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Capitolo I Annalistica e storiografia in età repubblicana Le origini e la documentazione sull’età regia e la repubblica arcaica Le riflessioni degli antichi Cicerone disse a Lelio: “oscura è la storia romana”. L’esigenza di narrazioni storiografiche è tipica dell’età augustea con i grandi autori Livio e Dionigi di Alicarnasso. I due hanno un metodo anche di ricostruzione differente. La carenza di documentazione scritta (considerata da Livio custodia fedele della memoria), la scarsità di documenti riguardo il primo sacco gallico e le possibili falsificazioni rendevano l’attività di raccolta dati molto oscura. Livio considerava le vicende dalla fondazione fino al sacco dei galli come oscure e troppo antiche, quasi simbolo di una “miopia storica”. La scrittura è la sola “custode fedele della memoria”, molti documenti sparirono con l’incendio della città. Livio constata la difficoltà di determinare delle datazioni esatte, dati gli eventi molto convulsi. Plutarco asserisce la pluralità di interpretazioni sul Re Numa e a queste aggiunge la scarsità di fonti derivanti dall’incendio Gallico. Inoltre Plutarco afferma una certa “contaminazione” delle gentes postere che hanno modificato le documentazione per avere dal punto di vista anagrafico una discendenza nobile. Lo stesso Livio constatava la possibilità di alterazione della memoria degli avvenimenti a causa delle conquiste e degli elogi e delle false iscrizioni.

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Capitolo I Annalistica e storiografia in età repubblicana

Le origini e la documentazione sull’età regia e la repubblica arcaica

Le riflessioni degli antichi

Cicerone disse a Lelio: “oscura è la storia romana”. L’esigenza di narrazioni storiografiche è tipica dell’età augustea con i grandi autori Livio e Dionigi di Alicarnasso. I due hanno un metodo anche di ricostruzione differente. La carenza di documentazione scritta (considerata da Livio custodia fedele della memoria), la scarsità di documenti riguardo il primo sacco gallico e le possibili falsificazioni rendevano l’attività di raccolta dati molto oscura.

Livio considerava le vicende dalla fondazione fino al sacco dei galli come oscure e troppo antiche, quasi simbolo di una “miopia storica”. La scrittura è la sola “custode fedele della memoria”, molti documenti sparirono con l’incendio della città. Livio constata la difficoltà di determinare delle datazioni esatte, dati gli eventi molto convulsi.

Plutarco asserisce la pluralità di interpretazioni sul Re Numa e a queste aggiunge la scarsità di fonti derivanti dall’incendio Gallico. Inoltre Plutarco afferma una certa “contaminazione” delle gentes postere che hanno modificato le documentazione per avere dal punto di vista anagrafico una discendenza nobile.

Lo stesso Livio constatava la possibilità di alterazione della memoria degli avvenimenti a causa delle conquiste e degli elogi e delle false iscrizioni.

La tabula dealbata del pontefice e gli Annales Maximi

Il collegio sacerdotale dei pontefici era il custode dell’ortodossia religiosa della città. Nei libri sacri pontificali erano registrati i diversi rituali e al pontefice massimo venivano affidati materie di diritto pubblico, il controllo del calendario e la

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registrazione delle vicende più importanti. Ha un carattere annalistico, cioè di elencazione. La compilazione finale avvenne grazie al pontefice “graccano” Publio Mucio Scevola nel 130 a.C. a cui erano aggiunti anche dei “commentarii”. Altri sostengono che tale compilazione avvenne in età augustea. La scarsità dei contenuti delle tabule (essendo molto essenziali) ci è indicata da Polibio (utilizzò una sola tavola presente nel collegio dei pontefici, poiché era l’unica presente). La storiografia romana si distingue per la sua ossatura essenziale; Ausgusto farà redigere le liste dei magistrati eponimi da cui si trarranno i Fasti consolari.

Servio ci fornisce l’operazione di redigere gli annales. Erano dei commentari successivi dei Pontefici massimi raccolti in 80 libri in base alle registrazioni dei Pontefici precdenti.

Cicerone afferma che lo stile essenziale degli annales senza alcun ornamento retorico influenzò la successiva produzione storiografica. Catone, invece, sminuiva il lavoro dei pontefici massimi.

Documenti ed archivi

Altri documenti furono indagati dalla storiografia successiva: trattati e leggi sacre incise su bronzo, “scritture esposte” su supporti monumentali, elogia. Altra documentazione era la scrittura non divulgata: documenti di magistrati, collegi sacerdotali conservati nel tempio di Giunone Moneta. Altra documentazione erano le laudationes funebres e la documentazione degli antenati conservate nelle case.

Dionigi di Alicarnasso ad esempio ci fornisce un esempio di documentazione diversa dagli Annales: il trattato fra i Gabini e i Romani redatto da Tarquinio su scudo ligneo avvolto dalla pelle del bue conservato nel tempio di Zeus Pistios o Sancus.

Cicerone riporta l’accoro Sprio Cassio e Latini sulle colonne di bronzo davanti ai Rostri (tribune del Foro, dove si tenevano le orazioni).

Polibio indagò sulle tavole di bronzo nell’erario degli edili, invece, Dionigi di Alicarnasso cita le registrazioni dei censori.

Livio riporta l’esistenza del tratto con Ardea, scritta sui libri lintei conservati nel tempio di Giunone Moneta.

