LETTERE TRA PAOLO GIORDANO ORSINI E ISABELLA DE’ MEDICI (1556-1576) Copia...

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LETTERE TRA PAOLO GIORDANO ORSINI E ISABELLA DE’ MEDICI (1556-1576) a cura di Elisabetta Mori Storia Copia gratuita collana Carte scoperte dell'Archivio Storico Capitolino Gangemi editore

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LETTERE TRA PAOLO GIORDANO ORSINI E ISABELLA DE’ MEDICI (1556-1576)

a cura di

Elisabetta Mori

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a Elena e Isabellaquesta e altre

“ infinite historie non vedute altrove”

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©Proprietà letteraria riservata

Gangemi Editore spaVia Giulia 142, Romawww.gangemied i tore . i t

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Le nostre edizioni sono disponibili in Italia e all’estero anche in versione ebook.

Our publications, both as books and ebooks, are available in Italy and abroad.

ISBN 978-88-492-3721-4

In copertina: Agnolo Bronzino (attribuito), ritratto di Isabella de Medici (1542-1576). Photo: Erik Cornelius / Nationalmuseum (Stoccolma).

CARTE SCOPERTE nuova serie, n. 1 COLLANA DELL’ARCHIVIO STORICO CAPITOLINO

Diretta da Claudio Parisi Presicce

Comitato scientifico Alessandro Cremona, Laura Francescangeli, Vincenzo Frustaci, Patrizia Gori, Simona Lunadei, Elisabetta Mori, Maria Luisa Neri, Giovanni Paoloni, Marcello Teodonio

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LETTERE TRA PAOLO GIORDANO ORSINI E ISABELLA DE’ MEDICI (1556-1576)

In appendice lettere a Isabella dai fratelli, da sovrani, principi, ambasciatori e altri

a cura di

Elisabetta Mori

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Giovanni Maria Butteri, Sacra Conversazione con la famiglia Medici e Paolo Giordano Orsini, 1575. Villa Medicea di Cerreto Guidi. Il dipinto raffigura i membri della famiglia Medici in veste di santi. Dall’alto verso il basso e da sinistra a destra: Sant’Anna (Maria Salviati), San Cosma (Cosimo de’ Medici), San Damiano (Ferdinando de’ Medici), la Madonna (Eleonora di Toledo), Gesù Bambino (Virginio Orsini), San Giorgio (Francesco de’ Medici), San Torpè (Paolo Giordano Orsini), Santa Caterina d’Alessandria (Isabella de’ Medici), San Giovannino (card. Giovanni de’ Medici)

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Indice

Presentazione di Claudio Parisi Presicce 7

Introduzione 9

Corrispondenza tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici 1556-1576

1. La guerra e l’amore adolescente (1556-1557) 47

2. Gli sposi senza casa (1558-1559) 553. Prima della grande tragedia di casa Medici (1562) 77

4. Tra Firenze e Pisa: l’assalto dei creditori (1563) 87

5. I figli perduti e l’offesa perdonata (1564) 95

6. A Roma per “attender alle faccende” (1564-1565) 105

7. Da soldato a cortigiano (1563-1565) 119

8. Il lungo distacco: l’incarico del papa e il “lamento” di Isabella (1566-1567) 133

9. I debiti e l’esilio (1567-1569) 219

10. Il perdono di Cosimo e del papa (1569-1570) 261

11. I figli e le imprese nel Levante (1571-1574) 293

12. La malattia (1574-1576) 353

Appendice

I. Lettere dei fratelli a Isabella de’ Medici 389

II. Lettere a Isabella da Sovrani, Principi, Ambasciatori e altri 421

III. Lettere di Isabella de’ Medici a vari personaggi 450

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Anonimo, ritratto di Isabella de’ Medici [1573]. Roma, Galleria nazionale d’arte antica in Palazzo Barberini.Cop

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Presentazione

Negli ultimi decenni gli archivi hanno assunto e continuano ad assumere un ruolo primario, grazie soprattutto al crescente orientamento degli studi storici nell’attribuire alle fonti la rilevanza di uno strumento essenziale. L’Archivio Capitolino dal 2012 ha promosso la pubblicazione di una serie di volumi che, con ampiezza di orizzonti, spazia dalle carte private a quelle pubbliche, senza fermarsi alla mera elencazione dei regesti, ma offrendo ai lettori copiosi apparati di note critiche. Tutto questo grazie al capillare lavoro svolto dal personale interno nello studio, nell’inventariazione e nella valorizzazione dei fondi. Va sottolineato come i progetti editoriali in corso non si limitino alle edizioni cartacee, ma siano ampiamente fruibili dal pubblico attraverso il formato e-book, al quale si accede gratuitamente dal sito dell’Archivio.

Questo libro a cura di Elisabetta Mori si aggiunge – oltre che alle pubblicazioni dell’Autrice – al già consistente corpus delle nostre, inaugurando una nuova serie della collana editoriale e proseguendo il lavoro compiuto dalla stessa studiosa con il volume L’Archivio Orsini. La famiglia, la storia, l’ inventario (2016).

Nelle ambizioni e negli auspici degli eminenti storici e intellettuali che si preoccuparono di istituire l’archivio comunale nel periodo postunitario, la memoria di uno Stato unificato era costituita non solo dagli atti pubblici ma anche da quelli privati, soprattutto se appartenenti a famiglie le cui azioni avevano determinato la Storia dell’intero paese. Erano gli anni in cui verso Roma si muovevano artisti, letterati, filosofi e studiosi dalle altre nazioni e in cui emergeva in tutta la cultura europea il mito di Roma come centro di civiltà. In quest’ottica l’acquisto dell’archivio Orsini nel 1905, contenente documenti dal XII al XIX secolo, fu un evento di portata nazionale che doveva accrescere l’autorevolezza e il valore culturale e morale dell’Archivio Storico Capitolino. La famiglia Orsini, legata all’aristocrazia europea e alla Chiesa, per secoli contribuì al susseguirsi delle vicende politiche italiane, non soltanto romane.

Le lettere che qui si pubblicano ne sono un luminoso esempio, conducendoci all’interno di vicende che abitano la politica di Firenze e dello Stato Pontificio nel tardo Rinascimento. Nello stesso tempo lo scambio epistolare fittissimo, che riempie fin dall’adolescenza, ben prima del matrimonio, gli anni di Paolo Giordano Orsini e di Isabella de’ Medici, ci conduce all’interno di una storia delicatissima di senti-menti che verrà stravolta da macchinazioni politiche.

Sono lettere private, dunque, ma di fondamentale importanza pubblica, che Elisabetta Mori ci restituisce con la dedizione dell’archivista e la competenza della storica.

Il Direttore dell’Archivio Storico CapitolinoClaudio Parisi PresicceCop

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Introduzione

1 Sulla corrispondenza come fonte per la storia dei sentimenti cfr. R.Bizzocchi, Decodificare le emo-zioni, in Scrivere d’amore, Lettere di uomini e donne tra Cinque e Novecento, a cura di Manola Venzo, Roma, Viella 2015, pp.19-21; Id. In famiglia. Storie di interessi e affetti nell’Italia moderna, Roma-Bari, Laterza 2001; Id. Sentimenti e documenti, «Studi storici», 1999, 2, pp.471-486; R. Ago, B. Borello (a cura di), Famiglie. Circolazione di beni, circuiti di affetti in età moderna, Roma, Viella 2008; Barbara Rosenheim, Generazioni di sentimenti. Una storia delle emozioni, 1600-1700, Roma, Viella 2016. Sulla corrispondenza femminile in particolare si rimanda all’ormai classico Per lettera, La scrittura epistolare femminile tra archivio e tipografia, secoli XV-XVII, a cura di Gabriella Zarri, Roma, Viella 1999, e al più recente volume curato da Giovanna Murano: Autographa II.1 Donne, sante e madonne (da Matilde di Canossa a Artemisia Gentileschi), Imola, Editrice La Mandragora 2018.2 Sull’archivio Orsini, recentemente riordinato da chi scrive, cfr. E. Mori, L’Archivio Orsini: la fami-glia, la storia, l’ inventario, Roma, Viella 2016.3 La maggior parte delle lettere di Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici si trova in cinque degli oltre ottocento volumi di corrispondenza dell’archivio Orsini, ASC, Archivio Orsini, I serie Corrispondenza (d’ora in poi AOI), voll. 157 (1-3); 158 (1-2) ed era già stata identificata nell’inventa-

Tra tutte le fonti, la corrispondenza personale e familiare è quella che più ci mette in grado di penetrare nelle segrete intenzioni, nei pensieri, negli affetti, negli umori e nel vivere quotidiano degli scriventi. Gli storici però mettono in guardia da questo tipo di documenti poiché sono difficili da maneggiare, a fronte della loro apparente facile lettura, e per decodificarli correttamente occorre contestualizzarli debitamen-te e soprattutto resistere al coinvolgimento emotivo e all’inevitabile piacevolezza letteraria.1 Il caso che proponiamo ci offre una materia ancora più delicata, poiché solo in parte aderisce alla sfera dei sentimenti, sia perché gli scriventi si muovono da protagonisti in un contesto politico complesso quale era quello dello Stato Pontificio e del Granducato di Toscana nella metà del Cinquecento, sia perché siamo di fronte a personaggi la cui figura storica, per ragioni politiche, è stata rivestita da un’im-magine calunniosa di cui nel tempo si sono appropriate la letteratura e il teatro ed è stata poi restituita alla storia piena di incrostazioni leggendarie. Dalle lettere raccolte in questo volume emerge il quotidiano complesso di due discussi protagonisti del tardo Rinascimento italiano: Isabella de’ Medici, figlia di Cosimo I granduca di Toscana, dipinta da una lunga tradizione storiografica come bellissima, colta, ma leggera, avida di divertimenti, circondata da ammiratori e amanti, e suo marito Pa-olo Giordano I, duca di Bracciano, da sempre descritto come rappresentante rozzo, tracotante e violento di una stirpe arroccata su prerogative medievali, protettore di banditi e mandante di delitti. Sempre secondo la tradizione, Paolo Giordano avreb-be ucciso sua moglie in un impeto di gelosia.

Le lettere che pubblichiamo sono conservate presso l’Archivio Storico Capitolino, nella corrispondenza della famiglia Orsini.2 Quelle scambiate tra Paolo e Isabella sono 548, e coprono l’arco di venti anni, dal 1556 al 1576, anno della morte di lei.3 A

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10 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

questo corpus di lettere ne abbiamo aggiunte altre in appendice rintracciate attraverso un’indagine capillare nell’archivio Orsini. Si tratta di missive che Isabella ha ricevuto dai suoi fratelli, Lucrezia, Ferdinando Pietro e Francesco, e altre a lei inviate da illustri personaggi. Queste ultime attestano l’ampia rete di rapporti della figlia di Cosimo I e la sua funzione non marginale nella politica del Granducato di Toscana. Le scrivono: Giovanna d’Austria, figlia dell’imperatore Ferdinando d’Asburgo e sposa di Fran-cesco de’ Medici, Margherita di Savoia, Elisabetta d’Asburgo, Caterina de’ Medici regina di Francia, Enrico III, Caterina d’Asburgo regina di Polonia, Don Giovanni d’Austria, Francesco Orsini e Magdalena Lamberg conti di Blagaj. Accanto a questa illustre rosa di nomi, troviamo personaggi meno illustri ma storicamente importanti come Vittorio Cappello, fratello di Bianca, la donna che Francesco de’ Medici spo-serà in seconde nozze, Ridolfo Conegrani, ambasciatore a Firenze del duca di Ferrara, per arrivare a personaggi minori che richiedono il patronage della duchessa di Brac-ciano. Alcune pochissime lettere scritte direttamente da Isabella, e forse non spedite, concludono questa antologia. In tutto le lettere qui pubblicate sono 620.

Le lettere per loro natura offrono solo frammenti di realtà, aprono squarci improv-visi nel fluire del tempo mettendone in evidenza segmenti non sempre facilmente decodificabili e non sempre essenziali alla consequenzialità degli eventi biografici dei protagonisti. Ne celano altri magari più importanti che gli scriventi non metto-no per lettera perché non si fidano, o perché semplicemente li stanno vivendo insie-me. Tutto questo senza contare le lacune temporali dovute alle lettere perdute nelle vicende degli archivi e delle famiglie. I frammenti ritrovati acquistano un senso solo se inseriti in tutto il contesto politico, familiare, affettivo in cui gli scriventi comu-nicano, e solo se integrati e messi a confronto con altri documenti. La ricostruzione di questo contesto ci ha permesso, in altra sede, di svelare e raccontare una storia diversa da quella finora conosciuta e di ribaltare una tradizione storiografica durata secoli.4 Tuttavia anche queste lettere, da sole, dimostrano che Isabella morì per una

rio del 1908 di Giuseppe Tomassetti e Alfredo Lusignoli. Altre lettere si trovano sparse nei volumi: 57, 103, 129, 146 e 152. 4 Elisabetta Mori, L’onore perduto di Isabella de’ Medici, Milano, Garzanti, 2011; L’onore perduto del duca di Bracciano. Dalle lettere di Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici, «Dimensioni e problemi della ricerca storica (2004), 2, pp.135-174; La malattia e la morte di Isabella Medici Orsini, «Roma moderna e contemporanea», XIII (2005), 1, pp.77-97; Isabella de’ Medici e Paolo Giordano Orsini. La calunnia della corte e il pregiudizio degli storici, in Le donne Medici nel sistema europeo delle corti (secoli XVI-XVIII). Atti del Convegno internazionale (Firenze-San Domenico di Fiesole, 6-8 ottobre 2005), a cura di G. Calvi – R. Spinelli, Firenze 2008, pp.537-550; Isabella de’ Medici e Paolo Giordano Orsini: la disonesta bugia, in Conversazioni in villa, (Villa medicea di Cerreto Guidi 2013) Bibbena, Mazzafir-ra Editrice 2013, pp.87-110; Isabella de’ Medici: Unraveling the legend, in Medici Women: the Making of a Dynasty in Grand Ducal Tuscany, edited by Giovanna Benadusi and Judith C. Brown, Toronto, Centre for Reformation and Renaissance Studies 2015, pp.91-127; Isabella de’ Medici and Vittoria Accoramboni:The History and Legend of the Two Wives of the Duke of Bracciano, in Paolo Alei and Max Grossman, Building Family Identity: The Orsini Castle of Bracciano from Fiefdom to Duchy (1470-1698), Oxford, Peter Lang AG 2018. Alcune lettere di Paolo e Isabella sono state già da me pubblicate in L’amore rivelato. Le lettere di Isabella de’ Medici e Paolo Giordano Orsini, in Scrivere d’amore. Lettere

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lunga e devastante malattia e mettono in luce le pieghe più profonde della persona-lità dei due protagonisti, facendoli uscire dal mito letterario e collocandoli nella loro giusta cornice storica. A dispetto della leggenda nera tramandataci dalla tradizione, ci troviamo di fronte, inaspettatamente, a parole d’amore scambiate per venti anni; rimproveri reciproci per una lontananza imposta, schermaglie e riappacificazioni, complicità e affetto che si accendono e si stemperano nel vivere quotidiano di una coppia che appare profondamente legata. Alla lettura progressiva, lo stretto spazio della novella di corte, in cui per secoli questi personaggi sono stati confinati, si apre a una realtà mutevole e minacciosa di rapporti politici, diplomatici, economici, fa-miliari. Sarà però deluso chi cerca in queste lettere notizie dettagliate di avvenimenti storici, spesso la loro è una funzione che gli studiosi di linguistica definiscono fàtica, ovvero serve per stabilire e rafforzare il contatto in assenza.

Salvo rare eccezioni, le lettere sono tutte autografe. La cosa più interessante e più rara di questa fonte, oltre alla quantità e alla continuità nel tempo, è la presenza nello stesso archivio delle missive originali e autografe di entrambi i corrispondenti. Le lettere di Paolo sono però 384, più del doppio di quelle di Isabella che sono 165. L’inferiorità numerica di queste ultime, come si evince dalle stesse lettere di Paolo, non è data dal fatto che Isabella non scrivesse, ma che semplicemente le sue lettere non si sono conservate.

Dal 1556 al 1564 rimangono solo le lettere di Paolo, ma le risposte di Isabella si intuiscono, le sue reazioni appaiono in controluce, la sua presenza è sempre più forte, più coinvolgente. La scrittura che non c’è si svela dietro le parole di Paolo come se ci fosse, anche perché lui lascia continuamente spazio alla presenza di lei.

Da una nota apposta sul verso di una delle lettere apprendiamo che le missive di Isabella erano riposte in scatole di velluto.5 Quelle inviate da Paolo dovevano essere conservate nella casa di Firenze. Si può presumere che il figlio Virginio Orsini, che continuò a vivere con la sua famiglia alla corte medicea, nel momento del suo definitivo trasferimento a Roma, avvenuto intorno al 1606, abbia portato con sé i documenti familiari tra cui le lettere del padre che poi furono riunite a quelle della madre. Le turbolenti vicende di questa famiglia e del suo archivio hanno contribuito all’ulteriore dispersione e al pessimo stato di conservazione in cui si trova gran parte dei documenti.6 Si può anche supporre che coloro che nel tempo si sono occupati dell’archivio abbiano prestato maggiore cura alle lettere dei duchi piuttosto che a quelle delle loro mogli, oppure che le lettere di Isabella siano servite da prezioso souvenir in alcuni momenti in cui l’archivio è stato abbandonato all’incuria. Sono però solo supposizioni.

Isabella de’ Medici era la figlia terzogenita di Cosimo, duca e poi granduca di Toscana, che all’epoca del contratto preliminare di nozze (1553) era ancora all’inizio della sua rapida ascesa.

di uomini e donne tra Cinque e Novecento, a cura di Manola Ida Venzo, Roma, Viella 2015, pp.47-67. Si tratta delle lettere nn.20, 22, 25, 166, 169, 200, 203, 216, 273, 274, 493, 518, 524, 547.5 Sul verso della lettera n.214 si trova scritto: v. scatola prima di velluto.6 E. Mori, L’Archivio Orsini, cit.

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12 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

Paolo Giordano Orsini proveniva da una famiglia romana che vantava secoli di storia e di fedeltà al pontefice.7 Era figlio postumo di Girolamo Orsini signore di Bracciano e di Francesca Sforza di Santa Fiora, ed era nipote, da parte di madre, di Paolo III e, da parte di padre, di Giulio II. Furono promessi sposi sin da bam-bini, Paolo Giordano aveva dodici anni e Isabella undici.8 Sebbene fosse appena adolescente, il marito scelto da Cosimo per la figlia, in quanto orfano di entrambi i genitori, era signore di un piccolo ma strategico Stato, capo della sua ramificata e antica famiglia, primo vassallo del pontefice e principe assistente al soglio ponti-ficio. A queste preziose qualità bisogna aggiungere che il ragazzo era nipote di due pontefici, che, sebbene ormai morti e sepolti, avevano lasciato potenti famiglie (della

7 Le nozze erano state decise nel 1553, alla vigilia della guerra di Siena. Cosimo de’ Medici, alla ricerca della potente alleanza con la Chiesa, in accordo con il pontefice Giulio III, con il tutore di Paolo Giordano Orsini Guido Ascanio Sforza di Santa Fiora e con il beneplacito dell’imperatore Carlo V, decise le nozze di una delle sue figlie, Isabella o Lucrezia, quale delle due non aveva alcuna importanza: «Hinc est quod anno a nativitate domini nostri Jesu Christi millesimo quingentesimo quinquagesimo tertio, indictione undecima die vero undecimo mensis julii pontificatus S.D.N. Julii, divina providentia papae III, anno quarto coram me notario et testibus infrascriptis constitu-tus magnificus vir d. Averardus quondam Antonii de Serristoriis civis florentinus, unus de consilio secreto Ill.mi et exc.mi d. Cosmi ducis et pro sua excell.a apud S.D.N. papam orator ac est procu-rator ad infrascripta specialiter constitutus, prout constare fecit publico instrumento per Johanne olim ser Honophrij Petri de Comitibus de Bucino civis et notarij florentini sub die 7 mensis junii proximi preteriti, rogato et publicato ex parte una per usquam Illustrissimus et Reverentissimus D. G.Ascanius tutor, […] ..Ill.mus D.nus Paulus Jordanus in pupillari quidem aetate constitutus, sed pubertati proximus, nempe in duodecimo sue aetatis n.o constitutus ex altera parte, sponte in omnibus melioribus modo, redemptoris nostri Jesu Christi et Sanctissime Trinitatis (a quibus omnia bona procedunt) numine et presidio suppliciter imploratis ad pacta et conventiones infrascripta devenerunt: vos quia dictus d. Averardus procurator dicto procurio nomine promisit et solemni interveniente stipulatione et convenit R.mus et Ill.mus Dominus G. Ascanio card. Tutorj et domino Paulo Jordano pupillo presentibus etc.quod dictus il. mus et ecc.mus D. Cosmus dux faciet et curabit modis omnibus et cum effectu quod Ill.ma D.na Isabella secundogenita sive ill.ma domina Lucretia tertiogenita suae filiae legitimae et naturales ex Ill.ma Eleonora sua uxor natae illa videlicet ex eis quae per ipsum ill.mum dominum ducem in ratificatione inducenda nominabitur», ASC, Archivio Notarile Urbano, sezione I, Notaio Antonio Massa da Gallese, vol.46, c.628. 8 Isabella era nata il 31 agosto 1542 e Paolo Giordano il 1 gennaio 1541, cfr, E. Mori, Medici, Isabella de’ in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana (d’ora in poi solo DBI), vol. 73 (2009), pp.104-106; Ead. Orsini, Paolo Giordano, DBI, vol. 79 (2013), pp.694-697. La data di nascita di Paolo Giordano è ricavata da una lettera di Jacopo Oddi che scrive da Fara di aver avuto la notizia il 2 gennaio 1541 (ASC, AO, I, vol.334, n.234). Considerando il tempo minimo del percorso da Bracciano a Fara, la nascita doveva essere stata il giorno prima. La dote fu fissata in cinquantamila scudi e il cardinale di Santa Fiora, zio e tutore di Paolo Giordano si impegnò a ipotecare tutto lo Stato a garanzia dell’importo: «ipse ill. d. P. Jordanus contentus de dicta dote promissa, nec aliquid amplius dicta occasione petet, et pro cautione et securitate ill. d. [Isab] sponsae et dotis suae predictae obligabit hypootecabit per publicum instrumentum omnia sua castra et bona quecumque tam allodialia quam feudalia et emphytheotica si qua sint; faciendo quod pro feudaliabus et emphytheoticis accedant consensus summj pontificis atque alie cauthelae opportunae et consuetae et insuper constituet et assignabit ac ex nunc prout ex Ill.mus d. card.tutor et in eius presentia et consensu ipse ill.mus d. P. Jordanus principalis constituerunt et assignaverunt predicte ill.d. Isabellae licet ab predicto ill.d. Averardo», ASC, Archivio Notarile Urbano, sezione I, Notaio Antonio Massa da Gallese, vol. 464, c.628.

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Rovere, Farnese, Santa Fiora) che continuavano ad estendere la loro influenza sulla scena politica. Più volte i Medici avevano scelto di imparentarsi con gli Orsini, sia per gestire la loro politica estera, sia come filtro per i rapporti con il pontefice. 9 Per Cosimo quel matrimonio era una delle tappe della sua strategia di penetrazione nella corte romana, un modo per favorire Carlo V distogliendo il capo della casata Orsini dalla fedeltà al re di Francia e per mettere le mani sullo Stato Bracciano, ricco e di grande importanza strategica. Si trattava evidentemente di una pura e semplice alleanza politica, così come tutti i matrimoni concertati tra famiglie potenti in età moderna. Il ragazzo fu portato subito a Firenze per rimanere sotto il controllo me-diceo e crebbe con tutti gli altri figli del duca. I suoi educatori e i suoi libri venivano però prevalentemente da Roma e avevano lo scopo di avviarlo, oltre che agli studi umanistici, anche alla sua futura carriera militare.

Le lettere a Isabella iniziano a gennaio del 1556 quando Paolo, appena quindi-cenne, venne richiamato a Roma dal Pontefice Paolo IV per compiere il suo dovere di combattente a fianco dei francesi nella difesa della città di Roma dall’esercito imperiale. Prima della partenza avvenne la cerimonia dello scambio degli anelli.10 Sebbene Paolo tra il 1559 e il 1560 avesse fatto affrescare e rimodernare il castello di Bracciano da famosi pittori e architetti con l’intenzione di stabilirsi lì con la sua famiglia, per volontà del duca e della duchessa, la coppia rimase a Firenze.11 I successivi drammatici avvenimenti della famiglia Medici (nel giro di pochi anni

9 Clarice Orsini (+1488) aveva sposato Lorenzo de’ Medici; Alfosina di Roberto Orsini (1472-1520) aveva sposato il loro figlio Piero dal cui matrimonio nascerà Caterina de’ Medici regina di Francia. Nell’atto predisposto da Cosimo per la figlia si considera che dai tempi più antichi: «(ut omnibus manifestum est) inter ill.ma familia medicea Florentie et Ursina Romae, semper viguit et continuata fuit bona et sincera amicitia et benevolentia sepius est affinitatis vinculis connexa maiores earum-dem familiarum imitando decreverunt eam amicitiam et coniunctionem ad perpetuam perseveran-tiam nove affinitatis vinculo archius connectere».10 Nel contratto preliminare di matrimonio l’impegno dei contraenti era che appena l’età lo aves-se concesso si poteva procedere alla consumazione del matrimonio. «cum fuerit aetatis legitimae, consentiet in praedictum ill.mum dominum Paulum Jordan. et cum eo sponsalia et matrimonium contrahet per verba de praesentj in forma aecclesiae consueta,[…] quidem matrimonium partes praedictae convenerunt debere consummarij statim postquam dicta Ill.ma [domina Isabella] nomi-nanda sponsa compleverit decimum quartum suae aetatis annum, aut prius vel postea, secundum quod ipsae partes de priorj vel posteriorj tempore fuerint concordes, et quod interim persona dictae ill.d. Isabellae debeat remanere penes ill.ducem suum patrem, et quod quando erit tempus con-summandj matrimonij huiusmodi predictus ill.mus d. P. Jordanus debeat prefatam ill.dominam Isabellam suam sponsam conducere ad suas domos suis proprijs sumptibus, nec predictus ill. d. Dux, eius pater, ultra dictam dotem, ut prefertur promissam, teneatur ad alios sumptus, praeterquam ad vestiendum sponsam convenientibus indumentis ad suum beneplacitum, et si voluerit insuper illj donare ex sua liberalitate gemmas preciosas aut aliquid aliud sit in arbitrio et libera voluntate ipsius ill.mi d. absque aliqua obligatione». 11 Poco prima del 1560, data dell’istituzione del ducato di Bracciano, Paolo fece affrescare il castello dai pittori Taddeo e Federico Zuccari. Sui significati astrologici e celebrativi di quelle pitture cfr. Paolo Alei, Bryony Bartlett-Rawlings, Astrological Fashioning in the Castle of Bracciano:The Frescoes of the Sala Papalina by the Zuccari Brothers and the Celebration of Duke Paolo Giordano Orsini, in Paolo Alei and Max Grossman, Building Family Identity: The Orsini Castle of Bracciano from Fiefdom to Duchy (1470-1698), Oxford, Peter Lang AG 2019.

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14 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

morirono ben quattro figli di Cosimo e la moglie) fecero sì che i due sposi non si trasferissero più. Paolo tuttavia non accettò mai la permanenza alla corte medicea come una situazione stabile e definitiva, per lui la residenza della sua famiglia do-veva essere Roma dove aveva importantissimi obblighi nei confronti dei pontefici che avrebbe voluto continuare a servire militarmente come avevano fatto i maggiori esponenti della sua famiglia per secoli. Senza contare che l’amministrazione dello Stato di Bracciano, soprattutto dopo l’istituzione del ducato nel 1560, avrebbe ri-chiesto la sua presenza costante.12 Isabella, dal canto suo, doveva confrontarsi con una famiglia sovrana che, forse per motivi di sicurezza, si oppose sempre al suo trasferimento. Da questa situazione nascono i frequenti viaggi di Paolo e la ricca corrispondenza che colmava i suoi periodi di assenza.

Paolo e Isabella si scrivevano in media due volte a settimana. Un efficientissi-mo sistema postale collegava Roma e Firenze. La posta arrivava a Firenze o per il procaccio, che percorreva la via Cassia passando per lo Stato di Bracciano e Siena, o con il corriere di Genova che percorreva la via Aurelia facendo una lunga devia-zione. All’interno dello Stato di Bracciano c’erano ben due stazioni postali, Isola e Baccano, dotate di osterie per la sosta e il cambio dei cavalli. Erano le prime che si incontravano uscendo da Roma e andando verso nord.13 I due coniugi tuttavia preferivano affidare le lettere a persone di fiducia piuttosto che alla posta ordina-ria, anche perché si lamentavano frequentemente che la loro corrispondenza fosse intercettata e spesso non arrivasse a destinazione. Le loro lettere dovevano essere particolarmente ambite per la possibilità che contenessero informazioni e preziosi segreti politici. La paura di svelare fatti, nomi e persone li costringe spesso a brevi e fuggevoli accenni che rendono difficile per chi legge contestualizzare i fatti. Molti fogli appaiono tuttora anneriti dal fuoco della candela che serviva per fare apparire i caratteri scritti con il limone o con altri mezzi. Il cardinale Ferdinando de’ Medici consigliava la sorella di usare una certa acqua mescolata alla pirite e poi mascherare il tutto scrivendoci sopra un’altra cosa con un inchiostro fatto di paglia bruciata e ben macinata.14 L’unica cosa che Paolo e Isabella non temono di mostrare sono i loro sentimenti. Leggendo questa corrispondenza ci si rende conto che le rigide procedure del contratto nuziale e le complesse strategie politiche ad esso sottese, una sola cosa non contemplavano: che i due ragazzi destinati alle noz-ze si amassero. Queste lettere ci mettono di fronte a un diluvio di parole d’amore. Scrivimi, ricordami, non mi hai scritto, quindi non mi ricordi. Rapidi passaggi dal lei al voi al tu, dal chiamarla Vostra Signoria a musino mio caro, nel tentativo di accorciare la distanza che lo separa dal suo bene. Quando ancora il matrimonio

12 Sul ducato di Bracciano cfr. M. L. Sigismondi, Lo Stato degli Orsini. Statuti e diritto proprio nel ducato di Bracciano, Firenze, Olschki, 2003.13 Le due stazioni di posta venivano affittate e costituivano uno degli introiti maggiori del ducato di Bracciano, tanto che vi era garantita la dote di Isabella. Cfr. E. Mori, L’archivio Orsini, cit., pp.64-65. Sulle poste fiorentine nel Cinquecento cfr. Cherubino De Stella, Poste per diverse parti del mondo, Lione, Benedetto Rigaud, 1588. Sergio Chieppi, I servizi postali dei Medici dal 1500 al 1737, Firenze, Servizio editoriale Fiesolano, 1997.14 V. lettera n.571.

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non era stato consumato, nella chiusa delle lettere, Paolo ardiva baciare a quella sua promessa sposa quindicenne la bocca e le mani e qualche volta “il musino tutto”. Il suo corsivo è veloce, senza ripensamenti e cancellature. La sua scrittu-ra, spigolosa e contratta, manifesta tutti i suoi stati d’animo. Non ho che voi, le scrive, voi che amo fin da fanciullo, le giura. L’amore di Paolo non era unilaterale, dalle sue lettere traspare la gelosia di Isabella e la richiesta continua di conferme al marito: «Vi bacio le mani della cura et amor che mi portate ma per questo non posso, cor mio, volerti più ben di quel che vi vogli, che ormai il mio mal è pene-trato fino a l’osso et è, cara, incurabile».15 Nella stessa lettera le scrive che la sua: «me ha portata grandissima consolatione, prima per intender nuova di te, cor mio, poi per vederti disingannata di quella mala opinione che per l’altre vostre mi avete scritto cioè per credere che io non m’aricordassi più di te, vita mia».16 E ancora: «io non harei mai creso che fusse caduto nel animo di credere che io non gli volessi bene come per l’ultima sua mi scrive che ella sa bene che io non ho altri in questo mondo che lei et con esso lei ho a vivere o da morire ma io vegio che è verissimo quel detto lontan dagli occhi lontan dal core perchè da poi che mi son partito sí per questa ultima sua sí per le passate ho cogniosciuto che ella non si ricorda più di me come prima».17

Era un amore nato dall’obbedienza alle decisioni degli adulti che poi divenne un’i-naspettata passione adolescente. Il legame profondo e complice che sin dall’inizio si creò fra i due sposi non emerge solo dalle loro lettere, ma era ben avvertito da coloro che li circondavano. I “familiari” di Paolo ne erano colpiti: «Ho visto il signor no-stro patrone essersi in tutto e per tutto risoluto di far quel tanto li comandino questi signori e siate certo che è così, e già ha cominciato amar grandemente la signora sua consorte che era principal desiderio di queste signorie, e in voler altre cose sentirete alla giornata, sí che non se ne può sperar se non bonissima riuscita, et è molto acca-rezzato. Mandai eri un gioiello di mille scudi al signor, e subito lo donò alla signora donna Isabella».18 In occasione della consumazione del matrimonio a Firenze nel 1558, Benedetto Varchi invitò Bronzino, artista eccellente nella pittura come nella poesia, a comporre un doppio ritratto «de l’alta Isabella, e del buon Paulo Giordano, sia con la penna che con il pennello”», in modo da lasciare di loro «una doppia eterna storia».19 Nella stessa circostanza Filippo di Monte, che diverrà maestro di cappella dell’imperatore Rodolfo e che all’epoca era alla corte di Cosimo de’ Medici, dedicò varie composizioni ai due sposi. In una di esse Paolo era definito Il più forte di Roma

15 V. lettera n.18.16 Ibidem.17 Lettera n.27.18 Paolo Bonanni a Leonardo Gondi da Firenze, aprile 1558, AO, I, b. 522, n.38.19 «Nuova casta Ciprigna e nuovo Marte/ l’alta Isabella e ‘ l buon Paulo Giordano/ genero e figlia del gran re toscano/ a cui sue grazie il ciel tutte comparte/ questa del mondo avventurosa parve / a piè di dolci colli ameno piano/ rendon sì lieta o Bronzino mio ch’ invano / tento e fatico altrui ritrarla in carte/ voi sol, sol voi, che già gran tempo avete/ la dotta penna e pennel dotto pari/ farne doppia potete eterna storia», in Sonetti di Angelo Allori detto il Bronzino ed altre rime inedite di più insigni poeti, Firenze, nella stamperia Magheri 1823, pag.46.

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e Isabella la più saggia di Flora e la più bella.20 Ancora Varchi invitava un altro famo-so musicista, Scipione delle Palle, a unirsi all’alta schiera dei musicisti «della grande Isabella e ’l grande Orsino».21

Col passar degli anni i due, ormai adulti, continueranno a riempire il tempo, anche breve, dell’assenza, con un continuo e fitto scambio epistolare in cui rinnoveranno in ogni lettera il loro amore. In una di esse, ad esempio, Isabella si firmava Isabella Medici Orsina che ha dormito sola nel suo lettone22 e Paolo Giordano (che aveva un fi-sico imponente) giocosamente le rispondeva firmandosi Paolo Giordano Orsini che ha dormito solo nel suo letino.23 E lei replicava: «Mi dole fino al core non poterlo riscaldare nel letto et sia certo che molto più dole a me che a lei perché patischo più il freddo».24 Pochi mesi prima di morire Isabella rimproverava il marito per non aver subito dato risposta alle sue lettere: «ma non per questo lasserò d’amarla come devo per le molte amorevolezze fattemi ultimamente nel mio male le quale mi stanno fisse nella mente sempre».25 Per vent’anni le lettere di Paolo e Isabella dimostrano un amore ricambiato, tenero, geloso e passionale che con il tempo, con l’insorgere di gravi problemi politici ed economici e l’arrivo dei figli, si stempera in complicità forte e solidale. Li vediamo scambiarsi continuamente pareri, consigli, favori. Paolo e Isabella erano cresciuti in-sieme e non condividevano solo gusti musicali. Come dimostra uno studio recente sul collezionismo degli Orsini, e come è riscontrabile dalla corrispondenza, i loro gusti convergevano anche nella scelta delle opere d’arte che insieme andavano collezionando per le loro dimore fiorentine: il palazzo Medici in via Larga e la villa di Baroncelli.26

Le lettere di Isabella iniziano nel 1564. Il suo fraseggio è limpido e veicolato da una scrittura regolare, chiara e posata. Le sue lettere rimandano l’immagine di una donna complessa, di grande carattere, schietta, pratica, con spiccato senso dell’ironia. Se il suo carattere è allegro e vivace, è anche ostinato e fiero. Le donne della sua famiglia le offrivano modelli in cui convergevano e si fondevano egregiamente virtù maschili e femminili. Sua nonna Maria Salviati era stata un esempio di coraggio e dedizione. La dote migliore e più apprezzata di sua madre Eleonora di Toledo era il sostegno politico dato al marito.27 Isabella era consapevole, come tutte le giovani principesse, che le si

20 Filippo di Monte, Primo libro di madrigali a sei voci, Venezia, Correggio 1569. Su questi madrigali e sulla loro composizione per le nozze Medici Orsini cfr. A. Frank D’Accone, Corteccia’s Motets for the Medici Marriages of 1558, in Words on Music. Essais in honor of Andrew Porter, Hillsdale N.Y, Pendragon Press 2003, pp.45-52. 21 Cfr. Opere di Benedetto Varchi ora per la prima volta raccolte, Trieste, Sezione letterario-artistica del Lloyd austriaco 1859, vol.2, p.987, sonetto LIX.22 Lettera n.273.23 Lettera n.274.24 Lettera n.278.25 Lettera n.543.26 Mi riferisco al recente studio di Adriano Amendola, Gli Orsini e le arti in età moderna. Collezio-nare opere, collezionare idee, Milano, Skirà 2019. Sul collezionismo di Paolo Giordano si veda anche B. Furlotti, A Renaissance Baron and his Possessions: Paolo Giordano I Orsini, Duke of Bracciano (1541-1585), Turnhout, Brepols 2013.27 Lorenzo Priuli, ambasciatore veneto a Firenze concludeva la sua relazione al Senato di Venezia dicendo che “la buona fortuna prima e poi il consiglio della duchessa abbiano avuto maggior parte

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richiedeva di abbinare doti come bellezza, eleganza, capacità di procreare e di occuparsi dell’educazione dei figli a virtù come coraggio, forza di carattere, intelligenza politica, capacità di collaborare con il marito restando nell’ombra. Come richiedeva il suo ruolo, aiutò in ogni modo Paolo Giordano, cercando di ottenere per lui incarichi militari, consigliandolo, curando relazioni preziose per la sua carriera, seguendo le sue numerose controversie legali, contribuendo a ottenere i migliori uomini d’arme per le sue spedi-zioni militari, tranquillizzandolo nei momenti di sconforto, procurandogli anche il più piccolo degli oggetti di cui aveva bisogno, dalle forbici alle armature. Ma non lo faceva esclusivamente per dovere di moglie. Nelle sue lettere mostra costantemente di amare suo marito in modo geloso e passionale e, fino alla fine, anche quando la sua salute sembra gravemente compromessa, cercò in ogni modo di aiutarlo. La frase ricorrente di Paolo Giordano è «sono solo, non ho che voi». Le chiedeva sempre consiglio in ogni cosa, anche se poi finiva col fare di testa sua, come quando si trattò di voltare faccia a Filippo II per passare dalla parte dei Francesi: «A me pare cosa molto strana – scriveva lei – che voi vogliate lassar il certo per l’incerto et vogliate mostrar al mondo d’aver il cervello vollubile come parrebbe se tal cosa facessi […] perché poi né il re di Francia, né il re Filippo si fiderà mai di voi, però vi supplicho che ci pensiate bene, che queste sono cose da ragionarne mille volte et di poi farle una».28 Isabella era prodiga di consi-gli. Voleva, anzi pretendeva che il marito la ascoltasse, seguisse le sue raccomandazioni che credeva giuste perché nate presumibilmente non solo da elaborazioni personali ma anche e soprattutto da discorsi captati dal padre.

Dotata di un’acuta intelligenza politica, difficile da soffocare dietro la maschera della moglie devota, coglieva le fragilità, le ingenuità, le debolezze di suo marito e cercava di consigliarlo per il meglio. Poi però si tirava indietro per ritornare nei ran-ghi della moglie sottomessa: «tutto quello che per fino adesso li ho scritto lo ho fatto per mera affetione et non per darli consiglio perché molto ben so io che sapete più voi dormendo che non io vedendo». Un ruolo che interpreta solo a parole, perché poi aggiunge: «sono goffa se non tanto quanto vorrò esser, et per farvi servitio <lo> sarò sempre ment<r>e che vedrò che vi contentate che io <lo>sia, et mai haverò né occhi né orecchi, et basta, chi m’ha da<in>tender mi intenda».29

Nella loro assoluta sincerità e mancanza di malizia Paolo e Isabella appaiono simili. Lei però era in grado di riconoscere negli altri l’inganno e la menzogna, dono che Paolo non aveva. «Quello che vi fa danno – gli scriveva – è solo l’aver voi l’animo bono et pensate che se voi non fareste una cosa brutta che così sono anchora l’altri, et questa è oggi una regola che spesso fallisce».30 In un tempo in cui simulazione e dis-simulazione erano artifici indispensabili alla vita di corte, Isabella si faceva vanto di

nella grandezza del duca”, in Eugenio Alberi, Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, raccolte, annotate e pubblicate da Eugenio Albèri, Firenze, Società editrice fiorentina 1858, t.2, p.77. Su Eleo-nora di Toledo cfr. Konrad Eisenbichler, The cultural world of Eleonara di Toledo Duchess of Florence and Siena, Burlington, Ashgate Publiching Company 2004.28 Lettera n.200. 29 Lettera n.246.30 Ivi.

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esplicitare i propri sentimenti rifuggendo da ogni forma di falsità o finzione: «Io non desidero cosa più che vederlo e servirlo, e questo tengalo per certo – scriveva al marito – e se non fusse così non lo direi, perché sono donna libera, del resto pigli ognuno la cosa come li piace, perché me ne curo pocho».31 Isabella non si impegnava minima-mente per sottomettersi al rigido codice di comportamento che in quegli anni si insi-nuava nelle corti e che imponeva ai prìncipi di non cedere alle reazioni emotive. Il suo carattere impulsivo ed estroverso la portava invece a rompere spesso ogni schema, a lasciare che i suoi sentimenti fossero sotto gli occhi di tutti, a rifiutare ogni obbligo e ogni simulazione. Nel 1562, per la morte quasi contemporanea della madre e dei fra-telli Giovanni e Garzia, Isabella pianse fino ad ammalarsi. E durante il funerale del fratello Giovanni svenne in chiesa, di fronte a tutti, costringendo Benedetto Varchi a giustificare pubblicamente e poeticamente quell’infrazione al controllo delle emozio-ni. «Il vostro cuore – scriveva il poeta – fece quel che far dovea», la natura e la pietà hanno fatto il loro corso, la ragione ha preso una tregua e ha dato sfogo al pianto: «tanto convien che la ragion s’astenne/ e lunga tregua al lungo pianto dea».32 Anche nel 1566, quando Paolo Giordano per ordine di Pio V tornò a Roma, Isabella diede pubblico sfogo alla sua disperazione. Per far fronte alla solitudine e all’angoscia per quell’improvviso squilibrio del suo universo, la figlia del granduca suonava il liuto e si circondava di musicisti componendo melanconici versi in cui il tema ricorrente era la nostalgia per l’amato lontano che lei paragona sempre al sole: «Lieta vivo e contenta da poi che il mio bel sole mi mostra i chiari raggi come suole – cantava un madrigale composto dalla stessa Isabella – Ma così mi tormenta s’io lo veggo sparire. Che più tosto vorrei sempre morire».33 Quell’anno il compositore Stefano Rossetti musicava Il lamento di Olimpia, un madrigale a più voci in cui il dolore della duchessa per la par-tenza del marito era rispecchiato in quello della bellissima e dolente eroina del poema di Ariosto abbandonata in uno scoglio deserto dal crudel consorte.34

31 Lettera n.383.32 Il sonetto di Benedetto Varchi sul pianto e lo svenimento di Isabella, insieme ad un altro dedicato a Paolo Giordano, fu pubblicato da Lodovico Domenichi in Poesie toscane et latine di diversi eccel. ingegni nella morte del S.D. Giovanni Cardinale, del Sig.D.Garzia de’ Medici e della S. Donna Leono-ra di Toledo de’ Medici Duchessa di Fiorenza et di Siena. In Fiorenza, appresso Lorenzo Torrentino Impressor Ducale 1563, p.9.33 D. G. Cardamone, Isabella Medici-Orsini: A Portrait of Self-Affirmation, in Todd M. Bogerding, Gender, sexuality and Early Music, New York and London, 2002, pp.9-15.34 Stefano Rossetti, Il lamento di Olimpia di Stefano Rossetti musicho del Reverendissimo cardinal de’ Medici. Con una canzone del medesimo a quattro, a cinque, a sei, a sette, a otto, a nove, a dieci voci, All’Illustrissima et Eccellentissima Signora la Signora Donna Isabella de’ Medici Orsina duchessa di Bracciano, In Venetia, appresso Girolamo Scotto, MDLXVII, p.47. Il manifesto dolore di Isabella per la partenza del marito, trasposto nell’opera di Rossetti, ha dato agio ad alcuni critici di sottoli-neare la crudeltà del carattere di Paolo Giordano, cfr. Frank A. D’Accone, Corteccia’s Motets for the Medici Marriages of 1558, cit. pp.36-73. D. G. Cardamone in Isabella Medici-Orsini: A Portrait of Self-Affirmation, cit., utilizzando il tema di quest’opera, traccia un ritratto psicologico di Isabella partendo dal presupposto del suo tradimento e della sua morte violenta. James Chater ha recen-temente ripubblicato l’opera con note e commenti, cfr. Stefano, Rossetti, Il lamento di Olimpia et

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Sebbene la tradizione abbia lasciato di Paolo Giordano un ritratto truce e vio-lento, la sua formazione si fondava sui modelli della più alta e raffinata educazione principesca in quanto era destinato ad essere signore di uno Stato e primo vassallo del Pontefice. I contemporanei lo dipingono come un valoroso soldato e come una persona colta e gentile. «Questo principe singulare – scrive di lui Francesco Sansovi-no – di bella, grande e ben formata statura, et con volto come si vede, fra il piacevole e il grave, et con aspetto benigno et dimostrativo delle doti eccellenti del suo cuor generoso, emplendo l’altrui vista di grato diletto, e accompagnando con affabil ma-niera le qualità sue notabili e chiare si acquista intera lode di incomparabil cortesia con ognuno».35 Questo ritratto trova riscontro in tutte le sue lettere. I valori e i rituali cavallereschi tipici delle corti medievali, e che non si erano in realtà mai spenti nelle corti italiane e francesi, furono per Paolo36 un vero modello etico. Scriveva spesso di sé: son cavaliere e son cristiano. Per tutta la vita coltiverà il gusto per il torneo nelle sue forme più spettacolari, la scherma, la danza equestre e soprattutto l’idea che il fine del vero cavaliere fosse difendere e servire la sua dama.37

Attraverso le lettere, appaiono evidenti non solo la gentilezza del carattere del duca di Bracciano ma anche e soprattutto la sua progressiva perdita di credito e lo sfaldarsi delle sue altissime protezioni che gli si ritorceranno contro con tutta la loro potenza a partire dagli anni Sessanta del Cinquecento. Così la tradizionale fedeltà alla Francia della sua famiglia e la sua partecipazione giovanile alle guerre di Paolo IV contro gli Imperiali lo renderanno sospetto alla corte di Spagna. Il suo imparen-tamento con i Medici, anziché favorirlo, lo renderà facile bersaglio dei giochi politici antimedicei, condotti soprattutto dai fuoriusciti fiorentini e dal duca di Ferrara. Il suo legame di antico vassallaggio con i pontefici subirà incrinature profonde a causa di calunnie provenienti da ambienti Farnesiani e Spagnoli, alle quali preste-ranno facilmente il fianco la sua sempre più critica situazione economica e la sua tiepida fede filospagnola. Negli aggressivi e spregiudicati giochi di potere degli anni Sessanta-Settanta del Cinquecento, Paolo Giordano, ostinato nel voler conservare un’ormai impossibile autonomia politica, perderà la sua partita.38 Peggio ancora, la

canzone (Venice, 1567), three works for Isabella de’ Medici, a cura di James Chater, Middleton, Wi-sconsin, A-R Editions 2017, Recent Researches in the Music of the Renaissance (Book 165).35 F. Sansovino L’Historia di casa Orsina di Francesco Sansovino. Nella quale oltre all’origine sua, si contengono molte nobili imprese fatte da loro in diverse provincie fino a tempi nostri. Con quattro libri de gli uomini illustri della famiglia, ne’ quali, dopo le vite de’ cardinali et de’ generali Orsini, son posti i ritratti di molti de’ predetti, dove si ha non meno utile che vera cognizione d’ infinite historie non vedute altrove, in Venezia, appresso Bernardino et Filippo Stagnini MDLXV, p.91.36 Paolo Giordano Orsini, pur firmandosi, anche nelle lettere alla moglie, con il suo nome intero, è sempre chiamato da tutti, non solo da Isabella, a Roma e a Firenze, semplicemente Paolo o “il signor Paulo”. Per semplificare e non appesantire il testo, anche noi chiameremo Paolo Giordano solo Paolo.37 Sulla cultura cavalleresca della famiglia Orsini cfr. E. Mori, Gli Orsini e i tornei, tra cavalleria cortese e magnificenza barocca, in Lusingare la vista. Il colore e la magnificenza a Roma tra tardo Rina-scimento e Barocco, a cura di Adriano Amendola, Città del Vaticano, Edizioni Musei Vaticani 2017, pp.81-98.38 E. Mori, L’onore perduto del duca di Bracciano. Dalle lettere di Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici, cit., pp.135-174.

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continuerà a perdere per i secoli a venire, perché la critica storica prenderà per vere le calunnie politiche di cui da vivo era stato vittima.

Questa corrispondenza ci racconta più la vita di Paolo che quella di Isabella. Non solo perché le lettere di lui sono di gran lunga più numerose, ma soprattutto perché la sua biografia è più movimentata. Ci dicono comunque moltissimo del carattere e della personalità della figlia di Cosimo de’ Medici. È lei che cerca di trovare solu-zioni ai problemi del marito (e non solo), è lei che media, è lei a cui tutti chiedono qualcosa e che ringraziano per qualcosa. Dunque è questa Isabella che siamo andati a cercare e a scoprire, soprattutto nei pensieri e nelle parole che le rivolgono coloro che le erano più vicini. Il suo carattere è talmente forte, deciso e determinato, che non si fa alcuna fatica a farlo emergere. Isabella era molto simile al padre; come Cosimo amava la caccia, la pesca e la vita all’aria aperta, ma era anche molto colta e amava passare le sue sere a leggere seduta allo studiolo che il marito andava ornando di preziosi piccoli marmi romani. «Me ne sto nel mio scrittorio a leggere quando non sto col duca, et così passo la vita», scriveva al marito.39 Secondo Solerti Isabella fu una delle prime lettrici della Gerusalemme liberata. Lo stesso Torquato Tasso alla sua morte le dedicò uno dei suoi sonetti più belli.40

Mentre Paolo veleggiava nel Mediterraneo incontro alle navi turche, Isabella cerca-va di portare a termine le gravidanze, si preoccupava delle cause legali fiorentine, non solo del marito ma anche del fratello Ferdinando, e nello stesso tempo continuava a darsi da fare per ottenere mezzi per far fronte ai debiti. Da Isabella i fiorentini si aspettavano la misura e l’ordine in tutte le cose, dalla lunghezza del colletto alla deci-sione, una volta per tutte, circa una regola grammaticale. Sua è la sentenza ufficiale, espressa con atto solenne e debitamente circostanziata, circa il fatto che il termine mai non debba essere accompagnato da altra negazione.41

Sebbene la leggenda, poiché di leggenda si tratta, le attribuisca addirittura la soppressione dei figli, Isabella era e si definiva madre amorosa. Per molto tempo gravidanze e aborti si succedettero a pochi mesi le une dagli altri. In mancanza di figli propri, la duchessa soddisfaceva il suo desiderio di maternità allevando i figli naturali di suo padre o di suo fratello Francesco.42 Nel 1566 morì la piccola Eleonora, figlia naturale di Francesco de’ Medici e (probabilmente) di Bianca

39 Lettera n.198.40 Angelo Solerti, Vita di Torquato Tasso, Torino-Roma, Loescher 1895, vol. I, p.329, n.6. Il sonet-to, dedicato a Isabella e Leonora di Toledo, la giovane moglie di Pietro de’ Medici morta qualche giorno prima di Isabella, porta non a caso il titolo “Alme onorate” e compare in Delle rime e prose di Torquato Tasso di nuovo con diligenza rivedute, corrette e di vaghe figure adornate, Venezia, Aldo Manuzio 1583, n.639, p.118.41 Cosimo Gacci e Pietro della Rocca si rivolsero a Isabella per dirimere la controversia se l’avverbio mai avesse bisogno di altra negazione. Isabella rilasciò la sua “sentenza” con tutti i crismi dell’uffi-cialità in un lungo documento firmato e sigillato, cfr. Domenico Maria Manni, Lezioni di lingua toscana, Lucca, Rocchi 1773, p.182.42 Come sostiene Maria Pia Paoli, i figli naturali dei granduchi venivano allontanati dalle madri e al-levati a corte, cfr. Maria Pia Paoli, Di madre in figlio: per una storia dell’educazione alla corte dei Medici, in Annali di Storia di Firenze, III, (2008), http://www.dssg.unifi.it/SDF/annali/annali 2008.htm, p.82.

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Cappello. Dalle lettere di Isabella e da una di suo fratello appare evidente come ad occuparsi della bambina fosse proprio lei: «sono un pocho travagliata della morte della mia nepote la quale morse domenicha sera con tanto stento come se fussi sta-ta grande, et certo che mi è doluta assai perché mi era un trastullo grande».43 Una lettera scritta a Paolo da Giovanni, figlio di Cosimo ed Eleonora degli Albizzi, ri-vela come Isabella avesse allevato anche lui insieme ai propri figli: «La illustrissima signora donna Isabella mia signora sta bene et a me fa quelle amorevolezze che alli suoi propri figli e per tale mi tiene». 44

Paolo, da parte sua, per il gran desiderio di aver figli, al primo sintomo di una gravidanza di Isabella, immaginava immediatamente non uno, ma vari bambini cui dava i nomi dei suoi avi e di suo suocero. Dopo vari aborti, nell’estate del 1570 Isabella iniziò una gravidanza che sarebbe andata avanti benissimo. In quella circo-stanza Don Antonio Alvarez de’ Toledo, zio di Isabella, commentò che «sino a hora l’haveva fatto mancamento et essendo nata di madre che ne fece tanti non doverrà anchor lei manchar di farne parecchi, se ben l’ha cominciato tardi».45 A marzo del 1571 nacque una bambina a cui furono messi i nomi delle madri di entrambi i ge-nitori, Eleonora Francesca. A settembre dell’anno successivo Isabella darà alla luce Virginio, il futuro duca di Bracciano. Comunicò al marito la nuova gravidanza con una lettera traboccante di felicità: «ricevetti una sua amorevolissima la quale mi recò un contento infinito nella quale mi consiglia a medicarmi, ma sto in dubbio che chi mi piaga può solo medicarmi perch’é per certo che la sua tornata sia stata causa della mia indispositione, però bisognerà pensare ad altro che a medicine per[ché] quelle mi noceriano di certo. Di gratia non lo dite finché non sento la criatura, che sarete il primo a saperlo. Credo che sarà un’altra bimba perché sto tanto bene che non si può dir più … Circa ch’io viva seco sono sua, né mai farò se non quello che sarà la sua volontà».46

La duchessa di Bracciano era innamorata dei suoi figli. Scriveva di aver fatto fare il ritratto di tutti e due insieme, raccontava al marito le loro prodezze e come crescevano. Non disdegnava i raffinati giochi di società delle accademie senesi, ma poteva trascorrere anche giorni interi a “far vezzi” ai propri figli. Paolo non era da meno. Prima di partire per quella che passerà alla storia come la battaglia di Lepanto, si fece mandare da Isabella il ritratto della bambina e lo portò a far vedere a tutta Roma.47

43 Lettera n.195.44 Cosimo impose la tutela di Giovanni a Francesco de’ Medici e a Isabella fino al compimento dei 20 anni, ASF MdP, v. 5158 f. 146. Sulla figura di Giovanni Medici cfr. Amore e guerra nel tardo Rina-scimento, Le lettere di Livia Vernazza e Don Giovanni de’ Medici, a cura di Brendan Dooley, Firenze, Edizioni Polistampa 2009. La lettera del 6 gennaio 1575 è contenuta nel vol.152, n.3.45 Giovanni Antinori da Madrid a Paolo Giordano Orsini, 22 gennaio 1571, ASC, AO, I, Vol.152, n.142.46 Lettera n.453.47 Lettera n.432.

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La famiglia di Isabella

Isabella tendeva a porsi come modello perfetto in tutti i suoi ruoli, come figlia, madre, moglie e sorella, sempre consapevole di rappresentare con la sua persona e con il suo comportamento la sovranità medicea. È stata messa in evidenza la forte coesione della famiglia Medici e l’impronta da gioco di squadra che la caratterizza.48 Nell’ambito di questa coesione trovò subito accoglienza anche Paolo che stabilì, per ragioni di età, con Giovanni, Maria e Lucrezia un forte rapporto di fratellanza. Per il ragazzo, che ormai viveva stabilmente a Firenze, orfano dei genitori, la casa di Isabella in quegli anni era divenuta la propria casa. Nella chiusa di ogni lettera pregava la moglie di assicurare il duca, la duchessa, e «tutti li signori cugnati» che «io li son quel affettionato servitor che li son stato sempre et che non si scordi di me».49 Il desiderio di farsi amare ed accettare dall’intera famiglia Medici, a cui costantemente invia saluti nominandone i componenti uno per uno, è uno dei tratti caratteristici delle lettere di Paolo e trova rispondenza nelle testimonianze dei contemporanei. Gli scrittori fiorentini dedicavano opere a lui sapendo di far cosa gradita a Cosimo che considerava il genero come uno dei suoi figli. Il fiorentino Francesco Cattani, dedicando a Paolo Giordano l’opera filosofica L’Essamerone, lodava in lui l’“innumerabil copia di quelle veramente romane virtù”, “l’infinita sua humanità” e soprattutto il fatto che “in ogni sua azione, tenendo sempre l’oc-chio fisso in quello [Cosimo], cerca di rassomigliarle et rappresentare le gloriose imprese sue”.50 Un mottetto latino di Francesco Corteccia riconosce l’affetto che Cosimo nutre per Paolo definendolo “delizia del magnanimo Cosimo”.51 Il fatto che il duca di Bracciano fosse considerato da tutti al pari degli altri figli di Cosi-mo, emerge con chiarezza dalle reazioni dei contemporanei di fronte alla grande tragedia che colpì la famiglia nel 1562 con la morte quasi contemporanea di Garcìa, Giovanni e della madre Eleonora.52 Paolo ricevette le condoglianze come se fosse stato un membro della famiglia, soprattutto per la perdita di Giovanni, cui sia lui che Isabella erano legatissimi. In quell’occasione Leonardo Salviati dedicò a Paolo un’orazione confortatoria e il letterato Ludovico Domenichi pubblicò una raccolta di sonetti dei maggiori poeti del momento dedicandola sempre a Paolo, sapendo,

48 Maria Pia Paoli, Di madre in figlio, cit. Per quanto riguarda il concetto di “gioco di squadra” appli-cato alle famiglie della nobiltà cfr. Renata Ago, Giochi di squadra: uomini e donne nelle famiglie nobili del XVII secolo, in Maria A. Visceglia, Signori, Patrizi, Cavalieri nell’Età moderna, Bari, Laterza 1992.49 Lettera n.9.50 F. Cattani, L’Essamerone del Reverendo M.Francesco Cattani da Diacceto Patrizzio et Canonico fiorentino, et Prothon. Apostol., in Fiorenza, appresso Lorenzo Torrentino 1563. 51 Filippo di Monte, Primo libro di madrigali a sei voci, cit. Su questi madrigali e sulla loro compo-sizione per le nozze Medici Orsini cfr. Frank D’Accone, Corteccia’s motets for the Medici Marriages of 1558, cit., pp.36-73.52 «Con la pessima nuova de sì alta perdita – scriveva Lelio Torelli a Emilio Vinta – havete afflitta tutta questa città come fusse inundata dalla piena universale o appiccatovi un publico incendio, ognuno ne sta attonito et lacrimoso ognuno pieno di compassione et di dolore», ASF, MdP, vol.1687, f.45 (MAP id. 26509).

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scriveva nella dedica, quanto quei gratiosissimi signori erano stati da lui di continovo amati et hauti cari in vita et dopo la morte pianti. 53 Questo equilibrio familiare si ruppe subito dopo. Isabella era rimasta l’unica donna sopravvissuta della famiglia Medici e da questo momento fu lei a divenire il garante della coesione familiare, l’arbitro del gioco di squadra. I due fratelli, Pietro di sette anni e Ferdinando di tre-dici, erano ancora fanciulli e avevano bisogno di una guida materna. Per non parlare del padre, la cui salute, provata dai lutti familiari, andrà progressivamente peggio-rando. Ferdinando, tra l’altro, era stato eletto cardinale subito dopo la morte del fratello Giovanni. Per volontà di Francesco de’ Medici, Isabella, ancora senza figli, fu chiamata a prendere il ruolo della madre. «Cerchi Vostra Eccellenza – le scriveva Francesco che in quel momento era a Madrid alla corte di Filippo II – di tenere allegro il signor don Hernando della cui promotione ho havuto grandissimo piacere per essersi rinnovato questo splendore in casa nostra. Con Don Petrino so che farà uffitio d’amorevolissima madre et con tutto ciò le ne raccomando quanto posso».54

Dalle lettere di Pietro e Ferdinando appare chiaro come Isabella abbia ottempe-rato al suo compito di “amorevolissima madre”. Per Ferdinando, che con il fratello maggiore ha un rapporto distante e totalmente subordinato, la sorella sembra essere il vero e unico punto di riferimento affettivo. Il cardinale cerca ad ogni occasione di guadagnarne la complicità e l’approvazione tanto da riferirle, condannandole, le debolezze del padre che dopo la morte della moglie sembra aver perso l’autocontrollo e mostra in pubblico atteggiamenti poco consoni al suo ruolo: «ha da sapere che il du-cha è andato due volte in mascara e l’ultima volta, per non esser conosciuto, sì come voleva, essendo in mula, tocchò di molte aranciate dalle fantesche».55 Isabella è per Ferdinando il tramite per comunicare con il padre e il fratello, avanzare richieste, giu-stificare le proprie azioni, raggiungere i propri obiettivi: «la prego che ne scriva al duca et io non mancherò dal canto mio di tener quei mezzi che mi parranno migliori».56 A proposito dell’elezione del nuovo ambasciatore a Roma, scrive alla sorella che a suo parere la persona giusta sarebbe Agnelo Guicciardini. Si schermisce poi con lei della sua presunzione nell’aver dato un consiglio, «io che ho bisogno che me ne sia dato»,57 ma la supplica di parlarne al duca sapendo che potrà usare parole e modi migliori dei suoi. La capacità diplomatica e l’autorevolezza di Isabella doveva essere riconosciuta anche al di fuori dell’ambito familiare, tanto che Ferdinando la prega di scrivere una lettera a Vincenzo Vitelli per ottenere da lui la rinuncia a suo favore a certi suoi diritti sulla carica di Camerlengo. Sebbene maestro nell’arte della simulazione, con la sorella il giovane cardinale è sincero, la mette a parte dei suoi intrighi politici, delle sue pene sentimentali, dei suoi problemi finanziari, svela le sue vere emozioni e i suoi falsi comportamenti: «Agnolo potrà dar raguaglio a vostra eccellentia di me et di Roma

53 Leonardo Salviati, Orazioni del cavaliere Leonardo Salviati, Milano, Soc. tip. dei classici italiani, 1810, pp. 13-30; Lodovico Domenichi Poesie toscane, et latine di diversi eccel. ingegni, cit.54 Lettera n.558.55 Lettera n.566.56 Ibidem.57 Lettera n.570.

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et della libertà che qui si ha segretamente, et quanto noi siamo fuori delle riforme».58 Le rivela come alla processione delle sette chiese, per conquistare l’approvazione di Pio V abbia fatto di tutto per mostrare «grandissima divotione non solamente spargendo lacrime per li hoccj ma ancora sangue per le ginocia».59 Da Isabella Ferdinando non si sente giudicato, si fida totalmente di lei e della sua materna complicità: «mi faccia gratia mandarmi un ritratto della Tornabuona perché alontanandomi pensava che l’amor mi mancassi, mi trovo molto ingannato et credo che se mi durerà a crescere come gli ha fatto in questi dì di certo mi andaria male».60 La sorella gli è utile anche per curare l’amministrazione dei suoi beni fiorentini: «so che di costà le cose mie non hanno altro protettor che vostra eccellentia»61 le scrive. Il trasferimento a Roma di Paolo e Isabella, per motivi diversi, non sarebbe stato utile agli interessi del cardinale. Con il passar del tempo il cognato, prima amato e ammirato, si rivelerà per Ferdi-nando un intralcio sia ai suoi rapporti con il pontefice e l’ambiente romano, sia al suo legame esclusivo con la sorella, tanto che non perderà occasione per metterlo in catti-va luce. Più cresceva l’importanza di Isabella de’ Medici nelle dinamiche familiari (e politiche) medicee, più il ruolo di Paolo sbiadiva agli occhi dei fratelli sopravvissuti (e dei fiorentini), e più si allontanava il progetto di trasferirsi a Roma.

In seno alla famiglia medicea Isabella si mostra sempre efficientissima e instanca-bile, cura il padre nelle sue ultime, sempre più gravi, malattie, assiste ai parti della cognata Giovanna d’Austria, accoglie le sue nipotine quando sono malate. Sebbene la diplomazia medicea lo avesse a lungo celato, la perdita di Eleonora e dei due figli aveva completamente sopraffatto Cosimo. Sulla malattia del duca era stata imposta la massima segretezza. A Isabella era stato vietato persino di parlarne con suo marito, tanto che in seguito lo rassicurò che gli avrebbe rivelato prima il suo male «se non mi fussi stato vietato espressamente da lui».62 Durante la malattia il duca di Firenze, che aveva sempre amato moltissimo quella figlia, voleva essere accudito solo da lei. «Quel padre gioisce quando ha alla presenza questa signora», scriveva Giovanni Antinori a Paolo Giordano.63 Isabella per il padre spendeva tutte le sue forze: «sa che chi sta fitta sotto a un malato fastidioso pocho spatio gli resta di riposo»64 scriveva al marito. Ne-gli ultimi anni Cosimo era ormai, come diceva lei, mezzo amobilitato, ovvero non era quasi più in grado di muoversi. La letteratura dell’Ottocento ha interpretato quell’a-more filiale come segno di un rapporto incestuoso tra Cosimo e la figlia.65

Quello che emerge dalla corrispondenza dei fratelli di Isabella è che tutti i figli di Cosimo de’ Medici, compreso Paolo Giordano, non avessero alcun margine di

58 Lettera n.569.59 Lettera n.570.60 Lettera n.572.61 Lettera n.585.62 Lettera n.269.63 Giovanni Antinori a Paolo Giordano Orsini, 20 luglio 1566, ASC, AO, I, vol.105, n.403. 64 Lettera n.294.65 Dumas arriverà ad inventare un’inverosimile scena di stupro chiamando a testimone un ignaro Vasari, cfr. Alexandre, Dumas Les Médicis, Paris, Recoules 1845.

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libertà nei loro movimenti. Il padre e il fratello maggiore erano le indiscusse autorità della famiglia, coloro ai quali chiedere l’autorizzazione per qualsiasi azione, e da cui tutti erano sempre severamente controllati. Ognuno aveva un compito assegnato che cercava di realizzare nel miglior modo possibile, ma nessuno era pienamente a co-noscenza delle strategie e degli obiettivi e non erano contemplate mosse individuali. Lucrezia penerà molto per stabilirsi a Ferrara con il marito. Pietro vorrebbe andar via da Pisa ma non ha il permesso; Ferdinando ha mille progetti ma, se vuole, deve far tutto con ogni segretezza. La stessa Isabella vorrebbe stabilirsi a Roma con il marito ma non le viene concesso.

