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University of South Florida Scholar Commons History Faculty Publications History 12-2015 Nuovi Dati Sulla Produzione Ceramica Tipo apsos di Area Etnea: Il Caso di Groe di Marineo (Licodia Eubea, Catania) Davide Tanasi University of South Florida, [email protected] Follow this and additional works at: hp://scholarcommons.usf.edu/hty_facpub is Article is brought to you for free and open access by the History at Scholar Commons. It has been accepted for inclusion in History Faculty Publications by an authorized administrator of Scholar Commons. For more information, please contact [email protected]. Scholar Commons Citation Tanasi, Davide, "Nuovi Dati Sulla Produzione Ceramica Tipo apsos di Area Etnea: Il Caso di Groe di Marineo (Licodia Eubea, Catania)" (2015). History Faculty Publications. 3. hp://scholarcommons.usf.edu/hty_facpub/3

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12-2015

Nuovi Dati Sulla Produzione Ceramica TipoThapsos di Area Etnea: Il Caso di Grotte diMarineo (Licodia Eubea, Catania)Davide TanasiUniversity of South Florida, [email protected]

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Comitato scientifico

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SOMMARIO

Davide Tanasi, Nuovi dati sulla produzione ceramica tipo Thapsos di area etnea: il caso di Grotte diMarineo (Licodia Eubea, Catania) 9

Carlo Zoppi, Il culto di Demetra a Selinunte 25Caterina Trombi, Nuove scoperte sul sistema di approvvigionamento idrico nell’area di Porta V ad

Agrigento 45Rosanna Equizzi, Il corredo della Tomba della Regina di Monte Adranone 59Luigi Taborelli, I contenitori per il Lykion di Akragas 87Filippo Sciacca, Il salto del satiro di Mazara e l’enthousiasmos dionisiaco 99Lorenzo Braccesi, Archimede, appunti per una biografia 113Roger J. A. Wilson, Scavi alla villa romana di Gerace (en): risultati della campagna 2013 115Giacomo Manganaro, La Sicilia tra il Papato di Roma e l’imperatore di Costantinopoli 149Francesco Paolo Rizzo, L’ispezione bizantina della Pretura di Sicilia alla fine del vi secolo 169

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na delle lacune maggiori che accompagnanolo studio delle produzioni ceramiche della Si-

cilia preistorica è la mancanza di dati di riferimen-to relativi alla caratterizzazione petrografica egeochimica dei materiali. Se per le ceramiche diepoca Neolitica,1 dell’età del Bronzo Antico2 e delFerro3 sono già disponibili significativi risultati,per l’età del Bronzo Medio (metà del xv-metà delxiii secolo a.C.) il quadro delle evidenze analiti-che è ancora tutto da ricomporre.

Nel corso della facies di Thapsos (Tab. 1), cheriassume l’età del Bronzo Medio siciliano, si re-gistra un notevole salto di qualità tecnologiconell’ambito della produzione ceramica. Una verae propria fase sperimentale, in cui vengono sta-biliti alcuni standard principali nelle procedure dipreparazione delle argille, di manifattura, deco-razione e cottura, che resteranno a lungo inva-riati. Il fenomeno scatenante di tale salto di qua-lità nella ricerca tecnico-stilistica dei ceramistiindigeni è rappresentato dall’incontro con legenti micenee esplicitato soprattutto dall’impor-tazione di vasellame fine del Tardo ElladicoIIIA/IIIB.4Forme e modi della ceramica di Thapsos sono es-senzialmente noti grazie alle evidenze da contesticimiteriali di area megarese e siracusana, portate

alla luce dall’operosa attività di Paolo Orsi tra finedel xix ed il primo decennio del xx secolo,5 editesecondo l’impostazione scientifica del tempo e fi-nora non interessate ad analisi archeometriche. Inquest’ottica, sfortunatamente, lo stato delle cono-scenze relativo al territorio etneo si è rivelato inconfronto piuttosto scarso, con l’eccezione del-l’evidenza del sito di Barriera, nella periferia norddi Catania, unico insediamento interessato dalleesplorazioni orsiane che ha restituito una docu-mentazione apprezzabile di ceramica di tipoThapsos.6

Solo in tempi più recenti, studi specifici sui disiecta membra dell’età del Bronzo Medio prove-nienti dal territorio di Catania7 e sulle sporadicheattestazioni materiali nel suburbio cittadino8 edindagini di scavo nel territorio provinciale9 hannorestituito un quadro documentario più completo

Il presente lavoro si inserisce in un più ampioprogetto di ricerca sull’analisi degli aspetti tipolo-gici, stilistici e tecnologici della ceramica tipoThapsos nel territorio etneo, caratterizzata su ba-se petro-archeometrica, già avviato con il casostudio di Monte San Paolillo,10 cui si aggiungonoi dati provenienti da un altro insediamento del ter-ritorio di Catania, quello di Grotte di Marineo diLicodia Eubea (Fig. 1).

