Malattia di Kawasaki: una revisione narrativa della letteratura scientifica

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Malattia di Kawasaki: una revisione narrativa della letteratura scientifica Sundel RP. Kawasaki disease. Rheum Dis Clin North Am. 2015;41(1):63-73 Background Le vasculiti sono rare nel bambino. In generale, l’incidenza varia tra il 10 e il 50/100000 nelle varie popolazioni e nei vari studi. Le più frequenti forme di vasculiti sono la malattia di Kawasaki (MK) e la Porpora di Schönlein-Henoch (PSH), che insieme rappresentano meno del 1% delle malattie croniche infiammatorie dell’infanzia. Epidemiologia Circa un terzo dei casi di Poliarterite nodosa e di PSH si verificano dopo una infezione da streptococco, mentre i casi di vasculite del Sistema Nervoso Centrale seguono un episodio infettivo virale. Anche nel caso della malattia di Kawasaki è presente una infezione in circa un terzo dei casi, anche se questa può essere di varia natura (virale, batterica, sistemica o focale) ed è concomitante alle manifestazioni della vasculite. L’età media dei soggetti con MK è due anni circa, mentre è molto rara in età pediatriche più avanzate. Questo fatto potrebbe indicare che il fattore o agente scatenante possa favorire l’insorgenza della malattia in soggetti con un sistema immunitario ancora poco competente. Tuttavia, ad oggi, non ci sono prove sicure in grado di affermare un coinvolgimento di specifici virus o batteri nella genesi della malattia. Oltre a ciò, la somiglianza della MK con altre vasculiti reattive come la PSH e la febbre reumatica fanno pensare a una infiammazione vascolare immunomediata conseguente a una infezione. Fattori di Rischio Anche se un certo numero di vasculiti pediatriche segue un infezione o una immunizzazione, nella maggior parte dei casi non c’è evidenza di una associazione di questo tipo. La genetica, ad oggi, non ha portato a risultati apprezzabili nel sottolineare una suscettibilità individuale in relazione a fattori genetici individuali di predisposizione. Fisiopatologia La caratteristica infiammazione è presente nelle arterie a medio calibro; nonostante possano essere interessate i vasi sanguigni extraparenchimali, le arterie conorariche sono i vasi più severamente interessati con il rischio di presentare un danno cronico. Inizialmente compare un infiltrato neutrofilo nella parete del vaso, e un infiltrato neutrofilo è evidente nella parete dell’arteria nei casi fatali che avvengono entro le prime due settimane dall’inizio della malattia. Il processo infiammatorio successivamente interessa la componente eosinofila e i linfociti T (in particolare CD8). La risposta immunitaria quindi coinvolge le plasmacellule IgA secernenti e macrofagi, una caratteristica peculiare della malattia di Kawasaki. In definitiva, un processo che inizia con una risposta immunitaria naturale e continua come risposta immunomediata acquisita. Il processo flogistico-immunitario conduce a una rapida distruzione delle cellule endoteliali, della lamina elastica e delle cellule muscolari lisce, con la conseguente perdita dell’integrità strutturale, con dilatazione della parete dell’arteria e la formazione di aneurismi. Fattori genetici. L’incidenza è maggiore nella popolazione asiatica, più bassa nella popolazione caucasica. In una popolazione giapponese lo studio HLA ha dimostrato una concordanza del 13.3% nei gemelli dizigoti e del 14.1% nei monozigoti. Molte ricerche hanno studiato i possibili contributi genetici legati all’insorgenza o alla severità della malattia, anche se i singoli geni implicati contribuiscono isolatamente ad un rischio del 1%, il che presuppone la necessità di un polimorfismo genetico. Fattori locali. Antigeni, recettori cellulari di membrana e fattori tissutali sembrano avere un ruolo determinante anche se gli studi sono ancora in corso. Caratteristiche cliniche La MK imita inizialmente una malattia infettiva, con lo sviluppo di un rash, infiammazione mucosa e alterazioni alle estremità. Negli anni ’60 del secolo scorso Tomasaku Kawasaki stabilì,

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Sundel RP. Kawasaki disease. Rheum Dis Clin North Am. 2015;41(1):63-73

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Malattia di Kawasaki: una revisione narrativa della letteratura scientifica

Sundel RP. Kawasaki disease. Rheum Dis Clin North Am. 2015;41(1):63-73

Background

Le vasculiti sono rare nel bambino. In generale, l’incidenza varia tra il 10 e il 50/100000 nelle

varie popolazioni e nei vari studi. Le più frequenti forme di vasculiti sono la malattia di Kawasaki

(MK) e la Porpora di Schönlein-Henoch (PSH), che insieme rappresentano meno del 1% delle

malattie croniche infiammatorie dell’infanzia.

