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C T RT T Z .– T – F I NUOVI SGUARDI DELLA CULTURA

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Numero 37 - Settimanale della Svizzera italiana

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I NUOVI

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Agorà Festival. La cultura dà spettacolo DI FRANCESCA RIGOTTI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4Arti Oskar Panizza. Wagner, il santo... DI ORESTE BOSSINI. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6Società Cervello e memoria. Il falso ricordo DI MARIELLA DAL FARRA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8Scienza Scoperte e invenzioni. La natura in copia DI CHIARA PICCALUGA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10Media Informazione. Me l’ha detto Wiki DI ROBERTO ROVEDA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12Vitae Vito Robbiani DI NICOLETTA BARAZZONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14Reportage Le immagini del silenzio DI FRANCESCA RIGOTTI; FOTO DI PETER KELLER. . . . . . . . . . . 39Luoghi Milano. La movida sull’acqua DI VALENTINA GERIG . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46Tendenze Rossetto. A prova di bacio DI MARISA GORZA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48Astri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50Cruciverba / Concorso a premi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51

La memoria breve

Comprendere quali relazioni leghino la culturaal nostro cervello e ai canali dell’informazionenon è certamente un esercizio immediato, inparticolare se pensiamo di quali strumenti lenostre società si sono dotate per archiviare ilpassato e trasmettere ai posteri conoscenze,scoperte, eventi, notizie. Magari anche qualche“verità” più o meno assodata.Se è vero che la memoria orale – che appartie-ne definitivamente solo ai ricordi dei nostrinonni – veniva tramandata davanti a un fo-colare o sotto le fronde di una grande pianta,i temi della conoscenza collettiva e della suaconservazione in un mondo completamentedigitalizzato (ci riferiamo a quello occidentale)rappresentano invece uno dei grandi problemidella modernità a cui è indispensabile daresoluzioni certe e condivise. In questo senso,l’esplosione degli strumenti informatici, lanascita della rete Internet, l’informatizzazio-ne e la messa online di libri, di interi archivie biblioteche (pubblici e privati) come purel’accesso da casa nostra, 24 ore su 24, a mi-gliaia di canali radio-televisivi e portali di ognigenere, paese e lingua, hanno creato una sortadi “iper-informazione”. Un paradosso? Certo:fatto salvo che se più voci permettono di farsiun’idea pluralista e maggiormente sfaccettatadella realtà, d’altra parte questo surplus infor-mativo tende a creare in molti di noi un sensodi soffocamento e di confusione. Insomma,tante voci, poche certezze (spesso tutti dico-

no il contrario di tutto); e questo condito daaggiornamenti sempre più veloci sui fatti delgiorno... Per molti è proprio “la velocità” a es-sere la maggiore e più importante discriminan-te: come dire, sono maggiormente credibile evincente sulla concorrenza se sono in grado dioffrire subito e prima degli altri quello che staavvenendo dall’altra parte del globo.Comprendere e spiegare perché tutto questostia avvenendo è materia di studio e stretta-mente legata sia allo sviluppo tecnologicosia all’evoluzione dei modelli sociali che sisono consolidati negli ultimi due decenni.E in tutto ciò il peso di un dilagante “pro-tagonismo” e la voglia “di esserci” a tutti icosti certamente hanno un loro peso, comedimostrano i successi di Facebook e Twitter.Ma a fronte di tutto questo strabordare divoci e informazioni la nostra memoria sem-bra accorciarsi drammaticamente. Ne dannoprova le risposte politiche alla crisi finanziariache, come sostiene Alfonso Tuor in un fondouscito l’8 settembre sul “Corriere del Ticino”,sembrano animate da una sorta di perniciosacoazione a ripetere e da una cronica incapacitàa far proprie le esperienze del passato: ancorauna volta al dilagare dell’attuale recessionecorrispondono da parte dei governi e dellebanche centrali azioni indecise e insufficienti,attuate a “beneficio della finanza e a scapitodell’economia reale”.

Cordialmente, la Redazione

Ticinosette n° 3716 settembre 2011

Tiratura controllata72’011 copie

Chiusura redazionaleVenerdì 9 settembre

EditoreTeleradio 7 SA, Muzzano

Direttore editorialePeter Keller

Redattore responsabileFabio Martini

CoredattoreGiancarlo Fornasier

Photo editorReza Khatir

Amministrazionevia Industria6933 Muzzanotel. 091 960 33 83fax 091 960 31 55

Direzione, redazione,composizione e stampa

Centro Stampa Ticino SAvia Industria6933 Muzzanotel. 091 960 33 83fax 091 968 27 [email protected]

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In copertinaI volti della culturaElaborazione graficadi Antonio Bertossi

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Agorà

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La crescente diffusione nel cor-so dell’ultimo quindicennio dei

festival culturali in Europa rap-presenta una novità sul pianodella comunicazione delle co-

noscenze. A riguardo, abbiamointerpellato Francesca Rigotti– filosofa, docente e nostra abi-tuale collaboratrice – da tempoattiva come relatrice in alcune

di queste manifestazioni

Una volta, tanto tempo fa, in Italia c’era soltanto il Fe-stival della Canzone, detto anche Festival di Sanremodal nome della località che lo ospitava e lo ospita;

poi vennero festival di altre forme di musica, accompagnatemagari da manifestazioni culinarie, dove in ogni caso la siglaera quella dello svago e dell’intrattenimento, o anche Festivalpolitici, come quello dell’Unità, all’insegna delle bandiere rossee degli gnocchetti sardi. Per giungere al momento fatidico in cuitra musica, porchetta e politica fece capolino la cultura. Siamonel 1997, anno che vede la nascita della madre di tutte questenuove forme di intrattenimento culturale, che ho altrove giàdefinito come culturtainment (“cultura” + “intrattenimento”):il Festival di Letteratura di Mantova, il primo di questa primagenerazione di nuovi festival, ancora vivo e vegeto, anzi, unodei più vivaci e frequentati. Nel quindicennio a seguire i Festi-val di culturtainment registrati in Italia si sono moltiplicati finoallo sbalorditivo numero di 1.500, molti più che in qualunquestato europeo. I più solidi ammontano a una cinquantina etra di essi i top five per numero di presenze, eventi, iniziative ebudget, sono, oltre a quello di Mantova, il Festival Filosofia diModena, Carpi e Sassuolo, il Festival della Scienza di Genova,quello della Mente di Sarzana e dell’Economia a Trento; dacitare comunque anche il Festival di Letteratura di viaggio edi montagna a Verbania (Letteraltura), di Poesia a Genova ea Parma, il Piccolofestival Letteratura a Bassano del Grappa,il Festival dei Sensi nelle Murge. E nel nostro cantone, tra itanti, segnaliamo il Festival di letteratura e traduzione (Babel,in questi giorni a Bellinzona) e Corto Helvetico al femmi-nile (festival di cortometraggi alla sua seconda edizione).

Vacanze intelligentiTutti questi eventi cultural-mondani vengono frequentati dal“popolo dei festival”, composto di persone che fuggono dallabanalità della televisione e dalla noia dell’accademia e manife-

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di Francesca Rigotti

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stano evidentemente “il desiderio di respirare e alzare il capo dallamelma e di vedere più lontano” – diceMichelina Borsari, direttricedel Festival Filosofia, da noi interpellata – dal momento che“il sapere piace, e gli uomini” continua Borsari citando Aristo-tele e Dante, “desiderano sapere, perché la conoscenza dà gioia”.Gioia non soltanto individuale quanto pure sociale, un piacerecondiviso insieme, sedia a sedia con gli altri partecipanti. “Conle loro piazze gremite” aggiunge Borsari, “l’allegria e il gomito agomito di adulti e ragazzi, esperti e debuttanti, i festival culturalisi presentano come luoghi inclusivi e ospitali... di un pubblico chevuole comunque partecipare al simposio e non limitarsi ad assisterevia cavo”. Insomma i festival propongono un modo nuovo disvolgere quelle che si chiamavano le “vacanze intelligenti”, tra-scorse per musei e luoghi culturali coi libri alla mano, portandolo scrittore, l’economista, l’intellettuale, il filosofo direttamentesul posto e dandolo in pasto alla folla.

Un cambiamento antropologicoChe cosa comporta la partecipazione a queste iniziative vista,per una volta, non dalla parte del pubblico, non degli orga-nizzatori culturali, e nemmeno degli enti del turismo e deigiornalisti delle pagine culturali, bensì dalla parte dei relatori,dei quali faccio parte dal 1999, anno in cui venni invitata perla prima volta a un festival/rassegna di “filosofi a teatro” adAncona? L’indicazione che si riceve, dopo l’invito e le indi-cazioni pratiche, è di “parlare in maniera comprensibile, adattaa un pubblico non specialistico”. Via dunque gli arzigogoli, viai concetti e le definizioni dati per scontati, via le frasi troppolunghe e complesse: si diventa insomma, quando chiamati aesibirsi in queste performance, un po’ esperti un po’ giullari, anzisoprattutto giullari, giullari del sapere, e si cerca di sviluppareuna forma di comunicazione gradevole, accessibile e accattivan-te che non smetta per questo di essere seria e scientificamenteinoppugnabile. Poi bisogna incontrare il pubblico, risponderealle sollecitazioni, essere gentili e sorridenti e pronti a ribatte-re a ogni genere di questione. Insomma, viene richiesta allostudioso serio e inavvicinabile una specie di mutazione antro-pologica, di metamorfosi da professore/economista/scrittore/filosofo ad attore di strada – il che produce risultati interessanti,decisamente superiori in chi già di mestiere insegna e ha a chefare con gli studenti piuttosto che in coloro che frequentanosoltanto il computer o i colleghi d’ufficio o di laboratorio.