La funzione prevista per Paolo Giordano era unicamente di rappresentanza. Do-veva stare a Firenze, impersonare il simbolo dell’eroe romano utile da mostrare nelle occasioni cerimoniali, attento a non coltivare sogni di gloria individuale che potessero intralciare i disegni politici dei Medici. Sarà proprio lui a soffrire e pagare di più in questa situazione di attesa impotente. Condivideva fino a un certo punto le strategie medicee, aveva un nome e una propria storia familiare da difendere e valorizzare, non poteva portare la propria famiglia a Roma dove avrebbe dovuto curare i propri interessi e doveva vivere a Firenze nell’inattività e sopraffatto dai debiti sperando sempre nell’aiuto mediceo.

Del fratello più piccolo Pietro66 abbiamo solo tre lettere, ma sono comunque te-stimonianza di totale ubbidienza ai fratelli più grandi, e la sua biografia, piena di ombre scure, così come quella di Giovanni,67 il figlio naturale di Cosimo, dimostra con evidenza come fosse impossibile e rischioso fare scelte autonome nell’ambito della famiglia Medici. Vince chi riesce a trovare i propri spazi attraverso una finta arrendevolezza alle regole. Come Francesco, e soprattutto Ferdinando che riesce a ricavarsi straordinarie occasioni di libertà persino nella Roma controriformistica di Pio V. Isabella, fino alla morte, fu il vero collante affettivo di una famiglia in disgregazione, la colonna cui tutti si appoggiavano.

Di corona real degna e d’impero

Le testimonianze dei contemporanei mostrano come Isabella fosse al centro di un movimento di progressiva e generale valorizzazione del ruolo intellettuale delle donne cui contribuivano gli scritti di Aonio Paleario, ispirati a loro volta al pensiero di Erasmo, in cui si difendeva l’autonomia della donna in seno alla fami-glia, i suoi diritti al governo della casa, all’educazione dei figli, alla cultura e, se necessario, alla ribellione al marito.68 Nel 1575, un anno prima della sua morte, Girolamo Bargagli, un tempo animatore dell’Accademia degli Intronati di Siena,

66 Su Don Pietro de’ Medici cfr. Paola Volpini Medici, Pietro de’, DBI, vol.73 (2009), pp.161-165.67 Su Giovanni de’ Medici si veda il già citato libro curato da Brendan Dooley, Amore e guerra nel tardo Rinascimento. Le lettere di Livia Vernazza e Don Giovanni Medici.68 A. Paleario, Dell’economia o vero del governo della casa, a cura di S. Caponetto, Firenze, Olschki 1985.

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dedicava a Isabella de’ Medici il suo trattato dei giochi per sdebitarsi, così afferma nella dedica, dei grandi favori che l’Accademia aveva ricevuto da lei. Bargagli pa-ragona i vecchi intrattenimenti senesi con quelli «che si fanno qualche volta alla presenza sua, fra donzelle e cavalieri nella sua real corte».69 Il tipo di donna che frequentava le riunioni degli Intronati, continuava nella sua dedica a Isabella, non amava trastulli comuni, non era accettata se durante le veglie parlava dei figli, del marito, del costo del lino da tessere, e in generale delle cose di casa, perché così si sarebbe mostrata donnicciola, non donna. Donnicciola Isabella non era certamente e, se qualche volta si trovava a sdilinquirsi per i propri figli, se ne stupiva e se ne rallegrava.

Isabella fu certamente un’importante figura di riferimento all’interno della famiglia, ma poiché la sua era una famiglia sovrana, quel ruolo, finché visse il padre, le fu riconosciuto anche dalle altre corti. Negli anni Settanta del Cinque-cento l’unica figlia di Cosimo de’ Medici, ormai Granduca, diveniva il cuore della corte medicea. Anche dopo il matrimonio del fratello Francesco de’ Medici con Giovanna d’Austria la sua figura continuerà a prevalere su quella della sovra-na straniera. L’altero distacco, la grazia, ne fanno per la critica una perfetta icona principesca. Di questo era perfettamente consapevole, “attendo a ingrossare ma non ad ingrassare”70 scriveva con civetteria al marito quando era incinta. Let-terati, musici, poeti dedicavano a lei le proprie opere come fosse la vera signora di Firenze.71 «Donna real – cantava per lei Varchi – che non pur di beltate, ma di soavi angelici costumi vincete ogn’altra, e co’ bei santi lumi il sesso tutto e l’secol vostro ornate». 72 «Di corona real degna e d’impero» cantava una canzone composta da Stefano Rossetti in suo onore. 73 «Donna real che lietamente stai d’honor pomposa e di virtut’ornata» cantava un madrigale di Giovanni Maria

69 Girolamo Bargagli, Dialogo de’ giuochi che nelle vegghie sanesi si usano fare. Del Materiale Introna-to. All’Illustrissima et Eccellentissima Signora Donna Isabella de’ Medici Orsina Duchessa di Bracciano, Venezia MDLXXIIII.70 Lettera n.391. 71 Nonostante la centralità di Isabella nella cultura fiorentina dell’epoca del granducato di Cosimo de’ Medici, i suoi ritratti, che dovevano per forza di cose essere numerosi e opera dei maggiori artisti che gravitavano a Firenze, sono stati per molto tempo non identificati o attribuiti ad altre donne. Re-centemente Lisa Goldenberg Stoppato ha aggiunto un tassello nuovo e interessante allo studio sulla ritrattistica della duchessa in un saggio sui ritratti Orsini, cfr. Lisa Goldenberg Stoppato, Appunti “ fiorentini” per il corpus della ritrattistica degli Orsini, in Gli Orsini e i Savelli nella Roma dei Papi. Arte e mecenatismo di antichi casati dal feudo alle corti barocche europee, a cura di Cecilia Mazzetti di Pietralata e Adriano Amendola, Roma, Silvana editore 2017, p.316 e note 51 e 52. Sui ritratti di tutti i membri della famiglia Medici si vedano gli importanti contributi di Gabrielle Langdon, Medici Women, Portraits of power, Love and Betraial, from the court of Duche Cosimo I, Toronto-Buf-falo-London, University of Toronto Press 2006, e di Karla Langedjk, The portraits of the Medici 15th-18th Centuries, Firenze, S.P.E.S. 1981-1987.72 Benedetto Varchi, All’ Illustrissima signora donna Isabella Medici degli Orsini, duchessa di Braccia-no, in Opere di Benedetto Varchi, cit., vol.2, p.902, sonetto LXVII.73 Stefano Rossetti, Il lamento di Olimpia di Stefano Rossetti musico del Reverendissimo cardinal de’ Medici, cit.

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Nanino.74 Ridolfo Conegrani, il vecchio ambasciatore del duca di Ferrara, che nel suo nuovo palazzo di Modena aveva fatto dipingere sulla facciata lo stemma di Isabella de’ Medici, a novembre del ’74 le aveva spedito un cappellino di velluto che, essendo la duchessa in lutto per la morte del padre, era nero con una fascia di piccole perle nere e con quatro corone d’arione che voleno significar che lei meritaria esser Regina di quatro regni.75

Le lettere ci rivelano che Isabella accolse la granduchessa Giovanna d’Austria, ancor prima del suo arrivo, con un affettuoso scambio epistolare. Sulla strada tra Pistoia e Firenze la f iglia del duca, insieme al fratello Francesco, si fece incontro alla nuova cognata per renderle omaggio e intrattenersi poi con lei privatamente nella villa di Poggio a Caiano per qualche giorno prima dell’in-gresso trionfale. A Firenze, come racconta Mellini, Isabella ricevette Giovanna d’Austria in veste ufficiale, circondata dalle sue dame di corte e da cinquanta gentildonne fiorentine.76

Proprio in quest’occasione, così solenne e soggetta più di ogni altra alle regole del cerimoniale, appare chiaro il ruolo svolto da Isabella. Lei è chiamata a fare quello che avrebbe fatto sua madre se fosse stata ancora viva: ricevere la nuova venuta e accoglierla nella famiglia e nello Stato. Isabella inviò il conte Clemente Pietra a congratularsi e portare i saluti anche a Caterina d’Asburgo, la sorella di Giovanna, che sposando Sigismondo II Augusto Jagellone era divenuta regina di Polonia.77

Quando Cosimo I nel 1570 fece l’ingresso a Roma per ricevere il titolo granducale da parte di Pio V, dei suoi quattro figli, il protocollo pontificio riservò solo a Isabella l’ingresso solenne subito dopo quello del padre, esattamente come già era accaduto per sua madre dieci anni prima:78«Isabella figlia di detto duca, lo stesso giorno fece l’ingresso in Roma», annotava nel diario ufficiale il cerimoniere pontificio.79 Non fu

74 L’identificazione con Isabella come dedicataria del sonetto è di Antony Neucomb e Christina Boenicke. Il testo intero, riportato dai due autori, è questo: Donna real, che lietamente stai/ D’honor pomposa e di virtut’ornata/ E con la vist’angelica e beata/ Chi t’ardisce mirar pudico fai, /L’alta tua gran beltà, che non fu mai/ Simile a lei qual è più ognor lodata/, Di tal vaghezza e d’ honestate armata/ Ch’un sol ti fa parer cinto di rai/ Dal cui splendor le Gratie accolt’ in schiera/ Spargono il lor thesor nel tuo bel viso/ Che meraviglia altrui sporg’e diletto/ Beatissima te, che mostr’altiera/ Sovra tutt’altr’ il ben del pa-radiso/ Ne l’opre, nel parlar, nel dolce aspetto, Cfr. Giovanni Maria Nanino, Complete Madrigals Part I. Il primo libro di madrigali a cinque voci. Edited by Christina Boenicke and Antony Newcomb, Middleton-Winsconsin, A-R Editions 2012, pp.XXXVIII-XLIV. 75 Lettera n.612.76 Descrizione della entrata della Serenissima reina Giovanna d’Austria e dell’apparato fatto in Firenze et per felicissime nozze di S. Altezza et dell’Ill.mo et Ecc.mo S. Don Francesco de’ Medici principe di Fiorenza et di Siena, Firenze, Giunti, 1566.77 Lettera n.59578 Sull’ingresso a Roma di Eleonora de Toledo cfr., Agostino Lapini, Diario Fiorentino dal 1252 al 1596, a cura di G.O. Corazzini, Firenze, Sansoni, 1900, p.131. 79 Domenico Moreni, Della solenne incoronazione del Duca Cosimo de’ Medici in Gran Duca di Tosca-na fatta dal Sommo pontefice S.Pio V. Ragguaglio di Cornelio Firmano cerimoniere pontificio, Firenze, nella stamperia Magheri 1819.

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un ingresso sontuoso come quello di Eleonora di Toledo, Pio V non amava il lusso e aveva emanato da poco norme suntuarie molto restrittive.80 Quando, qualche giorno dopo, circondata da molte nobili dame, Isabella si recò a baciare il piede di Sua Santità, lo fece con grande umiltà, come annotò il cerimoniere pontificio, e fu benignissimamente ricevuta. 81

Isabella non dimenticava mai di essere prima di ogni cosa figlia di Cosimo de’ Medici. Non è casuale che prima della concessione al padre del titolo di granduca si firmasse usando lo spagnolo dogna e successivamente, quando la politica medicea si fece più autonoma rispetto alla Spagna, abbandonasse il termine spagnolo per l’ita-liano donna. Alla morte di Cosimo Isabella ricevette le condoglianze del re di Spa-gna, che mandò a Firenze Gonzalo Fernández de Córdoba duca di Sessa a porgerle personalmente,82 del duca di Urbino,83 di Elisabetta d’Asburgo,84 moglie del re di Francia Carlo IX, di Caterina de’ Medici che le mandò una lettera commossa e piena di affetto in cui si firmava “votre bonne cousine”.85

In una lettera di maggio del 1575 Isabella reagisce in modo brusco, tipico del suo carattere, a un appunto del marito. L’aveva accusata di occuparsi più di negozi di Stato che di lui. «Non ho Stati che governare – rispondeva piccata, come sempre quando le si muoveva un’accusa – salvo quattro contadini delli quali, come ignoran-te, lasso al fattor la cura, et li Stati di mio fratello sono ben da lui curati senza mio aiuto […]. A tal che, salvo il governar me e la mia famiglia, che a cosi poco sapere come è ‘l mio non è poco, mi restano poche faccende».86 Ma quali erano questi nego-zi di stato che avrebbero tanto impegnato Isabella proprio mentre la malattia la stava aggredendo? Alcune lettere di Enrico III, Caterina de’ Medici, don Giovanni d’Au-stria ed Hernando di Toledo, anche se sono solo frammenti di realtà e lasciano ampi spazi vuoti, offrono indizi importanti sui rapporti diplomatici di Isabella. Alcuni di questi rapporti hanno esplicitamente lo scopo di aiutare il marito a trovare un in-carico militare, come ad esempio le lettere scambiate con don Giovanni d’Austria.87 Altri hanno probabilmente lo stesso scopo finale ma sono apparentemente di segno diverso. Caterina de’ Medici, ad esempio, la ringrazia per l’aiuto dato agli «affari del re mio figlio».88 Si può supporre che Isabella abbia perorato con Francesco il prestito che poi il re ottenne. Se così fosse però si sarebbe trattato di un inganno del destino perché il fratello addusse proprio la scusa di quell’esborso per non concederle l’aiuto

80 Bando e riforma sopra le immoderate spese et pompa del vestire et de’ conviti, in quest’alma città di Roma, in Roma l’anno MDLXVI (s.n.t.)81 Domenico Moreni, Della solenne incoronazione del Duca Cosimo de’ Medici, cit.. p.19.82 Lettera n.523.83 Le risposte di Isabella alle condoglianze del duca di Urbino Guidobaldo II Della Rovere sono in ASF, Ducato di Urbino, b.236, cc. 662-664.84 Lettera n.603.85 Lettera n.601.86 Lettera n.526.87 Lettere nn.605, 606.88 Lettere nn.601 e 602.

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economico necessario a salvare dalla bancarotta la sua famiglia: «Mi ha ditto – scri-veva Isabella al marito – che fino al cor li pesa non poter far per adesso tal servitio a noi e nostri figli, allegando ragione che lo sborso, per esser grande, li è dificile per molte cause». Una di quelle cause erano «li dinari che il re di Francia vole che sono 200.000 e questi sono urgenti».89

A febbraio del 1576, un mese dopo la conferma imperiale del titolo granducale a Francesco de’ Medici,90 Isabella, attraverso l’ambasciatore Ruberto Ridolfi, inviato in Spagna per partecipare al re la notizia, mandò una lettera al priore di Castiglia don Hernando Alvarez di Toledo che tanto si era speso per raggiungere quell’obiettivo. Evidentemente anche lei, in quanto sorella del granduca, era tenuta a ringraziare per un titolo i cui effetti sarebbero ricaduti su tutta la famiglia. Ma forse il motivo era anche un altro. I Medici erano in attesa del consenso spagnolo e la lettera di Isabella poteva contenere questa richiesta. Comunque sia il priore le rispose che avrebbe fatto di tutto per accontentarla manifestandole grande affetto e stima, ma la lettera arrivò a Firenze solo dopo la sua morte. 91

La posizione e la capacità diplomatica consentirono a Isabella di partecipare alla fitta trama di rapporti che legava tra loro le mogli dei sovrani in un continuo scam-bio di favori, a quelle segrete alleanze che si intrecciavano fuori dai canali ufficiali. Se ne ha un piccolo saggio nelle lettere a lei inviate da Margherita di Valois, la colta duchessa di Berry, figlia del re di Francia Francesco I e moglie di Emanuele Filiberto di Savoia. Margherita non solo radunava attorno a sé intellettuali e poeti, ma, imbe-vuta di spirito erasmiano, proteggeva e difendeva la libera espressione della religione in un momento in cui la repressione delle eresie in Savoia, proprio da parte di suo marito, si faceva sempre più violenta.92

In una delle sue lettere chiedeva a Isabella protezione per la figlia di Bartolomeo del Bene, suo maestro di casa93 e in un’altra la pregava di sentire il parere di Cosimo circa una commenda che avrebbe voluto istituire. Margherita si dichiarava molto obbligata nei confronti della duchessa di Bracciano da cui, come scriveva, aveva già ricevuto molti favori e che chiamava affettuosamente ma cousine.94

Come una sovrana Isabella svolgeva un ruolo di patronage femminile proteggen-do o incoraggiando la carriera professionale delle donne. Ne dà un esempio, anche se purtroppo non ha lasciato traccia nella corrispondenza, Maddalena Mezari, det-

89 Lettera n.503.90 Il titolo di granduca a Francesco de’ Medici fu deciso dall’imperatore con il decreto di Ratisbona del 2 nov. 1575 e ratificato con un diploma del 26 gennaio 1576, cfr. Gino Benzoni, Francesco I de’ Medici, granduca di Toscana, DBI, vol. 49 (1997), pp.797-804. 91 Lettera n.615. 92 Cfr. Salvatore Caponetto, La riforma protestante nell’Italia del Cinquecento, Torino, Einaudi 1997, pp.166-168.93 Bartolomeo del Bene non solo era, come la duchessa lo definisce “l’un des mes antiens et fidelles serviteurs”, ma soprattutto era uno tra i più conosciuti pensatori protestanti e autore di una famosa opera di carattere utopico dal titolo “Civitas veri”. Sul personaggio cfr. Paolo Procaccioli, Del Bene, Bartolomeo, DBI, 36 (1988), pp.330-333. 94 Lettera n.597.

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ta Casulana, celebre madrigalista, considerata la prima donna nella storia ad aver pubblicato le sue composizioni. Le parole dell’introduzione al Primo libro de’ ma-drigali a quattro voci pubblicato a Venezia nel 1568 e dedicato a Isabella, rivelano chiaramente la condivisa e nuova riflessione che sul rapporto tra i generi maturava in quella seconda metà del Cinquecento nelle corti italiane. Maddalena, attraverso la sua musica, vuol dimostrare che le donne sanno padroneggiare, come gli uomini, i doni dell’intelletto.95

Con il marito in molti casi la duchessa ha un rapporto paritario di complicità e alleanza negli obiettivi. Quando lui è a Roma si scambiano favori intercedendo l’uno col papa, l’altra con Cosimo. Esattamente come il marito, e in accordo con lui, Isa-bella si poneva come una sorta di arbitro nelle contese che riguardavano l’onore e che sarebbero potute degenerare facilmente nel sangue, come accadde nella lite tra Carlo Baglioni e Paolo Sforza.96 Induce i litiganti a firmare accordi, testimonia giuramen-ti, manda i più facinorosi a combattere contro i turchi obbligando a volte il marito riluttante ad accettarli sulle sue navi.97 Per anni, insieme a Paolo Giordano, difese e protesse prima Cornelio Sozzini, poi suo nipote Fausto, il teologo senese accusato di eresia.98 Nel 1569, quando la repressione religiosa si stava facendo più feroce, per sfuggire all’Inquisizione che aveva già colpito vari membri della sua famiglia, Fausto Sozzini venne assunto come procuratore e segretario al servizio di Paolo Giordano Orsini. Secondo la prima e più accreditata biografia del teologo, il ruolo dei duchi di Bracciano fu essenziale per la sua salvezza. In cambio della protezione, Sozzini pro-mise di non pubblicare nulla con il suo nome finché i suoi protettori fossero vivi.99 La coppia ducale protesse anche Paolo Ghislieri, nipote di Pio V, che, per futili mo-tivi, il severo pontefice aveva esiliato da Roma e privato della carica di governatore di Borgo.100 È frequente che nelle sue lettere Paolo Giordano raccomandi qualcuno a Isabella affinché lo prenda sotto la sua protezione, a volte nella loro stessa casa.

Il modello di autorità sovrana che Isabella si sforzava di incarnare includeva un comportamento virtuoso e spirituale ed è questa l’immagine di lei che prevale nei contemporanei. Nello stesso canone di donna virtuosa era stata inserita dai fioren-

95 «Conosca veramente Illustrissima ed Eccellentissima signora che queste mie primitie, per la debo-lezza loro, non possono partorir quell’effetto ch’io vorrei, che sarebbe, oltre il dar qualche testimonio all’Eccellenza Vostra della divotion mia, di mostrare al mondo (per quanto mi fosse concesso in questa profession della musica) il vano error degli huomini che degli altri doni dell’intelletto tanto si credono patroni che par loro ch’alle donne non possono medesimamente esser comuni». Il vano error degli uomini è anche il titolo di uno dei suoi ventuno madrigali. Il primo libro dei madrigali della Casulana fu pubblicato dall’editore veneziano Scotto.96 Lettera n.525.97 Lettere nn.449, 452.98 Lettere nn.322, 339, 340, 354, 360, 369, 370, 376, 40899 Sul rapporto di Fausto Sozzini con Isabella e Paolo Giordano si veda la Vita Fausti S. senensis descripta ab equite Polono che si trova premessa alla prima edizione di F. Sozzini, Opera omnia, introduzione e sommari di E. Scribano, Siena, Ciaccheri 2004 (riprod. facs. dell’edizione Treno-poli 1656).100 Lettere nn.304, 320.

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tini la madre Eleonora.101 Nella raccolta delle Rime di Sozzini, vi è un delizioso sonetto in forma di acronimo. Le prime lettere di ogni verso compongono il nome di Isabella. I versi dipingono l’immagine di un cielo che si apre per far nascere dal suo seno un’anima di pura bellezza ricoprendola poi di un velo leggero che lascia contemplare quella luce divina come una ricompensa “a chi per lui tormenti unqua sofferse”. Gli ultimi due versi contengono un augurio, che come ella ha sempre mes-so a disposizione degli altri la sua “musa eterna”, ora lo faccia per sé. Il sonetto cele-bra in Isabella il tema petrarchesco della donna che si fa tramite della luce di Dio.102 Sozzini non era l’unico ad attribuire a Isabella la profonda spiritualità consona al suo ruolo. Molti anni prima, Beltramo Poggi, celebre autore di tragicommedie, dedican-dole l’opera La invenzione della croce di Giesù Cristo, dichiarò di averla scelta non solo perché «fra l’illustri et le più rare donne del mondo ma anche delle più devote et spirituali che fra noi si ritrovi».103 Il 4 febbraio 1575 il bolognese Muzio Manfredi dedicava a Isabella una sua lezione recitata nell’Accademia dei Confusi di Bologna. Si trattava di una disquisizione sull’onore reciproco fra gli uomini e le donne e sul rispetto che sta a fondamento di ogni relazione fra i sessi. L’autore, non fiorentino e quindi non suddito dei Medici, dichiara di dedicare quel lavoro alla duchessa di Bracciano «perché universalmente considerata, o meglio venerata, sia dagli uomini che dalle donne, come vero simulacro dell’honore donnesco».104 Felice Faciuta, infi-ne, autore di un trattato sulla natura degli angeli, le dedicherà nel 1576, anno della sua morte, dei versi in un poema pastorale lodando il suo angelico portamento e la sua immagine divina.105 Si trattava di evidente piaggeria, Isabella dalle lettere ci appare come una donna molto concreta, ma quegli esagerati complimenti mostrano come alla figlia del sovrano fosse richiesto di impersonare l’idea stessa della donna virtuo-sa e spirituale, e finché visse, nessuno mai l’accusò del contrario.

La malattia dell’uppilazione

Nella tradizione storiografica il momento tragico della morte violenta del perso-naggio Isabella de’ Medici condiziona e deforma tutto ciò che si sa di lei. Il delitto è il cardine, il dato fermo e indiscusso partendo dal quale si costruisce la leggenda, si modellano a ritroso i caratteri dei protagonisti del dramma e la loro personalità.

101 Andrea M. Galdy, L’appartamento di Eleonora de’ Toledo in Palazzo Vecchio: la scena della nuova Isabella la Cattolica, in Le donne Medici nel sistema europeo delle corti (XVI-XVIII secolo), cit., vol. II, pp.621-624.102 Fausto Sozzini, Rime, a cura di E. Scribano, Roma, Edizioni di Storia e letteratura 2004.103 Beltramo Poggi, La invenzione della croce di Giesù Cristo, descritta in versi sciolti e in stile comico et tragico per Beltramo Poggi fiorentino, In Fiorenza, Giunta Bernardo eredi 1561.104 Muzio Manfredi, Lettione del Signor Mutio Manfredi, il Vinto Accademico Confuso. Da lui pubbli-camente recitata nella illustre Accademia dei Confusi in Bologna a IIII di febraio MDLXXV nella quale con la interpretazione di un sonetto del Sig. Cavalier Gio. Galeazzo Rossi, detto il Disposto, si discorre dell’ honore reciproco fra gli huomini e le donne, Bologna, Benacci 1575, pp.3-9.105 Felice Faciuta, Pastoralia, Firenze, Marescotti 1576, pp.77-78; 84.

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Partendo da quel presupposto la storiografia ha finora interrogato i documenti inter-pretandoli in modo preconcetto e, cosa più grave, ha deformato le loro informazioni, costringendoli a dire ciò che non dicono e non vogliono dire.

Oggi, alla luce della corrispondenza ma anche di molti altri documenti, la versione tradizionale dell’omicidio di Isabella da parte del marito cade come un castello di carte. Non solo perché non si fonda su testimonianze attendibili, ma soprattutto perché è emersa abbondante documentazione attestante la generale consapevolezza e attenzione per la grave malattia che la porterà alla morte. Le notizie dei malesseri della duchessa di Bracciano costellano qua e là tutte le lettere, ma è dal 1574 che si infittisce la crescente preoccupazione per lei da parte di chi le sta accanto. Tutti, anche Isabella, parlano di uppilazione. Un termine che vuol dire ostruzione e può essere renale, intestinale o uterina. Qualunque fosse la sua malattia, la diplomazia medicea l’aveva accuratamente celata, così come aveva celato o sminuito la malattia di Cosimo per non destabilizzare il potere mediceo.106 Ad agosto del 1574 Isabella ebbe la prima grave emorragia. Nel referto del dottor Baccio Gatteschi Strada si parla di uppilatione delle vene della matrice, e quindi di ostruzione uterina.107 Da questo momento il bollettino del maestro di casa Jacopo Bonaparte segnala per mesi febbre intermittente.108 A febbraio del 1575 l’ambasciatore Ercole Cortile riferiva ad Alfonso d’Este che «La signora donna Isabella sta con la febre continua molti gior-ni sono et ancora che sia febbre un poco lenta però a molti non pare che sia male così legiero».109 A marzo la stessa Isabella scriveva al marito: «ho un giorno bono et uno tristo. Il tristo sto in letto el bono vo a spasso perché li medici dicono essermi l’esercitio necessario et tutto il mio male esser uppilatione cominciatami d’agosto et anchor mi dura et tiemmi assai afflitta. Mi hanno cavato once 18 di sangue per li piedi. Adesso mi danno sciloppi et di poi vogliono che vada in Villa a far esercitio. Dio voglia che mi giovi e questa è stata la causa perché non ho scritto perché come tengo la testa bassa mi vengono certe vertigini che mi tolgono la vista affatto e per questo sono stata negligente».110 A settembre in una lettera del cardinal Ferdinando per la prima volta al male di Isabella viene dato un nome, anche se solo come sospet-to: “Crederei che fosse bene che vostra eccellenza venisse perché ancora sua moglie sta male et non si leva dal letto con pericolo di idropisia”.111 Quella malattia aveva sintomi evidentissimi e un decorso fin troppo conosciuto. Si trattava di uno straor-

106 Ernst Kantorowicz, I due corpi del Re. L’ idea di regalità nella teologia politica medievale, Torino, Einaudi 1989.107 La matrice è l’utero. Da una lettera a Francesco de’ Medici di Bartolomeo Gatteschi Strada ar-chiatra granducale datata 8 ottobre del 1575 in cui si ricorda l’episodio dell’anno precedente (ASF, MdP., f.678, c.138).108 Sulla malattia di Isabella cfr. E. Mori, La malattia e la morte di Isabella Medici Orsini, cit., pp.77-97. 109 Lettera di Ercole Cortile al duca di Ferrara, 17 febbraio 1575, ASM, Cancelleria ducale, dispacci da Firenze (d’ora in poi solo ASM), b. 24, fasc.11. 110 Lettera n.523.111 Ferdinando de’ Medici a Paolo Giordano Orsini da Firenze, 26 settembre 1575, ASC, AO, I, vol.146, n.13.

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dinario accumulo di liquidi nell’addome o nelle gambe che aveva effetti deturpanti, nei casi più gravi portava alla morte.

L’otto ottobre del 1575 il medico granducale Bartolomeo Gatteschi Strada scriveva a Francesco de’ Medici dopo un consulto alla villa di Baroncelli. Isabella aveva avuto una nuova emorragia e lo Strada era molto preoccupato per la sua salute e soprattutto per la febbre continua. Era riuscito a persuaderla a tornare a Firenze minacciandola che non si sarebbe mosso dal suo capezzale finché non fosse guarita.112 Per rispetto al vecchio medico di suo padre Isabella si fece convincere. La notizia della grave malat-tia della duchessa arrivò con gli “avvisi” anche a Venezia. 113 L’ambasciatore estense il 29 ottobre scriveva: «La signora donna Isabella la quale si diceva che si era enfiata, si è sfiata et è ritornata nel suo primo essere per una grandissima copia di purgatione che le è venuta».114 Il 31 ottobre riferiva al duca Alfonso che la duchessa stava meglio, si era alzata ed aveva anche conversato a lungo con lui.115 Ma Isabella non era affatto migliorata. Lo rivela lo stesso ambasciatore un mese più tardi: «La Signora Donna Isabella – scriveva il 26 novembre – ha havuto tre o quattro accidenti talli che li me-dici haveano concluso che se le venivano doi altri simili che non v’era più speranza di vita».116 A febbraio del 1576 il canonico Bruto de Pallis, antico familiare di Paolo Giordano, pregava Padovano Guglielmini, il medico di casa Orsini, di venire subito a Firenze a visitare la signora perché «è stata male d’una febbre che halla consumata in maniera che non è riconoscibile».117 Nella stessa lettera de Pallis scriveva come Virginio, all’epoca di appena quattro anni, avesse mandato alla madre malata un madrigalino da lui composto e lei avesse ordinato di farlo subito musicare.

La voce della duchessa di Bracciano, fino ad allora fiera, ironica e battagliera, divie-ne sempre più flebile e dolente. Ad aprile cerca ancora di sminuire la sua malattia al solito modo, ironico e sbrigativo: «Io sto assai bene ma li tempi novi mi travagliano, a tal che posdomani mi vogliono dar un poco di medicina e poi quattro o sei scilop-pi, poi non so che bono al upilarme e a pigliarlo me anderò in villa con la brigata, come dicono a Fiorenza. Li pupi stanno bene e tanto saporiti che non ci è chi li ar-rivi».118 Qualche mese prima di morire ebbe anche l’energia di raccogliere le ultime confidenze di Orso Orsini che, ferito mortalmente in un agguato, solo a lei decise di rivelarle.119

Nella sua ultima lettera del 27 d’aprile 1576 Isabella ringrazia il marito dei muli da lettiga che le ha mandato. Anche se ormai non può più camminare, non per questo cessa di darsi da fare: «Mando a vostra eccellentia le camicie et fazzoletti, et se non

112 ASF. MdP., b.678, c.138.113 Da avviso da Venezia del 15 ottobre 1575 «…signor Paolo Giordano, la moglie del quale scrivono di Firenze trovarsi gravemente indisposta», ASF, vol.3082, fol.333.114 Lettera di Ercole Cortile al duca di Ferrara, ASM, b.24, fasc.12.115 Ibidem.116 Ibidem.117 Bruto de Pallis a Padovano Guglielmini, 21 febbraio 1576, ASC, AO, I, vol.339, n.232.118 Lettera n.546.119 Lettera n.544.

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sono belle come lei meriterebbe, diane la colpa al lino che mi hanno portato. Li dua muli da lettiga che lei mi ha mandati, delli quali lene bacio le mani et li goderò, come faccio, per suo amore. Mi rallegro che acchomodi le cose sua et insieme di sua salute. Li pupi stanno bene affatto et io sto così così, pure, in qualsivoglia modo, sto per servirla et adorarla sempre, et li do la bona Pasqua et li bacio le mani».120 Il 16 luglio del 1576 Isabella morì nella villa medicea di Cerreto Guidi. Giuliano de’ Ricci nella sua cronaca annota che nei giorni passati: «eran dico, andati la signora Isabella et il marito a spasso a Cerreto Guidi et all’Ambrogiana dove, o per il troppo bere fresco o per la mala sanità che da qualche mese in qua era in lei, se li scoperse una malattia lenta e fastidiosa et visto che la non guariva per stare in villa, si risolvé tornarsene a Firenze. E così per strada, assaltata più fieramente dal male, si fermò in Empoli dove morì addì 16 di luglio 1576 a hore 18 con molto dispiacere di chiunque la conosceva, essendo questa signora, oltre alle bellezze del corpo, bellissima d’ani-mo, virtuosissima, splendida e liberale».121

La costruzione della leggenda

Ma se Isabella de’ Medici morì di malattia, come e perché si diffuse la falsa notizia del suo strangolamento da parte del marito? Probabilmente le risposte sono due: da un lato il malcontento dei dissidenti fiorentini e la loro grande capacità di inventare storie infamanti sulla famiglia al potere, dall’altro i tentativi di Alfonso d’Este (e non solo) di togliere il titolo di granduca a Francesco de’ Medici e di rovesciare il regime mediceo sfruttando proprio quel malcontento.

La notizia ufficiale della morte della duchessa di Bracciano giunse alla corte esten-se insieme a quella della morte di Leonora di Toledo, la giovane moglie di Pietro de’ Medici, avvenuta pochi giorni prima. Contemporaneamente arrivò da Firenze una lettera anonima, indirizzata all’ambasciatore di Alfonso d’Este, Ercole Cortile,122 in cui la notizia della morte di Leonora veniva riportata in modo infamante, come commentò l’ambasciatore mediceo Bernardo Canigiani. I due diplomatici decisero di comune accordo di non dare alcun peso a quel condensato di calunnie, opera di cervelli scandolosi et che vanno storcendo il vero.123 Cortile però non fu di parola. Lo rivela la presenza di una lettera di quel tenore, firmata da lui, nella corrispondenza medicea, evidentemente intercettata mentre viaggiava verso Ferrara.124 I rapporti

120 Lettera n.548.121 Giuliano de’ Ricci, Cronaca (1532-1606) a cura di Adriana Sapori, Milano-Napoli, Ricciardi 1972, pp.197-198.122 Sulla vicenda delle lettere anonime cfr. E. Mori, L’onore perduto di Isabella de’ Medici, cit., pp.277-281.123 Lettera di Bernardo Canigiani a Francesco de’ Medici, 20 luglio 1576, in ASF, MdP., b.2895, c.65.124 La lettera sull’uccisione di Leonora è stata trascritta da Cantagalli nelle note al Diario di Firenze (B.Arditi, Diario di Firenze e di altre parti della cristianità: 1574-1579; a cura di Roberto Cantagalli, Firenze, Istituto nazionale di studi sul Rinascimento, 1970, pp.105-106, nota 2).

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tra Medici ed Estensi, già da tempo gravemente turbati da questioni di precedenza, avevano subìto un’ulteriore profonda incrinatura a causa della ratifica imperiale del titolo di Granduca a Francesco de’ Medici.125 Il diploma di Massimiliano II d’Asbur-go porta la data del 26 gennaio 1576 ma l’assenso spagnolo tardò ad arrivare. Il 29 luglio l’ambasciatore Cortile, tornato a Firenze, scriveva ad Alfonso che Francesco aveva ricevuto una lettera “amorevole” dal re di Spagna che si congratulava per il titolo e gli dava dell’Illustrissimo, qualifica adeguata allo status di granduca. La no-tizia doveva risultare molto sgradita al duca di Ferrara. Per risollevare il morale del suo padrone l’ambasciatore non ebbe alcuno scrupolo a riferirgli nei particolari il resoconto dell’omicidio di Isabella de’ Medici così come dovevano averlo partorito i cervelli scandolosi. Che la ricostruzione dettagliata dell’omicidio riferita da Cortile ad Alfonso d’Este fosse tratta da uno dei numerosi manoscritti anonimi che i dissidenti antimedicei diffondevano e che tuttora sono conservati in numerosi archivi e biblio-teche, lo rivela il fatto che vi figurano espressioni e immagini simili a quelle che use-ranno tre secoli dopo, come vedremo, gli scrittori dell’Ottocento che a quei mano-scritti dichiarano esplicitamente di ispirarsi.126 Cortile però sottolineò un particolare che poteva rivelarsi un ottimo strumento per screditare l’immagine di Francesco de’ Medici agli occhi delle grandi potenze: la signora era sì stata uccisa dal marito, ma il “vero” colpevole, il mandante dell’omicidio era il novello granduca che si dimostrava per questo indegno del titolo che gli era stato dato.127 Cortile non accennava al per-ché Francesco, secondo lui, covasse tanto astio nei confronti della sorella128: «Questo caso – scriveva l’ambasciatore – ha incrudelito tanto questo popolo verso questo signore [Francesco de’ Medici] che non si potrebbe dir più et ne parlano alla libera, dicendone tutti questi mali che si possono dire di un tiranno et è venuto il popolo a tal termine che non vi è più nessuno che ne speri più misericordia, havendo così fatto porre le mani nel suo sangue».129 L’obiettivo della diplomazia estense era di utilizzare

125 Sulle questioni di precedenza cfr. M.A.Visceglia, Conflitti di precedenza alla corte di Roma tra Cinquecento e Seicento, in La città rituale, Roma e le sue cerimonie in età moderna, Roma 2002, pp.119-190. Per il conflitto tra Medici ed Estensi cfr. G. Mondaini, La questione di precedenza tra il duca Cosimo I e Alfonso d’ Este, Firenze, Ricci 1898.126 Carlo Botta userà uno di quei manoscritti anonimi per ricavarne un capitolo della sua Storia d’Italia (Storia d’Italia continuata da quella del Guicciardini sino al 1789, Capolago 1833, tomo IV, libro XIV, pp.201-204). Su quello stesso manoscritto anonimo, che dichiara di aver trovato nella bi-blioteca Capponi, Guerrazzi baserà il suo dramma (Francesco Domenico Guerrazzi, Isabella Orsini duchessa di Bracciano. Racconto di F.D. Guerrazzi, Firenze, Felice Le Monnier 1844). 127 Lettera di Ercole Cortile al duca di Ferrara, 4 agosto 1576, ASM, b.24, fasc. 14.128 Roberto Cantagalli riempie la lacuna ipotizzando che Francesco odiasse Isabella perché lei si dava da fare per far sposare Bianca Cappello con Troilo Orsini, cfr. Bastiano Arditi, Diario di Firen-ze, cit., p.69, nota 1 e p.109, nota 1. Lo studioso considera una diceria infame e priva di fondamento, dovuta ad un insopportabile incrudirsi di una campagna di velenose pasquinate l’affermazione del diarista fiorentino Bastiano Arditi (dichiaratamente antimediceo) per cui Isabella avrebbe avuto una tresca con un giardiniere di Montevarchi, mentre accoglie come veritiera l’altrettanto (a nostro pare-re) infame diceria dei rapporti della duchessa con Troilo Orsini e ipotizza, senza alcun fondamento documentario, l’odio di Francesco per la sorella.129 Lettera di Ercole Cortile al duca di Ferrara, 4 agosto 1576, ASM, b.24, fasc. 14.

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la falsa notizia dell’omicidio di Isabella per provocare una sollevazione di popolo contro Francesco de’ Medici, o per lo meno il ritiro imperiale del titolo. Lo dimo-strano varie lettere. In una dell’anno precedente Cortile assicurava Alfonso che a Firenze era più amato dei Medici, e in particolare da quelli che erano “malsatisfatti” del loro governo.130 In un dispaccio del 4 agosto, dopo aver elencato varie malefatte del granduca, l’ambasciatore si augurava che Dio «voglia dar fine presto alla casa sua et levarli lo stato di mano».131 In lettere successive ormai Cortile raccoglie e semina calunnie sulla famiglia Medici: racconta che Paolo Giordano non vuole più vedere i figli perché non sono suoi, che se ne sta a Baroncelli dove «riceve puttane», che anche Giovanna d’Austria teme per la propria vita e così via, anche se deve chiarire al duca che «di questo non ne so dare altra certezza a Vostra Altezza se non quanto si dice per il vulgo».132 La lettera dell’ambasciatore di Ferrara, che altro non era se non la trascrizione di un libello diffamatorio anonimo di matrice fiorentina, fu considerata in seguito dalla storiografia l’unica veritiera testimonianza oculare della morte della duchessa di Bracciano.133

Le false relazioni anonime manoscritte si diffusero nel tempo e nello spazio con lo scopo di colpire sia il Principato mediceo che la Chiesa di Roma, il cui braccio secolare era ben rappresentato da Paolo Giordano Orsini, o per lo meno dalla sua famiglia. La diceria si sopì solo a tratti nel corso dei secoli per rinascere ed essere utilizzata nei momenti opportuni come arma politica insieme a tutte le altre dicerie che riguardavano la famiglia granducale.134 I detrattori dei Medici immaginavano, scrivevano e diffondevano ogni tipo di aneddoti, preferibilmente a sfondo sessuale. Si dirà che Isabella de’ Medici era stata uccisa dal marito in un impeto di gelosia, che lei aveva numerosi amanti e che quell’omicidio fu fortemente voluto da France-sco de’ Medici per punire la sorella il cui comportamento macchiava l’onore della famiglia. Una vicenda torbida tutta ristretta alla cerchia familiare, una materia più attinente alla psicologia criminale che alla storia, e la letteratura non tardò ad ap-propriarsene.

130 Ivi, fasc.11, 26 febbraio 1575. Il duca di Ferrara non era il solo ad augurarsi che al novello gran-duca fosse tolto il titolo, anche l’arciduca Ferdinando del Tirolo, fratello di Giovanna d’Austria, si dava da fare a spargere la stessa calunnia alla corte imperiale per gli stessi motivi politici di Alfonso. Sulle aspirazioni politiche dell’arciduca Ferdinando del Tirolo cfr. E. Mori, L’onore perduto di Isa-bella de’ Medici, cit., pp.287-288. Ferdinando si serviva come arma anche del malumore della sorella Giovanna gelosissima degli amori di Francesco con Bianca Cappello.131 Lettera di Ercole Cortile al duca di Ferrara, 4 agosto 1576, ASM, b.24, fasc. 14.132 Ivi, Lettere del 29 luglio e del 15 agosto133 Roberto Cantagalli e Donna Cardamone riportano solo in parte la lettera dell’ambasciatore di Ferrara senza aggiungere i suoi commenti (Bastiano Arditi, Diario di Firenze e di altre parti della cristianita, cit. p.110, n.1; Donna G. Cardamone, Isabella Medici-Orsini: A Portrait of Self-Affirma-tion, cit., pp.1-25).134 I momenti di maggior diffusione delle false relazioni furono quelli di maggior debolezza del governo dei Medici: subito dopo la morte di Ferdinando de’ Medici, durante la reggenza congiunta di Cristina di Lorena e di Maria Maddalena d’Austria, e nella prima metà del XVIII secolo, sotto il governo di Gian Gastone, l’ultimo rappresentante della stirpe.

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Nel The White Devil, la tragedia di Jon Webster rappresentata a Londra nel 1611, Isabella muore baciando il ritratto avvelenato del marito.135 La duchessa di Bracciano è una donna virtuosa e fedele, vittima di un complotto familiare e di un marito mal-vagio. Una cinquantina d’anni dopo il libello diffamatorio trovò un posto d’onore in una raccolta di manoscritti anonimi antimedicei intitolata con minime varianti: Raccolta dei fatti tragici accaduti in Firenze sotto il principato di casa Medici.136 Isa-bella non è una vittima del marito, ma una donna circondata da amanti, assetata di lusso e di divertimenti, degna rappresentante di una famiglia priva di morale. I vecchi libelli ripresero a circolare con vigore dopo la morte di Gian Gastone, ulti-mo rappresentate della famiglia medicea, avvenuta nel 1737. Quell’anno Francesco Settimanni, un diarista dichiaratamente antimediceo, concludeva le sue Memorie fiorentine, un manoscritto in cui aveva raccolto in una sorta di zibaldone in 17 volu-mi, tra le altre cose, i libelli anonimi sulle turpitudini della famiglia di Cosimo de’ Medici elaborati in forma di cronaca e il cui scopo evidente era quello di denunciare la decadenza dei principi morali nel Granducato durante il principato mediceo. Uno di quei manoscritti racconta proprio la morte della figlia di Cosimo I.137

A causa di quei libelli trovati negli archivi dagli scrittori dell’Ottocento (che li rite-nevano autentici proprio perché conservati in archivi) Isabella entra da protagonista nel mito letterario e culturale dell’epoca come incarnazione dell’ambiguità del male, vittima e carnefice, e a quel mito è rimasta incatenata come molte altre donne del Rinascimento. Il suo comportamento è considerato il frutto della brama di potere e della totale mancanza di valori morali della sua famiglia, oltre che la reazione ad un matrimonio infelice. Nell’Ottocento Isabella diviene un’eroina da melodramma. Vittima sia della famiglia che del marito con la morte riscatta ogni sua colpa. Carlo Botta nella sua Storia d’Italia, (1833) dichiarando di utilizzare come fonte la “pub-blica fama”, servendosi quindi di quei famosi manoscritti, contribuì a dare il suo autorevole avallo al mito di Isabella.138 Pochi anni dopo Alexandre Dumas descrisse

135 Il diavolo bianco/ o/ La tragedia di Paulo Giordano Ursini,/ Duca di Bracciano/ con/ La Vita e la Morte di Vittoria/ Corombona la famosa/ Cortigiana Veneziana/ Recitata dai servi di Sua Maestà la Regina/ Scritta da John Webster/ non inferiora secutus/ Londra/ Stampata da N.O. per Thomas Archer, e dev’esser venduta al suo negozio, al Palazzo della testa del Papa, presso la Borsa. 1612, trad. italiana di Aldo Camerino, Firenze, Sansoni 1944.136 Un esemplare di queste raccolte è conservata presso la Biblioteca Riccardiana di Firenze (ms.n.2098). Un altro esemplare è conservato presso l’Archivio di Stato di Firenze (ms n.165) e porta il titolo: “Casi tragici occorsi per lo più in vari tempi nella città di Firenze”. Un altro di questi manoscritti è conservato sempre in ASF, Carte Strozziane, serie I, filza 28, ed è così descritto nell’in-ventario: “Quadernuccio di 16 carte e 5 bianche, sec. XVIII. È la narrazione di vergogne medicee da Cosimo I a Ferdinando I secondo la voce che correva nel volgo”.137 Francesco Settimanni, Memorie fiorentine dall’anno MDXXXII che la famiglia de’ Medici ottenne l’assoluto principato della città e Dominio Fiorentino insino all’anno MDCCXXXVII che la medesima famiglia mancò di successione nel Granducato di Toscana, raccolte e fedelmente compilate da Francesco Settimanni, nobile fiorentino e cavaliere di Santo Stefano. (ASF, mss. nn.125-147, la relazione sulla morte di Isabella è nel vol. 129 alle cc.84v-87r). 138 Carlo Botta, Storia d’Italia continuata da quella del Guicciardini sino al 1789, Capolago, tip. Elvetica 1833, pp.201-204.

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nei particolari la relazione incestuosa tra Cosimo e la figlia compiacente così come descritta nel manoscritto di Settimanni.139 Per Guerrazzi, il principe del romanzo storico italiano, che esplicitamente dichiara di utilizzare un manoscritto trovato nel-la biblioteca Capponi, Isabella è la donna del fato, bellissima, innocente e perversa, incapace di frenare le sue stesse violente passioni e quindi destinata a soccombere. Un modello che le giovani fanciulle non avrebbero dovuto imitare.140

Tra Otto e Novecento, sull’onda del positivismo, gli storiografi di Isabella anda-rono, con accanimento degno di miglior causa, a cercare le prove del tradimento di Isabella. E le trovarono. O almeno si convinsero di averle trovate. Con Gaetano Pie-raccini assistiamo alla formulazione “scientifica” dell’adulterio di Isabella con meto-do deterministico. Secondo il medico fiorentino, autore di un’imponente storia di casa Medici, la «passionalità eccessiva» di Isabella, così come si riscontra nelle lettere ai familiari e nelle sue reazioni alla morte del fratello o a quella del padre, sarebbe stata la causa che l’avrebbe portata al tradimento e l’avrebbe privata di quei «presidi morali» atti a ostacolare «l’insidioso irrompere di un impuro sentimento d’amore». Insomma Isabella dimostrerebbe secondo lui una costituzione «moralmente debole» ed è sulla sua predisposizione organica di tradire che si fonderebbe il presupposto della sua morte violenta insieme naturalmente alla «capacità di delinquere», anche questa organica, del marito.141

Se l’analisi di Pieraccini va contestualizzata nel clima culturale e scientifico della sua epoca, senza togliergli il merito di una pregevolissima ricerca d’archivio sulla famiglia Medici, dopo di lui nessuno si levò a smentirlo. La certezza che Isabella de’ Medici fosse stata uccisa a causa del suo adulterio, continuò a consolidarsi come una delle pietre miliari dell’aneddotica nazionale.142 Del resto, conclude l’autore «poiché gli storici sincroni quasi unanimemente raccontano che essa morì di morte violenta non vi è ragione alcuna per non accettare questa versione».143

Dopo più di quattrocento anni di supposizioni, sospetti, analisi scientifiche, Fabri-zio Winspeare (1961) trovò finalmente, o credette di trovare, la prova tangibile del tradimento: otto lettere d’amore scritte da Isabella conservate nell’Archivio di Stato

139 Alexandre Dumas, Les Médicis, cit. Il Saltini si levò indignato contro questa diceria che giudicò “sinistra e sciaguratissima”, cfr. G.E. Saltini, Tragedie medicee domestiche (1557-1587) narrate sui documenti, Firenze, Barbèra 1898; cfr. anche G.Aiazzi, Lettera al sig. Ignazio Valletta sopra quanto ha scritto il Sig. A.Dumas intorno alla famiglia Medici, Firenze, Stamperia Piatti 1842.140 Francesco Domenico Guerrazzi, Isabella Orsini duchessa di Bracciano. Racconto di F.D. Guer-razzi, Firenze, Felice Le Monnier 1844. Isabella in Guerrazzi è l’innocenza che spinge al delitto. In quegli stessi anni Nataniel Hawthorne nel Fauno di marmo immagina che il misterioso sguardo di Beatrice Cenci spinga al delitto l’anima pagana del fauno ignara fino a quel momento del bene e del male, cfr. N. Hawthorn, Il fauno di marmo, romanzo della Roma ottocentesca, a cura di V. Golzio, Roma, F.lli Palombi 1945.141 Gaetano Pieraccini, La stirpe dei Medici di Cafaggiolo, Firenze, Vallecchi 1924, vol. II, pp.163-184.142 Cfr. Caroline Murphy, Isabella de’ Medici: the glorious life and tragic end of a Renaissance princess, London, Faber and Faber, 2008, trad. it. Isabella de’ Medici. La gloriosa vita e la fine tragica di una principessa del Rinascimento, Milano, Il Saggiatore 2011.143 G. Pieraccini, La stirpe dei Medici di Cafaggiolo, cit., p. 184

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di Firenze tra le carte di Troilo Orsini, suo presunto amante.144 Il fascicolo esiste e le lettere sono otto, sono firmate “schiava in perpetuo”.145 Peccato però che in quelle lettere non sia riconoscibile né la grafia né il limpido fraseggio di Isabella, non sono datate, sono firmate solo: schiava in perpetuo e potrebbero appartenere a qualsiasi gentildonna della corte medicea. Non c’è alcuna prova che siano state scritte da Isa-bella. Oltretutto lei scriveva stiava alla fiorentina e non schiava.146 Tradizionalmente sono state attribuite a Isabella altre lettere d’amore che invece ad una attenta lettura si rivelano scritte da una spigliata dama spagnola al servizio dei Medici negli anni Cin-quanta del Cinquecento, quando Isabella era ancora una bambina.147 La fascinazione del mito a volte è talmente forte da rendere ciechi e sordi, come il canto delle sirene. E ci si chiede da dove nasca anche oggi questa potente forza narrativa che spinge con accanimento a trovare prove della colpevolezza di Isabella, corrompendo le fonti e svilendo il lavoro stesso dello storico e dell’archivista, facendo dire ai documenti ciò che non vogliono dire, inventandoli addirittura per lasciare ancora intatta la leggenda nel tempo. Da Carlo Botta ad Alexandre Dumas, da Domenico Guerrazzi a Dome-nico Gnoli,148 da Guglielmo Saltini a Gaetano Pieraccini a Fabrizio Winspeare, tra Otto e Novecento storici e scrittori, in un’osmosi feconda, hanno amato, costruito e modellato un’Isabella inesistente, prototipo della donna fatale, capace di portare alla perdizione sé e coloro che l’amano, ciascuno richiamando come fonte il precedente, ciascuno aggiungendo un suo piccolo elemento di immaginazione alla leggenda fino a farla diventare una verità inoppugnabile attestata da una lunga catena di firme illu-stri. Tutti costoro sostengono di essersi serviti come fonte primaria di libelli anonimi manoscritti conservati nei preziosi archivi delle antiche famiglie italiane. Nessuno si è mai premurato di verificare l’attendibilità di quelle fonti il cui scopo evidente era gettare discredito, diffamare e allontanare dalla scena politica gli avversari scomodi.

Il vero dramma che si legge nella corrispondenza tra Paolo e Isabella non ha nulla a che fare con adulteri e delitti passionali ma con l’atmosfera di calunnie, sospetti e complotti che, nella seconda metà del Cinquecento, soprattutto a partire dal ponti-ficato di Pio V, si insinuano nella vita politica delle corti italiane. Assistiamo in que-

144 Fabrizio Winspeare, Isabella Orsini e la corte medicea del suo tempo, Firenze, Olschki 1961, pp.101.145 Lettere a Troilo Orsini, ASF, MdP Miscellanea Medicea, f. 505, cc. 138-151.146 Cfr. lettera n.169.147 Lettere amorose, ASF, MdP Miscellanea Medicea, f. 660, ins.11. L’autrice delle lettere sembrerebbe essere una dama di corte spagnola al servizio di Eleonora de Toledo e il corrispondente, a cui dichiara il suo amore, è Mario Savelli. Il riferimento al virey e vireina (viceré e viceregina) presenti a Firenze, spingono a datare le lettere agli anni precedenti alla morte del viceré di Napoli Pedro di Toledo (Fi-renze, 22 febbraio 1553) quando Isabella aveva meno di dieci anni, essendo nata nel 1542. La dama in questione è probabilmente governante di Giovanni e Francesco de’ Medici che definisce “due diavoli”. Nell’inventario non è specificato il motivo per cui le lettere siano state attribuite a Isabella e perché il destinatario anonimo sia stato identificato con Troilo Orsini (Strumenti 198: Miscellanea medicea. III (451-730). Inventario).148 Domenico Gnoli nel suo libro su Vittoria Accoramboni, la seconda moglie di Paolo Giordano, stigmatizzerà l’immagine di Paolo Giordano come quella di un cupo e violento personaggio assassi-no della moglie, cfr. D. Gnoli, Vittoria Accoramboni, storia del secolo XVI, Firenze, Le Monnier 1870.

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40 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

ste lettere al progressivo e sempre più veloce allontanamento di Paolo Giordano dalla scena militare e politica, al tentativo di screditarlo prima agli occhi del pontefice poi dei Medici, ai drammatici problemi economici che rischiano di far franare l’onore della famiglia, minacciano l’avvenire dei figli, gettano nella disperazione Isabella. Assistiamo alla malattia di lei, sempre più presente, che sarà la vera causa che la por-terà alla morte e infine alla disperazione di Paolo Giordano, rimasto dopo la morte di Cosimo e di Isabella nel più totale isolamento politico. «Io ti adoro, Bella – le scriveva poco prima che lei morisse – e credi che quando mi morirò, né figli, né Sta-to, né amici, né dame, né niun’altra cosa mi si ricordarà, se non che io ti adoro». 149

Le lettere

Le lettere si presentano rilegate in volumi con una preziosa coperta pergamenacea databile alla seconda metà del Novecento, ma non sono in buone condizioni. Molte di esse presentano gravi perdite di testo dovute a strappi e lacune diffuse, perforazio-ni e macchie scure, oltre a sbiadimenti d’inchiostro. Un restauro risalente alla metà del secolo scorso ha applicato pesanti velature e integrazioni per coprire le lacune senza intervenire su macchie e brunimenti, lasciando che gli inchiostri acidi conti-nuassero a perforare la carta.

Le lettere di Paolo, come abbiamo detto, iniziano quando ha quindici anni, men-tre quelle di Isabella quando ne ha ventidue e quindi è già adulta. Possiamo seguire la trasformazione della scrittura di Paolo che inizia con un modulo infantile, grande e regolare e col passar degli anni si rimpicciolisce tendendo ad un’estrema corsi-vizzazione e divenendo sempre più spigolosa e piena di abbreviazioni tipiche della scrittura cancelleresca. La stessa Isabella spesso non riesce a leggere le sue lettere e lo prega di scrivere più chiaramente. Il suo corsivo veloce dipende molto dagli stati d’animo. Stringe o allarga le “e” che spesso sembrano “i”. L’uso dell’acca nel verbo avere è incostante. Scrive “miei” invece che “mie”. Non mette quasi mai le doppie oppure le mette dove non servono. Usa periodi lunghissimi pieni di subordinate tipici del parlato. Il fatto che non ci siano quasi mai correzioni sul testo indica che non rilegge quello che scrive ma corregge e chiarisce il suo discorso strada facendo, come si fa parlando.

La scrittura di Isabella è invece molto leggibile, ha un modulo ampio e regolare con poche legature. Entrambi tendono a uscire dagli schemi formali della scrittura epistolare. Paolo persino nella sottoscrizione delle lettere accompagna la firma con una breve frase sempre diversa e molto articolata: “amorevolissimo consorte”, o “af-fetionato consorte”, “servitor e consorte amantissimo che l’ama più che sé stesso”, “servitor et fedelissimo consorte che non ha altro bene al mondo se non lei”, “servitor et consorte che l’ama più che sé stesso et disidera di vederla”, “consorte et servitor af-fecionato che desidera vederla et goderla”, “consorte e servitore affetionato che l’ama più che la vita sua” o “più che ‘l cor suo”, ecc.

149 Lettera n.518.

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Entrambi usano termini e locuzioni del parlare fiorentino es. la per lei: la se lo può immaginare, la sentirà, la me ne avvisi, la se ne pigli; s’ è fatto per noi abbiamo fatto; vo per andare, fo per fare. Paolo scrive schiavo, ma Isabella scrive, come abbiamo detto, stiava alla fiorentina. Lei scrive gnene e lui gliene. Entrambi per indicare i figli usano sia il temine pupo, che non risulta nel vocabolario della Crusca ed è un termine ro-mano, e putto che invece è termine fiorentino.

Le lettere sono quasi tutte autografe. L’autografia, è considerata dagli scriventi un segno di rispetto e affezione ma non potrebbe essere diversamente poiché si tratta in questo caso di missive strettamente personali. Vi sono solo tre occasioni in cui Isabella per scrivere al marito si serve di un segretario, o meglio di una segretaria, ma se ne scusa dandone la causa ad un grave problema di salute: «abbimi per iscuso di gratia, e siate certo che ogni volta che potrò li scriverrò di mia mano».150

Anche le lettere dei fratelli di Isabella sono tutte autografe con l’eccezione di quelle di Francesco de’ Medici. L’uso del segretario fa parte del suo modus vivendi, serve per mantenere le distanze e sottolineare la sua autorità, il suo status diverso anche all’interno della famiglia, quindi persino quando scrive alla sorella lo fa dettando. L’unica sua lettera autografa è per consolare Isabella dei lutti che li hanno colpiti.151 In questo caso l’autografia è un fatto eccezionale e momentaneo, serve per sottoline-are una vicinanza non ordinaria, per togliere ogni barriera, ma solo per un momen-to. È significativo invece che sia Margherita di Valois moglie di Emanuele Filiberto di Savoia che Elisabetta d’Asburgo, moglie del re di Francia Carlo IX, scrivano a Isabella di proprio pugno.

Occorre sottolineare come, a differenza della sorella Lucrezia che dopo il ma-trimonio si firma con il titolo del marito, Isabella non si firma mai Duchessa di Bracciano, anche in quelle poche lettere da noi trovate non indirizzate al marito si firma unicamente Isabella Medici Orsina. È pur vero che anche Paolo, a sua volta, non si firma mai con il titolo. Da un campione di firme di illustri signore vissute tra Quattro e Cinquecento possiamo constatare come (soprattutto nelle lettere fa-miliari) ricorra con più frequenza l’uso di firmare senza alcun titolo con il cognome della famiglia di origine.152

Un problema serio è stato quello della datazione. Le lettere all’interno dei volumi non seguono un ordine cronologico. Spesso la datazione segnata sul margine supe-riore della lettera dall’ordinatore settecentesco è sbagliata. Paolo e Isabella si scrivono

150 Lettera n.143.151 Lettera n.557.152 Lucrezia de’ Medici, nelle lettere che qui pubblichiamo, scrive alla sorella firmandosi la duchessa di Ferrara. Maria Fubini Leuzzi (Straniere a corte. Dagli epistolari di Giovanna d’Austria e Bianca Cappello, in Per Lettera, cit. pp.422; 424) riporta alcune lettere di Giovanna d’Austria che scrivendo al marito Francesco si firma: Giovanna principessa di Toscana. In altri esempi, tratti dalle testimo-nianze autografe riportate nel volume Autographa curato da Giovanna Murano e già citato, sembra che prevalga l’uso di escludere i titoli. Mentre Giulia Gonzaga, Maria d’Aragona, Vittoria Colonna si firmano rispettivamente: Contessa di Fondi, marchesa del Vasto e marchesa di Pescara, Giovanna d’Aragona, Eleonora d’Aragona, Bianca Maria Visconti, Ippolita Sforza e Caterina Cibo si firmano semplicemente con il nome e il cognome della famiglia di origine.

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rispettivamente da Roma e da Firenze. Spesso usano: lei lo stile fiorentino dell’in-carnazione per cui l’anno inizia il 25 marzo e lui lo stile comune o della natività, in uso a Roma, per cui l’anno inizia il 25 dicembre. Qualche volta però lui usa lo stile fiorentino anche da Roma. Per complicare le cose può accadere che entrambi sbaglino datazione, come rivelano chiaramente i contenuti delle lettere precedenti e successive. Si è reso necessario pertanto un controllo severo su tutti gli indizi presen-ti nelle lettere per metterle nel corretto ordine cronologico.

Per una più agevole lettura, abbiamo evidenziato con delle brevi introduzioni i raggruppamenti di lettere che si sono formati in conseguenza ai periodi lunghi o brevi di lontananza di Paolo da Firenze spiegandone il contesto.

Criteri di trascrizione

I criteri di trascrizione seguono quelli delle più recenti autorevoli edizioni di carteggi.153 Pur mantenendosi fedeli al testo originale si è cercato di improntare l’edizione alla maggiore fruibilità possibile. Si è inserita la spaziatura tra le parole e la punteggiatura secondo l’uso moderno. Cercando di non eccedere, si sono spez-zati con il punto periodi troppo lunghi là dove il tono del discorso è più vicino alla forma orale che a quella scritta, per renderne più agevole la lettura. Si sono sciolte tacitamente tutte le abbreviazioni. Si sono separati articoli e preposizioni da verbi e sostantivi. Sono state evidenziate le elisioni con l’apostrofo es. ‘l per il; so’ per sono. Si sono messi gli accenti e gli apostrofi mancanti. È stata aggiunta l’h diacritica alle voci del verbo avere (a, o, anno = ha, ho, hanno) tenendo conto che i corrispondenti qualche volta la usano. L’uso delle maiuscole è stato ridotto al minimo. Sono stati indicati con la minuscola tutti i termini a eccezione di Stato, Iddio, Dio, Divina Maestà, Nostro Signore (sia inteso come pontefice che come Dio), Sua Santità, Santa Pasqua.

I titoli delle dignità e gli aggettivi che spesso li precedono sono stati sciolti. Le lettere sono numerate in ordine progressivo. Nell’intestazione della lettera

la data è stata convertita allo stile comune, mentre è stato conservato lo stile ori-ginario nel testo. In caso di assenza di datazione, ove possibile, si è ricostruita la data, indicandola entro parentesi quadre e collocando conseguentemente la missiva secondo l’ordine cronologico.

La segnatura, indicante solo il volume e il numero della lettera, si è messa alla fine di ogni lettera.

153 Mi riferisco in particolare ai criteri seguiti nell’edizione del Carteggio degli oratori mantovani alla corte sforzesca. 1450-1550, Roma, Ministero per i Beni e le Attività culturali, Ufficio Centrale per i Beni Archivistici, 1999, Il carteggio di Gerardo Cerruti, oratore sforzesco a Bologna, 1470-1474, a cura di Tommaso Duranti, Bologna, Clueb 2007; Cristina di Lorena, Lettere alla figlia Caterina De’ Medici Gonzaga duchessa di Mantova (1617-1629), a cura di Beatrice Biagioli e Elisabetta Stumpo, Firenze, University Press 2015. Scrivere d’amore. Lettere di uomini e donne tra Cinque e Novecento, a cura di Manola Venzo, Roma, Viella 2015.

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L’apparato di note è volto prevalentemente all’identificazione di personaggi nomi-nati, anche se non è stato possibile riconoscerli tutti. Si sono forniti brevi cenni sui principali fatti citati per chiarirne il contesto.

Segni convenzionali utilizzati[xxx] integrazione congetturale di lacuna per guasto, macchia o mancanza di sup-porto.[xxx?] integrazione dubbia.[…] segnalazione di lacuna dovuta a guasto del manoscritto, non integrabile con sufficiente sicurezza.<xxx> integrazione di omissione involontaria dello scrivente

RingraziamentiVorrei ringraziare tutti coloro che nel corso di questo lavoro mi sono stati vicini

e mi hanno appoggiato con il consiglio e la competenza e in particolare: Michele Franceschini, Orietta Filippini, Luigi Cacciaglia, Adriano Amendola. Un ringra-ziamento speciale va alla mia amica e collega Cristina Falcucci, a cui mi lega una lunga e appassionata consuetudine con le carte, e a tutto il personale dell’Archivio Storico Capitolino. Un pensiero va anche agli amici della villa medicea di Cerreto Guidi il cui appoggio mi ha spronato alla pubblicazione di queste lettere.

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Carlo († 1430)

(1572-1615)

Paolo Giordano(1541-1585)

Girolamo

Virginio

Gian Giordano

Gentil Virginio(1445-1497)

Alfonsina(1472-1520)

Clarice(…..-1488)

i

Napoleone († 1480) RobertoConte di Tagliacozzo

MaddalenaConte diTagliacozzo

Felice (1540-1596)

Eleonora

(1571-1634)

Alessandro Sforza di Santafiora

di Monterotondo

Principe di Salerno

2) Felice della Rovere nel 1506

Maria Ferdinando I(1545-1561) (1547-1562)

Cardinale

(1554-1604)

Pietro(1543-1562)

Giovanni dalle Bande NereGiovanni (Leone X)

(1475-1521) (1498-1526)

GarziaLucreziaGiovanniIsabellaFrancesco I(1541-1587)

(1519-1589)

Piero (1471-1503)

Lorenzo Duca di Urbino(1492-1519)

Lucrezia (1470-1553)

Maria Salviati (1499-1543)

CaterinaRegina di Francia

Giuliano (1453-1478) Giovanni

Piero il Gottoso Pier Francesco(1416-1469) (1430-1475)

Giovanni di Bicci(1360-1428)

Cosimo il Vecchio

Eleonora di Toledo (1522-1562)

Lorenzo (Il Magnifico)(1449-1492)

(1519-1574)

(1542-1576)

Cardinale poi Granducadi Toscana

(1540-1557)

Giordano Orsini

Lorenzo il Vecchio

(1389-1464) (1395-1410)

(1549-1609)

Cosimo IGranduca di Toscana

FAMIGLIA ORSINI (ramo di Bracciano)

FAMIGLIA MEDICI

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Lettere tra Paolo Giordano Orsini

e Isabella de’ Medici1556-1576

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Ritratto di Paolo Giordano Orsini. Incisione tratta da F. Sansovino, L’Historia di casa Orsina di Francesco Sansovino. Nella quale oltre all’origine sua, si contengono molte nobili imprese fatte da loro in diverse provincie fino a tempi nostri. Con quattro libri de gli uomini illustri della famiglia, ne’ quali, dopo le vite de’ cardinali et de’ generali Orsini, son posti i ritratti di molti de’ predetti, dove si ha non meno utile che vera cognizione d’ infinite historie non vedute altrove, in Venezia, appresso Bernardino et Filippo Stagnini, MDLXV.

