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Visita il sito della Parrocchia: www.parrocchiavillapinta.it Telefono: 0342.620121 Marzo 2018 Anno XXI° Numero 86 Pro Manoscritto Buona Pasqua

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Marzo 2018 Anno XXI°

Numero 86

Pro Manoscritto

Buona

Pasqua

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Carissimi parrocchiani, Siamo giunti a Pasqua anche quest’anno. È Pa-squa di risurrezione. Riesce ancora a farci ri-flettere questa ricorren-za? Capacità di riflessio-

ne...la grande assente del nostro tempo co-sì pieno di cose e così vuoto di pensiero!!

Siamo così immersi e presi dal presente che non siamo più capaci di chiederci “da dove vengo” e “dove sto andando”.

Ci illudiamo che passato e futuro siano totalmente “chiusi” nella nostra storia ter-rena e non ci accorgiamo che questo oriz-zonte è un orizzonte chiuso, limitato, in-capace di dare senso gioioso allo scorrere dei giorni.

Il nostro cuore cerca la gioia…, ma non ci accorgiamo che, in questo orizzonte così limitato, non la possiamo trovare.

E, invece di allargare l’orizzonte, como-damente, accettiamo di confondere la gioia con il piacere del momento.

La Pasqua ci dà l’opportunità di uscire da questo circolo vizioso. La Pasqua ci dice l’ “oltre” della nostra vita terrena, perché “oltre” è la nostra origine.

La Pasqua ci dice che la nostra vita è sca-turita da Dio e sarà “riuscita” solo se arriva a Dio.

Per allargare i nostri orizzonti, allora, oc-corre ricuperare la “memoria” della nostra origine.

Gesù uomo è risorto perché costantemente unito alla sua origine: il Padre. “Vengo dal Padre e torno al Padre”.

Così è per noi. Solo ricuperando la memoria

di chi siamo, da dove ve-niamo, perché esistiamo, dove stiamo andando, la nostra vita terrena ritrova il senso, la strada che ci porta alla risurrezione, cioè alla nostra piena realizza-zione e quindi alla vera gioia.

Il cammino non è certo facile. La tenta-zione del “comodo” è sempre in agguato.

Per questo ci viene chiesta una lunga quaresima. Per poter, alla fine, godere la Pasqua.

La quaresima, infatti, ci ricorda il deserto, la fatica….necessarie per prendere coscienza della costante tentazione di confondere il vero con il falso.

Nel deserto, Gesù vince Satana, il menti-tore per eccellenza, colui che fa credere ve-ro il falso.

Il peccato è sempre una deformazione della realtà. Vedi il peccato originale di Adamo ed Eva. Prototipo di ogni altro pec-cato.

Perché è così difficile, oggi, capire questo? Perché non si è più allenati a riflettere.

Il pensare è diventato troppo faticoso….e allora ci si affida all’impressione del mo-mento.

E si vive l’attimo “dimenticando” l’origine e il fine (= la fine) del cammino della vita.

Pasqua allora ci aiuta a non andare dietro ai comodi incantatori che illudono.

Ma, ricuperando ciò che più conta in noi, l’interiorità profonda della nostra anima,

re-im-parare a vivere della verità che sola ci permette di riconoscere la nostra ori-gine e la speranza del nostro futuro. Buona Pasqua don enrico

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di Alba Codazzi

In un angolo della bacheca scolastica, tra un “affittasi monolocale” e un “neo laureato offresi”, l’occhio cade su una minuscola foto-copia appesa con cura. I caratteri di scrittura pressoché scoloriti dicono che l’appunto sta lì da parecchio tempo.

Mi avvicino e, aguzzando la vista, non senza sorpresa, leggo:

“La preghiera è davvero

una silenziosa resa di tutto a Dio

perché non mi è affatto chiaro

come dovrei pregare

(Søren Kierkegaard)”.

Poco più avanti, nella bacheca dedicata all’offerta formativa, appare, questa volta a caratteri cubitali, l’avviso che il venerdì alle ore 7.50 in “Aula Volontariato” si recita l’Angelus, con la precisazione che “tutti posso-no partecipare”.

Subito, il pensiero corre ad un'altra ba-checa nella quale mi incappai anni fa, in una scuola superiore dell’Alta Valle.

Verso fine maggio, comparve l’avviso che in aula magna si sarebbe celebrata la Messa di fine anno scolastico.

Parlando con la Preside non le nascosi il mio compiacimento di fronte a quell’iniziati-va, trattandosi di scuola pubblica.

Lei mi rispose candidamente: “Lo faccio tutti gli anni. Le famiglie mi chiedono la Mes-sa, nessuna legge mi impedisce di farla, quin-di qui si fa la Messa. La scuola garantirà le attività per gli studenti che non vorranno partecipare.” E, con la simpatia che la ca-

ratterizzava, concluse: “Viva Dio!”. E una fragorosa risata.

E sì. Succede, soprattutto nei “tempi forti” della Chiesa, che fede e Tradizione (quella con la T maiu-scola) ci chiedano di dare ragione

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della nostra Speranza (quella con la S maiu-scola) anche attraverso gesti esteriori.

E, puntualmente, succede che, da buoni cristiani mentalmente “aperti”, ma, prima ancora, da bravi cittadini osservanti le leggi dello Stato, ci asteniamo dal farlo, invocan-do a nostra giustificazione la laicità dello Stato o, se preferiamo, della società.

E così il Natale diventa la festa dell’inver-no e la Pasqua la festa di primavera; l’As-sunta diventa ferragosto e la solennità di Tutti i Santi, nella migliore delle ipotesi, di-venta la festa dell’autunno, e, nella peggio-re, la festa delle streghe. Con buona pace delle nostre coscienze.

“Oggi non è più come una volta”, ci ripetiamo per convincere noi stessi della bontà delle nostre scelte pri-ma ancora che convincere gli altri. “Certe cose non si può più farle, altrimenti

offenderemmo quelli delle altre religioni”.

Mi domando: Non si può più, o non si vuole più? Si tratta davvero di rispetto per le altre religioni, o non piuttosto di tiepidezza nel vivere la nostra?

In questa Quaresima voglio dire “grazie”. Grazie a chi sa rendere ragione della nostra Speranza attraverso piccoli gesti, ma eroici.

