Paliperidone ER: efficacia nella gestione in acuto e nel mantenimento per la schizofrenia?

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Quaderni Italiani di Psichiatria 2011;30(1):33—42

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REVIEW ARTICLE

Paliperidone ER: efficacia nella gestione in acutoe nel mantenimento per la schizofrenia?

Paliperidone ER: efficacy in the management of acute and chronicschizophrenia?

Claudio Mencacci, Giancarlo Cerveri ∗

Dipartimento di Neuroscienze, Ospedale Fatebenefratelli e Oftalmico Milano, Italia

Ricevuto il 15 ottobre 2010 ; accettato I’11 novembre 2010Disponibile online 22 febbraio 2011

PAROLE CHIAVESchizofrenia;Paliperidone ER;Trattamento acuto;Mantenimento.

KEYWORDSSchizophrenia;Paliperidone ER;Acute treatment;Maintenancetreatment.

Riassunto

Introduzione: Paliperidone ER, un metabolita attivo dell’antipsicotico atipico risperidone, èattualmente disponibile come molecola per il trattamento del Disturbo Schizofrenico sia infase acuta sia nella fase di mantenimento.Materiali e metodi: Nella presente review sono stati approfonditi i dati di letteratura relativiall’efficacia, sicurezza e tollerabilità sia in acuto sia in cronico. È stata inoltre approfondita lafarmacocinetica, le possibili interazioni con altri farmaci e la modalità di utilizzo.Risultati: Paliperidone ER, grazie al meccanismo di rilascio prolungato osmotico permette diraggiungere fin dal primo giorno di trattamento i dosaggi terapeutici. La dose raccomandatavaria da 3 a 12 mg al giorno in un’unica somministrazione. Dai risultati di letteratura risulta chegià nella prima settimana di trattamento si osserva una significativa riduzione della gravità psi­copatologica presentata. Sono stati presi in considerazione diversi RCT da cui risulta un’efficaciasuperiore al placebo e comparabile con gli altri antipsicotici atipici. Questa molecola risultaefficace anche nell’indurre un miglioramento del funzionamento quotidiano misurato con laPersonal and Social Performance Scale.Discussione: Paliperidone ER risulta un’utile alternativa nel trattamento della fase acuta dellapatologia schizofrenica e nella terapia di mantenimento mantenendo un interessante profilo diefficacia e tollerabilità.© 2011 Elsevier Srl. Tutti i diritti riservati.

Abstract

Introduction: Paliperidone, the major active metabolite of the atypical antipsychotic (AA) rispe­ridone, is available in an oral extended­release (ER) formulation and is indicated for the acuteand maintenance treatment of schizophrenia in adults.

∗ Corrispondenza: Centro Psicosociale, via Settembrini 32, 20100 Milano.E­mail: [email protected] (G. Cerveri).

0393­0645/$ – see front matter © 2011 Elsevier Srl. Tutti i diritti riservati.doi:10.1016/j.quip.2010.11.002

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Materials and methods: This article overviews the recommended dosing strategies for thetreatment of schizophrenic patients in acute and chronic care settings. The efficacy, safety,pharmacology, pharmacokinetics, drug­drug interactions, and administration of paliperidonefor schizophrenia are reviewed.Results: Paliperidone’s advanced­generation osmotic release delivery system makes it possibleto avoid dosage adjustments when initiating therapy, and it may decrease the frequency of anti­dopaminergic effects that can occur with an immediate­release formulation. The recommendeddose of paliperidone for the treatment of adults with schizophrenia is 6 mg every morning.Patients that receive daily doses ranging from 3 to 12 mg displayed generalized symptom impro­vement on the Positive and Negative Syndrome Scale (PANSS) and improved functioning on thePersonal and Social Performance Scale.Discussion: Paliperidone ER is a useful option in the treatment and prevention of the acutesymptoms of schizophrenia. It may also be of use in patients with non­acute disease, includingthose previously treated unsuccessfully with other oral antipsychotics.© 2011 Elsevier Srl. All rights reserved.

Introduzione

La schizofrenia è una patologia con caratteristiche di gravitàe cronicità, frequenti episodi di riacutizzazione e in molticasi una stabile disabilità nel funzionamento quotidiano.

Le recidive spesso conducono a nuovi episodi di ospeda­lizzazione, esitano in un peggioramento della qualità dellavita e in un aumento del peso economico prodotto dallamalattia (sia in termini di costi diretti sia indiretti). Obiet­tivo di un buon trattamento è ridurre rapidamente la gravitàdei sintomi, prevenire nuovi episodi sintomatici e, nei casipiù gravi, ridurre il deterioramento funzionale associato allamalattia. L’utilizzo continuativo di farmaci ad azione anti­psicotica è uno degli interventi primari nella cura dellapatologia schizofrenica. Nell’ultimo decennio gli antipsi­cotici atipici o di seconda generazione sono diventati iltrattamento di scelta per questo tipo di disturbo grazie allapercezione da parte di medici e pazienti di un profilo di tol­lerabilità migliore rispetto alle molecole della generazioneprecedente.

Sono passati oltre 15 anni dall’introduzione in commerciodi risperidone. L’articolo di Kane et al. relativo alla superio­rità di clozapina rispetto a clorpromazina nei pazienti affettida schizofrenia resistente è del 1988 [1]. Ventidue anni fa siè cominciato a rompere il vecchio paradigma di cura dellaschizofrenia. La commercializzazione di risperidone, un far­maco della stessa classe della clozapina ma enormementepiù maneggevole ha trasformato un piccolo sentiero in unatrafficata autostrada. Ora, e sono passati parecchi anni,cominciamo a conoscere meglio questo eterogeneo gruppodi molecole definito, a causa dell’azione antipsicotica nonassociata alla tendenza a produrre un quadro di parkinso­nismo, antipsicotici atipici. Benché distinti l’uno dall’altroper proprietà farmacodinamiche e farmacocinetiche, questa‘‘classe’’ di molecole ha portato a un miglioramento dellarisposta clinica rispetto ai trattamenti precedentementepresenti in commercio. Per quanto concerne l’efficacia, tuttigli antipsicotici atipici si sono dimostrati utili nel tratta­mento della sintomatologia di fase acuta [2—7].