Aneddotica da festivalQuando si partecipa ai festival dalla parte dei relatori si incon-trano anche situazioni bizzarre e si vivono piccole disavven-ture, perché non tutti i festival sono cosi inappuntabili come igrandi incontri di Mantova, Modena o Genova. Talora accadedi venire abbandonati senza automobile in un agriturismo dellacampagna romana, dove non c’è campo per il vostro telefonocellulare e dove, essendo gli unici ospiti nella notte stellata, an-date a dormire con una certa inquietudine; oppure vi capita didover svolgere la vostra lezionemagistrale in un’aula scolasticaaddobbata con palloncini e disegni degli alunni, che va ancorabene, ma dove la luce che irrompe dalle tapparelle rotte non vipermette di mostrare il vostro power-point, e dove il pubblico ècostretto a sedere sulle seggioline destinate ad alunni di secondaelementare; oppure ancora, vi capita di essere trattenuti a cenaper ore e ore con tutta la giunta comunale, dal primo cittadinofino all’ultimo assessore di qualche località festivaliera, dopoche magari avete viaggiato in aereo da lontano e siete sfiniti di

stanchezza e abbacinati dal fuso orario. Ma poi tutto si dissolvedavanti al pubblico, davanti agli sguardi attenti e desiderosidi sapere di persone sedute appositamente nelle piazze, o chemagari stavano soltanto passeggiando sul corso col gelato inmano e che si fermano, ascoltano, si interessano e decidono difermarsi: come mi è capitato di vedere qualche settimana fa aFrancavilla al Mare (Festival di Filosofia al Mare) dove parlavoda un piccolo palco davanti alla spiaggia nel mezzo della PiazzaSirena (nome evocativo), rivolta a una platea di persone seduteavvolte da due fiumane laterali di gente, nonni col bastone ebimbi in passeggino, le quali, dirette in realtà alla gelateria infondo, finivano per ascoltare qualcuno che parlava del sensodel nascere e del morire. Ancora più curiosa l’esperienza, pochigiorni dopo, del Festival di PopSophia a Civitanova Marche,perché proprio in mezzo alla lectio, in un cortile bellissimo acielo aperto, è iniziato a piovere e le persone stavano lì, sottol’acqua, per sentire la conclusione, mentre un ombrello apertosul computer creava un’atmosfera alquanto surreale.

Festival e genderUna pecca dei festival, queste nuove forme ludico-accademichedi intrattenimento cultural-mondano, è la scarsa presenza direlatrici donne (filosofe, economiste, scienziate, letterate);non perché di donne competenti non ce ne siano ma per-ché la loro partecipazione è contingentata. Qualcuna la sichiama sì, perché sennò pare brutto, ma giusto per dare uncontentino: sulla passerella, avvolti nel manto delle proprieidee e illuminati dalle luci dei riflettori sfileranno, intenti acompiacere il loro narcisismo, loro, i maestri del pensiero.I dati parlano chiaro. Il Festival della Mente per esempio (ma latendenza è generale) propone “incontri con scienziati, artisti,letterati, storici e filosofi” e tali essi sono, di nome e di fatto: 37,in confronto a sette donne, nel 2011. Del resto l’iniziativa si oc-cupa di creatività, che come è noto a noi donne non compete,giacché ci basta, pare, la procreatività. Se chiedi spiegazione tidicono che gli uomini vogliono ascoltare gli uomini e le donnepure, e così ti ritrovi sempre in quella sparutissimaminoranza,talvolta unica rappresentante del tuo sesso, a chiederti se percaso hai sbagliato indirizzo.

Turismo, marketing e molto altroCome la mettiamo, cambiando argomento, con la categoriadel turismo? In effetti i partecipanti, oratori e uditori, riem-piono gli alberghi e i ristoranti, i bar, i mercati, le enotechee gli agriturismo (riservati, si spera, ad automuniti) e questoimprime una bella spinta all’economia locale; ma affollanopure musei, monumenti e collezioni storiche, e questo invecenon è previsto dal marketing. Bisogna fare i conti dunque conun altro tipo di turismo, il turismo da festival che si praticasenza guide e senza Enti pubblici e che conduce di necessità arivedere il “primato dell’economico” nelle nostre società delbenessere. In questa atmosfera si assiste invece a un insolito“primato del culturale”, all’emergere di una società della co-noscenza, il tutto, aggiunge in conclusione Michelina Borsari,in un’atmosfera “interdisciplinare e festosa che offre ricchezza diesperienza senza richiedere troppa ricchezza alle tasche. In alcunicasi, come a Modena per la filosofia, i festival sono completamentegratuiti, vere e proprie feste della presenza che promuovono in primoluogo la città culturale ma, per la via, non disdegnano affatto quellaeconomica. E dove si consumano soprattutto libri, buona tavola etante conversazioni”.

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Wagner, il santo…»

La pubblicazione in italiano di una raccolta di scritti dedicatia Richard Wagner (Wagneriana, a cura di Giovanni Chiarini,Edizioni Spirali, 2010) getta finalmente luce su una figurasignificativa delle inquietudini nascoste dell’Europa a cavallodel Novecento, quella di Oskar Panizza.Panizza nacque nel 1853 a Bad Kissingen, in Baviera, in unaregione di confine conosciuta anche come Bassa Franconia.La famiglia era il frutto di un complicato mélange culturale ereligioso, tutt’altro che insolito in quelle terre, teatro di lottesecolari tra stati e confessioni differenti. Il padre era originariodel lago di Como, mentre la madre, Mathilde, proveniva daun’antica famiglia di nobili ugonotti di nome Meslière. Le di-spute per l’educazione religiosa dei figli iniziarono addiritturaprima del matrimonio: prevalse la volontà del padre e tutti icinque piccoli Panizza ricevettero il battesimo di Santa RomanaChiesa. Sul letto di morte, tuttavia, il marito concesse a Mathil-de il permesso di allevare i figli nella fede protestante.

Un personaggio controcorrenteOskar, il penultimo dei fratelli, rimase orfano a soli due annie venne subito catapultato in un feroce braccio di ferro tra lafamiglia materna ugonotta e la chiesa bavarese, che pretendevadi mantenere il controllo sull’educazione dei ragazzi. Mathildedovette subire lunghi anni di contenziosi legali e fu addiritturacostretta a nascondere i figli presso i parenti, per evitare chevenissero reclusi in collegi cattolici. Le drammatiche esperienzedell’infanzia lasciarono un segno profondo sulla personalitàdi Oskar, che manifestò ben presto un carattere irrequietoe un comportamento ben poco docile. I suoi studi furonopiuttosto irregolari e proseguirono nelle più svariate direzioni,compreso un abbozzo di formazionemusicale al Conservatoriodi Monaco e un periodo di servizio nell’esercito di Baviera.Alla fine tuttavia Panizza ottenne la Laurea in medicina, conun interesse spiccato per la psichiatria. La sua vera vocazioneperò era la poesia, che nel giro di pochi anni divenne l’atti-vità principale. Nell’ultimo scorcio di secolo Panizza animòa Monaco, con altri giovani scrittori inquieti e più o menomaudit, una sorta di scapigliatura passata alla storia come ilmovimento dei cosiddetti Münchner Moderne. Il suo lavororuotava in maniera quasi ossessiva sui temi dell’allucinazione,

della psicosi e delle conseguenze della sifilide, malattia checonosceva purtroppo per esperienza diretta e che portava allamorte tra sofferenze atroci, come aveva visto accadere anchetra amici e parenti. La scrittura di Panizza formava un singolareimpasto di conoscenze scientifiche ed erudizione letteraria,che aveva come principale bersaglio l’ipocrisia della chiesacattolica e il perbenismo della società borghese. Il caso Panizzascoppiò come una bomba con la feroce e grottesca satira delVaticano di Das Liebeskonzil (Il concilio dell’amore, 1893),definita “tragedia celeste in 5 atti”. In questo lavoro scandaloso,Panizza immaginava che l’umanità fosse stata infettata dallasifilide per colpa delle orge di Alessandro VI, il famigeratopapa Rodrigo Borgia. Dio era rappresentato come un vecchioimbecille, Cristo come un incapace e la Madonna come unapratica e decisamaîtresse, che strappa al demonio la promessa

di Oreste Bossini

Tra gli innumerevoli scrittori e intellettuali influenzatidalla musica e dal teatro di Richard Wagner spicca

la figura geniale e anticonformista di Oskar Panizza.Il nome di questo perseguitato e sfortunato

protagonista della prima stagione del movimentomodernista rimane ancor oggi poco

conosciuto al di fuori della cultura tedesca

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di inventare una malattia che “distrugga i corpi e lasci salve leanime”. Benché il libro fosse stato pubblicato a Zurigo e nonin patria, il tribunale di Monaco condannò l’autore a un annodi carcere per il contenuto blasfemo. Tutto il mondo letterario,dal giovanissimo Thomas Mann al decano degli scrittori tede-schi Theodor Fontane, prese posizione pro o contro Panizza,che divenne dopo lo scandalo un personaggio conosciuto intutta Europa. Il concilio d’amore ha dovuto aspettare il 1967 peressere rappresentato la prima volta, a Parigi, in uno spettacolomemorabile con i costumi e le scene disegnati dalla grandepittrice Leonor Fini.