* Il presente studio è stato completato grazie ad un finan-ziamento del Mediterranean Archaeological Trust per l’anno2012.

1 Barone et alii 2010.2 Agodi et alii 2000; Lombardo et alii 2000.3 Kolb, Speakman 2005; Pappalardo et alii 2008.4 La Rosa 2004.

5 Leighton 1986.6 Orsi 1907b, pp. 53-99; Procelli 2007, pp. 225-229.7 Privitera 2010.8 Procelli 1992; Id. 2007.9 Catania-Monte San Paolillo: Patanè 1997-1998; Caltagi-

rone: Amoroso 1983; Valverde: Branciforti 1999; Privite-ra 2010. 10 Tanasi 2010; Id. c.d.s.

U

NUOVI DATI SULLA PRODUZIONE CERAMICATIPO THAPSOS DI AREA ETNEA:

IL CASO DI GROTTE DI MARINEO(LICODIA EUBEA, CATANIA)

Davide Tanasi

Tab. 1. Quadro cronologico comparativo di Sicilia, Italia meridionale ed Egeo nell’età del Bronzo Medio.

Cronologia Sicilia Italia meridionale Egeo

ca. 2200/2100-1440/1420 a.C. Bronzo Antico Castelluccio Bronzo Antico 1-2Bronzo Medio 1-2 ME - TE II

1440/1420-1400/1380 a.C.

Bronzo Medio

Thapsos I Bronzo Medio 3(Appenninico)

TE IIIA1

1400/1380-1310/1300 a.C. Thapsos II TE IIIA2

1310/1300-1270/1250 a.C. Thapsos III Bronzo Recente 1(Sub-Appenninico) TE IIIB1

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Il sito di Marineo, situato sul versante setten-trionale dell’omonimo monte, subito ad Est delcentro di Grammichele (Fig. 2), ma rientrante neilimiti amministrativi del comune di Licodia Eu-bea, consta di 4 cavità naturali, tre delle quali interritorio demaniale (grotte 1, 2 e 4) ed una, lagrotta 3, in proprietà privata (proprietà Cucuzza),

indagate dalla Soprintendenza di Catania nel 1988e 1989.1

I risultati più significativi sono stati raggiuntinelle indagini delle grotte 1 e 3 (Figg. 3-5), che sfor-tunatamente non si sono svolte secondo criteri

10 davide tanasi

1 Consoli 1988-1989.

Fig. 1. Carta del territorio provinciale di Catania con indicazione dei siti di Monte S. Paolillo e Grotte di Marineo.

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stratigrafici, ma per tagli progressivi, e che non so-no state sostenute da una vera e propria documen-tazione grafica e fotografica. I materiali rivenutihanno accertato una continuità di frequentazionedal Neolitico (facies di Diana) fino alla piena etàstorica (facies di Licodia Eubea) con un solo hiatusnell’età del Bronzo Tardo (facies di PantalicaNord), in cui il complesso fu probabilmente ab-bandonato. Relativamente all’età del Bronzo, al dilà di una limitata occupazione nell’età del BronzoAntico della grotta 1, da cui provengono alcuniesemplari castellucciani di estremo interesse, con

rarissime rappresentazioni stilizzate antropomor-fe e zoomorfe, come la scena di caccia raffiguratasull’esemplare MA/RP16 (Fig. 6), per il quale si ri-manda ad altra sede,1 la totalità delle evidenze siriferisce alle produzioni thapsiane dell’età delBronzo Medio.

Per questa fase, i contesti principali sono rap-presentati dal Saggio 2 (strati 2-4) e dal Saggio 3(strato 2) della Grotta 1 e dal Saggio 1 (strati 4 e 5)

nuovi dati sulla produzione ceramica tipo thapsos di area etnea 11

1 Tanasi 2014.

Fig. 2. Planimetria del suburbio di Grammichele e del Monte Marineo.

Fig. 3. Marineo, Grotta 1, da Sud (Consoli 1988-1989).

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della Grotta 3, da cui provengono materiali digrande interesse come il pugnale bronzeo MA88/215 (Fig. 7), di tipologia comune per questo pe-riodo, la matrice di fusione in basalto MA 88/321(Fig. 8) e l’esemplare di bacino colossale del tipo

con ansa a piastra bifida MA 88/219 (Fig. 9), chelasciano supporre come le grotte fossero sede diattività assai diverse.

