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BEE ROWLATT MAY WITWIT SOGNANDO JANE AUSTEN A BAGHDAD piemme

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Bee Rowlatt May witwit

Sognando Jane auSten a Baghdad

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titolo originale: Talking about Jane Austen in Baghdad © Copyright May witwit and Bee Rowlatt, 2010 First published in the united Kingdom by Penguin Books ltd 2010

traduzione di Fabrizia Fossati

Revisione di Sara Puggioni

Realizzazione editoriale: Conedit Libri Srl - Cormano (MI)

i edizione 2010

© 2010 - edizioni PieMMe Spa 20145 Milano - Via tiziano, 32 [email protected] - www.edizpiemme.it

Stampa: Mondadori Printing Spa - Stabilimento nSM - Cles (tn)

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Prefazione

Quello che avete fra le mani non era nato per essere un libro. Ma capirete ben presto il motivo per cui invece lo è diventato, indipendentemente dall’imbarazzo che mi pro-voca. nel 2005 ho conosciuto May per puro caso e sem-brava proprio che non avessimo nulla in comune. Ciò che è successo in seguito dimostra che è impossibile prevedere dove porterà un cortese scambio di e-mail. Chiedo per-dono a tutti e ringrazio tutti coloro che, lungo la strada, hanno mostrato il proprio interesse.

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17/01/05 Ciao

Cara May, grazie per aver accettato di rispondere alle mie domande. Come ti ho detto, mi occupo del programma d’in-formazione internazionale The World della bbc. È da una set-timana che cerco di contattare iracheni che conoscono l’in-glese per intervistarli in vista delle elezioni che si terranno fra pochi giorni. non sai quanto sono felice di averti trovato!

ti andrebbe bene se ci sentissimo al telefono giove-dì prossimo? Molte delle persone con cui ho parlato mi hanno detto di essere preoccupate per le elezioni e per le violenze che potrebbero scatenarsi. Vorrei tanto sapere da te come la pensi. Mi piacerebbe anche che mi raccontassi com’è vivere a Baghdad. Quando mi hai detto che c’era stato un black out – uno dei tanti – mentre ti stavi facendo la piega, e che eri rimasta con i capelli ricci da una parte e lisci dall’altra, ho capito che i combattimenti per le strade e le bombe di cui sono pieni i telegiornali rischiano di farci dimenticare le persone che a Baghdad ci vivono. io non riesco a immaginarmi com’è vivere lì, e forse tu potresti aiutarmi a capire cosa significhi davvero.

Mi chiedevo anche se avresti voglia di raccontarmi qual-cosa di te e della tua famiglia. Qui non si hanno molte occasioni di ascoltare la voce delle persone comuni, degli

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iracheni la cui esistenza è sconvolta da quello che sta acca-dendo. Comunque ti scriverò ancora via e-mail, così potrai tenermi informata dei tuoi progetti.

abbi cura di te.Cari saluti,Bee

26/01/05 Ciao Bee

Ciao Bee,che bello ricevere la tua e-mail! era così tanto che non sentivo qualcuno dalla gran Bretagna.

ti racconto qualcosa di me, come mi hai chiesto: sono nata nel 1959 e ho una sorella e un fratello più giovani. i miei genitori erano farmacisti, e nel 1960 si trasferirono nel Regno unito per frequentare la Queens university di Belfast. in seguito insegnarono alla facoltà di Medicina, e ben presto mio padre venne promosso direttore del dipar-timento di chimica. era uno scienziato che amava profon-damente il suo lavoro, ma purtroppo la continua esposi-zione a sostanze chimiche lo fece ammalare di cancro. Mia madre si prodigò in ogni modo, ma papà morì a londra nel natale del 1970.

Quando mio padre morì, mia madre aveva solo 33 anni. decise comunque di studiare per ottenere il dottorato e venne accettata al Chelsea College for Science and tech-nology di londra. Ma a londra non si trovava bene, e così ci trasferimmo parecchie volte finché andammo ad abitare a dennistoun. dopo che ebbe ottenuto il dottorato, tor-nammo nuovamente in iraq, alla fine del 1975.

Come ti ho detto, la vita qui è un piccolo inferno. in-segno letteratura inglese all’università di Baghdad e so-no convinta che questa materia aiuti le mie studentesse, perché le trasporta in un’altra cultura, in un’altra vita e in un altro mondo. l’universo di Jane austen è così lontano

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dall’atmosfera di terrore quotidiano che respiriamo qui, fatta di bombe e di violenza.

Spero che nella parte di mondo in cui vivi tu vada tutto bene. gli iracheni vogliono votare e aspettano con ansia il giorno delle elezioni: sono davvero convinti che le cose cambieranno. Personalmente non condivido il loro otti-mismo, ma spero comunque che tutto vada per il meglio.

Spero di avere presto tue notizie.un caro saluto, May

10/02/05 giorno delle elezioni

Ciao May! Sono felice di ricevere tue notizie. tutto fa-ceva pensare che il giorno delle elezioni sarebbe stato dif-ficile. Ma le notizie che ci sono arrivate fanno ben sperare. non riuscivo a credere a tanto coraggio: ben otto milioni di persone si sono recate alle urne! Che differenza rispetto a noi, dove gli elettori sono spesso troppo pigri o indifferen-ti per andare a votare. Se solo si rendessero conto di cosa devono affrontare altri popoli per avere lo stesso privilegio.

io sto bene. dopo le elezioni mi sono concessa una bre-ve pausa dal lavoro per riposarmi e dedicare del tempo a me stessa. Quando sei immersa tutto il giorno nelle notizie di cronaca internazionale, è difficile prendere le distanze. ho due bambine piccole, perciò ora lavoro solo part-time, ma a volte faccio comunque fatica a staccare.