L’ossessione wagnerianaDopo il carcere, la vita di Panizza si svolse in maniera semprepiù disordinata e difficile, isolato nell’ambiente di Monacoe malvisto per le sue opinioni sulfuree nelle varie città doveaveva cercato rifugio, Zurigo e Parigi. Alla fine anche la vecchiamadre si rifiutò di riceverlo, mentre la sua mente sprofon-dava sempre più nel delirio paranoico. Dopo aver tentato ilsuicidio ed essere stato arrestato mentre camminava svestitoper le strade di Monaco, Panizza venne rinchiuso nel 1905 inun manicomio a Bayreuth, dove continuò sporadicamente ascrivere testi in latino e una sorta di grottesca autobiografia,in cui l’antico medico esaminava la vita dell’attuale pazienteparlando di sé in terza persona.Tra le ossessioni di Panizza figurava anche quella per Wagner.Lo scrittore vedeva nelle sue opere l’espressione di forze pro-fonde in grado di sconvolgere l’animo degli spettatori, cheassistevano al rito celebrato dall’autore come in una sortadi trance. Gli scritti contenuti in Wagneriana, scelti e tradotticon finezza da Giovanni Chiarini, mettono in luce l’acutosenso critico di Panizza, che coglie alcuni elementi essenzialidel teatro e della musica di Wagner in una forma non specia-listica e con un linguaggio accessibile a tutti. L’aspetto piùinteressante degli scritti, però, riguarda la maniera di reagiredei giovani intellettuali radicali alle tensioni più violente delpensiero di Wagner. Gli artisti come Panizza, a cavallo delNovecento, sentivano bruciare nelle loro viscere la malattiadell’Occidente, che Wagner aveva espresso in maniera cosìpotente nelle fosche narrazioni del Ring des Nibelungen e diTristan und Isolde. Quello che non riuscivano ad accettare,tuttavia, era la speranza di salvezza, la via di fuga della reden-zione dal peccato della carne, che per i grandi vecchi dellacultura dell’Ottocento, da Wagner a Tolstoj, rappresentavail supremo balsamo della saggezza. Panizza, come prima dilui Nietzsche, vedeva nell’ultima opera di Wagner, Parsifal, ilmanifesto della debolezza di un vecchio artista, incapace dirinnovare di fronte al pubblico i trucchi del mestiere. Bayreuthe l’omosessualità, uno scritto pubblicato addirittura in qualitàdi medico per sottolineare il carattere per così dire scientificodelle considerazioni, esprime in maniera esemplare la visionedell’ultimo Wagner come un vecchio leone ormai incapacedi lottare e rassegnato a una sessualità contemplativa similea quella di Socrate, pago della compagnia dei ragazzi. L’acutaanalisi di una banale inserzione su un quotidiano, nella qualeun giovane “urningista” – come venivano definiti i gay nellacultura tedesca di metà Ottocento, in un’epoca in cui non

era stato ancora coniato il termine omosessualità – cercavaun compagno per una gita in bi-ciclo nel Tirolo, rivela unintreccio di temi omosessuali che convergono in una letturaquasi psicoanalitica di Parsifal.

Il grande purificatoreSarebbe tuttavia difficile da afferrare il netto rifiuto del mes-saggio di quest’opera da parte dei giovani artisti più arrabbiati,se non si comprendesse la sconvolgente impressione lasciatadal teatro di Wagner sulla cultura tedesca del secondo Otto-cento. L’ultimo scritto della raccolta, Tristano e Isotta a Parigi,rappresenta un’eccellente testimonianza dell’immenso vuotocolmato dal teatro di Wagner nel cuore dei giovani tedeschi.Panizza racconta l’esperienza di una recita qualunque di Tri-stan all’Opéra, in una sorta di monologo interiore alla Joyce,torrenziale e a tratti isterico.L’autore assiste con sconcerto e orrore alla grottesca meta-morfosi di quella sacra rappresentazione dell’amore tra uo-mo e donna in uno spettacolo lascivo, con i grassi borghesiparigini ansiosi di assistere a una storiella peccaminosa comesi trattasse di un’opera di Gounod o di Puccini. Panizza nonresiste a quell’osceno travisamento del significato profondo diun lavoro che scaturisce dalle viscere di un’anima totalmentedisperata, in balia di un dolore senza fine. Alla fine sogna, inuna sorta di delirio mistico, una palingenesi anarchica dellasocietà, che attraverso l’arte di Wagner purifichi la Germaniadalle ingiustizie e dai privilegi. “Oh, Richard Wagner! – SantoRichard Wagner! – Risorgi dalla tomba! – Riprendi la bacchetta dadirettore... E domani comincerà la rivoluzione!...”.

in questa pagina:un ritratto di Oskar Panizza, 1895

(da www.de.wikipedia.org)a sinistra:

Richard Wagner, 1861(da www.algaida.wordpress.com)

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Il falso ricordo»

La suggestiva descrizione della memoria che avete lettonell’occhiello, e che la raffigura come una sorta di casaall’interno della quale sono riposti i nostri ricordi, è statatracciata fra il 397 e il 400 da sant’Agostino1, e corrispondetuttora all’idea che la maggior parte delle persone ha deiprocessi mnemonici. In realtà, come gli psicologi sanno dacirca un secolo, la memoria non è un fenomeno statico bensìdinamico: è cioè soggetta aprocessi di rielaborazionecontinua che ne integranoi contenuti, per ciò stessomodificandoli.Inoltre, non è vero che ilnostro sistema mnesico re-gistri tutto ciò che ci accadee che, se adeguatamentesollecitato, possa restitui-re dettagli apparentemen-te dimenticati. Ovvero, lamemoria è organizzata subase associativa, e quindinormalmente un ricordoconduce a un altro; tutta-via, ciò che memorizziamoè solo quello a cui dedi-chiamo – o che reclama daparte nostra – sufficienteattenzione. Tutto il resto,semplicemente, viene tra-lasciato perché ridondanteo poco significativo, quindinon utile ai fini dell’eco-nomia psichica. È possibile ottenerne riprova attraversouna semplice domanda: questa mattina, quando siete uscitidi casa per andare al lavoro, la prima persona che aveteincontrato era un uomo o una donna? (naturalmente valesoltanto se questa persona non era un/una conoscente)2. Ameno che non ci abbiate parlato, è abbastanza improbabileche sappiate rispondere, ma questo non significa che sietedegli “smemorati”.

Il gioco della composizione mnemonicaL’atto di ricordare, come dice l’eminente ricercatrice Elisa-beth Loftus3, somiglia di più alla composizione di un puzzleche a premere il tasto play su un lettore dvd: i ricordi ven-gono ricostruiti piuttosto che richiamati. Questa costanterielaborazione delle informazioni contenute nelle traccemnesiche ha portato nel corso degli anni a considerare con

maggiore cautela, in ambitogiudiziario, le prove basatesu testimonianze oculari.È stato infatti dimostra-to che il modo in cui unadomanda viene formulataè suscettibile di modifica-re il ricordo che intendeevocare, perché frammentidi memoria potrebbero ri-combinarsi con elementiinformativi contenuti nelladomanda stessa.Nel 1992, in seguito a unincidente in cui un jet sischiantò contro un condo-minio ad Amsterdam, ungruppo di ricercatori inter-vistò un campione della cit-tadinanza chiedendo loro,fra le altre cose, se avesserovisto il video della sciagura.In un primo studio, il 55%degli intervistati risposeaffermativamente; in un

secondo studio, condotto a qualche settimana dall’evento,la risposte positive salirono al 66%. Non esisteva alcunaripresa dell’incidente. Bisogna dedurne che più della metàdegli abitanti di Amsterdam sono mentitori patologici? Inrealtà, queste persone avevano semplicemente generato leproprie personali immagini dell’accaduto sulla base di ciòche avevano letto e sentito; poi, rispondendo a una domandache presupponeva che delle riprese esistessero, le avevano

