella contemporanea, quindi, privare una delle parti in campo coinvolte nella difficile lotta contro la criminalità di uno strumento necessario ed efficace come le intercettazioni, può voler dire porre la parte antagonista in una condizione di vantaggio, creando un gap incolmabile. Lo stesso Procuratore Nazionale Antimafia, Pietro Grasso, nell’ambito di una recente audizione innanzi al Parlamento,

ha sostenuto che le investigazioni potrebbero venire gravemente intralciate qualora venisse ristretta la possibilità di avvalersi delle intercettazioni ed il periodo di tempo utile per sviluppare le operazioni venisse ridotto a soli tre mesi così come prospettato nella proposta di rivisitazione 1. I sostenitori della prospettata riforma, difendono la tesi del bisogno di una riforma strutturale della materia partendo dalla constatazione che, rispetto alle altre grandi democrazie moderne, quali ad esempio Austria e Svizzera, l’Italia è la nazione in cui si effettuano il maggior numero di intercettazioni. Evidentemente si tratta di un paragone fuori luogo, a contrasto del quale va invece evidenziato come chi opera le investigazioni in Italia ed a differenza di quanto avviene in Austria e Svizzera, deve confrontarsi e contrastare organizzazioni autoctone agguerrite come la “cosa nostra”, la ‘ndragheta, la camorra, la sacra corona unita, oltre che sodalizi malavitosi senza scrupoli composti da soggetti provenienti da ogni parte del pianeta. Intanto un caso inerente uno sconsiderato abuso delle intercettazioni è balzato agli onori della cronaca proprio in queste settimane, il caso News of the World, uno dei periodici più autorevoli e letti in Gran Bretagna, al centro di un gigantesco scandalo, accusato di aver messo sotto controllo illegalmente i telefoni di numerose persone ignare, tra cui anche familiari di soldati inglesi morti in Afghanistan ed in Iraq. Il fatto è che il diritto alla privacy, è qualcosa di molto sentito anche in quella parte d’Europa e lo scandalo ha acquisito risvolti così importanti da spingere il

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capo dell’antiterrorismo, il suo vice ed il capo della polizia di Londra, a dimettersi. Per tutti l’accusa di non aver portato a termine le indagini su presunte intercettazioni illegali da parte di giornalisti del tabloid londinese, nonostante la polizia disponesse di ben 11.000 pagine di prove ignorate dagli investigatori. In Italia le intercettazione di comunicazioni sono vincolate a forti limitazioni, volte a garantire la legittimità formale e sostanziale dell’attività, l’unico mezzo di prova che si forma unicamente al di fuori del contraddittorio delle parti, sfuggendo, quindi, le garanzie che qualificano invece le altre prove. Da un punto di vista tecnico procedurale, il Pubblico Ministero, spesso su proposta della Polizia Giudiziaria, presenta richiesta motivata al GIP, il quale, se ritiene sussistere i presupposti affinché si intraprenda o si prosegua nella specifica attività tecnica, rilascia apposita autorizzazione con decreto motivato. A tale provvedimento fa seguito il decreto con il quale il PM dispone che le relative operazioni tecniche abbiano inizio, stabilendone durata temporale e modalità di esecuzione. Il Codice vigente stabilisce che le operazioni non possano superare la durata di quindici giorni, con la facoltà di prorogare le attività di captazione per periodi di pari durata, su preliminare autorizzazione rilasciata G.I.P.; per i reati in materia di criminalità organizzata, l’operazione tecnica può avere durata di quaranta giorni, sono poi previste proroghe per periodi di venti giorni per singola autorizzazione. In reati come i sequestri di persona, l’intercettazione di utenze telefoniche in uso a soggetti non partecipi direttamente all’ambito delinquenziale (si pensi a fiancheggiatori incensurati dei rapitori), spesso produce risultati maggiormente utili rispetto a quanto risulta utile

ascoltare quelle direttamente in uso a criminali, motivi per il quale la legge prevede la possibilità di disporre intercettazioni anche nei confronti di persone non direttamente implicate nella vicenda penale, come ad esempio i congiunti di un indagato, a condizione che vi sia un collegamento di questi ultimi con il reato o con il soggetto sospettato. Tecnicamente esistono diverse tipologie e tecniche di intercettazione di comunicazioni, svolte materialmente dalle Forze di Polizia su incarico del Magistrato: telefoniche, ambientali, telematiche o informatiche. Le intercettazioni telefoniche rappresentano, tra quelle citate, le più utilizzate in termini quantitativi. Le linee telefoniche target dell’attività tecnica, adeguatamente tutelate con sistemi di cifratura, vengono deviate su un server ubicato presso la Procura che ha disposto le investigazioni. La polizia giudiziaria noleggia direttamente dalla compagnia telefonica cui appartiene il numero target o da società private una linea telefonica definita RES, la quale congiunge la rete telefonica cui fa capo l’utenza, direttamente al server installato presso la sala intercettazioni della Procura o, in casi particolari, presso i propri uffici; è sul predetto server che viene canalizzato tutto il traffico telefonico dell’utenza sottoposta a controllo. Le intercettazioni ambientali, previste dall’art. 266 comma 2 c.p.p., consistono in operazioni realizzate mediante l’impiego di microspie, microfoni e telecamere occultate volte ad acquisire e registrare conversazioni tra soggetti partecipanti a colloqui all’interno di un determinato ambiente (abitazione, autovettura) 2. Per l’intercettazione a distanza di conversazioni che soggetti tengono in campo aperto e per evitare di avvicinarsi eccessivamente ai

Trasmettitore di ultima generazione di utilizzo istantaneo. Basta collegare

i fili alla rete elettrica ed occultare il trasmettitore.

