Area v rendiconto residui attivi e passivi al 31 dicembre 2013
Reciclatori di Residui: una panoramica globale sul primo anello del riciclaggio
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Transcript of Reciclatori di Residui: una panoramica globale sul primo anello del riciclaggio
Una panoramica globale sul primo anello
del circuito del riciclaggio
Raccoglitori di
residui
Raccoglitori di
residui
a cura di: Cecilia Ruberto
Lucia Fernández
Traduzioni:Cecilia Ruberto
Gráfica:Lorena Díaz
Lucia Fernández
Con il sostegno di:* Collaborative Working Group
in Solid Waste Management* Reorient Onlus
* Retos al Sur
Finito di stampare:Roma Italia
Novembre 2008
Dedicato ai riciclatori morti nella discarica di città del Guatemala
il 20 Giugno 2008.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del
riciclaggio I
Raccoglitori di residui:
una panoramica globale sul primo
anello del circuito del riciclaggio
A cura di
Lucia Fernandez
Cecilia Ruberto
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del
riciclaggio II
Un sincero ringraziamento alle associazioni che
hanno sostenuto
l’iniziativa
Il CWG è una rete che mette insieme l’esperienza di partner diversi che
collaborano per il
miglioramento della gestione dei residui solidi urbani e le condizioni di vita
dei poveri nelle città
dei Paesi a medio basso-reddito
Sin dal 1995 il CWG organizza workshops per lo scambio di conoscenze e
per implementare e
aggiornare le conoscenze sulla gestione dei residui solidi urbani. Il lavoro
della rete sviluppa una
serie di aspetti inerenti al tema inclusi quelli istituzionali, sociali, finanziari
e tecnici.
Contatti:
Web: http://www.cwgnet.net
Vadianstrasse 42
CH-9000 St.Gallen - Switzerland
Tel: +41 71 228 54 54
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del
riciclaggio III
fax: +41 71 228 54 55
Email: [email protected]
L’associazione proponente Reorient Onlus attiva da più di tredici anni nel
campo della
cooperazione internazionale solidale e dell’educazione alla pace e alla
mondialità svolgendo attività
di progettazione e attuazione di programmi di sensibilizzazione e
formazione su questi temi;
collabora inoltre con diverse Botteghe del Commercio Equo e Solidale e
gestisce due sportelli di
Turismo Responsabile. Partecipa attivamente al Tavolo dell’Altra Economia
di Roma tra i soci
fondatori del Consorzio della Città dell’Altra Economia, dove ha la sua sede
operativa dal 2007.
Contatti:
Web: http://www.reorient.it
Vicolo dello Scavolino, 61
00187 Roma
tel/fax +39.06.6780622
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del
riciclaggio IV
Sede operativa: Città dell’Altraeconomia
E-mail [email protected]
Retos al Sur è un’associazione senza fini di lucro che si è costituita
all’inizio del 2006 presso la città
di Montevideo, Uruguay.
La Cooperazione è uno strumento d’azione trasversale per questa
associazione, strumento concepito
come un’attività partecipata, che tende all’interscambio orizzontale tra le
diverse culture,
esperienze, comunità stili di vita e sogni.
Contatti:
Web: http://www.retosalsur.org
Perez Castellano 1424
Montevideo- Uruguay
Tel. (+598 2) 916 52 87
Email: [email protected]
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del
riciclaggio V
Prologo
Le discarica del mondo luogo di miseria e di speranza nel
ventunesimo secolo.
Riccardo Troisi , Reorient Onlus , Italia
Adriana Goni Mazzitelli, Asociacion Retos al Sur ,Uruguay
Raccontare le storie di chi cerca tra i rifiuti delle discariche del mondo una
speranza , non è cosa facile. Oggi per milioni di persone, uomini e donne
che hanno abbandonato campagne inospitali o villaggi senza futuro, con il
miraggio di trovar fortuna nelle sempre più grasse metropoli del mondo,
questo lavoro da una possibilità per sopravvivere divenendo una condizione
“normale” di vita. L’incremento della produzione e dei consumi ha creato
enormi squilibri nella gestione dei rifiuti urbani: come ricorda Wolfgang
Sachs, «la produzione genera sia ricchezza sia rifiuti e insieme alla
globalizzazione della produzione di ricchezza cresce anche la produzione di
rifiuti». Sono sorte così vere e proprie “città discariche”. Quelle africane
della baraccopoli di Korogocho a Nairobi - più volte descritta da padre
Zanotelli - e quelle meno note di Kigali in Rwanda; ma anche nello Zambia,
dove il 90 per cento di spazzatura non viene raccolto e si accumula nelle
strade, mentre la discarica di Olososua, in Nigeria, accoglie ogni giorno
oltre mille camion di rifiuti.
In Asia, a Manila, è tristemente famosa Payatas a Quezon City, una
baraccopoli dove vivono oltre 25 mila persone: è sorta sul pendio di una
collina di rifiuti, la “montagna fumante” dove adulti e bambini si
contendono materiali da rivendere. Ma c’è anche Paradise Village che non è
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del
riciclaggio VI
un villaggio turistico, bensì una bidonville cresciuta sopra un acquitrino
dove gli allagamenti sono puntuali come le piogge monsoniche. E poi
“Dumpsite Catmon”, la discarica sulla quale si è sviluppata la baraccopoli
che sovrasta Paradise Village. In Cina, a Pechino, le discariche sono abitate
da migliaia di persone che riciclano rifiuti illeciti, mentre l’India con i suoi
slums metropolitani è il paese più densamente popolato dai “sopravvissuti
dei rifiuti”. Eppure qualcosa sta cambiando. In alcuni casi la spazzatura è
diventata motivo di emancipazione sociale: al Cairo, in Egitto, i lavoratori
del settore informale - noti come zabbaleen - raccolgono un terzo dei rifiuti
domestici, quasi un milione di tonnellate all'anno, e riescono a riciclare e
destinare al compostaggio più dell’80 percento del raccolto. Uno dei
distretti, Mokattam, è diventato la sede di 700 piccole imprese per la
raccolta dei rifiuti. In Brasile, dove le discariche a cielo aperto risparmiano
le aree turistiche per concentrarsi nelle periferie metropolitane, c’è
l’esperienza dei ‘Catadores do lixo’: un movimento sociale organizzato in
cooperative che oggi impiegano migliaia di persone nella raccolta, nel
riciclaggio e nello smaltimento dei rifiuti. La prima cooperativa, la
Coopamare risale al 1989. L’esperienza di San Paolo si è trasferita nel
Minas Gerais, a Belo Horizonte e nel Rio Grande do Sul. E a Buenos Aires,
in Argentina, i “cartoneros” impegnati nella raccolta non ufficiale di rifiuti
sono stati per diversi anni i pionieri del riciclaggio: le loro cooperative
raccolgono più di 20 mila operatori e nelle scorse settimane sono state
chiamate a partecipare a “rifiuti zero”, un ambizioso progetto governativo
per riciclare entro il 2020 tutti i rifiuti solidi urbani.
Esistono tante altre esperienze che solo in parte sono state raccontate in
questo lavoro, a testimoniare un movimento che sta crescendo e che occorre
sostenere con ogni sforzo e passione. La nostra associazione da qualche
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del
riciclaggio VII
anno sta lavorando in Uruguay, per promuovere e rafforzare piccole
cooperative di “clasficadores de residuos urbanos” a Montevideo, questo
lavoro ci ha confermato l’importanza di avviare progettualità mirate
all’autopromozione sociale di queste realtà. Vivere dipendendo da
quello che la società scarta, non è facile, ma questi volti chiedono di essere
riconosciuti come lavoratori e lavoratrici ed ottenere gli stessi diritti di chi si
dedica ad altri mestieri. Per molti di loro la dignità, pur vivendo tra i rifiuti,
non è mai venuta meno: attende solo di essere riconosciuta.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
1
Indice
Pag.BIOGRAFIE AUTORI
Poornima Chikarmane e Laxmi Narayan 6
Pablo J. Schamber 7
Reka Soos e Noemi Stanev 7
Laila R. Iskandar 7
Lucia Fernandez Gabard 8
Cecilia Ruberto 9
Pietro Luppi 9
Presentazione 10
Introduzione 11
Associazioni che hanno sostenuto l’iniziativa 21
UNO SGUARDO GENERALE: 21
Chi sono i Riciclatori, come lavorano e prospettive future
di Cecilia Ruberto
La gestione dei residui solidi urbani ed il ruolo dei waste pickers 22
Waste picking and waste pickers 24
Le caratteristiche del settore informale 27
Come vivono? Come lavorano? 29
Soluzioni più comunemente adottate nella politica di gestione dei 31
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
2
residui solidi urbani nei paesi a basso medio-reddito e i loro limiti
La formazione di cooperative 38
Ideologia del lavoro e diritti dei lavoratori 41
Bibliografia 46
Riferimenti pagine Web 48
RIORGANIZZANDO IL DISORGANIZZATO: 49
Il caso studio di Kagad Kach Patra Kashtakari Panchayat
(l’unnione commerciale dei waste pickers)
Di Poornima Chikarmane e Laxmi Narayan
La Nascita 49
Strategia, forma organizzativa, governance e membership 54
Le attività e il metodo 59
Meccanismi istituzionali per la sicurezza sociale dei waste pickers 62
Networking, Advocacy e Lobbying 64
Bibliografia 69
IL FENOMENO DEI CARTONEROS A BUENOS AIRES. 71
Rotture, Continuità e nuove opportunità tra il management dei
rifiuti e l’industria di riciclaggio
di Pablo J. Schamber
Presentazione: Definizioni (se possibile) degli ogiettivi 71
L’obiettivo del cartonero 74
Nascita delle attività dei cartoneros nella gestione dei residui solidi 76
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
3
urbani
Collegando i circuiti 84
Conclusioni 94
Bibliografia 99
IL SETTORE INFORMALE DEI RIFIUTI SOLIDI IN
ROMANIA
102
di Reka Soos e Noemi Stanev
Concetti fondamentali 102
Visione d’insieme 107
Quantitativi e tipi di attività del settore informale 110
Impatto socio-economico 114
Effetti ambientali 115
Interventi mirati al settore informale 117
Problemi/ sfide con il sistema informale 123
Fonti e riferimenti 126
Bibliografia 127
I RACCOGLITORI DI RIFIUTI DEL CAIRO 128
di Laila R. Iskandar
Background 128
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
4
Il settore tradizionale e informale – il più grande datore di lavoro in
Egitto per il trattamento dei rifiuti
129
Crescita delle imprese di riciclaggio 131
Forza lavoro 134
Un sistema basato ed indirizzato dal mercato 135
La privatizzazione tramite le multinazionali al Cairo 136
Le preoccupazioni dei riciclatori dovute ai contratti internazionali 141
Proposte di riorganizzazione 143
RIUSO ED ECONOMIE POPOLARI IN EUROPA: IL CASO
STUDIO ROMA
147
di Pietro Luppi
Aziendalismo ed economia popolare: due modelli a confronto 147
Il caso studio “Roma” 155
I rovistatori di cassonetto, Porta Portese e gli Antiquari 155
Un mercato in boom che lotta per sopravvivere 159
L’edilizia di fortuna 164
Gli orti urbani 171
Occupanti di case 176
VERSO UNA RETE GLOBALE DI RICICLATORI 182
di Lucia Fernandez Gabard
Introduzione 182
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
5
La dispersione come punto di partenza 183
Convivenza di paradigmi 188
La sfida dell’articolazione a diversi livelli 193
La mappa Latinoamericana come processo 203
Il Congresso Mondiale 209
Conclusioni 212
Bibliografia 216
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
6
Notizie sugli Autori
RIORGANIZZANDO IL DISORGANIZZATO. India 2003
Il caso studio di Kagad Kach Patra Kashtakari Panchayat (l’unione
commerciale dei waste pickers)
Poornima Chikarmane: Laureata nel Master per Lavoro Sociale presso
l’Università di Bombay. Assistente alla direzione (Lettrice) al SNDT
Women’s University. Fondatrice (con altri) del Kagad Kach Patra
Kashtakari Panchayat KKPKP (Associalzione di Wastepickers della città di
Pune) a dell’Alleanza Nazionale dei Wastepickers in India
Mail: [email protected],
Laxmi Narayan: Laureata nel Master per il Lavoro Sociale presso il Tata
Institute of Social Sciences. Coordinatrice del Dipartimento per gli Adulti e
l’Educazione Continua (nel centro-sud di Pune) presso la SNDT Women’s
University. Segretaria del KKPKP
Mail: [email protected]
*****IL FENOMENO DEI CARTONEROS A BUENOS AIRES.
Rotture, continuità e nuove opportunità tra il management dei rifiuti e
l’industria di riciclaggio. Argentina 2007
Estratto dalla tesi di dottorato in Antropologia presso l’Università di Buenos
Aires "De los desechos a las mercancias. Etnografía del circuito del
reciclaje en el conurbano bonaerense" aprile 2007.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
7
Pablo J. Schamber: Antropologo. Docente Ricercatore presso l’Università
Nazionale di Lanùs. Consulente per la gestione dei residui e i circuiti
informali di riciclaggio.
Mail: [email protected] / [email protected]
Contatti: (0054) 11-1541981069 / 11-47020696
*****
SETTORE INFORMALE DEI RIFIUTI SOLIDI IN ROMANIA. Romania 2006
Tratto da uno studio finanziato da GTZ e CWG, "Economic Impact of
Informal Sector Activities" (“L’impatto Economico delle Attività del Settore
Informale”)
Noemi Stanev e Reka Soos: Master in Scienze Ambientali,
specializzazione in Analisi dei sistemi economici e ambientali. Consulenti
nell’ambito Climatico, laureate nel Master per Lavoro Sociale presso
l’“University change, Waste Management and Energy” di Bombay
Mail: [email protected]
Sito Web: www.greenpartners.ro
Contatti: str. Fintinele 18, 400294 Cluj-Napoca, Romania. tel./fax +40
(0)264 589291. telefono mobile (RO) +40 (0)740 554430
*****I RACCOGLITORI DI RIFIUTI DEL CAIRO. Egitto
Laila R. Iskandar: dell’associazione Chairman CID è specializzata in
formazione e sviluppo, ha lavorato e lavora con organismi internazionali
come l’UNESCO, USAID, UNDP e molti altri. Il suo backgound culturale è
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
8
costituito da studi di economia, di scienze politiche sia al Cairo che presso
l’Università di Berkeley e presso la Columbia University. Ha lavorato per
numerosi programmi di successo a favore delle comunità di waste pickers.
Lavora con i riciclatori del Cairo sin dal 1982, implementando azioni di
formazione teconologica, di networking, di sostegno nei confronti del
governo.
Mail: [email protected]
Sito web: www.cid.com.eg
*****
VERSO UNA RETE GLOBALE DI RICICLATORI. Francia 2008
Articolo che verrà pubblicato in “Retroscopio” Volume 2, “una mirada
sobre recuperadores urbanos de residuos de America Latina.”( “uno
sguardo sui riciclatori urbani di residui dell’America Latina”)
Lucia Fernandez Gabard: formazione in Archittettura e Urbanismo
presso la Facoltà di Architettura dell’Uruguay. Attualmente studia presso la
Scuola di Architettura di Grenoble (Francia): Master 1, città e territori.
Specializzata nell’organizzazione dei riciclatori e costruzioni di reti.
Fondatrice (insieme ad altri) della Rete Latinoamericana di Riciclatori e
collaboratrice (2003-2007) dell’ UCRUS (Unione dei Clasificadores
dell’Uruguay, sindacato)
Mail: [email protected]
Sito Web: www.recicladores.net
*****
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
9
RACCOGLITORI DI RESIDUI. Italia 2008
Uno sguardo generale: chi sono, come lavorano e prospettive future.
Estratto dalla Tesi di Laurea Specialistica in Innovazione e Sviluppo:
“Gestione dei Residui Solidi Urbani: il caso dell’Uruguay”
Cecilia Ruberto: formazione in Scienze Sociali per la Cooperazione e lo
Sviluppo presso l’Interfacoltà di Scienze Umanistiche e Scienze della
Comunicazione dell’Università di Roma La Sapienza. Collaboratrice
dell’organizzazione senza fini di lucro Reorient, da circa 4 anni sostiene e
collabora all’organizzarsi dei clasificadores dell’Uruguay attraverso
progetti di cooperazione. Lavora per la sensibilizzazione alla tematica in
Italia.
Mail: [email protected]
Blog: www.villadelchancho.splinder.com
*****RIUSO ED ECONOMIE POPOLARI IN EUROPA: IL CASO
STUDIO ROMA. Italia 2008
L’articolo è stato elaborato appositamente come contributo
dell’associazione Occhio del Riciclone al progetto di diffusione e
informazione del medesimo dossier
Pietro Luppi: responsabile del Centro di Ricerca Occhio del Riciclone;
Presidente di Occhio del Riciclone Italia. Esperto di economie popolari e
gestione dei rifiuti. Giornalista e autore di libri su tematiche ambientali,
politiche e sociali.
Mail: [email protected]
Sito Web: www.occhiodelriciclone.com
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
10
Presentazione
Questo dossier è il risultato della collaborazione di diverse persone, è
l’incontrarsi di realtà differenti e lontane che sentono fortemente un comune
denominatore nel lavoro che svolgono.
Gli autori che hanno contribuito alla creazione del dossier con i loro articoli,
sono dei super esperti dei temi affrontati che, condividendo l’idea di fondo
di sensibilizzazione e informazione, hanno creato dei brevi sunti sulle realtà
di appartenenza, cercando di tracciare i contorni dei fenomeni affrontati,
mantenendosi specifici, ma al tempo stesso semplici, tenendo presente che
per la maggior parte dei lettori questo tema non è chiaro nelle sue
sfaccettature, se non, addirittura, del tutto sconosciuto.
Un sincero ringraziamento va a tutti gli autori che con entusiasmo e
prontezza hanno risposto alla nostra richiesta di materiale per il dossier.
Nella speranza di aver posto un primo tassello nella costituzione di una
coscienza e conoscenza sociale di una tematica responsabile e propositiva,
auguriamo a tutti una buona lettura!
*****
Per ricevere una copia del dossier:
www.reorient.it
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
11
Introduzione
Questa raccolta di scritti sul tema del waste picking, a cura di Cecilia
Ruberto e Lucia Fernandez Gabard, si propone di dare un proprio contributo
al dibattito, oggi sempre più intenso, del riciclaggio come valore complesso
che vede intersecarsi le 3 sfere dello sviluppo sostenibile: quella sociale,
quella ambientale e quella economica.
Da subito l’idea di intitolare l’elaborato “Raccoglitori di Residui. Una
panoramica globale sul primo anello della catena del riciclaggio” ci è
sembrata assolutamente appropriata, infatti coglie il centro nevralgico,
l’obiettivo principale di questo lavoro. La volontà di conoscere questo tipo
di lavoratore, riconoscerne i “pregi e difetti”, il potenziale che oggi sta
iniziando ad esprimere, comporta il confrontarsi con tematiche
estremamente complesse, come i diritti umani, i diritti dei lavoratori, quelli
delle donne e quelli dei bambini, le tutele sanitarie, la richiesta di politiche
che appoggino e non che occultino o peggio ancora reprimano.
Il riciclaggio come fonte di lavoro, fonte economica, è la risposta coerente
con la necessità di sostenibilità ambientale ed ecologica, data la finitezza
delle risorse, l’aggravarsi di condizioni precarie di povertà fino ai limiti
della dignità umana, il peggiorare delle condizioni ambientali.
Si presenteranno le soluzioni nate spontaneamente dalla società che
maggiormente risente degli effetti dell’attuale modello di consumo.
Si cercherà di analizzare come nascono queste propose e la loro validità,
economica e ambientale, ma anche civile e sociale.
Il dossier parte da una piattaforma condivisa da esperienze di paesi lontani e
diversi che nonostante le differenze sono fortemente legate da valori
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
12
omogenei, fortemente sentiti e, oggi, sempre più strutturati, che si
concretizzano in proposte rivolte ai politici, alle imprese, agli istituti
internazionali come a quelli locali, e ancora più fortemente alla società in
generale, al modo di pensare comune.
Il primo articolo da me elaborato: “Raccoglitori di Residui, uno sguardo
generale, chi sono, come lavorano e prospettive future”, offre una
panoramica informativa generale del fenomeno, si definiscono le
caratteristiche che accomunano questo tipo di lavoratore, si introduce il
concetto di settore informale, concetto complesso e non scevro di
implicazioni e complicazioni, estremamente affascinante da studiare quanto
difficile da considerare, soprattutto a livello di politiche da mettere in atto.
A seguire si affrontano molto velocemente quali sono stati e tutt’oggi
continuano ad essere gli atteggiamenti degli Stati o dei Comuni nei
confronti di questi lavoratori. Si affronta anche un tema centrale, che deve
far parte del background di chi vuole avvicinarsi al tema dei riciclatori:
l’ideologia del lavoratore. Grazie a questa ideologia condivisa è possibile il
confronto transnazionale che oggi sta avvenendo, grazie a questo sentire
comune si stanno creando obbiettivi e attività condivise.
L’articolo successivo, “RIORGANIZZANDO IL DISORGANIZZATO: il
caso studio di Kagad Kach Patra Kashtakari Panchayat” ci espone la
peculiare esperienza di questo sindacato indiano che supporta i waste
pickers, che nasce prestando un particolare sostegno alle donne contro gli
abusi, le violazioni e le illegalità perpetrate nei loro confronti, da altri waste
pickers, dalla popolazione, dalle forze di polizia, dagli intermediari, ecc.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
13
L’attività svolta dal KKPKP è stata sin dall’inizio fondamentale per la
nascita di una forte e sentita identità condivisa, di un senso di dignità in
quanto essere umano lavoratore, vulnerabile, ma che combatte per i propri
diritti universalmente riconosciuti.
Grazie a questo sindacato che oggi conta 80.000 iscritti, la popolazioni ha
iniziato a sviluppare un “sympathy factor” cioè un sentimento di simpatia e
comprensione della realtà del waste picking. Ciò non è assolutamente una
questione da poco, infatti come vedremo negli altri scritti, l’ostilità della
popolazione è uno dei temi di discussione più sentiti. Inoltre il KKPKP
pratica delle azioni di critica e discussione non violente costantemente in
alleanza con altre organizzazioni grazie alla rete che ha creato, rendendosi
una parte integrante di un sistema di tutela molto diversificato, proprio
abbracciando il principio, comune a tutti i waste pickers, che per migliorare
e cambiare le condizioni è necessario agire a livello integrato in più ambiti,
su più livelli, conoscendo bene le dinamiche e gli equilibri che esistono per
poterli poi trasformare. Per concludere, un altro aspetto molto interessante,
che forse il lettore potrebbe approfondire attraverso studi più ampi, è
l’attività di concessione di credito che svolge questo sindacato, che, ad oggi,
ha portato dei risultati estremamente positivi, e, nonostante le difficoltà
evidenziate nell’articolo, può essere concretamente una modalità per
permettere ai waste pickers di uscire dal circolo vizioso della carenza di
credito, e quindi da tutte le dinamiche di sfruttamento che si creano con chi
invece ha del credito (in sintesi: gli strozzini).
Attraverso l’articolo di Laila Iskandler possiamo chiarire molti interrogativi
sul lavoro dei waste pickers, come effettivamente questi abbiano trovato nel
tempo delle dinamiche perfettamente funzionanti che permettono di
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
14
sopravvivere e, come nel caso del Cairo, creare dei circoli di riuso e riciclo
sostenibili e proficui.
Il contributo dell’autrice è fondamentale anche perché ci da uno spaccato di
cosa accade se dai piani politici si decide univocamente per politiche di
gestione dei residui solidi urbani totalmente (o quasi) disinteressate al
coinvolgimento dei waste pickers. Quando il governo decide di affidare il
lavoro a delle società multinazionali (in questo caso, oltretutto, neanche
industrie egiziane) che non conoscono la realtà locale, ebbene accade il
caos: le multinazionali o si devono ritirate (vedi l’esperienza di AMA)
oppure non lavorano efficientemente, la popolazione è scontenta e le
condizioni dei waste pickers raggiungono livelli di criticità gravissimi, il
numero dei waste pickers aumenta, il lavoro che svolgono si “de-
professionalizza” e perde di valore economico, la povertà e la marginalità si
acuiscono, e con queste, tutti i fattori socio-culturali che ne conseguono.
Le fitte trame funzionali create dai waste pickers in anni di esperienza si
spezzano e i 2 sistemi, quello formalmente riconosciuto (le multinazionali)
e quello informale, ma disconosciuto, si contrastano e chi ne fa le spese non
dobbiamo nemmeno sottolinearlo. Così una volta in più abbiamo un caso
concreto che dimostra quanto sia importante un discorso di pianificazione
integrata e sostenibile per una politica di gestione dei residui che ponga al
centro della questione i riciclatori.
A seguire lo studio di di Reka Soos che ci offre una panoramica sulla
Romania, ci permette di capire quale sia un buon metodo di studio e
approccio al tema dei waste pickers: in primo luogo è bene studiare
approfonditamente questa fetta di popolazione, la sua composizione, il tipo
di lavoro, come viene svolto e quanto frutta in termini economici. E’ bene
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
15
delineare quali siano le problematiche sociali di queste persone. In Romania
per esempio quasi l’80% dei waste pickers è costituito da Rom, questa è una
peculiarità non indifferente rispetto ad altri paesi. Questa popolazione è
vista di mal occhio dalla popolazione e completamente invisibile agli occhi
della politica, mentre dalle forze dell’ordine è combattuta con sfratti o
misure di emergenza quasi ai limiti dell’illegalità.
L’articolo si concentra così, oltre che sugli importanti effetti socio-
ambientali ed economici delle attività dei waste pickers, anche sugli
interventi che ultimamente sono stati attuati a vantaggio delle comunità di
riciclatori, ma soprattutto sulle problematiche oggi ancora irrisolte.
L’analisi SWOT effettuata è uno strumento utile nello schematizzare ed
effettuare i collegamenti approfonditi più ampiamente nell’articolo.
E’ attraverso un’opportuna e molto chiara analisi dei cambiamenti storici
delle condizioni dei cartoneros di Buenos Aires che Pablo Schamber ci
spiega come la realtà attuale sia profondamente radicata nelle
trasformazioni storiche e urbanistiche della città. Un tema di estremo
interesse viene affrontato da questo autore: nel paragrafo “collegando i
circuiti” si esemplificano i collegamenti molto importanti che esistono tra
cartoneros e intermediari e tra intermediari e industrie, come queste 3 sfere
si influenzino direttamente in tempi velocissimi e come
contemporaneamente siano influenzate dalle scelte politiche ed economiche
del paese. “Se l’industria dell’acciaio è in crisi, la stessa crisi si avverte tra
i raccoglitori di metallo. Se la domanda di materiale cartaceo aumenta, il
prezzo del materiale aumenterà e probabilmente aumenterà anche il
numero di raccoglitori di carta (…) il business del riciclaggio è
caratterizzato da una struttura verticalizzata che vincola le fabbriche ai
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
16
cartoneros” (Birkbeck, 1979: 386). Le industrie, a modo loro dipendono
dagli intermediari, per questo spesso supportano economicamente questa
fascia di “piccolissimi imprenditori”, i cartoneros migliorano o peggiorano
il loro potere d’acquisto in base alla quantità di materiale immesso nel
circuito: maggiore è il materiale che riescono a recuperare, minore è il suo
valore, ma maggiore è la possibilità che venga acquistato dalle industrie,
che nonostante le spese legate al trattamento di materiali non vergini,
traggono il loro guadagno nell’usare materiale riciclato.
Un altro aspetto molto importante è quello affrontato dall’autore con uno
sguardo limpido sulle centinaia di cooperative nate negli ultimi decenni in
Argentina (e come in questo paese, in moltissimi paesi di tutto il mondo).
Schamber sottolinea come effettivamente la maggior parte delle cooperative
di Buenos Aires, non rispettino le regole del proprio statuto di cooperativa,
non siano auto-sostenibili, e fattore non di poca importanza, siano, la
maggior parte delle volte, il risultato della volontà di individui o
organizzazioni che per “aiutare” decidono di convincere i waste pickers a
costituirsi in cooperativa, soprattutto per poter arrivare finanziamenti
pubblici e più spesso privati in loro favore: insomma spesso le cooperative
di waste pickers non sono costituite da questi ma da altri soggetti che non
appartengono al loro mondo. Schamber individua in questo fattore una delle
cause della debolezza delle cooperative, della loro disorganizzazione: la
proliferazione di cooperative non significa, come molti vogliono farci
credere semplificando fortemente questa complessa tematica, che
effettivamente vi sia una presa di coscienza e un cambiamento
nell’organizzazione lavorativa e quindi nelle logiche di lavoro dei
cartoneros.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
17
Il caso studio italiano, a cura di Pietro Luppi, ci introduce a una realtà che
presenta punti di forti somiglianze e caratteristiche singolari che è quella di
Roma.
L’importanza di questo contributo è centrale proprio perché aggiunge una
tematica che va di pari passo a quella del riciclo, cioè quella del riuso.
Queste differenti attività hanno moltissimo in comune ed è bene non trattare
l’una dimenticandosi dell’altra.
Riuso e riciclo sono due aspetti molto importanti della cosiddetta economia
informale, come viene sottolineato anche nell’articolo de “una panoramica
globale…” , questa economia a livello mondiale ma anche europeo ha un
peso importante nonostante la sua invisibilità.
Per le caratteristiche delle politiche europee che hanno blindato la raccolta
nelle discariche e nei cassonetti, oggi i rovistatori in Europa si dedicano
soprattutto al riuso. “Mentre la raccolta delle frazioni da riciclare
industrialmente é stata monopolizzata dalle aziende di igiene urbana sotto
pressione dell’industria affamata di materie prime seconde, la raccolta di
merci usate é rimasta in mano all’economia popolare. Mentre il settore
economico di riferimento della materia prima seconda é l’industria dei
grandi capitali, lo sbocco del Riuso é la microimpresa dell’usato, dai
rigattieri agli operatori dei mercati delle pulci: un arcipelago, quest’ultimo,
che rimane prevalentemente informale dal suo primo anello (la raccolta)
fino all’ultimo (la distribuzione).” (Pietro Luppi, ibid.)
L’articolo ci offre un caso studio molto complesso e ricco di
interconnessioni. La città di Roma è ricca di micro imprese che si occupano
del reperimento di materiali per il riuso, fino ad arrivare alla creazione di un
ricco mercato dell’usato e dell’antiquariato. Fino a pochi anni fa il suo
epicentro si trovava nel mercato di Porta Portese, oggi a seguito di azioni di
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
18
ridimensionamento, moltissimi venditori sono stati allontanati, apportando a
questo mercato un danno gravissimo, così come anche ai venditori che oggi
si ritrovano sparpagliati in migliaia di piccoli mercati dell’usato.
L’esperienza romana porta con sé lo studio di specifiche realtà a questa
collegate: le abitazioni di fortuna, che oggi a Roma sono molte di più di
quante si sia abituati a credere, sono espressione dell’economia informale e
della cultura del riuso e oggi abbiamo degli esempi anche molto arditi, quasi
famosi, di queste abitazioni.
Un altro caso collegato è quello degli orti urbani e dell’agricoltura urbana: i
“contadini urbani” coltivano appezzamenti non edificabili all’interno degli
spazi verdi delle città, producendo cibo per la propria auto sussistenza, e, a
volte, riuscendo anche a venderlo. Questo fenomeno, trascurato
ampiamente, è stato valutato dalla FAO come molto importante: “la FAO,
in una nota diffusa nel Giugno del 2005, afferma che l’agricoltura urbana
contribuisce ad aumentare la sicurezza alimentare nelle città, poiché riduce
il peso della spesa alimentare. La produzione di cibo all’interno dei
perimetri urbani garantisce inoltre l’offerta di cibo anche in caso di
conflitto o grave crisi. Nel mondo il settore dell’agricoltura urbana
attualmente fornisce cibo a 700 milioni di cittadini: un quarto della
popolazione urbana mondiale.” (P. Luppi ibid.)
Come articolo conclusivo è stato scelto, non a caso, quello dell’autrice,
nonché curatrice del dossier qui presente (insieme con Cecilia Ruberto)
Lucia Fernandez Garbard. Questo approfondimento affronta l’argomento
intorno al quale tutto il dossier gira: la creazione di reti, di dialogo, di
confronto tra waste pickers di tutto il mondo.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
19
La molteplicità delle potenze desiderate è pensata dal basso come una
figura che faccia di sé un soggetto politico: la moltitudine. Questa stessa
moltitudine però è molto meno omogenea poichè è il risultato di una somma
di potenze individuali, totalmente frantumate da antagonismi.1 (Lucia
Fernandez ibid.)
Nonostante la grande frammentazione di questi lavoratori, ovunque si
ritrovino, sia come lavoratori individuali che facenti parte di associazioni o
associazioni raggruppate in federazioni, ecc., oggi si sta iniziando a
sviluppare un dialogo, un confronto, e il valore aggiunto di questa novità è
che il motore è proprio all’interno di questa fascia di lavoratori, che
vogliono fortemente affermare i propri diritti/doveri difronte alla politica e
alla coscienza pubblica mondiale.
I movimenti a cui assistiamo sono su vari livelli e su tutte le scale di
dimensioni. Oggi dialogano riciclatori singoli, cooperative o associazioni di
riciclatori, sindacati di riciclatori, federazioni; oggi si stanno creando e
rafforzando alleanze e reti regionali, interregionali e si punta alla creazione
di una rete globale: il primo passo si è fatto con il primo convegno mondiale
dei riciclatori avvenuto nello scorso marzo 2008 a a Bogotà in Colombia il
cui titolo è stato: “Riciclatori senza frontiere”.
L’autrice ci offre una concreta panoramica del tipo di fermento
associazionistico che negli ultimi decenni si sta consolidando: cooperative,
associazioni, federazioni, sindacati, movimenti nazionali, reti in tutto il
mondo. E ci porta a scoprire l’importante processo che sottostà alla
creazione della “mappa latinoamericana” di riciclatori. “A partire dal mese
di settembre 2007, diversi rappresentanti riciclatori coinvolti nel processo
1 Ernesto Funes, “Il trattato politico di Baruch Spinoza, 1677: Potenza e passione della moltitudine” Spinoza, Trattato Politico, pag. 22, edizione 2004
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
20
di articolazione delle organizzazioni negli anni precedenti, hanno iniziato a
viaggiare per il continente, esplorando nuovi territori e creando i nuovi
contatti con nuove organizzazioni e direttamente con riciclatori
individuali” (Lucia Fernandez, ibid.). Questo ha portato a una conoscenza
ben dettagliata della realtà, ben difficile da conoscere, dei recicladores delle
regioni dell’America Latina e del Centro America, spesso ricca di
particolari interessanti, grazie alle interviste fatte dagli stessi recicladores
inviati. Inoltre ha continuato un’opera di sensibilizzazione nei confronti di
riciclatori che lavorano indipendentemente, che hanno iniziato ad
interessarsi a una metodologia di lavoro più organizzata, a credere
nell’utilità di una rete che supporti i propri bisogni e diritti a livello
nazionale e globale. Insomma, si è avviato un lavoro di diffusione di
informazioni, di sostegno reciproco (dal basso), di condivisione che si pone
degli obiettivi importantissimi, gli incontri sono e saranno per il futuro
sempre più serrati e, come al solito, così come è la caratteristica principale
dei riciclatori sia nel lavoro che nella loro ideologia in generale, si pongono
obiettivi concreti, a medio-breve termine. Crediamo che questa sia una
strada da percorrere che può condurre a buoni risultati, ma non priva di
insidie e difficoltà. Ancora una volta è proprio la volontà, l’impegno dei
recicladores, i loro sacrifici e la loro forte desiderio di cambiamento che
spronano la società civile, le associazioni che sostengono questi movimenti
e i politici che iniziano a comprendere queste dinamiche e a prevedere
misure di appoggio.
Speriamo che la lettura di questi articoli possa essere un primo passo per
porsi delle domande, per iniziare percorsi di ricerca e di studio, per iniziare
a confrontarsi su questo tema con qualche strumento in più.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
21
Raccoglitori di residui
Uno sguardo generale: chi sono, come lavorano e
prospettive future. di Cecilia Ruberto
Le città continuano a ingigantirsi, le periferie che crescono intorno al centro
della città, cuore culturale ed economico, sono l’esempio vivente del luogo
dove si manifestano squilibri sociali, ingiustizie di ogni tipo e assenza di
rispetto ecologico.
Troppo spesso l’uomo tende a dimenticare l’importanza del vivere in
armonia con la natura, non tanto per una necessità spirituale, quanto
piuttosto perché uomo e natura sono un binomio inseparabile, e le
ripercussioni del maltrattamento di quest’ultima ricadono direttamente su
chi lo effettua..
Oggi milioni di persone vivono sui rifiuti, vivono all’interno di discariche,
vivono degli scarti della società del consumo, della società dello spreco,
così definita da Guido Viale in un Mondo Usa e Getta.
Il rifiuto è un qualcosa che noi cerchiamo disperatamente di eliminare, di
allontanare da noi, ma che allo stesso tempo ci è familiare, ci perseguita,
non vuole lasciarci. Il rifiuto è, ancora una volta, il substrato oscuro della
nostra civiltà, quel "corpo del reato" (reato di inquinamento) che non
riusciremo mai ad eliminare. La realtà dei cartoneros, dei waste pickers, dei
basuriegos, degli hurgadores, dei magbabasurieros, dei catadores, dei
wahis and zabbaleen (Egitto), dei waste pickers, degli scavengers, è una
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
22
realtà nascosta, occultata sia culturalmente che politicamente; dunque è
difficile estrapolare dati statistici, è una realtà di marginalità, è periferia, è
luogo di intrighi umani, economici, è luogo di nascita di disastri ambientali
che coinvolgono sia le persone che vi vivono all’interno e che chi, come
noi, vivendo all’esterno, crede di poterne rimanere indenne.
“Costruivamo piramidi di rifiuti sopra e sotto la terra. Quanto più
pericolosi i rifiuti, tanto più a fondo cercavamo di seppellirli. La parola
plutonio viene da Plutone, dio dei morti e signore degli inferi”2.
Osservando una discarica riusciamo a capire fino in fondo qual è il prezzo
che dobbiamo pagare per il nostro tenore di vita, per i nostri comforts e
prodotti di consumo. La discarica è qualcosa che dobbiamo nascondere, il
nostro lato meno piacevole; eppure è proprio per questa sua realtà brutale,
senza infingimenti, che la discarica può rappresentare il luogo in cui noi
tutti raggiungiamo una presa di coscienza, dove finalmente decidiamo di
non accettare che milioni di esseri umani vivano nell’immondizia, dove
decidiamo di cambiare il nostro tipo di vita consumistica, assumendoci
veramente la responsabilità delle nostre azioni.
1. La gestione dei residui solidi urbani ed il ruolo dei waste pickers
La gestione dei rifiuti solidi è una questione che coinvolge sempre di più gli
abitanti delle aree urbane nei paesi più sviluppati e ancor di più nei paesi in
via di sviluppo. Infatti nei paesi poveri non viene data priorità a questo
2Cfr. De Lillo Underworld, op. cit., pp. 111-12.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
23
problema nelle politiche governative e ciò influisce negativamente su una
situazione che con il tempo tende ad aggravarsi, per le tonnellate di rifiuti
abbandonati nelle strade, in continuo aumento, che producono un impatto
ambientale negativo causando l’inquinamento di acqua, terra e aria, oltre
alla produzione di gas serra.
La questione dei rifiuti e della loro eliminazione è ormai un problema
globale che causa una spesa sociale ed economica per i governi, ma
soprattutto un costo ambientale notevole per le popolazioni locali. Nella
gran parte dei casi la gestione dei rifiuti è lasciata in mano ai governi locali,
ai comuni, che spesso la appaltano ai privati, ma in entrambi i casi la
questione è “risolta” con l’uso di inceneritori i cui effetti sono dannosi per
la salute della popolazione circostante e per l’ambiente.
Secondo le fonti della Banca Mondiale, è pratica comune per le città
spendere cifre tra il 20% e il 50% dei propri fondi per la gestione dei rifiuti
solidi urbani. Inoltre tra il 30% e il 60 % dei rifiuti totali prodotti sono
lasciati non raccolti, in alcuni casi quasi l’80 % della raccolta, e il
necessario per il trasporto è fuori servizio in attesa di manutenzione, le
discariche a cielo aperto, l’interramento e la pratica di bruciare i rifiuti
attraverso l’uso di inceneritori sono ormai consuetudine nella gran parte dei
paesi del globo terrestre.
I waste pickers informali sono presenti in tutti i paesi poveri del mondo, a
partire da paesi molto vicini, come l’Albania, la Romania, la Bulgaria (solo
per fare un esempio), per continuare con gli Stati Uniti, fino ai paesi
dell’Africa, dell’America Latina, dell’India, dell’Indocina e via dicendo.
Nei PVS oggi è stato valutato che il riciclo dei rifiuti è affidato soprattutto
al lavoro informale dei waste pickers. E’ stato stimato che nelle città dei
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
24
PVS almeno il 2% della popolazione urbana sopravvive grazie al lavoro
nelle discariche e alla raccolta dell’immondizia dai cassonetti delle città,
separandola e rivendendola alle industrie.
Per il contatto giornaliero e costante con i rifiuti, con i cassonetti, i waste
pickers sono generalmente associati dalla società a sporcizia, disagio,
miseria, sono percepiti come fastidiosi, come simbolo di sottosviluppo e
arretratezza, e spesso come criminali. Cosicché l’ambiente che li circonda è
loro ostile sia fisicamente che socialmente.
2. Waste picking and waste pickers
“I Waste Pickers sono delle entità semi-visibili e le operazioni di
riciclo industriale sono attività invisibili in uno scenario urbano”3.
Il lavoratori informali che recuperano i residui dalle strade o
direttamente dalle discariche sono stati spinti verso le periferie delle
città sin da quando iniziò a diffondersi per la prima volta questo
tipo di lavoro che, per le città Europee e per il Nord America, è
stato individuato indicativamente nel periodo intorno al 18804.