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1. La guerra e l’amore adolescente (1556-1557)

154 Lettera di Paolo Giordano a Marcantonio Colonna da Fontainbleu, BAV, Manoscr. Barb. LXI,15.155 Adriano Prosperi, Carafa, Carlo, DBI, vol. 19 (1976), pp.497-509. 156 ASC, AO, I, Pergamene, IIA XXIV, 63.157 Lettere nn.3, 4.

Le lettere iniziano a febbraio del 1556 e testimoniano il primo ritorno a Roma di Paolo Giordano Orsini d’Aragona, all’epoca quindicenne, che da tre anni viveva a Firenze come promesso sposo di Isabella, la figlia secondogenita di Cosimo de’ Medici. Il pontefice Paolo IV Carafa, in conflitto con gli spagnoli, aveva richiamato urgentemente il ragazzo con pena di ribellione. In quanto Orsini e quindi primo vassallo del papa, non gli era consentito vivere in un altro Stato e presso un principe dichiaratamente nemico alleato dell’Impero e della Spagna. Sebbene già dall’anno precedente Paolo IV gli avesse asse-gnato importanti incarichi civili e militari, il giovane signore di Bracciano era rimasto a Firenze, trattenuto da Cosimo de’ Medici. Il braccio di ferro terminò quando il duca di Firenze, per non alienarsi del tutto il pontefice, acconsentì al futuro genero di tornare per combattere a fianco delle truppe francesi e pontificie. Prima della partenza, Paolo e Isabella si scambiarono gli anelli. Non si trattava ancora di un matrimonio ma di una promessa vincolante.

Bisognerà aspettare molto tempo prima di incontrare lettere di Isabella, ma il suo carattere e la sua personalità traspaiono comunque e si delineano in modo molto chiaro in questo lungo dialogo in assenza, con la sua voce sottintesa che si fa sempre più netta e scandita attraverso le risposte di Paolo. All’ inizio i venti di guerra non sembrano pre-occupare i due ragazzi anche se minacciano i loro stessi equilibri familiari. In una delle sue prime lettere Paolo descrive a Isabella, nei minuti particolari (così come lei aveva chiesto) i ricchi costumi per una mascherata di carnevale.

Non è possibile sapere quanto durò quella prima assenza. Nel 1556 le lettere sono solo cinque: due a febbraio, due a marzo e una a ottobre. Questo fa pensare a delle brevi permanenze a Roma oppure, più probabilmente, alla perdita di molte lettere. Sappiamo da altre fonti che a maggio del 1556 il cardinal Carlo Carafa volle Paolo Giordano con sé a Fontainebleau per chiedere l’alleanza del re di Francia in caso di guerra con gli Spagnoli.154 Enrico II conosceva l’antica devozione degli Orsini e il loro valore mili-tare. Partirono per la Francia il 10 maggio e tornarono i primi di settembre.155 Non è rimasta traccia di quella preziosa corrispondenza che, a giudicare dal tenore di quella sopravvissuta, non si può dubitare che ci sia stata. A febbraio del 1557 il quindicenne signore di Bracciano partì con le truppe papaline per espugnare la fortezza di Vicovaro occupata dagli spagnoli.156 A Isabella aveva chiesto di scegliere i colori delle livree degli staffieri e di mandarglieli in un braccialetto dentro una lettera.157 Il due di marzo Paolo entrò trionfalmente a Roma dove gli furono conferite dal duca di Guisa le prestigiose insegne dell’ordine di San Michele. In quell’occasione Enrico II gli inviò in dono lo

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48 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

statuto dell’ordine con una preziosa legatura.158 «Vostra signoria – scriveva a Isabella – vogli baciar le mano al duca mi signor et a mi signora et al signor principe, et dirli a tutti che io so’ diventato francese».159 Nella stessa lettera le scrive che sta partendo per il campo di battaglia, la prega di non dimenticarlo e di scrivergli spesso. La pregava anche di ricamare «una banda bianca di man sua […] perché tengo per certo come io averò qualche cosa del suo adosso che io non potrò mai pericolare».160 Dalle lettere di Paolo traspare l’ansia gelosa di Isabella per l’assenza del marito e la sua decisa contrarietà alla partecipazione a quella guerra. Il conflitto terminò a settembre del 1557 segnando la preminenza in Italia degli spagnoli e l’ascesa di Cosimo I. Paolo Giordano depose le armi e tornò a Firenze. Seguendo la volontà del duca, restituì le insegne dell’Ordine di San Michele al re di Francia e accettò di sottomettersi al re di Spagna con la promessa di una pensione. Da questo momento, per almeno un decennio, non si allontanerà dalla Toscana se non per brevi viaggi a Roma, e dovrà aspettare il 1566 prima di riprendere l’elmo e la corazza.

1. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma [febbraio 1556]

Illustrissima signora consorte et patrona mia osservantissima le lettere di vostra signoria mi hanno portato tanta grande allegrezza che mi paresi

di inpatire. La suplico che mi mandi il ritratto suo quanto più presto. Io non gli ho possuto scrivergli prima che adesso a perché ho haute tante visite che non posseva qualche volta partir dalle mie stantie. Monsignor zio161 bacia le mani di vostra si-gnoria. Nostro Signor, insieme con tutti questi signori papalini, mi hanno fatto un monte de carezze. Io sto bonissimo sì dell’animo come del corpo perché io ho tro-vato il signor zio cardinal tanto male che a fe’ mi ha messo paura, sì era mal concio,

158 Il volume è stato studiato da Federico e Livio Macchi in Le legature francesi di Paolo Giorda-no Orsini d’Aragona. Storia di un personaggio e di una legatura, «Misinta Rivista di Bibliofilia e Cultura», a. XXIII, 45, giugno 2016, p.143. Secondo gli autori, sarebbe provvisto “dell’abituale decorazione dei volumi di dono di Enrico II: gigli di Francia agli angoli esterni, faretre con frecce a quelli interni e lungo i lati, le armi dei re di Francia, circondate dal collare dell’Ordine, sormon-tate da due «H» poste ai lati di una mezzaluna: non reca alcun simbolo araldico degli Orsini […]. Sulla risguardia anteriore, si legge in una nota «Memoria come el S:r Jordano Ursino fù/ fatto Ca-valier de l’ordine del re Henry/secondo l’anno. 1557. Li giorni della/festa del Re.a. san germano in Lahie/el detto millesimo al costume d’italia»”. Il volume è conservato a Roma presso la Biblioteca Casanatense (Piccarda Quilici, Legature antiche e di pregio, Roma, Istituto poligrafico e Zecca dello Stato, 1995, I, n.340). 159 Lettera n.7160 Lettera n.9.161 Si tratta del cardinale Guido Ascanio Sforza di Santa Fiora (1518-1564) zio materno e tutore di Paolo Giordano Orsini. Sul cardinale cfr. Nicola Ratti, Della famiglia Sforza, Roma, Salomoni, 1794, pp.233-252.

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1. La guerra e l’amore adolescente (1556-1557) | 49

di poi che so’ venuto par che stia meglio. Gli bacio le mani per mille volte, et vostra signoria mi scrivj spesso. Di Roma, li […]162

Di vostra signoria illustrissima amorevolissimo consorte Paolo Giordano Orsino.

[vol.158, n.260]a “che adesso” aggiunto sul margine sinistro

2. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 19 febbraio 1556

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissima hoggi che semo alli 19 di febraro ho riceuta una di vostra signoria la qual mi ha

portato tanta consolatione che non se posseva dir più. Subbito lettela, la mostrai al cardinal163 il qual n’ebbe tanta consolatione al mondo; et subbito mi messe a scriver-gli questa, et li dico che non ho altro disiderio al mondo se non vederla et parlar un poco con lei. La suplico se aricordi di me tanto suo servitor. Guarda vostra signoria se le manca niente, et me l’avisi che subito ci la mandarò. Il cardinal è guarito et ba-cia le mani di vostra signoria et la suplica che mi comandi. Di nuovo non ci è altro se non che è stato un bellissimo carnevale et io l’altro dì a un festino feci una livrea che mi costò cinquecento scudi che fu tenuta bellissima la quale eramo sei tudeschi fra homini e donne: eramo tre homini, uno era io, l’altro era un gentilomo romano che si chiamava Tiberio Scrispo164 et un gentilomo il qual è mio zio cugino et è copiere del cardinal. L’altre tre eran donne co quale ci era due gintilomini romani che uno se adomandava messer Paolo Jacovacij165 et messer Camillo Crescentij166 et l’altra don-na era Adriano. L’omini a<n>davamo vestiti con un par di calze di veluto bianco alla tudesca che figuramo d’esser peligrini tudeschi, portavamo uno cosino167 di velluto bianco foderato di [tela] de argento et portavamo una cappetta de raso rosso listra-ta de tela di argento et di tella d’oro et nel capucio ci era tre gioie grosse ma false.

162 Una macchia scura rende impossibile la lettura della data. Il riferimento all’accoglienza ricevuta dal papa e dalla corte e alla malattia del cardinale (vedi lettera successiva), la scrittura infantile di Paolo, collocano questa lettera al febbraio del 1556.163 Il cardinale in questione è lo zio di Paolo Guido Ascanio Sforza di Santa Fiora.164 Questo “gentiluomo romano” è probabilmente parente dell’omonimo Tiberio Crispo creato da Paolo III cardinale con il titolo di Sant’Agata il 19 dicembre 1544.165 Paolo Jacovacci, discendente da una delle più antiche famiglie romane che Teodoro Amajden (La Storia delle famiglie romane, con note ed aggiunte di C.A. Bertini, Roma, Collegio Araldico, s. d. rist. anast., Roma, Edizioni Romane. Colosseum, 1987, vol.I, pp.457-458) ritiene imparentata con i Cre-scenzi, fu uno dei tanti amici beneficiati dal duca di Bracciano. Nel 1561 Paolo Giordano gli assegnò una parte dell’affitto della tenuta di Monte Maria Grande per cinque anni come dote di sua cugina Giulia Orsini, figlia di suo zio Francesco abate di Farfa (UCLA, Orsini Family Papers, Box 242, f.2).166 Camillo Crescenzi (1571-1572), maestro di strade, conservatore della Camera di Campidoglio, collezionista. 167 Cuscino.

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50 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

Portavamo un capello de velluto rosso con un cordone d’oro atorno pieno di perle et di gi<oi>e false et c’erano certe concolette ndorate scompartite le quali dicevano molto bene. Le donne portavano una veste come portano le donne tedesche con certe gioie false di raso roscio con certe liste di veluto bianco et tela doro et argento con certe doe mantellette del medesmo raso, con la medesma garnicione, foderate di tela d’oro, sì come erano li cap<p>elli de li peligrini […] a pieni di quelle concolette ndorate et di gioie et perle. Portavano, così l’omini come le donne, certi pannetti di veluto roscio con certe taglie poi sotto foderate di velo. Li cappelli era all’ongaresca, alti, quelli delle donne di velluto verdi con certo cordone d’oro con uno velo che ci […]gliava mezzo pieno di giri de perle e di quelle concolette dorate con sei cordoni dorati et così fu la mia mascarata. Io scrivo al signor don Giovanni168 che li mandarò qualche corame, et mi ariccomandi a tutti li signori cugnati et cugnate et alla signo-ra b Pimentella169 che li bacio le mani del favore, et gli bacio le mani. Da Roma, il dì 19 de febraio nel 1556.

Di vostra signoria illustrissima servitor consorte amantissimo che l’ama più che sé stesso

Paolo Giordano Orsino Vostra signoria baci le mano a mi signora dognia Maria et alla signora donna Lu-

cretia in nome mio.170

[vol. 157, n.2]a La lettera presenta numerose macchie brune dovute all’acidità dell’inchiostro che rendono impossibile o incerta la lettura di alcune parole. b «Signora Pimentella» posto nell’interlinea superiore a correzione di parola cancellata illegibile

3. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 3 marzo [1556]

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissima io ho scritto tre lettere a vostra signoria e di niscuna ho hauta risposta. Vostra si-

gnoria non se lamenti poiché io non gli scrivo, vostra signoria non mi risponde mai. Li ritrati son quasi fatti ma non li mandarò se non alla ottava di Pasqua. La coronna attachi parecchie reliquie. La suplico che mi scriva spesso come io farrò a lei et che mi voglia tanto bene, come io voglio a lei, et vostra signoria mi scriva spesso. La suplico, anche perché adesso voglio far una livrea, voria che vostra signoria mi dessi

168 Don Giovanni Medici, fratello di Isabella. Giovanni, tra i figli di Cosimo, era il più amato da Paolo anche per una ragione di età (era nato nel 1543). Sarà nominato cardinale da Pio IV nel con-cistoro del 31 gennaio 1560, cfr. Paola Volpini, Medici, Giovanni de’, DBI, vol. 73 (2009), pp.70-72. 169 Non è chiaro chi sia questa Pimentella. Non può trattarsi di Maria Osorio de Pimentel, moglie di Don Pedro Alvarez de Toledo, nonno di Isabella, morto a Firenze nel 1553, perché morì prima del marito, nel 1539. Potrebbe trattarsi di una delle sue figlie, sorelle di Eleonora di Toledo, forse Anna citata nella lettera n. 11.170 Maria e Lucrezia erano le sorelle di Isabella.

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1. La guerra e l’amore adolescente (1556-1557) | 51

li colori et anche che mi mandasse un bracialetto di quelli colori che gli piaceran più,171 questa ha da servir per li stafieri et per dui paggi, et la suplico mi tengi in sua bona gratia et mi comandi, et gli bacio mille volte la bocca et le mani. Di Roma, il dì 3 di marzo nel […].172

Di vostra signoria illustrissima servitor et fedelissimo consorte che non ha altro bene al mondo se non lei

Paolo Giordano Orsino [158, n.274]

4. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 12 marzo 1556

Illustrissima signora et consorte mia osservantissima vostra signoria mi perdoni se sonno stato tanto a scrivergli che io da hora innanzi

sarrò più sollecito, et vostra signoria mi scriva anche ella speso perché io gli ho scritto due lettere et non mi ha risposto a nesuna, et in una ci diceva che vostra signoria mi dessi li colori perché voleva far una livrea per li stafieri et anche la suplicava a man-darmi li colori in un bracialetto et questo ne gli suplico di nuovo, et me lo mandi presto. La signora sorella ha fatto una figlia femina, et un altra ne avea prima.173 Di gratia vostra signoria non impari da lei perché non sa fare se non figlie femine. Li retratti son quasi finiti et credo da mandarceli fra 4 dì, et non desidero altro se non vederla. Vostra signoria baci le mani a mi signora donna Maria et alla signora donna Lucretia et il simile al signore don Giovanni,174 et dicali che mi risponda, et gli bacio la bocca et le mani. Di Roma, il dì XII di marzo nel 1556.

Di vostra signoria illustrissima servitor et consorte che l’ama più che sé stesso et disidera di vederla

Paolo Giordano Orsino [157, n.6]

171 La livrea doveva servire per gli staffieri che avrebbero accompagnato il sontuoso corteo del cardi-nal Carlo Carafa che si recava in Francia per perorare l’alleanza del re contro gli spagnoli. Paolo non usa i colori araldici Orsini ma semplicemente quelli che piacciono a Isabella. L’ambasceria a Parigi durò due mesi, da giugno a settembre 1556. Purtroppo non si sono conservate le lettere di Paolo a Isabella in quel periodo.172 Una lacuna impedisce di leggere l’anno della lettera ma il riferimento ai colori della livrea indica che è di poco precedente a quella successiva datata 12 marzo 1556.173 Si tratta probabilmente di Vittoria, seconda figlia di Felice Orsini (sorella di Paolo Giordano) e di Marcantonio Colonna. La prima figlia si chiamava Costanza. Sul matrimonio di Felice Orsini si veda Sponsalitio del illustriss. Signor Marcantonio Colonna. E dell’Illustriss. Signora Felice Orsina, in Roma, per Valerio Dorico, [post 1552]; Patrizia Rosini, Documenti matrimoniali e corredo nuziale di Maria Felice Orsini (1552), Banca dati nuovo Rinascimento, www. nuovorinascimento.org. Alcuni elementi biografici sulla sorella di Paolo Giordano Orsini si possono trovare in E. Mori, L’onore perduto di Isabella de’ Medici, cit. pp.16, 27, 35, 37, 42-44, 54, 56, 64, 98, 122, 191, 224, 263, 314-315, 324-325.174 Maria, Lucrezia e Giovanni de’ Medici fratelli di Isabella.

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52 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

5. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 31 ottobre 1556

Illustrissima signora consorte et padrona osservantissima io ho riceuta una di vostra signoria la qual me ha portato consolatione et dolore

insieme, la consolatione è perch’ho la lettera di vostra signoria, il dispiacere è che me scrive cose non sonno né utile né honor mio, perché trovandomi qui in Roma, la qual è la patria mia, e venendomi così bella occasione di mostrarmi ogni hora quel che io so, et anco standoci tutti l’altri baroni et gentiluomini de tutto il nostro paese, pensi vostra signoria quel che sarria ditto di me: d’un peco<ra>io, che l<o> sa, vostra signoria l<o> sa.a 175 Dunque prego vostra signoria che non mi voglia più scrivere sopra questo caso. La prego che mi facci favor di scrivermi spesso, perché ogni volta che leggio le lettere sue mi vi troveria tanto piacere quanto ho hauto in Fiorenza, et gli bacio le mani. Di Roma, il dì ultimo di ottobre nel 1556.

Di vostra signoria illustrissima servitor et consorte Paolo Giordano Orsino

[157 n.4]a «d’un peco<ra>io, che l<o> sa, vostra signoria l<o> sa» aggiunto in corpo più piccolo a margine e nell’interlinea inferiore.

6. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 20 gennaio 1557

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissima messer Filippo176 s’è lamentato con me, in nome di vostra signoria, come che io

non gli scrivo mai et certo ha torto perché io ho scritte già 7 o 8 lettere et di nissuna ho auto resposta, et teneva per certo che fusse in colera meco et di molte di quelle letere dicevano, come tengo per certo, che vostra signoria sia in colera meco, ma io sperava di far la pace, ma vedendo che vostra signoria non mi dà resposta, tengo per certo che sia in colera meco. Ma la prego a voler far pace, che Dio mi presti gratia che ce possiamo parlarci a solo a solo, perché lì faremo tutte le paci et ci si scorda-

175 Paolo aveva paura che, tirandosi indietro dai suoi doveri militari, gli venisse rinfacciata l’attività della sua famiglia nel commercio del bestiame. Ne ha talmente paura che non osa nemmeno scriverlo per esteso. Della cosa evidentemente anche Isabella era consapevole: vostra signoria lo sa, ripete due volte. Nell’identità nobiliare che si viene strutturando nel corso del ‘500 in Italia (Cfr. Claudio Do-nati, L’ idea di nobiltà in Italia (secoli XIV-XVIII), Milano-Bari, Laterza, 1988) non ci sarà più posto per commerci di qualsiasi tipo, ma quello del bestiame avrà la connotazione più negativa.176 Potrebbe trattarsi di Filippo Neri che veniva comunemente chiamato “messer Filippo”, cfr. Mes-ser Filippo Neri, santo: l’apostolo di Roma, Roma, De Luca, [1995] L’ipotesi è suffragata anche dal fatto che Paolo era in contatto con altri seguaci del santo: Francesco Maria Tarugi, Giovan Battista Salviati e Porzia de’ Massimi (nn.48 e 51). Questo “messer Filippo” viene nominato anche nella lettera n.33.

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1. La guerra e l’amore adolescente (1556-1557) | 53

ranno tutti l’odij vecchij. Vostra signoria mi avisi se ebbe quelle cose comandate, et gli bacio le mani et la bocca. Di Bracciano, il dì 20 de gennaro 1557.

Di vostra signoria illustrissima servitor affettionato consorte Paolo Giordano Orsino

[157, n.10]7.

Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ MediciCerveteri 18 marzo 1557

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissima vostra signoria mi perdoni se io son stato tanto a scrivergli, la causa è stata che

questi dì di carnevale corro afatto tutto il dì delle mascare et son stato all’impresa di Vicovaro che non ci era nesuna commodità di inviar le lettere, tanto la prego si contenti perdonarmi che adesso sarrò più sollicito. Io penso fra 10 o 15 giorni andare in campo dei francesi sì come mi ha comesso il re mi signor, et innanzi che mi parta io n’avisarò vostra signoria et come sarrò là non mancarò di scrivergli spessissimo et tenermeli arricordato acciò se io fussi amazato vostra signoria pregasse Idio per l’anima mia, et prego che in questo mezzo che io sto senza vederla si vogli ricordar di me, et acciò che vostra signoria si ricordi di me, li mando questa bagatella che se la goderà in questo mentre che non ci possiamo goderre presentialmente. Vostra signoria vogli baciar le mano al duca mi signor et a mi signora et al signor principe,177 et dirli a tutti che io so’ diventato francese. Et gli bacio la bocca et le mani. Di Cer-veteri, il dì X8 di marzo nel 1557. Vostra signoria mi raccomandi et baci le mani al patron mio178 et al signore Gargia et a mi signora donna Maria179 et che s’aricordi di avere un affettionato servitore et gli bacio un’altra volta la bocca et le mani.

Di vostra signoria illustrissima servitor et affettionato consortePaolo Giordano Orsino

[157, n.7]8.

Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici23 marzo 1557

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissimaa

acciò vostra signoria non se lamenti di me con dir che io non li scrivo mai per questo adesso gli scrivo questa et li dico che ci sia causa grandissima di lamentarmi di lei perché già io scrissi almanco tre o quatro lettere et mai non ho auto risposta da nisuna, et se vostra signoria vol che io gli scriva mi risponda quando gli scrivo. Mi par ogni hora mille anni a trovarmi una notte a dormir con vostra signoria perché lo disi<de>ro per più rispetti: il primo è che desidero parlar con vostra signoria di molte cose, il secondo non lo voglio dire, ma lo lasso considerare a lei, et li bacio la

177 Cosimo de’ Medici, Eleonora di Toledo, Francesco de’ Medici.178 Questo “patron mio”, visto che il duca Cosimo era stato già salutato, è Giovanni de’ Medici.179 Si tratta di Garzia e Maria de’ Medici, fratelli di Isabella. Nei saluti mancano sempre i più pic-coli, Pietro e Ferdinando.

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54 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

bocca et le mani. Vostra signoria mi facci favor baciar le mani a mi signora dognia Maria180 et a ricordarli che li so’ il medesmo servitore che li son stato sempre, et il simile facci con questi altri signori cugnati et patroni et al duca mi signore et a mi signora la duchessa il simile. Di marzo il XX3 nel 1557.

Di vostra signoria illustrissima servitor et consorte Paolo Giordano Orsino

[157, n. 9]a La lettera presenta imbrunimento della carta e lacune da sbiadimenti di inchiostro

9. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 22 aprile 1557

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissima, vien costì messer Berardin Menni il quale è stato con me et è un da ben huomo.

La prego che in tutte l’ucurentie sue che vostra signoria illustrissima li presti tutto il favor suo come faria per me medesmo. Io mi partirò dimane ho poidimane alla volta del campo. Vostra signoria mi faci favore da pregar Idio, sì come anche io lo prego della banda mia, che mi faci veder presto vostra signoria et se arricordi di me in questo tempo che io no la vegio. Et la prego scrivermi spesso, sì come io faccio et farò sempre, et le lettere vostra signoria li indirizzi al canonico De Pallis181 che lui le inviarà al campo. Et la suplico a lavorarmi una banda bianca di man sua et la indi-rizzi a Pallis perché tengo per certo come io averò qualche cosa del suo adosso che io non potrò mai pericolare. La prego a farmi favor baciar le mani al duca mi signor et a mi signora la duchessa et al signor principe et dirli che io li son quel affettionato servitor che li son stato sempre et che non si scordi di me et il simile al signore don Giovanni et alla signora dognia Maria insieme con tutti questi signori patroni et cugnati. La suplico avisarmi di un so che parentado che si dice qui per Roma che il duca mi signore ha maritato una delle sue figliole182 ma non si dice quale, né a chi l’ha maritata. Et io restoli baciando mille volte la bocca et le mani, che Dio mi presti gratia che sia presto che la vegi, et retorno un’altra volta a baciarli mille volte la bocca et le mani. Di Brac<c>iano, il dì XXII di aprile nel 1557.

Di vostra signoria illustrissima servitor et consorte affectionatoPaolo Giordano Orsino

[157, n. 11]

180 Maria (1540-1557), figlia primogenita di Cosimo de’ Medici.181 Bruto de Pallis, canonico di San Pietro, cfr. ASF, Carteggio universale di Cosimo I, filza 483A, 900; 485A, 749-740. 182 Si tratta di Maria, promessa sposa ad Alfonso figlio di Ercole d’Este duca di Ferrara. Morì il 19 novembre 1557, alla fine del conflitto tra il papa e gli spagnoli che segnò l’ascesa di Cosimo I. Dopo la sua morte, sposerà Alfonso d’Este la sorella Lucrezia.

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2. Gli sposi senza casa (1558-1559)

183 La malattia di Santa Fiora forse non era dovuta ad altro che alla progressiva perdita dei suoi po-teri erosi dalla famiglia Carafa tanto che il 6 marzo 1559 il pontefice stabilirà per il nipote Alfonso rendite e poteri amplissimi riducendo l’autorità del cardinale, cfr. Adriano Prosperi, Carafa, Alfonso, in DBI, vol. 19 (1976), pp. 473-476. 184 Lettera n.24.185 Lettera n.33.186 «Noi abbiamo parlato al Signor duca nostro padre della casa vecchia in via Larga che il signor Paolo desiderarebbe per alloggiamento di sua famiglia et parimente delle stanze in Palazzo per la per-sona sua. Sua Ecc. ci ha risposto averli fatto intendere per sue lettere quanto occorre[…] Ci par ben di ritrarre che le stanze in palazzo aranno da esser quelle medesime che ha avute per il passato non potendosene, fin che non si mura, accomodarlo altrove né di migliori. Sarà però sua signoria padrona sempre come noi altri e del palazzo e et di tutto», Giovanni de’ Medici a Giannozzo Cepperelli, [s.d. ma gennaio 1561], in Giovan Battista Catena, Lettere del Cardinale Giovanni de Medici Figlio di Co-simo I Gran Duca di Toscana, Roma, Antonio de’ Rossi, 1752, p.292. Dai libri di conti sembrerebbe che solo dopo il 1562 Paolo e Isabella si fossero trasferiti in un appartamento nel palazzo Medici in via Larga, oggi palazzo Riccardi.

A settembre del 1557 la guerra era finita. Cosimo de’ Medici aveva annesso Siena e Portoferraio e Paolo Giordano tornò a Firenze. Le lettere di questo periodo hanno un andamento molto frammentario e, fino a settembre del 1558, sono tutte da Firenze. Questo si spiega col fatto che Paolo Giordano andava e veniva da Pisa dove in quel periodo si trovava la corte medicea. Per rivedere Isabella doveva attendere che i duchi gli concedessero il permesso di poterla raggiungere. Il 3 settembre del 1558, secondo le cronache, Paolo e Isabella consumarono il matrimonio e subito dopo lui partì per Roma obbedendo, come lui stesso scrive, all’ordine di Cosimo e della duchessa. Paolo a Roma andò per stipulare vari contratti di vendita e di prestiti necessari per ripagare le ingenti spese sostenute per la guerra, ma anche per seguire i lavori al castello di Bracciano nella speranza di portarvi prima o poi sua moglie. La permanenza si prolungò per la malattia dello zio di Paolo, il cardinal camerlengo Guido Ascanio Sforza di Santa Fiora.183 Da metà ottobre del 1558 a maggio del 1559 Paolo va e viene da Roma obbedendo sempre ad ordini della duchessa: «sarrà impossibile che io non vengi innanzi il termine datome da mi signora»184 le scriveva. Isabella in quel periodo era incinta ed Eleonora di Toledo dava a Paolo termini precisi per tornare. Isabella avrebbe dovuto partorire a giugno, ma evidentemente non riuscì a portare a termine la gravidanza.

Nonostante fossero sposati, Paolo e Isabella non avevano ancora una casa, e i loro in-contri dovevano essere approvati e decisi anche dalla madre di Isabella: «corro là, – scri-veva Paolo – per star quanto vostra signoria et mi signora vorranno».185 Una lettera del cardinal Giovanni Medici del 1561 rivela che a quell’epoca Paolo a Firenze continuava a vivere (sembrerebbe da solo) in alcune stanze di Palazzo Vecchio a lui assegnate da Cosimo de’ Medici.186 Il desiderio di Paolo di avere una casa tutta sua insieme a Isabella

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56 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

urtava contro la volontà di Cosimo ed Eleonora che invece cercavano di trattenere il più possibile entrambe le figlie. «Ho scritto al conte Alessandro Valenti che mi trovi una casa buona e capace per vostra signoria e per me perché voglio che viviamo da noi, et che ce diamo un bon tempo»,187 scriveva Paolo. L’ambasciatore di Alfonso d’Este Francesco Susena, nel 1559, si meravigliava che sia Lucrezia che Isabella, sebbene fossero sposate, vivessero ritirate in “poche stanze” per arrivare alle quali bisognava attraversare tutto l’appartamento della madre e dalle quali non potevano uscire senza il suo permesso. «In queste bande – si lamentava Susena – poco piacere v’ è alla corte, perché con le dame non bisogna scherzare, et queste signore non si vedono mai, se non quando cavalcano, et allora anco poca conversatione si può havere con loro».188

Il 18 agosto del 1559 morì il pontefice Paolo IV. Iniziò un conclave lunghissimo e segnato da gravi tumulti e violenze. Era pratica consueta che durante la sede vacante si scatenassero disordini e saccheggi, ed era consuetudine che gli Orsini e i Colonna si armassero per proteggere la città. In questa occasione il risentimento popolare superò ogni limite. Il popolo incendiò il tribunale del Sant’Uffizio e ne distrusse l’archivio. Perfino la statua del pontefice fu decapitata e la testa presa a calci. Lo racconta Paolo stesso in una lettera.189 Il nuovo papa, Pio IV, eletto con il favore di Cosimo de’ Medici, fu consa-crato il 6 gennaio 1560 e fino ad allora Paolo Giordano restò a Roma.

10. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Firenze 4 marzo [1558]190

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissima io ho riceuta una di vostra signoria a me tanto grata quanto cosa possessi accadere

in questo tempo, ma mi rincresce bene a non posser far quel che mi commanda circa al venire a Pisa perché anche non ho accomodato la casa mia et la prima causa che im-porta più è che non posso veder vostra signoria, et come arò hauta licentia di posserla vedere io subito monterò a cavallo et verrò costà. In questo mentre, poi che io non la posso vedere con occhi, perché col core la vedo di continuo, la suplico a ricordarsi di me et a scrivermi qualche volta, perché quel dì che io ho le lettere di vostra signoria mi par che non mi possi venir male. Per questo, vita mia, la suplico avermi per iscus<at>o che, subito hauta la lisentia, monterò in poste et verrò a trovarla, et con questo farrò fine con bagiarli la bocca et le mani. Di Fiorenza, il dì IIII di marzo.

187 Lettera n.33.188 Le lettere di Susena ad Alfonso d’Este sono riportate da L.A. Saltini, Tragedie medicee domestiche, cit., pp. 61-111; si veda anche Grazia Biondi, Lucrezia de’ Medici, duchessa di Ferrara in DBI, vol. 66 (2006), pp.380-382. 189 Lettera n.35.190 Nella lettera manca l’anno. È però dello stesso tenore delle altre e si fa sempre riferimento al fatto di non potersi vedere.

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2. Gli sposi senza casa (1558-1559) | 57

Di vostra signoria illustrissima et eccellentissima consorte et servitor affecionato che desidera vederla et goderla

Paolo Giordano Orsino.[158, n. 275]

11. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Firenze 13 aprile 1558

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissima il dolor che io tengo de non la posser vedere certo a non la bastaria mai a scriver-

glielo, ma la letera di vostra signoria mi ha recato tanta consolatione che io non lo potrei dire. La suplico, cor mio, in questo poco di tempo che io starò qui, che si vogli aricordar di me come io fo di lei, che non posso né ‘l dì, né la notte, viver da la gran passione, per questo vita mia vi prego a ricordarvi di me et tenermi in bona gratia del signor principe.191 Et come io mi sarrò finito di purgare non mancarò subbito che glie dissi di venir costì. Altro non c’è di nuovo se non che stamane qui è stato un grandissimo terramoto che ci ha messo paura a tutti192. Vostra signoria mi facci favor baciar le mani a dognia Anna193 da parte mia et dirli che se io posso qualcosa di qua mi commandi, et con questo fo fine baciandoli mille volte la saporitissima vocca et le mani. Di Fiorenza, il dì XIII di aprile nel 1558.

Di vostra signoria illustrissima consorte servitore affetionato che l’ama più che la vita sua

Paolo Giordano Orsino.[157, n. 17]a «certo» corretto su un precedente «cherto» cassato

12. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Firenze 16 aprile 1558

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissimaho riceuta una di vostra signoria illustrissima de quatordici di questo a me tanto

grata quanto cosa mi possessi intravenire, sì per intendere il suo ben esser, sì anche per haver cognuscuto me esser in sua bona gratia, la qual cosa desidero somma-mente. Prego vostra signoria a scrivermi spesso, perché il simile farrò io, et tenermi in sua bona gratia et a volermi bene come io voglio a vostra signoria, che mai non mi sa quel hora che possiamo star insieme acciò la possi godere secondo il mio

191 Francesco de’ Medici.192 Su questo terremoto cfr. V. Castelli, Un caso di revisionismo storico: il terremoto “senese” del 13 aprile 1558 in GNGTS, atti del 22° convegno nazionale, Trieste, 2008.193 Questa donna Anna potrebbe essere la sorella di Eleonora di Toledo Anna Álvarez de Toledo y Pimentel Osorio moglie di Lope de Moscoso Osório, quarto conte di Altamira, v. lettera n.4.

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58 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

desiderio. La suplico a far le mie raccommandatione a madonna Alesandra194 et regratiarla in nome mio che s’aricordi di me, et il simile alla signora Clarice195 et ti prego, vita mia, ti aricordi di me qualche volta et ti bacio mille volte la bocca et le mani. Che Dio facci che ti godi presto, et mantengati sana. Di Fiorenza il dì XVI di aprile nel 1558.

Di vostra signoria illustrissima eccellentissima servitore et fidelissimo consorte che l’ama più che ‘l cor suo

Paolo Giordano Orsino.[157, n.13]

13. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Firenze 26 maggio 1558

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissima la lettera di vostra signoria m’ha portata tanta consolatione quanto cosa mi posses-

si venir in questo tempo. È ben vero che non posso se non lamentarmi della fortuna poi che son tenuto da una, la qual amo più che me stesso, per persona smemorata. Per questo, vita mia, vi fo certo che io non lassarò mai dì che non vi scrivi, et se non fusse certo che vostra signoria mi commandasse come fusse lì, per rispetto della aria che mi offende, come vostra signoria ha visto, che ritornasse subito, sarei lì, et di poi anche avendo certa speranza che il signor duca mi signor habbia a esser qui presto.196 In questo mentre prego vostra signoria a ricordarse di <un> il qual pensa dì et notte in lei et la adora. Per questo la prego a tenermi in sua bona gratia et baciar le mani a mi signora, et al duca mi signor, insieme con il signore principe, et il signore don Giovanni, la signora dognia Lucretia et a tutte quest’altre signore. Di Firenze, il dì XXVI di maggio nel 1558.

Di vostra signoria illustrissima affezionatissimo consorte et servitor che l’ama più che la vita sua

Paolo Giordano Orsino. Vostra signoria aricordi al duca che scriva del cavallo il qual mi promesse l’altro

dì, et mi facci questo favor a farmene haver resposta presto et gli bacio mille volte la bocca et le mani.[157, n.25]

194 Si tratta di madonna Alessandra Bartolini Medici, dama al servizio prima di Eleonora di Toledo e poi di Isabella. Era sorella di Onofrio Bartolini Medici arcivescovo di Pisa. I Bartolini ebbero da Clemente VII il dono dell’arme e del cognome dei Medici, cfr. Il fiorentino istruito nelle cose della sua patria, calendario per l’anno 1857, Firenze, Giuseppe Polverini 1857, pp.69-70. Alessandra scrive le lettere che Isabella le detta per Paolo quando lei è malata.195 Forse Clarice Malaspina dama di Eleonora di Toledo, cfr. Maria Pia Paoli, Di madre in figlio, cit., p.79.196 La corte in quel momento si trovava a Pisa.

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2. Gli sposi senza casa (1558-1559) | 59

14. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Firenze 4 giugno 1558

L’altro dì hebbi una di vostra signoria et li risposi, et anche non ho hauto risposta. Non so se venga che vostra signoria sia in colera con me o pur che non l’abi auta. Vita mia, di poi che io non vi posso veder presentialmente, almanco non fate care-stia de un poco di carta et inchiostro, perché il dì che io ho lettere di vostra signoria mi par che non mi possa venir cosa mala, per questo vita mia vi prego a scrivermi spesso et tenermi in bona gratia vostra che non è cosa che io desideri più al mondo. Et cor mio, in questo mentre che io sto lontano vi prego a scrivermi spesso et vi ba-cio la bocca et le mani. Fattemi favor a baciar le mani a mi signora197 et al duca mio signore et al signore don Luigi198 et far la scusa mia se io non lo ho venuto a visitare, et al principe et a tutti questi altri signori. Di nuovo vi bacio la bocca. Di Firenze, il dì IIII di giugno nel 1558.

Di vostra signoria illustrissima servitor et consorte che l’ama più che sé stesso Paulo Giordano Orsino.

[157, n.26]a La lettera è priva di intestazione. Probabilmente manca il primo foglio.

15. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 13 settembre 1558

Illustrissima signora patrona e consorte osservantissima io ho riceuta una di vostra signoria a me tanto grata quanto cosa mi possessi acca-

dere in questo tempo, perché so la sua sanità. La prego a voler star alegra et ricordarsi del vostro povero musino che non pensa né dì né notte se non a voi, per questo vita mia aricordatevi di me che ve amo più che la vita mia, scrivetemi spesso, come io farrò a voi. Cor mio, sta alegro che spero venirte a trovar più presto che non si pensi. Guardate se volete altro di qui, et avisatemi che io non mancarò subito de mandar-velo. Et state sana et aricordatevi di me tanto vostro servitore et vi bacio la bocca et tutto il musino bello per mille volte. Di Bracciano, il di XIII di settembre nel 1558.

Di vostra signoria illustrissima servitor et consorte che l’ama più che la vita sua Paolo Giordano Orsino

[157, n.24]

197 Eleonora di Toledo, madre di Isabella.198 Don Luigi Álvarez de Toledo, fratello di Eleonora di Toledo e quindi zio di Isabella.

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60 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

16. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 16 settembre 1558

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissima stamani ho hauta una di vostra signoria in risposta de una lettera mia dove mi

scrive che ha presa tanta allegrezza a cognoscere che io mi aricordi di lei. Cor mi<o>, di chi dunque me ho da ricordare se non di me mede<si>mo, che ogni volta che io mi ricordarò di me, me ricordarò anche del mio musino, il quale amo più che me. Per questo guardi vostra signoria come può creder che io non abbia a ricordar di lei che l’amo più che me stesso. La suplico a tenermi nel bon concetto di prima et a ricordarsi di volermi tanto bene come mi ha voluto, et aricordati che io, cor mio, non ho altri in questo mondo che te, né dì, né notte penso a altro che a vostra signoria. Vi prego che baciate le mani alla signora principessa199 et che mi duole assai non esser là da lei acciò la si potesse servire, diteli da parte mia che sua eccellentia non se lassi venir l’umore così spesso come li veniva, et se pur li verrà, che s’aricordi di qualche ragionamento del coritore del Poggio che così pole esser che li passasse, mi resta solo pregarvi a star di buona voglia, perché io fra pochissimi giorni vi verrò a trovare. Quanto la pena della signora dognia Leonor200 io non li posso scriver niente perché non l’ho intesa, et con questo resto di baciarli mille volte la bocca et le mani. Di Braciano, il dì XVI di setembre nel 1558.

Di vostra signoria illustrissima affetionato servitor et consorte che l’ama più che la vita sua et la desidera godere

Paolo Giordano Orsino.[157, n.44]

17. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 22 settembre 1558

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissima io ho riceuta una di vostra signoria delli XI di settembre nella qual mi scrive che gli

par che io non mi abbia a ricordar più di lei, ma perché credo che vostra signoria mi dia la berta201 per havergli scritto tante et tante letere et non haver hauta risposta se non di dui o tre, non li dirò altro sopra questo particulare. La suplico a conservarsi sana et di buona voglia che spero fra pochissimi giorni esser da lei et per questo la suplico di nuovo a star alegra. Vostra signoria mi facci favor baciar la mano et rin-gratiar tutti li illustrissimi et eccellentissimi signori cugnati et che gli ringratio della

199 Si tratta di Lucrezia de’ Medici, sostituita come promessa sposa ad Alfonso d’Este dopo la morte della sorella Maria.200 Questa donna Leonor (o madonna Leonora o madama Leonora) ricorre in altre lettere (nn.37, 59, 60, 74, 87) e doveva essere una dama al servizio di Isabella.201 Mi prenda in giro.

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2. Gli sposi senza casa (1558-1559) | 61

ricordanza che hanno di me, et il simil al duca et alla duchessa miei signori, et con questo restoli banciandole mille volte la bocca et le mani. Di Roma, il dì XXII di settembre nel 1558.

Di vostra signoria illustrissima servitor et consorte che l’ama più che la vita sua et la desidera vedere e godere.

La causa che io sto a Roma è perché il cardinal di Santa Fiora nostro zio ce l’abbia-mo hauto a perdere,202 ma ringraziato sia Dio, sta poco meglio et è for di periculo.

Servitor et consorte che l’ama più che la vita sua et la desidera vedere et godere.203 [157, n.45]

18. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 23 settembre 1558

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissimaa

io ho auto tanto accaro la letera di vostra [signoria] delli X9 del presente quanto cosa [mi] pos[sa] accadere perché già mi par che già la sia disgannata di quella mala opinione che per l’altra sua mi scrisse, et anco tanto più grata mi è stata quanto per essa ho inteso il suo ben esser. Vi bacio le ma[ni] della cura et amor che mi portate, ma per questo non posso, cor mio, volerti più ben di quel che vi vogli, che ormai il mio mal è penetrato fino a l’osso et è, cara, incurabile. Quanto a la colera che quel gentiluomo ha con me non princi<pi>a adesso, perché da poi che lo cognosco sem-pre havemo tanta querela insieme, et è certo che ormai mi pareria tempo a metter fine a queste nostre querele. Per questo la suplico che <se> in mia asentia sentisse dir mal di me da questui che mi voglia difendere, che poi che io sarrò alla presentia con lui, non dubito che cagliarà, et non voglio dir altro, perché so [che vostra signoria] lo cognosce quel c<h>e vale. La suplico baciar le mani al duca mi signor et a mi signora in nome mio et al signor principe et alla signora principessa et a tutti gli altri illu-strissimi cugnati et con questo restoli aricordando a star alegra et gli bacio la bocca et le mani per mille volte. Che Dio mi presti gratia che la possi goder cento anni. Di Roma, il dì XXIII di settembre nel 1558.

Il cardinal oggi sta assai meglio et è netto di febre. Di vostra signoria illustrissima consorte et servitor che l’ama più che sé stesso Paolo Giordano Orsino.

[158, n.276]a La lettera presenta una lacerazione lungo tutto il margine destro e imbrunimento della carta dovuta all’acidità dell’inchiostro.

202 Guido Ascanio Sforza di Santa Fiora, cardinal camerlengo.203 La lettera manca della firma.

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62 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

19. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 24 settembre 1558

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissima venendo costì il signore Paolo Sforza204, mio zio, mandato dal reverendissimo

monsignor camerlengo nostro, non ho voluto mancar de non scriverli questa mia et farli sapere il mio bon esser et la voglia che tengo di vederla et aricordarli l’amor che io gli porto. La suplico bene a tener in memoria tutte queste cose perché non mi po<t>rà far il maggior favor di questo. La vorei pregare, per quanto amor la mi porta, la mi facesse favor ricommandare in nome mio efficacemente messer Stoldo Cavalcanti205 a sua eccellenza, ché sonno tanti l’obligi che io tengo con tutta casa sua et lui che l’non la bastaria a dire. Resta solo, musino cor mio, che te ricordi di me come io continuamente fo di te, né di notte penso mai in altri che in te et aspettate-mi presto. La mi farà favor baciar le mani in mio nome a mi signora et al principe, et tenermi in sua bona gratia, et alla principesa et che non si lassi venir l’umore così spesso come faceva, et al prete mio caro,206 et a tutti l’altri signori cugnati et a dognia Lionor, et li bacio la bocca et le mani mille volte. Di Roma, il dì XXIV di settembre nel 1558.

Di vostra signoria illustrissima servitor et consorte che non desidera se non vederla et goderla

Paolo Giordano Orsino[157, n.14]

20. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici207

Roma 1 ottobre 1558

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissima per una delli XX9 di settembre ho hauto aviso delle miei lettere receute et anche

del suo ben esser, cosa che me ha portata grandissima consolatione, prima per inten-dere nuova di te, cor mio, poi per vederti disinganata di quella mala opinione che per l’altre vostre mi havete scritto, cioè per credere che io non mi aricordassi più di te, vita mia. Quanto al credere che io li dia la baja208 del venir costì, perchè credo che

204 Paolo Sforza, fratello del cardinale Guido Ascanio Sforza di Santa Fiora. 205 Stoldo Cavalcanti era figlio del banchiere Tommaso la cui importante agenzia romana prestava denaro a Paolo Giordano. Nel 1559 il Cavalcanti sarà coinvolto nella congiura di Pandolfo Pucci per uccidere il duca Cosimo e fu giustiziato, cfr. lettera di Cosimo de’ Medici al duca di Ferrara del 14 dic. 1559, riportata da Giuseppe Campori, in Bartolomeo Cavalcanti, «Atti e memorie delle RR. Deputazioni di Storia Patria per le provincie modenesi e parmensi», IV (1808), pp.167-168. Sulla congiura cfr. Jacopo Riguccio Galluzzi, Istoria del Granducato di Toscana, sotto il governo della casa Medici, Livorno, Vignozzi, 1820, Tomo III, p. 47-48. 206 Il cardinale Giovanni Medici, fratello di Isabella, molto amato da Paolo.207 Questa lettera è stata già da me pubblicata in L’amore rivelato, cit. p.53. 208 Burlarla.

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2. Gli sposi senza casa (1558-1559) | 63

mi vederà presto da quelle bande, non dirò altro se non che me dia un poco più di fede che non mi da. Te suplico, vita mia, che tu mi vogli tener in memoria et volermi il medesmo bene che me hai sempre voluto, perché l’amor mio scresce ogni dì più, et così, screscendo l’amor, tanto più scresce la voglia di vederti, cor mio. Per questo de nuovo la suplico a ricordarsi di me. Io feci le raccomandationi di vostra signoria al reverendissimo zio209 il quale l’ebbe tanto accaro che non ve potrei mai dire, et con questo restoli baciandoli mille volte la bocca et le mani. Di Roma, il primo di ottobre nel 1558.

Di vostra signoria illustrissima servitor et affettionatissimo consorte che non pensa altro il di, né la notte, che vederla et goderla

Paolo Giordano Orsino.[157, n.18]

21. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 10 ottobre 1558

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissima mando messer Lelio Valenti210 a vostra signoria per farli intendere come io sono

huomo di mia parola et ancora che io sia stato tardi a far questo debito sonno stati le grandi occupationi che, dapoi alla tornata mia di Firenze, che ho trovato nelle cose mie, et ancora non sonno affatto sbrigate, ma per cont<are> il vero non ho possuto star più che <non> sia venuto a vederla et per questo io sono stato troppo. Provi, vita mia, che mi perdonate. Io aconpagnarò il cardinal a Loreto et de lì la verrò a vedere che sarrà tra 6 o 7 giorni et in questo mentre si attendi a conservarsi. Io restoli ba-ciando la bocca et le mani per mille volte. Di Bracciano, il dì X di ottobre nel 1558.

Di vostra signoria illustrissima servitor et consorte affetionato che l’ama più che sé stesso

Paolo Giordano Orsini.[157, n.16]

22. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici211

Bracciano 10 novembre 1558

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissima io arivai qui l’altro giorno sano et salvo ma non troppo contento perché sapea de

non trovarsi il mio musino, et se non fussi sicuro che la tien memoria di me con-

209 Guido Ascanio Sforza di Santa Fiora. 210 Lelio Valenti da Trevi, conte di Rivosecco, commendatore di San Lazzaro di Todi, cavaliere dei Santi Maurizio e Lazzaro, sposato con Ottavia Attavanti, era nipote dell’abate Alessandro protono-taro apostolico e conte palatino, già precettore di Paolo Giordano (vedi lettera n.29). Sui Valenti cfr. Giovanna Sapori, Monumento funebre di Ottavia e Alessandro Valenti in Raccolta d’arte di San Francesco di Trevi, a cura di Bruno Toscano, Firenze, Giunti, 2014, pp.140-143.211 Questa lettera è stata da me pubblicata in L’amore rivelato, cit., p.53-54.

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64 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

tinuamente, sicome ho vostra signoria sempre nel core, certo credo che mi morissi di dolore. La suplico dunque a scrivermi spesso acciò cognosci che l’è così, et di nuovo, cor mio, ti suplico a ricordarti di me. Adesso guardate se vostra signoria vole niente di qua et mi aricommandi et baci le mani al princ<ip>e et al signore don Giovanni et alla signora principessa in nome mio, et così restarò aspettando nuova di vostra signoria con infinito desiderio. Che Dio la conservi quanto è il mio desiderio et gli bacio la bocca et le mani per mille volte. Di Braciano, il dì x di novembre nel 1558.

Di vostra signoria illustrissima servitor et consorte che l’ama più la vita sua Paolo Giordano Orsino

[157, n.12]

23. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 14 novembre 1558

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissima, io scrissi per procaccio a vostra signoria, ma per non mancare alla parola mia li

scriverò spessi<ssi>mo et gli dico che io non ho altro desiderio se non di esser da lei et godermela. Te suplico, cor mio, che tu ti vogli ricordar di me che t’amo più che la vita mia propria, per questo, vita mia, damme nuova spesso di te, sicome io farò di me, et vi bacio la bocca et le mani per mille volte. Cor mio, te suplico, aricordarte di me che non altro ben in questo mondo che te, et di novo ti bacio la bocca. Di Roma, il dì x4 di novembre nel 1558.

Di vostra signoria illustrissima servitor et affetionatissimo consorte che l’ama più che la vita sua et la desidera vedere et godere

Paolo Giordano Orsino[157, n. 46]

24. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 20 novembre 1558

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissima, io ho già ordinato che sia mandato a vostra signoria tutto quello che la me ha scrito

haver de bisogno, et anco la chinea l’arà presto,212 ché io ho hordinato che sia messa in ordine. La suplico aricordarse di me et farmi di questi favori de scrivermi quando ha bisogno di qualche cosa, perché allora cognoscerò che me ama. In questo mentre attendi a star sana et di buona voglia ché l’inprometto che passo tanto mal tempo senza te, musin mio, che non tel potria dire et credo che sarrà impossibile che io non vengi innanzi il termine datome da mi signora213. Per questo, cor mio, ti prego che

212 Cavalla bianca da sella.213 Intende Eleonora madre di Isabella che probabilmente pensava che la vicinanza degli sposi e i loro rapporti compromettessero la gravidanza della figlia.

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2. Gli sposi senza casa (1558-1559) | 65

te aricordi di me; et con questo fo fine baciandoti mille et mille volte la bocca et le mani. Di Roma, il di xx di novembre nel 1558.

Di vostra signoria illustrissima servitore et consorte che l’adora et desidera goderla Paolo Giordano Orsino[157, n. 21]

25. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici214

Bracciano 4 dicembre 1558

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissima avendoli io scritte tante letere né mai di nessuna haverne hauta risposta, mi fa

credere che vostra signoria se sia afatto scordata di me, per il che sto for di me che a una che io non ho altro bene al mondo di lei che in così pochi giorni si sia scordata di uno che sa quanto l’ama. Per questo vita mia scrivemi spesso come io fo a te, se non che io vi tenerò per la più disamara donna del mondo et me per il più disgratio. Per questo, vita mia, si tu desideri che io vivi contento scrivemi spesso. Et con questo restoli baciandoli mille volte le mani et la bocca, che Dio la guardi secondo il mio desiderio. Mi farrà favor baciar le mani a tutti questi signor cugnati. Di Bracciano, il dì iiii di xbre nel 1558. Voltatea.

La chinea se mette in ordine et subito vi si mandarà et io verrò prestissimo che non posso star senza il mio musino et ti bacio di nuovo la bocca et le mani. Bracciano vi aspetta con un gran desiderio.

Di vostra signoria illustrissima servitor e consorte che l’ama più che la vita sua Paolo Giordano Orsino.

[157, n.19]

a da «la chinea» fino a «Orsino» scritto sul verso del foglio.

26. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 23 dicembre 1558

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissima io ho riceute dui de vostra signoria a un tempo, una sopra de un nepote di ma-

donna Margarita, et l’altra in risposta della mia, et quanto al particular de madonna Margarita io farò tutto quel che vostra signoria mi commanda. Quanto al resto gli dico che mi voglio riserbar a dir le mie ragioni in letto, perchè lì è campo francho, et per questo non parlarò più in questo particulare se non dirli che tra 10 o 15 giorni la verò a trovare et in questo tempo, cor mio, ricordati di me, perchè non ho altro bene al mondo che te, et voglimi bene, come io a te, musino mio bello. Vostra signoria mi farrà gratia baciar le mani a tutti questi eccellentissimi in mio nome et gli bacio la bocca et le mani. Di Roma, il di xxiii di xbre nel 1558.

214 Questa lettera è stata da me pubblicata in L’amore rivelato, cit. p.54.

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66 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

Di vostra signoria illustrissima servitor et consorte che l’ama più che la vita sua et la desidera godere et vedere

Paolo Giordano Orsino.[157, n.22]

27. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 30 dicembre 1558

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissima io non harei mai creso che fusse caduto nel animo di credere che io non gli volessi

bene, come per l’ultima sua mi scrive, che ella sa bene che io non ho altri in questo mondo che lei et con essa lei ho a vivere e da morire, ma io vegio che è verissimo quel detto lontan dagli occhi lontan dal core perchè, da poi che mi son partito, sì per questa ultima sua, sì per le passate, ho cogniosciuto che ella non si ricorda più di <me>come prima. Ma io in questo caso io non voglio più parlar se non che in quel campo franco che per l’altra mia gli scrisse, lì mantenerò che ha fatto male a scrivermi questa. La mi facci favor baciar le mani al principe in mio nome et a tutti l’altri signori cognati. Di Bracciano, il di xxx di xbre nel 1558.

Di vostra signoria illustrissima servitor et consorte che l’ama più che sé stessoPaolo Giordano Orsino

[157, n.23]

28. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 3 gennaio 1559

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissima non ho voluto mancare con questa occasione del signore Vicino215 non scrivergli,

ancoraché mi pare superfluo perché io credo che sarrò, innazzi che questa, lì. La suplico adunque, fin che io vengo, tenermi in sua bona gratia et amannir stantia e letto. Et per non fastidirla più farrò fine baciandoli mille volte le mani et la bocca. Di Bracciano, il dì 3 di genaro nel 1559.

Di vostra signoria illustrissima servitor et consorte amorevolissimo Paolo Giordano Orsino.

[157, n.38]

29. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 23 marzo 1559

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissima io mando il capitan Vincienzo per il negotio che lui li dirà, non ho voluto mancar

visitarla con questa mia con pregarla si vogli ricordar di me come io fo continuamen-

215 Vicino Orsini (1523-1585), signore di Bomarzo famoso per il suo “boschetto”, cfr. Sabine From-mel, (a cura di), Bomarzo: il Sacro Bosco, Milano, Electa 2009.

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2. Gli sposi senza casa (1558-1559) | 67

te di lei. La suplico accommandarmi et guardi se di qua ci è cosa che gli piaccia. La suplico a baciar le mani al principe et dirgli che si prosima il tempo di quella facenda et tu, cor mio, aricordati di me come io fo di te che mai dì né notte penso ad altri che a te. Te suplico a baciar le mani alla principessa.216 Et a tutti questi altri signori. Circa al negozio217 che mi scrivesti per l’altra ho già dato ordine per ogni cosa come era inteso da messer Alesandro.218 Et con questo fo fine baciandoti mille volte le mani et la bocca. Di Bracciano, il di xxiii di marzo nel 1559.

Di vostra signoria illustrissima servitor et consorte che l’ama più che la vita suaPaolo Giordano Orsino. La me dia nuova de Paulino219 et mi ricom[andi a] Madonna Alesandra220.

[157, n. 36]

216 Lucrezia, sorella di Isabella, divenuta principessa per il matrimonio con Alfonso d’Este.217 Dal latino negotium = attività, occupazione, affare, traffico, ma anche incarico. 218 Il conte Alessandro Valenti da Trevi fu nominato da Pio V nel 1566 primo conte di Rivosec-co dopo essere stato al servizio per cinque anni di Paolo Giordano a Firenze. Prima ancora aveva accompagnato Mario Sforza alla corte di Filippo II ed era stato segretario di Paolo Cesi e Guido Ascanio Sforza. In seguito Cosimo de’ Medici lo volle al servizio del cardinal Giovanni Medici suo figlio, cfr. l’epigrafe sulla tomba nella chiesa di S. Giovanni a Trevi: ALEXANDRO VALENTI STI FAVSTINI ABBATI, SSTI JACOBI ET/ PHILIPPI A MONTE CASTELLO TVDERIS SS STE-PHANI A PICCI/CHIS, ANGELI DE ARSICCIALIBVS, ET A CASTRO FABBRI SPOLE/TINAE DIOCESIS DILIGENTISSIMO RECTORI, NO NVLLORV ETI/AM SIMPLICIV BENEFICIOR-VM MERITO BENEFICIATO AC CEN/TVM DVCATORVM S PETRI DE VRBE CANONI-CATV PENSIONA/TO S. PAVLI MILITI, ET IN MEDIOLANESI DOMINATV PER/ PAVLVM III PONT: GENERALI COLLECTORI DEPVTATAO, NEC/NON MARII SFORTIAE APVD REGEM PHILIPPVM QVADRIENNI/VM CVRAM GERENTI, AC PAVLI JORDANI FLO-RENTIAE QVIN/QVENNIVM CVM ANTEA PAVLVS DE CAESIS, ET GVIDVS/ ASCANIVS/SFORTIA CAR” IN CONSILIIS CAPIVNDIS MAXIMA FIDE EVM/ IAMDIVHABVERINT, COSMIQ DVCIS VOCE VOCATO, VT/ EIVS PRVDENTI CONSILIO CAR. FILIVS NON TANTVM FAMILIA/ COMESALESQ SIBI PARARET, VERVM SE IPSVM COMITTERET/ ET TANDEM OCII CAVSA RIVISICCI VILLA EIVS PECUNIA EM/PTA PER IVLIVM III SIBI, PO-STERISQ IN COMITAYVM PER IP/SVM ERECTA SOCIETATISQ MISERICORDIAE RECTORI/, AC EX ANIMO ILLA HAEREDE INSTITVTA, NON/ SINE OMNIVM TREBIATVM LACRY/MIS IPSI CONFRATRES BENEME/RENTI POSVERE. Cfr. anche De vita reverendi D. Alexandri Valentis Prothonotari Apostolici et comitis palatini, Perusiae, apud Petrum Jacobum Petrutium 1582. Tra i sonetti del Varchi (Opere di Benedetto Varchi cit., p.902), oltre ad alcuni dedicati a Paolo e Isabella, ve ne è uno dedicato ad Alessandro Valenti e alla sua opera di educatore di Paolo Giordano: «Come dentro chiuso orto, ove pastore, nè s’avvicini armento, sopra chiaro fonte, in aprico loco, amato e caro cresce Amaran-to, o s’altro è più bel fiore: Non altramente il mio buon Paulo, onore Dell’Orsa e del gran Tebro, altero e raro, Anzi senza alterezza e senza paro, maggior fassi ogni giorno, anzi a tutt’ore, e questo a voi si deve o tutto o parte, Alessandro gentil, che non Apollo amate sol né solo Marte, ma l’uno e l’altro insieme, ond’ei comparte or a l’armi suo studio, or alle carte, tal già facea lo mio verde rampollo». L’ultimo verso fa pensare che prima di Valenti il maestro di Paolo sia stato proprio Varchi.219 Paolino è il nome con cui Paolo Giordano chiamava il figlio che Isabella stava aspettando. Come si constata da varie lettere, Paolo, ogni volta che Isabella restava incinta, dava un nome al nascituro e ne parlava come se fosse già nato.220 Madonna Alessandra Bartolini Medici, dama di Isabella.

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68 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

30. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 1 aprile 1559

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissima la ringratio mille volte delle nuove che mi dà di Francia et la prego che quando lì la

sentirà qualche cosa la me ne avisi. Del resto la intenderà da messer Alesandro ogni cosa, et quel che lui in nome mio ha fatto con la duchessa. Mi resta solo a dirli che stia sana et di buona voglia et la mi dia nuove un poco di Paolino221 che tutti li segni che la mi dà per le sue quasi sonno certi che’l Paolino cresce et viene inanzi brava-mente. Cor mio, sta di bona voglia et qualche volta aricordati di me che t’amo più che la vita mia, et con questo bacioti mille volte la bocca et le mani. Di Bracciano, il dì primo di aprile nel 1559.

Di vostra signoria illustrissima servitore et consorte che l’ama più che sé stesso et che la desidera godere

Paolo Giordano Orsino.[157, n.89]

31. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 8 aprile 1559

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissima mi sonno assai maravigliato che per questo prochaccio non ho riceuto letere di

vostra signoria. La suplico, se me vol far star contento, a scrivermi spesso perché il magior favor cha la mi possi far è darmi spesso nuova di lei. La suplico a darmi nova de Paolino222 et baciar le mani alla illustrissima signora principessa in nome mio et al signor principe et con questo restoli baciandoli mille volte la bocca et le mani. Di Roma, il dì 8 di aprile nel 1559.

Di vostra signoria illustrissima servitor et consorte che l’ama più che la vita sua et la desidera vedere et godere

Paolo Giordano Orsino.[157, n. 34]

32. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Campagnano 28 aprile 1559

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissima il presente lator sarà messer Fulvio Amadei, copiere del reverendissimo signore zio,

il quale vie’ lì mandato dal Siri per certi negotii, la prego favorirlo come si fosse cosa

221 Vedi nota n. 219.222 Ivi.

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2. Gli sposi senza casa (1558-1559) | 69

mia propria et perché egli negotiarà con il signore principe223 acciò lo favorisca con il duca mi signore. Vostra signoria li porgi tutti li aiuti possibili che tutto lo riceverò in me medesimo. Quanto al mio star bene, per gratia di Idio sto benissimo, ma con martello224 grandissimo di rivederla. Ma la vorei veder qui, nel suo Stato, perché io non penso né dì, né notte, altro che in te, vita mia. Non ho altro che me te scrivere, se non che baciate mille volte le mani al principe da mia parte, et che mi par che se sia scordato afatto di me poiché mai non mi commanda, et anche di quella altra cosa che mi parlò quando io mi partì, diteli che io sto sempre per servirlo, et baciate le mani della principessa in mio nome et che la mi comandi, et a te, vita mia, ti bacio mille volte le mani et la boca. Di Campagniano, il dì xxviii di aprile nel 1559.

Di vostra signoria illustrissima servitor et consorte che l’ama più che la vita sua et la desidera vedere et godere

Paolo Giordano Orsino.[157, n.43]

33. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 20 maggio 1559

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissima Non voglio mancare per la presente occasione di messer Filipo225 a non scrivergli

et darli nuova del mio ben stare et che, quanto prima potrò, la verrò a veder et che non mi manca se non di espedire certe facende che non credo che mi tertenerano più di otto o dieci dì al più, et subito espedite corro là, per star quanto vostra signo-ria et mi signora vorranno. In questo mentre ti prego arricordati di me, vita mia, et sappi certo che non amo più nisciuna cosa in questo mondo che te, per questo tu ai ragione di volermi bene. Ho scritto al conte Alessandro Valenti226 che mi trovi una casa buona e capace per vostra signoria e per me, perché voglio che viviamo da noi, et che ce diamo un bon tempo. Non manco di fornirmi di quelle cose che io vego che vostra signoria n’ha bisogno, come chinee, cavalli da cochio e altre cose che vostra signoria n’arrà bisogno. Veggi vostra signoria se di qua, in questo poco tempo che io ci starò, vole niente, perché subito darò ordine che l’abbia. Ti suplico cor mio a volermi bene come io voglio a te. Verrò subito finite queste facende che non po’ esser che non siano finite questa setimana che adesso entra. Baciate le mani del signore principe et de mi signora, et della signora principessa, et del duca mi signore et al signor don Luigi insieme con tutti questi signori cognati, et li bacio mille volte

223 Il principe è Francesco de’ Medici. Questo Siri, che ricorre anche nella lettera n.81 potrebbe essere un membro della famiglia di banchieri di Savona residenti da tempo a Roma, cfr. La corte di Roma tra Cinque e Seicento teatro della politica europea, a cura di Gianvittorio Signorotto, Maria Antonietta Visceglia, Roma, Bulzoni, 1998, p.88, nota 209.224 La parola “martello” è usata spesso in queste lettere nell’accezione di “desiderio”.225 Su “messer Filippo” v. lettera n.6.226 Sull’abate Alessandro Valenti di Trevi vedi lettera n.29.

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70 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

la bocca et le mani che dio la conservi secondo il mio desiderio. Di Roma, il dì XX di maggio nel 1559.

Di vostra signoria illustrissima servitor et consorte che l’ama più che la vita sua et la desidera godere

Paolo Giordano Orsino.[157, n.37]

34. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 22 maggio 1559

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissima io ho scritto tre mie a vostra signoria et di nesuna ne ho auta risposta, la qual cosa

non so donde si possi causare. La suplico a farmi intendere se ha riceute le mie, overo se l’è in colera con me per qualche sinistra informatione, ma sia come se vole che presto mi verrò a giustificare, et lì li farò cognoscer che ha torto a desprezzare le cose di chi l’ama come io, et di quelli che la sa che li vogliono tanto <bene> come io, ma io voglio credere che vostra signoria non habbia haute nissuna. 227 La suplico a volermi bene come io so certo che la me ne vole. La mi farrà favor baciar le mani al signore principe et alla signora principessa et a tutti questi altri signori, et di gratia, cor mio, aricordati di chi te vol tanto bene come io, et ti bacio le mani. Di Roma, il di xxii di maggio nel 1559.

Di vostra signoria illustrissima servitor et consorte che l’ama più che la vita sua et la desidera godere et vedere

Paolo Giordano Orsino. Et la mi aspetti fra otto giorni al più et li bacio le mani e la bocca. Vostra signoria

non si maravigli se io ho fatto questa lettera diferente dalle altre perché ho voluto che mi intenda.228

[157, n. 42]

35. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 24 agosto 1559

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissimadalla letera di vostra signoria o cognosciuto che è bona satiressa poi che mi scrive-

te così particularmente di ogni cosa.229 La suplico a seguitare come ha cominciato a scrivermi spesso, et io farrò il simile. Qui non ci è niente di nuovo se non che il medesimo giorno che io arrivai qui arivò ancora il signore Marco Antonio mio cu-

227 Intende: nessuna lettera.228 Paolo Giordano anziché usare il solito corsivo veloce e poco comprensibile, utilizza in questa lettera una scrittura più posata e calligrafica. 229 Come si vedrà da una lettera successiva, Isabella, come era consuetudine diffusissima, faceva pronostici e scommesse sull’elezione del futuro papa. Queste pratiche furono severamente proibite da Pio IV e poi da Gregorio XIV con la bolla Cogit nos.

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2. Gli sposi senza casa (1558-1559) | 71

gnato,230 dove ci andarno incontro tutti li baroni et gentiluomini di questa città. Il dì da poi andammo in congregatione dove erano tutti li reverendissimi, et lì il signore Marco Antonio parlò in nome di tutti dui, che così c’eramo apontati, con offerirli la vita et la roba et tutto quello che haveamo, et da lor signori ci fu risposto con rin-gratiarci del nostro bon animo. Oggi siamo stati in consiglio del popolo231 et non si è concluso niente. Di qui non ci <è>altro di nuovo se non che ieri si cominciorno li esequie del papa. La ‘nquisitione ha abrusciata la testa del papa di marmo di una sta-tua che stava in Campidoglio, li putti l’hanno ruzzolata tre dì, all’ultimo il cardinal mio zio l’ha fatta butar in Tevere per compascione232. Qua<n>to li voglio bene non accade che io glielo scrivi perché lo deve sapere, et gli bacio le mani. Di Roma, il dì xxiiii di agosto nel 1559.