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soggetti osservati, gli investigatori spesso utilizzano microfoni direzionali o potentissimi amplificatori al laser in grado di percepire conversazioni che si tengono anche a distanze superiori ai 500 metri di distanza. La legge n. 547 del 1993 ha introdotto la disciplina relativa ai reati informatici, prevedendo, quale specifico mezzo di ricerca della prova, le intercettazioni del flusso di comunicazioni relativo a sistemi informatici o telematici; il codice consente di operare dette intercettazioni per qualsiasi tipo di reato, purché commesso attraverso l’uso di tecnologie telematiche o informatiche. L’attuale tecnologia a disposizione delle forze di polizia che conducono le intercettazioni consentono di poter monitorare l’intero flusso di dati di un determinato sistema di elaborazione, come le e-mail inviate e ricevute, i portali internet visitati, le comunicazioni VoIP non criptate, le operazioni di download ed upload di files, le conversazioni in forum o chat rooms. Un ruolo rilevante nel mondo delle intercettazioni lo rivestono anche le numerose agenzie investigative private che operano su commissione conferita da singoli cittadini o società commerciali. Non potendo, almeno dal punto di vista legale, effettuare intercettazioni telefoniche, per acquisire le informazioni di interesse, dette agenzie solitamente si affidano ad intercettazioni ambientali. Per captare comunicazioni, vengono spesso utilizzate le classiche “cimici” o microspie collegate alla rete elettrica dell’abitazione ambientalizzata o alla batteria dell’autovettura del soggetto spiato, in grado di trasmettere in radiofrequenza su frequenze riservate; vengono altresì impiegati cellulari spia o IMSI Catcher (strumenti di ascolto remoto che vengono posizionati in prossimità degli edifici o sulle linee di telefonia fissa). Per la illegale intercettazione di utenze fisse, invece, alcuni operatori si affidano a strumenti oramai facilmente reperibili sul web ed acquistabili per cifre modeste, come cimici telefoniche di ottima fattura il cui utilizzo non comporta il possesso di particolari cognizioni tecniche. Per intercettare illegittimamente utenze mobili, invece, i sistemi maggiormente utilizzati sono la clonazione di sim card, la collocazione di cimici nelle batterie dei cellulari, l’utilizzo di software installati nei telefoni cellulari, l’hacking sul bluethoot, il ricorso a sistemi di ricezione digitale multi canale per il monitoraggio delle comunicazioni mobili e l’intercettazione di tutti i sistemi cellulari e di trasmissione. Vi sono poi i cosiddetti spy phones, apparecchi dotati di software che consentono di operare l’ascolto ambientale chiamando da un numero predefinito il telefono target, il quale risponde senza effondere alcun segnale; sarà quindi possibile, per l’operatore, conseguire un ascolto ambientale di tutti i suoni o le voci che stanno intorno al cellulare monitorato. Il fiorente mercato della tutela della privacy ad ogni costo, è anche alimentato da agenzie e società che vendono, anche attraverso portali internet, software adibiti al criptaggio delle telefonate che rendono impossibile l’intercettazione; si tratta di sistemi di protezione delle comunicazioni in grado di assicurare livelli di sicurezza conformi agli standard militari (è il caso di terminali le cui conversazioni non vengono fatte transitare dalle centrali telefoniche pubbliche, ma che utilizzano connessioni internet wifi o 3g/Umts cifrando il

contenuto senza lasciare alcuna traccia, nè possibilità di registrazione dei dati del chiamante e del chiamato; usando algoritmi certificati TLS e SRTP, l’audio della chiamata viene codificato divenendo comprensibile esclusivamente al diretto interlocutore). Il prezzo mensile all inclusive, per il noleggio del terminale e la possibilità di chiamate open senza limiti, ammonta a circa 200 euro; l’utilizzo di tali terminali non è vietato dalla legge. Altro sistema largamente commercializzato consiste nell’installazione di un software su due telefonini “gemelli”, i cui dati trasferiti sul network GSM vengono criptati e le cui comunicazioni vengono protette e rese non codificabili grazie all’inserimento di un codice chiave. Vi sono poi dispositivi informatici, come keylogger e tastiere in grado di catturare e salvare nella memoria flash del dispositivo qualsiasi parola che l’operatore dovesse digitarvi, in modo da rendere agevole, per colui che ha predisposto la tastiera, di ricostruire, a posteriori, le attività eventualmente svolte dal soggetto monitorato attraverso quel determinato pc. E’ doveroso precisare che l’utilizzo di detti strumenti, qualora non autorizzato e dovesse coinvolgere terze persone, è da ritenersi giuridicamente illegale. In conclusione, pensare ad un perentorio ridimensionamento dello strumento d’indagine delle intercettazioni non può e non deve essere segno di rinuncia a combattere ad armi pari la criminalità d’élite, l’obbiettivo deve essere raggiungere il corretto equilibrio tra necessità investigative, diritto di informazione e tutela della privacy.

NOTE

1 Stabilire a priori un tetto temporale massimo per l’esecuzione delle intercettazioni, renderebbe inutile anche iniziare le indagini tecniche: durante le intercettazioni, le prime settimane servono ad individuare i numeri giusti da intercettare, ad individuare fiancheggiatori e conniventi, a comprendere il linguaggio criptico in codice utilizzato dagli indagati, solo da quel momento hanno inizio le vere e proprie indagini e le attività cominciano a dare i primi risultati.