Questi soggetti raccoglievano e vendevano il materiale in una
seconda catena di raccolta di rifiuti, da New York a Bangkok, da
Parigi a Tegucigalpa, da Melbourne a Harare, e da questa fonte si
approvvigionavano le industrie di auto, computers, giornali, libri,
materiali da costruzione, vestiario e molti altri prodotti.
3 Cfr. Rosario, 2004 4 Cfr. Melosi; Garbage in the City, Refuse, Reform and Enviroment, 1880-1980, Texas A&M Press, 1981
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
25
La società ha sempre nutrito sentimenti simili e contrari nei
confronti dei waste pickers, che egualmente li costringevano alla
marginalizzazione: da una parte provava ribrezzo per la sporcizia e
pietà per il tipo di lavoro che conducevano, dall’altra li riteneva
“colpevoli”, rendendoli capro espiatorio per i problemi della città.
Prima della modernizzazione del sistema di gestione dei rifiuti
solidi urbani, i waste pickers o scavengers e i loro commercianti
producevano la maggior parte dei materiali riutilizzati nelle
industrie. Poiché per la maggior parte delle volte non sono stati
riconosciuti come elemento chiave in questi processi, con la
modernizzazione della gestione dei rifiuti solidi urbani hanno
rischiato di perdere, e molto spesso hanno perso, la materia prima
del loro lavoro. Con la modernizzazione, nel senso comunemente
inteso di innovazione tecnologica, incenerimento e non riutilizzo
del materiale di scarto, i problemi sono divenuti ancor più grandi e
più profondi. Non sempre vengono percepite la stretta relazione che
c’è tra il lavoro dei waste pickers informali e l’organizzazione
della gestione dei rifiuti istituzionale.
Oggi la situazione è cambiata molto rispetto al 1880. Prima gli
straccivendoli e i waste pikers erano soprattutto immigrati che, nel
migliore dei casi, sono poi entrati nell’economia formale,
attualmente sono persone appartenenti a una fascia di popolazione
marginalizzata, povera, invisibile alle statistiche ufficiali, fuori da
qualsiasi processo di cambiamento globale.
I waste pickers oggi sono soggetti estremamente poveri che
provvedono alla propria sussistenza e a quella della propria
famiglia raccogliendo residui dalle strade o dai depositi (discariche
sia abusive che non) e rivendendoli a intermediari che a loro volta
provvedono a vendere il tutto alle industrie che utilizzano queste
risorse per la propria produzione.
Di seguito riportiamo una schematizzazione del processo che
subisce il materiale recuperato. 5
3. Le caratteristiche del settore informale
Non è semplice dare una definizione operativa di “settore informale” proprio
per l’incertezza dei suoi confini.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
26
5 Cfr. A.Scheimberg, J.Anschultz,A. Van de Klindert, Waste Pickers – Poor victims or waste management professionals?, CWG Forum Kolkata, India, 2006.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
27
Normalmente si superano queste difficoltà utilizzando, convenzionalmente,
la definizione data dall’ILO6 che individua le seguenti caratteristiche
specifiche:
Presenza di barriere all’entrata molto basse
Utilizzo di risorse domestiche (locali)
Prevalenza di conduzione familiare e lavoro minorile
Predominanza di piccolissime imprese
Utilizzo intenso della forza lavoro (labour-intensive)
Acquisizione delle competenze al di fuori del sistema scolastico
Utilizzo di mercati non soggetti a regolazione e controllo
A volte l’illegalità di alcune attività è considerata un criterio caratteristico
del settore informale. Nonostante ciò la realtà vede costantemente
l’intersecarsi del formale con l’informale, sia per le attività illegali che per
quelle legali. Di questo bisogna sempre tener conto.
“Il lavoro informale non si esaurisce in forme di lavoro autonomo, che
comunque ne costituisce la porzione maggiore. Esso è altresì lavoro
subordinato. Soprattutto nei paesi sviluppati, il cosiddetto lavoro nero, o
clandestino o sotterraneo o sommerso, consiste in attività di lavoro
subordinate occultate per eludere il fisco, i contributi previdenziali e le
norme di legge e dei contratti collettivi di lavoro. Si registrano, in queste
situazioni affinità e diversità rispetto a quella che propriamente viene
chiamata economia informale.
Sia l’area dell’informalità, caratteristica dei paesi in via di sviluppo, sia
l’area del sommerso si contrappongono a quella del settore ufficiale, più o
6 International Labour Organization
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
28
meno fortemente regolato e protetto. Sussiste, però, una differenza basilare,
che non va trascurata allorché si prevedono strategie di recupero
all’ufficialità.
Le attività dell’economia informale non obbediscono necessariamente a
intenti elusivi, al deliberato proposito di non rispettare o distorcere le regole
e le garanzie del lavoro. Quel che individua simili attività è soprattutto la
circostanza di non risultare coperte da disposizioni formali, o perché
difettano i presupposti economici per entrare nel campo di applicazione della
legge o perché normative troppo restrittive ricacciano fuori coloro che non
siano in grado, per carenze culturali e difetti di sostegno sociale, di
districarsi al loro interno. Certamente, l’economia informale è anche frutto
della volontà di sottrarsi agli obblighi di regole comuni e ai costi della tutela,
ma non è dato ignorare il peso, preponderante, degli altri accennati fattori”.7
Il settore informale, che comprende gli aspetti di lavoro ed economia
informale ed insieme ad essi molti altri aspetti, non esiste mai isolatamente
rispetto al settore formale. Infatti entrambi i settori sono strettamente
interconnessi fra loro in vari modi attraverso il mercato dei beni e dei
servizi.
In genere le condizioni lavorative instabili creano instabili condizioni
economiche e instabili relazioni sociali dando luogo a frequenti e continui
cambiamenti di lavoro. Sebbene i waste pickers lavorino sempre con i rifiuti
i loro accordi con le varie parti e le loro condizioni sono soggetti a
cambiamenti quasi quotidiani.
7Cfr. Giancarlo Perone (rappresentante governativo presso il Consiglio di amministrazione dell’OIL), Il Lavoro nell’Economia Informale, articolo alla pg. web: http://www.ilo.org/public/italian/region/eurpro/rome/newsletr/romenews_0306/06.htm
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
29
Chi lavora nell’informalità è da un punto di vista lavorativo molto flessibile,
sempre pronto a cambiamenti e riassestamenti da cui mai si tira indietro (non
può). Dietro a ciò si trova un’impressionante potenziale di improvvisazione
a cui si associa un potenziale di innovazione non indifferente.
Negli anni ’50 e ’60, il settore informale non è stato preso specificatamente
in considerazione dalla maggior parte dei governi nello sviluppo delle
proprie politiche. Questo ha fatto sì che aumentasse la discriminazione nei
confronti dei lavoratori del settore informale. Un risultato di questa
discriminazione, che in alcune dimensioni è maggiore ai giorni nostri, è la
possibilità che le entrate di queste attività siano così basse che spesso non
garantiscono la possibilità di soddisfare i bisogni primari del lavoratore
stesso e della sua famiglia. Per coloro che appartengono a questo settore la
marginalizzazione fa sì che essi vengano totalmente isolati in esso, non
potendo più aspirare a tornare nell’economia formale, per il potere
praticamente inesistente delle proprie risorse economiche, e, poiché la
marginalizzazione non è solo economica bensì soprattutto culturale e
sociale, per non dimenticare quella fisica (l’economia informale si sviluppa
ai margini fisici della società), l’impossibilità di dialogo e l’isolamento dal
piano visibile della regolarità è una costante, sebbene l’economia formale
come già accennato sopra, viva adagiandosi anche sopra a questo settore,
spesso anche molto redditizio. E’ molto difficile rompere il circolo vizioso
in cui sono costretti i lavoratori informali.
4. Come vivono? Come lavorano?
La maggior parte dei waste pickers utilizza la propria abitazione come
luogo per continuare la separazione dei rifiuti raccolti. Così nelle proprie
abitazioni non solo si dorme e si vive, ma si svolge anche il proprio lavoro
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
30
di separazione e classificazione. Questa caratteristica è diretta conseguenza
di una mancanza di luoghi appositi dove i waste pickers possano effettuare
il proprio lavoro, dove possano lasciare i propri rifiuti separati in attesa
della vendita, dove possano essere custoditi. Ha una valenza importante
anche la presenza dei cosiddetti intermediari, il cui lavoro è quello di
comprare i rifiuti separati dai waste pickers, ammucchiarli in aree di loro
proprietà e venderli alle fabbriche. Gli intermediari hanno un potere molto
forte e spesso comprano a prezzi più bassi del giusto e, essendo proprietari
anche delle bilance, spesso approfittano della loro posizione di vantaggio.
Laddove non sussistono forme di aggregazione tra i waste pickers più o
meno stabili, gli intermediari rendono i classificatori sempre più dipendenti
e legati a questo livello intermedio di commercio, che non prevede alcuna
forma di tutela, anzi è molto vicino a delle forme di associazionismo al di
fuori della legalità.
La produzione si sintetizza attraverso la presenza di due beni fondamentali:
un mezzo di trasporto (carretto nelle migliori delle ipotesi) trainato
dall’uomo stesso oppure dall’aiuto di animali ed i materiali riciclabili
(generalmente carta, vetro, plastica, ferro, legno e derivati), che poi
verranno venduti.
Lo stile di vita comporta quindi una sovrapposizione dell’abitare e del
lavorare così come una sovrapposizione di attività rurali (convivenza e
lavoro con animali) e attività con caratteristiche urbane. Così si parla di
ambiente rurbano, a metà tra il rurale e l’urbano. Durante il lavoro quasi
mai il classificatore utilizza guanti o attrezzature adatte alla raccolta di
rifiuti, esponendosi a un contatto fisico con materiali sporchi, putrefatti e
ammuffiti: l’incidente sul lavoro è normalità. Polveri e fumi nocivi, si
aggiungono e aggravano le condizioni della salute in questi luoghi.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
31
Il lavoro con i rifiuti mette a rischio la salute di questi soggetti, che hanno
aspettative di vita piuttosto scarse rispetto alla popolazione generale; a
Città del Messico i waste pickers hanno un’aspettativa di vita di 39 anni,
mentre quella della popolazione in generale è di 67. Un altro studio8 ha
dimostrato come in Egitto, al Cairo, gli Zabeleen hanno una mortalità
infantile di 1:3 (durante il primo anno di vita muore un bambino ogni tre),
statistica più alta di quella generale del paese. A Manila sono state
individuate 35 specie diverse di malattie concentrate nella comunità di
magbabasuriegos, come per esempio colera, dissenteria, polmonite,
malaria, infezioni cutanee, tubercolosi.
Nonostante ciò i waste pickers non sono sempre i più poveri dei poveri,
sebbene la loro occupazione sia considerata da tutti il gradino più basso
dello status sociale.
Molto probabilmente una delle cause del bassissimo reddito dei waste
pickers è la presenza dei cosiddetti intermediari, cioè degli uomini a
reddito più elevato attraverso cui i waste pickers devono passare per
vendere i propri prodotti alle industrie. Spesso esistono due o tre fasce di
intermediari a reddito sempre più elevato che acquistando il prodotto a
prezzi bassissimi hanno la possibilità di venderlo alle industrie perché
dispongono dei mezzi per il trasporto dei prodotti. In genere il gruppo degli
intermediari decide quanto vuole pagare il prodotto raccolto e lavato dei
clasificadores ed essendo totalmente al di fuori da un mercato liberamente
concorrenziale, detta legge. Il prodotto comprato a prezzi irrisori viene
8Cfr. G., Meyer, Waste Recycling as a Livehood in the Informal Sector – The Exemple of the Refuse collector in Cairo. Applied Geografy and Developement, 1987
rivenduto al doppio, triplo o quadruplo ad altri intermediari più grandi o
direttamente alle industrie.
Schema gerarchie compravendita:
Industria
Intermediari Intermediari
Intermediario Intermediario Intermediario
clasificadores
clasificadores
clasificadores
clasificadores
Intermediari
clasificadores clasificadores
clasificadoresclasificadoresclasificadores
clasificadores clasificadores clasificadores
5. Soluzioni più comunemente adottate nella politica di gestione dei
residui solidi urbani nei Paesi a basso-medio reddito e i loro limiti
Le soluzioni più comunemente apportate ai problemi di gestione dei rifiuti
solidi urbani nelle città dei paesi più poveri hanno, in genere, le seguenti
caratteristiche:
Centralizzate e non diversificate: soluzioni che non distinguono la
eterogeneità e i bisogni diversi a seconda dei differenti luoghi di intervento.
Burocratizzate: con un approccio top-down, in genere con una
scarsissima, se non nulla, partecipazione della popolazione.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
32
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
33
Dotate di un approccio capital-intensive: che utilizza una
tecnologia avanzata spesso importata dai paesi maggiormente
industrializzati ed economicamente più agiati.
Formali: soluzioni convenzionali che prendono in considerazione
l’esistenza solo del settore formale, che decidono di ignorare l’esistenza e il
possibile contributo positivo del settore informale dei waste pickers.
Sovente le soluzioni qui indicate come più comuni considerano i rifiuti come
un problema e basta, non prendendo in considerazione la risorsa manageriale
che potrebbe scaturire dai waste pickers.
Gli approcci classici in genere falliscono quasi sempre in questi Paesi. Vi
sono profonde differenze tra questi ultimi e i Paesi industrializzati in termini
di entrate economiche, standard di vita, disoccupazione, costituzione di
schemi di comportamento, capitale disponibile e capacità istituzionali.
Queste differenze, che possiamo di seguito riassumere in maniera
semplificata, fanno sì che per molte volte e in Paesi e città differenti,
costantemente falliscano i tentativi di risolvere il problema della gestione dei
rifiuti nei paesi più poveri.
Le maggiori differenze tra i paesi economicamente avanzati e quelli più
poveri possiamo identificarle brevemente (e senza effettuare una sintesi
esaustiva):
1) I Paesi industrializzati possono utilizzare una quantità di capitale
relativamente abbondante mantenendo i costi dei salari sempre relativamente
elevati, tutto all’opposto i Paesi a reddito più basso hanno manodopera non
specializzata in abbondanza e a bassissimo costo e una scarsità di capitale.
2) La morfologia fisica delle città nei paesi più poveri è spesso molto
differente da quella dei paesi ad alto reddito. L’asperità delle strade, spesso
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
34
strettissime o non asfaltate rende quasi impossibile un sistema di raccolta
classico, con i camion che raccolgono immondizia dai cassonetti.
3) Moltissime città dei paesi a basso reddito hanno un settore informale
molto dinamico e ben consolidato che si occupa di raccogliere, selezionare e
rivendere i rifiuti. Fanno parte di questo settore, disoccupati, immigrati,
bambini, donne e individui con handicap.
4) Vi è inoltre una differenza sostanziale nelle caratteristiche dei rifiuti
prodotti. La quantità dei rifiuti generati tende sempre ad aumentare. Le città
dei Paesi industrializzati ha tendenzialmente una maggiore produzione di
rifiuti, negli Stati Uniti si produce circa 1,5 kg di rifiuti a persona al giorno;
in Benin la produzione è di 124 gr per persona al giorno. Questi ultimi rifiuti
sono costituiti soprattutto da umido come frutta, verdura e resti di cibo non
impacchettato e questo è molto diverso dai nostri tipi di scarti che sono densi
di plastiche, metalli e materiali a maggior contenuto energetico.
5) Le soluzioni spesso adottate per eliminare i rifiuti come inceneritori,
compattatori e piani di compostaggio automatizzato, falliscono sovente sia
per il loro elevato costo di funzionamento (e revisione) sia perché spesso
necessitano di competenze troppo elevate per il loro funzionamento.
In conclusione si potrebbe argomentare che i paesi a basso medio reddito
devono mettere in atto approcci molto vicini all’opposto delle convenzionali
politiche di gestione: delle soluzioni sostenibili devono creare lavoro,
proteggere l’ambiente e promuovere la partecipazione attiva, è necessario
che venga preso in considerazione l’apporto positivo che in questo possono
dare i waste pickers.
In breve è giusto prendere in considerazione un sistema di gestione dei
residui commisurato alle forze che effettivamente i Paesi hanno, perchè
questo sia effettivamente sostenibile, il tutto in un’ottica di inclusione
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
35
sociale e sostenibilità ambientale che bisogna sempre e comunque
perseguire.
Analizzerò brevemente di seguito, i tipi di politiche finora adottate dai
governi dei PVS, concentrandomi maggiormente sull’ultimo tipo di
atteggiamento, quello più maturo e responsabile, quello che appoggia la
realtà dei clasificadores. Cercherò di fornire motivazioni ed esempi
concreti ove quest’ultimo tipo di atteggiamento ha avuto un ottimo
impatto, ha comportato realmente un miglioramento delle condizioni di
vita dei waste pickers e contemporaneamente un miglioramento
ambientale, una diminuzione della conflittualità sociale e una serie di
innovazioni su cui è importante soffermarsi a riflettere.
Repressione
La visione dominante del waste picker come simbolo di un concentrato di
criminalità e povertà che vive degli scarti della società, fonte di disastri
economici, sanitari e ambientali e simbolo della debolezza del paese, ha
fatto sì che moltissimi governi abbiano adottato, e tutt’oggi adottino,
politiche di repressione, molte volte di una violenza eclatante attuata
direttamente sui waste pickers, come in Colombia con il paramilitari o
nelle Filippine, altre volte meno violenta e diretta sul loro lavoro, con
sequestro di carri, animali e con la proibizione di accedere nelle zone
ricche di risorse.
Negazione
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
36
In questo caso le autorità ignorano semplicemente l’esistenza ed il lavoro
del raccoglitore di rifiuti, abbandonandolo a se stesso sotto ogni punto di
vista. Solo per far un esempio, queste dinamiche sono ricorrenti nelle
discariche di Dakar in Senegal, di Bamako in Mali e di Cotonou in Benin.
Collusione
I governi ufficiali a volte sviluppano con i waste pickers, o per meglio dire
i loro sfruttatori, gli intermediari, che possono a loro piacimento manovrare
i waste pickers, un rapporto di sfruttamento e reciproco profitto e mutua
assistenza: queste relazioni sono tipiche del clientelismo. A Città del
Messico questo tipo di relazioni sono estremamente evidenti, si sono
costituite durante gli ultimi decenni strutture clientelari molto forti a metà
tra la legalità e l’illegalità che legano waste pickers, intermediari, industrie
e autorità locali con vincoli da cui è impossibile uscire. Gli intermediari, i
caciques, pagano le autorità perché queste non considerino i loro abusi di
potere sui waste pickers. Il governo ottiene così sostegno economico e
politico dagli scavengers, e questi ultimi ottengono legittimità e stabilità
nel loro operare da parte del governo.9
Appoggio
I numerosi e ripetuti fallimenti della gestione dei rifiuti di tipo tecnologico
proposti da Stati Uniti e Europa ai Paesi più poveri, ha portato a una
cambiamento nelle politiche di questi ultimi nei confronti dei waste
9 Cfr. H., Castillo, La Sociedad de la Basura: Caciquismo Urbano en la Ciudad de Mexico.Second Edition. Mexico City: UNAM, 1990
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
37
pickers. Riconoscendo i benefici economici, ambientali e sociali, i governi
hanno iniziato a cambiare il loro atteggiamento di osteggiamento,
indifferenza o tolleranza, passando a un ruolo di appoggio, sostegno attivo.
Le politiche di sostegno tendono a legalizzare i waste pickers, che
acquisiscono finalmente i propri diritti-doveri e le loro attività, a
incoraggiare la formazione di cooperative o altre forme di associazionismo,
firmando contratti per la raccolta differenziata e costituendo una
partnership a metà tra il pubblico e il privato tra autorità locali e waste
pickers.
L’idea di fornire un lavoro alternativo ai waste pickers è spesso
fallimentare, come gli stessi waste pickers tentano in continuazione di
spiegarci, perché raramente è possibile trovare un lavoro che eguagli e
superi i costi e i benefici dati dalla raccolta e vendita di rifiuti.
Molti waste pickers sono soddisfatti del loro lavoro, per il denaro che
riescono a guadagnare, perché possono lavorare senza sottostare a un
“capo” e avere una grande flessibilità nel gestire il proprio lavoro. Inoltre
una grande percentuale di questi lavoratori non riuscirebbe a trovare un
altro lavoro nel settore informale a causa della scarsa istruzione, o per l’età
(o troppo giovani o troppo vecchi).
Se anche alcuni di questi lavoratori decidessero e potessero trovare un
lavoro ufficialmente riconosciuto, vi sarebbero altri che entrerebbero a
sostituirli.
Questo lavoro è legato alla povertà cronica, alla disoccupazione, alla
domanda delle industrie di materiale da riciclare e all’assenza totale di
sicurezza e tutela per i poveri, e, poiché tutti questi fattori non accennano a
diminuire, anzi continuano ad aumentare, è illogico sperare in una
riduzione del numero di waste pickers.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
38
Il puntare continuamente a voler far scomparire velocemente l’esistenza di
questi lavoratori ha sempre dimostrato come, nel migliore dei casi, ciò
comporti un effetto molto negativo sugli standard di vita dei clasificadores,
aumentando le difficoltà e le emergenze economiche, sanitarie, ambientali
e sociali di questa classe estremamente vulnerabile. Un esempio classico
può essere la chiusura della discarica di Bogotà a seguito della costruzione
di un nuovo deposito più controllato. Ciò ha costretto i basuriegos a
tornare sulle strade per intercettare i rifiuti prima che venissero prelevati e
portati alla discarica e questo ha impoverito ulteriormente questi lavoratori
che in una giornata potevano raccogliere molto meno materiale, dovendo
fare più di 8 km al giorno, spesso costretti a dormire direttamente in strada
fino a quando non raggiungevano una quantità sufficiente di materiale. La
loro produttività è crollata così come i loro guadagni, per non dire di come
essi siano molto più a rischio per le strade ove vengono perseguitati sia da
bande di delinquenti che dalla polizia. Esperienze simili sono innumerevoli
in tutto il mondo.
Una politica molto più responsabile e rispettosa dei diritti umani tende ad
aiutare i waste pickers a condurre un’esistenza migliore. Un supporto
importante è quello alla formazione di cooperative o associazionismo, per
riacquisire potere decisionale.
6. La formazione di cooperative
Le industrie dei paesi a basso medio reddito che utilizzano materiali
riciclabili nella propria produzione incoraggiano e supportano l’esistenza
degli intermediari, o negozianti di residui: waste dealers, che si
frappongano tra i singoli lavoratori e loro, per avere così meno
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
39
interlocutori, una maggiore quantità di prodotto in una volta sola e migliore
qualità.
La formazione di cooperative di waste pickers è una soluzione al
monopolio degli intermediari e allo sfruttamento: non passare più
attraverso gli intermediari significa poter dividere un guadagno netto
maggiore, triplo, quadruplo e questo significa migliorare le proprie
condizioni di vita e iniziare un ciclo positivo di investimento in questo
lavoro che può divenire più efficiente, produttivo, più organizzato e
certamente, potendo finalmente venire alla luce del giorno, più attento agli
aspetti sanitari, ambientali, di sfruttamento minorile, ecc. Oggi questo
sembra l’unico modo per rompere il circolo vizioso in cui sono costretti i
waste pickers per riprendere il potere decisionale che spetta loro di diritto.
I teorici parlano di un nuovo management dal basso: come potrete vedere
non si parla solo di teorie ma di meccanismi che in molti paesi sono
praticati da diversi anni e hanno portato con sé un grande successo
sottolineato da una generale soddisfazione sociale, un miglioramento delle
condizioni di vita ed un generale miglioramento economico e ambientale
del paese.
Le ONG hanno giocato, e a tutt’oggi giocano, un ruolo molto importante
nell’assistere la formazione e l’avvio delle cooperative di waste pickers.
Le cooperative appena nate sono molto vulnerabili proprio tenendo
presente che contrastare l’enorme potere economico e di coercizione che
hanno gli intermediari non è semplice. Le industrie, in genere, inizialmente
sono sempre riluttanti a relazionarsi con un nuovo interlocutore, soprattutto
se si tratta di una cooperativa nascente. Non dimentichiamo nemmeno le
particolarmente difficili dinamiche che in molti paesi sussistono tra
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
40
autorità locali e intermediari, anche in questo caso le cooperative devono
riuscire a superare uno scoglio molto difficile.
Il lasso di tempo in cui una cooperativa riesce a costituirsi può essere
la chiave del suo successo. Per i waste pickers si possono creare delle
finestre di opportunità durante il cambiamento di un’amministrazione,
soprattutto a livello locale. Un nuovo sindaco, soprattutto se rappresentante
di una fazione politica che prima era all’opposizione, sarà più disposto ad
appoggiare la formazione o l’esistenza di cooperative di waste pickers per
dimostrare la propria concreta lotta contro la povertà e la marginalità. Una
campagna mediatica può puntare sull’impegno dei clasificadores a
lavorare duro per migliori condizioni di vita mettendo a disposizione della
comunità un lavoro socialmente utile.
Rischi e opportunità legate ai programmi di privatizzazione.
Sia l’America Latina che l’Asia hanno condotto ambiziosi sforzi per
ridurre il ruolo dello Stato nell’economia del Paese (anche per poter ambire
a una serie di fondi disposti dal WTO e dalla World Bank che ponevano
questa come condizione come necessaria per potervi accedere). Molte città
hanno privatizzato interamente o iniziato un processo di privatizzazione
graduale del sistema di gestione dei residui solidi urbani. La
privatizzazione presenta sia rischi che opportunità per i waste pickers. Per
soffermarci su un’opportunità interessante che si può creare, possiamo
notare le possiblità che si aprono per le nuove cooperative di clasificadores
che possono offrire i propri servizi a pagamento ed entrare nel mercato
ufficiale.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
41
La privatizzazione rimane un fattore ad alto rischio se non effettuata
adottando contemporaneamente politiche di riconoscimento dei waste
pickers e il loro inserimento nel mercato e nella produzione nel campo del
riciclaggio. Così condotta la privatizzazione comporta un ulteriore
esclusione di questa popolazione assai vulnerabile e un nuovo
impoverimento, economico, culturale, sociale.
7. Ideologia del lavoro e diritti dei lavoratori10
Caso studio: il ruolo dell’UCRUS (Sindacato dei Clasificadores) in
Uruguay
Si dice sempre che i settori marginali della società non considerano il
“lavoro”- secondo la definizione dell’economia classica e/o marxista- come
il centro della propria visione generale e della propria identità culturale.
Questo punto di partenza non solo rende molto difficile il dialogo con la
società dominante, ma portano ad una quasi impossibile integrazione
lavorativa e sociale fino a far scomparire praticamente le cause reali della
marginalità in cui vivono questi settori.
Per rendere l’idea dell’ideologia del lavoro dei clasificadores di
Montevideo è sufficiente citare ciò che disse una clasificadora del quartiere
Felipe Cardoso, che davanti a una domanda sulla possibile offerta di un
posto di lavoro per il Comune come spazzina, rispose: “Qui noialtri non
vogliamo padroni, vogliamo essere padroni di noi stessi, se oggi decido di
lavorare bene, se non voglio lavorare, non lavoro.”11
Senza dubbio non si può isolare questo elemento di caratterizzazione dei
clasificadores dal resto. Nemmeno si può analizzare il punto senza
10 Lucia Fernandez, Aspectos Culturales de los Clasificadores, Ideologìa del Trabajo 11 Cfr. intervista di gruppo, El Pais, 3/10/2003
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
42
considerare l’evoluzione della pratica nel quotidiano e delle idee, così come
l’ingresso continuo in questo tipo di attività di persone con antecedenti
lavorativi nell’economia formale.
Una prima differenziazione che l’UCRUS realizza nell’attività del
clasificador come “strategia di sussistenza” è motivata sempre come
reazione a forze esterne e dal desiderio di poter accedere a un lavoro come
alternativa di libertà.12 In questo modo i clasificadores vengono iscritti
nell’analisi della realtà nella dicotomia “regno della necessità-regno della
libertà” inserendo la loro situazione nel primo dei due poli. La loro
posizione nella sfera della necessità permetterà il passaggio all’alternativa
della libertà (in questo caso quasi letterale), perché sarebbe una strategia di
sopravvivenza e anche la migliore possibilità per non convertirsi in
delinquenti contro la proprietà privata, in ladroni. E’ così che si avvalora
positivamente la strategia di sopravvivenza per il suo lato etico,
significante, in sintonia con i valori della società dominante. Oltre agli
effetti di rivalutazione morale, questo tipo di rappresentazione del lavoro è
uno strumento strategico di negoziazione con i decisori e con la società
formale.
Naturalmente la moralizzazione della strategia di sussistenza non è
sufficiente. Attualmente le condizioni lavorative dei clasificadores e le loro
pratiche non sono ricollegabili a tecniche lavorative accettabili, per questo
tutt’oggi i clasificadores sono lavoratori informali. In questo l’UCRUS è
coerente con le autorità municipali, sebbene non coincidano gli strumenti
per perseguire il cambiamento. I clasificadores organizzati nel sindacato
12 Barrera Sanitaria en Paso Carrasco. Vedi Anexo IV Documentales, N°2.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
43
vedono la necessità e la possibilità di convertire l’informalità della strategia
di sopravvivenza in una categoria di lavoro riconosciuto formalmente.
E’ importante, quindi, che da un punto di vista qualitativo, secondo la
concezione di lavoro manifestata dall’UCRUS, il lavoro dei clasificadores
non venga equiparato a un tipo di lavoro astratto. Qualche volta qualcuno ha
chiesto: “I clasificadores continuerebbero a fare questo lavoro se avessero
la possibilità di farne un altro?” Nel caso la risposta fosse affermativa, si
dovrebbe specificare: “che caratteristiche dovrebbe avere questo altro
lavoro?” Queste domande non sono cosa di poco conto e la risposta dei
clasificadores dell’UCRUS sembra mostrare, secondo una prima analisi,
che il lavoro dei clasificadores non è sostituibile con un altro lavoro che
offra uguale retribuzione e stessa quantità di ore lavorative. In questo punto
di vista è radicato uno dei motivi del fallimento delle proposte lavorative
fatte nel tempo ai clasificadores.
Però, per arrivare a questa conclusione, è necessario osservare il
cambiamento che i clasificadores, oggi come oggi, hanno apportato al
proprio lavoro. In altre parole la rappresentazione del lavoro deve essere
interpretata in una chiave diacronica, che guarda al futuro.
Una prima metamorfosi è avvenuta nel passaggio dal piano meramente di
sussistenza al piano ambientale. Sebbene questo tipo di attività abbia
origine da un bisogno primario, oggi è passato ad una caratteristica più
generale di protezione ambientale:
“la classificazione è una risposta vitale che le società devono rispettare”;
“se l’attività del clasificadores fosse protetta e appoggiata questa potrebbe
svolgere un ruolo ecologico e di riscatto delle risorse che sono spesso
risorse finite (come la carta) e che la maggior parte delle volte costituiscono
un risparmio non indifferente per la società tutta”.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
44
Non solo, come si vede, si avvalora l’argomento ecologico o ambientale ma
anche si incorpora in un discorso di produttività sociale, in questo caso per
un discorso di risparmio generale. Per questo la società dovrebbe non solo
accettare legalmente l’esistenza dei clasificadores, ma anche appoggiarli
economicamente.
Una seconda metamorfosi va dal piano di sussistenza informale al piano
della produzione sociale.
“Un’impresa di un paese con un’immagine realmente produttiva, non può in
periodi moderni e tantomeno oggi come oggi, permettersi la perdita di
valuta per re-importare qualcosa che già è stato importato, per questo deve
recuperare, riciclare; per di più questo paese ha un bisogno disperato di
creare nuove fonti di lavoro stabili. Questo è stato ed è ciò verso cui aspira e
l’ideale più profondo dell’obiettivo che il gruppo dell’UCRUS ha deciso di
perseguire”;
e ancora:
“ Vogliamo fortemente avere il nostro ruolo nella parte iniziale della catena
produttiva. Non intendiamo esser assorbiti dai servizi pubblici o privati che
già esistono. Inoltre reclamiamo che ci venga dato appoggio per cambiare le
nostre condizioni di lavoro perché siano degne e più umane.” Qui il cambio
di argomentazioni è centrale. Non si parla più della questione ambientale,
intesa come ecologismo dei paesi economicamente più ricchi (è chiaro nel
riferimento al riuso e al riciclo nella prima parte di citazione). Direttamente
ci si appella a una relazione costo-beneficio economico a livello nazionale
(“non si possono perdere valute comprando ciò che già abbiamo) e la
priorità socio-economica di generare “fonti di lavoro stabile”. Tre sono le
condizioni per far sì che il lavoro dei clasificadores smetta di essere
solamente una strategia di sopravvivenza:
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
45
1) stabilità lavorativa;
2) vendibilità e utilità per la società contemporaneamente;
3) condizioni lavorative dignitose.
Per concludere, le informazioni disponibili per tentare di delineare quali
siano le caratteristiche dell’ideologia del lavoro nell’ambito dei
clasificadores sembrano confermare il pregiudizio diffuso che vede la
centralità del soggetto sopra la visione di gruppo. Contemporaneamente, è
importante notare come, negli ultimi anni, vi sia un superamento della
visione del concetto di lavoro individuale così come è inteso nel
capitalismo, che dimostra una capacità di visione del lavoro in un quadro
temporale più a lungo termine che vede compenetrare sia i fattori tipici
delle funzioni economiche classiche: tempo, ore di lavoro, ecc., sia un
riconoscimento nell’ambito della società e una necessità di condizioni di
vita accettabili.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
46
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Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
49
Riorganizzando il disorganizzato:
il caso studio di Kagad Kach Patra Kashtakare
Panchayat (Il sindacato dei waste pickers) di Poornima Chikarmane e Laxmi Narayan
Questo caso studio documenta l’evoluzione avvenuta durante i 10 anni di
vita del Kagad Kach Patra Kashtakari Panchayat (il sindacato dei waste
pickers) che ha la sua base presso la città di Pune, in India, e fa emergere i
suoi caratteri distintivi in termini di ideologia, struttura e attività, a supporto
della nostra teoria per la quale le attività e la metodologia con cui si
mettono in atto sono cruciali nell’empowerment dei poveri e nella
realizzazione dell’auspicata trasformazione delle loro organizzazioni.
Inoltre approfondiremo il significato di “proprietà collettiva” (collective
ownership), partecipazione ed empowerment così come vengono intesi ed
utilizzati dall’organizzazione.
1. La Nascita
Il processo di organizzazione dei waste pickers precede l’attuale formazione
del sindacato.
I waste pickers stessi e la loro percezione dei bisogni è stata centrale nel
processo di organizzazione. I w.p. sono stati accompagnati nel loro
confronto con la realtà del presente e nel progressivo percorso di riflessione
e analisi così da divenir loro stessi capaci di cristallizzare i bisogni critici,
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
50
tanto importanti nel processo di riorganizzazione. Questo ha offerto anche
la possibilità di stabilire rapporti stretti e duraturi tra gli stessi waste pickers.
Normalmente, i poveri individuano i loro bisogni nel lavoro e nell’aumento
del credito. Questo similmente avviene con i waste pickers. Secondo la
propria concezione i w.p. non svolgono un “lavoro” bensì un “kachra
chivadne” (rovistare tra i rifiuti). Il lavoro è inteso come una “attività sicura
svolta per lo stato o per una compagnia privata”. Il lavoro di riflessione e
analisi svolto dai waste pickers insieme con i tecnici che li hanno
accompagnati in questa rielaborazione è stato quello di focalizzarsi sulla
comprensione del concetto di lavoro. Durante questo processo di
elaborazione i w.p. hanno individuato il concetto di guadagno, divenuto
centrale da quando in massa sono migrati nella città durante la siccità del
1972.
Allora, ancor più che oggi, le caste hanno ostacolato il loro automatico
accesso a lavori di tipo pubblico. Lavorare nella costruzione è stata
un’opzione che hanno rifiutato dicendo: “Chi vuole lavorare come operaio?
I supervisori ti trattano come se fossi la loro moglie”. Così hanno deciso che
il waste-picking (la raccolta dei rifiuti) fosse più vantaggioso
economicamente del lavoro pubblico e più “libero” dalle molestie sessuali e
dai rapporti lavorativi di tipo servil-feudali con un compenso lavorativo a
cui erano soggetti nei villaggi da cui provenivano. Sono sempre stati
convinti dell’estrema difficoltà del conseguire un lavoro sicuro e che
nessuno sarebbe stato capace di aiutarli nella conquista della loro
aspirazione. I waste pikers non erano nemmeno interessati a programmi che
generassero entrata nel mondo del lavoro che avrebbero potuto apportare un
cambiamento occupazionale ed anche implicare in lungo e lento processo di
apprendimento per nuove competenze ed abilità per sopravvivere nel
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
51
mercato. I waste pikers erano interessati unicamente a un cambiamento nei
termini e nelle condizioni del lavoro nel presente immediato. Questo punto
di vista è stato tradotto nella prospettiva del KKPKP13 nella raccota di
rifiuti e nelle strategie organizzative che da esso sono derivate.
Allora gli interessi e/o le preoccupazioni dei waste pickers non osavano
pensare a quando non ci sarebbero più stati secchioni dell’immondizia per
le strade. I cassonetti ci sono sempre stati e per generazioni si è vissuto di
quello. Ciò che sapevano era che dovevano strappar via i rifiuti dai
contenitori prima che arrivassero cani e gatti randagi, mucche e parassiti,
sapevano che il cattivo odore di rifiuti putrefatti sarebbe divenuto parte
indivisibile del loro organo olfattivo; che i metalli e il vetro li avrebbero
potuti ferire anche gravemente se non fossero stati attenti; che i materiali
che provenivano dai secchioni già svuotati dei lavoratori statali erano stati
privati dei materiali di maggior valore; che la polizia li rastrellava in massa
quando avvenivano dei furti nel quartiere; che i lavoratori impegnati nella
manutenzione del municipio spesso chiedevano loro “chai pani” (una sorta
di “tassa”); che i cittadini si lamentavano del disordine e della sporcizia che
creavano mentre tiravano fuori i rifiuti dai cassonetti e li dividevano; che i
cittadini li associavano a “sporcizia, delinquenza e feccia della terra”; che
solo i “malawari” (strozzini) gli accordavano dei prestiti; che il
commerciante di rifiuti fissava arbitrariamente il prezzo dei materiali
differente a seconda del waste picker, che avrebbe tarato la bilancia a suo
piacimento e che avrebbe pagato ancor meno dicendo che non erano stati
perfettamente puliti o che erano troppo disordinati. Sanno anche che
nessuno darà loro una pensione quando saranno troppo vecchi per lavorare;
13 Kagad Kach Patra Kashtakari Panchayat
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
52
che i loro mariti mettono in dubbio la loro fedeltà e sovente le aspettano per
picchiarle; che i loro figli si vergognano di far sapere quale sia
l’occupazione delle proprie madri e per finire che se vogliono mangiare e
sfamare i propri familiari non potranno mai pensare di smettere di lavorare
per riposarsi. Questi sono i punti centrali dei bisogni individuati dai waste
pickers.
Questo bisogno, così composto, è alla base del processo di riorganizzazione
che cerca di stabilire un’identità alternativa dei riciclatori come “lavoratori”
riconosciuti ufficialmente come socialmente utili, economicamente
produttivi e che apportano beneficio all’ambiente, e che cerca di cambiare
le loro condizioni di vita e di lavoro. Le appartenenti a un gruppo di 30
donne che portavano avanti questa campagna, affiancate da tecnici, hanno
iniziato a convincere i propri colleghi che era tempo di alzare la testa, levare
la voce e chiedere i propri diritti. Dalla loro esperienza sapevano che solo
agendo collettivamente avrebbero potuto raggiungere i traguardi sperati. E’
così che la formazione del KKPKP è stata una diretta conseguenza
dell’evoluzione del processo di riorganizzazione.
Fu organizzato un convegno di waste pickers sotto la guida del Dr. Adhav’s
dagli attivisti del SNDT, da Mohan Nanavre, figlio di un w.p., dal leader del
Dalit Swayamsevak Sangh (un’orgaizzazione di Dalit che tutela i diritti).
L’importanza del Dr. Adhav tra la popolazione povera si è andata definendo
nel corso di 30 anni di lavoro aumentando la credibilità degli sforzi
compiuti.
Il primo evento di questo genere, con la sua Convenzione firmata nel
Maggio 1993, vide la partecipazione di 800 w.p. provenienti da tutta la città.
La Convenzione ha portato alla luce una piattaforma in cui venivano
esposte le rimostranze dei waste pickers. Così più tardi si iniziò a parlare
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
53
pubblicamente delle loro ingiuste e disumane condizioni di vita, delle
continue incursioni della polizia divenute all’ordine del giorno. “Kachra
amchya malkicha, nahi kunachya bapacha” (i rifiuti appartengono a noi non
chiunque) è divenuto lo slogan unificante. Quando le veniva chiesto cosa
pensava della Convenzione, Hirabai Shinde rispondeva alla stampa “Ata
paryant amhi janavarat jama hoto, Baba Adhavanni amhala mansat anun
basavlay” (Fino ad oggi eravamo considerati come animali , Baba Adhav ci
ha portato qui per sedere tra gli esseri umani).
Il documento della Convenzione asseriva che:
il KKPKP (l’organizzazione di raccoglitori di rifiuti) sarebbe stata
organizzata e registrata come un sindacato che rappresenta una
identità collettiva e gli interessi dei raccoglitori di residui solidi
urbani;
i soci devono pagare una quota associativa annuale a supporto
dell’organizzazione;
sia uomini che donne che lavorano come raccoglitori possono esser
eletti membri senza differenze di casta, religione o regione;
l’organizzazione si impegna a utilizzare il metodo della resistenza
non-violenta e della “satyagraha” contro le sfide delle ingiustizie
sistematiche;
Sebbene l’organizzazione non abbia offerto né promesso alcun beneficio
tangibile o di servizi, ha dato la speranza che l’azione collettiva possa porre
fine all’emarginazione e alle ingiustizie subite dai waste pickers
individualmente, così la risposta è stata incredibile. La notizia della
Convenzione si è diffusa come un incendio indomabile attraverso la rete di
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
54
riciclatori riuniti presso i siti di vendita dei rifiuti, presso le discariche,
presso i cassonetti e presso i luoghi di separazione, e fu così che nacque
ufficialmente la Kagad Kach Patra Kashtakari Panchayat.