Polibio ci riporta le laudatione funebri, importanti poiché modificarono la “percezione” storica degli avvenimenti, elogiando anche chi non dovesse essere

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portato sul carro degli avvenimenti storici. Secondo Polibio fu un evento affascinante e vetusto e rispettabile. Le Laudationes funebri avevano uno scopo di immortalare la fama di chi era morto.

Tradizioni orali, fabulae, tabulae pictae

L’ampia tradizione di oralità aveva uno scrupolo religioso. L’oralità riguardava anche la mnemonica dei testi delle leggi (XII Tavole considerate “sorgente di tutto il diritto privato”). Venivano celebrati anche uomini valorosi durante i banchetti per motivare i giovani a future imprese. Importanti erano anche le tabulae pictae cioè quadri esposti richiamanti ad episodi importanti di Roma.

La scoperta di Roma nella storiografia greca

Lo storie greche già si erano interessate agli sviluppi di Roma. Roma era nota al mondo greco continentale, importante soprattutto per gli storici greci dell’Italia meridionale e della Sicilia. La scoperta di Roma fu opera di Timeo di Tauronmenio, storico siciliota fra IV e III secolo, scoprendo il ruolo egemone di Roma nel Mediterraneo Occidentale. Suggestivo è il ricordo del sincronismo fra le due date di fondazione di Roma e di Cartagine come ripensamento della storia della Sicilia dopo la battaglia con Cartagine (grande fortuna ebbe il tentativo di dare un origine al nome della penisola italica). Polibio inizierà le Storie dal momento in cui Timeo si interruppe, inoltre, Polibio aveva un’atteggiamento di forte critica verso Timeo.

Plutarco riporta la notizia che Aristotele sapesse della presa di Roma da parte dei Galli.

Dionigi di Alicarnasso riporta i vari storici greci occupatisi di Roma: Ieronimo di Cardia, Timeo di Tauromenio, Polibio. Timeo portò la cronologia della fondazione di Roma al tempo di quella di Cartagine nel 814 a.C.

Dalla nascita della storiografia alla fine dell’età repubblicana

Il forte mutamento culturale dopo la 2° guerra punica causarono una laicizzazione del diritto, la diffusione dell’Odissea latine, le opere di Nevio e di Ennio fino alla redazione delle prime opere storiche. Il più antico annalista è il senatore Fabio Pittore, scrive in greco contro la storiografia filo punica. Fabio Pittore espresse giudizi su moventi passionali e segreti delle azioni. Altri magistrati o senatori scrissero storiografia. Innovatore fu Catone il Censore, homo novus per eccellenza, ampliando lo stile annalistico, rivolto ora a tutte le genti italiche. I nomi degli

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individui scompaiono per Catone ed esaltava l’historiae bonum (utilità pragmatica per la res publica); avrà degli echi anche su Sallustio. Catone si dedicava alle origini della città, riflettendo sulla costituzione dello stato romano. La storia, attività redatta dai magistrati, ha un significato di educazione e formazione della classe dirigente, solidale con la vita della città. Non è solo utilità politica ma è finalizzata al bene della e per la res-publica.

Scipione stesso nel De Repubblica afferma che le sue vittorie erano frutto della costituzione Romana, ingegno di molti, e alle Origines catoniane della Repubblica.

Le Historiae di Polibio

Polibio indagò le cause dell’imperialismo romano. Polibio è un punto di snodo e transizione fra storiografia greca e romana. La storia è conseguimento dell’utile politico e militare. La storia è maestra del comportamento politico. Chi scrive la storia sono uomini di azione e di pratica dei pubblici affari. L’exemplum è il tratto caratteristico per educare anche le nuove generazioni. L’imperialismo romano rende possibile una realizzazione universale della storia. La superiorità dei Romani era da ascrivere all’equilibrio delle cariche pubbliche e alla sua costituzione. Ma non rifiuta l’idea di una decadenza, colpente tutte le cose.

La dominazione romana si occupò di una dominazione diversa ad esempio rispetto ai Macedoni, dedicandosi alle conquiste occidentali e non orientali.

Lo studio della storia per Polibio è la “migliore palestra e preparazione all’’attività politica”. Il ricordo delle vicende storiche comporta un’ammaestramento di tutti i corsi e i ricorsi storici. La storia è utile nel ricercare la causa del successo e dell’insuccesso politico. La storia deve attenersi al reale e non divenire pura favola.

Polibio considera perfetta la costituzione romana dato che l’aiuto reciproco delle istituzioni e dei cittadini si corrispondono; dove i singoli organi costituzionali sono legati l’uno all’altro. Polibio però costata l’incombere della distruzione e del mutamento. I cittadini dopo le conquiste diventano avidi e ricercano una vita più suntuosa. La decadenza sarà data dall’eccessivo splendore e sperpero, fino a giungere all’oclocrazia intendendo una forma degenerata della democrazia.