2 Oltre che difficoltà di natura tecnica dovute a complicazioni di ascolto causate dalla presenza di fruscii e rumori di fondo, l’inconveniente principale nell’intraprendere tale tipologia di indagine tecnica risiede nelle attività di introduzione nei luoghi di privata dimora dei soggetti indagati al fine di dare esecuzione alle operazioni; si pensi, a titolo di esempio, alle difficoltà che possono manifestarsi nel doversi introdurre all’interno di un’abitazione della famiglia di un indagato per microfonare determinati locali ed ambienti.

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DI F. G.

l’elicottero MH-6 detto anche “Little Bird” viene spesso utilizzato dalla Delta Force per le infiltrazioni.

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Molto spesso i membri della Delta Force “collaborano“ con il 75º Reggimento Rangers (Afghanistan 2003) pagina apertura destra

Tra tutti gli assetti delegati alle operazioni speciali delle forze armate statunitensi, il 1st Special Forces Operational Detachment-Delta (1st SFOD-D), più comunemente noto con il nome di Delta Force, è indubbiamente quello coperto dal più stretto riserbo. Il 1st SFOD-D è una delle unità “black” del Department of Defense ed (insieme al SEAL Team Six, al 24th Special Tactics Squadron ed all’Intelligence Support Activity della CIA) è posto alle dirette dipendenze del Joint Special Operations Command (JSOC). La Delta Force deve la sua nascita alla perseveranza del Colonnello Charles Beckwith, veterano della guerra del Vietnam, dove aveva guidato un programma denominato Project Delta, il cui obiettivo era quello di effettuare operazioni “covert” contro i Vietcong e l’esercito regolare nord vietnamita. Una volta tornato in patria, dinnanzi al montare di episodi di stampo terroristico contro cittadini ed interessi statunitensi nel mondo, Beckwith inizia a lavorare alla creazione di un assetto in grado di colpire senza preavviso e con la massima efficacia, chiunque rappresentasse una minaccia per la sicurezza degli USA. Beckwith ha in mente la costituzione di un’unità di forze speciali, modellata sullo Special Air Service britannico, con il quale ha servito anni prima in Malesia. Il Colonnello contatta quindi il Generale Bob Kingston a Fort Bragg che, riconoscendo le potenzialità del progetto, lo sottopone al Generale Edwin Meyer, Deputy Chief of Staff dello US Army. I tre ufficiali individuano quella che sarebbe stata la missione dell’unità e di conseguenza, l’entità della forza richiesta. Essi stilano la Table of Organization and

Equipment (TO&E) del reparto, stabilendone configurazione, gradi, armi, equipaggiamento e costi di avvio. Il Generale Meyer, dalla propria posizione all’interno del Pentagono, inizia a ricercare fondi ed uomini per il progetto, scontrandosi con l’ostracismo dei gradi più elevati, convinti che il ruolo di reparto controterrismo spettasse all’unità “Blue Light” del 5th Special Forces Group. Nell’estate del1977, il progetto viene ufficialmente presentato alla Fort Benning Infantry Conference, riscuotendo l’approvazione dei presenti e venendo raccomandato al Chief of Staff dello U.S. Army, ovvero lo stesso Meyer. Il 21 novembre 1977, per ordine del Department of the Army, nasce il 1st Special Forces Operational Detachment-Delta, con a capo il Colonnello Charles Beckwith. Egli, dopo aver selezionato alcuni fidati collaboratori, sceglie come base d’operazioni l’ex prigione all’interno di Fort Bragg (North Carolina), iniziando immediatamente a selezionare i candidati per il programma. I requisiti per partecipare alle preselezioni erano un’età minima di ventidue anni, almeno quattro anni e due mesi di servizio attivo, grado minimo di Staff Sergeant, aver totalizzato un minimo di 100 punti nel test attitudinale dello US Army, nessun problema disciplinare ricorrente e nessuna condanna alla corte marziale. Gli uomini che uscirono da quel primo corso, furono gli stessi che presero parte al tentativo di salvataggio degli ostaggi, prigionieri nell’ambasciata di Teheran nel 1980, ma quella prima tragica operazione non fu fortunatamente abbastanza per minare la fiducia dei vertici militari nella Delta Force. La storia dell’unità corre infatti

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parallela a quella dei conflitti che hanno visto impegnate le forze armate statunitensi negli ultimi tre decenni. Essa è stata protagonista d’innumerevoli operazioni ai quattro angoli del globo, i dettagli della maggior parte delle quali, sono destinati a rimanere segreti ancora a lungo. Operatori come Randall Shugart e Gary Gordon, scriveranno pagine eroiche della storia dell’unità, contribuendo alla creazione di un alone di leggenda intorno alla Delta Force, un reparto la cui esistenza è comunque ancora oggi ufficialmente negata. E’ proprio per via di questa segretezza, che le informazioni in merito al 1st SFOD-D sono scarse e di difficile verifica. Scopo di quest’articolo, scritto grazie all’analisi di fonti aperte, è quindi quello di fornire al lettore una panoramica quanto più esauriente ed attendibile sulla selezione, la struttura, le operazioni e l’armamentario degli uomini del 1st Special Forces Operational Detachment-Delta.

Selezione ed addeStramento

A differenza di quanto accade con tutte le altre forze

speciali, le informazioni inerenti al processo di selezione ed addestramento per i futuri operatori della Delta Force, non sono apertamente disponibili. Le informazioni che ci giungono in merito, derivano infatti da opere letterarie pubblicate da ex operatori, primo fra tutti Eric Haynes, autore del libro “Inside Delta Force” e produttore del fortunato serial televisivo “The Unit”, che si ispira liberamente alla vita ed alle imprese di un distaccamento di operatori della Delta Force. Stando a quanto reso pubblico, due volte all’anno, rappresentanti del reparto, visitano il centro personale di St Louis (Missouri), per esaminare le schede di sergenti e capitani dei Green Berets e dei Rangers che si siano distinti nel corso del proprio servizio. Ai candidati così selezionati vengono inviate delle lettere, con le quali gli si comunica l’interessamento da parte del 1st SFOD-D e li si invita a chiamare un numero di telefono. Qualora il candidato non fosse intenzionato ad unirsi all’unità, questo viene invitato a distruggere la missiva. Per tutti coloro i quali abbiano risposto favorevolmente, si prospetta un’intervista

SurpriSe AggreSSion Speed!