2. Strategia, forma organizzativa, governance e membership
Strategia organizzativa
1) Il Sindacato raccoglie i riciclatori non legalmente riconosciuti e tutelati e
i compratori itineranti, che sono i più poveri e i più marginalizzati tra la
popolazione urbana più povera. I w.p. sono stati trascurati da qualsiasi tipo
di organizzazione o tentativo di sviluppo. I sindacati continuano ad esser
preoccupati unicamente dei lavoratori ad essi appartenenti; le ONG
raramente hanno incontrato i waste pickers e in genere quando si aggirano
nei pressi delle baraccopoli non li vedono visto che i riciclatori sono al
lavoro; infine le organizzazioni di Dalit sono piuttosto scettiche rispetto a
un impegno in un qualcosa che, secondo la loro percezione, potrebbe
fortificare il legame che riconduce la casta a un tipo di occupazione.
Un’altra ragione è stata che i waste pickers erano stati fino ad allora
considerati parte del “settore informale urbano”. Per la prima volta, avevano
l’opportunità di rappresentare se stessi e correre il rischio di rimanere
“fuori” qualora non lo avessero fatto.
2) I waste pickers donne spesso lamentano il fatto che “ inizialmente
potevamo accedere a molti rifiuti di buona qualità. A quei tempi non vi
erano molti raccoglitori giovani. Oggi gli intermediari (compratori
itineranti) comprano i rifiuti cosicché i venditori li immagazzinano e li
rivendono. Spesso gli uomini (waste pickers) che raccolgono i rifiuti dai
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
55
cassonetti, escono la notte in bicicletta per la raccolta perciò quando
arriviamo noi non rimane nemmeno un pezzo di carta!”. Nonostante ciò, le
donne riconoscono che non ci deve essere né vi è alcun tipo di antagonismo
con i waste pickers uomini. Riconoscono che anche gli uomini che lavorano
in quest’ambito sono poveri come loro e della stessa casta e in genere come
loro senza potere decisionale.
3) Un approccio olistico che racchiude tutte le forme di lotta contro
l’ingiustizia, l’ineguaglianza e l’esclusione sociale, nella sfera politico-
economica. Il presupposto è che la povertà non è legata solo ai bisogni
economici ma anche alle sfere sociale, culturale e politica.
4) L’utilizzo congiunto della lotta collettiva (mobilitazione/manifestazioni)
e della messa in atto di concrete attività (ricostruzione e sviluppo di
alternative). La base teorica risiede nella convinzione che lo sviluppo di
attività come il credito cooperativo e lo stoccaggio di rifiuti avvenga, non
per sfidare le attività già consolidate e potenti, ma per supportare il
coinvolgimento dei membri per cui i costi di un confronto diretto sono
troppo elevati.
Forma organizzativa
La decisione di registrare il KKPKP come sindacato è legata al fatto che il
sindacato è l’associazione dei lavoratori per eccellenza, dunque è insito in
questa scelta il primo passo per confermare lo status di “lavoratori” degli
stessi waste pickers.
Ma questo non è stato l’unico motivo per cui si è scelta questa forma
organizzativa.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
56
Come tutte le altre organizzazioni, il KKPK si deve relazionare con le
istituzioni pubbliche (il Comune, il Dipartimento del Lavoro, il
Dipartimento per l’Educazione, quello per il Welfare, la Polizia); con i
venditori di rifiuti; con i cittadini e le associazioni di quartiere; con le ONG,
sindacati, associazioni per le donne e altre associazioni che lavorano a
sostegno dei più poveri. Il gruppo che ha reagito più fermamente a questo
tipo di forma organizzativa è stato il gruppo di riciclatori che vendono al
dettaglio che hanno cercato di resuscitare la defunta associazione
Association of Scrap Traders mentre il KKPKP stava nascendo. Il tentativo
non durò a lungo a causa della forte competizione interna.
Differentemente dalla reazione dei waste pickers alle minacce perpetrate dai
venditori perché non entrassero a far parte del KKPKP, minacce che spesso
prevedevano incendi e intimidazioni fisiche, i venditori di rifiuti, cioè gli
intermediari, sono sempre stati molto prudenti nei confronti del KKPKP.
Questo era dovuto in parte al grande numero di waste pickers mobilitati e
alla loro forza potenziale. Un’altra ragione era l’incapacità di misurare il
proprio potenziale economico-politico dovuto all’ovvia differenza socio-
economica e culturale esistente tra i tecnici e i waste pickers. Dall’altra
parte anche il KKPKP era diffidente nel relazionarsi con loro che avevano
un rapporto evidentemente minaccioso e generalmente riconosciuto come
molto vicino allo sfruttamento. I piccoli venditori di rifiuti però
dimostravano un background culturale simile a quello dei waste pickers.
Inoltre avevano il vantaggio di aver iniziato già da molti anni un rapporto
giornaliero con i waste pickers, già da generazioni, nel corso delle quali
avevano assistito i riciclatori in vari modi.
Le condizioni assolutamente disumane in cui i waste pickers portano avanti
il loro lavoro, la loro evidente vulnerabilità suscitano nel pensiero comune
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
57
della popolazione sia sentimenti di lieve simpatia, che preoccupazione che
colpevolezza. I waste pickers sono chiamati con nomi differenti,
discriminati, sono stati resi vittime e si è abusato di loro, ma la
agghiacciante situazione lavorativa non può esser accettata da alcun
cittadino. Sebbene le condizioni lavorative degli operatori ecologici del
Comune siano molto simili, il fatto che essi vengano retribuiti dallo Stato
costituisce una differenza essenziale per i cittadini.
Il fattore “simpatia” come lo chiamiamo noi, è legato anche al fatto che i
waste pickers hanno pochi rapporti con altre parti della società a differenza
dei lavoratori domestici per esempio che continuamente vivono tensioni con
i propri datori di lavoro.
Sebbene il KKPK sia un sindacato, e come tale tipicamente additato in
maniera stereotipata come “militante”, “distruttivo”, “irragionevole”,
“violento” e “demagogico”, il fattore “simpatia” ha soppiantato le possibili
occhiate critiche. Il suggerimento “fai parte del Sindacato quindi
parteciperai alla marcia di domani” si ripete periodicamente. E così
vengono riconosciute basi accettabili alla lotta dei waste pickers per i
propri diritti. Il KKPKP ha, e tutt’oggi cerca di costruire consciamente e
sistematicamente, una sensibilizzazione tra la popolazione.
Nel tempo il KKPKP, attraverso il suo lavoro e il suo caratteristico
approccio ha costruito una sua credibilità attraverso il suo tipo di
organizzazione dimostratosi responsabile, che adotta un metodo efficace.
Questa credibilità è stata costruita con metodi pacifici e disciplinati (marce,
raduni, sit in, dimostrazioni). Diversamente dagli altri sindacati il KKPKP
ha sviluppato attività di tipo sociale come prestiti, educazione e supporto ai
bambini lavoratori.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
58
I membri del KKPKP
Il Sindacato conta 5025 membri registrati. Tutti i membri prendono parte
alla programmazione e alle attività (riunioni, dimostrazioni, convenzioni,
proteste). Ogni raccoglitore di rifiuti è a conoscenza dell’esistenza di questo
sindacato. Tutti i membri sono stati registrati formalmente (registrati i
singoli partecipanti, i profili delle famiglie, il tipo di abitazione, i dettagli
lavorativi), dal 2000 esiste un database informatico che contiene tutte queste
informazioni. Vi sono registri che tengono conto anche di chi cambia lavoro
o muore. Inoltre i membri sono “censiti” anche in base a con quale
frequenza seguono le attività del Sindacato secondo la tabella che segue:
Tipo di Membro Numero di w.p.
Attivi: coinvolti attivamente in tutte
le attività del Sindacato. Hanno
pagato la quota associativa.
1700
Regolari: Partecipano alla maggior
parte delle attività. Hanno pagato la
quota associativa.
800
Poco costanti: Partecipano ad
alcune attività, hanno pagato parte
della quota.
1000
Non costanti: Partecipano ad
alcune attività, non hanno pagato la
quota.
1000
Riluttanti: Partecipano ad alcune
attività, non sono convinti del
525
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
59
Sindacato; nessuna propensione a
pagare la quota associative.
Numero totale dei registrati 5025
3. Le attività e il metodo
Il processo di empowerment che il KKPKP mette in atto si propone di far
riflettere i waste pickers sulle problematiche delle loro attuali condizioni,
analizzarle e, attraverso la propria esperienza e sensibilità, creare una
identità collettiva, la cui forza influenzi le decisioni del proprio vivere.
La metodologia adottata deriva da questo sentire comune e l’organizzazione
crea le opportunità che riflettano e analizzino se talune azioni sono più o
meno vantaggiose. Talvolta sono portate avanti dai membri attività che
rendono pubbliche lamentele, critiche e preoccupazioni. Altre volte la
metodologia è di tipo più formale ed è portata avanti da personalità con una
formazione adeguata. Meno spesso si utilizzano i dati generati dal
Sindacato. Le riflessioni si concentrano sul coinvolgimento dei membri nel
processo, il Sindacato è alla ricerca continua di nuove strade creative. Le
attività sono in continua evoluzione e mosse dalla desiderio di cambiamento
sia negli obbiettivi prefissati che nelle attività da realizzare.
Mobilitazione collettiva per i bisogni fondamentali
Il KKPKP ritiene che il riconoscimento dei diritti è un traguardo necessario
ma non è per se stesso sufficiente a cambiare le condizioni di vita. Il
cambiamento non è fornito automaticamente a coloro i cui diritti sono stati
costantemente violati, grazie alla forza di combattere le ingiustizie. Questo
avviene necessariamente attraverso un processo di dialogo individuale con
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
60
coloro che perpetrano le ingiustizie, forti del fatto che non si è da soli, ma si
ha alle spalle un’organizzazione di massa. Questa mobilitazione non vuole
essere una generica dimostrazione di forza. Nel caso di altri tipi di
lavoratori formali ed informali, queste proteste sono a danno dei propri
datori di lavoro, mentre nell’ambito dei waste pickers quelli che pagano il
prezzo più elevato, per queste proteste sono proprio loro stessi.
Mobilitazione per gli obiettivi economici: la prospettiva del KKPKP
della raccolta di rifiuti
Differentemente da altri paesi ad alto reddito, in India non vi è
un’educazione alla raccolta differenziata, non vi è distinzione tra rifiuti
organici (e biodegradabili) e quelli riciclabili.
La responsabilità dello Stato si limita al fornire i cassonetti e a trasportare e
scaricare i rifiuti in un sito (discarica) non dannoso alla salute pubblica. Né
il Comune né lo Stato si occupano della raccolta differenziata. Così sono
proprio i waste pickers che si occupano di questo compito, vendendo i
rifiuti agli intermediari e guadagnando così l’essenziale per vivere.
Legalmente i waste pickers non sono autorizzati a raccogliere i rifiuti.
Quando i rifiuti vengono depositati nei cassonetti, questi divengono di
“proprietà pubblica”.
La mobilitazione per gli obiettivi sociali
La violenza contro le donne, il lavoro infantile, la scolarizzazione, il
matrimonio infantile e le violenze domestiche sono tutti temi intorno ai
quali il sindacato ha preso delle forti posizioni sin dall’inizio.
Da un dichiarazione contro le violenze sessuali:
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
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Changuna Ankush Gaikwad, una waste picker di 53 anni di Pammala, è
stata una tra le tante waste pickers che hanno sfatato l’illusione che solo le
donne “giovani ed attraenti” vengono violentate. Ha raccontato di quanto
un uomo di 28 anni ha forzato la porta della sua casa e l’ha violentata: fu
sconvolta da quanto accadde e così decise di iscriversi immediatamente al
Sindacato. Una veloce marcia di protesta fino alla Polizia di Duttawadi per
dimostrare la gravità dell’accaduto spinse la Polizia ad agire. L’uomo
venne arrestato, trascinato fuori dallo slum e accusato di violenza sessuale.
Sebbene Changuna abbia dovuto affrontare il trauma, non è stata da sola,
visto che la collettività del Sindacato si è stretta intorno a lei con forte
senso di solidarietà.
(Fonte: documento non pubblicato del KKPKP)
La mobilitazione per gli obiettivi politici
Il KKPKP non si mobilita indipendentemente, fa parte del Angamehnati
Kashtakari Sangharsh Samiti (Comitato d’Azione dei Sindaco dei
Lavoratori Informali) rappresentato dal Dr. Adhav in Maharashtra. Le
mobilitazioni, che avvengono attraverso manifestazioni, marce di protesta e
altre forme di eventi pubblici, soprattutto nei periodi precedenti le elezioni,
sono contro la disgregazione (dei politici e dei partiti) e per la
legittimazione della richiesta proveniente dal settore informale dei propri
diritti di portare avanti le proprie attività per vivere, della richiesta di una
protezione legislativa e di una sicurezza sociale; contro il genocidio di
Gujarat e contro il disprezzo della polizia nei loro confronti. Lo slogan più
comune è: "tumchi nivadnuk, amchi fasavnuk" (le vostre elezioni, il nostro
inganno). Si sono anche svolte forme di educazione al voto in cui i
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
62
candidati sono stati invitati a partecipare a un “domanda-risposta” con i
lavoratori nelle piazze pubbliche e negli slums.
Attività del KKPKP
Le attività del Kagad Kach Patra Kashtakari Panchayat sono determinate
dagli obiettivi individuati dai membri e gli stessi membri sono coloro che le
mettono in atto, in proporzione con i costi (sia in termini di tempo che di
ordine economico). E’ piuttosto difficile e sono riluttanti a intraprendere
qualsiasi azione a lungo termine i cui benefici ricadano su un numero
relativamente ristretto di membri, queste attività richiedono un grande
dispiego di forze e una spesa economica non sostenibile. Le attività più
numerose comprendono problematiche individuali; lo sviluppo di
meccanismi istituzionali per la sicurezza sociale, la creazione di piattaforme
di rinnovamento socio-culturale; interventi nel mercato del commercio di
rifiuti; advocacy e lobbying per la protezione legislativa.
4. Meccanismi istituzionali per la sicurezza sociale dei waste pickers
Kagad Kach Patra Kashtakari Nagri Sahakari Pat Sanstha (Sostegno
attraverso il credito cooperativo)
L’importanza dei programmi che forniscono credito cooperativo ai poveri è
ben definita e ampiamente documentata. Così come il buon funzionamento
delle clausole di rientro dei prestiti.
Il KKPKP è formalmente riconosciuto sin dal 1997 come una istituzione
finanziaria (prestiti legati al credito-cooperativo) esclusivamente per i
propri iscritti. Diversamente dal Presidente e dal Segretario, tutti gli altri
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
63
membri del tavolo decisionale, incluso il tesoriere, sono costituiti da waste
pickers. Il Credito Cooperativo ha 2040 membri. Mentre le operazioni
finanziarie sono gestite centralmente, per minimizzare i costi amministrativi
le operazioni avvengono con il supporto di gruppi di “auto-aiuto”. I rientri
sono raccolti da un gruppo di responsabili e depositati tramite l’ufficio della
cooperativa. Anche i prestiti, approvati dal tavolo decisionale, vengono
distribuiti centralmente. Il prestito è estendibile al massimo per 3 volte il
totale concesso e 2 membri della cooperativa devono essere garanti. Il
limite massimo dei prestiti è di 25000 Rs. Il tasso di interesse è 12% annuo
con un’aggiunta di 12% di garanzia per la sicurezza sociale dei membri.
Il Credito Cooperativo non ha ricevuto alcun tipo di assistenza economica
esterna per i primi 15 mesi di operazioni, fino al 31 Marzo 1999. L’intero
capitale da prestare è stato costituito dai risparmi. Dal Maggio del 1999 una
somma di 300.000 (ottenuta da benefattori) è stata aggiunta al deposito.
Sebbene la concessione di questo tipo di credito abbia diminuito la
percentuale di waste pickers che si affidano agli usurai attraverso canali
informali, i malwaris (detentori di denaro) che sono estremamente vicini
(anche fisicamente) continuano ad esser utilizzati, poiché sono più
immediati. Attualmente i costi di transazione per chiedere un prestito al
credito cooperativo sono percepiti come costi troppo elevati.
Negli anni iniziali la maggior parte degli interessi sui prestiti concessi
venivano riutilizzati per altri prestiti. La maggior parte dei prestiti richiesti
erano per pagare la scuola secondaria ai propri figli o l’educazione presso
un college o per comprare cucine a gas o per comprare o riparare le proprie
case.
Per non dilungarmi troppo è sufficiente dire che attualmente sono entrati a
far parte di questo tipo di credito 2040 membri; che si è potuto spartire un
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
64
dividendo (tra i membri) grazie al rientro dei prestiti pari al 10% all’anno
sin dal primo anno di attività; il tasso di restituzione è molto positivo; tutti i
costi di amministrazione e gestione sono coperti.
5. Networking, Advocacy e Lobbying
Networking
I media hanno giocato un ruolo molto importante nel sottolineare il
contributo del lavoro dei waste pickers all’ambiente e sono stati
fondamentali nel cambiare l’immagine stereotipata nel comune sentire. Sia
la stampa inglese che quella locale (regionale) sia i media elettronici sono
sensibilizzati e sostenitori degli obiettivi rivendicati dai waste pickers e dal
Sindacato. Così il rapporto è stato piuttosto semplice. I mass media hanno
prontamente dato spazio ad eventi come marce di protesta, manifestazioni
pubbliche e dimostrazioni, così come alle attività che il Sindacato svolge.
Alleanze strategiche
Sebbene il Sindacato sia piuttosto focalizzato sulle esigenze dei waste
pickers, riconosce che la realtà sociale e i suoi cambiamenti sono dati da
una interazione di fattori sociali, economici, politici e culturali. Per questo
ritiene di voler mantenere dei forti rapporti con altri tipi di movimenti e
gruppo sociali. Il KKPKP fa parte di una serie di alleanze quali il
Angamehnti Kashtakari Kruti Samiti (Comitato per l’Azione del Lavoro
Informale), Stree Mukti Andolan Sampark Samiti (Comitato per
l’organizzazione delle Donne), l’ Action for the Rights of the Child,
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
65
partecipa alla Campagna contro lo sfruttamento lavorativo infantile,
partecipa ad azioni per diritti civili dei cittadini e dei gruppi ambientalisti.
Protezione Legislativa (Advocacy)
I waste pickers sono lavoratori informali indipendenti senza relazioni del
tipo datore di lavoro-impiegato né con il Comune, né con gli Intermediari.
Non sono pagati dal Comune e il loro guadagno è dato dalla compravendita
con l’intermediario, questo rapporto può deteriorare in “padrone-cliente”
qualora diventi duraturo e l’intermediario sia ampiamente più forte del
waste picker. Perciò i waste pickers non sono tutelati dal diritto del lavoro e
tanto meno beneficiano delle formule di sicurezza sociale dalla legge
definite. Vi sono diverse possibilità che sono state esplorate
simultaneamente e il KKPKP ha deciso di non sceglierne una sola proprio
per la caratteristica complessa dei bisogni dei riciclatori e il continuo
cambiamento di essi e delle condizioni circostanti. E’ auspicabile per il
futuro, l’integrazione di questi lavoratori nel settore della raccolta
differenziata dei residui solidi urbani attraverso un sistema di licenze
pubbliche e private, iniziative e joint ventures (uno degli obiettivi del
Sindacato), che questa integrazione possa esser negoziata tenendo presente i
bisogni e le tutele sociali.
Descrizione del cambiamento sociale
In questo paragrafo conclusivo cercherò di delineare una mappa dei
cambiamenti avvenuti nel processo organizzativo del KKPKP. Già abbiamo
spiegato uno degli obiettivi più importanti che si è posto il Sindacato, cioè
quello dell’emporwerment. Questo obiettivo, non è visto come un punto di
arrivo, bensì come un processo che porta un cambiamento dello stato di
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
66
totale deprivazione di peso sociale, culturale ed economico. Non è un punto
d’arrivo bensì un processo di capacitazione.
Il cambiamento sociale nel contesto precedentemente descritto ha una
molteplicità di dimensioni, si sviluppa a diversi livelli. Il cambiamento in
una sfera influenza il cambiamento in altre sfere. Il cambiamento si è
verificato a differenti livelli: direttamente nelle condizioni dei lavoratori,
nelle loro relazioni sociali, nelle condizioni materiali di vita ma anche nella
politica dello Stato.
Sebbene sia molto difficile schematizzare e soprattutto dimostrare
numericamente lo stato del cambiamento avvenuto nel tempo, tenteremo di
seguito di fornire dati realistici di alcuni aspetti precedentemente
identificati.
Indicatori numerici del gruppo
1. Passaggio da un lavoro individualista a una identità collettiva
condivisa;
2. Aumento degli iscritti al Sindacato da 800 persone del 1993 a 5025
nel 2004;
3. Aumento dei fruitori del credito cooperativo: nel 1998 erano 200,
nel 2004 sono divenuti 2050.
Cambiamento nel livello di partecipazione
Passaggio da una partecipazione passiva a una propositiva e attiva nella
pianificazione, programmazione e implementazione.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
67
Cambiamento nella coscienza
1. Cambiamento della percezione del proprio essere: abbandono dell’idea
di essere un “non-lavoratore”, rivendicazione in quanto “lavoratore
produttivo”.
2. Cambiamento nella percezione della propria debolezza, forti della forza
del gruppo.
3. Cambiamento della propria immagine come colui che subisce delle
attività, richiesta volontaria di interventi e di leadership.
4. Cambiamento nella percezione dell’istruzione come inutile,
rivendicazione di questa come fondamentale per il futuro dei propri
figli.
5. Aumento della speranza di perseguire interessi culturali.
6. Aumento della volontà di resistere alle violenze, alle umiliazioni e alle
ingiustizie.
7. Aumento della volontà di eliminare il matrimonio adolescenziale.
Cambiamento nella percezione pubblica
1. Aumento delle richieste di carta d’identità.
2. Diminuzione delle incursioni delle Autorità pubbliche.
3. Cambiamento della percezione pubblica del waste picker, non più come
inutile, bensì come lavoratore che svolge una funzione di fornitore di
servizi e protettore ambientale.
4. Cambiamento della rappresentazione da parte dei media, offerta di
un’immagine positiva.
5. Riconoscimento da parte dello Stato dell’esistenza di questi lavoratori.
Cambiamenti materiali
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
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1. Aumento del risparmio e del credito concesso. Maggiore accesso al
credito.
2. Aumento della contrattazione con lo Stato e con gli intermediari.
3. Fruizione dei benefici dell’assicurazione sanitaria.
4. Aumento delle iscrizioni scolastiche dei figli dei riciclatori.
5. Aumento della raccolta di materiale preventivamente differenziato.
6. Programma del Governo per i giovani waste pickers.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
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Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
71
Il fenomeno dei cartoneros a Buenos Aires.
Rotture, continuità e nuove opportunità tra il
management dei rifiuti e l’industria di riciclaggio di Pablo J. Schamber
Presentazione
Definizioni (se possibile) degli obiettivi
La revisione dei concetti usati per menzionare i soggetti di intervento e di
studio mostra come questi siano diversificati nelle argomentazioni su cui si
basa la definizione del problema. Partendo da ciò, dobbiamo sottolineare
che i cartoneros non vogliono esser chiamati cirujas, infatti considerano
questa epiteto un modo veloce per etichettarli come vagabondi e senza casa.
Al contrario preferiscono esser chiamati recicladores, carreros (coloro che
guidano i carri), botelleros (raccoglitori di bottiglie) o cartoneros
(raccoglitori di cartoni)14.
L’associazione dei waste pickers ai vagabondi ha causato il rifiuto di
ricondurre questi lavoratori a dei semplici senza dimora. Il libro: “L’attesa
del ciruja (rovistatore) a Piazza di Francia,” del giornalista Jorge Göittling15
14 Anche in altri paesi i raccoglitori informali di residui solidi urbani vengono etichettati con nomi che non apprezzano. Per esempio in Uruguay i clasificadores (classificatori) rifiutano la formula comunemente adottata di hurgadores (coloro che rovistano) e in Colombia preferiscono recicladores (riciclatori) e non gallinazos o buitres (avvoltoi).15 Questo articolo è stato pubblicato dal giornale Clarin il 27/06/2004, nella sezione “Occhiate”, e ha vinto il premio per i giornalisti Don Quijote, consegnato dal Re di Spagna.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
72
ci offre una chiara panoramica su la differenza che sussiste tra queste due
definizioni.
E’ un breve racconto dove il personaggio principale rappresenta l’umana
decadenza urbana. Il protagonista indossa vestiti logori e dorme su un
materasso di stracci fetidi nella piazza della città. In questa storia, Göittling
spiega come le condizioni di questa persona non fossero tali dalla nascita,
bensì acquisite, spiega infatti come in passato avesse una famiglia e fosse
benestante. A causa di circostanze sconosciute, il personaggio è caduto in
depressione, fino alla follia e, preso da un senso di abbandono, la strada è
divenuta la sua unica casa.
Göittling usa il termine “ciruja” per identificare le persone che vivono sulla
strada. In questo caso, la strada è un parco, più precisamente “Piazza di
Francia” nel quartiere di Recolecta di Buenos Aires. Precisamente il
significato di ciruja in argentino è equiparabile alla parola spagnola “senza
radici”: sin techo cioè senza tetto, homeless. Sebbene questo termine sia
spesso avvicinato ad altre espressioni argentine usate per vagabondo
(linyera, aborrante, croto), in questo caso lo sviluppo di attività
specializzate particolari hanno creato una differenza fondamentale. Suarez
Danero enumera così queste differenze: “Il ciruja smette di essere un
vagabondo per diventare un cercatore di ossi”. Clemente Cimorra descrive i
cirujas come persone che vanno cercando utili pezzi di acciaio e metallo, e
asserisce: “Essere un ciruja è un lavoro che devi conoscere e praticare. Se
pensi che un ciruja e un vagabondo siano la stessa cosa, ti sbagli di grosso”
(Cimorra: 1943, 84 e 86).
Riconoscere queste caratteristiche porta a differenziare profondamente un
waste picker da un vagabondo. Da questo punto di vista, possiamo dire che
il primo è una persona che raccoglie nelle discariche (Gobello 1999). Ma è
anche colui che percorre le strade alla ricerca di pezzi gettati via, da
rivendere in un secondo momento (Conde 1998); o è anche una persona
indigente che rovista nei cassonetti alla ricerca di qualcosa da rivendere
(Teruggi 1998); o, infine, è una persona il cui lavoro consiste nel
raccogliere stracci, cartoni, bottiglie, pezzi di vetro e qualsiasi altro pezzo di
materiale rivendibile o riutilizzabile dai sacchetti di rifiuti solidi urbani nei
secchioni e nelle discariche (Espíndola 2002).
Al contrario dei significati sopra elencati, questo modo di intendere ciruja
non enfatizza il vagabondare o l’indigenza, piuttosto si sofferma sul tipo di
attività che queste persone praticano per guadagnarsi da vivere: la raccolta
di residui riciclabili o ri-utilizzabili per le strade o nelle discariche con
l’obiettivo del diretto utilizzo o della vendita.
Entrambi i significati sono profondamente differenti. Da una parte, viene
utilizzato come sinonimo di vagabondo, senza tetto, dall’altra si parla di uno
scavenger (rovistatore). Nonostante ciò essi vengono comunemente
associati. E’ anche vero che i raccoglitori informali di rifiuti non sono
homeless. Soffermarsi su queste differenze non è importante per una
questione semantica, ma lo è soprattutto per una questione pragmatica: è
necessario per definire le sfere di influenza dell’amministrazione locale.
Quale delle due si ritiene più consona quella dei servizi sociali o quella di
un ufficio di management dei rifiuti?
L’obiettivo del cartonero
73Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del
riciclaggio
Rispondere a questa
problematica avrà delle
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
74
conseguenze sulla qualità delle misure messe in atto dalle politiche
pubbliche. Gli studiosi e coloro che decidono le politiche generalmente
percepiscono come particolarmente problematica per ragioni sanitarie e per
motivi di dignità umana gli ambienti di estrema emarginazione, ad alto
rischio di incidenti e insalubri associati alla raccolta di materiali riciclabili.
Al contrario, chi percepisce la raccolta dei materiali riciclabili come un
contributo importante per riportare questi materiali in un circuito positivo di
produttività, ritiene necessario legittimare questa attività e pur
sottolineandone gli aspetti critici, suggerendo maggiori attività e interventi
pubblici. Inoltre, mentre gli uffici del governo considerano questo un
problema impermeabile, altre concezioni del waste picking illustrano come
vi siano, al contrario, molti punti di accesso e spazi di influenza. Per
sviluppare delle responsabilità adeguate, una panoramica olistica deve
prevedere questa diversa visione.
La conoscenza delle circostanze e del contesto di questo fenomeno che
studiamo permette di trarre delle considerazioni sociologiche. Ad oggi è
praticamente impossibile immaginare la rete interna di una metropoli senza
la presenza dei cartoneros, sebbene 10 anni fa questi fossero socialmente
invisibili. Non venivano percepiti come un problema sociale, i giornali non
si preoccupavano della loro esistenza, i vicini di quartiere non reclamavano
per politiche ad hoc e certo non comparivano in alcun punto delle agende
politiche durante le elezioni dei candidati al governo, e coloro che si
occupavano delle politiche pubbliche per la gestione dei rifiuti solidi urbani
semplicemente li ignoravano. All’inizio del XXI secolo i waste pickers sono
divenuti involontariamente protagonisti dello scenario sociale: si è
cominciato a considerarli come l’esempio eclatante e l’espressione diretta
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
75
della marginalizzazione, dell’esclusione sociale, della disoccupazione, come
il segno della più grave crisi nella storia del Paese.
Così, il fenomeno dei cartoneros è stato percepito come una nuova strategia
di risposta dei settori più sfavoriti per guadagnarsi da vivere. Nonostante
ciò, l’attività dei cartoneros e il circuito produttivo a cui hanno dato vita
non è l’unica strategia messa in atto per combattere la disoccupazione
urbana. La prospettiva storica e strutturale di questo tema è stata analizzata
in pubblicazioni di lingua spagnola (Schamber e Suarez 2002 e 2007) e
queste indagini sono praticamente assenti nella letteratura inglese
(Chronopoulos, 2006, García, 2007). Dopo i drammatici eventi del secolo
passato, in cui sono state messe in atto politiche di repressione del
fenomeno dei raccoglitori informali di residui, si è passati a studiare
politiche di integrazione e spesso politiche di impiego di questi lavoratori
nella raccolta e nell’eliminazione dei rifiuti non venduti alle industrie del
riciclaggio venivano messe in atto contemporaneamente alla continua
repressione del fenomeno di raccolta “informale”.
Per questa ragione, in questo articolo, cercherò di disegnare il corso storico
che inizia con i cirujas e gli atorrantes del mitico quartiere di La Rana di
Buenos Aires, passa per i cartnoneros e i bolleteros di Ouema e arriva ai
riciclatori (attualmente quelli più numerosi).
Cercherò di evidenziare i collegamenti esistenti tra le attività dei cartoneros
e i cambiamenti nella gestione dei residui solidi urbani, e i suoi antecedenti
nell’industria del riciclaggio. Con questo proposito descriverò le
caratteristiche generali delle attività, delle logiche e delle strategie usate dai
waste pickers, dai proprietari dei luoghi di rivendita e dalle industrie, i tre
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
76
attori fondamentali che prendono parte al fenomeno di merchandise dei
rifiuti. 16
Nascita delle attività dei cartoneros nella gestione dei residui solidi urbani
Nel passato, liberarsi dei rifiuti era compito e responsabilità di ciascun
abitante. Successivamente è divenuta questione pubblica, un problema ad
alta priorità per i governi locali. Quando Buenos Aires era una città
coloniale, gli abitanti gettavano i rifiuti in fossi scavati appositamente nelle
vicinanze, davanti o dietro alle proprie abitazioni o altre fosse sparse per la
città. Queste fosse hanno continuate ad esistere anche dopo l’inizio di
un’attività pubblica di raccolta dei rifiuti da parte dei carri del Comune.
Questi carri portavano ciò che raccoglievano fino al luogo di raccolta, e
riempivano con i rifiuti tutto il terreno. Alcuni anni dopo, dopo l’epidemia
di colera (1867) e di febbre gialla (1871) che colpirono gravemente la città,
i secchioni dell’immondizia furono portati fuori dalla città in zone
disabitate o che non avessero un rilevante peso economico. Questo luogo fu
chiamato “La Quema”. Verso alla seconda metà del XIX secolo si iniziò a
sperimentare diversi metodi di raccolta ed eliminazione dei rifiuti. Da un
punto di vista sanitario, i secchioni dell’immondizia venivano percepiti
16 La maggior parte di questo articolo si basa sugli studi etnografici svolti a Buenos Aires tra il 1999 e il 2005 per la tesi di dottorato “De los desechos a las mercancías. Antropología del reciclaje informal de los residuos en el Gran Buenos Aires” (Da rifiuti a merce, Antropologia dei processi di riciclaggio informale a Gran Buenos Aires) de la Università di Buenos Aires. La parte storica si basa su abstracts di vario genere, rapporti ufficiali, rapporti effettuati da commissioni interdisciplinari e da commissioni di esperti, cronache giornalistiche ed infine il mio personale lavoro sul campo. I testi dello storico Angel Frignano (1998) e dell’antropologo Francisco Suarez (1998) sono stati delle guide indispensabili.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
77
come agenti inquinanti, ma veniva percepito anche il potenziale che
avevano grazie alla quantità di materiale che poteva esser rivenduto.
Dalla metà del XIX sec. il Municipal Record di Buenos Aires non solo
sottolineava che il management privato dei residui solidi urbani poteva
essere una buona risposta per le entrate pubbliche, ma anche che ciò che era
ufficialmente riconosciuto come “management dei rifiuti” o “i rovistatori
dei rifiuti” apparivano come un tentativo di raccolta dei materiali prima che
i carri del comune li prelevasse per portarli al deposito finale. La seguente
citazione illustra come il governo comunale nel 1877 giustificò la riduzione
della tassa di estrazione e ci offre alcuni parallelismi con gli eventi
recenti.17
“L’estrazione dei rifiuti è stata offerta dal 20 Aprile al 31 Dicembre dal Sig.
Vicente Micheley per un prezzo di 15.000 $ al mese. L’attività era più
proficua, ma ora, a causa dell’elevato numero di raccoglitori che vanno per
le strade e prelevano i residui riciclabili dagli scatoloni dei vicini sotto le
scale delle loro case, quando gli autocarri arrivano, la maggior parte de
rifiuti non è più presente” (Municipal Record, 1877).
Come asseriscono alcune fonti, alla fine del XIX secolo circa tremila
persone potevano esser contate presso La Quema mentre rovistavano,
scavavano tra i rifiuti alla ricerca di carta, pezzi di vetro, bottiglie, materiali
e ossa (Rivista Carad y Caretas 1899). Le ossa avevano un valore speciale
perché potevano esser utilizzare per una molteplicità di beni diversi. Forse
17 Questa citazione dimostra come alcune circostanze abbiano una continuità lungo la storia: le attività dei cartoneros sono state denunciate come illecite da svariate compagnie incaricate della raccolta dei rifiuti tra il 2001 e il 2002. Queste compagnie hanno ricercato l’intervento pubblico per ridurre la quantità dei rifiuti prelevati dai cartoneros. Un cartonero che ho intervistato mi ha detto che la polizia l’ha costretta a lasciare il suo carro per passare all’autocarro ufficiale.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
78
un osservatore inesperto ha notato delle somiglianze tra le procedure di
manipolazione delle ossa e le attività dei alcuni chirurghi (in spagnolo
cirujanos) e così ha inventato la parola ciruja per riferirsi ai waste picjkers.
Presto si utilizzò questo termine per indicare un più vasto gruppo di
persone, che includeva anche i vagabondi. Anche il vetro era molto
prezioso. I riciclatori lo vendevano alle industrie e le bottiglie e i flaconi
erano richiesti dalle vinerie e alle industrie farmaceutiche.
All’inizio del XX secolo, è emersa una nuova prospettiva del problema. Si è
evidenziato che il metodo di bruciare i rifiuti non era sostenibile, il
commercio dei prodotti riciclabili non era proficuo e i siti dei depositi erano
sfruttati dai waste pickers. Così, si decise di bruciare tutti i rifiuti in grandi
fornaci chiamati “inceneritori” (usinas). La combustione dei rifiuti era
incompatibile con la raccolta di materiali riutilizzabili anche per
motivazioni fisiche (questi materiali aiutavano la combustione) ed
economiche (per limitare il contatto dei lavoratori con i rifiuti). Nonostante
ciò la raccolta di ogni genere di rifiuto è continuata, per le strade, nelle
discariche o addirittura dagli inceneritori.
Mentre aumentava la quantità dei rifiuti, aumentava la popolazione e la
capienza degli inceneritori non era sufficiente. Così i rifiuti venivano
spostati in nuove discariche tutt’intorno alla città dove crescevano nuove
abitazioni precarie (“villas de emergencias”). Dopo il 1960 il governo di
Buenos Aires ha sviluppato una serie di programmi per sradicare queste
baraccopoli, includendo in progetti di sviluppo sanitario e sociale le
discariche, poiché la marginalizzazione sociale era associata ai rifiuti.
Questo metodo di incenerimento non fu utilizzato a Buenos Aires Grande.
Qui nacquero grandi discariche in proporzione alla crescita del numero
della popolazione e della nascita di nuove industrie. Alcune di queste
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
79
discariche municipali erano nelle pianure o nelle zone in pendenza vicino ai
bacini dei fiumi Matanza, Luján e Reconquista (Chiozza 1983).
Altre discariche apparirono nelle cave precedentemente usate per cuocere i
mattoni. Per un lungo periodo, grazie al processo di importazione dei beni
riciclati (di sostituzione), i materiali riciclabili hanno mantenuto un buon
prezzo conferendo dinamicità a queste attività di riciclaggio. Infatti, in
quegli anni, si sono affermati due diversi tipi di riciclatori: da una parte i
botelleros (raccoglitori di bottiglie) che andavano lungo le strade di Buenos
Aires e Buenos Aires Grande con i carretti comprando bottiglie e carte-
cartoni dagli abitanti dei quartieri, e dall’altra parte i chatarreros o
depositeros (possessori di rimesse) che grazie ai loro depositi si sono
affermati come collegamento fondamentale tra i raccoglitori di materiali e
le industrie.
Nel 1977 durante la dittatura è stato creato il CEAMSE (Coordinación
Ecológica Area Mertropolitana Sociedad del Estado). Questo organismo
era preposto alla gestione dei residui solidi urbani. La nuova gestione vietò
qualsiasi tipo di raccolta e dispose che la discarica fosse l’unico luogo dove
potessero esser depositati i rifiuti. Il luogo scelto fu presso AMBA (Area
metropolitana di Buenos Aires)18.
Questa politica comportò una crescita delle spese di raccolta dei rifiuti
sostenuta dalle Municipalità e dai cittadini e provocò l’esclusione sociale
del numeroso settore dei riciclatori che non potevano più continuare con il
proprio lavoro. Questa politica derivava dalla volontà di trasformare la città
18 L’ordinanza n°3356177 del Comune di Buenos Aires vietò la selezione, la divisione e la vendita o la manipolazione dei rifiuti domiciliari per le strade, e la legge 8782/77 del governo della Provincia di Buenos Aires propose di “sradicare il problema del wase picking che era la diretta conseguenza dell’esistenza all’aria aperta e del metodo dell’incenerimento” La legge 9111 regolò i luoghi di raccolta dei rifiuti e vietò la raccolta di questi anche in luoghi privati.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
80
in una città residenziale, e a tal fine alcuni municipi di Buenos Aires Grande
dovettero lasciare parte delle loro terre e sopportare espropri (Oszlak,
1985).
Nello stesso modo in cui i rifiuti furono spediti fuori dai confini della città,
furono spostati molti abitanti che vi si erano precariamente stabiliti accanto
presso le municipalità di Buenos Aires Grande. Il dipartimento comunale
per il Comune (Comisión Municipal de la Vivienda) giustificò questa
espulsione di massa, sostenendo che questa gente era carente delle
condizioni igieniche e sanitarie necessarie per la vita urbana. (Hermite and
Boivin 1985:125)
L’eccessivo liberismo economico e la conseguente de-industrializzazione
del nostro paese ha indebolito i circuiti di welfare locali mentre le
discariche riempivano le terre con i rifiuti. Verso la metà degli anni ’90, al
primo segnale di crisi dell’occupazione e ricomparvero gradualmente i
raccoglitori informali di materiali riciclabili. Lentamente e inesorabilmente
divennero un fenomeno evidente di una società che, fino ad allora, non li
aveva mai presi seriamente in considerazione.
Nel 2000, le attività di raccolta del settore informale per le strade di Buenos
Aires sono divenute molto più intense, molti giornali hanno iniziato a
prestarvi attenzione. Per molte famiglie impoverite, la raccolte di materiali
riciclabili lungo le strade o direttamente dalle case, da piccoli negozi o da
edifici divenne l’entrata economica più importante.
Una lunga ricerca di lavoro con esito negativo precedeva, normalmente, la
scelta di dedicarsi a questa attività. Si iniziava girando intorno alle industrie
e agli edifici in costruzione non per trovare lavori temporanei bensì
cercando resti abbandonati da rivendere nel circuito del riciclaggio. In
questo modo, il bisogno di riciclo è stato percepito come un problema
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
81
sociale e si è iniziato discuterne negli incontri pubblici e nei forum tenuti
dalle università e dalle ONG. Quell’anno il vagoni del treno che passava tra
León Suarez (Buenos Aires Grande) e la Stazione di Retiro (Buenos Aires)
iniziavano ad esser pieni di pacchi con i materiali dei raccoglitori informali.