Ai genitori che chiedono alla scuola la Messa di fine anno scolastico. Alla Preside che invita il parroco a celebrare la Messa in aula magna e garantisce le lezioni a chi non vorrà parteciparvi.

Grazie a chi ha il coraggio di dire: “Io ini-zio la giornata con la preghie-ra dell’Angelus. Ci stai anche tu?”. E grazie a chi, con Kier-kegaard e una minuscola fo-tocopia appesa con cura, mi ricorda che la preghiera non è questione di parole. Ma di si-lenzio e umiltà.

Questi pochi e densi versi sono del gran-

de poeta spirituale dell’Oriente cristiano,

sant’Efrem Siro.

Tutti distinguiamo tra corpo e anima.

Il Cristianesimo, però, con S.Paolo, intro-

duce un terzo elemento, lo spirito.

È il principio di un’altra vita rispetto a

quella psicofisica, un principio vitale che ci

rende figli di Dio.

Potremmo, quindi, dire che tra noi e Dio

corre una sorte di respiro che possiamo

spegnere solo con il peccato e con il male.

È per questo, allora, che - giunti alla fine

dell’esistenza terrena - se avremo conser-

vato quel respiro, brillerà in pienezza l’im-

magine divina che è impressa nel nostro

spirito, così che il corpo-anima-spirito siano

intimamente intrecciati con il filo d’oro del-

la divinità.

È la risurrezione così come la canta

Efrem che vede la creatura umana ascende-

re verso l’eterno e l’infinito, verso la gran-

dezza e la luce divina.

È quel paradossale “corpo spirituale” ani-

mato dallo Spirito di Dio, delineato da

S.Paolo (1 Cor.15,42-44).

Più gloriosa del corpo è l’anima.

Più glorioso dell’anima è lo spirito. Alla fine il nostro

corpo rivestirà la bellezza dell’anima.

L’anima si rivestirà della bellezza dello spirito.

E lo spirito rivestirà l’immagine della maestà divina.

di Gianfranco Ravasi - “Avvenire”

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“Il tempo si è fatto breve…”

Non perché la storia è giunta al termine della sua corsa, ma perché in essa è en-trato CHI ha “dato compimento” alla sto-ria.

Il tempo ci passa accanto veloce, senza che nessuno lo possa arrestare e cogliere.

In esso, però, c’è “QUALCUNO” che re-sta e al quale ci si può aggrappare.

Con questa espressione S.Paolo vuole insegnarci come vivere in questo mondo: “possedendo come se non si possedesse”.

Non chiede di rinunciare, bensì di con-tinuare a possedere, ma “come se non si possedesse”, perché le cose del mondo e

il loro uso non preten-dano di farsi “assolute”; perché gli affari, le gioie, il dolo-re, ….e tutto ciò che è di questo mondo ri-

“Questo vi dico, fratelli: il tempo si è fatto breve: d'ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l'avessero;

quelli che piangono, come se non piangessero; quelli che gioiscono, come se non gioissero;

quelli che comprano, come se non possedessero;

quelli che usano i beni del mondo, come se non li usassero pienamente: passa infatti la figura di questo mondo!

Io vorrei che foste senza preoccupazioni”. (1 Cor.7,29)

= capire la Pasqua

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mangano “relative”.

Solo in questo modo le “preoccupazioni” si superano: “Io vorrei vedervi senza preoccupazioni”.

Infatti, un eccesso di preoccupazioni terrene rivela un modo di pensare e di vivere “pagano”.

Vivere “come se non…”, invece, dice un modo di vivere che riconosce il primato di Dio e della Sua Salvezza per noi.

Nessuna cosa al mondo è “il tutto” per l’uomo. L’uomo non è fatto per il mondo, ma per un “oltre”.

Vedere le cose come “il tutto”, prima o poi provoca delusione. Sempre!

La consapevolezza che il tempo passa, ma che il Signore resta perché roccia fer-ma a cui ci si può aggrappare, permette

al cristiano di capire il senso della sua vita, gli fa riconoscere di aver bisogno di questa roccia se non vuole perdersi nel nulla e trova serenità e gioia.

Serenità perché vince l’avidità del posse-dere.

Gioia perché impara a godere di ogni co-sa, anche la più piccola perché le vede co-me un dono, e così vince la paura di finire dimenticato nel nulla.

Vede così in tutte le cose un dono di Dio che diventa segno del dono enormemente più grande che è la vita che continua dopo la morte fisica immerso in una eterna bea-titudine.

E impara la riconoscenza. È proprio questo che ci vuol dire la festa di Pasqua.

“DIO che ci conosce a fondo,

ascolta con bontà le nostre preghiere

e ci dà, non quello che gli chiediamo,

ma quello di cui abbiamo bisogno”. (Léon Bloy)

E Gesù rivedeva, oltre il Giordano

campagne sotto il mietitor rimorte:

il suo giorno non molto era lontano.

E stettero le donne in sulle porte

delle case, dicendo: Ave, Profeta!

Egli pensava al giorno di sua morte.

Egli si assise all'ombra d'una meta

di grano, e disse: Se non è chi celi

sotterra il seme, non sarà chi mieta .

Egli parlava di granai ne' Cieli:

e voi, fanciulli, intorno lui correste

con nelle teste brune aridi steli.

Egli stringeva al seno quelle teste

brune; e Cefa parlò: Se costì siedi,

temo per l'inconsutile tua veste .

Egli abbracciava i suoi piccoli eredi;

Il figlio - Giuda bisbigliò veloce -

d'un ladro, o Rabbi, t'è costì tra' piedi:

Barabba ha nome il padre suo,

che in Croce morirà.

Ma il Profeta, alzando gli occhi,

"No" mormorò con l'ombra nella voce;

e prese il bimbo sopra i suoi ginocchi.

di Giovanni Pascoli

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dalla NOTA PASTORALE del nostro Vescovo per l’attuazione del cap.VIII° di “Amoris laetitia”

per le situazioni cosiddette “irregolari”

(cristiani conviventi, sposati solo civilmente, divorziati risposati)

Il documento di Papa Francesco sulla fami-glia (Amoris laetitia) vuol dare nuovo slancio e un forte incoraggiamento a vivere il vero amore nelle famiglie.

Già il titolo sottolinea la grande “gioia che arreca l’amore cristiano a chi lo vive nella fa-miglia”.