testo diMariella Dal Farraillustrazione di Antonio Bertossi

“[…] E arrivo così ai campi e ai vasti palazzidella memoria, là dove si trovano i tesori dellenumerosissime immagini immesse dalla per-cezione dei sensi per ogni genere di oggetto.Lì viene custodito anche tutto ciò che ci accadedi pensare […], e ogni altra immagine, lì depo-sitata o messa da parte, che non sia stata an-cora inghiottita e sepolta nell’oblio”

attribuite a una fonte esterna (la televisione), senza accorgersidel passaggio.4

L’estrema plasticità della memoria umana può avere ricadutedrammatiche quando, dall’ambito sperimentale, ci trasferia-mo in quello della vita reale. Basandosi in gran parte sulledeposizioni di cinque testimoni oculari, nel 1984 Kirk Blood-sworth fu riconosciuto colpevole dello stupro e dell’uccisionedi una bambina di nove anni a Rosedale, nel Maryland; perquesti crimini, fu condannato alla pena di morte, successi-vamente condonata in ergastolo. Dopo avere trascorso noveanni in carcere, Bloodsworth venne scagionato grazie al testdel Dna e rilasciato in quanto estraneo ai fatti. Stando aidati riportati da “Innocence Project”5, l’organizzazione chelo ha assistito, più del 75% delle 273 sentenze rivelatesi finoa ora errate sono state formulate sulla base di testimonianzeoculari; un terzo di questo 73% era corroborato dalle depo-sizioni di due o più testimoni.

I vantaggi della memoria bugiardaA questo punto, sorge spontaneo l’interrogativo: a cosadiavolo servono i falsi ricordi?6 Ovvero, perché un sistemastraordinariamente adattivo come quello della memoriaumana dovrebbe produrne? Per rispondere a questa domandaè utile considerare un’importante prerogativa del pensieroastratto: quella di riesaminare il passato per direzionarepresente e futuro. Questa funzione implica la capacità diricombinare informazioni precedentemente acquisite connuove ipotetiche situazioni piuttosto che limitarsi a richia-mare gli eventi così come si sono svolti. Anche perché, nellavita reale, raramente le cose si ripetono in modo identico.Inoltre, il trasferimento delle competenze da un ambito ap-

plicativo a un altro – per esempio, enucleare la capacità diandare in bicicletta e fonderla con quella di guidare un’autoal fine di condurre uno scooter – prevede una combinazionedi elementi esperienziali e immaginativi, soprattutto se è laprima volta che si inforca un motorino.Il “falso ricordo”, ancorché sovradeterminato – variabilidi carattere socio-psicologico quali la coerenza percepita eil bisogno di una memoria condivisa entrano a loro voltain gioco – si configura pertanto, e principalmente, comel’”effetto collaterale” di un sistema – quello mnesico – checi consente di viaggiare mentalmente avanti e indietro neltempo, ottimizzando la nostra condotta grazie a un sofisti-cato dispositivo di ricombinazione e proiezione delle infor-mazioni acquisite. È quindi importante essere consapevolidella sua evenienza e, laddove indesiderata (vedi ambitogiudiziario), adottare protocolli che consentano di ridurnel’impatto.

note1 Sant’Agostino, Le Confessioni, Edizioni San Paolo, 2002, pag. 220.2 Valentina D’Urso, Fiorella Giusberti, Esperimenti di psicologia, Zanichelli,1991, pp. 153-154.

3 Elisabeth Loftus è nota per le sue ricerche sulla memoria umana, conparticolare riferimento al “falso ricordo”.

4 H. F. M. Crombag, W. A. Wagenaar, P. J. Van Koppen, “Crashing memoriesand the problem of source monitoring”, Applied Cognitive Psychology n°10,1996, pp. 95-104.

5 La “Innocence Project”, un’organizzazione attiva negli Stati Uniti (www.innocenceproject.org) utilizza il test del Dna per riaprire casi antecedentil’introduzione di tale tecnica.

6 Eryn J. Newman, D. Stephen Lindsay, “False Memories: What the Hellare They For?”, Applied Cognitive Psychology n°23, 2009, pp. 1105-1121.

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10Scienza

La natura in copia»

Il professore Ingo Rochenberg dell’Università di Berlino daanni studia una specie di lucertola, la Scincus scincus, che vivenel deserto del Sahara. Questo particolare rettile, soprannomi-nato “pesce delle sabbie”, si muove appunto sotto la sabbia,al riparo da predatori e dai raggi solari. Riesce a “nuotare”come un pesce, senza graffiarsi la pelle per il forte attrito coni granellini di sabbia e senza ustionarsi. Studiando la cutedell’animale si è scoperto che presenta un coefficiente difrizione minore di qualsiasi materiale noto all’uomo – anchedel vetro e dell’acciaio lucidato – il che potrebbe essere d’ispi-razione per produrre un nuovo materiale non deteriorabileper i rivestimenti interni delle tubature.

Osservare e trarre ispirazioneVa specificato che non si tratta di copiare la natura, bensì diosservarla per conoscerla e farsi ispirare da essa. Con il buonsenso e molta intuizione è stato possibile rendere alla portatadell’uomo l’evoluzione e gli adattamenti che la natura ha effet-

tuato da milioni di anni. Un’evoluzione naturale delle specieche ha già permesso le più grandi invenzioni del XX secolo. Peresempio, la scoperta del sistema di posizionamento a ultrasuo-ni dei pipistrelli, per creare i sonar. Dall’istinto magnetico degliuccelli migranti si è arrivati alla navigazione con bussola; grazieai sensori del calore – che i serpenti a sonagli utilizzano perlocalizzare la loro preda – si sono potuti inventare i sensori ainfrarossi. Alle proprietà della pelle dello squalo si sono ispirati,per esempio, i progettisti della tuta del velocissimo nuotatoreMichael Phelps. Dal mare arrivano anche le scoperte di nuovefibre ottiche grazie alle caratteristiche delle spugne marine,oppure ancora prodotti adesivi funzionanti su superfici liscee umide lasciandosi ispirare dalle cozze.Le scoperte sono davvero numerose e più che delle invenzionisono un “riscoprire” ciò che è già parte della natura ed è sottoi nostri occhi. È come trovare il codice per decifrare un mes-saggio segreto e far emergere una soluzione che è già presentedavanti a noi ma di cui non conosciamo il significato. Per

di Chiara Piccaluga

Il mondo naturale è da sempre fonte di nuoveinvenzioni e sorprendenti scoperte. E ancora og-gi, gli scienziati lo osservano incessantementequale fonte di ispirazione e come concentratodi tecnologia e genialità

Il ricognitore strategico Lockheed SR-71 “Blackbird” (attivo sino al 1989) era in grado di raggiundere velocità superiori 3.500 km/he in un secondo poteva coprire una distanza pari a 30 volte la sua lunghezza. In verità, un comunissimo piccione sa fare molto meglio...

Caduta dei capelli…Capelli deboli…Unghie fragili…

... possono essere provocati dalla carenza di biotina.

aiuta ad eliminare questo stato di carenza.

1 x al giorno Biotin> diminuisce la caduta dei capelli> migliora la qualità di capelli e unghie> aumenta lo spessore di capelli e unghie

In venditain farmacia edrogheria.

Lo sviluppo di capelli e unghie saniCellule specializzate (cellule epidermiche) nella matrice deicapelli , rispettivamente delle unghie si riproducono perscissione cellulare e si spingono lentamente verso gli strati cutaneisuperiori . Maturando, formano la proteina filamentosacheratina, elemento costitutivo principale di capelli e unghie.La cheratina conferisce a capelli e unghie resistenza.

Così agisce la biotinaLa biotina agisce sulla moltiplicazione delle cellule matrici dicapelli e unghie , favorisce la formazione di cheratina e nemigliora la struttura.

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Leggere il foglietto illustrativo.

esempio, le ali delle farfalle possono ricevere le gocce di pioggiae di rugiada senza bagnarsi, trasformandole in perle d’acqua;perché allora non dipingere le pareti di case e palazzi con unavernice che abbia le stesse caratteristiche? Ci sono mammiferie uccelli capaci di contenere le vibrazioni e questo aspetto puòessere studiato e applicato per la costruzione di edifici.