Proporre un’interpretazione per l’uso dellaGrotte di Marineo durante l’età del Bronzo Me-

12 davide tanasi

Fig. 4. Marineo, Grotta 1, testimone stratigrafico (foto Gruppo Archeologico di Licodia Eubea).

Fig. 5. Marineo, Grotta 3, da Sud (foto Gruppo Archeologico di Licodia Eubea).

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dio potrebbe rivelarsi assai rischioso, tenendoconto dell’assenza di rigore scientifico nell’esplo-razione del sito ma soprattutto per la vasta gam-ma di problematiche relative al ruolo delle grottenella preistoria. Le grotte vengono spesso intesein senso utilitaristico come aree residenziali abreve termine, sulla base di tracce archeologichequali resti di preparazione di cibo o tracce di pro-duzione litica.1 Ma esse possono anche essere icontesti per pratiche di aggregazione sociale2 eluoghi evocativi della potenza della natura cheforniscono accessi privilegiati al mondo degli an-teanti, dei defunti e degli dei, atti allo svolgimen-to di rito volti ad entrare in contatto con quelle

entità.3 Le grotte posso anche essere luoghi diculto, in cui vengono praticati i medesimi ritualieseguite in aree sacre all’aria aperta, ma in quan-to luoghi misteriosi ed oscuro esse posso amplifi-care il potere di un determinato rito.4 Anche se

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1 Bersgsvik, Skeates 2012. 2 Conkey 1980. 3 Bradley 2000; Skeates 2010. 4 Skeates 2012.

Fig. 6. Frammento castellucciano MA/RP16con rappresentazione stilizzata di scena di caccia,

dalla Grotta 1.

Fig. 8. Matrice di fusione in basalto MA 88/321,dalla Grotta 1.

Fig. 7. Pugnale bronzeo MA 88/215, dalla Grotta 1.

Fig. 9. Bacino del tipo su alto piede con ansa a piastra bifida MA 88/219, dalla Grotta 3.

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sepolture, primarie e secondarie, sono molto co-muni nella grotte del Mediterraneo preistorico,tuttavia ciò che gli archeologi chiamano “sepol-tura” è spesso il risultato di un processo naturale,culturale o rituale che ha previsto una morte, perdisgrazia, per assassinio, per sacrificio o per rito.1

I pochi altri siti in grotta del Bronzo Medio dellaSicilia Orientale, come Chiusazza,2 Calafarina3 eBarriera4 offrono ad esempio un evidenza sia di ti-po funerario che rituale. Nel caso delle Grotte diMarineo, in assenza di tracce di sepoltura o di at-tività connessa alla residenza, si potrebbe ipotizza-re, con tutta la prudenza del caso, una frequenta-zione con scopo rituale.

Lo studio dell’evidenza ceramica ha portato al-la definizione di un complesso tipologicamentediagnostico di 230 esemplari.

Per ciò che concerne le forme (Fig. 10), il datopiù significativo è l’attestazione maggioritaria diforme aperte, soprattutto coppe semplici e su pie-de e bacini. Scarsamente attestate sono i vasi perattingere e versare, così come altri tipici del reper-torio thapsiano come piattelli e ciotole. Buona in-vece è la presenza di olle spesso correlate a sem-plici coperchi discoidali.

Da un punto di vista tipologico è stato possibileproporre una seriazione dei tipi meglio rappresen-tati nel complesso ceramico di Grotte di Marineo.Mettendo da parte ciotole, scodelle e boccali e co-perchi, le cui condizioni di frammentarietà hannoimpedito di effettuare uno studio vero e proprio aldi là della semplice identificazione, per ciò checoncerne coppe, piattelli, bacini ed olle, che rap-

presentano il grosso della documentazione, sonostati distinti i seguenti tipi:– Coppa tipo I: Coppa emisferica a vasca

profonda con orlo assottigliato (MA 88/122,MA88/128, MA88/458, MA88/452), talvolta di-stinto da una gola poco profonda (MA88/39) econ labbro appena accennato lievemente desi-nente verso l’interno (MA88/14), generalmenteinornata o con decorazione incisa (Fig. 11).

– Coppa tipo II: Coppa emisferica con vasca pocoprofonda e profilo continuo rientrante, su basepiano o su alto piede tubolare, con decorazioneplastica a cordoni curvilinei (MA88/255-256,MA88/119) (Fig. 12).

– Coppa tipo III: Coppa troncoconica con breveorlo introflesso appena accennato arrotondato(MA88/126) o a sezione triangolare (MA88/18)(Fig. 13).

