[SPIRITISMO] VOCI NEL BUIO La mia vita di medium di Leslie ... · Mia madre che amava l'allegria e...

101
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint Leslie Flint VOCI NEL BUIO LA MIA VITA DI MEDIUM Titolo originale dell'opera: VOICES IN THE DARK MY LIFE AS A MEDIUM (Macmillan, London, 1971) Traduzione di Jeanette Ferretti © 1971, Doren Montgomery and Leslie Flint, London. © 1974, Casa Ed. Astrolabio - Ubaldini Editore, Roma

Transcript of [SPIRITISMO] VOCI NEL BUIO La mia vita di medium di Leslie ... · Mia madre che amava l'allegria e...

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

Leslie Flint

VOCI NEL BUIO

LA MIA VITA DI MEDIUM

Titolo originale dell'opera:

VOICES IN THE DARK

MY LIFE AS A MEDIUM

(Macmillan, London, 1971)

Traduzione di

Jeanette Ferretti

© 1971, Doren Montgomery and Leslie Flint, London. © 1974, Casa Ed. Astrolabio - Ubaldini Editore, Roma

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

Capitolo I

Malgrado una fanciullezza che darebbe degli incubi a qualsiasi psichiatra moderno specializzato in bambini, o forse appunto per questo, ho raggiunto l'età di cinquantanove anni senza essere un nevrotico e senza nemmeno urlare nel sonno. Sono un uomo felice. Ho amici che mi danno grandi piaceri, hobbies che mi assorbono, e trovo soddisfazione a compiere il mio lavoro. Faccio il mio lavoro stando pienamente sveglio nel buio totale con persone che mi circondano.

Sono un medium. Posseggo il dono raro conosciuto sotto il nome di "voci dirette indipendenti". Non parlo in trance, non ho bisogno di trombe o accessori. Le voci dei morti parlano direttamente ai loro amici o parenti e si collocano nello spazio poco

sopra la mia testa leggermente di fianco. Sono voci obiettive e le persone che le ascoltano possono registrarle sul loro registratore e ascoltarle dopo nell'intimità delle loro case. A volte quelli che parlano dall'aldilà della tomba riescono solo a

mormorare, rauchi e affaticati, altre volte parlano chiaramente e correntemente con voce facilmente riconoscibile per essere stata la loro durante la vita terrena. Anche dopo trentacinque anni della mia vita di medium non posso capire quali siano le condizioni che causano questo fenomeno che varia così. Quello che so è che ho imparato di più sulla vita e sulla gente e sui problemi umani stando seduto nel buio, di quello che avrei potuto imparare in qualsiasi altro modo e quelle che mi hanno insegnato di più sono le persone che, morte per questo mondo, vivono nell'altro. Mi sembra che dopo essere entrato nel mio sessantesimo anno, sia venuto il momento di mettere su carta la storia del mio strano talento e della vita che ne ha seguito; e come meglio cominciare se non dal principio?

Mia madre era troppo bella per avere una vita tranquilla, ed amava i piaceri e l'ammirazione; pertanto nessuno fu sorpreso a St. Albans, nella sudicia strada dove abitava con la madre vedova, quando lasciò il suo lavoro in una fabbrica locale e sparì dal suo abituale ricovero. Senza dubbio, molto caritatevolmente, pensarono al peggio; in questo caso avevano ragione, ed io nacqui in una casa dell'Esercito

- 6 - della Salvezza a Hackney. Mia madre si rifiutò di lasciarmi adottare e con molto più coraggio di quello che avrebbe dovuto avere in analoghe circostanze ai nostri giorni, ritornò a St. Albans con il suo sconveniente fardello affrontando le critiche dei vicini. Ma la fatalità con l'aiuto di mia nonna, lavorava per lei, come si suol dire,

senonché la fatalità e mia nonna fecero un disastro completo. In luogo delle recriminazioni e dell'ostracismo che mia madre si aspettava, trovò mio padre con un'offerta di matrimonio ed una camera mobiliata. Cosicché la mia venuta al mondo fu legalizzata ufficialmente e divenne rispettabile. Il loro matrimonio era destinato al fallimento fin dall'inizio. Erano troppo giovani, disperatamente poveri e furono proiettati nella maturità dai loro genitori prima che fossero pronti ad assumere le loro responsabilità.

Mia madre che amava l'allegria e le luci forti dei locali notturni, i bei vestiti e l'ammirazione degli uomini, si trovò intrappolata in una misera camera con un bambino che piangeva senza darle tregua ed un marito che beveva tutto il suo stipendio e scommetteva il resto su dei cavalli che non sembravano mai vincere.

Malgrado ciò sopravvissero a tre anni di discordia, litigando continuamente fino allo scoppio della guerra 1914-1919 quando io avevo compiuto tre anni. Mio padre fu uno dei

primi uomini di St. Albans ad arruolarsi volontario, non credo per fervente patriottismo, ma piuttosto per uscire dall'inferno domestico in cui viveva.

Mia madre accettò tranquillamente la partenza del marito per la Francia e convinse sua madre ad avere cura di me durante il giorno, ottenne un posto in una industria locale di munizioni e ricominciò una nuova vita. Aveva il sussidio di guerra, guadagnava denaro nell'officina e St. Albans era piena di uomini in licenza sul punto di tornare in trincea, che erano ben contenti di portarla in giro e offrirle i divertimenti che desiderava ardentemente. Uno dei miei più antichi ricordi, vivido ancor oggi, è di essermi svegliato nel buio, e trovandomi solo nella stanza che era la nostra casa, sentirmi spaventato ed avere una disperata paura che mia madre se ne fosse andata via come mio padre e che nessuno dei due sarebbe mai più tornato. Mi vestii alla meglio nel buio ed uscii a vagabondare. Ricordo ancora che sostai sotto la pioggia nella strada buia, chiamando ripetutamente

mia madre, ma non c'era nessuno ad ascoltarmi ed io mi sedetti sui gradini della casa di un vicino e mi addormentai. Quando mia madre finalmente tornò a casa mi trovò seduto davanti al loro focolare bevendo latte caldo. Mi riportò nella nostra stanza e mi sculacciò sonoramente per averla svergognata nei confronti dei vicini. - 7 –

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

Accadde che quella notte di desolazione fu il preludio di un periodo di felicità. Mia

madre si rese conto che non poteva lasciarmi di nuovo solo nella nostra stanza ed

andare a divertirsi senza causare l'intervento dei vicini. Tuttavia non aveva intenzione di rinunziare alla sua libertà e quindi concepì un piano. Ogni sera, dopo essersi vestita per uscire, mi conduceva per mano al cinema locale e mi consegnava alla signora Knight, la moglie del gestore, che per tre o quattro pence mi metteva su una sedia dove poteva tenermi d'occhio e dove sarei rimasto fino al momento in cui il cinema chiudeva e mia madre veniva a riprendermi. Io non ero abbastanza adulto da capire la maggior parte dei numerosi film che vedevo, ma quelle serate al cinema mi incantavano. Mi piaceva il mormorio che correva tra il pubblico quando le luci si spegnevano, la sensazione eccitante che qualcosa di meraviglioso stava per accadere.

Quando il film cominciava, il mormorio e l'agitazione cessavano di colpo e tutti gli occhi erano fissi sulle tremolanti figure dello schermo. Mi piaceva la musica romantica che il pianista suonava sul pianoforte verticale. Arrivai a riconoscere la musica

amorosa, la musica collerica e l'eccitante musica rapida quando l'eroe o la sua bella si trovavano in qualche terribile situazione. Ogni minuto di quelle notti al cinema mi piacevano.

Ma il tranquillo intermezzo ebbe una fine repentina quando mia madre fuggì con uno dei suoi ammiratori e scomparve dalla mia vita. Fui raccolto da mia nonna e condotto a vivere con lei in una casetta di due stanze sopra e due sotto in una povera strada di abitazioni a terrazza dove essa sopravviveva, non viveva, con pochi scellini alla settimana. Il costo di nutrire un'altra bocca era veramente al di là dei suoi mezzi, ma mia nonna sapeva all'occorrenza quali fossero i suoi doveri.

Mia nonna non sapeva né leggere né scrivere e aveva solidi principi che mi inculcava con mano pesante se lo riteneva necessario. Lavorava duramente e non la vedevo mai ferma. Trascorreva, le sue giornate alla grande tinozza nella cucina lavando non solo la nostra roba, ma anche la biancheria che prendeva dai vicini per guadagnare qualche soldo in più. Se il tempo era bello la nonna appendeva la biancheria lavata in cortile, ma nei mesi d'inverno ogni lunedì mattina stendeva corde attraverso la cucina, che era anche la nostra camera, e le lenzuola, le camicie e le tovaglie battevano sulla nostra faccia per due giorni finché non fossero abbastanza asciutte da poter essere stirate con un pesante ferro. Il denaro in più così guadagnato ci aiutava a mantenerci. Avevamo anche un inquilino che pagava pochi scellini per il vitto e l'alloggio e senza questo con-

- 8 - tributo al nostro bilancio dubito che avremmo potuto tirare avanti. Suppongo sia difficile per i membri della nostra florida società immaginare una povertà disgraziata come la nostra, ma in quel tempo un uomo adulto poteva guadagnare un salario di 12 scellini e mezzo per il lavoro di una settimana e un uomo sposato poteva mantenere la famiglia con una sterlina alla settimana.

La nonna ed io ci prendevamo occasionalmente dei lussi. Mi ricordo di aver ricevuto 4 pennies per correre al negozio dell'angolo a comprare due pennies di biscotti rotti e due di marmellata. Il carbone era un lusso spesso irraggiungibile e nell'autunno la nonna prendeva in prestito da un vicino una vecchia e logora carrozzella da bambini e andavamo a far legna nella campagna intorno a St. Albans e a raccogliere combustibile

da immagazzinare per l'inverno. Passavamo così molti pomeriggi perché la nostra vecchia casetta a terrazzo era fredda ed umida in inverno e noi non avevamo denari per malattie. Vedo ancora mia nonna seduta presso un fuoco di legna, rinforzato con la fuliggine del camino per farlo durare di più accomodando, rattoppando e rammendando ed io seduto ai suoi piedi godendomela al calore del fuoco.

Anche se gli abiti che indossavamo erano vecchi e frusti, rammendati e rattoppati, erano però sempre puliti, tenuti con cura e rispettabili. La rispettabilità era estremamente importante in quel tempo per la classe operaia e quando la nonna usciva, sebbene i suoi vestiti fossero anche allora fuori moda, erano tuttavia di stile vittoriano ed appariva sempre linda e in ordine.

Mia nonna aveva un'enorme influenza su di me e, poiché aveva un severo codice morale, fui allevato secondo i suoi alti ideali di ciò che era giusto e ciò che era ingiusto,

sebbene senza alcuna formale osservanza religiosa perché la nonna avrebbe considerato poco rispettoso entrare nella casa di Dio con i suoi vestiti logori e si rendeva conto della sua mancanza di cultura che le impediva di seguire il servizio divino. Ma quando ero piccolo mi mandò alla scuola domenicale; indossavo un abito da festa, un colletto pulito, il mio viso era ben lavato ed i miei capelli spazzolati e lisciati. Il vestito da festa sarebbe stato restituito il giorno dopo all'agenzia di pegni dove sarebbe

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

rimasto per quasi tutta la settimana in cambio di un paio di scellini che servivano a comprare gli alimenti; ma alla scuola domenicale ero pulito, in ordine e rispettabile. La scuola domenicale mi piaceva, specialmente nei mesi invernali, perché era calda e mi

divertiva ascoltare le storie della Bibbia, sentire parlare del cielo e dell'inferno, di come i morti sarebbero risorti dalle loro tombe per essere giudicati quando l'angelo Gabriele avrebbe suonato nell'ultimo giorno la sua tromba d'argento. Io accettavo come verità tutto quello che udivo. Un giorno - 9 - scoprii che un ragazzo nella mia classe frequentava tre scuole domenicali e questo mi lasciava perplesso. Avevano tutte differenti dèi? Che specie di storie raccontavano gli

altri maestri? Ma la cosa era più semplice. Frequentando tre scuole domenicali questo ragazzo intraprendente aveva diritto a tre alberi di Natale.

L'albero di Natale era l'evento più importante ed eccitante di tutto l'anno. Vi era

un albero di Natale decorato in modo che a me sembrava togliere il fiato tanto era meraviglioso e ogni bambino riceveva un giocattolo dai suoi rami carichi. Poi vi era una lanterna magica che ci dava una rappresentazione seguita da uno stupendo festino di sandwich di marmellata, gelati e dolci con limonate. Finalmente, al momento di andare a casa ci regalavano una arancia e un pallone. Pensavo che quel bambino era terribilmente intelligente per ottenere tre occasioni così brillanti in un anno.

Timidamente gli domandai se potevo imitarlo e molto gentilmente mi disse che forse avrei potuto. E così per tutto un anno, all'insaputa di mia nonna, il mio amico e io andammo a tre scuole diverse la domenica, meritandoci di diritto tre alberi di Natale.

Con gioia maligna guardando i miei tre giocattoli, le tre arance, i tre palloni, senza menzionare il ricordo di averli fatti scoppiare, mi sentii vagamente colpevole ma fermamente deciso di ripetere la manovra l'anno dopo.

Fu circa a quel momento, nell'estate del 1918 che ebbi quella che ora so essere stata la mia prima esperienza psichica. Ricordo vivamente che ero in cucina con mia nonna quando mia zia Nell entrò accasciandosi su una sedia piangendo. Suo marito era stato ucciso in Francia e lei entrò seguita da un soldato che portava un sacco contenente gli averi di mio zio Alf. Ma dietro questo soldato con il sacco camminava un altro soldato che era in piedi nella nostra cucina, sembrava perduto e triste e tirava invano la manica del vestito di mia zia Nell cercando di attirare la sua attenzione. Mia zia Nell non sembrava notarlo affatto e dopo poco il soldato scomparve. Più tardi, quando mia zia mi fece vedere una fotografia di mio zio Alf, potei riconoscere in lui il soldato

dall'aria triste che cercava invano di attirare l'attenzione di zia Nell. Ma quando le raccontai quello che avevo visto, sia lei che mia nonna si arrabbiarono con me e mi accusarono di dire bugie.

Quando mi misi ad insistere che avevo detto la verità mi presi uno schiaffo da mia nonna.

Un'altra volta, di ritorno dalla scuola, sentii voci dalla cucina. La voce della nonna e quella di una donna a me sconosciuta. Entrato in cucina, mia nonna non stava parlando affatto, era seduta sulla seggiola di vimini cucendo, ma in piedi al suo lato vi era una - 10 -

donna anziana con un grosso neo sul mento che svanì quando entrai nella stanza. Quando domandai alla nonna cosa fosse accaduto alla signora che stava parlando con lei, mi disse che era immaginazione perché era stata sola tutto il pomeriggio. Descrissi la donna che avevo visto e quando menzionai il neo sul mento ricevetti un altro schiaffo perché "Stai parlando della signora Pugh che è morta e seppellita da più di un mese".

Dopo questo episodio imparai a tacere della gente che vedevo e che improvvisamente spariva.

A scuola non ero fra i grandi intelletti, ma in un campo ero abbastanza brillante, quello dell'arte. Mi piaceva disegnare e dipingere e mi piaceva il Signor Lewis, che insegnava quella materia. Era un uomo alto e magro, credo vicino ai cinquanta ed era stato malamente colpito dai gas in trincea, tanto che tossiva continuamente a colpi brevi e secchi. Il signor Lewis lodava spesso i miei sforzi e mi incoraggiava ad

aspirare ad un corso di scuola d'Arte quando fossi più grande. Anche se io sapevo che data la nostra povertà questo era un sogno quasi impossibile da realizzare, quell'incoraggiamento e quella lode significavano molto per me e ricordo i giorni memorabili in cui appendevamo i miei lavori per farli ammirare dalla scolaresca. Alla fine credo che cominciai a considerarlo come una specie di figura paterna nella mia vita, probabilmente perché mio padre vi era rimasto troppo brevemente. Ricordo ancora

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

il dolore e la forte impressione che provai quando il signor Lewis morì dopo una malattia durata pochi giorni. Mi confortava un poco di sapere che sarebbe stato onorato con dei funerali militari perché la sua morte era avvenuta per causa del suo servizio

nelle trincee e che dodici ragazzi delle scuole sarebbero stati scelti per seguire la sua bara ricoperta dalla bandiera dell'Union Jack. Siccome ero stato uno dei suoi allievi ed avevo preso tanto interesse nel mio lavoro ero sicuro che sarei stato scelto per seguire la sua bara al cimitero, invece non venni considerato e il mio dolore per la sua morte divenne ancora più amaro.

Quando ebbi dodici anni trovai un lavoro da farsi al mattino prima di andare a scuola. Dovevo svolgerlo in una casa situata in quello che io pensavo fosse la parte più elegante di St. Albans. L'ambiente era, molto bene ammobiliato ed aveva dei tappeti, quindi ne dedussi che fossero gente molto ricca. Mi alzavo alle sei tutte le

mattine e andavo al lavoro camminando e fischiando allegramente al pensiero di guadagnare veramente dei soldi, e per un'ora e mezzo pulivo le griglie, accendevo i camini e facevo altre faccende domestiche, poi correvo a casa e trangugiavo qualsiasi

cosa trovassi sulla tavola per la colazione, di solito pane, margarina e tè, quindi uscivo per andare a scuola. Poi mia nonna ebbe la pensione per la vecchiaia, 10 scellini - 11 - la settimana e mentre le nostre finanze prendevano un aspetto più brillante, tutti i venerdì mattina divennero un incubo per me. La nonna poteva incassare la sua pensione solo il venerdì e quando arrivava quel giorno della settimana eravamo già senza un

soldo; doveva quindi incassarla la mattina per comperare da mangiare. Siccome non sapeva scrivere il suo nome faceva una croce sul foglio e mediante un accordo con il direttore del piccolo ufficio postale di fronte a casa nostra, questi riconosceva la sua croce quale valida firma e mi pagava i dieci scellini. Ma l'ufficio postale non apriva fino alle nove ed io a quell'ora dovevo trovarmi a scuola, così tutti i venerdì mattina dovevo aspettare fuori dall'ufficio che arrivasse il direttore ad aprirlo e darmi i 10 scellini, pur sapendo che ogni minuto che passava sarei stato in ritardo alla scuola ancora una volta.

Appena incassato, attraversavo la strada correndo per dare a mia nonna i soldi e poi di corsa a scuola. Ma ogni venerdì mattina ero in ritardo alle lezioni e siccome mia nonna non poteva scrivere la giustificazione per spiegarne la causa, venivo picchiato. Infatti era diventato un rituale. Alle nove e mezzo tutti i venerdì bussavo timidamente

alla porta del Rettore ed alle dieci meno venticinque le buscavo regolarmente. Non ero il ragazzo più coraggioso della scuola, ma malgrado che il Rettore fosse

molto duro verso di me il venerdì mattina non mi sono mai lasciato sfuggire il più piccolo lamento e tutto questo dovuto al fatto che vi era un quadro appeso al muro del suo studio. Era un ritratto della Regina Boadicea nel suo cocchio e per una ragione che non sapevo spiegare, mi dava coraggio. Pensavo che Boadicea e io avevamo qualcosa in comune e che dovevo essere coraggioso quanto lei lo era stata per essere degno di lei. Mentre aspettavo fuori dalla porta dell'ufficio del rettore il venerdì mattina, mi dava conforto il pensiero che l'avrei riveduta anche se questo significava essere picchiato. Provavo di farmela dare sulla mano anziché sul sedere, benché facesse più male, in modo da trovarmi di faccia a quel quadro e poter guardare la regina mentre il rettore brandiva il suo bastone.

Per lungo tempo pensai che il mio quadro fosse la vera regina Boadicea ma quando appresi che invece era un'impostora ne rimasi scosso. Qualche anno prima della mia nascita a St. Albans avevano fatto una ricostruzione storica della parata ed uno degli episodi era stato la rivolta di Boadicea contro i Romani. Il mio quadro era il ritratto di una donna che aveva fatto la parte della mia eroina, e che era stata scelta perché essendo la moglie del lattaio del quartiere poteva requisire il latte che sgorgava dal cocchio. Appena conobbi l'assurda verità il quadro perdette il suo incanto e quando il rettore mi picchiò con il bastone, piansi. - 12 -

Non mi venne mai in mente di raccontare a mia nonna queste punizioni settimanali. In

quei tempi i ragazzi non avevano l'abitudine di lamentarsi e se lo facevano, i grandi non avevano l'abitudine di ascoltarli. Una delle massime che mi inculcarono da bambino era "ciò che non può essere guarito deve essere sopportato".

Mia nonna era una donna straordinaria. Mi dette tutto quello che poteva da quel poco che aveva, ma la sua vita era troppo dura, la lotta giornaliera per le minime necessità dell'esistenza troppo severa, troppo inesorabile perché potesse esistere tenerezza, fra

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

di noi. Le nostre finanze essendo ora migliorate era possibile per mia nonna e per me di avere un po' di svago. Per tre o quattro pence potevamo andare al cinema del quartiere ed evadere per un paio di ore in un mondo incantato dove tutte le donne erano

belle e tutti gli uomini dèi. I film che vedevamo erano muti ed io leggevo i sottotitoli a mia nonna. Forse

l'assenza di parole stimolava maggiormente l'immaginazione, ma gli spettatori in quei tempi si identificavano totalmente e completamente con le stelle idolatrate e guardavano i film come se vedessero personaggi reali vivere una vita fatta di realtà. Come godevamo oppure soffrivamo con l'eroina, come parteggiavamo per l'eroe oppure lo avvertivamo delle macchinazioni del bruto che abitualmente salutavamo a fischi. Negli anni di fame del 1920 la classe lavoratrice non era né sofisticata né educata come quella dei tempi moderni, vi erano milioni di persone che non sapevano leggere e

scrivere e vivevano in squallida povertà. Il cinema portava romanticismo, incantesimo e stimolo nelle loro vite ed anche se gli intellettuali lo chiamavano l'oppio delle masse, per lo meno era una droga relativamente innocua e a un prezzo che anche il più

povero poteva pagarsi di tanto in tanto. Mia nonna ed io vedevamo tutte le grandi stelle del cinematografo ed i film erano la

nostra delizia e la nostra gioia. Almeno una volta alla settimana compravamo dei biglietti da 4 pence per il nostro mondo incantato e sedevamo con gli occhi fissi sullo schermo completamente trasportati.

Seguivamo i veri episodi e se alla fine di uno di essi Pearl White era lasciata legata mani e piedi sul binario di un treno espresso eravamo in angoscia fino al prossimo per sapere se sarebbe stata salvata. Nel fondo di noi stessi sapevamo che per forza doveva essere salvata ma questo non ci impediva di vivere in ansia per una

settimana. Pressappoco a quel tempo St. Albans ebbe il suo primo super-cinema e ci doveva essere

una rappresentazione di gala per l'inaugurazione con I Quattro Cavalieri

dell'Apocalisse di Rodolfo Valentino. I posti per questo grandioso evento erano cari e

poi erano tutti - 13 -

comperati dai ricchi e dalla gente privilegiata della città, ma all'ultimo momento sapemmo che ve ne erano alcuni a buon mercato per chi voleva fare la coda la sera del grande evento. Naturalmente mia nonna ed io arrivammo al cinema alcune ore prima e ci mettemmo in coda per i preziosi posti. Restammo a fare la coda per tre ore avanzando

centimetro per centimetro, ma finalmente riuscimmo ad entrare ed a sederci trionfanti in due eleganti sedili nella prima fila dell'Auditorio. La lunga attesa e i sedili che ci facevano venire il torcicollo e male agli occhi perché erano troppo vicini allo schermo non ci impedirono affatto di goderci il film. Ci godemmo ogni momento della serata e Rodolfo Valentino era per noi l'attore più meraviglioso che avessimo mai visto. Da allora diventammo i suoi devoti ammiratori.

L'ufficio postale di fronte alla nostra casa era diventato una specie di luogo di pubblica discussione per scambio di notizie, pettegolezzi e soprattutto di informazioni per impieghi, specialmente per questi. Quelli erano i giorni in cui il lavoro tristemente scarseggiava, per ogni posto libero vi erano dozzine di domande ed anche il più piccolo indizio di un possibile impiego era abbastanza per far venire da lontano uomini disperati nella speranza di essere accettati con qualsiasi salario, a qualsiasi

condizione pur di poter sfamare le loro famiglie e ritrovare il rispetto di se stessi. Un giorno, poco dopo il mio tredicesimo compleanno, il capo dell'ufficio postale di fronte a casa mia mi disse che il cimitero locale cercava un giovane forte e volenteroso per lavorare come assistente ai giardinieri; benché non fossi entusiasta all'idea di lavorare fra le tombe, mi decisi di provare ad ottenere l'impiego e nel caso vi riuscissi avrei lasciato la scuola e cominciato la mia vita di lavoro. Lo ottenni e così misi fine alla mia educazione e cominciai a lavorare al cimitero per 12 scellini alla settimana.

Il mio lavoro consisteva nel mantenere le tombe pulite ed ordinate, tagliare l'erba all'orlo, e con una sarchiatrice e un rullo compressore schiacciare la ghiaia per fare dei sentieri. Aiutavo anche a scavare le fosse e dopo i funerali a riempirle di nuovo. Era un lavoro massacrante per la schiena, ma era un lavoro. Mi guadagnavo da

mantenermi. Mi ricordo un giorno di freddo intenso in inverno quando lavoravamo nelle tombe

tagliando l'erba al margine, e aspettavamo la bara che doveva arrivare con il corteo che seguiva il funerale. Noi, ovvero gli altri giardinieri e io, avevamo lavorato tutta la mattina scavando la fossa per questa tumulazione e dopo qualche mese che lavoravo nel cimitero avevo abbastanza esperienza da sapere che la durata del funerale dipendeva

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

dall'età del reverendo che seguiva il

- 14 –

feretro. Un giovane zelante avrebbe ignorato il vento pungente la pioggia e portato a termine il servizio in una maniera reverente e tranquilla, ma uno più anziano avrebbe affrettato quanto poteva per sfuggire al freddo e tornare al suo caminetto. Speravo disperatamente che ne venisse uno anziano per un affrettato saluto al morto. La fortuna mi sorrideva e l'anziano pastore che seguiva il corteo funebre fece una cerimonia lampo e se ne andò di galoppo. Dopo che tutti se ne andarono, incominciammo a riempire la fossa che era molto profonda perché in futuro avrebbe dovuto ospitare altre tre bare.

Il nostro primo compito fu di ritirare le corde con cui avevamo calato il feretro

nella fossa, ma una delle corde rimase impigliata e non si poteva disimpegnarla malgrado tutti i nostri sforzi. Siccome io ero il più giovane, il più piccolo e il più leggero di tutti i giardinieri del cimitero dovetti prendere una scala per scendere

nella fossa e, tenendomi diritto sul coperchio del sarcofago appena piazzato, liberare la corda. Devo confessare che questo compito mi dette l'angoscia, ma essendo parte del mio lavoro dovetti pur farlo. Forse lo feci troppo bene perché da quel giorno ogniqualvolta che una bara rimaneva impigliata oppure una corda intrappolata, era l'infortunato giovane giardiniere che veniva chiamato per eseguire questa orrida operazione. Vi erano altri compiti nel cimitero che non trovavo di mio gusto, anzi direi, paurosi, come per esempio quando un maggior numero di persone morivano durante l'inverno e dovevamo riempire le nuove fosse durante la notte alla luce tremolante delle lanterne. Era un lavoro malinconico e pauroso, ancora di più quando dovevo

scendere giù nella fossa per compiere il mio lavoro specializzato di disimpegnare le corde.

Avevo quindici anni nell'estate 1926 e cominciavo a domandarmi se imparando tutto quello che potevo dai giardinieri più anziani per le cure delle piante e dei fiori avrei un giorno potuto sfuggire alle tristezze di un cimitero per lavorare sulle terre di un gran signore in una tenuta in campagna. Con queste ambizioni in testa mi resi molto impopolare verso gli altri giardinieri tempestandoli di domande e seguendoli ovunque per osservare da vicino il loro lavoro.

In quell'anno, un caldo giorno di agosto, il mondo apprese meravigliato ed incredulo che Rodolfo Valentino era morto subitamente a New York all'età di trentuno anni. Milioni di persone avevano adorato l'uomo e l'ondata di violenta emozione e dolore sembrava percorrere tutto il mondo. Nel mio cantuccio anch'io ero addolorato per la sua

morte e trovai il mondo più triste dopo quella perdita. Come potevo indovinare che nel futuro sarei stato più amico di Valentino morto di quello che avrei potuto mai esserlo quando era in vita?

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

Capitolo II

Nel cimitero nascosto da una siepe di tasso vi era una capanna, ripostiglio degli strumenti di giardinaggio, dove i giardinieri mangiavano i loro sandwich e facevano il loro tè durante la sosta di mezzogiorno. Il signor Hobbs, mio superiore diretto, si dilettava di dettar legge a tutti noi e la sua voce scricchiolava come la ghiaia sotto i piedi e dominava durante quelle riunioni. Era un uomo magro e provato dal suo lavoro all'aria aperta e aveva l'abitudine di scuotere il magro indice profondamente ingiallito dalla nicotina verso chiunque si indirizzasse. Aveva la reputazione di leggere molto e questo gli dava un vantaggio nelle discussioni poiché invariabilmente citava qualche libro che pretendeva di aver letto per poter contraddire qualsiasi

opinione diversa della sua. Siccome noi altri tutti leggevamo solo i risultati dello sport, oppure, come nel mio caso, riviste che parlavano solo di stelle e delle loro vite a Hollywood, il signor Hobbs era diventato una specie di oracolo.

Un giorno un timido signore chiamato Carter ci raccontava come si fosse convertito grazie all'Esercito della Salvezza e non potei fare a meno di essere colpito dal modo con cui si illuminava la sua faccia mentre ci parlava della felicità che provava sapendo che era stato salvato. Ma il signor Hobbs non era d'accordo. Si mise a scuotere il suo magro dito sulla faccia del signor Carter e cominciò a farsi beffa di lui. "Dovreste leggere la teoria di Darwin, giovanotto. Ha dimostrato, anni fa, che queste sciocchezze sono un sacco di bugie". Naturalmente il signor Carter non aveva mai sentito parlare della teoria di Darwin, ma il signor Hobbs espose la sua versione della teoria sulla selezione biologica. Ma il signor Carter si rifiutò di essere accecato

dalla scienza. "Io credo che se viviamo una vita decente quaggiù andremo verso la nostra ricompensa nell'altra vita" disse risolutamente. Il signor Hobbs si infastidì moltissimo. "Ho appena finito di dirvi che non esiste l'altra vita! Tutto è evoluzione. Prima eravamo pesci, poi siamo diventati scimmie ed ora esseri umani; quando moriremo saremo concime per le rose in qualche cimitero e questo è assolutamente tutto quello che resterà di noi".

Io ero il più giovane dei giardinieri e troppo timido per con-

- 16 -

traddire i miei colleghi più anziani, però mi fece dispiacere di vedere che sulla faccia del signor Carter si andava spegnendo quella luce che lo aveva illuminato poco

prima e timidamente provai a dargli ragione raccontando l'episodio di quando vidi lo zio Alf nella nostra cucina dopo che era già stato ucciso. "Era solo la tua immaginazione, ragazzo. Pensavi al morto ed hai immaginato di vederlo. Ti sei ipnotizzato da te stesso, molto probabilmente". Fatto forte da uno sguardo riconoscente del signor Carter, insistetti.

"Non ho mai visto lo zio Alf in tutta la mia vita, come potevo immaginarlo? Non sapevo neppure chi era, fino al momento che la zia Nell mi fece vedere la foto che aveva trovato nel suo sacco militare".

Il signor Hobbs mi fissò con i suoi occhi celesti appassiti, si picchiò la fronte con le sue dita ossute. "Ascolta il mio consiglio, giovanotto; non ti far sentire da nessun dottore altrimenti ti ritroverai ricoverato al manicomio prima che ti riesca di invecchiare". I suoi occhi e il suo dito mi diedero fastidio.

"Sì, signor Hobbs" dissi timidamente. A sedici anni io mi interessavo della vita, di guadagnare, di crescere e di godere i

piaceri che mi capitavano e non mi davo molto pensiero della questione della vita dopo la morte, ma l'incidente avvenuto nel ripostiglio degli attrezzi mi fece pensare a queste cose seriamente per la prima volta. E’ vero, lavorare nel cimitero mi dava l'impressione che la morte fosse un evento abbastanza definitivo. Quando le persone in lutto se ne erano andate e la terra veniva gettata e compressa sulla nuova tomba, sapevo molto bene che il cadavere era già in decomposizione, e la resurrezione al suono della tromba d'argento dell'Arcangelo Gabriele all'ultimo giorno, sembrava una impossibile bugia. Aveva ragione il signor Hobbs? Eravamo forse delle scimmie che avevano appena imparato a essere più intelligenti dei loro antenati che vivevano sugli alberi? Era forse il nostro universo un incidente cosmico destinato infine al completo

annientamento? Ma allora cos'era quella convinzione che dava al timido signor Carter una scintilla interna e gli dava il coraggio di far fronte al formidabile signor Hobbs? Mi misi a pensare a quando da bambino vidi lo zio Alf e la signora Pugh. Non mi erano apparse delle persone fuori dell'ordinario in quel momento, eppure erano morte ed il cadavere della signora Pugh doveva essere in avanzato stato di decomposizione. Li avevo veramente visti oppure mi avviavo verso il manicomio, come il signor Hobbs sembrava

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

pensare? Per giorni e giorni mi misi a ponderare su tali ed altre questioni, domandandomi dove potevo indirizzarmi, da chi potevo andare per avere una risposta alle domande. Cominciai a pensare che

- 17 -

la cosa più importante nella vita fosse di capire il significato della morte. Diedi la caccia alle chiese del mio quartiere. Tutte le settimane andavo dall'una

all'altra con la speranza di trovare un indizio, un grano di verità in cui potevo credere, ma come Omar, "sentii grandi discussioni ma sempre uscivo dalla stessa porta per la quale ero entrato". Desideravo assai di più di quello che la Chiesa poteva offrirmi. Non mi accontentavo di "avere fede in" oppure di "sperare in", volevo sapere,

avevo bisogno di qualche convinzione su cui costruire la mia vita. Se la morte significava oblio lo avrei accettato, anche senza rimpianti, ma volevo esserne certo. Se vi era la vita dopo la morte ne volevo la prova e volevo sapere che tipo di vita

sarebbe stata. Dopo varie settimane di intense ricerche nelle chiese cristiane di varie

denominazioni non trovavo né convinzione né speranza e cominciavo a disperare. Lessi un articolo nella biblioteca del mio quartiere in cui parlavano di una riunione

della Società di Teosofia; qualcuno avrebbe parlato dell'Antica Sapienza. Questo sembrò fatto per me poiché quello che io cercavo non era forse la sapienza? Mi feci prestare un dizionario dalla biblioteca per guardare il significato di "teosofico" ed ebbi un tremito di gioia nel leggere che "teosofia" era l'immediata divina illuminazione posseduta come dono speciale da persone dotate di certi poteri.

Ero impaziente di arrivare alla sera della riunione. Vi erano assai poche persone nella sala la sera del grande evento e ne provai

dispiacere per il conferenziere venuto da Londra proprio per quell'occasione, così che quando lo vidi salire sul podio mi misi a battere le mani anche quando gli altri avevano già finito per fargli sentire che era desiderata la sua presenza. Si mise a parlare con un tono di voce molto sofisticato, usava parole che non avevo mai sentito prima di quella sera e mi misi a pensare che doveva essere molto colto e siccome era dotato di quei poteri speciali come diceva il dizionario Chambers, mi preparai a bere ogni sua parola. Purtroppo la maggior parte del suo discorso non potei capirla. Aveva molto da dire sul Corpo Astrale ma non si prese la pena di spiegare cosa fosse. Le cose migliorarono quando si mise a parlare di anime che avevano progredito spiritualmente nell'aldilà ed a volte si reincarnavano in corpi umani per compiere un lavoro speciale.

Le cose si mettevano meglio. Per lo meno questo signore colto e particolarmente dotato era sicuro che c'era un aldilà. Poi venne il momento culminante. Il conferenziere mise solennemente in guardia il pubblico che non bisognava avere niente a che fare

- 18 -

con gli spiritualisti i quali, quando entravano in contatto con i morti, lo erano solamente con entità non sviluppate che giravano vaganti sulla terra e che a causa delle loro basse vibrazioni non potevano essere di nessun aiuto. Questa era la prima volta che sentivo che era possibile mettersi in contatto con i morti e l'idea mi eccitò molto. Se questo era vero, allora qualsiasi entità con la quale si entrasse in contatto, con vibrazioni alte o basse che fossero, provava certamente che vi era la

vita dopo la morte, o per lo meno così mi misi a ragionare in quel momento. Era chiaro che il prossimo passo da fare era di cercare questi spiritualisti con le

loro basse vibrazioni, qualsiasi cosa esse fossero, e vedere cosa potevo imparare da essi. Seguitavo a domandare a tutti dove potevo trovarne, ma nessuno sembrava saperne nulla in proposito. A volte le persone a cui domandavo reagivano in modo strano. Si allontanavano da me e sembravano offese oppure facevano un gesto pietoso come per dire che ero pazzo. Cominciai a credere che seguivo le tracce di una sinistra società segreta.

Oggi lo Spiritualismo è una rispettabile religione ufficiale con tre milioni di aderenti in questo paese, ma in quel tempo i medium rischiavano di essere perseguitati con la legge contro le Streghe del 1785 e per la maggior parte praticavano clandestinamente. Non lo sapevo in quel momento, naturalmente e ne conclusi che avevo

raggiunto un'altra strada senza uscita. Dopo qualche settimana, quando avevo più o meno abbandonato la ricerca di questi

Spiritualisti inafferrabili ebbi l'incarico di rimettere in ordine una fila di tombe note col nome di "Contratti" perché i parenti pagavano al cimitero una somma fissa annuale per il loro mantenimento. Quando ebbi finito, notai oltre quella fila una tomba trascurata e coperta di erbe selvagge. Ebbi pena dello sconosciuto del quale nessuno si

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

curava e avendo un poco di tempo prima dell'interruzione di mezzogiorno, decisi di rimetterla in ordine. Mentre ero occupato a tagliare l'erba alta e le erbacce di quella tomba abbandonata, una donna giunse attraverso il sentiero portando un fascio di fiori

freschi. Tolse dalla tomba che stava visitando i fiori che, ai miei occhi non critici, sembravano quasi freschi, li gettò in un cesto di rifiuti, mise sulla tomba i fiori freschi e se ne andò via. In quel momento i miei sforzi erano riusciti a scoprire il nome sulla pietra della mesta tomba sulla quale stavo lavorando e vidi che l'uomo seppellito era una volta conosciuto col nome di Edwin Lewis. Con un ricordo pieno di emozione esaminai le date sulla pietra tombale e non mi rimase alcun dubbio che quella era la tomba del caro signor Lewis, il mio maestro, il quale era convinto che un giorno avrei potuto diventare un artista. La tomba fu pulita

- 19 -

e messa in ordine per quanto mi riuscì, quindi ricuperai dai rifiuti i fiori quasi

freschi buttati dalla donna, li scossi un poco, li misi in ordine nel miglior modo possibile e messi in un vaso di marmellata li posi sulla tomba del signor Lewis con una piccola preghiera per la sua felicità, ovunque egli potesse essere.

Mentre stavo seduto in un angolo del ripostiglio per attrezzi facendo lo spuntino di mezzogiorno, potevo sentire la voce stridente del signor Hobbs sopraffare le altre come d'abitudine. "E così, dissi alla signora, è un mucchio di maledette sciocchezze. Da trent'anni seppellisco cadaveri, dico, e credetemi rimangono seppelliti. Come possono tornare indietro? Questi spiritualisti vogliono i vostri quattrini, stupide bestie!". Rimasi quasi soffocato dal mio sandwich di prosciutto. Il signor Hobbs continuò con la

sua voce stridula “Inoltre, dico, se mettete piede questa sera nella sede dell'Incontro Amici per cercare di chiamare i defunti finirete tutti all'inferno bruciati!”.

Il discorso del signor Hobbs fu sommerso dall'eccitazione. Finalmente avevo un'indicazione per arrivare a questi Spiritualisti inafferrabili. Qualsiasi cosa accadesse sarei stato quella sera nella sala di ritrovo dei Quaccheri.

Ripulito e con l'abito della domenica arrivai alla casa dell'Incontro Amici e lessi un avviso posto all'entrata che diceva vi sarebbe stata quella sera una funzione spiritistica e la signora Anna Johnson, la ben nota medium che andava in trance, avrebbe pronunziato un discorso seguito da chiaroveggenza. Trance? Chiaroveggenza? Ebbene c'era solo un mezzo per sapere cosa fossero ed entrai.

La sala era piena solo per metà e decisi di sedermi nell'ultima fila, vicino il più possibile all'uscita per il caso che volessi eseguire una veloce ritirata prima della

fine della seduta. A poco a poco la sala si riempì e furono distribuiti i libri degli inni. Sulla copertina del mio io lessi Libro degli inni dei più grandi spiritualisti cristiani del mondo. Ah, pensai, così sono cristiani, non è vero? Ma guardandomi

intorno non mi parve che vi fosse molta atmosfera di chiesa in quella sala spoglia. La gente parlava, perfino ridevano insieme, non vi erano gli ornamenti religiosi che

mi ero abituato ad ammirare durante i mesi che avevo girovagato nelle altre chiese cristiane in cerca della verità. Quando ebbe principio il servizio rimasi ancora meno

impressionato. Sembrava una funzione fatta per caso. Consideravo che vi mancava un tocco professionale. Infatti, mi sentii in un certo qualmodo superiore a quella gente semplice che cantava gli inni e che pregava chiacchierando come se stesse parlando a Dio in termini di amicizia. Mi sembrava molto presuntuoso. Pensai, questo è il peggior servizio religioso a cui ho assistito fino ad oggi.

- 20 -

Improvvisamente vi fu subbuglio ed un fruscio nell'assemblea, mentre un uomo ed una donna si misero a camminare insieme nella navata fino alla piattaforma che si trovava all'estremità della chiesa. Si sedettero su due sedie dagli schienali rigidi di fronte a noi.

L'uomo era piccolo, curvo, anziano, mi ricordava irresistibilmente una fotografia che avevo visto del famoso Dr. Crippen il quale aveva fatto a pezzi la moglie ed era fuggito per sposarsi con la sua dattilografa, prima che io nascessi.

La donna era solennemente vestita di viola con una grande croce d'argento sul petto. Approvavo la croce, dava un senso di autenticità alla funzione. Il Dr. Crippen si alzò

e recitò una delle sue interminabili preghiere, poi ci invitò a cantare un inno insieme a lui. Durante i canti osservai la mia signora vestita di viola che si stava lentamente addormentando. Dopo l'inno, il Dr. Crippen ci annunciò che la signora Annie Johnson era caduta in "trance" e che ora ci avrebbe fatto la sua allocuzione. Capii che la mia signora vestita di viola era una medium, ma non aveva capito quello stupido piccolo dottor Crippen che si era addormentata?

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

Con mio grande stupore la donna addormentata si alzò in piedi e cominciò a parlare. Mi alzai di botto alla prima parola, poiché rimbombando nella navata usciva dalle labbra di questa donna addormentata una voce che una donna non aveva diritto di avere,

una voce profonda, risonante, una voce indiscutibilmente di un uomo colto. Poteva essere un uomo vestito da donna, mi domandai? Chi poteva osare di fare una cosa simile in una chiesa cristiana? Ma nessuno nelle mie vicinanze sembrava sorpreso o perturbato; stavano ascoltando attentamente quello che udivano, ed allora smisi di preoccuparmi ed anch'io mi misi in ascolto. La conversazione era sulla Vita Eterna. La voce maschile che usciva dalle labbra della signora Johnson diceva che era felice di tornare sulla terra per confortare quelli che piangevano per la perdita fisica dei loro cari, per assicurarli che essi erano solo persi per la vista degli umani, ma che vivevano e che amavano ancora quelli che avevano lasciato sulla terra, e che dal mondo felice dove si

trovavano ora potevano a volte mandare messaggi di amore e di speranza a noialtri sulla terra, e questa sera avrebbe aiutato alcuni che erano "andati avanti" a mandare dei messaggi ai loro amici presenti in questa riunione. Per dir poco, ero barcollante.

Questa donna, oppure quest'uomo, ci proponeva di chiamare i morti? Mi venne in mente che i teosofici ci avevano messo in guardia sui pericoli delle vibrazioni basse e mi domandavo se a questo punto del programma dovessi andarmene. Ma avvenga quel che avvenga dissi a me stesso, e mi rimisi a sedere. La medium si sedette ed il Dr. Crippen ci invitò o cantare un inno chiamato "Si-

- 21 –

lenziosamente, ti aspettiamo". Mentre cantavano mi domandai cosa aspettassero e pensai

che ero stato giudizioso a rimanere, ma non volevo spingermi oltre le file di donne fra me e l'uscita, quindi più per timidezza che per convinzione rimasi e mi misi a cantare assieme a tutti gli altri.

Gli inni ebbero termine e ci mettemmo tutti a sedere- La signora Johnson si mise a camminare sull'orlo della piattaforma, indicò una donna nella prima fila della congregazione e cominciò a parlarle con una voce femminile pacata, totalmente diversa dalla voce che aveva usato durante il sonno. Disse alla donna che suo marito era in piedi vicino a lei e che era ansioso di fare sapere a sua moglie che non aveva più quei terribili dolori al petto di cui soffriva prima della sua morte. La signora Johnson descriveva il marito specificandone perfino il colore del vestito e della cravatta che portava. La donna accettò quello che le veniva detto con un vigoroso gesto di approvazione della testa. Forzai i miei occhi per cercare di vedere quest'uomo che la

signora Johnson sosteneva fosse in piedi al fianco della donna, ma non potei vedere nulla di lui; conclusi che questa era una messa in scena fatta fra i due e non mi impressionò affatto. Vi furono altri messaggi di simile natura per altre persone nella sala ed una o due persone si emozionarono molto mentre accettavano quello che la signora Johnson pretendeva essere la verità. Ero ancora convinto che la signora Johnson lavorava con dei complici mescolati nell'assemblea.

"Voglio parlare con il giovane nell'ultima fila" disse la signora Johnson improvvisamente indicando me direttamente. Rimasi pietrificato di essere stato scelto e mi guardai attorno con la speranza di vedere se vi fosse un'altro giovane a cui essa si fosse indirizzata, ma ero l'unico maschio nell'intera fila ed il suo dito continuava a puntare verso di me. "Alza la tua mano, giovanotto" disse la signora Johnson finalmente, e molto nervosamente alzai il mio braccio. "Sì, disse, volevo dire lei. C'è

qui un uomo che vuole ringraziarvi per i fiori che avete posto sulla sua tomba questa mattina. Mi sta dicendo che era il Preside della scuola ed il suo nome è Erwin Lewis. Capite quello che dico?". Ero sbalordito, ma la signora Johnson non aveva finito di parlarmi. Seguitò dandomi una accurata descrizione del signor Lewis come io lo ricordavo quando era sulla terra. Gli hanno fatto un funerale "militare" aggiunse casualmente. A quel momento mi accorsi di avere molto caldo sotto il mio colletto. Come poteva questa donna che non avevo mai visto in vita mia, che non poteva sapere niente di me, parlarmi di un uomo che avevo conosciuto durante la mia infanzia e descrivermi quello che avevo fatto al mattino quando ero completamente solo sulla tomba

- 22 -

del signor Lewis? Ma la signora Johnson non aveva ancora finito di parlarmi- Mi descrisse altre persone che diceva di vedere attorno a me, compreso un arabo. Cosa faceva un arabo vicino a me, mi domandai, e cosa voleva da me? E' una guida, disse la signora Johnson, e non è veramente un arabo, ma qualcuno vestito da arabo. Questo mi sembrò ancora più strano. Quando la signora Johnson finalmente mi disse che questo giovane arabo che in realtà non era un arabo, voleva che io sviluppassi i miei poteri

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

di medium per essere al servizio dell'umanità, pensai che era completamente fuori pista. "In futuro non molto lontano" insistette la signora Johnson, "farete lo stesso lavoro che io faccio e diventerete un celebre medium". Questo mi sembrò pazzesco ed

impossibile per cui scrollai le spalle e me ne andai silenziosamente cercando di farmi notare il meno possibile.

Per lungo tempo prima di addormentarmi quella notte pensai e ripensai a quegli eventi che erano nella mia mente, e più pensavo a quello che mi aveva detto la signora Johnson, più fantastico mi pareva. Non potevo più credere che fosse un imbroglio fatto con l'aiuto delle persone della congregazione perché era capitato a me e nessuno a parte me, poteva sapere quello che avevo fatto quando ero completamente solo, senza sapere dell'interesse particolare che aveva il signor Lewis per me ed il mio affetto per lui. Tutto era successo quando ero molto giovane ed io non ero un bambino che

discuteva i suoi sentimenti intimi con altri, neanche mia nonna aveva la minima idea del profondo affetto che quel bambino affamato di amore, sentiva per il signor Lewis. Mi ricordai le persone morte che avevo visto durante la mia infanzia e che sparivano

all'improvviso quando le avvicinavo e pensai che questi incidenti erano legati in un certo qual modo con quello che aveva detto la signora Johnson sia a me che ad altri nella sala. Eppure dubitavo ancora; non potevo accettare che i morti potessero o volessero ritornare sulla terra da qualsiasi parte essi si trovassero, nello spoglio salone della Società Riunione Amici per mandare un messaggio ai loro cari mediante una signora dall'apparenza così ovviamente terrestre come era la signora Johnson. Ma la verità di quello che mi era stato detto seguitava a infastidirmi e prima di addormentarmi ero deciso ad investigare oltre.

Fu così che per molte settimane dopo quella serata presi parte alle riunioni tutti i

mercoledì sera puntualmente alle sette e trenta. Al principio sedevo timidamente nell'ultima fila come la prima sera, ma quando cominciai a sentirmi di casa ed in termini di amicizia con gli altri membri della congregazione mi avventurai più vicino alla prima fila.

- 23 -

A poco a poco apprezzai la semplicità e sincerità del breve servizio divino che durante la mia prima visita pensavo fosse ingenuo e da dilettanti. Cercavo sempre di essere ragionevole e obiettivo davanti alla chiaroveggenza di vari medium dopo il servizio. Ho visto un grande numero di medium al lavoro durante quel periodo di ricerche sullo Spiritualismo e non tutti mi impressionarono favorevolmente. Infatti

solo a un piccolo numero potevo riconoscere il dono psichico genuino, ma in quel momento non ero affatto sicuro della sua natura. Vedevano e sentivano realmente lo spirito dei trapassati oppure leggevano la mente? Troppi medium mi sembravano voler indagare per informarsi sulle persone che avevano scelto, e dopo aver raccolto queste informazioni a forza di domande gliele ricambiavano facendo credere che fosse un messaggio del morto. In certi momenti ero indignato da quell'ostentato modo di fare e mi arrabbiavo per l'ingenuità delle persone che accettavano con entusiasmo quelle testimonianze che io consideravo ottenute in modo fraudolento. Varie volte dopo aver ascoltato un medium di questo tipo ero tentato di rinunciare a tutto, ma in quei momenti di delusione mi ricordavo della signora Annie Johnson ed andavo avanti coraggiosamente come un soldato.

Ricordo una medium che mi impressionò molto. Ho da lungo tempo dimenticato il suo

nome ma conservo ancora un'immagine mentale di quella grassa piccola donna con i capelli tinti di rosso che portava un vestito di chiffon color verde chiaro con pannelli fluttuanti. Durante il servizio sia lei come la signora Johnson erano caduti in trance, ma questa volta io sapevo quello che succedeva e non mi meravigliai quando, ancora in trance, si mise a camminare sull'orlo della piattaforma e cominciò a indirizzarsi al pubblico. Non alzai neanche un sopracciglio quando la voce che usciva dalle sue labbra si rivelò come quella di un uomo educato ed istruito. Devo ammettere malgrado ciò, che rimasi sorpreso quando durante la chiaroveggenza fra il sonno e la veglia la sua voce divenne senza alcun dubbio quella di una donna puramente londinese.

In rare occasioni ricevevo messaggi anch'io, ma pensavo che per la maggior parte potevano spiegarsi facilmente leggendo la mente oppure con informazioni ottenute antecedentemente. In una o due occasioni il mio arabo si manifestò sempre con lo stesso

messaggio, dovevo diventare un medium, dovevo servire e aiutare l'umanità sofferente, convincerla che la morte non era la fine; ma per lungo tempo rifiutai di accettare e perfino di pensare a ciò, tanto mi sembrava impossibile, e neppure sforzando l'immaginazione potevo figurarmi in piedi su un palco per dare messaggi al pubblico.

- 24 -

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

Quelle serate alle riunioni degli Spiritualisti avevano anche i loro lati frivoli. Cominciavo a riconoscere parecchie persone che venivano regolarmente e che

invariabilmente si alzavano per reclamare messaggi che nessuno fra i presenti poteva accettare oppure capire. "Sì, sì..." esclamavano ansiosamente "conosco Jack" oppure Jim oppure William, o qualsiasi altro, "è mio cugino in Spirito". Li consideravo rapinatori di corpi e erano oggetto di grande divertimento.

Anni dopo seppi che tutte le chiese di Spiritualisti hanno questi vecchi fedeli che si accaparrano messaggi non reclamati da altri, ma allora avevo imparato a essere più caritatevole verso di loro poiché sono spesso persone molto sole oppure addolorate, desiderose di ricevere messaggi di conforto e nell'accaparrarsi messaggi oscuri sperano che il medium possa eventualmente dar loro qualcosa che possano capire e accettare.

Una sera, dopo che il medium di turno aveva descritto l'arabo "che non era veramente un arabo" e mi aveva dato il solito messaggio di sviluppare le capacità di medium che possedevo per servire l'umanità e che io ero deciso a ignorare come al solito, fui

avvicinato da una gentile signora di mezza età che mi domandò cosa intendessi fare di quei messaggi di cui aveva sentito parlare e che mi erano stati dati in varie occasioni. "Niente", mormorai imbarazzato, "non sono un medium, e non ci posso far niente".

"Potete venire a casa mia alle mie sedute e accertarvi se in questi messaggi vi è qualcosa di vero", mi disse. "Se il messaggio che vi è stato dato è la verità, sedendo in un circolo nelle nostre sedute le vostre doti si manifesteranno molto rapidamente". Volevo sapere quello che succedeva durante quelle sedute in cui si sedeva in circolo, prima di impegnarmi. La donna mi disse che usavano sedersi intorno a una pesante tavola

da pranzo dell'epoca vittoriana e che ricevevano messaggi con dei colpi. Accettai l'invito e dopo aver deciso il giorno e l'ora me ne andai a casa.

Tornato a casa trovai una lettera sulla mensola del caminetto indirizzata a me con una scrittura sconosciuta e con un francobollo tedesco. Non conoscendo nessuno in Germania apersi la busta incuriosito, e lo divenni ancora più quando mi misi a leggere la lettera. Scritta in un inglese eccentrico, era di una donna di Monaco che mi diceva di avere assistito regolarmente da qualche anno a delle sedute spiritistiche e che attraverso il medium in quelle riunioni aveva ricevuto il messaggio di uno spirito che si faceva chiamare Rodolfo Valentino. Questo spirito le aveva dato il mio nome e indirizzo in Inghilterra e le aveva chiesto di scrivermi per dirmi che aveva cercato da parecchio tempo di prendere contatto con me attraverso vari medium senza alcun successo. Il messaggio che mi voleva dare

- 25 -

era quello di sviluppare le mie capacità medianiche e mettermi al servizio dell'umanità. Rimasi in piedi nella nostra squallida cucina per lungo tempo con lo sguardo fisso nello spazio e senza espressione. Lessi e rilessi la misteriosa lettera e mi ricordai dei messaggi che avevo ignorato. Mi domandai se "il giovane arabo che non era veramente un arabo" potesse essere Rodolfo Valentino. Avevo visto e goduto due dei suoi film in cui faceva la parte di un arabo. Lo Sceicco e Il figlio dello Sceicco, ma

potevano gli spiriti vestirsi a quel modo? Come poteva immaginare che io potessi capire che i medium descrivevano lui e non un vero arabo? E anche se fosse Rodolfo Valentino, perché volere entrare in contatto proprio con me? Non lo avevo mai conosciuto in vita

se non sugli schermi come un'ombra. Era vero che lo ammiravo e lo consideravo pieno di talento divertendomi a tutti i suoi film, ma non più di tanti altri milioni di persone; allora perché scegliere proprio me? Ma potevo discutere finché volevo, rimaneva certo il fatto che a una donna in Germania di cui non avevo mai sentito parlare e che era altrettanto certa di non aver mai sentito parlare di me fosse stato dato il mio nome e corretto indirizzo attraverso un medium a Monaco e che le fosse stato chiesto di trasmettermi lo stesso messaggio che avevo varie volte ricevuto ed ignorato da medium inglesi. Quella sera andai a letto molto tardi e albeggiava prima che io mi addormentassi.