Epidemiologia

Circa un terzo dei casi di Poliarterite nodosa e di PSH si verificano dopo una infezione da

streptococco, mentre i casi di vasculite del Sistema Nervoso Centrale seguono un episodio

infettivo virale. Anche nel caso della malattia di Kawasaki è presente una infezione in circa un

terzo dei casi, anche se questa può essere di varia natura (virale, batterica, sistemica o focale)

ed è concomitante alle manifestazioni della vasculite. L’età media dei soggetti con MK è due anni

circa, mentre è molto rara in età pediatriche più avanzate. Questo fatto potrebbe indicare che il

fattore o agente scatenante possa favorire l’insorgenza della malattia in soggetti con un sistema

immunitario ancora poco competente. Tuttavia, ad oggi, non ci sono prove sicure in grado di

affermare un coinvolgimento di specifici virus o batteri nella genesi della malattia. Oltre a ciò, la

somiglianza della MK con altre vasculiti reattive come la PSH e la febbre reumatica fanno pensare

a una infiammazione vascolare immunomediata conseguente a una infezione.

Fattori di Rischio

Anche se un certo numero di vasculiti pediatriche segue un infezione o una immunizzazione,

nella maggior parte dei casi non c’è evidenza di una associazione di questo tipo. La genetica, ad

oggi, non ha portato a risultati apprezzabili nel sottolineare una suscettibilità individuale in

relazione a fattori genetici individuali di predisposizione.

Fisiopatologia

La caratteristica infiammazione è presente nelle arterie a medio calibro; nonostante possano

essere interessate i vasi sanguigni extraparenchimali, le arterie conorariche sono i vasi più

severamente interessati con il rischio di presentare un danno cronico. Inizialmente compare un

infiltrato neutrofilo nella parete del vaso, e un infiltrato neutrofilo è evidente nella parete

dell’arteria nei casi fatali che avvengono entro le prime due settimane dall’inizio della malattia.

Il processo infiammatorio successivamente interessa la componente eosinofila e i linfociti T (in

particolare CD8). La risposta immunitaria quindi coinvolge le plasmacellule IgA secernenti e

macrofagi, una caratteristica peculiare della malattia di Kawasaki. In definitiva, un processo che

inizia con una risposta immunitaria naturale e continua come risposta immunomediata acquisita.

Il processo flogistico-immunitario conduce a una rapida distruzione delle cellule endoteliali, della

lamina elastica e delle cellule muscolari lisce, con la conseguente perdita dell’integrità

strutturale, con dilatazione della parete dell’arteria e la formazione di aneurismi.

Fattori genetici. L’incidenza è maggiore nella popolazione asiatica, più bassa nella popolazione

caucasica. In una popolazione giapponese lo studio HLA ha dimostrato una concordanza del

13.3% nei gemelli dizigoti e del 14.1% nei monozigoti. Molte ricerche hanno studiato i possibili

contributi genetici legati all’insorgenza o alla severità della malattia, anche se i singoli geni

implicati contribuiscono isolatamente ad un rischio del 1%, il che presuppone la necessità di un

polimorfismo genetico.

Fattori locali. Antigeni, recettori cellulari di membrana e fattori tissutali sembrano avere un

ruolo determinante anche se gli studi sono ancora in corso.

Caratteristiche cliniche

La MK imita inizialmente una malattia infettiva, con lo sviluppo di un rash, infiammazione mucosa

e alterazioni alle estremità. Negli anni ’60 del secolo scorso Tomasaku Kawasaki stabilì,

utilizzando la sola osservazione clinica, questa nuova entità nosologica. Gli st essi criteri

continuano ancor oggi ad essere alla base della diagnosi (Box)

Come per le linee guida basate su criteri clinici, non tutte le MK rientrano nei criteri clinici classici:

in questi casi si parla di MK atipiche o incomplete. I criteri diagnostici clinici non considerano i

pazienti a rischio di complicanze cardiache, infatti Kawasaki pubblicò le linee guida prima del

riconoscimento del coinvolgimento cardiaco. Almeno il 10% dei bambini che sviluppa un

aneurisma coronario non presenta i criteri diagnostici tipici. La febbre è la più consistente

manifestazione di MK, e poiché questa malattia può presentare diversi tipi di sint omatologia,

dovrebbe essere sempre considerato il rischio di MK in un bambino di età < 12 mesi, con febbre

prolungata e non diagnosticata, irritabile, con segni laboratoristici di infiammazione anche senza

altri segni di manifestazione mucocutanea.