Leonardo, gli uccelli e la velocità supersonicaUn uomo che aveva senz’altro compreso l’importanza dell’os-servazione della natura è come sappiamo Leonardo da Vinci(1452–1519). Tra le sue molte ricerche, egli analizzò anche ilvolo degli uccelli e la loro anatomia nella prospettiva di riu-scire a far volare l’uomo. Oggi gli uccelli sono ancora fontedi ispirazione per molti ingegneri e le alette dei moderni jetpasseggeri sono state create analizzando l’aerodinamica delleali dei volatili. Nonostante gli sforzi, però, la natura rimane alprimo posto in tutto e per tutto e noi possiamo solo sperare difare una minima parte di quello che essa è in grado di creare. IlLockheed SR-71 “Blackbird”, per esempio, è l’aereo ricognitored’alta quota più veloce al mondo; raggiunge i 3.500 chilometril’ora e ad altezze superiori ai 25 km. In un secondo percorreuna distanza pari a 30 volte la sua lunghezza, ma un comu-nissimo piccione di circa 30 cm di lunghezza, pur riuscendoa raggiungere velocità massime di “soli” 80 chilometri l’ora,in un secondo copre una distanza superiore a 70 volte la lun-ghezza del suo corpo. Molto più efficiente del fantascientificoaereo, dunque. Lo Skyhawk A-4, velivolo noto per essere moltomaneggevole, ha un coefficiente di rotazione di 720 gradiper secondo, vale a dire che può compiere due avvitamenticompleti sul proprio asse orizzontale, in un secondo. Ebbeneuna qualsiasi rondine effettua acrobazie circa sette volte piùspinte, potendo raggiungere un coefficiente di ben 5.000 gradiper secondo, ossia quasi 14 (!) rotazioni complete.

Un mondo di fenomeniMa c’è molto altro che l’esperienza millenaria della natura cipuò insegnare. Per esempio, il brachino bombardiere – unoscarafaggio che è la creatura più piccola al mondo – è in gradodi secernere vapore. È capace insomma di spruzzare acqua apiù di 100 °C grazie a una speciale reazione chimica. Oppureil ragno pescatore gigante, che dimostra come sia possibilerestare asciutti in acqua; possiede peli che creano uno stratosottilissimo di aria che lo avvolge. Questa conoscenza è già sta-ta utilizzata per produrre un costume che resta asciutto anchedopo essere rimasto quattro giorni immerso in acqua.Non c’è settore che non abbia beneficiato della saggezza diMadre Natura. L’ingegnere informaticoMarco Dorigo dell’Uni-versità di Bruxelles, ha persino elaborato dei modelli matema-tici per ottimizzare il traffico ispirandosi alla vita sociale delleformiche. Nel settore automobilistico si sono studiati i gattie, in modo particolare, le loro zampe. Come i felini, anche leauto devono potersi arrestare immediatamente; i gatti ci rie-scono in grazie ai cuscinetti plantari. Infatti, quando corronovelocemente questi si ritraggono offendo una superficie diattrito inferiore per poi allargarsi nel momento in cui inizianoa rallentare. Alcuni pneumatici sono stati progettati propriocon questo principio grazie a materiali e profili che a contattocon la strada si espandono durante le frenate.Viene poi dal professore dimanagement FredmundMalik, notosaggista e già docente all’Università di San Gallo, la constata-zione che anche le aziende debbano imparare dalla natura: “Segli animali si raggruppano in sciami, colonie e branchi, perché nonutilizzare anche nelle aziende questo tipo di auto-organizzazioneper i dipendenti”.

Media

12

Me l’ha dettoWiki»

Il modo più semplice per carpire qual-che informazione su Wikipedia è an-dare su… Wikipedia. Un paio di mosseveloci sulla tastiera ed ecco che loschermo materializza ogni desideriodi conoscenza: “Enciclopedia multilinguecollaborativa, online e gratuita, nata con ilprogetto omonimo intrapreso da Wikime-dia Foundation, un’organizzazione non ascopo di lucro statunitense. Etimologica-mente Wikipedia significa cultura veloce,dal termine hawaiano wiki (veloce), conl’aggiunta del suffisso di origine greca -pe-dia (formazione)”. Aggiungiamoci, annodi nascita 2001, creatori Jimmy Walese Larry Sanger, versioni in 282 lingue,più di 3 milioni di voci in quella in-glese (la principale), circa 825mila inquella in lingua italiana. Poi paginatedi dati scritti nell’italiano diWikipedia,sintatticamente più vicino all’ingleseche alla lingua di Dante e, soprat-tutto, infarcito di vocaboli albionici,anzi “stelle e strisce”. Una neolinguache le nuove generazioni incontranoabitualmente e che automaticamenteritengono “italiano” da usare al pari,anzi al posto, di quello di Pavese, Mon-tanelli, Calvino.

Una presenza inevitabileInutile scandalizzarsi e fare i puristi,inutile anche puntare il dito a priorisulla scarsa attendibilità di molte voci:Wikipedia è un fenomeno con cui èpraticamente impossibile non avere ache fare, così come è improbabile nonesserne in qualche modo influenzati.È microcosmo, sempre meno “micro” esempre più “macro”, che influenza ciòche sappiamo e i modi in cui scriviamo,e parliamo. È quasi inevitabile che siacosì, data la facilità con cui Wikipediapuò essere consultata e consente diincrociare le informazioni, di fare col-legamenti e correlazioni tra voci.Così, quasi impercettibilmente, l’enci-clopedia libera occupa spazi informati-

vi, tende a fagocitare, a inglobare tutto,anche le lingue. Un processo che puòapparire non intenzionale, nel sensoche nessuno è costretto a utilizzareWikipedia; però, il fatto che un’enciclo-pedia definisca se stessa, come abbiamovisto all’inizio, è significativo. Dietrola pretesa di creare un mondo in cuichiunque può avere libero accesso tuttoil patrimonio della conoscenza umana,

testo di Roberto Rovedagrafica Tecnicasette

Fino a qualche anno fa per dare autorevolezzaa un’informazione si ricorreva ai classici “l’ho

letto sull’enciclopedia”, “l’ho visto al telegiornale”,“l’ho sentito alla radio...”. Oggi tutti sappiamo

che il vero totem del sapere si trova nella rete efornisce grandi quantità di informazioni a velocità

straordinarie. Uno strumento di indubbia utilitàe dalle enormi potenzialità, a cui però si attinge

solitamente con scarso spirito critico

Buongiorno.

Sognoavverato.

Media

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già una scelta come questa esprime undesiderio di voler “definire” tutto, senzaessere “definiti”. Un senso di onnipre-senza e onnipotenza molto moderno,molto “americano”, e che profuma diegemonia culturale. Un’egemonia che

tutti contribuiamo a rafforzare, ricor-rendo troppo e troppo spesso in ma-niera acritica aWikipedia, col rischio diritrovare ovunque in Internet la stessainformazione, scaturita da un’unicafonte, non adeguatamente controlla-ta, perché il metodo dell’enciclopedialibera si basa proprio sulla quasi totaleassenza di controlli dall’alto.

All’origine del sapere “condiviso”Intendiamoci, stiamo parlando di unostrumento dalle potenzialità e dalle ca-pacità straordinarie, in cui veramente sipossono trovare informazioni con unarapidità impensabile rispetto a qualsiasialtro sistema. Così come spesso le voci,soprattutto nella versione inglese e inambito tecnico-scientifico, sono vera-mente di alto livello e di una completez-za invidiabile. Però troppo facilmentesi passa sopra il fatto che nella versione

italiana di Wikipedia sia più lunga e ar-ticolata la voce “Kurt Angle”, stella delwrestling americano, di quella dedicataa Ungaretti senza riflettere sul perchédi questo. Senza pensare che questo av-viene perché molte delle ottocentomilavoci italiane sono semplici traduzionidi quelle presenti in inglese, anzi “inamericano”. Quindi è vero che esisto-no tante versioni, ma il predominio diquella inglese è forte, culturalmente elinguisticamente.

Il pensiero egemonizzanteSi sottovaluta quindi come l’interosistema Wikipedia si basi su un dogmache tanto dogma non è; cioè l’idea chela partecipazione libera di tante personeporti necessariamente a un continuomiglioramento, addirittura “perfezio-ne”. Un presupposto che assomigliamolto a tante teorie del liberismo eco-nomico più sfrenato, quello che sostieneche non ha senso dare regole ai mercatiperché questi si autoregolano da soli…come, infatti, abbiamo potuto osservareall’arrivo della crisi finanziaria e dellaconseguente instabilità economica.Snobbare alloraWikipedia? Usarlameno?No, usarla meglio, con sguardo critico epretendendo la qualità anche di frontea una offerta gratuita e libera. Contri-buire a migliorarla – una volta capito ilmeccanismo è cosa piuttosto semplice– per cadere nella miopia di tanti solonidella cultura, soprattutto italiana, chesnobbano Wikipedia a priori. Perché

non è vera libertà e informazione nonsaper decidere chi sia più importante traun lottatore supernutrito e uno dei piùgrandi poeti del Novecento.

per sapere di più:Andrew LihLa rivoluzione di WikipediaEdizioni Codice, 2010“La rivoluzione (dal tardo latino revolutio, -onis,rivolgimento) è un mutamento improvviso e profondoche comporta la rottura di un modello precedente eil sorgere di un nuovo modello” (tratto da op.cit.).Scritto da un esperto di new media e profondoconoscitore delle dinamiche delle comunità colla-borative online, questo saggio racconta la nascita,l’evoluzione e gli effetti di quello che è diventatoun fenomeno sociale dalle incalcolabili ripercus-sioni culturali.

