PREECLAMPSIA: DIAGNOSI E TRATTAMENTO · preeclampsia è la forma più frequente di ipertensione...
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ScuolaEuropeadiAnestesiaOstetrica
www.eesoa.com
MasterBiennalediAltoPerfezionamentoin
ANALGESIA,ANESTESIAETERAPIAINTENSIVAINOSTETRICIA
DirettoreProf.GiorgioCapogna
Annoaccademico2017-2018
PREECLAMPSIA:DIAGNOSIETRATTAMENTO
Dott.EmanueleMarco Roma12Ottobre2018
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INDICE
INDRODUZIONE pag 3
EZIOLOGIA pag 5
CLASSIFICAZIONE pag 8
• Preeclampsia pag 8
• Ipertensione cronica pag 9
• Ipertensione cronica con preeclampsia sovrapposta pag 9
• Ipertensione gestazionale pag 9
• Ipertensione postpartum pag 10
CRITERI DIAGNOSTICI pag 11
CRITERI PREDITTIVI pag 13
TRATTAMENTO pag 16
CONCLUSIONI pag 21
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INTRODUZIONE
La preeclampsia è un severo disordine che si manifesta in genere nella seconda metà della
gravidanza, che può avere effetti dannosi sia a breve che a lungo termine sulla madre e sul
bambino1,2. La malattia è caratterizzata da disturbi materni multipli, fra i quali i principali sono
ipertensione, proteinuria ed edema. Possono manifestarsi disturbi metabolici addizionali, come
l’attivazione della coagulazione, alterata funzione epatica, insufficienza renale ed edema
polmonare nei casi più gravi3.
In assenza di interventi, la preeclampsia può evolvere in convulsioni generalizzate ed
eclampsia. I sintomi regrediscono alla rimozione della placenta, per cui la preeclampsia
rappresenta una delle più comuni cause di prematurità indotta.
I disordini ipertensivi della gravidanza, inclusa la preeclampsia, complicano il 10% delle
gravidanze in tutto il mondo, costituendo una delle più importanti cause di morbidità e mortalità
sia materne che perinatali. Rappresentano inoltre le cause più frequenti di prematurità.
La preeclampsia è la causa principale di morbidità e mortalità materna e perinatale, con un
numero di morti che si aggira intorno a 50000-60000 ogni anno. La pre-eclampsia costituisce
inoltre un fattore di rischio per future malattie cardiovascolari e metaboliche.
Nonostante l’adeguata cura prenatale, l’osservazione delle gravide per il riconoscimento
precoce di segni e sintomi e il taglio cesareo d’urgenza per terminare il disordine hanno dato
un contributo notevole nella riduzione degli esiti negativi, si verificano comunque conseguenze
severe sia per la madre che per il feto.
Inoltre, una parte dei problemi che colpiscono i neonati sono direttamente legati alla patologia,
mentre la restante parte è secondaria alla prematurità che risulta da un parto indotto
precocemente per risolvere la patologia materna.
Stando a queste premesse, un trattamento adeguato implica la stretta osservazione di segni
premonitori e una diagnosi appropriata, seguita dall’induzione del parto al momento migliore
sia per la madre che per il feto.
1SibaiB,DekkerG,KupfermincM(2005)Pre-eclampsia.Lancet365:785–7992RedmanCW,SargentIL(2005)Latestadvancesinunderstand-ingpreeclampsia.Science308:1592–15943VonDadelszenP,MageeLA,RobertsJM(2003)Subclassifica-tionofpreeclampsia.HypertensPregnancy22:143–148
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L’ipertensione cronica è associata con ritardo di crescita fetale e morbidità materna che si
manifesta con pressione arteriosa severamente aumentata; la morbidità aumenta
drammaticamente se a questa condizione si sovrappone una pre-eclampsia. Per l’appunto, una
delle sfide più difficili nella gestione delle gravide ipertese è distinguere fra un peggioramento
dell’ipertensione e la comparsa di preeclampsia.
Negli ultimi 10 anni si sono fatti molti passi avanti nella comprensione della patogenesi di
questa condizione, e molti sforzi sono stati orientati nell’individuazione di una corretta terapia.
Nonostante ciò, rimangono delle aree in cui l’evidenza scarseggia, e spesso la difficoltà nella
diagnosi corretta e nel trattamento deriva da una scarsa consapevolezza della natura
multisistemica della malattia. Oltretutto, la preeclampsia è una condizione dinamica, in
potenziale divenire, che necessita quindi una rivalutazione continua alla ricerca di eventuali
segni di severità.4
4HypertensioninPregnancy
5
EZIOLOGIA
La gravidanza impone un enorme stress sul corpo materno che si trova a soddisfare gli
incrementi di richiesta energetica del feto a spese della propria energia.
Per questo motivo, diverse modificazioni fisiologiche e metaboliche hanno luogo in modo da
far fronte a questa sfida.
La più importante alterazione fisiologica in gravidanza è l’aumento del volume ematico,
necessario per il flusso supplementare diretto all’utero e l’incrementata perfusione di altri
organi, come i reni. L’utero gravido sottosta ad importanti cambiamenti tissutali e vascolari, di
cui il principale è la trasformazione delle arterie uterine da spiraliformi a vasi a bassa resistenza
che permettono a grandi quantità di sangue di raggiungere gli spazi intervillosi placentari5.
L’aumento di globuli rossi, l’elevata resistenza insulinica e l’incrementato indice cardiaco
contribuiscono a garantire che i villi placentari siano immersi in un milieu ricco di ossigeno e
nutrienti.
Il successo della gravidanza richiede inoltre un’adeguata interazione immunologica fra la madre
e il feto che, esprimendo anche geni paterni, viene considerato come un parziale allotrapianto
dal sistema immunitario materno6. Si sono sviluppati dei meccanismi che permettono al feto di
evadere la sorveglianza immunologica materna e, soprattutto, di evitare il rigetto.