Alcuni di questi hanno mostrato un profilo di efficaciasuperiore rispetto agli antipsicotici di prima generazione inuno o più dei domini sintomatologici (es. sintomi negativi)[8,9].

Forse ancora più rilevante risulta il fatto che alcuni anti­psicotici atipici sono risultati più efficaci dei precedenti nelridurre il rischio di recidiva per schizofrenia [10,11]. In unametanalisi del 2003 condotta su 142 randomized controlled

trials, Davis et al. hanno osservato che alcuni, ma non tuttigli antipsicotici atipici, risultano più efficaci degli antipsico­tici di prima generazione. Gli autori concludono la ricercaaffermando che — sulla base dell’eterogeneità farmacolo­gica, gli antipsicotici atipici non sono molecole ascrivibiliclinicamente a un gruppo omogeneo [12].

Rispetto alla tollerabilità, gli antipsicotici atipici hannopresentato un indubbio vantaggio, diminuendo in modo sen­sibile il rischio di indurre disturbi reversibili o irreversibilidel movimento tra cui la discinesia tardiva [13]. Occorretuttavia sottolineare come i vantaggi in termini di safetysono temperati dalla propensione a indurre un significativoaumento di peso e dal rischio di indurre alterazioni del meta­bolismo lipidico o glucidico [14].

Le molecole appartenenti alla ‘‘classe’’ degli antipsico­tici atipici sono associate a una elevata variabilità in terminidi sicurezza e tollerabilità. Sia per quanto riguarda, peresempio, la sedazione o gli effetti sulle funzioni cognitive,ogni molecola ha un suo proprio profilo [9]. Tutte questediversità in termini di efficacia, sicurezza e tollerabilità, allaluce dei risultati del Clinical Antipsychotic Trias of Interven­

tion Effectiveness (CATIE), hanno rinforzato una crescenteconsapevolezza che la farmacoterapia del singolo pazienterichiede la disponibilità di un elevato grado di conoscenzee un elevato numero di opzioni terapeutiche a disposizionedel medico curante, al fine di bilanciare accuratamente ilrapporto rischio beneficio [15,16].

I risultati dello studio CATIE hanno reso ancora più pres­sante la necessità di elaborare nuove e più efficaci molecoleper il trattamento della patologia schizofrenica.

I nuovi trattamenti proposti per rispondere a questiunmet needs dovrebbero rappresentare non solo opzionicaratterizzate da maggiore efficacia e tollerabilità maanche strumenti per indirizzarsi a un più ampio spettrodi obiettivi di trattamento tra cui il miglioramento delfunzionamento personale e sociale. Questo particolareobiettivo di trattamento è cruciale per poter agire in modosignificativo sulla qualità di vita della persona affetta daschizofrenia.

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Il deterioramento del funzionamento sociale e occupa­zionale è un evento centrale nel decorso della patologiaschizofrenica [17]; in particolare le recidive lasciano moltipazienti incapaci di ritornare ai livelli di funzionamento pre­cedenti. Attualmente, sono pochi gli studi che intendonoapprofondire gli effetti degli antipsicotici atipici sui livellidi funzionamento personale e sociale [18] e nessuno di que­sti è stato condotto in modo controllato e su larga scala. Solorecentemente sono state pubblicate alcune ricerche relativea paliperidone ER (extented release o rilascio prolungato)che hanno evidenziato risultati promettenti in tal senso.

Nella presente ricerca si andranno a indagare le poten­zialità e i limiti di paliperidone ER, una molecola adazione antipsicotica recentemente introdotta in Italia per iltrattamento della schizofrenia. Verranno descritte la carat­teristiche farmacologiche e cliniche della molecola rispettoal meccanismo d’azione e agli effetti clinici presentati. Cer­cheremo inoltre di affrontare in modo critico le seguentiquestioni:­ dosaggio di partenza (3­6 mg/die o 9­12 mg/die?);­ modalità e rischi nello switch da precedenti antipsicotici;­ somiglianze e differenze con risperidone;­ rapidità di azione;­ efficacia e tollerabilità nel trattamento cronico;­ effetto sulla qualità di vita del paziente.

Le caratteristiche farmacologiche

Paliperidone ER è stato recentemente introdotto in Europa ein Italia per il trattamento della schizofrenia. La molecola,9­idrossirisperidone, è il metabolita primario e attivo delrisperidone, un antipsicotico di seconda generazione già dalungo tempo in commercio. Per quanto le proprietà farma­codinamiche delle due molecole siano simili non risultanocompletamente sovrapponibili e, come spesso accade inmedicina, piccole differenze possono portare a risultati pro­fondamente diversi. L’affinità per i recettori dopaminergicie serotoninergici non è omogenea. Ciò potrebbe giustifi­care eventuali differenze di risposta clinica sia in terminidi efficacia sia di tollerabilità.

Entrambe risultano potenti antagonisti dei recettori D2e 5HT 2A, mentre paliperidone presenta un’affinità lieve­mente superiore per i recettori H 1­istaminergici.

In una ricerca, condotta sulla velocità di dissociazionedella molecola dai recettori D2, i ricercatori hanno osser­vato un tempo di dissociazione significativamente inferioreper paliperidone (60 sec.) rispetto a risperidone (27 min.)[19]. La maggiore velocità con cui si distacca dal recet­tore D2 potrebbe giustificare, a giudizio dei ricercatori, unaminore tendenza del paliperidone a indurre effetti extrapi­ramidali. Non risultano invece differenze tra le due molecolenell’indurre il rilascio di prolattina dalle cellule dell’ipofisianteriore [20].

Esistono anche importanti differenze legate al meta­bolismo e alle modalità di assorbimento. Per cominciarepaliperidone è stato commercializzato nella formulazioneextended­release (ER) che usa un sistema di rilascio a con­trollo osmotico (osmotic­controlled release oral delivery

system ­ OROS). Questa tecnologia, applicata a numerosealtri prodotti farmacologici, permette di ottenere un rila­scio costante del medicamento in un periodo di 24 ore.

Tale modalità riduce le fluttuazioni plasmatiche delle con­centrazioni rendendo possibile la monosomministrazionegiornaliera, permettendo di raggiungere dosi terapeuticheefficaci fin dal primo giorno di trattamento e, almenoin teoria riducendo significativamente i rischi di eventiavversi derivati da elevate concentrazioni plasmatiche chesi raggiungono nelle prime ore dopo la somministrazione difarmaci in formulazioni tradizionali.