– Coppa tipo IV: Coppa carenata con breve orlodritto (MA88/86) a profilo continuo rientrante(MA 88/104, MA 88/249) con orlo marcata-mente desinente verso l’interno (MA88/01,MA88/451) (Fig. 13).

– Coppa tipo V: Coppa carenata con carenaispessita e orlo distinto da una gola (MA88/317)(Fig. 13).

– Coppa tipo VI: Coppa carenata con labbro ar-rotondato desinente all’interno (MA88/280)(Fig. 13).

– Piattello tipo I: Piattello carenato con orlo dritto(MA88/167), desinente all’interno (MA88/28) ocon labbro appena estroflesso (MA88/89), gene-ralmente con decorazione incisa (Fig. 14).

– Bacino tipo I: Bacino emisferico con orlo drittoarrotondato e anse a presa rese da rozzo cordo-ne applicato (MA88/254) (Fig. 15).

14 davide tanasi

1 Mouret 2004. 2 Tinè 1965.3 Orsi 1907a. 4 Orsi 1907b.

Fig. 10. Grafico indicante l’attestazione delle singole forme in seno al campione.

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– Bacino tipo II: Bacino troncoconico con orlodritto, assottigliato e decorazione plastica a cor-doni (MA88/248, MA 88/253) (Fig. 15).

– Bacino tipo III: Bacino con corpo globulare edansa acuminate del tipo ad orecchia equina sot-tolineata in basso da una profonda insellatura aforma di U rovesciata (MA88/163).

– Olla tipo I: Olla emisferica con orlo indistintoispessito (MA88/459) (Fig. 16).

– Olla tipo II: Olla troncoconica a profilo conti-nuo rientrante con orlo desinente all’interno ecoppia d’anse a bugna forata (MA88/117) (Fig.16).

– Olla tipo III: Olla con a profilo continuo rien-trante, orlo assottigliato (MA88/444), talvolta

sottolineato all’esterno da una costolatura(MA88/447) (Fig. 16).

– Olla tipo IV: Olla con corpo di forma globulare,basso collo distinto, orlo estroflesso e labbropiatto (MA88/154) (Fig. 16).Prima di procedere all’identificazione dei con-

fronti ed alla proposta di inquadramento val benespecificare che il sistema di riferimento cronologi-co scelto è quello recentemente proposto da G.Alberti per la definizione in tre fasi della produzio-ne ceramica di Thapsos, corrispondenti a due mo-menti di quella del Milazzese.1

nuovi dati sulla produzione ceramica tipo thapsos di area etnea 15

1 Alberti 2004, Id. 2008.

Fig. 11. Coppe di tipo I: MA88/14, MA88/39, MA88/122, MA88/128, MA88/452, MA88/458(scala 1:4, disegni D. Calì).

Fig. 12. Coppe di tipo II: MA88/119, MA88/255-256 (scala 1:4, disegni D. Calì).

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16 davide tanasi

Fig. 13. Coppe di tipo III: MA88/18, MA88/126; di tipo IV: MA88/01, MA88/86, MA88/104, MA88/249,MA88/451; di tipo V: MA88/317; di tipo VI: MA88/280 (scala 1:4, disegni D. Calì).

Fig. 14. Piattelli di tipo I: MA88/28, MA88/89,MA88/167 (scala 1:4, disegni D. Calì).

Fig. 15. Bacini di tipo I: MA88/254; di tipo II:MA88/248, MA88/253 (scala 1:4, disegni D. Calì).

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I tipi evidenziati a Grotte di Marineo risultanopiuttosto comuni nel repertorio thapsiano, sebbe-ne i confronti proponibili non siano numerosi, pervia dell’annoso problema rappresentato dal fattoche la quasi totalità dell’evidenza ceramica di que-sto periodo proviene da contesti funerari indagatida Orsi e pubblicati oltre un secolo fa con una do-cumentazione grafica insufficiente.