La compagnia ferroviaria di Buenos Aires non ricevette ordine di fermarsi
e, in accordo con la richiesta portata avanti da una delle associazioni di
soccorso, fu assegnato un treno esclusivamente per il trasporto dei materiali
raccolti. Questo treno, chiamato il treno bianco, carica più di 400 persone
ogni giorno. (García, 2007)
I raccoglitori iniziarono a associarsi in cooperative ed altri tipi di
organizzazione, soprattutto in alcuni quartieri di Buenos Aires Grande e i
vecchi cirujas iniziarono a incontrare i nuovi cartoneros. I cartoneros
avevano un passato di lavoro nelle industrie o nei negozi e alcune
esperienze nei sindacati dei lavoratori, alcuni erano stati rappresentanti di
quartiere. Questo capitale sociale e culturale ha incoraggiato il processo di
auto-organizzazione e alcune ONG, organizzazione governative e entità
internazionali, le supportarono e dettero un appoggio economico-finanzario.
Il progressivo aumento numerico dei cartoneros per le strade, fu, in gran
parte, causa diretta della recessione economica e della disoccupazione. La
classe meno abbiente si trovava spesso senza lavoro anche temporaneo
(come per esempio nell’edilizia o in posti di lavoro a tempo determinato
per persone di classe media, ecc.) normalmente conseguibili nel periodo di
stabilità economica.
Un altro importante catalizzatore fu il dibattito finanziario, politico ed
economico alla fine del 2001, che comportò una svalutazione del peso e una
grande riduzione delle importazioni. Così il prezzo dei materiali riciclabili
aumentò, incoraggiando molte persone a divenire cartonero. Questo
lavoratore tipicamente urbano è andato via via acquisendo maggiore
considerazione sociale e attenzione politica. Dal 1998 in avanti sui giornali
di Buenos Aires iniziarono ad apparire un numero crescente di articoli che
si riferivano ai cartoneros.
Quantità di rifermenti sui giornali
0
5
10
15
20
25
1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004
Período (años)
Can
tidad
de
nota
s
ClarínLa Nación
Fonte: l’autore, Pablo Shamber
Nel 2001, e specialmente nel 2002, i cartoneros hanno partecipato a molti
dibattiti e riunioni tenuti da vari gruppi, sia con politici del governo
coinvolti nella gestione dei rifiuti solidi urbani che con membri di
compagnie private, giornalisti, ricercatori sociali, cosicché i waste pickers
hanno potuto esprimere le loro idee e prospettive future. Una pietra miliare
fondamentale è stata posta nel 2002 quando il Governo ha riconosciuto i
raccoglitori informali come parte integrante del sistema di gestione dei
rifiuti solidi urbani (Legge n°992), abolendo le ordinanze stabilite nel
passato dalla dittatura che aveva criminalizzato il loro lavoro.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
82
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
83
In accordo con la nuova legge, nel maggio del 2003 il governo locale ha
dato vita a un ufficio per regolarizzare l’attività: il Programma dei
Raccoglitori Urbani (PRU).
Nel 2005 la Legislazione della città di Buenos Aires ha emanato la Legge
Integrata sulla gestione dei Rifiuti Solidi Urbani che è stata specificata e
regolamentata dal Decreto 639 del maggio 2007. Questa Legge (conosciuta
come “Basura Cero”) pianificava l’inserimento del settore informale di
raccoglitori nel processo di raccolta e trasporto dei rifiuti e nelle attività di
selezione nei centri (conosciuti come Centri Verdi). Tuttavia, questi
propositi sono lontani dall’essersi realizzati a causa di molte e diverse
difficoltà legate a qualsiasi processo di formalizzazione in mancanza di un
buon piano urbanistico con il rispetto dell’esistenza dei centri verdi.19
Collegando i Circuiti
Cartoneros
Come sottolineato precedentemente, i riciclatori cercano, individuano e
raccolgono i materiali riciclabili lasciati nelle discariche o per le strade.
Alcuni di questi li ricevono direttamente da cosiddetti clienti.20
19 Mauricio Marci, in prossimo capo del Governo della città di Buenos Aires che assumerà la carica il prossimo 10 Dicembre ha manifestato il suo disappunto nei confronti delle attività dei cartnoeros riferendosi a loro come trasgressori di leggi: “dovrebbero esser messi in galera…rubare i rifiuti per la strada è come aggredire qualcuno in un angolo..” (La Nación 27/08/02). 20I cartoneros hanno come clienti abitanti del quartiere, portinai, commessi che tengono da una parte alcuni materiali per darli direttamente a loro. Oltre a dare loro questi materiali pre-selezionati, a volte vengono dati anche abiti vecchi (o per esempio a Natale e Capodanno una bottiglia di vino). Spesso i clienti richiedono alcuni servizi ai cartoneros, come per esempio giardinaggio o riparazioni.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
84
Grazie a questo primo anello della catena, alcuni prodotti buttati via
riacquistano un certo valore. E’ importante sottolineare che queste pratiche
comportano un processo di precisa classificazione che il cartonero
generalmente svolge nel proprio domicilio, e il materiale non viene
rivenduto immediatamente dopo la fine della raccolta giornaliera. Questi
lavoratori ritornano a casa con i loro materiali e poi iniziano il lavoro di
classificazione e selezione. Generalmente tutta la famiglia partecipa a
quest’attività e dopo 2 o 3 giorni (più spesso un periodo più lungo), i
materiali accumulati e selezionati vengono rivenduti. Esistono anche alcuni
cartoneros che non separano e classificano il materiale a casa propria, ma
finiscono il loro lavoro vendendo agli autocarri che prendono la merce in
serata, sebbene questo sia un sistema abbastanza nuovo che si verifica
soprattutto a Buenos Aires. In questo caso la classificazione avviene
immediatamente o nell’attesa di vendere i materiali.
La popolazione di riciclatori ha una composizione piuttosto eterogenea. E’
un lavoro svolto da uomini e donne di età diverse, con differenti esperienze
lavorative. Più di recente, tuttavia, vi è stato un aumento tra cartoneros di
giovani e di donne, proprio per la caratteristica di questa attività di fornire
un’entrata economica immediata.
Tenendo di conto della particolare storia di questo lavoro, possiamo far
distinzione tra due tipi di riciclatori, anche durante i differenti periodi. Il
primo tipo può esser chiamato “gruppo strutturale”, costituito da individui
che identificano la loro identità nell’essere cartonero. Questo gruppo è
costituito da chi, a causa dello spostamento dei rifiuti direttamente nelle
discariche, è stato relegato a lavorare per le strade. E dai bambini che sin
dagli anni ’80 hanno iniziato ad accompagnare i propri genitori, hanno
ereditato questo lavoro e quindi fanno parte del gruppo strutturale. Così
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
85
questo gruppo è composto sia da generazioni di cartoneros giovani che da
anziani.
Il secondo gruppo di riciclatori ha una natura più transitoria. E’costituito da
persone che hanno iniziato a fare questo lavoro negli anni ’90 come
conseguenza della perdita permanente di lavori stabili e migliori condizioni
di vita. Il loro inserimento nell’ambiente del waste picking è strettamente
correlato con la crisi economica e lavorativa.
Oggi è possibile distinguere tra coloro che sono entrati più recentemente e
coloro che ne fanno parte da più tempo e che preferiscono questo lavoro ad
altri per tutta una serie di vantaggi. I soggetti più giovani21 sono entrati a far
parte del secondo gruppo dopo il 2002 quando la svalutazione del peso
argentino e la diminuzione delle importazioni ha fatto aumentare il prezzo
a cui i cartoneros potevano rivendere i loro materiali. In questo gruppo
l’entrata di questi nuovi giovani ha comportato una relativa stabilità delle
entrate. Così come uomini e donne adulti, che preferiscono questo lavoro, lo
giudicano attraente per i suoi potenziali vantaggi.
Cooperative
Secondo i dati del PRU, il 98,1% dei cartoneros non appartiene ad alcuna
cooperativa o associazione. Ma la fiducia in questo tipo di organizzazione è
predominante nella opinione pubblica. E lo sono ugualmente molti pubblici
21 La distribuzione per età è piuttosto varia. Le cifre registrate dal PRU indicano un numero maggiore di giovani. Per esser legalmente riconosciuti l’età minima richiesta è di 14 anni. Il governo di Buenos Aires denuncia formalmente il non rispetto della Convenzione dei Diritti del Fanciullo (vedi Schamber 2207). Circa il 17% dei cartoneros è sotto i 18 anni. Il gruppo seguente, compreso tra i 19 e i 29 anni è circa il 33% del totale. Partendo da qui le percentuali diminuiscono man mano che si alza l’età. Come stabiliscono le ricerche condotte da UNICEF/OIM nel 2004 il tasso di cartoneros sotto i 18 anni era del 48%.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
86
ufficiali che sono responsabili per le politiche di gestione dei rifiuti solidi
urbani. Infatti, la Legge 992 nella sua sezione V ha creato il Censimento
Permanente delle Cooperative e delle Piccole e Medie Imprese che lavorano
nell’ambito dei residui solidi urbani (non è ancora stato implementato). Uno
dei primi punti della legge indicava che i cartoneros associati in cooperative
si sarebbero occupati della raccolta differenziata per un terzo di ognuna
delle 6 zone della città. Così un piccolo numero di capi di cooperative ha
iniziato a raccontare delle proprie esperienze e questo ha rinforzato l’idea
pubblica che il modello seguito maggiormente sia quello delle cooperative
di cartoneros.
E’ importante riconoscere, tuttavia che, sebbene la raccolta informale di
materiali riciclabili è portata avanti da individui o famiglie autonome ed
indipendenti, già negli anni ’90 erano state presentate più di 30 domande
per costituirsi in cooperative all’Istituto Nazionale per l’Associazionismo e
le Imprese Sociali (INAES), l’istituto responsabile del riconoscimento
formale delle imprese22. Sebbene la maggior parte delle cooperative sono
state immatricolate o stanno provando a conseguire il loro accreditamento, è
necessario precisare che questi gruppi non hanno ancora realmente iniziato
ad operare in un circuito produttivo o con modalità proprie delle
cooperative – e spesso non sono state costituite dagli stessi cartoneros.
Come ho spiegato precedentemente l’immagazzinamanento e la
classificazione sono due delle principali attività dei cartoneros. La maggior
22 Veronica Paiva (2004) ha fatto notare che tra il 1999 e il 2000 erano già state fondate le cooperative El Ceibo (nel quartiere Palermo), Reconquista (nel quartiere Tres de Febrero), El Orejano (San Martín) e Renacer (La Matanza) e tra il 2000 e il 2002 sono state fondate: Nuevo Rumbo (Lomas de Zamora) Mujeres para la dignidad (Lavallol), Reciclado (Lanús) Villa Ballester y La Perla (San Pedro). Tutte queste cooperative sono state sostenute dall’Istituto di Fondi per Cooperative (IFC), uno spazio comune che mette a disposizione l’esperienza organizzativa e un supporto finanziario per un potenziale sviluppo futuro.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
87
parte di loro classificano il materiale direttamente per le strade o a casa e lo
vendono immediatamente per minimizzare le quantità da tenere nel proprio
magazzino.
Tenendo presente questi due importanti passaggi del processo, i leaders e i
promotori delle cooperative si sono resi conto che per migliorare la
funzionalità delle cooperative, è necessario:
1) possedere un magazzino
2) possedere un capitale da investire per iniziare l’attività
Possedere un magazzino faciliterebbe i cartoneros nel loro lavoro perché
così potrebbero mettere insieme grandi quantità di materiali e potrebbero
bypassare l’intermediario, vendendo direttamente alle industrie i materiali
prodotti. Un capitale iniziale permetterebbe loro di aspettare il momento
giusto per venderli in gran quantità, ottenendo così un prezzo più alto.
Sebbene più di 50 cooperative si siano formate in un tempo relativamente
breve, la maggior parte di queste stanno ancora al loro primo step. La
maggior parte delle energie di queste cooperative viene spesa nella ricerca
di sussidi e donazioni da parte del governo o di fondazioni private per
ottenere sufficienti risorse iniziali. Per questa ragione, la mera esistenza di
cooperative riconosciute ufficialmente non può esser ricondotta a un nuovo
modello organizzativo di questi lavoratori.
Mentre l’INAES offre un riconoscimento formale, ciò non si traduce
direttamente in un veloce o effettivo inizio delle attività in tal senso. Inoltre
non dimentichiamo che talvolta alcuni membri di queste cooperative non
sono dei riciclatori. Infatti per ottenere un riconoscimento ufficiale di
cooperativa di cartoneros non è obbligatorio essere effettivamente un
cartonero.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
88
Depositi
L’anello successivo nella catena di raccolta e riciclo dei waste pickers è
costituita dai depositeros, cioè dai possessori dei depositi per i materiali
selezionati pronti per la vendita. Questi soggetti rifiutano il nome con cui
vengono chiamati usualmente, che è associato negativamente a un tipo di
intermediario che sfrutta il lavoro dei cartoneros.
Al contrario, oltre all’ulteriore classificazione (secondo diversi criteri) e alla
preparazione definitiva dei materiali riciclati, questi effettuano un lavoro
molto importante nella catena di produzione.
Il raccoglitore di residui spesso vende i propri materiali a un unico
compratore o deposito, per questo generalmente i depositeros non sono
specializzati su un singolo materiale in particolare. L’immagazzinamento di
materiali diversi è dovuto alla necessità di attrarre quanti più venditori
possibili.
Dall’altra parte, da quando i cartoneros sono divenuti i loro unici fornitori,
non sono in grado di raccogliere una quantità sufficiente di un singolo
materiale. Inoltre se un depositero non accetta i materiali che un cartonero
gli porta, quest’ultimo sceglierà un’altra volta di portare i propri materiali a
un altro deposito (dove può vendere tutti i suoi materiali) anche se i prezzi
che gli vengono fatti possono esser lievemente inferiori.
La seconda fase consiste nel vendere i prodotti a negozi specializzati. I
soggetti che comprano vengono chiamati con nomi differenti a seconda del
materiale che comprano e vendono. Sono “chatarreros” (venditori di
ciarpame), “metaleros” (venditori di metallo), “plastiqueros” (venditori di
plastica), “botelleros” (venditori di bottiglie), “vidrieros” (venditori di
vetro) e “recorteros” (venditori di carta e cartone). I rivenditori
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
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specializzati completano la preparazione del materiale pronto per l’uso delle
industrie. Essi hanno accordi con le grandi industrie perché possono
rivendere grandi quantità di materiali e possono soddisfare la grande
richiesta delle industrie. La carta ed il cartone vengono imballati, la plastica
compressa e le bottiglie lavate. Vi sono alcuni depositi che saltano questo
passaggio e vendono direttamente alle industrie nelle condizioni richieste
perché possiedono ampi spazi per immagazzinare, hanno le macchine per
imballare e i camion per portare la merce.
Generalmente non vi sono sufficienti dati ufficiali per sapere quanti sono i
magazzini presenti nei vari quartieri. Molti depositi, soprattutto se non
lavorano su larga scala, non hanno i permessi del comune e non risultano
negli elenchi ufficiali. Inoltre, coloro che hanno il permesso per fare
quest’attività, anche quando svolgono le stesse attività, spesso sono
classificati in modi differenti23
Per questo, pur nella sua diversità, questa attività di immagazzinamento e
vendita ha una continuità storica importante. Alcuni ricercatori del PRU
nell’Agosto del 2001 hanno trovato 73 negozi (venditori multipli o
specializzati) nella città di Buenos Aires, nei distretti di Pompeya, Soldati,
Lugano, Chacarita e Paternal (Carlino, Jagüer and Schamber; Schamber y
Suárez 2006). Questi siti non sono casuali, bensì sono le aree dove
venivano storicamente venduti i rifiuti per poi esser bruciati24.
23 Nei distretti nei dintorni di Bs. Ar., vi sono altre difficoltà per il riconoscimento dei magazzini. La Legge 911/78 ha stabilito che il trattamento dei rifiuti è di competenza distrettuale. La legge vieta l’immagazzinamento dei rifiuti all’aria aperta o in spazi chiusi (sezione 10). Nessuno ha il permesso di prendere i materiali dai cassonetti, nemmeno coloro che ufficialmente hanno il compito di pulire le strade (sezione 11). 24 Una rassegna ha sottolineato come si 35 proprietari e venditori rappresentativi 24 di loro commerciano con i cartoneros. In 17 casi questi ultimi forniscono fino all’80% dei materiali che ricevono. I restanti 6 prendono il materiale direttamente dove viene prodotto (per esempio, la carta dalle copisterie) o da piccoli negozi.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
90
Ventidue dei ventinove magazzini che sono stati comprati dai cartoneros
hanno aperto nel 2002, mentre quelli che sono stati aperti in altri posti si
sono costituiti più recentemente. Quattro sono stati creati negli anni ’90,
uno negli anni ’70 e gli altri negli anni ’60. Questa informazione, insieme
con altri dati, ci fa comprendere come la crescita della raccolta di materiali
riciclabili durante gli anni ’90 e soprattutto a partire dal 2002 ha comportato
contemporaneamente l’apertura di nuovi magazzini multi-vendita, come
conseguenza di una forte domanda dalle industrie e la caduta delle
importazioni dopo la svalutazione.
Le industrie
Finalmente, i materiali giungono alle industrie e alle fabbriche dove
vengono concretamente riciclati e diventano materiale utilizzabile per nuovi
prodotti. Così la carta e il cartone diventano carta igienica, scatoloni, carta
da imballaggio; il vetro diventa bottiglie o articoli in vetro come, per
esempio, piatti, tazze, vasi per i fiori; la plastica diventa giocattoli per
bambini, secchi, catinelle e i metalli vengono usati per fare oggetti necessari
alle industrie, per le costruzioni, per l’elettricità o gli elettrodomestici, ecc.
La grandezza e l’impatto di queste fabbriche sono diversificati. Alcune
lavorano in reti locali, altre in gruppi transnazionali. Mentre portavo avanti
questo lavoro sul campo, ho notato una piccola fabbrica che produceva
galleggianti per la pesca, filo per macchine da cucire e angoli per tubature
per l’acqua usate nelle cucine e nei bagni. Questa fabbrica aveva sede nel
garage della casa del proprietario, nel quartiere Lomas de Zamora. Vi
lavoravano il proprietario più altri 5 uomini. I materiali che usavano per
produrre li acquistavano da un deposito multi-prodotto. Ho anche visitato
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
91
una fabbrica di carta igienica che molti consideravano piccola. Occupava
uno spazio di 100 mq presso Tigre e consumava più o meno una balla di
carta all’ora (comprata da un rivenditore multi-prodotto presso General
Pacheco) per circa 24 ore al giorno. Infine vi era la “Scrap Services”, una
compagnia che sviluppa progetti in larga scala. La Scrap Services usa
metalli provenienti da venditori specializzati (venditori di ciarpame).
Nel circuito del riciclaggio informale, dai primi anelli di raccolta fino agli
ultimi anelli della produzione delle fabbriche, ogni passaggio menzionato è
autonomo e indipendente da tutto il resto. Le industrie non hanno
magazzini; i depositi non assumono cartoneros. Tuttavia, le diverse attività
sono fortemente interconnesse, così che ogni cambiamento che avviene in
una di esse si ripercuote su tutte le altre. In uno studio pionieristico dove si
analizzavano le interconnessioni economiche dei diversi passaggi del
riciclaggio della carta nel circuito di Cali (Colombia), Chris Birkbeck ha
stabilito che anche quando sembra che i cartoneros lavorino con molta
indipendenza, in realtà sono parte integrante di un sistema organizzativo
industriale.
“Se l’industria dell’acciaio è in crisi, la stessa
crisi si avverte tra i raccoglitori di metallo. Se
la domanda di materiale cartaceo aumenta, il
prezzo del materiale aumenterà e probabilmente
aumenterà anche il numero di raccoglitori di
carta (…) il business del riciclaggio è
caratterizzato da una struttura verticalizzata che
vincola le fabbriche ai cartoneros” (Birkbeck,
1979: 386).
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
92
E’ chiaro che i cartoneros sono parte del sistema, che non è un sistema
statico e cresce progressivamente in grandezza e in complessità man mano
che i materiali risalgono i vari passaggi di lavorazione.
In questo circuito esistono diverse connessioni tra uomini d’affari e
riciclatori. Un magazzino multi-raccolta (diversi tipi di materiali) può
offrire un prestito ai cartoneros per la raccolta di rifiuti, o un deposito
specializzato può finanziare l’acquisto degli acquirenti multi-prodotto. Non
è inusuale trovare casi in cui i livelli più alti supportano economicamente il
circuito dei depositos offrendo macchinari e soldi per coprire le spese di
avvio. Questi piccoli business fanno sì che il prodotto verrà infine venduto
alle fabbriche con uno scarsissimo margine di profitto. Dobbiamo
sottolineare che vi sono dei casi in cui degli ex-datori di lavoro hanno usato
la propria esperienza lavorativa per sviluppare piccoli affari con l’aiuto dei
loro ex-dipendenti25.
Schematicamente, il circuito produttivo del riciclaggio può esser illustrato
nel modello che segue:
25 Chris Birkbeck ha scoperto che il proprietario del negozio centrale che ha studiato era sostenuto da altri 6 negozi di sua proprietà e da altri 12 negozi, i cui proprietari avevano con lui un accordo verbale. E’ interessante sapere che per il negozio centrale, i negozi dislocati sembra producessero di più di quello principale, che non era minimamente preoccupato delle proprie entrate (Birkbeck 1979 – Versione spagnola di Klein e Tokman).
INDUSTRIAS
Lavado Molienda DE POSITOS E SPECIALIZADOS
DEP ÓS ITOS POLIRUB RO
CARTONEROS
Conclusioni
Recentemente si è verificata una generale crescita di consenso sulla
necessità di alcuni bisogni ambientali, come la promozione di un minore
spreco e di una minore produzione di residui solidi e rifiuti o la richiesta di
una maggior pratica di riuso e riciclo di materiali – non solo in quanto
pratiche eticamente giuste, ma anche come strategie per migliorare le
condizioni dei terreni usati come discariche. Questo tipo di interpretazioni
sono giustificate dai benefici economici apportati dal riciclaggio. In questo
contesto, la percezione collettiva della presenza dei cartoneros nell’attività
di raccolta e riciclo, offre una possibilità di inserirli come attori
fondamentali in questo dibattito. Mentre non vi è ancora un’idea precisa su
come raggiungere questo risultato, dobbiamo notare che il fenomeno
cartonero ha una lunga tradizione storica e ha resistito a tutte i tentativi più
o meno duri compiuti dai politici per eliminarli.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
93
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
94
Bisogna notare che, sin dall’inizio, la politica di gestione dei residui solidi
urbani di Buenos Aires ha mostrato alcune logiche di fondo che nel tempo
si sono andate rinforzando:
- spostare i rifiuti fuori dalle aree urbane
- emarginare i raccoglitori informali per ragioni di igiene e per
nasconderne la presenza e per motivi economici
- effettuare alcuni cambiamenti nella gestione dei siti di deposito dei
rifiuti durante il periodo di crisi economico-sociale.
La Legge del 1854 apparentemente faceva pensare che fossero possibili dei
cambiamenti; tuttavia i raccoglitori informali non furono integrati e inclusi
nelle attività di raccolta e nelle attività dei centri verdi. Come detto
precedentemente, sono 3 i protagonisti fondamentali di questo circuito: i
cartoneros, i depositeros e le fabbriche. Sebbene formalmente questi
protagonisti siano autonomi, in realtà sono così interconnessi che ogni
cambiamento che avviene su uno di loro ha una ricaduta specifica sugli
altri. Ogni politica pubblica che cerca di produrre dei cambiamenti
significativi a beneficio dei cartoneros deve esser coordinata con politiche
dirette anche agli altri due componenti del circuito. Per esempio,
immagazzinare i materiali non può esser considerata un’attività “passiva” o
prescindibile in questo circuito, infatti gioca un ruolo molto importante. Le
industrie sono attori attivi, che generano un’integrazione verticale attraverso
il possedimento e i prestiti ai depositeros – mentre i cartoneros e le
cooperative cercano di evitare queste dipendenze.
Oltre ai benefici potenziali che le politiche pubbliche sul riciclaggio
possono produrre sulla protezione ambientale, il riciclaggio è
prevalentemente un’attività economica.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
95
L’importanza del riciclaggio da un punto di vista economico è giustificata
solo se alle industrie conviene comprare questo materiale piuttosto che
comprarne di “vergine”. Il materiale riciclabile inoltre si trova in maggiore
quantità rispetto a quello vergine e questo è il motivo per cui il suo prezzo
non è altrettanto alto. Questa è la ragione per cui il suo prezzo non dovrebbe
mai superare quello del materiale che rimpiazza. Inoltre, il costo della
trasformazione industriale è più alto di quello necessario se si usassero
materiali vergini. Di conseguenza, se il materiale riciclabile diventa costoso
e scarso, il riciclaggio industriale non è conveniente. Mentre, al contrario, se
è economico e abbondante, ve ne sarà molta domanda. Questa logica e
questo modo con cui si forma il prezzo agiscono verticalmente lungo tutti
gli anelli della catena.
I promotori delle associazioni di cooperative di cartoneros, hanno avanzato
alcune proposte per
1) ottenere guadagno dall’immagazzinamento dei materiali
2) ottenere del capitale iniziale
Per questo motivo generalmente non introducono una logica organizzativa
cooperativa. Dietro il loro riconoscimento formale e l’informazione diffusa
dai media, la maggior parte delle cooperative mantengono la loro classica
gestione ed impiegano tutte le energie nel cercare di ottenere un supporto
economico dallo Stato o da gruppi privati. Perciò, la mera esistenza di
cooperative ufficialmente riconosciute non può esser interpretata come un
reale cambiamento nell’organizzazione dei cartoneros. Non sembra esistere
alcun esempio di cooperativa costituita prevalentemente da riciclatori, che
venda i materiali con metodologie da cooperativa e che, come risultato,
generi delle migliori condizioni economiche e opportunità per i singoli
individui.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
96
Il lavoro del cartonero si basa soprattutto su strategie individuali di raccolta
e vendita – che in molti casi vanno a contraddire direttamente gli obiettivi
tipici dei principi di una cooperativa.
Infatti, molti lavorano in modo discontinuo, tentando di sopravvivere poiché
non possono sperare di trovare altro tipo di lavoro. Nella memoria e nel
vissuto di molte persone, vi è una mancanza di esperienza associativa – per
questo molti non credono possibili alcune proposte. Sebbene sia il Governo
che le organizzazioni non governative cerchino di incoraggiare la nascita di
cooperative, in primo luogo è necessario conoscere e comprendere le
circostanze reali ed evitare supposizioni astratte. Piuttosto spesso, queste
organizzazioni offrono credito affinché nascano nuove cooperative. Un
risultato significativo è quello che queste cooperative sopravvivono fintanto
che coloro che le finanziano ottengono un profitto da loro investimenti.
Poche cooperative (se non nessuna) riescono a raggiungere l’auto-
sufficienza o la sostenibilità.
Inoltre, ogni forma organizzativa che prova a ottenere introiti nell’ambito
della raccolta informale di residui solidi urbani non deve dimenticare le
caratteristiche attuali della struttura e le caratteristiche delle diverse attività.
I cartoneros non riciclano, non immagazzinano e non comprano – loro
raccolgono. Se la diversificata popolazione di cartoneros ha qualcosa in
comune è l’attività di raccolta di materiali riciclabili. Ogni politica pubblica
che si pone come obiettivo l’inclusione dei cartoneros nella gestione delle
industrie di riciclaggio dovrebbe iniziare a riconoscere che l’attività di
raccolta è un’attività indipendente. Se esiste un interesse politico o
ideologico nello sviluppo vero delle cooperative, l’effetto di quest’interesse
si dovrebbe ritrovare nella creazione di condizioni adeguate per queste.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
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Pensando che la chiusura delle discariche a cielo aperto potesse essere una
soluzione al problema della raccolta informale di residui, i governi e le
organizzazioni finanziarie internazionali hanno cercato di promuovere la
trasformazione dei cartoneros in lavoratori nei piani di separazione e
riciclaggio. Mentre questi piani vengono messi in atto e costruiti
nell’ambito di politiche che cercano di prevenire l’incenerimento
indiscriminato di rifiuti, è importante rendersi conto che questa alternativa
può esser valida solo in politiche di re-inserimento lavorativo dei
cartoneros presso città molto piccole. Nei centri urbani più grandi dove la
quantità di cartoneros è superiore a qualche centinaia, questo tipo di
proposta non è facilmente perseguibile, considerando il fatto che la
domanda di massa di lavoratori è inversamente proporzionale alla massima
efficienza del piano di gestione proposto.
A mio avviso le politiche rivolte ai cartoneros devono partire da un
concetto olistico ed integrato della gestione dei residui – inclusi i vari
passaggi del processo che inizia con la generazione dei rifiuti, fino al suo
deposito finale nei siti preposti, minimizzando sia la quantità di rifiuti non
riciclabili che quelli riciclabili così che nel deposito finale ne arrivi una
quantità molto ridotta. Il Comune di Buenos Aires (e altre regioni) ha
iniziato a sviluppare una politica interessante – passi importanti devono
esser fatti con l’intento di inserire i cartoneros nel mercato del lavoro.
Forse, in questo modo, si possono dare realmente delle alternative alla
collettività dei riciclatori.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
98
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*****
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
101
Settore informale dei rifiuti solidi in Romania
di Reka Soos e Noemi Stanev
Concetti fondamentali
A ClujNapoca esistono tre tipi fondamentali di raccoglitori di rifiuti:
raccoglitori di strada (street pickers), raccoglitori porta a porta (door-to-
door collector) e raccoglitori della discarica (dump pickers). Ognuno di
questi gruppi presenta delle caratteristiche distintive:
Raccoglitore di strada: raccoglie rifiuti riutilizzabili dai cassonetti delle
famiglie o delle imprese per uso personale e/o per venderli.
Raccoglitore porta a porta: raccoglie materiali di scarto riutilizzabili
direttamente dalle famiglie per uso personale e/o per poter vendere
questi materiali
Raccoglitore di discarica: raccoglie rifiuti riutilizzabili direttamente
nella discarica pubblica per uso personale e/o per rivenderli.
I raccoglitori di strada sono il tipo di raccoglitori più eterogeneo, sono i più
numerosi (2366), e possono essere raggiunti con grandissima difficoltà.
Sembrano essere un gruppo molto disomogeneo. Tuttavia, vi sono alcune
caratteristiche che l differenziano rispetto agli altri raccoglitori:
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
102
- La maggior parte di loro ha altri modi per guadagnare oltre a quello
ottenuto attraverso la vendita dei rifiuti riutilizzabili.
- La maggior parte di loro appartiene ad una delle 3 seguenti categorie:
Persone di etnia Rom con livelli scarsi di educazione e basse
prospettive di impiego verso i quali vi è un pregiudizio
piuttosto diffuso nella società. Sono di ogni età e sesso,
svolgono questa attività più o meno costantemente, sia che
vivano in città che nei villaggi limitrofi (e in questo caso
viaggiano con i mezzi pubblici).
Persone anziane pensionate da lungo tempo con pensioni
talmente misere da non permettere di poter garantire nemmeno
le necessità primarie di sopravvivenza. Sono di tutti i sessi e
svolgono questa attività costantemente soprattutto per
guadagnare qualche extra, raramente raccolgono per uso
personale.
Disoccupati o persone con salari molto bassi o assistenza
sociale. Sono di ogni età e sesso e svolgono questa attività
temporaneamente a seconta di quanto tempo ci voglia per
essere inclusi in programmi di assistenza sociale o per avere
nuovamente un impiego.
- La maggior parte di loro non ha altro equipaggiamento se non un
bastone, carretti da portare a mano, talvolta una bicicletta e ancora più
raramente con carri (traninati da bestiame).
- Alcuni di loro effettuano la raccoltaa per le strade solo per uso
personale e non per vendere i materiali raccolti.
- Lavorano per lo più soli o con membri della propria famiglia.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
103
I raccoglitori porta a porta sono in numero minore (400) sono per lo più
persone con qualche mezzo di trasporto (per lo più carri) che raccolgono
dalle abitazioni (piuttosto che dagli appartamenti) e per lo più dai quartieri
alla periferia della città. La maggior parte torna regolarmente a raccogliere
dalle stesse famiglie già conoscendo quali persone, di una certa zona,
donano ai raccoglitori. Svolgono questa attività temporaneamente e molto
probabilmente non è la loro maggior fonte di guadagno.
I raccoglitori di discarica si differenziano dagli altri per il fatto che
raccolgono i residui solidi urbani da un solo sito, la discarica e molti di loro
ci vivono dentro o molto vicino. E’ più facile avere informazioni su di loro
perchè sono concentrati in una sola area e quindi più facilmente
raggiungibili. E’ per questo motivo che sono il solo gruppo verso il quale
sono diretti tentativi selettivi di aiuto (in termini di educazione, aiuti
alimentari, condizioni di vita, ecc...).
Si concentrano a 5 chilometri dalla città nella discarica municipale di “Pata
Rat”. Durante i dieci anni passati ai margini della discarica si è formata una
comunità di circa 400 persone che utilizza come mezzo di sussistenza la
raccolta dei rifiuti. Attualmente vi sono 127 famiglie che vivono nelle
immediate vicinanze della discarica. In questa comunità ci sono circa 100
bambini. La maggior parte delle persone della comunità ha perso il proprio
lavoro nel 1989 e, avendo un’istruzione limitata, non riesce a trovare un
nuovo impiego. Allo stesso tempo, la maggior parte delle persone della
comunità ha una carta d’identità che dimostra una residenza in altre parti
del paese. L’area dove vivono appartiene a persone private o a compagnie
perciò non hanno uno status legale li dove si trovano.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
104
Una delle caratteristiche più rilevanti dei raccoglitori, specialmente di
coloro che vivono vicino alle discariche, è che la maggior parte proviene da
diverse regioni e non posseggono carte d’identità che provino una residenza
nel paese dove si trova la discarica. Anche se le aree vicino alle discariche
sono per lo più proprietà appartenenti a privati, nelle regioni delle rispettive
discariche, i raccoglitori costruiscono le proprie capanne su queste proprietà
o direttamente sulla discarica in modo di essere più vicini possibile alla
propria fonte di attività che li sostenta.
Nonostante il fatto che la polizia si presenti piuttosto raramente nelle zone
dove vivono i raccoglitori, e tenti di spaventare le persone in modo da farle
andar via dall’area della discarica, l’attitudine generale delle autorità è per
lo più quella di ignorarli. La giustificazione al loro atteggiamento di
indifferenza è che le persone che fanno questo lavoro dovrebbero andare a
casa nei propri rispettivi paesi e cercare di trovare lavoro o chedere
un’assistenza sociale nei paesi a cui appartengono. Dunque le autorità
chiudono un occhio nei confronti delle persone che risiedono illegalmente
sulle discariche in cambio di non dover pesare sul proprio bilancio locale
fornendo una qualsiasi forma di assistenza sociale o impiego alternativo agli
individui che esercitano queste attività.
Secondo la compagnia di servizi igenico-sanitari che opera nella discarica,
altre 393 persone dalle comunità circostanti raccolgono rifiuti dalla
discarica. Delle 793 persone circa che raccolgono rifiuti nella discarica, da
150 a 200 sono bambini.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
105
L'80% dei raccoglitori di discarica sono di etnia Rom. La popolazione Rom
in Romania, d'altra parte, è considerata la più economicamente e
socialmente emarginata nel paese e metà di essa vive sotto la soglia di
povertà. Secondo le statistiche ufficiali, in Romania vi sono 536.000 Rom. I
capi dei Rom tuttavia stimano che il loro numero è molto più grande e
approssima i 1.500.000. Secondo le statistiche ufficiali, solo un terzo della
popolazione Rom ha un lavoro stabile e solo il 50 per cento dei bambini va
a scuola. Nella fascia di età superiore ai 45 anni, il 30 per cento dei Rom
non sà leggere o scrivere. Vi è anche un numero molto numeroso di Rom
che non hanno carte d'identità o certificati di nascita. Questo, d'altra parte,
gli impedisce di avere qualsiasi forma di assistenza da parte dello Stato,
come l'assistenza sociale o il sostegno ai figli, e gli impedisce di votare o di
poter acquistare o vendere proprietà. Perciò, sono "destinati" a lavorare nel
settore del lavoro nero, poichè la mancanza di documenti e di mezzi
finanziari gli impedisce di ottenere un’occupazione nel settore formale,
nell’area della gestione dei rifiuti o in qualsiasi altra area.
Oltre le 793 persone che raccolgono rifiuti nella discarica, vi sono pochi
altri gruppi di persone che raccolgono rifiuti temporaneamente. Pertanto,
c’è un gruppo costituito da 20 a 50 famiglie di etnia Rom provenienti da
una certa parte del paese (paese di Hargita) che raccoglie metalli durante
l’inverno per circa 5 mesi ogni anno. Questi ultimi vanno e vengono sempre
e lavorano in gruppi. Oltre a loro, ci sono circa 10 famiglie Rom chiamate i
"Corturarii" (tradotto: quelli che vivono in tende), che sono gruppi di
persone nomadi che soggiornano nella discarica 5 settimane ogni anno
raccogliendo rifiuti. Si collocano separatamente dalle altre persone che
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
106
raccolgono e dai lavoratori dei servizi igienico-sanitari poichè considerati
pericolosi.
2. Visione d’insieme
Bilancio di massa
Bilancio di massa del settore informale Materiali
Totale di rifiuti deviati al settore informale 4943
Totale di rifiuti persi attraverso il settore informale 0
Totale di materiali recuperati dal settore informale 14575
Totale di materiali disposti dal settore informale 0
Porta a porta 197
Rifiuti scaricati illegalmente 3095 3095 *
Raccoglitori di strada 4746 4456 *
Rifiuti raccolti nella discarica 6742 4880 *
Rifiuti raccolti nella discarica e processati 2890 2210 *
Rifiuti raccolti nella discarica e messi nelle carrozze 2600 2600 *
Riutilizzati come cibo o vestiario 247
Il bilancio di massa mostra valori più elevati per i rifiuti recuperati dal
settore informale rispetto ai rifiuti deviati al settore informale. La ragione di
ciò è che i materiali sono recuperati dallo smaltimento finale e ciò provoca
un cicolo nel processo di flusso, il che significa che alcuni rifiuti sono
trattati due volte. Al fine di evitare il doppio conteggio dei rifiuti li abbiamo
esclusi dal quantitativo deviato al settore informale, perché li abbiamo già
contati come deviate verso il settore formale.
Tabella che mostra le relazioni, il numero di persone ad ogni livello
Prezzi per i rifiuti riciclabili a diversi livelli della catena
I prezzi non sono molto differenziati nel settore informale soprattutto a
causa del fatto che vengono svolti pochi o nessun trattamento o
trasformazione dei rifiuti. L'unica differenza di prezzi che abbiamo potuto
notare è stata quella delle bottiglie PET a seconda che fossero vendute miste
o processate in modo ordinato a seconda del colre e avento tolto i tappi.
Dunque i prezzi seguenti sono offerti per tonnellata di rifiuti in base ai
nostri questionari e osservazioni:
Rifiuti Euro
Carta 16.81
Metalli ferrosi 92.49
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Bottiglie PET così come sono 112.1
Bottiglie PET divise per colore,
senza tappo
140.13
Bottiglie PET processate portate
dalle donne Rom vicino alla
discarica/Compagnia Falla
196.19
Istituzioni chiave
Non vi sono istituzioni informali nel settore informale, dato che i
raccoglitori di rifiuti non sono riuniti in alcun tipo di gruppo d’interesse o
cooperativa. Vi sono tuttavia alcune istituzioni che soddisfano alcune delle
loro specifiche esigenze ad esempio in termini di istruzione (Scuola no. 12
nel quartiere vicino alla discarica che ha creato classi speciali per i bambini
Rom con necessità didattiche speciali).
Le parti interessate
Raccoglitori di strada
Raccoglitori di discarica
Raccoglitori porta a porta
Punti di raccolta
Imprese di riciclaggio formali
Operatore di discarica
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3. Quantitativi e tipi di attività del settore informale
Attività basate sul servizio
o Non abbiamo potuto identificare alcuna attività basata sul
servizio in città. Queste potrebbero essere svolte in scala
molto ridotta attorno ai piccoli negozi dove potrebbe
essere spazzata la strada, o smaltiti rifiuti in cambio di
qualche pasto occasionale o di generi alimentari ma vi
sono solo elementi aneddotici a riprova di ciò.
o Vicino alla zona della discarica, tuttavia,abbiamo prove
fondate di attività basate sul servizio. Vicino alla discarica
una donna Roma ha una compagnia specializzata nel
vendere rifiuti riciclabili. Compra rifiuti raccolti dalle
persone della discarica e paga i prezzi più alti per le
bottiglie PET processate (196 euro a tonnellata). Nello
stesso tempo, occasionalmente fa credito alle persone
della discarica per permettergli di comprarsi carrozze e
cavalli e questi ultimi possono saldarle il debito
raccogliendo rifiuti..26
Il recupero e il riciclaggio
26 Information from one of the oldest employees of the sanitation company that operates the landfill.
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Raccoglitori di strada
Totale di materiali immessi 4,622 tonnellate
Totale dei materiali persi 166 tonnellate
Raccoglitori di discarica
Totale di materiali immessi 12,232 tonnellate
Totale dei materiali persi 34 tonnellate
Attività alla fonte (combustione, compostaggio, nutrire gli animali, ecc)
Nel settore informale vi è una certa parte di rifiuti che viene raccolta per uso
personale come abbigliamento, generi alimentari, e cibo per bestiame.