Qui nel Regno unito la gente non fa che parlare della notizia sensazionale che il principe Carlo sposerà la sua storica fidanzata Camilla. i giornalisti si chiedono se l’opi-nione pubblica britannica approvi o no, dato che gli ingle-si hanno ancora nel cuore la principessa diana. Se devo essere sincera, non so cosa pensare di storie del genere. È vero, le ascolti e ti dici che in fondo il mondo non è poi così brutto. d’altra parte mi chiedo: ma alla gente impor-

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ta davvero di queste cose? Certo, qui tutti seguono con il fiato sospeso le notizie dall’iraq, ma è difficile immaginare che la gente comune sia davvero coinvolta. a volte cerco di immaginare come sarebbe la nostra vita se londra ve-nisse catapultata all’improvviso in una situazione analoga a quella di Baghdad.

Qui sta per arrivare la primavera e cominciano a spun-tare i primi germogli. Fa ancora freddo, ma la nuova sta-gione è già nell’aria.

Come vanno le tue lezioni? Come vivono il “cambiamen-to di regime” le tue studentesse? Mi chiedo se le cose ades-so siano diverse rispetto al periodo precedente l’invasione.

Spero che tu stia bene,Bee

17/02/05 Prima e dopo

Ciao Bee.non sembra che le cose siano migliorate granché dopo

le elezioni, noi però continuiamo a sperare. È ancora pre-sto per fare previsioni, e poi il partito che ha vinto è diviso al suo interno. non ci resta che aspettare e stare a vedere cosa succede.

ho riflettuto su quello che mi hai chiesto, sulla diffe-renza tra prima e dopo, e su cosa significhi insegnare in un’università irachena. Proverò a descriverti come fun-ziona da noi l’università: le lezioni iniziano alle 8.30 e proseguono fino alle 13.30. Prima dell’invasione si tene-vano anche corsi pomeridiani, ma adesso è pericoloso, e comunque i trasporti pubblici smettono di funzionare al calare del buio. non comincio mai le lezioni prima delle dieci, perché tengo moltissimo ai miei rituali mattutini e voglio fare le cose con calma: doccia, colazione, asciugar-mi i capelli Potrei dire che è la parte più importante della mia giornata. Se c’è una cosa che detesto è fare le cose in

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fretta, essere sotto pressione; quando succede – perché a volte capita – la mia giornata è irrimediabilmente rovinata. devo anche ammettere che il mio cervello si rifiuta di fun-zionare prima delle dieci di mattina!

ti confesso che insegnare alla facoltà femminile è un’esperienza molto diversa da quella che ho fatto con le classi miste. Come sai, nella nostra società esistono dei pre-giudizi riguardo ai sessi: molte famiglie non vedono di buon occhio le scuole miste e sono convinte che far sedere accan-to ragazzi e ragazze equivalga a gettare benzina sul fuoco. È una questione di scelte: se i genitori sono di mentalità più aperta, in genere mandano i figli nelle università miste.

le giovani donne della nostra facoltà sono trattate come bambine e il dipartimento convoca il padre o il tutore se una studentessa è assente o indossa abiti giudicati non ap-propriati. talvolta succede che una studentessa provenien-te da una famiglia molto rigida venga all’università velata dalla testa ai piedi, senza un filo di trucco. una volta arri-vata qui, si chiude in bagno, si cambia gli abiti, si trucca, si toglie il velo e si scioglie i capelli. la famiglia non sospetta nulla, e naturalmente prima di tornare a casa ripeterà tutto il procedimento all’incontrario.

le docenti sono più libere, ma vi sono comunque alcu-ne restrizioni. Per esempio, prima dell’invasione i pantalo-ni non erano ammessi. Ricordo quando dovetti incontrare il rettore dell’università per firmare il contratto. Mi guardò e disse: «la prego, non pensi che sia una persona di men-talità arretrata, ma non ammettiamo che il corpo docente porti i pantaloni, perché voi dovete essere da esempio per le studentesse». gli risposi sorridendo che non li avrei più indossati e gli spiegai: «Sa, sono fatti su misura e pensavo che sarebbe stato gentile presentarmi a lei con i miei abiti migliori». lui rise ed esclamò: «Mi ricorda un’insegnan-te della facoltà di Medicina» e pronunciò il nome di mia madre. Rimasi di stucco e gli dissi che era mia madre. lui fece una risatina e commentò: «ora so da chi ha preso».

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(in seguito è stato assassinato, gli hanno sparato nella sua clinica poco dopo l’invasione.)

ora devo scappare a preparare la cena.Con affetto, May

18/02/05 Re: Prima e dopo

Cara May,mi dispiace per quello che è accaduto al tuo rettore. Ma è davvero interessante sentirti raccontare cosa succede nella vita quotidiana all’università. ho come l’impressione che per le donne del tuo paese il tempo scorra all’indietro. in occidente abbiamo la tendenza a considerare i paesi arabi come oppressori nei confronti delle donne, eppure da quel-lo che racconti di tua madre sembra che le cose non fossero poi così brutte prima dell’invasione. Ma forse mi sbaglio, e lei era un’eccezione alla regola, visto che era istruita e lavo-rava come farmacista. dopo la morte di tuo padre, è riuscita a essere indipendente e a mantenersi con il proprio lavoro?