L'indomani scrissi alla signora di Monaco che avevo ricevuto la sua lettera. Le domandavo di chiedere a quello spirito che si faceva chiamare Rodolfo Valentino se poteva farsi conoscere a me in qualche modo in Inghilterra per potermi convincere.

Giunse la sera della seduta spiritica e arrivai presto come mi aveva suggerito la padrona di casa per fare conoscenza con gli altri soci prima di cominciare. Eravamo sei, tre donne e tre uomini. La seduta doveva aver luogo in una stanza dove si trovava la grande tavola da pranzo dell'epoca vittoriana descrittami dalla padrona di casa. Mi spiegò che quella tavola si poteva anche usare come tavola da biliardo e che il marito e il figlio spesso la usavano per quello scopo. Ci sedemmo attorno alla tavola e la

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

padrona di casa spense le luci a gas, lasciando appena un poco di luce per vederci l'uno con l'altro molto distintamente, poi tutti posammo le nostre mani con le palme volte sulla superficie della tavola.

Eravamo seduti così da dieci minuti o quasi quando sentimmo un forte colpo che veniva apparentemente dal centro della tavola. La padrona di casa disse che questo significava che gli spiriti erano pronti a comunicare con noi. Seguitò a spiegare che avevano adottato un mezzo di comunicazione che benché lento e laborioso risultava dare buoni risultati. Uno dei presenti recitava l'alfabeto lentamente

- 26 -

ed alla lettera voluta vi era un colpo. Un altro era incaricato di scrivere tutte le

lettere e poi di leggere il messaggio. Prima gli spiriti mi diedero il benvenuto come nuovo socio nel circolo spiritico, poi trasmisero il messaggio che io avevo grandi poteri. Ciò doveva essere inteso in senso psichico, naturalmente. Il messaggio che

seguiva ci informava che avevo portato con me uno spirito che voleva mandarmi un messaggio, e dissero che questo spirito fu dotato di grandi facoltà psichiche durante la sua vita, e che il suo nome era Valentino. Il messaggio che seguiva, probabilmente di Valentino, era esattamente lo stesso messaggio che conteneva la lettera di Monaco e mi chiedeva di ringraziare la signora per avermelo recapitato.

Poi mi chiesero se ci sarebbe piaciuto vedere come era più grande il potere quella sera a causa della mia presenza. Alla nostra risposta affermativa, la pesante tavola ebbe un violento rollio, poi si raddrizzò per rimanere dritta su un angolo. Considerando la misura ed il peso della tavola stentavo a credere l'evidenza che mi si

presentava davanti agli occhi. Dopo questo, il messaggio continuava e ci dissero che nel futuro potevamo fare a meno della tavola e semplicemente sederci tranquilli in circolo. Volevano sperimentare il potere, ci dissero, e in particolare con la mia presenza poiché avevo notevoli doti medianiche; infatti speravano in futuro di poterci parlare con voci dirette.

Dopo la seduta furono offerti caffè e dolci e ci mettemmo a discutere gli eventi della serata mentre mangiavamo e bevevamo in perfetto accordo. Tutti i soci del circolo erano felici dei risultati e dissero che mai prima di oggi avevano avuto manifestazioni così sensazionali. Mi chiesero di continuare a frequentare le sedute cosa che io promisi e poi li salutai.

Me ne andai a casa camminando per la città buia con molti pensieri per la testa. In che cosa mi ero impegnato promettendo di continuare quelle sedute, volevo veramente

diventare un medium? Durante tutto il cammino verso casa meditai sugli avvenimenti della serata e finalmente arrivai alla conclusione che era vero. I morti potevano comunicare.

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

Capitolo III

Per un giorno o due dopo la seduta nella casa della signora che conoscevo sotto il nome di signora Cook fui raggiante per la mia nuova scoperta, ma a mano a mano che si avvicinava il giorno della prossima riunione i miei dubbi di diventare un medium crescevano sempre più. Non potevo immaginarmi in piedi su di una piattaforma rivolto alla congregazione, descrivendo spiriti e trasmettendo messaggi. Sentivo di essere troppo giovane e che nessuno mi avrebbe preso sul serio, specialmente perché avevo notato che in chiesa i membri della congregazione, sia ortodossi che spiritualisti, erano per la maggior parte gente anziana. Era una eccezione vedere fra di loro qualcuno della mia età. Vi era anche il fatto che avevo sempre disperatamente ambito di fare un

lavoro di natura artistica, benché mi rendessi conto che mi sarebbe stato difficile realizzare questa ambizione dato che non avevo praticamente nessuna educazione, e non conoscevo nessuno che mi avrebbe potuto aiutare ad uscire dalla strada che la povertà e

le circostanze mi avevano imposto. Ciò nonostante avevo la speranza di trovare un migliore impiego e allora avrei potuto un giorno pagarmi delle lezioni e studiare arte.

La mia decisione ondeggiava in questa direzione il giorno in cui mi dovevo trovare in casa della signora Cook. Sapevo che se andavo a quell'appuntamento sarei stato obbligato di andarci tutte le settimane per un periodo indeterminato; settimane, mesi, forse anche per degli anni per quel che ne sapevo. Dopo averci pensato profondamente decisi finalmente di accontentarmi della convinzione che mi era stata data della sopravvivenza dopo la morte e dimenticarmi le idee grandiose di servire l'umanità per occuparmi invece della mia vita.

Decisi di non ritornare dalla signora Cook. Le scrissi una lettera molto gentile facendole parte della mia decisione, ma prima di avere il tempo di imbucarla mi giunse un'altra lettera da Monaco. In questa lettera, la mia sconosciuta corrispondente mi diceva che Valentino ancora una volta aveva parlato per mezzo del medium durante le loro riunioni e l'aveva pregata di scrivermi e supplicarmi di accontentarlo nel suo desiderio di sviluppare le facoltà medianiche che possedevo e che lui mi avrebbe aiutato per poi insieme fare conoscere la verità all'umanità. Aveva aggiunto che voleva ripagare un poco del-

- 28 -

l'affetto che semplici uomini e donne gli avevano dimostrato in vita e che il miglior

modo per farlo era di sviluppare in me i miei poteri di medium. Questa lettera mi giunse con la prima posta del mattino prima che io avessi lasciato la casa per la mia giornata di lavoro e sulla mensola del caminetto si trovava la lettera indirizzata alla signora Cook che avevo lasciato la sera prima per ricordarmi di imbucarla recandomi al cimitero. Guardai la lettera proveniente dalla Germania e poi quella sulla mensola del camino. Cosa dovevo fare? Ci avrei pensato durante la giornata e decisi di ignorare per il momento la lettera venuta dalla Germania, avrei sempre potuto imbucare quella diretta alla signora Cook tornando dal lavoro quella sera.

Quel giorno ci fu un funerale che mi sembrò ancora più straziante del solito. Una donna di mezza età vestita in gramaglie, come si usava a quel tempo, sembrava disperata e il vecchio pastore assieme agli amici avevano difficoltà ad impedirle di gettarsi nella fossa. Quando la cerimonia ebbe termine e i suoi amici cercavano di portarla via

dal cimitero si aggrappò al braccio del pastore e sentii che mormorava con una voce soffocata dalle lacrime, "Come posso lasciarlo solo in questo orribile buco? Non posso andarmene senza di lui, non posso!". Il pastore le parlò affettuosamente. "E' stata la volontà di Dio di prendersi Jim prima di lei, bisogna chiedere la grazia della rassegnazione e Lui la conforterà". La vedova diede un urlo che sembrava soffocato, "Se è stata la volontà di Dio di portarmelo via e lasciarmi sola, allora lo odio, lo odio!". "Per favore signora Wilson, si controlli", disse il pastore seccamente. Poi rivolgendosi agli amici che la sorreggevano: "Portatela a casa il più presto possibile!". Gli amici persuasero la vedova ad incamminarsi verso le automobili che attendevano, il pastore si affrettò a uscire in direzione opposta. Impulsivamente mi diressi verso la povera donna straziata dal dolore; volevo dirle che non aveva perso suo marito per sempre, che lui era sempre vicino a lei, amandola e proteggendola come

sempre, ma mi fermai di colpo rimanendo immobile nel mezzo del sentiero cosparso di ghiaia. Che diritto avevo di intromettermi nel dolore di quella donna? Avrebbe visto la mia tuta di lavoro piena di fango e pensato che fossi impertinente e presuntuoso, e poi come potevo confortarla anche se mi avesse ascoltato? Solo un medium poteva farlo, un ponte umano fra i vivi ed i morti. Rimasi alcuni momenti con questo pensiero che mi martellava in testa, poi lentamente tirai fuori dalla mia tasca la lettera indirizzata

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

alla Signora Cook stracciandola a pezzettini e lasciandoli cadere fra i rifiuti. Da quel momento mi sentivo impegnato. Avrei cercato di sviluppare le mie facoltà medianiche se questo era quello che mi si chiedeva.

La sera della riunione la signora Cook e i suoi amici mi diedero

- 29 -

un cordiale benvenuto; il loro calore e la loro gentilezza mi ricompensarono di aver rinunciato alla mia libertà. Uno degli uomini del circolo della signora Cook che ci era stato presentato la settimana prima, il signor Herbert, era in ritardo e quando finalmente giunse mi sembrò che portasse con sé una corrente di tristezza, ma nessuno parve accorgersene e la signora Cook suggerì di formare il cerchio con le nostre sedie

facendo a meno della tavola, secondo le istruzioni ricevute l'ultima volta. La luce a gas fu messa molto bassa e la seduta cominciò al canto degli inni. La signora Cook recitò una semplice preghiera domandando protezione ed offrendo la nostra riunione a

Dio, quindi sedemmo in silenzio aspettando un cenno. Mi domandavo cosa sarebbe successo e rimpiangevo la mancanza della tavola che ci aveva procurato emozioni così interessanti. L'orologio sul caminetto batteva forte ed il suo suono monotono mi portò sollievo rassicurandomi. Aspettammo per molto tempo, ma non succedeva niente; il caldo della stanza mi faceva assopire, ma nello stesso tempo provavo una sensazione di grande benessere. Finalmente non mi ricordai più di nulla e mi addormentai.

Quando mi svegliai tutti erano fermi ai loro posti come prima che io mi addormentassi. Mi domandavo cosa diavolo potevano pensare di me e cominciai a scusarmi, ma la signora Cook mi interruppe recitando una preghiera che era chiaro significava la

fine della riunione e io stetti zitto. La luce fu riaccesa e la signora Cook uscì dalla stanza per portarci i rinfreschi. Una delle signore si rivolse verso di me con un raggiante sorriso. "E' stata una riunione meravigliosa" disse. Mi sentivo ancora più colpevole, non solo ero stato maleducato verso queste persone, ma avevo anche perso le cose meravigliose che erano accadute. "Sono spiacente", mormorai imbarazzato, "la stanza era così calda che non potevo stare sveglio". Il signor Herbert mi sorrise gentilmente. "Lei non ha dormito, lei era in trance", disse. "Lei è nato medium". Lo fissai completamente incredulo. "Mia moglie mi ha parlato", seguitò il signor Herbert. Ero contento di saperlo soddisfatto e di vederlo tanto più felice di quando era arrivato, ma ancora non potevo crederci. La signora Cook ritornò con un carrello pieno di rinfreschi e anche lei mi guardava approvandomi.

Mentre bevevamo il tè e mangiavamo i sandwich di uova e lattuga, un po' troppo

delicati per il mio appetito, potei sentire altri frammenti di quello che era successo mentre io dormivo, oppure mentre ero in trance, oppure qualsiasi cosa fosse stata! Il fidanzato di un'altra signora che era stato ucciso in guerra le aveva parlato, e un signore aveva avuto una conversazione con sua madre. Sarà stato molto bello per loro, pensavo amaramente, hanno passato una magnifica serata, ma per me è stato un vuoto totale. Speravo che nella

- 30 -

prossima seduta si sarebbe ripresa l'abitudine del tavolo, affinché anche io potessi essere parte degli eventi. La signora Cook mi offrì un piatto di dolci. "Stavo per dimenticare", disse distrattamente, "un attore di cinema si è manifestato, Valentine...

o comunque dicesse di chiamarsi, quello che morì due anni fa". "Valentino?" mi azzardai a dire. "Sì, ecco proprio lui", rispose la signora Cook "ha detto di farle sapere di continuare a svilupparsi in questo campo". Naturalmente non può essere un'anima molto elevata, e a mano a mano che le sue facoltà si svilupperanno noi speriamo di poterci mettere in contatto con delle entità molto più spiritualmente avanzate di un attore di Hollywood". "Che sfacciata", pensai, "chi si crede di essere per poter giudicare quale sono le anime più avanzate". Come potevo sapere, a questo punto della nostra amicizia, che la signora Cook rivendicava il privilegio di essere guidata da uno spirito molto elevato chiamato Shu-Shu, che era stata una sacerdotessa nel tempio di Isis durante la sua vita terrena, e che per questa ragione la signora Cook era decisa di fare in modo che in queste riunioni vi fossero solo persone ad alto livello, sia spiritualmente che intellettualmente? Sfortunatamente nessuno mi mise in guardia contro Shu-Shu che

finalmente divenne la ragione della mia caduta in disgrazia nel circolo della signora Cook.

Quella sera feci insieme al signor Herbert un tratto di strada per tornare a casa, sperando di conoscere cosa aveva detto Valentino mentre io ero in trance. Ma non ebbi fortuna; il signor Herbert mi parlò continuamente di sua moglie morta tragicamente all'improvviso pochi mesi prima. Il loro era stato un matrimonio ideale, disse, e senza

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

di lei la vita era diventata squallida e solitaria finché grazie a me quella sera aveva potuto parlarle. Naturalmente, ero contento che per mio mezzo fosse restituito un significato alla sua vita, ma speravo proprio che avrebbe trovato un momento per

rispondere alla mia timida domanda su quello che aveva detto Valentino e i suoi messaggi rivolti a me. Volevo sapere come era la sua voce, se era una voce americana oppure con accento italiano e soprattutto se vi fosse stata l'evidenza assoluta che egli fosse Valentino. Dato che la signora Cook non aveva neanche pronunciato correttamente il suo nome non potevo esserne certo. Ma il signor Herbert era troppo immerso nelle sue proprie esperienze per potermi dare una risposta esplicita. Vi rinunciai, seguitando a camminare fino al momento in cui bruscamente mi rivolse una domanda. "Lei parlava con le altre persone prima che io arrivassi, vero?". Gli risposi che ero arrivato puntualmente e che avevo conversato con tutti fino alla sua venuta.

"Immagino che le avranno raccontato la morte tragica di mia moglie?", disse molto seccamente. "No", risposi, "in realtà nessuno mi parlò di lei o di sua

- 31 -

moglie". Me ne informerò" disse, "perché spero che lei mi abbia detto la verità". Un poco stizzosamente gli risposi che non era mia abitudine dire delle bugie. Il signor Herbert si fermò di colpo sotto un lampione guardandomi in faccia. Sembrava molto solenne. Quella comunicazione con sua moglie, mi disse, era troppo importante per poterla accettare senza indagare. Voleva essere certo che non fosse il prodotto del mio subcosciente o anche della mia mente cosciente.

Se dovevo diventare un medium dovevo aspettarmi di essere a volte messo in dubbio, e

solo i ciarlatani e gli imbroglioni potevano risentirsi di essere investigati da persone intelligenti. Gli risposi che prevedevo questo, ma quello che vedevo ancora più chiaramente era il fatto che essere un medium doveva essere un mestiere molto duro se tutti dovevano sospettare di trovarsi davanti ad un bugiardo o a un imbroglione. Ma il signor Herbert non aveva ancora finito. "Ancora una cosa, Flint", seguitò: "E' un grande onore per un giovane che lavora trovarsi nelle riunioni della signora Cook. Quindi viva onestamente e sia degno della grande occasione che le è stata data". Anche se non abbiamo sale da bagno nella nostra casa, scommetto che sono pulito quanto lei, pensai, ma dissi solamente che dovevo correre a casa perché mia nonna mi aspettava e il mio ritardo poteva impensierirla. Così mi lasciò andare.

Assistei regolarmente alle riunioni della signora Cook per molti mesi senza che la procedura cambiasse di molto. Poiché la signora voleva che le sue riunioni fossero

altamente spirituali cominciavamo sempre con un inno e una preghiera, poi io cascavo in trance, come dicevano, e vari spiriti parlavano attraverso di me. Alla fine le altre persone mi raccontavano ciò che era accaduto, ma per quel che mi riguardava era un'ora persa della mia vita; non vedevo nulla, non sentivo nulla e dovevo accontentarmi di quei frammenti di informazioni che potevo raccogliere quando uscivo dal sonno che mi procurava lo stato di trance. Comunque, mi piacevano gli inni e le preghiere, i sandwich e i dolci che venivano offerti alla fine della riunione erano deliziosi. E poi tutti mi dicevano continuamente come si sviluppavano bene le mie facoltà medianiche e così ero incoraggiato a perseverare.

Una sera, dopo circa un anno di quelle riunioni, la signora Cook cadde in trance e uno spirito chiamato Shu-Shu venne a parlarci. Shu-Shu ci incitava a non incoraggiare le entità vicine alla dimensione terrestre come avevamo fatto fin'ora ma invece di

aspirare a comunicare con le anime più elevate e progredite. Da quella notte in poi le mie trance divennero sempre più rare finché si fermarono

completamente per lasciare il posto alla signora Cook e Shu-Shu. Mi domandavo se il mio sviluppo non si fosse arre-

- 32 -

stato. Ero curioso di sapere quel che accadeva come pure lo erano gli altri membri delle nostre riunioni, con l'eccezione della signora Cook, la quale era convinta che la sua guida Shu-Shu aveva fatto in modo che le cose si svolgessero così perché il cerchio diventasse più spirituale e non si accontentasse di sole comunicazioni con gli amici e i parenti nell'aldilà attraverso le mie facoltà. Per essere giusto verso la signora

Cook devo dire che era molto interessata allo sviluppo ai gradi più elevati di quelle che lei diceva essere le mie grandi possibilità. Per questo, come guida delle nostre riunioni spiritistiche, ci ordinò di cantare più inni e recitare più preghiere in futuro.

Continuai regolarmente ad assistere a quelle serate, ma adesso potevo sentire tutto quello che succedeva poiché era la signora Cook che andava in trance, e era sempre lo

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

spirito chiamato Shu-Shu che ci faceva un discorso molto elevato, pieno di parole di cui non capivo il significato, ma che pensavo dovesse essere molto profondo.

Una sera mentre la signora Cook era caduta in trance, Shu-Shu ci disse che voleva

dimostrarci per mezzo della medium uno dei riti che usava adempiere quando era sacerdotessa nel tempio di Isis. Tutti eravamo d'accordo per dirle che sarebbe stato un privilegio poter assistere a questa funzione e la pregammo di farci questo onore. La signora Cook era ben lontana dall'essere una silfide, era larga di spalle ed il suo petto aveva proporzioni molto terrestri. In trance, questa robusta figura si alzò dalla sua sedia e avanzò al centro del nostro cerchio cominciando a danzare. Turbinava i suoi fianchi muovendo le braccia ripetutamente, cantando quello che a me sembrava essere un canto inarticolato, ma che fu acclamato dagli altri per essere una melodia dell'antico Egitto. Il suo generoso petto si muoveva sgraziatamente in modo allarmante prima da una

parte poi dall'altra e le sue braccia sembravano i tentacoli di un polipo. Volevo non guardare, ero imbarazzato per la signora Cook, ma benché ci provassi i miei occhi erano fissi su quello spettacolo. Sentivo quello che sarebbe successo, tentai disperatamente

di evitarlo ma inutilmente e cominciai a ridere scioccamente, in un primo momento sommessamente grazie ai miei sforzi di volontà soffocando i singhiozzi, ma poi vedendo che seguitava a turbinare ed a muovere le braccia ripetutamente cadendo grottescamente da tutte le parti persi completamente il controllo di me stesso e mi misi a ridere, ridere finché le lacrime colavano sulla mia faccia come l'acqua di un ruscello. Più gli altri sì indignavano e si arrabbiavano con me e più io ridevo, fino a che la signora Cook uscì dalla sua trance e con uno sguardo che mi ridusse in cenere si rimise a sedere sulla sedia.

Più tardi quando mi accompagnò alla porta per salutarmi non fui sorpreso di sentirmi

dire molto gentilmente, date le circostanze, "Pen-

- 33 -

so mio caro ragazzo che siete ancora troppo giovane e forse troppo emotivo per continuare a sviluppare i vostri talenti. Sarebbe meglio se evitaste di ritornare fra noi". Mi aprì la porta e mi resi conto che fuori pioveva a dirotto. Con uno stipendio di 12 scellini alla settimana un impermeabile era un lusso che non mi potevo pagare, così mi preparai a uscire e inzupparmi. Ma la gentile signora Cook piena di comprensione, per addolcire il colpo che mi aveva dato, mise le sue braccia intorno a me con l'ovvia intenzione di darmi un bacio d'addio. Ero commosso dalla sua generosità, ma riluttante di farmi stringere contro quel generoso petto, così che mi scansai e con

tutta la goffaggine dei miei diciassette anni le pestai pesantemente il piede. "Proprio sul mio callo, maledetto imbecille", mi gridò. Mormorando delle scuse uscii nella notte sotto la pioggia.

Sguazzando verso casa con le mie scarpe bucate mi misi a pensare agli umilianti avvenimenti della serata. Diventavo sempre più depresso e avevo vergogna di me. Mi era stata data la rara opportunità di sviluppare i miei talenti di medium in un cerchio di persone educate, gente spirituale ed elegante e avevo rovinato le mie possibilità insultando la guida del nostro gruppo. Come se ciò non bastasse, l'esaltata Shu-Shu aveva detto che io lavoravo con basse vibrazioni, allora come potevo diventare utile all'umanità come Valentino mi aveva promesso? Adesso gli amici non mi volevano più fra di loro, avevo fallito miserabilmente e non sarei mai diventato un medium utile al mondo. Quando raggiunsi la mia casa, mentre seduto nella cucina bevevo la coca-cola che

mia nonna mi aveva preparato, ero venuto a una decisione. Avrei rinunciato a tutto il lavoro per diventare un medium, non avrei più avuto nulla a che fare con lo Spiritualismo, invece sarei andato avanti occupandomi della mia vita, e cercando di farne qualcosa che ne valesse la pena.

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

Capitolo IV

Occhi chiari penetrarono i miei ed il dito ossuto flagellò l'aria a due centimetri dal mio naso. "Credi che un posto sicuro come questo si trova ad ogni angolo? Ti pentirai di questo giorno, ragazzo mio, te lo dico io". Mi sentivo rivoltare lo stomaco al pensiero di essere senza lavoro, ma avevo deciso di fuggire dai morti e tenni duro. "Lavorerò fino alla scadenza del preavviso, ma voglio lasciare il cimitero". Finalmente queste parole mi uscirono dalle labbra secche. "Non credere che potrai tornare qui dopo aver consumato le tue scarpe cercando lavoro". Evitai il dito. "Se uscirai da questa porta non mi occuperò più di te". Il signor Hobbs se ne andò impettito, lamentando l'avventatezza e la follia delle giovani generazioni. Cercai di consolarmi con il

pensiero che potevo trovare un lavoro prima del prossimo ed ultimo giorno di paga ma il mio stomaco si rivoltò ancora al pensiero della lunga fila al locale ufficio del lavoro. Avevo bruciato i miei vascelli, avevo passato il mio Rubicone; fra una

settimana sarei stato un membro di quella fila senza speranza. Durante la mia ultima settimana al cimitero mia nonna ascoltò avidamente i discorsi

sui posti vacanti che si facevano all'ufficio postale del quartiere, ma non sentì nulla per me ed il venerdì fui pagato per l'ultima volta, con la terrificante prospettiva di rimanere disoccupato per chissà quanto tempo.

Leggevo la colonna "Offerte d'impiego" ogni volta che usciva sul giornale e un giorno vidi "cercasi ragazzo, rivolgersi personalmente al direttore del cinema Regent di St. Albans". Partii come una freccia per domandare il posto e semplicemente per il fatto che l'uniforme indossata dal mio predecessore mi andava come un guanto, fui abbastanza

fortunato di essere assunto con disappunto degli altri ragazzi che si erano presentati. Era tale la gioia di aver un nuovo lavoro che la paura e la vergogna di essere disoccupato mi lasciò quasi immediatamente e promisi a me stesso che nessuno sarebbe stato più volenteroso di me. Potevo anche imparare qualcosa sulla proiezione dei film se tenevo aperti gli occhi e le orecchie e un giorno avrei potuto diventare io stesso direttore di un cinema; davanti a me si apriva un panorama di brillanti occasioni ed il

- 35 -

salario era come al solito di 12 scellini e mezzo settimanali. Così la mia sventata follia aveva dato un risultato.

I miei compiti al cinema, che era lo stesso frequentato da mia nonna e da me,

cominciavano alle nove di mattina quando io comparivo puntualmente in abito da lavoro per spazzare il cinema, lavare il vestibolo e rendermi generalmente utile fino alle quindici, quando avevo due ore di permesso. Alle diciassette, indossando l'uniforme ereditata, mi mettevo all'entrata del cinema per mantenere l'ordine nelle varie file. Cercavo di impedire che ostruissero il marciapiede, mi precipitavo su quelli che si insinuavano davanti agli altri che aspettavano da più tempo e li convincevo a rimettersi in fila, rispondevo cortesemente a domande come "il film finisce bene?" oppure i "posti da 4 pennies hanno una toeletta vicino?". Il mio giorno finiva quando il cinema chiudeva alle ventidue e trenta. Era una lunga giornata, ma non mi importava perché oltre al mio salario di 12 scellini e mezzo avevo il delizioso vantaggio dei momenti in cui potevo vedere il film dalla porta dietro le poltrone. Questi frammenti di visione potevano sommarsi fino a rappresentare quasi l'intero film in tre giorni e

poiché il programma cambiava due volte alla settimana, potevo vedere quasi due film alla settimana, più di quello che potevo permettermi quando dovevo pagare per un posto in un sedile ribaltabile.

Nella parte dell'edificio sotto il cinema vi era una sala da ballo dove si ballava ogni sabato sera. In quelle occasioni dovevo essere di servizio al guardaroba per uomini per consegnare i biglietti numerati in cambio di cappelli e soprabiti, e quando nel guardaroba vi era un po' di calma portavo in giro vassoi di bibite, su ordini del barista. Per queste serate danzanti non ricevevo una paga straordinaria, ma mi davano da mettere sul banco del guardaroba un piattino dove i clienti facevano cadere uno o due pence quando consegnavano o ritiravano i loro indumenti e queste mance erano il mio guadagno occasionale. Talvolta le monetine nel piattino ammontavano alla bellezza di 3 scellini ed io mi consideravo ampiamente ricompensato.

In quelle serate del sabato, cominciai a prendere interesse al ballo. Quando avevo qualche minuto libero mi mettevo al margine della pista osservando i ballerini e invidiando la loro abilità. A quei tempi si ballava il foxtrot, il valzer, il tango, e una nuova manìa: il charleston. Morivo dalla voglia di poter ballare come gli altri e osservavo i ballerini imparando a memoria i passi, quindi correvo nel guardaroba per provarli prima di dimenticarli.

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

Alla fine pensai che avrei potuto fare una figura abbastanza buona avendo imparato quasi tutti i balli e morivo dalla voglia di

- 36 -

poter far pratica con una compagna. Ciò era impossibile; mi era assolutamente proibito con minaccia di licenziamento di avvicinarmi alle clienti della sala da ballo, e mi dovetti accontentare del manico della scopa che si trovava nel guardaroba tenendolo stretto fra le mie braccia ed immaginando che fosse una delle belle ragazze vedute sulla piattaforma, e anche se la mia immaginazione dovette essere messa a dura prova, il manico della scopa era meglio che niente.

Una sera che la scopa ed io stavamo esercitandoci a ballare il valzer fummo

interrotti da un cliente che avevo spesso guardato e ammirato dal mio posto di osservazione all'orlo della piattaforma. Dall'espressione della sua faccia quando mi vide danzare con tanto entusiasmo con il manico della scopa, capii che pensava che

avessi perso il ben dell'intelletto, così che quando mi chiese cosa diavolo facessi benché mi sentissi un perfetto sciocco glielo spiegai. Con mio grande stupore mi tolse la scopa e mi prese nelle sue braccia, "Lascia che ti faccia vedere un nuovo passo che ancora non è arrivato fino a St. Albans", e cominciò a farmi ballare attorno al guardaroba illustrandomi i nuovi passi man mano. Ma stavo imparando a girare dalla parte sbagliata poiché dovevo seguire la guida come se io fossi una donna. Cercavo di imparare per il meglio l'inclinazione del nuovo passo per poterlo in seguito praticare nel giusto modo con la mia scopa, quando la lezione ebbe termine bruscamente con l'arrivo del direttore. Egli sembrava molto nero, chiese al mio maestro di ritornare

nella sala da ballo oppure di andarsene se preferiva. Il cliente sembrava confuso ed imbarazzato e si affrettò ad uscire, ed io rimasi da solo a far faccia all'ira del direttore. Mi aspettavo il peggio, non dovevamo prenderci nessuna intimità con i clienti che pagavano; invece il direttore mi parlò molto gentilmente. "Tienti lontano da quell'uomo", mi disse, "è un invertito". Non avevo mai sentito quella parola che si riferiva ad un omosessuale, perciò dovevo avere l'aria molto sorpresa. "Va bene, non fa niente, nel futuro fai bene il tuo dovere, ma se ti rivedo con lui la prossima volta ti caccio via immediatamente". Se ne andò lasciandomi pensare che il mio volontario maestro era fuggito dall'asilo dei pazzi o qualcosa del genere, ma ero deciso di evitarlo come la peste pur di non perdere il mio posto.

Mentre le settimane passavano e io seguitavo a praticare con la mia scopa, cominciai a desiderare sempre di più una vera ragazza come compagna e finalmente decisi che gli

spiccioli che guadagnavo il sabato sarebbero serviti per pagare delle lezioni di ballo nella serata che avevo libera una volta alla settimana. Mi misi alla ricerca e mi arruolai nella Scuola di Ballo della signorina Florence dove mi

- 37 -

avrebbero insegnato danze moderne nella mia serata libera per 2 scellini la lezione. La scuola della signorina Florence era in una sala vuota nel retro di un edificio di

uffici. La musica per le lezioni era suonata a volte da una vecchia signora pianista, a volte da un grammofono a cassetta che io preferivo perché pensavo fosse più simile alla musica di un vero ballo.

La signorina Florence era un'eccellente maestra e dopo pochi mesi di insegnamento ero

abbastanza progredito da decidere di smettere con le lezioni e dedicare la mia sera libera e i miei due scellini ad accompagnare a un vero ballo una ragazza bionda sulla quale avevo messo gli occhi. Con questo in mente arrivai alla scuola per la lezione che era mia intenzione fosse l'ultima, e quando questa finì attesi che il resto della classe se ne fosse andato per dire alla signorina Florence che non sarei più tornato. Con mia sorpresa mi offrì di continuare le mie lezioni gratuitamente se acconsentivo di aiutarla con gli allievi più difficili. Naturalmente fui lusingato, ma volevo godermela nelle future notti libere e rifiutai il più cortesemente possibile.

La signorina Florence era alta, sottile, elegante e sicura di sé e io non potevo credere alle mie orecchie quando insistette perché io rimanessi nella classe. Mentre parlavamo ne scoprii la ragione e dovetti compatire questa signora distaccata e sicura che mi era sembrata essere così lontana dagli squallidi, piccoli problemi che

affliggevano gente ordinaria come me. Risultò che la signorina Florence doveva mantenere una madre vecchia e malata e la scuola non rendeva abbastanza denaro per impiegare un secondo maestro che potesse prestare attenzione individuale agli allievi più difficili; quindi questi ultimi minacciavano di andarsene in un'altra scuola. Non so ancora oggi se la confidenza della signorina Florence sollecitò maggiormente la mia vanità o la mia compassione, ma cacciando dalla mia mente la piacevole immagine di me

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

stesso e della bionda che mi faceva palpitare mentre scivolavamo insieme sul pavimento di qualche sala da ballo tra gli applausi spontanei degli spettatori, accettai di rimanere nella classe alle condizioni della signorina Florence.

Non tardai molto ad accorgermi che gli allievi più difficili erano uomini oppure matrone obese che portavano rigidi busti, e non era un compito facile cercare di inculcare loro le gioie del ballo. Desideravo tanto andare ad un vero ballo con una vera compagna che seguendo la mia guida avrei sentito leggera come una piuma nelle mie braccia, ma non potevo sperarlo a meno di cambiare il mio impiego per trovarne uno che mi lasciasse libero la sera. Mi

- 38 -

ricordavo troppo bene la vergogna di essere senza lavoro per rischiare di perdermi quello attuale nella speranza di trovarne un altro. Mi consolavo all'idea che per lo meno imparavo tutti i passi alla moda.

Un sabato sera quando il programma al cinema stava per terminare, una delle maschere mi chiese di chiudere il contatore principale che controllava tutti gli altri nella sala da ballo. Mi precipitai per accontentarla ansioso di farle questo piacere. Il contatore si trovava in una piccola stanza all'uscita del vestibolo. Diedi uno sguardo al grande quadrante, ma non ci capivo niente. Vidi due leve che mi sembravano essere due delle più importanti ma non avevo la minima idea quale delle due controllava la luce della sala da ballo, e per essere sicuro di non sbagliare, le tirai ambedue. Ne seguì un fracasso, ed un bagliore, poi dal quadrante cominciò ad uscire un fumo ondeggiante e le luci si spensero. Sentendomi colpevole sgattaiolai fuori dal vestibolo

per trovarmi nel caos e nella totale oscurità. I clienti fuggivano in tutte le direzioni urlando, il direttore brandendo una torcia prometteva a tutti di ridare i soldi, anche le maschere con una torcia in mano dirigevano i clienti terrorizzati verso l'uscita, le donne ed i bambini strillavano, gli uomini si facevano strada spingendosi verso l'uscita. Una cosa era chiara come il giorno; in quella infernale oscurità non si sarebbero più fatti affari quella sera, né al cinema né nella sala da ballo. L'indomani avvenne l'inevitabile "post-mortem" e allora seppi che avevo bruciato la valvola principale dell'intero edificio e per colpa della mia stupidità la compagnia aveva perso centinaia di sterline. La sentenza del direttore e della sua corte fu l'immediato licenziamento. Divenni uno dei tanti della triste coda dell'Ufficio Collocamenti, e per la prima volta in vita mia ero disoccupato.

Le settimane passarono senza speranza e la paura e la vergogna di essere senza lavoro

non mi davano pace. Camminavo per chilometri in cerca di lavoro e quando le suole delle mie uniche scarpe decenti furono consumate, mia nonna me ne fece delle nuove con del cartone molto spesso e una volta pulite con un ottima cera strofinate energicamente con le sue mani, divenni ancora una persona rispettabile.

Alla fine un impiegato dell'Ufficio Collocamenti mi chiese se avrei lasciato la mia città per accettare un posto di barista in un locale pubblico a Londra. Questa offerta mi mise in imbarazzo. Mia nonna dipendeva dai pochi scellini che spremevo dal denaro che mi procuravano i sussidi di disoccupazione; se io lasciavo St. Albans mi domandavo come avrebbe potuto vivere. Cercavo di risolvere questo dilemma quando mi accorsi dello sguardo sprezzante dell'im-

- 39 -

piegato che diceva chiaramente anche senza parole come odiava le classi inferiori che si lamentavano sempre per il lavoro e le case ma che quando avevano l'offerta di una buona opportunità rifiutavano e quando ricevevano un alloggio mettevano il carbone nella vasca da bagno. Pensai che avrei risolto per il meglio il problema di mia nonna in un secondo tempo, e accettai l'impiego a Londra.

Tutto andò per il meglio perché questo locale pubblico non era in realtà nel cuore di Londra, ma a Barkinside, che allora era un quartiere abbastanza decente con alberi e prati invece delle sudicie e minacciose case di Londra che io temevo. Il bar dove io dovevo lavorare si chiamava Fairlop Oak e lo dirigevano una coppia irlandesi molto cordiali che mi accolsero piuttosto come un amico che rivedevano che come il nuovo giovane lavapiatti e factotum. Mi portarono in una cameretta pulita e mi dissero che

quella sarebbe stata tutta per me, e questa notizia mi diede grande gioia perché da quando potevo ricordarmi dovevo dividere la camera al piano di sopra in casa di mia nonna con l'affittuario che mi teneva sveglio russando. Non solo avrei avuto l'intimità di una camera tutta per me ma la finestra guardava su di un giardino e mi svegliavo con la vista degli alberi ed il canto degli uccelli.

I signori Ryan erano molto pazienti con gli sbagli che facevo e incoraggiavano i miei

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

sforzi per imparare il mestiere; per questo lo imparai molto rapidamente. Dopo poco tempo fui promosso da lavapiatti a aiutante barista e mi diedero maggiori responsabilità nella cantina. Il mio lavoro mi divertiva, mi affezionai ai clienti che

venivano regolarmente e avevano il loro boccale con il loro nome in vista su di uno speciale scaffale. Il locale era allegro e ben diretto e io ero molto felice. Mi ricordo della passione che aveva il signor Ryan per i dischi del tenore John McCormack, il tenore irlandese, e come lavoravamo tutta la giornata al suono della sua voce d'oro che cantava ballate irlandesi che il mio padrone amava tanto. Ogni volta che sento "Danny Boy", "Killarney", "Mother Machree" o qualsiasi altra, anche oggi mi sento trasportato nel passato quando lavoravo in quel bar e auguro ogni bene ai signori Ryan ovunque essi si trovino.

Nei miei giorni di libertà prendevo l'autobus per andare a Londra e passavo il tempo

nei musei, nelle gallerie d'arte, di tanto in tanto andando al cinema. Stavo pensando di riprendere lezioni in qualche sala da ballo ma quando confrontavo il mio unico vestito con quello dei signori che frequentavano il quartiere del West mi rendevo conto

che avevo l'aria troppo misera per mischiarmi con loro. Ovviamente dovevo comperarmi un vestito, ma benché avessi guardato tutte le vetrine non trovavo nulla per meno di 30 scel-

- 40 -

lini, somma astronomica per qualsiasi persona che riceveva una paga come la mia. Sembrava che avessi fatto fiasco ancora una volta, ma la gentile signora Ryan venne in mio aiuto avanzandomi i 30 scellini per il mio vestito se io promettevo di ripagarla

del prestito con 5 scellini alla settimana. Questo significava che dovevo ritardare i miei tersicorei trionfi fino a pagamento completo del mio debito per poter seguitare a mandare a mia nonna il piccolo vaglia postale che le facevo tutte le settimane. Finalmente giunse il giorno della grande occasione e con il mio vestito nuovo, le scarpe lucidate, i capelli lisciati e dieci scellini in tasca in tutto e per tutto, saltai su un autobus per raggiungere Piccadilly Circus con il fiato corto dall'eccitazione.

Avevo già deciso di frequentare l'Astoria Dance Hall a Charing Cross perché ero stato informato che le signore si potevano invitare a ballare senza la formalità di una presentazione. Quando vi giunsi rimasi sbalordito dalla meraviglia, il pavimento lucido come uno specchio, l'orchestra in uniforme, il decoro esotico e gli effetti delle luci colorate che si riflettevano sui ballerini rappresentavano per me il colmo

dell'eleganza e dello chic. Mi sentivo alla parità della gioventù dorata di Londra. Per alcuni minuti rimasi immobile da una parte per osservare la procedura. Per quel che potevo giudicare non c'era che da scegliere una delle signore in gruppo che erano prive di cavalieri, farsi avanti e domandarle di ballare. Molto azzardatamente mi avvicinai ad una abbagliante bionda. Scivolò fra le mie braccia e poco dopo giravamo sulla pista con molto stile, scambiandoci brillanti frammenti di conversazione di ordine comune, come per esempio se frequentava spesso il locale e quello che pensava dell'orchestra. Devo ammettere che nessuno dei presenti irruppe in applausi dopo la nostra esecuzione, ma malgrado questo sentivo che non avevo fatto fare brutta figura alla mia compagna.

Ballai con varie dame ma sempre ritornando alla mia avvincente bionda non solo perché era una buona ballerina ma aveva un modo speciale di avvinghiare il suo corpo al mio e lo trovavo molto eccitante. In quei tempi l'intimità fra i sessi non era affatto

immediata come oggi e rimasi molto contento quando mi chiese di chiamarla Muriel. Alla fine della serata mi si presentò un problema. Volevo ballare l'ultimo valzer con

Muriel ma questo significava che avrei dovuto accompagnarla a casa e non avevo la minima idea dove abitava. Sarei stato felice di accompagnarla fino a Land's End, ma una bella ragazza come lei senza dubbio si aspettava di essere portata a casa con un taxi e con quello che avevo speso per il biglietto di entrata, le limonate che avevo comperato per le signore, mi rimaneva solo

- 41 -

mezza corona che mi sarebbe bastata per l'autobus e per vivere fino alla prossima paga. C'era una sola risposta, non avrei ballato l'ultimo valzer con nessuno dato che non

potevo farlo con Muriel, così non l'avrei tradita. Ero in piedi in disparte con lo sguardo piuttosto triste guardando l'ultimo ballo quando due mani soffici si posarono sui miei occhi e girandomi mi accorsi che era lei che mi sorrideva. "Vuole camminare con me fino a casa?" mi chiese. "Il mio appartamento è a pochi passi da qui". Immediatamente mi sentii al settimo cielo.

La luce soffice dei lampioni facevano un'aureola attorno ai biondi capelli di Muriel

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

e mi appariva molto bella mentre camminavamo per le strette e sudicie strade e ci fermammo fuori di una porta la cui pittura si sgretolava a pezzi, fra un barbiere e un negozio di vini ancora illuminato. La ragazza aperse la porta malandata con la chiave

rivelando un piano di scale di legno. "Seguimi" disse allegramente. Mormorai a mala pena che dovevo prendere l'autobus. "Su, vieni per un momento" insistette e prendendomi la mano mi spinse su per le scale con lei.

Diedi uno sguardo attorno a quella stanza per vedere cosa non andava. La mobilia era trasandata, ma io ero abituato a questo, c'era qualche cosa d'altro. Era una stanza tutta rosa, piena di fronzoli femminili, con una grande bambola con piume in testa sulla mensola del caminetto e un orsacchiotto pure rosa sulla coperta da letto. Una tenda di chintz a grandi fiori sgargianti, nascondeva la cucina a gas e uno scaffale con pentole e padelle. Bruscamente mi resi conto di perché era diversa dalla mia,

mancava l'odore del sapone e della cera che prevaleva in casa di mia nonna. Questa stanza era trascurata e sporca. La ragazza aprì un armadio e ne prese un indumento nero. Poco dopo sentii l'acqua che colava e mi domandai pieno di speranza se stava

preparando una tazza di tè. Poco dopo l'acqua smise di colare e Muriel ritornò nella camera vestita del solo

indumento nero trasparente e nuda completamente sotto. Non avevo mai avuto esperienze del genere perciò rimasi in piedi inchiodato al mio posto con l'aria di un rozzo ragazzo di campagna come in realtà io ero. Prontamente la mia divinità bionda tirò la coperta e le lenzuola. "Non ti spaventare se questa è la prima volta, Muriel la sa lunga". Cinque minuti dopo, annientato, accasciato e vergognoso ero di nuovo in piedi in mezzo alla stanza. Mormorai qualcosa a proposito dell'autobus che dovevo prendere e mi avviai verso la porta, ma prima che io vi arrivassi Muriel mi sbarrò la strada come

un angelo vendicativo. "Metti i tuoi cinque scellini sullo scaffale del camino prima di fare un passo fuori da questa porta" disse urlando. La fissai in completo stupore. Nella

- 42 -

mia ingenuità pensavo che tutti e due ci eravamo lasciati trasportare da un irresistibile desiderio e anche se avevo vergogna di essermi lasciato andare a quello che io pensavo fosse lussuria, non mi era passato per la mente che la transazione diventasse finanziaria.

Quando Muriel si rese conto del fatto che non potevo assolutamente pagare i 5 scellini mi disse esattamente quello che pensava di me e non risparmiò le sue parole e

nemmeno i miei sentimenti. Dopo che ebbe finito io mi sentivo come se fossi stato lacerato. Piena di sdegno mi ordinò di uscire immediatamente, e io me ne andai ringraziando di essermela cavata. Mi apparve ancora una volta in cima alle scale, mentre le scendevo di corsa, per gettarmi l'ultimo insulto: "Vattene, te e il tuo vestito da 30 scellini" mi buttò in faccia e poi svanì dalla mia vista.

Durante tutto il tragitto per ritornare a Barkinside, fra momenti di colpevolezza ed altri di vergogna, mi domandavo come Muriel avesse saputo che il mio vestito costava 30 scellini, ma quando raggiunsi il santuario della mia cameretta a Fairlop Oak vidi che l'etichetta con il prezzo era ancora attaccata al colletto della mia giacca.

Avevo molto sentito parlare dei film sonori al cinema Regal a Marble Arch; davano Il cantante pazzo con Al Johnson, e tutti i clienti del mio bar ne erano entusiasti. Più

pensavo ai film parlati ed in questo caso anche cantati, più meraviglioso mi sembrava e

sempre di più desideravo sentirli e vederli. Finalmente venne il giorno in cui presi il mio posto nella lunga fila che partiva da Edgware Road, preparato ad avanzare a un centimetro alla volta con gli altri per il tempo che ci sarebbe voluto e dopo essere stato in piedi per due ore e più mi sedetti sul mio sedile con il solito eccitamento procurato dall'attesa ed aumentato al momento in cui si spensero le luci.

Il film era cominciato da soli pochi minuti quando mi resi conto che la musica in scatola non avrebbe mai potuto rimpiazzare l'accompagnamento orchestrale dei film muti. La voce degli attori suonava strana e acuta, mi ricordava i primi dischi dei grammofoni e non ritrovavo l'incanto dei film muti. La gente sullo schermo non era più bella, né affascinante o misteriosa, le loro voci erano metalliche e non adatte alla loro apparenza. Questo nuovo miracolo mi colpì perché artificioso e terribilmente monotono. Uscii dal cinema Regal convinto che la nuova pazzia per il film sonoro non avrebbe

durato. Passò molto tempo prima che io ritornassi a vedere un film parlato; invece ricercavo

i piccoli cinema che non avevano potuto pagarsi il lusso di installare i costosi equipaggiamenti per il suono

- 43 -

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

e che erano obbligati a chiudere per la concorrenza. Mi ricordo di un direttore che mise fuori il cartello annunciando "Il Silenzio è d'oro", ed io ero d'accordo con lui

in tutti i sensi. Nei primi tempi dei film sonori, che con mia grande sorpresa continuavano a

prosperare, molte delle più grandi stelle del firmamento di Hollywood scomparvero perché le loro voci non erano adatte oppure discordanti e cominciai a pensare ancora una volta a Rodolfo Valentino. Mi domandavo se la sua voce sarebbe stata all'altezza della sua grazia e della sua bella apparenza oppure se anche lui sarebbe stato distrutto dal suono. Pensai che forse era stato fortunato di morire prima che la leggenda che aveva creato potesse diventare ridicola e antiquata. Pensando a questo mi vennero in mente i messaggi che avevo ricevuto dalla Germania in cui mi supplicava di

sviluppare le mie facoltà medianiche per servire il mondo. Mi domandavo cosa poteva pensare di me Valentino se veramente questi messaggi provenivano da lui. Certamente servivo degli spiriti, ma non certo quelli che lui aveva voluto dire, ed avevo preso la

mia decisione di andare avanti nella vita alla maniera da me voluta. Così accantonai questi pensieri nel retro della mia mente e dimenticai Valentino.

Qualche tempo dopo durante il mio giorno di uscita decisi di andare a teatro. Dopo avere esitato sulla scelta decisi di andare al Prince of Wales, dove davano quello che io pensavo fosse una commedia che trattava di nautica "Outward Bound". Avevo sempre amato i film di mare, avevo letto Moby Dick e mi avviai verso il teatro convinto di divertirmi. Outward Bound aveva molto poco a che fare con il mare, ma invece trattava

molto della vita dopo la morte. Era vero che mi ero divertito a quella rappresentazione, era stata una grande e commovente esperienza, ma avevo l'impressione

che ancora una volta i morti si fossero ricordati di me, non potevo sfuggire a loro perché mi era stato detto quale era il mio dovere verso l'umanità, e benché ora sembri stupido, allora pensai che la scelta di questa commedia mi era stata imposta come una spinta religiosa verso il cammino che io dovevo percorrere in futuro.

Quella notte nella mia cameretta a Fairlop Oak rimasi sveglio per ore pensando alla commedia a cui avevo assistito, domandandomi se non dovevo rinunciare al mio impiego e ritornare a St. Albans per cercare di trovare un nuovo gruppo di persone per aiutarmi a sviluppare le mie qualità di medium. Il mio buon senso mi diceva che non potevo alla leggera lasciare il mio lavoro senza una ragione plausibile, e che ciò facendo non avrei avuto neanche il beneficio dell'aiuto assistenziale dall'Ufficio Collocamenti mentre ero disoccupato. Mi girai e rigirai nel mio piccolo letto, doman-

- 44 -

dandomi cosa dovessi fare, discutendo con me stesso prima in un modo poi in un altro finché mi addormentai. Mi svegliai l'indomani mattina con gli occhi gonfi ma sapendo esattamente quello che avrei fatto. Diedi alla signora Ryan le solite due settimane di tempo volute dalla legge e quando venne l'ultimo giorno comperai un economico biglietto di ritorno e presi il treno per St. Albans.

Era piacevole ritrovarmi a casa nella mia città, ma mi si rivoltava lo stomaco quando pensavo che avevo agito d'impulso nel lasciare il mio lavoro al bar di Fairlop Oak senza avere neanche una immediata speranza di trovarne un altro. Mentre camminavo nella strada principale avviandomi verso la casa di mia nonna, vidi un cartello esposto a una finestra di una sartoria. "Cercasi giovane". Speravo proprio di essere il giovane di

cui avevano bisogno, perché io senza dubbio avevo bisogno di loro. Entrai nel negozio domandando di parlare con il direttore. Quando lo vidi uscire dal retrobottega gli domandai se mi volesse prendere in considerazione per il posto vacante. Risposi nel modo in cui meglio potevo a tutte le sue domande, senza omettere di raccontargli il disastro che avevo causato nel cinema, e con mio grande sollievo si mise a ridere. Alla fine il mio stomaco si tranquillizzò e quella sera mi addormentai dopo essere stato assunto per il posto vacante. Lo stipendio era quello solito di 12 scellini alla settimana, e fra i miei doveri vi era quello di tenere pulito il negozio, facendo brillare le vetrine, eseguendo le consegne e rendendomi utile per varie altre faccende. L'ultima battaglia fu vinta quando mi promise di lasciare il posto libero fino al mio ritorno da Londra. Una volta di più avevo bruciato la mia nave e passato il Rubicone, ma mi domandavo cosa avrei trovato dall'altra parte.

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

Capitolo V

Mi piaceva il mio posto al negozio Maxwell di abiti pronti per uomo, i miei compiti erano più leggeri di quelli che avevo avuto nel passato, il direttore e i suoi assistenti erano gentili e avevo le sere libere. La mattina spazzavo, spolveravo e lucidavo il negozio, poi salivo su una scala a pioli posta sul marciapiedi, lavavo e pulivo le grandi vetrine fino a farle brillare. Per lo meno brillavano fino a trenta centimetri dalla sommità perché la mia testa non era fatta per le altezze e solamente in rare occasioni mi sforzavo di salire sull'ultimo scalino per completare il lavoro. Durante il resto della giornata facevo qualsiasi lavoro saltuario che mi veniva richiesto, facevo commissioni e consegnavo gli acquisti nelle case dei clienti.

A casa di mia nonna, dove abitavo di nuovo rimpiansi con tristezza l'intimità di una stanza mia, come avevo a Fairlop Oak. Dovevo ancora una volta dividere una stanza da letto con Giorgio, il vecchio inquilino, e tentare di non sentire il suo russare e il

suo odore mattutino di sudore stantio e di birra della notte precedente. In quel tempo Giorgio era sulla sessantina un uomo taciturno dal colorito rubicondo dell'uomo di campagna e con un lungo paio di baffi tristemente cascanti. Un tempo verso il 1870, aveva cominciato a lavorare come ragazzo di scuderia alla "Vecchia casa del miglio", una vecchia locanda per diligenze a un miglio da St. Albans, e vi lavorava ancora. Per molti anni Giorgio aveva curato i cavalli e pulito le carrozze della classe possidente finché il trionfo dell'automobile aveva fatto chiudere le stalle e ridotto Giorgio a fare l'uomo tuttofare con il salario di una sterlina alla settimana. Come mia nonna non sapeva né leggere né scrivere; non cessava mai di brontolare per la sparizione dei suoi

amati cavalli dalle strade e non mancava di maledire il rumore e la puzza delle automobili.

Nella nostra casa vi era un salotto che era conosciuto come la stanza anteriore. Era ammobiliata con duri sofà di stile vittoriano, una tavola rotonda di mogano coperta da un panno con palline e diversi scaffaletti pieni di bric-a-brac. Vi era una credenza con sopra una vetrina contenente due caraffe che, a mia conoscenza, non avevano mai contenuto liquori e che durante la mia fanciullezza avevano preso la via del negozio di pegni nei periodi di particolare crisi

- 46 -

finanziaria. Alle finestre, due ordini di tende, quelle di merletto che venivano lavate

ogni lunedì e quelle di velluto pesante che durante il giorno erano tenute semi chiuse per evitare che il sole stingesse il tappeto a disegni messo di traverso sul consunto linoleum. Vi era una carta rossa crespata, pieghettata a ventaglio nella griglia vuota, ed il vaso di coccio contenente giunchi secchi che stava in un angolo era da ritenere provvedesse quel tocco che tradizionalmente solo una donna può dare.

Avere un salotto era una parte importante dell'idea che mia nonna si faceva della rispettabilità ed era molto orgogliosa del suo. I mobili di mogano erano lucidati fino a brillare; mia nonna si metteva in ginocchio per strofinare il linoleum e quando era secco si metteva nuovamente in ginocchio per lucidarlo. Ogni pezzo di bric-a-brac senza valore sugli scaffaletti carichi era lavato in acqua calda insaponata e asciugato con tenera cura una volta alla settimana. Spendeva ore per rattoppare i buchi fatti sulle tende di merletto dall'età e dai lavaggi troppo frequenti e li rammendava con punti

piccoli e delicati, cercando di ricreare il disegno scomparso. Sarebbe stato impensabile usare questo Sancta Sanctorum in un'occasione meno

importante del giorno di Natale o per il funerale di un parente prossimo; così sedevamo tutto il tempo in cucina.

Quando Giorgio e io tornavamo dal lavoro ci dava un pasto che veniva chiamato tè ma che in realtà era il pasto principale della giornata, mangiavamo tortino con piselli, salsicce e purè di patate oppure ragù di montone, il tutto innaffiato da tazze di tè molto forte accompagnato da illimitate porzioni di pane e margarina. Quando avevamo terminato, tutti e tre ci sedevamo vicino al minuscolo camino della cucina, la nonna seduta sulla sua poltrona di vimini rammendando oppure facendo la calza, Giorgio con i piedi sul vecchio sofà fumando la sua pipa di argilla, rigidamente seduto sulla sedia di cucina poiché era l'unico posto ove sedersi.