Tale molecola, a differenza del risperidone, non va incon­tro a un significativo metabolismo epatico ed è escretain larga misura invariata. Per tale motivo difficilmente vaincontro a significative interazioni farmacocinetiche conaltri farmaci e può dunque essere utilizzata con sufficientesicurezza sia in soggetti che presentano patologie epatichesia in coloro che presentano terapie concomitanti.

Efficacia in acuto in soggetti affetti da schizofrenia

Il trattamento in acuto della schizofrenia continua a rap­presentare una sfida per la clinica psichiatrica. L’obiettivodel clinico è di trovare una molecola che induca una veloceregressione sintomatologica senza indurre effetti indeside­rati e che possa essere proseguita nel medio/lungo periodo.Diverse ricerche in letteratura mostrano come la frequenzadi switch tra antipsicotici, per efficacia parziale o pereffetti indesiderati, nella pratica clinica sia invece la norma,fornendo elementi che contribuiscono a pregiudicare unaadeguata aderenza ai trattamenti da parte del paziente.Nello studio CATIE la durata media di trattamento conun antipsicotico risultava di pochi mesi e mediamente adistanza di un anno dalla fase acuta, coloro che risultanoin trattamento continuativo con la stessa molecola rappre­sentano un’eccezione [15]. Questa condizione sottolinea lanecessità continua di sviluppare e testare nuove molecoleche possano offrire un migliore profilo di efficacia su grandipopolazioni e che sul singolo individuo possano rappresen­tare un arma ulteriore per migliorare il percorso di cura chesi può proporre.

In questo senso l’introduzione in commercio di palipe­ridone può offrire nuove opportunità di trattamento chedevono essere esplorate in modo adeguato. In una recentericerca [21] gli autori hanno effettuato una valutazionedei risultati di tre randomized clinical trials condotti indoppio cieco con paliperidone ER vs placebo. Tre studi di6 settimane condotti su 963 soggetti con riacutizzazionedi schizofrenia, trattati a dosaggi compresi tra 3 e 15 mgal giorno. Per tutti gli studi (multicentrici) era presenteun gruppo di controllo (placebo N = 335) e un compara­tore attivo (olanzapina 10 mg N = 364). Scopo della ricercaera effettuare una valutazione rischio/beneficio del tratta­mento in acuto di paliperidone. A tutti i dosaggi il compostoattivo è risultato superiore a placebo ed equivalente al com­paratore attivo. Definendo a priori la risposta clinica come ladiminuzione almeno del 30% del punteggio PANSS gli autorihanno osservato un tasso di risposta a qualunque dosaggio (3mg = 40%; 6 mg = 53%; 9 mg = 48%; 12 mg = 57%; 15 mg = 53%)significativamente superiore a quello osservato per placebo(27%). La maggiore differenza tra placebo e trattamentoattivo è stata osservata a 6 mg. Lo studio della curva doserisposta mostra uno scarso vantaggio in termini di efficaciaoltre i 12 mg. Nel corso degli studi non si sono riscontrati

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tassi significativamente diversi di eventi avversi. La fre­quenza di sospensione del trattamento per eventi avversi èrisultata limitata e senza differenze significative tra tratta­mento attivo e placebo (compresa tra il 2 e il 7%). Insonniae cefalea risultano gli eventi avversi più frequentementeriportati nei soggetti in trattamento con paliperidone.

L’analisi effettuata dagli autori mostra come paliperi­done ER risulti efficace e ben tollerato nel trattamento acutodella riacutizzazione di schizofrenia. Il tasso di disconti­nuazione in tali studi è risultato, inoltre, molto limitato esovrapponibile tra placebo e trattamento attivo.

Per quanto concerne in modo più specifico la tollerabilità,gli autori hanno osservato una sostanziale neutralità rispettoal rischio di indurre EPS, non risultavano infatti differenzesignificative di incidenza di tale disturbo tra inizio e terminedel trattamento. Facendo una valutazione sui singoli dosaggisi è osservato che, coloro che presentavano un aumento deipunteggi misurati alla Simpson­Angus Rating Scale (SAS scaledi valutazione EPS), erano più rappresentati nel gruppo intrattamento con dosaggi di paliperidone superiori a 6 mg.

Nello studio sopra menzionato il paliperidone ER èrisultato ben tollerato anche per gli effetti indesideratipotenzialmente secondari all’incremento di prolattina. Gliautori hanno osservato che l’incidenza di eventi avversipotenzialmente attribuibili all’iperprolattinemia (impo­tenza, altre disfunzioni sessuali, galattorrea, ginecomastia,amenorrea o altre disfunzioni mestruali) risultano sostan­zialmente sovrapponibili nei soggetti in trattamento conplacebo o il farmaco attivo (circa 1­2% dei soggetti).

Risultano interessanti anche i dati relativi alla safetymetabolica della molecola. A qualunque dosaggio non siosservano differenze significative rispetto al placebo perquanto riguarda i marker dell’omeostasi glucidica o lipidica.L’aumento di peso, pur presentando un gradiente correlatoalla dose, nello studio in questione è risultato mediamentedi circa 1 kg, dimostrandosi dunque assolutamente non signi­ficativo per quanto riguarda l’impatto sulla qualità di vitadel paziente.

In una ricerca del 2010 gli autori hanno condotto unapost­hoc analysis sugli stessi tre randomized clinical trials.Focus della ricerca era valutare l’efficacia di paliperidoneER su soggetti con una spiccata componente affettiva, defi­nita come presenza di punteggi elevati agli item della PANSSper depressione, eccitamento, ostilità o scarso controllodell’impulsività. I 193 soggetti selezionati hanno mostratouna risposta significativamente migliore se trattati con ilcomposto attivo con una riduzione significativamente mag­gior del punteggio PANSS totale e dei singoli fattori (sintomipositivi, negativi e psicopatologia globale). La molecola siè mostrata efficace soprattutto a dosaggi di 6­12 mg/die. Inconclusione anche in presenza di una prominente sintoma­tologia affettiva, caso estremamente comune nella gestionedella patologia schizofrenica, la molecola in studio si èdimostrata estremamente efficace, dissolvendo qualunquedubbio sul fatto che possa presentare un profilo non soddi­sfacente su questa tipologia di pazienti.