Credo che la mia curiosità riguardo alla condizione del-le donne nel tuo paese dipenda in parte dal fatto che ho due figlie femmine: eva, di tre anni, e zola, di due. anche in così tenera età sono molto diverse. avere figlie femmine sicuramente mi ha portata a riflettere di più sul modo in cui le diverse società trattano le donne. un conto è se le difficoltà riguardano solo te, ma quando pensi ai tuoi figli e al loro futuro le cose assumono tutt’altro aspetto. Sono sempre stata convinta che le donne fossero libere di fare qualunque cosa, ma ora sono stupita di quanto la materni-tà imponga delle limitazioni a una donna. È come se fossi costretta a scegliere fra la carriera e il ruolo materno, op-pure a impazzire cercando di fare entrambe le cose.

ecco perché mi interessano così tanto le storie che par-lano di tua madre e delle tue studentesse (rassegnati, sono

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anche curiosa!). ora devo scappare, ma spero che tu stia bene e che mi risponda presto.

Con affetto, Bee

21/02/05 Re: Prima e dopo

Ciao Bee,hai proprio indovinato, mia madre era fuori dagli schemi: non era certo la classica donna irachena. ha lavorato sin dal giorno della laurea in farmacia, nel 1957, e non ha mai smesso. Ricordo che quando ero piccola non aveva tempo di cucinare, né di fare le faccende di casa, perciò avevamo una domestica che faceva anche da cuoca. È capitato che rimanessimo senza un aiuto, perché la domestica prece-dente se n’era andata e non avevamo ancora trovato chi la sostituisse. in quei casi, mia madre ordinava al ristorante i pasti per una settimana e li metteva nel freezer, così noi non dovevamo far altro che riscaldarli e mangiare! Co-munque la maggior parte delle donne irachene si occupa della casa. da noi i lavori domestici sono considerati il solo dovere al quale una donna non può sottrarsi, che la-vori fuori casa o meno. Ricordo che una volta un signore anziano mi chiese se sapevo fare il pane. Quando gli ri-sposi che no, non sapevo farlo, mi guardò preoccupato e commentò: «le donne che non sanno fare il pane non hanno molte possibilità di trovare marito». all’epoca ero già sposata da diciassette anni, perciò risi e risposi: «Sì, ha ragione, è un difetto che mi penalizza molto».

Penso che circa due terzi delle donne irachene si dedi-chino alla casa e alla famiglia, anche se le cose stanno cam-biando dopo che tanti uomini sono stati uccisi o messi in carcere, e che ancora muoiono o vengono arrestati. d’altra parte, l’invasione americana ha fatto aumentare la disoc-cupazione, perché sono state sciolte le amministrazioni e i

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ministeri, e tutte le persone che ci lavoravano – milioni di persone! – sono rimaste semplicemente senza lavoro.

Se dovessi definire la nostra famiglia, direi che appartie-ne alla classe colta medio-alta. non ricchissima, ma decisa-mente agiata. in iraq gli esponenti di questa fascia della so-cietà sono praticamente scomparsi, perché la maggior parte è emigrata tra il 1991 e il 2003, nel periodo dell’embargo, e il resto ha lasciato il paese dopo l’arrivo degli americani. non posso affermare che non ce ne siano più, ma sono tal-mente pochi che si tratta di una sparuta minoranza. un tempo i nostri vicini erano soprattutto medici, farmacisti, funzionari, avvocati, generali dell’esercito ecc. Molti di loro sono morti oppure hanno lasciato il paese, e le case vuote sono state occupate da parenti lontani o da persone prove-nienti da altri distretti, che hanno abitudini molto diverse.

la verità è che quasi tutti coloro che vivono ancora nel paese non possono permettersi di emigrare e non sono riu-sciti a trovare lavoro fuori dell’iraq, nonostante abbiano fatto centinaia di domande. alcuni esponenti della bor-ghesia che sono rimasti cercano di trarre vantaggio dal-la situazione attuale. hanno deciso di chiudere mente e cuore alla logica, alla modernità e alla cultura. una mia collega, per esempio, ha fatto un brusco voltafaccia do-po l’invasione e ha cambiato radicalmente credo politico. Quando gliene ho chiesto il motivo, mi ha risposto sempli-cemente che in passato era oppressa e disperata, mentre in realtà era una delle seguaci più impegnate del regime.

È ora che vada. Spero che a londra vada tutto bene. Con affetto,May

22/06/05 Ciao di nuovo

Ciao May! Come stai?Spero tu stia bene. Sembra passato tanto tempo dalle

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elezioni, ma guardando le notizie non pare affatto che le cose vadano meglio. la bbc ha riportato i dati di uno stu-dio secondo il quale i civili morti dall’inizio dell’invasione sono circa venticinquemila, una cifra sconvolgente.