L’annalistica dopo Catone

Lucio Cassio Emina riflette su motivi razionalistici. Lucio Calpurnio Pisione Frugi e Gneo Gellio tentano di spiegare in termini economici alcuni culti. Lucio Calpurnio

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Pisone è il più interessante fra i 3, esponendo i contrasti fra la classe dirigente dovuta alla proposta graccana. Appare il tema della decadenza delle strutture politiche, sociale ed etiche. Fattori della decadenza sono il lusso asiatico e il senso dell’onore distorto. Sempronio Tuditanoinvece si interessa al diritto e alle antichità religiose. Celio Antipatro rompe con la tradizione annalistica raccontando sogni, prodigi e gusto per il sensazionale nelle scene della guerra punica. Asellione scrive eventi di cui fa parte, rompe con gli Annlaes e dà importanza alla scrittura storica (riflettendo sul metodo della scrittura storica), dando importanza alla finalità della storia come ricerca di cause degli avvenimenti e di educazione della nobilitas.

La storiografia nel I secolo a.C.

Nel I secolo a.C. la descrizione storica è demandata a uomini polici (Rutilio, Catulo, Silla). L’aristocratico Sisenna imita lo storico greco Clitarco, assumendo atteggiamenti filosillani nella descrizione della dittatura di Silla. Il filosofo stoico Posidonio di Apamea dava un giudizio positivo all’imperialismo romano; era filo senatorio contro le proteste dei graccani. Licinio Macro ha forte sensibilità politica popolare e si interessò alle popolazioni italiche. Quinto Elio Tuberone invece aveva intonazioni tucididee. Altro storico fondamentale fu lo stesso Cesare (de Bello Gallico e il de Bello civile), anche se è di tipo memorialistico ha un forte accento storico. Ormai l’attività storiografica non combacia più con l’attività politico, Sallustio decide di separarle. Il suo proemio al Bellum Jugurhinum ritiene la storia come la sorgente di emulazioni di virtù degli avi e quindi spinta alla gloria. Sallustio ritiene causa della decandenza a Roma la distruzione di Cartagine. Altro esempio esimio della storiografia a Roma a Marco Terenzio Varrone. Varrone è il primo ad utilizzare la felice espressione di “storia maestra della vita o vita della memoria”, influenzante tantissimo la stessa concezioni Cicerone. Cicerone non ha una produzione storiografica sistematica ma dalle sue considerazioni sulle istituzioni, sulle vicende del suo consolato e nei suoi scritti filosofici è ampiamente visibile al sua interpretazione. Cicerone rappresenta la piena maturità della storiografia rivendicando per essa la dignità di una scienza autonoma.

Sallustio considera di grande utilità il tramandare il ricordo delle imprese passate, riportando l’esempio di Scipione infiammatosi alla sola vista degli antenati. Sallustio sottolinea il disgusto per coloro che occupano le cause indebitamente. Sallustio propone una forte aderenza delle espressioni ai fatti. Il programma storiografico di Sallustio quindi è lontano dall’attività politica, considerando la

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congiura di Catilina come pericolosa e delittuosa. Sallustio identifica le cause della dissolutezza e della superbia in tempi di prosperità imperialistica.

Invece secondo Cicerone la storia è testimonianza dei tempi, luce di verità, vita della memoria e maestra della vita. Cicerone invita ad avere uno stile esente da oratoria o meglio degli “aculei del foro” cioè l’argomentazione giudiziaria.

Annalistica ed antiquaria

La tradizione annalistica e quella antiquaria di solito divergono (ad esempio sulla conquista del Campidoglio dei Galli di Brenno o di Roma assoggettata da Porsenna). L’annalistica si occupava prevalentemente di fatti politici, istituzionali e militari trascurando altri dati. Ad esempio lo stato romano divenendo un importante potenza sul Mediterraneo ha alterato le proprie istituzioni giudiziarie alterando anche la comprensione degli eventi storici passsati. Quindi la rielaborazione giuridica ha rivendicato una forma discontinuità, questo era il progetto di Giustiniano.

Varrone propone le varie divisioni in base all’agronomia differenti nei luoghi dell’impero.

Capitolo II Le istituzioni

La nascita di Roma

Il sito dell’abitato di Roma è molto antico, risale fin dal 1000 a.C., con il consolidamento di comunità di villaggi attorno all’area. La fondazione della città è dovuta a due fenomeni:

1. La stratificazione sociale con la distinzione del patriziato rispetto alla plebe 2. Comparsa di monumenti pubblici sia civici sai religiosi dando una

connotazione di identità pubblica e consapevolezza di unione

Dato fondamentale è il ritrovamento della fortificazione del Palatino risalente al 752 a.C., segno di una comunità raccolta sotto un’autorità centrale e identitaria. Il ruolo di ampliamento delle mura fu svolto dal re Servio Tullio. Le mura consacrate del Palatino identificano forte senso di appartenenza a un capo, a una tradizione, a una ritualità religiosa. La “Roma quadrata” indica un aspetto sacrale, un limite sacro entro cui il potere di vita o di morte dei futuri consoli non valeva più (i consoli erano considerati degli autokrates al di fuori dalle mura secondo Polibio). Il problema del pomerium è ancora insoluto.

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Secondo Plutrarco era un rito di iniziazione la fondazione della città, solcando i limiti con un aratro condotto da buoi. Questa delimitazione è detta “pomerium”

Secondo Gellio il pomerio è il perimetro consacrato dagli àuguri, limite al cui interno era possibile prendere gli auspici.

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Livio riporta la fase di espansione di Roma sotto Servio Tullio, furono inclusi Quirinale, Viminale ed Esquilino. Il pomerio indicava uno spazio atto al prendere gli auspici: in prossimità del pomerio non dovevano esserci case e al di là dovevano esserci spazio libero. Pomerio indicherebbe attorno alle mura. Il pomerio veniva avanzato come limite sacro.