Oggi sentiamo molto parlare della mancanza di comunicazioni fra generazioni, ma dubito che i giovani di oggi possano immaginare la quasi mancanza di comunicazione inflitta dall'analfabetismo. Mia nonna e Giorgio non potevano leggere i giornali, l'apparecchio radio che avrebbe potuto tenerli al corrente degli avvenimenti era troppo caro per loro e così non avevano assolutamente nessun argomento di conversazione all'infuori delle piccole cose di tutti i giorni che succedevano durante le ore di

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

lavoro e le chiacchiere del paese, e quando veniva la sera tutti e due erano troppo stanchi, troppo scoraggiati per interessarsi dei fatti giornalieri accaduti all'uno e all'altra. Giorgio fissava nel vuoto, fumando la sua puzzolente pipa di argilla, e la

nonna cuciva in silenzio fino al momento di andare

- 47 -

a letto. Spesso uscivo anche se non sapevo dove andare, solo per sfuggire quelle monotone serate mortalmente silenziose attorno al camino nella nostra cucina.

Qualche volta andavo a riunioni spiritistiche con la speranza di ricevere qualche messaggio che mi dicesse come dovevo fare per servire l'umanità, ma in quei giorni non vi erano mai messaggi per me, e siccome quelli della congregazione non mi parlavano né

cercavano di essermi amici, non ero capace di prender contatto con nessun gruppo con cui avrei potuto avere riunioni che avrebbero sviluppato le mie facoltà medianiche, come mi era stato ordinato nelle lettere pervenutemi da Monaco. Cominciai a diventare

molto depresso e a domandarmi se queste lettere fossero state un elaborato scherzo, ma poi ritornavo al fatto che quella donna di Monaco non poteva assolutamente sapere il nome e indirizzo di un giovane totalmente sconosciuto in una piccola città dell'Inghilterra, e ammettendo che lo avesse saputo quale mai sarebbe stata la ragione di giocare un tiro così complicato a uno sconosciuto di cui non avrebbe mai potuto vedere le reazioni?

Mi misi a rimuginare pensando a queste cose e mia nonna mi consigliò di calmarmi con uno sciroppo allo zolfo che era la sua panacea per curare tutti i mali. Mi rifiutai di bere la pozione che non potevo sopportare e decisi che dovevo uscire da quella crisi

con i miei propri sforzi e rimettermi a ballare. Miss Florence fu felice di rivedermi, aveva avuto tanto successo in quegli ultimi

mesi che non poteva occuparsi di tutti gli allievi che volevano arruolarsi nella sua scuola di ballo. Sembrava che tutta l'Inghilterra avesse perso la testa per il ballo, giovani, persone di mezza età e vecchi volevano essere alla moda e imparare il foxtrot, il tango, il nuovo valzer, il blackbottom e tutto il resto. Ci mettemmo d'accordo che io avrei aiutato gli allievi più lenti ad imparare ed in cambio avrei ricevuto lezioni private dalla signorina Florence.

Ritornai alle mie lezioni di ballo con tutto l'entusiasmo di un pesce rimasto fuori dall'acqua che improvvisamente si ritrova al suo posto. Mi esercitavo nel negozio fra un lavoro e l'altro, mi esercitavo in camera da letto sotto gli occhi di Giorgio che sembravano avere l'itterizia, ballavo il walzer e il tango attraverso le corde che

reggevano il bucato di mia nonna nella nostra cucina, e quando non ballavo con i piedi ballavo con il pensiero. La signorina Florence disse che se perseveravo potevo anche farmi una carriera come maestro di ballo e ne fui molto contento.

L'assistente direttore del negozio fu trasferito improvvisamente a un'altra sede della società e il direttore mi chiese di prendere il

- 48 -

suo posto. Non solo il mio stipendio era aumentato a 15 scellini alla settimana ma potevo comperarmi a prezzo di costo un abito con giacca nera e pantaloni a righe da portare nel negozio.

Malgrado la mia posizione più elevata dovevo ancora spazzare, lucidare e spolverare

il negozio tutte le mattine come prima e pulire le vetrine, ma quando avevo finito questi compiti sgattaiolavo nel retro bottega e mi toglievo la tuta da lavoro per indossare il vestito con il quale mi sentivo un vero dandy. Ero anche autorizzato a comperare vestiti con lo sconto ed a pagare a rate. In questo modo riuscii con il tempo a mettere assieme un guardaroba. Comperai due vestiti, uno di gabardine blu e uno color prugna per esprimere meglio la mia personalità. Comperai un paio di pantaloni larghi di flanella che andavano di moda e che si chiamavano Oxford e una giacca di tweed, i due insieme mi costarono due sterline, poi un impermeabile per 25 scellini. Vestito così parevo un vero dandy. Ogni qualvolta portavo a casa un indumento mia nonna mi faceva notare che l'abito non fa il monaco, ma segretamente era molto fiera della mia nuova personalità e passava ore pulendo, stirando affinché io fossi sempre immacolato. Giorgio, a mia conoscenza, non portava mai altro che le sue tute di lavoro di velluto

di cotone e una camicia a righe con un fazzoletto attorno al collo che era l'uniforme delle unioni a cui apparteneva e guardava alle mie stravaganze con sardonico divertimento perché, diceva, ero molto lontano dal sembrare un signore e la prima volta che indossai il mio vestito color prugna si sdraiò sul vecchio sofà della cucina ridendo fino alle lacrime.

Dopo qualche mese che facevo parte delle classi della signorina Florence come

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

allievo-insegnante venne una ragazza che io pensai fosse nata ballerina. Si chiamava Gladys, era piccola e snella e leggera come una driade, aveva capelli castani e due grandi occhi verdi. Era vestita con semplice eleganza, ma si vedeva che portava tutta

roba che doveva essere molto cara. Simpatizzammo dal primo giorno e i nostri passi erano in perfetto ritmo, ero sicuro di aver trovato la compagna ideale che sognavo da tanto tempo, appena trovai un po' di coraggio le chiesi se voleva accompagnarmi a una serata di ballo e con mia grande gioia accettò l'invito.

La sera tanto aspettata, indossando il mio abito di gabardine blu e la più bella delle mie cravatte, arrivai davanti al portone di casa all'indirizzo che Gladys mi aveva dato, e il mio cuore fece un salto. Questa era una casa di gente molto ricca la di cui figlia sarebbe stata troppo per le mie capacità finanziarie. Nondimeno suonai il campanello pensando che se non altro mi sarebbe rimasto il ricordo di quella serata

prima che i suoi genitori mi cacciassero via

- 49 -

malamente. La porta mi venne aperta da una cameriera vestita di nero con grembiule e accessori bianchi, domandai nervosamente se la signorina Gladys era pronta per accompagnarmi al ballo. La cameriera si mise a ridacchiare, poi subito si controllò. "Entri dalla porta di fianco e suoni il campanello", — disse bruscamente — e mi chiuse la porta in faccia. Feci il giro della casa fino alla porta domandandomi se il modo secco della cameriera poteva essere il primo segnale della disapprovazione dei genitori e suonai il campanello. Mi aprì la porta Gladys, portava una pelliccia bianca sopra un vestito da sera color fiamma. "La cuoca ci offrirà uno sherry se è di buon umore,

perciò entri" — disse quella visione — e fui guidato in una cucina dove una signora con una faccia rossa e grembiule bianco sporco di uova rotte sui risvolti, ci versò due bicchieri di sherry da una bottiglia con una etichetta marcata "per uso cucina" dandone uno a Gladys e uno a me. Bevendo lo sherry che perfino al mio inesperto palato sembrava mancasse di finezza, seppi che Gladys era la cameriera del piano superiore di questa imponente residenza e ingenuamente mi confidò che gli eleganti vestiti che portava le erano stati regalati dalle due figlie della famiglia che la impiegava. Dopo essermi sentito sollevato all'idea che dopo tutto Gladys non era al disopra dei miei mezzi e con il vino che mi era andato in testa non essendo abituato a bere, lasciai la casa a braccetto con Gladys e sentendomi al settimo cielo mi incamminai con lei fino al salone da ballo.

Ballare con Gladys significava avere trovato la perfetta compagna; era leggera come

una piuma fra le mie braccia e sapeva seguirmi con precisione mentre scivolavamo senza sforzi sul pavimento in armonia l'uno con l'altra. Alla fine della serata facevamo già progetti per il nostro futuro come ballerini professionisti. Pensammo che era meglio farci conoscere prima in un cabaret, oppure di vincere uno dei grandi concorsi, e in seguito aprire insieme una scuola e fare fortuna. Ci mettemmo d'accordo di esercitarsi il più possibile e di girare in coppia per tutte le sale da ballo locali non solo per provare tutte le variazioni dei nuovi passi con le migliori orchestre ma anche per farci conoscere nel quartiere come ballerini professionisti il che poteva portarci a ricevere un invito per esibirsi oppure a qualche offerta di lavoro in un cabaret. Gladys e io ci divertivamo specialmente a ballare il tango e fu così che alla nostra prima dimostrazione pubblica (per modo di dire) la nostra versione della bella danza piacque talmente al pubblico che ci guardava ballare attorno alla pista da ballo che ci

applaudì chiedendo un bis, proprio come io avevo sognato se avessi avuto la fortuna di trovare una compagna come Gladys.

- 50 -

Poche persone imparano a ballare bene il tango, conoscono forse bene tutti i passi e

seguono il ritmo, ma per ballare veramente bene bisogna avere il temperamento e la maggior parte degli inglesi sono troppo rigidi, troppo inibiti per lasciarsi andare a quella romantica sensualità che è il vero significato del tango.

Quando lasciai Gladys alla porta di servizio della residenza dei suoi padroni, tardi nella notte, eravamo già diventati con la nostra immaginazione una celebre coppia conosciuta nel mondo intero e rinnovammo le nostre promesse di lavorare duro,

scambiandoci qualche bacio. Nelle settimane che seguirono andammo a tutti i balli che potevamo trovare e

diventammo molto noti nel quartiere come esperti ballerini ormai abituati agli applausi e ai bis che il pubblico chiedeva. La nostra relazione personale rimase a livello delle nostre ambizioni, ma spesso vi furono momenti in cui avrebbe potuto trasformarsi in tenerezza se non fosse stato per le inibizioni di Gladys che insisteva "di non essere

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

quel tipo di ragazza" e non voleva sentir parlare di "ciò" prima che il certificato di matrimonio fosse firmato, sigillato e consegnato nelle sue mani. La parola matrimonio era per me una doccia fredda, ricordavo troppo bene la miseria e la discordia nella

logora camera mobiliata che fu la casa dei miei genitori. Ma Gladys ed io andavamo avanti bene così e ballare con lei era pura delizia.

Nell'autunno del 1931, fu progettata una festa di beneficenza nel quartiere, organizzata per raccogliere fondi nella sala da ballo più grande di St. Albans e gli organizzatori chiesero a Gladys e a me di esibirci nel cabaret di mezzanotte ma senza ricevere paga per contribuire alla causa. Eravamo talmente certi che questo fosse il primo scalino sulla scala della celebrità e della fortuna che accettammo con entusiasmo. Decidemmo di ballare il nostro tango, ora diventato una versione drammatica con vari passi inventati da noi e seguiti da un passo doppio in caso ci chiedessero un

bis. Gladys rivelò un inaspettato talento di organizzatore; propose di vestirci da spagnoli per ballare il tango e che io avrei sostenuto le spese del materiale mentre lei avrebbe cucito a macchina a casa dei suoi padroni. A me sembrava che il tempo

impiegato per cucire fosse sprecato e che sarebbe stato meglio far pratica per la nostra esibizione, ma Gladys era sicura del colpo che avremmo creato e così le diedi la mia parte di denaro. Dopo lunghe discussioni sulle stoffe da impiegare, Gladys escogitò due stupendi costumi, benché, debbo dire, non fossi del tutto convinto del cappello cordovese trovato per me. Ero già cosciente di essere di statura troppo bassa per fare il ballerino professionista e mi sembrava che il cappello mi schiac-

- 51 -

ciasse completamente, ma Gladys era decisa a farmelo mettere e dovetti ubbidire. Il successo fu strabiliante e finimmo la nostra esibizione con applausi che rompevano

i timpani e non finivano mai; era come un dolce canto per noi tanto eravamo felici del nostro successo e per ringraziare il pubblico mi tolsi il cappello. Mentre Gladys faceva una graziosa riverenza e io mi inchinavo al pubblico che seguitava ad applaudire, tutti e due eravamo sicuri che dipendeva soltanto da noi fare la carriera tanto desiderata.

Qualche settimana dopo questo debutto Gladys ed io stavamo passeggiando quando i nostri passi ci portarono davanti a una grande casa di stile vittoriano nella parte residenziale della città. La casa apparteneva a due anziane sorelle che ne avevano fatto un asilo per bambini al di sotto dei cinque anni. Si chiamava "Asilo-scuola", e in tempi in cui le donne normalmente non lavoravano fuori delle loro case era facile

trovare bambinaie con bassi stipendi. La clientela per questi asili dove scaricare rampolli non era molta, come avrebbe potuto esserlo ai nostri giorni, e lo "Asilo-scuola", immagino che fosse tutt'altro che un risonante successo finanziario. In ogni caso, quel giorno vi era un cartello attaccato a un albero che offriva la scuola in affitto come luogo di riunioni per feste, conferenze e feste da ballo per una modica somma. Gladys e io ci fermammo di colpo tutti e due con la stessa eccitante idea. I suoi occhi verdi danzavano per l'eccitazione. "Niente di male a chiedere" — mi disse — ed entrammo attraverso un viale.

Tirai la maniglia vecchio stile del campanello e dietro la massiccia porta d'ingresso udimmo un suono metallico. Poco dopo la porta fu aperta da una donnetta silenziosa come un sorcio, vestita di seta grigia, che ci guardò interrogativamente senza parlare. Quando le chiedemmo informazioni per l'affitto del salone da ballo ci disse che era

meglio parlare con sua sorella. La seguimmo in una stanza che evidentemente doveva essere la sala da gioco per i bambini. Infatti c'era in un angolo, un cavallo a dondolo grigio pomellato, con delle belle narici scarlatte ed una lunga coda e si potevano vedere altri giocattoli ordinatamente riposti in un armadio aperto. La sorella maggiore, con i capelli in disordine, stava dipingendo un birillo con pittura bianca; alzò la testa mentre la sorella che sembrava un sorcio grigio ci introduceva nella stanza; aveva un baffo di pittura sulla punta del naso. Le domandai educatamente se potevamo vedere la sala da ballo allo scopo di affittarla due volte alla settimana per dare lezioni di danza. La maggiore delle sorelle rispose incongruamente che al giorno d'oggi non si ballava più la gavotta e neanche la quadriglia, ma che ella pensava che anche i più umili

- 52 -

hanno i loro diritti. La signorina vestita di grigio prese questa frase come un permesso per farci visitare il salone da ballo e ci invitò a seguirla.

Demmo uno sguardo al pavimento, che una volta doveva essere quello del più bel salone della casa e malgrado i danni causati dai piedi dei bambini, di cui si vedevano le

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

impronte dovunque, ci manifestammo reciprocamente la nostra soddisfazione. Il salone era ideale per il nostro scopo. Vi era pure un grande piano vicino alla finestra e un vecchio armadietto con dentro un grammofono appoggiato al muro. La signorina che

rassomigliava a un sorcio fu d'accordo di includere nel prezzo anche il grammofono, ma ci disse di portare le nostre puntine e di essere responsabili per l'apparecchio. Pensammo che fosse giusto e ci mettemmo d'accordo promettendoci di richiamarla per stabilire quali giorni della settimana volevamo affittarlo. Poi salutammo e ce ne andammo per discutere della cosa fra noi.

Ufficialmente ero diventato "l'accompagnatore di Gladys" e spesso la cuoca mi dava da mangiare in cucina nelle sere in cui Gladys doveva rimanere di servizio. In una di quelle occasioni Gladys ed io elaborammo un opuscolo per la pubblicità della nostra Scuola di Ballo: Direttori: L. Flint e G. Hayes. Il prezzo era una ghinea per un corso

privato di sei lezioni con uno dei due direttori e due scellini per persona in una classe in comune. Poi trovammo un tipografo in una delle stradine secondarie per far stampare mille copie degli opuscoli e tutti e due passammo ore, durante il periodo in

cui non lavoravamo, per distribuirlo nelle fabbriche, lasciandoli distrattamente sui banchi nei negozi oppure mettendoli nelle buche delle lettere delle case. Dopo poco tempo la Scuola di Ballo comprendeva molti allievi e benché ve ne fossero solo due che prendevano lezioni private, spesso ne avevamo anche venti nella classe in comune.

Avevamo difficoltà con la musica. Il grammofono era sfiatato e vecchio e i dischi eran pochi. Ciò ci faceva perdere molto tempo per ricaricarlo e cambiare il disco e gli allievi si lamentavano di non averne abbastanza per i loro soldi a causa di quelle pause. Ci guardammo attorno per cercare qualcuno che venisse a suonare il piano per i pochi soldi che potevamo offrire, ma senza successo.

Una mattina che stavo sulla scala fuori dal negozio per lucidare le finestre, mentre il mio pensiero volava verso i nuovi passi che volevo inventare, una donna mi chiamò dalla strada. Scesi dalla mia scala per vedere chi fosse e riconobbi una signora che qualche volta si occupava della libreria nella chiesa degli Spiritualisti nei giorni che li frequentavo. Si presentò come signora Mundin e mi

- 53 -

disse che non mi aveva visto nella chiesa da tanto tempo e che nel vedermi aveva sentito il bisogno di parlarmi. Doveva avere sui quarant'anni e si presentava ancora molto attraente con un modo di fare allegro che trovavo molto gradevole. Le dissi che avevo completamente perso l'interesse per lo spiritismo e che dedicavo il mio tempo

cercando di farmi una carriera nella vita. "Che peccato" — disse la signora Mundin — "ho sentito che lei dava segni di poter diventare un grande medium, nelle riunioni della signora Cook". Nel ricordarmi quello che era successo, benché fosse passato tanto tempo diventai rosso dalla vergogna al pensiero della disastrosa serata che mise termine alle mie serate in casa della signora Cook. "Non voglio diventare un medium", dissi deciso, "mi sembra una vita molto sgradevole".

La signora Mundin mi guardò tristemente e mi disse che era un peccato sprecare un talento così raro, perché i buoni medium erano pochi. Le risposi che molto probabilmente non sarei mai stato buono a nulla in quel campo e che ero troppo occupato in questo mondo per preoccuparmi di quell'altro. Gli occhi grigi della signora Mundin mi diedero uno sguardo di disapprovazione. "Se lei possiede un dono, è suo dovere svilupparlo e usarlo", mi disse. "Terremo delle sedute a casa mia e sarò molto felice

se lei vorrà unirsi a noi". Non volendo apparire villano, sorrisi gentilmente scuotendo la testa. "Venga per una tazza di tè domenica, le voglio presentare i miei amici" insistette con la sua voce soffice e gentile, "prenderemo il tè e faremo due chiacchiere, e poi forse suonerò il piano". A queste parole aprii le orecchie. "Lei suona musica da ballo oppure musica classica?", le domandai ansioso. Quando la signora Mundin mi disse che suonava sia l'una che l'altra accettai il suo invito.

Mettendo piede nel grazioso salottino della signora Mundin mi resi conto che sia lei come i suoi amici erano molto al di sopra della mia classe e da principio rimasi paralizzato dalla timidezza e dal mio complesso di inferiorità. La vista del servizio d'argento, delle delicate tazze da tè sul carrello non fecero che aumentare la mia timidezza. Fortunatamente per me sia la signora Mundin che i suoi amici avevano quella vera gentilezza che non mette mai a disagio quelli che sono stati meno privilegiati e

dopo poco mi trovai con loro a mio agio come in un paio di vecchie scarpe. Dopo una deliziosa tazza di caffè, la signora Mundin che avevo cominciato a chiamare Edith, si mise a suonare Chopin, Brahms e Bach e devo ammettere che quei signori fino a poco prima sconosciuti mi impressionarono in un modo che non mi aspettavo. Poi, per farmi piacere, Edith si mise a suonare tutti gli ultimi motivi con tanta maestria che i miei piedi non potevano stare fermi dalla voglia che avevo

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

- 54 -

di ballare. Questa fu la mia prima esperienza in una casa dove si giudicava una persona

non per quello che era né per il luogo da dove veniva, ma unicamente dal tipo di essere umano che rappresentava, e potei capire d'istinto che malgrado la mia grammatica incerta, la mia povertà e la mia mancanza di educazione, queste persone mi accettavano come uno di loro e mi volevano fra loro. Volevo rivederli più spesso e così quando mi domandarono di far parte delle loro riunioni accettai di andare ogni mercoledì sera perché era la mia serata di libertà e non avrebbe interferito con le mie altre attività. Malgrado questo, mentre tornavo a casa camminando, mi misi a pensare se avevo fatto bene a ricominciare le sedute spiritistiche, ma ero deciso a non lasciarle interferire con i miei sforzi per riuscire a creare una importante classe di ballo

assieme a Gladys. Questo mi fece venire in mente che a Gladys non sarebbe piaciuta l'idea che io sviluppassi le mie facoltà medianiche. Decisi che in questo caso la discrezione era la cosa migliore e non feci parte a nessuno della mia decisione.

Non avevo bisogno di preoccuparmi per questo poiché, pur essendo presente tutti i mercoledì alle riunioni, nulla fino allora si era manifestato per quanto riguardava il mio potere psichico, e ne conclusi che, seppure lo avevo avuto una volta, ora mi era sfuggito per sempre. Non lo avrei rimpianto se non fosse stato per la delusione di cui sarei stato la causa fra i soci del circolo che avevano tanto sentito parlare del mio meraviglioso dono, ma in tutte quelle serate prive di esito nessuno di essi mi fece sentire che non ero stato all'altezza e cominciai a sentire un vero e profondo affetto per loro. Mentre sedevamo in circolo tutti insieme, durante quelle serate senza esito sentivo veramente la felicità che procurano la pace e la tranquillità quando è divisa

fra amici. Quello di cui non mi resi conto fino a molto tempo dopo era il fatto che proprio durante quei mesi in cui non succedeva nulla eravamo noi stessi a creare le condizioni di armonia e di amore in cui il dono del medium può meglio fiorire.

Con Gladys avevamo ancora problemi per la nostra musica; non potevamo trovare nessuno che volesse suonare il piano per quella modesta somma che potevamo dare e seguitavamo a lottare con il grammofono, ma perdemmo molti allievi per le lunghe pause causate da quella vecchia macchina. Quando Edith seppe delle nostre difficoltà si offrì subito di suonare per noi due volte alla settimana e benché anche lei non fosse in condizione agiata, si rifiutò di essere pagata. Gladys era diventata molto possessiva e avevo una certa apprensione per la reazione che avrebbe potuto avere contro Edith, ma il fatto che avevamo acquisito una pianista che

- 55 -

non dovevamo pagare le fece sormontare la paura di perdermi. La stima che avevo di Gladys diminuì considerevolmente quando il primo giorno del loro incontro, dopo che Edith se ne era andata a casa mi disse in tono maligno, "La tua amica è piuttosto anzianotta, vero?".

Una sera mentre stavamo seduti in riunione come sempre, la stanza divenne di ghiaccio all'improvviso e sentivo che perdevo conoscenza. Quando ripresi coscienza seppi che vari spiriti avevano parlato attraverso di me, compreso il defunto marito di Edith che era stato il fratello di Herbert Mundin il famoso attore.

Man mano che passavano i mesi il nostro cerchio divenne un gruppo sempre più armonioso. Qualche volta andavo in trance e i defunti parlavano attraverso me. Al

principio erano parenti e amici di qualcuno facente parte del nostro gruppo, ma questa fase ebbe termine dopo un lungo periodo e spiriti più progrediti parlarono di filosofia e morale attraverso me dall'aldilà. Edith prendeva nota di tutto quello che veniva detto mentre io ero in trance e quando riprendevo coscienza rimanevo meravigliato dai discorsi colti che erano usciti dalle mie labbra.

Dopo un periodo di lunghi mesi un nuovo aspetto delle mie facoltà medianiche si sviluppò e divenni chiaroveggente. Potevo vedere e descrivere gli spiriti che ci circondavano durante le nostre sedute. Li vedevo vivi e fatti esattamente come qualsiasi persona del nostro gruppo, ma avevano la stessa sconcertante abitudine di svanire all'improvviso come le persone che avevo visto da bambino.

Alla fine le difficoltà finanziarie di Edith si fecero così acute che dovette abbandonare la sua casetta perché non poteva più pagare l'affitto ed assieme a suo

figlio Owen, un intelligente ragazzo di nove anni se ne andò a stare nei dintorni di St. Albans; Edith prese un lavoro in una fabbrica di rifiniture per capelli. Anche durante questo tempo di cambiamenti e smembramenti non interrompemmo mai le nostre riunioni, solo il luogo della riunione era cambiato e andavamo in casa di due altri membri per fare in modo che le mie facoltà medianiche non soffrissero di quegli inconvenienti.

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

Nelle sere in cui non andavo alle riunioni spiritistiche, accompagnavo Gladys in qualche sala da ballo del quartiere, oppure insegnavo nella nostra scuola. Gladys diventò sospettosa perché non accettavo mai di uscire il mercoledì sera anche se la

serata si presentava delle più allettanti e cominciò a chiedermi apertamente che cosa fosse l'attrazione che rendeva i miei mercoledì così sacrosanti. Sapevo benissimo che si sarebbe messa a ridire di me oppure mi avrebbe tormentato per farmi rinunciare e così le risposi solamente che erano fatti miei.

- 56 -

Il mio amoreggiare con Gladys mi causò ancora fastidi con mia nonna. Malgrado avessi

ventidue anni si rifiutava di darmi la chiave di casa. Questo significava che quando

tornavo tardi dal ballo o stava sveglia ad aspettarmi e mi faceva entrare in casa con una faccia da arcangelo offeso, oppure si metteva a letto e io dovevo tirare sassi alla finestra di Giorgio per svegliarlo dal suo sonno di ubriaco di birra e pregarlo di

aprirmi la porta. Non sapevo quale fosse la peggiore alternativa, ma la situazione aveva creato molte discussioni esasperanti. Cominciai a temere i ritorni a casa dal lavoro per trovarmi di faccia a una nonna battagliera oppure a un fiume di insulti di Giorgio, e talvolta ad un concertato attacco da parte di entrambi.

Edith pure non era felice in quel tempo, abitava lontano da tutti i suoi amici e vicini che avevano l'abitudine di tenerle compagnia, e non aveva fatto nuove conoscenze fra quelli della casa comunale i quali le rimproveravano la sua educazione superiore e i suoi interessi intellettuali. A parte la sera del mercoledì, quando il circolo si riuniva, era molto sola ed io presi l'abitudine di passare da lei per vederla insieme

al giovane Owen nelle serate in cui non avevo altri impegni, piuttosto che rimanere a casa nella severa atmosfera generata da mia nonna e da Giorgio. Edith era sempre piacevolmente lusingata di vedermi e aveva sempre tempo e pazienza per ascoltare i miei problemi, darmi consigli e consolazione. Anche Owen mi piaceva molto e cominciai a considerarlo come un fratello minore; credo che anche lui mi volesse molto bene. Ricordo che un giorno di S. Stefano Edith ed io progettammo di farlo divertire. Mettemmo insieme il nostro denaro e prendemmo il treno di prima mattina per Londra dove facemmo la fila per i posti in platea al teatro Drury Lane e dopo una lunga attesa entrammo per vedere la meravigliosa pantomima che il teatro rappresentava ogni Natale. Dopo la rappresentazione mangiammo al ristorante Lyons con l'accompagnamento di un'orchestra d'archi prima di ritornare a St. Albans con il treno della sera. Fu una bellissima gita che per tutti e tre non costò più di trenta scellini.

Non lo sapevo più di quanto lo sapessero gli altri membri del nostro circolo, ma la mia evoluzione come medium entrava nella sua ultima e più importante fase. Ero ancora molto appassionato del cinema e vi andavo il più spesso possibile per vedere dei film parlati con i quali mi ero ora riconciliato. Ma ogni volta che sedevo nella confortevole oscurità del cinema con gli occhi fissi sullo schermo, mi rendevo conto di strani bisbigli intorno a me; potevo afferrare solo qualche parola ogni tanto, ma le voci erano quelle di uomini e di donne ed era chiaro che altri del pubblico potevano udirle perché mi dicevano continuamente di fare silenzio e quelli dietro a me mi battevano sulle spalle con collera. Protestavo che non avevo aperto

- 57 -

bocca, ma poiché i bisbigli continuavano e la gente che si lagnava aumentava, finivo purtroppo con lo strisciare fuori del cinema senza vedere il film. Questo accadeva così spesso che dovetti rinunziare completamente al cinema. Ora so che erano le prime manifestazioni della voce medianica che doveva portarmi fama, se non denaro, e che era resa possibile dal fatto che sedevo nell'oscurità della sala circondato da molte persone le cui menti concentrate sullo schermo escludevano pensieri diversi che potevano distrarli; ma in quel tempo mi causavano perplessità e mi privavano di uno dei miei più grandi piaceri.

La mia vita a casa diventava sempre più difficile. Io non volevo rinunciare alle mie classi di ballo e mia nonna era sempre più riluttante a darmi le chiavi di casa; le continue discussioni in casa mi rendevano di cattivo umore, depresso e infelice. Edith mi venne in aiuto offrendomi di trasformare in casa sua un ripostiglio in camera da

letto se volevo affittarlo per pochi scellini alla settimana compresa la colazione al mattino prima di andare al lavoro. E così senza rimpianti dalle due parti lasciai la casa di mia nonna che era stata la mia per tanti anni e mi trasferii in casa di Edith come suo ospite pagante. Con le sue attenzioni e la pace della sua casa ritrovai la felicità, ero contento e senza dubbio a causa di questa armonia che sentivo dentro di me le mie facoltà medianiche si accelerarono e nelle nostre riunioni cominciammo a

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

sentire voci con sempre maggiore frequenza. Al principio era solo un confuso mormorio, più tardi divennero forti e chiare, davano il loro nome e indirizzo e ci raccontavano la loro vita terrena. Con mia grande felicità non andavo più in trance quando quelle

voci si manifestavano. Anzi potevo prendere parte ed apprezzare tutto quello che succedeva nel nostro cerchio. Effettivamente potevo avere conversazioni intelligenti con alcuni spiriti che si manifestavano per mezzo delle mie facoltà e ancora oggi posso farlo.

Per lungo tempo dopo l'accelerarsi dello sviluppo delle mie facoltà medianiche nel nostro cerchio ero tormentato fra il desiderio di farmi una carriera di ballerino professionista assieme a Gladys e le costanti insistenze degli spiriti che dall'aldilà mi chiedevano di rinunciare a tutto per servire e confortare l'umanità grazie al mio dono di medium. Bramavo ancora le luci e gli applausi della carriera di un ballerino

professionista e non potevo decidermi all'idea di dover rinunciare a tutto. Per lungo tempo cercai di prendere alla lettera il meglio dei due mondi in cui vivevo e mentre il mercoledì sera era riservato "per l'altra vita", le altre sere della settimana erano

dedicate alle mie ambizioni di ballerino assieme a Gladys. Un sabato sera erravo per la strada principale di St. Albans guardando le vetrine e

facendomi strada tra le madri di famiglia e i loro - 58 -

mariti che facevano le spese di fine settimana. Sembrava che il sabato vi fosse più gente ancora degli altri giorni e fui piuttosto contento di vedere Gladys che mi veniva incontro attraverso la folla, benché ultimamente avessimo avuto parecchie liti a causa

della sua possessiva gelosia che era diventata patologica. Mi fermai per salutarla sorridendo e mi balenò per la mente di domandarle di accompagnarmi a fare un giro in campagna con l'autobus perché ero deciso di procurarle un giorno di svago. Si fermò di fronte a me, e prima che io potessi accennare a un saluto, mi schiaffeggiò con tutta la sua forza, gridando che io vivevo con una donna che poteva essere mia madre. Dopo aver fatto scoppiare questa bomba girò i tacchi e uscì per sempre dalla mia vita.

Mentre stavo sul marciapiede, rosso in faccia e imbarazzato, con il viso dolorante per lo schiaffo di Gladys, mi resi conto degli sguardi divertiti e ironici della folla che aveva assistito alla scena e che da lungo tempo non si era divertita tanto. Improvvisamente mi resi conto della cieca convinzione che da ora in poi avrei rinunciato alla mia carriera di ballerino. Sapevo che avevo qualcosa di molto più importante da fare nella mia vita. L'avrei dedicata completamente al dono che possedevo

e avrei dato tutta la mia devozione per servire l'umanità e per provare per mezzo delle mie facoltà medianiche la gioiosa e confortante verità della sopravvivenza dell'uomo dopo la morte del suo corpo.

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

Capitolo VI

Una sera durante la solita riunione successe qualcosa che mi convinse al disopra di ogni dubbio di aver preso la giusta decisione.

Eravamo in sei, seduti nella pace data dall'oscurità quando la voce di un uomo si fece sentire in una lingua straniera. Lo ascoltammo senza potere capire una parola. Finalmente Edith fece un tentativo, "Non sono sicura, ma credo che potrebbe essere italiano". "Sì, signora" — disse la voce dello spirito — "l'italiano era la mia madre lingua quando vivevo sulla terra ma parlavo anche un poco inglese e parlerò in questa lingua per farmi capire da tutti voi. Il mio nome è Valentino e sono venuto questa sera per dirvi quanto sono felice che questo giovanotto abbia finalmente accettato di

seguire il cammino che deve intraprendere e desidero dirgli che un giorno, quando sarà un celebre medium, terrà una seduta in una stanza che fu la mia camera da letto nella mia casa di Hollywood e io verrò quella sera per parlargli". Finalmente, dopo tanti

messaggi ricevuti dai vari medium, dopo le numerose lettere da Monaco, Valentino mi aveva parlato con la sua voce attraverso le mie facoltà medianiche ormai sviluppate, e anche se l'idea che io potessi un giorno raggiungere Hollywood mi sembrasse assurda a quel tempo, questo messaggio mi riempì di felicità e di desiderio di aiutare quelli che soffrono.

Da quella sera in poi, Edith cominciò con molto tatto e gentilezza ad educarmi per prepararmi a fronteggiare il pubblico come avrei dovuto fare in avvenire. Mi faceva leggere e poi correggeva la mia grammatica e la mia pronuncia. Mi insegnò a stare a tavola e molte delle piccole cortesie e raffinatezze che mi avrebbero dato sicurezza il

giorno che avrei dovuto far fronte al pubblico ed incontrare gente di tutti i tipi. Molte volte devo averle urtato i nervi per la mia ignoranza e la grossolanità dei

miei modi, ma non me lo fece mai capire e lentamente con infinita gentilezza mi cambiò da un ragazzo di campagna quale ero in un uomo accettabile da qualsiasi classe della società. Mi aprì un nuovo mondo fatto di libri, musica, arte, fece della mia vita una esperienza ricca e piena che senza di lei non avrei mai potuto avere. Le dovevo tanto da non poterla mai ripagare.

Qualche mese dopo il discorso di Valentino, una sera che tor-

- 60 -

navo dal lavoro, Edith mi venne incontro dandomi la notizia straordinaria che il medium

di una piccola chiesa spiritualistica era fuggito con un membro della sua congregazione e il comitato della chiesa mi aveva invitato a prendere il suo posto nella tribuna al prossimo servizio. Mi domandavo se fossi abbastanza preparato per parlare e dare dimostrazioni in pubblico, ed infatti solo all'idea tremavo dalla paura, ma Edith mi disse di avere completa fiducia negli spiriti che si servivano di me per farsi sentire ai vivi ed accettai di prendere il posto del medium fuggito.

Il giorno della funzione che doveva essere il mio primo contatto di lavoro con il pubblico in qualità di medium, Edith e io andammo in chiesa un'ora prima che cominciasse il servizio per mettere dei vasi di fiori sulla tribuna. Al nostro arrivo sulla porta della chiesa con le braccia cariche di fiori e foglie rimanemmo sorpresi di vedere due uomini che caricavano sedie su di un camion fuori dall'entrata. In chiesa apprendemmo da un turbato membro del comitato che le sedie venivano riprese dalla casa

che le aveva vendute perché i pagamenti rateali erano molto in arretrato. Il pensiero di una funzione dove non solo la congregazione, ma anche quelli in

tribuna, compreso il medium, non avevano dove sedersi era poco incoraggiante. Dopo una diligente ricerca delle nostre risorse da parte di Edith e mia più i miei 30 scellini andammo da quegli uomini per chieder loro di lasciarci le sedie ancora per una sera mediante la somma raccolta. Furono molto comprensivi davanti al nostro dilemma, ma ci dissero che dovevano avere tutto l'ammontare oppure ritirare le sedie. Ero in piedi davanti alla chiesa tristemente guardando le ultime sedie sparire nel furgone quando qualcuno mi diede un amichevole colpo sulla spalla. "Su, giovanotto, non c'è bisogno di lasciarsi andare così!". Mi rigirai e vidi il signor Whittaker, un cordiale signore dello Yorkshire che assieme a sua moglie veniva spesso alle riunioni della signora Cook. "Sapevamo tutti che ne avevi la possibilità e stasera voglio darti l'occasione di

poterlo dimostrare". Il signor Whittaker, che Dio lo benedica, tirò fuori il suo libretto di assegni e subito le sedie furono trasportate di nuovo in chiesa.

Quella sera appena salito sull'orlo della tribuna per parlare, sentii la ben nota sensazione della sala che mi sfuggiva e persi conoscenza. Quando ritornai in me dopo il mio stato di trance seppi che avevo fatto un interessante discorso seguito da una brillante dimostrazione di chiaroveggenza, mentre ero sotto il controllo di uno spirito

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

che si era presentato con il nome di Parrucca Bianca, e che era uno delle entità progredite che spesso si impadroniva di me nel nostro cerchio, prima che si sviluppassero le mie facoltà delle voci dirette. Siccome era impossibile per le voci

dirette di potersi manifestare in una sala

- 61 -

illuminata, Parrucca Bianca era venuto in mio aiuto la sera della mia prima comparsa in pubblico prendendo controllo della mia persona durante il mio stato di trance.

Dopo la fine della riunione vari membri della congregazione si strinsero attorno a me per dirmi della meravigliosa dimostrazione da me data che i morti vivono in un'altra dimensione e che continuano a proteggere le persone amate che hanno lasciato dietro di

sé. Mentre vedevo la felicità che brillava negli occhi di quelli che mi raccontavano la storia di come si erano manifestati i loro mariti, padri, figli, madri, per provare la continuazione della loro vita in un'altra dimensione, mi sentii umile e grato di essere

stato la causa della loro felicità. Quella sera Edith e io restammo fino a tardi a chiacchierare degli avvenimenti della

serata e fummo d'accordo nel pensare che se nello stato di trance io avevo portato tanto conforto alle persone addolorate, quanto più convincente sarebbe stata la prova se potevo farli parlare direttamente con i loro cari e sentire le risposte per mezzo delle mie facoltà medianiche di voci dirette. Sapevamo tutti e due che per offrire quel conforto alla gente dovevamo aprire una missione che ci appartenesse dove ci si potesse liberamente riunire nell'oscurità, poiché nelle chiese spiritualistiche abituali non era richiesto dato che le dimostrazioni di chiaroveggenza possono essere date in piena

luce. E' solamente la dimostrazione fisica, la materializzazione e l'apporto delle voci

dirette che devono essere condotte nel buio totale. Avevamo bisogno di un capitale e io dovevo lasciare il mio lavoro. Quella sera parlammo a lungo, e fino a tardi prima di andare a letto, sulla possibilità di risolvere questo problema e decidemmo di economizzare ogni centesimo con la speranza che un giorno si sarebbe raccolto abbastanza per aprire una chiesa di nostra proprietà.

Dopo il buon esito della serata nella chiesa del quartiere, fui invitato alle riunioni di molte altre chiese fuori della zona in cui vivevo, e a poco a poco divenni conosciuto e i miei servizi furono richiesti in tutto l'Hertfordshire, ma conservavo sempre in me il sogno di avere una missione di mia proprietà, e per farne una realtà seguitavo a risparmiare.

Una domenica pomeriggio mentre Edith e io eravamo seduti vicino al camino, dopo quello che io avevo imparato a chiamare il pranzo di mezzogiorno, vidi che si era messa a guardare fuori della finestra e la sua faccia diventava bianca, mentre si mordeva le labbra come se qualcosa l'avesse irritata. Quando le chiesi che cosa era successo mi disse che i suoi genitori erano fuori con la ovvia intenzione di suonare il campanello.

Edith era affezionata ai suoi genitori, ma da lungo tempo si era

- 62 -

allontanata dalla loro rigida ortodossia religiosa e li rimproverava per la loro intolleranza verso lo Spiritismo di cui lei aveva capito la verità molto tempo prima di conoscere me. Come tante altre persone psichiche posso raramente avere premonizione di

un disastro personale e quella domenica non fu una eccezione alla regola. Mi alzai per ricevere i genitori di Edith quando lei li fece entrare nel salone con la ingenua cordialità di un cane che agita la coda. Sorridendo diedi loro un affettuoso saluto di benvenuto pronto a dare una stretta di mano a suo padre. Con mio grande stupore allontanò la mano come se vi fosse una specie di serpente velenoso e iniziò una tirata contro lo spiritismo in generale e i medium in particolare; gli insulti che uscirono dalla sua bocca non ebbi mai più l'occasione di sentirne degli uguali, eppure ogni parola che disse poteva essere pronunciata con perfetta proprietà di linguaggio nel più snob dei saloni. Prima mi punì per quello che chiamava le mie diaboliche ricerche nei misteri del Diavolo, poi fece un quadro molto vivido delle torture che mi aspettavano all'inferno dopo la mia morte per essermi permesso di venire usato dal diavolo e dagli spiriti il cui scopo era solamente quello di sedurre le anime e allontanarle dalla

verità. Lo ascoltai a bocca aperta, non avevo mai sentito prima un simile parere sulla filosofia in cui credevo. Non potevo credere alle mie orecchie. Quando Edith provò a fermare il fiume di parole di suo padre che mi denunciavano, si rivoltò contro di lei e con nostro stupore l'accusò con frasi che si riferivano al Vecchio Testamento di vivere con me in peccato e libertinaggio. Quando tentai di intervenire per farle capire sia l'ingiustizia che l'inesattezza dei suoi attacchi non fece altro che aggiungere sulla

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

mia testa barcollante un nuovo fiume di insulti. Quando il patriarca ebbe esaurito le sue forze e i suoi tuoni si riunì con la sua metà più introversa e la spinse fuori della dimora dei peccaminosi.

Quando se ne furono andati cercai di asciugare le lacrime di Edith confortandola e mentre facevo questo mi resi conto ovviamente che provavo un vero amore per questa donna così buona che mi era amica, era la mia maestra, la mia confidente e il centro della mia vita. A quel momento stesso la supplicai di sposarmi. Si rifiutò perfino di volerlo considerare a causa della differenza di età che ci divideva, e più io la pregavo più dura diventava. In quella occasione almeno, rinunciai a convincerla.

Finalmente venne il giorno in cui ci rendemmo conto di avere messo da parte abbastanza soldi per aprire la nostra Missione. Diedi al negozio di John Maxwell dove lavoravo un preavviso di due settimane e negli ultimi giorni trovai una grande stanza

non ammobiliata situata sopra un negozio vicino a Warford che affittai per pochi scellini. Confesso che il coraggio mi venne meno al pensiero che mi pren-

- 63 -

devo quell'impegno quando presto sarei stato senza lavoro. Edith e io passavamo tutto il nostro tempo libero a dipingere, colorare e lucidare il pavimento ed a fare tende, e quando vi installammo le due dozzine di sedie comperate a rate, la stanza in una stradetta di Watford che prima appariva tetra, era stata trasformata in una piacevole e confortevole chiesa. Per ultimo, un annuncio nel giornale locale annunciava che la Missione Spiritualistica di Watford aveva aperto le sue porte.

Per quanto io possa vivere e qualsiasi gioia mi riservi la vita, nulla potrà mai

uguagliare il brivido di felicità che provai al mio primo servizio nella mia chiesa. Tutte le sedie erano occupate ed i ritardatari affollavano il retro della stanza. Entrai in stato di trance per l'allocuzione e per la chiaroveggenza e quando rinvenni in me la sensazione di felicità che si era impossessata della folla era indescrivibile. Tutte le settimane di arduo lavoro, le dure economie e le ansietà erano state ricompensate dall'esito di quella serata.

Continuammo come avevamo cominciato e molto presto dovemmo comperare altre sedie malgrado dovessimo ancora pagare le rate della prima serie. Inutile dire che anche queste ultime dovevano essere a rate. Malgrado il grande numero di gente presente nella Missione, erano per la più parte persone in difficoltà finanziarie come me e nella colletta che si faceva alla fine del servizio c'era appena il giusto necessario per pagare l'affitto, la luce, il riscaldamento e le rate delle sedie. Per potermi

mantenere dovevo dipendere dalle sedute private che facevo con voci dirette nel salone della casa di Edith e per le quali facevo pagare una ghinea per due persone.

Volevo che gli impossibilitati ad assistere alle riunioni private, sia perché non le potevano pagare, o perché erano al lavoro in quelle ore, non fossero privati di fare questa esperienza che di tutte le forme spiritistiche è quella che dà la prova più convincente della sopravvivenza dell'uomo dopo la morte del suo corpo. Per questo Edith e io decidemmo che tutti i giovedì sera, dopo il solito servizio, ci sarebbe stato quello che si chiama un "circolo aperto" a beneficio di tutti gli altri. Quando la riunione terminava e la congregazione si disperdeva tornando ciascuno a casa sua, rimaneva qualche persona che aveva fissato una sedia per due scellini e seduti al buio potevamo conversare con quelli che il mondo chiama morti. A quel tempo le mie facoltà medianiche con le voci dirette si erano completamente sviluppate e il più delle volte

ero del tutto cosciente durante queste sedute in gruppi e dovevo per forza ascoltare tutto quello che si dicevano sia i vivi del nostro cerchio che i loro amici e parenti dall'aldilà. Qualche volta le loro conversazioni erano tanto intime e così cariche di emozione che io mi sentivo come uno che origliasse alla porta. In

- 64 -

una occasione si fece sentire la voce di un uomo che chiese di parlare con suo figlio Giorgio e gli rispose uno dei presenti nel nostro circolo. Il padre senza corpo cominciò a rimproverare suo figlio vivente e gli chiese di smetterla con le sue stravaganze, di bere meno e di essere più gentile e rispettoso con Anna. Quando la seduta ebbe termine e la gente se ne stava tornando a casa una signora e un signore

rimasero per parlarmi. Il signore si presentò e seppi che era un famoso regista. Mi disse di essere pienamente convinto di avere parlato con suo padre morto non solo perché nessuno mai lo chiamava Giorgio, che non era il suo nome di battesimo, ma anche per la predica che gli aveva fatto e per il suo modo di parlare che era tipico di suo padre quando era in vita. Poi spingendo in avanti la signora che lo accompagnava mi presentò sua moglie Anna.

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

Durante un altro di questi giovedì sera in cui si tenevano tali riunioni, dopo che amici e parenti si erano manifestati come sempre, sentimmo la voce di una donna che cercava di parlarci, ma aveva difficoltà come spesso succede a quelli che parlano per

la prima volta. Alla fine la sua voce divenne più chiara benché fosse molto agitata. Ci disse di chiamarsi Lucy Doris Covell, che aveva vissuto a St. Albans Road, a Watford, che era stata una segretaria assassinata e che il suo corpo non era stato mai trovato. La sua voce stava sparendo e una delle entità che mi guidano dall'aldilà mi venne in aiuto per dirmi che la ragazza era molto agitata per il modo come era morta e molto preoccupata per l'uomo che l'aveva uccisa che era stato il suo amante e assai meno da biasimare per quello che era successo di quello che non lo fosse lei. Naturalmente seguimmo attentamente i giornali dopo questa riunione per sapere se i fatti che la ragazza ci aveva raccontato potevano essere verificati e solamente dopo qualche giorno

leggemmo che il corpo della ragazza era stato ritrovato, ma che l'uomo con cui viveva era sparito. Nella riunione seguente la ragazza assassinata ritornò a parlarci e benché fosse più calma era ancora preoccupata per il suo amante che la polizia non aveva

ancora trovato. Ci disse che la notte della sua morte il suo amante era stato fuori città e ritornando a casa nelle piccole ore del mattino l'aveva svegliata e avevano avuto una furiosa lite. Lei gli aveva detto delle cose cattive ed amare che lo avevano messo fuori di sé e lui l'aveva picchiata con la pompa della bicicletta che aveva in mano. Non avrebbe voluto ucciderla ma a causa di una sua anormalità fisica il colpo l'aveva uccisa. Poiché era terrificato al pensiero che nessuno avrebbe creduto alla sua storia, era stupidamente fuggito. La ragazza ci disse che la polizia lo avrebbe trovato nel parco del vicinato giocando con un pezzo di corda e sul punto di trovare il coraggio di suicidarsi. Qualche giorno dopo leggemmo sul giornale che l'uomo era stato

ritrovato esattamente come

- 65 -

la ragazza ce lo aveva descritto. Fu arrestato e processato per assassinio e durante il processo la ragazza ritornò parecchie volte a parlarci. Ogni volta ci diceva con grande certezza che il suo innamorato non sarebbe stato giudicato colpevole dell'assassinio, ma che invece l'imputazione sarebbe stata ridotta a omicidio involontario e che sarebbe stato condannato a soli cinque anni. Infatti fu proprio quello che successe. Siccome il suo amante potrebbe benissimo essere ancora in vita e il suo debito è stato pagato alla società molto tempo fa, non sarebbe giusto di riaprire il caso menzionando il suo nome, dato che aveva sofferto abbastanza per questo, ma ci devono essere molte persone a

Watford e nelle sue vicinanze che si ricordano di queste riunioni in cui la ragazza ci parlò della sua morte, e la storia della sua morte, come pure il processo del suo innamorato, vennero fuori su tutti i giornali di quel tempo.

Una sera, in un'altra delle mie riunioni aperte, una donna dall'aldilà parlò ad un uomo che sedeva nel gruppo e disse di essere la sua prima moglie che era morta bruciata in un incendio nella loro fabbrica. Gli disse che voleva egli sapesse quanto fosse felice nel vederlo sposato con la sorella minore ed era contenta si fossero molto divertiti durante la luna di miele passata in Brasile. Quest'uomo rimase dopo la seduta e venne a dirmi quanto era rimasto impressionato dalla dimostrazione della mia capacità di medium; poi mi domandò se poteva parlarmi in privato di una questione di grande importanza. Acconsentii di accompagnarlo in un bar vicino dove avremmo potuto parlare prendendo un caffè.

Mi disse di essere il signor Noè Zerdin, uno dei fondatori e ora il capo dell'Associazione di collegamento dei circoli che si facevano in case private. Scopo di questa organizzazione era di riunire quanti più soci fosse possibile in tutto il mondo per uno scambio di informazioni sulle esperienze spiritistiche realizzate nei vari circoli e per dare a tutti gli interessati un terreno d'incontro comune.

Il lavoro che il signor Zerdin faceva con l'Associazione mi interessò molto, ma feci un salto sulla sedia quando mi domandò se mi rendevo conto che rischiavo la vita ogni volta che tenevo una delle mie riunioni aperte per sentire la voce diretta. Suppongo che la mia incredulità fu evidente perché Zerdin continuò spiegandomi quanto fosse pericoloso permettere a qualsiasi tizio che veniva dalla strada di partecipare alle mie sedute. Mi disse che in quei momenti trasudava dal mio corpo una forza viva chiamata ectoplasma per mezzo della quale le voci degli spiriti potevano manifestarsi e se una

qualsiasi persona fra i presenti per cattiveria o per semplice curiosità faceva brillare su di me una luce intensa, questa forza viva sarebbe rientrata nel mio corpo con tale violenza che, nel migliore dei casi,

- 66 -

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

mi avrebbe causato un colpo violento, nel peggiore una emorragia interna e la morte. Rimasi a bocca aperta: non potevo mai immaginare che delle persone aiutate e consolate dal mio potere medianico volessero farmi del male. Ci sarebbero sempre stati quelli che

mettevano in dubbio l'autenticità dei fenomeni, spiegò il signor Zerdin, e costoro avrebbero pensato di agire nell'interesse degli altri smascherando qualche medium che attirava molti seguaci. Protestai che certamente il buon senso doveva insegnare a questa gente essere per me impossibile conoscere i dettagli intimi della vita delle persone di cui parlavano gli spiriti e non potevo, per quanta immaginazione avessi, parlare nelle centinaia di voci e di accenti che si udivano nelle mie sedute. Il signor Zerdin insistette nell'ammonirmi che molti avevano radicati pregiudizi contro i fenomeni dello spiritismo, o per fanatismo religioso o per convinzione intellettuale di natura anarchica, e questa gente avrebbe colto con piacere l'occasione di creare

disordini alle mie sedute senza preoccuparsi del male possibile che ne sarebbe derivato al medium, anche se conoscevano abbastanza la materia da sapere il danno che potevano infliggere. Il signor Zerdin continuò dicendo che poteri di medium come i miei erano

così rari che dovevo conservarli, custodirli gelosamente e proteggerli in modo che il maggior numero di persone ne potesse beneficiare. Mi propose di tenere per qualche tempo sedute regolari nel circolo di casa sua, ogni membro del quale aveva una profonda esperienza nelle scienze psichiche e durante queste sedute tutto il circolo si sarebbe concentrato unicamente per un maggior sviluppo dei miei poteri di medium. Poi, quando il tempo fosse maturo, avrebbe esaminato il miglior modo di farmi uscire dall'oscurità per servire in un campo più largo e più pubblico dove, invece di convincere poche persone della mia missione, avrei potuto diffondere a migliaia la verità sulla sopravvivenza dell'uomo dopo la morte.

Ritornando a casa con l'autobus quella sera, riflettei a tutto quello che mi aveva detto Zerdin. Noè Zerdin era allora e lo è ancora ad ottant'anni, un uomo fuori dall'ordinario. Ero stato profondamente commosso dalla sua ardente sincerità e la pietà che lo spingeva a condividere le sue convinzioni con il maggior numero di persone. Evidentemente era stato un ateo per molti anni prima che la convinzione nella sopravvivenza avesse cambiato per il meglio la sua vita e desiderava intensamente aiutare l'umanità come egli era stato aiutato. Quando arrivai a casa ero deciso non solo a seguire il suo consiglio di essere più prudente nei riguardi della buona fede di coloro che sedevano con me nelle mie riunioni aperte, ma anche di accettare la proposta di andar alle sue riunioni per sviluppare maggiormente i miei poteri.

- 67 -

Per molti mesi dopo quella sera sedetti regolarmente nel circolo di Noè che si teneva

nella piacevole casa in Merton Park dove viveva con la sua deliziosa moglie Goldie. A causa della maniera disinteressata e devota con la quale il circolo Zerdin concentrava su di me i suoi pensieri le voci aumentarono molto di forza.

Continuavo il mio lavoro nella Missione durante quei mesi, ma avevo smesso le riunioni che facevo dopo a causa di un nuovo impegno che mi ero preso con una organizzazione chiamata Link per piccoli gruppi dove le mie facoltà mentali potevano operare in migliori condizioni. Continuavo anche la mia seduta settimanale in casa di Edith mentre era al lavoro e suo figlio Owen a scuola, per potermi guadagnare quei pochi soldi in più che mi erano indispensabili per vivere.

Un pomeriggio ero in piedi davanti alla finestra del salone di Edith aspettando che

arrivasse una certa Miss Tucker che mi aveva dato un appuntamento per lettera. I miei occhi mi saltarono fuori dall'orbita quando vidi una Rolls-Royce immacolata fermarsi davanti alla nostra casa e un elegante chauffeur porgere la mano per aiutarla ad uscire a una grossa signora che presumevo fosse Miss Tucker. Automobili di quell'eleganza erano molto rare nel quartiere popolare dove abitavamo e l'avvicinarsi della grossa signora verso la nostra porta d'entrata era seguito con vivo interesse da tutti i vicini usciti sulle porte delle loro case o che spiavano dietro le finestre per meglio vedere. Andai ad aprire la porta udendo suonare il campanello e seppi che veramente era Miss Tucker la quale dimostrò essere una persona molto gentile, che non si dava grandi arie come temevo potesse fare la proprietaria di una simile meravigliosa automobile.