Le quantità sono le seguenti:
Raccoglitori di strada 135 tonnellate
Raccoglitori di discarica 34 tonnellate
Raccoglitori porta a porta 78 tonnellate
Raccolta primaria
Recupero e riciclaggio
Come sopra menzionato, nel caso della raccolta per strada, avviene solo la
raccolta primaria. I raccoglitori di strada mettono insieme 4622 tonnellate di
rifiuti l’anno di cui 135 tonnellate vengono usate per necessità personali
(alimentazione, vestiario ecc.) e il restante di 4555 tonnellate viene venduto
ai punti di raccolta.
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I raccoglitori di discarica, d’altro canto, sono più diversificati. Alcuni di essi
raccolgono e vendono rifiuti, altri raccolgono, processano e vendono, altri
ancora raccolgono, processano e trasportano ai punti di raccolta. Dunque li
descriveremo separatamente.
Raccoglitori di discarica che raccolgono e vendono
La larga maggioranza di raccoglitori di discarica raccolgono rifiuti (532), li
vendono direttamente a rappresentanti di compagnie di riciclaggio che
comprano questi materiali direttamente alla discarica.
Raccoglitori di discarica che raccolgono processano e vendono
C’è un altro gruppo di raccoglitori di discarica che raccolgono rifiuti, li
trasportano in un’altra zona della discarica, li processano e quindi li
vendono a rappresentanti delle compagnie di riciclaggio che vengono alla
discarica.
Raccoglitori di discarica che raccolgono trasportano e vendono
Ci sono 25 raccoglitori nella discarica che posseggono carri trainati da
cavalli. Un giorno a settimana trasportano i materiali raccolti e li vendono ai
punti di raccolta che si trovano nelle vicinanze della discarica. Dunque
questi ultimi non trasportano soltanto materiali raccolti di persona ma anche
quelli raccolti da altri che pagano per questo servizio di trasporto. Una corsa
al più vicino centro di raccolta costa 4,2 Euro per una carrozza piena.
D’altra parte, un carro può trasportare 12 balle di bottiglie PET ciè 12x40=
480 chili di rifiuti.
Valorizzazione dei materiali
Nel settore informale ha luogo solo la raccolta e una quantità davvero
limitata di processo base di riciclo. Quindi i raccoglitori informali vendono
rifiuti ai punti di raccolta formali e alle compagnie di riciclaggio formali,
altre attività non vengono svolte in questo settore.
Smaltimento e perdite
Vi sono perdite minime nel settore informale poiché la raccolta è piuttosto
efficiente e poiché non vi è virtualmente nessun processo dei rifiuti raccolti,
possiamo affermare che quasi il 100% dei rifiuti raccolti è venduto o
utilizzato per esigenze personali.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
112
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
113
4. Impatto socio-economico
Sono tre gli effetti socio-economico collegati alla raccolta informale di
rifiuti:
Effetti positivi
- Persone socialmente ed economicamente emarginate, trovano un
modo per mantenersi o per ottenere un entrata extra che agevola la
loro sopravvivenza.
- Nel caso dei raccoglitori di discarica, siccome vivono in gruppo in
un’area concentrata, possono essere inclusi in alcuni programmi
sociali educativi diretti alle loro peculiari esigenze.
Effetti negativi
- I raccoglitori di discarica vivono e lavorano in un’area dove vi
sono gravi pericoli legati alla salute e al lavoro
- Il lavoro dei raccoglitori informali non è regolamentato in alcun
modo per quanto concerne la sicurezza e altre misure di
precauzione
- Una stragrande maggioranza di persone che vivono nella discarica
hanno gravi problemi di salute
- I bambini che crescono nella discarica non conoscono altro
ambiente che quello in cui stanno crescendo e questo non si può
considerare salutare sotto alcun punto di vista né appropriato a
loro in termini di educazione e interazioni sociali. Ciò potrebbe
significare un grave ostacolo ai loro futuri possibili tentativi di
uscire da questo ambiente.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
114
- Per uscire dall’area della discarica sarebbero necessari sacrifici
estremamente alti, sia finanziari sia di formazione da poter
iniziare a guadagnare con mezzi così diversi da quelli utilizzati
abitualmente dalla maggior parte delle persone che lavora nella
raccolta di materiali riciclabili nelle discariche, che a ben vedere,
non hanno proprio delle alternative
5. Effetti ambientali
Effetti dell’estrazione e sostituzione di materie prime
Vi è sostanzialmente una maggior quantità di rifiuti riutilizzabili
raccolti e riciclati grazie al lavoro dei raccoglitori di rifiuti
informali. In realtà, i raccoglitori informali accumulano il doppio
dei rifiuti rispetto al quelli recuperati dal settore formale.
Effetti del carico d’inquinamento e del carbonio atmosferico
Alcune delle attività di trattamento e trasporto che il settore
informale svolge determinano inquinamento. Il trasporto avviene
con camion aperti e con carri, questo determina uno spargimento di
letame ed è un fattore di disturbo a causa dell’odore.
I raccoglitori di discarica nella loro attività di trattamento base,
talvolta bruciano via la plastica attorno ai fili di rame e questo si
traduce in inquinamento dell’aria.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
115
I raccoglitori di strada quando frugano tra i rifiuti nei cassonetti
spesso aprono buste di plastica di immondizia delle famigli che
viene gettata via e sparsa attorno ai cassonetti sui marciapiedi.
6. Interventi mirati al settore informale
Studi
A Cluj-Napoca come detto precedentemente, vi è una consistente differenza
tra i raccoglitori di strada e quelli di discarica. Per quanto ne sappiamo, ad
oggi non sono stati condotti studi rivolti ai raccoglitori di strada. D’altra
parte i raccoglitori di discarica probabilmente grazie al fatto di essere
concentrati in gruppi e quindi più facilmente raggiungibili e visibili sono
stati oggetto di alcuni studi. Eppure nessuno di questi studi ha offerto una
seppur remota soluzione ai loro problemi d’uscita .
Possiamo dunque individuare i seguenti studi:
1. Poichè la maggior parte delle persone che frugano tra i rifiuti nella
discarica di Pata Rat sono di etnia Rom, sono state menzionate più volte in
studi che hanno trattato il tema dell’educazione dei bambini Rom e il come
affrontare in certe situazioni le circostanze peculiari dei bambini che vivono
attraverso la ricerca dei rifiuti al fine di migliorare e facilitare le loro
opportunità di avere una più appropriata e adeguata educazione. Gli studi
più importanti che si sono occupati dell’educazione dei bambini del Pata
Rat sono i seguenti:
- Cace, Sorin, Aba Bleahu Dana Costin Sima, Alina Manole, Mihai
Surdu. “Roma Children in Romania”. Rapporto di Ricerca. 1999
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
116
- Chelcea Adina editore. The Social Assistance Magazine. “Edizione
Speciale sulla Situazione della Popolazione Rom in Romania.” N°. 4-
5 2002
- “Roma Children and Their Families. – Socio-cultural
Characteristics and Living Conditions”. Ro Media Publishing
House: Bucharest, Romania, 2002.
2. A nome dell’ILO e con la partecipazione della WASTE, la nostra
azienda Green Partner ha scritto una relazione sul lavoro minorile di
raccolta dei rifiuti e si è avvicinato a trattare questo problema a Cluj-
Napoca, in Romania. I risultati di questa ricerca assieme a cinque simili
resoconti effettuati in Cairo, Egitto; a Bangalore, in India; Bangkok,
Tailandia, e nella città di Quezon, Filippine, e una revisione del piano di
condotta nei quartieri generali di WASTE sono state usate per fornire una
valutazione strategica e consigli all’ILO sul modo migliore di affrontare il
problema dello sfruttamento dei bambini in questo settore.
3. Studio antropologico: Tienke Stolk-Noordhof. Recommendation
Report Pata Rat -In connessione con una ricerca per la laurea in
Antropologia culturale. Agosto 2001.
Interventi finanziati da donatori:
Educazione: Open Society Foundation, WASDAS, Medicine Sans
Frontiere, Phare ha finanziato il centro diurno
La scuola elementare Someseni No. 12
Nel 1996, un’organizzazione non governativa francese Medecins san
Frontieres (M.S.F.) ha proposto l’iscrizione dei bambini di Pata Rat in
classi speciali. La proposta dell’organizzazione incontrò, a quel tempo, una
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
117
grande resistenza da parte delle autorità, della comunità locale, dai genitori
Rom, e della stessa scuola. Alla fine nel 1996 circa 40 studenti (di età tra i 9
e i 15) vennero iscritti alla scuola. Ad oggi 63 dei 475 studenti vengono
dalla comunità di “Pata Rat”. Questi studenti vengono iscritti in un sistema
di supporto scolastico, hanno un corso di studi adattato simile a quello
elaborato per gli studenti con difficoltà di apprensione. Dato che la maggior
parte dei bambini ha superato l’età scolastica quando vengono iscritti e
datele loro terribili condizioni a casa il giusto approccio è sembrato essere
un programma speciale che li aiutasse a mettersi in pari con gli altri
studenti.
Un modo attraverso il quale gli studenti e soprattutto le loro famiglie
vengono invogliati a frequentare la scuola è rendere subordinato alla
frequenza scolastica il sostegno economico ai bambini. Tuttavia, come
descritto in precedenza, la cifra per il sostegno ai bambini offerta dallo stato
è piuttosto esigua (5 euro) ogni mese. Un altro modo attraverso il quale la
scuola “minaccia” i genitori a mandare i figli a scuola è inviare a casa dei
mediatori, la polizia che minaccia di multarli (anche se, per quanto ne
sappiamo, non esistono ammende che possano essere imposte a chi non
manda i figli a scuola). Alcuni di coloro che raccolgono rifiuti nella
discarica, tuttavia, affermano che questo è il motivo per cui mandano i
propri figli a scuola.
Dopo dei negoziati tra la Open Society Foundation, la riluttante autorità
municipale e la scuola, è stata istituita una mezza pensione per gli studenti
provenienti dalla comunità di Pata Rat. Quindi dopo le lezioni, gli studenti
ricevono un pasto caldo e sono aiutati da un insegnante qualificato a fare i
propri compiti. Passano la mattina a scuola dalle 8 alle 12 tutti i giorni,
quindi alla pensione fino alle 5 del pomeriggio. Si pensa che studiando in
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
118
queste condizioni, i bambini possano passare ai programmi normali in
tempo. Oltre ai pasti e all’aiuto nei compiti, hanno delle lezioni di igiene
personale anche grazie agli sforzi della fondazione Rom Wassdas che ha
ottenuto che la USAID finanziasse 4,500 USD specificatamente a questo
proposito coprendo i costi del sapone, degli spazzolini da denti e del
dentifricio. Inoltre, attraverso l’assistenza di diverse organizzazioni
internazionali, la scuola copre le spese dei libri e fornisce ciò di cui hanno
bisogno i bambini e talvolta essi ricevono aiuti come vestiti e cibo
attraverso la scuola.
Fondazioni come la Wassdas e talvolta la Open Society Foundation hanno
pagato un adulto della comunità per accompagnare i bambini all’andata e al
ritorno da scuola. Quest’uomo di fiducia e legato ai bambini è deceduto
questa primavera e finora non è stata trovata nessun’ altra persona che fosse
in grado di svolgere questo compito nella comunità.
Centro diurno“Wonderland”
Una più recente iniziativa comune della County Commission for the
Protection of Children’s Rights in collaborazione con il Cluj County School
Inspectorate, la Polizia de Cluj-Napoca, il Ministero per la Salute Pubblica,
le autorità locali, e alcune ONG è il progetto PHARE che ha finanziato un
179,000 Euro con cui è stato costruito un centro di assistenza diurno per
bambini dai 3 ai 6 anni della comunità di Pata Rat nell’area industriale di
Someseni.
Il centro di assistenza diurno ha iniziato a funzionare dal settembre 2003.
Anche se il centro ha una capacità di 30 bambini e nella comunità di Pata
Rat vi sono 45 bambini di età tra i 3 e i 6 anni, i capi del progetto hanno
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
119
deciso di iscrivere al centro solo 14 bambini di 6 anni durante il primo anno.
Hanno deciso ciò per essere in grado di concentrarsi su questi bambini al
fine che questi ultimi fossero, per l’autunno 2004, in grado di frequentare
classi regolari con un programma normale.
In realtà “Wonderland” funziona come un asilo con un orario esteso. Così i
bambini passano le loro giornate lì ogni giorno dalle 9 alle 5. La loro
giornata inizia con una lezione di igiene personale seguita dalla colazione e
poi dalle attività educative. Prima di andare a casa fanno anche il pranzo.
Psicologi specializzati in formazione, 4 educatori, 2 assistenti sociali e 2
assistenti sono impegnati nel lavoro con i bambini nel centro.
Una volta finiti i fondi PHARE, la County Commission for the Protection of
Children’s Rights coprirà le spese del funzionamento del centro.
Fondazione di aiuto alle famiglie
La fondazione che sta avendo finanziamenti dai Paesi Bassi e dagli Stati
Uniti ha iniziato a lavorare con la comunità di Pata Rat dal lontano 1997.
Allora, le loro iniziative erano limitate ad insegnare alle persone principi
fondamentali d’igiene, ad offrire una guida spirituale, razioni alimentari,
medicinali e vestiti.
Dal 2000, la fondazione ha acquistato una casa nelle vicinanze della
comunità dove ha iniziato a tenere le masse e sono state avviate classi di
lettura e scrittura anche per gli adulti.
Più tardi, la fondazione per l’aiuto alle famiglie ha comprato una proprietà
proprio vicino alla comunità Rom che è più vicina alla discarica, e
dall’aprile 2003 ha costruito un edificio multi-funzione chiamato the “New
Life Education Center” dove tengono le masse, hanno un ambulatorio
medico e una classe. Oltre a continuare classi di scrittura e lettura per gli
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
120
adulti, organizzano due volte a settimana attività ricreative per i bambini
(leggono e raccontano storie), una volta a settimana ognuno può avere un
pasto gratuito al centro, e una volta a settimana un dottore visita chiunque
abbia bisogno di cure mediche.
Un progetto importante della fondazione è stato quello di costruire un
edificio con delle docce a cui i raccoglitori di rifiuti potessero accedere in
maniera gratuita.
Attualmente la fondazione sta aiutando le famiglie nel costruire baracche di
legno in cui vivere al posto delle tende rattoppate che si sono costruiti da
soli con pezzi di legno, cartone e altri materiali.
Attività dell’ ILO
La Romania ha ratificato le seguenti convenzioni in materia di lavoro
minorile:
ILO Minimum Age Convention (no. 138) (convenzione per l’età
minima), 1973 nel 1975
ILO Convention on the Worst Forms of Child Labor (convenzione
sulle forme peggiori di lavoro minorile), 1999 nel 2000
Inoltre, nel 2001 la Romania ha ratificato i protocolli opzionali della
convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dei bambini in materia di vendita
dei bambini, prostituzione e pornografia infantile.
Nel giugno 2000 la Romania ha firmato un memorandum d’intesa con
l’ILO sulla base del quale è stata istituita una commissione direttiva
nazionale per l’eliminazione del lavoro minorile con la partecipazione
dell’autorità nazionale per la protezione e adozione dei bambini, il
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
121
Ministero del lavoro e solidarietà sociale, il Ministero della salute e della
famiglia e il Ministero dell’educazione. Sono stati istituiti dipartimenti
speciali per il lavoro minorile nell’ambito dell’autorità nazionale per la
protezione e l’adozione dei bambini, il Ministero del lavoro e della
solidarietà sociale, l’ispettorato del lavoro ed è stato costituito un gruppo
consultivo nazionale sul lavoro minorile.
Dunque le seguenti istituzioni statali in Romania sono responsabili
dell’attuazione di politiche di protezione dei bambini nell’area del lavoro
minorile: l’Autorità Nazionale per la Protezione e Adozione dei Bambini, il
Ministero del Lavoro e Solidarietà Sociale, il Ministero della Salute e della
Famiglia e il Ministero dell’Educazione. Secondo le leggi rumene, ad ogni
bambino al di sotto dell’età di 15 anni è proibito lavorare, mentre i bambini
tra i 16 e i 18 anni possono lavorare qualora abbiano il consenso dei propri
genitori.
I programmi speciali volti all’eradicazione del lavoro minorile portati avanti
fino ad ora includono: accrescere la capacità delle comunità Rom di ritirare
I bambini Rom dalle strade e/o da lavori pericolosi in determinati settori;
addestrare gli ufficiali di polizia all’Ispettorato Generale ad agire contro le
forme peggiori di lavoro minorile; un programma integrato volto
all’eliminazione delle forme peggiori di lavoro minorile in tre aree
metropolitane selezionate.
Per quanto riguarda il lavoro minorile di raccolta di rifiuti, non sono stati
sviluppati specifici programmi fino ad oggi. Tuttavia, poiché la maggior
parte dei bambini impegnati nella raccolta di rifiuti sono di etnia Rom,
possono essere stati inclusi in programmi rivolti alle comunità Rom che
indirettamente portano ad un loro minore coinvolgimento nelle attività di
raccolta di rifiuti.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
122
Auto-aiuto e organizzazioni politiche
Non possiamo individuare iniziative di tipo auto-aiuto o organizzazioni
politiche rivolte ai raccoglitori di strada o di discarica a Cluj-Napoca.
7. Problemi/ sfide con il sistema informale
Dal punto di vista delle autorità formali
- Problema maggiore: non riconoscono il sistema informale come un
settore che porta dei benefici all’economia della città e di
conseguenza non li vedono come partecipanti nel settore della
gestione dei rifiuti.
- Le autorità formali non considerano i raccoglitori di rifiuti come
lavoratori affidabili e partner. Secondo il loro punto di vista la vera
ragione per cui queste persone si occupano di raccogliere rifiuti è che
amino la propria libertà di scegliere le ore e i tempi di lavoro. Quindi
anche se a volte lavorano per 10-12 ore al giorno per lunghi periodi,
quando hanno qualche soldo, smettono di lavorare e si bevono tutto.
Dal punto di vista del settore informale ed i loro rappresentanti
- I raccoglitori di rifiuti vedono il proprio lavoro come molto
difficoltoso e ritengono che le autorità formali dovrebbero aiutarli ma
non in termini di equipaggiamento e condizioni di lavoro, piuttosto
con aiuti.
- Loro stessi non vedono il proprio lavoro come un qualcosa che
giovi all’economia e come attività che possa essere svolta
legalmente.
analisi SWOT
Conclusioni: problemi chiave e opportunità
Il settore informale si trova ad affrontare numerosi problemi e ostacoli ma
forse il problema chiave emerso è l’emarginazione sociale. La maggior
parte di queste persone appartiene all’etnia Rom. I Rom sono fortemente
discriminati, soprattutto quelli che raccolgono i rifiuti. Il peggior lavoro
possibile è: rovistare nell’immondizia per soldi.
Le attività del settore informale sono redditizie. Se ci sarà modo di attrarre
Punti di forza
- bassi tassi di ingresso
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
123
- alta efficienza della
raccolta (come visto
dai fogli costo-ricavo)
-
Punti di debolezza
- Rischi per la salute
- nessuna sicurezza sul lavoro
- nessuna sicurezza
- I raccoglitori si guardano
reiprocamente come competitori
piuttosto che come colleghi di
lavoro e cooperatori
- Nessuna organizzazione
Opportunità Minacce
- Formare cooperative in
modo da aumentare
l’influenza
- la chiusura della discarica e la dispersione
delle comunità che vivono di raccolta di
rifiuti
- Migliorare le
condizioni di lavoro
- Iniziare un processo di
ammodernamento
- l’aumento della raccolta differenziata in
tutta la città in un sistema chiuso per
eliminare il frugare nei rifiuti
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
124
l’attenzione e mobilitare le parti interessate al problema e se ci sarà un
futuro per il settore informale soprattutto in vista della modernizzazione, la
situazione di questo gruppo di persone o almeno di parte di esso, potrà
essere migliorata. La città è sul punto di scegliere soluzioni per la gestione
dei rifiuti. Fin d’ora questi lavoratori formali del riciclaggio sono lasciati
fuori dall’equazione, la programmazione avviene come se non ci fossero.
Tuttavia, poiché non sono ancora state scelte delle soluzioni, ora vi è una
maggiore flessibilità nel sistema delle leggi da concepire un possibile
scenario positivo rispetto a quando sarà stata scelta una soluzione per la
gestione dei rifiuti e arruolati gli operatori.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
125
Fonti e riferimenti
Individui e organizzazioni consultati o intervistati
Mr. Rufus Whynot, director, Family Aid Foundtion
Ms. Mirabella Popa Barna, field worker, social assistant, Family Aid
Foundation
Mr. Sorin Apostu, head of technical department, Cluj-Napoca City Hall
Mr. Stefan Lucaciu, chief of technical services, technical department, Cluj-
Napoca City Hall
Mr. Abrudan, vice-head of City Hall Police, Cluj-Napoca City Hall
Mr. Septimiu Sanmarghitan, director Environmental Protection Agency
Adriana Caprar, expert, waste management department Environmental
Protection Agency
Mr. Ioan Veres, director and associate of Brantner Veres SA, Sanitation
Company
Mr. Christian Lampl, manager of Brantner Veres SA, Sanitation Company
Ms. Andrea Gyorgy, marketing director of Brantner Veres SA, Sanitation
Company
Head of transport, Brantner Veres SA, Sanitation Company
Truck loaders and other workers of Brantner Veres SA, Sanitation
Company
Valean Vasile, director, VALMAX, Sanitation Company
Aurel Pop, general director, REMAT Recycling Company
Director of FALA Recycling Company
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
126
BIBLIOGRAFIA
Piani di gestione dei rifiuti
National Waste Management Plan, NWMP, (2004) Ministry of
Environment and Waster, www.mmediu.ro
Draft Regional Waste Management Plan, RWMP (2006), Regional
Environmental Protection Agency, Cluj, www.arpmnv.ro
Implementation Plan for Directive 1999/31/EC on the Landfill of Waste
http://www.mmediu.ro/integrare/comp2/2_1_etapa2_eng.htm
Relazioni ufficiali
Annual Report on the State of the Environment in the County of Cluj, 2005
(2006), Environmental Protection Agency Cluj, www.apmcluj.ro
Environmental Indicators – Report for 2005, Cluj-Napoca Agency for
Environmental protection,
http://www.apmcluj.ro/rapoarte_factori_mediu/raport_2005.doc
Annual Statistic Report for the County of Cluj 2005, (2006), Statistical
Office Cluj Napoca
Studi
Stanev, Noemi et. al. Thematic Evaluation Report on Child Labor in
Scavanging (2004), Green Partners, study financed by the ILO
Tinneke Stolk Noordhof Uitsluiting bij de Roma van Dallas, august 2002,
thesis, Utrecht University
*****
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
127
I Raccoglitori di Rfiuti del Cairo di Laila R. Iskandar, CID Consulting, Cairo, Egitto
1. Background
Il Cairo, con una popolazione stimata di 17 milioni, è una delle megacittà
del mondo. Produce giornalmente circa 14.000 tonnellate di rifiuti urbani.
Un terzo di questi – 4.500 tonnellate – è quotidianamente gestita dai
tradizionali raccoglitori di rifiuti/riciclatori che hanno organizzato già da
una cinquantina d’anni una raccolta porta a porta, regolare e quotidiana dei
rifiuti delle famiglie. Li trasportano nelle loro case nei sobborghi dei rifiuti
(intorno al Cairo ve ne sono cinque) e li dividono in materiali riciclabili
separati: carta, cartone, plastica, stoffa, vetro, latta, alluminio e cibo, ossa di
animali, ecc. Un totale di 40.000 persone sono impegnate – direttamente o
indirettamente – nella raccolta, trasporto, recupero, commercio e riciclaggio
dei rifiuti di un terzo delle famiglie della città.
I tradizionali raccoglitori e riciclatori di rifiuti del Cairo sono migrati da
circa 400 km a sud della città alla fine degli anni ’40 e all’inizio degli anni
’50 e ora vivono in comunità informali. Hanno fatto un accordo con i
waahis (delle oasi dell’Egitto) per rilevare l’attività di raccolta e di trasporto
dei rifiuti delle famiglie. I waahis si erano organizzati nella raccolta della
carta dalle case dei abitanti del Cairo dato che esisteva un mercato per
questa carta nei bagni pubblici della città e tra i tradizionali mercanti di foul
medammes (fave egiziane). L’accordo prevedeva che i raccoglitori
continuassero a consegnare la carta ai waahis, mentre potevano tenere a
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
128
proprio beneficio il cibo e ogni altro materiale. Essendo contadini,
vedevano un profitto nel poter usare gli scarti alimentari per allevare gli
animali, mentre vendevano i metalli e la plastica che aveva cominciato ad
apparire nei rifiuti delle case negli anni ’50.
Fino al 1990, per raggiungere le case delle famiglie del Cairo si servivano
di carretti trainati da asini. Dal 1990 hanno cominciato a passare a mezzi
meccanici. Sebbene la decisione di passare ai camion sia stata imposta dalle
autorità, non fu data loro alcuna assistenza nel passaggio al nuovo sistema.
Non fu garantito alcun credito per assisterli nell’acquisto dei loro camion.
Non furono offerte né lezioni di guida né lezioni per comprendere i segnali
stradali o un minimo di arabo di base. Ciononostante, essi presero la
decisione strategica di aderire al nuovo sistema e inventarono strategie per
adattarvisi e continuare a operare.
2. Il settore tradizionale e informale – il più grande datore di lavoro in
Egitto per il trattamento dei rifiuti
Per capire questa gente e il loro lavoro, è essenziale una comprensione
approfondita dei differenti ruoli e funzioni dei raccoglitori tradizionali,
dell’evoluzione del loro lavoro da persone che volevano nutrire i propri
animali e che dei rifiuti vedevano soltanto la parte organica, all’attuale
complessa rete di relazioni e interazioni che si è consolidata. Hanno messo
in piedi collegamenti estremamente importanti con le industrie di
riciclaggio vere e proprie e sono diventati protagonisti nel trattamento dei
rifiuti della città del Cairo, anche se non viene riconosciuta ufficialmente la
loro importanza. Qui di seguito descriviamo questi ruoli:
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
129
I raccoglitori tradizionali di rifiuti (zabbaleen)
I lavoratori tradizionali dei rifiuti raccolgono e riciclano l’85% di un terzo
dei rifiuti generati dagli abitanti del Cairo. Forniscono ai quartieri più ricchi
del Cairo un servizio porta a porta ad una tariffa minima pagata da famiglie
e istituzioni e senza costi per il Governo. Le industrie di riciclaggio nei loro
stabilimenti hanno sviluppato estesi legami in diverse direzioni in tutto il
paese con gli altri mercati sia informali che formali. Oltre a raccogliere i
rifiuti indifferenziati delle famiglie, acquistano anche quelli differenziati da
produttori sia commerciali che istituzionali, così come da piccoli depositi e
da intermediari. Questi materiali vengono venduti sia come prodotti finali
che come base per altre attività industriali su larga scala.
Intermediari e mediatori di compravendita
Questi vivono sia all’interno che all’esterno dei sobborghi ove si trovano le
discariche. Alcuni sono a loro volta stati raccoglitori di rifiuti e sono riusciti
a acquisire sufficienti capitali da comprare lo spazio per stoccare grandi
quantità di materiali da recupero.
Commercianti all’ingrosso di materiali da recupero
Questi comprano all’ingrosso dai piccoli commercianti che setacciano le
strade del Cairo e dagli intermediari che vivono nei sobborghi poveri delle
discariche. Sono venditori su larga scala, possiedono magazzini e spesso
sono specializzati in un unico tipo di materiale non organico.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
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Botteghe e imprese di riciclaggio
Questi sono i luoghi dove i rifiuti riciclabili vengono trasformati in prodotti
finali riciclati o in materiali intermedi per ulteriori attività di riciclaggio. La
maggior parte sono prive di licenza, piccole, a conduzione familiare
all’interno dell’economia popolare. Sono quelle che acquistano i rifiuti
separati all’origine. La loro attività dipendono soprattutto dalle quantità di
rifiuti differenziati che riescono a comprare e quindi dalle dimensioni del
loro giro d’affari, che a loro volta, dipendono dai loro clienti nella catena
delle forniture alle grandi industrie.
3. Crescita delle imprese di riciclaggio
Le industrie di riciclaggio in Egitto sono cresciute, si sono diversificate e
sono aumentate di numero nel corso degli ultimi 20 anni. Gli anni ’80
hanno portato a una spinta verso gli investimenti nelle piccole botteghe di
riciclaggio in tutti i sobborghi del Cairo dove i raccoglitori tradizionali
vivono. Le iniziative per portare avanti questi sforzi sono state sostenute da
donatori e agenzie di sviluppo che operavano attraverso le ONG locali.
Dopo quella prima fase, ha preso il via la creazione di industrie di
riciclaggio ed è cresciuta fino a diventare per grandezza la seconda fonte di
occupazione di questi quartieri27. Mentre nell’economia globale tra il 1996
27 “Community and Institutional Development, The Informal Solid Waste Sector in Egypt: Prospects for Formalization.” Studio condotto dal C.I.D. per la Fondazione Ford e supportata dall’ Istituto per l’Educazione Internazionale (IIE). Ottobre 2000.
e il 2000 la crescita economica era stagnante, l’economia informale del
riciclaggio è cresciuta enormemente.
Portiamo qui sotto come esempio il caso del sobborgo di riciclaggio di
Mokattam.
163228
100140
0 50 100 150 200 250
Number ofEnterprises
PercentageGrowth
Growth of Recycling Enterprises in Mokattam Recycling Settlement Cairo
1996-2000
1996 2000
La crescita delle industrie di riciclaggio nel settore informale è volata alle
stelle negli ultimi due decenni (Community and Institutional Development,
2000). Dal 1996 al 2000, il numero di botteghe nel sobborgo dei
raccoglitori di rifiuti di Mokattam è cresciuto del 40%. La media dei
lavoratori impiegati in ciascuna di queste botteghe era di 6 persone, il
numero massimo di 20 persone.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
131
©Norbert Schiller
Queste botteghe di riciclaggio si fondano sulla materia prima selezionata
dai raccoglitori di rifiuti e venduta dagli intermediari e hanno attirato
giovani disoccupati, non specializzati, da ogni parte della città e del paese.
La misura, lo scopo e le attività delle botteghe di riciclaggio varia. Alcune si
specializzano in un particolare momento del processo di riciclaggio, avendo
investito in un’unica macchina. Altre hanno investimenti maggiori e
svolgono un procedimento diversificato nel riciclaggio di alcuni tipi di
materie prime. Producono sia prodotti finali che prodotti semilavorati. I loro
clienti si trovano sia nel paese, che nella città, che nei mercati esteri (il PET
è esportato in Cina). I semilavorati vengono venduti a fabbriche più grandi e
spesso a grandi industrie sia all’interno che nei dintorni del Cairo, così
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
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Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
133
come a quelle sparse per il paese, come la 6th of October, la 10th di
Ramadam, l’Alexandria e la Suez.
Un notevole numero di commercianti del settore formale è sempre più
attratto da questo mercato in espansione. Gli intermediari comprano su base
settimanale i materiali raccolti da raccoglitori di rifiuti. I commercianti di
Mokattam in genere sono specializzati in un unico tipo di materia, come il
vetro, i metalli o la plastica. In alcuni casi, sono ancor più specializzati e
puntano su alcune sotto-categorie di questi materiali, come le bottiglie di
plastica dell’acqua da riutilizzare o i contenitori di plastica compressa da
riciclare. Depositano questi materiali in magazzini sparsi nel quartiere. In
media, serve circa una settimana per accumulare quantitativi abbastanza
grandi da venderli ai commercianti provenienti da altri mercati del paese e
alle grande fabbriche. Hanno sviluppato una grande rete di clienti che si
fidano della loro provata abilità nel consegnare i materiali richiesti con
puntualità.
4. Forza lavoro
La maggior parte dei lavoratori del settore operano in situazioni non
registrate. La media dei lavoratori che operano in un’impresa di raccolta dei
rifiuti, cioè il raccoglitore di rifiuti, più i membri della sua famiglia che
lavorano senza essere pagati, più altri lavoratori che invece lo sono, che tutti
insieme lavorano nella raccolta nelle strade e nella selezione delle materie
prime, è di 7,4 persone.
Il numero medio di lavoratori nelle imprese commerciali è di 4.6 lavoratori
per impresa e di 6.7 in ciascuna delle botteghe di riciclaggio.
La capacità di questo settore di creare lavoro non è raggiunta fino ad oggi
da nessun altro schema noto di creazione di posti lavoro.
Labor in the Informal Solid Waste Sector in Mokattam Settlement, Cairo2000
31%
36%
13%
20%
Garbage Collectors' Enterprises Recovery ProcessTrading Enterprises Recycling Enterprises
5. Un sistema basato e indirizzato dal mercato
In Egitto la raccolta e il riciclaggio dei rifiuti è diretta dal mercato. La
crescita di imprese formali nel settore negli ultimi 10 anni evidenzia le
potenziali opportunità di investimento formale nel riciclaggio. La
documentazione sui mercati dove vengono commerciati i rifiuti non
organici indica gli aspetti concreti del settore del riciclaggio informale per
quel che riguarda i tassi di riutilizzo (80%), la creazione di posti di lavoro
(7.4 per tonnellata di rifiuti raccolti), i salari (i più alti nella città del Cairo
per forza lavoro non specializzata – 25 L.E. al giorno nel 2004), la risposta
al mercato, la differenziazione nella produzione, la crescita economica
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
134
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
135
(40% in 4 anni), i meccanismi di finanziamento ed l’espansione di industrie
di sevizi secondari e di mercati che coprono l’intero paese.
6. La privatizzazione tramite le multinazionali al Cairo
Nel 2000 il Cairo ha messo sotto contratto delle compagnie internazionali
con l’incarico di gestire interamente il sistema integrato dei rifiuti. La città
è stata divisa in quattro zone: Est, Ovest, Nord e Sud e ciascuna è stata
messa a gara separatamente. Compagnie spagnole e italiane hanno vinto il
contratto in tre zone: Est, Ovest e Nord, mentre l’autorità comunale ha
creato una compagnia locale – la Cairo Cleansing and Beautification
Authority (CCBA) – per occuparsi della zona Sud. La CCBA, era stata
fondata agli inizi degli anni ’80 per riconoscere i raccoglitori tradizionali di
rifiuti (zabbaleen) e servire segmenti della città da loro ancora non coperti.
Questa agenzia produce ulteriori servizi come la manutenzione dei parchi,
la pulizia delle strade e l’illuminazione.
L’intento della privatizzazione tramite multinazionali era quello di
migliorare i servizi relativi ai rifiuti, introdurre tecnologie avanzate nel
settore, ricorrere a un meccanismo in cui al pubblico non fosse lasciata la
scelta di pagare per il servizio e proteggere la salute dei cittadini. E’ ora
chiaro che lo schema ha trascurato di una serie di importanti questioni
attinenti a quest’intento, e principalmente:
Il livello di vita di un gran numero di raccoglitori/riciclatori di rifiuti
attualmente impegnati nel servizio (40.000) – un elemento critico per
un’economia che soffre di alti tassi di disoccupazione, che cerca
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
136
strategie di riduzione della povertà e schemi per la creazione di posti di
lavoro;
L’esperienza che i raccoglitori tradizionali di rifiuti avevano costruito
in mezzo secolo di commercio;
La natura basata e indirizzata dal mercato del sistema indigeno;
Il contesto di povertà della città del Cairo;
Le preferenze e le abitudini dei residenti/produttori di rifiuti;
La capacità di supervisione da parte dell’autorità di governo
responsabile del controllo e della gestione del contratto.
Sono emerse molte lezioni specifiche per il contesto del Cairo, ma molte
possono anche essere generalizzate alla gestione dei rifiuti nel più ampio
contesto dei paesi a basso reddito. Ad esempio:
Assenza di rispetto del contratto – una realtà di problemi per il lavoro e una
minaccia al livello di vita
Alle multinazionali viene richiesto di portare i rifiuti nei luoghi di raccolta
finali. Per far ciò hanno bisogno di avere una squadra di raccolta che non ha
un diritto acquisito nel riciclaggio dei rifiuti. Ciononostante, hanno
incontrato difficoltà nell’attrarre nuovi partecipanti a questo commercio a
causa dello stigma che lo qualifica. Non sono state capaci di assumere il
gran numero di raccoglitori che serviva per una grande città e perciò sono
state costrette a continuare ad affidarsi al servizio dei raccoglitori
tradizionali di rifiuti.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
137
I raccoglitori tradizionali di rifiuti nelle case restano la fonte principale della
forza lavoro per questo commercio. Tuttavia, ciò che li fa lavorare a bassi
salari, per lunghe ore e in difficili condizioni è il potenziale profitto
ottenibile attraverso i materiali riciclabili. L’Unità di Controllo del
Contratto della CCBA non multa le multinazionali per il persistere del
riciclaggio al livello delle abitazioni dei raccoglitori i tradizionali. Se lo
facesse, i raccoglitori tradizionali potrebbero smettere di lavorare o ri-
trovare strade di raccolta informale al di fuori delle multinazionali,
ricorrendo al loro consolidato rapporto con gli abitanti. Se accadesse la
prima cosa, ne conseguirebbe una diminuzione nella forza lavoro che
porterebbe a una città notevolmente più sporca di prima che ci fossero i
contratti con le multinazionali. Mentre, se si realizzasse la seconda ipotesi,
il caos e il non rispetto del contratto sarebbero accompagnati da ulteriori
privazioni per i raccoglitori tradizionali e da multe per le compagnie
internazionali.
I raccoglitori tradizionali portano ancora i rifiuti nelle proprie abitazioni e li
dividono manualmente. Nutrono i propri animali con la porzione organica e
vendono/processano/rielaborano la porzione di secco. Nell’invitare le
imprese internazionali, non sono stati proposti sistemi alternativi più evoluti
per permettere ai raccoglitori tradizionali di continuare a riciclare e alle
compagnie internazionali di collocare adeguate risorse umane per portar
avanti il lavoro.
La concorrenza per i rifiuti da parte degli rovistatori
Gli abitanti del Cairo erano abituati da oltre cinquant’anni a ricevere
quotidianamente un servizio porta a porta da parte dei tradizionali
raccoglitori di immondizia. Le compagnie internazionali, cercando sistemi
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
138
di riduzione dei costi, hanno disegnato e creato dei punti di raccolta dei
rifiuti. La disponibilità di rifiuti in luoghi pubblici ha portato all’emergenza
di una nuova classe di operatori informali nel settore, che frugano nei
cassonetti cercando oggetti particolari da riciclare. Costoro vendono i rifiuti
non organici recuperati (cartone, plastica, metalli) agli intermediari che
possiedono i depositi. Questi a loro volta vendono a commercianti più
grandi e questi ultimi alle industrie del settore formale. Questo fenomeno
deriva dal contesto di povertà dei grandi agglomerati urbani ed è comune a
tutte le megacittà.
Ciò ha portato alla comparsa in città di centinaia di carretti trainati da asini
e a una situazione di mancanza di igiene intorno ai punti di raccolta dei
rifiuti dovuta all’immondizia sparsa dagli rovistatori. Nel 1990, in risposta
al crescente problema del traffico al Cairo e alla sua interferenza col
turismo, il governatorato del Cairo ha proibito ai raccoglitori tradizionali
(zabbaleen) di entrare in città con i carretti trainati dagli asini e li ha
obbligati a comprare dei camion. Nel 2004 la nuova schiera di rovistatori
emergenti ha cominciato a creare gli stessi problemi di prima del 1990 e
l’idea dei moderni servizi stranieri meccanizzati è stata sconfitta.
La risposta degli abitanti al nuovo sistema
Gli abitanti della città sono scontenti del servizio di punti di raccolta dei
rifiuti dato che risulta in una riduzione del precedente servizio quotidiano di
raccolta porta a porta. Inoltre, i contenitori e la raccolta sono non per ogni
palazzo, ma piuttosto ogni 3-4 palazzi. I cassonetti vengono buttati in giro
per l’isolato, rubati e gli accattoni spargono intorno l’immondizia.
Contemporaneamente, insieme alla riduzione nel livello del servizio, è stato
chiesto agli abitanti di pagare di più e i servizi di nettezza urbana sono stati
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
139
caricati sulla bolletta elettrica. Molti hanno deciso di conservare il loro
raccoglitore tradizionale con un rapporto informale pagandolo come prima
della privatizzazione delle multinazionali, per evitare di portare giù fino a i
cassonetti i propri rifiuti da palazzi molto alti e di molti piani. Inutile a dirsi,
ciò ha portato a una scontentezza anche maggiore di questo sistema, dato
che adesso pagano due volte: una volta con la bolletta elettrica e la seconda
volta, anche se informalmente e volontariamente, al raccoglitore
tradizionale.
Il sistema dei luoghi fissi di raccolta dei rifiuti non ha avuto successo anche
perché spesso non sono sufficienti per la quantità di rifiuti prodotti. Gli
abitanti sono scontenti di avere i cassonetti vicino alle loro abitazioni per gli
odori che emanano e per le malattie che possono portare. Spesso mandano i
bambini a buttare l’immondizia e questo comporta che la depositino
accanto, piuttosto che dentro ai cassonetti. E quando i cassonetti non sono
abbastanza vicini alle abitazioni, gli abitanti lasciano i rifiuti dappertutto
nelle strade o nel primo spazio libero.
La capacità delle Autorità Locali nel controllare e far rispettare i contratti
Con l’avvento dei contratti internazionali nei servizi di nettezza urbana,
Alessandria e il Cairo hanno creato delle nuove Unità di Controllo per
monitorare e assicurare il rispetto del contratto. Queste unità sono nuove,
inesperte e prive di autorità. Attualmente, i ruoli dell’Unità del Cairo e di
quella della CCBA non sono chiari e spesso si sovrappongono. Le
compagnie internazionali si lamentano di venire multate per violazioni che
rientrano nei loro contratti e ritengono che l’Unità per il controllo del
Contratto non abbia sufficiente conoscenza dei contratti che esse hanno
firmato. Inoltre, la CCBA si arroga il ruolo dell’Unità di Controllo del
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
140
Contratto mettendo in dubbio la sua capacità di crescere in competenza e
autorevolezza. Alcune Unità di Controllo non hanno neppure visto i
contratti o i piani di lavoro che si suppone debbano controllare. Di
conseguenza l’attività è frammentata, inefficiente e lascia le imprese
internazionali in balia di multe arbitrarie per atti che non sono in violazione
dei contratti.