Religione e potere

Il sovrano in quanto capo della comunità nell’atto della fondazione ha assolto al suo obbligo religioso di consultare gli dei. L’investitura militare o imperium è data dalla investitura religiosa degli dei. La leggenda indica che Romolo e Remo appartenevano alla stirpe dei re di Alba Longa (fondata dal figlio di Enea, Ascanio) e dopo aver restituito il regno al nonno Numitore (sottratto dallo zio usurpatore Amulio) lasciarono Alba per fondare una città presso il Tevere e l’ansa in cui furono deposti. Auspicia sono i segni religiosi da interpretare dal volo degli uccelli, ma solo il capo della comunità può interpretarli grazie all’appoggio degli auguri (sacerdoti esperti). In età monarchica il re era deputato in questo ruolo, più avanti sarà il pontefix maximus.

Secondo Livio Romolo prese gli auspici sul Palatino, Remo sull’Aventino. Ne sorse una rissa fra le due fazioni, eleggenti i due capi (una rivendicava il numero di uccelli e l’altra la temporalità), da qui l’uccisione di Remo. Romolo fondatore di Roma. Un’ altra versione pone Romolo aver giù tracciato il pomerio e indicare che nessuno lo valicasse altrimenti sarebbe stato ucciso, Remo incappò in questo evento infausto. Romolo in seguito avrebbe istituito le Remuria.

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Secondo Dionigi di Alicarnasso la fondazione di Roma ha un alto valore religioso, dato che nessuna carica potesse essere presa senza gli auspici.

Monarchia latino sabina e monarchia etrusca

La monarchia latino-sabina e la monarchia etrusca differiscono per la legittimazione del potere. La monarchia latino-sabina fu formata da:

Numa Pompilio 715-672 Tullio Ostilio 672-640 Anco Marcio 640-616

Eletti dai comizi curiati e con il consenso del senato e il successivo conferimento dell’imperium (era già successo a Romolo). Fin quando il re non era eletto i vari senatori avevano il potere dell’imperium per 5 giorni, eletti all’interno dei membri patrizi.

La monarchia etrusca fu formata da:

Tarquinio Prisco 616-578 Servio Tullio 578-534 Tarquinio il Superbo 534-510

Il superbo è indicato come il sovrano adfectatio regni.

L’impostazione repubblicana è vicina alla prima impostazione: elezione dei magistrati dotati di imperium tramite la legge dei comizi curiati (lex curiata de imperio). Fondamentale è la distinzione fra carica ed imperium.

L’impostazione monarchica etrusca si fondava sull’investitura diretta del popolo (sentita quasi come una presa illegale da parte dei patrizi) e una presa militare grazie al gruppo gentilizio e di alleati sfruttando metodologie demagogiche.

Numa proveniva dalla Sabina e rispettò l’elezione dei comizi curiati. Tarquinio Prisco ottene il regno grazie a una elezione popolare. Stessa cosa fu applicata da Servio Tullio.

Romolo e l’organizzazione del corpo civico

Romolo per costituire il proprio corpo civico accoglie genti con diritto di ius commerci, ius migrandi e lottò con i Sabini, rapendo le donne e poi facendo una pace e accogliendoli in città. Romolo istituì le tre tribù quella dei Ramnes, dei Tities,

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dei Luceres.

Ciascuna tribù fu divisa in 30 curie. Secondo Livio Romolo divise la popolazione in 30 curie per poi formare 3 centurie di cavalieri (Ramnes, Tities e Luceres). Si ritiene che la ripartizione aveva criteri di carattere parentale e gentilizio. Le curie avevano un significato di ripartizione militare: ogni curia forniva 1000 fanti e 100 cavalieri per un totale di 3000 fanti e 300 cavalieri.

Le riforme di Servio

Servio Tullio 578-534 stabilì nuovi criteri per l’appartenenza alla cittadinanza (creazione di un sistema di classi di censo e di tribù territoriali). Il regno di Tullio è fondamentale per un’organizzazione unitaria; ogni cittadino era censito in base al patrimonio, capacità militare e residenza. Il regno creava l’unità indissolubile proprietario-cittadino-soldato (opposta a quella cliente-agricoltore-soldato). Questa disposizione era atta nello sfruttare a pieno le potenzialità militari e coinvolgimento politico nei comizi centuriati. La riforma serviana secondo Gellio divideva in due classi di censo: gli opliti (maggiormente facoltosi) e gli armati alla

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leggera; però l’opinione di Gellio si fonda già su la testimonianza di Catone posteriore ai provvedimenti di Servio Tullio.

Il bronzo dell’aes signatum indicava l’appartenenza a un determinato censo in base alla sua disponibilità.

La disposizione sociale secondo Livio al tempo di Servio Tullio è disposta in base al censo (ai relativi obblighi militari e distinzione patrimoniale e in centurie).

1° classe da 100.000 assi 80 Centurie (40 di giovani e 40 di anziani) altre 2 centurie di fabbri

2° classe da 100.00 a 75.000 assi 20 centurie

3° classe da 75.000 a 50.000 assi 20 centurie

4° classe da 50.000 a 25.000 assi 20 centurie

5° classe da 25.000 a 0 assi 30 centurie + 3 centurie di suonatori di corno

18 centurie di cavalieri

Differenza fra “classicus” (1° classe) e “infraclassem” (le altri classi).