Membri della Delta Force mentre scortano il generale Norman Schwarzkopf (Iraq 1991-Desert Storm)

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preliminare ed un test fisico estremamente duro, superato il quale, il personale non qualificato ai lanci è inviato a conseguire il brevetto da paracadutista. Segue un’intensa settimana d’addestramento fisico che include corsa, nuoto e marce zavorrate. L’idea è quella di portare tutti i candidati allo stesso livello di preparazione fisica e di evidenziare problemi medici prima dell’arrivo degli uomini a Camp Dawson (West Virginia), sulla catena montuosa degli Appalachi. E’ in questo luogo che ha inizio la fase di pre-selezione, della durata di un mese e disegnata sul modello di quella adottata dal SAS. A superarla sarà solamente un numero ristretto di uomini, che accederanno alla prima vera fase di selezione. Essa comprende una serie di marce da completarsi entro un determinato tempo limite, che non viene però comunicato ai candidati. Il fattore forse più difficile con il quale confrontarsi, è quello dell’isolamento. I militari sono infatti costretti ad operare da soli e questo può costituire un ostacolo per coloro i quali siano invece abituati ad agire in un gruppo. Ma è proprio quello che la Delta Force richiede ai suoi uomini: coesi ed

operanti all’interno di un team un giorno e lupi solitari quello successivo, magari per l’esecuzione di un’operazione sotto copertura. Un ulteriore elemento di pressione psicologica è costituito dalle interviste alle quali sono sottoposti i candidati. Uso di droghe, atteggiamento verso gli stranieri, situazione familiare, discriminazioni sessuali, sono solo alcuni dei temi sui quali i candidati vengono interrogati da una squadra di psicologi. Lo sbarramento di domande sembra non avere fine e l’obiettivo è quello di eliminare dal gruppo i violenti e gli instabili. Il candidato ideale per la Delta Force, è infatti un uomo psicologicamente stabile, di saldi principi, con una famiglia e possibilmente religioso, perché questi sono i fattori che definiscono un individuo affidabile, secondo i canoni di selezione in vigore. Un’altra area critica per la valutazione del candidato è la capacità di prendere decisioni lucide in situazioni di stress fisico e psicologico estremo. Quale ultima parte dell’esaminazione psicologica, ai candidati, viene chiesto di scrivere una sorta di piccola autobiografia. Nella seconda settimana di pre-selezione le

SurpriSe AggreSSion Speed!

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marce zavorrate si susseguono apparentemente senza fine, per culminare in un’ultima prova di orientamento notturno di 18 chilometri, all’interno di una fitta area boschiva. Superata anche questa fase, ad ogni candidato viene assegnato un numero ed un colore. Il numero indica il singolo militare, il colore la sua squadra d’appartenenza. La giornata ideale ha inizio intorno alle sei del mattino e gli ordini sono scritti su di una lavagnetta all’interno di ogni camerata. E’ richiesto di presentarsi in una determinata area addestrativa, muniti del proprio equipaggiamento individuale e di una zavorra di un determinato peso. I pesi possono variare anche più volte al giorno e coloro i quali sbagliano a caricare correttamente i propri zaini, vengono severamente puniti. Durante il periodo di selezione sono serviti due pasti caldi al giorno, ma gli istruttori hanno facoltà di interrompere il servizio rancio, semplicemente per osservare la reazione dei candidati. In una missione reale, non è infrequente il caso in cui si sia costretti ad operare totalmente a digiuno per diverse ore. E’ quindi fondamentale valutare chi sia in grado di rimanere funzionale, anche a stomaco vuoto. La routine addestrativa può variare da otto ore di marcia, muniti di tre razioni MRE (Meal Ready to Eat), fino a trentasei ore con un solo MRE. Il numero ed il colore del candidato vengono inoltre cambiati di frequente e senza preavviso, così da costringerlo a rimanere concentrato ed ad adattarsi a situazioni che possono mutare improvvisamente, come nella realtà del campo di battaglia. In maniera del tutto inaspettata, un militare può vedersi con un’arma in mano ed un istruttore a chiedergli che sia smontata e rimontata, mentre gli vengono posti quesiti matematici, il tutto al fine di misurarne le capacità logiche sotto stress. Ad ogni

candidato sono concessi un certo numero di errori prima di essere rispedito alla propria unità d’appartenenza (RTU, Returned To Unit). Nessuno di essi è però a conoscenza del margine di tolleranza consentito. Chi fallisce le selezioni se ne va con un discorso d’incoraggiamento da parte degli istruttori, questo al fine di non minare la confidenza di soldati che costituiranno comunque degli ottimi elementi per la forza armata. Il Comandante dell’unità di provenienza del militare, riceve inoltre una lettera di ringraziamento per aver fornito un ottimo candidato per le selezioni. Alla fine della prima fase, arriverà solo il 20% di coloro i quali hanno iniziato le selezioni. La fase finale comprende una marcia di quaranta chilometri sugli Appalachi, da completarsi in due giorni. Al ritorno dalla prova, dopo una doccia ed un pasto caldo, i militari vengono riuniti in aula per leggere alcuni libri. Essi hanno poi diciotto ore di tempo per scrivere un riassunto dettagliato di ciascun libro. L’obiettivo dell’esercizio è di valutare la capacità di ragionamento in condizioni di deprivazione del sonno (a questo punto della selezione, i candidati sono infatti già svegli da quarantotto ore). Dopo aver consegnato il test, segue una batteria di domande a carattere personale con un intervistatore, a cui fa seguito la prova finale: l’intervista con il comandante dell’unità. Questo, circondato dai suoi comandanti di squadrone, pone le domande più svariate: sacrificheresti la vita di tuo figlio per il tuo Paese? Sei in missione segreta tra le montagne afghane ed un pastorello ha scoperto te e la tua unità: saresti in grado di ucciderlo? Il Presidente ti ha ordinato di eliminare un rivale politico: obbediresti all’ordine? L’idea è quella di valutare come il candidato reagisce a pressioni provenienti da un’autorità superiore. Al militare viene