Tale ricerca ha permesso inoltre agli autori di effettuareulteriori riflessioni per differenziare il profilo di efficacia,se possibile tra paliperidone ER e risperidone. Partendodall’osservazione che molti studi condotti con paliperidoneER presentano come criterio di esclusione la non efficacia inanamnesi di risperidone, hanno selezionato dal campione

generale i soggetti che erano precedentemente in tera­pia con quest’ultima molecola ma che durante la terapiasono andati incontro a un episodio di recidiva. A giudiziodegli autori, le due molecole, che come è stato prece­dentemente descritto presentano profili farmacocinetici efarmacodinamici differenziati, risultano diverse anche dalpunto di vista clinico e, in funzione dei risultati della ricercala sostituzione di risperidone con paliperidone è una strate­gia utilizzabile in caso di recidiva. Gli autori hanno osservatoche la risposta (riduzione del punteggio PANSS > 30%) nonvaria se lo switch è effettuato da risperidone o da altriantipsicotici. Sempre dai dati della ricerca, non emergonoinvece sostanziali differenze sui livelli di prolattina tra ledue molecole [22].

I dati relativi a una efficacia non sovrapponibile tra le duemolecole è consistente con i risultati di una ricerca pub­blicata dal nostro gruppo di lavoro. Tale studio [23], unavalutazione di efficacia in aperto su 30 pazienti in tratta­mento con risperidone long­acting, prevedeva il dosaggioplasmatico di risperidone e del suo metabolita attivo (pali­peridone). Con tali valori si è stabilito il rapporto diconcentrazione tra il farmaco originario e il suo metabolitaattivo (dipendente dall’attività metabolica del soggetto).Si è riscontrato che più il rapporto metabolico è spostatoverso il metabolita, migliore è la risposta clinica al tratta­mento. Si osserva cioè che, coloro che presentano alti livellidi 9­OH­risperidone (paliperidone) in circolo (per una ten­denza maggiore a metabolizzare risperidone), sono coloroche presentano l’outcome migliore. Tale dato, pur con ilimiti della scarsa numerosità del campione, sembra con­fortare l’ipotesi che le due molecole abbiano pattern diefficacia non sovrapponibili, fornendo dunque il supportoteorico alla sostituzione di una molecola con l’altra.

Tempi di risposta al trattamento con paliperidoneER

Uno degli obiettivi essenziali nel trattamento della faseacuta della schizofrenia è di ottenere un rapido migliora­mento sintomatologico. Tale aspetto risulta di particolareimportanza nella gestione clinica quotidiana quando lopsichiatra si confronta con richieste di ordine gestionale(necessità di abbreviare la durata dei ricoveri e disponi­bilità di posti letto in SPDC) e relazionale (richiesta dibrevi ricoveri da parte di pazienti e/o familiari). Nono­stante alcuni ricercatori abbiano in passato sostenuto chei trattamenti con antipsicotici necessitassero di tempi pro­lungati per manifestare una risposta osservabile, ricerchepiù recenti hanno mostrato che la maggior parte dell’effettoantipsicotico si osserva quasi sempre nel corso delle prime2­4 settimane di trattamento [24].

È stato suggerito che un inizio di risposta alla primasettimana di trattamento sia un precoce indicatore posi­tivo di esito [25]. Queste indicazioni potrebbero aiutarei clinici a evitare trattamenti eccessivamente prolungatie non efficaci. È difficile, tuttavia, stabilire con certezzaquando sospendere un trattamento ritenuto inefficace oquando cominciare ad attendere una risposta. Abbiamogià osservato che gli antipsicotici atipici, pur consideraticome classe farmacologica omogenea dagli organismi rego­latori, su molte questioni si muovono ‘‘in ordine sparso’’, è

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dunque prevedibile che anche sui tempi di risposta possanoesserci differenze tra le diverse molecole. Risulta dunqueimportante approfondire alcuni recenti studi che fornisconoindicazioni in merito a tali questioni relativamente a pali­peridone ER.

In una ricerca [26] randomizzata e in doppio cieco con­dotta su 444 soggetti con schizofrenia in fase acuta, delladurata di 6 settimane a dosaggi fissi di 6 o 12/die, con com­paratore attivo (olanzapina 10 mg) e vs placebo, gli autorihanno osservato già in quarta giornata un’efficacia signifi­cativamente superiore dell’antipsicotico in studio rispetto aplacebo per entrambi i dosaggi. Tale significativa differenzadi efficacia si è poi mantenuta per tutta la prosecu­zione dello studio. Una risposta clinica (riduzione punteggioPANSS > al 30%) con frequenza significativamente superioreal placebo è stata osservata per tutti i dosaggi utiliz­zati (6 mg = 50%; 12 mg = 51%; placebo = 34%; olanzapine10 mg = 45,7; a tutti i dosaggi paliperidone ER è risultatosignificativamente superiore a placebo). In conclusione gliautori hanno osservato un inizio di azione antipsicoticagià in quarta giornata per paliperidone ER. Tale riscontroappare particolarmente interessante in quanto, se con­fermato nell’esperienza clinica quotidiana, assicurerebberisposte rapide, essenziali nella gestione dell’episodio acutodi riacutizzazione e/o ospedalizzazione. A giudizio degliautori, l’efficacia così precoce della molecola sarebbe favo­rita anche dalla possibilità di utilizzarla a dosaggi terapeuticifin dal primo giorno di trattamento grazie all’innovativamodalità di rilascio e assorbimento (OROS). Non è possibiled’altro canto generalizzare tale risultato in quanto è statoottenuto in una ricerca non direttamente colta a misurarela velocità di azione della molecola. La ricerca era stata,infatti, disegnata per valutarne in modo più generico effica­cia e tollerabilità dell’antipsicotico in un trattamento di 6settimane.