Vitae

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VitoRob

biani

»

Sonomaestro di sci, gior-nalista, regista, came-raman e insegnante al

corso Documentario e tecnicaaudiovisive della Supsi. Dal1997 faccio parte del con-tingente di pace del Dipar-timento degli Affari Esteri,con il quale ho partecipatoad alcune missioni in qualitàdi osservatore elettorale inpaesi in transizione verso lademocrazia o del Terzo Mon-do (recentemente in Guinea,Kosovo e Haïti). Mi definiscoun videogiornalista. Vorreiavere una garanzia economi-ca ma credo che questo mitoglierebbe libertà, perché unacosa non esclude l’altra mauna condiziona l’altra.Gli ostacoli più difficili daabbattere sono le etichette,quando qualcuno ti identificain un determinato ruolo e tichiude in una gabbia. Mi dàfastidio quando le etichettediventano un deterrente e nonmi permettono di evolvere.I privilegi ci sono ma ci sonoanche gli aspetti sfavorevoli equindi, come tutti, credo diessermi guadagnato quel cheho perché nessuno ti regalanulla. È nel fare che ti realizzi.Nemmeno i tuoi genitori tipossono regalare qualche cosa.Ti possono offrire delle emo-zioni ma il riconoscimento telo devi conquistare. Essere ilfiglio di Dario Robbiani mi hapenalizzato soprattutto quan-do mio padre ha vissuto degliattriti sia nella politica sia sulpiano professionale. Altre vol-te mi ha agevolato, però nonpenso di avere avuto facilita-zioni diverse, per esempio, daquelle del figlio di un panet-tiere che il genitore sostienenel compimento del suo stessolavoro. Al tempo in cui miopadre ha avuto difficoltà inpolitica e sul lavoro, avevo 13anni, e subivo delle pressionianche a scuola, con i compa-gni, a causa del mio cogno-me. C’era ostilità, soprattuttodovuta alla questione dellariunificazione del Psa con ilPst, che non venne condivi-sa da una parte dei socialistiticinesi. Abbiamo sofferto infamiglia, pagando a caro prez-

zo il fatto che lui si esponeva.Penso ancora con incredulitàal cartello anonimo, piazza-to nel paese con scritto “viaRobbiani da Comano”, o allascatola con un topo morto,recapitata al nostro domicilio.Io emia sorella Lara facevamofatica a comprendere ilmotivodi quelle intimidazioni. Miamadre ha cercato di proteg-gerci, facendoci capire chenon era un attacco nei nostriconfronti ma che era legato aragioni politiche. A volte hodovuto rispondere anche perlui, e questo nel bene e nelmale. Se lui era apprezzato diriflesso stimavano anche me.Non è così vero che le colpedei padri non devono ricaderesui figli. Di loro ti porti dietropregi e difetti. Spesso sonostato riconosciuto per le ideedi mio padre e non per le mie.Dovevo assumermi, senza re-plica, anche le sue opinioni, equesta imposizione data perscontata, non la sopportavoperché a volte ero in conflittocon lui, scontrandomi su temipolitici. Sotto il profilo ca-ratteriale sono molto diversoda mio padre che aveva untemperamento istrionico, conun forte carisma di leader. Nonci tengo a questa immagine

soprattutto perché non amoi conflitti e non so gestire letensioni. Sono più simile amio zio Franco, che era unsindacalista. Credo che a miopadre abbia fatto piacere sen-tirsi dire, da me, poco primache morisse, che mi ha inse-gnato a essere libero. Oltre aessere un uomo libero, chepuò sembrare un’affermazio-ne molto pomposa e utopica,lui mi ha sempre insegnatoa non prendermi mai trop-po sul serio. Forse in questaintervista mi sto prendendosul serio!? Non sono attivoin politica perché la politicaè una cosa seria, e dunquenonmi ritengo tale, nel sensomigliore del termine. Inoltre,siccome sono un giornalista,non voglio assumere ruoli in-compatibili perché il rischioè quello della commistioned’interessi. Ritengo che questosia un paese bellissimo, anche

se concordo con mio padre quando dicevache è una repubblica basata sull’invidia.Il momento più sofferto della mia vita èstata la scomparsa di mio padre, morto a set-tant’anni, dopo una grave malattia. Quandoscompare un padre ti senti orfano e più solo.Mi ha preparato alla sua partenza. Ha avutouna grande dignità perché, non dando sensoal pietismo, non voleva essere commiserato.Quando è morto era degente all’ospedale.La mattina ci chiese di restargli accanto, ciaveva salutati dicendoci che per noi ci sarebbesempre stato. Quella notte, era il mio turno.Sono rimasto da solo con lui nella camerad’ospedale, tenendogli la mano. Quando ilsuo respiro si è fatto normale e calmo, mi so-no addormentato accanto a lui. Poco dopo èmorto. Ho sentito un senso di colpa per esser-mi addormentato. È come se, in un qualchemodo, lo avessi abbandonato. Ho tenuto den-tro il rimorso della colpevolezza fino a quan-do ho capito che lamia presenza gli impedivadi andarsene, e che l’essermi addormentatolo ha liberato. Stringere la sua mano alla mialo legava ame ed era unmodo per ritardare ilsuo momento, che si è compiuto quandomisono rilassato, nel sonno. Da allora assaporola mia vita dandole un senso più compiutocon la mia ragazza Alessandra che adoro, lamia famiglia e i miei amici. L’insoddisfazioneè una delle cose peggiori della vita. Per averedelle soddisfazioni devi rischiare, mettendoin conto l’insoddisfazione. Non voglio peròche lamonotonia prenda il sopravvento nellamia vita. Per me conta l’onestà e la dignità:due pilastri fondamentali sulla base dei qualicontinuerò a costruire. »

testim

onianza

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olta

daNicoletta

Bara

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fiadiI

gorPon

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Dopo diverse esperienze lavorative, oggiopera come videogiornalista e libero pro-fessionista nell’ambito dell’osservazionepolitica e della comunicazione

A tre anni di distanza dal reportage dedicato al Parco Nazionale

Svizzero dell’Engadina, ritorniamo in quei luoghi, non con un intento

documentaristico ma spinti dal desiderio di cogliere la bellezza

e il mistero di una natura sottratta alla violenza dell’intervento umano

testo di Francesca Rigotti; fotografie di Peter Keller

Le immagini del silenzio

Peter KellerClasse 1950, ha dapprima

seguito una formazionenell’ambito della tipogra-

fia e della fotografia,in seguito si è diplomato

in Ingegneria della stampae dei media presso

l’Università di Stoccarda.Oggi direttore editoriale,dal 2005 ha iniziato a

collaborare con il fotografoAdriano Heitmann.

Nel 2010 è stato pubblica-to il volume fotografico

Barocco (EdizioniCasagrande, Bellinzona).

sopra: Maregunetin apertura: God Stabelchod

Le immagini di questa natura impervia eillibata, finalmente liberata dalla presenzadell’uomo, scattate all’interno e nelle im-mediate vicinanze del Parco Nazionale Sviz-zero mi hanno richiamato alla mente, per

contrasto, le parole con cui Carlo Cattaneo descrivevanell’Ottocento il paesaggio attraversato dal fiume Po:la Pianura padana, spiegava Cattaneo, è un immensodeposito di fatiche. Egli interpretava con soddisfazioneil paesaggio padano come una forma di natura tuttaartificiale: l’immensa trama di prati, campi e canali erastata plasmata dall’ingegno e dall’opera degli uominiche dopo aver fatto scomparire le antiche selve, ave-vano regolato le acque superficiali, dissodato i campie inventato ingegnosi sistemi di coltivazione, come lemarcite e i prati irrigui, in modo da avere sempre ric-chi raccolti. A prezzo di un’immane lavoro, la naturaera stata civilizzata e addomesticata e ora, scrivevaCattaneo con fierezza, si presentava coi caratteri di unimmenso opificio in cui ferveva il lavoro umano.

La conquista della naturaLa constatazione di Cattaneo rispecchiava il sensodell’esortazione biblica, rivolta all’uomo, di assumereil comando sulla natura; un’esortazione che partivadall’assegnazione dei nomi fino a un diritto allo sfrutta-mento del creato in nome della superiorità della specieumana. Anche se oggi alcuni teologi convengono sullaresponsabilità della Bibbia riguardo allo sfruttamentodella natura, e se ne dolgono, non è facile contrastarel’idea, sostenuta da sant’Agostino o da san Tommaso,che sia lecito anzi quasi doveroso all’essere più perfettonella gerarchia degli esseri, “sopprimere piante e animaliper uso dell’uomo” (Summa Theologiae, II-II, q. 64, a. 1).A tale esortazione l’uomo si adeguò con entusiasmo,dedicandosi a una “conquista” della natura che ha tut-to il sapore di una campagna bellica o di uno stupro.Tanto più che la natura è sempre apparsa all’uomo, perle sue capacità generative, come elemento femminile:natura, da natus, nascor, ecc. è la forza che genera e chefa nascere, è ciò che mette al mondo e dà la vita.