Tullio divise la città in 4 tribù territoriali: Palatina, Suburana, Collina e Esquilina.

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Il passaggio dalla monarchia alla repubblica

Lucio Giunio Bruto e Lucio Tarquinio Collatino avrebbero cacciato i re e instaurata la Repubblica. La città sarebbe stata sotto il dominio di Porsenna per molto tempo. In realtà Bruto e Collatino erano imparentati a Tarquinio il Superbo. Il collasso della monarchia oggi è spiegato per dissidi interni e un successivo attacco del Re Porsenna di Chiusi dovuta a una fase di successione, simbolo della debolezza di Roma dopo i Tarquini. Il 1° trattato romano-punico è spiegato se Roma fosse rimasta nell’influenza delle città etrusche:

O fu atto inventato O fu un atto dei Tarquini O fu un atto di Porsenna

La gens e l’organizzazione politica in Roma arcaica

Veniva riconosciuta ai cittadini un’organizzazione politica riconoscente i loro diritti, ma prendeva sempre più potere la capacità di controllo delle gentes aristocratiche. Le gens sono gruppi di famiglie che si riconoscono sotto antenati e riti comuni. La guerra fra i Fabi e Veio è una contesa “privata”, ossia le gens possedevano capacità proprie di iniziativa. Il controllo collettivo della gens primariamente avveniva sulla terra a cui si associavano individui di stato sociale inferiore e dipendenti. Questa condizione di dipendenza era la clientela.

Il dominio del patronato era dimostrato da molti fattori: le curie o le tribù portavano i nomi d gentes. Nei comizi curiati si votava ex generi bus ominum (in base alla stirpe dei partecipanti). Le gentes erano gruppi parentali o gruppi di stirpe. Con re Tullio Ostilio e dopo le sue conquiste l’apparato “gentilizio” si allargò.

La gens Fabia mantenne il consolato dal 485 fino al 478 cioè la disfatta del Cremera, eclissandosi dai vertici della repubblica. I Fabii avevano stretto foedus sodales con altre genti per ingrossare il proprio seguito. Fra il VI e V secolo a.C. la situazione in Etruria e Lazio era estremamente fluida. Dalla tomba Francois sappiamo che Servio Tullio sia stato sodalis fidelissimus del comandante etrusco Celio Vibenna. Dalla città di Satrico proviene l’iscrizione relativa a un doto votivo offerto dai sodales inviata a Publio Valerio, forse Publio Valerio Publicola.

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Il consolato

1)I poteri dei consoli

È una magistratura annua e collegiale. I colleghi avevano a turno il potere per un mese. De Martino considera il console preposto al potere come l’attribuzione di tutti i poteri, fra cui l’imperium, l’altro collega può opporre solo un divieto cioè l’intercessio. Addirittura per Polibio il console in battaglia ha un potere assoluto è schedon autokrator. Inoltre il console era il “regista” della vita amministrativa e politica romana (poteva convocare i comizi e il senato), detenendo il potere esecutivo. In momenti di emergenza i consoli cedevano il proprio imperium a un dittatore, il quale collaborava con un suo sottoposto subalterno (la carica durava solo 6 mesi). L’ultima dittatura risale al 202 a.C.

I primi due consoli furono Lucio Giunio Bruto e Lucio Tarquinio Collatino. Il potere del re era diminuito solo per la sua scadenza annuale. La giustizia dei fasci littori era affidata ogni mese.

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I consoli secondo Polibio sono “i padroni di tutti gli affari pubblici”. I consoli propongono le questioni più urgenti. Durante la guerra e le campagne militari hanno un potere assoluto. Possono addirittura spendere tutto il denaro pubblico a loro disposizione.

Il problema dei più antichi magistrati supremi della repubblica

I consoli non sono stati però fin dall’inizio la massima carica. Esisteva un praetor maximus o praetor maiores e minores. La prima magistratura si pensi sia stata un collegio gerarchizzato di pretori. Si pensa a forme di “collegialità diseguale” fra un magistrato supremo e un suo più stretto collaboratore, dove ancora la scadenza del mandato era il discrimine di differenza con il re. Si pensa anche che in questo collegio gerarchizzato il praetor maximus detenesse un imperium temporaneo.

Pretore metteva in evidenza il comando militare. “Prae-itor” è colui che va avanti. Console invece indica parità o collegialità. Il console è un espressione magistratuale di compromesso societario. Il consolato diviene la magistratura precipua con le Leggi Licinie-Sestie del 367 a.C. Zonara e Polibio definiscono la caduta del decemvirato formatosi per stilare le leggi delle XII tavole come un evento epocale, da qui il consolato nel 449 a.C. la fonte principale è Cassio Dione.

Il Senato

Romolo considerava il senato come un intelletto dirigente le forze della moltitudine. Il senato deteneva il primato nella formulazione di decisioni politiche. Cicerone considerava il senato come consilium publicum o consilium seenatus sempiternum. Il senato aveva il compito di deliberare le decisioni politiche secondo Polibio.