L'accompagnai nel salotto e dopo averla fatta sedere comodamente spensi le luci e la seduta cominciò. Dopo qualche minuto la voce infantile dialettale di Mickey, lo spirito

di un bambino che durante le sedute mi aiuta come se fosse il maestro di cerimonie, salutò la signora promettendole di aiutare sua madre e sua sorella a venire a parlarle. Infatti mantenne la sua promessa e dopo poco Miss Tucker era in grado di conversare intimamente e affettuosamente con sua madre e sua sorella. Quando questi due spiriti ci ebbero salutati sentimmo la voce di un uomo che si annunciò con il nome di Edison e chiese perché la signora non aveva portato con sé Louis. Ebbero una breve conversazione

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

e Miss Tucker promise di portare Louis la settimana seguente se il medium le avesse dato un altro appuntamento. Naturalmente fui lieto di farlo.

All'ora esatta dell'appuntamento la settimana seguente la grossa Rolls si fermò

un'altra volta davanti alla nostra casa e Miss Tucker ne uscì con un vecchio signore. Era piccolo, rosso in faccia e con l'aria gioviale, portava un monocolo. Aprii la porta e Miss Tucker mi pre-

- 68 -

sentò il gioviale piccolo uomo dicendomi che era il signor Louis e passammo nel salotto per iniziare la nostra seduta.

La madre di Miss Tucker venne a parlarle per un breve momento, ma dopo Mickey le

disse che i suoi cari si sarebbero messi da parte in questa occasione perché il signor Edison era molto ansioso di parlare con Louis. Subito dopo la voce maschile che avevamo sentito la settimana prima si fece sentire. "Ciao, Louis, è Thomas che ti parla".

"Thomas?" disse il piccolo uomo, "Chi è Thomas?". "Non ti ricordi più di me, Louis? E' Thomas Alva Edison che ti parla" disse la voce. "Non ti ricordi, eravamo insieme negli Stati Uniti? Non puoi certamente avere dimenticato che lavoravamo insieme, lottando per inventare cose?".

Il piccolo uomo dopo avere riconosciuto lo spirito che gli parlava lo salutò con entusiasmo e ne risultò un'interessante conversazione che non potevo fare a meno di ascoltare. Si misero a parlare di persone che avevano conosciuto nel passato e del tempo felice trascorso insieme. Più di una volta li sentii pronunciare il nome di Houdini il quale, venni a sapere più tardi, era un famoso prestigiatore che una volta

si fece incatenare in un barile e fece il salto delle cascate del Niagara riemergendo sano e salvo per raccontare la sua avventura. Parlarono di Maskelyne e di Devant che secondo lo spirito di Edison si esibivano regolarmente al St. Georges Hall al principio del secolo. Ascoltavo affascinato la loro conversazione malgrado che tutti quei nomi mi fossero sconosciuti e solamente più tardi venni a sapere chi erano stati e quello che avevano fatto.

Quando la riunione ebbe termine e le luci furono riaccese Miss Tucker mi confessò che il signore presentato con il nome di Louis in realtà era suo marito il dottor Louis Young, il quale era stato grande amico di Edison alla fine dell'altro secolo quando si trovava negli Stati Uniti. Mi aggiunse che Tucker era il suo nome di ragazza, nome che usava sempre in affari perché era la proprietaria della Tucker Manufacturing Co. di Harlesden, e che aveva voluto trarmi in inganno di proposito con i suoi nomi per

constatare la credibilità dei risultati. Il dottor Young mi disse di aver conosciuto molti medium sia in Inghilterra che negli Stati Uniti, ma le prove di oggi erano le migliori che avesse mai avuto. Siccome si era reso conto al tempo di Maskelyne e Devant dei vari inganni ed illusioni, era adesso cosciente delle possibilità di frode, ma dopo aver parlato con i suoi vecchi amici e diviso con loro i ricordi del tempo passato non poteva mettere in dubbio di aver parlato realmente con Thomas Alva Edison in persona.

In seguito rividi spesso Miss Tucker e suo marito quando venivano alle mie riunioni e diventammo grandi amici. Molte personalità

- 69 -

vennero a parlare al dottor Young il quale aveva conosciuto molti uomini di scienza e

di lettera. Sir Arthur Conan Doyle, Sir Oliver Lodge e molti altri eminenti spiriti venivano regolarmente per parlargli.

Dopo parecchi mesi di dimostrazioni le varie società Spiritualistiche si accordarono per organizzare a Londra una grande riunione intesa a dimostrare le mie capacità medianiche, che ora erano diventate evidenti.

La riunione fu annunciata molte settimane in anticipo sulla rivista spiritualista Psychic News e doveva avere luogo dopo la quinta conferenza annuale della Società Link

a Bloomsbury nella grande sala chiamata Vittoria Hall, il sabato 16 maggio 1935. "Grande seduta spiritistica mediante Voci Dirette con il famoso medium Leslie Flint", diceva l'annuncio con grandi titoli che facevano tremare il mio cuore nel leggerli. Come potevo sapere, come qualcuno poteva sapere che le voci si sarebbero fatte sentire? Non potevo assicurare allora come non posso assicurare oggi che il fenomeno si sarebbe

manifestato, e allora mi domandavo perché diavolo avevo autorizzato questo entusiasmo da parte dei miei garanti che mi avevano convinto ad apparire davanti ad un pubblico di centinaia di persone che avevano pagato con la certezza di udire? Non sapevo allora più di quanto sappia oggi, quali sono le condizioni perché le voci si manifestino, ma avevo dei forti dubbi che una grande sala, con un pubblico di centinaia di persone i motivi dei quali variavano, che avevano modi diversi di pensare e non tutti in armonia gli uni

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

con gli altri, costituisse la condizione ideale. Passai giorni neri prevedendo la mia umiliazione pubblica per aver fallito e fu Edith a ricordarmi con la sua dolcezza che quelli che mi aiutavano dall'aldilà non mi avrebbero mai abbandonato.

Questo mi diede un sufficiente aiuto morale per salire con lei sull'autobus della Green Line per dare principio al viaggio che mi doveva portare a Londra per il grande giorno, e durante tutto il viaggio invidiai gli altri passeggeri che non erano Leslie Flint in viaggio verso Londra per essere ridicolizzati dal loro pubblico.

Una volta seduto nella pedana della Victoria Hall, circondato da persone che conoscevo della Società Spiritualistica Noah, mi sentii più a mio agio, benché le persone che gremivano la sala mi sembrassero una macchia minacciosa. Ascoltai i vari discorsi senza in realtà udire una parola, poi Noè si fece avanti sull'orlo della pedana e disse a quella macchia che stava per iniziare un esperimento con la voce del

nuovo medium Leslie Flint. Era venuta la mia ora. Noè chiese che venissero spente tutte le luci con la sola eccezione del segnale della porta di emergenza che doveva rimanere accesa in conformità delle regole di sicurezza. Quando questo fu fatto, mi accorsi con

spavento

- 70 -

che la sala era piena di luci che filtravano non solo dalle porte di emergenza, ma da tutte le direzioni e questo avrebbe reso ancora più difficile la mia dimostrazione, più difficile di quello che avevo pensato. Con tutto l'ottimismo di Daniele che entra nella fossa dei leoni mi sedetti sulla sedia che mi era stata assegnata e aspettai.

Dopo qualche minuto quelli sulla pedana udirono parlare una voce molto sommessa,

troppo sommessa per farsi udire dal pubblico nella sala. Qualcuno suggerì di proteggermi dalla luce con la sua giacca e se la tolse per tenerla di fronte a me. Questo sembrò giovare perché si udirono varie voci sufficientemente forti per essere udite dai pubblico. Ascoltai varie brevi conversazioni fra i vivi nella sala e quelli nell'aldilà, ma non potevo impedirmi di pensare quanto queste fossero poco impressionanti in confronto di quelle che si scambiavano nella mia Missione a Watford. Uno spirito che disse di chiamarsi Earl Jellicoe parlò a un signore del pubblico e questi immediatamente si mise rigidamente sugli attenti. Ne seguì una piccola conversazione tra i due e quando lo spirito svanì il signore disse al pubblico che aveva servito in marina sotto l'ammiraglio Jellicoe e che quello che aveva udito era prova di una perfetta evidenza. Vi fu qualche altro tentativo di comunicazione che io pensai fosse molto poco brillante e poi la riunione ebbe termine.

Anche se la dimostrazione non era affatto il disastro totale che temevo, ero profondamente disilluso per i risultati ottenuti e fui ancora più meravigliato quando il pubblico irruppe in un lungo applauso prima che io abbandonassi la pedana. Ero imbarazzato perché non pensavo che la dimostrazione che avevo dato meritasse tanto entusiasmo e non potevo impedirmi di pensare quanto questo generoso pubblico avrebbe apprezzato le mie riunioni nella Missione di Watford. Felici che la dura prova fosse finita, Edith e io sgattaiolammo fuori da un'uscita laterale per cercare un ristorante dove poter mangiare.

Durante la riunione che seguì nel nostro circolo privato si ebbe una lunga discussione per sapere come superare il problema delle luci durante le dimostrazioni in pubblico poiché l'oscurità totale è essenziale per ottenere risultati con il fenomeno delle voci dirette. Noè suggerì di rinchiudermi in una cabina dove non potesse

penetrare nessuna luce e lasciare invece la sala completamente illuminata. Il microfono sarebbe stato collocato fuori dalla cabina la quale avrebbe avuto una pesante cortina davanti, fissata dai lati. Fu deciso di costruire una cabina sperimentale su questa base benché nel fondo di me stesso mi domandavo come avrei resistito per un periodo che avrebbe potuto durare anche e forse più di un'ora, rinchiuso in una cabina senza aria, come allegramente avevano progettato per me.

Ma prima di aver avuto il tempo di costruire questa cabina per

- 71 -

gli esperimenti, Miss Tucker e il marito, il dottor Louis Young, mi vennero a trovare in casa di Edith per farmi una proposta. Mi fecero sapere che si proponevano di

comprare una casa più vicina a Londra di quella di St. Albans, che avremmo potuto affittare per esattamente lo stesso prezzo pagato ora da Edith. Questa mi sembrò una proposta stravagante, ma Miss Tucker non fu d'accordo. Ci disse che i suoi motivi erano soprattutto egoistici, perché era grande inconveniente per lei venire fino a St. Albans quando con suo marito desiderava partecipare a una seduta spiritistica in casa nostra. Aggiunse che prima o poi in ogni modo avrei dovuto avvicinarmi a Londra man mano che il

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

mio lavoro fosse più conosciuto, e allora perché non decidermi ora a condizioni che erano convenienti non solo a lei, ma anche alle sue finanze. Indagai se veramente sarebbe stato un buon affare per la sua tasca e mi rispose che aveva un buon istinto

per gli affari e che senza dubbio una casa vicino a Hendon avrebbe aumentato molto di valore. Rimasi senza parlare durante la discussione che seguì a proposito del capitale, degli interessi del mutuo e del progetto, perché malgrado potessi vantarmi di sapere manovrare la mia piccola rendita ero completamente perso quando si trattava di finanze ad alto livello. Alla fine Edith e Miss Tucker si misero d'accordo e conclusi che avremmo preso in affitto una sua casa nelle vicinanze di Hendon, quando si fosse trovata una proprietà adatta alle nostre necessità. Decidemmo che un giorno della prossima settimana si sarebbe andati tutti con l'automobile di Miss Tucker per cercare di trovarla.

Fu deciso il giorno e partimmo tutti insieme con una lista di case da visitare nelle vicinanze di Hendon. Visitammo tutti i luoghi della nostra lista, ma in alcune case non valeva nemmeno la pena di entrare. Finalmente arrivammo al 31 di Sydney Grove, l'ultima

casa nella lista. Sydney Grove era una strada senza uscita e mi piacque la sua apparenza appena la vidi. Una vecchia coppia di coniugi erano i proprietari della casa e sentivo che vi avevano vissuto e l'avevano amata per lungo tempo e la casa era impregnata di felicità e serenità. Senza esitazioni tutti fummo d'accordo che quella sarebbe stata la nostra casa e dopo poche settimane lo divenne.

Il furgone da trasporto si fermò davanti la porta della nostra casa e in poco tempo tutto quello che possedevamo era stato messo dentro. Nell'auto che Miss Tucker ci aveva messo a disposizione, seguimmo il furgone fino alla porta della nostra nuova casa, Edith, suo figlio Owen, io e il nostro cane Rags che tutti noi amavamo. Rags era più

tranquillo di tutti e il più fiducioso nel futuro di tutti noi. Mi domandavo cosa mi riservava l'avvenire e rimpiansi la mia Missione di Watford. Vi avevo svolto un lavoro molto soddisfacente. Ma poi Edith mormorò "Tutto va bene, caro" e improvvisamente fu così.

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

Capitolo VII

La nostra nuova casa a Hendon diventò presto un centro di attività psichica e spiritistica, tanto che io e i soci del mio circolo decidemmo di formare un'associazione allo scopo di procurare prove della continuazione della vita dopo la morte fisica per mezzo della dimostrazione di doni psichici. Fu redatto uno statuto, fu eletto un comitato per dirigere gli affari e chiamammo la società il Tempio della Luce.

Continuai a lavorare con l'Organizzazione di collegamento e a intervalli regolari davo dimostrazioni pubbliche della voce diretta in qualcuna delle più grandi sale di Londra, davanti a pubblici che arrivavano fino a duemila persone. Venivano a quelle dimostrazioni da tutte le parti del paese. Torpedoni pieni di gente acquistavano intere

file di posti e si riusciva ad ottenere prove notevoli malgrado fosse impossibile oscurare completamente quelle grandi sale e la luce che penetrava rendesse più difficile il contatto con l'altra parte. Tuttavia le voci arrivavano, si rivolgevano ad

amici e parenti tra il pubblico, per dare la prova di una continua esistenza; molte migliaia di persone rimanevano convinte e le loro vite volsero al meglio.

Ricevevo un'enorme quantità di posta e la Società fu costretta ad impiegare un segretario a tempo pieno per rispondere alle centinaia di lettere provenienti da tutto il mondo. L'ufficio non era una sinecura; le ore erano lunghe, il lavoro interminabile ed il salario relativamente modesto, ma fummo abbastanza fortunati nel trovare un perfetto collaboratore in Bunny Parsons, già segretaria nei teatri di posa di Elstree.

Il dottor Young e la moglie diventarono nostri frequenti visitatori a Sydney Grove ed a causa degli interessi scientifici e psichici del dottor Young mi sottomisi ai

numerosi esami che egli giudicò necessari per confermare l'obiettività delle voci e la autenticità delle mie facoltà medianiche. Il dottor Young aveva avuto varie esperienze con medium sia in Inghilterra che negli Stati Uniti e dato che aveva letto molti libri sulle ricerche parapsicologiche la sua conoscenza in materia era di vasta portata. Avendo lavorato con Edison inventando trucchi e illusioni per Maskeline e Devant era perfettamente al corrente delle frodi e degli inganni che medium fraudolenti potevano esco-

- 73 -

gitare e ne aveva smascherati parecchi, durante le sue ricerche negli Stati Uniti. Era l'amico ed il sostenitore di quei medium che considerava genuini, ma non aveva altro

che recriminazioni per quelli fraudolenti che approfittavano delle persone addolorate e che erano la vergogna e la disgrazia dello Spiritualismo.

Gli esami a cui fui sottoposto rendevano la frode impossibile, eppure non fui mai a disagio né soggetto a sforzi mentali. Una delle prove più semplici ma più efficienti fu eseguita con successo nella sala delle nostre riunioni durante una delle regolari sedute al Tempio della Luce. Dopo essere stato legato fermamente a una sedia con una corda e prima che le luci si spegnessero, il dottor Young mise in un bicchiere acqua colorata, che venne misurata e che io dovevo mantenere in bocca per la durata della seduta. Le luci furono spente e dopo pochi minuti. Mickey, il mio spirito guida Cockney venne a parlare come al solito con la sua voce cristallina e chiara. Per venti minuti seguirono varie voci fino a che la seduta ebbe termine e le luci si accesero di nuovo. Allora io fui in grado di restituire nel misurino l'acqua che avevo in bocca e la

quantità in meno era solo frazionale. Qualsiasi persona che voglia fare questa prova su di sé troverà che è impossibile parlare con la bocca piena di acqua e come sia difficile non ingoiare neanche una goccia per almeno venti minuti.

In quell'epoca durante le nostre riunioni si manifestarono le forme materiali attraverso le mie facoltà medianiche, e il dottor Young suggerì di sederci alla luce di una debole lampada rossa per permettere ai presenti nel cerchio di vedere allo stesso tempo me e lo spirito che si manifestava. Quando ciò fu fatto il dottor Young e i presenti rimasero soddisfatti perché le apparizioni erano distinte e separate dal mio corpo. Quelle materializzazioni erano perfettamente compatte e solide e potevano essere tanto toccate quanto viste. Si muovevano attorno a noi e qualche volta parlavano ai presenti. Non ero in trance durante quelle manifestazioni, ma ero cosciente di un freddo umido che mi avvinceva mentre si materializzavano le forme e vi era un odore

appena percepibile che trovavo sgradevole. Questo raro tipo di fenomeno cessò dopo poco tempo e fummo informati dagli spiriti guida del nostro circolo che avevano solo voluto provare il mio potere fisico, ma che si erano resi conto che la materializzazione toglieva forza alle voci, e che loro consideravano fosse meglio di concentrarsi sulle voci dirette per poter dare soddisfazione alle centinaia di persone che si riunivano nella grande sala. Fui contento, perché a parte le sensazioni sgradevoli che sentivo

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

durante quelle manifestazioni, rimanevo esausto e irritabile ogni volta che erano terminate.

Ero giovane, nel mezzo dei miei vent'anni ed alla sommità delle forze fisiche, la

maggior parte delle mie sedute avevano buon esito

- 74 -

ma qualche volta fallivo. Qualche volta io e le persone che prendevano parte alla seduta aspettavamo per un'ora seduti al buio e nulla avveniva. Questo era molto deludente per quelli venuti da lontano. Fortunatamente, la maggior parte di queste persone era sufficientemente al corrente delle scienze psichiche per capire che questo fenomeno non si può manifestare a comando secondo la nostra volontà e che nessun medium

è in grado di "chiamare i morti" come tanti critici ignoranti credono si possa fare. In verità i fatti sono ben altri. Spesso una persona viene da me con l'idea di mettersi in contatto con uno spirito e invece questo non si manifesta, ma ottengono eccellenti

prove della sopravvivenza di qualcun altro in cui non hanno grande interesse. Non ho mai avuto il modo di poter sapere in anticipo se la seduta sarà un successo o meno. Se mi sento male oppure troppo affaticato, il mio buon senso mi dice che vi saranno poche speranze di riuscire, e così rifiuto di lavorare in quelle circostanze. D'altra parte vi sono state occasioni in cui mi sentivo benissimo e di buon umore, ma la seduta fu un fiasco totale. Ho imparato con l'esperienza che l'attitudine mentale delle persone presenti è di grande importanza per i risultati. Un approccio ostile ed egoista oppure troppo insistente può inibire il fenomeno, mentre un onesto scetticismo non è un ostacolo. Un medium genuino accetta con piacere le ricerche di quelli che non sono

convinti della verità sulla sopravvivenza, sempre che la persona lo faccia con mente aperta, cosciente del fatto che le facoltà medianiche sono di natura che non si possono predire e che ci vuole una grande pazienza sia dalla parte del medium che dalla parte di chi cerca la verità.

Fra le persone note che venivano da me molto spesso nella mia casa di Hendon, vi era Shaw Desmond lo scrittore commediografo irlandese ben conosciuto che era anche l'autore di vari libri sulle ricerche parapsicologiche. Il primo giorno rimase anonimo; era accompagnato da una sua amica ed anche lei tacque il suo nome. Non avevo la più pallida idea di chi fossero quando cominciò la seduta e la luce fu spenta, ma dopo pochi minuti Mickey annunciò che portava Jan per parlare con suo padre. Dalla voce giovanile di Jan era evidente che doveva essere passato nell'altra vita quando era molto giovane. Il padre e il figlio senza corpo ebbero una lunga e piacevole conversazione come qualsiasi

padre e figlio avrebbero potuto avere fino al momento che Jan lo salutò. Quando se ne andò ebbi la sorpresa di sentire la voce ben nota di Rodolfo Valentino che parlava alla signora a me sconosciuta. Da quello che si dicevano era chiaro che si erano conosciuti mentre Valentino era in vita. Alla fine la signora gli chiese se poteva ricordare dove si erano visti l'ultima volta e Valen-

- 75 -

tino rispose menzionando un ristorante di New York dove avevano pranzato e ballato. Dopo la seduta Desmond presentò se stesso e la sua compagna che risultò essere la

bella, dotata Ruby Miller. Mi disse che aveva spesso cenato con Valentino in Nuova York, ma la volta che andarono nel ristorante nominato fu l'ultima nella quale si

incontrarono prima della sua morte prematura. Aggiunse che ogniqualvolta uscivano insieme passavano la maggior parte del tempo parlando di questioni psichiche per le quali avevano entrambi un appassionato interesse e spesso ridevano pensando quanto sarebbero rimasti delusi i giornalisti se avessero potuto ascoltarli.

Shaw Desmond diventò un frequentatore regolare e talvolta saliva sul palco quando davo dimostrazioni pubbliche delle mie capacità di medium nelle grandi sale di Londra. Faceva un piccolo discorso sulle mie doti di voci dirette, garantiva la loro autenticità e raccontava qualcuna delle sue esperienze alle mie sedute.

In una grande riunione nella sala Aeolia, mentre egli era sul palco e le voci degli spiriti si rivolgevano ai loro amici in platea fornendo prove della loro identità, una fanatica religiosa gridò dalla galleria: "In questo non vi è Dio" e continuò ad urlare che la seduta doveva essere sospesa "In nome di Cristo". Il pubblico cominciò a

cantare, i commessi fecero uscire dalla sala la disturbatrice e la dimostrazione fu ripresa.

Quando finì, Desmond si rivolse al pubblico e disse che una delle missioni del movimento spiritistico doveva essere quella di ricondurre le chiese cristiane a quel Cristianesimo che, nei tempi in cui il suo Fondatore camminava sulla terra, fu reso manifesto con la dimostrazione di quei doni spirituali che le chiese odierne tentano di

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

sopprimere. In quel periodo facevo sedute regolari per un gruppo di coraggiosi ecclesiastici che

si nominavano La Confraternita. Questi uomini si erano convinti della realtà di

comunicazione fra questo mondo e l'altro partecipando per alcuni anni alle sedute di vari medium rispettabili e il loro scopo era di portare lo spiritismo nella struttura della Chiesa Cristiana come parte del culto. Quando avessero ottenuto ciò, pensavano che i medium il cui dono aveva reso possibile questa comunione sarebbero stati protetti dall'abuso delle loro facoltà, e la Chiesa avrebbe provveduto ai loro bisogni materiali allo stesso modo di quelli degli ecclesiastici.

Si poteva pensare che la gerarchia della Chiesa avrebbe accolto con entusiasmo l'idea di poter offrire la prova delle sue proprie dottrine sulla vita eterna avendole a portata di mano, ma non fu affatto il caso e i pionieri della Confraternita dovettero

affrontare conside-

- 76 -

revoli ostilità e rimproveri da parte dei loro superiori ed una militante reazione dai loro confratelli.

Il Reverendo Arthur Sharpe della Chiesa di S. Stefano in Hampstead fu uno dei membri di quel circolo di pionieri e venne spesso alle mie sedute. Alla fine diventò il presidente al Tempio della Luce.

Mi ricordo di un gruppo che venne con il reverendo Charles Drayton Thomas il quale era uno dei capi della Confraternita. Dray come lo chiamavamo, aveva scelto i membri di questo gruppo con grande cura, misurandone i bisogni spirituali prima dell'ammissione e

io fu scelto come il loro medium. Prima che Dray spegnesse le luci, il giorno della riunione, lasciò che i miei occhi

facessero il giro dei volti del gruppo. Conoscevo così bene la povertà che non mi fu difficile di capire che erano tutti molto poveri e pregai di potere essere io a dare il conforto e l'aiuto di cui ognuno di questi individui aveva bisogno.

Appena spente le luci Mickey parlò quasi subito e portò diversi amici e parenti che provavano la continuità della loro esistenza. La seduta stava per terminare quando la voce di un uomo chiamò "Annie Blyth". Una donna appartenente al gruppo ammise di chiamarsi Annie Blyth e domandò un poco sospettosa: "Ma chi siete?", "Sono Fred Blyth" rispose lo spirito "Non sono stato buono con te, Annie, quando ero sulla terra e sono venuto a chiederti scusa e ti prego di volermi perdonare". "Bene", rispose Annie con tono furioso, "te ne puoi andare al diavolo ancora una volta. Ne ho avuto abbastanza di

te quando stavi sulla terra, sei stato un mascalzone. Vattene, vattene, levati di mezzo!".

La voce del povero Fred svanì confusamente e Mickey tornò per supplicare la recalcitrante Annie di perdonare suo marito il quale era veramente pentito del modo come si era comportato in vita. Malgrado che Mickey la supplicasse spiegandole l'agonia e il rimorso di Fred e come languiva per avere una parola di perdono, Annie si rifiutò di cambiare parere e la riunione ebbe fine.

Un giorno Padre Sharp venne accompagnato da una vecchia signora senza dirmi chi fosse né da dove venisse, poiché questa era sempre la sua abitudine. Dopo qualche minuto sentimmo la voce di Mickey che diceva essere presente un uomo chiamato Alex che voleva parlare con "la nuova signora", e subito dopo una forte voce di uomo chiamò "Julia! Julia". La nuova signora rispose e l'uomo continuò "Sono Alex, tuo padre, sono qui con

Emily, tua madre. Siamo venuti insieme per parlarti. Abbiamo avuto le nostre difficoltà quando eravamo sulla terra, quasi sempre per colpa mia, ma ora ci capiamo meglio. Vorrei avere agito differentemente in vita, ma ecco tua madre che ti vuole parlare". Una voce femminile molto

- 77 -

colta parlò. "Ciao, Julia cara, sono la mamma, ti ho seguita tutti questi anni. Ho portato Fred e Dennis e spero che potranno parlarti fra un momento". Quando la voce di questa signora non si fece più sentire un uomo si annunciò dicendo di chiamarsi Fred e dalla conversazione che emerse fra i due mi resi conto che si trattava di Fred Terry, il famoso attore-direttore, e la nuova signora era sua moglie. Capii che si trattava di

Julia Neilson Terry, la famosa affascinante attrice. Quando Fred Terry la salutò, Dennis Neilson Terry si mise a parlare e a mandare i suoi affettuosi ricordi a sua sorella ed alle sue figlie, Hazel e Monica. Chiese a sua madre di ritornare a parlargli e di provare a portargli Phyllis. Al momento che stavamo per terminare Fred Terry ritornò per dire che sua sorella Nell voleva dire due parole; Ellen Terry allora ci parlò con la sua voce soffice e la sua meravigliosa dizione che più tardi imparammo a

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

conoscere bene nel nostro gruppo quando divenne una delle nostre voci più gradite. Ancora adesso torna spesso a conversare quando vi è fra noi qualcuno che appartiene al mondo del cinema, o del teatro.

Un pomeriggio aspettavo due signore che avevano preso un appuntamento telefonico con il nome di signora Brown e signorina Smith. Pensavo un poco ironicamente che avrebbero potuto dimostrare un poco più di immaginazione nello scegliere i loro pseudonimi; era chiaro che le signore erano sospettose. Avevo imparato con dure esperienze ad essere filosofo per quel che riguardava l'attitudine che certe persone adottavano verso di me. Vi erano quelle che rimanevano sorprese di vedere che ero un uomo come tutti gli altri, né mago né spettrale. Altre dimostravano chiaramente che la loro unica ragione era quella di rendersi conto quali trucchi io usavo per produrre le voci. Altre invece cercavano di mettermi su di un piedistallo, preparandosi ad adorarmi.

Al principio mi faceva molto male di essere sospettato di ciarlataneria, ero così pieno di meraviglia del dono che avevo ricevuto, sentivo un bisogno così urgente di confortare quelli che avevano bisogno di me, che mi pareva di ricevere uno schiaffo

quando sentivo di essere sospettato e non creduto. Ma ora ero serenamente fiducioso nelle mie facoltà medianiche e in quelli che mi guidano e mi aiutano dall'aldilà e nessuno può più farmi del male né causarmi dispiacere. Quando le signore arrivarono le salutai cordialmente facendole entrare nella sala dove eravamo soliti riunirci.

Dopo pochi minuti di attesa, Mickey ci diede il suo solito allegro saluto e lasciò il posto a un uomo che disse di chiamarsi Alec. Una delle signore rispose domandando quale era il suo cognome e lo spirito disse di chiamarsi Alec Holden. Una conversazione animata ebbe luogo fra i due. Era la vedova di Alec Holden e sia lei che l'amica

- 78 -

che l'accompagnava occupavano una situazione di grande importanza e fiducia, ma cosa fosse esattamente non fu chiarito. Prima che Alec Holden le salutasse fece sapere che una persona che in vita era stata un noto personaggio voleva parlare con loro. Appena la voce di Alec svanì sentimmo la voce di un uomo anziano che cercava di farsi capire, ma aveva ovviamente delle difficoltà. Dopo poco la voce si fece più forte e chiara e senza identificarsi disse come era contento di potere parlare di nuovo con le due signore. A questo punto fui sorpreso di sentire le due donne spingere indietro le loro sedie e strisciare i loro piedi. Non potevo capire cosa facessero. Fui ancora più meravigliato quando con un tono di profondo rispetto dissero insieme: "Vostra Maestà!" e la voce rispose, "Sì, sono Giorgio, conosciuto sulla terra con il nome di Re Giorgio

V". Ne seguì una conversazione fra questo spirito e le mie due signore. E prima che la sua voce sparisse mandò i suoi saluti a May e Luoise e le sue benedizioni ai suoi figli.

Subito dopo la signora Holden e la sua amica si presentarono a me rivelandomi che avevano fatto parte del personale della Casa Reale per molti anni e che avevano riconosciuto la voce del defunto re appena egli era riuscito a farsi capire. Mi dissero che senza alcun dubbio la voce era quella del re al punto che tutte e due si erano alzate automaticamente dalle loro sedie per fare la riverenza appena l'avevano riconosciuta. Mi chiesero di poter ritornare con un amico ma senza volerne rivelare il nome. Fui d'accordo di darle un appuntamento a questa condizione.

Quando tornarono erano accompagnate da un uomo alto, molto dignitoso, che mi domandò ansiosamente se avevo ben capito che desiderava rimanere anonimo; lo rassicurai, ma

avvertendolo che quando le persone non volevano farsi conoscere Mickey, la mia guida le salutava chiamandole per nome.

Tuttavia non fu Mickey a fare la gaffe, ma una donna dall'aldilà che chiamava "James, come stai James? Sono, o meglio ero, la Contessa Camperdown". Questa voce se ne andò e fu seguita dalla voce di un uomo con un forte accento scozzese. Si annunciò con il nome di John Brown e ci disse che era stato il servo devoto della Regina Vittoria e anche il suo medium quando durante la sua vedovanza comunicava con il suo adorato marito, il Principe Alberto. Seguitò dicendo che era venuto per aiutare Lady Camperdown a parlare un'altra volta perché era stata una amica della Regina e James l'aveva servita altrettanto fedelmente quanto aveva servito la Regina Vittoria. La voce della lady si fece risentire chiedendo a James se si ricordava i vecchi tempi a Weston nella casa di Hill Street. Si scambiarono an-

- 79 -

cora altre parole e poi la voce di Lady Camperdown si affievolì e la seduta ebbe termine.

Quando la luce fu riaccesa, il signore sommerso dall'evidenza dopo quello che aveva

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

sentito gettò al vento l'anonimato e si presentò dicendo di essere John James. Mi raccontò che era stato un cameriere al servizio della Contessa Camperdown molti anni fa quando era ancora un ragazzo. Aveva servito sia nella sua casa di campagna a Weston nel

Warwickshire che nella sua casa di Londra a Hill Street, Mayfair. Dopo la morte della Contessa Camperdown aveva servito in varie case di grandi signore ed attualmente era da molti anni amministratore della casa di Sua Altezza Reale la Principessa Louise, al Palazzo di Kensington.

La Principessa Louise era la quarta figlia e la sesta dei figli della Regina Vittoria ed aveva allora novantanni. Il signor James era rimasto così impressionato dalle prove ricevute che mi chiese di potere venire regolarmente alle mie riunioni e feci in modo da poterlo ricevere una volta al mese. Quando l'altero signor James mise il suo sigillo di approvazione sulla mia persona, la signora Holden mi confidò di essere stata per

molti anni la dama di corte onoraria della Principessa Louise. John James era nato nelle montagne in un villaggio del Wales nel 1872 e aveva già

passato i sessant'anni quando ci conoscemmo. Aveva passato tutta la sua vita al

servizio di persone più privilegiate di lui, ma non vi era in lui nessun risentimento come spesso si ritrova nelle persone di servizio. Aveva una dignità sincera e una grande integrità. Era un uomo che sapeva esattamente chi fosse.

Dalle persone che serviva si aspettava una perfetta condotta nei suoi riguardi e se non si dimostravano degni del suo rispetto lasciava il loro servizio. A quelli che si meritavano il suo rispetto dava lealtà e devozione non solo per la paga e i vantaggi che poteva ricavarne, ma semplicemente perché era un uomo che non poteva dare di meno.

James divenne molto importante nella mia vita perché mediante lui conobbi varie celebrità sia in questo mondo che nell'altro. Aspettavo sempre ansiosamente le mie

riunioni con lui domandandomi quale alta personalità sarebbe venuta a parlare. La Regina Vittoria si manifestava spesso e mandava affettuosi messaggi a sua figlia Louise e ad altri membri della Famiglia. Invariabilmente nei suoi messaggi alla Principessa Louise le menzionava qualche infimo dettaglio oppure ricordava l'infanzia della Principessa per farle capire che era veramente sua madre che trasmetteva il messaggio per mezzo di James.

Una volta la Regina Vittoria ringraziò James per avere curato sua figlia e io seppi dopo che era un guaritore spirituale e che varie

- 80

volte era stato capace di alleviare gli acuti dolori artritici di cui soffriva la

Principessa Louise. Una volta alle nostre riunioni si fece sentire un uomo che disse di chiamarsi John

Sutherland. Mandava i suoi affettuosi saluti a Louise e chiedeva a James di dirle che aveva con sé il loro cane Tina. Seppi dopo che John Sutherland era stato il Marchese di Lorne ,più tardi diventato Duca di Argyll, che la Principessa aveva sposato nel 1871 nella Cappella di San Giorgio, a Windsor, quando la Regina Vittoria aveva accompagnato sua figlia all'altare. La serata fu un poco rovinata quando Dean Alford fece un atroce gioco di parole chiamandola la sposa abbandonata. Era stato un matrimonio di veri innamorati e furono perfettamente felici fino alla morte del Duca nel 1914. Tina era stata la cagnetta che sia la principessa che suo marito avevano molto amata molti anni prima e che avevano tanto rimpianto quando venne uccisa da una automobile. A sentire James erano rimasti così addolorati della morte di Tina che il Duca aveva composto un

epitaffio in versi da incidere sulla pietra posta sulla sua tomba. James mi chiese di non rivelare a nessuno le nostre riunioni, come pure di non

diffondere la notizia di avere ricevuto e trasmesso messaggi ai vari membri della famiglia reale. La famiglia reale aveva il dovere di sostenere la religione di Stato che non vedeva di buon occhio lo spiritismo e sarebbe stato imbarazzante per loro se queste riunioni fossero venute a conoscenza del pubblico.

Fino a oggi non mi sono mai lasciato sfuggire una parola né uno scritto in proposito, ma ora tutti quelli che erano intimamente interessati sono passati nell'altra vita e il clima delle opinioni è talmente diverso di quello di trenta anni fa che mi ritengo libero di raccontare questa storia per la prima volta.

"Devi trovarti un sarto e farti un abito, Leslie", disse Edith una mattina durante la colazione. "Non puoi assolutamente farti vedere in pubblico sul palco con questo

vecchio vestito". La guardai allarmato attraverso il barattolo della marmellata. "Mi è costato 50

scellini questo vestito, e l'ho portato solo un anno. E poi non mi sono mai fatto fare un vestito in vita mia. Non sono pieno di denaro".

"Quando sei salito sulla pedana ieri sera al Wigmore Hall, in mezzo a tutta quella gente, con i pantaloni che sembravano una fisarmonica e la giacca che cascava da tutte

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

le parti, Owen e io abbiamo deciso che è venuto il momento di farti un vestito decente".

Guardai Owen seduto in faccia a me, era diventato un bel ragazzo di diciotto anni. Mi

fece un largo sorriso. "Vi erano tutti gli aristocratici sulla pedana vestiti con i loro eleganti abiti, e la

- 81 -

persona più importante della serata si fa vedere con un vecchio abito a buon mercato. Non può assolutamente andare mio caro".

Mentalmente passai in rivista le mie finanze. Non vi era dubbio che stavo meglio di quanto ero mai stato prima di oggi, la gente veniva da tutte le parti per fare la fila

ed assistere alle mie sedute e io ricevevo una percentuale del ricavato delle riunioni nel grande salone che era sempre gremito fino alle porte, ma le mie spese erano pesanti e non era nelle mie abitudini di fare pagare neanche un soldo di più di quello che

poteva pagare il più povero che voleva partecipare alle mie sedute spiritistiche. La paura di rimanere senza lavoro che avevo avuto nel passato era sempre viva in me e cercavo di risparmiare quanto potevo per prevenire quei maledetti giorni. Scossi il capo. "Non me lo posso pagare", dissi.

"Io potrei metterci qualche soldo" disse Owen allegramente. La bontà umana quando è sincera mi fa sempre venire le lacrime agli occhi e dovetti ingoiare per non farle notare. Quando Owen aveva lasciato la scuola due anni prima, un mio amico gli aveva gentilmente procurato un impiego in uno studio cinematografico di Boreham Wood e faceva parte del gruppo junior dei cameramen. Owen era entusiasta del suo lavoro e sperava un

giorno di diventare famoso come Gunther Krampf o Jimmy Harvey, il fratello della incantevole Lilian, la stella raggiante del film Il Congresso si diverte. Owen

guadagnava molto poco ma contribuiva alle spese di casa ed io sapevo che segretamente risparmiava ogni centesimo per comperarsi una motocicletta che tanto desiderava. Eppure mi offriva i suoi risparmi perché potessi comperarmi un vestito. "Non fare lo stupido", dissi in modo burbero, "Certo che posso trovare i soldi per farmi un abito se tua madre lo stima necessario". Non avevo finito di dirlo che sentii il solito brivido di paura.

"Non ti preoccupare, caro", disse Edith, "Troverò un sarto che non ti faccia pagare prezzi esorbitanti e poi posso facilmente ridurre le spese di casa". Poteva sempre far brillare il sole quando si era eclissato.

Sembra inverosimile oggi, ma da quando vivevamo a Hendon mi ero così isolato nella torre di avorio del mio lavoro, ero così avvolto nella felicità domestica che ero solo

per metà cosciente del pericolo che incombeva sulla Germania con la salita di Hitler al potere.

Presero le misure per il mio nuovo abito in una camera al di sopra di un negozio di dolci a Golden Green dove per poche sterline Nathan Hirsch lavorava con la delicata sapienza di un maestro dell'arte. Con l'aiuto di un dizionario con cui cercava di imparare la lingua del nostro paese dove era venuto per rifarsi una vita, il

- 82 -

signor Hirsch mi spiegò quello che succedeva alla sua gente in Germania. Quando il mio abito fu finito gli eserciti di Hitler marciavano in Austria. L'Inghilterra si consolava con racconti di testimoni che nei giornali parlavano di carri armati fatti di

cartone, di fucili senza munizioni, di aeroplani incapaci di sollevarsi dal suolo, e di soldati-bambini vestiti con stracci. Respiravamo di nuovo. Hitler non era pronto, non ci sarebbe stata la guerra.

Un giorno dell'estate che seguì l'occupazione dell'Austria, John James stava per andarsene dopo una delle sue sedute regolari quando mi disse come per caso "Vi farebbe comodo venire a Kensington Palace giovedì prossimo alle quindici?". Rimasi stupidamente a bocca aperta. Egli spiegò che la principessa Louise voleva incontrarmi e poiché stava per lasciare Londra, il giovedì seguente sarebbe stato per lei molto conveniente. Il mio libro di appuntamenti era pieno ma avevo la vaga idea che gli inviti regali equivalevano a comandi e nella mia mente confusa passava la visione di una prigione sotterrane nella Torre di Londra. Dovevo solo riordinare in qualche modo i miei appuntamenti. Dissi che giovedì mi andava bene.

Elegante nel vestito blu a righine del signor Hirsch, il cui taglio pensai dovesse essere approvato anche da una principessa del sangue, quel gran giorno emersi dalla stazione della sotterranea all'angolo di Hyde Park per scoprire che, nella mia ansietà nervosa di essere puntuale, avevo davanti a me un'ora per fare in autobus il percorso di quindici minuti fino a Kensington. Decisi di andare al palazzo attraversando il parco a piedi.

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

Era un giorno meraviglioso e a mezza strada sedetti su una panchina per godermi una fiammata di gerani scarlatti e per riflettere quanto fosse inverosimile ed assurdo che mi trovassi sul punto di far visita a una principessa reale nel suo palazzo. Mi

domandavo se la sua servitù non mi avrebbe guardato dall'alto in basso. Non avevo mai incontrato domestici, ma avevo la sensazione che dovevano essere persone arroganti ed altere. Mi consolai al pensiero dell'impeccabile taglio del vestito del signor Hirsch e non ci pensai più. Un nuovo pensiero mi disturbò. Si doveva baciare la mano di una principessa al momento della presentazione ed in tal caso come si faceva? Ebbi la rapida visione di un attore in qualche film che avevo visto piantare un bacio sulla palma di una signora e risalire mangiucchiando fino a metà del suo braccio, ma respinsi questa tecnica perché inappropriata. Infelicemente sicuro che se vi era qualsiasi tranello d'etichetta vi sarei certamente cascato continuai per la mia strada.

John James mi venne incontro all'ingresso del palazzo e mentre

- 83 -

mi conduceva in quello che chiamava il salottino mi fece alcuni accenni sul modo di condurmi con l'ospite reale.

Paragonato al numero 31 di Sidney Grove il salottino non mi sembrò tanto piccolo. S.A.R. la principessa Luoise stava seduta molto eretta su una sedia con un alto schienale intagliato quando James mi introdusse nella stanza ed il problema del baciamano fu risolto subito quando stese la sua mano in maniera amichevole come qualsiasi altra padrona di casa. Quando ebbi leggermente stretto la mano della Principessa, essa mi indicò una comoda sedia ed invitò anche James a sedersi. Mi

guardai attorno, e strano a dirsi qualcosa mi ricordava il salottino di casa nostra di cui mia nonna era così fiera. Questo salotto era infinitamente più lussuoso e più bello, ma la pesante mobilia, le tende di velluto alle finestre, gli oggetti d'arte e i bric-a-brac di valore assieme ai quadri i cui muri erano pieni avevano lo stesso odore di rinchiuso di quello che era l'orgoglio di mia nonna. Non vi mancava neanche l'odore della cera per lucidare. Il fatto era che sia l'una che l'altra casa riflettevano il gusto di un'epoca passata e tutte e due appartenevano a vecchie signore per le quali il passato era più vivido del presente.

La Principessa iniziò la conversazione domandandomi se avevo notato fuori dal palazzo la statua della Regina Vittoria nell'abito che portava il giorno della sua incoronazione. Mi disse che l'aveva disegnata e eseguita lei da un solo pezzo di marmo di Carrara per commemorare i cinquant'anni di regno. Era evidente che la principessa

Louise era stata molto devota alla Regina Vittoria che chiamava "Mamma" in modo commovente.

Il ghiaccio fu rotto e potemmo conversare a nostro agio parlando del mio lavoro e delle prove che James le aveva portato da parte di sua madre e di suo marito. Mi ricordo che disse di non temere più la morte che considerava come una specie di emigrazione in un nuovo paese dove avrebbe raggiunto i suoi cari che avevano viaggiato prima di lei. Fece menzione delle difficoltà che incontrava qualche volta a causa della sua nascita e mi disse che spesso spiegava a quelli che in sua presenza si sentivano a disagio o inibiti che non era colpa sua se era figlia d'una regina e che dovevano provare a non pensarci. Ricordava la sua infanzia al castello di Windsor come un periodo felice come pure quello passato in Canada con suo marito quando questi era Governatore Generale. Era orgogliosa del fatto che i canadesi avevano chiamato una

delle loro Provincie Alberta perché era uno dei suoi nomi di battesimo. Malgrado che la Principessa non ne desse alcun segno mi resi conto dopo poco che

soffriva intensamente dei suoi dolori artritici e quando ci chiese se volevamo una tazza di tè guardai James interro-

- 84 -

gandolo con gli occhi. Scosse leggermente la sua testa e io mi scusai salutando quella gentile e graziosa signora.

Quando scesi dall'autobus all'angolo di Hyde Park per prendere la metropolitana che mi avrebbe portato a Hendon il mio cuore fece un balzo nel vedere i titoli dei giornali fuori dalla stazione. Hitler aveva ricominciato. Questa volta domandava i Sudeti dai

Cecoslovacchi. Nel treno pensai alla mia infanzia e al dopoguerra che doveva essere la fine di tutte

le guerre. Mi ricordai degli uomini che erano tornati storpi, colpiti dallo shock delle bombe, con i polmoni marci per i gas asfissianti, aspettando in lunghe code pazienti e senza speranze per ricevere il sussidio di disoccupazione e mi misi a pregare che questo macello senza senso non si ripetesse.

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

Durante quell'estate di tensione che saliva e l'ansietà per la crisi cecoslovacca il mio lavoro continuava, ma vi erano più insuccessi del solito e quelli che dall'aldilà erano la mia guida ci dissero che l'atmosfera che circondava la terra era così piena di

paura e di pensieri di guerra che era diventato molto duro per quelli che vivevano nella luce di penetrare questa barriera che a loro appariva come una folta cortina di nebbia.

Malgrado ciò vi furono riunioni con felice esito e ultimamente ho ricevuto una lettera in data 4 luglio 1970 da Mr. William A. Pritchard abitante all'85 di Bishopston Road, Swansea, per ricordarmi di una di queste cose. Penso che il meglio sia di farne conoscere un passaggio.

"L'unica volta che ho partecipato a una riunione con lei è stato trenta anni fa, nell'estate del 1938. Mia madre era con me, venuta in vacanza dalla Rhodesia dove

viveva insieme a mio padre. Prendemmo appuntamento per telefono e nessuno ci chiese il nostro nome né noi lo avevamo dato. Eravamo otto persone e le voci vennero senza l'aiuto della tromba e tutti i presenti poterono quella sera sentire le voci dei loro

cari. Una voce si indirizzò a me: VOCE: Ciao, ho pensato di venire a farmi conoscere. IO: Molto bene ma chi siete? VOCE: Dick. IO: E dove ci siamo conosciuti? VOCE: Eravamo nell'aviazione insieme in Sud Africa. IO: Come sei arrivato lì dove sei ora? VOCE: Sai come fu... ero sulla mia motocicletta e andai a cozzare contro un muro di

mattoni e d'improvviso mi ritrovai qui...

"La mia memoria tornò indietro di dodici anni durante il corto periodo che avevo passato nelle forze aeree militari sudafricane. Fra i novizi vi era un giovane conosciuto a tutti con il nome di

- 85 -

'Bonzo'. Era un bravo ragazzo, ma lento di intelletto, era afflitto da uno strano male alle mani perché non poteva coordinarne i movimenti. Quello che faceva con una mano doveva automaticamente anche farlo con l'altra a meno che non facesse uno sforzo supremo di volontà per fermarne una. La storia della morte di Bonzo mi fu raccontata dopo poco il mio ritorno in Inghilterra nel 1929. Pare che avesse acquistato una motocicletta e era uscito per una breve corsa quando a un incrocio tirò fuori il suo

braccio destro per indicare le sue intenzioni. A quel momento il suo braccio sinistro fece lo stesso per simpatia e Bonzo finì diritto contro un muro di mattoni in faccia a lui.

"L'anno dopo la mia riunione a casa vostra, nel 1939, ritornai in Sud Africa e quando mi trovai a Pretoria feci una gita a Roberts Heights che era il Quartier Generale delle Forze Militari Aeree. Nella sala degli ufficiali vi erano due sergenti che si ricordavano di me e anche di Bonzo, ma anche allora ignoravano il suo nome. Guardammo nei registri per scoprire che il suo nome era Dick Lundin.

"Quando mi domandano quale io consideri essere la prova più evidente che ricevetti nella nostra riunione, ripeto quelle parole 'Eravamo insieme nelle Forze Militari Aeree in Sud Africa' perché nessuno in quella stanza poteva immaginarsi che mia madre e io avevamo legami con il Sud Africa e ancora meno con le Forze Aeree Militari".

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

Capitolo VIII

Dopo la dichiarazione di guerra l'Inghilterra visse per mesi una esistenza di calma apparente. Era una specie di periodo di adattamento all'oscurità, al razionamento e alla perdita delle libertà personali. Tutto sembrava in apparenza talmente normale che molti cominciarono a sperare che quelle mezze ostilità si sarebbero esaurite completamente con una pace negoziata che pensavano sarebbe stata una vittoria per la civilizzazione. Nel frattempo, le fabbriche, i cantieri navali, gli arsenali lavoravano a tutto spiano preparandosi per la vera guerra.

La mia prima riunione pubblica in tempo di guerra ebbe luogo al Tempio di Rochester Square al nord di Londra. Il Tempio aveva un tetto di vetro che era stato dipinto di

nero per obbedire alle norme dell'oscuramento. Non posso sapere se durante la notte la pittura servisse al suo scopo ma di giorno non impediva alla luce di filtrare nella sala. Tuttavia presi il mio posto in uno stanzino improvvisato in fretta sul palco e

sperai per il meglio. Per citare una relazione del tempo sulla riunione "malgrado le condizioni avverse le

voci furono udite in tutta la sala sebbene non fossero usati microfoni". Verso la fine della riunione mentre sedevo nel mio stanzino buio e senza aria,

domandandomi quanto avrei potuto durare prima di svenire per il caldo e l'esaurimento nervoso, sentii una voce di donna parlare così vicino allo stanzino che sembrava quasi si rivolgesse personalmente a me.

"Sono Edith Cavell", disse la voce; "venni da questa parte della vita perché sentii che il patriottismo non era sufficiente. Sebbene ammiri l'uomo e la donna di sentimenti

patrioti, al tempo stesso dobbiamo renderci conto che vi è una cosa più grande di questo. Dovete amare vostro fratello sia o no un nemico. Provate ad amare e dimenticare, non ad odiare".

La voce svanì ma il suo messaggio rimase e mi aiutò a risolvere un problema che mi aveva dato molta ansietà sin dallo scoppio della guerra.

Avevo spesso ascoltato le voci d'oltre tomba di uomini e donne stroncati da morte improvvisa nel fiore degli anni. Esse parla-

- 87 -

vano della loro confusione e angoscia e del fatto che dovevano ancora aggrapparsi alla terra perché era tutto quello che avevano conosciuto. Avevo sentito i loro rimproveri:

"Perché non sapevo? Perché qualcuno non me lo diceva?". Io ero un patriota ed il mio paese era in guerra per una causa che credevo giusta. Ma quando quella mezza guerra di sogno fosse diventata una cosa reale, la carneficina sarebbe cominciata sul serio e io, come gli altri uomini validi, sarei stato chiamato alle armi. Eppure dopotutto avevo udito dall'altro lato della vita che l'anima è sconcertata quando è improvvisamente cacciata fuori dal corpo verso un altro piano di esistenza. Come potevo prendere la responsabilità di mandare impreparato nell'eternità qualsiasi spirito umano? Avevo una vivida memoria di una scena osservata nella mia fanciullezza durante lo scoprimento di un monumento commemorativo della guerra 1914-1918. Nel mezzo della cerimonia un gruppo di donne si volse verso un uomo che stava guardando. Le donne lo investirono e gridando gli dettero spintoni fino a farlo allontanare. Quando domandai a mia nonna cosa avesse fatto di male, ella mi rispose che durante la guerra era stato un obiettore di

coscienza e quelle donne avevano perduto i loro figli nel conflitto. Mi dispiaceva per quelle donne il cui dolore si era cambiato in risentimento contro qualcuno che esse ritenevano uno scansafatiche, ma pensavo che forse ci voleva uno speciale coraggio per andare contro la corrente della guerra. Speravo solo che sarei stato capace di trovarlo perché da quel momento decisi che al momento della chiamata sarei stato un obiettore di coscienza. Avrei detto come Lutero "Questa è la mia posizione. Non posso cambiarla".

Qualche settimana dopo ricevetti una lettera da un socio di una ricca organizzazione spiritistica americana. Lo scrivente mi diceva che aveva assistito a una delle mie pubbliche sedute a Londra e in seguito anche ad una privata nella mia casa di Hendon.

Mi descrisse l'evidenza che gli era stata data e disse che questo provava al di sopra di ogni dubbio la sopravvivenza di una persona a lui cara. Siccome sia lui che i suoi colleghi temevano che le mie facoltà medianiche potessero essere perdute per il mondo

se io rimanevo in Inghilterra mi offrivano riparo nel loro paese per la durata della guerra. Il mio passaggio sarebbe stato pagato da loro e i miei mezzi di sussistenza garantiti fino a quando sarebbe stato prudente per me di rimanere negli Stati Uniti.

Potrà sembrare illogico che proprio io, che avevo rifiutato il pensiero di andare sotto le armi potessi indignarmi all'idea che qualcuno immaginasse che io volessi lasciare l'Inghilterra in tempi

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

- 88 -

come quelli, ma fu proprio quello che sentii. Il più educatamente possibile risposi a giro di posta che rifiutavo.

Venne il Natale e la guerra era ancora in un inquietante stato di stasi. Noi tre a Sidney Grove cercavamo di illuderci che tutto era come sempre. Mangiammo la cena tradizionale, facendo le cose tradizionali, e curando amorosamente le sorprese che ci eravamo preparati l'uno per l'altro. Forse ci sforzammo troppo perché il cuore era assente e non vi era nessuna vera gioia in quello che facevamo. Come poteva essere altrimenti con la paura che l'anno nuovo ci avrebbe portato la bufera che si ammassava all'orizzonte?

La notte dell'ultimo dell'anno Edith ci fece la sorpresa di tirar fuori dal suo nascondiglio una bottiglia di vino spumante per brindare non solo all'anno nuovo ma anche alla nuova decade. Allo scoccare della mezzanotte alzammo i nostri bicchieri

facendoci gli auguri e cantando la famosa canzone che inneggia al Nuovo Anno con la voce vellutata di contralto di Edith che dava un nuovo significato e una più profonda emozione alle parole che fino ad allora avevamo sempre cantato senza dargli uno speciale significato.

Al principio del 1940 ebbi una seduta che non solo fu una dimostrazione che non poteva lasciare dubbi, sulla sopravvivenza dell'uomo dopo la morte del suo corpo, ma credo che fosse la più eccezionale che io abbia mai dato e mi portò quel sollievo di cui tanto avevo bisogno.

La persona che prendeva parte alla seduta disse di chiamarsi signora Bowering e

sembrava avere da molto passato i sessanta anni. Entrammo nel salone e senza chiacchiere preliminari spensi le luci. Mickey parlò alla signora quasi immediatamente. "C'è qui un uomo che dice di chiamarsi Fred e che lei è sua moglie Alice".

"Sì", disse la signora Bowering, "Fred è mio marito, posso parlargli per piacere?". Dopo poco si udì la voce maschile e i due ebbero una conversazione molto intima ricordando il loro passato fino a quando lui si mise a ridere: "che strano, dopo tutti questi anni ti sia preoccupata solo ora di esumare il mio corpo dalla tomba per farlo cremare! Vedo che porti al tuo dito l'anello che avevi sotterrato con me. Ho incontrato Bowering qui sai; e abbiamo simpatizzato molto. Infatti ci siamo divertiti tutti e due vedendo che tieni sulla mensola del camino le nostre due urne, una da una parte e una dall'altra".