I contesti che possono essere evocati a confron-to e che possono in qualche misura fornire datiprecisi per un migliore inquadramento cronologi-co sono quelli di Serra del Palco,1 Scirinda2 e Mon-te San Paolillo.3

Senza entrare nel merito dei singoli tipi ci paresignificativo evidenziare comunque i rapporti trale coppe ed i bacini di Grotte di Marineo con le forme isolate a Monte San Paolillo, che rappresen-ta l’altra principale fonte di dati per il Thapsos etneo. La coppa di tipo I (MA 88/122, MA88/128,MA88/452) richiama il tipo CA 75 di quel sito; lacoppa di tipo III (MA88/18 e MA88/86) è confron-tabile rispettivamente con gli esemplari CA 77 eCA 50; la coppa tipo IV (MA88/451) è assimilabilea CA 66; la coppa tipo VI (MA88/280) richiamaCA 111 ed il bacino tipo II (MA88/248, MA 88/253)è raffrontabile a CA 110.4

Per aggiungere altre informazioni valide ad unrestringimento del periodo cronologico di riferi-mento possiamo inoltre dire che la coppa tipo II(MA88/255-256, MA88/119) richiama direttamen-

te il tipo CP I della classificazione Alberti della ce-ramica del Milazzese, inquadrabile nella fase 1 delMilazzese e nella fase I di Thapsos;5 la coppa tipoIV MA 88/249 è confrontabile con il tipo CP V del-la stessa classificazione e datato alla fase del Milaz-zese 2, ovvero Thapsos II-III;6 l’olla tipo IVMA88/154 richiama il tipo OL IIa-c della medesi-ma seriazione, datato alla fase 2 del Milazzese enella fase II-III di Thapsos.7 Infine di estremo inte-resse è l’esemplare frammentario di bacino tipo IIIMA88/163, le cui peculiarità sono estranee allatradizione del Bronzo Medio ma sono invece piùproprie del momento iniziale della successiva fasedi Pantalica Nord.8 Un caso questo che confermala presenza di tipologie ibride di lebete a cavallotra Bronzo Medio e Tardo.9

In assenza di informazioni specifiche relative alcontesto di riferimento di ogni singolo esemplare,dato che, come si è detto, lo scavo non fu condot-to con metodo stratigrafico, il quadro che emergeè quello di un’occupazione del complesso che si èsviluppato lungo tutte e tre le fasi della facies diThapsos, come si rivela dall’inquadramento dei ti-pi più diagnostici (Tab. 2).

Relativamente agli aspetti tecnologici di taleproduzione, per evitare problemi interpretatividerivanti dalla soggettività dell’esame autoptico,al fine di caratterizzare gli impasti in modo piùscrupoloso si è selezionato un gruppo statistica-mente rappresentativo di 31 campioni rispecchian-

nuovi dati sulla produzione ceramica tipo thapsos di area etnea 17

1 La Rosa, D’Agata 1988.2 Castellana 2000. 3 Tanasi 2010.4 Tanasi 2010, p. 86, fig. 11.

5 Alberti 2008, tav. 29. 6 Alberti 2008, tav. 29.7 Alberti 2008, tav. 29. 8 Tanasi 2008, p. 83.9 D’Agata 1987.

Fig. 16. Olle di tipo I: MA88/459; di tipo II: MA88/117; di tipo III: MA88/444, MA88/447;di tipo IV: MA88/154 (scala 1:4, disegni D. Calì).

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ti tutte le fabrics apprezzabili. Su di essi sono stateeffettuate specifici esami petrografiche e chimici,quali l’analisi petrografica su sezione sottile, la dif-frattometria a raggi x e l’analisi spettroscopica in-frarossa in trasformata di Fourier (FTIR).1

I risultati hanno portato alla definizione di 6 di-versi impasti (A-F) con presenze caratterizzanti diinclusi, validate dalle analisi chimiche, cui si ri-manda. Nella Tabella 3 è possibile osservare lacorrispondenza tra gli esemplari, dei quali è statopossibile definire la tipologia e quindi la colloca-zione all’interno della sequenza cronologica dellafacies di Thapsos e le corrispondenti fabrics.

Le fabrics A e C sembrano essere esclusive dei tipi relative alle fasi di Thapsos I (1440/1420-1400/1380 a.C.), le fabrics D e E ricorrono princi-palmente sui tipi della fase Thapsos II (1400/1380-1310/1300 a.C.) mentre le fabrics B e F sonopresenti solo sui tipi della fase Thapsos III(1310/1300-1270/1250 a.C.), quasi a suggerire unarotazione nell’uso di impasti differenti nel corsodelle tre fasi della facies di Thapsos. In particolaresi rileva come la fabric B ricorra con maggiore frequenza sulle coppe tipo II (come MA88/255) eVI (come MA 88/280), che sono distintive della fa-se di Thapsos I, mentre le fabrics E e F ricorranosia sulle coppe tipo III (come MA88/126) e i piat-telli tipo I (come MA88/167), entrambi della fasedi Thapsos II, che sulle coppe tipo IV (comeMA88/249), più comuni nella fase di Thapsos II.