È stato un periodo impegnatissimo, ma adesso sto tra-scorrendo una bella estate: qui nel Regno unito c’è un’on-data di caldo e londra è splendida, vibrante. Fuori la tem-peratura è molto alta, e dalle finestre del nostro ufficio mi arriva il brusio del centro. dato che hai abitato in Scozia, ricorderai che noi britannici prendiamo il tempo molto se-riamente: qualsiasi cambiamento di temperatura viene accol-to con sorpresa e stupore, anche se è del tutto prevedibile.

Mi piace moltissimo leggere della tua famiglia. la mia è un po’ strana e difficile da descrivere. i membri della fami-glia di mia madre sono morti tutti, tranne sua sorella, che vive in Canada. So pochissimo delle precedenti generazioni. io non amo descrivermi in base alla classe sociale, anche se capisco che per qualcuno possa essere importante. Sono cre-sciuta in una famiglia davvero piccola: mio padre se n’è an-dato quand’ero bambina, quindi eravamo solo io, mia madre e mio fratello maggiore. ho scoperto che all’epoca eravamo molto poveri – mia madre insegnava part-time e quella era la sua unica fonte di reddito – ma è una donna molto intelligen-te, perciò non ce l’ha mai fatto capire. naturalmente adesso potrei vantarmi di essere cresciuta in modo eccentrico: gli animali investiti che mia madre portava a casa e cucinava per cena, gli abiti da hippy, le vacanze strampalate. i miei compa-gni di scuola mi prendevano in giro perché non avevamo la televisione, ma ovviamente oggi tutte queste cose sono molto trendy. (adesso mia madre e il suo compagno dave hanno un negozio a york e vivono in una splendida casa in campa-gna, perciò posso ben dire che alla fine ce l’hanno fatta!)

la mia situazione economica è migliore di quella di mia mamma quando noi eravamo piccoli. anche mio marito Justin è un giornalista, ma lavora alla televisione (leggi: è pagato di più), perciò è lui quello che porta a casa il pane,

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come si dice. Quando abbiamo iniziato a vivere insieme, gli accordi economici mi mettevano in imbarazzo. dopo la nascita della nostra primogenita, eva, smisi di lavorare – e quindi di guadagnare – per un certo periodo di tempo. Justin fu molto carino e cercò in ogni modo di farmi capi-re che non c’erano soldi “suoi” o “miei”, eppure ricordo ancora la prima volta che comprai un rossetto con i “suoi” soldi: mi sembrò molto strano. ora dubito seriamente che riuscirò mai a guadagnare quanto lui, perciò mi sono li-berata di quelle paure: lo considero lo stipendio di una domestica/madre/segretaria, non ti pare?

Però non voglio che le bambine crescano viziate, senza conoscere il valore del denaro. Quando saranno adolescen-ti mi aspetto che facciano dei lavoretti, esattamente come ho fatto io. e anche se le persone che abitano nel nostro quartiere sono sicuramente tra le più ricche di londra, le nostre bambine non hanno molte “cose”: intendo Barbie, gadget tecnologici, vestiti alla moda e così via. Forse è un po’ eccessivo, ma per fortuna sono ancora troppo piccole per rendersene conto.

in realtà volevo scriverti solo due righe per salutarti. Fammi sapere come stai!

Cari saluti,Bee

13/03/06 un grandissimo ciao dall’iraq!

Cara Bee,è passato tantissimo tempo dall’ultima mail, ma ti prego di credermi: ho davvero intenzione di continuare la nostra amicizia. il mio lungo silenzio è dovuto a diverse ragioni: i continui black out nel paese, i terribili eventi che insangui-nano la nostra quotidianità, gli esami di metà corso, la cor-rezione di tonnellate di compiti delle studentesse e, ciliegina sulla torta, il mio vecchio computer che ha tirato le cuoia.

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Vuoi sapere cos’ho fatto per superare almeno in par-te queste deprimenti circostanze? Mi sono sposata! Sin dall’inizio le nostre famiglie erano contrarie, perciò al ma-trimonio non è venuto nessuno. È stata una cerimonia rapi-da: un amico ci ha accompagnati all’ufficio matrimoni e ha fatto da testimone. tutto qui. Sulla via del ritorno abbiamo comprato una torta al cioccolato e delle lattine di Pepsi. io indossavo un paio di pantaloni sportivi color crema e una t-shirt leopardata con un foulard islamico per coprirmi la testa; lui invece aveva un paio di jeans e una maglietta. il nostro amico ci ha lasciati a casa mia, siamo entrati, e que-sto è quanto. (naturalmente è stato ben diverso dal mio primo matrimonio, che purtroppo non è stato tutto rose e fiori. Sono già stata sposata una volta e sono vedova. Ci sarebbe molto altro da aggiungere, ma è un capitolo triste, perciò scusami se per ora non riesco a dire di più).

Siamo davvero soli, ma almeno ora ho qualcuno con cui parlare durante le lunghe serate di coprifuoco, qualcuno contro cui rannicchiarmi quando il rumore delle bombe mi sveglia in piena notte; e ho un uomo che mi protegge quando devo affrontare gli orrori del tragitto quotidiano fino al lavoro.

ti prego, rispondimi. non vedo l’ora di ricevere tue no-tizie.

May

14/03/06 un grande ciao da londra

May, sono così felice di avere tue notizie! grazie per avermi scritto. ho tirato davvero un sospiro di sollievo. anche se è trascorso molto tempo, ogni volta che sentivo dei bombardamenti in iraq pensavo a te e mi chiedevo se stavi bene. le notizie dall’iraq hanno un sapore decisa-mente diverso ora che ti conosco.