La signora Bowering chiese se poteva parlare all'altro suo marito e subito udimmo la

voce di un altro uomo che la salutava "Sai Alice", disse "anche se hai messo le nostre urne sul camino noi in realtà non siamo lì. Siamo da questa parte e veniamo spesso assieme per cercare di aiutarti per il meglio, ma quelle sono ceneri e non

- 89 -

hanno più nulla a che fare con noi". Con mio grande stupore la signora disse ai suoi due mariti che aveva incontrato un signore che si chiamava Wilson e che stava considerando di sposarlo. Voleva sapere se i suoi due mariti avessero nulla in contrario. Sia Fred che il signor Bowering risposero di no e che tutti e due volevano solo la sua felicità.

Trovavo questa storia delle ceneri di due mariti messi l'uno vicino all'altro sul

camino così difficile da ingoiare che quando riaccendemmo la luce domandai alla signora se la storia fosse vera. Mi rispose certamente lo era e mi raccontò tutte le difficoltà che aveva avuto per ottenere il permesso di esumazione per poter cremare Fred. Sembra che quando sotterrò Fred la cremazione non fosse un metodo molto usuale e così lo dovette sotterrare nel modo convenzionale. Ma le cose erano cambiate quando morì il signor Bowering che fu cremato e l'urna con le sue ceneri messa sul camino. Dopo poco tempo la vedova cominciò a pensare che forse Fred si sentiva solo al cimitero e allora aveva intrapreso le pratiche per esumarlo e cremarlo per metterlo vicino al signor Bowering. Vi era finalmente riuscita ed ora aveva vicino a lei tutti e due i mariti e si sentiva molto più felice. Mi confermò anche la storia dell'anello che portava e che era stato per tanti anni al dito di Fred nella tomba. Era felice che nessuno dei suoi due mariti facesse obiezioni a un terzo matrimonio perché la solitudine le pesava

molto. Per due anni non rividi quella signora e pensai si fosse risposata e vivesse felice

in una nuova vita matrimoniale. Ma invece sbagliavo. Dopo lungo tempo ritornò ad una mia seduta nel suo nuovo ruolo di signora Wilson e i suoi due mariti le parlarono di nuovo. Per l'intera seduta lei non fece che rimproverarli tutti e due per non averla avvertita che il signor Wilson non solo era un uomo di pessime abitudini, ma era anche

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

senza un soldo e lei lo doveva mantenere. I suoi due mariti espressero il loro rammarico, ma le dissero che la decisione di risposarsi era stata solo sua e ora doveva subirne le responsabilità. Ciò nonostante la signora Wilson mise in chiaro il suo punto

di vista e li rimproverò di non aver saputo vedere che tipo sarebbe stato il signor Wilson per avvertirla in tempo.

La signora Wilson, divenne assidua alle mie riunioni fino alla sua morte, all'età di ottanta anni. Viveva separata dal signor Wilson da molti anni e lui morì prima di lei. Spesso mi domando quale dei suoi mariti ha il piacere della sua compagnia nell'altra vita e come sia finito il signor Wilson in tutto questo.

La Principessa Louise morì ai primi di dicembre del 1939 e John James non aveva potuto prendere parte regolarmente alle mie

- 90 -

sedute perché era molto occupato sotto la direzione del Duca di Kent a sgomberare

l'appartamento della Principessa che consisteva di quasi cento camere e che per volontà della principessa il Duca, aveva ereditato. Pertanto verso la fine di marzo del 1940 mi telefonò per un appuntamento e fui felice di darglielo.

Eravamo tristi riunendoci per la prima volta dopo la morte della gentile Principessa. Ma non fu per molto tempo perché la Principessa in persona venne a dirci come fosse felice di non soffrire più delle infermità della vecchiaia e di essere riunita con le persone che amava. Ringraziò James per aver fatto quello che le aveva chiesto a proposito del suo velo da sposa e degli anelli. Dopo la riunione James mi disse che la Principessa si era riferita al suo desiderio di essere ricoperta con il suo velo da

sposa e di avere l'anello di fidanzamento e la fede nella bara insieme alle sue ceneri. Prima di partir James mi fece vedere un paio di gemelli con iniziali che il Duca di Kent gli aveva regalato per averlo aiutato a sgomberare l'appartamento a Kensington Palace.

Nell'aprile di quell'anno la Germania invase la Norvegia e la guerra cominciò sul serio. Mentre gli alleati tentavano di sbarcare le loro forze in Norvegia per aiutare i norvegesi e tutta l'Inghilterra aveva il fiato sospeso fra un bollettino e l'altro, Owen tornò a casa una sera e disse a me ed a sua madre che si era presentato volontario nella Royal Air Force e passata la visita medica era stato giudicato idoneo. "Quando devi andartene?" chiese Edith cercando di essere serena. "Quando saranno nei guai chiameranno Mundin", disse Owen "fino ad allora non mi devo muovere". Bastò questa proroga per confortare Edith, il giorno fatale non era ancora arrivato. Quando Owen

distrattamente mi chiese in quale ramo delle Forze Armate io avrei servito quando la mia chiamata sarebbe venuta gli risposi che intendevo registrarmi come obiettore di coscienza.

Temevo il suo sguardo severo perché amavo quel ragazzo come un fratello. Alzò il sopracciglio in un modo che gli era familiare "Tanto meglio per te" disse distrattamente. "Io non ho questo coraggio".

In maggio e giugno imparammo una nuova parola: la guerra lampo, mentre i colpi di martello dei Nazi martellavano l'Olanda, il Belgio, la Francia e cacciavano gli inglesi dall'Europa a Dunkerque dove stava succedendo quello che sembrava un miracolo a quel tempo, il grosso delle nostre truppe veniva riportato a casa per lottare di nuovo in un prossimo futuro.

Erano giorni pericolosi pieni di emozioni e mi domandavo costantemente se potevo

veramente tenermi indietro e lasciare che gli

- 91 -

altri facessero la guerra. Volevo servire la mia Patria, consideravo questa una giusta guerra se mai una guerra può essere considerata giusta, ma ritornavo sempre al fatto che non potevo, non volevo uccidere.

Più tardi, quello stesso anno, dopo che la battaglia per l'Inghilterra era stata vinta nei cieli del nostro paese, Owen venne mandato in un campo d'aviazione vicino a Cambridge per cominciare il suo addestramento da pilota.

Quando Edith e io lo accompagnammo alla stazione era allegro e pieno di fiducia. "Coraggio, voi due", disse scherzosamente, "fra poco Mundin, il terrore dei cieli sarà

al lavoro". Quando il treno cominciò a muoversi si affacciò al finestrino per baciare Edith "Tornerò presto mamma" disse piano. "Ci berremo una buona tazza. di tè", dissi, e credo che nella mia vita non mi sono mai sentito tanto poco adatto alla situazione.

Finalmente venne il giorno in cui dovevo apparire davanti al Tribunale per discutere il mio caso come obiettore di coscienza. Presi il treno per Londra e persi tempo per trovare il posto dove si riuniva la Corte presieduta dal Giudice Hargreaves vicino a

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

Victoria Station. Alla fine la trovai e fui fatto entrare in una sala d'aspetto dove altri obiettori di coscienza aspettavano di essere ascoltati. Mi sedetti vicino a un giovane con una barba molto in disordine che all'istante tirò fuori un volumetto dalla

sua tasca e cominciò a leggere concentrandosi attentamente. Capii subito quello che dovevo fare e mi rimangiai le parole scherzose che stavo per pronunciare. Diedi uno sguardo attorno a me e mi resi conto che nessuno parlava al suo vicino. Tutti i giovani stavano seduti in silenzio e come assenti, ciascuno immerso nei suoi pensieri e nei suoi problemi.

Ci chiamavano alfabeticamente e così dopo poco l'usciere mise la testa fuori dalla porta e chiamò "Flint, Leslie!". Lo seguii fuori dalla stanza.

Mentre mi avviavo nella grande sala verso la tavola dove erano radunati i cinque membri del Tribunale rimasi sorpreso di vedere che vi erano degli spettatori. Fossero

amici o parenti dei giovani che dovevano essere giudicati oppure solo un pubblico curioso, ne avrei in tutti i modi fatto volentieri a meno. Rimasi soddisfatto di vedere che i membri del Tribunale erano vestiti normalmente, avevo l'idea confusa che

sarebbero apparsi in abiti sfarzosi con tonache e parrucche. Vi era anche una donna fra di loro, con un rassicurante cappellino molto frivolo meticolosamente posato sui capelli ondulati. Seppi dopo che la signora con il cappellino guarnito di margherite era l'osso più duro di tutti.

- 92 -

Rimasi in piedi diritto davanti ai cinque giudici della mia coscienza, deciso di non

avere l'aria di un cane frustato né di essere vergognoso. Rispondendo alle loro domande

ammisi di essere Leslie Flint, di avere trenta anni e per quello che mi risultava di essere in perfetta salute e idoneo. Affermai pure che la base della mia coscienza non mi permetteva di servire nelle Forze Armate nel presente stato di emergenza.

"Abbia la gentilezza di dire al tribunale se i suoi scrupoli sono di natura politica oppure religiosa, Flint". Il presidente aveva aperto la partita. Dissi che mi rifiutavo assolutamente di uccidere in base alle mie credenze religiose. Un vecchio signore con dei baffi molto folti mi domandò a quale chiesa appartenevo. "Sono il medium in carica della Chiesa Cristiana Spiritualistica a Hendon", dissi. Il vecchio signore soffiò attraverso i suoi baffi facendomi venire in mente una foca petulante. "Non è una denominazione riconosciuta dalla Chiesa cristiana", disse in tono di trionfo. Il Presidente disse che avrebbe discusso il mio caso se io fossi stato riconosciuto come un cristiano pacifista. La foca mormorò così forte nell'orecchio del suo vicino che non

potetti non sentirlo: "l'amico è una specie di eccentrico". Un uomo dalla faccia rossa mi chiese se pensavo che Cristo fosse stato un pacifista.

Risposi che il suo insegnamento era pieno di amore fraterno e di pace fra gli uomini sulla terra, e citai le parole di Cristo a proposito dell'altra guancia. L'uomo dalla faccia rossa mi chiese a che avrebbe servito di dare a Hitler l'altra guancia. Fui d'accordo nel dire che sarebbe stato un disastro, ma aggiunsi che questo fatto non cambiava la mia determinazione di non uccidere. Il cappello con le margherite si rivoltò nella mia direzione. "Se lei vedesse un soldato nazista violentare una donna che lei ama starebbe a guardare senza fare nulla?" sputò fuori. "Oh, no! risposi, oh no certo". "Bene" insistette il cappellino guarnito di margherite. "Ha detto che difenderebbe la donna con tutte le sue forze, che lei ama o meno ma non ammazzerebbe il soldato nazista. Se lei avesse un coltello nella sua mano lo adopererebbe?". Dal modo

come parlava pensai che durante la sua gioventù avesse frequentato una scuola molto elegante. Risposi che avrei adoperato il coltello per impedire al soldato nazista di violentare la donna ma non per ammazzarlo. La signora con il cappellino guarnito di margherite emise un urlo stridente: "Un vero pacifista cercherebbe di ragionare con lui", disse. Mi venne un pericoloso desiderio di ridere perché vedevo me alto poco più di un metro e sessanta ragionare gentilmente con un soldato nazista alto metri 1,80. "Lei accoltellerebbe l'uomo ma non gli sparerebbe in una lotta. E' questo il suo ragionamento, Flint?",

- 93 -

mi domandò l'uomo dalla faccia rossa ritornando alla carica. Guardai le facce di coloro

che mi stavano giudicando, erano onesti membri della società che cercavano di essere giusti, comprensivi ma che non potevano nascondere il loro crescente sospetto che io fossi un vile oppure uno scansafatiche. Domandai al Presidente se potevo spiegare ai giudici del tribunale la filosofia spiritualistica sulla quale era basata la mia determinazione di andare in prigione piuttosto che di entrare nelle Forze Armate. La foca fu sentita mormorare che non voleva stare ad ascoltare uno sproloquio sugli

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

spettri e che in ogni modo non ci credeva. Ma il Presidente mi disse di continuare e mi pregò di essere breve.

Con una eloquenza di cui rimasi io stesso sorpreso, spiegai la confusione che avrebbe

provato un'anima gettata con vi nel fuoco e nella passione della battaglia senza avere la conoscenza di quello che l'aspettava in una nuova dimensione di vita. Citai loro la solenne invocazione dalla Litania, "dalla battaglia, dall'assassinio e da morte violenta liberaci o Signore", ciò che dimostra come i Padri della Chiesa primitiva ne sapessero più sulla vita ultraterrena dei loro successori d'oggi. Quando ebbi finito vi fu un movimento di teste e molti sussurrii e consultazioni. Finalmente la signora dalle margherite alzò la sua fredda voce tagliente: "Volete dire che i nostri valorosi uomini alle armi avranno rimorsi nella prossima vita perché stanno uccidendo i nemici della loro patria?". "No, signora dissi io — perché essi non sanno come so io quali

conseguenze ne derivano alle anime di coloro che mandano all'eternità. E' precisamente perché io ho ricevuto questa conoscenza attraverso l'esercizio delle mie facoltà di medium che io debbo rifiutare la responsabilità di togliere vite umane". "E tuttavia

voi indirettamente non siete riluttante dall'aiutare le Forze Armate ad uccidere con più efficienza?" questa era la calma distaccata voce del Presidente. Dissi che il mio paese era impegnato in una guerra che io consideravo una lotta del bene contro il male e che io avrei fatto la mia parte il meglio possibile con la sola eccezione del troncare la vita di un altro. Vi fu un'altra conferenza sussurrata e un uomo tranquillo dalla faccia tetra che finora non aver a parlato alzò gli occhi; "come possiamo sapere che siete sincero?", disse. Io mi avvicinai al Presidente gli consegnai una busta nella quale vi era la lettera che mi offriva rifugio in America e la copia della mia risposta. "Credo che queste due lettere rispondano alla domanda del signore", dissi. Il

Presidente lesse sia la lettera americana che la copia della mia risposta e la fece girare perché gli altri la vedessero. Vi fu ancora mormorio ed ancora si concertarono, e finalmente il Presidente mi

- 94 -

disse che nel prossimo futuro sarei stato chiamato a far parte di un corpo non combattente.

Camminai fino alla stazione della metropolitana per prendere il treno e tornare a Hendon. Era una perfetta serata per i bombardamenti perché la luna splendeva in cielo. Quando raggiunsi la stazione le sirene fischiavano e la difesa aveva cominciato la sua musica. Nei sotterranei le cuccette a ripiani erano già occupate da quelli che vi

dormivano ogni notte in una relativa sicurezza. Famiglie si organizzavano per accamparsi e stendere coperte e cuscini, molti erano già rannicchiati, mangiando da sacchetti di carta e bevendo tè da un fiasco. Qui come in tutti i rifugi della città vi era lo stesso identico odore di paura, sudore e aria viziata e i londinesi sopportavano tutto con pazienza e con un senso di umorismo e sfida. Erano buona gente.

Tornando a casa a piedi dalla stazione di Hendon fra la musica dei cannoni, le schegge di granata ed il sibilare delle bombe che cadevano, pensai come provvedere per Edith durante il tempo che sarei stato in servizio. Avevo risparmiato cento sterline che le avrei lasciato e lei aveva una piccola pensione, ma quando pensai all'affitto, le rate da pagare, il riscaldamento, la luce e vari altri conti che arrivavano sempre con una regolarità deprimente, mi domandai quanto tempo sarebbero durate quelle cento sterline. Quanto tempo ancora sarebbe andata avanti la guerra? La mia paga come soldato

semplice in una unità di non combattenti sarebbe stata di 2 pence al giorno; forse avrei potuto risparmiare altri 10 pence alla settimana per mandare a Edith. Dovevo, perché altrimenti per risolvere il suo problema sarebbe andata a lavorare in una fabbrica di munizioni e non era abbastanza forte né abbastanza giovane per lavorare lunghe ore.

Quando arrivai a casa, Edith mi disse che la signora Tucker e suo marito avevano telefonato mentre io ero a Londra per dire che durante il periodo in cui io sarei stato in servizio non dovevo pagare l'affitto di Sidney Grove. Le mie preoccupazioni svanirono e mi ricordai una promessa che mi era stata fatta molto tempo prima da uno di quelli che mi guidano dall'aldilà. "Non avrai mai tutto quello che vuoi", mi disse, "ma fino a quando servirai fedelmente avrai sempre il necessario per vivere". Mi ricordai quante volte l'aiuto mi era arrivato all'ultimo momento dalle parti più inaspettate e

mi rimproverai di avere mancato di fiducia. Venne il giorno in cui dovetti lasciare la casa, il mio lavoro e tutto quello che mi

era caro. Edith venne a Londra per accompagnarmi fino a Paddington dove avrei raggiunto il treno per Ilfracom-

- 95 -

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

be. Trovammo il treno e mi resi conto che era pieno di giovani della mia età tutti diretti nello stesso posto per essere allenati nella stessa maniera. Alcuni mi fecero

posto gentilmente nel vagone zeppo. Rimasi affacciato al finestrino per parlare a Edith fino all'ultimo secondo. La conversazione non era facile in un posto e in un momento come quello e tutto ciò che trovammo da dirci furono banalità come per esempio: "non ti dimenticare di scrivere", "fai attenzione alla tua salute", mentre invece ci sarebbero state tante cose più sentite. Finalmente il treno diede uno scossone per mettersi in movimento e baciai Edith che con un sorriso cercava di celare le sue lacrime. Mentre il treno si allontanava rimasi al finestrino finché non potei più vederla. In quel vagone pieno di gente nel treno che andava sempre più presto portandomi verso una vita sconosciuta mi sentii molto solo.

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

Capitolo IX

Fuori dalla stazione di Ilfracombe due sergenti correvano avanti e indietro come due cani da pastore di cattivo umore per radunarci in un sembiante di colonna. In abiti civili, spiegazzati dal viaggio, dovevamo offrire uno spettacolo molto triste. "Che orribile mandata!", sentii che diceva uno dei sergenti. "Una vera doccia fredda!", rispose l'altro.

Seguiti dai nostri cani pastori, con passo irregolare, sbandati, ci fecero marciare giù per una collina verso il nostro alloggio che era un hotel requisito in riva al mare, completamente privato dal suo comfort di prima della guerra e che sembrava una desolata baracca.

Dopo averci dato da mangiare, i due nuovi guardiani ci misero in fila fuori del magazzino dove ci avrebbero dato le uniformi. Alcuni degli obiettori di coscienza non si erano resi conto di dover indossare l'uniforme militare, cosa che gli era talmente

ripugnante che si rifiutarono energicamente di indossarla. Dopo varie discussioni ed urla la polizia militare li portò via e non furono mai più rivisti. Non so cosa successe di loro, ma è da supporre che sarebbero finiti in una prigione civile, se non avessero cambiato atteggiamento.

Dopo che mi ebbero dato la rozza biancheria, l'uniforme militare color kaki, gli stivali pesanti e il resto della roba che doveva completare il mio equipaggiamento, mi portarono al mio dormitorio e mi ordinarono di indossare la nuova uniforme. La camera era larga e spoglia, con una fila di cuccette che sembrano identiche a quelle della stazione della metropolitana di Londra. Mentre lasciavo cadere pesantemente il sacco su

una delle cuccette superiori notai un grosso giovanotto seduto su quella in basso che piangeva a calde lagrime. Mi sentivo io stesso abbastanza di cattivo umore, comunque cercai di consolarlo come meglio potevo. Finalmente riuscii a convincerlo ad indossare l'uniforme come ci aveva ordinato uno dei nostri guardiani. Dopo esserci ambedue cambiati nei nostri nuovi panni ci guardammo l'un l'altro e scoppiammo a ridere. La sua uniforme era stretta come la pelle di una salsiccia, mentre la mia, troppo grande di parecchie misure, mi pendeva dandomi l'aspetto di uno spaventapasseri. Ridemmo tanto di noi stessi che ambedue dimenticammo le nostre avversità. Il nome del mio recente amico era Ernie, un popolano di

- 97 -

Londra vissuto fino allora più di espedienti che di serio lavoro, come egli mi disse con un certo orgoglio, aggiungendo che era molto abile nell'evitare il lavoro o qualsiasi altro genere di cose spiacevoli. Presto scopersi che non era una vanteria. Non era solo molto abile, era anche un esperto.

Quello che odiavo più di qualsiasi altra cosa durante il corso di addestramento erano gli esercizi giornalieri. Non potevo far nulla correttamente. Avevo due piedi sinistri, ero un caso senza speranza. Il sergente Jones, il veterano che ci addestrava, diventava rosso ed i suoi occhi uscivano dalle orbite quando mi gridava per i miei stupidi sbagli. Più cercavo di fare quello che voleva, più diventavo goffo e malaccorto e più quello urlava. Per accrescere la sofferenza, gruppi di civili si radunavano per guardare e le loro risa sfrenate infuriavano il sergente umiliando me. Dopo un po' di tempo credo che il sergente cominciò a credere che io in realtà mi divertivo a fare una

parte comica, perché smise di gridarmi e si limitò a farmi rapporto quando mi comportavo da idiota. L'accusa era generalmente "insolenza muta" dalla quale è impossibile difendersi.

Dal cambio di tattica del sergente ne risultò che passai tanto tempo nel pelare patate o facendo altre corvées che vidi molto poco della città. Ernie non era certamente un soldato modello, ma riusciva sempre ad evitare fastidi o lavori faticosi ed era sempre ampiamente provvisto di fondi. Dopo seppi che guadagnava delle utili sommette vendendo calze del mercato nero alle donne del villaggio; ma era un buon amico e spesso rinunziava ad una serata per aiutarmi a pelare montagne di patate o per lucidare ettari di pavimenti.

Poco prima della fine del corso, Ernie ed io passeggiando in città vedemmo un fotografo a buon mercato e decidemmo di farci le fotografie. Risultarono veramente

orribili. Non so chi di noi due sembrava più brutto. Stracciai le mie, eccetto una copia che mandai ad Edith sperando che almeno l'avrebbe fatta ridere.

Finalmente il corso finì e, almeno in teoria, eravamo stati foggiati in una specie di forma militare. Ci dettero permessi di viaggio e sette giorni di permesso con l'istruzione di presentarci ad un campo militare al confine del Galles.

La prima notte che passai a casa Edith combinò una seduta del nostro circolo intimo

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

abituale, ma la seduta era appena cominciata che si sentì la sirena e presto cominciò una pesante incursione aerea. Uno o due dei membri del circolo proposero di andare nel ricovero e di rimandare la seduta, ma il suggerimento era appena stato dato che Mickey

sopraggiunse per dare il suo veto. Ci disse che alla nostra casa non poteva accadere nulla e ci chiese di continuare la seduta. Facemmo come ci aveva detto Mickey, ma l'incursione diventò sem-

- 98 -

pre più pesante finché una bomba particolarmente grande non cadde vicino e tutta la casa fu scossa dalle fondamenta. Mickey tornò subito a parlarci e ci disse che una bomba era caduta a poche strade da noi e molti erano stati uccisi. Disse che centinaia

di spiriti erano già sulla scena del disastro per aiutare le vittime a passare la frontiera di questa vita per quell'altra e per spiegare loro che erano morti solo fisicamente, ma che la loro vita continuava in un'altra dimensione. Mickey normalmente

è allegro, irreprimibile, pronto a scambiare botta e risposta, ma quella sera ci parlò molto seriamente e mentre parlava la sua voce da bambino cambiò timbro e divenne più adulta, più colta e più risonante. Il punto principale del discorso di Mickey era costituito dai grandi sforzi fatti nel mondo degli spiriti per assicurare che nessuna vittima di guerra rimanesse attaccata alla terra per ignoranza sulla loro futura vita. Ci disse che centinaia di spiriti si erano dedicati per andare ovunque vi era bisogno di loro e guidare i morti recenti ancora in stato di stupore a prendere il loro posto nella nuova vita.

Tardi quella sera, mentre gli altri bevevano il tè razionato e mangiavano sandwich di

tempo di guerra, andai di sopra per prendere un golf per le signore. Il golf si trovava con diversi altri sul copriletto di Edith e rimescolandoli per trovarlo notai sul suo comodino da notte la spaventosa fotografia che le avevo mandato per scherzo da Ilfracombe. Adesso si trovava in una cornice d'argento. Al pensiero che Edith amasse tanto quella orribile fotografia rimasi molto commosso. Mi decisi di provare di nuovo a convincerla di sposarmi. Mentre stavano in cucina lavandoci dopo la partenza degli invitati, la supplicai di diventare mia moglie. Si mise a ripetere le solite scuse che avevo sentito tanto sovente, ma le misi la mano sulle labbra per fermarla. "Sei te che voglio sposare", le dissi, "nessun altra donna fa per me". Due giorni dopo eravamo sposati nell'ufficio locale delle registrazioni e la prima cosa che facemmo dopo la breve piccola cerimonia fu di mandare un telegramma a Owen. La sua risposta fu immediata e diceva: "Cari idioti, questa notizia è in ritardo da molto tempo, sono

felice - Owen". I giorno che rimanevano del mio permesso li spendemmo felicemente a casa.

Pochi degli uomini con cui avevo fatto il mio allenamento erano stati mandati nel nuovo campo, ma fui felice di ritrovare Ernie quando ritornai. Il nostro lavoro consisteva nel preparare un nuovo binario ferroviario e dalle otto del mattino fino a sera inoltrata dovevamo portare e posare pesanti mattoni. Era un lavoro molto duro, ma una volta che i miei muscoli si furono abituati mi piaceva di lavorare all'aria aperta in pieno giorno perché era un cambiamento dopo anni di sedute nella oscurità di una camera per guadagnarmi la vita. Inoltre,

- 99 -

grazie a Dio, non c'era tempo per gli esercizi in quel campo dove eravamo tutti molto occupati a lavorare. Per quel che riguardava Ernie il lavorare così duro sotto gli occhi di un sergente pronto a picchiare uno scansafatiche era un oltraggio. "Non abbiamo libertà!", si lamentava arrabbiato, "sono un uomo che ha un cervello, hanno un bel coraggio di farmi fare questo tipo di lavoro!". Ernie non era un uomo da soffrire passivamente e mise il suo grande talento in opera per ottenere di essere trasferito ad un lavoro meno detestabile. Fece finta di essere malato un'infinità di volte, sgobbando per farsi venire vari sintomi di malattie, e un paio di volte svenne così realisticamente durante il lavoro nella libreria, dove avevamo libera entrata, che alla fine il vecchio dottore non potendone più lo mise a fare lavori più leggeri. Gli diedero un lavoro nella cucina del campo, dopo di che tutte le mattine Ernie ci guardava oziosamente mentre il sergente ci faceva marciare per andare a lavorare al

binario ferroviario. Gli uomini con cui lavoravo erano dei pacifisti per varie ragioni. La maggioranza di

loro erano sinceri e si erano registrati per convinzioni religiose. Altri invece erano scansafatiche che volevano semplicemente evitare di andare in guerra, specialmente sul continente. Altri avevano idee politiche che li facevano pensare che la guerra fosse uno sfruttamento dei lavoratori, o così essi dicevano. Molti di essi erano

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

semplicemente degli imbroglioni ed il loro ego sviluppatosi internamente assieme alle loro appassionate illogicità li rendeva odiosi e difficili da accettare. Mi ricordo di un uomo appartenente a una piccola setta religiosa che fu preso da terrore quando seppe

che non solo facevo dello spiritismo, ma che ero anche un medium da cacciare a pedate. Si rifiutava di parlarmi e perfino di avvicinarsi a me perché diceva che appartenevo al diavolo.

Nel nostro dormitorio ostentava di inginocchiarsi e, pregava ad alta voce vicino alla sua cuccetta per essere liberato dall'insidia dei servi del demonio, fino a che gli altri uomini si stufavano e cominciavano a tirargli gli stivali, le spazzole, qualsiasi cosa avessero sotto mano pur di farlo star zitto. Dopo qualche sera sparì per sempre dalla nostra baracca e la pace tornò a regnare. Più tardi si seppe che era andato a dormire in una delle baracche esterne e che era stato scoperto dall'ufficiale di

guardia. Quando questi gli chiese il perché della sua originale condotta il soldato rispose che preferiva morire piuttosto di dover dormire nello stesso dormitorio con un "negromante" e si eccitò talmente durante la sua spiegazione che l'ufficiale, una

persona molto umana, gli disse che sarebbe stato trasferito in un altro dormitorio. Per qualche tempo non udimmo più parlare del nostro Fratello, poi un giorno alla riunione per ricevere la paga lo vedemmo

- 100 -

che stava stracciando drammaticamente il denaro appena ricevuto, urlando che non accettava "denaro fatto di sangue".

Ciò causò sensazione, e qualche dito fu schiacciato malamente nell'intento di

raccattare il denaro gettato a terra. Poco dopo il Fratello fu congedato dall'esercito per disturbi psichici e non fu mai più riveduto. Mi dispiaceva per lui pensando che fosse sincero nei suoi principi e che la tensione della vita militare gli avesse fatto girare il cervello. Ma Ernie era convinto che il Fratello aveva trovato il filone perfetto per farsi rimandare a casa e si infuriò per non averci pensato prima lui.

Dopo questo episodio io fui l'oggetto di molte prese in giro sullo spirito e fui spesso sfidato a "produrre immediatamente uno spirito". Era solo uno scherzo, ma siccome si ripeteva continuamente me ne stancai ed una sera dopo che le luci furono spente nel nostro dormitorio e gli uomini avevano ricominciato il solito giuoco, chiesi loro di sdraiarsi e rimanere rilassati nelle loro cuccette perché forse qualcuno sarebbe venuto a parlar loro dall'aldilà. Dopo qualche risatina soffocata e qualche colpo di tosse significativo, gli uomini erano sdraiati tranquilli e Mickey cominciò a

parlare. Parlò quasi a tutti individualmente dando consigli sui loro vari problemi di cui io non mi ero reso conto, e finalmente fece venire la sorella di uno di loro che era morta qualche settimana prima. L'uomo e la sua amata sorella stavano facendo una conversazione quando uno dei sergenti cominciò a picchiare alla porta e fece irruzione nel dormitorio per sgridare uno degli uomini che aveva lasciato gli arnesi fuori sotto la pioggia e la nostra seduta terminò bruscamente con l'accendersi della luce sopra le nostre teste. Questo causò che l'ectoplasma, che era stato preso dal mio corpo al fine di produrre la laringe eterea attraverso la quale parlano gli spiriti, dovette ritornare precipitosamente nel mio corpo e io mi sentii come se mi avessero preso a calci nel plesso solare. Mentre giacevo sul mio letto sfiatato e vomitando, mi ricordai l'avvertimento che Noè Zerdin mi aveva dato anni fa in un piccolo caffè a Watford. Per la prima volta nella mia vita di medium realizzai esattamente il significato di

quell'avvertimento. Quando mi sentii meglio, e il sergente se ne era andato, il soldato che aveva parlato con sua sorella disse agli uomini nella baracca che non aveva detto a nessuno di avere una sorella né viva né morta. Non vi furono più scherzi in proposito, e spesso mi domandarono di fare un'altra seduta nella nostra baracca, ma temendo un'altra brusca interruzione mi rifiutai di provarci.

Molto tempo prima che avessimo finito il binario ferroviario molti fra di noi compreso Ernie, furono trasferiti secondo le bizzarre abitudini militari, in un campo vicino a Salisbury dove il lavoro con-

- 101 -

sisteva nel fare una nuova strada vicino a una grande stazione della R.A.F.

Fare strade è altrettanto stancante che fare un binario ferroviario, ma preferivo questo lavoro. Potevo andare spesso a casa in permesso di fine settimana e radunare il sabato sera un gruppo di persone scelte da Edith che avevano particolarmente bisogno del mio aiuto. Ero felice di riprendere il mio vero lavoro anche se per un tempo molto limitato.

Nel nuovo campo per la prima volta da quando ero militare, avevo incontrato uno

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

spiritista. Stavo con parecchi uomini incaricati come me di ripulire la superficie di una strada a pezzi e stavamo lavorando vicino ad una di quelle snervanti perforatrici quando ebbi la visione di un uomo anziano in piedi vicino a uno degli uomini che

lavoravano. Lo spirito mi appariva come se fosse in carne e ossa talmente era ovvio e cercava di attirare l'attenzione del soldato. Malgrado la spaventosa distrazione che mi causava la perforatrice mi resi conto che lo spirito voleva dire al soldato che gli rincresceva avergli fatto opposizione per qualcosa. Diffidavo di dare questo messaggio perché per quel che ne sapevo il soldato poteva condividere le idee dei fanatici religiosi nell'altro campo. Poi la perforatrice si fermò per qualche secondo e il mio rapporto con l'anziano spirito aumentò di forza fino a quando capii senza più l'ombra di un dubbio che voleva dire a suo figlio quanto gli dispiaceva di essere stato così contrario al suo interesse nello spiritismo, perché ora ne aveva capito il significato.

Non avevo ragione di esitare più a lungo e raccontai al soldato la visione che avevo avuto. Egli mi disse di chiamarsi Hubert Finnemore e di aver riconosciuto suo padre morto dalla descrizione accurata che avevo fatto di lui. Mi confermò anche che suo

padre si era fortemente opposto allo spiritismo e che a causa di questo vi erano stati amari diverbi fra padre e figlio. Hubert fu molto commosso che suo padre avesse fatto lo sforzo di entrare in contatto attraverso di me per chiedergli scusa. Diventammo molto amici e avemmo piacevoli conversazioni sulla parapsicologia che interessava tutti e due. Infatti Hubert e sua moglie sono ancora oggi miei buoni amici.

Il trasferimento da Shrewsbury aveva fatto piacere a me ma non al mio amico Ernie. Non poteva più godersi lo spettacolo di noialtri marciando al lavoro mentre lui se ne stava piacevolmente a far poco o niente. Ernie adesso era diventato uno di quelli che marciavano al lavoro, e fabbricare strade non era di suo gusto più che non lo fosse

stato quello di posare mattoni. Cominciò la solita commedia di farsi credere malato e si fece venire qualche impressionante svenimento, ma il nuovo dottore militare non era né vecchio né ingenuo

- 102 -

come l'altro e si rifiutò di attestare che Ernie era troppo debole per lavorare alla costruzione della strada, malgrado tutti i sintomi che questi aveva mostrato.

Dopo questo fiasco Ernie diventò molto amico con alcuni soci di una esoterica setta religiosa che si radunavano la sera per leggere la Bibbia e cantare degli inni. Ernie era un assiduo a queste riunioni e ben presto era raro di vederlo senza una Bibbia sotto il braccio. Una sera mentre bevevamo una tazza di caffè nella caffetteria mi

disse con grande solennità che era stato salvato, e benché non volesse offendermi adesso sapeva che non poteva più rimanere amico con un uomo che aveva dato la sua anima al diavolo. Questo era un discorso che avevo sentito varie volte e scossi il capo dicendo: "non funziona, Ernie è troppo presto dopo che ci ha provato l'altro e inoltre il sergente Grant era nel campo di Shrewsbury quando successe ". Ernie sogghignò disarmato: "mi ero dimenticato del sergente Grant", disse. "E va bene! Devo pensarne un'altra". Gli suggerii di provare a rassegnarsi davanti all'inevitabile e mi diede uno sguardo ironico. "Io uscirò fuori di qui anche a costo di morire", disse; "sono negli anni migliori della mia vita e sudo per guadagnarmi due scellini al giorno. E' ridicolo, ecco quello che è! Non si può neanche prenderci una bella sbronza di gin perché costa cinque sterline la bottiglia!". Era un furfante; ma era anche buono, generoso e simpatico e valutavo la sua amicizia, per questo gli comperai una birra

augurandogli buona fortuna. Owen era adesso in servizio attivo con una squadra di bombardieri e le lettere di

Edith erano piene di paura per lui. Temevo che se qualcosa fosse successo a Owen non lo avrebbe sopportato. Vi erano altri figli da un suo primo matrimonio che avevano lasciato la casa per sposarsi e fare la loro vita molti anni prima e malgrado che il legame con la loro madre fosse molto forte, Owen era il più giovane e il suo preferito.

Una mattina ricevetti un telegramma annunziante che il ragazzo era stato ferito e giaceva in un ospedale vicino a Canterbury. Mi diedero settantadue ore di congedo per stare vicino a mia moglie.

Ci sedemmo su di una panchina fuori dell'ospedale per aspettare il dottore. Sapevamo solo che il suo aeroplano era stato malamente danneggiato dalla contraerea sulla Germania e che ce l'aveva fatta a malapena a tornare alla base con un atterraggio di

emergenza. Non avevamo la più pallida idea se fosse stato ferito gravemente e neanche se sarebbe morto oppure sopravvissuto. Aspettammo un'ora, due ore e nessun dottore si fece vivo. Sapevo l'inferno che era per Edith questa attesa e mi arrabbiai molto per quello che sembrava essere una raffinata tortura da parte del personale dell'ospedale. Mi avviai

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

- 103 -

per chiedere qualche attenzione per mia moglie ma Edith mi fermò con la sua abituale

dolcezza. "Vi sono tante persone ansiose di sapere, a qualcuna tocca di aspettare", disse. Non avevo stimato abbastanza mia moglie, valeva veramente il suo peso in oro.

Finalmente venne il dottore, era giovane, appariva tormentato e affaticato. Owen era ferito solo leggermente benché il suo sergente fosse stato ucciso. Non vi erano ossa rotte, solo parecchi tagli superficiali, lividi e una brutta commozione cerebrale. "Lo faremo tornare alla sua squadra in meno di un mese", disse il giovane dottore allegramente. Vidi il fremito sulle labbra di Edith, riuscì a sorridere e disse, "questo lo farà felice, ne sono sicura".

Quando ritornai al campo Ernie non si trovava da nessuna parte. Domandai a tutti

quelli che vedevo dove fosse finito e finalmente mi dissero che era stato mandato in un ospedale psichiatrico. Mi dissero che Ernie si era scolorito i capelli una sera mentre gli uomini dormivano nella baracca e che l'indomani mattina con loro grande sorpresa

era saltato fuori apparendo davanti a tutti come un evanescente biondo. Si era in seguito messo a gridare correndo per tutto il campo che non avrebbe potuto dormire una notte di più nella baracca con questi bellissimi uomini senza perdere la testa.

Tutti gli sforzi che avevano fatto per calmarlo non erano serviti che a farlo ridere istericamente ed a causare fiumi di lacrime. Finalmente due attendenti lo avevano portato via in una jeep verso una destinazione volgarmente chiamata "il recipiente". Siccome sapevo che la vita sessuale di Ernie era perfettamente normale e sempre attiva, era ovvio che questo era stato il suo nuovo e disperato colpo per porre fine ai suoi doveri militari. Non ho la più pallida idea se la sua impresa sia riuscita, ma nessuno

di noi vide più Ernie. Quando la nuova strada fu quasi finita venne un annuncio sul bollettino del campo che

chiedeva volontari per disinnescare le bombe. Era uno dei precetti elementari della vita militare di non essere volontari qualsiasi fosse la ragione, e questo invito a giocherellare con delle bombe attive fu considerato uno scherzo di cattivo genere. Devo confessare che per lungo tempo passai davanti a quel bollettino senza sentire mai il bisogno di iscrivere il mio nome nello spazio gentilmente provveduto per le firme dei volontari. Questo spazio rimase completamente in bianco per molte settimane. Venne il giorno che mi resi conto con stupore e noia che cominciavo a sentire un senso personale di colpa per non avere risposto a quell'appello. Provai a discutere con me stesso con impeccabile logica per liberarmi da questo senso di colpa ma il pensiero persisteva e cominciò seriamente a disturbarmi. Cercavo di allontanare il mio sguardo quando passavo

davanti al bollettino, poi cominciai a fare dei giri per evitarlo

- 104 - completamente, ma non potevo liberarmi da quel riprovevole senso di colpa. Ero portato a domandarmi se il mio contributo allo sforzo di guerra era sufficiente. Migliaia di altri uomini rischiavano la loro vita ogni giorno mentre io stavo facendo una strada. Si capisce, la strada era richiesta per motivi militari, ma io vivevo in condizioni notevolmente meno pericolose di quelle dei civili in una qualsiasi delle grandi città; le incursioni aeree erano poche e lontane dai boschi del Wiltschire dove era situato il nostro campo. Una mattina, mentre stavo facendo la solita deviazione per evitare il bollettino del campo mi fermai e senza essere conscio di quello che facevo mi diressi

decisamente verso il quadro e scrissi il mio nome nello spazio che per tanto tempo mi aveva atteso. Quando fu fatto mi ritrovai in pace con me stesso.

A tempo debito fui assegnato ad un'unità alloggiata in una grande casa di un quartiere residenziale di Cardiff dove imparai come rendere innocue le bombe inesplose. Tutti gli uomini del reparto si erano presentati volontari per questo mestiere pericoloso e, sia perché dovevamo affrontare gli stessi pericoli o perché i nostri caratteri si incontravano felicemente, vi era fra noi molto cameratismo. Nei giorni in cui dovevo sistemare le bombe non incontrai mai quel fanatismo che mi aveva sommariamente condannato perché ero un medium spiritista. Fui accettato per quello che ero e per la parte che avevo nel lavoro del mio reparto. Quando arrivai mi spaventai di scoprire che il maggiore nostro comandante era un maniaco dell'addestramento, delle parate e della disciplina militare. Non mi occorse molto per capire che la disciplina e

l'addestramento al coordinamento erano i fattori da cui sarebbero dipese le nostre vite quando saremmo diventati un reparto operativo. Mi sforzai duramente di superare la mia apatia durante le esercitazioni ed alla fine diventai un soldato passabile.

A Cardiff mi feci un certo numero di amici che gentilmente mi invitarono nelle loro case quando avevo tempo libero; era per me una benedizione ritrovare l'atmosfera di una casa, anche se non la mia. Quando la chiesa spiritualistica del posto scoperse chi ero,

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

fui sommerso da richieste di sedute. Feci quelle che potevo nel mio tempo libero e fu una gioia di esperimentare ancora la soddisfazione di aiutare e rassicurare quelli che ne avevano bisogno.

Quando il reparto divenne operativo, smontare una bomba era una pratica disciplinata e fare la cosa giusta nel modo giusto era diventato una seconda natura. Certamente non perdemmo mai il nostro salutare rispetto per le bombe che maneggiavamo, ma la precisione con la quale la squadra lavorava insieme e la nostra totale fiducia reciproca rendevano minimi sia il rischio che la tensione nervosa.

- 105 -

Dopo molti mesi il numero di bombe che il nostro reparto doveva maneggiare diminuì

fino a ridursi a zero e diventammo oziosi e piuttosto annoiati, mancandoci lo stimolo periodico del pericolo. Circolarono rumori che il reparto stava per essere sciolto ed infatti fummo alla fine invitati a fare domanda per altri servizi perché il nostro

addestramento era superato da nuovi tipi di bombe. Presto mi recai a Londra per un corso di tre mesi in dattilografia, stenografia e

pratica d'ufficio. Mentre il treno percorreva la campagna mi misi a sognare ad occhi aperti. A volte nel sogno vedevo un generale che somigliava al vincitore di El Alamein e che stava esaminando una carta. Talvolta lo vedevo seduto davanti ad un tavolo imponente ed altre volte sistemato in modo primitivo in una roulotte; ma dovunque fosse era circondato da ufficiali con le mostrine rosse dello Stato Maggiore. Con un gesto d'impazienza congedava gli ufficiali "Flint si occuperà di questo", disse. Questa era la battuta che attendevo per entrare nel sogno con la mia bella valigetta contenente i

documenti. In una successiva versione anch'io avevo le mostrine rosse. Questo abbellimento mi fece ridere finché quasi soffocai ed un uomo anziano seduto di fronte a me mi domandò se doveva darmi dei colpi sulla schiena. Per il resto del viaggio mi contentai di immergermi piacevolmente nel pensiero che durante il mio corso ad Holborn avrei potuto vivere a casa.

Per anni avevo scritto a macchina con due dita da vero novellino, ma ero molto orgoglioso della velocità che riuscivo a mantenere malgrado tutto. Il primo giorno di classe rimasi molto male nel sentirmi dire che facevo tutto in modo sbagliato e che se volevo diventare un buon dattilografo dovevo d'ora in poi usare tutte le dita. Mi diedero il diagramma di una tastiera da appoggiare di fronte a me e sottomesso incominciai ad imparare il nuovo metodo. Anche archiviare era più complicato di quanto credevo. Non si trattava solamente di mettere le carte in ordine alfabetico e riporle

in una scatola come avevo creduto fino ad allora. Vi erano cassetti, pannelli scorrevoli, etichette di vari colori, cartelle, rubriche e l'archiviare una sola lettera era un incubo e mi sembrava che la lettera andasse perduta per sempre. In quanto alla stenografia trovavo quei geroglifici abbastanza sconcertanti senza aggiungervi la complicazione di segni pesanti e segni leggeri, punti e lineette e tutto il resto. Se non fosse stato per la felicità di vivere a casa e il fatto che avevo le mie serate e i fine settimana liberi credo che avrei rinunciato per la disperazione di non potere mai mettermi in testa degli esami che dovevo passare alla fine del corso e che pesavano sulla mia testa come la spada di Damocle.

Le nostre riunioni avevano ripreso regolarmente da quando ero

- 106 -

a casa e una sera la voce di una donna si fece sentire in tono molto agitato chiedendo di parlare con suo figlio.

Chiedemmo il suo nome e rispose che si chiamava Clara Novello Davies. Uno dei presenti ci fece notare che doveva essere la madre di Ivor Novello. Lo spirito rispose che era proprio lei e che era estremamente ansiosa di potere parlare con suo figlio. Spiegammo a questo spirito che nessuno di noi lo conosceva, ma che avremmo fatto tutti gli sforzi per rintracciarlo se aveva un messaggio da mandarle. Lo spirito ci ringraziò, ma disse che voleva parlare personalmente a suo figlio perché quello che aveva da dirgli era troppo personale per altre orecchie che le sue. Naturalmente ci domandammo perché la madre di Ivor Novello pareva così angosciata, ma quando se ne fu andata non ci pensammo più. Qualche settimana dopo un mio amico attore mi chiese di

fare una seduta nel suo appartamento perché era molto ansioso di aiutare una sua amica che si interessava di spiritismo. Fui d'accordo e quando arrivai nel suo appartamento mi presentò alla sua amica che non era altro che l'incantevole Beatrice Lillie,

Appena le luci furono spente David, il figlio di Miss Lillie che era in Marina ed era stato disperso in guerra si presentò e fu una felice riunione fra madre e figlio. Quando David se ne era andato fui sorpreso di sentire la voce di Clara Novello Davies

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

che si indirizzava a Beatrice Lillie. Domandò a Miss Lillie di entrare in contatto con Ivor e di fare in modo che venisse a una seduta perché aveva urgente bisogno di parlargli. Miss Lillie domandò alla madre di Novello di dirle qualcosa che la

identificasse per poterla ripetere a Ivor, affinché non avesse dubbi che era veramente sua madre che aveva parlato. Lo spirito rispose che Ivor era entrato in questo momento nel suo appartamento di ritorno da Oxford dove era stato a fare una visita a una sua ex maestra. Appena le luci furono riaccese Beatrice Lillie telefonò a Ivor Novello raccontandole tutto quello che era successo durante la riunione. Seppe che quello che sua madre aveva raccontato del suo ritorno da Oxford era la verità e Novello dimostrò grande interesse. Fu deciso per telefono in quel momento che ci saremmo riuniti per una seduta spiritistica nel suo appartamento la sera dopo la rappresentazione di The

Dancing Years.

La sera in cui dovevo andare in casa di Ivor Novello incontrai il mio amico attore in un ristorante dove mi aveva invitato per cenare. Dovevamo incontrare Ivor dopo lo spettacolo e andare insieme in casa sua. Mentre stavamo pranzando Ivor telefonò al

ristorante per annullare l'appuntamento. Sia io che il mio amico eravamo delusi e anche in un certo qualmodo seccati di essere stati avvertiti all'ultimo minuto senza neanche una scusa plausibile. Il mio amico pen-

- 107 -

sò che forse Ivor aveva avuto paura all'idea di parlare con gli spiriti nella sua propria casa immaginando che sarebbe rimasta perseguitata dai fantasmi per sempre. La nostra lieve irritazione fu presto dimenticata e ci godemmo un eccellente pasto di

tempo di guerra. Dopo qualche settimana leggevamo sui giornali che Ivor doveva essere processato per una infrazione al razionamento della benzina. Probabilmente andava nella sua casa di campagna per passare i fine settimana usando la benzina che le aveva procurato una delle sue tante ammiratrici, senza rendersi conto che in tempo di guerra questo significava commettere un atto criminale. Allora fu ovvia la ragione per la quale Clara Novello Davies aveva fatto tanti sforzi per mettersi in contatto con suo figlio e avvisarlo di non accettare la benzina. Se Ivor non avesse annullato il suo appuntamento all'ultimo momento come aveva fatto, molto probabilmente avrebbe evitato la vergogna e le sofferenze che dovette subìre più tardi quando venne condannato a un mese di carcere.

Incontrai Ivor Novello anni dopo questi avvenimenti e divenne mio assiduo frequentatore. Molto spesso sua madre veniva a parlargli. Mi disse che una volta,

mentre era in prigione seduto nella sua cella, sentendosi molto depresso e domandandosi se ne sarebbe uscito senza avere un esaurimento nervoso, sua madre gli apparve. Disse che sembrava viva quanto lo era stata in vita e lo sguardo di amore e di incoraggiamento che gli aveva dato gli diede il coraggio di andare avanti e di non perdere la ragione.

Ero al teatro la sera che Ivor diede la sua prima rappresentazione dopo aver scontato la sua pena e fu una serata indimenticabile; tutto il pubblico si alzò in piedi e gli applausi sembravano non voler mai finire. Fu una meravigliosa serata teatrale e potetti dare l'assicurazione a Ivor che il suo passato era dimenticato e che il pubblico gli aveva conservato il suo affetto.

Beatrice Lillie venne da molto spesso dopo la prima volta e una sera Rodolfo Valentino venne a parlarle. Menzionò il loro incontro a Hollywood e Miss Lillie gli

domandò se si ricordava ancora le circostanze. Valentino rispose che era stato in occasione di una festa sulla spiaggia in casa di Costance Talmadge e menzionò una fotografia che mostrava lei e Valentino seduti su uno steccato con le braccia attorno a Pola Negri. Dopo quella seduta Miss Lillie mi disse che quella festa sulla spiaggia era stata l'unica volta in cui aveva incontrato Rodolfo Valentino e la fotografia da lui menzionata si trovava in un baule a New York nel suo appartamento.

La spada di Damocle inevitabilmente discese su di me e mi presentai agli esami destinato a essere eliminato con quelli che non avevano attitudine per lavorare in un ufficio. Non avevo mai acquista-

- 108 -

to attitudine per il loro sistema di archiviare e neanche ero riuscito a dominare tutti quei geroglifici della stenografia e usavo ancora il mio sistema di battere a macchina con due dita invece che con tutte e dieci. Inutile dire che fui eliminato e la visione inverosimile dell'eminenza grigia seduta dietro la scrivania del generale svanì per sempre.

Mentre stavo ancora curando le mie ferite dopo questo scacco, mi dissero che c'era

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

urgenza di uomini per lavorare nelle miniere ed assicurare alla nazione i rifornimenti di carbone, perché pochi volontari avevano risposto a questo appello. Risposi avventatamente a questa mal celata allusione e poco dopo mi trovai seduto in un treno

che mi portava a Wolverhampton per essere allenato come minatore. Per alcune ragioni che mi furono spiegate in quel momento, non era possibile rimanere un militare se si diventava minatore; perciò prima di salire sul treno per Wolverhampton dovetti ritornare a essere un civile.

Quello che non avevo preso in considerazione quando decisi di assicurare alla nazione i rifornimenti di carbone era il fatto che durante i corti periodi in cui ero stato rinchiuso in una cabina durante le mie dimostrazioni pubbliche, invariabilmente avevo sofferto di claustrofobia. Il grado dipendeva dalla grandezza della cabina e dall'aria che mancava. I sintomi erano spiacevoli, ma non tanto severi da farmi rinunciare e

avevo potuto sopportarli per la durata delle sedute. Stupidamente non avevo considerato la possibilità che lavorare nel ventre della terra per tante ore di seguito mi avrebbe causato gli stessi sintomi, ma mille volte peggiori.

Durante il periodo di allenamento provai con tutta la mia forza di controllare la paura che avevo di rimanere intrappolato e soffocato e l'irrazionale terrore che mi assaliva ogni volta che scendevo nella miniera, ma mentre le settimane si trascinavano capivo sempre più che non potevo diventare un minatore e ogni ora che passavo laggiù era una indescrivibile tortura. Quando non ce la feci più fui rimandato all'esercito e destinato in un grande campo non lontano dai magazzini di Liverpool. Il nostro lavoro consisteva nel caricare sui camions pesanti casse di rifornimenti che sarebbero state spedite alle forze armate sul continente. Benché il lavoro fosse duro e faticoso e il campo sembrava essere un bersaglio per le incursioni notturne e diurne era decisamente

una benedizione dopo l'orrore del lavoro nella miniera. Vi rimasi, relativamente felice, fino alla fine della guerra.

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

Capitolo X

Nel gennaio 1946 qualche giorno dopo il mio trentacinquesimo compleanno, cambiai la mia uniforme militare con un abito civile paternamente provveduto dal governo e uscii dal centro di smobilitazione con un biglietto ferroviario per tornare a casa e la libertà in tasca.

Mentre stavo aprendo la porta di casa con la mia chiave, Edith usciva dalla cucina con una teiera in mano. Fu talmente eccitata nel rivedermi che la fece cadere sulla tavola lucida dell'entrata e si gettò nelle mie braccia. Per alcuni anni la macchia dell'acqua bollente rimase in evidenza e né l'uno né l'altra avevano il coraggio di pulirla perché ci ricordava quella felice riunione. Più tardi, lo stesso giorno, Owen

che era diventato tenente e portava sul petto la decorazione al valor militare, ritornò inaspettatamente in permesso e la famiglia si trovò riunita al completo.

Nella nostra casa la felicità era sempre condivisa con gli amici e invitammo tutti a

celebrarla con noi. Andai al negozio di liquori vicino a casa per vedere cosa potevo comperare per la festa, aspettandomi di trovare molto poco, poiché le scorte di vini e liquori erano mancate dall'inizio della guerra e ora si facevano rare. Il padrone del negozio era un uomo che qualche volta aveva assistito alle mie sedute. Prima ancora che gli chiedessi una bottiglia di vino mi mostrò una bottiglia grande di champagne. Mi confessò che era l'ultima della sua scorta, che l'aveva tenuta per il giorno in cui sarei tornato a casa definitivamente, e non mi permise di pagarla.

Più tardi quella notte quando i brindisi furono terminati e i nostri amici se ne erano andati, mi resi conto sotto la luce delle lampade delle nuove rughe sul volto di

Edith. Anni di incertezze, costante paura per Owen, notti di insonnia mentre le bombe cadevano attorno alla casa avevano lasciato la loro traccia. Appariva vecchia e stanca, ma io non la vidi mai così bella.

Mi concessi qualche giorno per abituarmi alla vita civile e poi le .porte del Tempio della Luce furono aperte di nuovo e ripresi il lavoro per cui ero nato.

A una seduta in cui assisteva il maresciallo dell'Air Force Lord Dowding, un convinto spiritista che era quella sera l'ospite d'onore,

- 110 -

Mickey, la mia guida, presentò un giovane aviatore con queste parole: "C'è un giovane qui che era nell'aviazione e vuole mettersi in contatto con i suoi genitori. E'

talmente eccitato che mi domando se sarà capace di parlare ma cercherò di aiutarlo". Poco dopo udimmo la voce di un aviatore che ci chiedeva di metterci in contatto con suo padre e sua madre. Era stato spesso a trovarli, ma loro non lo avevano visto. Ci raccontò che era rimasto ucciso quando il suo aeroplano si era infranto sulla Norvegia e lui aveva venti anni ed era l'unico figlio. "Vi prego, dite a mia madre che ora sto bene", ci supplicò, "è tanto disperata che si sta ammalando".