Di vostra signoria illustrissima servitor et consorte che l’ama più che la vita sua Paolo Gordano Orsino.

[157, n.41]

36. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 8 settembre 1559

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissima vostra signoria non si lamentarà più di me, atteso che io gli ho scrite tre con questa

e di nessuna mai ho hauto risposta, né la causa ne do al viagio. La suplico di man-tenersi sana et di buona voglia et aricordarsi spesso di me come, continuo io fo di lei. Di qua non c’è altro di nuovo se non che alli 5 di questo li cardinali introrno in conclave et così se attende a far il papa. Del resto non ci è altro. La suplico di nuovo a ricordarsi di me et tenermi in sua buona gratia et gli bacio la bocca et le mani mille volte. Di Roma, il dì 8 di settembre nel 1559.

Di vostra signoria illustrissima servitor et consorte che l’ama più che sé stesso Paolo Giordano Orsino.

[157, n.40]

230 Marcantonio Colonna (1535-1584), marito della sorella di Paolo Giordano Maria Felice. Orsini e Colonna per consuetudine si offrivano ai cardinali riuniti in conclave per custodire e governare la città in tempo di sede vacante. I capi delle due famiglie, sempre per antica consuetudine, erano principi assistenti al soglio, ovvero avevano il privilegio di stare sulla stessa predella del trono papale, di presenziare alle incoronazioni degli imperatori, e a tutte le funzioni pontificie, cfr. Pietro Bruni, Principi assistenti al Soglio pontificio. Orsini-Colonna, cenni storici, Roma, Fogar, 1963. 231 Si riferisce al Consiglio Pubblico che si riuniva in Campidoglio e a cui potevano partecipare tutti coloro che erano in possesso della cittadinanza romana.232 Cfr. Antonella Pampalone. La statua capitolina di Paolo IV Carafa tra arte e storia : il restauro di Vincenzo Felice e altri interventi settecenteschi, «Annali della Pontificia insigne Accademia di belle arti e lettere dei Virtuosi al Pantheon» 4 (2004), pp. 199-243.

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72 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

37. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 14 settembre 1559

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissima io inprometo a vostra signoria che, se mai li volsi bene è adesso, et che, se mai mi

è saputo male star senza lei è adesso, et l’inprometto che, se questa cosa del conclave durasse assai, io sarei sforzato venirla a vedere. Ti inprometto, cor mio, che io mai ho patito tanto per te come fo adesso, che non penso né dì né note altro che in te. Per l’amor de Idio, vogliami bene come io te ne voglio, et domanda licentia a questi signori acciò io ti possi sempre godere et tenermiti apresso. Di qui non vi è niente di nuovo se non che ieri Medici ne ebbe buono233; ma non posso far che io non rientri nel caso mio, che ve giuro per vita vostra che mai non son stato tanto inamorato di voi como sto adesso. Cor mio, vogliami un poco di bene et aricordati qualche volta di me che t’amo più che la vita mia propria. Baciate le mani al signore principe et alla signora principessa et a tutti questi altri signori et alla signora dognia Leonor,234 che io non mancarò di quanto mi ha scrito, et restoli baciandoli mille volte le mani et la bocca. Di Bracciano, il di xiiii di setembre nel 1559.

Di vostra signoria illustrissima servitor et consorte che l’ama più che la vita sua, Paolo Giordano Orsino.

[157, n.35]

38. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Cerveteri 30 settembre 1559

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissima io ho scrito 3 con queste a vostra signoria e di niscuna ho auto risposta. Vita mia,

se io sto <qui> ogni dì sto pegio, vi prego che mi fate piacere a volermi bene perché io ve ne voglio tanto a voi che non lo potrei mai dire. Cor mio, aricordate di me come io mi aricordo continuamente di te. Te suplico baciar le mani di tutti questi signori <in> mio nome. Non ci è niente di nuovo che ci si possi scrivere. Ti bacio la bocca et le mani per mille volte. Di Cerveteri, il dì xxx di setembre nel 1559.

Di vostra signoria illustrissima servitor et consorte che l’ama più che la vita sua Paolo Giordano Orsino.

[157, n.32]

233 Si riferisce al conclave e alla buona votazione riportata dal cardinal Giovanni de’ Medici. 234 La “signora principessa” è Lucrezia de’ Medici sposa del duca di Ferrara Alfonso d’Este. “Dogna Leonor” non può essere Eleonora di Toledo, che Paolo chiama “mi signora” o “signora duchessa”. Più verosimilmente si tratta di una dama spagnola facente parte della corte di Isabella, v. lettera n.16.

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2. Gli sposi senza casa (1558-1559) | 73

39. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 1 ottobre 1559

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissima io ho inteso per la sua quanto occore sopra il caso delli XIII mila scudi, del che

io ho espedito235 ogni cosa, resta solo che vostra signoria li soliciti.236 Il desiderio che io ho de vederla è tanto che se il papa sta tropo a farsi, io sto tanto inamorato di te cor mio che il dì mi par mille anni. Te suplico a volermi bene et pensar che io non ho altro bene al mondo che te. Ho messo insieme una musica la meglio che si possi sentir. Io vi aspetto con disiderio et meterò in ordine ogni cosa acciò che trovate casa vostra bene, et subito fatto il papa verrò per voi.237 Baciate le mani a tutti questi signori cugnati in mio nome et vi bacio la bocca et le mani per mille volte. Di Roma, il dì 1 di otobre nel 1559.

Di vostra signoria illustrissima servitor et consorte che l’ama più che sé stesso, Paolo Giordano Orsino.

[157, n.30]

40. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 9 ottobre 1559

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissima adesso che semo alle 19 hore è arivato il curier mandatomi da vostra signoria con il

dispacio delli 13 milia scudi et anco me ha portata una di vostra signoria a me tanto cara come cosa mi potessi venir in questo tempo. La suplico a volermi bene come io voglio a lei et far tutta l’opera sua acciò io possi venir per lei subito fatto il papa. Io seguito ogni dì più di male in peggio a esser inamorato di vostra signoria. La suplico a condolersi con la signora duchessa di Ferara per la morte del signore duca suo socero238, et bagiar le mani a tutti questi altri signori cugnati in mio nome, et io vi bacio mille volte la bocha et li mani. Di Bracciano, il di 9 di octobre nel 1556239.

Di vostra signoria illustrissima servitor et consorte che l’ama più che sé stesso, Paolo Giordano Orsino.

[157, n. 5]

235 Si troverà spesso questo termine espedire dal latino expedire usato in tutte le sue varie accezioni: nel senso di concludere, terminare, finire qualche incombenza, trattare, sbrigarsi, liberarsi, conge-darsi. Si trova preferibilmente usato per indicare cause legali, cfr. Lessicografia della Crusca in rete http://www.lessicografia.it/.236 Si tratta di un prestito di 13.000 scudi che Isabella manda a Paolo da Firenze.237 Intende: verrò a prendervi.238 Ercole II duca di Ferrara, suocero di Lucrezia de’ Medici, era morto il 3 ottobre 1559.239 La lettera è datata chiaramente 1556, ma il riferimento al conclave e alla morte del duca d’Este spo-stano la lettera al 1559. Questi errori di data, dovuti probabilmente alla fretta, si incontrano non di rado.

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74 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

41. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 14 ottobre 1559

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissima io ho scrite già 3 letere a vostra signoria e di nissuna ne ho auta risposta, del che

ne resto molto maravigliato et credo certo che vostra signoria si sia in tutto scordata di me che certo ha torto, atteso che io non ho amo altra cosa al mondo che lei. La suplico per questa che sia tanto più solicita a scrivermi et a farmi star alegro. La su-plico baciar le mani al duca mi signor et a mi signora et al principe et alla principessa di Ferara et al prete, insieme con tutti questi signori cugnati. Et con questo restoli baciandoli mille volte le mani et la bocca. Di Bracciano, il dì x4 di Otobre nel 1559.

Di vostra signoria illustrissima servitor et consorte che l’ama più che sé stesso et la desidera godere,

Paolo Giordano Orsino.[157, n. 29]

42. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Anguillara 27 ottobre 1559

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissimaa

io son stato maravigliato [che]a di tante mie che gli ho scrito et di nissuna ne ho hauto risposta, se non di una delli XXIII del presente dove mi dice che io gli scrivi spesso come io farrò volentieri. Cor mio, credo non sarà possibile, se questo papa sta troppo a farsi, che io non vi vengi a vedere. Io sto tanto inamorato di voi che non potrei mai dire. Ti prego vita mia a volermi bene come io voglio a te che non amo altra cosa al mondo che te. Et non mi accadendo altro, farò fine, baciandoli mille volte le mani. Dall’Anguillara, il di xx7 di otobre nel 1559. […] alla Anguillara a cacia […] non disperano che s’abia da far il papa et […] oggi ci son giunto dove ho amazati sei o 7 porci et sei o sette caprii. Io fo acconciar ogni cosa per venir per lei subito fatto il papa.240 Et li bacio li mani et la bocca, che Dio mi lasci goder secondo il mio desiderio. Io poi dico alla signora duchessa di Ferara241 che non bisogna che me vogli dar panzane, sì che la sa che la cognosco.

Di vostra signoria illustrissima servitor et consorte che l’ama più che se stessoPaolo Giordano Orsino

[157, n.31]a La lettera presenta varie lacerazione che impediscono la lettura di alcune parole.

240 Paolo sta sistemando il castello di Bracciano e ha intenzione di andare a prendere Isabella dopo l’elezione del papa.241 Lucrezia, la sorella di Isabella.

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2. Gli sposi senza casa (1558-1559) | 75

43. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 1 novembre 1559

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissima mando il capitan Saporoso mio242 a condolersi con il signore duca di Ferra<ra>,

non ho voluto mancar con questa mia visitarla et dirli che subito fatto il papa io ver-rò per lei et ho tanto desiderio di vederla et di goderla quanto di altra cosa al mondo. Ti prego vita mia a volermi bene come io voglio a te et a ricordarti di me qualche volta. Vostra signoria mi facci favor credere tutto quello li dirrà il capitan Saporoso da mia parte. Non me accadendo ora altro, gli bacio le mani. Di Bracciano, il di 1 di novembre nel 1559.

Di vostra signoria illustrissima servitor et consorte che l’ama più che sé stessoPaolo Giordano Orsino

[157, n.39]

44. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 13 dicembre 1559

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissima io non voglio mancare per il presente coriero scrivergli, ancorchè io abbia scritto

tre o quattro letere a vostra signoria et di nissuna ne ho hauto risposta ma ho speran-za i[n] Dio presto presto trovarmi in quel campo franco dove difinij le prime quere et così difinirò queste, et questo campo voglio dire il letto, et gli dico che mai in mia vita o hauta la maggior voglia di vederla che adesso, et come verrò lì, vi prego che fatea un poco di grugnito di quello che mi piace tanto, et ti prego, cor mio, a volermi bene come io voglio a te et vi bacio le mani per mille volte et la bocca. Di Roma, il dì XIII di decembre nel 1559.

Di vostra signoria illustrissima servitor et consorte che l’ama più che la vita sua et la desidera godere et vedere

Paulo Giordano Orsino[157, n.28]

a Segue «state» cassato.

242 Saporoso Matteucci di Fermo. Ricordato come soldato di gran valore, combatté al soldo dei veneziani e per il duca di Toscana. Combatté anche in Francia gli Ugonotti (Francesco Papalini, Effemeridi della città di Fermo e suo antico stato, Loreto, Tip. dei fratelli Rossi 1846, p.65).

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Il castello di Bracciano [foto Marco Fiorani]

Federico e Taddeo Zuccari, Veduta del castello di Bracciano, 1560. Castello di Bracciano, Sala di Alessandro Magno [foto Marco Fiorani]Cop

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3. Prima della grande tragedia di casa Medici (1562)

243 Alfonso Corradi, Annali delle epidemie occorse in Italia dalle prime memorie fino al 1850, Bologna, Tip. Gamberini e Parmeggiani 1865-1892, vol. I, pp. 550-555. Cfr. anche E. Mori, La malattia e la morte di Isabella Medici Orsini, «Roma moderna e contemporanea», XIII, I, 2005, pp. 77-97.244 Cfr. Lettera n.50.245 Guido Ascanio Sforza di Santa Fiora.

I primi giorni di ottobre del 1562 Paolo partì per Roma con l’ intenzione di trattenersi tutto il mese. Raggiunse ad Acquapendente lo zio cardinale di Santa Fiora, poi, insieme a lui, si diresse verso Roma. In quei giorni stava infuriando in tutta Italia un’epidemia che prendeva le vie respiratorie, chiamata “mal del castrone”.243 Molti furono i morti, soprattutto a Roma. Anche Paolo ha problemi di salute, accenna spesso al fatto di bere acqua di cannella per liberarsi dal catarro. Alla fine di ottobre tornerà a Firenze. In tempo per assistere alla grande tragedia che colpirà la famiglia Medici con ben tre morti: due fratelli di Isabella, Garzia e Giovanni e la madre Eleonora di Toledo. Due anni pri-ma era morta Lucrezia e ancora prima Maria. La famiglia Medici, pian piano, veniva decimata da morti improvvise. Nelle lettere di Paolo e nelle risposte di Isabella, così come si intuiscono perché le sue lettere, come si è più volte detto, fino al 1564 non ci sono, non trapela nessuna preoccupazione per la salute dei familiari a Firenze, nessun accenno a gravi malattie, nessun’attesa di morte. Parlano del maestro di ballo, si preoccupano della salute di altre persone a causa dell’epidemia romana. Avevano addirittura in program-ma un viaggio a Venezia: «Ve darò ragguaglio a Venezia di ogni cosa» scriveva Paolo a Isabella.244 Ma la tragedia, del tutto inaspettata, era vicinissima. Il 20 novembre morì il cardinal Giovanni, fratello di Isabella, di diciannove anni, il 6 dicembre toccò a Garcia di quindici anni e il 17 dicembre fu la volta di Eleonora di Toledo, l’amatissima moglie di Cosimo. La causa delle prime due morti fu attribuita a febbri malariche contratte durante le caccie nella maremma. La morte di Eleonora fu attribuita allo stesso contagio aggravato dallo stato di prostrazione per la perdita dei due figli. I riferimenti alla tra-gedia si troveranno nelle lettere di Francesco de’ Medici a Isabella che si possono leggere nella seconda parte di questo volume.

45. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Acquapendente 5 ottobre 1562

Illustrissima et eccellentissima signora consorte patrona et vita mia ca[rissima] hiersera arivai in Acquapendente dove trovai monsignor illustrissimo zio.245 Gli

fece le sue raccomandatione et egli ne li mandi duplicate. Io sto benissimo et questo poco di peste mi ha sanato afatto, ma è vero che senza lei mi sento solissimo, sì che io mi cercarò sprigar quanto più presto. In questo mentre, cor mio, scrivetemi spesso

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78 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

perché non mi possete far il magior favor che questo. Baciarete le mani a mi signo-ra246 et suplicarla mi tengi in sua buona gratia, che di poi <quel>la de Idio et la vostra desidero più che nissiuna altra cosa. Li mando Fanfanichio247 che li dirrà a pieno ogni cosa, et così vi prego a star alegra et volermi bene al solito. Di Acquapendente, il dì 5 di ottobre nel 1562.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’ama più che la vitaPaolo Giordano Orsino.Mi mandarete per Fanfanicchio la schatola per mi sorella et un fiasco grandotto

di aqua di canella.[157, n.68]

46. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Acquapendente 6 ottobre 1562

Illustrissima et eccellentissima signora consorte osservantissima io ho riceuto dua sue, una da Pompeo con la scatola et l’elisir, l’altra dal corier di

Genova, et li dico che ne ho riceuto quel contento che ella può pensar avendo hau-te sue litere. Ancora sto ad Acquapendente et mi partirò con monsignor illustrissi-mo fra dui giorni et andrò a Roma, et vederete cor mio che mi spedirò prestissimo perché io do a tropi martello, ma invero che ne ho anche io la mi parte. Ho inteso il sucesso di Malatesta et mi è dispiaciuto per più conti, ma patientia.248 Cor mio, state alegra che mi vo sentendo meglio ogni giorno, et tornerò prestissimo et vi farrò far subito un picolo et pensate che la sera quanto vo a letto et non vi trovo mi par mi manchi l’aria. State alegra et aspetatemi presto. Monsignor vi bacia le mani et io la bocca. Tenetemi in vostra gratia et in quella del duca mio signor che la desidero più che tutte l’altre cose, et baciate le mani a mi signora, et tenetemeli in buona gratia che la desidero più che l’altre, basciate le mani al cardinal et che mi scriva spesso,249 et voi vogliatemi bene al solito. Di Acquapendente, il dì 6 di ottobre nel 1562.

Di vostra signoria illustrissima et eccellentissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.Qua datemi subito l’elisir, nella casa governatevi secondo vi pare.

[157n. 72]

246 Eleonora di Toledo.247 Fanfanicchio è il nome del procaccio di Firenze che settimanalmente faceva la spola con Roma portando merci, persone e posta.248 Probabilmente si riferisce al fatto che Giacomo Malatesta era stato richiamato a Roma da Firenze e nominato dal pontefice Pio IV colonnello delle bande stanziali dell’Umbria e del Patrimonio sotto il conte Federico Borromeo, cfr. Giampiero Brunelli, Soldati del Papa, Politica militare e nobiltà nello Stato della Chiesa (1560-1644), Roma, Carocci, 2003, p.37.249 Giovanni Medici, cardinale.

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3. Prima della grande tragedia di casa Medici (1562) | 79

47. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Acquapendente 10 ottobre 1562

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissima per la occasion del presente coriere non voglio mancar di scriverli et dirli che sto

benissimo, per la gratia di Idio, et che dimani mi parto per Roma dove de là li dar-rò pieno raguaglio di me. La suplico a volermi bene al solito et aspetarmi alla fine di questo mese per ogni modo, et li scriverò ogni giorno. In questo mentre baciate le mani a tutti questi signori a mio nomea, et io di continuovo ho voi nel core. Di Aquapendente, a dì X di ottobre nel 1562.

Di vostra signoria illustrissima servitor et consorte che l’adora più che la vita Paolo Giordano Orsino

[157, n.78]a «di» cancellato.

48. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 14 ottobre 1562

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissima stamattina ho riceuto una litera vostra più cara che la vita mia propria, ma è vero

che l’aver inteso questo puoco male suo mi è stato di grandissimo dispiacere. La prego che non si dia fastidio nessuno et stia di bonissima voglia perché io quanto prima sarò da lei, et li dò la fede da cavaliero che io cognosco adesso l’assentia sua perché ho tanto il grandissimo dolore di trovarmi senza lei che non lo potrei mai dire. Mando Ottavio250 mio servitor a posta acciò veda l’esser suo et mi riferisca ogni cosa apieno et ancho li dirà parechie cose in mio nome. Circa alli debiti li mandarò quanto prima li denari, et sì della cortina come delle salviette ne gli mandarò subito al mio arrivo di Roma che sarrà dimane. Al Taruscio251 li facci carezze che me ne contento et facci sempre ogni cosa secondo piace a lei, che di me et della roba mia ne potrete sempre disporre a vostro piacer. Vi ringratio sommamente della fatiga che pigliate della casa252 et seguitate perché farete un picolo che se voi non sete gra-vida adesso ho speranza che subito al mio ritorno la ingravidarò. Dimane andarò a Roma et mi estraderò prestissimo. Ho fatte tutte le sue raccomandationi al nano253,

250 Ottavio Lilli sarà insignito nel 1563 dell’Ordine Gerosolimitano, cfr. Lodovico Araldi, L’Italia nobile nelle sue città e ne’ cavalieri figli delle medeme i quali d’anno in anno sono stati insigniti della croce di San Giovanni e di San Stefano, in Venezia, presso Andrea Poleti, 1722, p.238.251 Forse identificabile con Francesco Maria Tarugi (1525-1608) allievo di San Filippo Neri, cfr. Antonio Cistellini, Il Cardinale Francesco Maria Tarugi, arcivescovo di Siena, in «Bollettino Senese di Storia Patria», (1943), II, pp. 88-109.252 Si può supporre che in questo momento Paolo e Isabella si siano trasferiti a Palazzo Riccardi in Via Larga, come risulta anche da alcuni accenni nei libri dei conti.253 Il nano è probabilmente Pietro Barbino che incontreremo ancora nelle lettere di Lucrezia a Isabella. Come è evidente da questa lettera il nano seguiva anche Paolo Giordano. Detto anche Morgante, Barbino

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80 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

per dirlo prima, et poi a monsignor illustrissimo et tutti le rendono moltiplicate. Monsignor Orsino254 è qui con me et li bacia le mani per mille volte, baciate le mani a monsignor illustrissimo255 in mio nome et il simil alla signora duchessa et duca et scrivetemi spesso perché io quando […] ci sarrà occasione mando un di questi gen-tiluomini o un coriere a posta da lei. Ho riceuto l’elisir et ho ‘nteso quanto mi scrive sopra ad esso, et perché Stefano mi disse che ne avea dello altro, fate inpir li vasi, et di gratia, cor mio, se desiderate la sanità et l’alegrezza mia, state sana voi, et dispone di me et della roba a come cosa di vostri schiavi et servitori, et vogliatemi bene et dell’altro mi rimetto al Lilio256. Et datemi spesso nuova di voi che non sol v’amo, ma vi adoro, et voglio meglio a voi che a me stesso et così Dio me ne sia testimonio, et per non esser più tedioso faccio fine con baciarvi mille volte le mani et la bocca. Racommandatemi alla signora Alisandra257 et dite che meterò questa fatiga sua con tanti obligi che ho con lei, et il simile alla signora Ortensia; et circha alla cosa de capitan Mario258, stia vostra eccellentia in lei sicura che lo farò, come son obligato a farlo, et Dio li dia ogni cosa secondo il suo desiderio et sia certa che muoro per lei. Li mandarò Fanfanicchio postdimane con qualcosa che la si possi intertenere, del resto mi rimetto ad Ottavio. Di Bracciano, il dì XIIII di ottobre nel 1562.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et affetionatissimo consorte che l’ama più che la vita sua et non pensa mai né dì né notte altro che a voi

Paolo Giordano Orsino.[157, n.63]a «roba» nel testo seguita da «che» cancellato.

era il nano più amato dai figli di Cosimo de’ Medici. Sulla sua statua fatta erigere dal duca Cosimo nel giardino di Boboli cfr. G. Cambiagi, Descrizione dell’ imperiale giardino di Boboli fatta da Gaetano Cam-biagi custode delle due pubbliche biblioteche Magliabechiana, e Marucelliana, In Firenze, nella Stamperia imperiale, 1757, pp.18-19. Nei libri di conti Orsini si trovano spesso pagamenti a Morgante per i suoi servigi, cfr. E. Mori, L’Onore perduto di Isabella de’ Medici, cit., pp.54, 64, 86, 93, 179, 264, 268,279, 350. 254 Flavio Orsini del ramo di Gravina (1532-1581), dal 1560 vescovo di Muro Lucano, fu eletto car-dinale da Pio IV nel 1565. Su di lui cfr. Federica Matteini, Orsini, Flavio, DBI, vol. 79, 2013, (solo on-line all’indirizzo www.treccani.it).255 Si riferisce probabilmente al cardinale Giovanni de’ Medici. 256 Ottavio Lilli, vedi nota n.250.257 Alessandra Bartolini Medici.258 Mario Mellini, sempre appellato da Paolo “capitano”, faceva le funzioni di maestro di casa. Ap-parteneva ad una nobile e antica famiglia romana. A Roma i Mellini ricoprirono sin dal XIV secolo le maggiori cariche municipali. La loro ascesa si ebbe nel XV secolo durante il pontificato di Sisto IV che concesse a un Mario Mellini il titolo di conte di Montemerano, e a Giovan Battista (+1478) il cardinalato. Nella seconda metà del XV secolo fecero costruire un palazzo, dove collocarono un’im-portante collezione di antichità, e una villa a Monte Mario. Si imparentarono con i Pamphili. Nei secoli successivi i Mellini ebbero ancora altri tre cardinali: Giovanni Garzia (+1629), Savo, nunzio in Spagna, e Mario eletto cardinale da Benedetto XIV (+1756). Sul capitano Mario Mellini, cfr. ASC, Archivio Serlupi, Fondo Mellini, t.I, fasc. 128-129. Circa 20 buste relative alla famiglia Mellini sono conservati nell’archivio Serlupi recentemente acquisito dall’archivio Storico Capitolino Su un altro Mario Mellini vissuto nel XV secolo cfr. Anna Modigliani, Mellini, Mario, DBI, vol. 73 (2009), pp. 342-344. Sulla famiglia cfr. Teodoro Amayden, Storia delle famiglie romane, Roma, collegio araldi-co, (rist. anast. Roma Colosseum) vol.II, pp.79-83.

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3. Prima della grande tragedia di casa Medici (1562) | 81

49. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 16 ottobre 1562

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissima non voglio mancare di non gli scrivere per la presente occasione del coriere di Ge-

nova et dirli che sto benisimo, per la gratia de Idio, et contentissimo per haver oggi hauto una litera vostra insieme con nove del signor principe259. Qui so’ arrivato oggi et mi è stato fatto tanto honore quanto dir si può et erano più di quatrocento cavalli incontromi et alla intrata di Roma, ma con tutto questo io mi sbrigarò tanto presto quanto voi vederete et state certa, cor mio, che ve amo più che la vita mia et aspetta-temi presto. Dimane vi mandarò Fanfanichio et vi riguagliarà d’ogni cosa a bocca et parlarò al papa et a quest’altri nipoti. Vi prego di aricordarvi di me. Vi manderò in termi<ne> di 6 giorni scudi diecimila per pagar li debiti, et la renza260 et salvietta ve li mandarò per il primo mulatier et state alegra che non sol vi amo, ma vi adoro. La cosa del capitan Mario la fanno dimatina. Et vogliatemi bene al solito et aspetatemi al più longo fra quindici dì. Di Roma, il dì XVI di ottobre nel 1562.

Di vostra signoria illustrissima et eccellentissima servitor et consorte che l’ama più che la vita sua et desidera vederla et goderla

Paolo Giordano Orsino.[157, n.69]

50. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 18 ottobre 1562

Illustrissima et eccellentissima signora et patrona osservantissima et consorte più cara che la vita

adesso adesso è arrivato qua Ottavio Lilio con una sua e con il ritratto che lei mi mandò, che tutte queste due cose mi hanno portata tanto grande allegrezza quanto lei si può immaginare. Io, come li promessi per Ottavio, sarrò là prestissimo, tanto più adesso quanto ho di già parlato et basciato il pie’ a Sua Beatitudine dal quale ho ricevuti infinitissimi favori, et mi ha promesso espedirmi subito et se li raccom-manda; et ieri Sua Santità non se sentì tropo bene, oggi ancora sta così, ma par un poco meglio. Stamattina ho desinato col cardinal Borromeo261 che iermatina me invitò dove ho negotiato tutte le mie facende, et spero certo fra dieci o dodici

259 Francesco de’ Medici.260 La rensa era un tessuto di lino pregiato.261 Carlo Borromeo (1538-1584), nipote di Pio IV, era stato nominato cardinale e segretario di stato dallo zio pontefice nel 1560. Nello stesso tempo il fratello Federico era stato posto al comando dell’esercito pontificio. In quel momento a Roma il cardinale si dava da fare abilmente accumulando cariche e beni. Era quindi la persona giusta a consigliare Paolo Giordano, cfr. Michel De Certeau, Carlo Borromeo, santo, in DBI, vol. 20, (1977), pp.260-269.

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82 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

giorni partirmi se messer Giulio262 non mi intertiene. Io li mandarò questa altra settimana il mastro di casa et li diecimilia scudi per pagar li debiti et anco qual-che altra cosa che li piacerà; le cortine et tovaglie vegli mandarò subito che sarrà postdimani, l’altri debiti spero pagarli una gran parte questo anno. Io ho parlato a Nostro Signore per il capitan Mario et mi ha dato bonissima speranza, et il simil il cardinal Boromeo. Vedrò quel che faranno et ve darò raguaglio a Venetia di ogni cosa. Ho parlato del signor Francesco et spero arà la gratia di posser star da queste bande. Son mezo diventato procuratore di poi sto qua et dimane comencio la lite263. Io per Dio gratia sto benissimo et mi sento assai giovente della aqua ancorché mi abbia lasciato un poco di catarro ma tutto lo sputo et la matina il dì poi non mi dà nessiun fastidio. Io spero espedimi prestissimo da palazzo, ma da Iulio Folco credo starò un po’ più. Par dipende da me la espeditione. Mi sorella vien dimane, li farrò le vostra raccommandatione, <i> miei nipoti vi baciano tutti le mani. Monsignor di Frigius264 vi bacia le mani et la signora contessa di Carpi265 per mille volte et mon-signor zio ancora. Aspetatemi; al tempo che io vi scrivo io vo trovando mille cose antiche et oggi ho buscato un Adri<a>no che è tenuto la più bella cosa di Roma, né il cardinal Farnese né nissuno l’ha possuto mai avere et già ne devo avere fino a quattro o cinque statue bellissime et tre rochi de colonne. Porto a mi signora le più belle del mondo et certe tavole per monsignore e un so che medaglie et statuette picole. L’Adriano farrà verg<ogn>a a tutte l’altre statue […] di Pitti perché è una testa sola grande quanto me che è bellissima et la porto al duca mi signore et spero li sadisfarà.266 Per il scritoio vostro portarò mille cosette belle come ve impromisse, subito arivato il cavalier di Gadi non mancarò farli tutti quelli onori et cortesie po-

262 Giulio Folchi bolognese fu amministratore del cardinal Guido Ascanio Sforza di Santa Fiora, di Paolo Giordano e del cardinal Alessandro Farnese. Nell’Archivio di Stato di Roma vi sono 15 buste relative alla sua eredità conservate nell’archivio della confraternita di Santa Caterina della Rosa ai Funari. Nel 1568 Paolo Giordano gli vendette il bosco di Baccano, cfr. Vendita del Bosco di Baccano fatta da Don Paolo Giordano Orsini a Giulio da Bologna per scudi 6300, UCLA, Orsini family papers, box 23 folder 7, 1568 (6 febbraio).263 In questo periodo, con l’aiuto di Cosimo de’ Medici, Paolo Giordano intraprese una serie di cau-se per riprendere tenute e castelli che aveva ceduto con patto redimendi in cambio di prestiti ed erano stati incamerati dai prestatori per scadenza di contratto. Tra le cause più importanti vi fu quella con-tro i Cesi per il recupero del castello di S. Polo, della tenuta della Marcellina e della montagna della Sponga. Altre cause furono intraprese contro i Chigi per il casale di Giuliano, contro il cardinale Prospero Santa Croce per S. Gregorio da Sassola, contro i Farnese per il castello di Sant’Angelo, cfr. E. Mori, L’archivio Orsini, la famiglia, la storia, l’ inventario, Roma, Viella 2016, pp.65-67.264 Si tratta di Leone Orsini del ramo di Monterotondo (1525-1564), che nel 1533 successe al nonno, il cardinale Franciotto Orsini, nel vescovado di Frejus.265 Cecilia Orsini (1497-1579), figlia del cardinale Franciotto Orsini di Monterotondo, moglie di Alberto Pio di Carpi e zia di Leone Orsini. 266 Questa lettera è stata citata da Barbara Furlotti in: Collezionare antichità al tempo di Gregorio XIII: il caso di Paolo Giordano I Orsini, in Unità e frammenti di modernità. Arte e scienza nella Roma di Gregorio XIII Boncompagni, atti del convegno (Roma 2004), a cura di C. Cieri Via, I.D. Rowland, M. Ruffini, Pisa-Roma 2012, pp. 197-216.

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3. Prima della grande tragedia di casa Medici (1562) | 83

sibili.267 Del resto state alegra et aspetatemi presto et vogliatemi bene come io a voi, cor mio bello. Subito che arrivo ti voglio far fare dui piccoli et io con tutto il cor ti bacio la bocca et le mani. Raccommandatemi a madonna Alesandra268 et Ortensia. Di Roma, il dì XVIII di Ottobre nel 1562.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora, né dì né notte pensa mai se non di vederla et goderla

Paolo Giordano Orsino. [157, n.67]

51. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 19 ottobre 1562

Illustrissima et eccellentissima signora et patrona osservantissima et consorte cara più che la vita,

per il presente coriere non voglio mancar da non gli scriver questi quatro versi et dirli che qui ci fanno grandissimi caldi, ma per Dio gratia ci è pochisimi amalati et il signor Giovan Battista Salviati oggi sta assai meglio et li medici hanno gradissima speranza della sua salute; gli scrivo questo acciò lo possi far intendere alla signora Portia, et lo dico di vista, ché adesso adesso vengo da vederlo.269 Stamattina son stato dal Papa il quale mi ha domandato minutamente de ogni cosa di vostra eccellentia et mi ha detto: «li facci le sue raccommandationi», et ce li fo. Tutti stanno bene. Io li mandarò certi drapi et le faldiglie270 che mi ha mandato a chiedere per il primo et ancho il mio ritratto presto et io poi verrò carcho di mille cossette et antichaglie per tutti. Vostra eccellentia, cor mio, governatevi sana, et io per la Dio gratia sto benissimo. State così ancor voi et vogliatemi bene al solito. Ogni notte dormo con il vostro ritratto et me è carissimo. Et per non darvi più fastidio farrò fine, pregandovi a ricordarvi di me qualche volta che ve amo più che la vita propria et vi bascio la bocca et le mani per mille volte. Di Roma, il dì XVIIII di ottobre nel 1562.

Servitor et consorte che vi ama più che la vita propria et ve desidera godere et vedere

Paolo Giordano Orsino.[157, n.71]

267 Nicolò Gaddi, cavaliere dell’ordine di San Jacopo della Spada, collezionista di antichità cfr. Vanna Arrighi, Gaddi, Niccolò, DBI, vol. 51 (1998), pp. 161-164. 268 Alessandra Bartolini Medici.269 Giovan Battista Salviati, figlio primogenito di Lorenzo e di Costanza Conti, fratello di Antonio Maria nunzio in Francia, viveva a Roma nel palazzo Salviati all’arco di Camigliano di fronte al futuro palazzo del Collegio romano. Insieme alla moglie Porzia de’ Massimi era seguace di San Filippo Neri e aveva scelto una vita di spiritualità e penitenza. Giovan Battista, assistito da San Filippo Neri, morì in conseguenza dell’epidemia che si diffuse in tutt’Italia nel 1562, cfr. Giacomo Pietro Bacci, Vita di S. Filippo Neri, fondatore della congregazione dell’Oratorio, Roma, Bernardino Olivieri, 1818, p.27.270 La faldiglia era una larga sottana di tela inamidata.

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84 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

52. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 23 ottobre 1562

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissima li scriverò più tropo a longo per causa che sto a con li stivali in piedi per a<n>dar a

Civitavecchia con il Papa et lì staremo quatro o cinque dì. Io gli bacio mille volte la bocca et le mani per mille volte et subito tornato il papa a Roma verrò là, et di nuovo gli bacio le mani, di Roma, il dì XXIII di ottobre nel 1562.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’ama più che la vita sua

Paolo Giordano Orsino.[157, n.70]a Segue «che» cancellato.

53. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Civitavecchia 24 [ottobre] 1562

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissima perché intendo che il Signor Giovan Battista Salviati è morto o sta per tirar le

calze, et perché la signora Vergilia vol via levar da monasterio la signora Portia sua figlia, et perché intende che il monasterio è stretissimo et che forse le monache o altro che abbia cura di detto loco non vorranno che la detta signora esci271, la suplico per quanto mi ama a far tutto il suo sforzo acciò la detta signora venga contenta di quanto desidera, et di gratia cor mio, non mancate se desiderate farmi favore. Il papa è gionto stasera a Civitavecchia et monsignor illustrissimo camerlengo et il signor Marco Antonio et io. 272 Ci ha fato favor di commandarci veniamo a detto loco con lui, et così ci semo, et spero che fra doi o tre giorni tornaremo a Roma dove già ho incaminate tutte le mie facende e spero fra otto giorni sprigarmi de ogni cosa et poi subito la verò a trovar. Sì che, cor mio, state alegra che vi inprometto che ho tanto martello che non lo posso dire, state alegra et datemi spesso nuova di voi che v’amo più che la vita propria. Io non scrivo al duca mi signor che non ho che scrivergli, baciate le mani all’una et l’altra eccellentia in mio nome […] et io di cor vi bacio la bocca et le mani. Di Civitavechia, il dì XXIIII nel 1562.

271 Virginia di Giulio Colonna era la madre di Porzia moglie di Giovan Battista Salviati. Come dimostra questa lettera, Porzia, di cui era nota la grande spiritualità, viveva in monastero quando Giovan Battista era ancora vivo. Alla morte del marito, probabilmente su istanza di Isabella, fu por-tata a Firenze dove vestì l’abito domenicano nel monastero di Santa Lucia. Nel 1572 tornò a Roma dove fondò un monastero per le cateriniane sul Monte Magnanapoli sotto il Quirinale. Su Porzia de’ Massimi cfr. Raissa Teodori, Massimo, Porzia, DBI, vol. 72 (2008), pp.16-18. 272 Lo zio di Paolo il cardinal Guido Ascanio Sforza di Santa Fiora e Marcantonio Colonna.

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3. Prima della grande tragedia di casa Medici (1562) | 85

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’ama più che la vita sua et desidera servirla et goderla et vederla

Paolo Giordano Orsino.[157, n.66]

54. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 31 ottobre [1562]273

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissima hoggi ho riceuta una sua a me più cara che la vita per aver hauto nuova di lei. Io

sto benissimo per gratia de Idio et allegrissimo per haver inteso nuova del suo ben stare et anche mi son imaginato che dentro a quel corpetto ci sia un picolo. Non vi voglio scrivere a longo perché spero esser domenica senza fallo da voi. Se non amassi, verre<i> allo assalto, et fatevi bella per vita vostra che domenica sarò da voi senza manco nissuno. Ho letto quanto mi avete scritto per la vostra sopra alla signora Por-tia, et così farrò intendere ogni cosa alli suoi. La signora mia sorella vi bacia le mani et ve suplica li scriviate qualche volta, et il simil fa il cardinal mio zio, et io vi bacio la bocca et le mani per mille volte et, per vita della mia Bella274 et del mio cor, sarrò do-menica senza fallo lì, et di nuovo vi bacio le mani. Di Roma, il dì ultimo di ottobre.

Vi mandarò dimane scudi diecimila con il mastro di casa. Il mastro di ballar lo fo venir da Napoli et mi sorella mi dice che è contentissima, et di nuovo vi bacio le mani et la bocca et domenica sarrò lì da voi, per vita vostra.

Servitor et consorte che vi ama più che la vita Paolo Giordano Orsini.

[157, n.2]

273 Manca l’anno ma il riferimento a Porzia spinge a datare la lettera al 1562 come la precedente.274 Paolo chiama spesso Isabella con il diminutivo di Bella o Bellina.

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Paolo Giordano a Isabella da Bracciano, 10 novembre 1558 (lettera n. 22)

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4. Tra Firenze e Pisa: l’assalto dei creditori (1563)

275 Lettera n.62.276 E. Mori, L’Onore perduto di Isabella de’ Medici, cit., pp.156-161; 230-233.277 Lettera n.56.278 ASF, Miscellanea Medicea, b.54, fasc. 13, Prestito del duca di Firenze Cosimo I a Paolo Giordano Orsini: condizioni relative al riassetto dello Stato di Bracciano, accettazione da parte di Paolo Giordano Orsini e relazione sullo Stato di Bracciano, cc.1-17. 1563, sul prestito cfr. E. Mori, L’Onore perduto di Isabella de’ Medici, cit. p.110-111. Il prestito fu concesso il 15 marzo 1564 (ASC, AO, II, reg. 2196, c.1). Paolo Giordano avrebbe ricevuto 8.000 scudi l’anno per tre anni per le spese della casa e 6000 scudi per pagare i creditori.

Dopo la tragedia di casa Medici Paolo Giordano perse le speranze di trasferirsi con sua moglie a Roma. Se la presenza di Isabella a Firenze si rivelava sempre più indispensabile per tutta la famiglia, Paolo Giordano sentiva il peso della forzata inattività fiorentina che oltretutto incideva molto negativamente sulle sue finanze. «Ogni cosa delle mie vanno a male – si lamentava con Isabella – et qui et nello Stato, che non ci è nessun che governi quelle intrate».275 I proventi dello Stato di Bracciano non erano sufficienti per vivere adeguatamente in una corte che stava diventando sempre più principesca, e oltretutto quei proventi si erano molto ridotti per la continua cessione di terre date a garanzia di prestiti.276 Si trattava di cessioni temporanee, ma alla scadenza del contratto accorrevano molti soldi per i riscatti e quindi nuovi prestiti, in un circolo vizioso senza fine. Lontano dalla corte pontificia, le relazioni di Paolo Giordano si sfaldavano e non aveva modo di ottenere quegli incarichi militari le cui rendite permettevano ai suoi pari di mantenere un alto tenore di vita. Nel 1563 si allontanò da Firenze un’unica volta, come dimostra la lettera scritta a settembre da Acquapendente, quando andò a prendere il cardinale Sforza di Santa Fiora. Le altre lettere sono del mese di novembre, ma sono da Firenze perché Isabella con la corte è a Pisa. Paolo scriveva di non poterla raggiungere perché doveva prima rispondere ai creditori fiorentini che non lo facevano uscire di casa: «non posso in nesun caso partirmi di qua fin tanto non si paghino questi debiti di Fiorenze».277 Alla fine dell’anno Cosimo decise di concedere al genero un grosso prestito di 30.000 scudi simulando un affitto per tre anni dello Stato di Bracciano, in cambio ne avrebbe preso l’amministrazione finché non fossero stati recuperati i soldi prestati e gli interessi del 10 per cento.278 Le lettere dell’autunno fanno riferimento alla gravidanza di Isabella che però, anche questa volta, non andò a buon fine.

55. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Acquapendente 16 settembre 1563

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima

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88 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

la infinita alegrezza <che> ho sentito dell’arivo del principe279 mi par che non sappia ciò che scrivermi, agiontasi poi la litera di quella che amo più che la vita mia. Mando il signore Troilo280 a baciar le mani al signore principe et far la mia scusa se subito non ho montato a cavallo et venutoli a baciar le mani. Prego anco vostra eccellentia a far il medemo. Scrivo il viag<i>o de monsignor illustrissimo,281 il qual farrà la partita lunedì, al signore Duca. Il primo dì sarrà a Pienza, l’altro a Siena, et l’altro a Fiorenze. Qui stanno tutti bene et io amartellatissimo sì per la venuta del signore principe come ancor per il desiderio di veder la mia Bellina. Ho hauto piacer della caccia et della braura degli uccelli miei, et con questo fo fine baciandoli mille volte la bocca et le mani. Che Dio li dia tutto quel che desidera. Mi ariccomandi alla signora Alisandra et alla secretaria mia. Di Aquapendente, il dì XVI di setembre nel 1563.

Di vostra eccellentia illustrissima consorte che l’ama come la vita Paolo Giordano Orsini.

[157, n.147]

56. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Firenze 3 novembre 1563

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima per Gianino mio stafieri ho riceuta una sua litera a me cara quanto la vita per

intender il suo ben esser et di questi altri illustrissimi signori. Per il che li dico che non posso in nesun caso partirmi di qua fin tanto non si paghino questi debiti di Fiorenze. Per vostra eccellenza, li romori delli poveri cotadini et delli altri poveri ar-tefeci mi fanno venir tanta compasione che sto per ve[n]dermi la casa per sodisfarli, et subito che mi partissi di qua, parebbe che non volessi pagarli così presto, et li gridi andarebero sino al cielo, et perché non mi vorei perder la gratia di questa cità, né tanto metervi più del onore, son sforzato star qua finché vengi la detta resolutione. Circa alla casa, la si può far dar dui abitationi o tre dal foriere, che vi possi capar tut-ta la mia famiglia, overo suplicar il duca della casa di monsignor Altopascio282 o di

279 Francesco de’ Medici tornò a Firenze dalla Spagna il 17 settembre 1563, cfr. Agostino Lapini, Diario Fiorentino, cit., p.134.280 Troilo Orsini (+1577) del ramo di Monterotondo, figlio di Paolo Emilio. Sporadicamente lo si trova al servizio di Paolo Giordano ma più spesso di Francesco de’ Medici. Inviato a Parigi dal granduca per una missione diplomatica, morì nel 1577 ucciso da un sicario forse per ordine dello stesso Francesco de’ Medici che aveva scoperto il suo doppio gioco con il re di Francia. Nell’elabora-zione ottocentesca della vicenda di Paolo e Isabella, Troilo verrà indicato come l’amante punito dal granduca per i suoi amori con la sorella, cfr. E. Mori, L’Onore perduto di Isabella de’ Medici, cit., pp. 295-310; Paola Volpini, Orsini, Troilo, DBI, vol. 79 (2013), pp. 708-710. 281 Il cardinale Guido Ascanio Sforza di Santa Fiora.282 Ugolino Grifoni (1504-1576), segretario di Cosimo de’ Medici e Maestro generale dell’Ospedale di San Giacomo dell’Altopascio. L’Ordine degli Ospitalieri di Altopascio aveva il compito di fornire assistenza medica ai pellegrini che transitavano sulla via Francigena, cfr. Stefano Calonaci, Grifoni, Ugolino, DBI, vol. 59 (2002), pp. 410-415.

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4. Tra Firenze e Pisa: l’assalto dei creditori (1563) | 89

qualche altra, secondo a lei parrà, perciò non manchi che subito mandarò il mastro di casa a far le provisioni. In oltre ho da lasar, secondo la lista del duca mio signore, molti servitori, et bisogna la mia presenza et denari. Subito subito che sarrò espeso283 me ne verrò, perché ho più voglia che voi di vedervi et de servir il duca mio signore et il principe, et ho il magior martello del mondo di questo. Vi prego a non mancar a solecitar tutto il negotio acciò mi sodisfaccia, et voi aricommandatevi a Vergilio et al altri figli284 et a tutti questi illustrissimi signori miei et io ho grandissimo martello della mia Bella et li voglio meglio che a me, et vi bacio la bocca et le mani. Di Fio-renza, il di 3 di novembre nel 1563.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’ama come la vita et la desidera vedere

Paolo Giordano Orsino.Ci saria la casa del marchese di Massa,285 se si potessi aver, che saria comodissima,

perciò suplicate il duca a darmela.[157, n.106]

57. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Firenze 6 novembre 1563

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima ho riceuto hora la litera di Giannozzo286 et per essa inteso tutto quel che vostra

eccellentia mi scrive, del che ne resto sbigotito perché mi credevo che il Perino fusse sbrigato di costì avanti il duca si partisse. La prego a solecitar tal causa, che la sa quanto mi è a core, del pagamento di questi debiti, perciò vita mia vi prego quanto magiormente posso vi vogliate degnar a suplicar il duca in mio nome di tal cosa, perché non mi possete far il magior servitio et favor. Aricordatevi della casa ancora di Pisa et se fusse l’arcivescovato287 l’arei più di caro che altra casa potessi esser, per ciò vi prego, se desiderate farmi favor, di solecitar questi negotii quanto si può, et vi bacio mille volte la bocha et le mani. Di Fiorenze, il dì 6 di novembre nel 1563.

Scrivo al Montalvo288 acciò aiuti anche lui nel negotio. Voltate. Et scrivo al signore principe.a

283 Espedito. Intende: quando avrò finito le mie incombenze.284 Paolo supponeva che Isabella fosse incinta.285 Alberico Cybo marchese di Massa aveva ereditato dal padre Lorenzo varie case a Pisa ed era in ottimi rapporti con Cosimo de’ Medici, cfr. Franca Petrucci, Cibo Malaspina, Alberico, DBI, vol. 25, (1981), pp.261-265; Giorgio Viani, Memorie della Famiglia Cybo e delle monete di Massa di Lunigia-na, Pisa, Ed. Ranieri Prosperi, 1808, p. 96, n.88.286 Giannozzo Cepperelli, probabile maestro di casa di Paolo Giordano e Isabella a Firenze.287 Paolo mirava ad ottenere un alloggio nell’imponente palazzo quattrocentesco dell’arcivescovado di Pisa.288 Don Antonio Ramirez de Montalvo (1527-1581), di famiglia originaria della Castiglia arrivata a Firenze al seguito di donna Eleonora di Toledo. Antonio fu maggiordomo di Cosimo de’ Medici, cfr. Rodolfo Del Gratta, Antonio Ramirez Montalvo: Uno spagnolo alla Corte di Cosimo I, in Toscana e Spagna nel secolo XVI. Miscellanea di studi storici, Pisa, ETS, 1996, pp. 223-271; Antonio di Mon-

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90 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

Di vostra eccellentia illustrissima humil servitor et consorte che l’ama <più della> vita

Paolo Giordano Orsino.

Io non posso venir finché non si è fatto questo pagamento. Perciò farete la scusa mia con il principe et diteli così che io non posso venir per niente perché è la magior confusione del mondo quel che mi sento ogni giorno nelle orechie. Perciò fatto che sarrà il pagamento, verrò subito a Pisa et di gratia sollecitate quanto si può. Et di nuovo me li raccomando, et vi bacio la bocca et le mani et f<ine>. b

[157, n.183]a «Voltate. Et scrivo al signor principe» aggiunto sull’interlinea superioreb Da «Io non posso» a «fine» aggiunto sul verso della lettera.

58. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Firenze 5 novembre 1563

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimaebbi l’altro giorno la litera di vostra eccellentia la qual mi fu gratissima et la prego

a continuar a solecitar le cose mie perché, quanto prima sarà finita, tanto prima me ne verrò da lei. Suplico adunque far che presto sian espedite queste cose et baciar le mani al duca mio signore et al signore principe et tenermi in vostra buona gratia la qual sopra ogni cosa desidero. Di gratia, cor mio, non mancate espedir questo nego-tio quanto prima, et io del continuo vol<o> nel core di vostra eccellentia e vi bacio le mani. Di Fiorenze, il dì 5 di novembre nel 1563.

Di vostra signoria illustrissima servitor et consorte che l’ama più che la vita Paolo Giordano Orsino.

[157, n.139]

59. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Firenze 6 novembre 1563

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimahiersera ebbi la litera sua a me gratissima quanto cosa mi potessi avenir, et per essa

intesi le raccomandationi di Virgilio, Girolimino et Cosimino,289 del che li darete cento sculacioni che ancor non son nati et vengono in colera quando il papo sta a far

talvo, Relazione della guerra di Siena di don Antonio Montalvo tradotta dallo spagnolo da don Garzia di Montalvo suo figlio, ora per la prima volta pubblicata […]con l’aggiunta di documenti inediti e di apposita prefazione di Luciano Bianchi, Torino, V. Vercellino 1863, p.XVII. 289 Si tratta dei nomi che Paolo Giordano metteva ai bimbi ancora non nati. Gentil Virginio era il nome del suo bisnonno condottiere, Girolamo era il nome di suo padre e Cosimo ovviamente di suo suocero. Il figlio che nascerà nel 1572 si chiamerà Virginio.

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4. Tra Firenze e Pisa: l’assalto dei creditori (1563) | 91

li fatti loro ad esserli tutore. Bella mia, io ho il maggior martello del mondo di lei et considera che se io non avessi questo negotio di questi debiti che, per vita mia, è compasione a sentir li poveri homini con me si vengano a riccomandar, io veria subi-to là, ma perché mi preme tropo nel onore tal cosa, son risoluto vederne la fine, et vi suplico a far di modo che quanto prima si possi far questo negotio si faccia,290 perché sarrà per me [la maggior] sodisfatione del mondo et starò con l’animo quieto. Inoltre aricordatevi della casa di Pisa acciò possa cominciar a mandar le robe et che non si alloggi per l’ostarie come l’altr’anno. Vi suprico, cor mio, a voler, quanto prima si può, far espedir questi negotii che mi farete il magior favor del mondo. Basciate le mani al duca et principi miei signori et tenetemi in lor buona gratia, baciate le mani del cardinal Pachecho291 et suplicate sua signoria illustrissima che mi voglia far gra-tia di una delle sua mule per un prelato grande che mi ha scrito di Roma che io ne adomanderò al principe mio per lui. Di gratia non mancate, et riccommandatemi a madonna Lesandra et madonna Leonora et a quelli furbeti di miei figli fateli star in cervello,292 et io con tutto il cor vi bacio le mani et la bocca. Di Fiorenze, il dì VI di novembre nel 1563.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’ama più che la vita Paolo Giordano Orsino.

[157, n.158]

60. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Firenze 8 novembre 1563

Eccellentissima et illustrissima signora consorte osservantissimaper la presente occasione di Camillo non ho voluto mancare scriverli questi quat-

tro versi acciò li faccia sapere il martello che ho di lei et di più suplicarla a solecitar li miei cose et aricordarsi di me come io fo continuamente di voi, però vi suplico a scrivermi spesso et a volermi bene. Baciate la mano al signore principe et tenetemi in sua buona gratia et il simil al duca mio signore et questi altri illustrissimi cognati. Racomandatemi a madonna Alessandra et a madonna Leonora et aricordatevi di me et delle mie cose et io resto baciandovi la bocca et le mani. Di Fiorenza, il dì 8 di novembre nel 1563.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’ama come la vita Paolo Giordano Orsino.

[157, n.84]

290 Si trattava del prestito di 30.000 scudi che Paolo Giordano aveva chiesto a Cosimo e che sarebbe stato accordato nel marzo dell’anno successivo. Su questo prestito cfr. nota n.278.291 Francisco Pacheco (1508-1579) creato cardinale da Pio IV nel 1561 e da lui incluso nel Sant’Uf-fizio, fu inquisitore generale in Spagna e ambasciatore di Filippo II presso la Santa Sede. Morì a Bur-gos nel 1579. In questi anni lo si trova spesso a Firenze, a casa di Cosimo de’ Medici, tra le persone che Paolo Giordano saluta.292 Paolo fa continuamente riferimento alla gravidanza di Isabella come se i figli fossero già nati.

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92 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

61. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Firenze 12 novembre 1563

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimaio ho riceuto in mede<si>mo tempo dua sue letere a me care quanto la vita per aver

inteso quanta memoria tien di me, […] che mi lega tanto che, se non mi fusse prima dato tutto per tutto a vostra eccellentia, che di già non me li posso più dare, me li donarei, come se ci fusse restato niente che donare, tutto tutto vi dono. La suplico a perseverar a volermi bene di questa maniera, perché causarà che vivarò il più felice omo del mondo. Vi suplico adunque, per adimpir l’animo di tutte due, che vogliate solecitar la espedition di questo negotio perché cierto per pietà et per onor, le son dua notissime cause che i cavalieri han da espor la vita, non posso lasciar questo negotio imperfeto et guasto. Se non fusse la causa tanto grande non arei saputo sofrir star lontano dalla vostra presenza, ma perché so che, come donna savia, cognoscerete queste mie ragioni esser di maniera grande, che vi contentarete di questa assenza mia, senza però mia colpa, non starò sopra a ciò a far più parole. Circa al mio andar a Loreto non son ancor tanto conpunto293 delli miei pagamenti che creda perdonare a chi m’ha offeso <e>che possi andar a far quel che è debito mio di far, come spero farrò presto quando sarrò vendicato <di>chi ha voluto tor l’onor con tristitie et per passion d’animo a noi dua, et per ciò vostra eccellentia non creda questo, che se mi avessi a partir un passo for di Fiorenze non mi porterei senza licentia del duca et principe miei signori et vostra, di modo che per nesun altro caso son fuor di voi294 se non per sodisfar chi ha d’aver da me et acomodar le miei cose con ordine, che di poi possi far il debito mio ch’è servir questi illustrissimi et eccellentissimi signori alli quali bacerete le mani in mio nome et mi raccommandarete a madonna Alesandra per mille volte, e io con tutto il cor ve bacio la bocca et le mane et aricordatevi della casa. Di Firenze, il dì XII di novembre nel 1563.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.167]

62. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Firenze 16 novembre 1563

Illustrissima et eccellentissima signora consorte osservantissimahieri per Teofilo suo stafiere ebbi dua litere a me care quanto la vita per haver

inteso il suo ben esser et di questi illustrissimi signori et vi prego a ricordarvi di me perché è imposibile che io stia senza voi più, per questo vi prego a solecitar quanto possete, che mi farete il magior favor del mondo, et verò tanto più presto perché nel ultimo della vostra letera mi dite che il principe scrive a quel modo perché ritorni

293 Afflitto, tormentato.294 Lontano da voi.

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4. Tra Firenze e Pisa: l’assalto dei creditori (1563) | 93

presto. Io non ho haute letere <di> sua eccellentia né so quel che mi voglia scriver, arò caro saperlo per far la sua voluntà, ma è ben vero che mi parrebe strano de non poser andar a caccia, tanto più quanto ho hauta licentia dal duca che io vada dove voglio sempre, et in vero, come ho servite le miei facende, qui non ci è altro spasso et non ci son stato solo una volta et non ho sol che caccia principale. Desiderarei adunque saper l’animo suo, acciò potessi, se fusse possibile, astenermi contentarlo. Amor bello mio, levatomi il portar l’armi, mi parrebbe esser vero citadino poiché non potessi a<n>dar a chaccia. Et certo che io ci vo con tutti quelli rispetti che io so, et posso. Farete intender questo animo mio al principe et di ciò saper la sua vo-luntà, et perché da Guglielmo Dei mi è scritto che crede che queste cose andaranno in lungo et io v’inprometto che con pasion grandissima a vedermi star come io sto che mi causa da tanto fastidio che non vel potrei dire per cognoscer che ogni cosa delle mie vanno a male, et qui et nello stato, che non ci è nessun che governi quelle intrate.295 Et certo se la cosa va in lungo molto, sarò sforzato ad abandonarmi et la-sciar ogni cosa in abandono. Vi prego adunque a far de maniera che io abbia questo mio contento giusto et di cuor vi bacio la bocca et le mani. Di Fiorenze, il dì XVI di novembre nel 1563.

Di vostra signoria illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

Scrivo una litera al duca mi signore sopra alla espedition delli miei negozi et de-siderarei che il Dei et Perino non facessero parte e che non negotiassero queste mie cose con passione, però mandateli.a

Poscrita. Direte al Dei et Perino che negotino questo negotio insieme et che non voglino mostrar né l’un né l’altro mal animo et che sieno insieme, et per l’amor di Idio non mancate solecitar la espeditione. Vi mando la litera del duca mi signore aperta, acciò la legiate et la possiate mostrar al Perino et Dei. Vi mando Ascanio,296 et Gianozzo verrà subito che avrà fenite un so che che voi ci commandate. Perché il capitan Mario mi ha scrito che vol a<n>dar per un suo servitio per X o XV giorni via, li darete ordini in bona ora et se ha bisogno della opera mia che li farrò tutti li servitii posibili. Sigilate la litera con questa niza297 che ve si manda.b

[157, n.86]a Da “scrivo” a “mandateli” scritto sul margine sinistro.b Tutto il post scriptum è aggiunto su un foglio a parte.

295 Si riferisce al governo dello Stato di Bracciano di cui Paolo, stando a Firenze, non può occuparsi.296 Questo Ascanio, che ricorre anche in un’altra lettera (n.125), potrebbe essere identificato con Ascanio de’ Vitali di Castel Goffredo che risulta tra i testimoni di un atto di donazione “causa mor-tis” fatto da Paolo Giordano a favore di Isabella datato 1 gennaio 1561 (ASC, AO, perg. II.A.25,032).297 Striscetta di carta che serviva per chiudere le lettere.

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94 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

63. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Firenze 12 dicembre 1563

Illustrissima et eccellentissima signora consorte osservantissimadal signore Francesco Orsino298 intenderà la causa del mio non venir costì che

magior contento non havrei potuto haver che ritrovarmi hiersera, sì come il duca mi signore mi havea comandato, ma, se harò espedito il negotio de trovare danari o del partito del grano,299 me ne verò di matino senza fallo. Mi resta solo suplicarla mi vogli bene al solito et tener per certo che io l’adoro. Con che gli bacio le mani. Di Fiorenze, il di XII di decembre nel 1563.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.138]

64. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Firenze 14 dicembre 1563

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima io non posso più star qua di martello c’ho di voi, però vi suplico a farmi gratia di

solecitar le miei cose et aricordarsi di me che l’amo quanto la vita mia, però, cor mio, solecitate acciò io possi venir adempir questo mio giusto desiderio. Hieri fui acchacia al rimito della Guerciola300 dove mi ocorse di amazar dui o tre porci et vi inprometto che ne trovammo più di cento et io con li miei et il signore Avorelio se ne amazzarno X8 tra li quali ce n’è uno che è pesato verso 400 libre et ci fece un stroscito301 a cani grandissimo, et tra l’altri quel stolto di Morazzano è morto ma si portò bravamente, et quelli che tien Ernaldo <e che> havea prestati al signor Avorelio, un è morto et l’altro è malamente. Però io sto con grandissimo martello, perciò avisatemi che possi venire presto. Et vi bacio la boccha et le mani per mille volte. Di Fiorenze, il dì X4 di decembre nel 1563.

Servitor et consorte che vi adoraPaolo Giordano Orsino

[157, n.182]

298 Francesco di Ottavio Orsini del ramo di Monterotondo, sposato con Francesca Baglioni, cfr. P. Litta, Famiglie celebri italiane, Orsini di Roma, Milano-Torino, 1821-1872, disp. 113, tav. IX.299 Paolo sta cercando di trovare soldi in prestito e di vendere una partita di grano per pagare i debitori.300 Forse si riferisce al convento domenicano della Maddalena nel borgo della Querciola a Fiesole.301 Stroscio, nel vocabolario della Crusca significa strepito, cfr. Lessicografia della Crusca in Rete, cit.

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5. I figli perduti e l’offesa perdonata (1564)

302 «Essendo andati l’ill.mi signori principi a caccia, la chinea della Signora andò pian piano in un fosso alto circa venti braccia et dette tanto tempo a un stafiere che pigliò la veste et ritenne tanto la signora che non cascò di botto con tutto ciò si roppe un pochino la testa et si pestò dal lato manco…tutto il male è passato», Mario Mellini a Troilo Orsini, 10 luglio 1563, ASF, Misc. Med, 505. Anche Cosimo ricorda in una lettera come: «Donna Isabella a questi giorni nell’andare a caccia facesse un poco di caduta, che gli ruppe al quanto la testa pure hoggi è sana», Cosimo de’ Medici a Garcia de Toledo, 13 luglio 1563, ASF, MdP, f.219, f.150. In nessuna però delle due lettere si accenna al fatto che Isabella fosse incinta.303 In quell’occasione Paolo Giordano mandò subito il suo segretario ad Acquapendente per procu-rarsi olio di abete distillato (trementina) efficace nella cura della febbre puerperale, ma non ci fu nul-la da fare, cfr. lettera di Grazioso Graziosi a Pompeo del Monte [s.d.], in ASC, AO, I, vol.379, n.109. È interessante notare come l’efficacia di questo medicamento sia stata sperimentata solo nell’Otto-cento cfr. Annibale Omodei, Annali universali di medicina, Milano, 1837, vol. LXXXI, pp.620-621.304 Come si è più volte detto, Paolo metteva il nome ai bambini ancor prima che nascessero. In que-sto caso li aveva chiamati Virginio e Cosimo; Virginio come il suo famoso bisnonno Gentil Virginio Orsini (1445-1497) grande condottiero al servizio del re di Napoli, cfr. Stefania Camilli, Orsini d’Aragona Gentil Virginio, DBI, vol. 79 (2013), pp.721-729.

A novembre del 1563 Isabella era incinta (vedi lettera n.53). Negli ultimi mesi dell’an-no, o forse nei primi giorni del 1564, Isabella abortì due gemelli. Paolo le scrisse una lettera firmandola con i nomi dei due bambini (Virgilio e Cosimo) e accompagnandola con il loro ritratto. Lei si offese gravemente per questo gesto e starà a lungo senza voler vedere il marito che le scrisse molte volte chiedendo di perdonarlo. Secondo la tradizione, Isabella avrebbe abortito a luglio del 1563 a causa di una caduta da cavallo durante una battuta di caccia.302 In realtà Isabella quella volta cadde, ma non era incinta. Dalle lettere sembra che lo fosse a luglio del 1564 e anche questa volta perse il bambino.303 È questo il motivo per cui rimase a Firenze mentre Paolo Giordano si tratteneva per una settimana nel monastero dei benedettini di Vallombrosa per rimettersi da un’ indispo-sizione. La prima lettera che si incontra di Isabella è proprio quella in cui perdona il marito trattandolo molto duramente e da cui emerge tutta la sua personalità. Prima di trovarne altre bisognerà arrivare alla fine del 1565.

65. Virgilio e Cosimo Orsini a Isabella de’ Medici 304

[1564]

Illustrissima et eccellentissima signora madrenoi scrivemo di compagnia a vostra eccellentia e li faremo intendere che ci perdo-

ni se fugimo dal suo corpo perché la matrice insuperbita, che insieme volevamo al tempo debito uscir fuori, cominciò a farci tanti stratii che fummo sforzati, essendo

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96 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

cavalieri e figli di vostra eccellentia, partirci e dargli quelle pene che a persona di così puoco dovere conveniva, né fu mai nostro animo dar fastidio a vostra eccellen-tia, perhò la suplicamo di perdono e a darci la sua santa beneditione. Noi stiamo a Limbo e ci fan carezze e stiamo del male bene. Li mandamo la nostra effige che non volemo allora palesarla perché avemo timore che la non ritenessi e non havemo scrit-to prima per dua rispetti, l’uno perché io Vergilio aspettava Cosimo che giunse hieri, e l’altra che avemo voluto aspettar che si aquetassi di persequitar vostra eccellentia la matrice che è di […] se vol vivi li haltri fratelini che ci faccia una buona schiavina305, e per non fastidirla più li baciamo humilmente le mani, facendo parte di questa al signore padre. Dal Limbo, alla vigilia di tutti i santi, servitori humilissimi e figlioli

Virgilio e Cosimo Orsini. A vostra signoria illustrissima baciamo le mani.[158, n.97]

66. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Firenze 27 gennaio 1564

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissima io non voglio in modo nessuno mancar al debito mio che è di farle cognoscer l’a-

more che io li porto et sia sicurissima che nessuna cosa ho mai fatto in vita mia che mi sia dispiaciuto più che questa e con quel più caldo modo possibile la suplico a perdonarmi […]a non credessi […] non avessi ardir mai più vergogna[…]che il papa nella gratia che a vostra eccellentia […]et a me del breve perdona ad ognuno di noi che facesse omicidio in colera306 et io, sendo tanto predominato da questo […] che è imposibile il posermi estraner da esso, son corso in […]errore che se da lei non mi è perdonato per vita sua credo quasi […] il mio honore che la possi, sin che non habbia conseguito il perdono, mai vedermi et consideri che se Giuda non si fosse disperato da Nostro Signor, saria nel cielo et io, che non ho altro bene al mondo che voi et da voi voglio che discenda ogni mia grandezza, son ricorso a voi acciò come cortesissima mi facciate gratia della vostra gratia […] quella del signor duca. Et in-ginocchioni per l’amor di Dio ve lo adimando et vi bacio le mani. Di Fiorenza, il dì 27 di gennaro 1564.

Di vostra eccellenza co le lagrime agli occhi vi supplico di perdonarmi, servitor affettionatissimo et sventurato

Paolo Giordano Orsino. [103, n.260]a La lettera presenta gravi perdite di testo causate da perforazioni di inchiostro acido.

305 La credenza popolare voleva che i figli maschi nascessero dopo una figlia femmina.306 Si trattava del rinnovo fatto da papa Pio IV a favore di Paolo Giordano Orsini, Isabella de’ Medici e delle dame della loro corte, di una concessione che Paolo III aveva fatto nel 1538 a favo-re di Francesca Sforza madre di Paolo Giordano. Il pontefice accordava la facoltà di scegliere un confessore con i più estesi privilegi anche di assoluzione semel in anno a casibus papae reservatis, tra cui persino l’omicidio commesso in un impeto di collera, come anche l’indulto dell’altare portatile (ASC, AO, II.A.23, 046).