Congratulazioni per il matrimonio! Peccato che le vostre

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famiglie non fossero d’accordo e che non abbiate potuto festeggiare. immagino che un matrimonio tradizionale in iraq sia spettacolare. Ma la cosa più importante è chi scegli, non come ti sposi. Perciò vi faccio i miei auguri più sinceri.

anch’io ho alcune novità: sarò al lavoro ancora per un mesetto circa, perché aspetto un altro bambino che dovreb-be nascere il 25 maggio. a dire il vero, sto cominciando a diventare molto nervosa. non ho ancora scoperto se sarà maschio o femmina, ma dato che ho già due femmine, tut-ti continuano a ripetermi che devo sperare in un maschio. Queste considerazioni mi irritano e rispondo automatica-mente che voglio un’altra bambina. Ma la verità è che non mi importa se sarà maschio o femmina: l’unica cosa che vo-glio è che si sbrighi a nascere, perché detesto la gravidanza.

ieri il ritiro di alcune truppe britanniche dall’iraq ha innescato un ampio dibattito, qui nel Regno unito. alcuni sostengono che gli iracheni vogliono che l’esercito se ne vada; altri invece, fra cui il governo, affermano che, poiché l’esercito è lì, prima di andarsene dovrebbe almeno cerca-re di finire il lavoro cominciato, qualunque cosa intendano per “lavoro”. Secondo te dovrebbero andarsene tutti i mi-litari? le cose sono migliorate dopo l’invasione?

adesso sarà meglio che mi metta al lavoro: devo trovare nuove storie e nuovi punti di vista, insomma devo andare a caccia di notizie! Sono molto felice di sapere che stai bene, nonostante tutto. e auguri per il tuo matrimonio!

un abbraccio,Bee

14/03/06 Vita quotidiana (senza asciugacapelli)

Cara Bee,non puoi immaginare quanto sia eccitante ricevere tue no-tizie. È bello parlare con qualcuno che vive al di fuori di questo inferno.

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ti racconterò qualcosa delle nostre esperienze quotidia-ne, così potrai giudicare da sola. Questa mattina mi sono svegliata alle quattro, non perché mi piaccia alzarmi pre-sto, ma semplicemente perché volevo farmi una doccia e asciugarmi i capelli prima di andare al lavoro. non appena sono uscita dal bagno, è andata via l’elettricità e ho dovuto rinunciare al sogno di farmi un’acconciatura carina. Perciò ho legato i capelli in una coda, anche se sono piuttosto corti.

alle nove mio marito ha messo in moto l’auto e ci siamo accorti di avere pochissima benzina: sufficiente in condi-zioni normali, ma nella situazione attuale non puoi corre-re alcun rischio. Perciò siamo andati a cercare la benzina, al mercato nero, naturalmente. abbiamo fatto il pieno e siamo andati al lavoro. Ma il ponte era chiuso e nessuno aveva il permesso di attraversarlo, così dopo esserci sve-gliati prestissimo e aver fatto tutte quelle corse non sono nemmeno riuscita ad arrivare in facoltà!

non ci crederai, ma è dai primi giorni successivi all’in-vasione che non faccio rifornimento a un distributore di carburante. da allora le persone che gestiscono il mercato nero hanno messo le mani praticamente dappertutto. Se ne stanno lì spavaldi, sui marciapiedi delle strade princi-pali senza nemmeno cercare di nascondersi, e vendono il cherosene e le bombole di gas, beni di prima necessità impossibili da trovare nei normali punti vendita. Questi loschi figuri sono solo scagnozzi che lavorano per i cosid-detti “pescecani”: in genere persone influenti, che occu-pano posti importanti e se ne stanno defilate nell’ombra, ma che si intascano tutti i profitti. Si servono di tangenti (o di altri mezzi) per accaparrarsi il cherosene e le bombole di gas destinati alle stazioni di servizio, e poi li affidano ai loro tirapiedi che s’incaricano di venderli. Preferisco comprare la benzina al mercato nero, per strada, e questo per due motivi. il primo è che le stazioni di servizio sono pericolose: sono un facile bersaglio e infatti molti di quelli

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che attendevano il proprio turno in fila sono stati uccisi o feriti. il secondo è che alcune di esse mettono acqua nella benzina per compensare le quantità rubate o vendute al mercato nero, il che, naturalmente, rovina il motore.

Sono cambiate anche le abitudini di fare la spesa, forse in meglio. in genere nelle zone residenziali come la nostra non ci sono molti negozi, ma dopo l’invasione e l’arrivo degli sfollati ne sono spuntati ovunque, come funghi. ora abbiamo più di quanto ci serve e cerchiamo di restare in questo distretto, perché è molto più sicuro. nei giorni di coprifuoco non abbiamo altra possibilità che acquistare da loro, indipendentemente dalla qualità dei prodotti. Ricor-do di aver comprato pane raffermo, pomodori marci e così via allo stesso prezzo del prodotto fresco. Perciò a volte quando torno dall’università in auto mi fermo a comprare pane e verdura in un altro distretto, perché lì la merce è più fresca.

Per quanto riguarda l’università, tengo un corso per le studentesse del primo anno su “diritti umani (!) e demo-crazia (!!!)”. Come puoi immaginare, si tratta di materie con le quali non hanno possibilità di confrontarsi. È diffi-cile capire come fare a insegnarle. insegno anche letteratu-ra alle ragazze del terzo anno: La lettera scarlatta, Orgoglio e pregiudizio e Tempi difficili.