Non bisogna aver paura a vivere questo amore nella quotidianità, perché solo in questo modo lo si può far crescere e irrobustire. Il Papa invita quindi i cristiani ad essere corag-giosi annunciatori, con l’esempio, di questa gioia, soprattutto nella nostra società che tende a “banalizzare”, se non a deridere, chi si impe-gna in valori alti.

Tutto il documento è pervaso dall’esaltazio-ne dell’amore vero, quello che Gesù Cristo ha dimostrato e dimostra a chiunque vuole e sa riconoscerlo e apprezzarlo. Amore vissuto e manifestato in una “vita interiore profonda, nel-la partecipazione assidua e attenta alla cele-brazione eucaristica, nell’approfondimento dei contenuti di fede, nell’essere attivi nella comu-nità parrocchiale, nella testimonianza coraggio-sa in un mondo segnato da eccessi di indivi-dualismo e superficialità,…”.

Solo dopo aver indicato la bel-lezza e l’altezza del matrimonio cristiano, il Papa affronta la situa-zione delle coppie cosiddette “irregolari” : conviventi, sposate solo civilmente, divorziate e rispo-

sate.

A chi si trova in queste situazioni e sincera-mente desidera non abbandonare una vita il più possibile cristiana, il Papa propone un cammino serio di conversione che “può an-che” portare ad essere riammessi ai Sacra-menti della Confessione e della Comunione.

Il cammino riguarda ogni “singola” perso-na. Non necessariamente insieme al partner.

Questo il cammino proposto:

1. Desiderio sincero e impegno a vivere secondo il vangelo.

Verifica circa la qualità della propria vita cristiana: “buona relazione coniugale con il partner della nuova situazione, primaria atten-zione ad eventuali figli, vita di fede e di pre-ghiera, a cominciare dalla frequenza alla S.Messa domenicale, partecipazione attiva alle proposte spirituali e materiali della propria par-rocchia, onestà professionale e testimonianza coraggiosa in questa società secolarizzata”.

Né più né meno di quanto viene richie-sto a chiunque vuol vivere da cristiano e si accosti seriamente ai Sacramenti

(Confessione e Comunione fre-quenti).

2. Verifica onesta della propria situazione. (fatta con l’accompa-gnamento di un sacerdote,

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“preferibilmente” dal proprio parroco che meglio può co-statare il reale inserimento della persona nella comunità parrocchiale).

Umile e sincero amore a Gesù Cristo, alla sua Chiesa e al suo insegnamento.

Chiara consapevolezza della “irregolarità” della propria situazione in contrasto con il valore del matrimonio cristiano (Sacramento). Nessuna “pretesa” di mettere al di sopra i propri desideri. Nessuna ostentazione di quanto è “oggettivamente” un disordine, co-me se facesse parte dell’ideale cristiano, pre-tendendo di imporlo quasi facesse parte del Vangelo e di ciò che la Chiesa insegna.

3. Sincerità del pentimento

Pentito per il fallimento del precedente ma-trimonio (consapevole cioè di essere venuto meno agli impegni assunti nel sacramento del matrimonio, della sofferenza arrecata al coniu-ge, ai figli, alla famiglia del primo matrimonio, alla “confusione” arrecata alla comunità cristia-na, alla contro-testimonianza data ai giovani, ...e di conseguenza disposto a riparare a danni eventualmente arrecati) si impegna a iniziare un cammino serio aiutato da un sacerdote che ha l’obbligo del segreto.

4. Irreversibilità della nuova situazione coniugale

La nuova unione deve manifestarsi “consolidata” attraverso provata fedeltà e gene-rosa dedizione da parte di entrambi i partner, costatando così il fatto che la nuova unione non può più essere sciolta senza venir meno ai nuo-vi obblighi di giustizia, soprattutto verso i figli nati dalla nuova unione.

Ovviamente non basta un generico “tra noi le cose vanno be-ne!”.

La “irreversibilità” deve es-sere costatata

dalla durata e tenuta nel tempo della nuova relazio-ne

dalla buona qualità della vita di coppia

dalla responsabilità in-derogabile verso i figli

Compiuto seriamente questo cammino, la Chiesa può riconoscere la situazione intrinse-camente “irregolare”, ma, per la singola perso-na, data la sua presente situazione, non più “moralmente” imputabile per il futuro. La situa-zione è oggettivamente cattiva perché contro l’indissolubilità del sacramento del matrimonio (= materia grave), ma ora, data l’irreversibilità della situazione, non è più imputabile come peccato mortale (= difetto nel deliberato con-senso = piena libertà).

Quindi disordine oggettivo, ma moralmente non più imputabile.

Così il Papa: Arrivati ad appurare l’impos-sibilità materiale e morale di interrompere la convivenza “non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in situazione cosiddetta “irregolare” vivono in peccato mortale e privi della grazia santificante”. (n.301)

E ancora: “In certi casi (= né manica larga, né troppo stretta) ci può essere anche l’aiuto dei Sacramenti, perché il confessionale è il luo-go della misericordia del Signore e la Comunio-ne non è premio per i perfetti, ma generoso rimedio e alimento per i deboli”.

Ovviamente questo vale per tutti. Infatti, prima di ricevere la Co-munione, tutti dichiarano: “Signore non son degno di partecipare alla tua mensa: ma dì soltanto una parola e io sarò sal-vato”.

Chi fosse interessato si rivolga

al proprio PARROCO per informazioni più dettagliate

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I Genitori si coinvolgono ?!

Incoraggiare

Do subito una risposta secca, e la ri-sposta è: «fare il tifo». Mi spiego. Se uno ha un figlio che va a rugby, cosa fa? Lo

accompagna agli allenamenti, se riesce va a vedere qualche partita, magari a Natale gli fa uh regalo giusto: un pallo-

ne ovale, dei pantaloni o delle scarpe da

rugby... Insomma, lo sostiene.

Non barare con i figli Inoltre non è che tutte le sere passa la cena a dire che il rugby è uno sport

brutto e sciocco! Perché se ci mettiamo nei panni di quel ragazzo vediamo che

ha bisogno di essere sostenuto.

O almeno di non essere contrariato.

Se lo mandiamo a rugby e poi lo snob-biamo, lo sminuiamo o addirittura lo

prendiamo in giro, cosa penserà di sé...

e di noi?