Siccome nessuno del gruppo conosceva questo giovane spirito, il signor Walter J. West, Vice-Presidente del Tempio della Luce domandò al ragazzo il suo nome e indirizzo e gli promise di mettersi in contatto con i suoi genitori se ciò sarebbe possibile. "Grazie tanto", rispose il ragazzo morto, "avevo tre nomi di battesimo, Peter William Handford e il mio cognome era Kite". Poi diede il suo indirizzo al nord di Londra dove disse vivevano ancora i suoi genitori. Ma questo non fu tutto, perché Peter Kite parlò

a un uomo del nostro gruppo e gli disse: "Io la conosco, lei si chiama signor Turner, mi strappò un dente". Nessuno del gruppo sapeva che il signor Turner era un dentista e nemmeno conoscevano il suo nome. Il signor Turner ci disse che si ricordava quando Peter Kite era venuto a farsi curare qualche anno prima, ma non sapeva che era stato ucciso e nemmeno che era ufficiale di aviazione.

Dopo la seduta il signor West andò a Grange Park e trovò la casa dove Peter Kite aveva detto vivevano i suoi genitori. La madre del ragazzo morto, la signora May Kite venne ad aprire la porta e nell'udire quello che il signor West era venuto a raccontarle accettò immediatamente l'invito di partecipare assieme al padre di Peter ad una speciale seduta al Tempio della Luce.

Siccome nessuno del gruppo conosceva questo giovane spirito, ed era stata la presenza di lord Dowdina alla seduta precedente che aveva aiutato il luogotenente Kite a

manifestarsi, lo invitammo a partecipare come membro di questo speciale gruppo di cui sarebbero stati ospiti i genitori di Peter. Accettò l'invito con piacere.

Appena le luci furono spente Mickey ci disse che Conan Doyle voleva dire due parole ai signori Kite prima che loro figlio venisse a parlare. Doyle che durante la sua vita, dopo anni di sedute con vari medium si era finalmente convinto dello spiritismo, si mise a parlare con molta comprensione ai genitori del ragazzo che non avevano nessuna

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

conoscenza di parapsicologia. Spiegò loro come Peter, dopo che il suo aereo era stato colpito, si era ritrovato in vita con un corpo più leggero, ma che assomigliava in tutto e per tutto al suo

- 111 -

corpo fisico che egli vedeva giacere fra i rottami. In un primo tempo Doyle spiegò ai genitori che il loro figlio era rimasto sorpreso perché malgrado vedesse il suo corpo giacere non poteva capire come mai si sentiva così vivo e non poteva credere di essere morto. Quando due contadini vennero per investigare il rottame dell'aereo Peter era rimasto confuso perché questi non lo vedevano né lo udivano, ma molto presto alcuni suoi amici che egli sapeva che erano morti, vennero a spiegargli le sue nuove

condizioni di vita e lo portarono nella sua nuova dimensione. Quando Conan Doyle ebbe terminato di parlare Peter Kite con voce eccitata venne a

salutare suo padre e sua madre. "Ho il cane, mamma", disse ridendo, "è un alsaziano".

Questo si riferiva a uno scherzo che aveva fatto a sua madre pochi giorni prima di morire. Peter amava i cani e aveva telefonato a sua madre per dirle che mandava a casa un cane alsaziano che aveva comperato. La signora Kite non amava i cani e il pensiero di un enorme alsaziano che le avrebbe strappato tutto in casa la repugnava. Dopo averla presa in giro per un momento Peter le ricordò che era il primo di aprile.

"Ho visto che mettevi la mia foto nella tua borsetta assieme a quella fatta in Norvegia prima di partire da casa", seguitò la voce dello spirito. La signora Kite ci disse che aveva preso un'altra borsa prima di partire da casa per venire alla seduta, e aveva cambiato il contenuto compreso la fotografia di suo figlio e quella che le era

stata recentemente mandata della sua tomba in Norvegia. "Ti occupi molto bene del giardino", disse Peter. "Mi piace la parte che hai

trasformato in un giardino di memorie. Lo sai che gli uccellini che fanno il nido fra gli alberi di ciliege mi possono vedere anche se tu non lo puoi?". I genitori ci dissero che dopo la morte di Peter, avevano trasformato una parte del giardino piantando alberi di ciliege in sua memoria e che gli uccellini vi facevano il nido in questa stagione. "Vado spesso in camera mia e non hai cambiato neanche una cosa", Peter seguitò; "il mio aeroplano modello è ancora lì e tutti i miei libri e la carta da parati che non mi piaceva!". Era vero che i genitori avevano lasciato la camera del loro figlio esattamente come era il giorno della sua morte e che la carta ai muri non gli era mai piaciuta. "Sono contento che la mia auto serve ancora, ma è un po' piccola per te papà, non ti pare?". Il signor Kite fu d'accordo nel dire che la macchina sport

di suo figlio era un poco stretta per lui, uomo alto e molto grosso. "Vi dico tutte queste stupidaggini per farvi sapere che sono veramente io che vi parlo e che vengo a trovarvi, ma soprattutto voglio che tu e la mamma sappiate che sono vivo, più vivo ora di quanto lo sia mai stato".

- 112 -

Per quasi quaranta minuti la voce di Peter seguitò ammucchiando prove contro prove, dettagli infimi in se stessi, ma che messi tutti insieme davano una prova incontestabile ai suoi genitori della continuità della sua esistenza.

Quando la seduta ebbe termine, i genitori dichiararono che la sopravvivenza di loro figlio era stata confermata in modo determinante. "Non ho mai creduto a queste cose",

disse il signor Kite, "ma ora sono fermamente convinto". La signora Kite aggiunse "da quando mio figlio è morto questo è il primo conforto che io provo e sento di aver perso molto dell'amarezza che avevo".

Durante una delle mie licenze quando ero nell'esercito, avevo ricevuto la signora Marie Barrat, una belga che vive a Golden Green e che aveva perso suo figlio in servizio attivo al principio della guerra. George si era manifestato durante una seduta e aveva dato prove talmente ovvie che il dolore della madre si era attenuato e aveva ripreso la forza di vivere. La signora Barrat era ricca e aveva un cuore generoso. In memoria di suo figlio e per ringraziare la sorte che le aveva dato la opportunità di avere le prove della sua sopravvivenza decise di dare a tante altre madri che avevano perduto i loro figli l'opportunità di ricevere lo stesso conforto. Appena ritornai a casa dopo il servizio militare la signora Barrat organizzò delle sedute settimanali a

cui partecipavano madri venute da tutte le parti dell'Inghilterra e per cui ella pagava le spese da un Fondo speciale creato a questo scopo.

Prima di ogni seduta la signora Barrat spiegava a queste madri che il medium era completamente all'oscuro di chi esse fossero, che non gli aveva dato neanche i loro nomi, allo scopo di rendere le prove ancora più evidenti. Vi furono molte riunioni commoventi in queste sedute e le madri se ne andavano confortate.

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

Una volta una delle mamme non si fece vedere in tempo alla seduta e, dopo averla attesa qualche minuto decidemmo di cominciare senza di lei. Dopo poco udimmo la voce di un giovane che domandava di sua madre. La signora Barrat gli chiese chi fosse e ci

rendemmo conto che doveva essere il figlio della signora che non si era presentata alla seduta. La signora spiegò che sua madre non era venuta e avevano dovuto procedere senza di lei. "Il treno di mia madre era in ritardo", disse la voce, "ma è qui ora. E' seduta su una sedia nel pianerottolo fuori di questa stanza. Vi prego lasciate che io le parli". Con dispiacere la signora Barrat disse al ragazzo che non poteva aprire la porta della camera in cui sedevamo per far entrare sua madre perché la luce che veniva da fuori avrebbe danneggiato il medium. "Devo provare a parlarle a tutti i costi", disse il giovane "è tanto addolorata per la mia morte che mi rende infelice e non

- 113 -

posso sistemarmi nella mia nuova vita". Allora successe una cosa meravigliosa. Di

solito le voci delle persone liberate dal corpo parlano da un punto sopra la mia testa, leggermente di fianco alla mia persona nello spazio chiamato da Mickey "emanazione d'oro", ma quando questo spirito si mise a parlare la sua voce si mosse subito da me per attraversare la stanza e arrivare fino alla porta chiamando sua madre a voce molto alta. Dall'altra parte della porta la madre rispose e il ragazzo morto ebbe un dialogo con la madre viva fino a quando ella si convinse che suo figlio era veramente sopravvissuto e l'amava come quando era in vita.

In un altro gruppo di persone fu una ragazza che ritornò per confortare sua madre. Una certa signora Maxon che viveva a Oxford mi chiamò un pomeriggio, in un momento di

impulsività, mi disse, e siccome vi era un posto vacante le diedi appuntamento. La ragazza ricordò alla madre l'ultimo balletto che avevano visto insieme al Covent Garden: "Le Silfidi", e raccontò che quando era morta aveva incontrato Anna Pavlova per la quale aveva sempre avuto una grande ammirazione e rispetto perché era la più grande ballerina del mondo. La ragazza ricordò anche quando aveva marinato la scuola anni fa per fare una coda durata tre ore sotto la neve al fine di procurarsi un biglietto di galleria per vedere la Pavlova ballare in una rappresentazione diurna. Mickey era confuso per il vestito che, disse, indossava la ragazza. Prima ci disse che doveva essere un vestito da sposa, poi uno da prima comunione, ma quando si mise a descrivere delle rose rosse sulla sottana, la signora Maxon immediatamente riconobbe il vestito lungo da ballerina che sua figlia portava la sera del balletto e ci disse che aveva cucito lei stessa quelle rose rosse sulla sottana poco prima della malattia di sua

figlia. "Ho avuto assoluta prova della sopravvivenza di mia figlia", scrisse la signora Maxon a Psychic News dopo quella seduta, "Nessuno sapeva niente di me. Presi

l'appuntamento per telefono da Oxford e ero sola". La maggior parte di quelli che comunicano dall'aldilà alle mie sedute parlano della

loro felicità nella loro nuova condizione di vita, ma mi ricordo di uno spirito che allarmò uno dei miei gruppi, perché irritato e di cattivo umore. Ci disse di essere un soldato americano ucciso nel "blitz" di Londra e quando una signora fra i presenti gli disse che era meravigliata di sentirlo parlare a quel modo egli rispose: "Beh, non è mica divertente venire fino a Londra per morire sotto un bombardamento!".

Le mie sedute hanno normalmente due restrizioni imposte. La prima è il buio assoluto, la seconda che solo un numero limitato di persone possa assistervi. Sia prima che durante la guerra Noè Zerdin e il suo gruppo avevano esperimentato una cabina speciale

nella quale

- 114 -

sedevo durante le riunioni per potere eliminare queste restrizioni. Alla fine questi esperimenti riuscirono così bene che fu deciso di celebrare il quindicesimo anniversario dell'Associazione Link con una grande seduta in piena luce con un pubblico di oltre mille persone.

Quella sera fu il Maresciallo Lord Dowding a presentarmi al pubblico rendendosi garante dell'assenza di ogni frode.

La cabina, alta sette piedi e larga quattro, fu piazzata nel centro della pedana dove poteva essere vista da tutti i presenti. Quelli che stavano in fondo alla galleria

potevano molto probabilmente vedere tutto intorno. I quattro lati della cabina erano stati coperti da un'incerata nera che non lasciava passare nessuna luce e io ero all'interno seduto su una sedia comune. Di fronte alla cabina, a una distanza di circa cinquanta centimetri vi era un microfono e i membri della società Zerdin erano seduti attorno in forma di una ellissi avendo la cabina per punto focale. In queste condizioni, sotto le luci abbaglianti della sala, fu data a un pubblico la

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

dimostrazione delle voci dirette indipendenti a differenza di quelle esperimentate generalmente da un piccolo gruppo privato.

La voce chiara di Mickey con il suo accento cockney fu la prima a essere sentita

quella sera e siccome mettere la gente a suo agio sembrava facesse parte delle sue funzioni alle nostre sedute, ci disse ridendo con voce arzilla, "Bella gente c'è qui stasera, non vi pare? Immagino che molte persone non sanno niente di queste cose ma farò del mio meglio per loro!" e da quel momento lo fece veramente.

Il primo visitatore dell'aldilà disse di chiamarsi Roy Marchant e fu subito riconosciuto dai suoi genitori che si trovavano fra il pubblico. "Ciao mamma! Ciao papà", disse Roy tutto eccitato. "Voglio che sappiate che non sono morto, sono meravigliosamente vivo e mando il mio affetto a voi e a baby". I genitori risposero affettuosamente. Poi Roy ringraziò sua madre per la festa di bambini che aveva dato per

suo figlio. "Non pensate a me come se fossi lontano", seguitò. "Non lo sono. Sono spesso con voi infatti ero con voi in Svizzera! Non vi è nessuna separazione fra noi".

Lo spirito che seguì disse di chiamarsi Gladys Richmond e parlò a un signore nella

prima fila dell'uditorio supplicandolo di perdonarla per alcuni malintesi fra loro quando era sulla terra. "Sono spiacente per tutto l'accaduto", disse "è stata una disgrazia — lo credi, vero?". Il signore assicurò che la credeva e che capiva. "Sono così felice di sapere che hai capito", disse Gladys "e sappi che ti amo e che un giorno saremo riuniti di nuovo. Leggi spesso l'ultima lettera che ti scrissi dalla Scozia, ti vedo quando la leggi".

"Mi sento come una intrusa, ma spero che non ci farete caso",

- 115 -

disse una voce di donna. "Sono Stella Patrick e vi voglio presentare Leslie Howard". Ci fu un fruscio di emozione in tutto l'uditorio. Leslie Howard, il famoso attore, era morto tre anni prima in un aereo civile abbattuto da un bombardiere tedesco, e la sua morte aveva causato vivo rimpianto nel mondo intero.

Una voce di uomo colto fu sentita. "Dio vi benedica tutti! Sono felice di essere potuto venire a parlarvi in questo modo. Molti di voi forse non capiscono bene che la morte non esiste. Noi altri qui che veniamo a parlarvi lo facciamo per guidarvi e darvi coraggio. La guida spirituale non finisce mai, quello che è successo duemila anni fa è successo ancora attraverso i secoli e ancora oggi. Andavo a riunioni di questo genere quando ero in vita e lo trovavo di grande conforto e interesse. Non ero forse uno spiritista, ma credo certamente alla sopravvivenza dell'uomo dopo la morte". Parlando

in modo più personale la voce di Howard seguitò: "Vorrei parlare a Phyllis James, la mia segretaria". La signorina James rispose e lui le chiese di mandare i suoi affettuosi saluti a "Ruth" e di fare sapere alla sua famiglia che era apparso questa notte. "La morte non mi ha derubato di nessuna delle mie facoltà", concluse. "Che Dio benedica ciascuno di voi presente stasera a questa seduta".

Una delle scene più commoventi di quella serata cominciò molto silenziosamente quando Mickey disse: "Voglio parlare con la signora tutta vestita di grigio in fondo alla sala perché c'è qui il suo ragazzo. Era in marina, il suo nome è Jim". Una donna proprio in fondo alla sala rispose: "E' per me?". Al momento che sentimmo la sua voce si udì un patetico grido "Mamma! Mamma! Sono così felice che sei venuta!". "Caro, caro!", fu tutto quello che la madre poteva rispondere. "Non sono morto sai", Jim ansiosamente cercava di rassicurarla. Nel cercare di convincerla l'ansietà di Jim aumentava. "Non

sono annegato. Sono vivo!". Le parole gridate facevano eco nella sala, cariche di dolore, non sapendo se con il conforto che cercava di arrecare sarebbero state capite veramente. A questo punto Mickey intervenne per salvare il brusco passaggio da concetti difficili a frasi più banali ridando il sorriso a tutti i presenti. "Jim è molto più vivo di lei, signora, glielo dico io!".

Quando la seduta volgeva alla fine una voce femminile con una perfetta dizione si fece udire, era la voce che spesso veniva a parlarci nelle nostre riunioni, la voce di Ellen Terry. "Signori e Signore", disse "mi hanno chiesto di venire qui stasera per parlarvi alcuni momenti, sebbene io sappia molto bene che altri hanno più competenza di me. Per quelli di voi che hanno fede nello spiritismo e la sicurezza nella conoscenza che la vita continua dopo la morte, non vi sono ragioni per cui non possiate sviluppare il grande dono dello

- 116

spirito nelle vostre proprie case. Qualche volta vi sentirete scoraggiati e depressi e vi sembrerà di non fare progressi sufficienti; noi da questa parte vi aiutiamo quanto possiamo, ma non possiamo dirvi quanto tempo ci vuole per sviluppare le facoltà

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

medianiche di un individuo. Per alcuni ci vogliono anni, altri invece sviluppano molto rapidamente se sono perseveranti; ma abbiate fede, riunitevi in sincerità spiritica e usate i vostri doni per servire l'umanità. Il dopo guerra ha lasciato il mondo in un

caos, più che mai sarete utili per trasmettere l'aiuto che possiamo darvi noialtri da questa parte. L'ignoranza e l'egoismo umano hanno portato grandi sofferenze all'umanità e la gente dice: 'Perché Dio permette queste cose?'. Ma Dio vi ha dato una libera volontà. Cercate di trovare il legame con quelli che sono spiriti e ricordate le parole di Gesù quando vi riunite in sedute spiritistiche, 'Sono con voi sempre'. Andate avanti coraggiosamente e sappiate che anche voi, potete essere di aiuto per servire Dio. Siate i Suoi servi, i Suoi figli, e questo vi porterà la pace eterna".

Con queste parole terminò la prima dimostrazione pubblica in piena luce delle voci dirette indipendenti; era stato un successo al di là delle nostre speranze e la prima

di molte altre che dovevo dare in futuro non solo a Londra, ma anche nelle più grandi sale di tutta l'Inghilterra, e io sentivo più che mai che la mia vita doveva essere dedicata a confortare quelli che piangevano ed a dare la certezza a quelli che

cercavano di sapere cosa si trovi al di là dell'illusione che chiamiamo morte. Dopo quella serata le lettere giunsero a sacchi al Tempio della Luce. Molte persone

volevano partecipare a sedute private oppure unirsi a gruppi, molte società sparse in tutta l'Inghilterra volevano una dimostrazione delle mie facoltà medianiche. Divenne evidente che dovevo limitare severamente il mio lavoro per evitare un esaurimento nervoso e la possibile conseguenza di perdere completamente il mio prezioso dono. Da quel momento il Tempio della Luce fu riorganizzato e tutta la parte amministrativa e finanziaria non dipese più da me ma dal Comitato, per cui mi fu possibile lavorare senza pensieri ne ansietà e il mio lavoro poté essere organizzato in modo che le mie

facoltà medianiche venissero usate per aiutare quanta più gente fosse possibile senza consumare le mie forze né il mio sistema nervoso. Il Reverendo Arthur Sharp diede le sue dimissioni dalla chiesa di Santo Stefano per diventare il nostro Presidente e il Reverendo Charles Drayton Thomas si unì al nostro Comitato. Ero circondato da persone meravigliose e piene di entusiasmo.

A un'altra dimostrazione in piena luce, questa volta al Teatro della Scala di Londra, una voce che disse di essere John Wesley fece una magnifica orazione in cui ci fece parte dei progetti che

- 117 -

si facevano nel mondo degli spiriti per portare la luce al nostro mondo oscurato e

diffondere la verità sulla vita dopo la morte. Mentre stavo chiuso nella mia cabina senz'aria sul palcoscenico, rimasi stupito dell'eloquenza e del linguaggio che era molto al di sopra della mia educazione.

Quando la voce di Wesley si affievolì e varie altre entità avevano parlato ai loro amici, fra il pubblico sentimmo la voce di una giovane ragazza che appariva molto eccitata e emozionata. Disse che era la prima volta che tentava di comunicare; la sua voce era esitante ma chiara.

"Come ti chiami?", domandò Drayton Thomas che era seduto sul palcoscenico assieme a Lord Dowding e quelli del mio gruppo. "Il mio nome è Doreen" rispose la ragazza. "Puoi dirci il tuo cognome?", le fu chiesto. Rispose Mickey dicendo che il suo cognome era Marshall, perché la ragazza sembrava avere difficoltà di parlare. Vi fu un momento di eccitazione fra il pubblico perché ci si domandava se Doreen Marshall poteva essere una

delle vittime di Neville Heath, il perverso assassino che era stato impiccato per l'assassinio di un'altra disgraziata ragazza, poco tempo prima.

"C'è qualcuno qui che ha conosciuto Doreen Marshall?", chiese Drayton Thomas al pubblico. Un uomo nei primi ranghi della sala rispose che aveva abitato di fronte alla sua casa. Allora la ragazza provò di nuovo a parlare. "Sto bene ora", disse; poi rivolgendosi al signore che aveva detto di essere stato il suo vicino seguitò: "accarezzavo sempre il suo cane". In quel momento la ragazza fu invasa da una forte emozione e il filo fu interrotto. Mentre ascoltavo il pubblico che ancora bisbigliava emozionato, non potei impedire di sentirmi triste al pensiero che gli sforzi di comunicare di quella povera ragazza assassinata avevano apparentemente avuto un effetto più grande sul pubblico di quella magnifica orazione che ci aveva dato la voce che diceva di essere John Wesley.

Quando Owen fu smobilitato riprese il suo lavoro negli studi cinematografici di Elstree, però, man mano che le settimane passavano, ci accorgevamo con preoccupazione che non era più il ragazzo spensierato di prima della guerra. Era irrequieto e turbato e aveva preso l'abitudine di passare le serate chiuso in camera sua invece di uscire con gli amici come faceva una volta. Supponevo che questo strano modo di comportarsi fosse il risultato di anni faticosi come pilota da bombardiere, e lo scusavo per questi

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

salti di umore e per i momenti di irritabilità che non gli assomigliavano affatto. Pensando alla commozione cerebrale di cui aveva sofferto dopo l'abbattimento del suo aereo, ci domandavamo se soffrisse di mal di capo, disturbi della vista oppure

vertigini. Ma l'oggetto della nostra sollecitudine ri-

- 118

spondeva sempre con segni esasperati oppure alzando gli occhi al cielo in attitudine di rassegnazione.

Edith cominciò a parlare frequentemente di nevrosi e di doppia personalità causata da tensione e mi accorsi che leggeva testi di psicologia presi in prestito dalla biblioteca del quartiere e che nascondeva appena entrava Owen.

La risposta ai disturbi di Owen era molto più semplice di quanto pensasse sua madre. Durante il periodo di allenamento in California si era innamorato di una ragazza americana e per tutta la guerra erano rimasti in corrispondenza. Appena tornato alla

vita civile le aveva scritto per farle la proposta di matrimonio. Siccome era stato perfettamente onesto riguardo al suo avvenire finanziario che non era dei più brillanti e la ragazza era figlia di genitori ricchi, Owen era in una febbrile attesa che si alternava con momenti di euforia e la più nera disperazione. Appena ricevette il telegramma che lo informava che lei sarebbe arrivata con il primo piroscafo in partenza per l'Inghilterra, Owen ritornò a essere se stesso.

Owen e Jane furono sposati da Padre Sharp nella sua antica parrocchia di Santo Stefano a Hampstead. Jane era una bellissima sposa e Owen uno sposo molto orgoglioso. I superstiti dello squadrone di Owen facevano da guardia d'onore e siccome i genitori

della sposa non avevano potuto venire in Inghilterra per la cerimonia io feci le loro veci e portai Jane all'altare. Fu un matrimonio allegro anche se la madre dello sposo sparse qualche lacrima quando la coppia partì in viaggio di nozze. Più tardi si stabilirono in un piccolo appartamento a Maida Vale e ebbero una bambina che diede una grande felicità a Edith e ai suoi giovani genitori.

La bufera venne inaspettata. Eravamo usciti con amici trascorrendo una piacevole serata; mentre tornavamo a casa con la metropolitana Edith mi disse di sentirsi strana e guardandola sotto la luce mi accorsi che la sua faccia era grigia.

Era l'alba quando mi svegliai di colpo sentendo che stava succedendo qualcosa di strano. Guardai Edith che sembrava dormire tranquilla. Ma la sensazione che avevo di qualcosa di strano persisteva e allora la guardai molto da vicino. Un lato della bocca era storto. Saltai giù dal letto e corsi al telefono. Quando il dottore venne mi disse

che Edith aveva avuto un colpo. Mia moglie era diventata improvvisamente una persona impotente dopo essere stata una donna piena di vita e la sua malattia doveva durare cinque anni.

Una sua figlia sposata venne ad aiutarmi a curarla durante il periodo più difficile, ma presto quando lei e il marito e tutta la loro famiglia dovettero traslocare in un altro quartiere mi adattai a fare da solo per il meglio.

- 119 -

Benché io sia capace di parlare con quelli che mi guidano e mi aiutano dall'aldilà

così come fanno le persone radunate alle mie sedute, non ho l'abitudine di chiedere aiuto per i miei problemi materiali perché mi hanno sempre detto chiaramente che non

devo aspettarmi che la mia vita sia facile e neanche devo immaginarmi che io abbia il diritto di ricevere speciali privilegi per il fatto di essere un medium. Ma quando fare la spesa, cucinare, curare mia moglie e nello stesso fare il mio lavoro divennero fardelli che mi davano l'incubo, mi decisi a chiedere il loro aiuto. E nella seduta seguente chiesi loro di mandarmi qualcuno che mi assistesse.

"Qualcuno ti è già stato mandato", disse Mickey, "sta lavorando in questa casa e si trovava fra i presenti all'ultima grande riunione a Kingsway". Non potevo immaginare a chi Mickey alludeva. L'unica persona che lavorava in casa era un giovane che stava ridecorando la camera da letto.

"Non vuoi dire il pittore?", dissi a Mickey. "Sì, è lui", mi rispose arzillo. "Si chiama Bill Willis e si sta domandando cosa diavolo succederà di lui quando avrà finito di lavorare qui perché il suo socio lo ha piantato. Domandagli se vuole restare e lui

ti toglierà tutti i pensieri e si interesserà anche del tuo lavoro". Era vero che in un primo tempo vi erano stati due pittori e negli ultimi giorni uno dei due era mancato, ma ciò nonostante la soluzione che mi proponeva Mickey mi sembrava piuttosto impossibile. "Domandaglielo. Ti dico che accetterà", rispose Mickey con una inflessione d'impazienza alla mia ovvia incredulità. "Va bene", dissi, "se lo dici tu Mickey".

L'indomani presi una tazza di tè e con molta diffidenza entrai nella camera dove il

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

pittore stava lavorando da solo. Per assicurarmi se quello che mi aveva detto Mickey corrispondeva alla verità stavo per chiedergli se aveva assistito alla grande serata a Kingsway quando fu lui il primo a parlarmi per dirmi quanto era stata interessante. Mi

disse che era seduto vicino a una signora che aveva perso suo figlio in guerra e che questi le aveva parlato con la stessa voce che aveva avuto in vita. "E' proprio vero?", disse Bill "è tanto bello che pare impossibile sia proprio così". Lo assicurai che era la verità e poi sempre con l'intenzione di assicurarmi che Mickey mi avesse detto il vero, gli domandai se il suo socio lo aveva lasciato in una situazione difficile. "Sì", disse Bill. "Mi ha piantato in asso e sono nei guai. Non posso andare avanti da solo e quello mi ha lasciato per davvero. Non so cosa farò quando avrò terminato questo lavoro. Molto probabilmente dovrò trovarmi un lavoro in fabbrica".

"Vorrebbe venire a lavorare qui?", gli chiesi, "ho bisogno di qualcuno che si occupi

della casa e mi aiuti per le cure da dare a mia moglie".

- 120 -

Bill esitò, poi mi chiese se avrebbe avuto anche la camera per dormire. Gli risposi

affermativamente e mi disse che avrebbe provato, se a me non importava che imparasse a cucinare a spese mie. Mi aggiunse che voleva anche sapere di più su questa faccenda dello spiritismo.

Presto fu chiaro che avevo trovato in Bill un impagabile collaboratore. Imparò molto presto il tran tran della nostra casa, cominciò a studiare libri da cucina e poi a servirci deliziosi pasti pieni di immaginazione. Si affezionò molto a Edith e spesso si agitava per lei come la gallina per il suo pulcino. Faceva tutto quello che poteva per

facilitarmi la vita, venne assiduamente alle mie riunioni e dopo poco una persona che aveva conosciuta e amata venne a parlargli per dargli la convinzione assoluta della sua sopravvivenza. Molti dei miei amici e clienti che lo conobbero prima della sua immatura morte per un inoperabile tumore maligno, si ricorderanno di lui con affetto.

Il Comitato del Tempio della Luce organizzò un'altra grande dimostrazione al Kingsway Hall. Come nell'altra occasione dovevo sedermi in quella cabina senz'aria sul palcoscenico perché la sala doveva essere illuminata come in pieno giorno. Alcune settimane prima della data annunciata tutti i posti erano stati venduti e quella sera centinaia di persone non furono ammesse perché anche tutti i posti in piedi erano occupati.

Come sempre Mickey fu il primo a parlare, ma questa volta per la prima volta ci disse che Mickey era solo il suo nome nel mondo dello spirito e per il suo medium. Ci

raccontò che in vita si chiamava John Whitehead e che aveva venduto giornali nei sobborghi di Camden Town e nella metropolitana fino al giorno in cui un camion lo aveva investito quando aveva appena dieci anni. "Sono molto più felice qui di quanto lo fui in vita", assicurò a tutti i presenti,. "potete dire che farmi ammazzare è stata la miglior cosa che io abbia mai fatto!". Questo fu causa di una risata generale che pose fine alla tensione e tutto il pubblico fu a suo agio.

Lo spirito che si fece sentire subito dopo diceva di essere "Jack Hickinbottom, una volta abitante al 76 di Albert Street a Tipton, Staffordshire". Dalla galleria una voce di donna rispose, "Sì figlio, sono qui!". La madre e il figlio fecero una conversazione a proposito dell'abisso illusivo della morte, su banalità come il colore del suo impermeabile, il nome del cane del vicino e la natura della malattia del figlio prima che morisse; tutte queste cose erano di importanza relativa, ma per la madre venuta da

lontano e arrivata solo quella mattina senza conoscere anima viva a Londra, erano prove evidenti che realmente le parlava suo figlio morto otto anni prima.

Alla fine della seduta il Reverendo Drayton Thomas fece un

- 121 -

breve discorso ai presenti dicendo che in queste dimostrazioni che davamo vi era qualcosa di più profondo che il semplice fatto della comunicazione fra questo mondo e l'altro; prove scientifiche, domestiche, emotive erano una cosa molto importante, disse, ma se questo è tutto quello che rimane dopo queste sedute allora l'arancio è stato sbucciato e il frutto può essere gettato. "Il vero significato di tutto ciò", seguitò a dire, "è la vita che va avanti da un livello all'altro fino a raggiungere

Dio". Qualche giorno dopo la seguente lettera fu pubblicata sulla rivista Psychic News:

"Numerose persone fra i presenti a Kingsway Hall alla dimostrazione delle voci

dirette sembrano domandarsi se l'attrezzatura fosse veramente genuina. Essendo io l'ingegnere responsabile per tale attrezzatura, posso assicurare il pubblico che il

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

congegno viene installato il sabato mattina molte ore prima dell'arrivo dei membri dell'organizzazione. Viene esaminato da me personalmente e durante tutta la seduta i microfoni sono sotto il mio assoluto controllo.

Cinque tipi di velocità standard sono usati per i microfoni, i due di fronte alla cabina sono collegati dietro l'amplificatore separatamente. Quello usato dal presidente e quello sulla tavola sono unidirezionali, ricevono il segnale solo dalla parte anteriore e sono legati con il filo metallico parallelamente. Un microfono con interruttore del tipo per scrivanie viene collocato all'altra parte del tavolo e diventa 'vivo' solamente quando l'interruttore viene abbassato. Questo viene usato per indirizzarci alla gente nella sala, per dire a qualcuno di parlare oppure per una spiegazione durante la dimostrazione. Faccio notare che se l'interruttore viene usato, mi viene dato un immediato automatico segnale. E' assolutamente impossibile usare

segretamente questo microfono. I microfoni di fronte alla cabina vengono messi in atto solamente pochi minuti dopo

che il medium ha fatto la sua entrata e allo stesso tempo i microfoni sulla tavola

vengono chiusi e non sono rimessi in opera sino a che il controllo ha indicato che il medium ha finito. Questo lascia solo ai due microfoni nella cabina la possibilità di percepire il segnale.

Francamente, quando ho installato questa attrezzatura qualche tempo fa non mi aspettavo che questi microfoni potessero dare risultati positivi, o molto pochi; perché fra loro e il medium vi è una tenda di stoffa molto spessa e se il lettore vuole provare un semplice esperimento, appenda un asciugamano

- 122 -

su di una radio mentre qualcuno sta parlando. Naturalmente il suono viene attutito e così avverrebbe per la voce di Mickey, ma tutti noi sappiamo che questo non succede.

Ora vi dico... e questo è importante, non sono uno spiritista né un amico personale di nessun membro ufficiale e non conosco nessuno del personale di Psychic News, ma

vorrei avere la risposta a due domande. La voce si trova dentro oppure fuori dalla cabina? Se nell'interno, come mai è così

chiara? Allora perché le persone nell'immediata vicinanza della cabina non sentono ciò che

avviene nel microfono, dato che per avere i risultati ottenuti è necessario parlare press'a poco a sessanta centimetri di distanza con una voce due volte più forte di quella che viene usata per una normale conversazione? Ciò dovrebbe farvi pensare".

Questa lettera fu firmata dal signor Georges Muirhead, abitante al 99 di Drewstead

Road a Londra, S.W. 16 che a quel tempo era ingegnere del suono per la Tannoy Public Addres Equipment Company.

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

Capitolo XI

Il Reverendo Charles Drayton Thomas faceva parte del comitato del Tempio della Luce quale membro delle mie riunioni e usava un titolo diverso da quello che gli spettava come membro della Società per Ricerche Psichiche. Questa Società venne fondata nel 1882 da un gruppo di studiosi e uomini di scienza il cui scopo era apertamente quello di fare "una sistematica investigazione di certi fenomeni che appaiono inspiegabili in base a qualsiasi ipotesi riconosciuta", e come società è generalmente considerata la più scettica del mondo. Ciò malgrado a seguito di vari rigorosi esami quando il Rev. Drayton Thomas fu convinto che il fenomeno prodotto dalle mie facoltà medianiche era non solo genuino ma anche molto raro ebbe il coraggio della sua opinione e apparve con

me sulla pedana in varie mie dimostrazioni per testimoniare in pubblico la veracità della voce.

Giunse alle orecchie di Drayton che alcuni suoi colleghi della Società Ricerche

Psichiche avevano espresso dei dubbi che le voci fossero prodotte dalle mie labbra perché dicevano, potevo ottenere dei messaggi attraverso la chiaroudienza. Drayton era deciso di trovare un mezzo che se fosse riuscito avrebbe una volta per tutte eliminato queste chiacchiere. Naturalmente fui d'accordo per sottomettermi a qualsiasi prova avesse desiderato come del resto ero sempre disposto a fare quando mi rendevo conto che le ricerche erano oneste, sincere fatte con mente aperta. Per quel che riguarda i risultati della prova a cui mi sottomise Drayton Thomas, non posso fare di meglio che citare un passaggio pubblicato nella rivista Psychic News il 14 febbraio 1948.

"Il 5 febbraio misi sulle labbra ermeticamente chiuse del medium una striscia di cerotto. Era lungo 14 centimetri e largo sette e fortemente adesivo. La premetti sulle sue labbra e nelle fessure. Poi una sciarpa fu legata attorno alla sua bocca e le mani del medium furono fermamente legate alla sedia; un'altra corda lo legava per evitare che la sua testa potesse piegarsi. Quindi, supponendo che durante la trance egli provasse a togliere la benda, gli sarebbe stato assolutamente impossibile farlo.

- 124 -

Chiunque può scoprire chiudendo le labbra ermeticamente che il suono ne uscirà attutito e le parole che emetterà saranno assolutamente indistinguibili. Il mio esperimento era designato a provare che malgrado le condizioni qui sopra menzionate le

voci dirette si manifestavano chiaramente. L'esperimento fu un completo successo. Le voci si fecero subito sentire con la loro chiarezza abituale e Mickey mise in evidenza la sua abilità parecchie volte strillando molto forte. Vi erano presenti dodici persone e tutti abbiamo sentito più del necessario per convincere lo scettico più ostinato che la chiusura ermetica della bocca del signor Flint non aveva affatto impedito agli interlocutori invisibili di dire quello che volevano. Alla fine della seduta esaminati le corde e il cerotto trovandoli intatti al loro posto. Il cerotto aderiva talmente forte che ebbi grandi difficoltà a toglierlo senza causare dolore al medium".

Poco dopo diedi una dimostrazione a Kingsway e quando ebbi finito la mia parte Drayton Thomas descrisse la prova e l'esito positivo che aveva avuto davanti a un pubblico di duemila persone.

Drayton era molto ansioso di ripetere questa prova in presenza del Capo della Società Ricerche Psichiche che a quel tempo era il Dr. D. J. West. Fui d'accordo di collaborare e il 7 Maggio 1948 Dray venne con il Dr. West e altri tre invitati nella sala delle mie sedute spiritistiche a Sydney Grove.

Dopo che tutti i presenti ebbero esaminato la cabina per assicurarsi che non vi fossero nascosti né microfoni né altri congegni, presi il mio posto là dentro e mi sedetti su una sedia qualsiasi in posizione eretta. Il Dr. West e il signor Parsons legarono con una cinghia le mie braccia ai braccioli della sedia poi arrotolarono una sciarpa di seta varie volte attorno a ciascuna delle mie braccia. Poi misero un cerotto sulle mie labbra, due strisce sovrapposte orizzontalmente, fissate da strisce verticali incrociate e marcarono la posizione del cerotto tracciando intorno un segno con una matita indelebile. La cabina venne chiusa e le luci nella sala rimasero accese. Il

risultato di questa seduta spiritistica venne stenografato ed eccone il resoconto:

Il Reverendo Drayton Thomas disse la preghiera. Si udì brevemente una musica e dopo pochi minuti una voce disse: "Buona sera". Questa voce era molto forte e chiara. Il signor Drayton Thomas rispose, "Sono felice di sentire la vostra voce!".

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

- 125 -

UN'ALTRA VOCE: Ciao, potete sentirmi?

RISPOSTA: Sì, vi sentiamo perfettamente. MICKEY: Ciao, Dray! DRAYTON THOMAS: Ciao Mickey, sono felice di sentirti, specialmente in condizioni così

difficili! UNO DEI PRESENTI: Come sta Leslie! E' confortevole, Mickey? (Nessuna risposta) VOCE: Buona sera, potete sentirmi? RISPOSTA: Sì, ti possiamo sentire molto bene, amico. (Il respiro del signor Flint divenne molto pesante).

VOCE: Sì, penso di sì, mi domando se volessero avere... MICKEY: Ciao, come stai? Dray come stai? DRAYTON THOMAS: Mi rallegro di sentire la tua voce Mickey, prova a farci vedere

quanto puoi gridare in condizioni così difficili. VOCE: A suo tempo! (Si udirono due voci che discutevano, parlavano molto piano, e non

si poteva distinguere tutto quello che dicevano, ma una voce disse, "sì, dobbiamo fare questo, sì, lo so, dobbiamo fare questo, adesso sta bene").

UNO DEI PRESENTI: Non vi possiamo sentire bene, potete parlare un poco più forte? VOCE: Vi è una certa tensione laggiù. Dobbiamo essere indulgenti. Ci fate il piacere

di dare uno sguardo al medium? DRAYTON THOMAS: Lo sapete che qui siamo in piena luce? VOCE: Solo per soddisfare voi stessi.

DR. WESTt: Volete dire che dobbiamo guardare il medium adesso? Siamo pronti a alzare la tenda se voi volete. Siamo pronti a guardare ora se lo dite voi!

VOCE: Fate pure.

Il Dr. West alzò la tenda. Il signor Flint era sulla sua sedia in trance, con le cinghie e i cerotti intatti. Il Dr. West fece una minuta ispezione e poi richiuse la cortina (erano le 8,15 pomeridiane).

VOCE: Tutto bene? DR. WEST: Grazie amico. DRAYTON THOMAS: Sembra che lo abbiate fatto cadere in profonda trance! VOCE: Era indispensabile per un esperimento come questo. DRAYTON THOMAS: Willis! Musica per piacere!

VOCE: Non essere così impaziente, signor Drayton Thomas! DRAYTON THOMAS: Credo che in questo momento sono impaziente, ma se è per questo ho

molta pazienza e potere di durata. VOCE: Da quanto tempo vi occupate di queste cose? DRAYTON THOMAS: Da trent'anni!

- 126 -

VOCE: Come sta sua moglie? DRAYTON THOMAS: Grazie, sta molto bene, come non stava da molto tempo. VOCE: Sono contento. Voglio che vi rendiate conto che lavoriamo in condizioni molto

difficili.

DRAYTON THOMAS: Questo è chiaro, ma sentiamo tante di quelle voci! MICKEY: Vi siete dimenticati di me? Sono qui adesso. DRAYTON THOMAS: Sì, Mickey, siamo felici di sentire la tua voce con tanta

chiarezza. VOCE (molto chiara e forte): Dio vi benedica tutti. Sono Parrucca Bianca. Sono molto

felice di essere qui. Voglio che vi rendiate conto che lavoriamo con difficoltà, ma siamo molto felici di essere qui con voi.

RISPOSTA: Grazie tanto, siamo felici di potervi sentire. PARRUCCA BIANCA: Senta signor Willis, la sua cabina non è buia, no! La luce entra da

sopra — non dall'apertura, dalla tenda. Questo rende tutto più difficile. Non importa, siamo molto ansiosi di aiutarvi e cooperare con voi tutti.

DR. WEST: Siamo felici di sentire questo.

PARRUCCA BIANCA: Voglio dirvi che stiamo facendo tutto il possibile per aiutarvi, e vi abbiamo fatto vedere il medium a metà della seduta spiritica. Vi siete resi conto che non ha per niente turbato il medium? Vogliamo farvi sapere che abbiamo molti esperimenti che vogliamo fare con voi, e desideriamo mostrarvi tante cose, ma siate pazienti, non vi lasciate scoraggiare. Tutti noi da questa parte vi mandiamo i nostri saluti, il nostro affetto, fino alla prossima volta!

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

Arrivederci!

La tenda fu alzata lentamente. Il signor Flint era ancora in trance. Il Dr. West

ancora una volta esaminò i legacci e il cerotto, che poi tolse. Il signor Flint ci disse di non essersi reso conto che la tenda era stata alzata durante la seduta. A nome di quattro inviati presenti il Dr. West espresse il suo ringraziamento per avere avuto l'occasione di assistere ad una dimostrazione così estremamente interessante e ringraziava particolarmente il signor Flint per il faticoso sforzo che aveva reso possibile questo esperimento.

Benché io fossi stato in trance durante tutta la prova e questo mi aveva evitato il disagio di sentirmi legato alla sedia e di avere la bocca sigillata dal cerotto così

forte da impedirmi di respirare, quando ritornai in me dopo la seduta ero completamente sfinito.

- 127 -

Questa stanchezza persistette anche dopo una notte di riposo e così, sapendo che la mia seduta di quel giorno non avrebbe dato risultati positivi a causa della mia spossatezza, cancellai tutti i miei appuntamenti per alcuni giorni al fine di darmi il tempo di recuperare la mia normale attività. Fui avvilito quando Drayton Thomas mi disse che uno degli invitati della Società di Ricerche Psichiche presente alla prova aveva affermato che potevo parlare dal mio stomaco! Qualche giorno dopo ricevetti una lettera del Dr. West che mi diceva di non essere soddisfatto della prova perché alla

fine della seduta aveva osservato che uno dei cerotti non era più in linea con il segno fatto dalla matita indelebile. Aveva accettato la colpa di non aver applicato il cerotto con le dovute attenzioni, ma diceva dato che il cerotto era stato mosso la prova era stata rovinata ed era senza nessun valore. Mi chiese di sottomettermi a un'altra prova nelle sale della Società per Ricerche Psichiche in condizioni dettate da lui e mi offriva un onorario per i miei servizi se io accettavo. Ero troppo deluso e troppo urtato per accettare e rifiutai questo invito.

Il mio temperamento è vivace, una gentilezza inaspettata può farmi risorgere dal profondo della depressione alla cima della felicità, per questo quando trovai una lettera di Mae West sulla mia tavola all'ora della prima colazione in cui mi chiedeva di assistere a una delle mie sedute spiritistiche, tutti i miei risentimenti e le amarezze che sentivo forse ingiustamente verso l'ingiustizia della Società per Ricerche

Psichiche, sfumarono e mi sentii al settimo cielo. A quel tempo Mae West era a Londra al Teatro Prince of Wales con il famoso spettacolo

che aveva avuto tanto successo a Broadway Diamond Lil e decidemmo di fare la seduta nel

suo appartamento dell'Hotel Savoy dopo la rappresentazione serale. Un signore si presentò dicendo di essere il manager di Mae West, dopo seppi che si

chiamava Timoney; mi venne incontro quando arrivai all'Hotel Savoy e mi fece passare nell'appartamento grande e lussuoso quale poteva averlo una stella famosa come Mae West. Non rimasi sorpreso di trovarmi davanti a parecchi signori vestiti con eleganza, seduti attorno a tanti fiori e circondati da numerosi pacchi di regali che riempivano il salone dell'appartamento. Il signor Timoney fece un cenno molto generico nella loro direzione, mormorò qualcosa parlando di appuntamenti di affari e non ebbi mai l'occasione di conoscerli individualmente.

Quando Mae West fece la sua entrata, il lusso standardizzato dell'appartamento d'albergo, prese vita, personalità e fascino. Aveva poco più di cinquanta anni a quel tempo, ma era difficile credere che non fosse una giovane ragazza. Era piacente in modo abba-

- 128 -

gliante e la sua pelle veramente bellissima. Rimasi sorpreso nel vederla piccola perché me la ero sempre immaginata alta e statuaria. Si mise a sedere accanto a me e parlammo dei suoi film che avevo visto tutti e che avevano fatto la mia felicità. Poco dopo il signor Timoney condusse l'anonimo gruppo di uomini d'affari fuori dall'appartamento e rimasi solo con lei. Per gradazioni seguitammo la conversazione fino al momento che ci

mettemmo a parlare di parapsicologia. Mi resi conto che Mae West era molto lontana dallo strepitoso simbolo sexy che rappresentava sulla scena e nel cinema. Non fumava né beveva e la sua moralità era più rigorosa di quella di tante altre attrici; la sua conversazione era spiritosa e molto intelligente e aveva passato tanti anni a leggere nel campo delle ricerche psichiche e della religione prima di trovare la sua verità nello Spiritismo attraverso la meditazione e una disciplina imposta per sviluppare il

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

potere delle sue facoltà medianiche. Era ed è ancora una donna straordinaria e considero un privilegio essere considerato uno dei suoi amici.

Durante le nostre sedute spiritiche varie entità parlarono a Mae West prima che in

una di queste si manifestasse sua madre sotto il nome di Matilda. Mae e sua madre parlarono affettuosamente per qualche tempo fino a che Mae senza dubbio per accertarsi che fosse veramente sua madre le chiese di farle sapere il nomignolo che lei le aveva dato in vita. La madre rispose "Diamond Lily". Mae più tardi mi spiegò che chiamava sua madre con questo strano nome perché dopo ogni successo a Broadway lei aveva l'abitudine di regalare a sua madre una spilla, un anello, oppure orecchini di brillanti. La madre dopo che le fu posta la domanda, disse che prima di sposare il padre di Mae si chiamava Doelger.

Dopo quella riunione spiritica all'Hotel Savoy, Mae venne in varie occasioni a quelle

in casa mia a Hendon. Non vi era alcun dubbio che Mae fosse una grande stella e il suo arrivo creava sempre sensazione.

Uno spirito che recitò parola per parola i versi che erano stati scritti per

commemorare la sua morte creò stupore in una delle mie dimostrazioni a Kingsway Hall. Una voce femminile disse che il suo nome era Beatrice May Strude e desiderava parlare

con Laura. Una donna nella sala disse di essere Laura. "Sono io, sono Beatie!", disse la voce dello spirito, "sono così contenta di poterti parlare".

"Parlami e dimmi qualcosa, Beatie" rispose Laura. "Faccio del mio meglio", rispose lo spirito, "sono morta il 6 febbraio 1945 e avevo cinquantasette oppure cinquantotto anni?". "Da dove venivi?", le chiese Laura e la risposta fu immediata. "Dalla Nuova Ze-

- 129 -

landa". Al suo turno Laura fu interrogata dalla voce dello spirito. "Torni in Nuova Zelanda?". Laura rispose affermativamente. "Sei stata a Bedford? Era lì che ci siamo viste l'ultima volta", disse Beatrice, "mi ricordo i versi che hai scritto per commemorare la mia morte". Più tardi ci dissero che Beatrice e Laura erano non solo cugine ma anche amiche molto care, e che il corpo di Beatrice era stato inumato a Bedford.

"Puoi dirmi le parole che sono state scritte, Beat?", chiese Laura. "Ci proverò", rispose la voce dello spirito, e poi molto lentamente recitò parola per parola nove righe di versi molto sentimentali. "E' giusto, Beat", disse Laura. "So che ritorni in Nuova Zelanda fra due settimane", continuò la irreprensibile Beatrice, aggiungendo: "ti ricordi di Hetty Court?". Laura rispose affermativamente e Beatrice le raccontò che

Hetty ora si trovava nel mondo degli spiriti e che aveva dovuto cambiare alcune delle sue idee. "Ti ricordi che era una Christian Scientist?". Beatrice d'improvviso annunciò: "Spurgeon è qui fra noi!". In quel momento Laura si alzò per dire che lei e sua cugina erano le discendenti dirette del famoso predicatore.

Quando Edith poté riprendere una vita normale anche se tristemente limitata e la casa funzionava regolarmente sotto la direzione di Bill, il mio Comitato mi mandava sempre più lontano per dimostrazioni sia in provincia che in varie città. Partivo da Londra il giorno della seduta spiritica accompagnato da Padre Sharp oppure da Drayton Thomas o qualsiasi altro che faceva le veci del presidente e quando si arrivava a destinazione si rimaneva sempre insieme fino all'ora che cominciava la seduta affinché il presidente potesse onestamente assicurare al pubblico che il medium non aveva avuto la possibilità di raccogliere notizie andando a girare per i cimiteri, studiando l'annuario

telefonico, ascoltando le chiacchiere del paese, oppure altre cose del genere. Dopo la riunione ritornavo a Londra. Queste sedute fuori città erano particolarmente stancanti per via del viaggio di andata e ritorno e perché non mi trovavo nel mio elemento, ma non le ho mai evitate malgrado lo sforzo che mi costavano perché molte migliaia di persone non avrebbero potuto avere l'occasione di avere il conforto di comunicare con i loro cari attraverso le voci dirette.

Mi ricordo una volta al Central Salem Hall a Leeds quando una delle più evidenti comunicazioni ebbe luogo facendo scoppiare dal ridere più di mille persone. Mickey si mise a parlare con una signora seduta nelle prime file e le domandò se affittava camere a persone del mondo teatrale. Quando la signora rispose affermativamente, Mickey le disse che vi era un "tizio" che voleva

- 130 -

parlarle perché aveva fatto la parte del gatto nella commedia intitolata Dick Whittington sette o otto anni prima e aggiunse: "Era tanto piccolo che sembrava un nano". La signora aveva cominciato a dire che sapeva chi fosse quando venne interrotta dalla voce dello spirito che parlava eccitato. "Questo è un fatto sorprendente" disse

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

"non avrei mai creduto poterti parlare così! Ti ricordo", replicò la signora "ti piace ancora il pesce con patate fritte?". Mickey le fece ricordare che nel mondo dello spirito queste cose non sono più necessarie. Il gatto di Dick Whittington interruppe di

nuovo per dire: "Ero il miglior gatto che ci fosse mai stato, nessuno era alla mia altezza". La sua amica fra il pubblico replicò, "Io l'ho sempre pensato". Il gatto allora ricordò alla sua amica una certa fotografia che lei ancora possedeva e che lo mostrava nel suo costume di gatto, tenendosi la testa fra le mani, e le chiese se aveva ancora quel letto con i pomi di ottone. La signora che più tardi venne identificata come la signorina Hennessy di Brunswick Terrace a Leeds, disse che lo aveva regalato. Mickey le parlò ancora per dirle che il gatto ora stava parlando di Bella "che ora andava a tutta velocità!". Quando la signorina Hennessy fece sapere al pubblico che Bella era la moglie del gatto, tutta la sala scoppiò in una frenetica risata.

Un investigatore di ricerche psichiche il cui nome ho dimenticato da lungo tempo, una volta pubblicò una teoria la quale suggeriva che le voci sentite dalle persone che assistevano alle mie sedute spiritiche non erano voci reali ma una combinazione di

potere ipnotico da parte mia e di desiderio subcosciente da parte del pubblico, creatrice di una allucinazione che faceva dire quello che il pubblico ardeva di sentire. Questa scorrevole teoria fu elegantemente eliminata con un colpo in testa nel settembre del 1948 durante una dimostrazione a Denison House a Londra, quando un congegno americano fu usato con l'intenzione di riprodurre su dischi di grammofono le voci degli spiriti. L'esperimento ebbe grande successo, ogni messaggio venne registrato chiaro e netto come lo era stata la voce della persona senza corpo che comunicava.

Sperai per lungo tempo che il padre della teoria delle allucinazioni potesse spiegare come fosse stato possibile registrare voci illusorie, ma per quel che mi risulta, non

lo fece mai. Nelle sue facoltà di membro del Consiglio per le Ricerche di Parapsicologia, Drayton

Thomas si era messo in contatto con un altro investigatore in questo campo il quale era un esperto elettronico e capace di fornire vari mezzi che potevano essere usati per provare o smascherare la verità sulle mie voci e fecero una serie di prove, alcune nell'appartamento dell'esperto elettronico, altre nella sala della Società per Ricerche Parapsicologiche sotto la sorveglianza del

- 131 -

reverendo Drayton Thomas e in presenza di noti investigatori quali il generale R. C. Firebrace, Padre Arthur Sharp, il signor F. Sibley e altri troppo numerosi per poterli

menzionare qui. Le condizioni applicate per questi esperimenti erano: (a) le mie labbra erano

sigillate con un cerotto, (b) applicarono alla mia gola un microfono collegato con un

amplificatore di modo che il minimo suono emesso dalle mie laringi sarebbe stato ingrandito enormemente, (c) gli investigatori potevano vedere ogni mio movimento nel buio mediante un telescopio a raggi ultra-violetti e finalmente (d) le mie mani erano

tenute da persone poste ai due lati. Le voci parlarono durante queste prove anche in simili condizioni e in varie

occasioni l'investigatore poté vedere attraverso il telescopio a raggi ultra-violetti la formazione nella laringe dell'ectoplasma attraverso la quale parla la persona senza corpo a circa sessanta centimetri di distanza da me e che è il punto nello spazio dove la voce dello spirito si colloca normalmente durante le mie sedute spiritiche.

Voglio ringraziare il generale Firebrace per la sua cortesia che mi permette di citare un passaggio della lettera che mi ha scritto recentemente e che parla da sé:

"Mi ricordo molto bene l'esperimento fatto con lei e Drayton Thomas. Durante quella

prova lei aveva un telescopio a raggi ultra-violetti centrato sulla sua persona e un microfono sulla sua gola. Vi era presente un esperto di elettronica che sorvegliava gli strumenti che venivano attaccati al microfono. Mi ricordo benissimo che in quelle condizioni si udivano molto bene le voci dirette che non registravano assolutamente nulla sul microfono attaccato alla sua gola. Ma le voci erano più sommesse di quelle sentite nelle altre sedute spiritiche a cui avevo assistito. Il momento più interessante è stato all'ultimo quando mentre parlava una voce molto sommessa il telescopio a raggi ultra-violetti si guastò; la voce immediatamente raddoppiò di

volume. Questo mi prova che i raggi ultra-violetti indeboliscono le facoltà medianiche in qualche maniera. Devo aggiungere che lei non poteva assolutamente sapere che il telescopio era fuori uso. Nell'insieme una prova impressionante di esibizione parapsicologica".