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anche chiesto se abbia mai barato nel corso delle marce, prendendo, ad esempio, delle scorciatoie. A coloro i quali ammettono la scorrettezza potrebbe essere consentito di rimanere, ma a coloro i quali mentono vengono mostrate foto scattate di nascosto e che mostrano il contrario. Alla fine del colloquio, la decisione se accettare o meno il candidato viene messa ai voti ed in caso di votazione positiva, il fascicolo del candidato è sigillato ed archiviato. Una volta nell’unità, il militare deve completare sei mesi di Operator’s Training Course (OTC), i quali includono operazioni sotto copertura, assalti, combattimento ravvicinato, tiro di precisione e l’addestramento alla conduzione di diversi tipi di mezzi. Sono oltre mille le ore spese al poligono durante questa fase. Non viene trascurata neanche la parte teorica, con lezioni sulla storia dell’ideologia terrorista, psicologia e teoria del combattimento. Agli studenti viene anche insegnato come scassinare serrature ed agire sotto copertura. Questi ultimi aspetti sono poi testati nel corso di un’esercitazione, durante la quale i militari saranno “cacciati” da diverse agenzie governative, in una città statunitense. Seguono sei settimane d’istruzione in comunicazioni, medicina da campo e tecniche di fanteria avanzata, prima delle ultime nove settimane, nel corso delle quali gli uomini imparano ad effettuare assalti in spazi chiusi, in coppia ed in formazioni da quattro. I corsi di protezione ravvicinata e di sorveglianza sono invece effettuati presso la Central Intelligence Agency. Al termine di questo iter addestrativo, i militari diventano operatori a tutti gli effetti. La loro preparazione non ha però termine, dato che frequenteranno corsi di tecniche di lancio HALO/HAHO, individuazione e disinnesco di IED e tiro di precisione SOTIC (vedi TNM n.2).

Struttura

La struttura della Delta Force ricalca quella del SAS, essendo organizzata su tre squadroni operativi (A, B e C), suddivisi in sotto unità specializzate, rispettivamente in operazioni subacquee, montane, aviolanci e mobilità. L’unità operativa minima è costituita da quattro uomini. Sembra che la forza sia composta da circa 2500 uomini, selezionati in prevalenza da Green Berets e Rangers e che sia presente un certo numero di personale femminile, prevalentemente impiegato per operazioni sotto copertura e di sorveglianza.

armi

Nell’armeria della Delta Force sono presenti praticamente tutti i sistemi d’arma prodotti al mondo, questo per consentire ad ogni operatore di essere a proprio agio, anche nel caso in cui si debba trovare ad utilizzare armi strappate al nemico. Tra i fucili d’assalto troviamo M4 A1 SOPMOD (Special Operations Peculiar Modification), FN SCAR, M16 A2, Mini 14, Steyr AUG e Stoner SR 25. Per quanto riguarda le pistole mitragliatrici, oltre alla serie MP5 Heckler & Koch in tutte le sue varianti, si registra la presenza di MAC 10 ed Uzi. Le mitragliatrici sono M249 SAW, HK-13, M60, M240B e Browning M2. Per il combattimento ravvicinato vengono impiegati fucili a

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pompa Remington 870 e Mossberg Cruiser 500. I fucili di precisione sono HK-PSG, M40A1, M24 e Barret M82 A1. Le armi di supporto includono lancia granate M203, M79, mortai da 81mm, lancia razzi Carl Gustav, LAW, MK19, Stinger MANPAD ed M136 controcarro. Per quanto concerne le ottiche, sono impiegati Aimpoint Comp M, M68, M28, AN/PQ2 Target Pointer/Illuminator/Aiming Light (TPIAL). Gli operatori fanno uso di apparati per la visione notturna AN/PVS-7, visori tattici balistici Bolle T800 e maschere antigas Avon S10. Nel parco mezzi figurano, Land Rover Defender 110 SOV, Hummer, Quad ATV, Harley Davidson Track Bike e veicoli leggeri d’attacco. Alcuni di questi mezzi sono armati di lancia granate MK19, mitragliatrici M60 ed M240B, mini gun General Electrics da 7,62mm, cannoni da 20mm e mitragliatrici pesanti Browning M2. Per quanto riguarda la mobilità, la Delta fa

ovviamente uso anche degli apparecchi ad ala rotante in uso al 160th SOAR.

operazioni note

1979, pan american Games, puerto rico: il 1st S.FOD-D viene dispiegato a Puerto Rico in occasione dei giochi olimpici panamericani, come cellula antiterrorismo della quale fanno parte anche elementi dell’Hostage Rescue Team dell’FBI.