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5. I figli perduti e l’offesa perdonata (1564) | 97

67. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Firenze 28 gennaio 1564

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima per Costantino stafiere scrissi a vostra eccellentia tutto quel mi accadeva, ora supli-

co di nuovo che mi vogli far favor di perdonarmi et creder certo che amo più lei che tute l’altre cose del mondo et che, purché mi faccia gratia di perdonarmi del erore comesso, io mi obligo a esserle schiavo et servirla di<co> questo senza cirimonie; et solo sforzato dell’ amor et debito mio, mi vengo di nuovo a butarmeli alli piedi, con suplicarla a farmi gratia di questo, acciò io la possi servir con quel animo che devo, et aricordati di me che da picolo fanciulo la cominciai a servir et mai ho desiderato altro che lei et se adesso son incorso in questo tristo caso, mai in vita mia penso di farlo et ogni volta che mi si aricorda mi par morirmi di dolore, si che, speranza mia, moveti a pietà di me et tenetemi fisso nella vostra idea. Presuma (come debito suo è) che vi voglia meglio che ogni altro, et vi bacio le mani et li piedi. Di Fiorenza, il di XXVIII di gennaro nel 1564.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor affetionato Paolo Giordano Orsino.

[157, n.96]68.

Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici Firenze 30 gennaio 1564

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimanon voglio mancar con la occasion del coriere di Genova baciargli le mani et supli-

carla mi facci gratia di una sua, la quale sarà per me resuscitarmi et per la pasion de Idio facciami gratia di questo che la dimando et abbia riguardo che ogniun er<r>a et creda sicuro che ho più fastidio di questo che m’è intervenuto che de nesuna cosa del mondo mi potessi accadere et che, se lo potessi far che non fusse fatto, io pagarò del sangue proprio, et credete che tutto questo mi esce dal core et che non desidero cosa più al mondo che gratia vostra et i ginochioni ve suplico a perdonarmi, et gli bacio le mani. Di Fiorenza, il XXX di genaro nel 1564.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor affetionatissimo et consorte, Paolo Giordano Orsino

[157, n.91]69.

Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici Firenze 7 febbraio 1564

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimavien costì messer Giovanni Zuccaro307 il quale parlarà al duca mi signore <in> mio

nome d’alcune cose mie, mi è parso mi debito visitar vostra eccellentia ancora con

307 Auditore generale dello stato di Bracciano prima di Riccardo Mazzatosta.

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98 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

questa mia, ancorché l’abbia scrite molte, et de nesuna habia hauta risposta et quando vedrò che non sia sua sadisfatione che io gli scriva, non gli scriverò più, solo la supli-carò di quello che per tutte le miei l’ho suplicato et li dimandarò licentia per andar-mene fino a Roma acciò non la infastidisca tanto più con la presentia, et la suplico a comandarmi tutto quello ho da far acciò lei se levi li fastidii che per questo caso ha auto et io gli resto schiavo et desidero sempre vederla et servirla et con tutto il cor gli dimando perdono et gli baccio le mani. Di Fiorenza, il di 7 di febraro nel 1564.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.99]

70. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Firenze 12 febbraio 1564

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimamando a vostra eccellentia un so che cose venute da Milano308 le quale son queste:

un baciletto et un boccale et una sechia di argento et dui drapi doro et certi orechini di cristallo et molte altre bagatelle et certe tele da gioponi et un capelletto che era per il signore don Perino,309 inperò mi è parso un poco grandetto et lo dono a vostra eccellentia. A sua signoria illustrissima ci è certe cappe et colari, mi farrà gratia dar-gliene, et perché ho promesso, alla signora dognia Giovanna et signora dognia Anto-nia li potrà dar di quelle bagatelle qual a lei parrà, inoltre, perché ormai deversi esser finita la contumacia, la supplico a farmi gratia di scrivermi et guardi l’asolutione del nostro breve del papa310 che ci asolve de magior cosa che questa, per questo vi suplico a respondermi et sapiate certo che vi adoro et aricordatevi di me. Di Fiorenze, il di XII di febraro nel 1564.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.104]

71. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Pisa 17 febbraio 1564

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte sono stata per fino adesso a rispondervi perché ero, et con ragione, nella medesima

opinione di prima, cioè di dire tute le ingiurie da voi riceute al duca mio signore, et ancorché per molte cause gnene dovrei non solo dire, ma a questa hora avergnene dette, mi sono adesso risoluta, per meglio vostro, a non ne parlar con persona di que-

308 A dicembre del 1563 Paolo era stato a Milano insieme a Francesco de’ Medici a rendere omaggio agli arciduchi d’Austria.309 Pietro de’ Medici, il fratello più piccolo di Isabella.310 Vedi nota n.306.

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5. I figli perduti e l’offesa perdonata (1564) | 99

sta cosa, et per questa volta perdonarvi, ancorché non lo dovrei fare poi che è cosa che mi è di tanto pergiuditio.311 Ma acciò che voi tanto maggiormente conosciate lo error vostro, che è grandissimo, lo fo, ma ben vi giuro che la prima volta che venite più meco alli termini di prima, che non solo li dirò quel che passa ma ancora tutto quello fra noi è passato, et sono certa non li piaceranno simil cose perché in vero a persona che stima lo honor suo non sono cose da piacere. Però, se è vostro animo per l’avenir essermi marito, come conporta l’onor mio et vostro, io sono contenta al perdonarvi et se non, fatevi intendera che con voi piglierò qualche rimedio, che come sono vissuta per il passato sono risolutissima al non voler più viver perché la mia non è stata vita ma sempre continua morte. Et non essendo questa mia per altro, vi perdono, come mi chiedete per molte vostre, et vi bacio le mani. Di Pisa, a di 17 di Febraro 1564.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte dognia Isabella Medici Orsina

[157, n.98]a “Intender” posto nell’interlinea superiore

72. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Firenze 17 febbraio 1564

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimanon voglio mancar per la occasion del presente stafiero a baciarli le mani et darli

nuova di me, con suplicarla, adesso ch’è di quadragesima, a perdonarmi et tener per certo che l’adoro et non che l’amo, et per non esserli fastidioso farò fine con baciarli le mani. Di Fiorenze, il dì XVII di febraro nel 1564.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.115]

73. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Firenze 25 febbraio 1564312

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimaquanto sia l’obligo che ho da tener a vostra eccellentia per la litera scritami io

non so in che maniera esplicarlo, solo che se di già non mi avessi donato a vostra eccellentia me li tornarei a dar ma, se li par che cosa nesuna sia rimasta in me che sua non sia, di nuovo gli la dono con suplicarla ad accetar questo presente con quel animo che glielo dono, et sapia certissimo che, se la colera la quale abunda in me infinitamente non mi avesse in tutto levato for di me, mai arìa fatto tal cosa, del

311 Isabella perdona il marito dopo quasi quattro mesi. È a Pisa con il padre e il cardinale Ferdinando.312 Risposta alla lettera del 17 febbraio.

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100 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

che, sapendo lei l’esser mio, lo cognoscerà benissimo, et tutto in ginochioni ne gli dimando perdono, et la tengi sicuro che l’amo più che la vita mia stessa et che sem-pre sarrà servita da me si come merita la sua cortesia et amor verso me, et perché spero in breve vederla, non starò con belle parole a scoprirli l’animo mio, solo li dirò che mi trovo tanto legato della sua cortesia che in per<pe>tuo me se aricordarà, et tenendola per patrona farò fine con far sempre quel che lei vorrà, et gli bacio le mani. Di Fiorenza, il dì XXV di febraro nel 1564.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor che l’adora et l’ama più che sé stesso Paolo Giordano Orsino.

[157, n.116]

74. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Firenze 26 febbraio 1564

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima non voglio mancar per la presente occasion del conte di Novalara313 baciarli le

mani et suplicarli mi faccia gratia scrivermi spesso da poi che mi ha fatto gratia di perdonarmi, et sapia sicuro che mi par mille anni de vederla, la suplico a scrivermi spesso perché sarrò il più felice homo del mondo avendo nuova di lei, mi faccia gratia baciar le mani al cardinal et al cardinal Pacchecho et tenermi in sua buona gratia, che li giuro che l’adoro, nonché l’amo, mi faccia favor racomandarmi a madona Alesandra et a madonna Leonora, et io sempre son suo, con l’anima et il corpo et li bacio le mani. Di Fiorenze, il dì XXVI di febraro nel 1564.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.114]

75. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Firenze 28 febbraio [1564] 64] 314

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima la suplico che mi facci favor circa un piacer che desidero mi facci, e questo è che

un spagniolo che si adimanda Vigliamar, creato del Piombino,315 è stato preso con

313 Alfonso I Gonzaga conte di Novellara (1529-1589), cfr. Pompeo Litta, Famiglie celebri italiane, cit., Gonzaga di Mantova, disp. 48, tav. XII; Vincenzo Davolio, Memorie storiche della contea di No-vellara, e dei Gonzaghi che vi dominarono, Milano, Giulio Ferrario, 1833, pp.34-40.314 Manca l’anno ma è certamente del 1564 perché nella lettera n.77 datata 1564 si parla ancora di un tale Vigliamar condannato a morte.315 Jacopo VI Appiani d’Aragona signore di Piombino (1529-1585). I suoi stati, che comprendevano Scarlino, Populonia, Suvereto, Buriano e le Isole d’Elba, di Montecristo, Pianosa, Cerboli e Palmaio-la, furono occupati (dal 1548 al 1552) da Cosimo I de’ Medici. Gli furono restituiti dalla Spagna nel 1557 tranne Portoferraio che rimase assegnato al duca di Toscana. Nel 1552 fu nominato da Cosimo capitano delle galere toscane. Nel 1564 era divenuto luogotenente di Giulio de’ Medici ammiraglio

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5. I figli perduti e l’offesa perdonata (1564) | 101

l’arme et non la posendo portar mi par che negli vada la vita, di modo che desidero che vostra eccellentia adimandi in gratia tal huomo al duca mi signore che me ne farrà favor segnalatissimo. In oltre mi sa mille anni vederla et, subito che abbia espe-dito un contrato con il Bifoli tesaurier del Duca mi signore,316 me ne verrò da lei che magior cosa al mondo non desidero et stia sicura che l’adoro et gli bacio le mani con suplicarla a farmi il favor che gli chiedo. Di Fiorenza il di XXVIII di febraro […]a.

Di vostra eccellenza illustrissima [servitor] et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.95]a La lettera presenta una lacerazione in basso al centro

76. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Firenze 3 marzo 1564

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima non voglio mancar per la occasione del principe mio signore baciarli le mani et

suplicarla a tenermi in sua buona gratia la qual stimo più che ogni altra cosa. La suplico haver per bene che io mi fermi qui solo alcuni dì, che subito sarrà venuta questa mia benedetta risolutione me ne verrò, che altra cosa più non desidero che servir il duca mi signore et vostra eccellentia. Et per non esser più tedioso farrò fine con suplicarli mi faccia gratia della risposta. Di Fiorenze, il dì 3 di marzo nel 1564.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino. Non manchi farmi gratia solecitar la espeditione che tanto prima verrò.

[157, n.111]

77. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Firenze 4 marzo 1564

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima ho riceuta una di vostra eccellentia a me cara quanto la vita e per essa ho inteso

il favor che li piace farmi de scrivermi che io torni. Il che me è stato di tanta con-

delle galere medicee al servizio della Spagna, cfr. Luisa Bertoni Argentini, Appiani, Jacopo, DBI, vol. 3, (1961), p.634. Questo Vigliamar, potrebbe essere un membro della famiglia di origine catalana Aymerich, conti di Villamar, visconti di Sanluri, marchesi di Laconi, baroni di Ploaghe, grandi di Spagna, cfr. http://siusa.archivi.beniculturali.it/cgi-bin/pagina.pl?TipoPag=prodfamiglia&Chia-ve=48265.316 Messer Angelo Biffoli, tesoriere generale, depositario del duca di Firenze cfr. Nota di diversi Gran’ Principi, et Signori che hanno scritto in diversi tempi à m(esse)r Giorgio Vasari, sopra diverse Cose, le let-tere de’ quali, si trovano la maggior’ parte appresso il Cavaliere Vasari suo Nipote. Firenze; Riccardiana, ms. 2354, f.92 pp. 98. 99, 100, 102.

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102 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

solatione quanto cosa mi potessi accadere perché vegio intieramente esserli tornato in gratia, del che ringratio Dio infinitamente et vostra eccellentia, et meterò questo con gli altri obligi tengo con vostra eccellentia. Inoltre son pregato da persona che non posso mancar a suplicar vostra eccellentia acciò scampi la vita quel Vigliamar, ancor per il qual l’altro giorno scrissi a vostra eccellentia, et la suplico che per quan-to mi ama lo vogli favorir acchiederlo in gratia al duca, masime il dilito è solo per aver portato il giaccho317 senza licentia, et per questo è caduto in pena della vita, la suplico, quanto so e posso, a favorir questo pover’homo, in oltre mi arivo pregar lei medesima che vogli scriver al duca mi signor sopra questo caso, e per ciò negli scrivo, me farrà la gratia presentargli lei questa letera et suplicarlo in suo et in mio nome acciò sia liberata la vita a questo povero huomo. In altre scrisi a vostra eccellentia l’altro giorno di un maestro da ballare che lo intratengo qua, il quale è molto a pro-posito, et perché qui Menico Antonio318 ha malissimo nome et poi mi par che non servi vostra eccellentia come doveria per esser dedito a suoi piaceri, io l’intertenerò fin che abbia aviso da vostra eccellentia di quel s’ha da fare sopra acciò, et la pensi sicuro che voglio meglio a lei che a tutte l’altre cose del mondo, et gli bacio le mani. Di Fiorenze, il dì 4 di Marzo nel 1564.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paulo Giordano Orsino.

[157, n.110]

78. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Certosa 4 luglio 1564

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima io ho trovato tanta buona stanzia e fresca et anche la cacchia stamatina non mi è

riuscita come credevo che ho amazzato solo dui starnoni, perciò desideraria che mi facesse gratia venirsene stasera a star qui, perché dimani spero Iddio farrò miglior caccia che oggi, et per vita vostra che vi è un starnone che è meglio o tanto buono come quel di Valo<m>brosa, però riso[l]vetevi a venire, et vi bacio la bocca et le mani et venirsene pian pian a ciò che il putto non patisse et venirsene per il fresco319. Di la Certosa, il dì 4 di luglio nel 1564.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.105]

317 Il giaco era una camicia di maglia metallica che copriva il busto e le braccia scendendo fino a metà delle cosce.318 Su questo Domenico Antonio maestro de’ balli alla corte medicea cfr. Frank A. D’Accone, Music and Musicians in 16th-century Florence, cit., p.132. 319 Isabella è nuovamente incinta.

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5. I figli perduti e l’offesa perdonata (1564) | 103

79. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Vallombrosa 28 luglio 1564

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima mando Giovanni Antinori320 da vostra eccellentia. A ciò che stasera li possi prove-

der per il suo et di chi è con lei, li mando tre starnoni et un poco di pesci dubitando che non patischi di ogni cosa. Et io son malato con grandissimo martello et se ri-cordi di me qualche volta. Mi araccomando a don Silvano321 et li dica che per ogni modo lo voglio andar a visitar havanti parti del Casentino et di persona la verrò a pregare si aricordi di me et gli bacio la bocca. Di Val Ombrosa, il di XX8 di luglio nel 1564.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paulo Giordano Orsini.

[157, n.103]

80. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Vallombrosa 30 luglio 1564

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimaho riceuta la sua dal patre abate, et per essa ho visto l’animo che ha de farmi favor

apresso al duca mio signore, del che la ringratio infinitamente. La prego che quando veggi occasione a non mancar di farlo subito. Io comincio a star meglio et fra quat-tro o cinque giorni tornarò dove il duca mio signore sarrà. Del resto l’amo più che la vita propria et me le raccomando restandoli con baciarli le mani. Di Valle Ombrosa, il dì XXX di luglio nel 1564.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino

[157. n.119]

320 Giovanni Antinori figlio di Antonio e di Regina, della famiglia di mercanti-banchieri fiorentini. Una lunga tradizione storiografica designa suo fratello Bernardino come amante di Leonora di Tole-do moglie di Pietro de’ Medici (v. lettera n.606). Giovanni, filofrancese come tutti i suoi fratelli, fu ucciso a tradimento nel 1583 subito dopo aver ricevuto dal duca di Ferrara, a nome del re di Francia, l’ordine di San Michele, cfr. E. Mori, L’onore perduto di Isabella de’ Medici, cit., pp. 194-198; 237; 239; 381.321 Questo don Silvano potrebbe essere don Silvano Razzi (1527-1611), al secolo Girolamo, frate camaldolese. Prima di dedicarsi alla vita monastica e alla stesura di testi religiosi e agiografici, scrisse per il teatro le commedie La Cecca (1556), La Balia (1560) e La Gostanza (1564), fece parte dell’Ac-cademia fiorentina e fu amico di Varchi e Vasari, cfr. Pietro Giulio Riga, Razzi, Girolamo, DBI, vol.86 (2016), pp.649-651.

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104 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

81. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Firenze 12 settembre 1564

Illustrissima et eccellentissima signora et patrona osservantissima io non posso scriver a vostra eccellentia altro se non che stasera sto malissimo

contento per non haver la mia Bellina apreso di me et te imprometto Bella322 che te adoro non che t’ amo. Rispondetemi et favorite il signore Siro323 in tutto quello po-trete et io quanto prima sarò da voi, vi prego a star di buona voglia et baciar le mani al duca da mia parte et io con tutto il cuor vi bacio la bocca et le mani, che Dio vi dia tutto quel che desiderate. Di Fiorenze, il dì XII di setembre nel 1564.

Di vostra signoria illustrissima et eccellentissima servitor et consorte che l’ama più che la vita

Paolo Giordano Orsino.[157, n.8]

82. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Firenze 7 ottobre 1564

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimail dolor che ho sentito della morte del cardinal felice memoria324 la se lo può imagi-

nare in però cercarò soportarlo patientemente; con che vengi dimani et dia li ordini che vesti li paggi et li stafier di negro et mi meni il sarto spagnolo acciò mi possi pigliar la misura dei manti, del resto non accade altro, solo gli bacio le mani. Dal Poggio il dì VII di ottobre nel 1564.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consortePaolo Giordano Orsino.Mandate chi vi pare sin a Proceno a condolersi della morte de monsignor felice

memoria con il signor Paolo325 et poi a Roma alla signora Felice mia sorella.[157, n.113]

322 Paolo Giordano spesso si rivolge a Isabella chiamandola Bella o Bellina. È per questo che essendo nomi propri si troveranno in maiuscolo. 323 Su questo Siro o Siri vedi nota n.223.324 Il 6 ottobre 1564 morì il cardinale Guido Ascanio Sforza di Santa Fiora.325 Paolo Sforza (1535-1597) marchese di Proceno, fratello del cardinal Guido Ascanio Sforza di Santa Fiora, su di lui si veda Nicola Ratti, Della famiglia Sforza, cit. vol. 1, pp.300-305.

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6. A Roma per “attender alle faccende” (1564-1565)

326 Flavio Rurale, Pio IV, in Enciclopedia dei Papi, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2000, vol. III, pp.142-160.327 Probabilmente Paolo sta percorrendo la via Francigena in val di Paglia, tra Radicofani e Acqua-pendente. La valle prendeva il nome dal fiume Paglia, un affluente del Tevere che, nascendo sul monte Amiata, presso Abbadia San Salvatore, nel Granducato di Toscana, entrava nello Stato della Chiesa nei pressi di Acquapendente, cfr. Emanuele Repetti, Dizionario geografico fisico storico della Toscana, Firenze, Mazzoni 1833, Volume V, p.660.

Da dicembre del 1564 fino ai primi di febbraio del 1565 Paolo Giordano scrive da Roma. I motivi della partenza da Firenze sono due. Il primo riguarda la discussione presso il tribunale della Rota delle sue numerose cause, in particolare quella contro i Chigi per il recupero di Castel Giuliano. Il secondo motivo riguarda invece i suoi rap-porti con il pontefice. Pio IV, preoccupato per la sicurezza dello stato pontificio, stava intraprendendo grandiose opere di fortificazione non solo a Roma, in Borgo e Castel Sant’Angelo, ma anche nello stato pontificio mettendo mano alla sistemazione dei porti di Civitavecchia, Ostia e Ancona.326 In questo ampio progetto impose a tutti i feudatari di fortificare i loro castelli che dopo la guerra di Paolo IV si trovavano malmessi. Paolo avrebbe dovuto occuparsi di Vicovaro, le cui mura erano state gravemente lesionate dopo l’assedio del duca d’Alba nel 1557, ma per fortuna sua e delle sue pietose finanze il papa promise di farsi carico delle spese. Per aumentare le entrate del suo Stato Paolo progetta-va iniziative che solo con una presenza costante sul territorio avrebbe potuto realizzare, come ad esempio una fiera a Bracciano o una miniera di vetriolo a Monterano, e che secondo i suoi calcoli gli avrebbero reso cinque o sei mila scudi l’anno. Tuttavia, dopo il prestito di 30.000 scudi, lo Stato di Bracciano è nelle mani del duca di Firenze che avrebbe garantito a Paolo un appannaggio mensile di circa 660 scudi con cui avrebbe dovuto mantenere la sua numerosa “ famiglia” e la dispendiosa vita fiorentina.

83. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Siena 26 novembre 1564

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima arivai hiersera in Siena sano e gagliardo et con grandissimo martello di haverla

lasciata. Stasera me ne vado in Paglia,327 la suplico a ricordarsi di me che l’adoro, et rispondermi. La litera del signore duca non l’ho hauta. La suplico, subito che ver-rà, mi facci favor mandarmela con diligenza et non occorendomi altro gli bacio le mani con pregarla a tenermi in sua buona gratia, et mi son di già fatto asolvere del voto et delli giuramenti che feci a non gli scrivere, mi facci favor baciar le mani al

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106 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

signore principe et io resto con la mia Bella nella memoria. Di Siena, il dì XXVI di novembre nel 1564.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino

[157, n.118]

84. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 30 novembre 1564

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimaharivai hieri in Roma et subito andai a baciar li piedi di Sua Santità, et mi fece

mille carezze, di poi andai a visitar il signore don Gartia il quale sta benissimo et vi si ricomanda328; io atenderò a espedirmi quanto più presto potrò perché, vita vostra e mia, che di già son stanco di cirimonie napolitane, et è la prima sera. Vi prego a star alegra et a creder che io vi adori, mi farete gratia baciar le mani al signore principe, et io con tutto il cor mi vi raccomando et vi bacio mille volte le mani. Di Roma, il dì ultimo di novembre del 1564.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.117]

85. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 1 dicembre 1564

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimanon ho potuto prima che hora darli nuova del mio arrivo in Roma per li grandis-

simi fastidii de visite che mi son fatte et che io fo ad altri, ma hora che ho hauto un poco di tempo mi son messo a scriver questi quattro versi et creda che non ho altro bene al mondo che lei et che non amo più nesuno che lei, et più che me. Stando scrivendo questa ho riceuta la sua dal conte di Gaiazzo329 a me cara quanto la vita, et me ha dato infinitissimo contento che giuro, per vita vostra, che mai in vita mia son stato tanto fastidito come adesso. Patrona mia cara, scrivetemi spesso se desiderate farmi gratia et tenermi vivo. Ho trovato di già parecchi cani bellissimi fra li quali ve

328 García Álvarez de Toledo y Osorio (1514-1577) marchese di Villafranca, zio di Isabella in quanto fratello della madre Eleonora, il 7 ottobre del 1564 era stato nominato viceré di Sicilia. Vi arriverà il 2 marzo 1565 cfr. Giovanni Di Blasi, Storia cronologica dei viceré, luogotenenti e presidenti del regno di Sicilia, Palermo, Stamperia Oretea 1842, p.212. Su don Garzia cfr. Vanni Bramanti, Breve vita di Leonora di Toledo, Firenze, Le lettere, 2007.329 Gian Galeazzo Sanseverino, conte di Caiazzo, colonnello della fanteria italiana del re di Francia Carlo IX, accusato di essere un ugonotto fu arrestato nel 1570 per conto dall’Inquisizione romana. Il re di Francia fece pressioni per la sua liberazione che fu ottenuta nel settembre 1571, cfr. Alain Tallon, L’affare Sanseverino: un processo tra Francia, Roma e Milano, in «Studia Borromaica», 23, (2009) pp. 115-126.

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6. A Roma per “attender alle faccende” (1564-1565) | 107

ne son dui che son per voi bellissimi. Per quest’altro procaccio vi rimeterò qualche scudo. Dimani si parte la chinea et litica330 et Mariotto331. Et con questo <fo>fine suplicandola a tenermi in sua bona gratia. Gli bacio le mani et la bocca. Di Roma, il primo decembre nel 1564.

Di vostra signoria illustrissima et eccellentissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino Alla signora Alessandra che gli bacio le mani.

[157, n.123]

86. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 4 dicembre 1564

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima non voglio mancar per la presente mesiva baciargli le mani et suplicarla mi voglia

tener in gratia sua che l’adoro non che l’amo. Mi faccia gratia scrivermi qualche nuo-va di lei perché quel dì che havrò nuova di lei starò allegro a lungo. Solo dimane mi riservo a darli a pieno nuova di me et delle miei cose et gli bacio mille volte le mani. Di Roma, il di 4 di dicembre nel 1564.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora et desidera vederla Paolo Giordano Orsino.

[157, n.109]

87. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 5 dicembre 1564

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimanon voglio mancar darli spesso nuova di me perché son certissimo che ne deve

pigliar consolatione perché il medesmo fo io quando mi vien litere sue, et la tengi sicuro che non l’amo ma l’adoro et che ho il magior martello del mondo di vederla et goderla perché non si trova di bello per il mo<n>do. Sì che, cor mio, state alegra che mi sforzarò di venir prestissimo da lei et per ciò fatigo tutto il dì come un cane per finir questi miei negotii che in vero non vi era bisogno manco che la mia presentia et ringratiando Dio, la lite, ch’è un di li magior negotii abbia, va benissimo et starò presto uscirne. Basciai hiersera il piede al papa et delle prime cose che mi dimandò fu di voi, et mi disse che vi mandava mille beneditioni. Li parlai della fortificatione di Vicovaro et mi rispose che voleva farla lui et che io era suo figlio et in somma favori grandissimi. Non mi manca altro se non veder la mia Bella che tutte queste fatige mi sarian niente quando vedessi la mia vita et mio bene ch’è la Bella. Mi resta solo

330 Lettiga.331 Mariotto Cecchi era un vecchio servitore di casa Medici, cfr. G. Fragnito, Un pratese alla corte di Cosimo I. Riflessioni e materiali per un profilo biografico di Pierfrancesco Riccio, «Archivio Storico Pratese» LXII (1986), pp.31-83.

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108 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

suplicarvi a star alegra e a darvi spaso et star sana et a creder che io non ho altro bene al mondo che voi. Mi farete gratia mandarmi il Salvatore et Scacia et riccomandarmi alla signora Alesandra et a madonna Leonora et io di nuovo vi torno a suplicar a stare allegra et a volermi bene, perché, per vita vostra e mia, me lo devi. Et con questo resto baciandovi mille volte le mani et la bocca. Di Roma, il dì IIIII di decembre nel 1564.

Il signore don Gartia332 mi ha fatti mille favori et mi commanda di baciar le mani et che vi portasti male a non andarlo a veder, sapendo che non ha altro ben che voi, et io di nuovo vi bacio le mani.

Di vostra signoria illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino

[157, n.125]

88. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 7 dicembre [1564]

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima non voglio mancare di non scrivere a vostra eccellentia come me so’ obbligato et

suplicarla a volermi bene et tenermi in memoria perché non ho altro bene al mondo che lei et ogni hora mi sa mille di venirla a vedere perché la amorevolezza della mia Bella et le carezze non le trovo in nesuno loco. Sì che, cor mio, vogliatemi bene come io a voi che, per vita vostra, vi adoro. Qui non fo altro che atendere alle facende, come potrà haver inteso dagli altri, che son tante che non posso finir le visite delli cardinali. La cosa dalla lite sta in bon termine da poi la venuta mia et spero che presto si abbia da finire. Qui non si atende ad altro che a trovar modi per trovar quatrini et a fabricare. Io vedrò da espedirmi quanto prima potrò, perché certo non posso viver senza la mia Bella et non ho altro bene al mondo che lei et da lei spero grandezza e utile et in somma ogni mio bene, et questo cor mio credelo chiaro, et per non fastidirvi più farrò fine con baciarvi mille volte la bocca et le mani. Di Roma, il di 7 dicembre [1564]. a

Servitor et consorte che l’ama di core et l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.108]a Una lacerazione impedisce di leggere l’anno

89. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 8 dicembre 1564

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima non voglio mancar a darli nuova di me ogni giorno, come per la Dio gratia sto be-

nissimo et con grandissimo desiderio di vederla, la suplico a volermi bene al solito [et

332 García Álvarez de Toledo y Osorio.

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6. A Roma per “attender alle faccende” (1564-1565) | 109

cre]der che io l’adoro non che l’amo. Cercarò di espedirmi quanto più presto potrò per venir a servirla lì. Ho di già scrito quatro o cinque litere et di nesuna, se non di una, ne ho hauta risposta. La suplico a volermi bene et a scrivermi spesso et mi per-doni se non son più longo perché il papa mi ha mandato a chiamar subito et io con tutto il cor li bacio la bocca et le mani. Di Roma, il di VIII di decembre nel 1564.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora et non ha altro bene che lei

Paolo Giordano Orsino[157, n.112]

90. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 9 dicembre 1564

Illustrissima signora consorte et patrona mia osservantissimahieri mi fu rese tre di vostra eccellentia, due per il corier di Genova e una per mano

di messer Alesandro Pucci333 et mi recorno infinito contento per intender il suo ben esser et che si dà spasso. Mi piace sommamente che il signor principe la vengi così spesso a visitare et che vadino insieme a caccia, me facci gratia di far haver cura alli liverieri et bracchi mandatomi da quelli signori334 per il Mancino et, perché intendo che vi è oltre un belello liveriero biancho, la suplico servarlo per me et così tutti l’altri, mentre che io sto qua la suplico a non donarli a nesuno et mi faccia gratia scrivermi come li bracchi son buoni et che numero son de can grossi; ne cerco tuttavia, ma in Roma ce n’è pochissimi, pur spero trovarne qualcuno e mandarlo. Mi son preso infi-nito dolore de intender la sua indispositione di stomaco ma, poiché passa bene, me ne ralegro infinitamente. Circa il suo andar a Pisa faccia quel che li pare, ma la suplico a farmi gratia a tornar presto acciò possi venirla a servire in Fiorenze, ma dell’altra parte, dandoli così fastidio questi dolor di stomacho come sanno, et facendoli quella aria sempre male, non so quel che mi dica, pur faccia la sua voluntà. Circa al mio particular, fra visite et facende non mi parto quasi mai di casa se non quando vado a visitar questi signori et spero che le cose mie andaranno assai bene. Sua Santità mi ha fatto gratia del esilio di Roma del signor Francesco et si mostra molto hamorevole con farmi infiniti favori mentre andarò fra sei o otto giorni a veder lo Stato, essendo

333 Alessandro Pucci figlio di Pandolfo autore della congiura contro Cosimo de’ Medici e giustiziato nel 1561. Alessandro abbracciò lo stato ecclesiastico e fu ambasciatore a Roma presso Clemente VIII che lo riempì di benefici, Cfr. P. Litta, Famiglie celebri italiane, cit. Pucci di Firenze, disp. n.158, tav.VI. Sui Pucci vedi anche lettera n.461.334 I signori che mandano spesso cani da caccia a Paolo Giordano sono i francesi Jouvenel des Ursins de la Chapelle che si ritenevano parenti degli Orsini di Roma. Sulla presunta parentela tra gli Orsini e la famiglia francese cfr. Louis Batiffol, L’origine italienne des Juvenel des Ursins, in «Bibliothèque de l’École des Chartes», 54/1 (1893), pp. 693-717; Alain de Boüard, Charles Hirschauer, Les Jouvenel des Ursins et les Orsini, in «Mélanges d’archéologie et d’histoire», 32/1 (1912), pp.49-67. Tra le lettere di Paolo Giordano I in ASC, AO, I Serie, ve ne sono diverse di Mons. Christophe Jouvenel des Ursins de la Chapelle, cfr. ad es. b.295, n.205.

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110 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

per il Natale vacantia alla Ruota335 dove è la causa mia et ancho per fugir lo spendere. Mi resta solo suplicarla a tenermi nella sua gratia et a creder certo che io l’adoro e gli bacio le mani e la bocca. Di Roma, il dì VIIII di dicembre nel 1564.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.271]

91. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 14 dicembre 1564

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimanon voglio mancar di darli ogni giorno nuova di me, come fin hora ho fatto, che

per la Dio gratia sto benissimo et con grandissimo martello di vederla et spero harrà presto inteso che le cose della lite da poi la mia venuta van molto bene, et circa la fortification di Vicovaro il Papa la vol far lui et darmela così fatta a me et così ve-drò che inanzi la mia partita se incominci. Mi resta solo suplicarla a tenermi in sua buona gratia et a comandarmi che non ho il magior desiderio che servirla et li dò mia fé che l’adoro et che mi deve più a me che a nesun del mondo, perché l’adoro. Sì che, signora mia illustrissima, stia alegra et pigliatevi piacere che io verrò più presto porrò et per non fastidirla più gli bacio le mani et la bocca. Di Roma, il dì XIIII di decembre nel 1564.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor affetionatissimo et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.150]

92. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 15 dicembre 1564

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimanon ho voluto mancar a non baciargli le mani et aridarli a memoria che io l’adoro

non che l’amo et ogni giorno me sa mille che non l’abbia vista, sì che, quanto prima potrò, non mancarò sbrigarmi per venirla a goder e servir. Qui non vi è altro di nuovo se non la congiura scopertasi contra il papa per amazarlo che per esser longa cosa ho comesso al cavalier che glie ne scriva et così potrà mostrarlo al signore prin-cipe.336 Attendo alle facende quanto posso et per la Dio gratia ne ho condotto gran parte in bon termine et così spero farrò del altre. Mi resta solo che mi vogliate bene et a creder certo che vi tengo scolpita nel cuore et che vi voglio meglio che a me. Ricommandatemi a tutte le donne et dite che le vesti si fanno a furia,337 et baciate

335 Tribunale della Sacra Rota.336 Sulla congiura per uccidere Pio IV cfr. Elena Bonora, Roma 1564. La congiura contro il papa, Roma-Bari, Laterza, 2011.337 Paolo intende dire che le sarte romane stanno lavorando alacremente per confezionare le vesti per tutte le donne di casa.

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6. A Roma per “attender alle faccende” (1564-1565) | 111

le man al signore principe. De’ cani che vostra eccellentia dice che il principe mi ringratia, non la intendo, et con questo gli bacio le mani et la bocca.338 Di Roma, il XV di Decembre nel 1564.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paulo Giordano Orsino.

[157, n.102]

93. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 17 dicembre 1564

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima stamatina ho riceuta una sua a me cara come la vita per haver inteso nuova di lei

che l’adoro et la suplico mi facci degno spesso di sue [lettere] che ne ho il magior contento che possi haver. Sì che Bellina mia ricordatevi che vi adoro et che mi sa mille anni di vedervi et godervi. Mi piace che vi pigliate spasso et fate così, ve rin-gratio infinitamente del pensier pigli delle cose mie et se li potessi screscer obligo a quel che li ho, lo farrei. Io sto benissimo per la Dio gratia et per venirmi a visitar molta giente non posso esser più longo, ma come ho tempo li risponderò et gli bacio la bocca et le mani. Di Roma, il di XVII di decembre 1564.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.107]

94. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 20 dicembre 1564

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima non voglio mancar per la occasione di messer Honofrio Camaiano339 a farli rive-

rerenza et suplicarla mi tengi in sua buona gratia et ha volermi bene come io voglio a lei et perché ho li stivali per andar a Cerveteri a espedir un so che cosa che accade lì et il Camaiano mi fa presa, gli baciarò le mani rimanendomi del resto al detto Camaiano et io di nuovo la suplico a tenermi vivo desidero et gli bacio la bocca et le mani. Di Bracciano, il di XX di decembre nel 1564.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.93]

338 Si tratta di uno scherzo di Isabella a cui Paolo aveva raccomandato di non dare i suoi cani a nessuno.339 Onofrio Camaiani, avvocato concistoriale, godé di posizioni di prestigio nella corte pontificia ma nello stesso tempo fu fedelissimo di Cosimo de’ Medici, cfr. Mirella Giansante, Camaiani, Ono-frio, in DBI, vol. 17 (1974), pp. 71-72.

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112 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

95. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 23 dicembre 1564

Illustrissima et eccellentissima signora et consorte osservantissima ho riceute in un tempo medesmo quatro litere sue che mi hanno arecato tanta con-

solatione quanto sia posibil dire, la ringratio infinitamente della cura piglia delle cose miei et suplico a sequitare. Sonno tornato a Braciano a espedirmi,340 et pasato le feste andarò a queste altre miei terre et de lì me ne tornarò a Roma per fenirmi de espedir. La ringratio dello aviso della caccia et che li cani che ha menato il Mancino riescano così buoni, la suplico a tenerli fin alla mia venuta. Qua andai l’altro giorno a cacchia et non trovai che un sol caprio et quello sarrà stato meglio a non l’aver trovato, ateso che il signore Averso pigliò una buona cascata.341 Qui v’é copissima conversatione et ho tutta Roma et tutti questi signori intorno. Atendo a espedir facende quanto più posso. Per darli nuova delle cose sue: li cavalli delle poste sonno mal tratati per il corer delle poste che si fa di qua a Roma et di Roma qua, ma io pagarò a vostra eccellentia tutto il danno che li può nascer. L’Alpucioto dicono che è stato mangiato più della metà et quasi tutto guasto da pecorari affidati, l’Anquilana sta benissimo, secondo ho visto da Braciano.342 Desideraria che vostra eccellentia mi facessi gratia de scrivermi a che temine sta il paramento roscio e tela doro per il suo letto et che colore o che dorato voglia per quel’altro che ci resta a fare. Del resto sia certissima che l’adoro non che l’amo e che ho infinito desiderio di vederla et farrò ogni mio sforzo che sia prestissimo. Le mie cose stanno assai bene ma per le feste ogni cosa si rimanda. Io non sarrò più longo, solo gli baciarò le mani et la bocca per mille volte et desiderarei farlo più vicino, et mi tengi in sua buona gratia qual sopra ogni cosa desidero et stia certissima che l’adoro. Di Bracciano, il XXIII di decembre nel 1564.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.90]

340 Dal latino expedire: sbrigare, portare a termine.341 Everso dell’Anguillara del ramo di Stabia. Gli Anguillara erano un’antica famiglia comitale romana che fino alla metà del XV secolo estendeva la sua potenza territoriale, oltre che sul lago Sabatino, su gran parte della Tuscia e sulla zona costiera tirrenica da Santa Severa a Cerveteri. Nel corso del XV secolo i pontefici Paolo II e Alessandro VI confiscarono quasi tutte le loro terre. La contea di Anguillara fu venduta agli Orsini nel 1492. A metà Cinquecento dei loro grandi domini tra le vie Cassia e Clodia rimanevano solo Stabio (oggi Faleria) e Calcata, i due territori più importanti di questa famiglia, Ceri e Riano, erano in possesso dei Cesi con titolo marchionale. Sugli Anguillara di Ceri cfr. Piero Santoni, Il ramo degli Anguillara di Ceri: personaggi, vicende e domini territoriali «Archivio della Società romana di storia patria», 128 (2005), pp.79-98.342 Si tratta di tenute nel territorio dello Stato di Bracciano i cui proventi erano di proprietà di Isa-bella in quanto vi era assicurata la sua dote. Come è testimoniato da altre lettere (v.lettera n.307), La duchessa percepiva anche i proventi delle due poste di Baccano e della Storta, oltre che del castello di Isola nel cui territorio si trovava la stazione della Storta. Un inventario delle due poste così recita: “Inventario dei beni di Jacopo Elia affittuario moroso della posta di Baccano e della Storta, spettanti a Isabella de’ Medici” (ASC, AO, b.519, fasc.1).

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6. A Roma per “attender alle faccende” (1564-1565) | 113

96. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 26 dicembre 1564

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima non voglio mancar darli nuova di me che per la Dio gratia sto benissimo et in

Braciano et mi partirò fra dui o tre giorni per veder tutti questi miei lochi et poi mi tornarò a Roma per dar fine alli negotii cominciati qui. Son andato duo o tre volte a caccia a starne che ce n’é tante e tante che per vita nostra è un impazire. Mi resta solo dirvi che vi adoro et che non voglio tanto bene a me come a voi et che ho il magior martello del mondo di non vi godere et vedere et solecitarò quanto più posso la tornata perché ogni hora mi va mill’anni. Et per non fastidirla più farrò fine con baciarli mille volte le mani et la boccha et mi faccia gratia racomandarmi a madonna Alessandra et Lionora. Di Bracciano, il dì XXVI di decembre nel 1564.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino

[157, n.100]

97. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 27 dicembre 1564

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima non voglio mancar di nuovo a darli nuova di me che sto confinato per le piogie

nella rocca di Bracciano et spero pur che ormai il tempo si aconciarà a ciò possi far le mie facende et visitar questi lochi miei. Io sto benissimo per gratia de Idio et quan-do è bon tempo me ne vado qualche volta a caccia a starne che ce n’è tante ch’è un subisso. Mi farà gratia baciar le mani al signore principe et io gli bacio la bocca et le mani per mille volte. Di Bracciano, il di XXIII di decembre nel 1564.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino

[157, n.94]

98. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 30 dicembre 1564

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima ancorché non abbia hauto litere sue per questo ordinario non ho voluto mancar

di scriverli et darli nuova di me come continuamente ho fatto, et dirli che atendo alle facende et di già ho trovato una cava di vetriolo che spero cavarne 5000 o 6000 scudi di intrata et così vo pensando insieme con Guglielmo Dei343 sempre a guantar

343 Guglielmo Dei in questo momento si occupa dell’amministrazione dello Stato di Bracciano probabilmente per conto di Cosimo de’ Medici. Varie lettere a Tommaso de’ Medici presenti nel car-

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114 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

qual cosa di più. Cercarò di sprigarmi et venir presto a servirla et goderla che li do la fede mia che ho il magior martel del mondo di non vederla et goderla. La suplico a scrivermi come io fo a lei perché la setimana che non ho sue litere sto sempre malin-conico, sì che la suplico a favorirmi con le sue litere, et con questo gli bacio le mani et la bocca. Di Bracciano, il di XXX di decembre nel 1564.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino

[157, n.92]

99. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Anguillara 2 gennaio 1565

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima non voglio mancar di baciarli le mani et scriverli questi quatro versi et darli nuova

del mio ben esser et che ho grandissimo martello di rivederla. La suplico a scrivermi spesso a ciò io possi star alegro come io fo a lei. Oggi son stato a caccia et ho amazati 4 caprii con assai bel piacere. Son venuto a l’Anguillara per espedirmi come cerco di far con atender alli negotii. Mi farrà gratia baciar le mani al signor principe et al duca miei signori et a madonna Alesandra ricomandarmeli per mille volte et io con tutto il cor gli bacio le mani et la bocca. Di l’Anguillara, il dì 2 di genaro nel 1565.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.127]

100. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Anguillara 5 gennaio 1565

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimanon voglio mancar per ogni occasion darli nuova di me et suplicarla a far lei il

simile, perché mi trovo avergli scrite molte litere et di poche averne hauta risposta siché la suplico a non mancar di favorirmi spesso con qualche sua perché, in oltre che farrò quel che devo, me resuscitarà, che son tanti li fastidi de’ negotii, sì del stato come di Roma, che non posso vivere. Atenderò a far questa visita con andar raccomodando molte paci fra questi signori che mi tengono tanto buon cervello che so’ quasi arbitro di questi paesi et, visto che farò tutti li miei lochi, me ne andarò a star con il signore Averso344 una sera et un’altra sera con il signore Francesco345 et con il signore Ponpeo et Francesco et da tanti altri sonno invitato che, se ci vo[le]ssi andar, bisognaria star ancor qui molti giorni over mesi. Qui non ci è altro di nuovo

teggio dell’Archivio di Stato di Firenze attestano come Cosimo si servisse di lui per commissionargli acquisti a Roma (ASF, MdP, vol.221, f.34, 53, 54, vol.225, f.89). 344 Everso dell’Anguillara. Vedi nota n.341.345 Probabilmente Francesco Orsini di Monterotondo.

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6. A Roma per “attender alle faccende” (1564-1565) | 115

che il conte Annibale Altes dimane o postdimane piglia il bastone di Santa Chiesa et tutti li negotii della corte e del Stato ecclesiastico li fa il cardinal suo fratello. 346 La suplico ancor aver cura a ogni cosa là in Fiorenza et, se di qua li bisogna tanto, mi comandi. Mi faccia gratia mandarmi il mio vestito poiché è fatto che abbia a servir qua per Roma et io con tutto il cor gli bacio la bocca et le mani. Dell’Anguilara, il dì 5 di gennaro nel 1565.

Di vostra signoria illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.126]

101. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Anguillara 6 gennaio 1565

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimaho riceuto due sue oggi a me care come la vita per haver inteso il suo ben esser, sì

ancora per il sucesso della mia figlioza fatta cristiana et delle dame monacate et mi ralegro somamente con lei che abbia fatto sì buon opere. Qui atendo a spedirmi et dimane, fatta che harò la rasegna delli cavalli li quali sonno homini d’arme tanto son boni cavalli, secondo quelli che ho visti ora, m’andarò a Galera et di poi sequirò il mio viagio. Il damasco turchino mandarò a Napoli per esso, overo altro drapo di quei veluti alti e bassi conosendo come lei me scrive et negli inviarò a Fiorenze. Oggi havemo amazati quatto caprii con grandissimo spasso, fatemi gratia baciar le mani al duca et principe miei signori et suplicarli che mi tengino in lor buona gratia che a par della vita desidero. Che Dio vi dia tutti i vostri contenti et vi bacio mille volte la bocca et le mani. Dell’Anguilara, il dì VI di genaro nel 1565.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte Paolo Giordano Orsino.

[157, n.129]

102. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Campagnano 10 gennaio 1565

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimanon voglio mancar darli conto minutamente ogni giorno del mio esser che per

gratia di Dio sto bene et arivai hier sera in Campagnano et stasera andarò a cena

346 Jacopo Annibale Altemps nipote di Pio IV, ambasciatore a Filippo II re di Spagna da cui ebbe in feudo per sé e discendenti la contea di Gallarate. Nel 1565 sposò Ortensia Borromeo, sorella di S. Carlo. Pio IV lo nominò capitano generale di Santa Chiesa. Sulla carica cfr. Giampiero Brunelli, Al vertice dell’ istituzione militare pontificia: il generale di santa Chiesa (sec. XVI-XVII), in Armand Jam-me, Olivier Poncet, Offices et papauté (XIVe-XVIIe siècle), Rome, Publications de l’École française de Rome, 2005, pp. 483-499. Il fratello di Annibale Altemps era il cardinale Marco Sittico che a gennaio del 1565, per la malattia di Carlo Borromeo, lo rappresentò nelle sue funzioni di segretario di stato, cfr. Boris Ulianich, Altemps, Marco Sittico, in DBI, vol. 2 (1960), pp. 550-557.

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116 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

con il signore Averso.347 Di qua non havemo altro di nuovo. Mi attendo a spedirmi quanto posso per poter poi venir a servir vostra eccellentia. Con questa ci sarrà un pochi di tartufi, et io con tutto il cor gli bacio la bocca et le mani. Di Campagnano, il dì X di genaro nel 1565.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.130]

103. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Stabio 12 gennaio 1565

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima recevei hieri dua sue a me care quanto la vita per haver inteso nuova di chi adoro.

Io sto a Stabio348 con li stivali in piedi per andarmene stasera a Sacrofano et poi condur<r>e il mio viagio della banda di là da fiume che fra VIII o X giorni me ne sarrò sbrigato, et poi, negotiato che arò certe cose mie con Nostro Signore che sonno la fiera di Bracciano, la miniera di vetrioli di Monterano, la quale mi darrà di tutto cinque o sei mila scudi, a la fortification di Vicovaro, me ne verrò subito e spero finir il tutto prestissimo, et poter venir a far carneval con lei. La lite vedrò se la posso sbrigar, se non la condurò in termine buono, né questa mi ritardarà punto. Del resto sto benissimo et con il magior desiderio del mondo di vederla, basciarete le mani al signore principe et li ho scritto due volte né di nesuna ne ho hauta risposta et per non fastidirlo non li scriverò più, ma manco non vorrei esser tenuto da sua eccellentia, come disse a tavola del signore don Luigi, che non scrivevo mai. Io vi bacio le mani et la bocca et in questo caso governatevi secondo vi pare de dirlo al signore principe. Di Stabio, il dì XII di genaio nel 1565.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.180]a Da “la quale” a “scudi” soprascritto nell’interlinea superiore.

104. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 28 gennaio 1565

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima fra tre o quattro giorni mi venirò alla volta di Fiorenze per trovar lei che già mi par

tempo che la venga a vedere, et se non fusse stato per la fortification di Vicovaro, che nostro signore mi ha promesso farla, tra pochissimi giorni sarei già da lei. Oggi il

347 Everso dell’Anguillara.348 Stabio, luogo vicino a Calcata di proprietà degli Anguillara.

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6. A Roma per “attender alle faccende” (1564-1565) | 117

cardinal de Cesis sta in transito et, subito da poi la sua morte,349 credo si finirà la lite perché il signore Agnelo suo nipote s’è acordato con me di far quanto io voglio, io però vederò il sucesso e quel si potrà far et, se altro non mi intertiene, senza mancho sarrò fra 8 giorni da lei, alla quale con tutti il cor megli raccomando. Et gli bacio le mani et la bocca. Di Roma, il di XXVIII di genaro nel 1565.

Di vostra eccellentia illustrissima Paolo Giordano Orsino.

[157, n.168]

105. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 8 febbraio 1565

Illustrissima et eccellentissima signora consorte osservantissimanon voglio mancar a non basci le mani di vostra eccellentia et suplicarla mi facci

gratia tenermi in sua buona gratia la qual sopra ogni cosa desidero et comandarmi sì come fa ora per causa di quel gentilomo spagnolo che non mancarò operarmici con quella saldezza magior si protrà per me. Mi son intertenuto adesso per la lite del cardinal di Cesis et hieri mi fu mostrata cosa di molto mio utile et me intertenerò qua per sei o otto giorni per veder si io posso trovar scitture autentiche di sopra a tal negotio che, con il merito del duca mio signore <e del>la giustitia, spero agumentar il mio Stato <di>scudi trentamila de intrata, come quando verrò là la intenderà da me, et per non fastidirla più farrò fine con baciarli le mani et la bocca. Di Roma, il dì otto di febraro nel 1565.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.149]

349 Il cardinale Federico Cesi morì il 29 gennaio 1565. Paolo era in lite con lui per il castello di S. Polo, la tenuta della Marcellina, la montagna della Sponga, cfr. E. Mori, L’Archivio Orsini, cit., p.166.

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Isabella a Paolo Giordano da Firenze [agosto 1568] (lettera n. 273)

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7. Da soldato a cortigiano. A Milano, Roma e Praga con la corte medicea (1563-1565)

350 Filippo II aveva invitato i suoi due nipoti a recarsi in Spagna per esservi educati in senso rigi-damente cattolico. Andò egli stesso a riceverli a Barcellona nel mese di gennaio dell’anno seguente e fece loro visitare una gran parte del suo regno per iniziarli ad un reame futuro. Sul viaggio cfr. Relazione di un viaggio da Trento a Milano fatto nell’anno 1563 dagli arciduchi d’Austria Rodolfo ed Ernesto, in: «Archivio Trentino», a. VIII (1889), fasc. I.351 Sui due viaggi di Paolo Giordano cfr. E. Mori, L’onore perduto di Isabella de’ Medici, cit., pp.113-125.352 Per giorni.

Né i Medici, né gli Spagnoli offrivano a Paolo Giordano occasioni di esercitare la sua preparazione militare e di concretizzare il suo desiderio di essere un degno rappresen-tante di una casata di illustri capitani. A Firenze gli unici incarichi che gli erano offerti erano di rappresentanza e rientravano nel contesto delle grandi occasioni cerimoniali di casa Medici.

A dicembre del 1563 era a Milano insieme a Francesco de’ Medici a visitare gli arci-duchi d’Austria Rodolfo ed Ernesto, figli dell’allora re dei romani e futuro imperatore Massimiliano II e di Maria, sorella di Filippo II, che si recavano in Spagna dallo zio.350 Di passaggio a Milano i due principi ricevettero le visite di tutti i rappresentanti degli Stati italiani.

Nel 1565 Paolo Giordano fu a Roma due volte: a gennaio per sistemare le sue faccende economiche e a maggio per accompagnare Ferdinando de’ Medici nella sua ufficiale entrata alla corte pontificia. A ottobre dello stesso anno, sempre per ordine del duca, partì per accompagnare Francesco de’ Medici che andava alla corte imperiale a sposare Giovanna figlia dell’ imperatore Ferdinando d’Asburgo. Le sue lettere a Isabella seguono tutte le tappe del viaggio, sia all’andata che al ritorno.351

106. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Genova 25 dicembre 1563

Illustrissima et eccellentissima signora consorte osservantissimaarivamo hieri a Genova un poco mal tratati dal mare per dì352 et semo stati tutto

oggi, dimatina, piacendo a Dio, ci partiremo per Milano et tutti stamo bene. Qui oggi il signore principe è andato a veder il duca, et io ancora, et poi siamo andati un pezzo a spasso per Genova, et mi è piaciuta molto forte, in però non ci è tante belle donne quanto dicano, ne manco ci avemo trovato conversation buona, ancorché questi genti-luomini dicono che <la>causa <è> perché oggi è Pasqua et tutti se sono comunicati. Il signore principe sta benissimo, vi prego a volermi bene et recomandarmi a Girolimi-

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120 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

no.353 Et scrivetemi spesso. Direte al capitan Mario che s’abia cura et Iulio li scriverà il resto et vi prego a star sana et bacio le mani al duca mi signore mille volte et io resto baciandovi la bocca et le mani. Di Genova, il dì XXV di dicembre nel 1563.

Di vostra signoria illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.85]

107. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Milano 29 dicembre 1563

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima non voglio mancare per la presente occasione del coriero avisar vostra eccellentia

del ben esser del signore principe et mio et dir che abiamo vesitato li principi et ci han fatto mille carezze et perché io sonno a leto et l’ora è tarda et il corier si vol partir, vi prego a perdonarmi se non so lungo, et ve suplico a volermi bene et arico-mandarmi a donna Alesandra. Di Milano, il di XXIX di decembre nel 1563.

Consorte per servirla Paolo Giordano Orsino.

[157, n.101]

108. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Monte Oliveto 6 maggio 1565

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissima non ho voluto prima che hora dargli risposta et dirli che il […] a et di vederla che

l’inprometto che questo viagio lo fo con quel poco gusto sia posibile, non dico per monsignor illustrissimo,354 che si porta di maniera che ci fa tutti inamorare, ma delli suoi ministri che non sanno quel che si parte et, oltra di questo, perché ho lasato la mia Bellina la qual amo più che me stesso et da cavaliero. Ci trovamo oggi a Monte Oliveto coli frati così così perché stamattina, levato la tavola del cardinal, ogniun è stato senza mangiar. Mi resta solo ricordarli che mi […] che tengi memoria di me che l’adoro più che la vita mia. Di Monte Oliveto, il dì 6 di maggio.

Mi so scordato dirli che hieri trovandosi monsignor illustrissimo che <era> in Siena, io era in un bosco, mi venne fatto la presente stantia la qual mi farrà gratia acetarla con non mostrarla perrò a nesuno, 355 con ciò gli bacio la bocca et le mani.

Servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino

[158, n.264]a Alcune righe di questa lettera sono illeggibili a causa di lacerazioni della carta.

353 A dicembre del 1563 Isabella era incinta di due gemelli che perderà probabilmente all’inizio del 1564.354 Il cardinal Ferdinando de’ Medici.355 La composizione, che evidentemente era in un foglio a parte, non è conservata nella lettera.

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7. Da soldato a cortigiano. A Milano, Roma e Praga con la corte medicea (1563-1565) | 121

109. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Viterbo 5 maggio 1565

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimaoggi ho riceuta una di vostra eccellentia a me cara quanto la vita e sì per haver hauta

nuova di chi adoro, sì ancora di questi altri illustrissimi et eccellentissimi signori miei et ho sommamente caro che tutti si pigliano piacere. Il cardinal riesce di maniera che ogniun che li parla li resta schiavo. L’inprometto che ne son inamorato della sua cortesia e amorevolezza. Et oggi li è ven[u]to incontro il cardinal di Monte356 che par-lando insieme gli ha detto cose da Salomone et fra l’altri questa che domandandoli il cardinal il modo di tratenimenti della caccia et si era cacciatore, gli rispose che non era caciatore se non che cognosceva il duca mi signore esser et che per seguir et servir sua eccellentia era lì. Disse poi che era venuto in tristi tempi per la caccia in questo paese, gli rispose che era venuto per baciar solo il piede al Papa et darsegli per servi-tor et che in Fiorenza ci era molte più belle caccie che qui, come a dire che non saria venuto per le caccie in questi paesi, de modo che l’è restato al solito stivale. Mi vien detto <che>il conte Santa Fiora va mandato dal duca mi signore per finir li capitoli del parentato nella corte cesarea, desideraria saperlo, et ancor se io ho da mandarmi, sì o no, acciò potessi trovar molti gentiluomini e cavalieri per honorarmi.357 Tanto più dica al duca mi signore che il cardinal riesce tanto bene che ogniun li verà schiavo et che le cose passano benissimo et che non scrive a sua eccellentia per non l’infastidire. Semo stasera a Viterbo et dimane andremo a Bracciano con la gratia de Idio et spero il cardinal sarrà riceuto bene et gli bacio mille volte le mani che Nostro Signore la guardi quanto desidera. Di Viterbo, il di 5 di maggio nel 1565.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora et desidera ser-virla et vederla

Paolo Giordano Orsino.[157, n.174]

110. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 11 maggio 1565

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima non voglio [mancar] a di non avisar vostra eccellentia come l’illustrissimo […]

oggi li son ven[…] Colonna, Ferrara, Capozzuccha, Gonzaga, Vitello, Rovere,358 per rispetto del [fluso] non poté [venir] a Bracciano. Et l’inprometto che ha fatto amirar

356 Innocenzo Ciocchi del Monte, di oscure origini, protetto e fatto cardinale da Giulio III che lo investì di ricchissime rendite e benefici. Il cardinale era noto per la sua vita dissoluta disseminata di scandali, cfr. Pietro Messina, Del Monte, Innocenzo, DBI, vol. 38 (1990), pp.138-141.357 Paolo vuol sapere se si deve preparare per partire anche lui per la corte imperiale per accompa-gnare a Firenze Giovanna d’Austria figlia dell’imperatore, futura sposa di Francesco de’ Medici.358 Si tratta dei cardinali: Marcantonio Colonna, Ippolito d’Este, Giovanni Antonio Capizzucchi, Francesco Gonzaga, Vitellozzo Vitelli, Giulio della Rovere.

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122 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

tutto il mondo come ha proceduto et tutti questi signori illustrissimi se sonno ami-rati, inoltre sua signoria reverendissima è andato stasera da Sua Santità et ha fatto una mezza oratione con offerirli il duca et principe et li Stati de loro eccellentie et con tanto saper e garbo che ha fatto spantar359 tutto il mondo. Io sto benissimo et con grandissima voglia di vederla et stia certissima che l’adoro nonché l’amo […] hiersera a Bracciano et si stette […] volentieri et vi era tutta casa Orsina. Mi farrà gratia baciar le mani al duca et principe miei signori et li dica tutto il soprascritto, et gli bacio le mani et la bocca. Dalla vigna del Papa,360 il dì XI di maggio nel 1565.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.177]a La lettera presenta ampie lacerazioni orizzontali in corrispondenza della piegatura e un gene-rale inbrunimento della carta che impedisccono la lettura di alcune parole.

111. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 16 maggio 1565

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimanon voglio mancar a non baciarli le mani et farli saper come monsignor illustris-

simo hier fece l’intrata che non si aricorda che da molti anni in qua sia stata facta la più bella. Io son venuto a Bracciano per dar ordine alcune delle miei cose et dimani me ne tornarò a Roma da monsignor illustrissimo, et ho il magior desiderio del mondo a saper nuova et veder vostra eccellentia che non l’amo ma l’adoro perché fra breviss<mi> giorni saré […] a piaccia, la suplico a volermi bene et tenermi in sua bona gratia con suplicarla a baciar le mani al duca mi signore et io gli bacio le mani. Di Braciano, il dì 16 di magio nel 1565.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.128]a La lettera presenta due lacerazioni in corrispondenza della piegatura.

112. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 20 maggio 1565

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimahieri monsignor illustrissimo cominciò a far le visite et ebbe una grandissima com-

pagnia sì de vescovi come cortigiani et cavalieri della città et si porta tanto bene che

359 Spantare: dallo spagnolo espantar: spaventare, meravigliarsi estremamente.360 La vigna di Pio IV, detta anche “vigna vecchia”, era una parte del grande parco di villa Giulia e faceva capo all’edificio ancora oggi esistente sulla via Flaminia, cfr. Daria Borghese, L’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede a palazzo Borromeo, Roma, Allemandi, 2008.

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7. Da soldato a cortigiano. A Milano, Roma e Praga con la corte medicea (1563-1565) | 123

fa amirar ogni uno. Sua signoria illustrissima ha infinito desiderio […]a in però non li dispiace la stanza di Roma et l’inprometto per vita vostra che è cosa grande come si porta che pare che sia inveghiato361 in […] corte, io vo facendo certe […] per pa-rechi giorni a non ritornar di qua et il […] delli danari tuttavia li sto dietro a<c>ciò possi pagar chi ha d’aver per me. Ho il magior disiderio del mondo di vederla et go-derla et così prego Dio che mi dia occasion sia presto. Desidero saper di quel che per l’altra mia gli scrissi aciò potessi fare qualche provisione.362 Si li pare me lo scriva, se non, facci con cenni. Et con quella riverentia che devo, gli bacio la bocca et le mani. Di Roma, il di XX di magio nel 1565.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.169]a La lettera presenta varie lacerazioni che rendono impossibile la lettura di alcune parole

113. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 24 maggio 1565

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissima mi son ralegrato infinitamente delli suoi piaceri et certo che l’aria non li porrà se non

giovar, così la prego voler atender a pigliarsi spasso et a sanificarsi. Noi stamo a Roma ancor facendo le nostre visite et il cardinal illustrissimo riesce ogni dì meglio. Io per la gratia di Idio sto benissimo et con desiderio infinito di vederla, mi farrà gratia saper se posibile et il vero di quel negotio363 perché caso che io non abbia a servir in questo caso, mi risolverei a non far molte provision che comincio a fare et se non si fanno così con un po’ di tempo, non abbasta il mondo <per> farle, però vostra eccellentia mi risolva et rompa questa lancia per me con il signor duca al quale mi farrà gratia far le sue ricomandacioni che gli bacio le mani. Di Roma, il di XXIIII di maggio nel 1565.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino

[157, n.60]

114. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 29 maggio 1565

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima non voglio mancar a darli nuova di me et dirli che sto bene per gratia de Idio et

così monsignor illustrissimo il quale persevera più che mai nel farse adorar et l’in-prometto che fa una riuscita mirabile. Cominci vostra eccellentia a far opera che ci posiam partir di qua, poiché abbiamo conplito a quanto è fatto di bisogno […]

361 Invecchiato.362 Si riferisce alla partenza del corteo medico per la corte imperiale.363 Vedi la nota precedente.

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124 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

a vengano li caldi li qual per[…] che tornamo presto, la suplico […] più solecita nel scrivere et ancorché stia nelle sue consolationi, non per questo doveria scordarsi di chi l’ama come io, et così verrà ancora a levarmi di fastidio col saper della sua salute. Et per non fastidirla più farrò fine col suplicarla a tenermi nel<la> sua gratia e gli bacio la bocca e le mani. Di Roma, il dì XXVIIII di maggio 1565.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor affetionatissimo et consorte […] Paolo Giordano Orsino.

[157, n.172]a La lettera presenta due ampie lacerazioni orizzontali in corrispondenza della piegatura

115. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 2 giugno 1565

Illustrissima et eccellentissima signora consorte osservantissimanon voglio mancar a darli nuova di me che [per Dio] a gratia sto benissimo et il […]

et pare a sua signoria illustrissima che il duca et tutti et altri signori se sian scordati di lui perché lo fanno star tanto qua, et per dir il vero si è pensato molto bene ogni cosa et saria bene secondo il mio poco iudicio il partirsi, sì per li caldi, sì ancora che chi sta longamente a Roma non ha tutta via quella grandezza con che si comincia. Et se si vol aspetar che il cardinal Nicolino sia guarito non sarrà così presto364, però vostra eccellenza faccia ogni opera che ce ne veniamo presto. Circa del mio andare lasciarò pensar a vostra eccellentia […] et io lo servirò, come sua eccellenza […], solo dirgli che non ho altro desiderio al mondo che vederla et mi facci gratia baciar le mani al duca et principe miei signori et io gli bacio la bocca et le mani. Di Roma, il dì 2 di giugno nel 1565.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.1]a La lettera presenta due ampie lacerazioni orizzontali in corrispondenza della piegatura

116. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 5 giugno 1565

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima non voglio mancar ogni giorno di ricordargli che siamo a Roma et che li caldi

vengono grandissimi et oltre di questo si va più indietro in ogni cosa che inanzi, sì come dà il vivere di qui, però vostra eccellentia si ricordi di far che ce partiamo presto che qui non ci è guadagno nesuno, del resto ogniun sta bene et li caldi comin-ciano ad esser grandissimi. Il cardinal andò hieri alla vigna del papa a cena et così si

364 Il cardinale Angelo Niccolini si era recato a Roma insieme a Ferdinando. Sul cardinale cfr. Bar-bara Donati, Niccolini, Agnolo in DBI, vol. 78 (2013), pp. 319-322

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7. Da soldato a cortigiano. A Milano, Roma e Praga con la corte medicea (1563-1565) | 125

va passando la vita. Io vi ho trovati dui bellissimi cavalli uberi365 sì che la caretta si potrà far belissima. Et per non fastidirla più farrò fine con suplicarla a volermi bene et a baciar le mani a questi illustrissimi signori et io gli bacio la bocca et le mani. Di Roma, il di V di giugno nel 1565.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.185]

117. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 9 giugno 1565

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima[…] a scrivergli questi quatro versi con farli noto il mio ben esser et il desiderio che

ho di servirla et vederla, però non servendo questa per altro, farò fine con suplicarla a tenermi in sua buona gratia et risponder del vostro abracho all’arivo mio a Firenze, e gli bacio la bocca et le mani. Di Roma, il dì VIIII di giugnio nel 1565.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino

[157, n.135]a La lettera presenta due ampie lacerazioni orizzontali in corrispondenza delle piegature

118. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Firenzuola 1 ottobre 1565

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima Mi verrò stasera a Fiorenzola366 solo, per non esserci la mia signorina, ma sano e

malinconico. Dimane andaremo a Bologna e tutto sarrà per avisar vostra eccellentia, mi farrà gratia de ricordarsi del [debito] del signor Brunora che è di […] de scudi due mila che ci dimanda sì come dal […] del signore Brunora intenderalo ancho da suplicar che tengi memoria del signore […] sì come io tengo della signorina, et a volermi bene et di cuor mi araccomando con baciarli le mani insieme con il duca et cardinale et principi suoi signori. Di Fiorenzola, il dì primo di ottobre nel 1565 […][157, n.173]a La lettera presenta un’ampia lacerazione centrale e nel margine inferiore e un generale imbru-nimento della carta.

365 Il cavallo ubero presenta nel mantello una mescolanza di colori.366 Paolo sta partendo per la corte imperiale. Fiorenzuola, al confine del ducato di Toscana, era la tappa intermedia tra Firenze e Bologna.

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126 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

119. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bologna 5 ottobre 1565

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima non voglio mancar di scriverli questi quatro versi con farli saper il mio ben esser et

le molte carezze ho riceute da questi signori bolognesi e dal cardinal di Grassi367, di poi ho da rispondere a una sua amorevolissima e dolcissima et dirli che non accadeva mi dessi spronata per il scriverli perché farrò il debito mio fino che vostra eccellentia se ne contentarà. Non si maravigli se la presente è mal scrita perché ho sonno e son stancho delle cerimonie et del viagio d’ogi. Mi resta solo suplicarla tenermi in sua buona gratia et scrivermi spesso et baciar le mani al duca et cardinal miei signori, et io con tutto il cor gli bacio la mani. Di Bologna, il dì 5 di ottobre nel 1565.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsini.