God Stabelchod

Ova dal Fuorn

Senza rumoreLa stessa natura sembra però da qualche tempo essersistancata di subire tutti questi interventi civilizzanti eaddomesticanti e si ribella alla violenza e all’abuso conuna energia ben superiore a quella dell’uomo e dellesue macchine. Alcuni umani, più sensibili alla sua voce,hanno cominciato a chiedere la riduzione dell’“impattoambientale” e a introdurre – chi ne ha il potere – misuredi protezione per impedire la trasformazione totale.Sono state costituite così alcune aree selvagge, il Parcodell’Engadina in Svizzera, la Riserva della Val Grandein Italia, quasi campioni museali di natura “selvaggiae incontaminata” dove l’intervento umano è ridotto alminimo; via tutto, da questi parchi, se non la controllatasparuta presenza di silenziosi camminatori nei boschi olungo i ruscelli o di fotografi altrettanto taciti di florae fauna. È curioso come le fotografie che vediamo cisuscitino una tale impressione di silenzio, giacché leimmagini non fanno mai rumore: queste però ne fanno

ancorameno, come se riuscissero veramente a illuderci diessere anche noi là dentro, a fianco del fotografo, nellaforesta umida e muschiosa.

Ecologia e libertàNel cambio di paradigma che abbiamo segnalato l’uomodunque non è più il pacato e ingegnoso addomesticatoredel selvaggio ma è egli stesso il violentatore brutale e fe-roce: talché alcuni movimenti ecologisti fondamentalistipredicano addirittura, per gli umani, l’astensione dellagenerazione allo scopo di nonmettere al mondo ulteriorinemici della natura in grado di aggiungere devastazionea devastazione con la loro semplice presenza. Appartiene,per esempio, a questa corrente ideologica il personaggiodi Lalitha, la giovane compagna di Walter nel romanzodi Jonathan Franzen Libertà; un’opera letteraria in cuile vicende di famiglia si intrecciano con una storia dinatura, in parte paradossale, comunque significativadella nostra bizzarra epoca.

Munt la Schera

Le fotografie presenti in queste pagine sono state scattate nel periodo dal 16 al 30 luglio 2011 all’interno e nei pressi del Parco NazionaleSvizzero. Le didascalie fanno riferimento alla toponomastica dei luoghi riprodotti.

Il Jalet

Quando il sole volge al tramonto, i due corsi d’acqua piùnoti di Milano svelano la loro vera anima. È il momentomigliore per conoscerli e scoprirli, quando ha inizio il via-vai di persone, luci, biciclette, motorini e auto parcheggiatein seconda fila nelle vie limitrofe. Le serrande dei locali sialzano, pronte ad accogliere una nuova serata di aperitivie dopocene di chiacchiere. I camerieri dei ristoranti appa-recchiano i tavoli. I negozi vintage prolungano l’orario diapertura. Arriveranno gli affamati di happy hour a prendered’assalto i buffet. Gli studenti fuori sede opteranno per unacena in piedi a base di arrosticini abruzzesi su Ripa Ticinese,i giovani lavoratori appena usciti dall’ufficio passeranno laserata con un cocktail in mano.Ogni sera, di qualsiasi stagione, i Navigli sono il cuore pul-sante di Milano. Un luogo celebre, “caratteristico”, come scri-verebbe una guida turistica, ma soprattutto un microcosmonella città: ritrovo per eccellenza di giovani e meno giovanie, allo stesso tempo, quasi unica traccia di una Milano cheora non c’è più.

C’era una volta una città sull’acqua“Un fossato di sorprendente bellezza e larghezza circonda questacittà da ogni parte e contiene non una palude o uno stagno putrido,ma l’acqua viva delle fonti, popolata di pesci e di gamberi”, questoscriveva Bonvesin de la Riva oltre otto secoli fa (1288) per de-scrivere il mondo dei Navigli della sua amata Milano. Ebbenesì – strano a dirsi oggi – ma dal XII secolo agli anni Trentadel Novecento il capoluogo lombardo è stata una “piccolaVenezia”, una città d’acqua. Porticcioli, ponti, mulini, lavatoisi affacciavano su un fitto reticolo di canali e fontanili. Tra ilXIV e il XV secolo le merci e le persone viaggiavano sull’acqua.La Svizzera, i fiumi della Lombardia, i laghi e il mare Adria-tico diventarono più vicini. Risale all’inizio del Cinquecentol’intervento di Leonardo da Vinci – a cui erroneamente moltiattribuiscono l’invenzione dei Navigli – in veste di ingegnere.

Al genio toscano si deve principalmente l’idea delle conche edelle chiuse per migliorare la rete di navigazione. Un mondosull’acqua, coperto negli anni Trenta per problemi di igienee perché di ostacolo al traffico, che ora è tornato in auge invista del discusso (ma tanto atteso) Expo 2015. C’è ancoraoggi un piccolo angolo lungo l’Alzaia del Naviglio Grandeche, per magia, sembra riportare alla Milano di una volta.Parliamo di Vicolo Lavandai, un mulino e un piccolo corsod’acqua. Il tempo, lì, sembra veramente essersi fermato. Sulretro, una piccola stradina con i sassolini che scricchiolanosotto le scarpe conduce alle due case di corte. Al loro internosi trovano diversi laboratori artigianali e piccoli atelier.

Il luoghi della movidaCi sono luoghi conosciuti da tutti, sui Navigli. La tabaccheria“La Darsena”, gestita dal signor Peppuccio, è aperta fino aora tarda: oltre ai tabagisti in cerca di sigarette, il piccolo barcon luci al neon e pareti in legno è affollato di strani perso-naggi che quasi sempre parlano di musica. Il proprietario,che è solito dare un lecca-lecca in omaggio alle ragazze, èun ex batterista jazz. Poco prima, su via Vigevano, il ritrovodei milanesi alternativi-radical chic si chiama “Cape Town”.È sempre affollato di gente, con una birra in mano, a sfidare ilcaldo estivo e il freddo invernale senza fare una piega. LungoRipa di Porta Ticinese gli appassionati di fumetti non possononon dare una sbirciatina ai lunghi corridoi di “Supergulp!”.Ancora più avanti, in una piccola traversa del corso, il locale‘Rita’ vanta la fama di preparare ottimi cocktail.Lungo il Naviglio Pavese, invece, ecco “Le Scimmie”, un’isti-tuzione meneghina; locale storico della città che a giugnoha festeggiato i 30 anni, ha ospitato nei decenni un elencolunghissimo di artisti. Hanno suonato e suonano tuttoramusicisti italiani e internazionali di rock, blues e jazz.L’atmosfera cambia, sui Navigli, a seconda delle stagioni.D’estate i milanesi in città assaporano un assaggio o un rima-suglio di vacanza: l’Alzaia si riempie di bancarelle, ombrellonibianchi e tavolini. Le zanzare sono le compagne più odiate etemute. Nel corso dell’inverno, i Navigli sono più silenziosi, leluci delle decorazioni natalizie si specchiano nei corsi d’acqua,quasi a riscaldare i passanti avvolti in sciarpe e guanti.La poetessa Alda Merini, scomparsa nel 2009, è stata unadelle abitanti illustri dei Navigli. In via Magolfa sorge ora unmuseo a lei dedicato. È una ex tabaccheria, poco riconoscibi-le. Sulla porticina c’è solo scritto “Casa Merini-Atelier dellaparola giovane”.Colpisce una cosa, passeggiando lungo le due sponde d’acquaal tramonto: il brulichio di gente, voci, passi sparisce come permagia se ci si infila in una delle tante stradine laterali. L’impres-sione è quella di stare in un piccolo paese senza tempo. Chissàcome sarebbe, oggi, una Milano tutta acqua, ponti e canali.

Milano.Lamovida sull’acquatesto diValentina Gerig; fotografie di Flavia Leuenberger

Luoghi

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Mademoiselle, infatti, non rinunciava mai alsuo rouge à lèvres profondo rosso... Tuttavia,se l’ingresso ufficiale del bastoncino carmi-nio si colloca all’inizio del Novecento, l’abi-tudine di pigmentare le labbra è una chicca

della storia antica. Già 5.000 anni fa, nell’avita Mesopota-mia, pietre semi preziose finemente polverizzate venivanoapplicate per rendere più appariscente e invitante la bocca.Cosa gradita anche all’intraprendente Cleopatra che siserviva con profitto di un cosmetico ricavato dai pigmentidi coleotteri e formiche. Tra gli egizi, sia uomini sia donne,era diffusa la moda di tingersi le labbra mescolando ossidosalino di piombo, ocra e grasso animale.