Un discorso a parte va fatto per l’impasto, rico-nosciuto solamente sull’esemplare di coppa deco-rata a cordoni MA88/443, con finissimo tritumelavico, corpo ceramico di color 10 YR 6/3 light yel-lowish red ed ingobbio color giallo brunastro (da 10YR 8/1 white a 10 YR 6/6 brownish yellow) tirato astralucido, che richiama direttamente fabbrichedell’area urbana di Catania a Barriera e sulla colli-na di Montevergine2 e a Monte San Paolillo3 e per

il quale ancora non si dispongono i risultati delleanalisi archeometriche.

Per quanto riguarda la decorazione (Fig. 17),circa la metà del campione presenta il solo tratta-mento a stralucido, mentre solo una piccola parteè del tutto inornata. Frequenze piuttosto bassehanno, invece, l’incisione, l’excisione e la decora-zione a rilievo, generalmente assai diffuse nellaproduzione del Thapsos di area siracusana. Deci-samente assai raro è invece l’applicazione dell’in-gobbio che, nei pochi casi esaminati, era steso siaper immersione che per pennellatura. Di notevoleinteresse è anche il trattamento a stralucido dellesuperfici che in taluni casi (MA 88/45, MA 88/440)è reso attraverso la tecnica del pattern burnishingcon trame oblique e verticali. Significativa, date lebuone condizioni di conservazione del materiale,è anche l’identificazione dell’applicazione di pastabiancastra, come elemento di decorazione acces-sorio dell’incisione, riscontrato soprattutto nellaproduzione del sito eponimo.

L’analisi autoptica e lo studio approfondito diun contesto ceramico proveniente da un comples-so abitativo ha dato la possibilità, per la prima vol-ta, di evidenziare alcuni elementi basilari dellaproduzione della ceramica di Thapsos.

Relativamente alla foggiatura del vasellame(Fig. 18), nell’ambio della comune manifattura èpossibile identificare segni di manipolazioni pal-mari e digitali, alcuni segni di utilizzo di spatole estrumenti a stecca, con almeno due diverse sezio-ni, a V e ad U, usati per la plasmatura e la rettifica(MA 88/284) ed esempi precoci di tornitura (MA88/163), che si ritrovano anche nella produzionecoeva di Monte San Paolillo.4 Interessante per ciòche concerne l’uso di speciali additivi negli impa-sti, la presenza di conchiglie marine tritate presen-ti in buona quantità esclusivamente nell’esempla-re di coppa MA 88/135, che potrebbe denotare unapluralità di strategie artigianali. Nei vasi di mag-

18 davide tanasi

1 Barone et alii 2012; Venuti et alii 2011.2 Privitera, 2010. 3 Tanasi, 2010. 4 Tanasi 2010.

Tab. 2. Tabella cronologica con I principali tipi ceramici distinti secondo le tre fasi della facies di Thapsos.

Thapsos I(1440/1420-1400/1380 a.C.)

Coppa tipo III(MA88/255, MA88/256,

MA88/119

Coppa tipo VI (MA88/280)Bacino tipo II

(MA88/248, MA 88/253)Coppa tipo III

(MA88/18, MA88/126)Thapsos II(1400/1380-1310/1300 a.C.)

Olla tipo IV(MA88/154)Thapsos III

(1310/1300-1270/1250 a.C.)

Coppa tipo I (MA 88/122,MA88/128, MA88/452)

Coppa tipo IV(MA88/86, MA88/451)

Bacino tipo III (MA88/163)

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nuovi dati sulla produzione ceramica tipo thapsos di area etnea 19

Tab. 3. Tabella comparative tra campioni, fabrics e fasi di cronologia relativa.

Inv. Tipo Cronologia Fabric

MA88/255 Coppa tipo II Thapsos I

AMA88/119 Coppa tipo II Thapsos I

MA88/280 Coppa tipo VI Thapsos I

MA88/122 Coppa tipo I Thapsos II-III

BMA88/216 Coppa tipo III Thapsos II

MA88/128 Coppa tipo I Thapsos II-III

MA88/445 Coppa tipo II Thapsos IC

MA88/177 Coppa tipo VI Thapsos I

MA88/338 Coppa tipo III Thapsos IID

MA88/313 Coppa tipo VI Thapsos I

MA88/185 Coppa tipo III Thapsos II

E

MA88/346 Coppa tipo II Thapsos I

MA88/293 Coppa tipo II Thapsos I

MA88/253 Bacino tipo II Thapsos II

MA88/306 Coppa tipo VI Thapsos I

MA88/297 Coppa tipo VI Thapsos I

MA88/18 Coppa tipo IV Thapsos III

MA88/451 Coppa tipo IV Thapsos III

FMA88/272 Coppa tipo VI Thapsos II

MA88/248 Bacino tipo II Thapsos II

MA88/154 Olla tipo IV Thapsos II-III

Fig. 17. Grafico con indicazione percentuale delle tecniche decorative attestate.