La velocità di risposta ai trattamenti è stata diretta­mente indagata, in un recente studio [27]. Partendo dallepiù aggiornate indicazioni di letteratura secondo cui la rispo­sta ai trattamenti con antipsicotici è molto precoce (pochigiorni) e la maggior parte del miglioramento si osservanelle prime 2 settimane [24], gli autori hanno sottolineatoil rischio di un approccio eccessivamente dottrinale allapratica clinica (risposta immediata = risposta; non rispostaimmediata = non risposta) che rischia di indurre con ecces­siva frequenza a switch prematuri o a politerapia nonnecessaria, situazioni che poi finiscono per oscurare effettiterapeutici magari tardivi della molecola inizialmente pro­posta.

Sempre a giudizio degli autori, come in tutti i disturbipsichiatrici, per valutare la risposta ai trattamenti nellaschizofrenia, è fondamentale distinguere l’effetto specificoindotto dalla molecola da quell’effetto aspecifico che neiclinical trials viene osservato nel trattamento con placebo.Sorprendentemente l’effetto placebo nei trials per schizo­frenia è elevato con un range compreso tra il 10 e il 50%negli studi in acuto. Per tale motivo il reale effetto dellamolecola antipsicotica non è immediatamente distinguibiledall’effetto non specifico. Quest ultimo presenta però deicaratteri di transitorietà (il paziente sta meglio per alcunigiorni poi torna a stare male) tendendo ad annullarsi neitrials con durata superiore alle 8 settimane [28]. Per distin­guere la risposta al trattamento da quella a placebo nella

cura della patologia depressiva, Quitkin et al. [29] hanno svi­luppato un metodo di analisi di pattern di risposta. Tramiteuna valutazione della persistenza della risposta hanno deter­minato un tempo minimo di circa 2 settimane per ottenereuna risposta sostenuta (vera), mentre l’effetto del tratta­mento con placebo procurava una risposta molto più precocema non sostenuta nel tempo.

Glick et al. [27] hanno utilizzato questa analisi del pat­tern di risposta nel trattamento in acuto su 1.128 soggetticon riacutizzazione di schizofrenia provenienti da 3 RCT di 6settimane. Settecentonovantasette soggetti sono stati trat­tati con paliperidone ER 3­12 mg/die e 331 hanno ricevutoplacebo.

La risposta clinica (riduzione punteggio PANSS ≥30%) èstata classificata in funzione di:­ Tempo di insorgenza come precoce (tra il 4◦ giorno e le 2

settimane) o tardiva.­ Durata come persistente se durava almeno per due valu­

tazioni successive nei RCT (ovviamente in caso contrarioveniva definita non persistente).

Gli autori hanno individuato i seguenti pattern di risposta:­ Precoce­Persistente. La risposta persistente risulta asso­

ciata in modo assoluto alla somministrazione di paliperi­done ER. Tale effetto è presente dai primi giorni e nelleprime 2 settimane è estremamente intenso.

­ Tardiva­Persistente. Alcuni soggetti mostrano una rispo­sta persistente al paliperidone solo dopo 4 settimane ditrattamento.

­ Non persistente. Una risposta non persistente, comeatteso, è analoga in termini quantitativi tra il gruppo intrattamento attivo e quello in placebo.In conclusione, a giudizio degli autori, paliperidone ER

mostra un effetto terapeutico fin dai primi giorni di trat­tamento dell’episodio acuto di schizofrenia, ma esiste unaquota di soggetti (superiore al 10% dell’intero campione),che necessita di tempi più prolungati (maggiore di 4 setti­mane) per mostrare una risposta clinica.

Per quanto riguarda l’inizio dell’effetto terapeutico dipaliperidone ER è estremamente interessante una ricercapubblicata da Canuso et al. [30]. Gli autori hanno con­dotto un RCT di 6 settimane in doppio cieco paliperidoneER (9­12 mg/die) vs quetiapina (600­800 mg/die) e placeboin soggetti recentemente ospedalizzati per una riesacerba­zione di schizofrenia. Lo studio prevedeva una prima fasedi 2 settimane in monoterapia. Già al 5◦ giorno di tratta­mento il gruppo in paliperidone presentava miglioramentodei punteggi alla PANSS significativamente superiori a quelliosservati nel gruppo in trattamento con quetiapina. Emergecioè che in pazienti in fase acuta (ed eventualmente ospeda­lizzati) dosaggi di partenza di paliperidone ER mediamenteelevati 9­12 mg/die garantiscono tempi di risposta estre­mamente rapidi anche rispetto ad altri antipsicotici atipiciattualmente in commercio.

Modalità di switch e dosi di partenza nella praticaclinica

Individuare dosaggi di partenza adeguati per il soggettoin cura e definire modalità di switch dal precedentetrattamento rappresenta una sfida complicata alla lucedella personale iterazione tra paziente e antipsicotico

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dipendente dall’importanza delle condizioni psicopatologi­che della persona quando inizia il trattamento, dalla duratadi malattia, dalle precedenti risposte agli antipsicotici, dalprofilo metabolico e da tanto altro. In tal senso valgonoalcune raccomandazioni frutto della pratica clinica, per cuise il cambiamento di antipsicotico deve avvenire in una con­dizione non acuta è utile effettuarlo in un tempo congruentenon soltanto con la cinetica della molecola (e quindi giorni)ma anche con le modificazioni attese a livello di espressi­vità recettoriale (e quindi almeno settimane). Ovviamentequesta strada è percorribile solo in condizione di sufficientestabilità clinica e in ambito di trattamento extraospedaliero.Questa modalità di cambiamento, progettata e condivisacon il paziente rappresenta sicuramente la scelta migliore.Ovviamente in molti casi le modifiche della terapia farmaco­logia vengono effettuate in acuto, generalmente in ambitoospedaliero con tempi medi di degenza che raramente supe­rano i 15 giorni.

Per tale motivo vengono preferite modificazioni più bru­sche di cui esistono poche indicazioni in letteratura e chenecessitano di un più attento monitoraggio per eventualieventi avversi.