7. Le preoccupazioni dei riciclatori informali dovute ai contratti
internazionali.
Perdita del lavoro
La preoccupazione principale dei raccoglitori tradizionali di rifiuti è la
perdita del lavoro e l’esclusione dall’industria del riciclaggio – l’unica fonte
per il sostentamento. Non sono interessati ad essere semplicemente una
squadra di raccoglitori, dato che ciò distruggerebbe la loro principale fonte
di guadagno – il riciclaggio – e l’esperienza acquisita nei decenni passati
nel corso di due generazioni. Il momento della separazione è quello più
efficiente nel riciclaggio dei rifiuti solidi. Se l’immondizia è distrutta
tramite la compattazione nel punto di raccolta, questo influisce
negativamente su tutta la catena.
Lo sfruttamento dei raccoglitori da parte degli intermediari
La base contrattuale su cui le multinazionali assumono i raccoglitori
tradizionali è nelle mani di pochi grandi intermediari che sono
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
141
essenzialmente imprese di collocamento. Gli intermediari assumono molte
persone per raccogliere e trasportare i rifiuti nelle loro case dove continuano
a separare manualmente e a riciclare. Usano i propri camion, con o senza il
logo della compagnia, indossano le proprie uniformi, non usano
equipaggiamento protettivo e raccolgono i rifiuti casalinghi alla porta degli
appartamenti degli abitanti. La situazione attuale ha influito sulla
condizione dei tradizionali raccoglitori di rifiuti nella seguente maniera:
Ha aumentato la loro oppressione, dato che il prezzo per il servizio
va ora all’attività legale dei pochi più forti che pagano ai
raccoglitori una piccola parte di esso.
Pochi raccoglitori hanno perso i loro tradizionali percorsi, ma la
maggior parte continua a servire gli stessi clienti da molti anni e
offre un servizio regolare. Dove hanno perso il lavoro ciò è dovuto
ai portieri dei palazzi che ora offrono ai residenti il servizio di
portare l’immondizia dagli appartamenti ai cassonetti.
Per continuare a sopravvivere con i rifiuti, dato che i salari pagati
dalle multinazionali agli intermediari che procurano i lavoratori e
che li sfruttano non è sicuro che raggiungano i raccoglitori, i
raccoglitori tradizionali fanno concorrenza alle compagnie
multinazionali programmando i loro giri di raccolta prima di quelli
delle multinazionali.
Per integrare le diminuite quantità di rifiuti che raccolgono,
entrano in concorrenza con i nuovi accattoni frugando anche loro
nei cassonetti, finendo così per essere ridotti a diventare un
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
142
disorganizzato gruppo di accattoni invece di una squadra altamente
organizzata di raccoglitori/riciclatori.
Mentre tradizionalmente avevano integrato il loro regolare giro per
le case con un analogo giro di raccolta di rifiuti
commerciali/istituzionali, hanno dovuto ora ingrandire di molto
quest’ultimo per raccogliere rifiuti separati all’origine da piccoli
negozi di alimentari, di materiali per stampanti, scuole, piccoli
laboratori di metalli, fabbrichette di abbigliamento, macellai, ecc.
8. Proposte di riorganizzazione
Dagli anni ’50 ai ’70, mentre il Cairo cresceva, i raccoglitori tradizionali di
rifiuti furono ripetutamente fatti traslocare dalle autorità in aree lontane
della periferia della città. Le politiche di allontanamento forzato sono un
vivo ricordo delle loro vite. Dalla metà degli anni ’70, si sono stabiliti nei
loro sobborghi e formano un anello di 5 insediamenti dei rifiuti intorno al
Cairo.
L’esperienza di Mokattam testimonia la fattibilità di investimenti finanziari
da parte della SME nel riciclaggio in Egitto, ma con un occhio alla salute
dei lavoratori e alla protezione dei consumatori.
Interventi programmati nel 1983 hanno portato alla creazione di piccole
industrie di riciclaggio grazie ai fondi di un prestito rinnovabile
amministrati da una ONG - Association of Garbage Collectors for
Community Development. Altri interventi pianificati tramite un’altra ONG –
la Association for the Protection of the Environment – hanno dimostrato che
si possono istituire imprese “pulite” di riciclaggio fondate su rifiuti separati
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
143
all’origine (stracci e carta). La separazione all’origine dei rifiuti casalinghi è
stata sperimentata in due quartieri del Cairo nel 1994 e si è dimostrata
realizzabile 28. I risultati della ricerca sono stati utilizzati in un nuovo
modello dimostrativo attivato nel 1998, nella città di Nuweiba, Sud Sinai e
ancora oggi proseguono sotto gli auspici di una terza ONG - Hemaya (EU/
Social Fund for Development of Egypt).
Attualmente, i raccoglitori tradizionali del Cairo stanno cercando di
realizzare la raccolta differenziata dei rifiuti casalinghi divisi tra umido e
secco. L’esperienza egiziana dimostra che questo è il modo più efficace di
effettuare quest’intervento. Ma si sono dovuti fermare perché aspettano la
garanzia di ottenere la porzione non organica dei rifiuti e mantenere il loro
sostentamento tramite riciclaggio. Ciò non è garantito perché i contratti
internazionali stabiliscano che i rifiuti appartengono alle compagnie
multinazionali. Finché questo problema non avrà trovato una soluzione, la
situazione attuale resterà irrisolta.
Perché l’impresa produttiva del riciclaggio possa esistere è
necessario che l’intervento pubblico supporti il lavoro dei riciclatori,
che debbono poter accedere alle risorse riciclabili.
Fare contratti di gestione dei servizi di nettezza urbana con
multinazionali o compagnie nazionali del settore, richiede di stilare
contratti che abbiano una visione precisa di ciò che è giusto. I contratti
devono garantire che il valore aggiunto del lavoro dei poveri verrà
28Assaad, Marie and Moharram, Ayman. Final Report on the Separation-at-Source Scheme
As Implemented by the Association for the Protection of the Environment. Submitted to the Ford Foundation, January 1995
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
144
protetto, dato che è la loro unica fonte di ricchezza, i poveri non hanno
altro che il loro lavoro per costruire un commercio e una qualità della
vita. Quando i contratti vengono scritti in modo da avere come
obiettivo soltanto l’eliminazione dei rifiuti dai paesi e dalle città, danno
un colpo tremendo a persone che vivono un’esistenza marginale fatta
del proprio lavoro.
La creazione di posti di lavoro nel settore dei rifiuti deriva
dall’appropriata tecnologia usata dai poveri nella raccolta e nel
riciclaggio. La separazione manuale e le macchine semplici rendono il
settore una fonte dinamica di lavoro e guadagno. Il compattamento dei
rifiuti e la separazione meccanizzata distruggono il valore della risorsa
di base e la qualità della vita dei lavoratori.
L’intero settore è indirizzato dai mercati sviluppati dagli operatori
informali di rifiuti. Le politiche devono avere l’obiettivo di proteggere
gli aspetti di mercato del commercio, piuttosto che burocratizzarsi in
modo da avere un minor numero di operatori e un maggior numero di
mercati privi di reattività.
Un lavoro decente è un diritto di ogni individuo, inclusi i poveri,
gli analfabeti e i non specializzati. I riciclatori dei rifiuti debbono essere
protetti dal pericolo per la salute derivante dalla separazione dei rifiuti
misti. Ciò si può ottenere con misure politiche che portino a una
separazione all’origine dei rifiuti in due componenti soltanto – umido e
secco – da parte delle famiglie e dei produttori di rifiuti commerciali e
istituzionali.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
145
Sfratti e traslochi forzati di lavoratori dei rifiuti comportano serie
implicazioni negative sulla popolazione, il livello di vita e l’ambiente.
Piuttosto che cercare di cacciare i lavoratori dei rifiuti dagli attuali
quartieri, si dovrebbe cercare di migliorare le loro condizioni di vita, i
loro metodi e il loro commercio. Il settore offre abbondanti opportunità
per l’educazione degli adulti e il lifelong learning nelle aree della
salute, del credito, del diritto, delle capacità professionali e tecniche,
dell’organizzazione comunitaria, degli affari e così via.
Se non vengono deliberatamente disegnate e osservate le misure
sopradescritte, allora diventerà sempre più difficile superare il gap tra chi ha
e chi non ha e la rapida urbanizzazione farà crescere un numero sempre
maggiore di persone marginalizzate che saranno costrette a vivere ai
margini della società come accattoni operanti in condizioni subumane. La
questione impone una revisione delle politiche sulla gestione dei rifiuti nei
paesi non industrializzati, un più stretto dialogo con i gruppi locali collegati
ai riciclatori tradizionali e una riforma dei sistemi della gestione dei rifiuti
nel Sud del mondo basata su un sistema centrato sulle persone, costruito
socialmente e socialmente responsabile per la pulizia dei paesi e delle città.
*****
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
146
“Riuso ed Economie Popolari in Europa: il caso
studio di Roma” di Pietro Luppi – Responsabile Centro di Ricerca Occhio del Riciclone
Aziendalismo ed economia popolare: due modelli a confronto
Fino a qualche decennio fa in Europa (come oggi in America Latina, Africa
e Asia), la differenziazione degli scarti funzionava solo grazie alle
economie informali e popolari. I materiali faticosamente raccolti venivano
venduti al peso per essere riciclati nelle industrie di allora, oppure, nel caso
delle merci riusabili, distribuiti direttamente nei mercatini delle pulci o nelle
botteghe rigattiere. Ieri in Europa come oggi in altri continenti, questo
sistema era caratterizzato da una difficoltà tecnica fondamentale: la
separazione “a valle” dei materiali. Ovvero la divisione degli stessi in un
momento successivo al conferimento, che avviene in maniera indistinta.
Frugare in un mucchio di scarti indifferenziati é un’operazione lunga e
faticosa: che lo si faccia su un marciapiede o presso una discarica non
controllata, presso una cantina o in occasione di uno sgombero locali.
Quando poi gli operatori sono specializzati solo in un singolo materiale, il
lavoro di selezione é solo parzialmente efficace e per essere esteso all’intera
gamma dei materiali riutilizzabili, deve essere ripetuto da più operatori sullo
stesso stock indifferenziato. La differenziata a valle, in ultima analisi, é
poco efficiente e per arrivare a livelli soddisfacenti (in alcune zone di Cairo
Nord gli “Zabbaleen” differenziano l’80% degli scarti) richiede livelli
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
147
complessi di organizzazione e articolazione, con costi di transazione
(sopratutto di energia umana impiegata) troppo elevati rispetto ai benefici.
Oltre alle difficoltà propriamente tecniche, il sistema della separazione a
valle presenta inconvenienti dal punto di vista igienico: pelle e vie
respiratorie di chi rovista sono esposti a patologie di ogni tipo; questo
accade in seguito alla presenza nell’indifferenziato di organico marcito ma
anche per le polveri accumulate su beni stoccati in luoghi sudici.
Ci sono poi difficoltà legate allo status: il microimprenditore che si dedica a
raccogliere scarti é quasi sempre informale e pertanto non gode di nessun
diritto. Questo lo colloca in fondo alla scala sociale e spesso il suo lavoro
non viene percepito come tale da coloro che sono invece “ben integrati”.
L’Europa ha vissuto un forte ridimensionamento delle economie popolari
del riutilizzo da quando le aziende d’igiene urbana (presenti in varie forme
fin dall’antica Grecia) hanno iniziato a occuparsi anche della differenziata
oltre che della raccolta indistinta e dello spazzamento. Da quel momento
l’istituzione di campane antirovistamento o della raccolta domiciliare ha
reso impraticabile i sistemi tradizionali di raccolta popolare, lasciando ai
settori informali solo cantine e cassonetti stradali, ricchi di merci riusabili
ma poveri di frazioni riciclabili da rivendere al peso.
Ma un duro colpo alle economie popolari del riutilizzo veniva già prodotto
da altri elementi; uno di questi é stata la crescente messa in sicurezza delle
discariche, che fino a qualche decennio fa erano popolate di operosi
rovistatori in grado di selezionare ampie gamme di materiali. I rovistatori
sono stati gradualmente espulsi. Fino al 1964 nello scarico di Rottole,
vicino a Milano, 500 famiglie di spazzini vivevano facendo la “prima
cernita”di ben 36 tipologie merceologiche differenti. Negli stessi anni la
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
148
discarica di Roma ospitava allevamenti di porci che si nutrivano dello scarto
organico; la retribuzione dei guardiani degli animali consisteva nel
permesso di rovistare minuziosamente nella montagna indifferenziata di
scarti.
Nel caso italiano la raccolta differenziata ufficiale e “a monte” inizia in
seguito al Decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 1982, ma
riesce ad avere un forte impulso solo a partire dal 1997, quando il Dlgs
22/97 (Decreto Ronchi) stabilisce soglie minime di differenziata29 e,
sopratutto, istituisce consorzi obbligatori di filiera30 incaricati di avviare le
frazioni differenziate alle filiere industriali del riciclo. A oggi in Italia si
separa circa il 20% dei materiali; dell’ 80% dei rifiuti rimanenti, la maggior
parte continua a finire in discarica. In altri paesi, grazie a politiche più
efficienti (attuate grazie a una maggiore volontà politica e a una minore
presenza di ecomafie) si é potuti arrivare a ben altri livelli. Il capofila della
differenziata in Europa é la Germania, che sfiora il 60% di rifiuti
differenziati. Trascinata dalle direttive europee, presto o tardi anche l’Italia
potrebbe avvicinarsi a questi risultati: le discariche messe in sicurezza
secondo i parametri comunitari diventeranno troppo costose, e l’anomalia
dei contributi per le energie rinnovabili dirottati agli inceneritori é difficile
da difendere.
29 Ancora non raggiunte nonostante nella Finanziaria 2007 gli obiettivi siano stati alzati ulteriormente 30 I sei consorzi di filiera (Comieco, Rilegno, Corepla, Coreve, Cial e CNA) sono coordinati dal Consorzio Nazionale Imballaggi (CONAI), il quale smista i soldi dell’Ecotassa imposta a tutti i produttori e distributori di imballaggi. I consorzi di filiera sono obbligati ad acquistare dai Comuni le frazioni differenziate di Rifiuti Solidi Urbani e a corrispondere l’extracosto tra raccolta indifferenziata e raccolta differenziata.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
149
Ma torniamo all’economia popolare. In che misura il nuovo modello di
gestione dei rifiuti può garantire il medesimo livello di impiego di quello
precedente? Su questo argomento non esistono stime puntuali, ma di certo il
“blindamento” del ciclo dei rifiuti, nei paesi dove é avvenuto, ha prodotto
l’espulsione di milioni di lavoratori da questo settore. Laddove il modello
blindato ha implementato politiche serie di differenziata come il porta a
porta spinto si sono potuti introdurre sistemi “labour intensive”; ma l’alto
livello di meccanizzazione delle fasi successive alla raccolta non consente
comunque il pareggio con il sistema precedente, dove l’intero lavoro di
selezione veniva fatto “ a mano”.
Senza dubbio ci troviamo di fronte a due modelli opposti che sono in
rapporto tra loro secondo una dinamica che non appartiene solo al settore
della raccolta e del riutilizzo dei materiali, bensì all’economia in generale in
base a un processo generalizzato. Tale processo, secondo una diffusa
visione determinista, rappresenta la transizione verso la modernità.
Agricoltura di autosussistenza che diventa agricoltura aziendale;
ottimizzazione del lavoro che provoca eccedenza di manodopera, indotta
così a migrare nei centri urbani per essere impiegata nelle manifatture e
nelle industrie. Un fenomeno che inizia nell’ Inghilterra del XVIII secolo e
che prosegue tuttora con forza nei paesi del Sud del mondo, continuando a
produrre una tendenza finora ininterrotta che nel 2007 ha portato la
popolazione mondiale urbana a superare quella residente nelle aree rurali.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
150
Spesso l’economia popolare del riutilizzo nasce sull’onda di questo
processo, e sembra a volte esserne un sottoprodotto: i migranti dalla
campagna non trovando impiego nelle attività produttive delle città danno
vita ad attività microimprenditoriali che non necessitano né di capitali né di
investimenti iniziali. Un’eccedenza dell’eccedenza. Questa dinamica, ben
viva nel Sud del mondo, non é più la stessa nei paesi del Nord, i quali da
qualche decennio vedono una nuova impennata dei raccoglitori informali,
questa volta dovuta non alla migrazione interna dalle campagne, ma ai
flussi migratori provenienti dai Balcani, dall’Europa dell’Est, dal
Nordafrica e dall’America Latina. Le eccedenze di manodopera dei paesi
del Sud migrano in paesi più ricchi per diventare manodopera per
l’agricoltura, per l’edilizia, per la manifattura, o per svolgere servizi
precedentemente garantiti dalle fasce deboli locali (ad esempio il lavoro di
colf). L’eccedenza di questa eccedenza diventa spesso economia informale,
e una parte di essa si dedica alla raccolta e al riutilizzo degli scarti.
Spesso si può osservare con chiarezza (sia nei paesi del Sud che nei paesi
del Nord) che quando l’eccedenza dell’eccedenza non trova spazio in
economie informali ma oneste, allora l’unico sbocco rimane la
microcriminalità. Nel corso delle manifestazioni dei rovistatori di
cassonetto tenutesi a Roma nell’Ottobre e nel Novembre del 2007, molti
operatori rom dichiaravano esplicitamente che essendo stati chiusi tutti i
mercatini delle pulci informali sarebbero stati costretti a praticare il furto;
scelta obbligata almeno nel medio termine non essendo agevole l’accesso al
mercato del lavoro. L’esempio preso non é che uno tra gli innumerevoli
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
151
indici che mostrano come la microcriminalità si sviluppi laddove sono
assenti altre alternative per la sopravvivenza.
In Europa siamo abituati a considerare l’economia informale un fenomeno
marginale per quanto molto visibile; ad accentuare una percezione di
“lontananza” contribuisce il fatto che questi settori impiegano sopratutto i
migranti e fasce alle quali non viene riconosciuta pienamente la
cittadinanza, né a livello giuridico né a livello sociale. Secondo una
proiezione compiuta da Ares nel 2007 i lavoratori informali italiani
sarebbero 800.000 (l’1,5 % della popolazione).
Nei paesi del Sud del mondo il settore informale assorbe invece in molti
casi più del 50% degli occupati, e a essere priva di vera cittadinanza (anche
se questa é giuridicamente riconosciuta) é spesso la maggioranza della
popolazione. In questi paesi non sono infrequenti quote di raccoglitori
informali di scarti che arrivano fino al 2-3% della popolazione totale.
In Europa le percentuali di raccoglitori sono molto più esigue, ma il numero
dei raccoglitori sta nuovamente crescendo, e a un ritmo molto rapido. Ogni
grande città europea ospita oggi diverse migliaia di rovistatori.
La grande maggioranza di essi non é più impiegata nella raccolta di
materiali per il riciclo, come avveniva in passato in Europa e come continua
ad avvenire nei paesi del Sud: oggi in Europa si raccoglie sopratutto per il
Riuso, ovvero per il riutilizzo non industriale dei materiali. Il Riuso, che
popolarmente viene spesso confuso con il Riciclo, é il recupero delle cose
che possono essere ancora usate così come sono: un comodino rimane un
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
152
comodino e viene commercializzato come tale, un libro viene raccolto e
rivenduto in quanto libro, eccetera.
Mentre la raccolta delle frazioni da riciclare industrialmente é stata
monopolizzata dalle aziende di igiene urbana sotto pressione dell’industria
affamata di materie prime seconde, la raccolta di merci usate é rimasta in
mano all’economia popolare. Mentre il settore economico di riferimento
della materia prima seconda é l’industria dei grandi capitali, lo sbocco del
Riuso é la microimpresa dell’usato, dai rigattieri agli operatori dei mercati
delle pulci: un arcipelago, quest’ultimo, che rimane prevalentemente
informale dal suo primo anello (la raccolta) fino all’ultimo (la
distribuzione).
Per la filiera del Riuso la logica determinista della ”transizione alla
modernità” non sembra funzionare molto: la domanda finale dell’usato é
lontana dalla saturazione e il settore sembra in grado di autotrasformarsi e
di espandersi tanto indefinitamente quanto caoticamente. Si rifiuta di
decadere e sembra anzi ben proiettato verso un proprio futuro. A
minacciarlo non é la dinamica del mercato bensì ostacoli esterni a
quest’ultimo, come la repressione e l’impossibilità di accedere allo spazio
pubblico.
Sia nel Nord che nel Sud del mondo convivono quindi due modelli di
gestione ambientale, anche se con proporzioni differenti. Il primo modello é
caratterizzato da disarticolazione, precarietà e inadeguatezza igienico-
sanitaria, ma garantisce un fondamentale ruolo di assorbimento sociale ed
economico. Il secondo modello é articolato ed efficiente ma non può
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
153
sostituire il ruolo sociale ed economico del primo; mentre offre materie
prime seconde all’industria, nega le merci riusabili al settore dell’usato.
Il primo modello é in auge nel Sud del mondo e viene minacciato dalle
tendenze “modernizzatrici”; il secondo modello é in auge nel Nord ma non
riesce a scalzare alcuni settori che nonostante tutto godono di ottima salute.
La necessità di una sintesi sembra ovvia; ancor prima che frutto di
considerazioni tecniche, questa sintesi potrebbe essere il frutto di dinamiche
obbligate. A Città del Messico gli eredi del Rey de la Basura Rafael
Gutierrez Moreno gestiscono un esercito di decine di migliaia di
pepenadores, che sommati al resto dei raccoglitori informali rappresentano
un blocco sociale ed economico molto difficile da scalzare con politiche
modernizzatrici classiche. In Sudafrica e in India, ugualmente, chi vuole
introdurre il modello occidentale di raccolta differenziata deve fare i conti
con sindacati molto potenti. Anche quando la rappresentanza sindacale non
é articolata al punto da fare pressione cosciente, spazzare via i settori
informali del riutilizzo rischia di incrementare la “guerra sociale” prodotta
dal proliferare della microcriminalità. D’altronde uno Stato che voglia
definirsi moderno é ormai obbligato a dotarsi di una gestione organizzata
dei rifiuti, e in presenza di uno sviluppo industriale rendere trasparente ed
emerso il meccanismo di raccolta della materia prima seconda diviene un
imperativo. Per queste ragioni molte amministrazioni locali iniziano a
cercare una via di mezzo tra i due modelli, e la legislazione colombiana si é
posta all’avanguardia con un decreto (il 1501 del 2003) che stabilisce che
gli amministratori locali colombiani devono introdurre la raccolta
differenziata a partire dai recicladores de calle.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
154
In Europa e Stati Uniti invece il fenomeno non viene riconosciuto dalle
istituzioni, e le uniche politiche attuate sono repressive e mirano a
distruggere tutti coloro che mettono in discussione il regime di monopolio
assoluto delle aziende di igiene urbana. Dalle azioni contro chi rovista nei
cassonetti fino al rifiuto di cedere spazio pubblico, che costringe gli
operatori dell’usato a permanere in condizioni di precarietà assoluta. Ma
l’emergenza sociale dovuta alla naturale pressione dei flussi migratori sui
paesi del Nord sta generando un’estensione del fenomeno di tali
proporzioni che renderà ineludibile la salvaguardia di queste sacche di
assorbimento sociale. Sperando che il passaggio intermedio prima di
cercare soluzioni di sintesi non sia, come avvenuto in America Latina, la
politica della “Limpieza social” e degli squadroni della morte...
IL CASO STUDIO DI ROMA
I rovistatori di cassonetto, Porta Portese e gli Antiquari
Roma ospita almeno 2300 microimprese dell’usato fondate
sull’approvvigionamento di “rifiuti” o “rifiuti in potenza”31. Per “rifiuti in
potenza” intendiamo tutti quegli scarti che vengono acquisiti dalla
microimpresa prima di entrare ufficialmente a far parte del flusso dei Rifiuti
Solidi Urbani; di questa categoria fanno parte le merci riusabili raccolte
dagli svuotacantine e in generale da chi offre il servizio di sgombero locali.
Gli individui conivolti nel lavoro delle microimprese secondo un stima
31 Vedere “Impatti occupazionali di un Riuso sistemico nella città di Roma”, Occhio del Riciclone 2008; pag.59
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
155
prudenziale sono almeno 400032. La cifra salirebbe di qualche centinaio di
unità se oltre agli ambulanti includessimo anche tutte le botteghe di
rigattiere e i negozi in conto terzi.
Tra rifiuti e rifiuti in potenza si possono individuare, in maniera consistente,
materiali classificabili in macrocategorie merceologiche quali l’oggettistica,
l’arredamento e gli articoli per la casa, gli elettrodomestici e gli accessori
d’ufficio, l’elettronica (con una netta prevalenza di tv e computer), il
cartaceo (libri, fumetti e riviste), musica e video (cd, audiocassette e
videocassette, dvd), i materiali e gli accessori per l’edilizia, la falegnameria
e gli interni.
All’interno di queste categorie é presente una quota significativa di pezzi di
antiquariato, modernariato e collezionismo.
Il settore che assorbe queste tipologie di beni usati é variegato e composito,
e per questo motivo é utile dividerlo in almeno 4 macrocategorie scelte in
funzione dei beni trattati:
1) Operatori che trattano beni indifferenziati a basso costo (I)
2) Operatori che trattano beni specifici a basso costo (SB)
3) Operatori che trattano beni specifici ad alto costo (SA)
Gli operatori I sono quelli che maggiormente hanno contatto con il flusso
dei rifiuti e con i rifiuti in potenza, e sempre più spesso sono la fonte di
approvvigionamento per le altre due categorie di operatori, gli SB e gli SA.
Gli operatori I si distinguono dagli altri due gruppi perché non sono
monomerce. Nella categoria I rientrano tutti gli operatori che trattano
oggetti non d’epoca ma anche merci specifiche (abbigliamento, libri usati,
32 Idem
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
156
antiquariato, modernariato, collezionismo, ecc...), che però vengono esposte
e vendute assieme ad altre merci. Gli operatori I si approvvigionano dai
cassonetti, dalle cantine e in generale selezionando merci dallo sgombero di
locali. Sono prevalentemente abusivi e oltre il 70% di loro lavora a lato dei
mercati rionali (1639 microimprese). Il rimanente 30% lavora presso i
mercatini “low cost” (come lo storico mercato di Porta Portese, i mercatini
dell’usato spontanei, i mercatini dell’usato Rom e i cosiddetti“mercatini del
baratto”) e in misura minore presso i mercatini “high cost.
Gli SB e i SA sono monomerce e si distinguono tra loro fondamentalmente
per i prezzi offerti al pubblico. Il maggiore prezzo della merce venduta dagli
operatori SA non necessariamente comporta una maggiore qualità rispetto a
quella trattata dagli SB. Anzi, come abbiamo accennato sopra, spesso le
merci hanno origine nei cassonetti e nelle cantine frequentati dagli operatori
I.
Gli ambulanti del gruppo SB sono presenti solo nei mercatini “low cost”, e
la grandissima maggioranza di essi lavora in stato di abusività presso il
mercato di Porta Portese. Anche se in misura nettamente inferiore agli
operatori I, si approvvigionano anch’essi direttamente da cassonetti e
cantine. Ma l’accesso a queste fonti di approvvigionamento avviene più di
frequente attraverso intermediari del gruppo I.
Gli ambulanti SA lavorano quasi solo nei “mercatini high cost”,
manifestazioni che a Roma come nel resto d’Italia sono in forte
proliferazione. Solo raramente gli operatori SA attingono in maniera diretta
ai flussi di rifiuti o ai “rifiuti in potenza” ma spesso acquistano beni
provenienti da tali fonti avvalendosi dell’intermediazione di altri operatori.
Gli ambulanti SA si distinguono dai negozianti della stessa categoria
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
157
prevalentemente per le dimensioni delle merci che espongono. Mentre
l’ambulante SA espone fondamentalmente oggettistica di piccole e medie
dimensioni, il negoziante SA (l’antiquario classico) espone anche mobili e
oggetti di grandi dimensioni.
I tre grandi gruppi di operatori che abbiamo elencato sono a loro volta
suddivisi in gruppi che hanno dinamiche spesso molto differenti tra loro.
Non solo: l’estrema disomogeneità delle filiere dell’usato consentirebbe,
all’interno dei vari gruppi che compongono ognuno dei tre grandi gruppi
che abbiamo identificato, l’individuazione di ulteriori sottogruppi
caratterizzati da un ingente numero di sottodinamiche.
Il seguente schema indica le principali categorie di operatori che
compongono ciascuno dei tre gruppi.
Gruppo I
• Ambulanti
• Ambulanti abusivi
• Negozianti
• Negozianti in conto terzi
Gruppo SB
• Ambulanti
• Ambulanti abusivi
• Negozianti
Gruppo SA
• Ambulanti
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
158
• Negozianti
Il fatturato del settore dell’usato romano é di quasi 50 milioni di euro
annui33: la soglia di fatturato che i parametri europei indicano per definire
una Grande Impresa. Di certo si tratta di una Grande Impresa “labour
intensive”, dato che secondo gli stessi parametri europei la soglia minima di
persone impiegate associata a questo livello di fatturato é di 250 a fronte
delle almeno 4000 persone impiegate dal settore dell’usato romano.
L’abusivismo contribuisce al fatturato di questa Grande Impresa con quasi
30 milioni di euro.
Un mercato in boom che lotta per sopravvivere
Strano a dirsi, ma il settore dell’usato romano, nonostante viva un vero e
proprio boom, a causa dell’abusivismo forzato deve lottare per la sua
sopravvivenza. I mercatini delle pulci rom, quelli più riconducibili alle
attività del rovistare nei cassonetti, sono potenzialmente in fortissima
espansione, ma i blitz dei vigili urbani e l’assenza di disponibilità nella
cessione dello spazio pubblico toglie a questo settore gli spazi vitali di
sopravvivenza. L’incidenza dell’abusivismo tra gli ambulanti é dell’83%:
quasi la totalità del settore. Ma in realtà la sommersione rasenta il 100% se
si considera sommerso il settore di coloro che fingono di essere amatori
mentre in realtà sono professionisti.
Gli ambulanti dell’usato vivono l’abusivismo come un impedimento e
un’ossessione. L’incubo delle multe (sempre più salate), degli sgomberi e
33 Vedere “Impatti occupazionali di un Riuso sistemico nella città di Roma”, Occhio del Riciclone 2008; pag.62
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
159
del sequestro delle merci inculca negli operatori un senso di clandestinità
che per molti di essi, in assenza di alternative e spazi di legalità, si è
tramutato ormai da tempo in frustrazione, disperazione e totale sfiducia
nelle istituzioni.
L’Associazione Porta Portese, che rappresentando oltre la metà degli
operatori dell’usato dello storico mercato di Roma è la principale
associazione di categoria degli ambulanti dell’usato della città, in una lettera
aperta del 2004 all’allora Assessore al Commercio del Comune di Roma
Daniela Valentini descrive efficacemente il problema. Riportiamo alcuni
stralci della lettera:
“L’obiettivo delle nostre battaglie è il riconoscimento pieno della nostra
attività di operatori da parte della pubblica amministrazione, e l’uscita
dallo stato di precarietà che la condizione di abusivismo oggi, nostro
malgrado, c’impone”.
“ i problemi che scaturiscono dal mancato riconoscimento del mercato di
Porta Portese da parte dell’amministrazione vanno da quello immediato e
concreto di una sanzione da 5000 euro che riguarda i due terzi abbondanti
del mercato, a quello del quotidiano domenicale il cui tessuto connettivo
del mercato è costretto ad una salvaguardia continua da comportamenti
criminali e sociopatici diffusi, a quello più generale che sta
nell’impossibilità oggettiva di poter fare del proprio lavoro un progetto di
vita”.
“l’esigenza e l’urgenza di riconoscimento e riqualificazione del mercato,
dovuta a una serie di concause che stanno erodendo proprio quei settori
più vivaci del mercato, caratterizzati dalla vendita di merci usate, che
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
160
conferiscono al mercato il suo tratto storico distintivo. Elenchiamo le
principali.
A fronte dell’ormai stabilizzata esplosione dei mercatini dell’usato, manca
una disciplina del settore che prenda atto e conferisca legalità e dignità ad
una pratica commerciale ormai diffusa e strutturale nella formazione del
reddito di migliaia di operatori, che sono costretti ad operare nell’ombra o
a fingersi venditori saltuari, per obbedire alla normativa che riconosce solo
il carattere hobbistico e amatoriale di questi lavori. Questa mancanza di
regole finisce per deprofessionalizzare un’attività sempre più diffusa e
sempre meno amatoriale, viste le attuali condizioni del mercato del lavoro e
data la continua perdita d’acquisto dei salari, e fornisce occasioni di
speculazione sul bisogno di reddito altrui da parte degli organizzatori dei
mercatini domenicali. In particolare, questo vuoto legislativo aggrava la
condizione di precarietà sopratutto di quegli operatori che operano con
maggior grado di continuità:è la situazione degli operatori di Porta
Portese, che pagano lo scotto ele sanzioni dell’essere maggiormente esposti
alla più larga dimensione pubblica del fenomeno.
Il meccanismo concorrenziale tra mercatini domenicali contribuisce altresì
alla fuga di una discreta parte di operatori verso luoghi dove l’escamotage
dell’essere venditori per hobby fornisce un sistema di copertura paralegale
della propria attività: questo processo, lungi dall’essere una pratica di
massa, è preoccupante nella misura in cui erode lo zoccolo duro di
operatori che tiene viva la tradizione più carateristica del mercato, e a
lungo termine, se si insiste con una politica di laissez-faire nel settore, può
di fatto stravolgere e snaturare il delicato assetto del mercato”.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
161
Anche gli ambulanti rom hanno protestato contro il loro abusivismo forzato.
Il 28 Ottobre 2007 i rovistatori di cassonetto del mercatino di Lungotevere
Dante, in occasione di una manifestazione che ebbe grande risalto
mediatico, nel loro comunicato stampa scrissero le seguenti frasi:
“Siamo Rom Khorakhané. Spesso ci si accusa di essere tutti ladri. Ma noi
non abbiamo intenzione di rubare. Frugando nei cassonetti togliamo merci
ancora riutilizzabili dal flusso che poi raggiunge la discarica, e così
facendo offriamo un servizio alla città.
- Chiediamo di essere regolarizzati perché il nostro lavoro onesto
venga garantito.
Siamo disponibili a individuare assieme all’amministrazione e ai suoi
rappresentanti regole efficaci a far sparire del tutto il marginale
fenomeno della ricettazione all’interno del mercatino
- Chiediamo di poter accedere alle merci riusabili che si trovano nel
flusso dei rifiuti senza dover frugare nei cassonetti.
In presenza di un sistema di raccolta porta a porta gestito da AMA che
comprenda anche la selezione del riusabile, siamo disponibili ad
acquistare all’ingrosso ciò che oggi con tanta fatica prendiamo nei
cassonetti.”
A differenza dei cittadini italiani di etnia autoctona, i rom, anche quando
hanno la cittadinanza, non riescono ad aprire spazi di trattativa e a far valere
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
162
i loro diritti. Per questo motivo subiscono ogni genere di abuso. Non é
infrequente, in situazioni miste tra etnia autoctona ed etnia rom, assistere a
odiose selezioni razziali che portano a una repressione mirata; nella
primavera del 2005 il Presidente dell’Associazione Porta Portese, Antonio
Conti, ha denunciato l’espulsione dei nomadi dal mercato di Porta Portese
come un “grave atto repressivo condotto sulla base della selezione etnica”.
Nell’Ottobre del 2007 durante un blitz illegale ordinato dal Sindaco
Veltroni, un corpo speciale di Vigili Urbani ha distrusse le merci di circa
150 operatori del mercato di Porta Portese senza procedere a regolare
sequestro e senza rilasciare verbali. Mentre gli operatori di etnia autoctona
furono lasciati a piede libero, un centinaio di rom che faceva esattamente lo
stesso mestiere ed esponeva frazioni merceologiche analoghe, fu invece
fermato e portato in questura con le accuse di ricettazione e furto. I rom
espulsi da Porta Portese iniziarono così a cercare il loro spazio di
sopravvivenza a margine degli altri mercatini delle pulci, creando un
sovraccarico in alcuni casi ingestibile. La minore gestibilità, sommata a un
violento clima di razzismo istituzionale, portò nel giro di un paio di mesi
alla chiusura di quasi tutti i mercatini rom della città (con l’eccezione di Via
Lombroso e Piazzale Flaiano, quest’ultimo chiuso qualche mese dopo). Le
giustificazioni addotte per i blitz della Polizia Municipale o per il ritiro delle
autorizzazioni erano sempre le stesse: sporcizia e presenza di ricettatori.
Motivazioni presentate in maniera meccanica anche nei contesti dove non
era evidente né la sporcizia né la presenza di ricettatori.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
163
L’edilizia di fortuna
Il riuso non é solo commercio ma anche abitudine quotidiana di un numero
crescente di romani. Il fenomeno dell’edilizia di fortuna é infatti in forte
crescita e include il massiccio recupero di materiali edili o impropriamente
edili nonché di accessori per interni.
Le baraccopoli di un tempo
Roma un tempo non era poi così diversa da Lagos, San Paolo del Brasile o
qualsiasi altra città del Sud del mondo: fino ai primi decenni del ‘900 una
parte considerevole dello spazio urbano della “città eterna” era infatti
costituito da baraccopoli che arrivavano a costeggiare i quartieri più centrali
della città. Nel corso degli anni, e sopratutto durante il fascismo, gli
agglomerati di abitazioni di fortuna più centrali sono stati gradualmente rasi
al suolo per costruirci nuovi quartieri, spesso deportando gli abitanti
originari in zone più periferiche.
Ma se nel dopoguerra la bidonville che si trovava nelle prossimità di Piazza
del Popolo non esisteva più, le baracche di Monte del Gallo continuavano
comunque a lambire il Vaticano rimanendo ben visibili fino a Piazza
Gregorio VII, e una parte consistente delle aree limitrofe a quartieri oggi
reputati centrali o semicentrali erano caratterizzate dalla presenza di grandi
insediamenti di fortuna: il Mandrione, Bravetta, Valle Aurelia e il
Quarticciolo, sono solo alcune delle zone che fino a quarant’anni fa erano
caratterizzate da un caotico estendersi di costruzioni di fortuna e dalla quasi
totale assenza di servizi e infrastrutture.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
164
A Roma, come ovunque, la materia prima per costruire le baracche veniva
pescata nell’”immondizia”e tra i materiali di risulta dell’edilizia: fino a
un’epoca relativamente recente, quindi, una parte importante degli abitanti
di Roma viveva in abitazioni create parzialmente o totalmente riusando
scarti; e non di rado si trattava di scarti che anche se privi di un mercato di
riferimento, potrebbero essere dignitosamente utilizzati non solo nella
costruzione di baracche ma anche per arredare dignitosamente abitazioni
popolari.
Un esempio significativo di riuso a fini di edilizia praticato nel dopoguerra
può essere osservato ancora oggi presso la foce del Tevere: nella parte Nord
del fiume c’è un villaggio di palafitte chiamato Passo della Sentinella, che si
trova sotto la giurisdizione di Fiumicino; nella parte Sud, invece, c’è un
agglomerato di abitazioni di fortuna denominato Idroscalo, che fa parte di
Ostia ed è noto per essere il luogo dove Pierpaolo Pasolini è stato ucciso. In
entrambi gli insediamenti sono presenti forme di riuso immediatamente
visibili, come ad esempio molte pareti esterne o staccionate che sono il
frutto evidente del collage di pezzi di legno delle più variegate provenienze,
e forme di riuso meno visibili, come i muri delle case tirati su con mattoni
ricavati da macerie di altre costruzioni. Le macerie possono essere una vera
e propria miniera.
Sergio Leoni, attuale proprietario del ristorante dove Pasolini consumò la
sua ultima cena, vive all’Idroscalo fin da quando era bambino, negli
anni’50, e ricorda con chiarezza l’opera di spolpamento delle macerie del
vecchio idroporto, che era stato fatto esplodere dai tedeschi nel 1945 per
non lasciarlo nelle mani degli alleati che avanzavano. I mattoni, i tralicci di
cemento armato e i tondini dell’idroscalo servirono non solo a edificare
l’insediamento di fortuna tuttora presente nell’area, ma anche una
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
165
baraccopoli molto più grande, che si snodava per parecchie centinaia di
metri lungo la strada che porta verso il centro di Ostia e attorno alla quale
ora sorge un quartiere di moderne palazzine.
Negli anni ’60 a Roma i materiali di risulta erano abbondanti: chi voleva
costruire abitazioni improvvisate spesso si recava in uno dei capannoni
dove venivano distribuiti i resti della demolizione delle fabbriche che prima
si trovavano dentro Roma e che venivano ricostruite fuori dalla città. In quel
periodo le bidonvilles erano ancora estesissime: secondo una stima del
1969, in quell’anno le famiglie romane che vivevano nelle baracche erano
16.000: un numero destinato a diminuire drasticamente negli anni seguenti
con l’occupazione di migliaia di appartamenti sfitti e al successivo
incremento della costruzione di case popolari, sopratutto in zone
ultraperiferiche. Ma la diminuzione delle bidonville è frutto anche di
un’altra dinamica: in alcune aree le abitazioni di fortuna vengono
ristrutturate in maniera così efficace da non poter più essere considerate
baracche ma piuttosto villini abusivi; che naturalmente, a causa della loro
storia e della posizione nella quale sono ubicati, non devono essere
assimilati in nessun modo al fenomeno dell’edilizia abusiva promosso da
benestanti evasori fiscali nei dintorni della città o nel litorale.