Intanto nella Roma imperiale, durante le cerimonie religio-se, il “rossetto” sotto forma di minio, veniva messo anchealle statue degli Dei, però sulle labbra degli umani venivastrofinato del fucus, un’alga ricca di iodio. Dal IX al XIV se-colo, l’uso del rossetto veniva condannato dal perbenismoimperante, dato che le labbra infuocate erano sinonimodi dissoluto meretricio, almeno in Occidente. In Oriente,perlopiù in Giappone, le geishe, per delineare la bocca,utilizzavano un colorante estratto dai petali di cartamo(Carthamus tinctorius). In Europa il vezzo ritornò popolaresolo nel Cinquecento durante il regno della lungimiranteregina Elisabetta d’Inghilterra, la quale per apparire piùattraente si colorava la bocca con una miscela di cere e

Simbolo di femminilità e strumento di bellezza, il rossetto è una dellearmi di seduzione più collaudate al servizio di ogni donna.

Come suggeriva la mitica Coco Chanel: “Se siete tristi o avete qualchedispiacere amoroso, mettetevi un bel rossetto e partite all’attacco!”

A prova di bacioTendenze p. 48 – 49 | di Marisa Gorza

E cosa si può fare se compare il tanto temuto “codice a barre”sul labbro superiore, cioè quelle antipatiche rughette verticali?“In questo caso è indispensabile usare un prodotto specificoprima della matita per il contorno, come Combleur de rides(sempre di T. LeClerc, ndr.). Riempie istantaneamente le pic-cole rughe(contiene acido ialuronico) evitando ogni sbavaturae il make up sarà davvero impeccabile”.

Il trend dell’autunno in arrivo prevede labbra colorate sì, macon un esito trasparente e intenso. Tinte fruttate e goloseper un irresistibile sorriso che illumina tutto il volto. Ce loconferma Morena Musi, l’esperta e aggiornata make up artistdi Olfattorio, la quale ci regala inoltre un breve vademecum inquattro step per ottenere un trucco naturale e seducente allostesso tempo.

pigmenti vegetali, imitata a ruota dalle dame di corte.Poi nella fastosa e festosa epoca Rococò le labbra dipintetornarono a essere sfoggiate con disinvoltura sia dagliuomini sia dalle donne, e non solo sul palcoscenico.

Un segno di femminilitàDopo alterne fortune, compreso il divieto assoluto d’usoda parte della bacchettona Queen Victoria, nel corsodel secolo scorso il rossetto finalmente adempierà al suodestino di cosmetico esclusivamente e squisitamentefemminile, come emblema per eccellenza della sensua-lità e del sex appeal, nonché chiaro richiamo eroticorivolto all’altra metà del cielo.Consacrato dal contemporaneo sviluppo del cinema ver-rà ostentato sulla bocca delle star. Fra queste, molto imi-tata la boccuccia a cuore della diva del muto Clara Bow,per non parlare delle morbide labbra color rubino diHedy Lamarr e quelle vivacissime e dal disegno perfettodi Marilyn Monroe… Dal 1910 in poi, oltre alla formaconosciuta di stick cilindrico e alla classica tinta scar-latta, il rossetto assumerà varie gradazioni cromatiche:dal rosa al bordeaux, dagli aranciati ai madreperlati, dalmarrone scuro al mirtillo. Mentre la pasta verrà via viaperfezionata per fare del lipstick l’alleato attira-baci e... aprova di bacio, nel contempo.Oggigiorno il rossetto è un composito gel formato dacere, oli, grassi, calato in stampi allo stato fuso e poiraffreddato per ottenere la forma stabilita. Al “corpobianco” vengono aggiunti aromi, principi attivi, conser-vanti, antiossidanti e non ultimi i pigmenti per ottenerele nuance appropriate ai capricci della moda. Gli anniDuemila hanno portato una grande libertà di sfumaturelucide e glitterate, ma con una predilezione per tintenon scurissime onde evitare l’effetto “piattaforma petro-lifera”, specialmente su i mega labbroni troppo zeppi dicollagene fortunatamente ora in disarmo...O meglio, in controtendenza.

LA SEDUZIONE IN 4 STEP

1. Disegnare con la matita (01 subtilT. LeClerc) il contorno labbra inmodo ascendente, cioè partendodagli angoli esterni congiungendosial centro. Ciò aiuta ad avere gliangoli in su e una perfetta simmetria.

Quelli con l’arcobaleno

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2. Sfumare il contorno con unpennellino apposito (per esempio,il Pinceau à lèvres n°11) versoil vermiglio, in modo da dareal rossetto una maggior tenuta.

3. Prelevare un piccolo quantitativodi lipstick (Rouge à lèvres 01 lin)con il nostro pennellino e scaldarloun po’ sul polso prima di stenderlosulle labbra.

4. L’ultimo step serve a renderetridimensionali e voluttuose lelabbra applicando il gloss solo alcentro della bocca.

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Urano e Venere in opposizione: que-sta settimana: per potervi divertiredovrete cercare qualcosa di vera-mente eccitante, che vi faccia usciredalla routine. Fatti nuovi all’interno diuna relazione sentimentale.

bilancia

Grazie a Venere, fase di grandi pas-sioni. La Dea dell’Amore, pungolatadall’azione di Plutone, vi spinge avivere momenti di trasporto. Attentia non farvi travolgere in un rapportomarcatamente autodistruttivo.

vergine

Momenti di confusione: con l’op-posizione di Nettuno si accentuala vostra dispersione intellettuale.Ambigui, o forse troppo idealizzati,i rapporti con il partner. Rinnovatoimpegno nel settore finanziario.

pesci

Se dovete prendere una iniziativaimportante fatelo durante questigiorni. Intensi coinvolgimenti eroticiper i nati nella prima decade interes-sati dall’ingresso di Venere nella loroottava casa solare.

toro

Novità sostenute da Marte e Venere.Da un alto i rapporti professionalipotranno essere vissuti piacevol-mente, dall’altra i rapporti familiaritenderanno a divenire sempre piùcompetitivi e frenetici.

scorpione

Fiumi di emotività. Sarete capaci dioffrire amore in modo autentico. Piùsoddisfatti quando godete di una vitapiù ritirata e lontana dai riflettori. Piùinclini alle luci della ribalta i nati nellaterza decade.

gemelli

Il periodo tra il 18 e il 24 si presentafavorevole per la vita affettiva. Colpidi fulmine. Incontro con una personapiù grande ricca di charme. Nuoveenergie e ritrovato vigore a partiredal 20 settembre.

sagittario

Grazie a Marte, i Nodi Lunari e Net-tuno state per ricevere importantirivelazioni. È un periodo in cui visentirete particolarmente portati adabbracciare un ideale. Tensioni tra il19 e il 20 settembre.

cancro

Grazie a Venere avrete l’opportunitàdi canalizzare l’energia portata daMarte verso le vie dell’Eros. Incontripassionali e colpi di fulmine. Favoritigli incontri sentimentali durante unapiccola escursione.

capricorno

A partire dal 20 settembre il vostrocammino cesserà d’esser disturbatoda Marte in opposizione. Recuperodell’energie perdute. Miglioramentie volontà riformatrice per i nati nellaprima decade. Nuove conoscenze.

leone

Marte e Venere assai favorevoli: secercate il colpo di fulmine provatea frequentare di più gli incontriletterari e artistici. Se sarà necessarionon avrete alcun problema a prenderl’iniziativa. Dieta e sport.

acquario

Possibile nascita di una relazionesentimentale. Ambientazione, cham-pagne e cene a lume di candela per inati nella prima decade. Chi non saràall’altezza sarà scartato immediata-mente. Tenete a freno l’orgoglio.

» Astri

Orizzontali 1. Canori uccelletti • 9. Precettore antico • 10. Salita ripida • 11. Lavora senza essere pagata • 14. Lealtà • 15. Fiume engadinese • 16. Articolo femminile • 17. Avara, tirchia • 19. Il “Si” del chimico • 20. Dotate per il volo • 22. Norvegia e Malta • 24. Fuoriesce dal vulcano • 25. C’è chi lo preferisce ristretto • 27. Squillo • 29. Negazione bifronte • 30. Leva centrale • 31. Belva striata • 33. Nostro in breve • 34. Veloce (f) • 36. Ha scritto “La porta stretta” • 38. Vengono presi a calci • 40. Il lontano West • 42. Escursionisti Esteri • 43. La coppiera degli dei • 45. Oppure...a Zurigo • 47. Particola • 48. Cricca • 50. Consonanti in talea • 51. Metallo prezioso • 52. Vi lavora la mondina.

Giochi

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» Soluzioni n. 35

Verticali 1. Raccolta di racconti di G. Rodari • 2. Quartiere • 3. Leggera imbarcazione • 4. Garbato • 5. Spintonati • 6. La somma degli anni • 7. Alberi delle Pinacee • 8. Nome di donna • 12. Non la nega l’anfitrione • 13. Caratteristici, peculiari • 18. Giallo pallido • 19. Saggi, avveduti • 21. Lombrichi, crisalidi • 23. I ristoranti in fabbrica • 25. Preposizione semplice • 26. Consonanti in fieno • 28. Non tradisce • 32. Ha la cruna • 35. Scialo • 37. Incapace (f) • 39. Ruggiscono • 41. Anno Domini • 44. Dittongo in beato • 46. Romania e Lussemburgo • 49. In mezzo al mare.

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