Questa supremazia decisionale va dal 218 fino al 146 a.C. La centralità del senato era più una forma di consuetudine e di consiglio e di formazione del pensiero politico. La supremazia decisionale del senato proveniva dalle ingenti risorse

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economiche. Il potere principale del Senato era l’aspetto consultivo, era il console a radunare il senato per prendere decisioni, e al senatusconsultum cioè la decisione del senato di solito il console si atteneva. È dimostrato dalla repressione dei Baccanalia. Il controllo probuleutico era legittimo del senato, cioè il console doveva presentare le proposte ai comizi curiati prima agli stessi senatori. Di solito il senato confermava le decisioni dei comizi. Il numero dei senatori fu aumento a 600 da Silla nel 81 a.C. e da Cesare nel 47-45 a.C. Dopo la guerra sociale (91-89 a.C.) anche le elites dei municipi italici entrarono a far parte del senato

I primi senatori erano detti patres, i successori furono i patrizi. Polibio afferma la superiorità della costituzione romana poiché a prendere le decisioni idionee furono i migliori della vita sociale romana, cioè i senatori. I senatori e i consoli erano legati dal successo, però il successo dei senatori anche se erano autarkes grazie al loro imperium dipendeva sempre dal parere consultivo del senato e dalla legiferazione senatoria. Il senato decide appunto la gestione dell’erario. Il senato risponde anche a controversie sorte fra privati italici e si occupa dell’invio di ambascerie.

Il Decemvirato

Nel 451 a.C. il senato accolse le ripetute richieste dei tribuni della plebe di redigere un codice scritto di leggi, a cui segui un collegio esclusivamente composto da decemviri patrizi. Furono sospese tutte le cariche e rinnovato nel 450 a.C. ed entrarono a far parte anche i plebei ma alla fine fu scacciato per la sete di potere di Appio Claudio e sciolta per aver adempiuto al proprio compito.

Livio considera il decemvirato come un evento epocale, come una magistratura destinata a durare; addirittura Polibio la considererebbe l’evoluzione più compiuta della repubblica romana. Cicerone parlava di decemvirato con summa potestas e summum imperium, ed attribuiva un’iniziativa a tale decemvirato del 451 come un’iniziativa di lato gentilizio.

Livio riporta che durante il periodo del decemvirato non vi furono altre cariche di magistratura.

I tribuni militari con poteri consolari

Nel 444 a.C. in un clima infervorato dalle richiesti di maggiori poteri da parte della plebe il consolato propone l’elezione dei tribuni militari con poteri consolari. Fino al 367 a.C. si alterarono collegi di consoli, dal 366 il consolato si stabilizzò come carica

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precipua. Il tribunato militare con potere consolare era stato istituito per rivendicazioni plebee o per esigenze militari? L’aggettivo plures poteva indicare l’aumento di cittadini arricchitesi e arrivare al censo utile per arruolarsi.

Livio riporta una versione di rivendicazione plebea ma anche di esigenze militari visto la guerra contro i Volsci, gli Equi e anche Veio.

La censura

Fu istituita nel 443 a.C. l’anno dopo all’istituzione dei tribuni consolari. È una delle prime cariche di definizione specifica dei ruoli da svolgere. Era la più importante delle magistrature prive di imperio. Erano eletti ogni 5 anni, avevano 18 mesi di tempo per assolvere i loro compiti. Raccoglievano le informazioni anagrafiche e patrimoniali, inserendo i cittadini nelle classi adeguate. Il lustrum concludeva il censimento ed era una cerimonia religiosa di purificazione (suovetaurilia: sacrificio di un toro, di una pecora e di un maiale).

I Censori si occupavano di redigere le liste dei senatori e dei cavalieri. Ai censori fu attribuito il “regimen morum disciplina eque Romanae” cioè l’indagine sulla morigeratezza di un membro del senato, quindi se fosse retto o probo o degno di tale carica. Il quinquennio è spiegato per accertarsi continuamente del potenziale militare e tributario della cittadinanza.

Avevano compiti anche di bilancio finanziario con lo sfruttamento dell’ager publicus, i contratti di appalti della manutenzione di opere pubbliche e la riscossione di imposte. All’inizio fu ricoperta da patrizi in seguito fu ricoperta da ex consoli. La crisi della Repubblica colpì particolarmente tale carica. Gli ultimi suovetaurilia furono tenuti il 70 a.C.

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Fu istituita poiché i consoli non potevano più assolvere a questo tipo di competenza così particolareggiato di custodie di registri, stabilimento di procedure, criteri di censo.

La questura

È una delle magistrature più antiche. Si ipotizza che potessero presiedere a tribunali competenti in materia di delitti capitali; si ipotizza che le sue competenze finanziarie erano dovute al determinare pene pecuniarie e custodire proventi. Le magistrature con imperium avevano sempre un questore accompagnatore; nel I secolo a.C: con Silla 20, con Cesare 40.

Secondo il Digesta (Pomponio) i questori gestivano il denario dell’erario, conservavano e riscuotevano denaro. Assumevano anche compiti concernenti giudizi capitali.