Posso dire in tutta certezza, di essere stato il medium più investigato che

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

l'Inghilterra abbia mai avuto, e aggiungo anche il medium più rassegnato a lasciarsi investigare ogni qualvolta sentivo che le condizioni impostemi da genuini investigatori avrebbero servito per dimostrare la verità. Sono stato rinchiuso in gabbie, legato,

- 132 -

sigillato, imbavagliato, e malgrado ciò le voci sono venute a parlare della vita eterna. Ho fatto sedute spiritistiche in camere di albergo, in case di stranieri, all'estero, in sale pubbliche, teatri e chiese, spesso in condizioni dove era impossibile ottenere l'oscurità totale, oppure dove il clima mentale era di estremo scetticismo ed anche di ostilità e malgrado tutto questo le voci si sono manifestate.

Al principio quando mi lasciavo fare ero abbastanza innocente per pensare che se le

prove fossero state un successo gli uomini di scienza e gli investigatori che mi ci avevano sottomesso in condizioni da loro dettate, avrebbero proclamato al mondo la verità della vita dopo la morte. Troppo presto ho imparato che molti di quelli che si

chiamano investigatori hanno un immutabile modo loro di pensare che esclude la credenza in un significato o in una ragione di esistenza dell'uomo oppure nella possibilità della vita dopo la morte. La loro preoccupazione era più diretta a confutare la realtà delle mie voci affermando qualsiasi alternativa anche la più assurda piuttosto che ammettere le implicazioni di un esperimento positivo. Ebbi doppia fortuna quando dopo aver incontrato ed essere stato investigato da persone del calibro del Rev. Drayton Thomas, di Padre Arthur Sharp e del generale Firebrace essi proclamarono pubblicamente le loro proprie convinzioni sul potere delle mie facoltà medianiche.

Una delle spiegazioni favorite per i fenomeni delle mie voci è che io sono un

superventriloquo con mimica. Temo che quelli che prendono sul serio questa assurda teoria sono completamente ignoranti nell'arte del ventriloquo. Qualsiasi ventriloquo può dirvi che gli è impossibile lavorare nell'oscurità totale. Egli ha bisogno di un pupazzo che muova le mascelle per aiutarlo a creare l'illusione e distrarre l'attenzione del pubblico dai lievi movimenti dei muscoli della sua faccia che sono inevitabili perché usi la sua voce. Per quel che riguarda il mio talento mimico lasciate che io vi dica, migliaia di voci di persone senza corpo sono state registrate per i posteri, parlando in diversi dialetti, in lingue forestiere a me sconosciute e perfino in lingue non più usate su questa terra, e sono sicuro che sarete d'accordo con me nel pensare che la teoria della mia mimica è una assurdità impensabile!

Quando tutte le teorie si sono esaurite lo scettico a prova di bomba non esita a dichiarare che le voci non sono altro che frode. E' stato anche insinuato che potrei

avere un complice nascosto in un'altra stanza che imita le voci dei defunti e che io nasconda dei registratori con dei messaggi preparati prima. Non vi è fine per i trucchi ingegnosi che mi sono stati attribuiti da quelli decisi a non credere e che il più delle volte non erano neanche presenti alle mie

- 133 -

sedute. Se dovessi preoccuparmi per tutte queste chiacchiere fatte da persone stupide e ostinate dovrei, per essere giusto, domandar loro come queste mimiche nascoste oppure questi registratori occultati possano produrre una lunga conversazione di due persone, in cui una massa di dettagli e di reminiscenze da parte della persona senza corpo risulta nell'evidenza irrefutabile della vita dopo la morte. Potrei anche chiedere a

questi cinici ostinati come questi miei presunti complici, anche se molto abili nella loro mimica, possano riprodurre la voce riconoscibile di una moglie o di un marito o di qualsiasi altro defunto congiunto di una persona che potrebbe anche darsi sia appena arrivata dall'Australia, dall'India, oppure da Timbuctu. Non voglio sprecare le mie preziose energie ripetendo parole di scettici che sono così mal informati e pieni di pregiudizi. Io e migliaia di persone che hanno assistito alle mie sedute sappiamo la verità.

Quando scoppiò la guerra e rifiutai il gentile invito di rifugiarmi negli Stati Uniti per la durata delle ostilità immagino che i miei sentimenti fossero molto simili a quelli di Giulio Cesare quando rifiutò la Corona di Roma, perché da quando il cinema e le stelle del cinema erano la mia passione non vi era un paese che ardevo più di visitare. Per questo fui così felice quando nell'estate del 1949 mi fu data una nuova

occasione di andare in America e dopo la doccia fredda iniziale, quando seppi che si potevano portare fuori dall'Inghilterra solo cinque sterline, l'agitazione per il visto, il garante e i certificati medici e dopo aver installato Edith in casa di sua figlia a St. Albans, finalmente potei partire per New York; non stavo in me dalla felicità.

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

Capitolo XII

La Queen Mary era ancora una bella nave, ma per avere trasportato truppe tanti anni appariva logora e trasandata: una signora stanca che invecchiava e con urgente bisogno di rifarsi la faccia. Eravamo tre in cabina e non avevo bisogno di essere un veggente per capire l'odio che vi era fra gli altri due. Uno era tedesco e l'altro un ebreo polacco, e nessuno dei due parlava la lingua dell'altro e neppure l'inglese.

La mancanza di comunicazione era totale, in quella cabina, eccetto per l'odio che la riempiva in maniera malevole. Durante i cinque giorni di viaggio mi domandai quale tragedia personale ognuno di questi uomini aveva lasciato dietro di sé nel caos del dopo-guerra del suo paese per aver fatto nascere tanta cattiveria.

Una mattina, dopo due giorni di navigazione, un cameriere di bordo picchiò alla porta entrando in cabina prima che io avessi avuto il tempo di sfuggire all'oppressivo miasma che circondava i miei due compagni andando a prendere una boccata d'aria fresca sul

ponte. "Il capitano le porge il suo saluto, signor Flint", disse il cameriere educatamente, "vorrebbe sapere se lei sarebbe tanto gentile da voler celebrare il servizio religioso domenica alle undici". L'idea che un personaggio così importante sapeva che io esistevo, per non dir niente della sua strana richiesta, mi sorprese talmente che rimasi come uno stupido a bocca aperta cercando di formulare una risposta. "Lei è indicato sulla lista passeggeri come Ministro religioso", disse il cameriere con un paziente sospiro, "accetta di fare il servizio?". "Certamente no!" dissi senza riflettere. "Non sono affatto quel tipo di ministro!". Il cameriere di bordo emise un sospiro di pazienza ancora più profondo e uscì dalla cabina, ovviamente domandandosi

che tipo di matto io fossi. Mi domandai perché avevo dato ascolto al Padre Sharp quando mi aveva aiutato a riempire il formulario per la richiesta del mio primo passaporto.

La mattina del quinto giorno di navigazione eravamo in acque americane e lì davanti a noi si scorgevano i sensazionali grattacieli di New York e la Statua della Libertà.

Arrivati alla dogana fui preso dal panico. E se gli amici che mi avevano invitato in America non fossero venuti a prendermi? Non

- 135 -

avevo un soldo eccetto i miseri resti delle cinque sterline e nessuna speranza di poterne guadagnare. Mi sarei trovato in difficoltà quella notte in un paese straniero senza neanche i soldi per un letto in un dormitorio pubblico.

Il modo poco galante con cui mi avevano ricevuto le autorità del porto non era tale da rassicurarmi. Con la scusa di frugare per il contrabbando un doganiere mise sottosopra la mia valigia che avevo fatto con tanto ordine spargendo a terra il contenuto, e dopo averla rovistata lasciò a me il compito di rifarla. Quando ebbi finito, con la mia immaginazione mi vedevo già sparuto, sporco e mendicando centesimi fra i poveri della città. Appena uscito dalla dogana il calore degli amici che erano venuti a incontrarmi fece sparire la visione del mendicante nel retroterra della mia consapevolezza.

Quando vidi l'appartamento che i miei amici avevano affittato per me, il mio cuore fece un tonfo. La mia dimora temporanea consisteva in un intero piano di una di quelle vecchie case di New York alla 88 strada Ovest, che una volta era la parte residenziale più elegante, ma a quel tempo lo era assai meno. La mobilia dell'appartamento era

elegante confortevole e in quanto alla camera da bagno non ne avevo mai visto di così grandi e lussuose. Immediatamente mi agitai domandandomi come avrei potuto pagare tutto questo; ma prima che mi facessi venire una ulcera seppi che ero l'ospite del Reverendo signora Bertha Marx, una ben nota medium a capo del Centro W. T. Stead, la Società Spiritistica che occupava il pianterreno della casa e così chiamata in memoria dell'editore, riformatore e Spiritista W. T. Stead, morto nel disastro del Titanic.

Cara Bertha! Non solo aveva provveduto a mettermi un tetto sulla testa, ma aveva anche organizzato il mio lavoro presentandomi a molti dei più noti Spiritisti in America e grazie a lei il mio soggiorno rimase uno dei ricordi più belli e memorabili della mia vita.

Feci anche una nuova e piacevole conoscenza in Caroline Chapman, "Chappie" che ancora oggi è una dei medium più amati negli Stati Uniti come pure una delle poche confermate

per le sue facoltà medianiche dalla Società per Ricerche Parapsicologiche altrettanto severa e scettica della sua controparte britannica.

Amavo New York e passavo molte ore camminando per le strade, per scoprirla e cercare di conoscerla. Qualche volta mi perdevo nella grande confusione e ci volle un po' di tempo prima che io potessi raccapezzarmi nella metropolitana e prendere il treno nella direzione giusta, ma anche quando mi perdevo era tutto divertente in quella città che

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

offre infinite varietà. La comunicazione più impressionante fra un mondo e l'altro è quella in cui la persona

uscita dal corpo, sconosciuta a tutti, dà una

- 136 -

informazione che è ritenuta falsa dai presenti, ma che invece si rivela corretta in un secondo tempo. Questo tipo di comunicazione elimina la popolare teoria della telepatia e può essere considerata non solo una prova della sopravvivenza, ma anche un fatto impossibile da rinnegare.

Tale comunicazione fu data a un gruppo di 75 persone ad una riunione che io feci al Centro W. T. Stead di New York ed il ricevente era il signor Robert Bolton che allora

abitava alla 40 strada Est. Dopo che vari spiriti ebbero parlato ai loro amici, Mickey annunciò la presenza di

uno che era stato conosciuto sulla terra con il nome di Carl Schneider. Nessuno fra i

presenti rispose e sembrava che nessuno lo conoscesse. Mickey insisteva dichiarando che qualcuno fra i presenti lo conosceva e invitandolo a farsi riconoscere per aiutare lo spirito a comunicare. "Conosco un signore che si chiama così" disse il signor Bolton finalmente, "ma per quel che ne so è vivo e vegeto". Niente scoraggiava Mickey il quale asseriva che Carl Schneider era con loro e che stava per parlare.

Finalmente udimmo la voce di Carl che si mise a conversare con il signor Bolton. "Da quando sei dall'altra parte?", chiese il signor Bolton. "Da dodici mesi, forse poco più di un anno", rispose lo spirito. "Era la voce di Carl! Ho riconosciuto senza l'ombra di un dubbio il suo tono rauco", dichiarò il signor Bolton dopo la seduta.

Il signor Bolton era talmente sorpreso di aver sentito la voce del suo amico dall'aldilà da cadere in uno stato di agitazione nell'attesa che gli venisse confermata la morte dell'amico Carl Schneider. La mattina dopo la prima cosa che fece fu di chiamare un numero di telefono che Carl gli aveva dato una volta. Quando una voce rispose al telefono egli chiese di parlare con il signor Schneider e la risposta fu: "Mi dispiace ma Carl è deceduto". Siccome ancora non poteva crederlo, il signor Bolton insistette: "Ne siete sicuro?". La voce al telefono rispose: "Come posso non saperlo. Sono io che l'ho trovato morto, si è suicidato circa un anno fa".

Robert Bolton tornò da me con un altro gruppo e in un'altra occasione Mickey gli disse che Carl era felice di sapere che si era informato della sua morte perché ora poteva finalmente essere sicuro della sua sopravvivenza.

Ho menzionato questa esperienza con il signor Bolton perché egli scrisse volontariamente una lettera a Psychic News a Londra descrivendo quello che era successo

durante una seduta con me. In quella lettera il signor Bolton valuta la sua esperienza con questo commento: "Non sono così ingenuo da credere che questo racconto possa

- 137 -

far sì che la fede nel mondo dello spiritismo si riveli anche a uno scettico beffardo. Ciò nonostante questa relazione può ispirare un onesto scettico a non negarsi la possibilità di una simile esperienza. E' l'unico modo scientifico di accostarsi alla verità...".

Troppo presto dovetti lasciare New York per andare a Chicago dove mi era stata preparata una grande dimostrazione pubblica al Kimball Hall. Uscendo dall'albergo la

sera per dare uno sguardo alla città, la prima cosa che vidi fu il nome di Beatrice Lillie in grandi lettere illuminate all'entrata di un teatro. Recitava assieme a Ray Bolger in una commedia di grande successo. Me la godetti proprio e i due attori mi fecero ridere fino alle lacrime. Andai a trovarla nel suo camerino dopo la rappresentazione; era sempre la solita incantevole amica di una volta malgrado i suoi favolosi successi negli Stati Uniti e tutta l'adulazione che riceveva dal pubblico.

Quando la sera dopo arrivai al Kimball Hall per dare la mia dimostrazione ebbi una notizia che mi fece l'effetto di una bomba. Gli organizzatori della serata avevano preso in prestito da un altro medium una cabina per me, ma questi aveva lasciato la città e la cabina era rimasta nel suo appartamento di cui nessuno aveva la chiave. Inoltre, era impossibile oscurare la sala; tutti i biglietti erano stati venduti, e non vi era più un posto, la gente era in piedi nei corridoi laterali. "Faccia una

conferenza seguita da chiaroveggenza", disse uno dei miei garanti con pazzesca incoscienza. Gli risposi che erano anni che non facevo questo tipo di sedute in pubblico. Senza dire una parola quell'incurabile ottimista mi indicò la serrata fila del pubblico che aspettava di vedere apparire "il famoso medium di Londra". Anche se io avessi fatto una conferenza seguita da chiaroveggenza, quale sarebbe stata la reazione del pubblico che aveva pagato per una dimostrazione di voci dirette? Il mio fiducioso

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

amico mi disse che il pubblico avrebbe capito la ragione qualora gli fosse stata spiegata, e con mia grande meraviglia avvenne proprio così. Quando salii sulla piattaforma fui salutato da caldi applausi. Quasi immediatamente, pensieri e

impressioni inondarono la mia mente e cominciai a parlare. La conferenza ebbe fine con molti applausi e ciò mi ridiede fiducia, calmò la mia agitazione e mi fu possibile iniziare la chiaroveggenza. Se posso usare la parola in questo contesto, la seduta fu un atto di valore da parte mia. Per un'ora di seguito le evidenze sgorgarono dalla mia mente. Non un nome fu pronunciato senza essere riconosciuto da qualcuno del pubblico, non un messaggio andò a vuoto. Non solo ebbi la soddisfazione di dare felicità ai riceventi, ma fu una vera gioia per me di vedere che questo lato delle mie facoltà medianiche funzionava ancora efficientemente.

- 138 -

Quando lasciai il mio albergo l'indomani mattina per visitare la città fui sorpreso

di essere fermato da tanta gente sconosciuta che voleva ringraziarmi per le prove che avevo dato loro della sopravvivenza dei loro cari e che mi supplicavano di riceverli in sedute private. Dovetti deluderli tutti perché era venuta l'ora di proseguire per Los Angeles dove andavo ospite del dottor Carl Menugh nel suo appartamento di Long Beach per fare qualche seduta privata con i suoi amici.

Il solo contatto che avevo avuto con il dottor Menugh era stato per corrispondenza, e quando arrivai alla stazione di Los Angeles mi guardai intorno per cercare un dottore tipo quelli cortesi di famiglia come io pensavo dovesse essere il dottor Menugh. Non vidi nessuno che rispondesse a quelle descrizioni e allora restai fermo guardando nel

vuoto, cercando di farmi riconoscere come 'il famoso medium venuto da Londra' e rimpiangendo di non essermi messo una cravatta più sobria di quella che portavo.

Presto fui raggiunto da un uomo della mia età che disse di essere Carl Menugh, e più tardi seppi che il suo dottorato era in filosofia.

Forse la seduta più drammatica che ebbi a Los Angeles fu quella dove un padre ritornò per dire a suo figlio la verità sull'incidente che aveva causato la sua morte, scagionando il conducente della macchina con cui era stato ucciso.

Il figlio, che chiameremo Bill, venne con la moglie ad una seduta di gruppo organizzata dalla loro amica signorina Artie Blackburne di Los Angeles. La sola cosa che la signorina Blackburne mi aveva detto dei suoi amici era che il marito era un noto inventore e uomo di scienza e che avrebbe rifiutato di accettare qualsiasi evidenza che non potesse essere provata sottomettendola prima a delle accurate analisi.

Durante la seduta Mickey venne per parlare a Bill e gli domandò se era associato con la Texaco Corporation. Bill rispose affermativamente, pur pensando che la signorina Blackburne avesse dato questa informazione al medium. Sia Mickey che la signorina Blackburne negarono ciò risolutamente. Infatti, per essere chiari, non permetto mai agli amici delle persone che assistono alle mie riunioni di darmi informazioni su di loro, perché non solo ciò renderebbe nulla qualsiasi prova, ma anche perché so per esperienza che se a qualcuno senza volerlo sfugge una parola divento cosciente di quello che mi è stato detto e la seduta quasi sempre è un fiasco totale.

"Tuo padre è stato ucciso molto inaspettatamente in un incidente di automobile?", fu la domanda che Mickey porse a Bill, il quale rispose affermativamente. "Cos'è La Brea?", chiese Mickey subito

- 139 -

dopo. "E' il nome dell'autobus che uccise mio padre", fu la risposta di Bill (E' d'uso che certi autisti di autobus diano un nome al loro veicolo negli Stati Uniti). "Tuo padre dice che la colpa non fu del conduttore come tutti avete creduto, e che non dovevate far causa alla Compagnia perché la colpa era invece sua. Credeva che avrebbe fatto a tempo a traversare la strada prima dell'autobus. Dice che il conduttore non poteva evitarlo e che non fu affatto colpa sua". Mickey, suggerito dalla voce del padre di Bill, si mise a raccontare le circostanze esatte di come era avvenuto l'incidente, poi d'improvviso cambiò soggetto: "Tuo padre mi sta dicendo che tu non hai fatto quello che lui desiderava fosse fatto con il suo orologio a catena massonica". Bill, un poco urtato, rispose che lo aveva regalato ad un amico di suo padre pensando che quello

fosse il suo desiderio. "Gli hai regalato l'orologio", disse Mickey, "ma cosa hai fatto della catena?". La moglie di Bill a questo punto interruppe: "Oh, caro", disse, "ho tenuto la catena perché volevo portarla io". Mickey seguitò a dare messaggi da parte del padre di Bill che chiedeva di non andare così spesso al cimitero. "Tuo padre ti fa dire di non cogliere i fiori dal suo giardino per metterli sulla sua tomba perché preferisce vederli crescere piuttosto che messi su una tomba dove lui non c'è". Era

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

infatti vero che Bill portava i fiori del giardino sulla tomba del padre perché egli e sua moglie abitavano ora nella casa che era stata la sua. "E cosa è successo del bastone di tuo padre?", chiese Mickey. "Mio padre non ha mai camminato con un bastone

in vita sua", rispose Bill. Mickey imperturbato replicò, "Sta parlando del bastone che teneva nel suo cassettone. Girava per tutta la casa alla sera picchiando alle porte e ai lucchetti per assicurarsi che tutto fosse chiuso ermeticamente". "Oh, quel bastone!" disse Bill, "è ancora nel suo cassettone".

Quando più tardi venne chiesto a Bill cosa pensava di quella seduta spiritica egli rispose: "Questa è la serata più meravigliosa della mia vita. Questa è la serata in cui comincia il mio sviluppo spirituale".

Nei giorni che seguirono Bill ritornò ad una mia seduta e in quella occasione il padre venne a parlare a lui e alla moglie; la voce era tale da non lasciare alcun

dubbio. Mi ero abituato al modo in cui gli ospitali americani telefonano a persone del tutto

estranee, come ero io, per offrire ospitalità, e non rimasi troppo sorpreso quando un

signore Le Fevre mi propose di andare a Hollywood a passare la giornata con lui e sua moglie. Hollywood: quel nome menzionato casualmente al telefono da uno sconosciuto era bastato per fare rivivere nella mia mente ricordi di un passato incantevole. Malgrado gli anni passati, nel mio cuore ero

- 140 -

rimasto il ragazzo che impazziva per le stelle quando andava al cinema da quattro pennies.

Mentre passavamo lungo Sunset Boulevard prendendo la salita che porta a Beverly Hill, il signor Le Fevre mi disse che lui e sua moglie avevano venduto la loro catena di alberghi a San Francisco e avevano comperato una casa a Hollywood dove si erano ritirati. "Una volta apparteneva a Rodolfo Valentino, l'attore cinematografico", disse il mio nuovo amico. "Lo ha mai sentito nominare?".

Era passato molto tempo, ma io sentivo ancora l'eco della voce di Valentino: "Un giorno quando sarete un medium famoso si farà una seduta spiritistica nella stanza che fu la mia camera da letto nella casa di Hollywood ed io verrò a parlarvi". Poi vidi un'indicazione e lessi: "Il Covo del Falco" e l'auto si avviò verso la casa.

Era una casa incantevole e i signori Le Fevre ospiti molto cortesi. Fui contento di accontentarli quando mi chiesero di fare una seduta spiritistica per loro e i loro amici. Quando mi chiesero di scegliere la camera che preferivo per la mia riunione

risposi che quella che si apriva sul patio mi sembrava la più adatta e non fui per nulla meravigliato quando il signor Le Fevre mi disse, "Quella era la camera da letto di Valentino".

Valentino venne a parlarmi immediatamente alla prima seduta nel "Covo del Falco" e subito dopo averci salutato disse di esser felice di aver finalmente potuto mantenere la promessa che mi aveva fatto tanti anni addietro. Ringraziò i signori Le Fevre per avermi invitato nella sua casa, ma temeva che l'avrebbero venduta dopo poco. Questo provocò un sussulto al signor Le Fevre poiché egli aveva acquistato la casa solo pochi mesi prima con l'intenzione di farne il suo quartier generale per il Movimento Mondiale della Pace.

Valentino aveva intuito il timore del signor Le Fevre e lo assicurò che non sarebbe stato per nessuna ragione spiacevole. I signori Le Fevre avrebbero continuato il loro

lavoro per il Movimento Mondiale della Pace in quella casa e poi avrebbero preferito abitare in qualche altra parte e di conseguenza venduto il Covo del Falco.

Dopo la seduta ci sedemmo nel grande salone della casa che aveva le tende aperte per lasciarci vedere tutta la vista di Hollywood che si estendeva davanti ai nostri occhi, uno scintillio di luci romantiche e di bellezza a distanza. Mi pareva impossibile di essere veramente seduto nel salone di Rodolfo Valentino con la vista della capitale del cinema davanti a me come aveva dovuto fare lui tante volte durante la sua vita. Mentre guardavo stupito, mi resi conto con certezza che Valentino non era mai stato felice in quella casa e che nessuno avrebbe potuto esserlo. Dopo vari mesi al mio ritorno a Londra qualcuno mi mandò un ritaglio di giornale che parlava del

- 141 -

Covo del Falco venduto a Doris Duke, la ricca ereditiera del tabacco aggiungendo che i Le Fevre erano andati altrove.

Ebbi un altro immediato contatto con Valentino quando incontrai Mae Murray. Ai tempi dei film muti Mae era la stella più nota della Metro Goldwyn Mayer, la regina senza corona di Hollywood. I suoi riccioli biondi, la sua bocca a forma di cuore e la

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

flessibilità dei suoi movimenti avevano affascinato la generazione del jazz e le avevano portato la ricchezza, la fama e l'adulazione; ma l'avvento dei film sonori e il suo disastroso matrimonio con il principe David Mdivani l'avevano fatta cadere dal suo

trono e quando l'incontrai il suo tenore di vita era notevolmente diverso da quello dei giorni quando la sua Rolls-Royce aveva maniglie d'oro e tappeti di zibellino. Mae era ancora molto attraente ed era un vero piacere stare in sua compagnia perché aveva un meraviglioso senso dell'umorismo e non si impietosiva per niente sulla sua sorte, malgrado poche donne siano state sfruttate disonestamente come Mae ai tempi in cui il suo nome e i suoi film facevano furore ed erano la fonte di grossi guadagni per i produttori.

Furono Mae ed il suo primo marito, il direttore Bob Leonard, a dare a Valentino la prima occasione per una parte principale in un film quando egli era ancora uno

sconosciuto ballerino ai margini dell'industria cinematografica, e la loro amicizia fu durevole e sincera fino alla morte di Valentino. Parlando con Mae, ascoltando le sue storie su Valentino imparai sempre di più a conoscere e ammirare la persona buona e

gentile che si celava dietro l'attore cinematografico che si era fatta la reputazione del famigerato amante di tutte le donne di Hollywood.

Mae Murray mi ricevette nella sua casa di Hollywood che si trovava nell'elegante residenza chiamata Ravenswood Apartments. Mae non solo abitava in quell'edificio ma ne era anche proprietaria di una gran parte poiché al contrario di tante altre grandi attrici lei è anche una donna di affari molto esperta e attraverso gli anni ha saputo investire i suoi enormi guadagni molto giudiziosamente. Trovai la decorazione della sua casa sensazionale, a dir poco. Era quasi interamente bianca. Le mura, i tappeti, le tende, la mobilia, tutto era bianco eccetto qualche tocco di un colore forte, ad

esempio dei fiori scarlatti in un vaso bianco, un cuscino color giada sul sofà bianco. Tutto ciò sembrava essere la cornice per una statua di Mae nuda a grandezza naturale che dominava il salotto. Come ambiente per la bellezza di Mae e per la sua personalità tutta questa decorazione era meravigliosa, ma non potevo impedirmi di sentirmi terribilmente nostalgico per Edith e la mia modesta casa a Sydney Grove.

- 142 -

Il giorno prima che io lasciassi Hollywood era l'anniversario della morte di Valentino e feci un pellegrinaggio sentimentale al Memorial Cemetery per mettere fiori sulla sua tomba. Trovai che il bianco mausoleo era già ricoperto di fiori e il guardiano del cimitero mi disse che malgrado fossero passati più di venti anni dal

giorno della sua morte, già dal mattino da tutte le parti del mondo erano arrivati quei tributi floreali. Lo stesso guardiano mi indicò un vaso nella cripta che conteneva 13 rose, dodici rosse e una bianca e mi disse che per poco avevo mancato di vedere la Donna in Nero, la donna misteriosa vestita a lutto che appare sulla sua tomba con tredici rose tutti gli anniversari della morte dell'attore.

Qualche anno dopo il mio mancato incontro con la Donna in Nero ebbi la rivelazione datami da lei stessa, del suo pellegrinaggio annuale al Memorial Cemetery e siccome fa luce su una parte sconosciuta al pubblico della vita di Valentino voglio rivelare questa storia.

La Donna in Nero era una violinista ed una pianista, il suo nome era Ditra Flame. Aveva incontrato Valentino nel 1918 quando egli era ancora povero e sconosciuto e cercava di farsi una carriera come ballerino. Ditra aveva allora quattordici anni; poco

tempo dopo il loro incontro ella si ammalò gravemente e fu mandata in ospedale. La ragazza aveva paura di morire e ossessionata all'idea che nessuno si sarebbe preoccupato di lei né si sarebbe ricordato di lei dopo la sua morte. Valentino passava ore al suo capezzale cercando di darle la forza di vivere e di confortarla. Ogni qualvolta egli veniva a trovarla le portava delle rose rosse e non avendo ancora fatto carriera doveva essere una spesa difficile da affrontare. Un giorno la trovò piangente, che si sentiva prossima a morire e che sarebbe stata sola e dimenticata nella sua tomba. Allora Valentino le promise che se fosse morta lui le avrebbe portato delle rose rosse tutti i giorni. "Ma ricordati", aggiunse, "che se io dovessi morire prima di te neanch'io voglio essere solo e dimenticato". Lui morì prima e Ditra non ha dimenticato.

Benché le lettere da casa fossero immancabilmente allegre, cominciai a essere in pensiero per la salute di Edith e appena arrivato a New York prenotai il biglietto per

il mio ritorno sul Queen Mary. Quando entrai nel nostro salone a Sydney Grove la faccia di Edith si illuminò e

questa fu la mia ricompensa per aver tagliato corto il mio viaggio negli Stati Uniti. Stava seduta su una sedia vicino alla finestra, e siccome era un giorno caldo mi domandai perché avesse una coperta drappeggiata attorno alle ginocchia. Quando mi inginocchiai vicino a lei per prenderle le mani e farle tutte le domande che riempivano

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

la mia testa, mi accorsi della ragione per cui aveva la coperta; Edith cercava di nascondermi più a lungo possibile che era seduta su di una sedia a rotelle. Quando Edith vide la mia fac-

- 143 -

cia capì, come sempre capiva, cosa passava nella mia mente e mi sorrise, quasi con il sorriso radiante che sempre la distingueva. "Adoro la mia sedia, caro", disse, "posso girare meravigliosamente bene in giardino e dappertutto".

Più tardi quella sera scappai dal dottore di Edith per sapere la verità sulla salute di mia moglie. Mi disse che Edith aveva avuto un altro piccolo attacco di paralisi durante la mia assenza e che era poco probabile che ritrovasse l'uso delle gambe.

Quando gli feci la domanda inevitabile mi disse essere sua opinione che non avrebbe potuto vivere più di due anni. Ero deciso a fare di quei due ultimi anni i più felici della sua vita.

Mentre ero in viaggio il mio comitato aveva organizzato un programma molto pesante; vi erano grandi sedute a Londra, Birminghan, Leeds e varie altre città, e quasi tutte si facevano in grandi sale che contenevano fino a duemila persone. Non ho mai posseduto una automobile, ma ogni qualvolta mi era possibile prendere un treno per tornare a casa dopo queste sedute correvo alla stazione anche se era tardi nella notte. Tornando a casa facevo il tè e lo portavo in camera di Edith su un vassoio per berlo insieme a lei mentre le raccontavo tutto, le prove evidenti che erano avvenute alla riunione, e le piccole cose divertenti che erano successe prima che cominciasse la serata. Tutta la giornata in qualsiasi strana città io mi trovassi pensavo a quel momento in cui avrei

ritrovato Edith e chiacchierato con lei fino a tarda ora. L'affetto che Bill portava a Edith si manifestava negli sforzi che faceva per

inventare cibi che tentassero il suo appetito e nelle costanti cure per rendere la sua vita più confortevole. Qualche volta mi mettevo d'accordo con il direttore del cinema del quartiere e insieme a Bill portavo Edith sulla sedia a rotelle per farle vedere un film. Quelle uscite le facevano tanto piacere perché le sembrava partecipare a una vita normale e le rimontavano il morale.

A una delle sedute al Kingsway Hall si manifestò uno spirito che aveva urgente bisogno di comunicare con i suoi genitori benché costoro non si trovassero fra le duemila persone nella sala. Un certo numero di messaggi erano stati trasmessi quando Mickey parlò della presenza di un giovane che rifiutava di dare il suo nome, ma che descriveva come si era tolto la vita mentre i suoi genitori erano al teatro Empire a

Hackney. "L'ho fatto in un momento di pazzia, e adesso me ne rammarico. Tornarono a casa dopo il teatro e mi trovarono impiccato alla ringhiera della scala". Immediatamente un signore seduto nell'uditorio che si chiamava Shead disse di ricordarsi di aver incontrato un signore poche settimane prima ad una riunione mondana il quale gli aveva raccontato dell'inesplicabile sui-

- 144 -

cidio di suo figlio e le circostanze descritte erano analoghe a quelle che descriveva Mickey. "So di questo ragazzo!", disse forte il signor Shead, aggiungendo: "Ho incontrato il padre recentemente e mi ha raccontato la tragica morte di suo figlio!". Mickey ritornò per parlare con il signor Shead. "Il ragazzo è disperatamente ansioso di

far sapere ai suoi genitori che è vivo e che gli dispiace di aver causato loro un dolore così grande. Vuol farglielo sapere?". Il signor Shead promise di farlo.

Quella stessa sera si manifestò un altro suicida per esprimere il suo rammarico per quello che aveva fatto.

La signora Bullock di Kenton fu accolta dalla voce di suo marito il quale diceva di essere accompagnato da un giovane di cui diede il nome. Mickey interruppe per dare alcuni dettagli. "Questo giovane era nel Home Guard e vuole che lei dica a sua madre quanto si rammarica di aver fatto quello che ha fatto. Capisce il terribile chock che ha provato sua madre trovandolo morto in cucina. La prego di salutare Pearl". La signora Bullock allora disse al pubblico che il giovane aveva vissuto nel loro villaggio e che si era sparato in cucina nella casa dei suoi genitori. Pearl era la sua ragazza.

Non tutte le riunioni andarono lisce, me ne ricordo una al Corn Exchange a Bedford in cui Mickey accettò una sfida con un tale che interrompeva sostenendo che vi fosse un microfono nascosto nella hall attraverso il quale un complice faceva la voce di Mickey. Mickey aveva individuato una signora Bonning e presentato uno spirito che voleva comunicare chiamato Punter il quale diceva di conoscere la signora Bonning. La signora ammise che aveva conosciuto il signor Punter, quando lo spirito si mise a parlare

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

direttamente. Con voce chiara disse che abitava a Luton dove aveva posseduto una fabbrica di cappelli. "Abbiamo avuto un incendio e cercai di salvare alcune delle ragazze intrappolate", disse. La signora Bonning si ricordò dell'incendio e aggiunse,

"Lei faceva parte della Chiesa degli spiritualisti di Luton". "No", replicò lo spirito, "quello era mio fratello". Il signor Punter stava ancora parlando quando un giovane aviatore della Air Force chiese ad alta voce che si rimuovesse il microfono dalla parte anteriore della cabina. Il signor Collins, che era il mio presidente, domandò a quale scopo e il sergente replicò che per quel che ne sapeva Mickey poteva parlare da un altro microfono nascosto nella sala. Nel mezzo di questo alterco tra il signor Collins e il sergente, Mickey urlò che se fosse necessario si poteva togliere il microfono. Fu allora piazzato distante dalla cabina e da un lato.

- 145 -

A quel momento Mickey schiamazzò "Mi potete sentire nel retro della sala?". Non avevo

mai sentito Mickey urlare così forte, la sua voce riempì l'intera sala di frastuono. Il signor Collins chiese al sergente se fosse convinto che non vi erano microfoni

come aveva insinuato e timidamente il giovane fu d'accordo, ma aggiunse ferocemente che probabilmente il ricevente dei messaggi era un complice piantato fra il pubblico. Ero furioso di sentire questo mentre ero seduto nella cabina fino a quando mi ricordai che questo era esattamente quello che io avevo sospettato degli altri medium nei tempi in cui facevo ricerche nel campo dello spiritismo.

La signora Bonning che si era arrabbiata per essere stata calunniata da chi metteva in dubbio la sua integrità si alzò e rispose con tanto vigore che una volta per tutte

al sergente fu chiusa la bocca, ma le condizioni di armonia nella sala furono rotte dall'incidente provocato dal signor Collins e la riunione ebbe termine.

I momenti culminanti nella limitata vita di Edith erano le visite di Owen con la sua adorabile bambina. Giorni prima che arrivassero faceva progetti con Bill per i pranzi da preparare e pensavo ai giocattoli che avrebbero potuto sorprendere e divertire la bimba.

Dal momento del loro arrivo fino al momento della partenza Edith ritrovava un poco del suo radiante sorriso e tutto era quasi come se gli antichi tempi fossero tornati.

Owen non poteva mai evitare che i suoi sentimenti si riflettessero sul suo viso e un giorno quando venne tutto solo a trovare Edith mi accorsi subito che aveva una notizia che temeva di darle. Con molte precauzioni egli disse alla madre che il padre di Jane, un uomo di affari benestante, gli aveva offerto un posto di direttore nella sua ditta e

che lui e la moglie avrebbero lasciato l'Inghilterra per una nuova vita in America. Quando Owen ebbe terminato di parlare, Edith disse, "Ma certo devi andare, caro, è un'occasione meravigliosa. Sono così felice per te". Non l'ho mai tanto ammirata come quel giorno.

Il giorno della partenza di Owen annullai tutti i miei appuntamenti per rimanere vicino a Edith fino al momento che la nave fosse salpata, sapendo che la mia presenza le era indispensabile. Era pazientemente seduta sulla sedia a rotelle, le sue mani, rese goffe e incerte dalla malattia, raccogliendo dei fili da un groviglio di lana che cercava di sbrogliare, i suoi occhi fissi sull'orologio a mano a mano che si avvicinava l'ora della partenza di suo figlio. Quando le lancette si fermarono all'ora dovuta, sospirò, e ancora una volta sentii la mia voce con lo stesso tono inadeguato di sempre in simili casi che diceva, "Vado a preparare il tè".

- 146

Da quel giorno la salute di Edith peggiorò rapidamente fino al giorno in cui non poté più alzarsi dal letto e il dottore mi avvertì che la fine era vicina.

Una sera mentre ero seduto vicino al suo letto raccontandole tutto quello che era successo durante la giornata come piaceva tanto a lei vidi che il suo volto aveva cambiato in maniera indefinibile e con una voce debole mi disse: "Ti amo tanto", poi cadde in coma che durò due giorni prima che il suo spirito si liberasse.

La cremazione ebbe luogo a Golders Green e la cappella era piena di amici e di fiori variopinti. L'organista suonava la musica che Edith aveva amato e il nostro vecchio amico, reverendo Sharp, pronunciò le parole d'addio. Non vi furono lamenti né lacrime,

solamente la tristezza di vedere una persona cara intraprendere un viaggio quando il giorno della riunione è ancora sconosciuto.

Quella sera quando tutti gli amici se ne furono andati ed io ero solo nella camera che Edith e io avevamo diviso per tanti anni fui preso da un'ondata di disperazione perché mi rendevo conto che non ero rassegnato alla perdita della sua presenza fisica; la mano che metteva nella mia nei momenti di scoraggiamento, il suo sorriso, gli

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

scherzi che ci facevamo nei momenti di intimità. Mi domandavo se potevo seguitare a vivere in una casa piena di ricordi di una felicità passata.

L'indomani ricevetti due lettere dalla California, una era di Owen che mi invitava in

casa sua per un periodo indeterminato e l'altra da una Società Parapsicologica di Los Angeles che mi chiedeva di diventare il loro medium residente.

Come sempre quando una decisione tocca il mio lavoro spirituale, decido di chiedere consiglio ai miei invisibili protettori per sapere quale di queste due offerte dovevo accettare. L'indomani in una seduta in casa mia posi la domanda.

Con mia grande sorpresa, e devo ammettere anche disappunto, mi chiesero di rifiutare ambedue le offerte, mi dissero che dovevo rimanere in Inghilterra per fare un nuovo e speciale lavoro che avevano in mente di farmi fare. Mi dissero inoltre che la fase pubblica spiritistica doveva ora terminare perché le grandi dimostrazioni e i viaggi

necessari insieme al resto del mio lavoro avrebbero affievolito le mie energie in modo tale che non solo la mia salute ma anche le mie facoltà medianiche erano in pericolo. Finalmente mi fecero sapere che molto presto mi sarebbe stato offerto un grande

appartamento nel cuore di Londra che i miei mezzi potevano pagare e di accettarlo. Devo confessare che non mi sembrava vi fosse la più remota possibilità di una simile offerta. Vi era una carenza acuta di case vuote nel centro della città e i proprietari potevano

- 147 -

chiedere ai futuri inquilini affitti molto alti oltre una forte somma per prendere possesso della casa.

Tre mesi dopo mi trovavo in un appartamento con giardino in una grande casa a Bayswater dando istruzioni dove piazzare i miei mobili agli uomini che mi traslocavano e domandandomi quale sarebbe stato il lavoro speciale che dovevo fare in futuro.

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

Capitolo XIII

Non ho mai ignorato i consigli di quelli che dall'aldilà mi proteggono durante tutta la mia vita di medium e neppure ignorai il loro ammonimento quando mi dissero che il dono che io possedevo era in pericolo per aver lavorato troppo. Appena sistemato nella mia nuova casa, senza alcun dubbio ottenuta grazie a loro, mi ritirai dalla vita pubblica. Rifiutai energicamente qualsiasi invito per sedute pubbliche attraverso tutto il paese anche se queste erano molto tentanti finanziariamente. Il mio nuovo numero di telefono non era nell'annuario telefonico ed evitai pubblicità di ogni genere. Limitai rigorosamente il numero delle sedute private a persone che sinceramente cercavano la verità ed a quelli che erano nella disperazione.

Naturalmente la mia rendita fu molto ridotta, ma l'affitto che dovevo pagare a Leon e Rose, i proprietari di casa, era molto modesto e guadagnavo abbastanza per vivere tranquillamente e continuare a pagare lo stipendio di Bill. Per la prima volta in vita

mia avevo il tempo di riposare, meditare e dedicarmi ai miei due hobbies gemelli, la fotografia e l'arte del film muto, e di godermi la compagnia dei miei amici. Divenni più calmo, più rilassato e la mia salute migliorò molto.

Durante quei mesi aspettavo che mi venisse indicato il nuovo lavoro di cui mi avevano parlato quelli che mi guidano dall'aldilà. Una di quelle sedute mi è rimasta impressa nella mente, per la strana riluttanza di una madre scettica di accettare e perfino rispondere agli sforzi frenetici di un figlio morto che desiderava provare la sua identità.

Patrick Selby, Direttore Generale di un'organizzazione che controlla le attività dei

due teatri più importanti del West End venne a una seduta in casa mia accompagnato da sette amici fra cui vi era una signora che chiameremo signora Carr perché questo non è il suo vero nome. Appena la riunione era cominciata fu ovvio che tutto quello che succedeva era diretto verso la signora Carr per convincerla che suo figlio Justin era sopravvissuto alla morte fisica. Appena Mickey ebbe salutato il signor Selby e i suoi amici udimmo una voce debole che diceva: "Mamma, sono Justin. E' meraviglioso

- 149 -

di avere questo momento". La signora spinta dai presenti, rispose, ma la sua voce era piena di incredulità. Con una voce che non era mai più forte di distinto mormorio, Justin cercava di convincere la madre della sua identità menzionando vari episodi della

sua vita passata, ma la signora Carr rimaneva distante e disinteressata malgrado tutte le evidenze. Finalmente, come per stringere la verità il ragazzo morto chiese: "Ti ricordi quando eravamo sul fiume con i cigni?". Con la stessa distaccata freddezza la signora Carr rispose: "No, non mi ricordo". La voce dello spirito prese un tono di tragica disperazione: "Ma è impossibile che non ti ricordi, mamma, i cigni attaccarono la nostra barca!". Ma sembrava che la signora Carr non si ricordasse affatto dell'episodio. Ma una ragazza fra i presenti intervenne per dire che ricordava molto bene l'episodio perché era successo quando lei e la sua famiglia abitavano vicino ai Carr e le due famiglie andavano spesso in barca insieme. Incoraggiato da ciò Justin seguitò a ricordare a sua madre piccole cose avvenute durante la sua vita terrestre, ma la signora Carr le riceveva tutte con mancanza completa di entusiasmo e una evidente incredulità. Alla fine, e si poteva capire l'esasperazione nella voce del ragazzo,

scoppiò urlando: "Mamma, ti convincerò anche se dovessi morire!". Malgrado la serietà del momento gli altri presenti, me compreso, non potemmo fare a meno di ridere per questa frase. E' triste da dire, malgrado tutte le prove ed i tentativi del figlio per convincere la madre della sua sopravvivenza, la signora lasciò la riunione altrettanto scettica e inflessibile di quando era entrata.

Una mattina stavo aspettando due amici del Reverendo Drayton Thomas per i quali egli aveva preso appuntamento per telefono. Dray che era un serio investigatore di parapsicologia non mi disse nulla dei suoi amici eccetto che si chiamavano Newton. Quando Bill li fece entrare nel salone fui seccato di vedere che erano seguiti da un cane alsaziano. Bill sapeva molto bene che non tolleravo animali durante le mie sedute e stavo per chiedergli a che cosa pensava quando mi balenò in mente che questo non era un cane terrestre.

Durante la seduta il signor Newton parlò con suo padre il quale dopo aver dato prova della sua identità disse al figlio che Rex era con lui, ed aggiunse che al principio il cane non capiva perché era stato separato dal suo padrone, ma ora si era abituato e era molto felice "con mamma e con me". A questo punto con mia grande sorpresa e imbarazzo mi accorsi che il signor Newton singhiozzava.

Quando la seduta ebbe fine seppi dalla signora Newton che la coppia era

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

recentemente arrivata dall'Australia con l'intenzione di

- 150

stabilirsi in Inghilterra. Prima di imbarcarsi la signora aveva persuaso suo marito di fare ammazzare il cane perché sarebbe stato più facile cominciare una nuova vita senza di lui. Suo marito non si era ancor perdonato di aver accettato la proposta di uccidere il cane che tanto amava.

Quella seduta non era la prima e nemmeno doveva essere l'ultima in cui avevo avuto prove che anche gli animali domestici vivono in un'altra dimensione. Sono convinto che l'amore che diamo ai nostri animali su questa terra serve per innalzarli in una dimensione più elevata di quella dove normalmente finiscono le altre forme di vita e

che quando moriremo li ritroveremo per darci il benvenuto. Ogni tanto succede a due persone sulla terra di fare un patto che quello che morirà

prima farà tutti gli sforzi per comunicare dall'aldilà e si mettono d'accordo su una

parola oppure un codice per identificarsi fra di loro e provare la loro sopravvivenza dopo la morte.

La signora Grover che ora vive a Dulverton nel Sommerset, fissò un appuntamento con me quando abitava a Londra qualche anno fa, con la speranza di confortare sua figlia più giovane mettendola in contatto con il marito morto recentemente. Durante la seduta, Bill, il genero della signora Grover, venne a parlare chiamandola "Gerry" come faceva durante la sua vita terrena e domandando della sua salute. Poi con una voce carica di tensione disse: "Mamma Orso, Papà Orso e Brumas". Dopo aver ripetuto varie volte questa frase priva di senso, disse confuso: "Non so perché dico questo per provare la mia

identità". La signora Grover non solo rimase delusa, ma anche disorientata per quella frase che era stata ripetuta tante volte e che non significava nulla per lei. Tornando a casa raccontò a sua figlia l'accaduto e rimase sorpresa di vederla radiante di felicità. Quella stupida frase che Bill aveva mormorato tante volte e con grande sforzo non era altro che il codice stabilito per cercare di comunicare fra di loro qualora uno morisse prima dell'altro.

Qualche anno dopo la signora Grover ritornò da me per un'altra seduta spiritistica e di nuovo Bill si manifestò. Siccome fu abbastanza gentile da mandarmi un estratto del resoconto, non credo io possa far meglio che menzionarlo.

"Sedemmo per parecchi minuti e cominciavo a temere che il caro Mickey non sarebbe venuto a parlarci, ma invece non fu così e dopo la solita chiacchieratina, egli disse:

'Bill è qui, zia Gerry'. Con mio grande stupore le prime parole che disse mio genero furono: 'Gerry tu sei in pensiero per la tua salute'. Devo spiegare che il signor Flint non aveva la minima idea che io fossi stata ma-

- 151

lata per un anno prima di lasciare Londra; avevo avuto dei dolori interni che mi preoccupavano. Mentre ero a Londra in quel periodo avevo colto l'occasione per visitare un chirurgo e avevo passato una intera giornata a fare vari esami e radiografie nella clinica di Londra qualche giorno prima di questa seduta. Il chirurgo era stato richiamato in Scozia per un'operazione urgente e per questa ragione la sua segretaria mi aveva fatto sapere che sarebbe passato qualche giorno prima di conoscere i risultati

delle mie radiografie. Perciò risposi a Bill che infatti ero preoccupata per la mia salute. Bill mi rispose: 'Non hai bisogno di preoccuparti. Ho visto le tue radiografie e non vi è nessun tumore maligno. Non avrai bisogno di un'operazione, la chirurgia non può uccidere un microbo! Ma in futuro dovrai fare molta attenzione alla tua dieta e evitare i cereali'. Mio genero era stato medico e specialista in radiologia durante la sua vita terrestre. Mi rimane da aggiungere che il giorno seguente la segretaria del chirurgo mi telefonò per dire che le radiografie erano state viste dal dottore, e ripeté esattamente le parole confortanti che Bill mi aveva detto durante la seduta in casa del signor Flint".

Avevo fatto parecchie sedute con il signor S. George Woods, investigatore di parapsicologia e uomo di grande integrità. Il signor Woods aveva preso l'abitudine di

portare un registratore (nastri di carta in quei tempi) e li faceva ascoltare non solo ai membri della Chiesa Spiritualista locale, ma a chiunque poteva fare del bene portando la verità che l'uomo vive dopo la sua morte, che gli piaccia o meno. Quando George un giorno mi telefonò per domandarmi se poteva portare un'amica alla seduta dell'indomani, fui d'accordo immediatamente e quando venne all'appuntamento era accompagnato da una incantevole signora che mi presentò come signora Betty Greene,

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

spiegandomi che questa era la sua prima esperienza delle voci dirette, benché avesse ascoltato con grande interesse tutte le registrazioni delle sedute in casa mia.

Vi erano altre persone presenti quando George Woods e Betty Greene si sedettero

insieme per la prima volta nel salone dove aveva luogo la riunione ed in quella occasione lo spirito guida era Rose Hawkins. Uno spirito che ci aveva parlato altre volte e che era sufficientemente istruito della complessità delle comunicazioni fra i due mondi per parlare correntemente e intelligentemente con quella che io supponevo fosse una buona riproduzione della sua voce terrestre, con un sapore 'cockney' perfino più accentuato di quello di Mickey. Secondo quanto ci raccontò Rose, vendeva fiori per le strade e il suo posteggio era vicino alla stazione di Charing Cross

- 152 -

nel cuore di Londra. Aveva vissuto una vita difficile in estrema povertà. Rose era sempre disposta a rispondere alle domande che le si facevano, ma aveva ammesso

modestamente di non essere uno spirito molto evoluto nel senso spirituale e che non aveva nessuna conoscenza delle condizioni in cui vivono le anime più evolute nelle sfere più alte. Quando George chiese a Rose come fossero le sue condizioni di vita ella rispose: "Questa sì che è una domanda difficile da rispondere! Volete che io vi descriva il nostro mondo nella vostra lingua materiale! Non saprei da che parte cominciare. Ma se potete immaginarvi tutte le cose belle del vostro mondo senza tutte quelle sgradevoli, avreste una vaga nozione di quella che è la nostra".

Una persona del gruppo le chiese se nel loro mondo si pensava al denaro e Rose rispose sprezzante. "Qui non si compera niente con il denaro, amico! Quello che ricevi

lo devi al tuo carattere, a come hai vissuto e a quello che hai fatto!". Un'altra persona voleva sapere se vi era una legge e un ordine in quella vita e Rose

disse: "Vi è la legge naturale, mio caro, che tutti impariamo a riconoscere appena arriviamo qui. Non vi sono leggi e regole come per esempio Governi, ma vi sono leggi che sono leggi comuni e tutti le riconosciamo".

Quando Rose si mise a parlare del lavoro creativo che fanno gli spiriti fu enfatica nello spiegare che lo fanno solo perché amano farlo, tutto in questo mondo è fatto per amore, per esempio, chiunque durante la sua vita terrestre avesse voluto diventare un musicista e non ne avesse avuto la possibilità qui poteva diventarlo.

Se mi volto indietro ora che sono passati gli anni, capisco che l'invito che George fece a Betty quella sera fu l'ultimo anello di una catena di avvenimenti che doveva far conoscere in modo più vasto il mio lavoro di medium.

George e Betty vennero molto spesso a riunioni private dopo quella serata e ogni volta registravano su nastri affinché altri beneficiassero delle loro esperienze. Divenni sempre più cosciente durante gli anni della mia associazione con loro dell'atmosfera di speciale armonia che era stata creata quando erano assieme, e malgrado alcune volte, come spesso succede nello spiritismo, non si ottenessero risultati, in altre occasioni ricevevamo comunicazioni da spiriti che avevano evoluto molto al di là del nostro mondo materiale.

Da quando avevamo lasciato Hendon, la salute di Bill andava lentamente peggiorando, ma siccome sapeva che la sua morte era solo un passo per una vita più bella egli guardava in faccia la morte con calma e serenità e senza paura. Quando Bram venne a vivere con noi Bill lo istruì per insegnargli i suoi doveri, che lui aveva adem-

- 153 -

piuto così fedelmente e poi secondo il suo desiderio ritornò nella città dove aveva vissuto da bambino per viverci il tempo che gli rimaneva da stare in vita.

Erano già due o tre anni che Betty Greene e George Woods venivano alle mie sedute, quando un giorno Ellen Terry (*) venne a parlarci, e questo è quanto ci disse: "Vi consiglio di continuare regolarmente il contatto per ottenere il potere e rinforzare il legame che abbiamo creato apposta per le vostre registrazioni affinché possiate ricevere delle straordinarie comunicazioni. Vi sono anime da questa parte che hanno un grande desiderio di approfittare di questa opportunità per darvi informazioni sulla vita nel nostro mondo e sulla meccanica delle comunicazioni fra il vostro mondo e il nostro. I nastri da voi registrati saranno il nostro mezzo per raggiungere le persone

nel vostro mondo e li adopereremo quanto più abilmente possibile. Vi porteremo varie anime da differenti sfere di vita del vostro mondo che vi parleranno e faranno conferenze che potranno essere ascoltate in tutto il mondo da milioni di persone. Questa è la ragione per cui vi chiediamo di riunirvi regolarmente con questo medium per rafforzare il potere che si sviluppa e rendere possibile la venuta di queste varie entità che verranno a parlarvi di loro e di molte cose importanti per l'umanità".

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

Non ho mai avuto dubbi sulla realtà delle mie voci e neanche ho mai discusso l'integrità degli spiriti che mi guidano, ma mentre ascoltavo la voce di Ellen Terry improvvisamente mi sentii incerto e triste. Come potevano le registrazioni di George

essere ascoltate da milioni di persone ovunque nel mondo? Sapevo che George durante tanti anni di ricerche parapsicologiche aveva avuto tante prove della sopravvivenza dopo la morte, che il suo grande desiderio era quello di dividere le sue convinzioni con più gente possibile ma... milioni? Non aveva senso.

Quando la voce di Ellen Terry svanì saltai dalla mia sedia per accendere la luce e domandai a George se poteva farmi sentire la registrazione. Quando udii lo straordinario messaggio di Ellen Terry per la seconda volta, capii subito che anche se la cosa sembrava inverosimile prima o poi le registrazioni di George sarebbero state ascoltate da milioni di persone. Quella sera stessa fu deciso che George e Betty si

sarebbero riuniti regolarmente da me e da quel giorno fino a oggi lo abbiamo sempre fatto.

La signora Bryant che abitava a Palace Gate veniva da me di tanto in tanto e spesso

il suo defunto marito veniva a parlarle. Geor-

- - -

(*) Ellen Terry la più grande attrice drammatica al tempo della regina Vittoria

(N.d.T.).

- 154 -

ge le dava consigli e l'aiuto che era adesso in suo potere di dare. Un giorno la signora Bryant venne all'appuntamento accompagnata da uno sconosciuto. Era un uomo alto e magro che giudicavo essere sulla cinquantina e la signora mi chiese se poteva assistere alla nostra seduta. La signora, molto correttamente non mi disse il nome, ma a modo di introduzione mi informò che il suo amico era un perfetto scettico che pensava la comunicazione con gli spiriti fosse illusione e inganno e, nell'ipotesi peggiore, frode. Aggiunse che lo aveva deciso a venire con lei contro la sua volontà per provargli che aveva torto e fargli rimangiare le sue parole. La descrizione che mi aveva fatto la signora Bryant non era certo una raccomandazione e mentre guardavo l'uomo che aspettava in piedi nell'entrata, dritto come una bacchetta, non nutrivo nessuna simpatia per lui, ma ero commosso dalla fede della signora Bryant e per questo

fui d'accordo nell'accoglierlo. Durante la seduta il marito della signora Bryant non si manifestò come aveva

l'abitudine di fare, ma, dopo che Mickey aveva parlato ai due per qualche momento, sentimmo la voce di un uomo che diceva di chiamarsi White e che era contento di potere parlare con suo figlio dopo tanto tempo. Malgrado l'oscurità completa ebbi l'impressione che la signora Bryant desse un netto spintone al suo amico per farlo rispondere. Infatti rispose, ma in modo così seccato e condiscendente che avrebbe fatto meglio a starsene zitto.