24 aprile 1980, iran, operazione “eaGle ClaW”: l’operazione, volta alla liberazione di ostaggi statunitensi prigionieri nell’ambasciata americana di Teheran, finisce in tragedia quando un elicottero RH-53 in fase di decollo, entra in collisione con un aereo da trasporto Hercules C-130. Le fiamme avvolgono i due

I membri della Delta Force vengono chiamati D-Boys (kunar province - Afghanistan luglio 2009)

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velivoli, uccidendo otto militari. Al 1st Special Forces Operational Detachment-Delta era stato assegnato il ruolo di dispositivo d’assalto principale. L’incidente è la diretta conseguenza dell’impiego di una forza di salvataggio costituita da elementi provenienti da armi diverse e non abituati ad operare seguendo una procedura standardizzata.

ottobre 1983, Grenada, operazione “urGent FurY”: la Delta Force assalta la prigione di Richmond Hill, dove vengono tenuti prigionieri diversi esponenti del legittimo Governo, destituito da un colpo di stato militare.

1984: dispiegamento in Medioriente, a seguito dell’assassinio di due cittadini statunitensi nel corso di un dirottamento delle Kuwaiti Airlines.

24 novembre 1985, aeroporto internazionale di luqa, malta: tre ufficiali dell’unità (tra cui Eric Haynes) vengono distaccati con l’unità controterrorismo egiziana Sa’ aqa come consiglieri. Il Governo maltese ultra socialista di Karmenu Mifsud Bonnici vieta ai tre militari di assistere i commandos egiziani, isolandoli dell’ambasciata statunitense e presso l’Helicopter Flight di Luqa. Cinquantuno ostaggi moriranno a causa dell’imperizia egiziana nel condurre l’operazione.

1985, Cipro: dispiegamento in territorio cipriota a seguito del dirottamento di un velivolo delle linee aeree statunitensi TWA.

1987, Grecia: attivazione a seguito di un’informativa nella quale s’indicava un tentativo d’assassinio ai danni del Colonnello James Rowe dello U.S. Army, da parte di agenti dei servizi di sicurezza vietnamiti.

dicembre 1989, panama, operazione “JuSt CauSe”: dispiegamento a Panama a seguito dell’invasione americana avvenuta il 20 dicembre 1989. Tra gli interventi effettuati dagli uomini del 1st SFOD-D, figura la liberazione dell’uomo d’affari Kurt Muse, nel corso dell’operazione denominata “ACID GAMBIT”.

1991, iraq, operazione “deSert Storm”: il 1st SFOD-D. viene attivato per garantire la sicurezza del Generale Norman Schwartzkopf e di altre personalità di spicco in Arabia Saudita. Vengono inoltre effettuate operazioni volte all’individuazione ed alla distruzione delle batterie mobili dei missili terra/aria SCUD nel deserto iracheno affianco agli uomini del SAS britannico.

1993, mogadiscio, Somalia, operazione “GotHiC Serpent”: dispiegamento quale parte della Task Force Ranger, al fine di catturare od eliminare Mohammed Farrah Aidid, principale responsabile della catastrofe umanitaria che ha colpito il sud del Paese. Alla Delta è affidato il ruolo di raccolta informazioni ed esecuzione di raid, supportati dai Rangers e dallo 160th

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La vedova di Gordon riceve la Medaglia d’Onore dalle mani del Presidente Clinton

sotto da sinistra: Il Sergent Gary Gordon e il Sergente Randall Shugart

Special Operations Aviation Regiment (SOAR) dello US Army. Nel corso di una di queste operazioni (effettuata il 3 e 4 Ottobre 1993), i sergenti Randall Shugart e Gary Gordon presidiano da soli il luogo dell’abbattimento di un elicottero Black Hawk, difendendone il pilota. Shugart e Gordon, accerchiati da centinaia di somali armati e sotto l’effetto del khat, verranno barbaramente massacrati ed i loro corpi trascinati per Mogadiscio. A causa del loro sacrificio (che salverà la vita a Michael Durant, pilota dell’elicottero abbattuto), i due operatori saranno insigniti della Medaglia d’Onore.

1995, Bosnia: la Delta viene attivata per effettuare la cattura di criminali di guerra serbi.

18 dicembre 1996 - 23 aprile 1997, lima, perù: l’unità è a Lima per seguire da vicino un sequestro di ostaggi all’interno della residenza dell’Ambasciatore giapponese, da parte di un gruppo di ribelli Tupac Amaru. Sul posto risultarono essere presenti

anche sei operatori del Counter-Revolutionary Warfare Wing del SAS britannico e della Joint Task Force 2 canadese.

1999, Kosovo, operazione “allied ForCe”: nuovo dispiegamento nei Balcani, dove la Delta Force opera in sinergia con diverse formazioni di forze speciali europee (incluse quelle italiane), ricoprendo anche compiti di Forward Air Controlling per il tiro aereo.

Settembre 2001 - (in corso), operazione “endurinG Freedom”: dal 13 settembre 2001 la Delta Force è attiva in Afghanistan unitamente nelle operazioni volte all’individuazione del terrorista saudita Osama Bin Laden, ed alla distruzione di cellule qaediste e formazioni combattenti talebane.

2002, Kuwait: la Delta Force viene inviata nell’area del Golfo Persico (in preparazione dell’operazione “IRAQI FREEDOM”), ma viene quasi immediatamente ridispiegata in Pakistan per operazioni di controterrorismo ai danni di membri di Al Qaeda.

2002 - 2008, iraq, operazione “iraQi Freedom”: il 1st SFOD.-D. entra in azione nei deserti dell’Iraq occidentale, nel corso delle prime fasi dell’operazione “IRAQI FREEDOM”. Successivamente alla caduta del regime di Saddam Hussein, gli operatori danno inizio ad una serie di operazioni controinsurrezionali, nell’ambito della Task Force Black (vedi TNM n.1).