Mi hai chiesto cosa succederebbe se l’esercito si riti-rasse. Be’, penso sia davvero difficile da prevedere. Per-sonalmente sono convinta che il primo sbaglio sia stato proprio quello di intervenire, e che non si sarebbe dovuto dare ascolto all’opposizione. Certo, il Vecchio aveva le sue colpe, ma stavamo certamente meglio prima. oggi siamo solo un pezzo di terra sommerso dal sangue e dal caos. Prima, almeno, eravamo un paese sovrano e indipendente. Suppongo che se ora l’esercito se ne andasse ci sarebbero ancora più spargimenti di sangue, e non sappiamo nem-meno che intenzioni abbia l’iran.

ti dirò una cosa, Bee: gli americani sostengono che

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l’iraq ha bisogno di loro come mediatori tra le nostre fa-zioni in lotta. Be’, io non sono affatto d’accordo. la so-cietà irachena è prevalentemente tribale e governata da regole tribali, anche se la mia famiglia è l’eccezione che conferma la regola, in parte perché mio padre è morto giovane e mia madre è figlia unica. Così, credo si possa affermare che siamo soli, senza zie e zii che interferiscono nella nostra vita e in ciò in cui crediamo. Baghdad è un mosaico di culture e credenze diverse, abitata da sunniti, sciiti, appartenenti alle varie confessioni cristiane, arabi, curdi, armeni, turchi, e chi più ne ha più ne metta. tutti questi gruppi sembravano convivere pacificamente fino a quando la “democrazia” americana non ha innescato i conflitti cui assistiamo oggi.

Sono molto felice per l’imminente nascita di tuo figlio. ti auguro un parto facile e rapido, buona salute a te e al tuo bambino, cosa molto più importante del sesso. Scrivi tutte le volte che puoi.

Con affetto,May

28/03/06 una poesia

Ciao May,spero che oggi la follia quotidiana ti abbia lasciato un po’ di respiro. ti ho pensata la settimana scorsa, mentre cerca-vo di contattare un poeta che vive a Baghdad: aveva scritto un articolo struggente sulla poesia e sulle sue speranze per il nuovo iraq. alla fine sono riuscita a contattarlo per tele-fono e speravo di poterlo intervistare, ma era decisamente sconvolto, piangeva e farneticava. Cercava di farsi passare per un altro e sembrava terrorizzato. alla fine non ho avu-to il coraggio di chiedergli l’intervista. ho cercato di con-fortarlo come potevo, ma dopo mi sono sentita malissimo e del tutto impotente.

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Questo episodio mi ha fatto pensare alle tue studentes-se: come fanno a interessarsi alla letteratura quando vivere è una lotta quotidiana? Come fai a insegnare Jane austen a Baghdad? Che senso ha per loro? immagino sia una sorta di fuga dalla realtà. Quando andavo a scuola avevo una bravissima insegnante di inglese. un giorno ci assegnò un compito: avremmo dovuto imparare a memoria una poesia e recitarla davanti alla classe.

eravamo libere di scegliere, ma doveva essere di almeno quattordici versi. Ci spiegò per quale motivo voleva che la imparassimo: nel caso a qualcuno di noi fosse capitato di an-dare in prigione. Scoppiammo a ridere, ma ricordo benissi-mo quello che ci disse: una poesia può darvi forza. non so-no mai stata in prigione, però ricordo ancora quella poesia.

era Primavera e autunno – a una bambina di gerard Manley hopkins. Mi piaceva molto la musicalità di quella poesia, in particolare il verso “mondi di foglie frantuma-te giacciono morte spoglie”. all’epoca il significato mi era piuttosto oscuro, ma ora che sono più vecchia penso di capirlo un po’ meglio. Forse la conosci già, ma te la mando lo stesso:

Primavera e autunnoa una bambina

Margherita, ti rattristache goldengrove perda le foglie?le foglie, come le cose umane, con i tuoifreschi pensieri tu le curi, puoi?ah, ma il cuore indurendo via viapiù freddo a quella vista non spendeun sospiro, anche se mondi di fogliefrantumate giacciono morte spoglie;però tu piangerai e saprai perché.ora, bambina, non importa il nome:le fonti del dolore sono uguali.

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né la bocca, o la mente, aveva dettociò che il cuore sentiva e l’anima intuiva:per il danno cui l’uomo è nato,per Margherita, per te stessa piangi.

eccoti altre notizie: lavorerò ancora una settimana e poi andrò in maternità. Mi spaventa un po’ (molto, a dire il vero) l’idea del parto in sé, ma non vedo l’ora di avere il bambino.

ti racconto una cosa buffa: ti ho mai detto che anche Justin, mio marito, è giornalista? il suo programma, News-night, gli ha chiesto di fare un esperimento, cioè di essere il suo “uomo etico”. Ciò significa che dovremo vivere uno stile di vita ecologico per un anno, durante il quale verremo filmati. io me la cavo bene in questo ambito: raccolta diffe-renziata e via dicendo, ma Justin è una frana. il progetto è di cambiare ogni aspetto della nostra vita familiare: il modo in cui viaggiamo, mangiamo e gestiamo la casa. la produzione ci toglierà la macchina e saremo sempre sotto gli occhi della telecamera. non so se puoi guardare video sul tuo compu-ter, ma se hai voglia di una distrazione sciocca, ci troverai sul sito web di Newsnight. i miei amici mi stanno già pren-dendo abbondantemente in giro, come puoi immaginare.

ti scriverò ancora la settimana prossima, prima di la-sciare il lavoro.