Prima degli anni ’70 quindi, a causa di un estremo disagio abitativo, decine
di migliaia di romani vivevano in “case” frutto del riuso di materiali; privi
di particolare coscienza ambientale, essi vivevano spontaneamente e
quotidianamente nella cultura del riuso. Una cultura che le stesse persone e i
loro figli praticano tuttora nei quartieri popolari e all’interno delle case
occupate, anche se in maniera meno integrale.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
166
Roma: baracche e baraccopoli di oggi
Negli ultimi anni, con il massiccio avvento di migranti, a Roma le baracche
stanno tornando ad aumentare e le famiglie che vivono in abitazioni
realizzate con materiali di scarto possono essere nuovamente quantificate in
migliaia.
Rom di recente immigrazione, gruppi di albanesi, moldavi, polacchi, rumeni
,nordafricani, senegalesi, indiani, bengalesi e a volte anche italiani
indigenti, si annidano disperati negli interstizi dell’intera città trovando
riparo in rifugi di fortuna. I materiali più usati per costruire le nuove
baracche sono reti di materasso, lamiere, teli plastici abbandonati dai
cantieri, cartone, porte e altri scarti legnosi, che vengono scelti per forma e
dimensione a seconda della contingenza.
A volte questi materiali vengono utilizzati per realizzare strutture messe in
piedi attorno a vecchie roulotte, che in questo modo divengono le camere da
letto di spazi più ampi, comprensivi di cucina, sala da pranzo e soggiorno.
Era il caso di Carlo Taradel, che fino al 2003 viveva in una baracca a
Testaccio: attorno a una roulotte utilizzata per dormire e per riporre
indumenti e altri effetti personali, aveva costruito una struttura retta su reti
da materasso fissate su pali della segnaletica stradale che erano stati
abbandonati in quanto leggermente piegati; a coprire la struttura c’era un
tetto composto da vari materiali, tra i quali il principale era un grosso e
spesso telo di plastica recuperato al termine di uno dei festival dell’Estate
Romana.
Sulla riva del Tevere, all’altezza di Piazzale della Radio, c’è un piccolo
assembramento di abitazioni di fortuna abitate da un gruppo di ragazzi
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
167
nordafricani: qui, oltre alle onnipresenti reti da materasso, a fare da parete
sono i materassi stessi, che sono rivestiti di cartoni sul lato esterno come su
quello interno; il cartone è utilizzato anche per i tetti, ed è alternato a strati
di incerate e teli di plastica di diversa provenienza; a fornire una sommaria
protezione dall’umidità della nuda terra ci sono vecchie pedane di legno che
qualche tempo fa ingombravano la strada nei pressi di un cassonetto.
E come ovunque, anche a Roma non mancano i casi fuori dalla norma: in
un’appartata area verde tra l’Aniene e la ferrovia una famiglia di slovacchi
viveva, fino al Marzo del 2007, tra quattro pareti di bottiglie di vetro. Uno
strato di bottiglie e uno di cemento, fino a due metri di altezza. Il can can
La scoperta della loro casa da parte di un fotografo dell’ANSA ha prodotto
per qualche giorno un vero e proprio can can mediatico.
A differenza di qualche decennio fa, oggi baraccati e baraccopoli sono
molto difficili da censire: gli insediamenti di fortuna vengono
continuamente rasi al suolo e ricostruiti spontaneamente in altri luoghi. Fino
agli anni ’70 i residenti delle bidonvilles erano prevalentemente italiani e
quindi godevano, anche se in maniera limitata, dei diritti di cittadinanza;
oggi invece la maggior parte degli abitanti delle baracche non ha alcun
diritto, in quanto straniera e priva di documenti. Mentre un tempo,
smantellare una baraccopoli significava anche doversi porre il problema di
un’alternativa (anche se inadeguata) per i residenti, oggi nella maggior parte
dei casi questo problema non si pone più. La mappa degli insediamenti di
fortuna romani oggi è in continuo mutamento. Quando uno spazio occupato
da baracche è necessario per sviluppare un progetto di qualsiasi natura, con
poche eccezioni, si procede con molta leggerezza allo sgombero, con il
risultato che le baraccopoli si ricostituiscono rapidamente nello spazio
vuoto più prossimo. Nell’area dell’ex-Snia Viscosa ,nel Dicembre del 2004,
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
168
sono state rase al suolo le abitazioni di circa 700 migranti irregolari, che a
partire dal giorno dopo hanno dovuto costruire rifugi in altre zone. Pochi
giorni prima, nell’area dell’ex mattatoio di Testaccio era successo qualcosa
di analogo: la Polizia Municipale, dopo un blitz dei Carabinieri, ha distrutto
le baracche dove vivevano cento persone, tra i quali molti bambini. Ora i
profughi del mattatoio vivono in baracche sparse tra le prossimità del
mattatoio all’intero quartiere Ostiense. Destino analogo hanno avuto gli 800
abitanti dell’insediamento di Villa Spada a Nuovo Salario, sgomberati nel
Febbraio 2006 su pressione del comitato locale di Alleanza Nazionale. Le
demolizioni improvvise, per le centinaia di persone che vivono sulle rive
del Tevere, sono ormai un’abitudine: prima di ogni piena del fiume i vigili
urbani distruggono per precauzione tutte le costruzioni di fortuna che
potrebbero essere raggiunte dall’acqua, e i loro abitanti sono costretti a
ricostruirle ogni volta senza che mai nessuno si ponga il problema di
risolvere la loro emergenza abitativa. Ma questi sono solo pochi esempi in
mezzo a un’infinità di episodi.
Fino al 2006 esistevano due enormi campi Rom abusivi che ospitavano
circa mille persone ciascuno, il primo denominato Casilino 900, un tempo
abitato da emigrati calabresi, e il secondo a Vicolo Savini, presso Viale
Marconi. Gli abitanti delle due aree sono stati spostati in campi ubicati fuori
dal Grande Raccordo Anulare e attrezzati dal Comune. Ma gli insediamenti
di fortuna Rom, anche se in dimensioni più piccole, continuano a
sopravvivere in tutta la città; menzioniamo quelli di Monachina (Aurelia),
della Foce dell’Aniene e di Tor di Quinto.
Nonostante gli sgomberi siano all’ordine del giorno, a Roma gli
insediamenti di fortuna di una certa grandezza continuano comunque a
essere numerosi: alcuni di essi sono presenti in zone apparentemente
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
169
insospettabili come ad esempio i Fori romani (presso il Teatro Marcelllo) o
le vicinanze di S.Gregorio al Celio e della Basilica di S.Francesca
Romana; non sono esentati neanche i Parioli, che ospitano un insediamento
presso la salita di S.Sebastiano.
Ma la baraccopoli più grande della città non si trova né al centro né nei
quartieri “bene”, bensì, come riferisce uno studio della Caritas, a Tor Bella
Monaca, dove vivono millecinquecento migranti delle più disparate
provenienze. Altre baraccopoli a popolazione mista continuano a spuntare
come funghi ovunque ci sia spazio, citiamo come esempi Prato Maddaloni a
Largo Preneste, i terreni dell’Università di Tor Vergata ai Giardinetti, ma
anche gli insediamenti di Ponte Mammolo e della Pineta di Castelfusano.
Ma una delle difficoltà principali per chi tenta di censire con precisione gli
abitanti delle baracche (oltre al fatto che gli insediamenti vengono
smantellati di continuo per poi rinascere in altri luoghi), è la
frammentazione che nella maggior parte dei casi ormai caratterizza il
fenomeno. Oggi la maggior parte dei baraccati anziché vivere in grandi
insediamenti vive isolatamente, in nuclei di due o tre abitazioni e a volte
addirittura di una sola abitazione. Le casette arrangiate con gli scarti sono
sparse ovunque e, nascoste nei fazzoletti di verde rimasti un pò dappertutto
tra un isolato e l’altro, sorgono in ogni quartiere della città. Spesso sono gli
stessi abitanti delle baracche a evitare l’allargamento: Selim, unico a parlare
italiano in una famiglia di Rom accampata in un prato di Tor Bella Monaca,
ci ha spiegato di aver cacciato tutti coloro che provavano ad accamparsi
nella medesima area. “Se diventiamo troppi” ci ha detto “diamo più
nell’occhio e ci cacciano prima. In sei anni la Polizia Municipale ha
distrutto le nostre baracche cinque volte. L’ultima volta ci hanno dato giusto
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
170
il tempo di uscire con i bambini e senza nulla in mano, e poi hanno bruciato
tutto: siamo rimasti senza niente”.
Gli orti urbani
Tra coloro che hanno sviluppato la capacità di riusare materiali a fini edili
non vi sono solo gli abitanti di baracche ma anche coloro che potremmo
definire “contadini urbani”. Chi coltiva terreni non edificati all’interno della
città, infatti, utilizza quasi sempre infrastrutture realizzate a costo zero
grazie al reimpiego di scarti.
Prima del sopravvento del modernismo, che a Roma prende definitivamente
piede negli anni del fascismo, l’agricoltura urbana era diffusissima.
D’altronde fin dal medioevo gli orti urbani erano parte integrante
dell’urbanistica della maggior parte delle città europee. Non a caso sono
numerosi gli studiosi che definiscono i centri urbani di quel periodo “città
giardino”. Una delle città italiane che meglio conserva, da questo punto di
vista, il suo paesaggio originario è Siena, dove è ancora possibile da
numerosi siti del centro storico osservare vaste distese di terreno coltivato
all’interno dell’area urbana; in maniera meno visibile rispetto agli occhi di
un turista, anche Roma conserva i suoi orti urbani: essi sono numerosissimi
e probabilmente quantificabili in migliaia; in prevalenza abusivi, si trovano
nascosti in fazzoletti di terreno ancora non edificati in mezzo al mare di
cemento dei quartieri più popolosi, oppure sorgono nella campagna
cittadina, che in quella che qualcuno ha definito la “città a stella” penetra
nell’area metropolitana a partire da tutti i punti cardinali fino quasi a
lambire il centro.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
171
Gli agricoltori urbani sono in parte gli ormai anziani ex-abitanti delle
baraccopoli di Roma, in parte sono i loro figli. Aumentano poi,
esponenzialmente, i migranti che creano un orto attorno alla propria baracca
oppure curano orti urbani già esistenti, in qualità di assistenti o avendo
rilevato l’attività.
Ogni orto urbano, generalmente, è dotato di una piccola costruzione dove il
contadino si riposa, si ripara dal sole e dalla pioggia e, sopratutto, tiene i
suoi attrezzi di lavoro. Queste capanne, che spesso si distinguono per la
precisione svizzera con la quale sono costruite, sono quasi esclusivamente
realizzate riusando scarti di vario genere.
Armando Morzilli, che da qualche anno ha superato i settanta, è nato e
cresciuto nella baracche che si estendevano tra S.Giovanni e il Quarticciolo;
nei primi anni ’80 ha ottenuto l’assegnazione di una casa popolare
all’undicesimo piano di una delle “torri” di Laurentino 38, ma abituato per
oltre cinquant’anni a vivere al piano terra ora soffre di vertigini, e quando
c’è un temporale ha paura che le raffiche di vento facciano cadere il palazzo
che lui, terrorizzato, sente oscillare pericolosamente. Per non vivere l’ultima
parte della sua vita nella paura, Armando si è costruito una baracca in un
terreno demaniale che si trova proprio sotto casa sua, e lì passa il tempo,
cucinando carne alla griglia in un forno realizzato dentro al vecchio cesto di
una lavatrice e giocando a carte con gli amici nel suo giardinetto circondato
da un recinto di reti da materasso.
Le pareti della sua baracca/soggiorno sono schiene e ante di armadi rovinati
che sostituisce ogni volta che la costante tensione del vento e l’esposizione
alla pioggia finiscono per sbriciolare il legno attorno ai chiodi che uniscono
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
172
tra loro i pannelli improvvisati. La baracca di Armando si trova all’inizio di
un sentiero che prosegue per qualche centinaio di metri scomparendo a un
certo punto tra le piante per poi sbucare in un paesaggio a tutti gli effetti
rurale: a un lato del sentiero c’è una folta fila di capanne ottenute
recuperando scarti, alle spalle delle quali scorre un ruscello la cui acqua
viene utilizzata per l’irrigazione; dall’altro lato del sentiero c’è invece
qualche ettaro di terreno coltivato abusivamente. A curare la terra è un
gruppo di anziani che, ci ha raccontato Armando, fanno i contadini per
passare il tempo. Ma la perla di questo villaggio del riuso è il parco giochi,
dove i nonni, come in qualsiasi altro giardino attrezzato, fanno giocare i
loro nipotini e riposano prendendo il fresco. Vecchi tubi innocenti e
pneumatici sono le componenti con le quali è costruita l’altalena , mentre le
panchine non sono altro che comode reti da materasso del tipo più flessibile.
Frammenti di mattonelle accuratamente selezionati vanno invece a
delimitare le aiuole con i fiori, che conferiscono al giardino quel tocco
estetico sufficiente ad affrancarlo definitivamente da ogni connotato di
fatiscenza.
Se l’agricoltura urbana, per gli anziani che la praticano in parte è un
passatempo, in misura significativa risponde alla necessità di accedere a una
vasta gamma di alimenti (prevalentemente ortaggi e uova), a prescindere
dalle entrate monetarie, che spesso sono discontinue e insufficienti. Ma non
tutti gli alimenti prodotti negli orti urbani sono destinati all’autoconsumo:
una quota importante degli stessi viene venduta ai fruttivendoli di Roma e
costituisce così una fonte di guadagno per chi li produce.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
173
Quando l’agricoltura urbana è orientata a ottenere entrate economiche,
spesso non sono solo gli anziani a praticarla ma anche i loro figli e le
famiglie di questi ultimi.
Per i contadini di nuova generazione, salvo eccezioni, l’agricoltura non è
che un secondo lavoro: un’attività complementare che serve a sbarcare il
lunario garantendo qualche entrata aggiuntiva e un significativo risparmio
sulle spese alimentari. I loro mestieri sono analoghi a quelli dei loro padri:
manovali, facchini, scaricatori, ferraioli, operai edili, elettricisti, idraulici,
venditori ambulanti e stracciaroli. A differenza dei loro padri e delle loro
madri, non hanno vissuto la maggior parte della loro vita in baracca bensì
nelle case popolari della periferia e dell’estrema periferia. Alcuni di essi
hanno preso parte ai movimenti di lotta per la casa assieme alle loro
famiglie quando erano bambini, e hanno ottenuto un’abitazione regolare
solo dopo molti anni di occupazione. Questi nuovi contadini vivono,
sostanzialmente, un’esperienza di continuità con quanto vissuto dai loro
padri.
Negli ultimi anni però sta prendendo piede un ulteriore fenomeno:
l’agricoltura urbana praticata dai migranti, i quali rilevano fazzoletti di
terreno precedentemente coltivati da italiani, o ne occupano di nuovi.
Citiamo il caso di un trentacinquenne kosovaro e della sua compagna
lituana, i quali, conosciutisi e innamoratisi in Italia, hanno coronato il loro
sogno di convivenza pur senza avere il denaro necessario a pagare l’affitto
di un appartamento: dopo aver ripulito a fondo mezzo ettaro di terra che
ormai da anni era adibito a discarica abusiva, hanno tagliato tutte le erbacce
e vi hanno costruito la loro casetta di scarti, comprensiva di camera da letto,
soggiorno, doccia e gabinetto artigianali e, naturalmente, un magazzino;
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
174
attorno a questo piccolo “casale riciclato” un grande orto e due lunghe
aiuole piene di fiori incorniciate da una composizione di cocci scelti e da
una fantasia di oggetti recuperati. Quello che era un angolo di degrado tra le
case popolari di Primavalle ora è un parchetto del riuso il quale, se gli occhi
che osservano non sono annebbiati dal pregiudizio, offre un immagine di
pulizia ed è un piacevole esempio di industriosità e creatività.
Gli orti urbani di Roma, essendo in buona parte abusivi, non sono facili da
quantificare. Si tratta, comunque con certezza di un fenomeno quantificabile
nell’ordine di qualche migliaio di microattività. Dimensioni che rendono
l’agricoltura cittadina un settore produttivo di tutto rispetto. Se la
produzione di cibo all’interno della città può non avere, nel caso di Roma,
particolare rilevanza finanziaria, ha una certa importanza strategica. La
FAO, in una nota diffusa nel Giugno del 2005, afferma che l’agricoltura
urbana contribuisce ad aumentare la sicurezza alimentare nelle città, poiché
riduce il peso della spesa alimentare. La produzione di cibo all’interno dei
perimetri urbani garantisce inoltre l’offerta di cibo anche in caso di conflitto
o grave crisi. Nel mondo il settore dell’agricoltura urbana attualmente
fornisce cibo a 700 milioni di cittadini: un quarto della popolazione urbana
mondiale. Se nel contesto romano e italiano l’eventualità di emergenze
alimentari non è considerata prevedibile a breve termine (anche se molti
analisti reputano probabile e relativamente prossima l’esplosione di un terzo
conflitto mondiale), sviluppare l’agricoltura urbana sarebbe un buon modo
per proteggersi da pericoli che potrebbero presentarsi nel medio e lungo
termine. D’altronde anche se nessuno prevede un imminente attacco
militare a Roma, l’Esercito Italiano protegge comunque la città mantenendo
numerose basi in tutti i punti strategici dell’area metropolitana. Secondo lo
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
175
stesso principio di precauzione, Roma dovrebbe tutelarsi rafforzando
l’agricoltura urbana per garantire la sicurezza alimentare in caso di conflitto
o anche solo di gravi instabilità del mercato.
Occupanti di case
Dinamiche comunitarie e riuso
L’Assessore regionale ai lavori pubblici e alle politiche della casa, Bruno
Astorre, in un rapporto presentato nel Giugno del 2005 afferma che a Roma
le persone che vivono in case occupate sono 4000. Ma probabilmente
questa stima descrive solo una parte del fenomeno: nella città esistono
infatti miriadi di occupazioni spontanee, compiute sopratutto da migranti
senza documenti, che nascono e muoiono senza che venga aperta nessuna
vertenza e che nessuna istituzione ne prenda atto. Va inoltre detto, ai fini del
nostro studio, che a Roma esistono numerosi edifici i quali, legalmente
assegnati al termine di a un percorso di occupazione, mantengono alcune
caratteristiche della gestione comunitaria che, come vedremo, favoriscono
la pratica del riuso.
Le occupazioni organizzate nascono in seguito a percorsi assembleari che
possono durare anche dei mesi. I partecipanti alle riunioni vengono
contattati mediante sportelli di assistenza all’emergenza abitativa, con il
volantinaggio oppure con il passaparola. Nel periodo preparatorio la
disponibilità dei futuri occupanti viene messa in qualche modo alla prova,
nel tentativo di compiere una selezione preventiva. Per essere ammesso
nella nuova “comunità” occorre infatti non solo essere presenti alle riunioni
preparatorie, ma anche partecipare a tutte le iniziative previste dall’agenda
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
176
del movimento di lotta per la casa al quale si aderisce: volantinaggi,
manifestazioni, sit-in e, non di rado, anche picchetti antisfratto, picchetti
antisgombero e blocchi stradali.
A Roma le principali organizzazioni che occupano case sono tre: in ordine
di grandezza il Coordinamento Cittadino di Lotta per la Casa, ACTION e il
Comitato Popolare di Lotta per la Casa1.
A parte poche sfumature, questi gruppi adottano sistemi organizzativi e di
gestione interna molto simili fra di loro. Un elemento comune a tutte le
occupazioni è la presenza di un’assemblea che si riunisce di frequente e che,
a seconda della composizione e dell’impostazione culturale degli occupanti,
ha il ruolo di prendere decisioni o semplicemente di recepire le direttive che
arrivano dai “responsabili”, che spesso formano un comitato separato
incaricato di governare la comunità.
Vivere in occupazione, sopratutto all’inizio, è ben diverso che vivere in un
condominio: l’esigenza di difendere il luogo da eventuali interventi delle
forze dell’ordine o di gruppi neofascisti rende necessaria un’organizzazione
ferrea, quasi militare, che comprende inizialmente turni di tre, quattro o
anche cinque persone che controllano il portone d’ingresso ventiquattro ore
su ventiquattro e che, in caso di problemi, sono pronte a dare l’allarme. Nei
primi mesi di occupazione all’obbligo di partecipare ai “picchetti” si somma
l’obbligo di “presenza”, indispensabile a garantire un’adeguata difesa del
luogo e che prevede la possibilità di assentarsi dall’immobile occupato solo
per lavorare o per questioni di emergenza. Centinaia di ore passate davanti
1 Sono apparse negli ultimi anni anche alcune occupazioni di destra rigorosamente riservate a individui di nazionalità italiana, ma il loro numero esiguo e il loro carattere prevalentemente politico e simbolico non le rendono una realtà rilevante del movimento cittadino di lotta per la casa.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
177
al portone, tra bottiglie di birra e partite di carte, soffermandosi a
chiacchierare con chi entra e chi esce, producono tra gli occupanti una
socialità molto sviluppata; il senso di comunità è incrementato dalla
particolarità della situazione: chi si trova in occupazione spesso vince,
grazie alla combattività e alla solidarietà del gruppo, il senso di umiliazione
e frustrazione legato alla propria condizione di indigenza.
Una dinamica di gruppo che favorisce, a tutti i livelli, la cooperazione
spontanea.
Quando si condivide un interesse o un bisogno, collaborare è utilissimo, se
non indispensabile. E per chi, disperato e dopo lunghi periodi di improbabili
coabitazioni, trova finalmente uno spazio proprio dove trasferirsi, il più
immediato bisogno è trovare, anche senza disponibilità di denaro, tutto
l’occorrente per arredare la nuova abitazione: letti, materassi, mobili,
utensili da cucina, elettrodomestici e quant’altro.
La necessità generalizzata di ottenere beni a nessun costo genera
meccanismi interessanti, il primo dei quali è la ricerca collettiva di oggetti
riusabili.
Racconta Fidel: “Fin dal primo momento nel quale abbiamo occupato la
scuola di Torre Maura abbiamo scoperto che c’erano varie fonti da cui
attingere per ottenere le cose che servivano per la nostra nuova casa. Le
prime le abbiamo prese in una specie di discarica nella quale abbiamo
trovato una marea di separè in ottime condizioni che ci sono serviti per
dividere i letti uno dall’altro”.
Pochi giorni dopo aver occupato una scuola abbandonata a Laurentina,
nell’estate del 2000, Gianluca, Paola, Alessandro e Rossella raccontano
invece di aver scavalcato le recinzioni di una palazzina vuota che qualche
anno prima ospitava uffici e di avervi trovato un gran numero di tavoli e
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
178
sedie, di averle caricate a più riprese in due macchine e poi di averle
distribuite tra gli occupanti. Furto o riuso? Giuridicamente un furto, ma
concretamente un servizio all’ambiente, dato che l’arredamento residuo
della palazzina abbandonata, come è prassi, sarebbe stato gettato tra i rifiuti
non appena i locali dello stabile fossero stati ceduti a un nuovo inquilino. In
quegli stessi giorni, altri occupanti della stessa scuola, bisognosi di letti e
materassi, si organizzarono con il camion di un amico per raccogliere 25
letti comprensivi di materasso che una cooperativa che sgombera locali
avrebbe dovuto buttare. Il palazzo di Via Masurio Sabino, occupato nel
2001, prima di ospitare le famiglie che tuttora vi abitano era una caserma
dell’Areonautica Militare e quindi, al momento dell’occupazione non
disponeva di cucine domestiche ma solo di grossi gabinetti con due o tre
lavabi ciascuno. Giovanni, uno degli occupanti, racconta: “Ciascuno di noi
doveva rimediare il lavandino della cucina, con il rubinetto sopra. Allo
stesso tempo, però, ogni nucleo familiare aveva due o tre lavandini da
bagno in più. Ho chiesto al ferraiolo di Via dei Gordiani se si poteva fare
uno scambio: vendendogli l’ottone dei rubinetti al peso, sono riuscito ad
avere i soldi per comprare i lavandini per la cucina, sempre al peso. Un
lavello di acciaio nuovo costa tra gli 80 e i 100 euro, io li ho pagati 5 euro
l’uno!” Ogni anno a Roma si verificano innumerevoli episodi analoghi a
quelli descritti, non solo nelle occupazioni organizzate ma anche in quelle
spontanee, che possiedono un tipo di socialità meno “strutturale”, ma
sicuramente presente.
Dopo il primo periodo di occupazione, nel quale serve tutto e subito, gli
occupanti, al pari di ogni altro cittadino, continuano comunque ad avere la
necessità di soddisfare bisogni: si può voler cambiare un letto perché il
proprio, ormai troppo vecchio, si è spaccato; oppure ci si può trovare
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
179
improvvisamente in carenza di magliette, golf, pantaloni o altri abiti; se il
frigorifero funziona male va cambiato, e così via. E al pari di ogni altro
cittadino, anche un occupante può avere la necessità di disfarsi, per
qualsiasi ragione, di oggetti, di vestiti o di elettrodomestici.
Ma chi occupa case, a differenza della maggioranza dei cittadini, quando
dispone di un bene in eccesso molto difficilmente lo butta. Negli androni
delle occupazioni sono comuni messaggi come: “Chi vuole un frigo passi da
me la sera all’ora di cena. Mario, IV piano scala C”. Oppure: “I vestiti
dietro al portone sono di chi gli servono”. A volte in un’occupazione si
rendono disponibili beni che non sono necessari a nessun abitante dello
stabile: in questi casi è frequente che, prima di arrivare all’estrema
soluzione del cassonetto, scatti un passaparola tra le altre occupazioni del
medesimo network; e a recepire sono sopratutto quelle appena nate che,
come abbiamo visto, hanno bisogno di tutto.
Un’altra abitudine molto diffusa tra gli occupanti è quella della “caccia nel
cassonetto” che, nella vita quotidiana, si traduce nell’attitudine costante,
mentre si cammina per la strada, a gettare un occhio a ciò che si trova
accanto ai cassonetti o che spunta visibilmente dal loro interno. Comodini,
vestiti, televisori ed elettrodomestici, giocattoli, astucci pieni di penne e
quaderni utilizzati solo nella prima pagina...per ottenere questa quantità di
cose utili è sufficiente avere un pò di pazienza e contrarre l’abitudine di
lanciare uno sguardo laddove la maggior parte dei cittadini si aspetterebbero
di trovare solo immondizia. Poi è solo una questione di tempo. Fidel,
quando viveva nella scuola occupata di Viale di Torre Maura, quasi tutte le
notti passeggiava con Khaled alla ricerca di oggetti: “perlustravamo tutti i
secchi, i vicoli, gli angoli. Trovavamo molte cose: frigoriferi, soprammobili,
tazze di gabinetto e computer vecchi. Una volta abbiamo rivenduto un frigo
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
180
a una piotta e mezza1. Era praticamente nuovo e non faceva rumore. Non ho
mai sentito in vita mia un frigo così silenzioso. Lo abbiamo trovato al
secchio della spazzatura. Un’altra volta c’era uno scatolone con un
televisore della Sony. Un bel televisore grande, con il telecomando e tutto
quanto. L’abbiamo portato a casa, abbiamo attaccato la spina, e
funzionava”.
*****
1 150.000 lire
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
181
Verso una rete globale di riciclatori34
di Lucia Fernandez Gabard
Introduzione
Nell’articolo che segue, per prima cosa analizzeremo due assi teorici
principali della tematica dei raccoglitori informali di residui (intesi come il
primo anello della catena del recupero di materiali riciclabili) che
individuano la percezione della società generale di questo fenomeno: da un
lato visto come un problema da risolvere e dall’altro, al contrario, come un
fenomeno da potenziare.
Nella prima parte dell’articolo, partiremo dal termine dispersione, lo
analizzeremo nel suo contesto storico recente, passeremo quindi a un breve
sguardo sullo stato attuale degli attori coinvolti nella tematica dei
residui,attori sia locali che istituzionali.
Il secondo asse di analisi insisterà sull’esistenza di una serie di paradigmi
dicotomici concernenti il lavoro dei riciclatori, da un lato il recente
paradigma dello sviluppo sostenibile e le sue implicazioni, e dall’altro le
tracce ancora presenti dell’ideologia igienista del XIX secolo.
Quindi si passerà ad analizzare alcuni casi in America Latina e in India
relativamente all’articolazione sui diversi livelli di riciclatori, cioè come si
articolano questi singoli individui, quindi analizzeremo le loro origini e i
vincoli esistenti tra i vari soggetti, con le rispettive connessioni stabilite fra
loro. Le tematiche che affronteremo partono da un orizzonte di studio delle
34 Articolo che verrà pubblicato anche nel volume 2 di Recicloscopio: Miradas sobre recuperadores Urbanos de Residuos de America Latina. Argentina, 2008.
tematiche che si concentreranno sulle modalità di articolazione dei membri
di studio, piuttosto che concentrarsi sulla localizzazione spaziale di questi.
Si darà particolare importanza nell’analisi alle organizzazioni di seconda
grandezza, sia per dimensioni organizzative che per produttività.
Infine si presenteranno alcuni dati essenziali della Mappa Latinoamericana
delle Organizzazioni di Riciclatori recentemente pubblicata, come risultato
di un processo partecipato avvenuto prima del Congresso Mondiale dei
Recicladores, tenutosi nel mese di Marzo del 2008 a Bogotà, in Colombia,
evento di importanza cruciale per la sua grandezza che si è posto l’obiettivo
di avvicinare al riciclatore una serie di attori diversi, dando una visibilità
senza precedenti al tema partendo dal paradigma precedentemente
illustrato: come presentare effettivamente questi lavoratori-reciclatori in
quanto professionisti della salvaguardia dell’ambiente nell’era dello
sviluppo sostenibile.
2. La dispersione come punto di partenza
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
182
Fig.1: Costellazioni
di Tolomeo
Fonte: Dürer.
Per poter
riconoscere nel
cielo notturno
alcune delle 88
costellazioni
riconosciute
dall’Unione astronomica Internazionale, è necessario saper identificare le
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
183
stelle che compongono le varie figure. Più della metà di queste, però
provengono dall’immaginazione dell’astronomo greco Tolomeo, che nel II
secolo d. C. presentò un catalogo di 1022 stelle, tutte unite tramite linee
immaginarie totalmente arbitratie, che le raggruppavano in 48 costellazioni,
tutt’oggi riconosciute dal mondo Occidentale. Le persone che vivono nelle
città possono vedere un numero molto ridotto di queste stelle a causa
dell’eccessiva luce che riduce la visibilità degli astri meno lucenti.
Come i greci migliaia di anni fa si dedicarono a dare una logica alle stelle
sparpagliate nella volta celeste, attraverso le costellazioni, chissà se oggi la
nostra civiltà non stia cercando di fare lo stesso attraverso la sue molteplici
attività caotiche e disperse fino ai confini dell’oceano
(LEWKOWICZ:2006; 208) soprattutto in questo nuovo XXI secolo in cui
l’indebolimento dello storico potere degli Stati Nazione, ha lasciato spazio a
una dispersione di materia umana(Ibid. 224).
Mentre il modello di produzione moderno-fordista35 a cui ci si è adeguati in
maggior parte durante il XX secolo, stava predisponendo uno schema
organizzativo di vita strutturato in 8+8+8 (8 ore lavorative, 8 di sonno e 8 di
riposo); oggi la logica di libero mercato (dove possiamo collocare i
materiali riciclabili) così come la logica di dislocazione spaziale del lavoro,
sommate allo sfaldamento del potere statale (Ibid. 220), ci hanno
sommerso, soprattutto hanno sommerso i paesi del Sud, a una
deregolamentazione delle nostre vite, ci hanno portato alla perdita delle
35 Questo modello di organizzazione del lavoro si fondava su una divisione del processo produttivo attraverso compiti e responsabilità, dove il lavoratore era controllato sia da un punto di vista spaziale che giuridico (capo-fabbrica)
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
184
nostre zone di lavoro, di vita e di consumo (e non esiste più il riposo
fordista).
Il primo anello della catena di recupero, costituita da coloro che
chiameremo riciclatori36, esemplifica perfettamente la realtà che ho
descritto precedentemente, non solo perché è costituito soprattutto da nuovi
disoccupati nell’Era della società del consumo, ma anche per le sue attività
quotidiane: percorrere le strade per trovare materia prima per il proprio
lavoro, l’utilizzo delle proprie abitazioni (per la maggior parte di coloro che
non lavorano in gruppo) per effettuare la classificazione dei materiali, e la
successiva vendita di questi. La strada diviene un mero spazio “casa-
lavoro” da percorrere, come si prevedeva nella Modernità, la casa smette di
essere un luogo di riposo e quiete familiare, e generalmente il piacere ed il
consumo si presentano durante la lunghe ore in cui si percorrono le strade
della città.
Non è così possibile identificare in maniera scientifica quante ore il
riciclatore dedica al suo lavoro di raccolta e classificazione, tantomeno è
possibile controllare quali siano i clienti37 da cui i riciclatori prendono i
materiali, i percorsi che effettuano, a chi vendono i materiali classificati,
dove vengono gettati i quelli inutilizzabili, ecc., soprattutto nelle grandi
metropoli dei nostri giorni che sono più simili a megalopoli, dove vivono
36 Vengono chiamati cartoneros in Argentina, clasificadores in Uruguay, catadores in Brasile, recicladores in Colombia, recolectores in Cile, buceadores a Cuba, pepenadores in Messiico, kachra chunne wali in India, Zabaleens in Egitto, wastepickers nel mondo anglosannone, ecc. 37 Il termine cliente viene usato normalmente per indicare quelle persone, commercianti, istituzioni ecc, che regolarmente cedono i propri materiali (preselezionati o no) a determinati riciclatori precedentemente individuati.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
185
decine di migliaia di persone che si dedicano a questa attività: più del 1%
della popolazione mondiale che vive in ambiente urbano.38
E’ così che alcune delle maggiori sfide nell’affrontare il tema del riciclaggio
dei rifiuti nelle grandi metropoli, si deve confrontare con la dispersione
territoriale, ma anche con gli attori istituzionali coinvolti, e studiare nella
sua completa trasversalità degli approcci e delle analisi.
Dovremo pensare a partire dalle aree di residenza e di raccolta dei
riciclatori, passando per la serie di depositi intermediari e i rispettivi sotto-
depositi (lavanderie di nailon, magazzinieri periferici, lavoratori di pelli,
ecc.) così come le industrie che lavorano il materiale ed infine coloro che
generano i residui: comunità di quartiere, grandi superfici, commercianti,
industrie, alberghi, navi da crociera, centri di studio, ecc, ognuno dei quali
ha un interesse particolare e un legame diverso rispetto a quello lascia:
alcuni con intenti di guadagno (vendendo i propri scarti a chi li raccoglie),
altri con intenti ecologico-formativi (dando luogo a campagne di
sensibilizzazione per la separazione all’origine) e altri semplicemente senza
alcuno di questi interessi (lasciando quotidianamente sacchetti di rifiuti
mescolati).
Tutti questi attori, in continuo dialogo commerciale e in continuo scambio
di denaro su media scala, generano una trama molto complessa e
disorganica, con cui i riciclatori si confrontano quotidianamente creando dei
legami diversi ai differenti anelli della catena, attraverso questo movimento
38 Secondo le stime di diversi studi (OIL, GTZ, Banca Mondiale, ecc.) nel 2004, il numero di riciclatori era intorno all’1% nelle grandi metropoli (Bombay che contava 18 milioni di abitanti contava circa 170 mila wasste pickers, o Buenos Aires con 12 milioni e mezzo di abitanti contava 80 mila cartoneros secondo un documento prsentato alla Banca Mondiale da F.Grajales y R. Aiello “Social Aspects of Solid Waste Management: The experience in Argentina, del 7 Marzo 2005. Disponibile in Inglese: http://www.worldbank.org/urban/urbanforum2005/ulwpresentations/sw/aiello.pdf. Accesso 3/06/2008)
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
186
di raccolta e vendita di materiali, operando così come agenti di
collegamento, come punti di passaggio tra questi mondi differenti39, che
altrimenti forse neanche riuscirebbero ad entrare in contatto.
Dall’altra parte il tema dei residui viene affrontato dalle Istituzioni e dalle
sotto strutture amministrative, soprattutto dai Comuni per la loro evidente
responsabilità negli aspetti di raccolta e deposito finale dei residui
domiciliari, e dai Ministeri dell’Ambiente, della Tecnologia e dell’Industria,
dello Sviluppo Sociale per le competenze che vanno dagli aspetti ambientali
del riciclaggio, fino agli aspetti che includono il comportamento sociale.
In questa quadro frammentato vi sono anche quelle entità che oggi
chiamiamo imprese di responsabilità sociale, impegnate in questi ultimi
anni a sviluppare attività di inclusione anche nei settori più emarginati
incaricati della raccolta e della classificazione dei residui, inoltre vi sono le
più conosciute Organizzazioni Non Governative, che si impegnano nel
primo anello della catena soprattutto nel supportare il rafforzamento di
nuovi aspetti organizzativo-produttivi.
Un’altra questione concerne il peso della disciplina del riciclo, studiata non
sono da diversi esperti scienziati ma anche da diversi punti di vista:
Ingegneri e Chimici, per quanto riguarda come trattare i rifiuti e le loro
componenti-derivati, Urbanisti e Architetti, per quanto riguarda gli aspetti
di organizzazione e pianificazione territoriale, fino a tutto il ramo delle
Scienze Sociali ( Antropologia, Sociologia, Filosofia, Assistenza Sociale,
ecc.) per quanto riguarda il ruolo degli attori coinvolti nella catena.
39 Jáuregui J. 2005, “Sobre la ciudad que es necesario incluir en el mapa: el arquitecto como mapeador de conflictos” http://tantoville.blogspot.com/2005/08/sobre-la-ciudad-que-es-necesario.html ultimo accesso 12/05/08
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
187
3. Convivenza di paradigmi
Sin da quando si è iniziato a pianificare lo sviluppo urbano delle città, si
decise che i residui solidi urbani dovessero esser trasportati verso le
periferie, il più lontano possibile dalla vista dei cittadini, così come spiega
l’editto di Francesco, re di Francia, dell’anno 1539:
Art.15. Proibiamo a chiunque di svuotare o gettare per la strada paglia,
immondizia, acqua di scarico, fanghiglia o altri materiali sporchi, bruciare
questi per le strade, uccidere maiali e altro bestiame e richiediamo che, al
contrario, questi materiali lerci vengano insacchettati e messi in ceste
presso le proprie case e trattenuti fino a che non vengano ritirati per esser
successivamente gettati lontano dalle cinta della città e dei sui dintorni.40
La mentalità moderna, nonostante sia posteriore di qualche secolo alla
proibizione citata, è nata, secondo Zygmunt Bauman, con l’idea che il
mondo possa esser trasformato: la modernità è la non accettazione del
mondo tale e quale a come è nel momento stesso e da qui la decisione di
cambiarlo. La moderna forma di essere consiste in un cambiamento
compulsivo-ossessivo: respingere ciò che semplicemente”è”, in nome di
quello che si potrebbe (che si percepisce come “si dovrebbe”) “esssere” al
suo posto.
Questa generazione che ha iniziato a “spostare” il problema a cui prima ci si
riferiva come un problema sanitario,ma questo perdura tutt’oggi come
paradigma delle nostre società: si occulta invece che risolverlo, ce se ne
disfa invece che recuperarlo. Soprattutto per quanto riguarda azioni
40 Laporte Dominique “Storia della Merda”, seconda ed. Edizioni Pre-texto 1989. pag.140
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
188
centralizzate, statali, dove la raccolta e la disposizione finale dei rifiuti
hanno assunto, storicamente, quasi nella totalità, il controllo della gestione
dei rifiuti delle città, lasciando gli aspetti concernenti il riuso e il riciclo al
libero mercato, dove era possibile rivendere questi materiali o lasciarli agli
attori auto poietici41 messi in gioco.
E così essendo fuori dal dominio specifico dell’amministrazione
istituzionale dei rifiuti, i riciclatori possono trovarsi ovunque, e soprattutto
nei luoghi dove la produzione di ricchezza comporta anche maggiori
sprechi. Transitando in questi spazi per la raccolta di materiale da riciclare,
riescono a uscire da una vita che in altro modo sarebbe invisibile, invisibile
al resto della società.
Sicuramente, il sopra citato paradigma di igiene urbana, denominato nel
XIX secolo Igienismo, e resuscitato alla fine del XX come ristrutturazione
(gentrification)42, persiste oggi, nella nostra nascente era dello Sviluppo
Sostenibile, dove si allontanano dal centro urbano non tanto i rifiuti, bensì i
soggetti che si relazionano quotidianamente con questi,che si occupano
della loro raccolta e il loro successivo recupero.
Le attività di raccolta in queste località ben distaccate dalle città, sembra
che non sia stata ben accolta dalla maggior parte della popolazione, come
41 Il termine auopoietico deriva dai biologi cileni Maturana e Varela e si è continuato ad usare nella letteratura del sociologo tedesco Luhmann, che lo considerò come un processo per il quale un sistema definisce il suo stato futuro a partire dalle limitazioni di quello precedente. Luhmann mette così in relazione l’autopoiesi con l’auto-organizzazione e la auto-prodzionedelle società della contingente e del rischio. 42 La parola gentrificazion è stata molto usata nel decennio degli anni ’90, quando i processi di rinnovazione e ristrutturazione delle aree centrali degradate vennero riportate in auge, a cui iniziarono ad accedere cittadini di classe economica medio-alta, prendendo il posto di quelli poveri. Generalmente questi processi furono portati avanti da agenti imprenditoriali e istituzioni in alleanza con investitori privati.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
189
dalle autorità competenti nel tema che ha cercato di trovare soluzioni
alternative:
L’inversione della crescita urbana, soprattutto per quanto riguarda le
infrastrutture è l’assunto prioritario dei governi nazionali e dei comuni.