Esami di laboratorio

I criteri diagnostici non includono esami di laboratorio anche se alcune caratteristiche degli esami

sieroematici possono aiutare a distinguere questa malattia:

a. gli indici sistemici di infiammazione sono molto caratteristici: PCR, VES leucocitosi e, dalla

seconda settimana, un aumento delle piastrine che possono raggiungere anche il milione

x mm3,

b. spesso presente anemia normocitica normocromica,

c. leucocituria di origine uretrale (non rilevata se il bambino è cateterizzato o allo stick per

le esterasi leucocitarie),

d. incremento delle transaminasi e lieve iperbilirubinemia,

e. pleiocitosi mononucleare nel fluido cerebrospinale; neutrofilia rilevata all’artrocentesi.

Trattamento

I pazienti che rispondono ai criteri per la MK sono ospedalizzati e trattati con le immunoglobu line

endovena (IVIG) e aspirina. Marker di aumentato rischio per sviluppare aneurismi coronarici

sono l’età inferiore ai 12 mesi, segni di severa infiammazione sistemica soprattutto in caso di

marcata anemia, spostamento a sinistra della conta leucocitaria e coagulopatia da consumo.

L’acido acetilsalicilico (ASA) è il primo medicamento usato a causa del suo effetto

antinfiammatorio e antitrombotico, tuttavia non riduce il rischio dell’incidenza di aneurisma.

Box

Criteri per la diagnosi di MK

Febbre da 5 giorni o più (4 giorni se il trattamento con IVIG eradica la febbre) oltre

ad almeno 4 dei seguenti segni clinici non altrimenti spiegati da un'altra condizione

morbosa:

1. iperemia congiuntivale bilaterale (80-90%),

2. modificazioni nelle membrane mucose dell’orofaringe (>1 dei seguenti

sintomi: iperemia o fissurazione delle labbra, lingua a fragola, iperemia

faringe) (80-90%),

3. alterazioni delle estremità: eritema o edema delle mani e piedi (fase acuta)

o desquamazione periungueale (fase di convalescenza) (80%),

4. rash polimorfo, inizialmente al tronco; non vescicoloso (>90%),

5. linfoadenopatia cervicale: linfonodi anterocervicali di almeno 1.5 cm

diametro (50%).

(In parentesi la percentuale approssimativa dei bambini che presentano i sintomi

alla diagnosi)

Fonte: MMWR Morb Mortal Wkly Rep 1990;39(No.44.13):27-8 (modificato)

A causa dei potenziali rischi e della mancanza di evidenti benefici, dovrebbe essere valutato

attentamente il suo utilizzo in presenza di controindicazioni (sanguinamento, contatto con virus

dell’influenza o varicella…). La dose utilizzata di ASA non dovrebbe superare i 100 mg/kg/die.

Alla risoluzione della febbre, il paziente dovrebbe ricevere una dose ASA antitrombotica di 3-5

mg/kg/die, fino alla normalizzazione degli indici laboratoristici.

Le IVIG offrono una ottima combinazione di efficacia e sicurezza. Se utilizzate entro i primi dieci

giorni di malattia riducono di oltre il 70% l’incidenza di aneurisma coronario.

La febbre persiste o ritorna entro 48 dall’inizio del trattamento con IVIG nel 10-15% dei pazienti;

questo evento può indicare un progresso della vasculite che si riflette su un aumento di rischio

per lo sviluppo di aneurisma coronario (12.2% vs 1.4% in uno studio). I pazienti che rimangono

febbrili dopo una prima dose di IVIG dovrebbero essere trattati con una seconda dose di IVIG al

dosaggio di 2g/kg.

Un sottogruppo di pazienti sembrano essere resistenti alla terapia con IVIG, anche dopo dosi

multiple. Questi pazienti sono a grave rischio di aneurismi e sequele a lungo termine. In questi

pazienti sono state utilizzati farmaci efficaci in altre forme di vasculite (corticosteroidi,

ciclosporina, ciclofosfamide). L’approccio più efficace sembra essere l’utilizzo di steroidi associato

con la dose iniziale di IVIG nei bambini a rischio.

Prognosi

Sono stati rilevati aneurismi con un diametro interno di 4 mm o più solo in 1-2% dei pazienti

trattati in modo ottimale. Una dilatazione dell’arteria coronaria > 8mm generalmente regredisc e

nel tempo, mentre la maggior parte degli aneurismi più piccoli scompare completamente alla

misurazione ecocardiografica. Tuttavia lesioni istologiche come la proliferazione fibrointimale e

la reattività vascolare persistono nel tempo e le implicazioni a lungo termine di queste

modificazioni non sono ben conosciute. Alcuni centri considerano una anamnesi positiva per MK

come un fattore di rischio indipendente per l’ateroscelrosi anche se non risultano differenze in

morbilità o morbilità a distanza di 25 anni di follow up in soggetti con pregressa MK ed

ecocardiografia negativa.