Guardate che sembra una cosa da po-

co, e invece è bella tosta.

Se ci comportiamo così rischiamo gros-

so: rischiamo di farne uno schizzato!

«Papà mi lascia andare a rugby, ma poi dice che non va bene. Ma non vado bene

io o non va bene il rugby? O tutti e due?

Ma allora perché..».

Dobbiamo, invece, fare il tifo.

E se proprio il rugby non ci va, lo fermia-mo da subito: «Niente rugby a casa no-

stra. Se vuoi, però, puoi fare hockey.

Quello sì che è uno sport furbo».

È un problema educativo Lasciate che ve lo faccia notare:

di Gesù e di catechismo non ho neanche parlato. Quello che affrontiamo qui è un

problema educativo.

Viene prima e vale per tutto: dal catechi-

smo allo sport, alla scuola.

Ecco allora perché i genitori devono sen-

tirsi coinvolti: lo ripeto, per fare il tifo, il tifo per l’esperienza che i propri figli vi-

vono a catechismo.

Ecco perché i parroci dicono sempre più

di Angela Lorenzetti

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spesso che la catechesi piuttosto che

farla ai bambini andrebbe fatta ai geni-

tori.

Rinfrescare la propria fede Questi parroci hanno ragione eccome: perché potrebbe succedere un miracolo!

Andando al «catechismo dei grandi», in-fatti, potrebbe capitarci di risvegliare la

nostra fede.

Potrebbe accaderci come a quel papà in-

namorato della montagna e a quella mamma che andava matta per il mare

che ne hanno passato il gusto ai figli,

Potrebbe capitarci così con Gesù!

Ed è tutt’altra cosa che iscriverli alla se-zione locale del Cai o mandarli in colonia

al mare. Per loro e per noi.

C‘era una volta.., un re? Sì, un re che voleva fare un banchetto. Una grande festa per le nozze di suo figlio! Il re si mise a fare gli inviti. Chi erano i fortu-nati invitati? Non è chiaro; si sa solo che questi invitati non avevano assolutamente voglia di anda-re alla grande cena organizzata dal re. Avevano già le loro cose da fare: chi doveva andare a vedere il campo che aveva appena comprato, chi aveva un affare che non poteva proprio lasciarsi scappare, chi aveva già un bel programmino per quel fine settimana.

Ovviamente gli invitati non volevano essere così scortesi da dire al re: «Non mi interessa la tua ce-na» e così hanno inventato le scuse più disparate, facendo finta che i loro impegni fossero della mas-sima importanza e non potessero affatto essere rimandati. Come se avessero avuto tutto loro da fare!

Questo re c’è anche adesso, il suo banchetto è imbandito anche oggi: L’Eucarestia è il banchetto del Signore.

Spesso non ci pensiamo, ma l’Eucarestia è un banchetto. Senza cibo non si può vivere; se non si mangia, a un certo punto si muore! Ecco perché Gesù ci ha donato tutto se stesso in un banchetto; ecco perché Gesù si dà a noi come cibo da mangiare: perché Lui è importante, indispensabi-le per la nostra vita come il ci-bo. Senza di Lui non possiamo vivere.

Prova a pensare alle scuse inventate per non andare al banchetto dell’Eucarestia!!!

Ogni volta che andiamo a Messa noi rispondiamo all’invi-

to del Signore e ci mettiamo a tavola con Lui.

La Messa è «Eucarestia», che significa «rendere grazie, dire grazie, ringraziare».

Abbiamo innumerevoli motivi per ringrazia-re il Signore: basta guardare alla nostra vita, a tutto quello che il Signore ci ha donato e ci dona. Il grazie deve sempre sgorgare dal cuo-re, deve essere sincero, vero. Occorre tenersi allenati, altrimenti il cuore diventa duro, co-me di pietra, incapace di vedere tutti i doni che riceve.

Ringraziare è uno dei gesti più belli eppure non è per niente facile. Quante volte la parola «grazie» è esclusa dal nostro vocabolario e siamo solo capaci di dire: «Ho voglia, mi pia-cerebbe, dammi...». Non si può andare a Messa distratti, senza sapere bene chi si va a incontrare. Il Signore che incontriamo a Mes-sa è una persona che ci riempie continua-mente di regali. Appena ce ne rendiamo con-to, dovremmo esplodere in un grande «grazie».

Se sfogliamo i Vangeli, vediamo che Gesù stesso ringraziava continuamente Dio suo Padre. Lo ha ringraziato prima della moltipli-

cazione dei pani, quando ha risuscitato Lazzaro, nell’Ultima Cena.

La parola «grazie» ha molti parenti: gratis, gratuità, riconoscenza, grazia... La gratitudine e la generosità ( donare gratis) sono state lo stile di Gesù e devono diventare il nostro stile.

Un invito per te

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Una provocazione

Gianni fa lo sbruffone.

Pazienza ammettere che Gesù sia esistito…, ma che sia risorto,

poi….

È proprio impossibile! Quando

uno è morto, è morto!

Gianni ripete quello che spesso ha sentito in casa, con la convin-zione e la foga tipica di un adole-

scente.

Magari se lo sono inventato,

per non sembrare perdenti.

Oppure se lo sono immaginato, gli è sembrato di vedere qualco-

sa.

La conclusione non ammette repliche: “Io comunque non c’e-

ro, quindi non ci credo”.

Quattro sono le questioni po-

ste:

1. Chi è morto non c’è più.

2. I testimoni sono falsi.

3. Hanno avuto delle allucina-

zioni.

4. Io non c’ero.

La questione sulla veridicità della Risurrezione ha sempre ac-compagnato il dibattito tra cri-

stiani e non cristiani.

Vale la pena ricordare l’inter-vento di Gamaliele al Sinedrio (tribunale ebraico di Gerusalem-me) che stava per condannare gli Apostoli a causa della loro predi-cazione di Gesù Cristo morto e risorto: ciò che non viene da Dio finisce; ciò che viene da Dio non può essere distrutto o dimentica-

La Risurrezione di Gesù

è la notizia centrale del Cristianesimo.

Ma i cristiani ne sono proprio certi?

La loro fede è appoggiata su solide basi?

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to. (Atti, 5,34-39).

Duemila anni di storia sembra-

no confermare la sua intuizione.