È molto interessante in questo senso una ricerca multi­centrica di 6 settimane condotta da Schreiner et al., [31]su 294 soggetti in fase acuta per schizofrenia ricoveratiper 1 settimana. I soggetti ricoverati, precedentemente intrattamento con altro antipsicotico (escluso long acting oclozapina), venivano trattati con paliperidone ER a dosaggiflessibili da 3 a 12 mg sulla base della decisione clinica delcurante. Il dosaggio iniziale era di 6 mg al giorno. Il dosaggiomedio utilizzato dai clinici è risultato di 7,5 mg al giorno.Il 66% dei soggetti ha mostrato risposta clinica (riduzionePANSS > 30%) e il 35% è andato incontro a una riduzione piùconsistente della sintomatologia (riduzione PANSS > 50%). Ifattori implicati nell’utilizzo di dosaggi superiori ai 6 mg algiorno sono risultati correlati a condizioni locali (in alcunipaesi europei era significativamente maggiore il dosaggiomedio utilizzato), il Body Mass Index (BMI) (maggiore in sog­getti che hanno ricevuto un dosaggio più elevato), la storiaclinica (maggior numero di ospedalizzazioni nei precedenti12 mesi in soggetti con dosaggi più elevati) e la gravità cli­nica al baseline (CGI più elevata nei soggetti con aumentidi dosaggio). In conclusione gli autori osservano che pali­peridone ER si è rivelato un efficace trattamento in faseacuta con risultati evidenti già al secondo giorno. Il passag­gio immediato da un precedente antipsicotico a paliperidoneER si è rivelato ben tollerato con 80% di soggetti che hannoproseguito il trattamento per l’intero periodo di follow­up.La gravità clinica alla valutazione e nei mesi precedenti alricovero insieme al BMI rappresentano i fattori che più fre­quentemente influenzano il clinico nel preferire dosaggi piùelevati.

In conclusione dai dati di letteratura emergono alcunechiare indicazioni relative alle modalità di inizio deltrattamento con paliperidone ER. Per soggetti non prece­dentemente trattati con antipsicotici il dosaggio di partenzapiù indicato è 6 mg al giorno, in quanto presenta una robu­sta efficacia clinica e un profilo di sicurezza e tollerabilitàestremamente favorevole. Tale dosaggio può essere rag­giunto fin dal primo giorno di trattamento e va diminuitoa 3 mg in caso di effetti indesiderati o aumentato se nelcorso delle prime 2 settimane non si osservano segnali di

miglioramento. Nella pratica clinica ci si chiede spesso qualitempi attendere prima di proporre un aumento di dosaggiodi antipsicotico. Per paliperidone ER i tempi per il rag­giungimento dello steady state risultano 4­5 giorni. Spesso,soprattutto quando il trattamento è iniziato in un contestoterritoriale con una condizione clinica non acuta, si attendequalche giorno in più prima di proporre un ulteriore aumentodi dosaggio in quanto risulta la modalità di intervento cheassicura la maggiore tollerabilità e il maggior grado di sicu­rezza nei confronti del paziente. Ovviamente risultano moltipiù ridotti i tempi per l’incremento del dosaggio quandoquesto avviene in un contesto più acuto e/o di ricoveroospedaliero.

Per quanto riguarda invece soggetti più gravi o con minorecapacità di risposta ai trattamenti, possiamo fare riferi­mento alla ricerca precedentemente descritta di Canusoet al. [30]. In quello studio gli autori hanno selezionatosoggetti in fase acuta, con mediamente oltre 10 anni di sto­ria di malattia, precedenti trattamenti farmacologici, unarecente fase di riacutizzazione sintomatologica che ha por­tato all’ospedalizzazione e un punteggio medio alla PANSSsuperiore a 100. Sostanzialmente soggetti di gravità suffi­cientemente elevata da poter essere in parte confrontabilicon le persone che spesso vengono ricoverate in acuto inSPDC. Ebbene, per tali soggetti gli autori hanno ottenutobuoni risultati di efficacia con dosaggi ≥9 mg: infatti l’ultimadose media giornaliera di paliperidone durante la fase dimonoterapia era di 10,4 mg.

Il trattamento nel lungo periodo: prevenzionedelle recidive e tollerabilità

I soggetti affetti da schizofrenia che vanno incontro a unariacutizzazione del disturbo necessitano di un interventoche, nel più breve tempo possibile, porti a un buon con­trollo sintomatologico. Il mantenimento di tale risultato nelcorso del tempo permette alla persona di occuparsi di tuttele attività della propria vita, sospese a seguito dell’episodioacuto. Dunque permette un miglior recupero funzionale che,secondo molti autori, rappresenta uno degli elementi piùsignificativi nel determinare la prognosi di lungo periodo[32].

Una terapia prolungata e ininterrotta si è dimostrataessenziale per ridurre drasticamente il rischio di recidiva[33]. In particolare l’utilizzo di antipsicotici atipici sem­bra ridurre in modo ancor più significativo, rispetto agliantipsicotici tradizionali il rischio di episodi di riacutizza­zione clinica [11]. Lo studio CATIE, pur non rilevando unasostanziale differenza tra antipsicotici di prima e di secondagenerazione, ha mostrato, in modo chiarissimo, come lasospensione dei trattamenti non sia un’eccezione nel modoreale ma la prassi. I motivi della sospensione dei tratta­menti sono quasi sempre attribuibili a scarsa efficacia dellamolecola o a effetti indesiderati [15].

Per tale motivo nonostante gli antipsicotici atipici,come classe, siano indicati in molte linee guida come iltrattamento di prima linea per la schizofrenia, è sem­pre necessario effettuare un attenta valutazione su qualemolecola propone il miglior rapporto rischio/beneficio perquel singolo paziente in un trattamento di lungo periodo[9].

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In una recente ricerca Emsley et al. [34] hanno valutatol’effetto di paliperidone 3­12 mg/die in aperto per 52 setti­mane su 1.077 soggetti con schizofrenia in fase clinicamentestabile. Tutti i soggetti provenivano da tre studi open label

di 6 settimane per riacutizzazione schizofrenica e trattaticon paliperidone, placebo o olanzapina. Quasi il 50% dellepersone reclutate è rimasta in trattamento per un anno.Lo studio appare molto interessante perché fornisce impor­tanti indicazioni cliniche su tollerabilità ed efficacia dellamolecola nel trattamento di medio periodo.

La sospensione del trattamento

Su 1.077 soggetti gli eventi avversi che più frequentementehanno condotto a sospensione del trattamento sono statinell’ordine: insorgenza di disturbi psicotici (n = 17), depres­sione (n = 11), ideazione suicidaria (n = 6), insonnia (n = 6),deliri (n = 7), acatisia (n = 4), abuso di sostanze stupefacenti(n = 3), ansia/agitazione (n = 6) e tachicardia sinusale (n = 3).In conclusione lo studio presenta tassi di adesione al trat­tamento interessanti e dunque facilmente trasferibili allapratica clinica.