Controversie

Un aspetto critico della diagnosi è la mancanza di un test di laboratorio affidabile, anche se sono

in corso ricerche per validare una misurazione del proteoma urinario nell’identificazione precoce

di bambini con MK.

Sebbene la terapia con IVIG presenta un ottimo rapporto costo/efficacia, il 10-15% dei pazienti

non rispondono a tale trattamento; per questi bambini alcuni centri ospedalieri propongono dosi

pulsate di metilprednisolone o infliximab o altre combinazioni, anche se non sono presenti

approcci evidence based per questi approcci farmacologici.

Una questione di fondo è il fatto che la MK è stata descritta come sindrome clinica, ma il

trattamento è rivolto alla prevenzione dell’aneurisma coronario. Linee guida per le forme di MK

incomplete o atipiche hanno contribuito ad ammettere al trattamento bambini a rischio di

sviluppare aneurismi anche se non sono presenti molte delle caratteristiche della MK. Inoltre,

sono presenti sindromi virali che favoriscono il rischio coronario mentre, all’opposto, non si rileva

alcun danno coronario nella maggior parte di bambini con MK tipica. Come dovrebbe essere

riconosciuta in futuro la MK: un’entità clinica? Una diagnosi ecografica? Una condizione

caratterizzata da attivazione immunitaria e invasione macrofagica della muscolatura arteriosa?

Commento

La MK è stata precedentemente definita anche sindrome mucocutanea linfonodale e poliartrite

nodosa infantile. La definizione offerta dai soli criteri clinici non riesce a incorniciare tale entità

nosologica in un quadro ben definito. Una realtà che rivela non solo un problema di forma ma

sottolinea il poco che ancora conosciamo sui meccanismi fiopatologici di questa malattia. A

conferma di questo fatto, segnaliamo il recente contributo apparso su Medico e Bambino sulla

descrizione di molte forme atipiche o incomplete [1]. Un recente contributo inglese, ripreso dalle

pagine elettroniche di Medico e Bambino [2, 3] pone attenzione alla possibilità di dimezzare il

dosaggio dell’ASA nella fase acuta in quanto ciò non comporta un aumento di esiti negativi

sull’aneurisma se comparato con il classico dosaggio a 80-100 mg/kg/die; una posologia non

superiore a 30-50 mg/kg/die ridurrebbe gli effetti collaterali dell’ASA, soprattutto se si dovesse

associare il cortisonico per os, altra importante novità nel trattamento della MK resist ente alla

terapia con immunoglobuline. Secondo la proposta degli autori inglesi [4] i corticosteroidi

dovrebbero essere considerati quando:

1) i pazienti sono considerati IVIG resistenti (febbre in corso, infiammazione persistente o

segni clinici dopo 48h dall’infusione di una singola dose di immunoglobuline 2g/kg,

2) i pazienti presentano una particolare gravità delle manifestazioni cliniche; se non

presente un punteggio di rischio validato, considerare i bambini di età inferiore ai 12 mesi

con indici di infiammazione molto elevati (PCR elevata, enzimi epatici, ipoalbuminemia,

anemia), bambini con le caratteristiche di linfoistiocitosi emofagocitica o con shock,

3) i pazienti con presenza di lesioni coronariche o aneurismi in distretti periferici con

infiammazione in corso al momento del riconoscimento.

Le linee guida italiane pubblicate più di sei anni fa [Prospettive in pediatria Ottobre-Dicembre

2008] dovranno essere riviste alla luce dei progressi che negli ultimi anni si sono raccolti sulla

malattia e sui nuovi orientamenti terapeutici.

[1] T. Giani, G. Simonini, G. Vannucci, D. Moretti, I. Pagnini, E. Marrani, G.B. Calabri, R. Cimaz.

LA SINDROME DI KAWASAKI NEL 2013: CASI CLINICI E NOVITà. Medico e Bambino

2013;32:359-366 http://www.medicoebambino.com/?id=1306_359.pdf

[2] V. Murgia. SINDROME DI KAWASAKI: L’USO DEI CORTICOSTEROIDI ALLA LUCE DELLE

EVIDENZE. Medico e Bambino pagine elettroniche 2014; 17(3)

http://www.medicoebambino.com/?id=AP1403_10.html

[3] F. Marchetti, L. Mambelli, S. Pusceddu. HA ANCORA UN RUOLO L’USO DELL’ASPIRINA NELLA

MALATTIA DI KAWASAKI E, SE Sì, A QUALE DOSAGGIO?. Medico e Bambino pagine

elettroniche 2014; 17(10) http://www.medicoebambino.com/?id=AP1410_10.html

[4] Eleftheriou D, Levin M, Shingadia D, Tulloh R, Klein NJ, Brogan PA. Management

of Kawasaki disease. Arch Dis Child. 2014 Jan;99(1):74-83.