Tre risposte

per ciascuna domanda:

Alla prima domanda: rosa

Alla seconda: verde

Alla terza: giallo

Alla quarta: azzurro

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Quali sono, nel periodo della preadolescenza, i

ragazzi che — tra i coetanei — riscuotono più

successo? I leader: potete chiamarli bulletti, capi,

individui che hanno i modi un po’ spicci e sono

capaci di trascinare gli altri. Sono i boy che osano

di più, magari amano scherzare e prendere in giro

i debolucci, o quelli tranquilli.

Insomma, questi leader lasciano il segno.

Siccome la loro personalità è forte, molto spesso

si ritrovano essere anche il riferimento della com-

pagnia, quelli a cui tutti guardano per sapere do-

ve andare e cosa fare.

Il bulletto della company riscuote anche molto

successo tra le ragazze. Come è possibile?

Innanzitutto perché mostra di avere un po’ di po-

tere, e di riuscire a gestirlo (se gli altri gli ubbidi-

scono): questo è molto “intrigante” agli occhi di

chi, magari è alla ricerca di qualcuno forte e capa-

ce di protezione (non vi ricorda un po’ il

principe azzurro?).

Il bulletto, poi, ama andare fuori dagli schemi, os-

sia osare, cioè fare qualcosa di leggermente vieta-

to o comunque sbagliato (maltrattare un altro

compagno, rubare un oggetto, saltare la scuola e

andare al centro commerciale): dimostra spaval-

deria e poca paura delle conseguenze.

E anche questa “dote” fa presa, specie in quelle

ragazze che magari so-

no annoiate dalla vita,

che sono stufe di obbe-

dire a mamma e papà,

che cercano un’occa-

sione per fare qualcosa

di diverso e

sentirsi grandi.

Il lato “bullo” del bullo

Il leader, quando capi-

ta, è capace di alzare la

voce per farsi rispettare

e di mettere in atto

comportamenti violenti

(uno spintone, una ma-

nata; rottura degli og-

getti che ha vicino, sia

suoi che degli altri).

Quello che la ragazza del bullo non sa, quando è

strainnamorata e vede solo cuori e cuoricini, è che

questi comportamenti “non gentili” potrebbero

danneggiare anche lei.

Spiegato in un altro modo: chi ama vivere al limite

(di qualunque genere) deve ricordare che la posta

in gioco è bella alta.

Che il bullo, che magari vede minata la sua autorità

da una ragazza troppo sdolcinata, non ci metterà

un secondo a lasciarla.

Le persone che usano modi duri sono “dure” in

tutti gli ambiti della vita.

Anche la coppia potrebbe avere un lato “bullo”.

Che tipo sei?

Se sei una ragazza che si lascia affascinare da que-

sti tipi, fai in modo che il tuo leader sia positivo,

ossia trascini gli amici in belle avventure e ti valo-

rizzi sempre, per quello che sei e per i pensieri che

si costruiscono nel tuo cuore.

Se pensi di diventare importante appoggiandoti a

un bullo, ricordati che, nel 2018, maschi e femmine

sono pari e se è il comando (positivo) quello che ti

interessa, puoi tirare fuori i denti e provare a esse-

re un leader anche tu.

Infine, mentre sei impegnata a piacere al bulletto,

ad applaudire le sue ini-

ziative, a scappare dopo

che tutti insieme avete

combinato un guaio,

guardati attorno: nel tuo

mondo, tra gli amici, in

classe c’è sicuramente un

ragazzo che ti apprezza

per quello che sei e non ti

porta al limite.

Sai qual è la fregatura del

limite?

Che non esiste, che ogni

giorno lo puoi portare un

po’ più in là andando

davvero a ficcarti nei guai.

Ne vale la pena?

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Uniti a Cristo siamo uniti a tutti i battezzati Nella Chiesa non siamo mai soli

Gesù ci dice che Dio è Padre, Figlio e Spirito Santo.

“E noi? Cosa c’entriamo noi con Dio? Cosa cambia in noi?

Cari bambini, noi adulti vi facciamo torto quando pensiamo, sbagliando, che solo perché siete piccoli, sono piccoli an-che le vostre paure, i vostri dolori.

Anche voi provate dolore quando sen-tite mamma e papà che litigano, quando scoprite il tradimento di un amico.

Gesù ci dice che Dio è un Padre che vede tutto questo. È vero che non ci to-glie subito queste sofferenze, ma Gesù ci insegna che per Lui tutte le nostre la-crime sono preziose.

Questo è possibile per la nostra unio-ne con Gesù. E Gesù ci spiega che la no-stra unione con Lui è come l’unione di un tralcio alla vite.

Con il Battesimo Gesù ci unisce a Lui. Come il tralcio appartiene alla vite, così noi apparteniamo a Lui.

Come nel tralcio scorre la stessa linfa della vite, così in noi scorre la stessa vita di Gesù risorto.

Uniti a Gesù possiamo chiamare Dio “papà”. E il Battesimo realizza questa unione.

Il Battesimo è sacramento grande

Chi è battezzato è in comunione con Dio e di-venta per sempre Figlio del Padre.

La vita è veramente un grande “mistero”. Quando avete dato alla luce vostro figlio avete provato l’emozione più forte della vostra vita.

Vi siete accorti subito che la vita è un “mistero”. Da dove viene questo bambino? Potrà essere felice? Cosa sarà di lui? Vivrà per sempre o è destinato a morire? Saprà amare?

Il Battesimo ci dice che, anche se la vita è tutta da costruire, quel bambino è figlio di Dio. Anche se non sappiamo niente del futuro di quel bambi-no, la sua vita è nelle mani di Dio e, quindi, ha una vocazione ed è destinato alla felicità.

La volta che venne chiesto a una mamma cosa avesse provato vedendo il suo bambino appena nato, lei rispose: «Nell’istante in cui l’ho visto na-scere mi sono detta: “Non è possibile che lo ab-biamo fatto solo io e mio marito”». Sentiva che nel generare quella nuova vita c’entrava anche Dio. Quel bambino non era nato per caso.

Il Battesimo annuncia che essere unici e pre-ziosi non è un’illusione. Pensate: mai c’è stato e mai ci sarà uno come vostro figlio.

Il Concilio Vaticano Il ha detto: «Solamente alla luce del Verbo incarnato, trova piena luce il mi-stero dell’uomo».