2004, afghanistan: nuovo dispiegamento in Afghanistan, a supporto di operazioni di ricerca e distruzione ai danni di membri di Al Qaeda sul confine con il Pakistan.

6 - 8 luglio 2005, Gleneagles, Scozia, Vertice G8: servizio di protezione a beneficio del Presidente degli Stati Uniti d’ America George W. Bush.

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La scia di proteste iniziate nella scorsa primavera, in gran parte del mondo arabo, sembra non si voglia attenuare e non tende a sedarsi. Al contrario, contamina regioni in cui era impensabile, fino a ieri, che colpisse oligarchie politicamente forti. Con la guerra in Libia in una fase di stasi, dove non si vede concretezza al termine ed alla risoluzione positiva dell’attuale situazione, i maggiori media ed i Governi, puntano gli occhi su quanto sta accadendo in Siria. L’interesse è dato dal fatto che negli ultimi 60 anni, la

Siria, è stata considerata la sentinella, pronta a far valere con l’Occidente e l’Europa in particolare, il proprio peso di mediatrice con il Medio Oriente ed il mondo arabo e diciamolo pure, anche buona compagna di trattative politiche con l’alleato russo. Tanto che buona parte delle Nazioni ad essa vicine, guardano con preoccupazione l’evolversi della crisi. Da un lato la Turchia, pronta ad assicurare il proprio sostegno a Bashar al-Assad spingendolo, però, a realizzare le riforme promesse alla popolazione, pur

di fermare una potenziale collera che potrebbe riaccendersi nel nord del Paese, a poche miglia dal confine curdo, zona da sempre ritenuta vulcano pronto ad esplodere. Demograficamente, i curdi-siriani, sono 1,4 milioni e costituiscono la più importante minoranza etnica del Paese caucasico. Essi vivono lungo gli 800 chilometri di frontiera con la Turchia, in una sorta di terra di mezzo, il Kurdistan, spalmata su più Stati, nel cuore del Medio Oriente. Dall’altra parte del confine, infatti, sono circa 15

di Giovanni di GreGorio – direttore Studi StrateGici del ceSa - Geopolitica

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milioni i curdi che, da anni, costituiscono una spina nel fianco nel governo di Ankara, nonché una reale preoccupazione dell’Intelligence turca su probabili infiltrazioni del PKK. Inoltre, la Turchia, non vuol gestire una potenziale ondata di profughi provenienti dalla regione siriana. Anche per l’Iran, da sempre ottimo alleato della Siria, la fine di Bashar al-Assad costituirebbe un grave colpo. Infatti il presidente iraniano Ahmadinejad, dopo aver gioito per la caduta dei regimi egiziano e tunisino, in quanto questi ultimi ritenuti politicamente e religiosamente troppo moderati e vicini agli infedeli Occidentali, ed aver sostenuto la rivolta sciita in Bahrein, guarda con attenzione alle manifestazioni siriane. Secondo le fonti d’Intelligence, Damasco è stata ed è la roccaforte di una rete di finanziatori, armi, uomini e terroristi che collega l’Iran alla Siria ed anche al Libano degli Hezbollah. Nel momento in cui il regime oligarchico siriano dovesse cadere, lo scacchiere mediorientale subirebbe delle variazioni di potere geopolitico non indifferente, tanto da permettere alla potente Arabia Saudita di trarre vantaggio dalla situazione, facendo leva sulla maggioranza sunnita ed espandendo la sua influenza incontrastata sull’intera area mediorientale. Per tale motivo Bashar al-Assad, per Hezbollah ed Iran, era e resta una garanzia. Inoltre, con la fine dell’attuale potere siriano, si interromperebbe l’ormai fondamentale rotta per rifornire di armi gli Hezbollah, quindi sottrarrebbe all’asse Iran-Siria-Hezbollah-Hamas il suo cardine arabo, che indebolirebbe la capacità di deterrenza del “Partito di Dio” del Libano nei confronti di Israele e negherebbe ai leaders di Hezbollah ed alle loro famiglie un rifugio sicuro, qualora si sentissero minacciati dallo Stato ebraico. I Governi occidentali si limitano a controllare da lontano quello

che accede sul territorio siriano, assumendo una posizione più cauta rispetto a quanto sostenuto nei confronti dei Paesi del Nord Africa quali Tunisia, Egitto e Libia. Il potenziale coinvolgimento di tutti i più importanti teatri regionali in un’eventuale dissoluzione dell’attuale sistema istituzionale siriano, porta l’Europa e gli Stati Uniti a non forzare una crisi, quanto piuttosto sarebbe loro interesse prevenirla. Ed ecco che la Turchia, che ha interesse ad entrare nell’UE e rafforzare i rapporti con la NATO, potrebbe tornare a svolgere un ruolo di mediazione di primo piano, viste le strette relazioni che oggi intercorrono tra Ankara e Damasco. La Turchia possiede le armi, soprattutto economiche, necessarie per esercitare una pressione maggiore sulla Siria ed incoraggiarne una risoluzione pacifica dell’attuale crisi interna. L’Unione Europea, tramite la sua portavoce dell’Alto Rappresentante per la Politica Estera Europea, Catherine Ashton, fa sapere che, con il consenso dei 27 Stati membri, intende inasprire le sanzioni nei confronti della Siria. Tanto da condannare ufficialmente il governo di