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giori dimensioni, come nel caso del bacino MA88/156, è possibile osservare chiaramente, sulla li-nea di frattura in prossimità della base, la sovrap-posizione di due diversi fogli di argilla che, non es-sendosi correttamente amalgamati, tendono adistaccarsi, una tecnica questa rincontrabile anchenei pithoi di Monte San Paolillo.1 Infine è significa-tivo notare la tecnica di asportazione di materialeargilloso all’interno delle vasche degli esemplariMA88/317 e MA88/18, nel primo caso in prossimi-tà della carena, nel secondo presso l’orlo, allo sco-po di ottenere la forma desiderata.

Un effetto di una produzione caratterizzata an-cora da un certo sperimentalismo tecnologico èrappresentato dalla presenza di fori di riparazionesul 18% del campione, realizzati con uno strumen-to a profilo conico, forse un corno, che ci informasia sulla relativa fragilità delle ceramiche che sullamancata disponibilità di rimpiazzare facilmentegli esemplari danneggiati, e dalla ricorrenza di va-cuoli superficiali sul 5% del campione dimostranodifficoltà ancora non superate da parte dei cera-misti indigeni nel processo di purificazione delleargille.

Per ciò che concerne la cottura, circa il 50% delcampione presenta sulle superfici esterne, chiazzenere di bruciato (Fig. 19), di forma e dimensionedifferente, che potrebbero dipendere sia dal tipo

di fornace utilizzata che dalla mancata correttadepurazione dell’argilla dai materiali organici.2Ben pochi sono gli esemplari che presentano unacottura uniforme e conseguentemente un’omo-genea colorazione del corpo ceramico, mentre assai frequenti sono le forme completamentecombuste ed annerite che sono sistematicamentetrattate con lo stralucido, quasi a voler realizzareuna sorta di bucchero. Riguardo al tipo di fornacee al modo in cui i vasi erano posizionati all’internodi essa, è importante sottolineare come 15 esem-plari di coppa ed 1 di bacino presentino il cavo in-terno ed il labbro più combusti, generalmente in-grigito o annerito e le superfici esterne e la basesiano in genere molto meno cotte e con una colo-razione più vicina quella naturale dell’argilla. In 3casi di coppe su alto piede (MA 88/85, MA 88/140,MA 88/158) è ancora più evidente quanto pococotto sia il piede e la parte interna del gambo tu-bolare. Ciò sarebbe indicativo dell’utilizzo di unforno con camera di cottura sottostante e dell’abi-tudine di collocare le coppe sottosopra, con il cavointerno a diretto contatto con la fonte di calore.3

Relativamente al problema della temperaturadi cottura i risultati delle analisi ftir si sono rive-lati illuminanti.4

20 davide tanasi

1 Barone et alii 2011.

2 Cuomo di Caprio 2007, pp. 100, 488.3 Cuomo di Caprio 2007, pp. 505-506.4 Venuti et alii 2011.

Fig. 18. Caratteristiche delle ceramiche thapsiane: A) impronte digitali e palmari; B) steccature e ritocchi;C) incisioni con solchi a sezione a V e U; D) segni di rettifica al tornio;

E) campitura in pasta biancastra delle incisioni; F) vacuoli e fessurazioni superficiali.

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Infatti, le fabrics A, E e D mostrano una tempe-ratura di cottura più bassa (<800°-900° C) rispet-to alle fabrics B, C e F (>900° C). Fatto questo chenon avvalora l’idea di un incremento progressivodelle temperature di cottura dall’inizio verso la fi-ne della facies di Thapsos, dato che ad esempio giài tipi della fabric C, relativi alla fase di Thapsos I, ri-sultano cotti ad una temperatura di 900°. Ciò si-gnifica che la temperatura non può essere sceltacome criterio cronologico discriminante e che larotazione, discussa in precedenza, nell’uso dellefabrics nelle tre fasi non è in diretta relazione conla cronologia.

Per interpretare l’alterna presenza di diverse fa-brics e la fluttuazione delle temperatura di cotturaall’interno di ogni singola fase si possono propor-re almeno due letture.

Se si assume che tutti i materiali tipo Thapsos diGrotte di Marineo provengano dalla stesso centrodi produzione, si potrebbe ipotizzare che in senoad esso operassero diversi artigiani che effettuava-

no scelte tecniche differenti sugli impasti a pre-scindere dalla fornace utilizzata che imponeva de-terminate temperature di cottura. In questo casola diversificazione degli impasti sarebbe dipesa da-gli inerti aggiunti alle argille dallo sperimentali-smo degli artigiani stessi.