È proprio così. Solo dinanzi all’amore del Pa-dre, che nel Battesimo ci rende suoi figli, noi ab-biamo l’assoluta certezza che nascere e vivere è un bene, che è un bene la nostra vita.

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Troviamo scritto più volte

nel Nuovo Testamento che quando un padre o una ma-dre si convertivano, si battez-zavano «con tutta la loro ca-sa», cioè battezzavano anche i loro figli piccoli.

All’inizio si battezzava nei fiumi e sempre in acqua corrente, mai in acqua stagnante, come segno che si riceveva la vita del Dio vivente. Presto, essendo il Battesimo così importante, si iniziarono a costruire battisteri perché la celebrazione avvenisse con mag-gior bellezza.

Si battezzano i bambini perché la vita divina è un dono, perché la vita divina è una grazia. Il Battesimo non viene donato a chi lo merita, perché il dono di Dio è così grande che nessuno lo può meritare.

Si battezzano i bambini perché la vita divina è ne-cessaria più del pane. Come non si chiede a un figlio il permesso di farlo nascere e di nutrirlo con del buon latte, così si dona il Battesimo.

Il Battesimo ci ricorda, fra l’altro, che nell’educa-zione il dono viene prima di tutto. L’autorevolezza dell’educatore consiste proprio nell’offrire ai figli esperienze belle senza attendere che siano loro a chiederlo.

I bambini hanno bisogno che i genitori a casa, i maestri a scuola, i catechisti in parrocchia facciano scoprire loro ciò che è bello. Verrà poi l’adolescenza, voluta da Dio perché i ragazzi mettano in discussione quello che hanno ricevuto e se ne riapproprino in maniera originale. Guai, però, se non avessimo pro-posto loro tutto il bene che ci è stato trasmesso da chi è venuto prima di noi.

In questa trasmissione della fede non siamo soli, poiché è tutta la Chiesa a essere madre e a mostrare la bellezza della fede.

Il Battesimo è più antico dei Vangeli. Anche la ce-lebrazione dell’Eucarestia è più antica dei Vangeli.

I primi cristiani hanno celebrato i sacramenti sen-za avere ancora il Nuovo Testamento.

Infatti, Gesù non solo non ha scritto niente perché è Lui stesso la parola e non aveva senso che scrivesse nulla, ma non ha nemmeno chiesto agli apostoli di scrivere la sua vita e le sue parabole.

Ha chiesto piuttosto di anda-re, predicare, battezzare, fare in sua memoria l’Eucarestia, perdonare, servire i poveri.

Gesù, la parola vivente, ha voluto che la Chiesa fosse sua Parola vivente.

In effetti, noi possiamo ascoltare le parole della consacrazione sia nei Vangeli sia durante la Messa. Se leggessimo mille volte il comando di Gesù di battezzare, non avremmo lo Spirito Santo che di-scende a donare una nuova vita. Se leggessimo mil-le volte il racconto dell’ultima cena, non avremmo la presenza del Corpo e del Sangue di Cristo in mez-zo a noi.

Nella liturgia, invece, la Parola di Dio pronuncia-ta: «Io ti battezzo», «Questo è il mio corpo», fa sì che Gesù sia realmente presente in mezzo a noi.

Infatti, Gesù non è venuto solo duemila anni fa in mezzo agli uomini, ma viene anche oggi, durante la celebrazione dei sacramenti. Se Gesù fosse venuto in mezzo a noi solo duemila anni fa, ma non venisse oggi, a nulla ci sarebbe servita la sua venuta.

Perché esiste allora la Bibbia, se Cristo vuole che la Parola di Dio divenga viva innanzitutto nella viva voce della Chiesa?

Possiamo rispondere pensando alla nostra vita.

Perché prendiamo degli appunti o mandiamo una lettera? Perché conservate una lettera d’amore o un biglietto di vostro figlio in cui vi dice che siete la più bella mamma del mondo?

Quello che scriviamo è come una cristallizzazione di ciò che viviamo: ci aiuta a ricordare, ci permette di ri-tornare con precisione alle parole che abbiamo detto o ricevuto, alle esperienze che abbiamo vissuto. La Chiesa primitiva ha sentito il bisogno di mettere per iscritto tutto ciò che aveva imparato da Gesù per non di-

menticarlo.

E Dio l’ha ispirata a farlo, per cui la Bibbia è vera-mente la Parola di Dio. Oltre ad averci donato l’a-more di Dio e degli uomini, oltre ad averci donato i

sacramenti, la Chiesa ci ha fatto il dono bel-lissimo del Nuovo Te-stamento per poter ascoltare sempre di nuovo la rivelazione di Dio.

Si battezzano i bambini perché la vita divina

è necessaria più del pane.

Se Gesù fosse venuto in mezzo a noi duemila anni fa,

ma non venisse a noi nei sacramenti, a nulla sarebbe servita la sua venuta.

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Ci sono quattro Vangeli che sono stati composti in tempi diversi e da autori diversi, e

che hanno riportato ciò che a ciascuno di loro sembrava più importante.

Prima che esistessero le tipografie e le librerie • Per un momento immaginiamo di vivere nella Palestina di 2000 anni fa e di essere fale-gnami, pescatori, donne del popolo: per loro leggere e scrivere non è un’attività abituale, la carta non è diffusa, è un bene di lusso. • I libri di quel tempo che conosciamo non assomigliano per niente ai libri di oggi: sono rotoli di papiro piuttosto ingombranti, e per scrivervi sopra si deve usare il calamo, una canna appuntita di giunco, intinta in un inchio-stro fatto con acqua e nerofumo. Scrivere quindi è un’impresa un po’ complica-ta, riservata soprattutto ai documenti ufficiali, ai contratti o alla copiatura dei testi sacri.

La predicazione degli apostoli • In questo ambiente vive Gesù e vivono tutti i suoi discepoli, che mentre lui è con loro non sentono in nessun modo il bisogno di mettere per iscritto quello che lui fa. • Dopo la sua morte e risurrezione, gli apo-stoli cominciano ad andare per il mondo a rac-contare quello che hanno visto e sentito, e la vita di Gesù viene trasmessa attraverso le loro narrazioni, che passano da persona a persona. • Le comunità cristiane che li ascoltano sono sparse lungo il bacino del Mediterraneo, di-stanti tra loro e con comunicazioni molto più

lente e difficili di adesso.