Efficacia clinica

Gli autori hanno monitorato l’andamento della PANSS nelcorso delle 52 settimane di trattamento. Il trattamentocon paliperidone si è mostrato efficace per l’intero cam­pione e in modo più rilevante nei soggetti che nella fase indoppio cieco erano in trattamento con placebo in quantosono stati introdotti nello studio in aperto in condizionepsicopatologica di maggiore compromissione. In generale,dato estremamente rilevante, il trattamento ha portato auna buona stabilità clinica nel corso delle 52 settimane.Valutando con più attenzione i dati si osserva un miglio­ramento per i primi due mesi di trattamento anche neisoggetti già precedentemente trattati con antipsicotico(paliperidone/olanzapina), per poi giungere a una fase distabilizzazione mantenuta. Ovviamente l’effetto più rile­vante si osserva nel gruppo di soggetto che nella fase indoppio cieco è stata sottoposta a trattamento con placebo.Questi dati risultano in accordo con l’esperienza clinica incui il miglioramento osservato nel paziente che risponde altrattamento tende a consolidarsi dal punto di vista clinicoper circa tre mesi dopo l’inizio della terapia per poi andareincontro a un fenomeno di stabilizzazione.

Tollerabilità

Nel trattamento di lungo periodo la tollerabilità risulta unelemento cruciale per poter mantenere un’adeguata ade­renza del paziente. Se le evidenze di letteratura indicanonella continuità del trattamento farmacologico il puntochiave per evitare ricorrenze, è ovvio che lo psichiatra delCentro di Salute Mentale deve avere a disposizione il più altonumero possibile di molecole al fine di scegliere quella chepresenti il miglior profilo di tollerabilità per la persona che inquel momento intende trattare. È compito poi dello specia­lista conoscere le caratteristiche delle singole molecole perpoter meglio valutare e gestire qualunque aspetto di colla­teralità emergente nel trattamento, evitando di attribuire,

come purtroppo a volte succede, alla volontà del paziente disottrarsi ai trattamenti, qualunque lamentela rispetto aglieffetti indesiderati della terapia prescritta.

Brevemente verranno riportati i dati relativi alla tol­lerabilità del paliperidone nello studio della durata di52 settimane già descritto precedentemente per quantoattiene ai dati di efficacia [34].

È utile sottolineare che tali ricerche (anche di duratasuperiore) pur presentando il limite metodologico di nonessere in doppio cieco, risultano preziosissime per il clinico,per le informazioni che forniscono su periodi di trattamentoprolungati. Tutti i soggetti della presenta ricerca erano intrattamento con paliperidone.

Nel corso delle 52 settimane di trattamento, il 25% delsoggetti ha presentato effetti extrapiramidali (EPS). Nel 1%dei campione si sono riscontrati effetti indesiderati ricon­ducibili a innalzamento dei livelli ematici di glucosio. Perquanto riguarda eventi avversi potenzialmente correlatiall’aumento dei livelli di prolattina si è osservato amenorreanel 4% dei soggetti di sesso femminile, mestruazioni irre­golari nel 5% dei soggetti di sesso femminile e disfunzioneerettile nel 3% dei soggetti di sesso maschile. Le modifica­zioni di peso nel corso dello studio sono state mediamente unaumento di 1,1 kg (±5,47). Tale aumento è stato ovviamentemaggiore, nei soggetti che nella fase in doppio cieco erano intrattamento con placebo e minore per coloro che sono statiprecedentemente trattati con olanzapina. In generale nel15% dei soggetti si è osservato un aumento di peso superioreal 7% del livello iniziale.

Qualità di vita nel trattamento della schizofrenia

Nella letteratura scientifica si sta affermando sempre più iltema della qualità come elemento caratterizzante il suc­cesso di un trattamento per schizofrenia. Nella praticaclinica quotidiana è esperienza comune valutare come laregressione della sintomatologia non rappresenti di per séun obiettivo sufficiente, se non risulta accompagnata da unamodificazione sostanziale delle competenze espresse nellagestione dei propri spazi, della cura di sé, della capacità dicostruirsi relazioni positive e di svolgere attività lavorativa acarattere competitivo. La qualità della vita come elementoglobale rappresenta sempre più il target da raggiungerequando si parla di cura o guarigione. La valutazione dellaregressione sintomatologica è garantita da numerose scaleche hanno ottenuto un consenso ampio e diffuso tra clinicie ricercatori. Per quanto concerne il tema della valutazionedella qualità, la necessità di tradurre un concetto di diffi­cile definizione in un punteggio numerico ha trovato sino aora molta diffidenza soprattutto da parte di coloro che svol­gono attività clinica. Negli ultimi anni sono state numerosee diverse le modalità di definizione e valutazione a secondadi opportunità e sensibilità che dipendevano da numerosis­sime variabili (sanitarie, sociali, culturali) ma anche dagliobiettivi della ricerca. Nello studio sopra descritto, oltrel’efficacia clinica e tollerabilità, gli autori [34] hanno pro­vato a studiare anche le modificazioni della qualità di vitanei soggetti in trattamento tramite l’utilizzo della scala Per­

sonal and Social Performance (PSP). Tale strumento è statosviluppato e validato da un gruppo di ricerca italiano [35].Fornisce un punteggio compreso tra 0 e 100 punti a item

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singolo ed è suddiviso in 10 intervalli uguali. La valutazioneè orientata dal funzionamento del soggetto su quattro areefondamentali:1. Attività socialmente utili.2. Relazioni interpersonali e sociali.3. Cura di sé.4. Comportamenti disturbanti e aggressivi.

Tale scala ha ricevuto una adeguata validazione inpazienti affetti da schizofrenia in fase stabile e in fase acuta[36,37]. Questo tipo di valutazione risulta estremamenteutile nella pratica clinica perché è di semplice esecu­zione e modificazioni sensibili al punteggio corrispondonoad altrettanto sensibili modificazioni della qualità di vitadella persona valutata. In pazienti in fase acuta, infatti, unmiglioramento di almeno 10 punti rappresenta un cambia­mento clinicamente rilevante da parte del medico curanteo dei parenti [37].