[157, n.181]

120. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

San Benedetto 8 ottobre 1565

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimanon voglio mancar di scriverli il mio ben esser et darli conto come stasera son

allogiato a San Benedetto che è lontano una posta da Mantua, et dimane, basciato che arò le mani alla duchessa,368 mi partirò per Trento che ci sarrò post dimane. La prego solo ricordarsi di me qualche vo[…]a a star allegra et di nuovo […] et mi facci gratia a baciar le mani al cardinal et duca mi signore. Mi ha a male a non aver visto il delfino di questi paese che è andato a remediar al Monserato369, però non ci potrò dar conto di lui. Di San Benedetto, il dì 8 di ottobre.

Di vostra signoria illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.124]a La lettera presenta una lacerazione centrale in corrispondenza della piegatura

367 Si tratta del cardinale Francesco Grassi governatore di Bologna, cfr. Franca Petrucci, Grassi, Francesco, in DBI, vol. 58 (2002), pp. 611-614.368 Eleonora Gonzaga figlia dell’imperatore Ferdinando d’Asburgo e moglie di Guglielmo Gon-zaga duca di Mantova. L’imperatore Ferdinando dal suo matrimonio con Anna Jagellona aveva avuto numerose figlie alcune delle quali furono accasate con principi italiani: Caterina (1533-1572) sposò nel 1549 Francesco III Gonzaga e successivamente nel 1553 il re Sigismondo II di Po-lonia e Lituania; Eleonora (1534-1594) sposò Guglielmo I, duca di Mantova; Barbara (1539-1572) sposò Alfonso II d’Este vedovo di Lucrezia de’ Medici; Giovanna (1547-1578) sposò Francesco I de’ Medici. 369 Il duca di Mantova Guglielmo Gonzaga si era recato nel Monferrato per sedarne la rivolta. Paolo lo chiama il delfino.

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7. Da soldato a cortigiano. A Milano, Roma e Praga con la corte medicea (1563-1565) | 127

121. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’Medici

Bolzano 10 ottobre 1565

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimanon ho posuto fin ad ora scriverli ateso che non è pasato nesun corier da San

Benedetto in qua. Ora che son giunto a Bolzano per un stafeta non voglio mancar darli conto di il viagio. Arivai a veder Mantua ch’è una belissima cità et il duca, il qual è assai più p[…]a di quel che si può […] infinite careze […] il cardinal370 ci fece mille carezze. Ora son qua a Bolsano a disinar e che è lontano da Spruche otto poste che ci sarrò postdimane e di là scrivarò più a lungo a vostra eccellentia. Mi faccia gratia tenermi in sua buona gratia insieme di quella del duca e cardinal miei signori et gli baci le mani in mio nome, et mi voglia bene al solito, et se ricordi delle miei facende, et di nuovo gli bacio la bocca et le mani. Di Bolzano, il dì X di ottobre nel 1565.

Di vostra eccellentia illustrissima […].[157, n.170]a La lettera presenta una lacerazione centrale in corrispondenza della piegatura

122. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Steinach 13 ottobre 1565

Illustrissima signora consorte osservantissimasiamo arivatj hiersera a Stanec dove aspettamo il signor principe e dimane sarrà

qua il qual […]a dui picole poste da Spruc per far poi l’andata […] insieme et havemo hieri una buona neve che ci […] tutti per davero, et oggi sequita il medemo, ancor-ché a noi ci dia poco fastidio che siamo al coperto, ma il signore principe harà haute dui pesime giornate. È arivato il conte da San Secondo371 oggi qui et dice che la prin-cipessa nostra372 è la più gentil cosa del mondo e mi ha fatto le sue racomandationj di modo che tutti desideramo di andar presto lì dove dicano le regine hanno in ordine una festa ma, se le donne non son più belle di quel che per fin hora abbiam visto, non si gustarà tropo della lor vista perché, oltre a l’esser sporche, son brutissime. Mi resta solo suplicarla si degni tenermi in sua buona gratia et ricordarsi di me che l’a-doro […] dimane mando Simone a trovar chinee et cavalli […] per vostra eccellentia

370 Il cardinale Federico Gonzaga fratello del duca, su di lui cfr. Filippo Crucitti, Gonzaga, Federico, DBI, vol. 57 (2001), pp.728-729.371 Dovrebbe trattarsi di Troilo II de’ Rossi, conte di San Secondo, cfr. Pier Luigi Poldi Allaj, La contea di San Secondo, Parma, Ed. Battei, 2008.372 Giovanna d’Asburgo. Sulla figura della prima moglie di Francesco de’ Medici cfr. Maria Fubini Leuzzi, Un’Asburgo a Firenze fra etichetta e impegno politico: Giovanna d’Austria, in Le donne Medici nel sistema europeo delle corti, cit., t.I, pp.233-256.

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128 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

et per il cardinal in casa de Rosaberge373 mio parente. Et per non fastidirla più farrò fine con baciarli mille volte la bocca et le mani. Di Stanec, il di XIII.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsini.

[158, n.261]a La lettera presenta due lacerazioni orizzontali in corrispondenza della piegatura che rendono impossibile la lettura di alcune parole.

123. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’Medici

Innsbruck 16 ottobre 1565

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima non voglio mancar a non baciarli le mani et darli nuova de tutte queste principesse

le quali son tanto gentili quanto vostra eccellentia si può imaginare et la principessa nostra è la più bella di tutte e gentilissima, ma la prima non ci si può agiongere di gintilezza, et mi ha a male che non la possi cognoscere perché son certissimo che se la affetionarà, come ogniun che li parla; la duchessa di Ferrara374 il cavalier Rosso375 l’ <ha> fatta figlia al vescovo Ricasoli,376 e con ragione, perché se la resomiglia assai. Io li scriverei più a longo ma ho sonno e dimatina mi ho da levar a bon ora perché de le regine a hanno invitato il signore principe et me a desinar con lor alteze et mangiano a bofforissima b. Mi facci gratia tenermi in sua buona gratia et baciar le mani al duca et cardinal miei signori et ho comesso al cavalier che l’avisi del resto. Con che gli bacio le mani. Di Spruc, il dì XVI di ottobre nel 1565.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.184]a “regine”corretto su un precedente “principesse” cassatob Così nel testo

124. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Vienna 30 ottobre 1565

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimanon voglio mancar di baciar le mani di vostra signoria e darli conto […]a mio e del

buon arivo del signor principe a Vienna e delli infiniti favori che sua maestà fa a sua

373 Guglielmo Orsini-Rosemberg gran burgravio del regno di Boemia. I Rosemberg vantavano un’antica parentela con gli Orsini, tanto da fregiarsi, oltre che del cognome, di un identico stemma. Periodicamente il principe Guglielmo mandava a Paolo Giordano splendidi cavalli boemi. Sui Ro-semberg e gli Orsini cfr. E. Mori, L’Archivio Orsini, cit., pp.16, 236; Ead. L’onore perduto di Isabella de’ Medici, cit., p.118; Jaroslav Pánek, I Rožmberk e la Chiesa, in «Bollettino dell’Istituto Storico Ceco di Roma», 8 (2012), p. 58.374 Barbara d’Austria sposata con il duca Alfonso d’Este.375 Rosso di San Secondo.376 Giovan Battista Ricasoli vescovo di Cortona.

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7. Da soldato a cortigiano. A Milano, Roma e Praga con la corte medicea (1563-1565) | 129

eccellentia et pur stasera l’imperator lo è venuto a veder in la sua camera et a me ancora mi fa infinite gratie et stamatina mi voleva partir per la volta di Trento e sua maestà mi ha comandato che non mi parta ancor per tutto dimane, con farmi infinitissime gratie, dimodoché postdimane, con l’aiuto de Idio, me ne tornarò alla volta di Trento per aspetar lì la signora principessa et venir a servirla per il camino, et li do la mia fede che mai hauto il magior martello che ho hora per […] io ho cercato di comperar cavalli per […] cosa buona ho compero dua cigni per vostra eccellentia, che non so come li sadisfaranno, ancorché non son fuor di speranza di haver qualche altra cosa buona, et per non fastidirla mi farrò fine con suplicarla a ricordarsi di me che non ho altro bene al mondo che lei et gli bacio le mani. Di Viena, il dì XXX di otobre nel 1565.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino

[157, n.171]a La lettera presenta due lacerazioni orizzontali in corrispondenza della piegatura.

125. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Innsbruck 4 novembre 1565

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima hieri arivai a Spruch dove baciai le mani alle regine et mi comandorno che non

mi partissi per oggi di qua dove mi fanno mille favori. Dimane me ne andrò alla volta di Trento per aspettar lì la principessa et per far lì il comandamento del signor prencipe, che è sposar sua altezza et accompagniarla a Fiorenze,377 e questo è quel che perhò sopra a tal materia mi occorre scrivergli […]a farli anco sapere che la partita di queste principesse è […] che saremo alli XII […] mi provega di […] più longo di quel mi credeva possi dar mancie e far tutto quel che mi si conviene, sì come di quelli altri portai ho fatto il simile, perciò non manchi di provedermi subito di ciò per il medesimo corriere che mi bastarà trovarlo a Mantua. Mi par ancor necessa-rio, sì come a Fiorenza li dissi, mandar un gentilhomo a Roma per invitar il signor cardinal Orsino378 et il signor Marco Antonio Colonna et mia sorella,379 et questo corieri li porta le presenti lettere per lor signorie et così il signor Paolo Orsini et Mazatosto380. Mi paria buono, se il può far, et se così piace a vostra eccellentia, et che inviti ancora più gentiluomini romani e signori che può, con far che, se il Sig. Troilo e Giovanpaolo et Marzio Orsini et Oratio381 se sonno a Roma, vengino su-bito a Fiorenza, et commetta a mi Ascanio che capi XV o XX dello Stato, delli più

377 I programmi poi cambiarono e il matrimonio avvenne a Firenze. Sul viaggio di ritorno cfr. E. Mori, L’onore perduto di Isabella de’ Medici, cit., pp. 120-125.378 Flavio Orsini, creato cardinale da Pio IV il 15 maggio di quell’anno.379 Felice Orsini Colonna.380 Paolo di Camillo Orsini del ramo di Lamentana; Riccardo Mazzatosta auditore generale dello stato di Bracciano.381 Troilo Orsini di Monterotondo, Giovampaolo Orsini di Vicovaro, Marzio e Orazio Orsini del ramo di Bomarzo figli di Vicino.

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130 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

agarbati, et commetterli se vestino bene che vengino a Fiorenze per servir le seconde tavole et altri servizi atinenti sopra a ciò, et far che tutte queste cose siano innanzi in ordine alla [venuta in] Fiorenza et far ancora [ …] io vego pochissimo ordine nel condur la signora principessa perciò vostra eccellentia vega butarne qualche cenno al signor duca, perché sin qui le cose sono andate splendidamente e vorrei che an-cora andassero così. Qui non c’è nessun huomo de recapito se non Gravino382 et lui non ha né omini né dinari, ma si ben ordine. Il signor principe havia opinione che il cardinale Boromeo383 facesse le spese, imperò non par le faccia se non per il Stato della Chiesa, secondo ha hauto a dir un suo gentiluo<mo> che è qui in Spruch. Mi è parso darne aviso a vostra eccellentia che se si è provisti è molto bene, se non, causaria […] disordine, però potrà farne avertito il duca mi signore et far che con fredezza si provegi perché il caso sta nel Stato delli signori venetiani che sogliono uscir di simil casi con libbre de candele et ambasciator con belle barbe e toge et uno huomo averia da esser di qualche rispetto et il resto offitiali, et creda che qua, per quel che si vede, non ci è ordine nesuno. Il signor principe se ne andò a Praga, come vostra eccellentia deve haver inteso dal corier, come io […] che mi scrivesse […] non vorei con la mia presenza far tanto più disordine che subito ognuno diria che il tutto causassi da me, e io non avei colpa, perciò so quanto me ama e che non mancarà di havere consideratione al tutto. Con che gli bacio le mani e la boccha con ricordarli che in casa sarrà gran gente e molti cavalieri et signori, che faccia buona provisione de dame o altro et se il corier mi trovasse a Trento l’arei più caro. Facciami gratia baciar le mani del cardinale e tenermeli per servitor et baciar le mani al duca. Di Spruc, il di IIII di novembre nel 1565.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo [Giordano Orsino].

[157, n.175]a La lettera presenta lun’ampia lacerazione centrale in corrispondenza della piegatura, oltre a macchie e sbiadimento di inchiostro.

126. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Trento 14 novembre 1565

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimada mast[…] a de infinito contento […] nuova di chi adoro ma sol mi è dispiaciuto

intendere il mal del cataro che con l’aiuto de Idio a questa hora deve esser finito. Ebbi ancho una litera del duca mi signore con un diamante per presentarlo alla signora principessa, ma mi trovo a Pronzuol, tre poste lontano da Trento, che il signor pren-

382 Ferdinando Orsini duca di Gravina (+1583).383 Carlo Borromeo dal settembre del 1565 era arcivescovo di Milano. Con un breve del 25 ottobre Pio IV lo aveva incaricato di andare a Trento per incontrare le sorelle dell’imperatore Massimiliano Giovanna e Barbara che dovevano sposarsi rispettivamente l’una con Francesco de’ Medici e l’altra con Alfonso d’Este, e accompagnarle l’una a Fiorenzuola e l’altra a Ferrara, cfr. Giovan Pietro Gius-sano, Vita di San Carlo Borromeo, cit., pp.34-35.

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7. Da soldato a cortigiano. A Milano, Roma e Praga con la corte medicea (1563-1565) | 131

cipe me havea detto che aspettasse sua altezza a Trento, imperò son qua aspettandola et per sposarla, et di poi l’altro giorno montar su le poste per venir a servirla secondo l’ordine che il […] la mia venuta si partirà […] suplico vostra eccellentia a espedir il pelato384 quanto prima, et io di cuor gli bacio la bocca e le mani et se aricordi de far provision de danari per le spese delle nozze.385 Di Trento, il dì XIIII di novembre nel 1565.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.176]a La lettera presenta due ampie lacerazioni in corrispondenza della piegatura

127. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Trento 15 novembre 1565

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimanon voglio mancar per la presente occasione del signore Giulio a non baciarli le

mani et a darli nuova del mio ben esser che sto aspetando con desiderio la venuta della signora principessa sì per far quanto dal duca et principe mi è stato coman-dato sì ancora, che è la magiore volontà, il poter tanto più presto ritornar in Italia per veder vostra eccellentia e non desidero altro al mondo. Ho riceuta una di vostra eccellentia per Gianino stafiere dove a longo l’aviso del tutto come spero a bocca far presto et per non fastidirla più farò fine con suplicarla a volermi bene et tenermi in

384 Si tratta probabilmente del soprannome dell’uomo di fiducia che avrebbe dovuto portare denari a Paolo Giordano.385 In occasione delle nozze di Francesco de’ Medici con Giovanna d’Austria Paolo Giordano orga-nizzò a Firenze sulla piazza di San Lorenzo un sontuoso torneo la cui scenografia era costituita da enormi ritratti degli uomini illustri di casa Orsini dipinti da Santi di Tito. Per pagare la grande festa e gli allestimenti preparati chiese prestiti al Monte di Pietà impiegando diversi argenti. Sulla festa cfr. Barbara Furlotti, Il culiseo di Paolo Giordano I Orsini in Piazza San Lorenzo. Una festa romana nel cuore di Firenze, in R. Gaston, L. Waldman, San Lorenzo, a Florentine church, Cambridge, Harvard University Press 2017, pp.533-541; Lisa Goldenberg Stoppato, Appunti “ fiorentini” per il corpus della ritrattistica degli Orsini, cit., p. 316 e note 51 e 52. Le alte spese sostenute da Paolo Giordano in quella e in altre occasioni lasciano perplessi poiché le sue deboli finanze non se lo potevano permettere e fu per lui necessario indebitarsi ulteriormente. Tuttavia è importante considerare che in questo mo-mento Firenze è un palcoscenico internazionale e per il duca di Bracciano, educato al mestiere delle armi e costretto nella corte medicea alla totale inattività, è un’indispensabile strategia politica quella di commemorare le glorie antiche della famiglia Orsini per dare di sé, agli occhi degli osservatori stranieri, un’immagine principesca degna dei Medici e della figlia dell’imperatore. In quello stesso periodo Paolo Giordano ideava uno straordinario programma celebrativo della sua famiglia facendo pubblicare da Francesco Sansovino la storia della famiglia Orsini e procedendo al riordinamento dell’archivio generale della casata, cfr. E. Mori, Paolo Giordano I e la fondazione della memoria degli Orsini, in Scritti per Isa, raccolta di studi offerti a Isa Lori Sanfilippo, Roma, ISIME, 2008, pp.685-698. Sul modello cavalleresco cortese praticato da Paolo Giordano e dai suoi discendenti cfr. E. Mori, Gli Orsini e i tornei, tra cavalleria cortese e magnificenza barocca, cit., pp.81-98.

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132 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

buona gratia del duca et cardinale miei signori et gli bacio le mani. Di Trento, il dì XV di novembre nel 1565.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.186]

128. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Firenze 11 dicembre 1565

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimaè parso al duca mio signore che l’andar mio a Roma non sia per hora necessario,386

perciò mi è parso dargliene aviso con voler qualche buona mancia della nuova, e non servendo questa per altro, farrò fine con baciarli le mani. Di Fiorenze, il dì XI di dicembre nel 1565.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.144]

129. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Poggio a Cajano 12 dicembre 1565

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patron mio osservantissimomi sono presa tanto contento della nova che ho auto di non aver a restar sola che

non lo potrei mai dire et ho questo obligo al duca mio signore, a<p>presso a molti altri che li ho, et di poi a voi, ma non voglio mancar ricordarvi che doveressi mandar uno a Roma a offerirvi et far vostra scusa aciò non vi avessino a voler mal per questa causa, et vi pregio a pigliar questo da me per amore che vi porto et non per altro. La entrata387 si farà domenicha al certo secondo che dichono li maggiori. Viene costì il cardinale et anchora vien secho il signor Francescho con animo, se il cardinal se ne anderà a Roma, di andarsene secho, però vi ho voluto dar aviso d’ogni cosa et dirvi che vi adoro che credo di già ne siate certo et vi bacio le mani. Vi mando dua porci che ho morti. Del Poggio, a dì 12 di dicembre 1565.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.131]

386 Paolo si sarebbe dovuto recare a Roma per la sede vacante di Pio IV che era morto improvvisa-mente il 9 dicembre.387 L’entrata solenne di Giovanna d’Austria a Firenze avvenne il 16 dicembre 1565.

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8. Il lungo distacco: l’incarico del papa e il “lamento” di Isabella (1566-1567)

388 Il poeta Carlo Passi immaginava Marte donare a Paolo Giordano la spada e lo scudo in difesa della Chiesa, ne celebrava il valore durante la guerra di Paolo IV e soprattutto ne lodava “quel non mai ben lodato in lui gran core”, C.Passi, Epitalamio del re Filippo di Carlo Passi et i versi posti nelle imagini de’ signori Orsini famosi in armi ne’ quali si celebrano i primi et più valenti capitani di quella eccellentissima casa e notabilmente l’ illustrissimo signor duca di Bracciano, Bologna 1565, pp.29-32.389 Lettera n.260.390 ASC, AO, I, Perg. II.A.26,002/A II.A.26,002/B; II.A.26,002/C; II.A.26,002/D (quattro copie dello stesso documento).391 Lettera del 15 settembre 1566, in ASF, MdP, vol. 225 f. 54.392 Lettere nn.170, 197.

Alla fine di marzo del 1566 Paolo venne richiamato dal nuovo pontefice Pio V ai suoi doveri di soldato e vassallo della Chiesa. Con malcelato entusiasmo lasciò Firenze per tor-nare a Roma a difendere il suo minacciato potere politico e territoriale e la sua immagine di capo della più antica casata romana. Mentre lui partiva preceduto dai versi trionfali dei poeti di corte fiorentini388, i suoi creditori non stavano a guardare. A Firenze veniva arrestato e messo in prigione il suo amministratore Giulio Folchi. Come scriverà in seguito Isabella:“Ho hauto la risposta dal duca mio signore et dice che tutto quelli fecero lo fecero per non haver a venir a peggio et che l’onor vostro lo tiene per il suo stesso, come potrete veder per una sua scrittami”.389 Tuttavia Paolo Giordano mostra di avere una gran fiducia nella promessa del cardinal Alessandro Farnese di fargli ottenere un prestigioso incarico che gli avrebbe assicurato entrate sufficienti per pagare i creditori e permesso finalmente di portare Isabella a Roma. In effetti con un breve del 4 agosto 1566 Paolo ricevette da Pio V la nomina di Governatore delle truppe pontificie nello Stato Ecclesiastico390 e fu inviato contro i turchi che premevano sulle coste marchigiane. Il breve era limitato solo a quell’evento, ma Paolo ebbe assicurazioni dal papa che avrebbe successivamente ampliato la nomina con conferirgli l’ incarico di Comandante generale di Santa Chiesa. Lo stesso Cosimo scrisse al suo ambasciatore Averardo Serristori: “Habbiamo preso gran piacere per la vostra de’ 6 del presente della resolutione fatta Sua Beatitudine di dare il bastone di San-ta Chiesa al Signor Paulo nostro genero al quale farete a sapere il contento che sentiamo che in lui vengha questa dignità et questo grado et ve ne rallegrerete seco per parte nostra”.391 Si trattava dell’ incarico militare più prestigioso concesso dai pontefici a un laico e Paolo Gior-dano l’avrebbe ottenuto grazie all’ interessamento del cardinal Farnese. La generosità del cardinale aveva probabilmente lo scopo di avvicinarsi ai Medici, con cui i rapporti erano stati sempre caratterizzati da un’aspra concorrenza, tanto che attraverso Paolo il cardinale ottenne un colloquio a Firenze.392 Quale fosse l’obiettivo del cardinal Farnese Paolo non se lo chiedeva nemmeno. Era entusiasta di avere finalmente un incarico. Si trattava ora di ottenere il trasferimento a Roma anche di Isabella. Il 18 settembre 1566 Paolo supplicava Cosimo di fagli la grazia di mandare la figlia a Roma: «con la occasione del monsignor

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134 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

illustrissimo Pacecho non ho voluto mancar a non baciarli le mani con aricordarli la mia servitù et insieme suplicarla a farmi gratia che, poi è piaciuto a Nostro Signor di darmi il grado <che>mi ha dato con prometermi di agumentarlo con il darmi il bastone, di con-tentarsi che mia moglie, […] possi venir a starsene meco, acciò continui con meglior animo alla servitù principiata».393 Il cinque ottobre di nuovo scriveva: «scrisi per monsignor illu-strissimo Paceco il desiderio havea di far venir mia moglie a Roma, hora di nuovo suplico vostra eccellentia a degnarsi a farmi tal favore acciò più quietamente possi servir Nostro Signore il qual ogni giorno mi fa mile favori et perciò desidero continuar il tal servitio che credo ci sia il contento di vostra eccellentia ancora».394 «Ho suplicato monsignor illustrissi-mo Pacecho – scriveva poi a Isabella – a suplicar il signore duca contentarsi che ella possi venirse quando sarrà il tempo a starsene meco poiché a me non mi è concesso di venir costì per il grado che <a>Nostro Signor è piaciuto darmi».395 Ma nonostante tutte le insistenze e l’ intermediazione del cardinal Pacheco, il permesso a Isabella di raggiungere il marito fu negato. Probabilmente l’ inquieta situazione politica e la trama lenta e delicata che la di-plomazia medicea stava tessendo per ottenere la nomina granducale sconsigliavano al duca di lasciare sua figlia in una corte straniera in balia di ogni genere di attacchi trasversali alla sua persona. Inoltre la stessa Isabella, sebbene si dichiarasse pronta a seguire il marito, come dimostra il fatto che si apprestò a sciogliere la sua corte fiorentina, scriveva aperta-mente di farlo a malincuore: «Circha la casa io non me ne curo, perché verrò a Roma per star con voi et stando con voi starei in un forno contenta et se mi dorrà la partita di qua ve lo lasso pensar a voi poiché ci lasso un padre della sorte di questo et che mi ama tanto che vi prometto non lo potrei mai dire».396 Tuttavia il dolore per il marito lontano pervade tutte le sue lettere. Isabella se ne ammala addirittura. Si può far risalire con precisione a questo momento la composizione del melodramma Il Lamento di Olimpia di Stefano Rossetti, musico alla corte medicea, in cui l’eroina si dispera per essere stata abbandonata dal marito in un’ isola deserta.397 L’assenza non fu continuativa perché Paolo tornava spesso a Firenze, tuttavia durò più di un anno. Paolo non ebbe il bastone della Chiesa ma incarichi militari minori. A settembre del 1567 tuttavia l’avventura militare ebbe una brusca interruzione.

I motivi per cui il papa non mantenne la promessa e per cui all’ improvviso Paolo Giordano fu costretto a tornare a Firenze, non è mai esplicitato nelle lettere. Probabil-mente il ritorno fu dovuto alla sua grave situazione debitoria che lo consigliava a non esporsi e a sparire prudentemente dalla circolazione. Ma il pontefice ne era perfettamen-te al corrente e anzi, cercò di aiutarlo. Il 9 ottobre del 1567, per prevenire un fallimento che avrebbe portato alla disgregazione dello Stato di Bracciano, Pio V confermava l’ i-stituzione del ducato e obbligava i detentori di castelli e feudi, nel termine di tre anni, a restituirli in cambio della cifra sborsata senza ricevere interessi.398 Ma dietro al ripen-

393 Paolo Giordano a Cosimo de’ Medici, ASC, AO, I, vol. 157, n.256.394 Paolo Giordano a Cosimo de’ Medici 5 di ottobre nel 1566, ASC, AO, I, vol. 157, n.264.395 Vedi lettera n.196.396 Vedi lettera n.195.397 Cfr. Stefano Rossetti, Il lamento di Olimpia et canzone (Venice, 1567), three works for Isabella de’ Medici, a cura di James Chater, cit. 398 Cfr. ASC, AO, I, b.480, n.39.

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8. Il lungo distacco: l’incarico del papa e il “lamento” di Isabella (1566-1567) | 135

samento del papa riguardo alla promessa d’ incarico, ormai di dominio pubblico, come dimostra la lettera di Cosimo, c’erano ragioni non spiegabili con l’essere Paolo caduto in disgrazia per il suo comportamento arrogante, come scrissero gli avvisi.399 Chi cadeva in disgrazia con Pio V, anche per una sciocchezza, veniva bandito e doveva sparire subito, come accadde a Paolo Ghislieri che era addirittura nipote del papa. Paolo invece rimase ancora per lungo tempo al servizio di Pio V, ebbe il rinnovo dello stesso incarico iniziale, senza però l’ampliamento che lui si aspettava. Isabella le vere ragioni le aveva capite benissimo e aveva tentato invano di avvertire il marito, come dimostrano alcune sue bellissime lettere. Alle manovre politiche dei concorrenti, quanto mai feroci in quel mo-mento, si erano sommati due fatti importanti. Da un lato la diplomazia spagnola non doveva aver gradito i suoi abboccamenti con l’ambasciatore francese, dall’altro i Medici non volevano avere niente a che fare con il cardinal Farnese e i suoi eventuali ricatti. Il cardinale, per non aver raggiunto il suo obiettivo, si vendicò su Paolo Giordano e, nono-stante la bolla di Pio V, non gli volle restituire il castello di Isola che lui si apprestava a vendere per ripagare i debiti. Fu così che Paolo non solo perse l’ incarico ma, sull’orlo del fallimento, fu costretto a tornare a Firenze.

130. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Baroncelli 28 marzo 1566

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patron osservantissimosono restata tanto smarrita doppo la vostra partita che non so né quello mi dicha,

né quello che io mi scriva, ma per non lassar mai passar giorno che io non vi dia nova di me aciò non abbiate aver scusa di non scrivermi. Io sono tanto sola et af-flitta che penso certo aver a morirmi se duro troppo, così io me ne andai a Fiorenza et lì mangiai et di poi me ne sono tornata alla solitudine de Baroncelli400 et qui me ne sto assai afflitta et sola, et starò sempre per fino al vostro ritorno, del qual non ne parlo per adesso, et per non saper che dirvi altro mi taccio et sono tutta vostra et vi adoro, et vi suplicho a volermi bene, come io a voi, et con tal fine vi bacio le mani, che Dio vi guardi quanto voi stesso sapete desiderare. Da Baroncelli, a dì 28 di marzo 1566.

399 Vedi nota n. 493.400 Cosimo de’ Medici con un motu proprio del 1 ottobre 1565 assegnò la villa di Baroncelli a Isabel-la e Paolo Giordano a titolo vitalizio e dette facoltà a lei di disporne per testamento a favore dei figli maschi (Motu proprio di Cosimo de’ Medici del 1 ottobre 1565, in ASF, Misc. Med. scatola n.958, c.1r-v, altre notizie: n.360 n.3). La villa apparteneva ad Alessandro Salviati giustiziato nel 1555 per aver partecipato alla ribellione di Siena. Prenderà il nome di Poggio Imperiale dopo che l’arciduches-sa Maria Maddalena d’Austria, moglie di Cosimo II, l’ebbe acquistata dagli Orsini nel 1618. Sulla villa, cfr. anche E. Mori, Vivere in villa tra Firenze e Roma. Dalla corrispondenza di Isabella de’ Medici e Paolo Giordano Orsini, in Luigi Zangheri, a cura di, Ville e giardini medicei in Toscana e la loro influenza nell’arte dei giardini, Atti del convegno internazionale Accademia delle arti del disegno, Firenze, 8 novembre 2014, Firenze, Olschki, 2017, pp.141-162.

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136 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora et ama più che a se stessa

dognia Isabella Medici Orsina.[157, n.265]

131. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Levanella401 28 marzo 1566

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimanon voglio mancar di non darli nuova di me che son arivato a Levane sano et salvo

et con il magior dolore che mai abbia hauto, ateso che ho lasciato la mia Bella più mal contenta che mai l’abbia lasciato, vi prego a scrivermi spesso et a creder certo che l’adoro e per non esser più longo faccio fine con baciarli le mani. Di Levanella, il dì XXVIII di marzo nel 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima consorte che l’adora et servitor Paolo Giordano Orsino.

[157, n.266]

132. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Baroncelli 29 marzo 1566

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patron osservantissimocon la occasione del barbiere non ho voluto manchar scrivervi questi quattro versi

et dirvi come mi trovo qui col mio cardinale il quale vi bacia le mani infinitamente et sente ancor infinita solitudine di questa partita vostra et la sentiremo fin tanto che non ci torniamo a rivedere, di in qual si vogli modo. Dio faccia sia presto o vengiate qua, o noi costà, a tal fine vi bacio le mani. Perché il cardinal vol mangiare non scrivo più lungo, vi pregio a ricordarvi di me qualche volta et scrivermi spesso. Dio vi guardi. Da Baroncelli, a dì 29 di marzo 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.238]

133. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Levanella 29 marzo 1566

Illustrissima et eccellentissima signora consorte osservantissima il presente lator è un mio amico che verà a posta a portaveli questa mia. Mi farà

gratia li sia racomandato in tutto quel che li può accadere, di più la suplico che vogli aiutar la espedition di Giulio Folco402 et ricordarsi che l’adoro et mi scrivi spesso. Le

401 Levanella è una piccola località presso Montevarchi.402 Giulio Folchi, amministratore di Paolo Giordano, era stato imprigionato a Firenze a causa dei debiti del suo padrone.

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8. Il lungo distacco: l’incarico del papa e il “lamento” di Isabella (1566-1567) | 137

mando le presenti pere e somata403 che se le goderà per mio amore; mi facci gratia baciar le mani al cardinal illustrissimo et ricordarli che non ha al mondo il magior servitor di me, et così al signore don Luigi et se mi vorrà bene si sforzarà di star alegra che questo sarrà il magior contento possi havere, e gli bacio le mani. Di Leva-nella, il dì XXVIIII di marzo nel 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.199]

134. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Baroncelli 29 marzo 1566

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patron osservantissimoanchora che io iersera vi scrissi non voglio manchar far oggi il medesimo et ogni

giorno scrivervi che mi si porgerà ochasione. Io ho ditto al vostro cochiero che meni secho li mia cavalli uberi picholi et che me li faccia boni, vi pregio a commandarli che ne abbia cura et vi ricordo a non me li donar via aciò non abbia questi grossi sconpagniati. Io vi pregio aver a mente che io sono solissima et molto scontenta et non mi sento troppo bene, et stamani mi trovo in letto col mio solito dolor di testa ma credo nascha dalla grandissima solitudine et afflitione in che hora mi trovo et troverrò per molti mesi. Io vi pregio avermi per scusa se non vi scrivo più lungo perché il dolor del capo non mi lassa, io vi adoro al solito et vi pregio a ricordarvi qualche volta di me et vi bacio le mani. Da Baroncelli, a dì 29 di marzo 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.263]

135. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Monte San Savino 29 marzo 1566

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima non voglio mancar di nuovo a non darli nuove del mio ben esser et farli saper certo

che mai ho hauto più martel di lasciarla che hora ho fatto, pur patientia. Stamatina son arivato al Monte dove il signore Fabiano404 mi ha fatto mille carezze et vole che ancor dimane stia qui seco, postdimane andrò a Montepulciano, et insomma mi farrò da più che l’avo.405 Fatemi gratia a ricordarvi di me et a tener per fermo che vi adoro, et scrivetemi spesso e se vi manca niente o vogliate cosa che possi da Roma fatemelo sapere. Baciate le mani al cardinal et al signore don Luigi et tenetimi in bona gratia et ricordatevi di un che vi adora et state alegra se me desiderate far favore et che

403 La sommata era un insaccato, una sorta di lonza di maiale.404 Fabiano del Monte conte di Monte San Savino, cfr. Vanna Arrighi, Del Monte, Fabiano, DBI, vol.38 (1990), pp. 135-137.405 Un’espressione simile nella lettera n.496. Forse qui intende: diventerò migliore di mio nonno.

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138 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

mandi in tutto l’umor via e non servendo questa per altro farò fine con baciarvi mille volte la bocca e le mani. Dal Monte Sansovino, il dì XXVIIII di marzo nel 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.179]

136. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 30 marzo 1566

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patron mio osservantissimoda uno oste di San Giovanni ho riceuto una vostra con certe pere et sommata et

mi è stata d’infinito contento il veder che, da poi che la mia mala sorte vole che io vi sia lontano col corpo, vi ricordiate di me con la mente et col scrivermi spesso, che vi giuro mi è d’infinito contento. Circa il dirmi voi che io debbia star allegra questo è voler commandarmi cosa inpossibile perché stando senza voi et con tanti dispiaceri mal si può star allegra, ma mi sarà di grandissimo contento quando saperò che voi stiate sano et allegro et non vi scordiate di chi vi adora che è la vostra Bella. Quando mi fu portata la vostra era meco il cardinal et don Luigi et li mostrai la vostra et mi risposero che vi erano servitori et vi giuro che il cardinal per solitudine lacrimò, et pensate che debbe fare a chi li tocha più che a lui la vostra lontananza. Io starò qui in Fiorenza tre o quattro giorni per far dar ordine a certe cose et di poi me ne tornarò in villa alla mia solita solitudine che certo me la trovo bonissima perché posso meglio umorezzare. Io scriverei molto più, ma non vi voglio venir a fastidio con scrivervi tanto longo perché hanno le mia lettere a esser come dico nel pater nostro che dice panem nostrum quotidianum, così li mia letere saranno quotidiane et per non esser-vi più molesta fo fine et pregio Nostro Signore vi dia quanto sapete desiderare, et vi bacio le mani. Di casa, di Fiorenza, a dì 30 di marzo 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.220]

137. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Monte San Savino 31marzo 1566

Illustrissima et eccellentissima signora consorte osservantissima mi parto stamatina dal Monte per andarmene a Montepulciano, dove gli voglio

comprar dui botti di vino per il Baroncelli. Io sto bene e con grandissimo martello di vederla, non ho voluto mancar di non scriver per la presente occasione, come far-rò per ogni che l’abbia. Mi faccia gratia di star alegra che, come lo saperò, mi sarrà afatto passato l’umore. Facciami gratia baciar le mani al cardinal et al signor don Luigi et tenetemi in lor buona gratia, et lei mi mantengi nella sua, con che gli bacio le mani et la bocca. Dal Monte, il dì ultimo di marzo nel 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.209]

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8. Il lungo distacco: l’incarico del papa e il “lamento” di Isabella (1566-1567) | 139

138. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 1 aprile 1566

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patron osservantissimoanchora che io mi trovi in letto con un pocho di febre rispetto a certi dolori che ier

mattina mi trattorno tanto male che certo pensai dover morì avendo sincope, sudor freddi et altre cose simile, le quale non sto a dire per rispetto del dolor di testa che non mi lassa scrivere, ma ho dato commissione che messer Augusto vi scriva il tutto. Con tutto ciò mi sono sforzata scriver questi pochi versi et dirvi che vi adoro et che mi fu portata una vostra del Monte che mi è stata d’infinito contento. Io vi bacio le mani et così fanno tutti questi signori, et fo fine perché li medici non vogliono che io stia più con la testa bassa. Di Fiorenze, il dì primo di aprile 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.239]139.

Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini [Firenze] 1 aprile 1566

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patron osservantissimo[anc]hor a che li medici mi vietino lo scriver io [per] questo non voglio manchar dar-

vi ogni giorno [nu]ova di me anchorché per adesso non ve le posso dar troppo bone, trovandomi già otto giorni nel letto con la febbre, et siate sicuro che quando io non vi scriverrò sarà segnio che io sarò malissimo, anchorché da alcuni giorni in qua io non abbia aute lettere vostre, et questa cosa mi è d’infinito scontento perché veggio che di già vi siate scordato di me che sapete quanto vi adoro. Io credo che voi arete inteso la scortesia che è stata usata a Giulio Folcho et è [che] l’hanno fatto rimetter in camerac-cia, ma stamani ho detto al duca mio signore per la sua liberatio<ne> non pergiudi[…]do però a nissuna vostra ragione et se sarà vero la […] posta et subito vi scriverò, o vi farò scriver perché la […] su le venti dua hore sempre sto malissimo, et mi […] la febbre con dolor di testa grandissimo, ma spero che non [dov]erà durar troppo, io sono molto fiacha et non posso né dormire né mangiare, et mi trova al solito afflitta. Il duca mio signore mi fa infinite carezze, et così la chiniga,406 del cardinal non dico nulla perché mai si parte da me, et così don Luigi. Il principe mi è venuto a vedere tre volte et mi mostra amorevolezza infinita et mi ha diman[dato] di voi ogni volta che è venuto a vedermi, et così il d[uca]. Io non scrivo più longo perché la mia testa non vole. [Tutti] vi baciano le mani et io vi adoro al solito mio. A dì 1 di aprile 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi ama più che se stessa dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.198]a La lettera presenta una lacerazione lungo tutto il margine sinistro.

406 Storpiatura del tedesco Königin, regina, riferito a Giovanna d’Austria.

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140 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

140. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 2 aprile 1566

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimoper fino che io potrò stare a seder sopra il letto, ancor che li medici mi vietino lo

scriver, sono risoluta al darvi nova di me da me propria, et non per via d’altri. Io me ne sto con la mia febbre, et stanotte mai ho trovato locho et il peggio è il dolor di testa il qual mi travaglia infinitamente. Da uno servitor di signor Fabbiano407 ho riceuto una vostra et mi fu di tanto contento che non sentivo quasi più mal nissuno. Io mi forzarò star allegra poiché me lo commandate et con tal fine vi bacio le mani, et così tutti questi signori. Non scrivo più perché non mi lassano et di novo vi adoro. Di Fiorenza, dal mio letto, a di 2 di aprile.

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che vi adora dogna Isabella Medici Orsina.

[158, n.259]

141. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Proceno 4 aprile 1566

Illustrissima et eccellentissima signora consorte osservantissima io non voglio mancar di scrivergli e darli nuova di me che sto benissimo et son stato

dui giorni con il marchese di Castiglione a Castiglione al Lago di Peruscia408 e hieri venni qui a Proceno e stamatina mi parto per Bomarzo e ho grandissimo dolore a non haver mai hauto nuova di lei, la suplico a darmela e a creder certo che io l’adoro e che mai son stato con il magior martello di quel che ho adesso a non la poter veder. La voglio suplicare di star alegra et a darsi spasso che sarrà il magior contento io possi haver, mi faccia gratia basciar le mani al cardinal et al signor don Luigi e mi mantengi nella sua gratia, et gli bacio le mani et la bocca. Di Proceno, il dì 4 di aprile nel 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora, Paolo Giordano Orsino.

[157, n.224]

142. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 4 aprile 1566

[non autografa]

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimoil ritrovarmi stamani con un poco di dolor di testa, poiché non mi bastava l’animo

407 Fabiano del Monte.408 Ascanio della Corgna, marchese di Castiglion del Lago, cfr Irene Fosi, Della Cornia, Ascanio DBI, vol. 36 (1988), pp. 761-767.

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8. Il lungo distacco: l’incarico del papa e il “lamento” di Isabella (1566-1567) | 141

per non l’augumentare di scrivere di proprio pugno, ha causato che la presente sarà per mano d’altri. Gli ho volsuto avvisare la causa, acciò non gli dessi ammiratione e gli facessi pensare a cosa che non fussi. Io mi ritrovo ancora con un poco di feb-bretta, per quello si vede il male va in declinatione, talché penserò presto doverne rimaner libera. Se vostra eccellenza intenderà che Giulio Folco sia stato di nuovo incarcerato, non ne pigli fastidio, che gli prometto opererò in modo che lei resterà satisfatta di quanto desidera. La supplico a tenermi in memoria così come tengo lei, e a scrivermi spesso poiché, nel termine che mi truovo, non ho altro contento che leggere sue lettere, e gli bascio le mani, che nostro Signor Idio la contenti. Di Fio-renza, il dì 4 di Aprile 1566.

Di vostra eccellenza illustrissima serva et consorte dogna Isabella Medici Orsina. siate sichuro che se con mia mano avessi possuto scriver che non sarebbe per mano

d’altri et con gran dolor di testa vi bacio le mani e vi adoro.a [157, n.195]a Da «siate sicuro» a «vi adoro» di mano di Isabella.

143. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 7 aprile 1566

[non autografa]

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorteancora che oggi io habbia scritto a vostra eccellenza di mia propria mano, mi

perdonerà se la presente non è il simile, e la causa è perché m’è ritornata la febre, e maggiore del solito, tanto che non mi sono ardita mettermi a scrivere per dubbio di non mi fare peggio perché oggi in vero mi sento più agravata del solito sì dalla febbre come dal dolore di testa, però abbimi per iscuso di gratia e siate certo che ogni volta che potrò li scriverrò di mia mano. Io ho riceuto dua sua in un medesimo tempo. La prima mi portò il postiglione di Torrenieri409 e invero la mi fu di molto contento poiché vi dolete attorto del non vi avere io scritto, perché, ancora anchora che io sia stata male, non è mai mancato giorno che io non vi abbia scritto o fatto scrivere, e così farò per avenire. L’altra di vostra eccellenza mi ha portato infinito contento perché acusate avere riceuto una mia e sono certissima non sarà sola, se per sorte non sono ite male. Del mio essere non ne do raguaglio minutamente a vostra eccellenza perché messer Agusto vi darà aviso de partichulari. Ancora che in vero noi non siamo troppo dacordo, e questo è che domani mi vorebbono cavare sangue per il braccio, e io non ne penso fare altro, se per sorta il male non mi agravassi molto più che forse allora mi lascerei suggiere. Io oggi scrissi nella mia a vostra eccellentia come io avevo scritto al ducha mio signore sopra la liberatione di mes<ser> Giulio Folcho. Lui m’ha risposto che non vole che escha dal carcere, perché è servizio di vostra ec-

409 Località presso Montalcino.

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142 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

cellenza più così che sse lui uscissi fuora, ma s’è ben contentato che sia allargato di maniera che possa fare e vostri negozi al suo piacere; e in partichulare sua eccellenza mi ha ditto io vi scriva che voi stiate sicurissimo che lui vi vol meglio che non vi volete forse da voi stesso. Io solleciterò messer Giulio Folcho a fare i vostri negozi e quanto prima, e dall’altra parte non mancherò prochurare la sua liberazione. E per non essere più fastidiosa fo fine e se la lettera non fussi ben dettata date la colpa alla febre e dolore di testa, e acettate il mio buon animo il quale è sempre prontissimo a adorarvi e servirvi. L’illustrissimo cardinale e il signore don Luigi vi baciano le mani et si goderanno li tartufi mandatomi in cambio mio poiché io non li posso mangia-re. Circha al mio star allegra non rispondo niente perché male può stare allegra chi non ha causa nessuna, et con questo mi tacio e bacio infinitamente le mani a vostra eccellenza che Dio la guardi quanto io desidero che non sarà pocho. Dal mio letto, il dì VII di aprile, hore tre di notte 1566.

Di vostra eccellenza, illustrissima serva et consorte che vi adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.196]

144. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 8 aprile 1566

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima hieri ricevei una sua delli dui di aprile a me de infinito dolore, ateso che me scri-

ve la febre sequitarli, il che essendo, che Dio non voglia, me ne verrò subito da lei, perché non voglio che la mia Bella sia governata da altri che da me. Io espedii da Viterbo una stafetta per saper da messer Agusto l’esser di questo suo male, et non ho hauto risposta, et scrisi un’altra mia a vostra eccellentia. La voglio suplicar a farmi gratia a cometer che io abbia nuova ogni giorno di lei, acciò io possi sadisfar questo mio giusto desiderio di venirla a servir, et perché vivo con il magior travaglio del mondo, se con questo altro aviso non sarrà guarita monterò subito in poste e me ne verrò a servirla. Io spero in Dio che non sarrà altro, ma la voglio supplicar a farmi gratia di medicarsi acioché stia sana et che la trovi bella, perché inanzi che sia San Giovanni410 la voglio in tutti li modi venir a vederla perché son morto di martello, e te imprometto Bella mia che te adoro. Mi starò a Bracciano a confessarmi et comu-nicarmi in questa settimana santa, di poi me ne andrò a Roma dove ho hauta la casa dove stava Santa Agnese411 perché questi parenti fan tutto alla napolitana, assai pa-

410 Il 24 giugno si celebra a Firenze la festa di San Giovanni patrono della città. Al tempo dei Medici oltre al santo si celebrava la potenza della famiglia medicea con sontuosi apparati, cfr. Michel Plaisance, Festa, teatro e politica nella Firenze del Rinascimento, Firenze, Pacini Fazzi, 2008. 411 Si tratta di palazzo Capranica, tradizionalmente ritenuto abitazione di Sant’Agnese, cfr. Laura Gigli, Fragmenta colligite ne pereat memoria: Architettura e decorazione del Collegio pauperum scho-larium Sapientiae Firmanae di Domenico e Angelo Capranica come ponte fra passato e futuro, Roma, Gangemi 2014, p.13.

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8. Il lungo distacco: l’incarico del papa e il “lamento” di Isabella (1566-1567) | 143

role e pochi fatti.412 Qui si vive gioiosamente e il papa è bonissimo e si spera meglio. Et per non esser insistente di nuovo non sarrò più longo, solo la suplicarò a volermi bene come io voglio a lei che l’adoro, e mi facci avisar dell’esser suo acciò possi venir a far il debito mio e la mia voluntà. Con che gli bacio mille volte la bocca et le mani con suplicarla a baciar le mani al duca e cardinal miei signori et al signor don Luigi. Di Bracciano, il dì 8 di aprile nel 1566.

Di vostra eccellenza illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.191]

145. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 8 aprile 1566

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima non voglio mancar a non visitarla e suplicarla a farmi dar nuova di sé perché se non

lo fa certo morirò di dolore, ateso che del suo male non ne sia stato avisato se non da lei, ma spero in Dio non havrà niente, perché se fosse niente non tengo messer Agusto per fante negligente che non mi avese scrito qualcosa. La suplico a star alegra et a cre-der certo che l’adoro et che, di poi che ebbi la sua a Viterbo, non so dove, moriria di dolor e malenconia, e mi saria deliberato tornar adietro, ma per non dar a dir alla gen-te con dir che mi fusse fugito o che il papa havesse qualche openion trista di me, non lo possi far, ma se altro saperò del suo male, me ne verrò subito, perché non voglio altro che io la governi, ma non sarrà niente con l’aiuto de Idio. Et per non fastidirla più farrò fine con baciarli le mani et la bocca. Mi facci favor baciar le mani al duca et cardinal mi signori et al signore don Luigi. Di Bracciano, il dì 8 di aprile nel 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.193]

146. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 9 aprile 1566

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima ho ricevuta una di vostra eccellentia a me de infinito dolore, vedendo il mal

andar a lungo e non pigliar sesto nesuno, pur mi ha dato alegreza l’aver inteso da messer Agusto che è facile et spera presto che se ne liberarà, non ho voluto con tutto ciò mancar a me medemo a non mandar Fanfanicchio acciò io sappia passo per passo l’eser di vostra eccellentia, atesoché se alcuna cosa accadessi possi esser

412 Quando scrive “i parenti che fanno tutto alla napolitana” Paolo si riferisce probabilmente alla cerchia dei Colonna e in particolare a Giovanna d’Aragona, madre di Marcantonio e suocera di Feli-ce Orsini, sua sorella. Aveva chiesto il loro aiuto per ottenere dal cardinale Carlo Borromeo il palazzo in piazza Santi Apostoli, di proprietà Colonna, che lui teneva in affitto. Da una lettera successiva (n.193) sembra che poi Paolo lo abbia ottenuto.

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144 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

subito da lei come di già haria fatto se non fosse asalito de infiniti negotij et questi harei lasati, ma per dir meglio il non haver baciato li piedi al papa accioché non si levassi rumor poco convenevole a me, pur se sentirò cosa che mi farà fastidio lasciarò ogni cosa et subito me ne verrò, et però mando il ditto a ciò minutamente me facci avisar, et stia sicura che ancorché lei abbia il male io ne patisco al par di lei, et mi facci gratia a curarsi et far tutto ciò che gli medici commandano, acciò presto vengi liberata et sana che subito dato sesto alle miei cose me ne verrò a star X o XV giorni da lei al Barroncielli, perché di già penso che per questa occasion del male non abisogni, et li do la mia fede di venir come abbia dato aseto alle cose miei a star X o XV giorni da lei perché infatti non potria viver tanto senza veder la mia Bella. Circa al Folco desideraria la sua liberatione perché senza lui non posso dar bon sesto alle mie cose ateso il credito con mercanti che tiene, però voglio suplicar vostra eccellentia mi facci favor a solecitar la sua espeditione acciò possi quietamente vivere et sopra a tutto stia alegra, guarisca presto. Bacio le mani al duca mi signor del amor mostra portarmi, ma vorei poter far li fatti miei che del resto son suoi, et da lui voglio dipendere et per lui e casa sua spender la vita et l’aver a far questa profesione e di già di qua me se oferiscano cose che quando ne glie scriverò cognoscerà quanto stimi il duca mi signor e casa sua perché mi si por-ge occasione di deventar come li miei pasati senza fatiga mia né spesa, ma senza saputa e licentia del duca mi signor non si farrà niente. Io però arò caro che di ciò non ne parli con nessuno, et a ciò che sappia il tutto mi è stato mandato a dir dal cardinal Farnese413 che se vorrò il generalato della Chiesa sarrà di maniera che lo abbia et mille altre amorevolezze et mi ha offerta la casa quale solo ho accettate de molte proferte, et creda certo, vostra eccellentia, che apresso al papa è onipotentis-simo, né io voglio ragionar con nesuno né scriverne al duca mi signor finché non vegi se burla o dice davero che poi saprò intendere il tutto a sua eccellentia e mi risolverò come a lui parerà, come farrò sempre in tutte le mie ationi. Mi è parso darli questo moto, con che mi facci gratia del suo parere et sapia sempre le miei attioni. Et per non darli più fastidio farò fine con suplicarla a mantenermi nella sua buona gratia et a creder certo che l’adoro, con che fo fine baciandoli mille volte le mani et la bocca. Di Braciano, il dì 9 di aprile nel 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

Facci il mio baciamano al duca et cardinal miei signori et al signore don Luigi, et di quel gli scrivo di sopra mi facci favor non parlarne con nesuno. Desideraria saper si posibil fosse la tardanza della prigionia di Giulio e la suplico di nuovo a operarsi per la sua liberatione. Mi facci gratia far dar la presente in man di Giulio Folco.[157, n.189]

413 Il cardinal Alessandro Farnese, in quel periodo era apprezzato consigliere di Pio V, cfr. Stefano Andretta, Farnese, Alessandro, in DBI, vol. 45 (1995), pp. 52-65.

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8. Il lungo distacco: l’incarico del papa e il “lamento” di Isabella (1566-1567) | 145

147. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 10 aprile 1566

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima hoggi riceuta una di vostra eccellentia a me de infinito contento per haver nuova

di chi adoro, ma mi ha ben arecato infinito dispiacere il veder che il mal suo non sia finito, pur spero che a questa hora non sarrà altro, che quando fusse subito montarei a cavallo per venirla a servir. Io me sto qui in Bracciano facendo questi dì santi quel che posso di bene, e tuttavia visitato da infiniti cavalier e romani e del paese. Hieri per Fanfanicchio gli scrissi a longo, però hora non sarrò più longo, solo mi tengi in sua buona gratia et creda che l’adoro, e se mi vorrà far viver alegro facci tutto il suo potere per guarir presto e a modo de medici, et creda sicuro che non lasarrò di che non gli scriva et che presto la verrò a vedere. Con che fo fine baciandoli le mani et la bocca. Di Bracciano, il dì X di aprile nel 1566.

Aricordisi di Giulio Folco. Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che vi adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.192]148.

Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici Bracciano 11 aprile 1566

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima non voglio mancar a non scrivere ogni giorno a vostra eccellentia e darli nuova

del mio ben esser, ma di cativo humor da poiché ho inteso il mal suo. La suplico a farmi dar spesso nuove di sé, perché non posso haver piacer magiore, et me alieverà il dolor infinitamente. Sto ancora a Bracciano e la seconda o terza dì di pasqua sarrò a Roma et accomodarò alcune cose mie e poi fra dieci o quindi<ci> giorni tornarò a vederla perché non posso star più senza lei et sto con il magior desiderio del mondo di vederla. La voglio suplicar a lasciarsi governar, ancorché io creda che a questa hora non abbia più male, inperò si purgi e medichi acciò quando io verrò costì la trovi con buona cera, e mi tengi nella sua gratia la quale a par della vita desidero, et baci le mani a monsignor illustrissimo mio signore et al duca et al signore don Luigi, et io resto baciandoli la bocca et le mani. Di Bracciano, il dì XI di aprile nel 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima consorte et servitor Paolo Giordano Orsino.

[157, n.188]

149. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 12 aprile 1566

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima non voglio mancar di dar nuova ogni giorno di me a vostra eccellentia, però con

la presente occasione gli dico che <sono> malanconichisimo ateso ch’è di già quatro

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146 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

giorni che <ho> mandato Fanfanicchio né mai ne ho hauto risposta, suplicola dun-que che mi facci gratia di farme dar continuamente nuova di vostra eccellentia, acciò se il mal durassi io potessi venir a farli quella servitù ch’è mio obligo e vederla. Se mi vol tener contento facci che sapia che si medichi e guarisca acciò che a<l> mio arivo in Fiorenza la trovi bene, come spero in Dio che di già stia. La suplico a volermi bene et a creder certo che l’adoro, et mi mantengi nella sua gratia, io gli bacio la bocca e le mani. Di Bracciano, il dì XII di Aprile nel 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.190]

150. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Buonconvento 13 aprile 1566

Illustrissima et eccellentissima signora consorte osservantissimavenendo con quella solecitudine magior che per me si poteva per poser quanto

prima servir vostra eccellentia, ho summati dua corieri che me han detto trovasi meglio,414 però mando Fanfanicchio il qual ha presente la scrita a vostra eccellentia et acciò mi vengi con la resolutione del vero, perché, se sarrà secondo ho inteso, mi fermarò stasera a le Tavernelle, se altramente sarrò stanotte a Fiorenze, del resto in-tenderà dal detto e gli bacio le mani. Di Bonconvento, il dì XIII di aprile nel 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte Paolo Giordano Orsino.

[157, n.243]151.

Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici Roma 8 maggio 1566

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimaio son stato dui giorni senza scriver a vostra eccellentia. Hora non ho voluto mancar

di non far il mio debito, et creda certo che l’adoro non l’amo, et la causa della tardezza è venuta delle continue visite che ho fatto e mi son state fatte et ancor sequitano. La suplico a farmi gratia ad amarmi al solito, et al credere che l’adoro. Non voglio mancar di racomandargli il presente latore, il quale per causa onorata ha comesso omecidio e per ciò vol hora in prescione purgar ogni contumacia, ateso che fu asaltato da molti, et egli con il suo valor se ne liberò, perciò ora si vol giustificar, et se li acade alcuna cosa per giustizia, lo reccomando a vostra eccellentia, et mi conservi nella gratia sua che a par della vita desidero, et mi facia favor di escusarmi e perdonarmi se ogni giorno non gli ho scrito, che da ora innanzi non mancarò ogni giorno far l’obligo mio, et ubedirla, et per non darli più fastidio farrò fine, con suplicarla a tenermi in la sua gratia insieme con quella del duca et cardinal mi signor, et al signore don Luigi bacio le mani et a vostra eccellentia. Di Roma, il dì XVIII di maggio nel 1566.

414 Paolo sta tornando in fretta a Firenze perché Isabella sta male.

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8. Il lungo distacco: l’incarico del papa e il “lamento” di Isabella (1566-1567) | 147

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.258]

152. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 14 maggio 1566

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patron mio osservantissimoio mi trova aver scritto tante volte che credo di già esservi venuto a fastidio, però

per non manchar a quello che devo non voglio lassar seguitar la incominciata inpresa di scrivervi ogni giorno. Io mi trovo a Fiorenza con molte belle dame a desinar me-cho, però abiatene per scusa se non vi scrivo a longo, come sarebbe il mio desiderio. Io sto bene ma malcontenta poiché veggio visibilmente che di già vi siate scordato di me, cosa quasi inpossibil a credere, ma la sperientia me lo fa conoscer visibilmente, et per non vi esser fastidiosa più fo fine et vi desidero ogni contento, et vi bacio le mani. Di Fiorenza, a dì 14 di maggio 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.222]

153. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 15 maggio 1566

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patron osservantissimomi trovo di novo oggi a Fiorenza a visitar la principessa et ho desinato in palazzo et

sono stata lì tutto il giorno alla notte. Sono convitata in casa <d>il signore don Luigi il qual avendomi trovato a scrivervi bacia le vostre inclite mani. Stasera ho riceute dua vostre per il procaccio et mi sono state di infinito contento ma molto mi meraviglio che mi dichiate non aver riceuto lettere mia perché, per vita vostra, che io mai ho las-sato passar giorno senza scrivervi et credo certo che ci sia qualchuno che faccia incetta delle lettere che io vi scrivo, ma vi so ben dire che si farà richo presto poiché la en-trata sarà così continua, come ho cominciato, perché sarà entrata quotidiana. Voi mi scrivete che avete di me martello, io vi prometto che molto maggiore l’ho io per voi. Circa il vostro venir, io vi lasso considerar a voi se mi sarà contento o no poiché sapete quanto vi adori. Io vi tengo per cavaliero et credo che non mi siate per manchar della vostra parola quando vi partisti di Fiorenza che è di ritornar questo San Giovanni, et così mi vo intrattenendo con questa speranza et avendomelo voi promesso credo non sarà vana et per non esservi fastidiosa fo fine et vi bacio le mani et così fa il cardinal, don Luigi et il principe et il ducha, che prima dovevo dire, et io vi adoro et vi desidero ogni contento desiderato. Di Fiorenza. a dì 15 di maggio 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.234]Copia

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148 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

154. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 16 maggio 1566

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patron osservantissimopregio Dio che dia meglio ventura a questa mia che non ha fatto alle altre, perché

al mio conto di quattordici lettere, che perfino adesso vi ho scritte, non trovo che ne abbiate riceute più che quattro, ma forse a questa hora saranno molte più. Io per la Dio gratia sto bene et desidero sia così di voi anchorché, benché io stia benissi-mo, voi sempre state meglio di me, perché vivete senza curarvi punto della vostra Bella, et la vostra Bella si more per la sua dognina,415 et quanto più cercha scordar-sene mancho può. Stamani è venuto qua alla sprovista la chiniga416, il principe et il cardinale et don Luigi, et hanno auto a trovar il diavolo nel catino perché non mi mandorno a dire niente.417 Il vechio418 venne poi doppo desinare, et son stati qui perfino alla sera. Io sto qui per stanza et quasi sono diventata mezzo romita, et per non vi esser fastidiosa fo fine, et mi moio di solitudine di voi, e con tal fine vi bacio le mani. Che Nostro Signore vi guardi quanto io desidero, che certo non sarà pocho. Di Fiorenza, a dì 16 di maggio 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.229]

155. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Baronelli 17 maggio 1566

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patron osservantissimoessendomi stato rachommandato, da persona a chi io non posso manchare, messer

Matteo Morelli419 il qual si trova costì in Roma incarcerato per comissione del gover-natore per non so che inputatione dateli, vi pregio che in tutte le sua ochorrentie li prestiate il vostro aiuto che lo riceverò per favor grandissimo, così apresso Sua Santità come anchora apresso il governatore. Et non essendo questa mia per altro, con quel

415 È molto probabile che questa “dognina”a cui Isabella si mostra tanto legata sia la figlia naturale di Francesco di cui Isabella si prendeva cura e che morirà a settembre, cfr. le lettere nn.194, 195, 565. Il termine è ripetuto due anni dopo, con lo stesso slancio affettivo, riferito alla figlia di Francesco e Giovanna d’Austria (v. lett.n.282). Con il termine spagnoleggiante don o dogna si designavano, nel linguaggio di corte fiorentino, anche bambini appena nati.416 Si riferisce a Giovanna d’Austria.417 Trovare il diavolo nel catino: arrivare, ospiti inaspettati, quando la cena è finita.418 Isabella si riferisce con questo termine al padre, pur nominandolo sempre con grande rispetto. Come attestano i contemporanei, Cosimo, dopo la morte della moglie, era molto invecchiato. 419 Mercante fiorentino. Sulla genealogia dei Morelli cfr. Croniche di Giovanni di Jacopo e di Lionar-do di Lorenzo Morelli, pubblicate e di annotazioni e di antichi documenti accresciute da frà Ildefonso di San Luigi carmelitano scalzo della provincia Toscana accad. fiorentino, Firenze, Cambiagi, MDC-CLXXXV.

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8. Il lungo distacco: l’incarico del papa e il “lamento” di Isabella (1566-1567) | 149

maggior amor che per me si possa, mi vi rachommando et vi bacio le mani et il simil fa il cardinal et il ducha et don Luigi et madonna Alessandra, et io resto pregando Nostro Signore vi guardi quanto io desidero. Da Baroncello, a dì 17 di maggio 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.210]

156. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 18 maggio 1566

Illustrissima et eccellentissima signora consorte osservantissimanon voglio mancar con la occasion del prochacio darli nuova di me che la Dio

gratia sto benissimo et con il magior martello che abbia mai hauto et quanto più sto più crescie et perciò sarrò forzato venir presto a baciarli le mani con suplicarla di havermi in memoria come io del continuo ho lei, et creda certissimo che l’adoro. Qui l’altro ieri co<m>baterno questi signori una barra420, la qual non fu punto ben conbatuta et il marchese de Aguilar421 per la sua partita così la sera, senza voler baciar le mani a quelli principi, è stato longi ragionamenti qui, et io nel son continuamente adomandato da ogni cardinal che visito, et mi riserverò scrivergli il tutto più a longo, con che gli bacio le mani. Di Roma, il di XVIII di maggio nel 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.254]

157. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 19 maggio 1566

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimo ier sera per il procaccio mi fu portato certe lettere, cioè dua, per le quale intendo

il vostro bene esser, et ne ho preso contento infinito et pregerrò Dio che così sempre vi mantenga et vi acreschi la voglia di tornare a vedermi perfino che lo mandiate ad effetto. Io sto bene, per Dio gratia, et quanto mart[ello hab]bia a non acade dirlo, perché è tanto che persona nata se lo potrebbe mai immaginare. Vi bacio le mani

420 Intende un torneo alla sbarra.421 Luis Fernandez Manrique de Lara, marchese di Aguilar, ambasciatore spagnolo alla corte di Roma. Il 16 maggio 1566 prestò obbedienza a Pio V, recentemente eletto, a nome di Filippo II. In quell’occa-sione presentò la richiesta di rinnovo de la Bula de la Cruzada e del Subsidio, ma il Pontefice si limitò a rinnovare solo la seconda, cfr. Ludwig Von Pastor, Storia dei Papi. Dalla fine del medio evo. Roma, Desclée & C. Editori Pontifici, 1950-1965, vol. VIII, pp. 264-269. È per questo motivo che l’amba-sciatore se ne va seccato senza salutare. Ricevuto a casa di Paolo Giordano gli parla a lungo e i cardinali vogliono sapere cosa si sono detti. Sui rapporti degli ambasciatori spagnoli con la corte di Roma, cfr. M.A. Visceglia, L’ambasciatore spagnolo alla corte di Roma. Linee di lettura di una figura politica, in Diplomazia e politica della Spagna a Roma. Figure di ambasciatori, a cura di Maria Antonietta Visceglia, «Roma moderna e contemporanea», 15 (2007).

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150 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

delli tartufi mandatimi, anchora che per adesso non è pasto da me, perché anchora sto a dieta per paura di non ricascare, ma li ho allogati benissimo et li ho [mandati al Duca] il qual li ha auti molto cari et vi bacia le mani et il simile il cardinale et madonna Alessandra. Io vi adoro al solito et pregio Dio vi guardi. Di Fiorenza, a dì 19 di maggio 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dognia Isabella [Medici] Orsina.

[157, n.77]a La lettera presenta imbrunimenti con cadute di inchiostro e lacerazioni

158. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 21 maggio 1566

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patron osservantissimolunedì ricevetti dua vostre a me più care che la vita et insieme una per il duca mio

signore per conto del signor Giacomo Malatesta422 ma non ce la ho possuta dare per-ché il duca mio signore non è in Fiorenza, et dove è non ci arisichiamo ad andarci, e venendo, ce la darò subito et ne procurerò risposta. È venuto qui iersera il conte d’Altamira423 il qual vi bacia le mani et dice che il simile fa don Gartia mio zio. Del duca vo domani a vederlo, et viene il signor principe et il cardinale et don Luigi, et di lì poi ce ne torneremo a Fiorenza. Io non so se sarà possibile darvi nova di me per il viaggio, ma me ne forzarò quanto sarà possibile. Il Calonacho vi dirà a bocha circha li debiti di qua, et di gratia fate che Giulio Folcho provegga acciò non siamo in bocha di plebei. Mi dole fino al core di veder per le vostra che avete pocha voglia di mantenermi la promessa fatta, cioè di tornarni a veder questo San Giovanni, ma non voglio che mai mi caschi nel pensiero che voi possiate manchar della parola di cavaliero, però vivo con questa speranza per fino a vederne il fine et siate certo che io vi adoro et che non ho cosa al mondo che meglio voglia che al mio Paulo, et voglia dio che almeno mi sia reso una minima parte che mi terrei felicissima, et per non vi esser più fastidiosa fo fine, solo mi resta dirvi che vi adoro et vi bacio le mani et così fa il principe et il cardinale, don Luigi et il conte d’Altamira, madonna Alessandra dice che vi è schiava al solito, et io resto pregando Nostro Signore vi guardi quanto io desidero che certo non sarà pocho, et vi ricordo cha a Baroncelli ci è il meglio frescho del mondo, et vi bacio le mani. Di Fiorenza, a di 21 di maggio 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.218]

422 Capitano al servizio di Cosimo de’ Medici. Nel 1566, Pio IV, appena eletto, lo nominò gover-natore di Ancona e generale delle Riviere marittime con l’incarico di ristrutturare le fortezze, cfr. Vittorio Mandelli, Malatesta, Giacomo, DBI, vol. 68, (2007), pp.52-53.423 Lope de Moscoso Osorio IV conte d’Altamira aveva sposato Anna Alvarez di Toledo sorella di don Garcia e di Eleonora, madre di Isabella.