Innanzitutto, il feto è fisicamente isolato dal sistema immunitario materno dal guscio formato
dalle cellule trofoblastiche che compongono la placenta e la membrana corionica; in particolare
la placenta è considerata un sito di “privilegio immunitario”, essendo un tessuto in grado di
produrre molte citochine ed ormoni immunomodulatori, e l’ipotesi più valida è che queste
sostanze rilasciate nell’interfaccia materno-fetale contribuiscano alle modifiche
immunologiche che rendono la gravidanza possibile. Di contro, una produzione placentare
aberrante di queste sostanze è associata a disordini correlati alla gravidanza o, in casi più
estremi, a gravidanze fallite.
Diversi studi hanno dimostrato come un maladattamento immunologico ed un’aperta
attivazione del sistema immunitario materno siano coinvolti nella pre-eclampsia7,8. Nonostante
i sintomi materni possano inizialmente apparire come eterogenei, in realtà sono tutti espressione
5BenirschkeK,KaufmannP(2000)Pathologyofthehumanplacenta,4thedn.Springer,BerlinHeidelbergNewYork6MedawarPB(1961)Immunologicaltolerance.Nature189:14–177HahnS,GuptaAK,TroegerC,RusterholzC,HolzgreveW(2006)Disturbancesinplacentalimmunology:readyforthera-peuticinterventions?SpringerSeminImmunopathol27:477–4938SargentIL,BorzychowskiAM,RedmanCW(2006)Immuno-regulationinnormalpregnancyandpre-eclampsia:anoverview.ReprodBiomedOnline13:680–686
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di una disfunzione endoteliale che deriva da un’esagerata risposta infiammatoria materna alla
gravidanza9,10.
Esiste evidenza di inadeguata interazione immunitaria feto-materna già molto precocemente
nella gravidanza11. È stato dimostrato come il numero e la distribuzione dei macrofagi attivati
sia alterato nel letto placentare di una gravida preeclamptica rispetto ad una gravida sana, e
come questi possano essere responsabili dell’induzione apoptotica dei trofoblasti 12 , 13 , 14 .
Un’aumentata morte delle cellule trofoblastiche gioca un ruolo centrale nello sviluppo
dell’aberrante placentazione che si osserva nella maggior parte dei casi di pre-eclampsia.
Queste cellule si staccano dai villi di ancoraggio subito dopo l’impianto dell’embrione e
invadono la parete uterina e le arterie spirali, per iniziare il rimodellamento vascolare e formare
la circolazione utero-placentare.
Nella gravidanza normale, i trofoblasti migrano nella parte profonda della decidua delle arterie
e assumono un fenotipo endoteliale, rimpiazzando il loro strato muscolare. In questo modo
queste arterie vengono trasformate in vasi a bassa resistenza ed altro flusso.
La pre-eclampsia è caratterizzata da un’apoptosi diffusa dei citotrofoblasti che invadono la
parete uterina15, per cui l’invasione trofoblastica risulta essere abnormemente superficiale e il
rimodellamento delle arterie spirali in vasi a bassa resistenza è confinato soltanto alla loro parte
prossimale16,17.
È stato ipotizzato che a causa del fallito rimodellamento vascolare, il flusso sanguigno alla
placenta sia ridotto e questo comporta ipossia placentare18 oltre ad un fenomeno di ischemia
riperfusione. Il risultato finale è un eccessivo stress ossidativo placentare con conseguente
9RobertsJM,TaylorRN,MusciTJ,RodgersGM,HubelCA,McLaughlinMK(1989)Preeclampsia:anendothelialcelldisorder.AmJObstetGynecol161:1200–120410RedmanCW,SargentIL(2003)Pre-eclampsia,theplacentaandthematernalsystemicinflammatoryresponse—areview.Placen-ta24(SupplA):S21–S2711YieSM,LiLH,LiYM,LibrachC(2004)HLA-Gproteinconcentrationsinmaternalserumandplacentaltissuearedecreasedinpreeclampsia.AmJObstetGynecol191:525–52912ReisterF,FrankHG,HeylW,KosankeG,HuppertzB,SchroderW,KaufmannP,RathW(1999)Thedistributionofmacrophagesinspiralarteriesoftheplacentalbedinpre-eclampsiadiffersfromthatinhealthypatients.Placenta20:229–23313RedlineRW(2001)Macrophagesinthebasalplateofpre-eclampticplacentae.Placenta22:890–89314BurkMR,TroegerC,BrinkhausR,HolzgreveW,HahnS(2001)Severelyreducedpresenceoftissuemacrophagesinthebasalplateofpre-eclampticplacentae.Placenta22:309–31615DiFedericoE,GenbacevO,FisherSJ(1999)Preeclampsiaisassociatedwithwidespreadapoptosisofplacentalcytotropho-blastswithintheuterinewall.AmJPathol155:293–30116RobertsonWB,BrosensI,DixonG(1976)Maternaluterinevascularlesionsinthehypertensivecomplicationsofpregnancy.PerspectNephrolHypertens5:115–12717GrahamCH,BurtonGJ(2004)Oxygenandtrophoblastbehaviour—aworkshopreport.Placenta25(SupplA):S90–S9218SoleymanlouN,JurisicaI,NevoO,IettaF,ZhangX,ZamudioS,PostM,CaniggiaI(2005)Molecularevidenceofplacentalhypoxiainpreeclampsia.JClinEndocrinolMetab90:4299–4308
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alterazione funzionale. Le placente preeclamptiche hanno una struttura alterata con evidenze
istologiche di vasculite, trombosi ed aree ischemiche-necrotiche. È stato ipotizzato che
l’abnorme quantità di detriti placentari e sostanze tossiche, fra cui citochine pro-infiammatorie,
venga rilasciata negli spazi villosi ed interagisca con l’endotelio materno ed il sistema
immunitario, causando così il vasto spettro di sintomi che caratterizzano la malattia. A
conferma di ciò, è stato dimostrato che la quantità di detriti placentari, come parti di DNA
apoptotico e particelle sinciziali, sia aumentata nel sangue periferico delle gravide affette da
preeclampsia19,20.