In una ricerca, già descritta precedentemente [21],consistente nella valutazione dei risultati di 3 randomi­

zed clinical trials condotti in doppio cieco paliperidone vsplacebo e olanzapina per un totale di 1.662 soggetti infase acuta, gli autori hanno valutato la modificazione deipunteggi della PSP. Per i soggetti in trattamento con pali­peridone si è osservato, a qualunque dosaggio, un aumentodei punteggi alla scala significativamente maggiore rispettoai soggetti trattati in placebo. La proporzione di soggetticon punteggi alla PSP superiori a 71 (lievi difficoltà o fun­zionamento buono) è aumentata rispetto al basale in modostatisticamente significativo a qualunque dosaggio fattaeccezione per i 3 mg/die.

Da questi dati risulta che nel trattamento in acuto dischizofrenia, paliperidone, non solo manifesta efficacia dalpunto di vista sintomatologico, ma mostra dei miglioramentiapprezzabili nella pratica clinica anche per quanto riguardala qualità di vita delle persone in cura. Tali modificazionirisultano apprezzabili già alla 6a settimana di trattamento.Sembra inoltre emergere un’indicazione di dosaggio nellafase acuta di almeno 6 mg per poter ottenere il miglior risul­tato possibile.

Nella ricerca di Emsley et al. [34], già descritta prece­dentemente, gli autori hanno valutato le modificazioni alpunteggio PSP sullo stesso campione nel corso di uno stu­dio (questa volta open label) della durata di 52 settimane.Il miglioramento della qualità di vita raggiunto nella fase indoppio cieco [21] è stato mantenuto e ulteriormente incre­mentato nel corso del follow­up. Di seguito vengono riportatigli incrementi ottenuti rispetto al basale nel punteggio allascala PSP:­ 16,7 ± 15,47 per coloro che erano stati trattati con pla­

cebo nella fase in doppio cieco (N = 94);­ 9,7 ± 12,23 per coloro che erano stati trattati con palipe­

ridone (N = 306);­ 8,8 ± 12,29 per coloro che erano stati tratti con olanzapina

(N = 108).I dati precedenti mostrano come il trattamento con pali­

peridone prolungato per un anno, dopo il raggiungimentodella stabilizzazione clinica, procura un ulteriore miglio­ramento nella qualità della vita, verosimilmente a seguitodi una sostenuta condizione di compenso sintomatologicoe contestualmente di una buona tollerabilità che permetteal trattamento di non interferire in modo significativo conle attività quotidiane. Anche in questo caso lo studio, pur

presentando il limite metodologico della mancanza digruppo di controllo e l’effettuazione in aperto, risulta digrande interesse in quanto indaga i cambiamenti osserva­bili su un ampio campione per un periodo di tempo di unanno. Spesso la pratica clinica quotidiana insegna che in unapatologia destrutturante come la schizofrenia un anno è untempo appena sufficiente per valutare appieno l’efficacia diun intervento di cura, che si costituisce di una fase acutadi regressione sintomatologica e una fase di medio periododi recupero funzionale che può avvenire solo se è mante­nuta la stabilità clinica. Il paliperidone sembra risultare unamolecola efficace per tale obiettivo terapeutico.

Conclusioni

Nella presente ricerca sono state approfondite le carat­teristiche farmacologiche di paliperidone che lo rendonouna nuova e interessante alternativa nel panorama degliinterventi farmacologi per la schizofrenia. Sono state, conparticolare interesse, approfondite le differenze rispetto arisperidone (di cui è il metabolita attivo) e le innovativemodalità di rilascio che contribuiscono a migliorarne il pro­filo di tollerabilità. Nei paragrafi successivi si è cercato diaffrontare il tema del trattamento in acuto e in cronico nellapatologia schizofrenica, soffermandosi sul profilo di effica­cia e tollerabilità di questo nuovo antipsicotico atipico einfine sono stati sottolineati i risultati di ricerche che conmodalità innovative e attenzione hanno cercato di indagaregli effetti di questa molecola non solo sulla sintomatologiaclinica ma anche sulla qualità di vita.

Possiamo dunque affermare che una nuova molecola adisposizione dello psichiatra rappresenta una possibilità inpiù di indurre salute in soggetti affetti da gravi patolo­gie psichiche. In due ricerche riportate precedentementeabbiamo osservato che questa molecola presenta significa­tivi segnali di efficacia già al secondo giorno di trattamento.Tale osservazione descritta nella ricerca di Schreiner et al.del 2009 [31], ha trovato una autorevole conferma nello stu­dio pubblicato da Canuso et al. [38] in cui gli autori hannoosservato in tempi brevissimi (già al 5◦ giorno di tratta­mento) un effetto significativamente superiore non solo alplacebo ma anche a un comparatore attivo. Emerge da que­sti dati l’indicazione di una molecola estremamente utile,in quanto capace di indurre un rapido effetto terapeuticoraggiungibile sia in un contesto di cura territoriale sia neltrattamento in SPDC.

È inoltre utile osservare come questo nuovo farmacoappare particolarmente utile nel trattamento continuativodella patologia schizofrenica in quanto l’efficacia e la tol­lerabilità, anche in funzione delle particolari modalità dirilascio, collocano paliperidone ER tra le molecole di primalinea. Particolare attenzione va poi posta alla facilità con cuipuò essere avviata la terapia, già il primo giorno a dosaggiterapeutici e la velocità di azione, in alcuni studi superiorea placebo già a partire dal 4◦ giorno di trattamento. Vainfine sottolineato il minimo effetto mostrato dalla molecolasul metabolismo epatico di altri farmaci assunti in con­comitanza. Un elemento di essenziale importanza quandoil trattamento viene proposto a persone che stanno assu­mendo altre terapie farmacologiche (psichiatriche o di altraspecialità).

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In conclusione una nuova opportunità che arricchisce glistrumenti terapeutici oggi a disposizione dello psichiatra.

Conflitto di interesse

Gli autori dichiarano di aver ricevuto supporto economicoalla pubblicazione del presente articolo dall’azienda farma­ceutica Janssen Cilag.

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