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8. Il lungo distacco: l’incarico del papa e il “lamento” di Isabella (1566-1567) | 151

159. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Empoli 28 maggio 1566

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patron osservantissimoscrissi a vostra eccellentia il giorno che io mi partì di Fiorenze et per il viaggio non

li ho possuto scriver prima che adesso in Empoli anchora che ci siano molte cose da dire che sono nate in questo mezzo. Credo che averete inteso la morte di Sforza424 et però non ve ne dicho altro, ma solo vi voglio dire che li sua pechati non meritavano minor punitione, li comenti sono infiniti che sopra ciò si fanno, ma non se ne sa un vero. Io non so la causa, ma se io la sapessi non me porrei a scriverlo per rispetto non andasse mala la lettera, ma sopra ciò non dicho altro, solo vi dicho che domani scriverrò a longo perché adesso il sonno mi assassina. Io vi adoro et vi bacio le mani. Da Empoli, el dì 28 di maggio 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.237]160.

Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini Baroncelli 2 giugno 1566

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patron osservantissimoscrissi a longo per il procaccio, solo questi quattro versi saranno per dar risposta a

una sua che è scritta per mano del secretario et poi da voi sottoscritta. Vi dicho che si manderanno li libri et il Cappone425 purché mi si rimandi quanto prima, perché messer Giannozzo426 per esser maldisposto non può attender a nulla, et la casa va in una ruina grandissima, di gratia contentatevi rimandarlo subito acciò io abbia chi mi possi servire. Non dicho di quanto dispiacer mi sia stato l’aver visto che per il procaccio passato non mi abbiate scritto et per parte l’ordinario di Genova aver auto non lettera di vostra mano, ma si bene del secretario, ma vi prometto che questa non mi è cosa nova perché mi pensavo bene che essendo voi in coteste grandezze vi dovevi subito scordar di chi mancho dovresti, et basta, et non essendo questa mia per altro vi bacio le mani. Da Baroncelli, a dì 2 di giugnio 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima serva consorte che vi adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.235]

424 Sforza Almeni cameriere segreto di Cosimo de’ Medici. Il Lapini nel suo diario così scrive: «A di 22 di Maggio 1566 in mercoledì fu morto Sforza Almeni perugino, che era il primo cameriere che avesse il duca Cosimo de’ Medici e il più favorito, che fu la vigilia dell’Ascensione. Dicesi che l’am-mazzò il suo padrone per aver scoperto non so che segreto di grande importanza al duca», Agostino Lapini, Diario fiorentino, cit., p. 152.425 Giovan Battista Capponi.426 Giannozzo Cepperelli.

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152 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

161. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Baroncelli 3 giugno 1566

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patron osservantissimoviene costà messer Giambattista Capponi con li libri, di gratia rimandatemelo su-

bito perché si patiscie assai senza lui, però vi pregio a rimadarlo quanto prima. Non mancharò far carezze a Salvino et circha Sforza427 non posso dir nulla perché non so nulla. Da Giovanni Antinori ricevetti una brevissima sua alla qual brevemente rispondo. Mi dole assai che non mi scriviate, se non per [am]ore che mi portate, almancho per satisfare alli mia, i quali molto stanno maravigliati della vostra pocha amorevolezza verso di me, e basta. Io sono et sarò sempre la medesima et mai di voi mi dorrò, ma si bene della mia mal fortuna, et con questo mi taccio, et vi bacio le mani. Da Baroncelli, a dì 3 di giugnio 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.236]

162. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 10 giugno 1566

Illustrissima et eccellentissima signora consorte osservantissimaancora che io havessi posuto scrivergli molte cose in risposta della sua, non ho

voluto farlo, ateso che voglio io sempre haver torto de ogni cosa quando lei co-manda, ma la voglio suplicar a considerar quel che mi scrive, acciò non habbia a causar mala sodisfatione. La stia sicura che non ho altro bene al mondo di lei, e questo sarei certo privo di giudizio se non lo dicessi, avendo visto tanti segni di lei verso di me, et se questa volta gli ho scrito così resentito è causato medemamente d’amor, ateso che le cose ditte da chi si ama più hanno sempre più forza delle altre. La voglio suplicar a perdonarmi, et certo, per vita mia, da poi che io scrissi quella litera, mandai alla posta per scuse, perché mi pareva proprio resentita. Io non posso come desiderarei venir questo San Giovanni a Fiorenza, ateso il non haver acomodato nesuna delle miei cose, ancorché tutte le abbia in pratica, e poi per essermi mandato a offerir al signore don Gartia428 e ancora non ho hauto resposta, e però restarò a Roma, e vivrò in questa natione et in questa casa. Se lei desidera contentarmi, facciami gratia di una sua dove me reintegri nella sua gratia acciò posi viver contento, et creda certo che non spero in nesuna persona se non in lei, et che l’adoro. Li mandarò presto il Cappone et Belardino429. Con ché fo fine, su-

427 Si riferisce a Sforza Almeni.428 García Álvarez de Toledo viceré di Sicilia in questo momento si sta preparando per ordine di Filippo II ad un attacco contro Algeri. Su don Garcia cfr. Vanni Bramanti, Breve vita di Leonora di Toledo, cit. 429 Giambattista Capponi e Bernardo del Riccio.

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8. Il lungo distacco: l’incarico del papa e il “lamento” di Isabella (1566-1567) | 153

plicandola a viver contenta, et a creder che l’adori et gli bacio le mani et la bocca. Di Roma, il dì X di giugnio nel 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.248]

163. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 15 giugno 1566

Illustrissima et eccellentissima signora consorte osservantissimaper non mancar alla mia promessa non ho voluto mancare de non scrivergli per

il procaccio con darli nuova del mio bene esser et suplicarla mi tengi in sua gratia la quale a par della vita desidero. Qui non ci è nesuna cosa di nuovo se non che il signore Hercule Pio430 stasera è stato messo prescione, si sa perché ma si dice per la causa del suo socero cioè di Tomaso de Marini. Mi facci gratia baciar le mani al duca et al cardinale e mi facci gratia perdonarmi se non son più longo perché mi muor di sonno e oggi per le visite non ho posuto scrivere, con che gli bacio le mani et la bocca. Di Roma, il dì XV di giugno nel 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.246]

164. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 17 giugno 1566

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patron mio osservantissimoper il corrier di Genova ho riceuto una di vostra eccellentia in risposta d’una

mia portatali dal Cappone431 et mi ha portato il contento che mi sole portar la maggior parte delle cose vostre, perché per Dio gratia, non vi basta far con fatti che anchora volete che io conosca la vostra bona volontà mettendola in carta, ma questo non achadera perché, da poi che io sono tanto bestia che vedendo i fatti io non creda vi possete immaginar che mancho io crederrò alle parole, et basta, voi possete far et dire quello volete et a me toccha a farne la penitentia, come faccio, ma mi intratengo con la speranza che sempre non abbia da star il mal dove si posa. Io vi dissi nella altra mia che voi mi vi mostravi pocho amorevole, et volessi Dio che così non fussi solo mia immaginatione et non la verità, come in effetto è. Del esser finto, mi pare che li fatti siano molto contrari dalle parole poiché di dua soli versi mi fate carestia et mi scriviate poi una volta il mese et quella della

430 Ercole Pio signore di Sassuolo sposato con Virginia Marino figlia di Tommaso Marino, un fa-coltoso banchiere di origine ligure la cui potenza economica stava in quel momento declinando, cfr. Massimo Giannini, Marino, Tommaso, in DBI, vol. 70 (2008), pp. 532-535.431 Giovan Battista Capponi.

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154 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

maniera che vi pare. Io vi prometto che non sono più una putta et che quello non conoscho nella età che adesso ho lo conoscerò di qui a cento anni. Circa il chiamarvi io interessato mal può star questo, poiché vi pare aver una moglie di così pocho valor come sono io et che possete sperar voi da me, io bisognia speri da voi, et non voi da me, perché se voi avessi d’aver speranza in me non terresti di me così pocho conto come fate. Li miei sempre vi hanno amato come se voi fussi stato delli loro medesimi, et mio padre sempre vi ha tenuto in conto di figliolo, ma che vi possono lor fare se voi siate di vostra volontà et non credete se non a quelli che sono causa della vostra ruina, et non basta lor rovinarvi che anchora si pigliano burla del caso vostro et vi pongano in voce di tutto il mondo, et basta; se vi paressi avessi ditto troppo date la colpa alla affetione che vi porto et al non aver altro che una faccia. Mi starò confortando con la vostra amorevol lettera, né per quella però lasserò di amarvi et adorarvi come sempre ho fatto et poiché li fatti mai mi fecero né faranno mutarmi di opinio[ne], cioè d’adorarvi, mancho lo faranno le lettere, ma si qualche volta voi vi mettessi nelli mia piedi, vedresti che, se io con voi mi dolgo, che ho la più che ragione essendo remasta qui senza sorte di nissuno contento et doveresti tenermi al mondo contenta con lettere et le lettere sono piene di mala volontà et basta. Io me ne sto a Baroncelli perché posso meglio passar qua le mia miserie che non in Fiorenza et volessi Dio che le musiche che dite che fo con il signor Mario432 fussino così spesse che mi potessino levar la immagination che anche ho del pocho amor mi portate, poiché né musiche né altra cosa nissuna mi pò levare quello mi mostrano li fatti. Io mi intertengo il meglio posso et quello che più mi trattiene di cosa nissuna è che forse con il mutar voi complessione433 poteresti mutarvi anchora di pensiero et volermi a voler meglio di quello adesso mi volete, ma fate come più vi piace che io piglerò sempre le cose come voi vorrete et sarò sempre una medesima in amarvi et adorarvi, et con tal fine vi bacio le mani. Che Nostro Signore vi dia quanto voi stesso sapete desiderare. Da Baroncelli, a dì 17 di giugno 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.205]

165. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 18 giugno 1566

Illustrissima et eccellentissima signora consorte osservantissima per non mancar al patto che vostra eccellentia ha mosso che per ogni corieri di

Genova e procaccio io gli scriva, mi è parso <darli> nuova di me che per la Dio gratia sto bene et atendo con ogni mio potere a fenir li miei negotii che invero haveano

432 Mario Mellini.433 In questo periodo Paolo Giordano sta ingrassando. La tradizione storiografica esagererà questo difetto per porlo a contraltare alla bellezza di Isabella e usarlo come movente per i presunti tradi-menti di lei.

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8. Il lungo distacco: l’incarico del papa e il “lamento” di Isabella (1566-1567) | 155

bisogno della mia vista che, con essergli adosso, non mancano questi dui tristi di far delle lor furfanterie434, ma pur le vo rimediando quanto posso. Qui da due o tre gior-ni in qua ci incomincia a far grandissimi caldi e di tal maniera che son insoportabili. Non se intende nesuna cosa se non se vive alegramente et sotto un papa il meglio che da molti anni in qua sia stato. Desidero saper nuova di vostra eccellentia perché è di già apresso otto giorni che non ho hauto nuova di lei, né di quelli illustrissimi signori. Mi farrà gratia baciar le mani al duca et cardinal mi signori et a tener per certo che l’adoro et li metto in ordine il presente a più non posso, in questo mentre vogliatemi bene, et creda che vi amo, et che non ho altro bene al mondo che voi, con che fo fine con suplicarvi a ricordarvi di chi vi adora, et vi bacio la bocca e le mani. Di Roma, il dì XVIII di giugnio nel 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che vi adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.247]

166. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini435

Firenze 23 giugno 1566

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimo mi sono posta a sei hore di notte a scrivervi per non aspettar la vostra risposta a una

mia scrittavi. Pero s’ella vi pare forse stata troppo collericha datene la colpa alla troppa affitione che vi porto et a essermi io sentita pugner da voi fora di proposito la settima-na passata con una vostra lettera. Se la mia vi fussi parsa troppo furiosa date la colpa al travaglio che provo standovi assente, che certo piutosto vorrei elegger la morte che tal vita. Da messer Jacopo Salviati436 ricevetti una vostra lettera tanto amorevole che certo mi portò tanta consolatione quanto l’altra dolore, et vi dicho che mi sono messa a scriver a tanta stravagante hora perché la risposta di quelli non mi facessi escir dalli termini che l’aspetto domani.437 Vi dicho che sono sempre parata a venir dove voi vor-rete, non dicho solo a Roma, ma se voi volessi menarmi in uno forno, che stando con voi mi basta, io farò sempre quello da voi mi verrà commandato et non penserò a cosa nissuna, et quando vederò che voi cerchate ocasione che io stia da voi, allora dirò che mi vogliate bene et non adesso, perche male posso giudicar che voi mi amiate come dite, standomi tanto lontano. Domani è San Giovanni, per me molto solo e certo non è stata conservata la promessa fattami alla partita. Ma tutto voglio pigliar per bene. Tutti stanno allegramente et io certo non mi posso rallegrare, et se mio padre non mi havessi fatto commandar che io dovessi venir a Fiorenza in questi giorni, io ero risoluta che persona mi vedessi, perché per me non fa lo star fra la gente allegra poiche sono

434 Si riferisce agli amministratori di Bracciano.435 Questa lettera è stata già da me pubblicata in L’Amore rivelato, cit., p.56.436 Jacopo di Alamanno Salviati (1537-1586) conosciuto per aver raccolto nel suo palazzo fiorentino una preziosa collezione d’arte comprendente numerose sculture acquistate a Roma, cfr. Ada Gunnella, Vin-cenzo Saladino, Le antichità di Palazzo Medici Riccardi, Firenze, L.S. Olschki, 1998, Vol. 2, p. I, p.235.437 Il 24 giugno era la festa di San Giovanni.

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156 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

priva di voi, non per mia colpa, ma si bene per vostra propria volontà. Io vi adoro et siate certo che quello che vi ho scritto nella mia ultima che tutto me lo fece scriver il martello che di voi tengo. Tutti vi baciano le mani e io vi adoro. Dio vi guardi quanto desiderate. Di Fiorenza, a di 23 di giugno 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adoradognia Isabella Medici Orsina.

[158, n.181]

167. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 25 giugno 1566

Illustrissima et eccellentissima signora consorte osservantissima non voglio uscir di sua comandammenti e però gli fo intendere il mio ben esser e

desidero infinitamente vederla e la suplico a creder certo che l’adoro. Qui atendo a espedir le miei cose acciò mi possi levar de non viver sempre cruciato et insieme cerco occasion di far servitio e piacere a tutti. Qui non vi è altro di nuovo, solo che oggi è arivato e fatto la intrata don Francesco da Este et mercordi arà concistorio publico, et vien da parte del signore duca di Ferrara et però gli è fatto tutto quel che è ordinario delli duchi438. Morse il signor Giuliano Cesarino da poi una infermità di itropesia439. Io la suplico a star alegra et a creder certo che l’adoro e mi è parso strana cosa che è già un mondo che non ho sue litere che l’aspetto con desiderio, e per non infastidirla farrò fine, con baciarli la bocca e le mani, con che mi facci gratia baciar le mani a tutti quelli illustrissimi et eccellentissimi signori. Di Roma, il dì XXV di giugno nel 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.208]

168. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 30 giugno 1566

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimaio ho riceuto una sua a me di grandissima sadisfatione che ho visto per essa già esserli

pasata la colera, inperò si mantengi senza essa e creda sicuro che l’adoro. Il Capone non si è ancor rimandato per rispetto di poter sodisfare qualche uno delli creditori di Fio-renze, ma si mandarà quanto prima. Io li metto in ordine un presente che, si ben sarrà picolo, sarrà però di persona che l’adora. Perché Giovanni Antinoro si partì di qua con scusa della malatia del padre con dir ancora di tornar subito, sicome ora era il bisogno del mio servitio, il che non ha facto ma manco ho mai hauto nuova di lui, sì che voglio

438 Francesco d’Este marchese di Massa Lombarda (1516-1578), figlio di Alfonso I d’Este e Lucrezia Borgia, era a Roma per un’ambasciata d’obbedienza a Pio V, cfr. Luisa Bertoni, Este, Francesco d’, DBI, vol. 43 (1993), pp.345-349.439 Giuliano Cesarini, duca di Civitanuova Marche e marchese di Civita Lavinia (1515-1566) spo-sato con Giulia Colonna.

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8. Il lungo distacco: l’incarico del papa e il “lamento” di Isabella (1566-1567) | 157

suplicar vostra eccellentia che, se si va innanzi, non ci parli, anzi di più, dica in mio nome che desidero facci li suoi fatti comodamente poiché è dedito tanto a suoi piaceri che non stando con nesuno potrà, senza suo scomodo e senza metervi del onor, cavarsi li sui caprici, e la prego che quando io non voglio un servitore, che mi facci gratia a la-sciarlo de non favorirlo, perché intendo che Cecchetto è lì da lei e, ancorché non abbia fatto cosa bruta, pur è molto superbo e per meglio suo me è parso dargli licentia, a ciò che provi un poco il mal e il ben da sé, però lo lasci far da sé e non lo favorischi, che me farrà grandissimo diapiacer. Con che gli bacio le mani et la mi facci gratia baciar le mani al duca e cardinal mi signori. Di Roma, il dì XXX di giugnio nel 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora, Paolo Giordano Orsino.

[157, n.259]

169. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini440

Firenze 29 giugno441 1566

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patron mio osservantissimodal corrier di Genova ricevetti dua vostre tanto amorevole che non so altro che mi

risponder se non che vi sono et sarò sempre stiava mentre averò vita, et di poi anchora se possibil sarà. Io per la Dio gratia sto assai bene et vo passando questo caldo il meglio posso et […] a infinito l’aver a star senza voi tanto tempo. Non vi ho dato risposta sopra la cosa del marchese di Cetona442 perché non vole che io domandi licentia perfino che non torna la risposta del signor don Gartia, et vi mando con questa una sua, da questa credo viederete l’animo suo. Mi sono rallegrata del partito che dite aver fatto perché vi prometto che non posso più tanto mi travagliano li creditori che devono avere et non ho un soldo per conto della casa et non so più che mi inpegnare, però vi prego quanto più posso che provediate di qualche modo et mandate di gratia il Cappone quanto pri-ma ma con danari. Di qui non so che mi dire se non che ci è stato il cardinal Sforza et il priore et il signor Paulo443 et si partirno subito l’altro giorno doppo Santo Giovanni et mai possibile farli star un solo dì più. La principessa sta bene [e così] tutti li altri et si passa la vita molto quietamente et senza travaglio nissuno. Io credo che il cardinal

440 Questa lettera è stata già da me pubblicata in L’amore rivelato, cit.pp.54-56.441 Isabella scrive luglio ma si sbaglia con giugno, cfr. la lettera successiva di Paolo del 5 luglio che è chiaramente in risposta a questa. Inoltre dice che sono passati pochi giorni dalla festa di San Gio-vanni che si celebra il 24 giugno.442 Gian Luigi Vitelli, noto come Chiappino Vitelli (1519-1575), marchese di Cetona, capitano tra i più fidati di Cosimo de’ Medici. Nel 1566 militava agli ordini di don Garcia di Toledo viceré di Sicilia e zio di Isabella. Evidentemente Isabella sperava in un incarico per Paolo Giordano. Sulla sua figura cfr. G. V. Marchesi, La Galeria dell’Onore ove sono descritte le segnalate memorie del sagr’ordine militare di S. Stefano P. e M. e dè suoi cavalieri, Forlì, Fratelli Marozzi 1735, vol. I, pp.187-192; Maurizio Arfaioli, Alla destra del Duca: La figura di Chiappino Vitelli nel contesto degli affreschi vasariani del Salone dei Cin-quecento, Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz 2007, pp.272-278.443 Si tratta dei fratelli Alessandro, Carlo (priore di Lombardia) e Mario Sforza di Santa Fiora, zii di Paolo Giordano.

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158 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

anderà a stare qualche giorno a Cafaggiolo et forse anchora io anderò. Il duca sta al suo solito solo a Pitti. Li caldi sono grandi et fastidiosi e tali che mi hanno cacciato dalla mia villa, certo contro mia voglia.444 Circa il mio venir costà, vi prometto che desidero tanto star dal mio Paulo che anderei al India non che a così bella patria come è cotesta, ma se fussi possibile star con voi qua, certo non mi dispiacerebbe per più conti, prima per l’amor che alli mia porto et loro a me, et anchora perché credo che sempre che voi vi vogliate risolver a spender pocho, molto meglio lo potrà far qui in Fiorenza che non costì in Roma, perché qui si po’ stare come l’omo vole et non ci è nissuno che ci ponga cura et costà non si può per la moltitudine delli forestieri, però io come quella che non solo vi amo ma vi adoro, sono obbligata a dirvi quello per voi mi pare sia meglio, et poi sempre fare quello voi vorrete, [il che] sarà il venir a Roma, poiché quando voi vi risolverete al voler venir costì, io sono risolutissima a star con mio marito et non senza, che troppo longo tempo mi pare di qui al settembre, non che lo star sempre sola, ma vi voglio ben pregar a far di modo che io non mi perda li mia poiché non vorrei, ma se s’ha da perder uno delli dua, o voi o loro, voglio più presto una ugnia vostra che tutti loro insieme, et se alle volte scrivo o dicho qualche cosa datene la colpa al male-detto martello che mi mangia, ma vi prometto che ben lo pago doppo averlo scritto perché l’umore è tale che mi cava quasi fora di me e perfino non ho qualche lettera amorevole sempre mi dura, però se viva mi volete scrivetemi qualche volta. Vorrei mi facessi gratia farmi far un vostro ritratto in uno anello che stessi come quello voi avete di quella dama che lo desidero infinitamente, et di gratia non ve lo scordate,445 et così della cortina, et perché credo [che di] già vi sarò venuta a noia con questa mia longa lettera farò fine, solo mi resta il ricordarvi che vi adoro et desidero tanto di vedervi che non credo abbia mai da venir tal tempo. Il duca vi si rachomanda et bacia le mani, et così il cardinal, don Luigi et li altri, et madonna Alessandra fa il simile, et aspetta con grandissimo desiderio li agnus dei et con tal fine vi bacio le mani, che Nostro Signore vi guardi quanto desiderate. Di Fiorenza, a dì 29 di luglio 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dogna Isabella Medici Orsina.

[157, n.213]a La lettera presenta lacune dovute a cadute d’inchiostro

170. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 5 luglio 1566

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissimanon prima che hora ho riceuto la letera del signore don Gartia la quale gliela man-

do, perhò sopra a ciò non dirò altro; mi trovo una sua delli XXVIIII del pasato a me cara quanto la vita. Per essa ho inteso il contento che l’ha presa della mia portatali da

444 La villa a cui Isabella si riferisce è Baroncelli.445 Paolo le regalerà un anello con un orologio, cfr. lettera del 12 ottobre, n.200.

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8. Il lungo distacco: l’incarico del papa e il “lamento” di Isabella (1566-1567) | 159

messer Iacomo la quale non ha da star punto in dubio che li fatti sopra avanzano alle favole perché ogni mio bene e utile lo spero solo con il suo mezzo, con cercar io de non esser immerito della sua gratia, la quale la suplico a farmene degno, mentre che non operi cosa da perderla, che non credo sarà mai. Io sto molto bene et ancor che havessi disegnato andarmene a star nel Stato o a Bracciano o a Vicovaro, pur avendo da dar espedition ad alcuna delle mie cose, non lo potrò fare, ma se potrò sbrigarmi vi andrò. Io ho istanza a far intendere al signore duca come il cardinal Farnese446 vol alla andata sua a Parma pasar per Fiorenze, e desiderarei saper se di ciò farrei piacer o dispiacer a quelli signori sui. Ha messo me per mezzo, vostra eccellentia guardi se la può penetrar che in ciò s’abia da far, perché mostra di haver infinita voglia di esser servitor a casa vostra, pur è prete e christo. Fatemi gratia saper quel che potrà a ciò il duca risponder, perché se dicesse davero, potessi riuscire. Con che li bacio le mani et la bocca. Di Roma, il di 5 di luglio nel 1566. Io scrivo una litera al duca mi signor sopra alla vendita dell’ Isola447 la prego a far che faccia presta risposta.

Di vostra signoria illustrissima servitore affetionatissimo et consorte che l’adoraPaolo Giordano Orsino.

[157, n.47]

171. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 5 luglio 1566

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patron mio osservantissimoanchora che siano venuti dua corrieri et il procaccio senza portarmi lettere, non

per questo voglio manchar darvi nova del mio ben esser et farvi sapere che il mag-gior desiderio che io abbia al mondo è di rivedervi presto, anchora che sarà sempre tardi al mio desiderio. Intendo che ve ne volete andare a passare il caldo a Vicovaro. Non potresti far conto che Vicovaro fosse qui da me et star qui soltanto quanto volete star là et mi dareste il maggior contento del mondo et rivedresti un pocho la vostra Bella che dite amarla tanto. Volesse Dio che mi volessi una minima parte del bene che io voglio a voi che mi terrei felicissima. Attendiamo a ir a caccia spesso et così passiamo il tempo. Tutti questi signori vi baciano le mani et io vi adoro et pregio Nostro Signore mi vi lassi riveder presto. Di Fiorenza, a dì 5 di luglio 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adoradognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.202]

446 Il cardinal Alessandro Farnese, per mezzo di Paolo Giordano tentava un avvicinamento a Cosi-mo de’ Medici, cfr. E. Mori, L’Onore perduto di Isabella de’ Medici, cit., pp. 161-162.447 Paolo Giordano stava trattando con i banchieri comaschi Olgiati la vendita del castello dell’Isola. Queste vendite nascondevano in realtà prestiti su garanzia e venivano fatte con patto di restituzione dopo un certo numero di anni. La vendita di Isola sarà perfezionata il 15 febbraio 1567. Occorreva l’autorizzazione del duca e la firma di Isabella perché vi erano parti di quella terra vincolate per la sua dote. Come si vedrà, subito dopo però gli Olgiati rivelarono di aver comprato Isola per conto del cardinal Farnese che non volle più restituirla, cfr. E. Mori, L’Archivio Orsini, cit. pp. 66, n.268.

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160 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

172. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 6 luglio 1566

[non autografa]

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima io scrivo a monsignor illustrissimo cardinale che mi voglia far gratia di far

ogn’opera con il signor principe perché resti servito di accettare alli suoi servitii un gentilhuomo napolitano, che sarà l’apportator di questa, persona virtuosa dabene et molto amato da tutta Roma448 et perché desidero grandemente che conseguisca questo suo intento, vengo a pregar vostra eccellentia con ogni istanza maggior che per me si può, voglia, con quella autorità che si promette poter disponere di cotesti signori, oprar che sia accettato et far ogni larga fede al signor prencipe a nome mio che trovarà le qualità di questo gentilhuomo esser tale che meritano ogni gratia et d’esser tenute in considerazione dai pari di sua eccellenza, alla quale basciarà le mani a mio nome et così a tutti cotesti altri miei padroni, et a vostra eccellenza di tutto cuore mi raccomando. Di Roma, il dì VI di luglio MDLXVI.

Sebene non viene per hora a Fiorenza il suddetto gentilhuomo, desidero non di meno che vostra eccellentia faccia l’uffitio et mi avisi di quanto passarà.

Di vostra eccellentia illustrissima consorte et servitor che l’adoraPaolo Giordano Orsino.

[157, n.194]

173. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 7 luglio 1566

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimoda Fanfanicchio corriere ho inteso la volontà del signor don Gartia et debe far così

per meglio vostro449 et mi sono molto allegrata del vostro bene esser. Dio vi manten-ga longo tempo quanto voi desiderate, io sto bene et così tutti questi signori. Darò la vostra al duca et ne procurerò risposta. Noi attendiamo andar a caccia ma vorrei mi facessi gratia di mandarmi dua bracchi boni da riburire450 a et vi prometto ve ne te[rrò]a bona cura et anchora uno sparviere perché non ne [ho] salvo uno che me lo ha dato uno d[…] liano perché ve lo mandassi et io me lo ho [preso per] me perché so non dovete attender troppo alla [caccia]. Qui si vive senza dinari et senza credito, di [grat]ia ricordatevi di me et siate certo che vi adoro. Io scriverrei più longo ma mi

448 Purtroppo Paolo non fa il nome del gentiluomo che raccomanda con tanto vigore e nemmeno dice di cosa si occupa. Tuttavia questa lettera prova che attraverso il duca di Bracciano arrivavano eccellenze da Roma e da Napoli alla corte dei Medici.449 Filippo II aveva progettato un attacco contro Algeri ma don Garcia, che all’inizio aveva proposto a Paolo Giordano di seguirlo, si era tirato indietro per la difficoltà dell’impresa, cfr. Vanni Bramanti, Breve vita di Leonora di Toledo, cit, p.43.450 Sic: rabbonire

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8. Il lungo distacco: l’incarico del papa e il “lamento” di Isabella (1566-1567) | 161

levai alle 5 hore la notte passata et adesso moro di sonno. Dio vi dia quanto deside-rate, et vi bacio le mani. Di Fiorenza, a dì 7 di luglio 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dogna Isabella Medici Orsina.

Non la rescrivo perché mi moro di sonno, però abiatemi per serva.b [157, n.219]a La lettera è attraversata da una grossa macchia di inchiostro probabilmente caduto subito dopo aver scritto la firma. b Aggiunto sulla parte alta del foglio a sinistra dell’intestazione.

174. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 7 luglio 1566

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimanon ho mancato con la voluntà alla promesa che li feci, ma si ben con li effeti, et è

venuto che questa settimana ho hauto infinitamente da far sopra allo <ac>comodo delle miei cose oltre che per venti che son tirati fin a Roma mi han fatto se[n]tir non tropo bene, pur hora so’ afato guarito e dimane andrò a Braciano col fresco, che li medici mi han detto che ha Vicovaro [ci è] tropo mutation d’aria per esser il tempo tanto inanzi. Qui se vive al solito et il tutto passa quietissimo, il papa con la sua bon-tà et il cardinal Alesandrino451 il mede[si]mo, che è un gentilissimo frate. Del resto la sia sicura che l’adoro e che non desidero nesuna cosa più che vederla e goderla e che, non solamente l’amor li porto è cresciuto, ma è nell’ultimo termine dove possi star, e la pò tener per fermo de haver un marito che l’adora. Io scriverò a vostra eccellenza e al cardinal illustrissimo di cosa che molto importa a sua signoria illustrissima per huomo fidato. Il simil al duca, che se la parrà darglie la litera lo potrà fare e, perché il Capone partirà fra due o tre dì, scriverò per lui, e di già l’ho detto se ne vengi a Bracciano. Con che farrò fine pregando Idio che li dia tutti i suoi desideri et gli bacio la bocca e le mani. Di Roma, il dì VII di luglio nel 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adoraPaolo Giordano Orsino.

[157, n.260]

175. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 10 luglio 1566

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patron mio osservantissimodal corrier di Genova ricevetti una amorevolissima lettera et per quella intendo

il suo bene stare et me ne rallegro infinitamente. Dio lo guardi quanto io desidero

451 Michele Bonelli, nipote di papa Ghislieri, detto cardinale Alessandrino, cfr. Adriano Prosperi, Bonelli, Michele, DBI, vol. 11 (1969), pp.766-774.

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162 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

et li metta in core di venir presto da me, che in verità mi pare strano tanta lunga distantia. Mi dite nella vostra che mi ponete in ordine uno presente452, io ve ne bacio le mani et ogni cosa che da voi verrà mi sarà somma gratia; di poi mi dite che Giovanni Antinori si è partito per la malattia del padre et che io li dicha che attenda a fare i fatti sua, io anchora non ce lo ho detto, perché tre dì sono, lui mi disse che cerchava di aver non so che provisione di suo padre per poter tornarsene a servirvi subito. Se volete che io li dicha quello mi scrivete per la vostra, fatelo sapere che non mancherò far quanto mi commandarete, lui intanto sta qui et mi serve. Circha Cechetto, mi è parso cosa molto nova quando lessi nella vostra che lui era venuto qui, io non lo ho visto né credo sia capitato in queste bande, quanto io so di Cechetto che mi scrisse che con vostra licentia se ne andava alla volta di Sicilia per imbarcarsi sopra le galere de don Gartia453 et mi chiese una lettera di favore apresso don Gartia et io ce la mandai, et di Cechetto non so né ho saputo più se sia vivo ho morto. Ma mi doglio bene di voi che crediate che io abbia da far professione far mai cosa che sia contro la volontà vostra, et se per sorte farò mai cosa che saravi in dispiacer, non saperò che vi sia, perché più tosto patirò di morire che quando lo sappia mai farlo, et se pecherò per ignorantia non mai per malitia, però ditemi sempre la vostra volontà che mai sono per eser di quella et basta. Io vi pregio bene a mandarmi qualche assegnamento di dinari per questi debiti, perché non posso più star così per questi creditori. Detti le vostre et ve ne darò risposta per il procaccio. Vi supplicho a volermi bene perché certo io vi adoro, et non essendo questa per altro vi bacio le mani et così tutti questi signori. Dio vi dia quanto desiderate. Di Fiorenza, a dì 10 di luglio 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dognia Isabella Medici Orsina.454

[157, n.233]

176. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 13 luglio 1566

Illustrissima et eccellentissima signora consorte osservantissimaebbi hiersera una sua dove mi scrive la sua necesità e di già se li è provvisto di

mille scudi, è perché ho concluso la vendita dell’Isola e non si aspetta altro che la risolution del signore duca, se li mancherà degl’ altri gli scrivo a longo per il Caponi. La mi facci gratia ricordarsi di far più presto che può quel ofitio, ateso che il signore duca sia avisato del tutto e che poi vi faccia quella provisione che li parrerà. Ricevei una sua, come di sopra li ho avisato, piena di inchiostro, e, se lograrà455 ogni volta che scrive tanto inchiostro, le letere saranno tropo longe, ma

452 Un dono.453 Filippo II aveva progettato un attacco contro Algeri dandone il comando a don Garcia di Toledo, cfr. Vanni Bramanti, Breve vita di Leonora di Toledo, cit. pp.43-44.454 Risposta alla lettera del 30 giugno.455 Sprecherà.

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8. Il lungo distacco: l’incarico del papa e il “lamento” di Isabella (1566-1567) | 163

veramente ha ragione essendo l’ora tanto tarda. La voglio suplicar a farmi degno di mantenermi nella sua gratia, perché molto mi par meritarla, non per nesuna cosa, solo per il ben che li voglio. Me ne sto a Braciano con buona conpagnia di gentiluomini romani e niente mi par che me dia spasso non ci esendo la mia Bella. Io non mi trovo né strotier né brachi se non uno miserissimo che non è per vostra eccellenza, ma subito che ho […] ho spedito un stafier nella Marcha e nel Stato de Urbino per brachi di ucelli e astori tanto che ne portino buona quantità e per vostra eccellenza e per il signore duca e cardinal, e ancho per me, e non servendo questa per altro farrò fine con suplicarla a volermi bene, e gli bacio la bocca e le mani. Di Bracciano, il dì XIII di luglio 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.253]

177. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 15 luglio 1566

Illustrissima et eccellentissima signora consorte osservantissima oggi che semo alli XV ho riceuto una sua amorevolissima del che ne ho presa

quella consolatione che mi dà l’aver nuova di lei poiché non la posso goder come saria mio desiderio. Mentre che durano questi caldi, la prego a haversi cura e non afatigarsi tropo accioché non si amalassi, e che io la ritrovi bella e sana e che allo arivo mio possi farli far un Paolino. Il presente456 lo vo metendo in ordine, e subito che sarrà aconcio a mio modo gli lo mandarò perché l’agnus dei ancor non son fenite e perciò ritardarò un poco più di quel che pensavo. Circa al fatto di Gio-vanni457 mi è parso strano e di già l’avria scrito una litera per licentiarlo, ateso che quando si partì di qua mi adimandò licentia per otto o dieci giorni, né mai mi ha scritto, e certo che non posso se non dolermi di lui, ma, poiché vostra eccellentia l’ha commandato che resti a servirla, ancorché me lo devea scriver, mi contento de ogni cosa, solo li dica che non si havezzi a proceder meco in questa maniera e li facci un buon riboto e del vero la prego a far di maniera che vogli che io sia obedito come veramente fa, e mi scriva perché mi sarria di grandissimo fastidio il cognoscer tutto altramente del vero. Creda sicuro che l’adoro, con che gli bacio le mani suplicandola a far il simile al signor cardinal e duca e signor don Luigi. Di Bracciano, il dì XV di luglio nel 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.241]

456 Il dono. Sembra che Paolo stia creando qualcosa con le sue mani.457 Antinori.

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164 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

178. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 18 luglio 1566

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimaperché per far veder la ragion la quale pretendo d’aver nel stato di Tagliacozzo458

disideraria haver un so che copia che io detti a messer Giovanbattista Giordano459 e a suo figlio, puro suplico vostra eccellentia che mi facci gratia veder s’è là e man-darmelo subito, e se lei avessi l’originale facciami gratia mandarmelo per persona fidatissima perché molto me importa. E non servendo questa per altro, farrò fine con suplicarla a mantenermi nella sua gratia. E se quelli non se trovassino, <ce l’ha> il duca mi signor, il qual fu suplicato da me a far veder se quelle eran buone ragioni e gli detti la copia, la suplico a usar diligentia che io l’abbia, e così l’originale se lei l’ha, con che gli bacio le mani et la bocca. Di Bracciano, il dì XVIII di luglio nel 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.257]

179. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 18 luglio 1566

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patron osservantissimonella mia ultima vi scrissi che non volevo andar a Cafaggiolo per degni rispetti. Hora

mi hanno dato una del duca mio signore che subito visto la presente mi debbia partir a quella volta, et essendo a hore 16 non partirò perfino che il sole non sia sotto. Hora non voglio manchar darvene aviso acioché voi sempre sappiate ogni mia atione. Io non ho vostre lettere molti giorni sono et mi dà questa cosa infinito dolore per molti rispet-ti et massimo che mi immagino forse non vi debbiate sentir molto bene et Dio voglia che io mi inganni. Vi prego a non vi scordar di me. La scritta che mi avete mandato non la ho rimandata perché non la intendevo, ma ve la rimanderò per il corrier di Ge-nova o al più lungo per quello di Milano. Io non voglio manchar darvi delle nove certe che qua sono, ma si sanno per pochi. Di gratia non le date costà, basta ve le tengiate in voi. L’estate che viene il re vol fare la inpresa d’Algieri et ci vole ire in persona, et don Gartia vole darvi 500 fanti, come alli altri par vostri darà, et vole che voi andiate con lui. Però sarebbe meglio spender adesso un pocho mancho per poter supplir poi meglio alli tempi necessarii. Pigliate questo da me con quello amor che veramente la dicho. Io

458 Paolo cerca in ogni modo di recuperare terre per aumentare le sue entrate. Tagliacozzo era un antico feudo nel Regno di Napoli che gli Orsini avevano definitivamente perso negli anni Venti del Cinquecento cfr. F. Allegrezza, Organizzazione del potere e dinamiche familiari. Gli Orsini dal Duecento agli inizi del Quattrocento, Roma ISIME, 1998; E. Mori, L’archivio Orsini, la famiglia, la storia, l’ inventario, cit., pp.115-118.459 Dovrebbe trattarsi di un notaio come sembra da un atto rogato da un Giovan Battista Giordano nel 1564 presente nell’archivio Frescobaldi, cfr. Inventario dell’archivio Frescobaldi, a cura di Ilaria Marcel-li, 2007, www.soprintendenzaarchivisticatoscana.beniculturali.it/fileadmin/risorse/…/Frescobaldi, p.36.

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8. Il lungo distacco: l’incarico del papa e il “lamento” di Isabella (1566-1567) | 165

desidererei da voi quel ritratto che di già vi ho chiesto.460 Però di gratia mandatemelo che me farete una gratia grandissima, et per non vi esser fastidiosa fo fine e vi bacio le mani, che Nostro Signore vi dia quanto desiderate. Il cardinal vi bacia le mani. Non posso darvi risposta delle cose che mi avete scritto perché non ho parlato al duca, et di novo vi bacio le mani et vi adoro. Di Fiorenza, a dì 18 di luglio 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.231]

180. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 20 luglio 1566

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimacon mio grandissimo piacere ricevei una di vostra eccellentia dove mostra, per la

partita del cardinal, di haver un poco più voglia di vedermi che prima, e se ben io ho hauto vinculi, se non è stato con sadisfation de vostra signoria illustrissima, il partir suo di Firenze l’ho poi auto a charo per rispetto della solitudine, e che perciò se sarrà ricordata più caldamente di me, come veggio dimostra per la sua, il che veramente mi deve, perché non amo più nesuna cosa al mondo di lei. La ringratio infinitamente della litera che la mi ha mandata del signor duca, la quale con ogni mia forza vedrò di osservare, mi resta solo pregarla, per conto di levarmi de intrigi, che mi mandi il consenso suo sopra la vendita de l’Isola, ateso che lì e in altri lochi è asicurata la dote sua,461 e la farò asicurar in luochi che valeranno molto più che quelli non saranno, e di ciò la me ne facci gratia che non vi andrà punto di suo interessi. Io me ne sto a Bracciano, e sano e con piacere, dove vi è molti cavalieri e signori di Roma e di questo paese, e pasovi la vita alla giornata, pecato il non havervi lei. Le miei cose le vado so-lecitando accioché quanto prima si rifreschi possi, senza lasciar cosa fastidiosa, venir da lei, dove potrò poi pigliar resolutione afatto del viver mio. La stia poi sicura che l’adoro e mi facci gratia baciar le mani al duca e cardinal mi signori et al signore don Luigi et io gli bacio le mani et la bocca. Di Bracciano, il dì XX di luglio nel 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino

[157, n.240]

181. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 25 luglio 1566

Illustrissima et eccellentissima signora consorte osservantissima mi ritrovo a Bracciano dove vivemo in cantina perché da poi che è entrato il

sol lione si è fatto caldi grandissimi. Cerco di pasar il tempo meglio che posso et

460 Isabella aveva chiesto a Paolo un ritratto in un anello, cfr. lettera n.169.461 Come si è già detto (lett.n.95) la dote di Isabella era assicurata sulle due poste di Baccano e della Storta, su alcune tenute e sul castello di Isola.

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166 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

atendo ad acomodarmi acciò possi quietamente viver. Del resto non so che altro mi scriver, solo che l’amor cresce ogni giorno et la sia certa che l’adoro. Mi facci gratia darmi nuova spesso di sé e mi tengi in gratia di quelli illustrissimi et eccel-lentissimi signori con che gli bacio le mani et la bocca. Di Bracciano, il XXV di luglio nel 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.242]

182. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 4 agosto 1566

Illustrissima et eccellentissima signora consorte osservantissimavenendo la occasion che Nostro Signor mi ha fatto suo generale nella impresa

contra ai turchi che son smontati a Piscara,462 mando Anir per dargli la nuova e che li dica quel più che la causa merita e io, per havere prescia, io non li posso più scrivere, con che gli bacio le mani. Di Bracciano, il dì 4 di agosto 1566.

Di vostra eccellentia consorte che l’adora e servitorPaolo Giordano Orsino

[129, n.10]

183. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Macerata 10 agosto 1566

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissima mi trovo a Macerata dove ho hauta comesione da Nostro Signore fermarmi per

proveder a queste marine e s<t>o per il carco che io hoa. Scrise a vostra eccellentia che era per questa invasion di turchi. Arivato a Roma me la concessi463 sì come havea il conte Federigo464 e gli altri inanzi a me, sì che vostra eccellentia bisognarà vengi a Roma. Li mando avisi che havemo de l’armata e delle provision si son fatte, sì di cavaleria come di fanti, et vostra eccellentia ha molto da ringratiar Dio del favor che è piaciuto a Nostro Signore farmi, perché stia sicura ch’è un bel grado e perché è cinque notti che non dormo e ogni giorno duro fatiga come un cane. Li mando li avisi e mi perdoni se non son più longo et l’adoro et gli bacio le mani e la bocca. Di Macerata, il dì X di agosto nel 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora

462 Il breve del 4 agosto 1566 si trova in ASC, AO, Perg. II.A.26,002/A II.A.26,002/B; II.A.26,002/C; II.A.26,002/D (quattro copie dello stesso documento).463 Intende: me la concederà.464 Federico Borromeo, nominato capitano generale della Chiesa nel 1561 con una pensione di 1000 scudi era morto l’anno successivo, cfr. Roberto Zapperi, Borromeo, Federico, DBI, vol. 13 (1971), pp.31-33. Sulla carica cfr. Giampiero Brunelli, Al vertice dell’ istituzione militare pontificia: il generale di santa Chiesa (sec. XVI-XVII), cit.

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8. Il lungo distacco: l’incarico del papa e il “lamento” di Isabella (1566-1567) | 167

Paolo Giordano Orsino Governator general di Santa Chiesa.[157, n.270]a “hauto” cancellato.

184. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Macerata 15 agosto 1566

Illustrissima et eccellentissima signora consorte osservantissimadimane mi partirò per Ancona dove per comision di Nostro Signore vo a rivedere

quella cità con tutta questa riviera della Marca, e se non havessi fatto un poco di furbaria mi tocava la Romagna, insomma mi usarò a viver conforme alla stagione, poiché lo inverno son andato per nevi e montagne e adesso andrò in mare. Ma mi perdoni se non li ho scrito perché per vita sua io ho auto tanto da fare che ho hauto a impatire, et la guerra con mio primo mio afatigarmi è finita tanto presto che sian tutti disperati, e il generale e capitani e soldati. Ora chi serve qua harà ocasion di spesso far simil facende. Me n’andrò a Loreto dove mi confissarò e comunicarrò con tutti quei cavalier cossì che semo una frotta e da poi siquiremo l’ordine di Sua Santità del nostro camino che sarrà in Ascoli, e da lì per le montagne a Roma che, secondo intendo, Dio ne guardi i cani.465 Il papa quando mi spedì, spedì per comis-sario general monsignor di Fermo466 sotto al mio carico, il quale m’ ha sì fattamente contentato, che, oltre che per l’innanzi fusse mio grandissimo amico, avemo streto talmente l’amicitia che non è cosa che non facessi per suo servitio, e sapendo quanto la signora Costanza Lenzi sua sorella, sia amica di vostra eccellentia, mi ha pregato che gli scrivi quanto sia mio [amico], e veramente non potrei dir con nesuno, ateso quanto è più la benevolenza tra noi, la qualità del detto, essendo noto per tutto, cre-derò che vostra eccellentia la sapia, e mi creda ch’è un de primi prelati della corte, e questo basti sopra acciò. Mi facci gratia tenermi in sua gratia et a creder certo che l’adoro e che non desidero altra cosa più che vederla e servirla. Per vedermi alongar la occasion di poterla vedere mi crepa l’anima, pur bisogna servire, mi facci gratia a ricordarsi di me et a creder che l’adoro. Io scrivo al signor duca e principe e cardinal miei signori e li do conto di tutto l’esser mio e di quel che a vostra eccellentia scrivo, che per non infastidirla più farrò fine con baciarli mille volte le mani et la bocca. Di Macerata, il dì XV di agosto nel 1566.

465 Dio ne guardi i cani: Dio ce ne scampi e liberi. Si riferisce al fatto che le montagne erano piene di banditi.466 Si tratta di Lorenzo Lenzi (1517-1571) vescovo di Fermo. Nato a Firenze, parente dei Gondi, degli Strozzi e dei Gaddi. Il cardinal Niccolò Gaddi, suo zio, gli passò il vescovado di Fermo che gli resterà per tutta la vita. Sembra che fosse imparentato con la regina di Francia. Tornabuoni definiva la sua casa parigina: la sinagoga e l’asilo dei fuoriusciti. Nominato vicelegato di Avignone (7 febbr. 1562) vi soggiornò fino alla fine della legazione del cardinal Farnese, ovvero fino al 1565 e dopo Avignone tornò a Fermo. Su di lui cfr. Correspondance des nonces en France Lenzi et Gualterio, légation du cardinal Trivultio (1557-1561), a cura di J. Lestocquoy, Roma, Pontificia Università Gregoriana, 1977, pp.5-15; Stefano Simoncini, Lenzi, Lorenzo, in DBI, vol. 64 (2005), pp. 389-392.

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168 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

Vi mandarò da Loreto a vostra eccellentia e a madonna Alessandra qualcosa e pre-garò Dio per lei in questa mia confesione e communione che altro che il generalato della chiesa non lo faceva far per un pezzo.

Di vostra eccellentia servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino Governator general di Santa Chiesa.

[157, n.251]185.

Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsiniagosto 1566

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimodalla signora Costanza Lenzi467 ho riceuto una di vostra eccellentia la qual mi ha

portato tanto contento quanto dir si possa, poiché sono certa che state sano […]a di questo honorato grado vi siate disponendo [a confessarvi] et communicarvi, che No-stro Signore faccia che così sia, perché a chi con Dio sta bene, tutte le cose vanno bene, et [così] altrimenti, al male vanno le cose. Ho molto caro che Nostro Signore ve lo abbia riconfermato perché pensavo non fosse se non per questa giornata. Ben è vero che mi dole che ve lo abbia confermato, perché veggio che questa causa sarà che voi non vengiate più in questi paesi et a me me ne dole perfino al core, ma se voi volete star costasù, fate lo sappia acciò possa cominciar a mettermi in ordine e ditemi se verrete voi o pur manderete per me, perché sono risoluta a non voler star questo verno senza voi, che troppo mi è parso lo star per fino adesso. Anchor che io creda che a voi sia parso un giorno, a quello che veggo. Io arò patientia per fino che Dio vorrà et mi manterrà in speranza, perché spererò non abbia [sempre] a stare il male dove è posto. Sia sicuro che sono stata per perder il cervello perché non sapevo né come stavi né dove voi eri, perché da poi che Aniro si partì, mai di voi ho possuto saper nulla. Stando scriven<d>o mi hanno portato un’altra vostra delli otto del presente, alla qual non do [risposta] per-ché è troppo vecchia, solo vi dicho che ho molto caro [che qualche] volta voi scriviate a questi signori. Di qua non so che dirvi se non che sua altezza è gravida di tre mesi quasi, con molto nostro contento et massimo del duca mio signore, il qual per la Dio gratia sta benissimo et più giovine che mai sia stato che vi prometto non mostra trenta anni e tiene la sua solitaria vita. Io lo corteggio la maggior parte del tempo et mi fa tanti favori et carezze che questa sola cosa mi fa doler un pocho l’aver a lassar Fiorenza et non altro, ma vi amo tanto che mancho questo curerò, purché io sia certa che non vi annoi la mia compagnia. Vorrei sapere quando vi risolvete ch’io abbia da venir, acciò possa parlar con mio padre, perché per fino adesso non li ho ditto nulla. Io vorrei ancor procurare che ‘l cardinal venissi a Roma perché in vero cotesta ha da esser la sua stanza et non questa, et lui anchora se ne contenta di venire. Io sto bene per la Dio gratia, ma sono magra rispetto al gran caldo ch’ è stato, et anchora dura, ma pure adesso si […][158, n.268]a La lettera presenta un inbrunimento generale della carta e varie cadute d’inchiostro che rendo-no difficoltosa la lettura di alcune parole soprattutto nella parte finale.

467 Costanza Lenzi sposata con Antonfrancesco Gondi era sorella del vescovo di Fermo Lorenzo Lenzi.

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8. Il lungo distacco: l’incarico del papa e il “lamento” di Isabella (1566-1567) | 169

186. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

18 agosto 1566

Illustrissima et eccellentissima signora consorte osservantissimamando a vostra eccellentia le presenti cose, come potrà veder, et avisi il buon ani-

mo, ateso che il presente non sia degno di lei et creda sicuro per vita mia e sua che non ho trovato cosa nisuna degna di lei e che non havrei guardato allo […]a sì come farrò sempre per gli homini di quella patria che, per amor suo, la riputarò sempre mia. Ma dimane me ne vo al monte di Ancona a veder alcuni romitori molti devoti, e poi me ne andrò alla Madonna del Loreto e per la strada dovremo far un fatto d’arme con li forusciti che ve ne sonno in gran copia. Stasera mi han detto che mi aspetta una banda di 70 a Sirolo, luoco sotto al monte,468 ma anco noi semo posenti e semo altretanti, ma la magior parte su cavalli a vetura. Seguirò poi a rivedere queste marine e spero alla fin del presente mese […] il dì XVIII di agosto nel 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino Governator General di Santa Chiesa

[157, n.206]a La lettera presenta una grande lacuna al centro in corrispondenza della piegatura e sbiaditure d’inchiostro.

187.Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Fermo 24 agosto 1566

Illustrissima et eccellentissima signora consorte osservantissimali scrissi l’altro giorno di Ancona per Galeazzo Gerini469 et li mandai non so che

bagattelle che meglio non si trovorno là. Hora mi è parso avisarla del mio ben esser ma sì con il magior caldo del mondo, et mi trovo in un piccol borgo dove la zona […]a da poi la partita mia d’Ancona […] questi luoci sul mare li quali sonno talmen-te sprovvisti di muraglie e munizioni che non si può desiderar cosa peggio. Dimane me andrò a Ascoli dove mi fermarò dui giorni per veder de fermarvi, si potrò, alcu-ne risse che quelli huomini vi fanno di molta importanza, e per là me ne andrò in quatro giorni a Roma per […] detti molti necessarii ordini per la fortezza del luoco che molto n’ havia bisogno. Volsi ancora fortificarmi con Dio et così, insieme con molti cavalieri che son con meco, ci confessamo e communicamo et li comprai

468 Sotto al monte Conero.469 Galeazzo Gerini era un patrizio fiorentino. I Gerini si occuparono di attività bancarie ed ebbero una sede a Londra. Vari registri contabili e carte relativi a Galeazzo Gerini si trovano in ASF, Ar-chivio Gerini, reg.nn.314, 1541-1542, 1544, 2049. Vari membri della famiglia Gerini si trovano al servizio dei Medici. Nella Miscellanea Medicea si trovano documenti su: Andrea, Carlo, Francesco, Giovanni, Girolamo, Iacopo, Muzio, Pietro Antonio, si veda l’indice della Miscellanea Medicea II (201-450) a cura di B. Biagioli, G. Cibei, V. Vestri, coord. scient. e rev. P. Marchi, Roma, 2009 (Pubblicazioni degli Archivi di Stato, Strumenti; 186), p.981.

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170 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

alcune corone quali <v>è tutto torno la santissima imagine e alcun’altre reliquie, ma per parermi fossero puoco […] Ma secondo il mio credere bisognarà che resti a Roma al servitio del mio patrone e, se sarrà così, mandarò subito per lei, ateso che non potrò venire a trovarla e servirla per il viagio, ma di ciò se n’arà più particular aviso da Roma da me. Con che gli bacio le mani et la bocca. Dal porto di Fermo, il dì XXIIII di agosto nel 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora e l’adorarà più di sua vita

Paolo Giordano Orsini.[157, n.227]a La lettera presenta sbiadimenti d’inchiostro e una grande lacerazione orizzontale in corrispon-denza della piegatura

188. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 26 agosto 1566

[...]a vivere perché prima pareamo sempre morti. Qua si va a caccia qualche volta ma il sole troppo si fa sentire, però non possiamo far cosa bona. Io me ne vo spesso a Baroncelli a caccia a lepre a piè che ce n’è tanti che è cosa bella. Il principe sta bene, per la Dio gratia, et ve bacia le mani. Don Luigi si parte per andar in Spagnia et poi se ne ritorna di Genova et è qui, et aspetta le galere che mena il prior don Ernando il qual passa in Spagna et mena seco don Pietro di don Gartia, il qual va a servir la regina di Spagnia. 470 Don Luigi vi bacia le mani assai et dice che vi è servitore. Io non posso mancar di non vi ricordare i debiti di Fiorenza perché mi ronpono ogni giorno la testa, però ve li rachommando quanto più posso. Io starò aspettando risposta con gran desiderio et vi pregio a scrivermi qualche volta. Io non vi ho scrito perché non sapevo dove voi eri et non volevo che la mia lettere scioche fussino il trastullo delli corrieri o procacci, però abbiatemi per scusa perché adesso non mancherò scrivervi per ogni ocasione, ma ben vi pregio a rispondermi, perché le vostre lettere mi sono di infinito contento, però ricordatevi <di> scrivermi. Io vi adoro et mi pare mille anni ogni hora che non vi ho visto, et per non esser più fastidiosa fo fine et pregio Nostro Signore vi dia quanto desiderate et mantengi nella gratia vostra. Di Fiorenza, a dì 26 di agosto 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.221]a La lettera manca del primo foglio

470 Si tratta di: Fernando (Hernando) di Toledo, figlio naturale del duca d’Alba priore dell’Ordine di Malta; don Luigi Alvarez di Toledo, zio di Isabella perché fratello di sua madre Eleonora; Pedro di Toledo figlio di Don Garcia Alvarez di Toledo e quindi cugino di Isabella. Su tutti questi personaggi cfr. Vanni Bramanti, Breve vita di Leonora di Toledo, cit.

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8. Il lungo distacco: l’incarico del papa e il “lamento” di Isabella (1566-1567) | 171

189. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 1 settembre 1566

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patron mio osservantissimoho riceuto una sua insieme con cose mandatemi d’Anchona delle quale infinita-

mente gnene bacio le mani et ho preso infinito contento intender della sua salute, Dio faccia che sia sempre così et ho molto caro che vostra eccellentia non sia a Roma rispetto alle molte infirmità che mi dichono che ci sono471. Di gratia abbiatevi cura che non vi ammalassi. Il duca mio signore sta bene et così tutti questi altri signori, il cardinal vi bacia infinitamente le mani et io vi adoro al solito et mi pare mille anni di sapere quello abbia da fare, perché non posso star più senza vedervi. Questi signori vanno domattina al Poggio et con tal fine vi bacio le mani, Nostro Signore vi guardi quanto io desidero. Di Fiorenza, il primo di settembre 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.223]

190. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 2 settembre 1566

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patron mio osservantissimovenendo messer Pandolfo Stufa472 costasú per certi sua negotii, vi supplicho, avendo

bisognio di favore, che per far più a me gratia li facciate tutti li favori possibili che li pi-glierò come in persona mia propria, et essendo lui così mio amicho crederrò che appres-so vostra eccellentia questo solo basti. Io sto bene et con desiderio grandissimo di veder-vi et massimo che intendo che a Roma sono tante grande infermità, però vi ricordo ad avervi cura. Sua altezza anderà domani al Poggio et il cardinale, il duca mio signore se ne sta qui in Fiorenza et io con lui, et non essendo questa mia per altro vi bacio le mani. Nostro Signore vi guardi quanto io desidero. Di Fiorenza, a dì 2 di settembre 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.217]

471 L’epidemia, che coinvolse 4000 persone, fu dovuta ad un ristagno d’acqua causato da una fuoriu-scita dall’acquedotto vergine allora in costruzione, cfr. Vitale Zanchettin, L’acqua di Roma tra rovine antiche e fabbriche moderne, «Roma Moderna e Contemporanea» XVII/1-2 (2009), pp. 188-189. In quell’occasione Pio V si prodigò nell’organizzazione dei servizi sanitari. Tra le organizzazioni più efficienti emerse quella dei Fatebenefratelli.472 Pandolfo della Stufa (1500-1568) apparteneva ad una delle più ricche famiglie fiorentine molto legate ai Medici. Da giovane soggiornò a lungo in Francia e fu coppiere della regina Caterina nel 1559. Anche in seguito, tornato a Firenze, rimase molto legato a quella corte. Cosimo de’ Medici lo impiegò in varie ambascerie in Spagna e alla corte pontificia. Nel 1566, alla data di questa lettera, fu inviato ambasciatore a Roma a congratularsi col nuovo papa Pio V, cfr. Vanna Arrighi, Della stufa, Pandolfo, DBI, vol. 37 (1989), pp.505-506.

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172 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

191. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Poggio San Lorenzo473 2 settembre 1566

Illustrissima et eccellentissima signora consorte osservantissima stamatina ho riceuto una sua longa e, ancorché io abbia molte volte scrito, pur

non me ne acusa se non dua. Hora mi ritrovo bene, ancorché abbia dui giorni fa hauto un poco di febre dove subito mi curai e caccai sangue e sto benissimo, bene-detto Dio. Circa a molti particulari che la mi scrive […] a fare, rispondergli […] ha fatto di tutto l’eser mio e al […] mane, ben li dico in un particular che mi scrive del cardinal, che mi parebbe necessario che il venisse, e masime in questo tempo che havemo un papa santissimo e bonissimo474; del resto mi mantengi in sua buona gratia et di quelli illustrissimi et eccellentissimi signori, et in particular al signore don Luigi, e che mi perdoni si mai risposi alla sua che subito arivato a Roma gli risponderò. Con che farrò fine. Del Poggio San Lorenzo, il dì 2 di setembre nel 1566 […].[157, n.207]a La lettera presenta una vasta lacerazione centrale in corrispondenza della piegatura e un’altra lungo il margine inferiore.

192. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 2 settembre 1566

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patron osservantissimocon mio grandissimo dispiacere ho intesa la indisposizione di vostra eccellentia,

ma mi sono consolata che mi dichono che è stata una sola febbre, però desiderei sapere se è così, però vi supplicho a farmelo scrivere perché se il male seguirà, che a Dio non piaccia, io me ne verrò a servirvi, perché persona del mondo lo farà con maggior amore di me. Meglio potrà essere però fatemi scriver come state punto per punto, perché non posso rallegrarmi se non so la vostra sanità, ma mi dole bene che di tanti servitori che tenete che nissuno s’è degnato di farmi saper nulla. Di gratia guardatevi delle infirmità di Roma perché intendo che sono grandi, et non essendo questa mia per altro vi bacio le mani et Nostro Signore mi vi renda sano. Di Fioren-za, a dì 2 di settembre 1566.

473 Poggio San Lorenzo è sulla via Salaria, tra Rieti e Fiano Romano. Paolo è sulla strada del ritorno da Ancona.474 Il cardinal Ferdinando, dopo aver fatto l’anno precedente l’entrata ufficiale a Roma, era poi tornato a Firenze. Nonostante le direttive di Pio V tendessero a vincolare i cardinali alla residenza romana, Ferdinando fissò la sua dimora a Roma solo a partire dal gennaio 1569, cfr. Elena Fasano Guarini, Ferdinando I de’ Medici, granduca di Toscana, DBI, vol. 46 (1996), pp.258-278. Su Ferdi-nando cardinale cfr. Stefano Calonaci, Ferdinando de’ Medici: la formazione di un cardinale principe (1563-1572),«Archivio Storico Italiano» CLIV (1996), pp. 635-690. Come si vede da queste lettere Paolo e Isabella molto si dettero da fare per il trasferimento di Ferdinando a Roma.

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8. Il lungo distacco: l’incarico del papa e il “lamento” di Isabella (1566-1567) | 173

Di vostra eccellenza illustrissima serva et consorte che vi adora dognia Isabella de Medici [Orsina].

[157, n.230]

193. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 13 settembre 1566

Illustrissima et eccellentissima signora consorte osservantissimail desiderio che ho di vederla credo che la se ‘l posi imaginare, ateso non havendo

altro bene che lei e trovandomi lontano, può pensar nella maniera mi trovi, et sopra a ciò basti, perché quanto prima mi sarrà concesso, tanto prima l’averò meco. Nostro Signor mi [fa ogni] a giorno infinite gratie, et avisarà […] baston da poi la venuta del-lo abasciator di Francia475 a ciò che non venisse a infastidir li cardinal con dui subiti concistorii e supito fatto ciò, verrò a mandare per lei, sì come vorrà, et potrò farlo essendo servo, dove l’ho di già provista di una buona casa, acciò che, poiché li parrà malagievole, sicome ha ragione di uscir di Fiorenza, che almeno non pegiori di casa, la quale è l’uno e l’altro palazzo di Santi Apostoli.476 Li portamenti di Guglielmo477 son tali che non mi abasta l’animo per vivervi sotto, oltre che sia scoperto tristo, con ciò non pensi che sia messer Giulio perché l’ho meso al suo paragone ma è ver che Dio vol avisar l’animi buoni. Deverà saper che, mentre son stato fuori al servitio che nostro signore mi haveva comesso, senza nesun preposito ha casato478 Giuliano […] suo casiere, giovane buono, e Giuliano […] ministro a Bracciano, e, oltre che servisino molto bene, eran di poi stati eletti da me ministri sotto di lui, come si è visto […] di me o credendosi avessi a morire o di andar a Costantinopoli schiavo, gli levò con scuse triste e bugiarde. Io ho avuto grandissima patientia, ateso che così porta il tempo, e, per vita vostra, havea di già comesso si butassi in fiume, però lo rivocai. Scrivo sopra a ciò al duca mi signore, la suplico a presentargli la litera a ri-durli a memoria che l’adoro come mio Idio e che in ogni fortuna mi trovarò sempre

475 Il 4 ottobre 1566 il conte Just de Tournon, ambasciatore di Carlo IX, fece il suo ingresso a Roma per giurare obbedienza in nome del re.476 Si trattava dei due edifici quattrocenteschi posti ai lati della basilica dei Santi Apostoli. Il pa-lazzetto sul lato sinistro nacque nel XV secolo per volere del cardinal Pietro Riario come residenza del cardinal commendatario e convento dei frati minori conventuali. Il secondo palazzetto sulla destra fu realizzato da Giulio II e verrà inglobato nel complesso Colonna. Nel 1562 Marcanto-nio Colonna lo aveva affittato al cardinal Carlo Borromeo (cfr. Sara Magister, Arte e politica: la collezione di antichità del cardinale Giuliano Della Rovere nei palazzi ai Santi Apostoli, Roma, Ac-cademia nazionale dei Lincei, 2002, pp.483-484). Due lettere di Bernardo Carniglia al cardinal Borromeo dell’aprile e maggio 1566 informano che Giovanna d’Aragona, madre di Marcantonio Colonna, aveva chiesto il palazzo per Paolo Giordano Orsini ma le era stato negato (cfr. Biblioteca Ambrosiana, lettere di San Carlo Borromeo, F77inf. n.epist. 92 e 94) non sappiamo se successiva-mente il cardinale abbia ceduto, visto che Giovanna per il suo rifiuto lo aveva giudicato “molto mal creato”. 477 Guglielmo Dei, amministratore di Bracciano per conto di Cosimo de’ Medici.478 Cacciato.

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174 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

suo affetionatissimo servitore, con che gli bacio la bocca. Il papa mostra ogni giorno più la volontà buona che tiene verso sua eccellentia et essendo così la suplico farli ciò intendere [anchorché] il signore ambasciator a longo arà sopra di ciò scrito et in ogni maniera secondo il […] giuditio il cardinal doverà[…] di nuovo gli bacio la bocca e le mani. Di Roma, il dì XIII di setembre nel 1566.

Vostra eccellentia non ci tengi noialtri di qua apestati perché non semo, ancorché molti lo dicano, e son baie tanti morti e malati, ancorché seguitino ogni giorno qualcuna, ma è consueto della cità nostra e questo anno ve ne sonno poco più del ordinario.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.228]a La lettera presenta un generale sbiadimento d’inchiostro e una lacerazione in corrispondenza della piegatura centrale che rendono difficoltosa la lettura

194. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 14 settembre 1566

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patron mio osservantissimonon voglio manchar con la ocasione di Mario Bertucci479 dar nova di me a vostra

eccellentia et baciarli le mani con questa mia. Io per la Dio gratia sto assai bene ma travagliata per la infermità di dognia Leonora mia nepote, la quale di f lusso sta alla morte,480 Dio me la renda sana, perché m’è di grandissimo contento. Io ero al Poggio et rispetto di questo sono tornata a star qui, fin tanto vegga quello vole far Nostro Signore di lei, poi me ne tornerò con il duca mio signore al Poggio a quelle belle caccie. Sono stata aspettando che messer Giulio481 mandassi dinari per li debiti, ma non ne ha mandato mancho per il vitto di casa. Io ho fatto il meglio ch’ho possuto, ma adesso non so più come mi fare. Però vi suplico a dar ordine che io sia provista. Tutti questi signori stanno bene Dio gratia, ma ci è tanto gran caldo che ci si crepa, anchor che ci sia piovuto più volte. Desidererei saper la re-solutione della mia venuta costà perché per anchora non ho ditto cosa nessuna al duca e però di gratia scrivetemi la resolutione et non essendo questa mia per altro vi bacio le mani et vi ricordo a riguardarvi da coteste infirmità. Da Fiorenza, a dì 14 di settembre 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.201]

479 Fiscale di Bracciano.480 Vedi la lettera di Francesco de’ Medici (n.565) nella seconda parte di questo volume.481 Giulio Folchi.