La preeclampsia non deve essere considerata come una patologia caratterizzata da ipertensione,
ma deve necessariamente valutata come un processo infiammatorio generalizzato. E’ stato
evidenziato come nelle donne preeclampitche, non vi sia un rilascio fisiologico di esosomi dal
sinciziotrofoblasto responsabili di immunomodulazione, ma si abbia un rilascio di STBM
(microvescicole di sinciziotrofoblasto), molecole di dimensioni aumentate rispetto alle più
modeste dimensioni degli esosomi del sinciziotrofoblasto. Gli STMB, sono molecole
proinfiammatorie , procoagualanti e responsabili del danno endoteliale diffuso che si osserva
nella preeclampsia.
19ZhongXY,LaivuoriH,LivingstonJC,YlikorkalaO,SibaiBM,HolzgreveW,HahnS(2001)Elevationofbothmaternalandfetalextracellularcirculatingdeoxyribonucleicacidconcentra-tionsintheplasmaofpregnantwomenwithpreeclampsia.AmJObstetGynecol184:414–41920RusterholzC,HahnS,HolzgreveW(2007)Roleofplacentallyproducedinflammatoryandregulatorycytokinesinpregnancyandtheetiologyofpreeclampsia.SeminImmunopathol29:151–162
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CLASSIFICAZIONE
Lo scopo di un sistema di classificazione dei disordini ipertensivi della gravidanza è quello di
differenziare i disturbi precedenti il concepimento da quelli che insorgono durante la
gravidanza, di identificare ed inquadrare i casi più complessi e creare delle categorie necessarie
per la raccolta dati.
La task force sull’ipertensione in gravidanza dell’”American College of Obstetricians and
Gynecologists” ha scelto di continuare ad utilizzare lo schema di classificazione inizialmente
introdotto nel 1972, poi sottoposto a diverse revisioni21. I disturbi ipertensivi della gravidanza
vengono suddivisi in 4 categorie:
1. Preeclampsia - eclampsia
2. Ipertensione cronica
3. Ipertensione cronica con preeclampsia sovrapposta
4. Ipertensione gestazionale
Preeclampsia – eclampsia
La preeclampsia è un disordine ipertensivo specifico della gravidanza con coinvolgimento
multisistemico. Solitamente si manifesta dopo 20 settimane di gestazione, o più comunemente
a ridosso del termine, e può sovrapporsi ad un altro disturbo ipertensivo preesistente. La
preeclampsia è la forma più frequente di ipertensione complicante una gravidanza, ed è definita
dalla nuova comparsa di ipertensione e di proteinuria. Nonostante questi due reperti
costituiscano la classica presentazione della preeclampsia, alcune donne manifestano invece
ipertensione ed altri sintomi indici di severità multisistemica in assenza di proteinuria. In questi
casi, la preeclampsia si diagnostica con la presenza di ipertensione associata a:
• piastrinopenia (< 100.000)
• alterata funzione epatica (aumento delle transaminasi fino ad un valore doppio rispetto
al normale)
• insufficienza renale di nuova insorgenza (creatininemia > 1.1 mg/dl)
• edema polmonare
• disturbi visivi di nuova comparsa
21ReportoftheNationalHighBloodPressureEducationProgramWorkingGrouponHighBloodPressureinPregnancy.AmJObstetGynecol.2000Jul;183(1):S1-S22
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L’ipertensione è definita con un valore di pressione arteriosa sistolica maggiore o uguale a 140
mmHg, una diastolica maggiore o uguale a 90 mmHg, o entrambi. Si raccomandano almeno
due determinazioni pressorie con almeno 4 ore di distanza, ma nei casi di ipertensione severa
si può accorciare l’intervallo in modo da non ritardare l’inizio della terapia.
Si parla di proteinuria quando si ha un’escrezione renale di proteine che supera i 300 mg nelle
24 ore, o quando il rapporto proteinuria/creatininuria dopo singolo campione misura o supera
il valore di 3.0.
L’eclampsia corrisponde alla fase convulsiva del disturbo, e rappresenta la manifestazione più
severa della malattia. Normalmente è preceduta da segni premonitori, come l’iperreflessia o
intense cefalee, ma può anche comparire in assenza di sintomi precedenti.
Ipertensione cronica
L’ipertensione cronica in gravidanza si definisce come un’elevata pressione arteriosa che si è
sviluppata prima del concepimento, o riscontrata entro 20 settimane di gestazione.
Ipertensione cronica con preeclampsia sovrapposta
La preeclampsia può complicare qualunque altro disturbo ipertensivo, tanto che la sua incidenza
è fino a 5 volte maggiore nelle donne ipertese rispetto a quelle non ipertese. In questi casi la
prognosi sia materna che fetale è peggiore. La diagnosi è più frequente in donne con
ipertensione cronica e comparsa di proteinuria dopo le prime 20 settimane di gestazione o donne
con proteinuria entro le prime 20 settimane di gestazione che presentano: improvvisa
esacerbazione dell’ipertensione, improvviso rialzo delle transaminasi fino a valori anormali,
riduzione della conta piastrinica sotto 100.000, comparsa di dolore al quadrante addominale
supero-esterno o intensa cefalea, comparsa di congestione polmonare o edema, insorgenza di
insufficienza renale, improvvisi aumenti sostanziali e sostenuti di escrezione urinaria di
proteine. Se il quadro si presenta unicamente con rialzo pressorio che non supera i 160/110
mmHg e proteinuria, si parla di preeclampsia sovrapposta senza segni severi di malattia. La
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presenza invece di segni di disfunzione d’organo denota la preeclampsia sovrapposta con segni
di severità.