Sicuramente, quando questo coinvolge i cittadini più poveri, come coloro
che vivono grazie ad economie informali, ci si rivolge a loro come sudici,
che ostacolano lo sviluppo, antisociali ed indesiderabili. Mi riferisco ai
venditori ambulanti, i raccoglitori di residui, i guidatori di bici-taxi, gli
abitanti delle favelas, che vengono letteralmente tolti dai loro mercati, dalle
strade e dalle case. Dall’altra parte, sono considerati come unici
beneficiari della crescita delle infrastruttura macro-economica, quando gli
studi mostrano che sono proprio loro che contribuiscono alla crescita
economica dei propri paesi allo stesso modo delle grandi unioni
commerciali.
(BATH:2006).43
La problematica è molto complessa, le decisioni politiche vengono prese in
funzione di ciò che viene richiesto dalla popolazione: vivere in città pulite,
belle ed ordinate e una serie di altri aggettivi che partono dal menzionato
presupposto di progresso moderno come obiettivo. In questo modello i
riciclatori sembra non possano esistere, essendo loro la personificazione
dello sporco, del caotico44 vengono così spinti verso le periferie urbane, lì
dove nessuno li può vedere.
43 “Cities are People”, discorso pronunciato da Ela Bhatt durante il 'World Class Cities and the Urban Informal Economy: Inclusive Planning for the Working Poor (Durban, South Africa, 24-25 Aprile 2006) Disponibile in ingl: http://www.wiego.org/news/events/UPC/Bhatt%20Cities%20are%20People.pdfUltimo accesso 23/04/08. 44 “…non vedo ne ispettori comunali ne polizia quando passo per i cassonetti (..) questi maledetti che spargono l’immondizia all’inizio della strada e che lasciano come segnale che
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
190
La definizione di ordine secondo il Dizionario di Inglese di Oxford è: la
condizione in cui tutto si trova nel suo spazio giusto e agisce nelle funzioni
appropriate45.
Forse questo ci può aiutare a comprendere il perché del continuo e
massiccio tentativo dello Stato, affinchè i riciclatori smettano di lavorare in
strada e diventino impiegati nelle piante di riciclaggio, pensando così di
porre una soluzione al problema “estetico” e soprattutto “dispersivo”: come
controllare queste persone di strano aspetto che si incontrano per le strade
tutti i giorni, che portano sacchi pieni di materiale recuperabile e che
generano una mimesi simbolica per il loro aspetto e per il loro lavoro.
Andando ancora avanti con l’analisi di Bauman, la base su cui si producono
progetti (nella sua più ampia accezione) parte dal presupposto che niente nel
mondo esistente è come dovrebbe essere. Così l’obiettivo nell’ideazione di
progetti è aprire nuovi spazi per il “bene” e chiuderne per il “male”. Il
male opera quindi come deterrente del progresso, e quando si tratta di
progettare nuove forme di convivenza umana, ciò che ferma il progresso
sono proprio gli esseri umani.
In questo modo, il riciclatore viene visto come “un informale da
formalizzare”, una conseguenza della povertà, che molesta sia esteticamente
che concretamente (creando traffico per esempio) i centri cittadini. Le
politiche così facendo riducono il problema ai suoi aspetti fisico-visibili,
sono passati per quel posto oggetti. La polizia e la municipale hanno orari di ufficio; questi malfattori lavorano nelle ore notturne o all’alba; in questo modo è impossibile controllarli e arrestarli. E noi ne paghiamo le conseguenze la mattina seguente, dovendo lavorare ore extra per pulire la sporcizia”. Opinione di un iscritto al forum di discussione vistuale del portale di notizie di Montevideocome a proposito del lavoro dei clasificadores. Disponibile in: http://www.montevideo.com.uy/notnoticias_59617_1.html ultimo accesso 06/07/2008 45 Bauman Zygmunt, Vidas Desperdicadas, Brasile 2005, Jorge Zahar Editore, pag. 42.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
191
con conseguentemente attenzione nell’abbellire la città, la maggior parte
delle volte reprimendo questo settore, come si osserva nei recenti:
Sfratto violento dei cartoneros nel quartiere di Belgrano, Buenos
Aires (febbraio 2008)
Confisca dei carri a trazione animale, a Porto Alegre e a
Montevideo (nel 2007 e nel 2008)
Soppressione delle linee dei treni di trasporto per i cartoneros
verso la capitale federale dell’Argentina (2007)
Espulsione dei catadores attraverso le forze politiche nel centro di
San Paolo (2006)
Cambio delle licenze di raccolta dei reciclatori associati in imprese
di raccolta meccanicizzata a Bogotà (2007) e a Nuova Deli (2008)
Adesso possiamo finalmente interessarci ai reciclatori per il loro contributo
ambientale e economico e per le loro capacità di autogestione lavorativa
nell’epoca della disoccupazione, dove probabilmente possiamo potenziare il
loro lavoro e comprendere un po’ meglio quale è il contributo che
apportano silenziosamente e non senza fatica al riciclo delle materie prime
scartate, così come la creazione di nuove modalità di auto impiego in tempi
di assenza assoluta di stabilità lavorativa. Questo dev’esser inserito nel
quadro dello sviluppo sostenibile. Questa sostenibilità si sviluppa all’interno
del suo corpo teorico attraverso l’accettazione delle differenze come
condizione necessaria per reinserire nel corpo sociale ciò che prima
abbandonava a se stesso.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
192
Questo altro modo di vedere la stessa realtà si può associare a ciò che
Spinoza chiamava singolarità della potenza: la potenza intesa come un
grado di intensità che ci caratterizza ognuno singolarmente. Ciò che mi
preme sottolineare, in questo nuovo concetto di Spinoza, della situazione
pianificata, è che per quest’autore non esistono i concetti di bene o male, a
cui Bauman si riferiva precedentemente (secondo cui si strutturano i
processi di organizzazione attuale delle nostre città),per Spinoza, il buono è
tutto ciò che aumenta la potenza dell’essere e il male ciò che lo riduce.
Ci troviamo difronte a una tensione tra due parti dicotomiche: un primo
paradigma che opera nel campo dell’ordine e della mancanza e l’altro nella
sicurezza e nella potenza.
Tenteremo in queste pagine di pensare a come sarebbe potuto essere e come
potremmo cambiare le situazioni a partire a delle soluzioni ma anche (come
fecero i greci con le stelle migliaia di anni fa) come riordinare dal caos
potenziando certe identità singolari.
4. La sfida dell’articolazione a diversi livelli
La molteplicità delle potenze desiderate è pensata dal basso come una
figura che faccia di sé un soggetto politico: la moltitudine. Questa stessa
moltitudine però è molto meno omogenea poichè è il risultato di una somma
di potenze individuali, totalmente frantumate da antagonismi. 46
Esistono sin dagli ultimi decenni del passato XX secolo, diverse imprese
tipo associativo, che fecero ciò che per molti era praticamente impossibile:
46 Ernesto Funes, “Il trattato politico di Baruch Spinoza, 1677: Potenza e passione della moltitudine” Spinoza, Trattato Politico, pag. 22, edizione 2004
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
193
riunire soggetti che erano abituati a lavorare individualisticamene in
imprese con obiettivi produttivi e sociali condivisi.
La prima cooperativa in America Latina fu fondata nel 1962 nella città di
Medellìn, in Colomba: la Cooperativa Antioqueña de Recolectores de Sub.
Però a partire dagli anni ‘80 si sono cominciate a sviluppare il maggior
numero di associazioni in questo paese, che è stato il pioniere, seguito poi
dall’Equador dove nel 1980 è nata la Asociación de Recicladores de
Cochabamba e 3 anni più tardi la Corporazione ARUC della città di
Cuenca; fu poi il momento del Brasile che a partire dal 1989 con la
Cooperativa COOPAMARE a Pan Paolo e l’anno seguente l’Associazione
ASMARE a Belho Horizonte , così come altre 2 associazioni nel
Botadero47 di Assunzione del Paraguay: Asotravermu e Cocigapa create nel
1991.
Nel resto del continente (Argentina, Uruguay, Cile e Perù) si poteva
osservare una crescita esponenziale a partire dall’anno 2000: in Argentina,
le prime cooperative si formalizzarono tra il 1999 ed il 200048 (Paiva
2004), così come vi furono diverse formazioni di cooperative a partire da
questa data sia in Perù che in Uruguay. I primi dati che risultano dalla
Mappa Latinoamericana delle Organizzazioni di Riciclatori49, mostrano che
nell’anno 2007 in Perù ancora si stanno costituendo nuove associazioni
come la “Asociación Los Tigres de Tablada”, nella parte metropolitana del
Perù, così come in Uruguay nel solo biennio 2006 -2007 si sono formate 5
delle 8 cooperative esistenti nella capitale del paese. Le più recenti sono
state Viejo Jorge (attualmente Felipe Cardozo); Coop. Independencia de la
47 Come in questo paese viene chiamato il luogo di deposito finale dei rifiuti, ovvero la discarica.48 Cooperative El Ceibo, Reconquista, El Orejano, e RENASER. 49 Vedi capitolo seguente: “Mappa Latinoamericana come Processo”
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
194
Mujer, Coop. La Lucha, Coop. Bañados e Coop. Nuestro Sueño
(actualmente desactivada), oltre alla cooperativa Juan Cacharpa, la prima
cooperativa autonoma di clasificadores fondata nel 2005, e le due
cooperative antecedenti dell’orbita della ONG San Vincente: CRECOEL e
COCLAM (FERNANDEZ-PEREZ:2007).
L’origine della maggior parte di tutte queste cooperative, sono
generalmente legate alla volontà di agenti esterni al mondo del riciclaggio,
sono legate all’appoggio che i riciclatori hanno ricevuto proprio a causa
delle loro condizioni di estrema vulnerabilità ambientale e sociale a causa
dello scarso peso economico e politico che riceve la loro attività.
Questo avvolora, almeno in parte, una discussione che parte dalla
considerazione degli aspetti sociali e dei supporti tecnologici che sono stati
fondamentali per queste imprese, molti dei quali grazie a questo hanno
avuto una crescita di indole simbolica (migliore autostima, migliore
immagine di sè, appartenenza a un gruppo dove vi è ugalianza) politica
(maggiore peso negli ambiti di discussione per ciò che concerne il loro
lavoro) però le condizioni economico-produttive non hanno effettuato un
salto qualitativo importante, forse perchè il riciclatore non è stato compreso
come un ingranagio di un sistema economico (Schamber, 2007) ma
piuttosto come un attore a cui prestare attenzione per la sua vulnerabilità
sociale.
D’altra parte, le organizzazioni chiamate da alcuni “di secondo ordine”
ovvero “di media e grande scala” sono nate dal basso con diverse modalità
negli ultimi anni, e trattandosi di un processo estremamente dinamico, è
giusto nominare anche altri tipi:
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
195
a. Federazioni: Federación Ecológica de Cartoneros y
Recicladores, FECyR (Federazione Ecologica di Cartoneros e
Recicladores), in Argentina dell’anno 2006 costituitasi così dopo
la scomparsa dell’ “Unión de Trabajadores Cartoneros de
Argentina” U.TRA.CA, il Movimiento de Trabajadores
Excluidos, M.T.E, la Cooperativa Ecológica de Recicladores del
Bajo Flores, la Cooperativa “el Álamo”, Cooperativa la Nueva
Esperanza, e l’ Asociación Amanecer de los Cartoneros, tutte
della città di Buenos Aires e provincia.
b. Sindacati50: Unión de Clasificadores de Residuos Urbanos
Sólidos, UCRUS in Uruguay fondato nel 2002. Fino al 2005
questo sindacato non contava organizzazioni di prima grandezza,
fino a quando dopo il secondo Congresso Latinoaamericano di
Catadores a San Leopoldo del Brasile si formò la prima
cooperativa di clasificadores, oggi sono 6 le cooperative che
fanno parte di questo Sindacato
c. Associazioni: Asociación de Recicladores de Bogota, ARB,
costituita nel 1990 e composta da 23 associazioni esistenti nella
stessa città che a sua volta fa parte dell’Associazione Nazionale
dei Riciclatori della Colombia, ANR, formalizzata nel 1993 che
è costituita da 11 organizzazioni regionali.
d. Reti: la Red Catasampa, a San Paolo nata nel 2006, la Red
Cataunidos presso Minas Gerais, Catabahia a Bahía, e la
50 Nonostante in Cile esistano 3 organizzazioni sindacali registrate: il Sindicato de recuperadores de residuos sólidos de Talca, il Sindicato Independiente de Recolectores de Materiales Reciclables de Maipú, e il Sindicato Cartoneros Renacer, queste funzionano come strutture di primo ordine poiché costituite da riciclatori individuali e non da organizzazioni e imprese associative.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
196
CENTCOOP a Brasilia, ed infine la , Red de Santa Cruz di
Sierra, in Bolivia, recentemente costituitasi nel maggio del 2008.
e. Movimenti Nazionali: il Movimento Nazionale dei Catadores
di Materiali Riciclabili del Brasile, è stato il primo a nascere nel
2001; il secondo è stato il Movimiento Nacional de
Trabajadores Cartoneros Recicladores y Organizaciones
Sociales, MNT CryOS dell’Argentina, formalizzato all’inizio del
2006, ed il più recente Movimiento de Recicladores del Perù,
MRP, della seconda metà del 2007 ed il Movimiento de
Recolectores del Chile, MNRC, del novembre 2007.
Partendo dalla premessa che nessuna delle organizzazioni mensionate
precedentemente è realmente rappresentative numericamente51 nè
interamente omogenea nelle composizione e ubicazione, tuttavia tutte
queste, hanno iniziato a intraprendere una strada di negoziazioni e
articolazioni su larga scala, emergendo come interlocutori fondamentali del
mondo del riciclaggio, e hanno iniziato a costituirsi e articolarsi nel mezzo
dell’informalità lavorativa e della disorganicità, generando discussioni e
riconoscimenti concreti sul tema del riciclaggio e difendendo a ogni costo il
lavoro dei propri membri riciclatori, da tutte le azioni repressive condotte
contro questo settore.
Alcune presentano dei tratti più marcati di solidarietà organizzativa e di una
ampia rappresentazione dei riciclatori come base: il MNCR-MNRC-MRP si
è costituito in Movimento con un grande sforzo a seguito della volontà di
molti.
51 Le organizzazioni di wastepickers costituiscono una piccola percentuale che va dall’1 al 20% a seconda del paese e e sono rappresentative degli esempi apportati in questo articolo
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
197
Nei casi più recenti del Cile e del Perù, grazie alla presenza e all’impulso
della ONG Ciudad Saludable si sono unite 15 associazioni di raccoglitori
nell’area metropolitana ed hanno come sfida principale l’ampliamento
dell’area geografica e il rafforzamento organizzativo del Movimento. Nel
caso cileno, con le iniziativ dell’ Asociación de Recolectores de la Serena
(AREILS, la più antica del paese) e la ONG Casa de la Paz, che insieme
con la Fondazione Avina hanno effettuato nel 2007 l’unificazione di 16
associazioni più piccole coprendo un territorio che va da Copiapò (Nord) a
Temuco (Sud), mantenendo come con il Movimento del Perù l’importante
sfida di consolidamento e ristrutturazione organizzativa.
Nel suo specifico, il caso Argentino, si presta a complesse modalità di
analisi, per le sue peculiari differenze con gli altri paesi del continente,
conta almeno 3 Movimenti di Cartoneros distinti: il Movimiento Nacional
de trabajadores Cartoneros MOCAR, il sopra citato MNT CryOS, ed il
Movimiento de Trabajadores Excluidos MTE, fortemente legato alle
organizzazioni di riciclatori. E’ difficile ritrovare alle origini di questi
chiarità e consistenza così come presentare gli attuali processi di
accrescimento con ampia partecipazione di base dei riciclatori, al contrario,
sembra esser, come dimostrerà il brano che segue, un prodotto generato da
una sovra-struttura, a partire dalle intenzioni di un piccolo gruppo di
individui, che non fanno per forza il lavoro di riciclatori.
L’8 Ottobre 2005, presso la città di Salta si sono riuniti i compagni
dell’Associazione Luis Alberto Núñez de la ADS" (Associazione di
Disoccupati di Salta), Héctor Balbastro della "Asociación de Obreros
Desocupados de Santa Fe", e René Alberto Cruz della "Cooperativa
Padilla Ltda.", con il fine di stabilire il “MNT CRyOS” Movimiento
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
198
Nacional de Trabajadores Cartoneros, Recicladores y Organizaciones
Sociales de Argentina (Movimento Nazionale di Lavoraori Cartoneros,
Reciclatori e Organizzazioni Sociali dell’Argentina)52
E’ importante rimarcare il fatto che sebbene le finalità possano esser
condivise da molte organizzazioni di secondo ordine presenti in in questo
paese, i cammini attraverso cui si è costituito risultano ben poco articolati
nel loro avvio, voluto piu che altro da una vasta gamma di attori a cui sta a
cuore la tematica dei cartoneros e in minor parte gli stessi cartoneros.
Al contrario in Brasile, gli attori che provenivano dalla Caritas, dalla
OAF53, dal Forum Lixto&Cidadania, UNICEF, dalla Fondazione Luterana,
ecc.unirono 1700 catadores durante il Primo Congresso Nazionale dei
Cadadores del 2001, hanno reso possibile la creazione di un Movimento
Nazionale così consistente nel suo processo che tutt’oggi continua il suo
lavoro e cresce, con l’appoggio di varie entità sia istituzionali che private
(nel 2006 l’appoggiavano 44 cooperative, per un valore totale di 36 milioni
di reali attraverso la Banca Nazionale di Sviluppo Economico e Sociale, 10
milioni sono andate all’appoggio delle reti di cooperative e il commercio
per la compagnia Petrobras durante l’anno 2007, e 31 milioni sono previsti
per il biennio 2008-2010).
52 Estratto da “Breve Historia del Movimiento de Cartoneros y Recicladores” (“Breve Storia del Movimento dei Cartoneros e Riciclatori”) http://ar.geocities.com/movimientonacionalcartoneros/1_BreveHistoria.html ultimo accesso 29/04/08 53 L’Organizzazione dell’Aiuto Fraterno, è stata per anni il supporto di riferimento del Movimento Nazionale di Catadores del Brasiele, prima che questo si costituisse giuridicamente .e potesse dialogare direttamente con le istituuzioni
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
199
A livello istituzionale, l’importanza raggiunta dal MNCR a partir dal Forum
Lixo&Cidadania del 2004 è dimostrata dalla formazione del Comitato
Interministeriale di Inclusione dei Catadores di Materiali Riciclabili, che
vede presenti al suo interno: il Ministero della Scienza e della Teconologia,
il Ministero dello Sviluppo e dell’Industria e del Commercio, il Fondo
Nazionale per l’Ambiente, il Ministero delle Città e delllo Sviluppo Sociale.
Un anno dopo la creazione di questo Comitato, si è deciso da parte del
MNCR di effettuare uno studio per analizzare il costo generali dai siti di
lavoro dei catadores; in questo studio è il presupposto per un progetto
milionario voluto dal governo del Presidente Lula attraverso il Ministero
dello Sviluppo Sociale, MDS, per lo sviluppo delle capacità professionali
del MNCR e il rafforzamento delle sue basi organiche (cooperative,
associazioni e raccoglitori individuali) secondo il seguente schema:
SCHEMA ORGANIZZATIVO MNCR
Fig. 2 – Schema di funzionamento del MNCR, Lucia Fernandez – fonte di consultazione
Debora Loli – MNCR
Nonostante il modello brasiliano risulti molto incoraggiante per la sua
strutturazione interna e per ciò che si è raggiunto, tuttavia sono in corso
valutazioni di questi processi di articolazione di attori ed organizzazioni,
sull’impatto rale a livello produttivo ed economico dei propri membri, con
l’obiettivo di cercare la frattura esistente tra le organizzazioni di secondo
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
200
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
201
ordine di tipo meramente politico-dialettico, passando attraverso una
composizione di associazioni che sono legate tra loro da vincoli relazionali
di commercio e produzione, così come la difesa del lavoro e i piani
sindacali.
E’ così che i menzionati casi della RedCatasampa54 a San Paolo e la
Cooperativa Cataunidos55 a Minas Gerais, e CENTCOOP a Brasilia
operano come reti di commercializzazione, generando centri di valore
aggregato del materiale a partire dalle cooperative di base e a loro volta
sono membri del MNCR, dando dimostrazione di come le dimensioni
economico-produttive siano effettivamente integrate nei movimenti
politico-organizzativi.
Entrambe le dimensioni si ritrovano in India, nel: SEWA che ha sviluppato
la prima organizzazione sindacale, migliorando notevolmente le terribili
condizioni legate a abusi continui sui da parte delle autorità creando la casta
più svantaggiata dei waste pickers, così il SEWA, attraverso l’utilizzo di
uniformi, carte di identificazione, partendo da tratti di identità comune ha
fatto sì che questi lavoratori iniziassero a vedersi e sentirsi parte di un
collettivo.
54 Questa rete è di tipo intermedio, e a differenza del Movimento di Raccoglitori del Cile, può esser visto a sua volta come una Rete di Associazioni di Scala Nazionale, la Red Catasampaopera principalmente nella regione di San Paolo, e conta 13 Cooperative Associate. 55 Costituita da 9 associazioni, all’inizio era una grande cooperativa federata, e oggi è maggiormente conosciuta come una Rete di Economia Solidaria e che si trova nelle regioni di Belo Horizonte, Betim, Brumadinho, Contagem, Ibirité, Igarapé, Itaúna, Nova Lima e Pará de Minas, articolandosi tra i suoi soci ha iniziato a inviare del materiale classificato all’Unità di Lavorazione della Plastica, saltando così le catene di intermediari, realizzando così processi di industrializzazione collettiva. Fonte: http://siteresources.worldbank.org/INTUSWM/Resources/463617-1190232794490/Dias.pdfUltimo accesso 20/04/08
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
202
Legandosi successivamente a imprese cooperative di base, dove l’obiettivo
di migliorare la vendita e i prezzi dei materiali era centrale, supporta la
diminuzione dello sfruttamento da parte degli intermediari e di conseguenza
il miglioramento delle entrate economiche dei waste pickers.
Questa intersezione di dimensioni fa si che, tra le altre cose, questo
movimento non rimanga un processo sommerso e isolato di base,
generalmente con scopi economici, che vede come unico obiettivo
l’aumento di guadagni tramite l’associarsi, allo stesso vi sono movimenti di
riciclatori che creano marce di protesta o conflitti politico-statali o alleanza
meramente economiche (secondo gli indici di di spartizione che troviamo in
questo tipo di associazioni nate esclusivamente per il “guadagno”, si creano
alleanze con determinati partiti o entità per migliorare il livello di ingresso
economico oppure si dedicano allo scontro costante con le autorità
governative).
5. La mappa Latinoamericana come processo
All’inizio del 2005 nella città di San Leopoldo, in Brasile, è avvenuto il
secondo Congresso Latinoamericano di Catadores di Materiali Riciclabili,
dove parteciparono Argentina, Colombia, Uruguay e Cile, raddoppiando la
presenza avuta durante il primo congresso avvenuto in Brasile nella città di
Caxias do Sul nel 2003 (erano presenti solo Argentina e Uruguay).
A partire da questo momento è iniziato a formarsi una prima articolazione
rappresentanti di organizzazioni di riclatori di questi 5 paesi, che miravano
alla costituzione di una Rete Latinoamericana di Organizzazioni di
Riciclatori.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
203
Dopo due anni di comunicazioni a distanza e alcune riunioni
rappresentative (Buenos Aires 2005 e Bogotà 2006) sono arrivate offerte di
solidarietà e appoggio internazionale nei confronti di problemi concreti
(confisca dei carri, sfratti violenti, negoziazioni istituzionali) quindi si sono
stabilite delle piattaformi di richiesta comuni venute dalle discussioni dei
riciclatori, da investigazioni e delle richieste di soluzioni concrete. E’ stato
nel 2006 che la Fondazione Avina per lo Sviluppo Sostenibile in America
Latina, una delle prime a lavorare su questo tema in Brasile e in Cile, chiese
di partecipare attivamente nel processo di rafforzamento locale e
articolazione interna delle organizzazioni dei riciclatoi attraverso due
distinti uffici nel resto del continente e con i diversi rappresentanti-soci
coinvolti in questo processo.
Nel novembre del 2006 si è svolto a Bogotà, Colombia, un Congresso
organizzato da questa stessa Fondazione Avina e dall’Associazione di
Riciclatori di Bogotà, sull’articolazione fin’allora stabilita56 e in
quest’occasione si è deciso per un terzo congresso Latinoamericano.
Si deve attendere il 2007 per vedere una nuova riunione rappresentativa
nella città di Santiago del Cile con i rappresentanti di organizzazioni di
diversi paesi membri e tecnici della Fondazione Avina (parteciparono
Colombia, Brasile e Cile) dove si definirono aspetti operativi interni della
Rete57 e si è stabilita una alleanza di lavoro con la Rete di Donne
dell’Economia Informale (WIEGO – India) e il Gruppo di Collaborazione
nei Residui Solidi nei Paesi a Basso-Medio Reddito (CWG) attraverso i
56 Presentazione di Lucía Fernández “Algunas cuestiones en la articulación de los recicladores”57 Per esempio: Segreteria itinerante annuale con base presso La Serena del Cile, il riciclatore Exquiel Estay responsabile e Lucia Fernandez con figura di tecnica di sostegno.
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membri che si occupano del Settore Informale (settore informale del
riciclaggio)
Sicuramente queste reti hanno un imprinting globale, la prima con una forte
incidenza in Asia e in Africa fondamentalmente attraverso le organizzazioni
di lavoratori dell’economia informale e i tecnici e la seconda con base in
Svizzera e con membri di diversi continenti, con un profilo di sostegno
tecnico e alleanzadi consultazione sul tema della gestione integrata dei
residui.
Questa alleanza può esser vista principalemente come la realizzazione di
una presa di coscienza delle organizzazioni di riciclatori che esistono, che
tende a fornire una serie di dati per la costituzione di mappe che riassumano
le informazioni strategiche capaci di descrivere il potenziale (JAUREGUI
2005) per lo sviluppo del terzo Congresso Latinoamericano, con l’obiettivo
del Primo Congresso Mondiale di Ricicladores.
E così che di è iniziato a sentire la necessità di una mappa globale delle
organizzazioni di ririclatori che segnalino esaustivamente ciò su cui prima
non esisteva alcuna informazione chiara. A partire dal mese di settembre
2007, diversi rappresentanti ricilatori coinvolti nel processo di articolazione
delle organizzazioni negli anni precedenti, hanno iniziato a viaggiare per il
continente, esplorando nuovi territori e creando i nuovi contatti con nuove
organizzazioni con direttamente con riciclatori individuali.
Fig. 3 Immagine originale de Mapeo de Organizaciones de Recicladores-
CWG-fonte:Lucia Fernandez
Nella figura 3 si possono notare gli accordi con le diverse organizzazioni di
riciclatori coinvolti, dove ognuno ha definito i propri rappresentanti per la
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realizzazione della raccolta dei dati nei differenti paesi58. E’ stata elaborata,
congiuntamente con la mappa realizzata per l’Asia nello stesso periodo, una
piantina di rilevamento di informazioni di base per diffondere informazioni
e per dare il via agli inviti del primo Congresso Mondiale e al terzo
Congresso Latinoamericano e l’elaborazione di informazioni corrette
attraverso le informazioni e le percezioni ottenute tramite i viaggi dei
riciclatori.
Questo progetto-esercizio è sato un processo59 molto importante per la sua
caratteristica di inversione dei classici ruoli, solitamente il “tecnico-
consulente” ricerca e coordina, insieme con altri di altri paesi per la
realizzazione di un campione, in questo caso organizzativo, che diventi poi
il prodotto della presentazione di un “Informe sulle Organizazioni di
Riciclatori dell’America Latina. Al contrario, in questo caso, i tecnici60
coinvolti in questo processo sono stati al servizio e a disposizione delle
decisioni prese dai riciclatori, generando una dinamica di rafforzamento e
partecipazione di questi ultimi, che ha permesso tra l’altro il sentirsi parte di
un progetto comune e l’esser protagonista di una sfida importante:
identificare e sensibilizzare la popolazione con cui si entra in contatto alla
tematica del processi di organizzazione dei riciclatori e la socializzazione
58 Exequiel Estay per AREILS Chile, Severino Lima per il MNCR Brasil, Silvio Ruiz Grisales, Maria Eugenia Duque, Myriam Herrera per l’ARB Colombia e Darío Castro per ANR Colombia. 59 Nel maggio 2008 si devono realizzare i viaggi nella zona del Centroamerica (Messico, Cuba, isaranno i primi, El Salvador, Nicaragua e Panama a seguito del Congresso Mondiale) si vuole estendere il processo anche a Guatemala, Porto Rico e Costa Rica. 60 La costituzione della mappa ha contato sull’appoggio degli uffici decentralizzati della Fondazione Avina, che permisero per esempio l’assegnazione di un ammontare economico per le diverse organizzazioni per la realizzazione dei vari viaggi, così come una segreteria tecnica che ha coordinato l’entrata delle informazioni, la sintesi delle informazioni, l’elaborazione della pianta di rilevamento dei dati coordinata con l’Asia e una diffusione virtuale iniziale dei dati dei paesi da mappare.
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al processo organizzativo a livello Latinoamericano e l’invito alla
partecipazione al Congresso dei riciclatori nel mese di marzo 2008. (Darío
Castro, Presidente della Asociación de Recicladores de Colombia A.N.R-
Visita Informale in Venezuela, novembre 2007).
D’altra parte, i risultati principalmente ottenuti evidenziano da una parte
interessanti analisi e/o attività non previste originariamente come
l’identificazione dei organizzazioni di intermediari o l’ostacolo da parte
delle autorità comunali all’organizzazione dei riciclatori:
Si sono identificati intermediari e riciclatori e riciclatrici non organizzati.
Nella discariche vi è grave povertà, un elevato numero di reciclatori che
però non hanno nessuna intenzione di organizzarsi e le organizzazioni che
si incontrano sono solo quelle degli intermediari. (Darío Castro, visita alla
discarica della città di Sancristobal, Venezuela e Identificazione della
popolazione che lavora come - 9 novembre 2007).
Nel momento in cui siè avvertita la necessità di una organizzazione
formalmente e legalmente riconosciuta gli amministratori del Comune
immediatamente hanno detto che non era assolutamente necessario che
avrebero portato avanti accordi in maniera verbale e in nessun momento
sarebbe stato necessario che i “guajeros” (i riciclatori) si organizzassero.
(Maria Eugenia Duque, visita al Discarica di Guatemala, 8 gennaio 2008.)
Sicuramente, il rilevamento dei dati attraverso la piantina proposta61 non
permette di apportare una quantità di informazioni sufficienti per una analisi
completa del fenomeno nel continente.
61 La suddeetta cartina o piantina di rilevamento presentava una quantità di informazioni così raggruppate: Dati del Contatto, della organizzazione, attività ralizzate dall’organizzazione rilevata, alleanze storiche dell’organizzazioni e possibili alleanze future.
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L’eterogeneità nella composizione di queste relazioni, ha fato sì che nel
rilevamento dei dati realizzato su Perù, Cile, Equador o Guatemala
informazioni approfondite che vanno dalle quantità di residui raccolti per
associazioni alle alleanze storiche di queste, mentre in Bolivia, in Argentina
e in Paraguay non si è sicuri se sia stata utilizzata la cartina di rilevamento
come strumento, poichè ha comportato mesi di discussioni tra gli attori
individuati, visite alle officine ai terreni ecc.
6. Il Congresso Mondiale
Dal l’incontro,dall’afflusso di nomi, di categorie, di parole, di affermazioni
qualcosa è nato. A partire da una idea precisa di provenienza indistinta,
idee differenti che circolavano liberamente, qualcosa si sta componendo.
Entriamo nel campo dell’immanenza, della concretezza, noi creiamo le
nostre (la nostra) attività che ci danno forma; esistiamo.62
“Recicladores Sin Fronteras”(Riciclatori Senza Frontiera) è stato il nome
proposto nel workshop di preparazione del Congresso Mondiale dei
Riciclatori, nella città di Giradot, Colombia nel mese di novembre 2007
evento che si è svolto nel passato marzo 2008 nella città di Bogotà,
Colombia.
A questo evento hanno partecipato 35 paesi63 di tutti i continenti e la sua
convocazione si è stata divulgata attraverso i contatti creati durante i lavori
62 Lewkowicz Ignacio,2006 Pensar Sin Estado, La subjetividad en la era de la fluidez (“Pensare Senza lo Stato: La soggettività nell’era della fluidità”). pag 233. 1ª, Edizione. 2ª ristampap. Buenos Aires: Paidós63 Paesi dell’Ameica Latina: Argentina, Cile, Perú, Haití, Brasile, Bolivia, Messico, Porto Rico, Nicaragua, Costa Rica, Guatemala, Equador, Paraguay, Uruguay, Venezuela e Colombia.
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per la costituzione della Mappa Globale delle Organizzazioni di Riciclatori
ed anche attraverso i canali più imprevedibili di contatti “virtuali” che il
mondo di Internet oggi permette.
Nella società attuale, attraversata da conflitti di non-conoscenza tra le
diverse parti che la compongono, il primo compito di un evento consiste nel
riunire le differenti parti intorno a un tavolo di discussione per espimere le
proprie posizioni già questo in se stesso costituisce un grande contributo
nella ricerca di soluzioni (JAUREGUI:2005)
Non hanno partecipato unicamente organizzazioni di riciclatori, durante
questi giorni a partire dal 1 al 4 marzo, hanno preso parte anche organismi
del Governo, Agenzie Internazionali per la Cooperazione, ONG, Fondazioni
e Istituti di Ricerca hanno preso parte per dibattere intorno alle aree
tematiche di discussione proposte dal Congresso.64
Lo stesso si è ritrovato in un progetto più ampio di costituzione di una Rete
Mondiale di Riciclatori, proposto dalla prima menzionata Rete WIEGO, con
l’appoggio e l’alleanza delle altre entità per la sua organizzazione tra cui per
esempio la Fondazione Avina, il CWG e l’Associazione di Riciclatori di
Bogotà che ha oprato come Segreteria e Organizzazione Locale.
La prima difficoltà incontrata per perseguire questo obiettivo è stata la
differenza di avanzamento, dei tempi e di maturità dei processi di
organizzazioni avviati nei diversi continenti. Per esempio in Asia, l’India è
molto avanti in quanto a organizzazione dei riciclatori, non solo sul piano
Paesi dell’Afica: Sudafrica, Egitto, Kenya. Paesi dell’Asia: India, Filipine, Nepal, Cambogia, Indonesia, Hong Kong, Paesi del Nord America: EEUU, Canada. Pesi dell’Europa: Olanda, Svizzera, Germania, Spagna, Italia, Turchia, Inghilterra e Albania. 64 Tutte le informazioni della convocazione così come sono state presentate all’evento si possono tovare qui: www.recicladores.net
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locale bensì sull’intera aticolazione di tutto il paese intorno al tema, mentre
gli altri paesi sono piuttosto deboli per quanto riguarda questo processo,
risulta così difficile pensare ad un’articolarsi di riciclatori individuali come
rappresentanti di un paese, all’interno di una grande alleanza globale. Il
caso dell’Africa è abbastanza simile, qui i riciclatori non hanno una stabile
organizzazione di base, così un articolazione modiale solo tra
rappresentanti, non forti di una stabile base organizzata, può diventare
rischiosa e difficile.
Proseguendo con il discorso originario di Lewkowicz, parlare di un “noi
collettivo”, fa mancare consistenza ai componenti precedentemente
determinati. Il “noi collettivo” in momento ed epoca di fluidità come è
l’attuale, non si può non appoggiare su degli assi strutturali che non siano
la creazione di situazioni, si può chiamare “noi collettivo” ciò che si
compone a partire dagli incontri, e non a partire da elementi semplici. E’
così che la sfida che sembra si sia instaurata a partire da questo grande
evento è lontana dal volersi porre come una cornice strutturante, bensì come
ha detto in un’intervista Gustavo Plata Velasquez, un reciclatore
colombiano: a partire da questo momento comincia una nuova fase per la
comunità riciclatrice perchè sappiamo che seguiranno importanti
processi....65
Sebbene non sapiamo con certezza a quale tipo di processo Gustavo facesse
riferimento, per certo ancora una volta, un evento dove partecipa un
soggetto che si incontra con altri, va a creare un “noi collettivo” che è senza
65 Intervista realizzata per la Fundación Ecourbano di Entre Ríos, Argentina durante il Congresso Gustavo Plata Velásquez, membro della Cooperativa Asidero, appartenente alla Asociación de Recicladores de Colombia. Disponibile http://www.ecourbano.org.ar/ (ultimo accesso 26/05/2008)
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211
dubbio estremamente concreto: non è semplicemente una struttura (vuota).
E questo “noi” continuando con Lewkowicz, ha la stessa difficolta di
qualsiasi coesione in un sistema fluido: il continuo alterarsi delle
condizioni in cui ci si incontra. Per questo l’incontro non può esser un
momento di incontro in se stesso, bensì un processo dell’incontrarsi
permanentemente.
Un chiaro esempio che tutti abbiamo vissuto in un momento della nostra
vita sono le quantità di idee e progetti che vengon dall’incontrarsi, dal
semplice fatto di conoscersi e scambiarsi idee, anche per brevi momenti,
senza dubbio la quotidianità è il più forte impulso di cambiamento.
E così forse la cosa più importante è il valore simbolico della situazione
senza aspettarsi troppo di più. “Mi sembra che esista un “prima” e un
“dopo” evento. Prima, eravamo un gruppo di stolti in questo mondo, che
aveva un sogno a livello nazionale, locale e regionale. Oggi siamo un
gruppo a livello mondiale che cerca di rivendicare i diritti umani. Questa
storia ci permette di entrare negli scenari, questo evento ci apre una strada
che mai prima abbiamo percorso...Passiamo dall’esser invisibili al
proporre un modello di sviluppo dove si tenga conto la partecipazione,
l’organizzazione e prima di tutto i diritti e la passione sociale che abbiamo
in Colombia, passione che i governi per cento anni hanno disconosciuto.”
(Gustavo Plata Velásquez)
7. Conclusioni
1) Logiche di concentrazione spazio-lavorative intorno alla
tematica dell’informalità e dei residui sono le soluzioni
presentate per il tema “problema dei riciclatori di residui”.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
212
Dobbiamo ripensare le modalità di articolazione politica ed
economica tra i riciclatori ( e non necessariamente con modalità
accentrate) come alternative valide per migliorare le condizioni di
vita, che prevede l’unione di un maggiorn numero di riciclatori (sia
di gruppi che di individui). Questi possono così operare come
organismi di dialogo con le autorità che si incontrano quando si
devono cercare delle soluzioni a problematiche che preoccupano in
gran parte la societò, trovando così dei punti di incontro favorevoli
a più soggetti grazie alla ricerca congiunta di soluzioni.
2) Le soluzioni che hanno portato alla creazione di “piante del
riciclo” (con capannoni per il riciclo) sono viste la maggior
parte delle volte con molto interesse da alcuni gruppi di
riciclatori, generalmente coloro che sono più propensi ad
organizzarsi lavorativamente, però si devono studiare i reali
impatti e i risultati economici di questi imprendimenti, se si
considera che le iniziative nate a partire da richieste del settore o
ottenute attraverso gli organismi governativi, non sempre sono
auto-sostenibili, se non addirittura, al contrario totalmente in balia
dei sussidi esterni, e ciè è un rischio potenziale per l’autonomia e
lo sviluppo del lavoro del riciclatore.
3) I vincoli relazionali tra i membri delle organizzazioni di
secondo ordine devono tendere ad esser complementari in
entrambe le dimensioni; sindacale ed economica e perciò è
fondamentale la solidarietà tra i membri e l’autonomia da fonti
economiche o/o politiche esterne. Le alleanze desiderabili vanno
da quelle possibili all’interno delle relazioni tra imprese di base del
piccolissimo quartiere all’ articolarsi più complesso su scala
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
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nazionale è importante che si congiungano attraverso una rete di
commercio e alleanze politche.
4) Le differenze di risultati nella Mappa Latinoamericana di
Organizzazioni ci fanno riflettere sulle volontà-razionali
scientifiche in cui siamo coinvolti in questo compito di
accompagnamento e sostegno tecnico, così come devono riflettere
le entità donatrici, a cui chiediamo di perseguire obiettivi
“visibili” a breve termine, piuttosto che pianificare risultati a
largo respiro. (IFAD:2000) senza prendere in considerazione le
particolari dinamiche e i processi lavorativi e organizzativi dei
riciclatori coinvolti.
5) La creazione di reti e/o articolazioni globali devono partire dalla
premessa di una forte concretezza e responsabilità dei divrsi nodi-
membri di base, questo permetterà di passare a processi relazionali
tendenti all’elaborazione di piani lavorativi importanti, con impatti
di medio e lungo termine e utilizzeranno gli eventi come momento
di riferimento di un processo più ampio e consensuale.
Se l’arbitrarietà dei greci nell’unire i punti più luminosi in costellazioni, ci
ha fatto riconoscere e dopo 2006 anni, tutt’oggi ci fa riconoscere le
costellazioni come “Orione”, il “Sagittario” e molte altre ancora, nello
stesso modo dobbiamo comprendere che le articolazioni di riciclatori a
livello locale, regionale o globale non sono composizioni arbitrarie e poco
rappresentative numericamente di questo settore, quando queste dimostrano
trasparenza e concretezza nei loro processi di costituzione e stabilità,
possiamo vedere in loro alternative valide.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
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Lucia Fernandez ha accompagnato e sostenuto dal 2003 al 2008 i processi
di Organizzazione Sindacale e Cooperativa dei clasificadores
dell’Uruguay, è stata una delle prime responsabili della nascita e dello
sviluppo della Rete Latinoamericana di Riciclatori negli ultimi tre anni e ha
coordinato il Congresso Mondiale dei Riciclatori.
Raccoglitori di residui Una panoramica globale sul primo anello del circuito del riciclaggio
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http://www.ecourbano.org.ar
www.recicladores.net
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autori:Poornima Chikarmane
Lucia FernandezLaila Iskander
Pietro LuppiLakshmi Narayan
Cecilia RubertoPablo Schamber
Reka SoosNoemi Stanev