Secondo la Tabula Heraclensis il questore gestiva il versamento dell’appalto

L’organizzazione della plebe

Con l’instaurazione della Repubblica l’aristocrazia patrizia monopolizzò le alte magistrature e l’accesso al senato. Le assemblee popolari non aveva né poteri legislativi e né esecutivi. I plebei reagirono con la secessione, molto efficace poiché aveva gli effetti anche di secessione militare o di ammutinamento in periodo pieno di conflitti. La plebe giunse a forme di auto-organizzazione sul modello senatorio, ma non venivano riconosciute sul piano formale e legislativo. Le due cariche stabilite furono il tribunato della plebe e gli edili. Il tribunato della plebe era “sacrosanto” cioè inviolabile e la plebe garantiva la sua protezione da ogni delitto, tentato assassinio o estorsione. Il tribuno era consacrato alla divinità; addirittura la plebe considerò il tribunato come auxilium allo stesso imperium. La carica del tribunato doveva contrastare la coercitio consolare (potere giudiziario di vita o di morte). Quindi la ius auxilii consisteva nell’intercessio ossia la facoltà di porre il veto a decisione di ordine pubblico. Gli edili avevano il compito di manutenzione dei templi plebei e della gestione dell’erario plebeo presente nel Tempio di Cerere. Nei concilia plebis la tribù territoriale costituiva un’unità di voto. Le sue deliberazioni erano i plebiscita. Le strutture plebee furono riconosciute legali solo nel 286 a.C. con la legge Ortensia.

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Secondo Livio la secessione della Plebe è del 494 a.C. dopo il tentativo di tenere la plebe ferma ai ranghi militari, la plebe deliberò la “secessione”. La secessione del 494 a.C. ebbe luogo per Livio sul Monte sacro e non sull’Aventino. I plebei rivendicavano una magistratura sacrosanta e non accessibile ai plebei. La sacro santità rendeva possibile riscattare la morte di un tribuno legalmente.

Le Leggi Licinie-Sestie e l’assestamento della costituzione

Nel 375 a.C. i tribuni Gaio Licinio Stolone e Lucio Sestio Laterano proposero 3 leggi:

Sui debiti Sui i limiti dell’ager publicus Sull’elezione di un console plebeo

Furono approvate solo nel 367 a.C. I patrizi risponderanno con l’istituzione della pretura urbana, ai patrizi edili curuli. I pretori detenevano auspicia, imperium inferiore al console e capacità di convocare e presiedere senato e comizi. Sovraintendevano al diritto civile e alle pratiche giudiziarie fra cittadini. Nel 242 a.C. fu istituito il praetor peregrinus si occupava di risolvere le controversie fra Romani e stranieri. Nel 337 a.C. fu eletto il 1° pretore plebeo.

Gli edili curuli erano speculari agli edili plebei, ma erano specializzati nel sovraintere i mercati. Livio considerava annus insignis il 367-366 a.C, anno di compromesso fra patrizi e plebei. La legge contemplava la possibilità di un’elezione consolare plebea ma non il dovere di un’elezione consolare plebea. La prima elezione avvenne nel 342 a.C.; a partire dal 172 a.C. troviamo quasi sempre 2 consoli plebei.

Sotto la dittatura di Marco Furio Camillo furono promulgate le leggi Licinie Sestie. L’esistenza del praetor urbano permetteva di amministrare in assenza del console a cui si associò il già citato praetor peregrinus.

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Le assemblee popolari

I comizi centuriata avevano una logica timocratica ed erano funzionali alla difesa delle classi elevate.

La contio è un’assemblea legittima convocata da un magistrato che la presiede. Fa atto di rogatio, cioè di avanzamento di una proposta. Poteva sorgerne un dibattito con la concessione della parola da parte del magistrato, poi si scioglieva.

A differenza della contio, i comizi richiedevano un voto. L’unità del voto era demandata dal gruppo di iscrizione (curia, centuria o tribù territoriale). Le “assemblee” dovevano avere un capo legittimo. Erano concesse manovre di iniziativa ma non di delibera. Comizi dovevano elegger i magistrati, celebrare giudizi popolari, emanare leggi. I comizi centuriati eleggevano i magistrati di imperium.

Importante era la provocatio ad popolum, cioè il diritto riconosciuto dei cittadini di rivolgersi al popolo contro pene che venivano comminate dal magistrato detentore di imperium. Era un diritto “quasi inalienabile”, un diritto di cittadinanza o di libertas quasi simile al ius auxilii dei tribuni della plebe.

Dopo la 2° guerra punica fu promulgata una razionalizzazione del rapporto fra centurie e tribù territoriali (ora salite a 35):

La prima classe passava a 70 centurie Rimaneva intatto il sistema delle 193 centurie Livio è convito della diversità del sistema rispetto a quello “serviano” Cicerone conferma invece l’analogia fra i suoi comizi centuriati coevi e quelli

“serviani”

Popolo aveva la funzione di assegnare onori e punizioni. Solo il popolo emette sentenze capitali, ha competenze esclusive nell’esame e approvazione delle leggi.

Comizi curiati quando si vota in base a gruppi di parentela; comizi centuriati su base timocratica, età e censo; comizi tributi in base alla divisione del territorio. I comizi centuriati si tengono al Campo Marzio e non dentro al pomerium (luogo sacro non calpestabile dalle truppe)

Di solito la maggioranza nei comizi centuriati era ottenuta già alla prima votazione, quella della prima classe, raramente passava alla seconda classe. Quindi la maggioranza e le decisioni erano quasi sempre in mano ai ceti più abbienti. Netto è il

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predominio delle classi elevate dando vita alla nobilitas (la fusione di genti partizie e plebee di elites).