Ma se si considera che i materiali possano pro-venire da diversi centri di produzione, allora si po-trebbe suppore che ognuno di tali centri avesseproprie distintive metodologie nella produzionedella ceramica, includenti specifiche cave d’argil-le, tipi di inerti aggiunti e tipi di fornaci. Ciò po-trebbe spiegare la presenza di basse temperaturedi cottura sui campioni di fabric G, che pure siascrivono alla fase di Thapsos III.

Un buon elemento di discrimine potrebbe pro-venire da uno studio delle argille. I risultati delleanalisi petrografiche hanno dimostrato, ad esem-pio, che i campioni delle fabrics A, D, E e F eranocaratterizzati da una matrice argillosa riccamentefossilifera, probabilmente della Formazione Tella-

nuovi dati sulla produzione ceramica tipo thapsos di area etnea 21

Fig. 19. Macchie di bruciato sulle ceramiche thapsiane da Grotte di Marineo.

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ro, mentre le fabrics B e C erano ottenute con ar-gille alluvionali poco o non fossilifere.1 In que-st’ottica uno studio sul terreno volto ad identifica-re questi due tipi di depositi argillosi potrebbeaggiungere importanti dati sulla localizzazionedel/i centro/i di produzione.

In conclusione, con il presente lavoro si è cerca-to di mettere in evidenza le problematiche princi-pali che hanno caratterizzato la produzione cera-mica nel distretto etneo nell’età di Thapsos. Talericerca, per la prima volta, si è avvalsa del suppor-to di specifiche analisi petrografiche ed archeome-triche che da un lato hanno aggiunto una grandemole di dati per l’interpretazione del know howproduttivo e dall’altro hanno enfatizzato comel’approccio tradizionale allo studio della ceramicabasato sul semplice esame autoptico sia da consi-derarsi superato. Allo stato attuale, gli incorag-gianti risultati conseguiti non possono essere ulte-riormente sviluppati e contestualizzati per viadell’assenza di riscontri relativi nel campo delleanalisi archeometriche non solo per l’età del Bronzo Medio, ma anche per i momenti prece-denti del Bronzo Antico e Tardo. In quest’ottica,come sviluppo futuro della nostra ricerca ci si pre-figge di estendere la campionatura dei materiali diGrotte di Marineo e di comparare i risultati otte-nuti con i dati, attualmente in corso di elaborazio-ne, ricavati dall’applicazione della stessa metodo-logia di indagine sul complesso ceramico tipoThapsos proveniente dal sito di Monte San Paolil-lo a Catania. Come naturale prosecuzione della ricerca ci si ci auspica, infine, di poter estendere lostudio tipologico e l’indagine petrografica e geo-chimica ad altri complessi ceramici del territoriodi Catania in modo da caratterizzare in modo piùcompleto la fisionomia etnea della ceramicaThapsos, già emersa dalle innegabili assonanze ti-pologiche e tecnologiche emerse tra Grotte diMarineo e Monte San Paolillo.

Abstract

The general lack of data about the technological fea-tures of the production represents the main problemof the archaeological research on Sicilian prehistoric.In particular, about the Middle Bronze Age, a periodcorresponding to the Thapsos culture and its threechronological phases (15th-13th century BC), the onlystudies available are those about Aeolian islands andstill nothing exists for Sicily. The present paper aims tobridge this gap discussing the ceramic materials foundat Grotte di Marineo, a prehistoric cave site explored in1988-1989. Middle Bronze Age contexts at Grotte diMarineo were represented by the test pit 2 (layers 2-4)and test pit 3 (layer 2) of the Cave 1 and the test pit 1(layers 4 and 5) of the Cave 3. The study of ceramic ma-terials has brought to the selection of 230 diagnosticsamples that were distinguished through an autoptic

analysis in six groups (A-E). The relationship found be-tween fabrics and chronological phases pointed outsome cultural features of the pottery production total-ly unknown for this period until now. The aim of thisresearch was to put forth new elements about technol-ogy of the pottery production in the Middle BronzeAge Sicily.

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22 davide tanasi

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nuovi dati sulla produzione ceramica tipo thapsos di area etnea 23

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composto in carattere dante monotype dallafabriz io serra editore, p i sa · roma.

stampato e r ilegato nellatipografia di agnano, agnano p i sano (p i sa) .

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Dicembre 2015(cz 3 · fg 22)