Il rischio di perdere i ricordi • Col passare degli anni nasce però il bisogno di fissare quello che gli apostoli vanno raccon-tando, per paura che con la loro morte tutto sia dimenticato. Così vengono scritti i Vangeli, composti da persone diverse, in zone diverse dell’impero romano, per comunità diverse. Non ne esistono solo quattro, in realtà ne ven-gono scritti molti altri. Ma con il tempo tutti i Vangeli esistenti vengono esaminati e si ricono-scono come veri (si dice canonici) solo i testi che sono stati accettati da tutti, fin dall’inizio, senza alcun dubbio.

Quattro racconti su Gesù I quattro Vangeli non sono identici, proprio perché composti in tempi diversi e da autori diversi, che hanno riportato ciò che a ciascuno di loro sembrava più importante (Gv. 20,30-31). Ma i vescovi responsabili delle prime comunità hanno deciso di tenerli tutti e quattro. Il volto di Gesù si comprende attraverso questo quadruplice ritratto, che ha il pregio di farci in-tuire che con Lui c’è sempre ancora tanto da scoprire: e ciascuno di noi è invitato a fare della propria vita il quinto Vangelo, il racconto di co-me si vive quando si è incontrato Gesù nella fede.

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Un approccio insolito Il racconto dei due discepoli di Em-

maus (Lc 24,13-35), è così bello, e

così noto... che è difficile soffermarsi

a riflettere su di esso.

Ecco perché proponiamo un accosta-

mento inusuale.

Qui ne offriamo brevemente una

chiave di lettura; alla pagina seguente

le indicazioni pratiche.

La conversione Anche se non ne ha le apparenze, il

brano di Emmaus ha la sostanza e la

struttura di una conversione.

I due — e noi con loro — devono fa-

re un profondo cambiamento: dal

pensare una cosa, al crederne un’al-

tra; più ancora, dall’andare verso una

destinazione, al cambiare direzione.

Un’inversione a U che il racconto

mette accuratamente in scena.

Il ritmo ternario struttura il racconto,

a cominciare dagli spostamenti: quel

viaggio di andata e ritorno che, al di

là delle apparenze, non riconduce al

luogo di partenza.

Ecco le tre sequenze:

allontanamento da Gerusalemme;

inversione di rotta nei pressi

di Emmaus;

ritorno dagli Undici.

Strada facendo cambia tutto, perfino

il modo di parlare, la comunicazione:

dapprima i due discutono animata-

mente, quasi senza ascoltarsi; quindi

si placano prestando orecchio alla

parola altrui, di Gesù; infine, la reci-

procità (il loro dirsi l’un l’altro) si fa

annuncio e condivisione con gli Un-

dici.

Lungo la strada, poi, l’incapacità di

vedere si trasforma in riconoscimen-

to di Gesù e, quindi, in scomparsa

dalla vista.

E anche le emozioni mutano: l’ama-

rezza cede il passo alla sorpresa e al-

le ragioni della sofferenza, e, infine,

alla gioia senz’indugio.

Soprattutto, è la percezione che i

due hanno di Gesù che si trasfigura:

dapprima non è che l’oggetto dei lo-

ro discorsi; quindi un viandante inat-

teso; poi, il Cristo delle Scritture che

viene finalmente confessato Signore

davvero risorto.

Ma c’è ancora un passaggio da fare.

L’assenza iniziale di Gesù, diviene

presenza e quando, alla fine, il Risor-

to scomparirà di nuovo dalla loro vi-

sta, rimarranno la Parola e il Pane.

Già, quando c’è uno (Gesù), non c’è

l’altro (pane e parola): segno che l’u-

no sta per l’altro.

È quanto siamo invitati a credere:

Gesù nei segni, e attraverso i segni

l’efficacia della sua presenza.

Ed è l’ultima conversione.

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A B

1 2

3

4

La composizione

Abbiamo diviso l’area in due spazi: centrale (dentro il triangolo) e complementare (l’esterno). Per dare l’idea della conversione, abbiamo scelto il movimento di andata e ritorno, con il punto di arrivo al centro e spostato verso l’alto.

1) Gerusalemme alle spalle - i due camminano da sinistra verso destra.

2) Gesù che si aggiunge ai due.

3) I due che ritornano verso Gerusalemme. 4) La scena centrale: Gesù spezza il pane.

A) Una Bibbia B) Pane e vino / ostia e calice.

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Fare PASQUA significa Confessarsi: è semplicemente stolto,

o arrogante, chi ritenesse di non aver commesso nessun peccato!

Fare la Comunione: essendosi con-fessati. Ricevere la Comunione solo quando si è in grazia di Dio.

La PASQUA è il dono della vita di Dio.

La vita di Dio (grazia) è necessaria per la nostra salvezza eterna.

Giovedì santo: a Como per la

S.Messa CRISMALE I ragazzi di quinta elementare che rice-

veranno la Cresima sono invitati a recarsi in duomo a Como per parte-cipare alla Santa Messa crismale nella quale ver-ranno benedetti gli olii (crisma, olio dei catecu-meni e degli in-fermi) per la

celebrazione dei Sacramenti. La sera poi, in parrocchia, alla S.Messa

in Coena Domini li porteranno solenne-mente all’altare.

Venerdì santo: giorno di riflessione.

Il magro e il digiuno e la Via Crucis serale per esprimere la nostra gratitudine e la nostra personale partecipazione alla morte del Signore.

Sabato santo: il silenzio, la meditazio-

ne della Parola di Dio e la preghiera ci predispongano a gustare la gioia della Pasqua.

Mi auguro una partecipazione raccolta e devo-ta a tutti i riti della Settimana Santa.

VIA CRUCIS del Venerdì Santo

Come abbiamo fatto negli anni passati, la Via Crucis del Venerdì santo si svolgerà

per le vie del paese, tra le case dove la gente abita.