Ipertensione gestazionale
L’ipertensione gestazionale è definita come il rialzo pressorio di nuovo riscontro dopo le prime
20 settimane di gestazione in assenza di proteinuria. Se la pressione arteriosa non si normalizza
nel postpartum, andrà cambiata la diagnosi in ipertensione cronica. Di solito, gli esiti delle
gravide con ipertensione gestazionale sono abbastanza positivi, anche se talvolta vengono
raggiunti livelli pressori talmente elevati da simulare l’outcome delle donne con preeclampsia22.
Inoltre, molte di queste donne sviluppano preeclampsia prima che proteinuria o altri sintomi di
danno d’organo si siano manifestati, per cui queste pazienti richiedono ugualmente una stretta
sorveglianza.
Ipertensione postpartum
Bisogna ricordare che può capitare che la preeclampsia si manifesti per la prima volta nel
periodo postpartum. Si tratta di pazienti che hanno avuto una gravidanza senza complicanze e
che manifestano un rialzo pressorio in un periodo che può andare dalle 2 settimane ai 6 mesi
postpartum. La condizione tende a normalizzarsi entro 1 anno, ma va tenuto conto che è un
fattore di rischio aggiuntivo per una futura ipertensione cronica.
22BuchbinderA,SibaiBM,CaritisS,MacphersonC,HauthJ,LindheimerMD,etal.Adverseperinataloutcomesaresignificantlyhigherinseveregestationalhypertensionthaninmildpreeclampsia.NationalInstituteofChildHealthandHumanDevelopmentNetworkofMaternal-FetalMedicineUnits.AmJObstetGynecol2002;186:66–71
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CRITERI DIAGNOSTICI
Per stabilire la diagnosi di preeclampsia, preeclampsia con segni di disfunzione d’organo ed
eclampsia, devono essere riscontrati dei precisi criteri diagnostici.
Preeclampsia
La preeclampsia è una sindrome che prevede principalmente il riscontro di ipertensione di
nuova insorgenza nella seconda metà della gestazione. Spesso è associata a proteinuria, ma può
anche manifestarsi con altri sintomi, come disturbi visivi, cefalea, dolore epigastrico, edema
polmonare.
I criteri diagnostici includono la presenza di ipertensione, definita come pressione sistolica
persistentemente uguale o superiore a 140 mmHg, o una pressione diastolica uguale o superiore
a 90 mmHg, con insorgenza dopo le prime 20 settimane di gestazione in una donna con valori
pressori precedenti normali 21. Un’ottimale misurazione della pressione arteriosa va fatta a
paziente comodamente seduta, con schiena e braccio supportati, va sistemata la cuffia in modo
che sia all’altezza dell’atrio destro; se ad una prima misurazione la pressione risulta elevata, ne
va fatta una seconda dopo qualche minuto per confermare il dato.
L’ipertensione isolata non conferma la presenza di preeclampsia, ma servono altri dati.
Solitamente si associa la comparsa di proteinuria, definita come un’escrezione urinaria nelle
24 ore uguale o superiore a 300 mg; in alternativa si può usare il rapporto
proteinuria/creatininuria dopo singolo campione che deve essere maggiore o uguale a 3.0.
In assenza di proteinuria, la diagnosi di preeclampsia si stabilisce con la compara di ipertensione
di nuova insorgenza associata ad uno qualsiasi dei seguenti:
- Piastrinopenia (< 100.000)
- Alterata funzione epatica (rialzo di transaminasi fino a 2 volte il valore normale)
- Insufficienza renale (rialzo di creatinina > 1.1 mg/dl o concentrazione sierica
raddoppiata in assenza di altre malattie renali)
- Edema polmonare
- Sintomi cerebrali o visivi
12
Da ciò si evince che per la diagnosi di preeclampsia non è necessaria la presenza di
proteinuria23.
La presenza o meno di manifestazioni cliniche severe differenzia una preeclampsia con
manifestazioni d’organo severe da una preeclampsia senza manifestazioni d’organo severe.
Anche in assenza di una diagnosi confermata di preeclampsia, ci sono alcuni sintomi materni
che devono generare un allarme di sorveglianza, ad esempio:
• disturbi visivi
• intensa cefalea di nuova insorgenza
• dolore addominale nel quadrante supero-esterno
Altri segni che impongono una stretta sorveglianza per il rischio di sviluppo di preeclampsia
sono ritardo di crescita fetale e proteinuria di nuova insorgenza nella seconda metà della
gestazione24,25.
Alcuni riscontri clinici aumentano il rischio di morbidità e mortalità nell’ambito della diagnosi
di preeclampsia, e quando presenti fanno rientrare la patologia in un quadro di maggiore
severità26. Questi comprendono:
• Pressione sistolica maggiore o uguale a 160 mmHg, o diastolica maggiore o uguale a
110 mmHg, in due misurazione ad almeno 4 ore di distanza, effettuate a paziente a
riposo;
• Piastrinopenia (<100.000)
• Alterata funzione epatica
• Insufficienza renale
• Edema polmonare
• Disturbi cerebrali o visivi di nuova insorgenza
23HomerCS,BrownMA,MangosG,DavisGK.Non-proteinuricpre-eclampsia:anovelriskindicatorinwomenwithgestationalhypertension.JHypertens2008;26:295–30224FoxNS,HuangM,ChasenST.Second-trimesterfetalgrowthandtheriskofpoorobstetricandneonatalout-comes.UltrasoundObstetGynecol2008;32:61–525MorikawaM,YamadaT,YamadaT,ChoK,YamadaH,SakuragiN,etal.Pregnancyoutcomeofwomenwhode-velopedproteinuriaintheabsenceofhypertensionaftermid-gestation.JPerinatMed2008;36:419–2426VonDadelszenP,PayneB,LiJ,AnserminoJM,BroughtonPipkinF,CoteAM,etal.Predictionofadversematernaloutcomesinpre-eclampsia:developmentandvalidationofthefullPIERSmodel.PIERSStudyGroup.Lancet2011;377:219–27
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CRITERI PREDITTIVI
Numerosi sforzi sono stati impiegati negli anni nella ricerca di fattori demografici, sostanze
biochimiche o riscontri biofisici che permettano, da soli o in combinazione, una previsione
precoce della comparsa di preeclampsia.