Damasco per non aver ancora adottato le riforme annunciate dal presidente Bashar al Assad e per non aver applicato quelle già approvate, come ad esempio la revoca dello stato d’emergenza. Infine i capi delle diplomazie europee hanno chiesto alle autorità siriane che sia garantito il libero accesso ai media e che venga assicurata la protezione alle ambasciate straniere. Gli Stati Uniti tengono d’occhio con attenzione la situazione tesa che perdura nel territorio siriano. Ciò che preoccupa, in modo particolare, è la dura repressione armata messa in atto dal presidente Assad, che ha minato ogni possibile scenario diplomatico tra il regime e la comunità internazionale. In merito alla situazione siriana il segretario di stato statunitense, Hillary Clinton, ha dichiarato: “Assad ha perso la sua legittimità. Non ha rispettato le sue promesse, ha cercato ed accettato l’aiuto dell’Iran per reprimere il suo popolo. Per questo non è indispensabile in Siria e gli Usa non hanno investito nel fatto che lui resti al potere. Vogliamo che si realizzi la volontà di trasformazione democratica dei

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siriani”. Mentre il mondo rimane a guardare, sostenitori del regime di Assad, attaccano le ambasciate di USA e Francia, non curandosi di poter stravolgere accordi diplomatici tra i Paesi. Alcune fonti testimoniano, addirittura, che sull’ambasciata statunitense, preventivamente evacuata, alla fine dell’assalto sventolasse sul tetto, la bandiera della Siria. I vari rapporti consolari descrivono, all’unanimità, la precarietà della sicurezza per i diplomatici, che non è stata comunque assicurata dell’attuale Governo siriano. Cosa che invece, anche in situazione più bellicose e pericolose, uno Stato, anche se minato nel suo reale potere, deve sempre poter garantire. Intanto il leader dell’opposizione al regime, il dissidente siriano Ammar Abdulhamid, ha affermato che questa protesta è una vera e propria rivoluzione democratica e ciò che sta accadendo da parte del Governo è una “grande operazione militare contro una popolazione inerme. Egli afferma che lo scopo di questo vile atto è quello di seminare il terrore tra il popolo sovrano e tutto il paese. Si tratta, fondamentalmente, di uno spietato massacro, perpetrato usando carri armati ed elicotteri, cosa che abbiamo già visto ed affrontato nella crisi libica. Inoltre ha smentito la voce di alcuni media arabi sulla defezione di alcuni militari lealisti, tanto da spingere ad uno scontro tra le parti, ormai antagoniste. I report d’intelligence non riportano situazioni di combattimenti nelle città indicate dai media, ne tantomeno, in quelle città, pare vi siano presenti vittime. Evidentemente, all’interno delle due fazioni contrastanti, vi è la presenza di disturbatori mediatici al fine di utilizzare la propaganda distorta, uno contro l’altra. Ma per capire bene quello che sta accadendo in Siria è bene analizzare anche le peculiarità proprie della rivoluzione siriana, ed a tal proposito, l’elemento etnico-religioso gioca sicuramente un ruolo determinante. Si presume che siano i

sunniti (che rappresentano circa il 74% della popolazione siriana), insieme a curdi, cristiani e dissidenti laici, i protagonisti della rivolta contro il regime “alawita” di Assad, il quale, dal punto di vista etnico, rappresenta il 15% dei siriani. Per questo motivo la Siria, proprio come il Libano, si guarda bene dal condurre censimenti per non alimentare il malcontento nella popolazione, quindi è difficile determinare quanto sia cresciuta la minoranza alawita. Questi dati demografici sono importanti, in quanto lasciano intuire quale tipo di legame etnico (e non nazionalista) vi sia con le etnie dello stesso ceppo che vivono in altre Nazioni. Infatti a causa di questo crogiolo misto di popolazioni, fa si che la Siria, si trovi nel centro geografico ma anche nel centro etnico dell’area medio orientale. In pratica un vero peso della bilancia geopolitica di una zona calda, tra Israele, Iraq ed Iran. Centro portante dell’equilibrio relazionale diplomatico. Proprio grazie a questo legame etnico con rappresentati dei Governi geograficamente vicini si sono potuti instaurare legami di tipo tribale, aventi come principio guida quello di combattere Israele e l’Occidente. Come abbiamo già detto, non a caso, ci sono stati attacchi alle residenze diplomatiche di Stati Uniti e Francia da parte dei lealisti, storicamente avversi al governo di Assad, già ai tempi dell’attentato del 2005 all’ex primo ministro libanese Rafik-al-Hariri. Hariri, strenuo oppositore della Siria (fu

assassinato tramite autobomba da elementi dei servizi segreti siriani ed eseguito da agenti di Hezbollah). Damasco forse non si aspettava che l’eliminazione di al-Hariri avrebbe scatenato una rivolta massiccia, appoggiata anche da paesi occidentali come Francia ed USA, appunto, che l’avrebbe obbligata a ritirare le truppe dal Libano. Naturalmente, il vuoto lasciato dalla Siria in Libano, fu immediatamente riempito dall’Iran, che aveva interesse a rafforzare gli Hezbollah ed a scatenare una guerra con Israele per distogliere l’attenzione dal suo programma nucleare. Negli ultimi due anni la Siria è passata di nuovo all’offensiva in Libano: i servizi segreti siriani hanno “infiltrato” tutte le istituzioni del paese ed i politici libanesi, che in passato hanno osato schierarsi contro Damasco, sono stati costretti a chiedere scusa. In merito all’attuale crisi, il Regime pare godere di ottima salute! Solo perdendo il controllo delle forze armate, che conducono la repressione, gli Alawiti potrebbero cadere. Esiste pur sempre il rischio di lotte intestine. Infatti i rivali del clan Assad potrebbero sfruttare la delicata situazione per effettuare un nuovo colpo di stato. In pratica, se dovesse accadere uno sconvolgimento del potere centrale di Assad, si creerebbe un vuoto che tanti paesi sperano di poter colmare per portare avanti le proprie idee politiche ed egemone in una zona palestinese già di per sé calda.

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