Spero che tu e tuo marito stiate bene e che le cose vada-no per il meglio.

abbi cura di te!Bee

22/04/06 Prima che arrivi il bambino

ho letto la poesia e ho apprezzato i ricordi di scuola. ah! ho visto su internet la foto di te e di tuo marito nel progetto “uomo etico”: sei molto bella!

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non so se sei già in maternità, ma vorrei augurarti un parto facile e buona salute a te e al bambino.

Spero di avere presto tue notizie. ti auguro tanta felicità e fortuna.

Con affetto,May

11/05/06 un saluto veloce

Ciao May, non posso ancora annunciarti la nascita del bambino (è prevista tra due settimane e vorrei che si sbrigasse), ma volevo dirti che è bello stare in contatto con te e spero che potremo continuare a scambiarci mail anche mentre sono in maternità.

era solo un rapido saluto.abbi cura di te. Bee

06/06/06 È arrivata elsa!

un’altra femmina!elsa Rowlatt è nata alle 17.10 di domenica 28 maggio.

Stiamo tutti bene e ci stiamo riposando per riprendere le forze.

Con affetto,Bee

04/07/06 Re: È arrivata elsa!

auguri!Sono così felice per te.Mi dispiace di non averti potuto scrivere prima, ma il te-

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lefono al quale è connessa la mia e-mail è fuori uso, questi sono i lussi post-bellici.

il mio affetto a te e alla bambina,May

16/07/06 Re: È arrivata elsa!

Cara Bee,ancora auguri per la nascita di elsa. Sarai molto felice, ma di sicuro anche molto stanca. Crescere tre bambini dev’es-sere faticoso, chissà quanto tempo e quante energie ti as-sorbono, eppure i figli danno senso alla vita. Vorrei che le cose qui fossero come ai “bei vecchi tempi, per quanto brutti fossero”: avrei potuto mandarti un piccolo dono, ma al momento è davvero impossibile, mi dispiace.

la vita è molto diversa ora. le persone hanno smesso di socializzare e hanno diradato al massimo le visite. i vicini si trovano fra loro, ma ci si avventura fuori dalla propria zona di residenza solo in caso di assoluta necessità. Credo sia così per tutti, perché al rientro da ogni periodo di va-canza chiedo alle mie studentesse come hanno trascorso il tempo libero. le risposte sono sempre le stesse: non sono nemmeno riuscite ad andare a trovare i nonni nei giorni di festa, e hanno dovuto accontentarsi di telefonare.

la mia amica più vicina abita a circa mezz’ora a piedi da qui. Prima ci vedevamo spesso, ma ora i muri di cemento e il filo spinato hanno reso difficile incontrarsi. Ci parliamo al cellulare solo se è strettamente necessario, per dirci che stiamo bene quando vicino alle nostre case esplode una roadside bomb – quegli ordigni collocati sul ciglio della strada che s’innescano quando un veicolo attraversa un fa-scio di infrarossi e che i guerriglieri usano contro gli ame-ricani –, oppure un’autobomba. i cellulari costano molto, e i telefoni sono stati staccati subito dopo l’insediamento del governo post-invasione.

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le uniche persone con cui riesco a parlare dei proble-mi attuali sono i colleghi all’università, davanti a una tazza di caffè. Mia madre, però, è in contatto con i vicini che vanno nella sua farmacia, ed è lei che ci informa di tutto. Vedi, Bee, sei la mia confidente più importante quando ho bisogno di parlare con qualcuno. altri amici sono emigrati e abbiamo perso i contatti, anche se stiamo cercando di rintracciarli tramite internet. non puoi immaginare quan-te famiglie, quanti amici siano stati separati al momento dell’invasione; e quelli che sono rimasti, per la maggior parte sono abbattuti o hanno perso fiducia nel prossimo.

Qui tutto è cambiato. Persino i matrimoni. Prima dell’invasione i matrimoni si celebravano la sera. di solito la festa iniziava all’arrivo della coppia: a quel punto si dava il via alla musica e ai balli. Se le persone erano di mentalità moderna, la festa era mista, e uomini e donne potevano ballare insieme. Se invece le famiglie erano conservatrici, la sala veniva riservata alle donne, e solo alla fine vi sareb-be stato ammesso anche lo sposo.

le coppie partivano per la luna di miele intorno a mez-zanotte, o anche più tardi. Salivano su una macchina tutta addobbata, e gli invitati li seguivano fin dove possibile. Ri-cordo di aver visto gente scendere ai semafori e mettersi a ballare finché era rosso, per poi affrettarsi a risalire non ap-pena il semaforo diventava verde. altre persone sparavano in aria – anche se è un’usanza proibita dalla legge – e così tutti quanti, sposi inclusi, finivano alla stazione di polizia, dove di solito erano multati e poi lasciati andare.