Una serie di circostanze cliniche sono state associate ad un aumentato rischio di sviluppare la
patologia.
Infatti, il rischio è aumentato da 2 a 4 volte nelle pazienti che hanno parenti di primo grado che
hanno in anamnesi storia di disturbi ipertensivi in gravidanza, e questo rischio aumenta fino a
7 volte se una preeclampsia ha complicato una precedente gravidanza27,28.
Una gravidanza multipla rappresenta un fattore di rischio aggiuntivo, e una gravidanza
trigemellare è più rischiosa di una bigemellare.
I classici fattori di rischio cardiovascolare possono aumentare la probabilità di comparsa di
preeclampsia, così come l’età materna superiore ai 40 anni, diabete, obesità, ipertensione
preesistente. Ulteriori fattori di rischio sono rappresentati da storia di trombofilia, lupus
eritematoso sistemico, fecondazione in vitro, insufficienza renale cronica. Tuttavia è importante
ricordare come la maggior parte dei casi di preeclampsia si riscontrano in donne sane nullipare
senza apparenti fattori di rischio.
Al di là dei noti fattori di rischio, sono state oggetto di studio altre tecniche per predire
precocemente l’insorgenza di preeclampsia. Fra queste, è stato ampiamente studiato il doppler
delle arterie uterine29; il principio su cui si basa la tecnica sta nel cambiamento di resistenze cui
vanno incontro normalmente le arterie uterine, e che invece viene meno nelle donne
preeclamptiche.
L’incrementata resistenza al flusso a carico delle arterie uterine si caratterizza per un’alterata
forma d’onda, rappresentata da un’aumentata resistenza o comparsa indici di pulsatilità, oppure
dalla persistenza di un’incisura dicrota, mono o bilaterale. Tuttavia, lo studio Doppler delle
arterie uterine da solo ha un basso valore predittivo; gli svantaggi della tecnica sono correlati
all’elevata variabilità, trattandosi di una tecnica operatore-dipendente, e la scarsa accuratezza
predittiva.
27DuckittK,HarringtonD.Riskfactorsforpre-eclampsiaatantenatalbooking:systematicreviewofcontrolledstudies.BMJ2005;330:56528CarrDB,EppleinM,JohnsonCO,EasterlingTR,CritchlowCW.Asister'srisk:familyhistoryasapredictorofpre-eclampsia.AmJObstetGynecol2005;193:965–7229CnossenJS,MorrisRK,terRietG,MolBW,vanderPostJA,CoomarasamyA,etal.UseofuterinearteryDopplerultra-sonographytopredictpre-eclampsiaandintrauterinegrowthrestriction:asystematicreviewandbivariablemeta-analysis.CMAJ2008;178:701–11
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Un’altra strada che è stata perseguita nel tentativo di individuare dei criteri predittivi, è quella
dei marcatori biologici; nella fattispecie sono stati testati dei biomarcatori correlati
all’angiogenesi, quali proteine antiangiogeniche (sFlt-1 ed endoglina solubile) e proteine
proangiogeniche (fattore di crescita placentare (PlGF) e vascolare (VEGF)30. L’alterazione
della concentrazione di questi fattori è alterata nel circolo materno prima della comparsa clinica
di preeclampsia, per cui ne è stato testato il potenziale predittivo. La maggior parte degli studi
si sono concentrati sulla proteina antiangiogenica sFlt-131 ed è stato concluso che più alta è la
concentrazione di questo marker più diventa predittiva di insorgenza precoce di preeclampsia.
Ad ogni modo, l’alterazione di questa proteina si manifesta soltanto 4-5 settimane prima
dell’onset clinico della patologia, per cui non si è rivelato utile se usato da solo come test di
screening in una fase precoce della gravidanza.
Diversamente, il PlGF inizia a drecrescere da 9 a 11 settimane prima della comparsa clinica di
ipertensione. Essendo il fattore di crescita placentare una piccola proteina che viene
normalmente filtrata dai reni, è stata proposta la misurazione urinaria del PlGF combinata con
il rapporto plasmatico sFlt-1/PlGF32.
Ad ogni modo, attualmente nessuna linea guida raccomanda lo screening di routine con questi
o altri biomarker, e sicuramente sono necessari studi prospettici più vasti per stabilire l’utilità
clinica di questi marcatori.
Un altro utilizzo dei biomarcatori è quello di valutare l’avversità degli esiti in gravide che hanno
già sviluppato ipertensione gestazionale.
Il più studiato è l’acido urico. E’ stato visto come un’elevata concentrazione di questa sostanza
in gravide che hanno sviluppato ipertensione gestazionale possa prevedere l’evoluzione in
preeclampsia o lo sviluppo di esiti materno-fetali avversi33,34,35.
La misurazione di acido urico in questa popolazione di pazienti ha un valore predittivo positivo
del 91% per un cutoff di 5.2 mg/dl.