Lo spirito provò di nuovo, ma s'incontrò con la stessa mancanza di calore da parte del mio riluttante cliente. Ne seguì una breve pausa in cui si potevano distinguere le voci di due spiriti impegnati in una conversazione a bassa voce e da quello che potevo capire discutevano una strategia.

D'improvviso tutti e tre fummo sbalzati dai nostri sedili quando la voce del signor White si mise a tuonare: "Ti dirò certe cose figlio, da farti saltare in piedi!". Da quel momento in poi il padre dette un fiume di prove della sua identità, aneddoti della fanciullezza di suo figlio, ricordi di cose che avevano fatto insieme, posti dove erano stati insieme, tutte prove irrefutabili che era veramente suo padre che gli parlava. Poco dopo il mio scettico spettatore era ingaggiato in una animata e intima conversazione che evocava il passato.

Quando la seduta ebbe fine, devo ammettere che fui stupito di vedere che l'amico della signora Bryant rimaneva anche dopo che lei se ne era andata e cominciava a sottomettermi ad un interrogatorio di terzo grado. Sapevo benissimo chi era, vero? Come si chiamava il mio amico a Warwick? La signora Bryant mi aveva telefonato presto questa mattina, non era forse così? Dove si trova il microfono? L'altoparlante? Poteva vedere

la mia copia dell'Almanacco della Polizia?

- 155 -

Queste e tante altre domande imbrogliate risuonavano in tono arcigno più veloci di una mitragliatrice o per lo meno così mi pareva.

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

Finalmente quando la mia testa barcollava per lo sforzo di rispondere a un latrato prima che ne uscisse un altro, il mio inquisitore cambiò la sua burbera espressione e mi sorrise calorosamente. "Va bene!" disse e tirò fuori la sua mano come facevano nei

vecchi film quelli di una certa classe. Ci scambiammo la stretta di mano e si presentò dicendomi di essere il Colonnello Geoffrey White, capo della polizia del Warwickshire e mi ringraziò per l'interessante esperienza fatta.

Sapevo che l'esperienza fatta dal colonnello era qualcosa di più che un'interessante esperienza, ma anni di spiritismo mi avevano insegnato che per lo scettico sincero è un punto d'onore di non lasciarsi impressionare per riconoscere l'evidenza dei fatti. Mentre in piedi davanti alla porta di casa guardavo il colonnello che si allontanava, pensavo che non lo avrei mai riveduto.

Mi ero sbagliato perché qualche mese dopo una domenica mattina presto, mi telefonò

per sapere se potevo riceverlo subito. Gli spiegai che non ricevevo nessuno la domenica e mi offersi di dargli un appuntamento verso la fine della settimana. Mi rispose che il suo soggiorno a Londra era di breve durata e chiese di fare un'eccezione in suo favore.

Rimasi così impressionato dall'urgenza che sentivo nella sua voce, che fui d'accordo nel riceverlo quella mattina.

Avevo appena avuto il tempo di spegnere la luce del salone dove eravamo riuniti quando Mickey ci disse che il padre del colonnello voleva parlargli a proposito del suo nuovo posto a Cipro. Ne seguì una lunga conversazione fra il colonnello e suo padre che dovetti per forza ascoltare.

Il colonnello White era stato convocato al Ministero dell'Interno il venerdì precedente e gli era stato richiesto di servire alle dipendenze dell'Ufficio Coloniale per intraprendere la riorganizzazione delle forze di polizia a Cipro che allora

dovevano affrontare l'imbroglio Greco-Turco. Il colonnello l'indomani doveva avere una seconda intervista al Ministero dell'Interno dove aspettavano la sua risposta, ma egli si sentiva incerto sulla decisione da prendere. Il padre gli disse con una certa veemenza che doveva accettare questo incarico perché le sue particolari capacità erano necessarie a Cipro in un momento così pericoloso. Il padre assicurò il figlio che avrebbe adempiuto molto bene al suo compito e che non correva nessun pericolo fino a quando sarebbe stato nell'isola. Aggiunse che il colonnello sarebbe tornato in Inghilterra molto più presto di quanto potesse immaginarlo all'ora attuale.

Quando accesi la luce dopo che la voce se ne era andata, vidi che il colonnello White era appoggiato allo schienale della sua sedia

- 156 -

con una espressione di stupore sulla faccia. "Questo è veramente fantastico", disse, "non solo son convinto che era mio padre che mi parlava, ma nessuno sulla terra, eccetto io e l'alto ufficiale che ho visto al Ministero sapeva che mi era stato chiesto di andare a Cipro. E' una missione così confidenziale che ancora non ne ho nemmeno parlato a mia moglie!".

Il colonnello andò a Cipro e, terminato il lavoro per cui era stato mandato, ritornò a casa sano e salvo e molto tempo prima di quello previsto.

Al suo ritorno in Inghilterra il colonnello White si fece un dovere di venire alle mie sedute ogni qualvolta si trovava a Londra, fino al giorno in cui lessi sui giornali che aveva avuto un attacco, non so di quale natura, mentre si alzava per fare un discorso a un banchetto in onore della polizia e che era morto sul colpo. Voglio

sperare che suo padre lo aspettasse dall'altra parte. Gli atei e alcuni membri di chiese cristiane ortodosse, specialmente quelli che non

hanno mai assistito a sedute spiritistiche di nessun genere, spesso ridicolizzano le guide che aiutano i medium a fare da intermediari fra i due mondi. Pellerossa? Antichi Egizi? Lama Tibetani? Bambini? Fin dove può arrivare l'inganno e il ridicolo di questi Spiritisti? Schernitori con pretese in campo di parapsicologia parlano con conoscenza di personalità secondarie, frammenti di consapevolezza drammatizzazione subcosciente e fenomeni di auto-ipnotismo. Io non pretendo di sapere quello che vogliono dire e dubito che anche loro lo sappiano. Certi credenti ortodossi non esitano di denunciare le nostre guide e gli spiriti che comunicano con noi come diavoli e sostitutori di persone ugualmente incuranti del salmo che dice. "E Lui ti darà un angelo per proteggerti da tutti i mali".

Capisco che certi cristiani accettino il concetto dell'angelo guardiano, ma siccome l'arte religiosa li ha rappresentati come dei super-men caucasiani inverosimilmente equipaggiati di ali, bisogna essere perdonati se si suppone che l'evoluzione spirituale è una prerogativa della razza bianca. La verità è più semplice e molto più bella. Angeli, guide, spiriti protettori, chiamateli come più vi piace, una volta erano uomini e donne di tutte le razze e di tutte le religioni che vivevano sulla terra e che

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

adesso, da qualsiasi sfera si trovino continuano a evolvere spiritualmente cercando di aiutare e sollevare l'umanità attraverso l'organismo fisico di una persona sulla terra che abbia un qualsiasi dono parapsicologico. Naturalmente non solo i medium hanno

spiriti che li aiutano e per parafrasare San Paolo, "Siamo tutti accerchiati da una grande nube di testimoni", ciò che non vuol significare una moltitudine di spiriti che gira attorno a noi spiandoci per osservare ogni nostra azione, anche se in privato, ma semplice-

- 157 -

mente che le persone amate che ci hanno preceduto, si curano ancora di noi e si avvicinano quando pensiamo a loro con vivo desiderio oppure quando mandiamo una

preghiera affinché ci vengano in aiuto. Durante la guerra, ai miei spiriti guida se ne aggiunse un altro che si presentò in

una riunione dicendo di essere il dottor Marshall, che aveva vissuto, e praticato la

medicina, a Hampstead vicino a Londra. La sua personalità che la sua voce calda e simpatica facevano intravedere era quella di un dottore ideale per qualsiasi famiglia. Da frammenti di informazioni che il dottor Marshall ci dava sulla sua vita terrena fummo capaci di verificare alcuni fatti.

Il dottor Charles Frederick Marshall era nato a Birmingham nel 1864 e aveva compiuto la sua educazione medica nell'ospedale di Bart a Londra dove si era distinto brillantemente sia in medicina che in chirurgia. Si interessava in ricerche parapsicologiche al tempo in cui questo argomento era ancora considerato eccentrico, e alla fine divenne convinto spiritista. Al principio si era specializzato in malattie

della pelle, ma più tardi si specializzò nelle ricerche sul cancro. Dopo anni di studi era convinto di avere scoperto un nuovo approccio a quel male e un nuovo metodo per curarlo. Nel 1932 pubblicò un libro su "Una Nuova Teoria per il Cancro" nel quale propagava le sue teorie descrivendo un numero di casi avanzati che lui diceva di avere curato. Sfortunatamente i dotti di quel tempo non ne furono interessati e morì deluso nel maggio del 1939. Da quando venne a parlarci la prima volta, il dottor Marshall ha consigliato e aiutato sulla loro salute e sul loro stato mentale migliaia di miei clienti.

I miei cari amici il signor e la signora Archer vennero un giorno accompagnati dal loro figlio Roland, di venti anni, che era nella Marina mercantile. Notai che un occhio di Roland era gonfio e rosso e lacrimava abbondantemente e gli chiesi cosa fosse. Mi disse che questo occhio gli dava dolori e fastidi da mesi, ma che nessun dottore era

riuscito a trovare la causa del male. Era evidente che il giovane era preoccupato, anche perché recentemente era stato da un eminente oculista che non aveva saputo spiegare neanche lui la ragione di quei sintomi. Durante la seduta il dottor Marshall venne a parlare ai signori Archer e subito si interessò dell'occhio di Roland. Egli ricordò al giovane che mesi prima aveva pulito gli oblò con un cuscinetto di lana di ferro e gli disse che una minuta particella si era rotta e gli si era conficcata nell'occhio: ciò gli causava dolore e irritazione. Consigliò Roland di tornare all'ospedale oftalmico e con molto tatto suggerire all'eminente specialista questa possibilità. Il giovane seguì il consiglio del dottor Marshall e la

- 158 -

particella di lana di ferro venne localizzata e tolta mediante una operazione. Aspettavo con sempre maggior piacere le sedute con George Woods e Betty Greene. Le

entità che venivano a parlare erano varie e interessanti. Alcune erano state famose durante la loro vita terrena altre invece avevano vissuto nell'oscurità, ma tutte avevano qualcosa di interessante da dire, informazioni, frasi per sollevare il morale, e tutto era registrato su nastri affinché Betty e George potessero dividere le esperienze delle loro sedute spiritistiche con tutti quelli interessati ad ascoltare. Una volta venne a parlare uno spirito con un marcato accento francese il quale ci disse chiamarsi Richet, e durante la conversazione apprendemmo che era il defunto professor Charles Richet, l'eminente psicologo francese il quale nel 1905 era Presidente della Società di Ricerche Parapsicologiche a Londra. Mi spiegò come le mie facoltà medianiche venivano usate dall'aldilà. Mi disse che ogni essere umano possiede una sostanza

chiamata ectoplasma, la quale è forza di vita, ma un medium come me ne possiede molto di più degli altri. Durante una seduta spiritica, questa sostanza, che è anche chiamata "la forza", viene estratta dal medium e modellata dagli spiriti i quali capiscono queste cose e ne fanno la replica delle corde vocali conosciuta sotto il nome di "scatola per la voce" e qualche volta anche "la maschera". Lo spirito comunicante a quel momento concentra i suoi sforzi in questa scatola per la voce e facendo questo

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

crea una frequenza, o vibrazione, che raggiunge l'ascoltatore sulla terra con un suono obiettivo.

Il professore defunto seguitò a spiegarci le difficoltà che incontra lo spirito per

comunicare in queste condizioni. Ci disse che non solo lo spirito deve abbassare le sue frequenze a quella più bassa terrestre, ma simultaneamente deve ricordarsi il suono della sua voce quando era in vita e richiamare alla memoria le cose avvenute per dare prove della sua identità alla persona con cui desidera comunicare.

Quando al professore fu chiesto da uno dei presenti se poteva sia vedere che sentire le persone sulla terra egli rispose che dipendeva dall'ammontare della concentrazione che metteva nei suoi sforzi per riuscirci. Ma trovava più semplice percepire i loro pensieri prima che fossero emessi in parole. Divenne molto aggressivo quando qualcuno suggerì che spesso le voci non erano esattamente le stesse di quelle che erano state

durante la vita terrena e disse che era assai difficile che potessero esserlo dato che non usavano le stesse corde vocali di quando erano in vita. Aggiunse che dovevamo prendere in considerazione il fatto che lo spirito che comunica deve concentrarsi su

tre cose diverse nello stesso momento in cui ci parla.

- 159 -

Tutto quello che aveva detto Richet mi sembrava logico. Avevo spesso sentito le osservazioni delle entità comunicanti sulla difficoltà che avevano di parlare attraverso la scatola perché "oscilla tutto il tempo", oppure dire lamentosamente com'era difficile ricordarsi certi avvenimenti che provassero senza dubbio alcuno chi erano mentre si dovevano concentrare con tanta attenzione su altre cose. Come disse il

professor Richet in tono piuttosto irritato: "Il miracolo è di potere comunicare". Benché certe entità parlino con quello che io chiamo una voce standardizzata (con

questo voglio dire che la voce di un vecchio signore risulta essere molto uguale a quella di un altro di medesima educazione e livello sociale; anche i giovani ufficiali morti durante la guerra tendono a parlare tutti con la stessa voce), quello che conta è ciò che lo spirito racconta e la personalità che la sua voce esprime, assieme alle prove per stabilire la sua identità a quelli con cui desidera parlare. Alcuni spiriti, ciò nonostante, forse per la superiorità del loro potere mentale riescono a riprodurre le voci che sono inequivocabilmente state le loro durante la vita terrestre, e una di queste era quella di Lord Birkenhead, un ex Lord Cancelliere d'Inghilterra morto nel 1930.

La Legge Omicidi del 1957 puniva con la morte per impiccagione cinque categorie di

assassini e durante una seduta avvenuta mentre questa legge era in atto, si manifestò lo spirito di Lord Birkenhead per parlare con eloquenza e urgenza per quasi un'ora della necessità di abolire totalmente la pena di morte. Dopo essersi presentato con il semplice nome di Birkenhead, disse: "Questo è un aspetto della legge sulla criminalità che ha più bisogno di essere cambiato; che la pena di morte sia applicata mediante impiccagione o con mezzi chiamati più umani, niente giustifica l'uccisione fuori dalla legge come neppure in nome della legge".

Ammise che le opinioni espresse erano opposte a quelle che aveva avuto in vita e ci spiegò perché era avvenuto questo cambiamento dicendo: "Ho visto gli effetti da questa parte della vita quando la legge ci manda delle anime che non sono né preparate né pronte, la loro mente è in stato di agitazione, piena di pensieri di odio, vendetta e paura. Queste anime indugiano vicino alla terra", seguitò "e spesso quelli che sono

conosciuti sotto il nome di omicidi identici è dovuto a questi spiriti vendicativi che si aggirano attorno alla terra e si intromettono nel pensiero di individui nel vostro mondo mentalmente instabili e li obbligano a commettere lo stesso crimine per cui l'individuo ha subìto la pena in base alla legge". Come alternativa alla pena capitale, Birkenhead suggerì che "lo sfortunato individuo che ha commesso l'assassinio potrebbe essere adoperato per

- 160 -

servire in qualche modo la società dandogli l'opportunità di salvarsi mediante il pentimento". Verso la fine del suo impressionante discorso egli dichiarò: "La morte non esiste. Noi viviamo e proviamo costantemente di ispirarvi. Vi chiedo, vi supplico, di

fare tutto quello che è in vostro potere per far valere le mie ragioni e portare la verità all'umanità".

Quando la registrazione di questa comunicazione fatta dal defunto Lord Birkenhead fu fatta ascoltare al signor Charles Loseby, egli disse: "E' Birkenhead. Nella mia mente non vi è l'ombra di dubbio. Siccome fu grazie a lui che io diventai avvocato l'ho conosciuto intimamente durante tutta la mia carriera". Il signor Loseby più tardi fu

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

intervistato alla televisione e ripeté le sue dichiarazioni davanti a milioni di spettatori. Quando sentii che aveva fatto questo, mi ricordai la promessa fatta da Ellen Terry, che allora sembrava impossibile potesse avverarsi.

Lilian Baylis, l'indomabile donna che aveva trasformato un teatro abbandonato in uno famoso conosciuto dal mondo intero sotto il nome di Old Vic, inaspettatamente fece un discorso drammatico in una seduta avvenuta due giorni dopo che il sipario era calato per sempre nel suo teatro per far posto al Teatro Nazionale. La signorina Baylis espresse il suo rammarico perché il teatro "Vic" non era rimasto in uso come scuola per gli aspiranti di arte drammatica e chiese se fosse stato veramente necessario di perdere un nome che per tanto tempo aveva tenuto alta l'arte drammatica in Inghilterra. "Poteva almeno essere lasciato in uso in segno commemorativo del passato", disse tristemente.

Quando uno dei presenti le chiese se fosse stata presente all'ultima rappresentazione nel suo teatro, la signorina Baylis rispose con una traccia di impazienza: "Naturalmente ero presente! Credevate che potessi mancare per l'ultimo atto? E' stata

una serata molto triste, ma ero molto fiera. Sono sicura che il Teatro Nazionale sarà un successo perché ha le sue radici in quelle dell'Old Vic, e queste radici erano forti".

Miss Baylis ci disse che molte altre famose personalità nel mondo del teatro erano presenti alla serata d'addio, compresa sua zia Emma Cons che anni prima aveva diretto il teatro.

Quando la registrazione della drammatica conferenza fatta da Lilian Baylis fu fatta ascoltare al Capitano Newcombe di Hove, egli scrisse quanto segue: "La registrazione ci ha certamente portato l'esatto ritratto della defunta Miss Baylis tale e quale io me la

ricordo; la voce, i manierismi erano senza alcun dubbio i suoi. Sono molto grato per l'opportunità che mi è stata data di sentire ancora una volta la voce della mia vecchia amica".

- 161 -

La signora Watson, che vive a Ho ve, è la figlioccia della defunta Lilian Baylis, e quando sentì la registrazione scrisse: "Sono molto felice di confermare che quella era la voce di Lilian Baylis, non ne ho alcun dubbio".

Una sera mentre ero in visita da alcuni amici chiacchierando del più e del meno, cominciai a sentire una forte personalità che si impossessava di me psichicamente e, benché facessi sforzi per ignorare la sua presenza, alla fine divenne troppo evidente

per resistere e allora io suggerii di chiudere la tenda e spegnere le luci per cercare di sapere chi fosse questa personalità. La tenda fu chiusa e le luci spente, ma vi era un'oscurità solamente parziale perché avevamo improvvisato la seduta. Fortunatamente avevamo un nastro registratore. La mancanza di oscurità totale non impedì la personalità di cui avevo intuito la presenza di parlarci quasi immediatamente con un forte accento irlandese.

Al principio nessuno di noi aveva capito chi fosse, ma quando fece menzione delle sue commedie e ci disse che malgrado i suoi successi non aveva nessun desiderio di ritornare sulla terra perché di essere stato George Bernard Shaw era stata un'esperienza molto importante per qualsiasi uomo, lo accogliemmo con entusiasmo. Durante la sua vita terrena Shaw aveva sempre espresso scetticismo in una vita aldilà della tomba, e una signora fra i presenti gli chiese quale era stata la sua reazione

quando dopo la morte si era reso conto di essere in errore. Egli rispose: "Ero molto sorpreso e perturbato e allo stesso tempo esultante, se uno può avere tre emozioni così diverse alla volta".

Uno dei miei amici provò a fargli criticare il teatro dei tempi presenti, ma egli si rifiutò dicendo che non condannava nulla perché aveva imparato che era peccato. "Non ho mai cercato veramente di essere un peccatore", aggiunse, "quando ci ho provato non ci sono mai riuscito molto, con mio grande disappunto; un paio di volte volevo peccare con due incantevoli donne, ma esse non volevano farlo per corrispondenza. Ero un vecchio sentimentale, ma non volevo che se ne accorgessero e cercavo di nasconderlo con modi bruschi, scuotendo la mia barba per spaventare la gente, ma penso di avere avuto più successo con la mia penna di quello che ho mai avuto con la mia lingua".

Dopo aver chiacchierato con noi per un certo tempo, Shaw si mise a criticare se

stesso. "Alcuni dei miei personaggi erano solo burattini che esprimevano le mie idee e devo ammettere che un paio delle mie commedie sono impossibili da rappresentarsi, ma mi fa piacere di pensare che ho creato uno o due personaggi che vivranno".

- 162 -

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

Quando questa registrazione venne ascoltata da L. F. Easterbrock, nel 1962, egli scrisse: "Ho trovato la registrazione di George Bernard Shaw molto interessante. Più ci penso più mi sembra impossibile per qualsiasi altra persona che non fosse lui di

esserne l'autore. Mi ha fatto tornare in mente quel senso di ilarità contagiosa che si aveva stando con lui quando era con gli amici intimi e non cercava di brillare. Sembrava che il mondo con tutte le sue follie fosse tremendamente divertente, da prendersi in giro, sebbene con gentilezza e comprensione".

Per la stessa registrazione il Reverendo Barham scrisse nel giugno del 1970: "In marzo 1959 ho fatto ascoltare la registrazione di George Bernard Shaw a George Bishop, critico drammatico del Daily Telegraph e amico intimo di Shaw per vari anni. Dopo che il signor Bishop ebbe ascoltato egli fece la seguente dichiarazione: 'Sia la mente che l'umore sono di Shaw'".

Non tutte le personalità che venivano a parlare a George e a Betty durante le loro regolari riunioni erano persone conosciute durante la loro vita. Uomini e donne che avevano vissuto ed erano morti ignoti vennero a parlarci di loro, per dirci come erano

morti e quello che avevano trovato aldilà della vita. Per esempio vi fu Edward Butler il quale con un caldo accento del Yorkshire ci pregò di chiamarlo Ted. Ci disse di aver vissuto a Leeds fino a un sabato mattina nel 1923 quando se ne era andato con sua moglie a fare delle spese. Come ce lo spiegò lui stesso: "Stavo traversando High Street e prima di poter dire 'madre mia' qualche cosa mi urtò. Era un camion che mi inchiodò al muro e mi mise fuori combattimento". Poi ci disse che vide una folla che guardava qualcosa, allora si decise a dare uno sguardo e con sua grande sorpresa vide un uomo steso a terra che gli assomigliava. "Al principio non mi resi conto che quell'uomo ero io", disse "ho pensato questo è uno scherzo di cattivo gusto, potrebbe essere il mio

gemello. Non ho pensato che potevo essere io!". Ted vide sua moglie che piangeva fra la folla, cercava di dirle che stava bene, ma lei lo ignorava completamente. Quando arrivò l'ambulanza Ted vi entrò con sua moglie e il corpo, e durante il tragitto fino alla camera mortuaria si adattò alla situazione. Poi Ted andò al suo funerale e a questo proposito egli ci disse: "Dissi a me stesso in quel momento, tutto questo trambusto e tutte queste spese per niente perché io ero lì nella carrozza con mia moglie e nessuno mi dava retta".

Secondo quello che Ted ci disse, era stato un uomo molto materialista che non aveva mai pensato alla religione e non credeva in un'altra vita. Per questo dopo la morte si aggirò sulla terra per un certo tempo. Gironzolava attorno alla sua casa, andava in tram, visi-

- 163 -

tava le case dei suoi amici, ma nessuno lo vedeva né lo ascoltava e allora cominciò a sentirsi solo e infelice. Qualche volta sentiva anche la nostalgia di una birra, ma benché egli si sentisse solido, quando cercava di prendere il bicchiere la sua mano lo attraversava e non ce la faceva.

Un'altra volta venne a parlarci un'entità con un accento tedesco gutturale e ci disse di essere un certo dottor Franck e di essere stato prigioniero a Dachau nel campo di concentramento dove era stato ucciso perché si era rifiutato di fare "certe cose che volevano che io facessi e che non mi piaceva fare".

Al principio quando fu mandato a Dachau, il dottor Franck era stato autorizzato a praticare la medicina per aiutare gli altri prigionieri e allora la vita nel campo era

sopportabile, ma più in là avevano insistito perché lui cooperasse a fare certi terrificanti esperimenti chirurgici sui suoi compagni di prigionia e quando egli si era rifiutato lo avevano messo a morte. Ci disse che intorno a Dachau ancora oggi vi è un'atmosfera di miseria e d'infelicità e di diaboliche crudeltà per tutte le cose che sono state fatte. Quando al dottor Franck fu chiesto com'era la sua vita nell'aldilà egli ci disse che era ancora un dottore, ma ora curava le anime per aiutarle a liberarsi delle loro idee stagnanti, dalla paura, dall'odio e dai pregiudizi che ostacolano il loro progresso spirituale. Prima di lasciarci il dottor Franck disse: "La gente sulla terra dovrebbe realizzare che un uomo è quello che pensa, e con i suoi pensieri e le sue azioni durante la sua vita, crea il suo proprio paradiso oppure il suo proprio inferno qui".

Nel 1963 lo scandalo Profumo scosse l'Inghilterra e Stephen Ward, un osteopata alla

moda e artista di un certo talento, fu processato all'Old Bailey per essere coinvolto nell'affare. Mentre era ancora in libertà provvisoria e prima che il verdetto o la sentenza fossero pronunciate, Ward si suicidò. Non avevo mai incontrato Stephen Ward e nemmeno i suoi amici intimi, i livelli sociali in cui ci muovevamo erano troppo disparati per questo e non sapevo nulla di lui salvo quello che leggevo sui giornali e sentivo dire dalla gente. Per questo rimasi molto sorpreso quando subito dopo la sua

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

triste e solitaria morte Stephen Ward venne a parlarci durante una delle nostre sedute. Con uno stentato e rauco mormorio egli disse che gli era rincresciuto di doversi dare la morte ma la sua coscienza era pulita perché non aveva commesso nessuno dei crimini

di cui la società lo aveva accusato. "Ho fatto errori e sono stato vanitoso e molto sciocco, ma non ho fatto nessuna di quelle cose di cui sono stato accusato e avrei dovuto difendermi fino all'ultimo".

Poco dopo quella difficile comunicazione, Stephen Ward ritornò fra noi a parlarci, ma questa volta la sua voce era più forte e

- 164 -

poté parlare per lungo tempo. Ancora una volta espresse il suo rammarico per "essersi

arreso", ma disse che sentiva una rete di bugie stringersi attorno a lui per farlo condannare mentre era innocente, quando la sua unica colpa era quella di essere stato stravagante e snob per vivere la vita elegante fra quelli del jet-set. Ci disse che non

aveva parlato per proteggere quelli che poi divennero i suoi accusatori e che lo avevano abbandonato e tradito. "E' stato un affare molto sporco", disse, "Io sono stato il capro espiatorio in un affare che fondamentalmente era politico, ma in realtà nascondeva qualcosa di più sinistro". Disse che il suo suicidio non aveva risolto i suoi problemi, ma anzi li aveva resi più difficili da sopportare e ci parlò di alcuni scritti che aveva lasciato da pubblicare. Era convinto che sarebbero stati soppressi in Inghilterra, ma probabilmente pubblicati all'estero fra non molto.

Infatti credo che alcuni scritti di Stephen Ward furono pubblicati in Francia poco dopo.

Ward continua a parlare con noi di tanto in tanto durante le nostre sedute e posso dire che ha progredito spiritualmente al punto che non si rimprovera più di essersi arreso e non ha più risentimenti verso gli amici che lo abbandonarono nei momenti di necessità.

Ethel e Alfred Scarf che vivono a Ipswich venivano regolarmente alle mie riunioni e mandavano le loro registrazioni a quanti le richiedevano come da tanto tempo facevano George Woods e Betty Greene.

Nel gennaio del 1964 il signore e la signora Scarf entrarono in contatto con uno spirito molto evoluto che disse di essere stato un membro della Chiesa Cattolica e un monaco in un grande monastero in un luogo che oggi chiamiamo Bury St. Edmunds. Disse di chiamarlo fratello Bonifacio e di essere stato un ribelle ai suoi tempi. Da quel giorno fratello Bonifacio ha parlato con gli Scarf in varie occasioni, sempre con

scorrevolezza e con un meraviglioso frasario di cui io rimango meravigliato. I suoi discorsi sono su tutte le questioni morali e uno dei temi che ricorre sempre è la follia diabolica della discriminazione basata sulla razza, il colore, la classe o la religione. Il signore e la signora Scarf hanno mandato in Africa molti dei suoi discorsi su questo tema e ricevono continuamente lettere di richieste per altre copie.

Una volta ebbi l'occasione di far sentire la registrazione di Fratel Bonifacio al Pastore della Chiesa di West End. Egli ascoltò con interesse e mi chiese se potevo prestargli il nastro per farlo ascoltare a uno o due amici. Fui felice di accontentarlo.

Qualche tempo dopo, un altro amico mio membro dell'elegante congregazione mi informò che il pastore aveva letto quasi parola per

- 165 -

parola uno dei discorsi di Fratel Bonifacio durante il sermone della domenica, ma inutile dire non fece menzione da dove veniva.

Al principio del 1970 George e Betty avevano già una raccolta di 200 registrazioni di comunicazioni spiritiche. Questi spiriti parlano con varî accenti e in vari dialetti e se alcuni sono stati famosi durante la loro vita terrena, altri invece sono uomini e donne sconosciuti ritornati sulla terra per raccontarci le loro esperienze dopo la morte e quello che hanno trovato dopo il loro arrivo nell'aldilà.

Vi è una registrazione fra questa vasta collezione che da lungo tempo ci ha lasciati perplessi.

Durante una seduta Mickey annunciava che portava due persone che avevano vissuto

negli antichi tempi per parlare a Betty e George. Subito dopo un uomo e una donna furono uditi parlare fra di loro in una lingua sconosciuta. Dopo poco la donna si mise a cantare varie canzoni popolari. Speriamo sempre che un giorno troveremo non solo chi possa identificare la lingua, ma anche tradurre la registrazione in inglese.

Avevo vissuto e lavorato silenziosamente e nell'oscurità per quasi diciotto anni quando senza preavviso una domenica aprendo il giornale lessi due pagine che parlavano

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

del mio lavoro con George e Betty. La domenica dopo seguiva un altro articolo, che concludeva "questo era uno straordinario caso che prova l'evidenza di una vita cosciente dopo la morte".

Questa inaspettata pubblicità ebbe come risultato di ricevere un invito dalla televisione.

Alcune registrazioni di voci registrate da Betty e George furono fatte ascoltare durante il programma e fra queste, quella che meglio si adattava era la voce di Ellen Terry, e io feci del mio meglio per esporre la verità ai milioni di spettatori che ascoltavano.

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

Capitolo XIV

Quando il mio vecchio amico Padre Sharp morì nel 1960 aveva novantaquattro anni, ma non aveva mai cessato di sperare che un giorno il coraggioso sogno della Confraternita sarebbe diventato una realtà e che lo Spiritualismo avrebbe fatto parte delle teorie della Chiesa. Uno dei suoi maggiori disappunti durante la sua vita fu la soppressione da parte dell'allora Arcivescovo di Canterbury di un Rapporto sullo Spiritualismo esposto da una Commissione di uomini di chiesa che avevano passato molti mesi a investigare le sue rivendicazioni.

Questa Commissione era stata formata dal defunto dottor Cosmo Lang quando era Arcivescovo di York, ma quando divenne primate d'Inghilterra egli soppresse le scoperte

della sua propria Commissione, i quali con un verdetto di maggioranza erano arrivati alla conclusione che le rivendicazioni degli Spiritualisti che comunicavano con i morti mediante persone dotate di un potere medianico, era la verità.

Lord Lang morì nel 1945 e un anno dopo egli parlò a Padre Sharp in una delle nostre riunioni, mediante le mie facoltà medianiche. Questo è quanto disse: "Se solamente potessi riavere la mia vita con la conoscenza che posseggo adesso come agirei diversamente. Potevo fare molto, ma avevo paura". Seguitò a parlare delle migliaia di giovani anime precipitate nell'altro mondo a causa della guerra, le quali avevano risentimenti verso la Chiesa per non aver loro insegnato che la morte non è la fine e un ponte può essere creato fra i due mondi.

Cosmo Lang parlò in un'altra occasione quando George Woods e Betty Greene erano presenti. Nel 1959 egli disse: "Ho la convinzione assoluta che lo Spiritismo è di

un'importanza vitale e che tutti dovrebbero averne conoscenza, ma sono anche convinto che è pericoloso adoperarlo erroneamente. Credo sia importante che università e società siano organizzate affinché possano dare asilo e mantenimento ai medium mentre fanno il loro periodo di allenamento in maniera idonea, per fare delle loro facoltà medianiche una vocazione uguale a quella di un ministro della chiesa, dedicando la loro vita a questo scopo, lontani dal mondo seppure appartenendo al mondo, servendolo. Se vogliamo metterci in contatto con le più alte forze, le

- 167 -

forze del bene, quelle che sollevano l'umanità, dobbiamo avere dei medium oppure istrumenti che abbiano la stessa mente e gli stessi pensieri e siano delle più alte

vibrazioni spirituali, e a me sembra che alcuni dei nostri medium sono sfortunatamente di livello molto basso. Non voglio che voi crediate che io condanno, ben lungi da me, sono al contrario ansioso di aiutare. Io penso che solamente quando lo Spiritismo verrà usato nel giusto modo con medium di alti livelli mentali e spirituali, pronti a rinunciare ai beni materiali per servire Dio nel vero senso della parola, medium che si considerino istrumenti del potere divino per servire i figli della Terra, solamente allora lo Spiritismo sarà un vero beneficio per l'umanità. A me sembra che al momento attuale stiamo solo grattando la superficie del mondo astrale, come il novanta per cento dei vostri medium sembrano fare, e in queste circostanze lo Spiritismo non solo può essere un male, ma anche un pericolo poiché i simili attirano i simili. Entità di basso livello che si aggirano sulla terra possono usare i medium e mediante loro dire delle cose che non sono vere e possono essere la causa di molte sofferenze e

infelicità. Ancora più pericolosi, i risultati di queste sedute spiritistiche possono essere quelli di rimanere ossessionati da entità a basso livello che vogliono distorcere voi e distorcere la verità. E' molto importante scegliere con cautela il vostro medium e di comportarvi nel modo giusto. Dovete prima avvicinarvi a Dio, non solo quando pregate, ma nella vostra vita, per sforzarvi di farne una preghiera vivente nel pensiero come nell'azione".

Il Primate seguitò dicendo come la Chiesa di oggi si era allontanata dall'insegnamento originale e dalle sue forze originali e come si era smarrita dal semplice cammino che Gesù ci aveva preparato. Seguitò il suo discorso dicendo che gran parte dell'insegnamento dello Spiritismo era l'assenza della Chiesa primitiva di quei cristiani che riuniti possedevano il potere di Dio e vincevano i piaceri della carne rinunziando a tutto per seguire Gesù! Concluse dicendo: "Se la grande verità della

sopravvivenza venisse dimostrata e manifestata nel modo vero e nel senso elevato come dovrebbe, tutto il mondo potrebbe cambiare per il meglio".

Una registrazione di questa comunicazione di Cosmo Lang fu fatta ascoltare a Londra alla Conferenza dell'associazione delle chiese per le Ricerche Parapsicologiche e Studi Spiritualistici nel settembre del 1960 e vi furono molte discussioni fra i soci che avevano conosciuto il dottor Lang durante la sua vita terrestre. Nel 1965 George Woods

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

ricevette la seguente lettera dal defunto Conan Shaw, il noto investigatore di ricerche parapsicologiche e scrittore:

- 168 -

Caro signor Woods, Registrazione del dottor Cosmo Lang (defunto Arcivescovo di York) 1° ottobre 1960,

mediante voci indipendenti. Medium: il signor Leslie Flint. Dopo aver ascoltato e studiato questa registrazione vorrei che questa lettera venisse messa a verbale:

Come direttore del coro a York Minster (1908-15) ebbi molte opportunità di essere in contatto diretto con il dottor Lang. In varie occasioni fui scelto per portare lo strascico dell'Arcivescovo. Il dottor Lang usava portare noi coristi con una barca sul

fiume Ouse da Bishopthorpe Palace. Il parlare lento che usava quando faceva un discorso era nella registrazione come pure i suoi manierismi. Le sue due mani afferravano la cima della sua stola, poi su una parola od una frase creava un clima di attesa proprio

come lo ha fatto nella registrazione da me ascoltata appoggiando la parola ORA e la frase "Allora si alzeranno in piedi nella chiesa e lo proclameranno" (questo si riferisce alla comunicazione). Voltava la testa da sinistra a destra, poi da destra a sinistra e infine al centro con la ferma intenzione di fare capire i suoi tre punti di vista a tutta la congregazione. Sì, ho piena fiducia che sia il dottor Lang colui che comunica, come afferma la registrazione

(firmato) Conan Shaw.

Le osservazioni critiche del defunto dottor Lang sui medium di oggi non sono senza

fondamento. In questi ultimi anni lo Spiritismo ha dovuto dipendere sempre di più da dimostrazioni di medium intellettuali più che dotati di facoltà medianiche, e malgrado ci siano stati molti meravigliosi veggenti, chiaroudienti e medium in trance nel passato, oggi i medium dotati di facoltà medianiche intellettuali, salvo rare eccezioni, non sono di buona qualità. Probabilmente se ne trovano nell'intimità delle case dove si fanno sedute spiritiche private con il dono che io posseggo di voci dirette indipendenti, oppure fra quelli che hanno il dono della materializzazione, con cui gli spiriti si materializzano in forma riconoscibile per essere stata la loro durante la vita, solidi a toccarsi e capaci di parlare.

Salvo queste rare eccezioni, i medium sono praticamente inesistenti. Per questo biasimo i tempi in cui viviamo e la velocità con la quale scorre la nostra vita. Le facoltà medianiche fisiche sono un dono della natura, ma richiedono molto tempo e molta

pazienza per arrivare al loro completo sviluppo. Nel mio caso ci sono voluti sette anni di sedute regolari e senza interruzioni fra gente dedicata per arrivare a raccogliere i frutti del dono che posseggo.

- 169 -

La vita frenetica di oggi che domanda il successo immediato, i risultati immediati, facoltà medianiche immediate, non può produrre i medium di elevata qualità sia mentale che fisica che erano disponibili agli investigatori nei tempi di ozio quando giganti intellettuali come il professor William Barret, Sir William Crookes, Frederick Meyers, Sir Oliver Lodge e altri grandi del genere potevano esperimentare con loro e finalmente arrivare alla conclusione che la personalità umana sopravvive alla morte del corpo.

E' triste pensare che in tempi in cui questa verità è tanto necessaria i buoni medium siano molto rari. Intorno a noi non vediamo che la distruzione dei valori morali, il fallimento dell'autorità, l'inattività nelle Chiese, l'esaurimento della vita familiare, e la nostra gioventù, ribelle e inquisitiva, portata a una falsa percezione chimica per qualcosa di "diverso" con gli allucinogeni che momentaneamente possono dare loro soddisfazione a un prezzo così dannoso. Eppure fra questi ragazzi abbandonati e delusi potrebbero trovarsi molti possibili medium i cui doni non saranno mai sviluppati perché ora pochi tra noi possono convincerli e mostrar loro la via.

Nell'agosto del 1967 Cosmo Lang venne a parlarci ancora una volta, questa volta in casa mia e vorrei citare un estratto della registrazione che abbiamo fatto del suo discorso. Egli disse:

"Lo studio della razza umana da tempo immemorabile è di per sé oggetto di lezione per

tutti, eppure non facciamo caso alle lezioni che abbiamo imparato, non vediamo il presente nel passato, ma che cosa è il presente se non il risultato di eventi passati, errori passati, follie passate? L'uomo da secoli ha voltato le spalle alla verità e non vede che dentro di lui, nel profondo della sua anima, si trova la suprema delle verità, la verità indistruttibile che l'uomo è realmente uno Spirito e di conseguenza immortale. Sovente penso ai tempi della mia gioventù e con questo entusiasmo ho deviato

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

dai sentieri dell'istruzione religiosa e dell'esperienza. Quante volte ho parlato dal pulpito alla folla riunita per sentire la parola di Dio, e mi sono sforzato per far capire la verità quale io la vedevo e sentivo. Guardandomi indietro, vedo che mi

mancava la semplicità e la conoscenza del potere dello Spirito in me. Se solamente io avessi visto cosa si nascondeva nell'insegnamento non solo di Cristo, ma dei numerosi profeti e dei grandi riformatori e insegnanti dei tempi antichi. Se io avessi potuto vedere il filo d'oro che corre dai tempi antichi attraverso tutte le religioni rendendomi conto che questo singolo filo è la base di tutte le verità, che tutti gli uomini sono composti di Spirito e fanno parte del grande disegno e che la vita, qualsiasi forma essa prenda, è indistruttibile perché anche le più basse creature sulla terra hanno il loro posto e la loro ragione di

- 170 -

essere non solo nel vostro mondo ma anche nel nostro. Gli uomini molto spesso credono

che lo Spirito ha un'immagine, una forma, oppure una gloria che viene dopo la morte; ma lo Spirito non è niente di tutte queste cose. E' la forza che anima tutti quelli che hanno vissuto in forme umane, tutto nella natura, e tutte le manifestazioni di vista nell'universo. E' la forza, il potere, le vibrazioni della vita e siccome tutto nella vita è parte dello stesso Spirito, è indistruttibile. Mentre vivete sulla terra siete sulla stessa lunghezza d'onda, sulle stesse vibrazioni o frequenza di quelli che vi attorniano e di conseguenza i vostri sensi fisici percepiscono quello che vi circonda in modo reale e solido. Ma la scienza vi ha insegnato che nulla sulla terra è reale o solido, la sedia su cui sedete vi sembra solida ma in realtà consiste in circuiti

aperti di cariche elettriche che volteggiano attorno a un centro di nuclei a una frequenza che è la medesima della vostra. Quando sarete morti continuerete a vivere nel vostro indefinibile doppio che viene spesso chiamato il corpo astrale, il quale vibra a una più grande frequenza del corpo fisico. Questo corpo astrale è della stessa lunghezza d'onda della sfera dove abiterete dopo la morte e per questa ragione tutto quello che si trova in quella sfera vi sembrerà reale e solido quanto vi sembravano le cose che vi circondavano sulla terra.

"Qualche volta il corpo astrale è proiettato dalla sua fodera fisica durante la vita di una persona. Questa proiezione può avvenire volontariamente oppure può essere il risultato di uno chock, o sotto anestesia, o ipnosi, ma alcune persone hanno la padronanza di questa tecnica e lo possono fare a volontà. Quelli che hanno fatto l'esperienza di trovarsi 'fuori' in un altro corpo dicono che il corpo da cui si sono

separati è collegato con il loro corpo fisico da una corda vibrante fatta di luce argentata che si allunga quando il 'doppio' si allontana dalla forma fisica. Dicono che possono vedere il loro altro corpo allungato inerte nel luogo da dove è stato proiettato, un letto, un sofà oppure anche seduto su una sedia. Qualche volta riferiscono una sensazione di grande riluttanza a ritornare nel loro corpo fisico perché si sentono così leggeri e allegri nel loro 'doppio'.

"Mentre sono fuori dal corpo fisico non hanno difficoltà di camminare attraverso le pareti e possono trovarsi dove hanno desiderato di andare con il loro pensiero. Alcuni che hanno fatto questa esperienza dicono che al toccare gli oggetti che vogliono prendere in mano questi non sono afferrabili. Questo, se vi ricordate, è stato quello che è successo a Ted Butler, lo spirito che ci raccontò le sue esperienze durante il tempo che trascorse errando ai confini della terra. La maggioranza delle persone che

descrivono queste esperienze, non solo mettono in rilievo la felicità di essere 'fuori dal corpo',

- 171 -

ma dicono di essere convinti che la controparte in cui si trovano è la forma in cui continueranno a vivere dopo la morte. Mi hanno detto che la psichiatria ha una spiegazione più plausibile di questa esperienza della separazione dei corpi. Ignoro quello che può essere e forse neanche potrei capirlo se mi venisse spiegato, ma se vi fosse uno psichiatra che avesse l'umiltà di imparare dalla Bibbia, forse questa citazione dai versi 6-7 potrebbe farlo riflettere. 'Quando un giorno il cordone d'argento sarà sciolto e la ciotola d'oro rotta... allora la polvere ritornerà sulla

terra come nel principio, e lo spirito ritornerà a Dio che glielo ha dato'". In rare occasioni è successo che una persona vivente abbia parlato durante le mie

sedute spiritistiche e la persona presente abbia esclamato meravigliata che sua zia oppure sua cugina o un amico, è ancora di questo mondo. La voce, abitualmente, in questi casi molto debole, svanisce. Quando richiesta da me questa persona ha controllato, è sempre risultato che la persona che si era manifestata era malata,

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

oppure in coma e anche profondamente addormentata al momento in cui aveva fatto sentire la sua voce. La conclusione non lascia dubbi che quella manifestata era la controparte spirituale, il corpo astrale oppure il nostro 'doppio' composto da ectoplasma, che

comunicava mentre il corpo fisico era inconscio e inconsapevole. Quando recentemente accadde che gli inquilini di una casa popolare furono traslocati

perché la loro abitazione era molestata da uno spirito che batteva dei colpi, possiamo ammettere che questo fenomeno è stato riconosciuto ufficialmente. Spiriti che battono dei colpi, luci che si accendono e si spengono da sole, terraglie che volano in aria e si infrangono, rumori misteriosi e altre manifestazioni ancora più paurose, vengono sempre attribuite dalle persone tormentate alla presenza di spiriti maligni. Qualche volta si esercita il rito dell'esorcismo, ma nonostante questo lo spirito si ostina a rendere intollerabile l'esistenza degli infelici occupanti delle case. E' stato fatto

osservare da chi si interessa di investigare questi fenomeni, che le agitazioni avvengono molto spesso nelle vicinanze di un bambino oppure di una bambina vicina all'età della pubertà. Se per questi fenomeni bisogna escludere la frode, oppure la

malizia, o qualsiasi altra causa fisica, allora è mia opinione che molto probabilmente questi bambini siano gente come me, nati con un eccesso di potere ectoplasmico.

Data l'inesperienza delle giovani persone e l'ignoranza di questa forza che possiedono in loro, delle entità venute da basse sfere dall'aldilà possono usare quelle facoltà medianiche per manifestarsi in modo malizioso e irresponsabile. Visto la mancanza quasi completa

- 172 -

di medium dotati fisicamente, è mia opinione che questi giovani, quando vengono individuati, dovrebbero diventare il soggetto per cauti e responsabili studi perché le loro facoltà medianiche possano essere sviluppate secondo le più strette regole spirituali.

La gente che abita in case visitate da apparizioni di spiriti spesso ricorre al rito dell'esorcismo per liberarsi dei loro indesiderabili ospiti, ma questo non è sempre il modo migliore e nemmeno il più gentile per scacciarli. L'esorcismo, con la sua iniziale scarica di parole: "Vade retro, Satana" presuppone che lo spirito sia un diavolo mentre invece potrebbe essere solamente un'anima infelice e solitaria che si aggira ancora sulla terra. Il modo più gentile è di procurarsi i servizi di un medium preferibilmente accompagnato da quelli che fanno parte regolarmente delle sue riunioni spiritiche.

Non ha importanza se il medium è chiaroveggente, chiaroudiente oppure va in trance,

perché l'entità può entrare in contatto con ognuno di questi. Una volta avvenuto il contatto il medium e i suoi amici possono sapere perché lo spirito è legato a quel posto dove si aggira e offrendogli la loro comprensione e le loro preghiere possono persuadere l'anima senza pace di smettere di dare fastidio agli altri e andarsene a cercare il suo proprio posto nel mondo che le appartiene. Questo servizio offerto ai morti è conosciuto con il nome di opera di soccorso e molte persone si riuniscono settimanalmente per dedicare la loro seduta a quegli spiriti che hanno bisogno del loro aiuto.

Vi è un altro tipo di spirito, quello che si manifesta come uno spettro per recitare senza scopo e senza fine delle scene del passato nel posto dove ebbero luogo originalmente. La scena è sempre la stessa che a quel tempo deve avere generato forti emozioni e pensieri disperati, un assassinio oppure un suicidio o qualcosa del genere.

Gli spettri che recitano questa scena non sono necessariamente quelli che vi hanno partecipato nel passato. Emozioni e pensieri molto forti possono registrarsi nell'atmosfera del posto dove sono accaduti, e qualcuno con facoltà psichiche di cui può non essere cosciente, può per un attimo fuggente riattivare questi pensieri ed emozioni e dare dimostrazione della scena che ne fu la causa. Sappiamo molto poco di quello che è il tempo ma penso che oggi vi sia un parallelo da prendere a confronto con la radio e la televisione. Se i nostri ricevitori sono abbastanza sensibili e accordati con le vibrazioni o frequenze adatte, possono raccogliere e registrare dall'atmosfera le parole e le azioni delle persone che si trovano dall'altra parte del mondo e portarle a noi al momento esatto in cui avvengono. A me pare del tutto verosimile di sperare che un giorno i nostri scienziati possano scoprire la lunghezza d'onda o frequenza op-

- 173 -

pure le vibrazioni in cui si agisce nell'altro mondo e quando queste saranno trovate la comunicazione fra i due mondi potrà essere un fatto della vita di tutti i giorni.

Il 16 giugno del 1969 poche settimane prima che gli astronauti arrivassero sulla

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

luna, uno spirito che disse di essere John Grant, predisse che l'allunaggio sarebbe stato un successo e che gli uomini sarebbero ritornati sani e salvi.

Uno degli avvenimenti più felici nella vita di un medium è quello in cui le sue

facoltà mentali vengono usate per confermare le facoltà di un altro medium. Ebbi questo privilegio quando Rosemary Brown, il medium attraverso il quale parlano i musicisti defunti come Liszt, Chopin, Busoni, Beethoven e molti altri, venne a una delle mie sedute spiritiche.

Appena spente le luci si annunciò Sir Henry Wood per fare da presentatore. Attraverso Sir Henry molti musicisti che sono gli ispiratori di Rosemary vennero per parlarle, compreso Chopin il quale le disse: "Il gruppo di musicisti ha scelto Rosemary per la sua semplicità, se avessero comunicato attraverso musicisti noti gli esperti avrebbero messo in dubbio questa prova di sopravvivenza dell'uomo dopo la morte". Seguitò dicendo

che era necessario trovare una persona relativamente ignorante, ma "lei ha una grande sensibilità e amore per la musica". Dopo che la seduta ebbe termine, Rosemary disse: "Se qualcuno imitasse una voce per telefono alla fine sarebbe riconoscibile, come

imitazione. Non ho dubbi che queste erano voci genuine dei miei maestri di musica quali io le ho conosciute attraverso le mie facoltà medianiche e quello che è ancora più importante, è che hanno lasciato l'impronta delle loro personalità".

Sovente mi è stato chiesto quali sono i miei sentimenti durante una seduta spiritica. Sono cosciente di quello che avviene? Posso influenzare il fenomeno? Mi capita qualche volta di andare in trance?

E' raro che io vada in 'trance' a meno che la forza sia debole e gli spiriti che mi guidano vogliano comunicare urgentemente per una ragione importante. Di solito sono completamente sveglio e posso sentire tutto quello che viene detto sia dai presenti che

dalle voci degli spiriti. Spesso parlo con le voci e posso conversare con gli spiriti che mi aiutano e mi guidano e domandar loro consiglio per dei problemi che mi opprimono.

Vi sono registrazioni di sedute in cui si sentono le voci di più spiriti che parlano insieme, e qualche volta mi si sente ridere oppure parlare o tossire allo stesso tempo che lo spirito parla.

Sono sempre stato certo che le mie corde vocali non vengono mai usate dagli spiriti per comunicare e ultimamente questo mi è

- 174 -

stato confermato da un esperto in materia, William Bennett, professore di Ingegneria

Elettronica all'Università di Columbia a New-York. La prima volta che il Prof. Bennett fece parte delle mie riunioni fu nell'estate del 1970, e in seguito abbiamo avuto una serie di piacevoli incontri quando ero in visita a New York.

Le seguenti dichiarazioni fatte dal professor Bennett sono citate con la sua autorizzazione:

"La mia esperienza con il signor Flint è stata personale: ho sentito le voci indipendenti. Inoltre, investigazioni di tecnica più moderna che una volta non era possibile avere, non hanno fatto altro che confermare le conclusioni cui si era giunti nel passato le quali sostenevano che le voci non provenivano da lui. Ma per essere completamente certi bisogna prendere in considerazione la possibilità di complici, specialmente quando la seduta avviene nella casa del medium. Questa ipotesi è da

scartarsi completamente per quel che mi riguarda, perché nel settembre 1970, a New York, nel mio appartamento ebbe luogo una riunione improvvisata e le stesse voci, non solo si fecero sentire, ma presero parte alla conversazione con i miei ospiti. La logica rende impossibile credere che il medium si fosse portato dietro una compagnia di attori per farli parlare. Questa ipotesi è troppo assurda per essere presa in considerazione".

Per quel che riguarda il fenomeno di influenzare gli spiriti, sono assolutamente incapace di poterlo mai fare, benché in rare occasioni io abbia ricevuto mentalmente alcuni commenti oppure osservazioni un attimo prima che la voce dello spirito articoli il suono. Sono naturalmente anche chiaroveggente, perciò posso spesso vedere quanto sentire lo spirito che comunica, e qualche volta se sono incapaci di far sentire la

loro voce io ricevo da loro un messaggio che li identifica con la persona a cui essi vogliono indirizzare, ciò che è una magra consolazione per una seduta andata male. Ma come regola se le forze delle voci sono troppo deboli per poter comunicare, aspettiamo sperando per un poco e se non succede nulla rinunciamo alla seduta.

L'unica sensazione strana che io provo qualche volta durante la seduta spiritica, è quella di un freddo intenso anche in una giornata di grande calore quando tutti gli

LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint

altri si lamentano del caldo. Ho fatto uso del mio raro dono onestamente e altruisticamente come pure devotamente e

come meglio potevo per trentacinque anni e sono alla soglia dei miei sessant'anni.

- 175 -

Ignoro quanto tempo ancora mi resta per servire, e sono profondamente preoccupato perché non conosco nessuno che possa prendere il mio posto. Forse dovrei terminare la mia storia con la citazione presa da una conversazione con uno spirito che diede solo il nome di Pierre; egli disse:

"Come mai lo spiritismo non ha spazzato il mondo e cambiato la faccia del vostro

mondo? La ragione è che lo Spiritista medio non si è ancora reso conto del significato nel vero senso della parola, e cioè di essere pronto a rinunciare a se stesso per servire Dio e il suo prossimo con amore, cosciente che le forze che sgorgano dal suo

Spirito possono cambiare non solo lui ma il mondo intero. Vi sono varie religioni nel vostro mondo, molte sono confuse, vi sono idee e pensieri contrastanti, ma vi è una sola verità, e questa è la verità della vita eterna, che tutti quelli che muoiono, vivono; e noi che siamo da questa parte della vita e che veramente desideriamo il bene della umanità, ci preoccupiamo di trovare delle anime ovunque esse siano sparse, per usarle come strumenti nel senso più alto della parola. Questa è la ragione per cui intendiamo proteggere questo medium, ve ne sono tanto pochi del suo calibro e della sua qualità. Veglieremo su questo meraviglioso mezzo di comunicazione che abbiamo creato attraverso gli anni andando contro la sua stessa volontà!

La gente crede che un medium sia come una macchina a gettoni, si mette la monetina nella fessura ed automaticamente la macchina si mette in moto. Ma non è così. Un medium non può funzionare ogni momento secondo i capricci della gente, sarebbe futile e pericoloso, ma noi proteggeremo questo medium, sempre di più, e non solo ci aspettiamo che si affatichi sempre meno, ma intendiamo conservare le sue forze medianiche affinché siano usate solamente per ottenere comunicazioni che siano di valore per il mondo intero".

F I N E