ora le feste di matrimonio cominciano presto e finisco-no prima del tramonto. l’altro giorno ho visto una giovane donna vestita a festa, tutta ingioiellata, che si stava recando a un matrimonio. era ridicola vestita così in pieno giorno, ma come potevo biasimarla? tutti noi siamo costretti a convi-vere con la paura di ciò che potrebbe accaderci in qualsiasi momento e, quando cala la sera, nessuno è più al sicuro ma mi rattrista pensare che le persone non possano celebrare le

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feste secondo le usanze. non possono nemmeno piangere i propri morti come hanno sempre fatto, se è per questo: infatti sono cambiati persino i funerali e gli orari per fare le condoglianze. non ci crederai, ma non è raro che la fami-glia di un morto debba riportarsi a casa il corpo e ritornare il giorno seguente, oppure rassegnarsi a seppellire il proprio caro in un altro cimitero, a causa delle strade bloccate e degli allarmi. ho sentito dire che alcune persone hanno ad-dirittura seppellito i propri morti momentaneamente vicino casa, in attesa che la situazione si faccia meno tesa.

Quanto a noi, le cose non sono migliorate per niente. non sappiamo cosa fare. non siamo abbastanza ricchi per emi-grare, né abbiamo un’alternativa. Siamo a un punto di stallo.

Però siamo vivi, e io sto cercando di scrivere un saggio su Racconto di due città. È una cosa che mi deprime ancora di più, ma devo farlo perché è una delle tre pubblicazioni che mi servono per essere promossa ricercatrice universitaria.

ti prego, scrivimi: mi mancano la civiltà e la pace.Con affetto,May

25/07/06 Racconto di due città

...oh, May, quanto ho amato Racconto di due città! È pie-no di cose terribili, ma alla fine trionfa l’amore! l’ho letto da ragazzina e mi sono perdutamente innamorata di Sid-ney Carton. ero convinta che lucy avrebbe dovuto amare lui e non l’altro personaggio.

tu vivi già il tuo regno del terrore. Se solo dickens sa-pesse che qualcuno, nelle tue condizioni, studia quel libro, mentre noi due ci scambiamo mail tra le nostre due città...

Spero proprio che tu abbia la promozione. Mi piacereb-be poterti spedire dei libri, ti serve qualcosa in particolare? uno dei programmi per i quali lavoro invierà di tanto in tanto un corrispondente a Baghdad, e potrei provare a far-

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ti recapitare qualcosa, anche se ci vorrà un po’ di tempo. C’è qualcosa che ti farebbe piacere avere, qualcosa che possa darti un po’ di gioia in questi tempi difficili?

Qui siamo in piena estate. abbiamo fatto un breve viaggio in Francia con tutto il clan Rowlatt (la famiglia di Justin è immensa) e abbiamo avuto un’ondata di caldo. terribile. eva e zola sono in vacanza da scuola, ed elsa è molto dolce. talvolta dimentico di avere una bambina così piccola, tanto è tranquilla. Sto trascorrendo un’estate bellissima, anche se il resto del mondo sembra in preda a una furia sanguinaria. le notizie che arrivano dal libano sono terribili, e sono felice di non essere al lavoro, così non sono costretta a occuparmene.

ti mando tutto il mio affetto, su col morale e in bocca al lupo per Racconto di due città.

Bee XX

26/07/06 alcune domande sul futuro

Cara Bee,ho ricevuto la tua mail, e non sai quanto sono felice di sapere che stai trascorrendo un periodo sereno. Mi fa sperare in un mondo migliore, in cui le persone saranno libere di muoversi come e quando vorranno. Quanto sei fortunata che la piccola elsa sia una bambina tranquilla e serena! almeno non ti fa impazzire piangendo di continuo e impedendoti di dormire. Per quel che riguarda noi, è piuttosto difficile descrivere ciò che stiamo attraversando. non è soltanto la mancanza di sicurezza, è che manca pro-prio tutto. Pensa, Bee, ho quarantasei anni e non posso ancora fare ciò che voglio! Ma quel che è peggio è la mi-naccia costante di essere uccisi, solo perché siamo docenti universitari. alcuni miei colleghi sono stati massacrati in modo orribile e altri hanno ricevuto delle minacce: se non lasceranno il paese, andranno incontro allo stesso destino.

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Mi piacerebbe andarmene e cercare asilo da qualche parte – ovunque –, ma non so dove andare, né come fare. non possiamo semplicemente emigrare, perché ci voglio-no un sacco di soldi, e io non li ho; ho sempre dovuto lavo-rare per mantenermi. il mio primo marito era alcolizzato ed era pieno di debiti. È morto. il mio secondo marito è una persona splendida, ma è disoccupato perché è sunni-ta, e nessun sunnita può lavorare con le diverse milizie che controllano Baghdad.

Bee, anche se ci siamo conosciute solo via e-mail, sen-to che mi capisci. So che probabilmente ti sto chiedendo troppo, ma non potresti informarti se posso ottenere asilo o qualcosa del genere?

ora devo lasciarti. Stanno per togliere l’elettricità.Con affetto,May

26/07/06 Re: alcune domande sul futuro

Cara May, ci provo. Contatterò alcuni amici che lavo-rano al Refugee Council (un’organizzazione senza fini di lucro che aiuta i richiedenti asilo e i rifugiati) per capire qual è la procedura migliore. So che non è facile e che la gran Bretagna ha dato un giro di vite. Ma mi informo co-munque e ti faccio sapere.

tieni duro, May!Con affetto,Bee