30PoweCE,LevineRJ,KarumanchiSA.Preeclampsia,adis-easeofthematernalendothelium:theroleofantiangio-genicfactorsandimplicationsforlatercardiovasculardis-ease.Circulation2011;123:2856–6931LamC,LimKH,KarumanchiSA.Circulatingangiogenicfactorsinthepathogenesisandpredictionofpreeclamp-sia.Hypertension2005;46:1077–8532LevineRJ,ThadhaniR,QianC,LamC,LimKH,YuKF,etal.Urinaryplacentalgrowthfactorandriskofpre-eclampsia.JAMA2005;293:77–8533WuY,XiongX,FraserWD,LuoZC.Associationofuricacidwithprogressiontopreeclampsiaanddevelopmentofadverseconditionsingestationalhypertensivepreg-nancies.AmJHypertens2012;25:711–734RobertsJM,BodnarLM,LainKY,HubelCA,MarkovicN,NessRB,etal.Uricacidisasimportantasproteinuriainidentifyingfetalriskinwomenwithgestationalhyper-tension.Hypertension2005;46:1263–935HawkinsTL,RobertsJM,MangosGJ,DavisGK,RobertsLM,BrownMA.Plasmauricacidremainsamarkerofpooroutcomeinhypertensivepregnancy:aretrospectivecohortstudy.BJOG2012;119:484–92
15
Anche i fattori di angiogenesi sono stati valutati nel setting di pazienti con sospetta
preeclampsia per predirne gli outcome avversi materno-fetali; fra questi il rapporto sierico sFlt-
1/PlGF ha rivelato un potere predittivo positivo del 86%36 nel prevedere outcome avversi entro
due settimane dalla presentazione clinica.
L’utilità più grande di questi test sarebbe quella di escludere la progressione dell’ipertensione
gestazionale in preeclampsia o in outcome avversi al momento della presentazione clinica, e
questo potrebbe essere di grande aiuto nel management terapeutico; in maniera simile sarebbe
utile riuscire ad individuare quelle pazienti con diagnosi di preeclampsia che andranno o meno
incontro ad eventi avversi.
Tuttavia, prima di poter inserire questi test nelle raccomandazioni delle linee guida sono
necessari degli studi prospettici molto vasti che valutino l’utilità clinica di questi biomarcatori.
Attualmente, nessun singolo test è in grado di predire la comparsa di preeclampsia.
Diversi studi hanno identificato svariati fattori angiogenici come potenziali strumenti in grado
di poter predire la comparsa precoce di preeclampsia; le evidenze attuali suggeriscono che è
probabilmente una combinazione di più marcatori biologici insieme all’esame Doppler delle
arterie uterine ad avere la migliore accuratezza predittiva.
Ad oggi è necessario attendere i prossimi esiti della ricerca clinica, nell’attesa di markers più
affidabili.
36RanaS,PoweCE,SalahuddinS,VerlohrenS,PerschelFH,LevineRJ,etal.Angiogenicfactorsandtheriskofadverseoutcomesinwomenwithsuspectedpreeclamp-sia.Circulation2012;125:911–9
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TRATTAMENTO
IPERTENSIONE GESTAZIONALE O PREECLAMPSIA IN ASSENZA DI
CARATTERISTICHE DI SEVERITA’
MANAGMENT PRE NATALE
Alla diagnosi è necessario eseguire un emocromo con conta piastrinica, dosaggio di creatinina
ed enzimi epatici, proteinuria e ricerca di sintomi di allarme;
la valutazione fetale include la stima ecografica del peso, indice del liquido amniotico, profilo
biofisico e non-stress test.
L’ospedalizzazione e induzione del parto è indicata alla presenza di uno o più dei seguenti
segni:
• 37 settimane o più di gestazione
• Sospetto distacco di placenta
• 34 o più settimane di gestazione unitamente ad uno dei seguenti: travaglio progressivo
o rottura delle membrane, stima del peso fetale inferiore al quinto percentile,
oligoidramnios, profilo biofisico uguale o inferiore a 6/10.
La valutazione continua è indicata per quelle donne con ipertensione gestazionale o
preeclampsia che non hanno ancora partorito e consiste nella valutazione giornaliera dei calci
fetali, stima ecografica del peso ogni tre settimane, e valutazione del volume amniotico una
volta a settimana.
Inoltre, è raccomandato il non-stress test una volta a settimana in caso di ipertensione
gestazionale e due volte a settimana in caso di preeclampsia; in caso di test non reattivo è
indicato un profilo biofisico.
Si raccomanda una frequente misurazione della pressione arteriosa, emocromo con enzimi
epatici e creatinina una volta a settimana.
Al momento della diagnosi le pazienti vengono istruite a riferire ad ogni visita successiva
eventuali sintomi di preeclampsia severa, quali cefalea intensa, disturbi visivi, epigastralgia e
dispnea. La comparsa di uno di questi sintomi o di ipertensione severa (maggiore o uguale a
160/110) o di ritardo di crescita impongono ospedalizzazione immediata4.
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La terapia antipertensiva è usata per prevenire l’ipertensione gestazionale severa e stroke
emorragici. Tuttavia, non esiste ancora un consenso univoco per il trattamento dell’ipertensione
moderata; si è infatti visto che la terapia antipertensiva può ridurre il rischio di progressione
verso ipertensione severa, ma non ha effetti vantaggiosi nella riduzione del rischio di
progressione in preeclampsia, eclampsia o edema polmonare. Inoltre la terapia è stata associata
al rischio di ritardo di crescita fetale in quanto vi è una compromissione del flusso all’unità
feto-placentare. Pertanto, il trattamento di un’ipertensione che non superi i 160 mmHg di
sistolica e i 110 mmHg di diastolica non è raccomandato37,38,39,40.
Il completo riposo a letto nel caso di ipertensione moderata non è raccomandato, in quanto non
comporta benefici ed aumenta il rischio di tromboembolismo41.