Questo il percorso: Partenza

dalla piazzetta di Ronco - via P.L.Nervi - conclusione spiazzo davanti casa Bertinalli

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CELEBRAZIONI della SETTIMANA SANTA

25 marzo Le PALME

ore 08,00: ore 09,30: ore 10,45:

S.Messa S.Messa a S.Sisto Benedizione degli ulivi sulla piazza e S.Messa

26 marzo Lunedì santo

ore 17,00: ore 20,00-21,00:

S.Messa Confessioni

27 marzo Martedì santo

ore 17,00: ore 20,00-21,00:

S.Messa Confessioni

28 marzo Mercoledì santo

ore 17,00: ore 20,30:

S.Messa Prove di canto

29 marzo Giovedì santo

mattino ore 20,30:

A Como in Cattedrale per la Benedizione degli olii S.Messa in Coena Domini Reposizione dell’Eucaristia - Adorazione

30 marzo Venerdì santo

mattino ore 15,00: ore 20,30:

Adorazione personale libera Azione liturgica pomeridiana in memoria della morte del Signore Via Crucis per le vie del paese

31 marzo Sabato santo

ore 15,00-17,00: ore 20,30:

Confessioni Veglia Pasquale (Benedizione del fuoco, del Cero, dell’acqua, rinnovo promesse battesimali e solenne S.Messa di risurrezione)

1 aprile Pasqua

di Risurrezione

ore 08,00: ore 09,30: ore 11,00:

S.Messa S.Messa a S.Sisto S.Messa solenne di Pasqua

2 aprile Lunedì

dell’Angelo

ore 10,00:

S.Messa

Sabato 28 aprile alle ore 18,00 nella nostra chiesa di S.Cristoforo

i ragazzi di quinta elementare di Villapinta e di Buglio riceveranno

i Sacramenti della Confermazione e della Prima Comunione.

Per questi ragazzi e per le loro famiglie le nostre preghiere e l’augurio di saper utilizzare al meglio questi grandi doni che il Signore offre loro

per una vita pienamente riuscita, ricca di frutti, da godere anche oltre questa vita terrena.

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5 aprile

giovedì

ore 09,00: Via Maroggia (dall’alto fino alla Valeriana)

Via Leopardi

ore 16,00: ADORAZIONE EUCARISTICA

6 aprile

venerdì

ore 09,00: COMUNIONE AMMALATI

ore 14,00:

Via Rasega (dall’alto)

Via del Cavallo

Cà Rossi

7 aprile

sabato ore 09,00:

Via Martel

Via Grandera

9 aprile

lunedì

ore 09,00:

Via Nervi (dalla Valeriana)

Via S.Sisto

Via Giacconi

ore 14,00: Via Valeriana (da Rotonda )

Via Credel

11 aprile

mercoledì

ore 09,00: Via per la Nazionale (dal bivio della Valeriana)

ore 14,00: Via Valeriana (da via Credel fino al bivio per la Nazionale)

12 aprile

giovedì

ore 09,00: Via S.Cristoforo

Via Valeriana (dal bivio per la Nazionale fino alla rotonda)

ore 14,00: Via Valeriana (dalla rotonda verso Ardenno)

13 aprile

venerdì

ore 09,00: Via 4 Novembre (dalla Provinciale)

Via dei Mulini

ore 14,00: Via Provinciale (da p.za Botterini esclusa)

Via don Raffaele Zubiani

14 aprile

sabato ore 09,00: Via Bugo (dall’alto fino a p.za Botterini compresa)

In caso di omissioni abbiate la cortesia di segnalarmelo. GRAZIE

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ENTRATE

Offerte x Batt.Matr.Fun.Ben.Fam. 8.425,00

Offerte alle Ss.Messe 15.903,30

Offerte candele votive 2.808,30

iniziative parrocchiali 5.816,00

Offerto dal Parroco per le spese della Parrocchia 5.000,00

Giornalino 2.804,80

Offerte straordinarie 16.565,00

TOTALE ENTRATE 57.322,40

USCITE

contributo Curia, Zona, Sost.Clero 897,47

Spese ordinarie 1.969,40

professionisti 3.000,00

acqua, luce, telefono 3.996,91

Iniziative parrocchiali 1.905,00

Riscaldamento (chiesa - aule catechismo - CAP - S.Sisto) 7.202,26

assicurazione 5.148,44

tasse 646,96

Oratorio - Catechesi fotocopie x catechismo 1.139,08

Giornalino + cartoncini Benedizione pasquale famiglie 4.132,82

Manutenzioni impianti e macchine 5.812,75

Acquisto rinfrescatori e riparazioni varie (pompa bruciatore C.A.P. * ventola bruciatore chiesa)

10.613,60

Solidarietà parrocchiale 1.200,00

TOTALE USCITE 47.664,69

N.B.: Ho sentito una voce che si chiedeva che cosa se ne fa don Enrico dei soldi delle Messe, quando il Papa ha chiaramente affermato che le Messe sono gratis?

Deve essere l’unica cosa che costui riesce a ricordare di tutto quello che il Papa dice…!!? Per es. il Papa ha anche detto che bisogna partecipare alla Messa tutte le domeniche!

D’istinto sono tentato di dire” me le godo ai Caraibi”, ma rispondo volentieri. La Messa è gratis perché il suffragio per il defunto lo concede gratuitamente il Padre eterno. Purtroppo

il Padre eterno non paga le bollette della luce, il riscaldamento, la manutenzione degli impianti, le spese varie che potete costatare qui sopra. Quindi prima di parlare a vanvera...prego collegare il cervello!!!

Lo so che qualcuno non si sente in dovere di contribuire con nemmeno un centesimo perché non frequenta. Ma a costui gli ho mai chiesto un soldo?

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Angolo della generosità

Aggiornato al 28 febbraio 2018

Off. Buste di Natale 1.600,00

Off.N.N. brevi manu (n.2) 100,00

Off.in mem.di Iemoli Fulvia 200,00

Off.in mem.di Marchetti Elvira 100,00

Salvo errori e/o omissioni. Nel caso vi prego di farlo presente. Grazie!

Off.in mem.di Pedroli Casto 100,00

Off.in mem.di Bertinalli Anna 250,00

Off.per Stelle di Natale 385,00

Off. Festa S.Cristoforo - pranzo 1.400,00

La nostra preghiera di suffragio per Iemoli Fulvia + 29/10/17 (88 anni) Marchetti Elvira + 17/01/18 (93 anni) Pedroli Casto + 21/01/18 (80 anni) Bertinalli Anna + 27/01/18 (87 anni) Pedroli Daria + 18/02/18 (78 anni)

Ha ricevuto

il BATTESIMO

De Giovanetti Marco 04/02/18

La Salvezza è per tutti,

tranne per chi se ne tira fuori

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