I governatori di provincia

L’impero nasce con l’annessione della Sicilia occidentale e Sardegna-Corsica nel 227 a.C. e la Spagna Citeriore e Ulteriore nel 197 (dopo le guerre puniche). Furono eletti 4 pretori, con Silla a 8 e Cesare a 16. I comizi centuriati eleggevano i pretori. Provincia significava “sfera di competenza” e in seguito designò il “territorio”, soprattutto territori extra italici assegnati come “sfera di competenza a magistrati romani”. Se le province non erano pacificate allora il comando si demandava a un console. Dopo la 4° guerra macedonica e 3° guerra punica veniva concessa una proroga del’imperium o a pretori provinciali o magistrati urbani.

La carica (honos) era divisa dall’imperium. La proroga era decisa dai comizi curiati e comizi centuriati. I comizi curiati emanavano la carica; i comizi centuriati emanavano l’imperium.

La prima proroga fu quella di Quinto Publilio Filone nel 327 per pacificare Napoli.

Con Silla diventò prassi affidare le province a magistrati usciti di carica, affidandogli la proroga della provincia; l’imperium veniva concesso da un senatoconsulto e ratificato dalle assemblee popolari. Questi governatori erano detti o pro-consoli o pro-pretori. A questi si univano legati e questori. Il senato comunque amministrava le finanze delle province.

Gli sviluppi del II secolo a.C.

La descrizione offerta è quella della “superiorità costituzionale” di Roma, giudizio espresso da Polibio, compresa fra il 221 e il 168 a.C. (53 anni). Unità dirigenziale in questo quadro era offerto dal senato, ma conservando magistrature e assemblee tipiche della città-stato.

Il cursus honorum indicava il percorso o le tappe da percorre della vita politica scandita da un’età minima a cui poter accedere a una magistratura, è fissata nel 180 a.C. (seguiva sia l’ordine delle cariche, intervalli e gli esercizi che doveva comprendere). Fu vietata l’iterazoine della carica consolare, ma molte furono le proroghe e deroghe.

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Questione fondamentale è quella legata alle questione perpetuae ossia i tribunali permanenti. Era il nuovo organo penale. La prima legge riguardava gli atti de reptundis ossia i reati di concussioni comeesi dai magistrati romani provinciali, la prima risale al 149 a.C. Gaio Gracco stabili nel 123 122 l’assegnazione dei tribunali agli equites, darà vita a uno degli scontri principali fra equites e senatori.

Gaio Gracco cercò di modificare l’ordine di votazione dei comizi centuriati, ponendo un sorteggio.

Nel 139 e il 131 il voto divenne segreto sono le “leggi tabellarie”, il voto era scritto su tavolette e non a voce.

La legge Cassia riguardava gli atti di tradimento.

Il tribuno militare a partire dal II secolo a.C. assunse un ruolo preciso nell’amministrazione (auxilium, intercessio, coercitio, ius agendi cum plebe) erano strumenti efficienti di lotta politica. Cicerone propose una galleria di esempi di tribuni negativi. Cicerone considerava il tribunato come una malattia contagiosa.

Le Riforme di Silla

Silla entrò con l’esercito a Roma nell’88 e nel’82 a.C., incidendo in maniera profonda sull’assetto delle istituzioni. Si fece eleggere come dictator con il compito di “proporre leggi e organizzare la res pubblica” senza limiti di tempo. Non era più la tradizionale dittatura, era stata conferita dai consoli e senatori. Appiano la considerava tirannica, però non era una dittatura perpetua come quella di Cesare. Silla abdicò nel 79 a.C.

Nel 88 a.C. Silla assegna nuovamente potere decisionale al senato. Poi ci sono discordanti visioni:

Tolto il potere ai comizi tributi per accentuare i comizi centuriati Operò sui comizi centuriati per eliminare gli spazi “democratici”

Il problema era di decidere la metodologia di voto dei nuovi cittadini romani dopo gli eventi della guerra sociale.

Nel 82 Silla crea un “certus ordo magistratuum” dividendo le tappe della carriera. Riduce le prerogative dei (solo lo ius auxilium) e immette 300 nuovi senatori equites. Le questiones perpetuae venivano affidate ai senatori nuovamente (ripresa di un progetto di Druso).

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La costituzione sillana fu smatellata da Pompeo e Crasso: ripristino al potere dei tribuni, Lex Cotta per il ripristino di assegnamento alle corti sia a senatoria, sia a equites, sia tribunii aerarii.

La proposta di radunare i comizi centuriati ripassava al senato. Con l’elezione di Valerio Flacco a interrex fu scelto per plebiscito il ruolo di dittatore di “proporre leggi e organizzare la res publica” fino a tempo indeterminato.

La crisi della Repubblica

La repubblica viene sovrastata da enormi potentati, alleanza fra individui privati con lo scopo di controllare le istituzioni repubblicane, sottoposte ad evidente deformazione.

Una tappa principale fu la concessione di potere straordinari militari a singoli privati. Ormai il cittadino privato è assetato di potere. L’imperium diventa di durata triennale e lunghe proroghe con il proconsolato. I privati fanno ricorso ai plebiscita per promulgare le proprie leggi.

Pompeo ottenne un enorme successo dopo le campagne contro i pirati e lo stesso Mitridate; l’ostilità del senato gli aprirà le porte del primo Triumvirato. Plutarco vi vede un colpo di stato alla costituzione repubblicana. Si instaura un clima fosco di potere.