Management perinatale
Nelle pazienti con ipertensione gestazionale moderata o preeclampsia senza segni di danno
d’organo che si trovano fra la 34° e la 37° settimana di gestazione la decisione del momento
del parto è un argomento ancora controverso. I rischi correlati ad un atteggiamento attendista
includono l’evoluzione in ipertensione severa, eclampsia, sindrome HELLP, ritardo di crescita
fetale e morte fetale. Dall’altro lato, l’induzione immediata del parto comporta un aumentato
rischio di complicanze polmonari fetali, ammissione in terapia intensiva ed un aumentato
rischio di morte fetale se paragonato ai bambini nati dopo la 37°. Per questi motivi, il rapporto
rischio-beneficio fra le due alternative di trattamento propende a favore dell’atteggiamento
attendista con monitoraggio costante e parto almeno alla 37° settimana, in assenza di
valutazioni fetali anormali o di altre condizioni severe (rottura prematura delle membrane,
37AbalosE,DuleyL,SteynDW,Henderson-SmartDJ.Antihypertensivedrugtherapyformildtomoderatehyper-tensionduringpregnancy.CochraneDatabaseofSystema-ticReviews2007,Issue1.Art.No.:CD002252.DOI:10.1002/14651858.CD002252.pub238vonDadelszenP,OrnsteinMP,BullSB,LoganAG,KorenG,MageeLA.Fallinmeanarterialpressureandfetalgrowthrestrictioninpregnancyhypertension:ameta-analysis.Lan-cet2000;355:87–9239vonDadelszenP,OrnsteinMP,BullSB,LoganAG,KorenG,MageeLA.Fallinmeanarterialpressureandfetalgrowthrestrictioninpregnancyhypertension:ameta-analysis.Lan-cet2000;355:87–9240NationalInstituteforHealthandClinicalExcellence.Hypertensioninpregnancy:themanagementofhyperten-sivedisordersduringpregnancy.NICEClinicalGuideline107.London:NICE;20141MeherS,AbalosE,CarroliG.Bedrestwithorwithouthospital-isationforhypertensionduringpregnancy.CochraneDatabaseofSystematicReviews2005,Issue4.Art.No.:CD003514.DOI:10.1002/14651858.CD003514.pub2
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travaglio pretermine, sanguinamento vaginale)42. Nel caso invece che questa popolazione di
pazienti abbia raggiunto la 37° settimana, l’induzione del parto è indicata43.
Nelle pazienti preeclamptiche con ipertensione severa (pressione sistolica persistente di almeno
160 mmHg e diastolica di almeno 110 mmHg) il trattamento antipertensivo ha lo scopo di
prevenire potenziali complicanze cardiovascolari (infarto miocardico e scompenso cardiaco),
renali (insufficienza renale) e cerebrali (ictus o emorragia) correlate ai valori persistentemente
elevati di pressione arteriosa. Pertanto, di fronte a valori pressori così elevati la terapia è
raccomandata. I farmaci di scelta efficaci nel trattare l’insorgenza acuta di ipertensione severa
sono idralazina, labetalolo e nifedipina; la scelta del farmaco ed il relativo dosaggio dovrebbe
essere a discrezione dell’esperienza e della familiarità del curante con controindicazioni ed
effetti avversi.
Preeclampsia severa
La preeclampsia severa può esitare in complicanze severe a medio e lungo termine, sia per la
madre che per il feto. Le complicanze materne includono l’edema polmonare, l’infarto
miocardico, ictus cerebrale, ARDS, coagulopatia, insufficienza renale e danno retinico. Le
complicanze del feto sono correlate all’insufficienza utero-placentare ed alla prematurità44. Il
decorso clinico della preeclampsia severa in assenza di induzione al parto prevede il rapido
deterioramento delle condizioni materno-fetali. Pertanto, è raccomandato il parto quando l’età
gestazionale è maggiore o uguale a 34 settimane. Inoltre, un parto urgente è l’opzione più sicura
per il feto e per la madre in presenza di edema polmonare, insufficienza renale, distacco di
placenta, severa trombocitopenia, CID, sintomi cerebrali persistenti, condizioni fetali instabili
qualunque sia l’età gestazionale45.
Nel caso invece di gravide preeclamptiche che si trovano a meno di 34 settimane di gestazione
in una situazione clinica stabile, è preferibile un atteggiamento attendista in ospedali con
adeguato supporto materno-fetale. In questi casi è inoltre raccomandata la somministrazione di
42SibaiBM.Managementoflatepretermandearly-termpreg-nanciescomplicatedbymildgestationalhypertension/pre-eclampsia.SeminPerinatol2011;35:292–643KoopmansCM,BijlengaD,GroenH,VijgenSM,AarnoudseJG,BekedamDJ,etal.Inductionoflabourversusexpectantmonitoringforgestationalhypertensionormildpre-eclampsiaafter36weeks’gestation(HYPITAT):amulti-centre,open-labelrandomisedcontrolledtrial.HYPITAT-studygroup.Lancet2009;374:979–8844SibaiBM,BartonJR.Expectantmanagementofseverepre-eclampsiaremotefromterm:patientselection,treatment,anddeliveryindications.AmJObstetGynecol2007;196:514.e1–945GanzevoortW,SibaiBM.Temporisingversusinterventionistmanagement(pretermandatterm).BestPractResClinOb-stetGynaecol2011;25:463–76
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corticosteroidi per facilitare la maturità polmonare fetale46. Per le gravide con preeclampsia
severa ed un feto che si trova al limite delle possibilità di sopravvivenza, la strategia attendista
non è consigliata e va indotto il parto una volta stabilizzate le condizioni materne.
Normalmente, se le condizioni materno-fetali lo consentono, con l’attesa si cerca di arrivare al
parto almeno alla 34° settimana, anche se il deteriorarsi delle condizioni rappresenta il motivo
più frequente per un parto prematuro. Le indicazioni materne al parto sono: ipertensione severa
refrattaria, insufficienza renale progressiva, edema polmonare, sindrome HELLP, eclampsia,
distacco di placenta, rottura delle membrane; per quanto riguarda le indicazioni fetali: 34°
settimana di gestazione, ritardo di crescita, oligoidramnios, decelerazioni durante il non-stress
test, morte fetale. Quando il parto è indicato, spesso è possibile un parto per via naturale;
tuttavia con il decrescere dell’età gestazionale aumenta il rischio di parto cesareo. Per cui, la
scelta della via del parto deve dipendere dall’età gestazionale, dalla presentazione fetale e dalle
condizioni materno-fetali47.
Eclampsia
L’eclampsia è definita dalla comparsa di convulsioni in una gravida con preeclampsia. Di solito
è preceduta da alcuni sintomi premonitori, come cefalea frontale o occipitale, visione offuscata,
fotofobia, epigastralgia, alterazioni mentali. Le convulsioni eclamptiche danno un notevole
contributo alla mortalità materna, specialmente nei paesi sottosviluppati. Il trattamento di scelta
è rappresentato dal solfato di magnesio, che andrebbe somministrato fino a 24 ore dopo la
comparsa dell’ultimo episodio convulsivo. Il solfato di magnesio si è inoltre dimostrato efficace
nel ridurre l’incidenza di eclampsia se somministrato preventivamente. Il dosaggio di solfato di
magnesio per prevenire o trattare una convulsione eclamptica comprende un bolo di 4-6 gr,
seguito da una dose di mantenimento di 1-2 gr/h per almeno 24 h48. Generalmente, una volta
stabilizzato il quadro clinico, è indicato il parto. Anche in assenza di eclampsia conclamata, le
gravide preeclamptiche al momento del parto cesareo sono comunque a rischio elevato di
sviluppare eclampsia, pertanto anche in queste condizioni è consigliata la somministrazione di
magnesio a scopo preventivo.
46RobertsD,DalzielSR.Antenatalcorticosteroidsforacceler-atingfetallungmaturationforwomenatriskofpretermbirth.CochraneDatabaseofSystematicReviews2006,Issue3.47AlanisMC,RobinsonCJ,HulseyTC,EbelingM,JohnsonDD.Early-onsetseverepreeclampsia:inductionoflaborvselec-tivecesareandeliveryandneonataloutcomes.AmJObstetGynecol2008;199:262.e1–648DuleyL,GülmezogluAM,Henderson-SmartDJ,ChouD.Magnesiumsulphateandotheranticonvulsantsforwomenwithpre-eclampsia.CochraneDatabaseofSystematicReviews2010,Issue11
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Sindrome HELLP
La sindrome HELLP comprende le seguenti presentazioni cliniche: emolisi, aumento degli
enzimi epatici e trombocitopenia (Hemolysis, Elevated Liver enzymes, Low Platelet count)49,
che possono presentarsi sia prima che dopo il parto. Il decorso clinico delle pazienti che
presentano questo quadro è caratterizzato da un severo deterioramento delle condizioni
materno-fetali e da un aumento della mortalità materna, e per questo motivo generalmente è
indicato il parto immediato. Il consenso comune è per l’induzione del parto se la sindrome si
manifesta dopo le 34 settimane di gestazione, o più precocemente se ci sono segni di
coagulazione intravascolare disseminata, infarto o emorragia epatica, insufficienza renale,
edema polmonare, distacco di placenta. Dato che il trattamento delle pazienti con questa
sindrome richiede un’assistenza neonatale ed ostetrica di alto livello, le gravide ancora lontane
dal termine dovrebbero essere trasferite presso un centro di riferimento50. Nel caso di gravide
con sindrome HELLP al di sotto delle 34 settimane di gestazione, è consigliato procrastinare il
parto per 24-48 ore in modo da completare un ciclo di steroidi, sempre che le condizioni
materno-fetali si mantengano stabili51.
49WeinsteinL.Syndromeofhemolysis,elevatedliverenzymes,andlowplateletcount:asevereconsequenceofhypertensioninpregnancy.AmJObstetGynecol1982;142:159–6750SibaiBM.Diagnosis,controversies,andmanagementofthesyndromeofhemolysis,elevatedliverenzymes,andlowplateletcount.ObstetGynecol2004;103:981–9151WoudstraDM,ChandraS,HofmeyrGJ,DowswellT.Cortico-steroidsforHELLP(hemolysis,elevatedliverenzymes,lowplatelets)syndromeinpregnancy.CochraneDatabaseofSys-tematicReviews2010,Issue9
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CONCLUSIONI
La preeclampsia rappresenta una sfida perioperatoria maggiore per un team multidisciplinare,
in cui l’anestesista svolge un ruolo indispensabile.
Punto fondamentale, sottolineato dalle linee guida sull’argomento, è la collaborazione precoce
tra i vari membri del team, allo scopo di migliorare la qualità dell’assistenza, materna e fetale.
L’anestesista andrebbe sempre coinvolto precocemente per la valutazione della severità della
patologia e per il planning dell’analgesia e strategia anestetica.
L’anestesia regionale rimane il gold standard, sempre da preferire all’anestesia generale in
assenza di controindicazioni, inoltre l’anestesista dovrebbe acquisire skills riguardanti
l’ultrasonografia polmonare, cardiaca e oculare, per la valutazione globale della paziente,
nonostante il ruolo di quest’ultima così come per fluidoterapia e per i vasopressori debba essere
ancora stabilito.
Infine, necessaria risulta la valutazione dei fattori di rischio maggiori materni, del doppler delle
arterie uterine e dei biomarkers, nonostante, in atto, nessuno di questi ultimi sia adatto all’uso
routinario.
A riguardo, la direzione futura è quella di individuare biomarkers affidabili, non solo allo scopo
di fare diagnosi di patologia, ma allo stesso tempo di severità di patologia, permettendo una
diagnosi precoce.