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8. Il lungo distacco: l’incarico del papa e il “lamento” di Isabella (1566-1567) | 175

195. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 17 settembre 1566

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patron mio osservantissimoper il corrier di Genova ho riceuto una di vostra eccellentia la quale mi ha por-

tato infinito contento intendendo il suo bene esser, Dio lo mantenga quanto io desidero. Ho visto quanto mi scrivete sopra Guglielmo482 et io non me ne maravi-glio punto perché di già lo ho conosciuto per una bestia. Ho dato la vostra al duca et ne procurerò risposta quanto prima. Circa il mio venir costà di già vi ho scritto quanto occorre, ma ve lo voglio replicare, vi dicho che desiderarei saper quando volete che io venga costà perché anchora non ho ditto parola al duca mio signore et questo vorrei fare con bona gratia sua, però vorrei sapere il quando et come, acciò faccia tutto con bona gratia del duca mio signore. Circha la casa, io non me ne curo, perché verrò a Roma per star con voi et stando con voi starei in un forno contenta et se mi dorrà la partita di qua ve lo lasso pensar a voi poiché ci lasso un padre della sorte di questo et che mi ama tanto che vi prometto non lo potrei mai dire. Ho grandissimo contento sapere che Nostro Signore vi faccia tante carezze, Dio faccia che seguiti sempre così et voi non manchate far il debito vostro come avete cominciato che così mostrerrete aver ingegnio seguitando un papa di tanto bona vita et santa. Il duca mio signore vi ama quanto la vita sua et di questo siate-ne certissimo. Io sto assai bene ma mi sono un pocho travagliata della morte della mia nepote la quale morse domenicha sera con tanto stento come se fussi stata grande, et certo che mi è doluta assai perché mi era un trastullo grande.483 Di qua non ho che dire altro se non che vi adoro al solito et mi pare ogni hora mille anni di vedervi. È capitato qua maestro Bernardino ballatore,484 ditemi quello volete che io ne faccia perché non voglio far nulla mai che vi sia in dispiacere. Tutti que-sti signori sono al Poggio, infora che il duca il qual è qui et piglia le vinaccie.485 Io me ne sto volentieri qui da lui et lui mi fa mille carezze. Starò qui con lui tanto che vadia al Poggio et poi me ne anderò seco per veder un pocho quelle belle cac-cie. Sua altezza segue la sua gravidezza,486 della andata del cardinale a Roma non se ne ragiona, bisognerebbe ven[isse] scritto di costà dal inbasciatore487 qualche cosa. Et non essendo questa mia per altro li bacio le mani. Che Nostro Signore lo guardi quanto io desidero. Di Fiorenza, a di 17 di settembre 1566.

482 Guglielmo Dei483 In questa lettera appare molto chiaro che la piccola Eleonora che muore a settembre del 1566 non è figlia di Giovanna d’Austria che in questo momento, come si dice in questa stessa lettera, è ancora incinta. In nessuna lettera si accenna alla madre della bambina. Isabella la definisce “mia nepote”, quindi è chiaramente figlia naturale di Francesco. Si veda anche la lettera di Francesco a Isabella n.565.484 Bernardino Sala maestro di ballo.485 Le vinacce sono le bucce dell’uva. Hanno proprietà anti infiammatorie.486 Giovanna d’Austria.487 L’ambasciatore mediceo a Roma era Averardo Serristori.

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176 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dognia Isabella Medici Orsina.

Stamani è morto il mio cavallo ermellino488 però bisognia che me ne buschiate un altro, non dicho ermellino, ma sia per passegiare, et mancho ne ho fretta.[157, n.204]

196. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 18 settembre 1566

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimaio mi trovo tanto ocupato nel servir Nostro Signore che non gli scrivo tan-

to speso quanto sarria il debito mio, la suplico a perdonarmi. Ho da rispondere all’ultima sua dove mi scrive il desiderio ha di vederme, il che quanto obligo li tengo la lo sa benissimo et vedendo <che> mi fa di questi favori cresce tanto che non lo potrò mai pagare. Ho suplicato monsignor illustrissimo Pacecho a suplicar il signore duca contentarsi che ella possi venirse quando sarrà il tempo a starsene meco, poiché a me non mi è concesso di venir costì per il grado che <a>Nostro Signor è piaciuto darmi, la prego a volersi contentar di ciò et la creda che ancorché lascerà quelli illustrissimi signori che per questo inverno haverà credo spaso, et perché ciò abbia a esser li ho trovato la meglio abitation di Roma, come per l’altra mia gli scrissi. Cresce tanto ogni giorno l’obligo in me verso Nostro Signore per le infinite amorevolezze che mi fa che lo adoro come veramente merita perché l’è un Cristo, e pur hieri ragionandoli del particular mio del bastone mi rispose che io ero suo figlio carissimo, e che alle cose miei ci pensava, e che l’aria fatto prima che non havea deliberato, e li prometo che ogni volta mi vede con esser severissimo si ralegra tanto ch’è cosa strana, et ragiona meco con tanta familiarità quanta faria il duca mi signore che, sì come li dirà monsignor illustrissimo Pacecho, li mostra Nostro Signore infinita amorevolezza, e perciò, secondo il mio poco giuditio, il cardinal doveria venirsene a Roma dove è la sua stanza e in tempo di <un> papa che adora il duca mi signore e di bonissimi costumi che non bisognaria pensar ad altro che studiar. Io mi son fatto mezzo Cristo e cioè buon cristiano, e ogni ma-tina odo la mia messa, fo benedir la tavola e insomma vivo come christiano, che prima ero un desoluto e un tristo, e tutto per gratia de Idio e di Nostro Signore. La suplico a mantenermi nella sua gratia et de quelli illustrissimi et eccellentissimi signori la qual a par della vita desidero. Disideraria saper come il duca ha acarez-zato il cardinal Farnese, et in ciò qualche particular, come ancora della venuta di monsignor illustrissimo a Roma,489 con che gli bacio le mani et la bocca. Di Roma, il dì XVIII di setembre nel 1566.

488 Si dice anche cavallo ermellinato, con il pelo a imitazione dell’ermellino: bianco disseminato di ciuffetti scuri. 489 Il cardinal Ferdinando de’ Medici non aveva ancora preso la sua residenza a Roma.

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8. Il lungo distacco: l’incarico del papa e il “lamento” di Isabella (1566-1567) | 177

Di vostra signoria illustrissima et eccellentissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino

[157, n.268]

197. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 21 settembre 1566

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patron mio osservantissimodal capitan Cencio Capozuccha490 ho riceuto una vostra a me di infinito contento

poiché per essa veggio il desiderio che dite aver di presto vedermi, et vi prometto che lo ho io molto maggior di voi, però di gratia risolvetemi quando volete che io venga a Roma perché desidero saperne la certezza, perché il cardinal mio fratello mi dice che volete venir voi a star qua, però desidereri saperne la certezza et il quando. Il cardinal Farnese è arrivato qui et il duca et cardinal li hanno fatto mille carezze, Dio faccia resti satisfatto, alloggia in palazzo del principe et è secho Delfino,491 et mio fratello non lo lassa mai. Domani anderà al Poggio a veder sua altezza et posdo-mani si partirà. È venuto subito a visitarmi et ha parlato di vostra eccellentia tanto amorevolmente che li sono obbligata, et mostra portarvi grandissima affetione, ma sapete la malitia che cova sotto quelle toge longe. Vennero da me subito tutti quelli gentilomini romani et io li offersi la casa et ogni cosa, ma non li forzai a restar qui poiché sono sola, senza compagnia. Io sto aspettando se è vero che vogliate venir a star qua opure che io vengi costà, perché così non mi posso accomodare a star più, perché comincia a venir il freddo et è male avendo così bona compagnia redursi a star sola come sto. Qua ci è frescho assai, pregerrò nostro signore che faccia piover costà et presto. Il duca mio signore sta bene et vi rimanda li baciamane duplichate et certo vi ama da figliolo, il cardinal al simile vi bacia le mani et io vi adoro. Di qua non c’è altro di novo se non che don Luigi oggi alle 22 hore s’è partito per Genova et lì troverà le galere di Spagna che l’aspettano et vi bacia le mani et non essendo questa mia per altro fo fine. Che Nostro Signore vi guardi et mi vi lassi riveder presto. Di Fiorenza, a dì 21 di settembre 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.269]

490 Cencio Capizzucchi nel 1563 aveva avuto da Pio IV il comando della milizia cittadina con il titolo di “maestro di campo generale delle battaglie dell’alma città di Roma e di tutto lo Stato eccle-siastico”. Egli mantenne tale incarico fino al 1570. Nel 1566 probabilmente era ad Ascoli con Paolo Giordano. La sua fama di grande soldato si diffuse talmente che l’arciduca Ferdinando d’Austria fece trasportare le sue armi ad Ambras conservandole nella grande raccolta delle armi dei più famosi capitani, cfr. Mirella Giansante, Capizucchi, Cencio, in DBI, vol. 18 (1975), pp.566-568.491 Pur nella completa mancanza di indizi, si potrebbe proporre l’ipotesi che questo Delfino, che ricorre anche nella lettera n. 369, sia Mario Delfini (+1584), sposato con Properzia Miccinelli, fra-tello ed erede di Gentile (+ 1559) famoso collezionista di antichità, molto legato al cardinal Farnese. Il figlio di Mario Flaminio combatté con il duca Alessandro Farnese, cfr. T. Amayden, Storia delle famiglie romane, cit. pp.374-376; F. Matteini, Orsini Fulvio, DBI, 79 (2013).

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178 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

198. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 28 settembre 1566

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patron mio osservantissimodal cardinal Pacecho ho riceuto una di vostra eccellentia a me d’infinito contento

intendendo il desiderio che mostra avere di vedermi et sia sicurissimo che molto maggiore l’ho io di lei et mi pare mille anni esser chiara della resolutione se devo venir costà et il quando, perché lo stare così abigua non mi piace. Io non ho anchora parlato sopra ciò nulla al duca mio signore perché infino che non me lo scrivete certo non li voglio dir nulla, però di gratia scrivetemene la resolutione acciò possa intender l’animo suo. A me pare mille anni di vedervi et massimo adesso che siate così bon cristiano io ho cominciato a farmi leggere quando ceno per diventar alla usanza delle moniche poiché vi vedo mezzo frate. Dio faccia che si perseveri perché Nostro Signore commanda che si voglia bene alla moglie et che non si desideri le donne d’altri, che qui consiste ogni cosa per me, et essendo bono cristiano io sono la più felice donna del mondo perché vi converrà osservar queste dua cose. Ma lassiamo ir le burle, anchora che queste a me non sono burle, io ho grandissimo contento delli favori che Nostro Signore vi fa et certo non pot<ete> far meglio che servire a uno così santo pontefice et massimo facendovi tanti favori quanti vi fa, mantenetevelo e carezzatelo perché i vechi vogliono carezze. Della venuta di Farnese non posso dirvi altro se non che la mattina seguente desinò a palazzo et seco il duca et il cardinale et subito dopo magniare andò al Poggio et stetti lì forse tre hore et si partì, se li è fatto tutte le carezze possibili secondo il modo di casa. Questi signori giovani se ne stanno al Poggio et noi vechi a Fiorenza et altro non c’è di novo. Il duca vi bacia le mani et vi ama al solito, et io vi adoro et mi pare mille anni che non vi ho visto, però solleci-tate a farmi sapere quanto devo stare perché possa acchomodar li fatti mia et non mi curo di tanta bella casa, mi basta star dove starete voi che lì sarò contenta. Io patisco una vita solissima et massimo adesso che si è cominciato a vegliare, tanto che me ne sto nel mio scrittorio a leggere quando non sto col duca, et così passo la vita, sto assai bene ma stavo meglio un mese fa. Qua ci è piovuto tanto che ci è freddo et le strade sono molto fangose tanto che bisogna sollecitare innanzi che si rompino afatto492 et non essendo questa mia per altro vi bacio le mani. Non dico li bisogni di casa perché ve l’ho scritto et voi li sapete et io non vi voglio infastidire. Nostro signore vi guardi quanto io desidero et mi vi lassi veder presto che per presto che sia sarà tardi al mio desiderio. Della venuta del cardinal costà non ne posso dir altro di quello di già vi ho scritto, et di novo vi bacio le mani. Di Fiorenza, a dì 28 di settembre 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dognia Isabella Orsina.

[157, n.226]

492 Questo piccolo accenno: “bisogna sollecitare”, fa pensare che Isabella intervenisse nella vita amministrativa della città.

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8. Il lungo distacco: l’incarico del papa e il “lamento” di Isabella (1566-1567) | 179

199. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 5 ottobre 1566

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimaho di molto suplicato il signore duca a favorirmi che posiate venirvene a star meco

perché, ancor che sia grasso, pur cominciano a tirar tramontane tanto frede che la notte non si può dormire se non aconpagnato, però della sua banda soleciti la resu-lutione acciò possi proveder a quanto ha di bisogno. Circa che vi ralegrate che viva cristianamente, essendo il timor de Idio segno di savieza, vi posete ancor ralegrar che abbia un poco più di cervello di prima. Ma lasciamo le baie, io atendo al servitio del mio vechio il qual ogni giorno mi fa più carezze, e pur stamatina ho ragionato con lui dui grosisime hore e mi ha fatto tanti favori che non abastaria scrivergli, et in somma crediate, per vita vostra, che mi ama de core perché si confida di me in molte cose e di molta importanza e mi sa mille anni che siate a Roma perché godiate con me di tanti favori che ricevo da questo bon principe, e sopra il mio carco stamatina mi ha detto queste parole: «il carco è vostro e ve lo voglian dare con quella autorità che meritate perché voi sete nostro figlio carissimo e nostra creatura et non dubitate perché ve volemo far meglio, ma abiate patientia qualche giorno perché è nostro ser-vitio», e di questo passo, come promette, si può tener per contrato. In questo mentre, esercito secondo il mio breve, et pur hieri, nella intrata del anbasciatore di Francia, vi andai come general della Chiesa e a mandato del papa,493 ma bisogna viver da cristiano vero perché, oltre che si facci il debito suo, si serve a modo del patrone, del resto non vi è ambitione anzi, sempre me ne vo solo, senza nesuno, e insomma si vive solitamente e non ci curamo di tanta superbia. La suplico a mantenermi nella sua gratia et sforzarsi quanto prima da venir qua. Dimane me ne andarò per dui giorni

493 Nella bolla di Pio V veniva conferito a Paolo Giordano l’incarico di Generale della Chiesa ma solo per quel che riguardava la difesa delle coste marchigiane dai turchi, con la promessa verbale di ampliare formalmente l’incarico quanto prima. Gli avvisi deplorarono che il duca di Bracciano fosse andato incontro all’ambasciatore con le insegne di Capitano generale di Santa Chiesa mentre ancora non aveva ricevuto la nomina ufficiale. Secondo Brunelli Paolo Giordano, che avrebbe avu-to la promessa dell’incarico con l’appoggio della diplomazia medicea, in seguito a quell’episodio sarebbe stato licenziato dal pontefice, cfr. Giampiero Brunelli, Soldati del papa, cit., p.43. Come si è visto da varie lettere, non erano stati i Medici ma era stato il cardinal Farnese a ottenere l’in-carico per Paolo Giordano. In quell’occasione il vero errore di Paolo fu di accettare le profferte dei francesi. Probabilmente fu proprio la diplomazia spagnola a metterlo in cattiva luce con il papa in modo da costringerlo a tornare a Firenze. Ma non è escluso che la diplomazia spagnola abbia agito in parallelo con quella medicea. Prima di tutto perché quell’incarico, non richiesto e concesso be-nignamente per intercessione dal cardinal Farnese, doveva creare il timore di ricatti del cardinale, con cui notoriamente i Medici erano in contrasto. In secondo luogo la troppo scoperta scelta di campo filofrancese che Paolo Giordano si apprestava a fare imbarazzava i Medici in un momento in cui il loro rapporto con gli Spagnoli si stava raffreddando. Ferdinando sapeva già da tempo che Paolo Giordano sarebbe tornato a Firenze, come si deduce chiaramente dalla lettera di Isabella del 21 settembre: «il cardinal mio fratello mi dice che volete venir voi a star qua». Comunque, anche se l’incarico non gli fu ampliato, fino all’anno successivo sembra che Paolo goda ancora delle grazie del pontefice.

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180 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

a cacia che ho dimandato licentia al papa stamatina, e me ne andrò a Formello. Mi resta solo suplicarla a ricordar, per servitio del signore duca e del cardinal, la venuta di esso monsignor illustrissimo. Ho dato a Fanfanicchio alcune cosette del mio ora-torio le quali le porti a vostra eccellentia e l’ho dato conto di tutto quel <che> passa e gli bacio le mani e la bocca. Di Roma, il dì 5 di ottobre nel 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.250]

200. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini494

Firenze 12 ottobre 1566

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patron mio osservantissimonon prima che adesso ho dato risposta a una vostra a me più cara che la vita per

non aver hauto risposta dal duca.495 Io dissi quanto ocorreva sopra ciò, et il duca mi ha risposto che non dirà nulla mai et che arà molto caro se tal cosa vi riescerà bene et se vi riescerà male che gnene dorrà per fino alla anima, et mai li ho possuto cavar una minima parola et sopra ciò non ve ne posso dir altro, voi sapete quanto il duca è severo et che non getta le sue parole al vento, io non ne ho possuto cavar altro, ma voglio ben dirvi l’animo mio come sempre farò, et voi poi potrete fare tutto quello che vi piacerà, ma pigliate le cose da me come veramente sono, ché sono dette con la maggiore affettione del mondo et ricordatevi che quando voi arete bene io ne sarò partecipe et se voi arete male che toccherà anchora a me, però pigliate le cose come da me sono dette. A me pare cosa molto strana che voi vogliate lassar il certo per l’incerto et vogliate mostrar al mondo d’aver il cervello vollubile come parrebbe se tal cosa facessi, ché avendo reso il […]496 una volta non mi pare a proposito che torniate a ripigliarlo, perché poi né il re di Francia, né il re Filippo497 si fiderà mai di voi. Però vi supplicho che ci pensiate bene, che queste sono cose da ragionarne mille volte et di poi farle una. Io dubito infinitamente che non siano cose composte costà da qualchuno per interesse loro et che desiderino la rovina vostra, ma non vi voglio dir nulla perché ve lo dirò a bocha, se Dio vorrà, et so che resterete meravigliato e basta. Ma voglio far conto che l’imbasciatore di Francia venga con questa commissione, che non lo credo, perché se così fusse il re vi avrebbe scritto una lettera et non mandatovelo a dire a boccha semplicemente, ma, come ho detto, voglio presupporre che habbia l’imbasciatore tal commissione,

494 Questa lettera è stata già da me pubblicata in L’Amore rivelato, cit., pp.57-59.495 L’ambasciatore di Francia, il conte Just de Tournon, aveva proposto a Paolo di passare al servizio del re di Francia e Paolo aveva chiesto a Cosimo de’ Medici, attraverso Isabella, il parere, ma soprattutto il suo permesso. Sulla vicenda cfr. E. Mori, L’Onore perduto di Isabella de’ Medici, cit., pp.150-156. 496 Una lacerazione del foglio impedisce di leggere la parola, ma Isabella intende il collare dell’Or-dine di San Michele, la massima onorificenza concessa dai re di Francia, che Paolo Giordano, obbe-dendo a Cosimo de’ Medici, aveva restituito nel 1559 per passare al servizio del re di Spagna. 497 Filippo II re di Spagna.

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8. Il lungo distacco: l’incarico del papa e il “lamento” di Isabella (1566-1567) | 181

vi prego a pigliar esemplo dalli altri che hanno servito Francia che mai hanno auto cosa di quelle che sono state promesse loro, et so che per condurvi a tal cosa vi pro-metteranno mari e monti, et al osservarlo non sarà nulla. Voi potete star con il re Filippo senza obbligo nessuno et volete suggettarvi a uno che ha più bisogno di voi. Il re Filippo in tempo di pace vi dà più che a nessun altro cavaliero italiano et credo che se vorrete attender che vi darà anchora il Tosone,498 et intanto potete attender a servir cotesto bon vechio,499 poiché vi fa tante carezze et vi pone in sì honorato grado et mostrate al mondo che siete cavaliero, et che ne volete anchora far ritratto, et lassate c<i>arlar quelli che vi pongono in tale opinione che non cerchono se non la rovina vostra, et essendo servitor del re Filippo siate per conseguentia anchora del re di Francia, essendo suo cugnato; fate carezze a ognuno et fate differentia dalli che vi sono veri amici a quelli che vi sono finti perché a questo si conosce la prudentia delle persone, et ormai voi siete in età da cognoscer, ma quello che vi fa danno è solo l’aver voi l’animo bono, et pensa[te che se] voi non fareste una cosa brutta che così sono anchora l’altri, et questa è oggi una regola che spesso fallisce. Io mi sono distesa troppo nel parlare et acciò che, se questa mia fussi trovata, paresse al mondo che io vi voglia dar consiglio avendone tanto bisogno per me. Ve la ho voluta mandar per uno staffiero a posta, acciò non capiti male, et state certo che tutto quello che io ho ditto e dicho, che me lo fa dir solo l’affetione et amore che vi porto et non interesse altro nissuno, come forse fanno l’altri, e siate certo che pocho mi curo né del re di Francia et mancho del re Filippo perché non ho d’aver bisogno di nissuno di loro. Dio mi guardi voi et mio padre ché delli altri pocho mi curo. Se voi sarete franzese et io franzese, et se voi imperiale et io imperiale, et di questo statene sichuro; et ricordatevi che quando voi sarete più gr[an]de che il medesimo sarò io perché voglio sempre adoravi come è mio debito, et se fussi a me di farvi re del mondo, molto volentieri lo farei, et tutto questo dicho solo acciò che non pensiate che quello che dicho me lo faccia dir parte nissuna che io abbia o con Francia o con Spagnia, ma solo il parermi che vi cumpla500 più al honor così et anchora al utile ma, essendo voi più savio di me, lasserò fare a voi, solo mi basta avervi ditto a pieno l’animo mio come farò sempre finché da voi non mi sarà vietato et, quando voi farete così con meco, allora conoscerò che mi volete bene. Circha alla mia venuta costà io ho dato una vostra portatami da Fanfanicchio al duca, e li ho parlato amorevolissimamente, et certo che li pare strano che io l’abbia a lassare, perché mi vede meglio che a sé stesso, ma credo che al fine ci si acchommoderà perché non vi vole scontentare, ma per anchora non mi ha voluto risponder, ma se voi lo pregerrete lui far<à> quello vorrete ancorché non m’ ha mai ditto che non voglia. Io farò quello vorrete et quando averò resolutione dal duca ve lo farò subito sapere et credo che sarà presto. Io ho la maggior voglia del mondo di vedervi et mi pare mille anni ogni hora et siate certo che dal canto mio non mancho sollecitare,

498 Il Toson d’oro era la massima onorificenza concessa dal re di Spagna. Paolo Giordano non l’avrà mai. Verrà concessa a suo figlio Virginio nel 1605, cfr. E.Mori, L’Archivio Orsini, cit., p.71, n.289.499 Il pontefice Pio V.500 Complir in spagnolo = soddisfare.

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182 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

ma fate voi poiché poi ché sarò risoluta dal duca non abbia a aspettare cento anni et bisognia che di costà mandiate che venga per me acciò vadia come vostra moglie et come figlia di chi sono et bisognia proveder dinari per tale effetto perché io non ho più né credito né dinari, però bisognia pensarci. Io, subito auta resolutione, ve lo farò sapere che credo sarà fra tre o quattro giorni al più lungo et credo che non mi conoscerete tanto sono vecchia et quando mi lassasti audivo da dua orechi, adesso mi è cascato un [orechio] e non sento quasi nulla dal orechio mancho. Io vi bacio infinitamente le mani del presente portatomi da Fanfanicchio et certo è cosa come di vostra mano et se nel vostro oratorio sono di queste cose io diventerò santa in tutto et per tutto, ma poiché siete cristiano, io sarò cristiana, et desidero venire a Roma acciò conoschiate che non sono più bambina et che, poi che sono invecchiata nel viso, che sono anchora vechia nel resto et basta, et lo vedrete presto. Circha la venuta del cardinale, non bisognia per adesso parlarne perché non ci veggio ordine nissuno, anchora. Pacecho che ci abbia fatto tutto il suo potere ma non ne vogliono sentir nulla.501 Il cardinale desidererebbe infinitamente venire et massimo poi che vede che voi vi fermate costà che vi prometto vi vole meglio che al principe, et a me non achade dirlo perché non mi si leva mai d’attorno, et credo che al fine abbia da stimular tanto suo padre che sarà forzato a darli licentia. Tutti stanno bene et sua altezza già sente il bambino502 et tutti mi fanno mille carezze et pare loro faticha che io li abbia a lassare, ma faccino il meglio che possono che io sono risoluta a star con il mio grasso. Madonna Alessandra vi bacia le mani e così tutte l’altre. Il duca fa il simile et il cardinale et il principe et anchora il cardinal Pacecho. Et perché ho scritto tanto, fo fine acciò non vi abbiate più a strachare con leggere et a me mai verrebbe annoia lo scrivere. Vi voglio ben pregare che vi ricordiate di provedermi di qualche dinaro perché altrimenti non mi potrò partire rispetto a certe cose <che> mi bisognia provedere, come chinee, delle dame et altre cose. Et ricordatevi che vi adoro et che il maggior desiderio che io abbia è di presto rivedervi. Che nostro signore vi guardi quanto desiderate. Di Fiorenza, a dì 12 di ottobre 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dogna Isabella Medici Orsina.

Ognuno sta spantato503 dell’oriolo nell’anello,504 dichono esser la più bella cosa d’I-talia, come in vero è, et, perché so lo avete caro come l’ho io, ve lo scrivo. Al ballatore se li farà tutte le carezze possibili, et crederrò anchora menar mecho costà Scipione delle Palle505 il qual vi bacia le mani.[157, n.197]

501 Paolo le aveva chiesto di informarsi su quando il cardinal Ferdinando sarebbe venuto a Roma.502 Giovanna d’Austria.503 Attonito, ammirato.504 Isabella aveva chiesto in dono un anello con il ritratto del marito (n.169) lui invece le manda un anello con un orologio.505 Scipione delle Palle, cantante e compositore senese, cfr. A. Cerocchi, Delle Palle, Scipione, in DBI, vol.38 (1990), pp.43-44.

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8. Il lungo distacco: l’incarico del papa e il “lamento” di Isabella (1566-1567) | 183

201. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 13 ottobre 1566

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patron osservantissimoieri scrissi a longo per uno staffiero a posta, ma essendo arrivato uno staffier di

vostra eccellentia, non ho voluto che si parta senza mia lettere. Io sto bene Dio gratia et con grandissimo desiderio di vedervi et se verrete vi potrò veder presto et basta, voi intenderete quel che voglio dire da altre lettere che averete doppo questa, solo vi dicho che starà a voi et amorevolmente. Non posso scriver a longo perché sono con il duca et cardinal Pacecho et Medici et principe et dognia Violante convitati in casa Altopascio506 et starò per fino a sera, et non essendo questa mia per altro, vi bacio le mani. Vi mando un paro di bracchi figli della mia Poccona, di gratia fatemeli finir di far boni, et non essendo questa mia per altro, vi bacio le mani. Che nostro signore vi guardi quanto io desidero et mi vi lassi presto vedere. Tutta la compagnia vi bacia le mani. Di Fiorenza, a dì 13 di ottobre 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.200]

202. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 14 ottobre 1566

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patron mio osservantissimocon la ocasione della venuta di messer Augusto non voglio manchar darli nova di

me et farli saper che per la Dio gratia sto bene ecetto del orechio del quale non ne sento quasi nulla, ma credo passerà perché è un pocho di scesa.507 Oggi è venuto il duca mio signore et il cardinal Pacecho et il nostro cardinale a desinar mecho a Baroncelli et <è>restato satisfatto assai. Della mia venuta a Roma non so che dirvi se non che sono vostra et voglio esser sempre, però fate voi, io farò sempre tutto quello voi volete sempre sempre. Il ducha per anchora non mi ha risposto, voi sapete come è fatto, et sopra ciò non vi posso dir altro. Me ne sto con grandissimo deside-rio di vedervi et ogni hora mi pare mille anni, Dio faccia che sia presto. Il cardinal de’ Medici vi bacia le mani, et certo che vi ama di core, come da messer Augusto potrete più appieno intendere, venendo solo per questo, et siate certo che il cardinal ha la maggior voglia di vedervi del mondo et vi vol meglio che se voi li fussi fratello proprio, et volessi Dio che lui fussi bono a farvi servitio che metterebbe la vita per voi mille volte l’ora. Et non essendo questa mia per altro, vi bacio le mani et non vi

506 Intende in casa di Ugolino Grifoni. Donna Violante è Violante d’Altamira, la giovane moglie di don Luigi di Toledo zio di Isabella. Violante era anche nipote di don Luigi in quanto figlia di sua sorella Anna e di Lope de Moscoso conte di Altamira, cfr. Vanni Bramanti, Breve vita di Leonora di Toledo, cit., pp.33-34, n.45.507 Scesa: catarro.

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184 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

scrivo a longo perché di già vi ho scritto quanto ochorreva et di novo vi bacio le mani et prego Nostro Signore mi vi lassi veder presto. Di Fiorenza, a dì 14 di ottobre 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.232]

203. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici508

Roma 17 ottobre 1566

Illustrissima et eccellentissima signora consorte osservantissima hora hora ho riceuta una sua e me inferse de infinito dolore, atesoché, quanto più

e con l’animo e con le forze ho cercato e cerco di servir quelli signori illustrissimi,509 tanto non so far che si contentino della mia servitù e buona voluntà, et ogni giorno con varii modi lo conosco, come hora nella risposta che gli ha dato il duca mi si-gnor nel particular che lei sa, che, essendoli io tanto affetionato et volendo sempre servirlo, mi pareva avessi a esser più larga. Pur in me cognosceranno sempre un integrissimo animo di servirli in ogni occasione, e del resto cercarò di far il fatto mio poiché, né con il starmi et l’esser alevato lì, né insomma con ogni sorte di cosa che io abbia fatto, mi è posuto riuscir uscir del ordinario. Circa al parer che ella mi dà, ne la ringratio infinitamente, et certo né con più amorevolezza né meglio mi poteva esser da nesun dato, ma in ciò, per informarla bene, la suplico a leger queste miei ragioni, le quali, poiché mi dà speranza ad esser presto qua, le sentirà ancora in voce. La dependenza e il parentado che io ho con il duca mi signor, come prima mi giovava in seguitar il servitio di Spagna, hora mi nuoce, ateso che sotto questo nome, et havendo io sempre detto de seguitar la sua fortuna, mi son cercato da questi mini-stri in Italia del re una più presto malevolenza che altro, ateso che par che siano mal sadisfatti di esso signor e che oggi non se ne fidano molto, secondo che liberamente <dic>e il viceré di Napoli510 il qual ha detto che non mi vol pagar le pension de’ Corsi in nesuna maniera per il rispetto che gli scrivo, et è certo. Così l’a<m>basciator di Spagna ha fatto, nel favor che al papa è piaciuto farmi, ogni sorte di male offitio, et questo da me non può esser che abiano concepito o odio o nesuna mala sodisfatione, ateso che gli ho honorati e reveriti sempre, et poi con darmi buone parole cercano di asasinarmi senza colpa nesuna mia. Il veder poi il poco aiuto che il signor duca ha dato a questo negotio e che fredamente ogni volta che li abbia di ciò parlato mi abbia risposto, ho creso o che non havessi fatto ciò bene o insomma che non volessi o potessi aiutarmi, et in ciò non voglio altro testimonio che lei. Quante volte io abbia

508 Risposta alla lettera del 12 ottobre. Questa è la lettera più importante e più sincera tra quelle di Paolo Giordano perché rivela la sua posizione profondamente antispagnola, la delusione per il mancato appoggio della famiglia della moglie e il bisogno di trovare una sua identità nel contesto romano che facesse onore alla sua famiglia d’origine. La lettera è stata già da me pubblicata in L’A-more rivelato, cit., pp.59-61.509 La famiglia Medici.510 Pedro Afán de Ribera, duca di Alcalà e viceré di Catalogna e di Napoli (1559-1571).

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8. Il lungo distacco: l’incarico del papa e il “lamento” di Isabella (1566-1567) | 185

parlato o infastidito il duca di ciò et alla andata del principe mandato un gentiluomo mio con promision de mancia e montasse a l’ultimo su [furie?]. Se io rinuntiai l’ordi-ne511, la causa la sa tanto bene che non li darrò fastidio a ripricargliela. Di poi questo il veder il tratamento che il re fa con li servitor italiani più vechi di me che l’ han servito bene et l’ha obligo e per li servizi delli loro pasati, e loro esser tratati come sonno mi scora, e penso che farrà a me, il quale né li miei, né io l’ho mai servito et dell’altra parte vedermi onorar di titolo, di roba, o di tutto quel io potessi desiderar con infinita mia fatiga da altri. Circa all’avertimento che mi dà che creda che possi esser cosa per farmi saltar, gli dico che è venticinque anni, ancorché mal spesi, che sempre sto proteso di aspettar la occasion. Mi son stato a l’otio e alla quiete e hora che ho cominciato ad aprir gli occhi e ho considerato al caso mio, non dubiti che sia tanto corivo512 che se non sapessi ogni cosa molto bene avessi voluto far o con lei o con altri questa sbrasciata. E stia sicura che ve pensarò tanto e vedrò le miei cose si ben chiare che sadisfarrò a lei tanto che se li levassi di mente ogni sorte di pensier che la mi scrive, et creda che di ciò non se n’è fatta parte, né ha parlato con me, altro che l’ambasciator, ché ho a Vitelli513 o altri avei dato puoca credenza, et ho detto liberamente che non voglio tratar con lui di questi negotii. Mi son infinitamente ralegrato poiché la mi dà speranza certa della sua venuta e oggi si è fatto il contratto della casa di Santi Apostoli e quando saperò la resolutione non mancarà né denari né compagnia. La suplico a cominciar a mandar quelle robe che gli ho scrite, acciò che si possi cominciar a fornir la casa et li mandarò dinari prestissimo, o oggi o dimani, con ché gli bacio le mani et la bocca. Di Roma, il dì XVII di ottobre nel 1566. Mi occore per la spedition delle cose miei vender l’Isola et vi bisogna la ratification sua in quella maniera che sa.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.Ho caro la venuta di Scipione514 se li concerà una stanza o due bonissima et belis-

sima et mi piace l’anello l’abbia sadisfata.[157 n.244]

204. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Baroncelli 24 ottobre 1566

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patron mio osservantissimo per Romagniolo staffiere ho riceuto una di vostra eccellentia per la quale inten-

do il suo bene esser et me ne sono rallegrata infinitamente, Dio lo guardi quanto io desidero. Sopra quel negotio che io li scrissi non ne dirò più parola, tutto quello che per fino adesso li ho scritto lo ho fatto per mera affetione et non per darli con-

511 L’Ordine di San Michele, l’onorificienza più prestigiosa concessa dal re di Francia.512 Corrivo, superficiale, facilone.513 Probabilmente Vincenzo Vitelli signore di Montone e di Citerna comandante della guardia pontificia, fratello del cardinal Vitellozzo.514 Il musico Scipione delle Palle.

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186 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

siglio, perché molto ben so io che sapete più voi dormendo che non io vedendo, et sono certissima che non siate per fare mai se non quello che sarà vostro honore, né bisognia che vi passi per l’animo che io creda che voi mi abbiate scritto questa per fare sbraciate mecho perché non achade, ma non vi dovete ricordar che sono vostra moglie et per ciò mi scrivete così, ché se ve fussivo ricordato, non acchadea. Sopra al parervi strana la risposta del duca, me ne sono maravigliata che vi sia par-sa così strana, essendo così voi come io avezzo al proceder del duca, ma vi sicuro bene che vi ama da figliolo et basta. Non rispondo a molti capi della vostra per non infastidirvi, ma solo mi basta che quello vi ho scritto sia preso da voi come ve-ramente è, che certo se non vi adorassi non mi sarei messa a scrivervi quello, et vi ricordo che chi fa quello che sa non è obbligato a far più. Io dissi quello mi parea, et voi farete poi quello vorrete, in questo et in tutte le altre cose, et io farò quello vorrete voi, et sarò et franzese et imperiale come vi piacerà, et sia finita. Circha alla mia venuta costà vi voglio supplicare et scongiurare, per quanto desiderate in questo mondo, che mi dichiate il vero se desiderate che io vengo costà per bene che mi volete o pure per cerimonia, perché se fussi per cerimonia, come io dubito, desidererei saperlo per i rispetti che vi dirò quando sarò fora di questo dubbio, e basta. Però, di gratia, ditemelo apertamente et senza cerimonia, perché fra marito et moglie non si dovrebbono mai usare. Io verrò o starò, come meglio vi piacerà, et non mirarò a cosa nessuna et sono vostra et voglio esser, se però mi vorrete. Io stamani me ne sono venuta a stare a Baroncelli, perché il duca né il cardinale non sono qui, perché sono iti a star otto o dieci giorni a Cerreto a far certe caccie, et il principe se ne sta in Fiorenza con sua altezza, la quale è di già gravida di quattro mesi per cinque.515 Io vedrò di buscarvi li cani cioè bracchi che mi domandate, ma non credo poter arrivare al numero di trenta come vorresti, perché questi signori per rifornir le loro bracherie hanno sfornito il paese. Io non mando le robe che mandate a domandare, perché bisogna me ne serva perfino che sto qua et siate certo che se averò a venire come credo, avierò tanto le robe innanzi che sarete a tempo a fornir la casa. Lo istrumento ve lo manderò presto come sarà scritto in carta pechora che così scrive Giulio Folcho. Vi suplico a provedermi de dinari per il vivere, perché non ho più né credito né dinari et le mia provisioni sono impe-gnate per fino a marzo, et siate certo che se non fussi che sono forzata non vi darei fastidio come saprà non vi ho dato per il passato, et non essendo questa mia per altro, pregio Nostro Signore vi guardi et vi dia tutto quello sapete desiderare et con tal fine vi bacio le mani et così madonna Alessandra. Da Baroncelli, a dì 24 di ottobre 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adoradognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.215]

515 Giovanna è incinta di Eleonora che nascerà il 28 febbraio del 1567.

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8. Il lungo distacco: l’incarico del papa e il “lamento” di Isabella (1566-1567) | 187

205. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 26 ottobre 1566

Illustrissima et eccellentissima signora consorte osservantissimaquesta servirà solo per darli nuova di me et che ogni giorno più mi acresce la vo-

luntà di vederla, ancorché molti mi diano martello con dir che il signor duca vorrà che la stia al parto di sua altezza, il che se fusse, non potria vederla per un pezzo, ma mi risolveria con buona occasione di arubar un po’ di tempo et venir da lei per XV o XX giorni, perché non voria che nelli tempi del caldo la venisse a far questa mutation d’aria, però la suplico a veder se con onor suo e contentamento di quelli signori potessi lasciar tal occasion che mi faria infinita gratia. Io sto bene et seguito nel mio servitio et l’altro hieri ragionai con tanto amorevolezza con il papa e mi fece tante carezze et favori che non lo potria dire. Hieri fui a caccia e per caccia di questi paesi avemo spasso e il signore Marcantonio516 viene meco e tutta Roma. Amazzamo XX lepori e ne trovammo più di 40 e un caprio fu morto e corsene sin sei o sette con grandissimo piacere. Messer Augusto verrà informato di tutta la mia volontà circa a quel negotio e stia sicura che non farrò mai cosa se non degna di chi so, e asicurane il cardinal e che li sonno il magior far<o> del mondo, facciami gratia baciar le mani al eccellentia del signor duca mi signor et al signor principe et stia sicura che l’adoro, con che gli bacio la bocca et le mani. Di Roma, il dì XXVI di ottobre nel 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che vi adora Paolo Giordano Orsini.

[157, n.245]

206. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Baroncelli 2 novembre 1566

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patron mio osservantissimocon la occasione di messer Francesco Guidacci517 non voglio manchar baciarli le

mani et darli nuova di me come adesso per la Dio gratia sto bene, anchor che già dua giorni sono sono stata al Poggio assai male di dolor di testa et un pocho di febbre et credo che sia stato che andammo alla caccia ad Artimino et mi convenne andar a piede forse tre miglia et sudar et mi fece gran male, tanto che mi convenne tornarmene a Fiorenza. Ma sono qua dua giorni che non ho auto altro, me ne sto a Baroncelli et vo qualche volta a Fiorenza a veder la principessa come andai hieri che fu Ogni Santi et stetti fino alla sera doppo magniare. Tornò il nostro reverendissi-

516 Marcantonio Colonna duca di Paliano.517 Mercante fiorentino. Insieme al fratello Tommaso avevano acquistato terreni nei dintorni di Roma tra cui il castello di Decima, cfr. Giuseppe Tomassetti, La campagna romana antica, medioeva-le e moderna, a cura di Luisa Chiumenti, Fernando Bilancia vol.V: Via Laurentina-Ostiense, Firenze, Olschki 1979, p.452.

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188 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

mo518 dal Poggio et mi ha pregato che io torni alla città per dua giorni et così penso fare. Quando noi andammo alla caccia d’Artimino si ammazzorno 42 porci et 10 caprii et forse 12 lepre con gran spasso, ma io vi prometto che la notte io lo pagai, perché pensai morire di dolor di testa. Circha che vi è stato detto che io voglio stare al parto di sua altezza,519 se questo fussi, bisognerebbe stare per fino al fine di marzo, et queste sono cose longe et io me ne rido. Della settimana che verrà manderò uno a posta et saperete quello che mi fa tardare alla risolutione et, se vorrete, lasserò ir ogni cosa in mal hora et verrò subito, ma mi pare che ve ne curiate pocho et che lo star senza la moglie vi sia di gran gusto e basta, ma vorrei sapere quando pensate rubar quel tempo di venirmi a vedere per sì pocho che nella vostra mi dite, acciò sappia quando debbe essersi gran contento, et non essendo più longa vi bacio le mani e vi adoro. Nostro Signore vi dia quanto desiderate et mi tengi in vostra gratia et vi bacio le mani. Da Baroncelli, a dì 2 di novembre 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.211]

207. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 2 novembre 1566

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patron osservantissimostamani scrissi a longo, hora sarò breve et questa sarà solo per baciarli le mani et

mandarli con questa il contratto come desiderava520 et non lo ho mandato prima perché non era fatto, adesso lo mando et desidero che stia a suo modo. Non scrivo a longo perché bisognia vadia un pocho a pensar a mia peccati perché mi voglio sta-sera confessare et domattina communichare se Dio vorrà. Dio faccia mi sia accetto. Pregerrò Nostro Signore per voi et per me che mi mantengi in vostra gratia et faccia che mi vogliate un pocho meglio di quello mi volete, et con tal fine vi bacio le mani. Di Fiorenza, a dì 2 di novembre 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.261]

208. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 10 novembre 1566

Illustrissima eccellentissima signora mia consorte oservantissimamando il Capone con il ricapito di scudi mille e per non essersi ancor venuto a

fine di nesun delli negotii conminciati non si <è> posuto mandar per esso altro per

518 Il cardinal Ferdinando de’ Medici519 Giovanna d’Austria stava per partorire.520 Dovrebbe trattarsi del contratto per la vendita del castello d’Isola.

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8. Il lungo distacco: l’incarico del papa e il “lamento” di Isabella (1566-1567) | 189

sodisfar alli creditori di Fiorenze, ma sopra alli negotii miei la intenderà il tutto dal Capone e perhò non mi estenderò sopra di ciò più, io l’ho di già scritto per dua miei che li doveo scriver. Sopra il cardinal521 dise Nostro Signor quel che hora intenderà. Molti cardinali miei amici e pur del signor duca mi hanno minutamen-te esaminato sopra li costumi e modo di vivere di sua signoria illustrissima et io ho ditto quel che mi se conveniva, ma insomma mi hanno saputo molto ben dir che hanno inteso che ogni notte va fuora con giaco e manichi e che non fa punto vita di prete e che non studia mai, e fin tanto che non dici mai latino; e il papa ragionando l’altro giorno con un signor devotissimo di sua signoria illustrissima gli disse: «scrivete al cardinal che studii», e questo fu al Ciregiola.522 Me è parso ragguagliarne lei con farli anco sapere che molti di questi dicono che il signor duca doveria tenere un po’ più cura di tutto questo e certo mi parrebbe esser un tristo huomo se non gli havessi scritto il tutto e qui par che sia di guardar a due cose: l’una a far che il cardinal attendi se possibile un poco più alli studij con levarsi ancor qualche poco di andar a spasso, e l’altra veder chi è quel galante huomo che scrive queste cose [alla Santità] Sua. Io ci uso ogni studio per saperlo, perhò sin hora non ho posuto trovar certezza nessuna, pur dubito delli Vitelli che hanno gran corrispondenza lì e son molto avisati. Vostra eccellenza mi facci gratia confe-rirlo con il signor duca come io ho fatto qua con l’ambasciatore et egli mi disse il medemo che da molti gli era stato dimandato il simile. Del resto creda certo che l’adoro e non desidero altro che vederla e se non fusse il dubbio di non mi amalar arei subito ubidito alla sua littera con il venirla a trovare, come la mi comandarà lo facci, lo farò. E per non infastidirla più farò fine con baciarle le mani e supplicarla che vogli di suo avertir a sua eccellenza nostro signore illustrissimo et la creda certo che l’adoro. Di Bracciano, il dì X di novembre 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor e consorte che l’adoraPaolo Giordano Orsino

Desideraria che il cardinal e il signor duca, per servitio di sua eccellentia e di mon-signor illustrissimo e de suoi servitori, scrivessino una lettera per uno al segretario e al Sangalletto523. Il papa mostra bonissima volontà verso il duca mi signor et tutta sua casa illustrissima, tanto più dapoi la presa del Carnesecchi524 e l’altro giorno rascionò un pezzo meco sopra del obligo anco di questo fatto con il duca mi signore et, per vita vostra, con tanta buona voluntà che mi […] grande[mente].[129, n.11]

521 Si riferisce a Ferdinando de’ Medici.522 Lodovico Ciregiola era agente di Ferdinando de’ Medici.523 Monsignor Guglielmo Sangalletti tesoriere e cameriere segreto di Pio V.524 Il 20 giugno 1566 per ingraziarsi Pio V Cosimo de’ Medici aveva consegnato all’inquisizione ro-mana il valdese Pietro Carnesecchi, uno dei suoi consiglieri più fidati. Il valdese fu giustiziato il primo ottobre del 1567. Probabilmente Cosimo si illudeva che quella consegna non avrebbe portato alla con-danna capitale, uno dei giudici era infatti il cardinale spagnolo Francisco Pacheco molto legato al duca di Firenze. Su Carnesecchi cfr. Antonio Rotondò, Carnesecchi, Pietro, DBI, vol. 20 (1977), pp.466-476.

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190 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

209. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 15 novembre 1566

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissima il signore Antonio Pola525 mi ha fatto le sue racomandationi e ditomi il dispiacer

che ha della mia longa stanza in Roma, il che, se prima mi era fastidioso da per sé, hora tanto più mi anoia poiché cognosco che facio cosa che torni in suo dispiacere, ma sperarò presto purgar tal contumacia con far quello che e il debito e l’amor mi spinge. Ben li dico che creda certo che nesuna altra cosa mi spinge che ciò faccia se non l’infinito amor li porto e basti. Il signor detto desideraria esser ricomandato cal-damente da lei al signore duca di un favor che desidera da sua eccellentia in persona di un suo fratello, e per esser tanto mio amico e per li meriti suoi la suplico a farli cognoscere che li miei priegi apreso a lei siano di fruto; con che gli bacio le mani. Di Roma, il dì XV di novembre nel 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.262]

210. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 16 novembre 1566

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimoanchora che ieri scrivessi a longo non voglio però manchare con l’occasione del

procaccio darli nova di me, anchora che dalla venuta di messer Augusto in qua non ho auto lettere sue, ma sono risoluta di sempre acontentarmi di quello vi conten-tate voi. Sono stamani andata a riveder li mia posti et ci ho tovato certi limoncelli dolci et parendomi che di già vi solea piacere, mi è parso approposito mandarli per il detto procaccio. Averò caro che li piaccino et se io pensassi che le cose di qua li fussino accette, come non credo, li potrei sempre mandar qualche cosa di quelle che costà non sono, ma non mi ardischo, acciò che la mia amorevolezza non sia presa a prosuntione, però, quando questo non sia di farneli dispiacere, facciamelo sapere. Et non essendo questa mia per altro, Nostro Signore lo guardi quanto desidera. Io li bacio le mani infinitamente del agnus deo che mi portò messer Augusto, tutti questi Signori vi baciano le mani. Di Fiorenza, a dì 16 di novembre 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.249]

525 La famiglia Pola era un’antica famiglia trevigiana, traeva il suo cognome dalla città di Pola di cui aveva avuto il dominio, cfr. Francesco Schröder, Repertorio genealogico delle famiglie confermate nobili e dei titolati nobili esistenti nelle provincie venete, Venezia, dalla tipografia di Alvisopoli, 1830, p.150. Un Antonio Pola da Treviso ebbe la cittadinanza romana nel 1562 (ASC, Camera Capitolina, cred. I, t.21, c.148r.).

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8. Il lungo distacco: l’incarico del papa e il “lamento” di Isabella (1566-1567) | 191

211. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 23 novembre 1566

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimoanchora che siano pasati parechi giorni che io non abbia haute sua lettere, non

voglio però manchar di far il mio debito, ciò è di darli nova di me che sto assai bene ma confinata in casa per il gran freddo che è. Io me ne sto in casa come ho detto et mi passo il tempo il meglio posso, anchor che freddamente, ma spero che il male non abbia da star sempre dove si posa et questa speranza mi va tratenendo. Io non mancherò far d’aver le lettere per il signore Antonio Pola, ma bisogna che io sappia i volere del suo fratello. Il cardinal vi bacia le mani et così il duca, io vi adoro et mi pare ognora mille anni di vedervi, ma dubito che mi troverrete morta dal freddo se non venite presto. Vi mando certe pere, averò caro che arrivino a bon porto perché sono del mio orto, et non essendo questa mia per altro vi bacio le mani et pregio Nostro Signore vi dia quanto desiderate. Di Fiorenza, a dì 23 di novembre.

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che vi adora dogna Isabella Medici Orsina.

[158, n.266]

212. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 14 dicembre 1566

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimoho riceute dua sue a me carissime intendendo la sua presta venuta, et certo che

per presta che la sia, a chi tanto la desidera quanto io, sarà tardi, però la pregio a sollecitar quanto prima perché, se troppo tarda, credo mi troverrà morta perché da alchuni giorni in qua la mia testa non mi lassa mai posare et sono quasi deventata insensata. Li bacio le mani delli favori che fate al general de Servi526 che tutti li re-puto in me propria. Io sarei longa ma è sette hore di notte et il capo mi dol tanto che no lo posso tener fora del primaccio. Io vi adoro et aspetto con desiderio infinito et se non bastarà far un putto ne aremo dui, et con tal fine vi bacio le mani et così tutti questi signori; mando certe pere, godetele per mio amore. Di Fiorenza, a dì 14 di dicembre 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.255]

526 Zaccaria Faldossi fiorentino, maestro di teologia all’Università di Firenze, priore generale dei Servi di Maria (+1570), fu proposto alla porpora cardinalizia da Pio V ma non poté accedervi perché morì prima, su di lui cfr. Giulio Negri, Istoria degli scrittori Fiorentini, Bernardino Pomelli, Ferrara,

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192 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

213. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 21 dicembre 1566

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimovenendo costì il Baldino527, non ho voluto che parta senza mia lettere et questa sarà

solo per baciarli le mani et farli sapere che per la Dio gratia sto bene et desidero ve-derlo che ormai me ne parebbe che ne fussi hora. Io vi aspetto con desiderio infinito et mi pare d’ogni hora mille anni di rivedere il mio grassotto. Qua ci fanno freddi grandissimi però mi vi ricordo non scrivo così spesso come farei perché vi aspetto di giorno in giorno, che Dio faccia sia presto. Il duca e ‘l cardinal vi baciano le mani et vi aspettano con desiderio, hora pensate quello fa a chi più toccha. Io vi adoro et amo più che a me propria et non essendo questa mia per altro li bacio le mani et pregio Nostro Signore li dia quanto desidera. Di Fiorenza, a dì 21 di dicembre 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.252]

214. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 23 dicembre 1566

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patron mio osservantissimostamattina ho riceuto una vostra a me cara più che la vita avendo per essa inteso

che state bene et avete desiderio di presto vedermi. Io vi aspetto con grandissimo desiderio et ogni giorno mi pare un anno. Io me ne sto in letto et mi passo il tempo; la causa del mio star in letto è che mi sono storta un piede ma spero in Dio non abbia da esser nulla. Crederò che fra quattro giorni mi leverò et anderò per tutto. Qui ci fanno freddi grandissimi et tanto che non bastano veste foderate né nulla per potersi riscaldare, atendo a starmene a presso al focho quando però sto stan<c>a. Il duca mio signore et il cardinal stanno bene et vi baciano le mani et desiderano presto ri-vedervi. Intesi che li limoncelli dolci vi furno accetti et però ve ne mando certi altri pochi che erano restati a Baroncelli et per non esser più fastidiosa fo fine et vi bacio le mani et vi aspetto con desiderio infinito et vi desidero ogni contento. Di Fiorenza, a dì 23 di dicembre 1566.

Di vostra eccellentia serva et consorte che vi adora dognia Isabella Medici Orsina.[Sul verso della lettera:] v. scatola prima di velluto

[157, n.216]

stampatore, 1722, p.533; Luca Giuseppe Cerracchini, Fasti teologali ovvero notizie istoriche del Colle-gio de’ teologi della Sacra Università fiorentina, Firenze, Francesco Moucke, 1738, pp.236-237. Il 21 novembre del 1566 il Faldossi aveva fatto approvare dal Collegio dei Teologi le nuove costituzioni da lui composte a cui probabilmente serviva il nulla osta pontificio. 527 Baccio Baldini, protomedico di Cosimo de’ Medici e letterato. Scrisse La vita di Cosimo de’ Me-dici primo Granduca di Toscana, stampata in Firenze da Bartolommeo Sermatelli nel 1578.

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8. Il lungo distacco: l’incarico del papa e il “lamento” di Isabella (1566-1567) | 193

215. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 23 dicembre 1566

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patron osservantissimonon voglio manchar di dar nova di me a vostra eccellentia con questa occasione del

Palavicino528 et dirli che per la Dio gratia sto bene fora che del mio piede che anchora non mi lassa andare se non con aiuto et è anchora infiato. Io non scriverrò più perché vi aspetto con desiderio infinito et non voglio che li postiglioni si facciono belli delle mia lettere. Aveva scritto che mandavo certi bracchi adesso, <ma> per fino che il tempo non si aconcia non sono per mandarli. Di qua non so che dirli altro se non che ci more molta gente, ma vechi quasi tutti. Tutti noi altri stiamo bene per la Dio gratia, et adesso che siamo a hore sette di notte m’ ha lassato il duca et cardinal. Io sarei longa, ma sono tanto morta di sonno che mi risolvo a finire, solo mi resta dirli che l’adoro et tutti questi signori li baciano le mani et io fo il simile, et con questo me ne vo a dormire con freddo grandissimo et con speranza di non aver da star sem-pre così. Di Fiorenza, a dì 23 di dicembre 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.212]

216. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini529

Firenze 28 dicembre530 1566

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patron mio osservantissimoavendomi vostra eccellentia parechi giorni sono mandato a domandar certi bra-

chi, non ho voluto manchar buscarceli et se non ce li ho mandati prima diane la colpa a non averli auti prima, et sia certo che non ho al mondo maggior desiderio che di servirlo. Li bracchi sono bonissimi, secondo che mi viene ditto da quelli che me li hanno dati, desidero che siano a sua satisfatione, sono in tutto 17 perché non ho possuti buscar più rispetto che questi signori hanno fatto nove bracherie et hanno fornito tutto il paese. Io sto bene del resto fora che del mio piede il quale mi tiene in letto et pure mi sforzo trattarlo il meglio posso. Aspetto il mio grassino con desiderio infinito et vi mando la bona Pasqua anchora che io non la ho auta troppo bona non ci essendo il mio Paulo che l’amo più che la mia vita, pure la

528 Forse si tratta di uno dei membri della famiglia di mercanti genovesi che gestivano il mercato internazionale dell’allume. Fabrizio Pallavicino figlio di Tobia gestiva la filiale romana, cfr. Stefano Villani, Pallavicino, Orazio, DBI, vol. 80 (2014), pp.543-547. 529 La lettera è stata da me pubblicata in L’Amore rivelato, cit., pp.61-62.530 La lettera è datata novembre, ma il riferimento alla pasqua, cioè al Natale, fa pensare che Isabella si sia sbagliata. Si usava chiamare Pasqua anche il Natale e la Pentecoste; qualche volta anche la festa di Ognissanti viene inclusa tra le pasque, ma era già passata da molto tempo e Paolo e Isabella si erano già scritti altre lettere.

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194 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

speranza di presto averlo a vedere mi mantiene allegra et li favori che tutti questi signori mi fanno del continuo et massimo il duca et cardinal miei signori. Di sua altezza et del signor principe dicho nulla, perché mai si lievano d’intorno al mio letto et sua altezza non guarda né a gravidezza né a nulla, tanto che se voi venite non mi mancha nulla. L’altro giorno ricevetti una sua per il duca mio signore et credo che a questa hora li averà dato risposta. Circha al rispondere alla mia li dicho che il panno da stomacho lo ho fatto di mia mano et credo che non bisognerà che duri troppa faticha a giurarlo perché la fattura d’esso, brutta et sudicia, da sé stesso lo dice, ma è ben vero che non può esser fatto da persona con maggior amore, ma meglio sì. Non so già perché vostra eccellenza mi burli con dirmi che si tiene per beato aver una cosa fatta di mia mano, poiché sa ch’è patrone assoluto della per-sona mia et d’ogni altra mia cosa, ma sono in gran sospetto che nulla di mio li sia caro, ma che scriva tutto quello per cerimonia et per empiere il foglio, ma per non li esser più noiosa con questa longa lettera fo fine et desidero infinitamente veder-lo. Tutti questi signori baciano le mani et io vi adoro et pregio Nostro Signore vi dia quanto desiderate. Di Fiorenza, a dì 28 di novembre 1566.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.203]

217. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 1 gennaio [1567]

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimanon voglio mancar a non darli nuova di me che per la gratia di Idio sto bene et

atendo quanto posso a solecitar la [spedition] a delle cose miei per poser quanto prima venirla a veder. Qui hieri e l’altro hieri credemo deventar pesci o ranochie, ateso che il Tevere era fuori, tanto che in Ponte e a Corso e in Campi Marzio an-davano le barchete et era spezie di Venetia, et altri cavalcavano per la città che era un veder bellissimo e dicano che ha fatto danno per infinite decine di migliara di scudi. Del resto se atende viver al solito. Il Papa sta bene et tiene in timore tutti questi preti.531 Hiersera fu a mangiar con me il marche<se> di Piscara che vien da Napoli per Milano532. [Mi resta] suplicarla a baciar le mani di quelli signori e a ricordarsi che l’adoro, con che gli bacio le mani et la bocca. Di Roma, il dì primo di gennaro nel [1567].533

531 Allude all’intransigenza di Pio V.532 Si tratta di Francesco Ferdinando d’Avalos, marchese di Pescara e del Vasto, gran camerlengo del Regno di Napoli e governatore dello Stato di Milano. Probabilmente Paolo lo aveva incontrato a Milano quando vi fu in veste ufficiale con Francesco de’ Medici.533 L’anno è incomprensibile, il riferimento all’inondazione del Tevere porta a datare la lettera al 1567, anno in cui si registra una piena, cfr. Pio Bersani, Mauro Bencivenga, Le piene del Tevere a Roma dal V secolo a.C. All’anno 2000, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per i servizi tecnici nazionali, servizio idrografico e mareografico nazionale, 2001, p.8.

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8. Il lungo distacco: l’incarico del papa e il “lamento” di Isabella (1566-1567) | 195

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.157]a La lettera presenta due lacerazioni in corrispondenza delle pieghe orizzontali

218. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 4 gennaio 1567

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimo[…] a da parte di vostra eccellentia a tutti […] rimandano non solo la bona pasqua

[…] buono anno et sempre et particularmente il duca mio signore et il cardinale, di me non vi dicho perché senza questo si intende. Io vi aspettavo queste feste ma m’è riescito biancha la mia aspettativa, io non ho auto né bona Pasqua né bon capo d’anno, perché voi che me lo possete dare non me lo avete voluto dare, ma patientia, et con quella spero vincer ogni cosa et con sempre adorarvi, servirvi. Io vi aspetto sempre con desiderio grandissimo, però venite quando più vi piace che ormai sempre sarà tardi, io non vi ho [fino] adesso dato fastidio delli mia […] del viver di casa, ma adesso […] infastidirvi et dirvi che non ho più [né gioie] né nulla da poter impegnare et non ho più credito, però di grazia procurate di far in modo che io non abbia da esser la favola di Fiorenzia. Il duca mio signore mi aveva dato intenzione di prestarmi certi dinari, adesso dice che non può più di qui a quattro mesi, però bisogna che voi di costà pensiate a qualche cosa [perché non ne] posso più.534 Non sarò più longa per non […] et siate certo che io vi adoro et non […] desi-dero in questo mondo che di vedervi et servirvi. Io ero quasi guarita del mio piede, ma me torna a enfiare et dolere di modo che bisogna ch’io mi faccia portare sopra una sedia, ma spero che fra 15 giorni sarò guarita. Il duca principe et cardinale et la chiniga535 stanno tutti bene et vi baciano le mani et <lei> ha un corpo grandissimo et ha da fare il putto al princi<pio> di febbraro et mi fa tante carezze che è cosa grande. Io li mando la mancia come si usa per [Pasqua…] mi mandò una tazza di cristallo [con] drentovi uno bellissimo diamante in ane[llo] 536 con grandissima affezione per suo […] stracchezza et non per volontà, perché mi moro di sonno et con baciarvi le mani fo fine, et pregio Nostro Signore vi dia tutto quello desiderate. Poiché sono dieci mesi finiti che vi [partisti] da me, dovresti menarmi un [putto] io ve lo alleverò con tutta la […del] mondo et di novo vi bacio le mani. Di Fiorenza, a di 4 di gennaro 1567.

534 Una lettera di Tommaso de’ Medici a Giovanni de’ Servi del 2 febbraio 1567 (ASF, MdP, vol.221, f.29) testimonia che a quella data Cosimo aveva provveduto a pagare i creditori di Isabella per 2000 scudi. Si trattava soprattutto di velettai, merciai, linaiuoli, setaiuoli, battilori, orefici, lettighieri. Mandati di pagamento a creditori fiorentini tra aprile e maggio 1567 sono segnalati da Lisa Golden-berg Stoppato, Appunti “ fiorentini”, cit., nota 43.535 Sta per Königin: regina in tedesco.536 Per Natale i membri della famiglia Medici si scambiano doni preziosi.

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196 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dogna Isabella Medici Orsina.

[157, n.49]a La lettera presenta ampie macchie scure che impediscono la lettura di molte parole.

219. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 13 gennaio 1567

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimaper la occasion di Fanfanicchio non mi par di mancar al debito mio con baciargli

le mani e dirli che l’adoro al solito e ricordarli che l’adoro e che per ciò merito che la mi voglia bene e che, perché ho fretta di partire, non haverò più tempo, riserban-domi a scriverli più comodamente. Con questo li bacio le mani e la suplico a far il simile a tutti quelli signori miei signori. Di Roma, il dì XIII di genaro nel 1567.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.12]

220. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Siena 5 marzo 1567

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimamando il presente corieri che gli dia nuova del mio arivo a Siena e con l’aiuto de

Idio <doma>tina sarrò a mangiar con lei e, se l’asenza è stata lunga, è cresciuto l’a-nimo di servirla. Mi faccia gratia mandarmi la letiga perché il signor Fulvio Stalli,537 che venia meco, s’è amalato stamani alla Scala538 e desidero si conduchi costì, del resto la suplico a mantenermi nella sua gratia et a creder che l’adori, con che gli bacio le mani. Di Siena, il dì 5 di marzo nel 1567.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.278]

221. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Siena 11 maggio 1567539

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimanon voglio mancar di non farli saper la mia solitudine da poi la partita di Fiorenze,

537 Fulvio Astalli, di antica famiglia romana. Nel secolo successivo due Astalli furono elevati alla porpora, Camillo, detto il cardinal Pamphili perché adottato da papa Innocenzo X e Fulvio decano del Sacro Collegio, cfr. T.Amayden, Storia delle famiglie romane, cit., vol. I, pp.85-88.538 Ospedale di Santa Maria della Scala di Siena.539 Dopo due mesi trascorsi a Firenze Paolo Giordano riparte per Roma.

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8. Il lungo distacco: l’incarico del papa e il “lamento” di Isabella (1566-1567) | 197

che li giuro che mai mi son partito con il magior martello e dolore che adesso ho fatto, la suplico a ricordarsi di me et a creder che l’adoro. Baci in mio nome le mani a<l> duca mi signore e a monsignor illustrissimo et io gli son servitore. Di Siena, il dì XI di maggio nel 1567.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino. Si aricordi del negotio del Gobbo.

[157, n.275]

222. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

San Lorenzo 12 maggio 1567

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimagli fo sapere che da poi che so, al mondo non mi son trovato nel magior dolore e

travaglio che hora ho fatto per ritrovarmi lontano da lei, e stia sicura che questo non è cerimonia o belle parole perché, se io ho l’onore, la creda che sto così. La suplico a star alegra e creda sicuro che l’adoro, con ciò gli bacio le mani con tutto il cuore. Di San Lorenzo, il dì XII di magio nel 1567.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.142]223.

Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici Roma 17 maggio 1567

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimagià gli ho scrito tre volte e di nesuna ho hauto risposta e certo, poiché la disgratia

mia vole che così poco conto tragi di me, arò patientia, ben la suplico a creder che l’adori. Son stato a baciar li piedi al papa il qual mi ha fatto tante carezze che dir più non si può, e così il cardinale Alesandrino540; del resto si vive a l’ordinario e con tanta quiete che par da star in paradiso e questo bon principe contenta ogni persona, e Roma non fu mai tanto bel eservi come ora è, e si ci avessi la mia Bella sarei il più felice huomo del mondo. Mi resta hora suplicarla che mi ami e creda certo che l’adoro e che non ho altro bene al mondo che lei. Mi faccia gratia baciar le mani al duca mi signore e cardinal e principe, et mi ami poiché lo merito, e l’adoro, e mi aconci le stanze per questo San Giovanni. Di Roma, il dì XVII di magio nel 1567.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.274]

540 Il cardinal nepote Michele Ghislieri.

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198 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

224. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 18 maggio 1567

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimopensavo che Nicho dovessi esser apportator d’una mia a vostra eccellentia, ma la

sua deligentia di levarsi a bona hora fu tale che non fu possibile che io fussi levata per scriver, pure non voglio manchar far quello che è mio debito. Ho riceuto dua sue et veggio che si dole che io non li scrivo, non posso altro pensar se non che l’amicho faccia mercantia di mia lettere come ben scritte o dettate. Tutti stiamo bene, ma cre-do che troverrete vostra moglie con un dito stroppiato, ma mancho male che è della mano mancha. Avevo messo in ordine di vender certe delle mie gioie per pagar quelli che hanno a d’aver da me tanto le posso gittar in fiume, perché se vagliano mille ne trovo dugento in Venetia, però vi pregio a far se è possibile che siano rimessi quelli che si sono spesi per il vitto doppo la vostra venuta, et perdonatemi se sono fastidiosa che la necessità mi fa esser così, et non essendo questa per altro vi adoro et bacio le mani. Di Fiorenza a dì 18 di maggio 1567.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte l’adora dogna Isabella Medici Orsina.

[157, n.56]

225. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 19 maggio 1567

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimanon voglio mancar me stesso di non solecitar che talvolta me dia nuova di lei che di

quatro o cinque miei letere non ho hauto risposta solo d’una, però mi facccia gratia di ricordarsi di me. Il Papa mi ha comadato vada a finir questi negotii di Asculi e vi andrò fra otto o dieci giorni al più lungo e vedrò di concludere queste bendette paci.541 Qui si vive quietamente […]a mai che fare fra questi illustrissimi, e masime al cardinal [Vi]telli.542 La cosa di l’Isola credo dia buono effetto.543 La ringr[atio som]mamente del favor che mi fa di pigliarsi bene della mia assentia e solecitar le miei cose che [cer]to me lo deve poiché l’adoro e non ho altro bene al mondo che lei. Mi faccia gratia a baciar le mani al signore duca mi signore e principe e cardinale ricordarli la mia servitù. Al ca-

541 Questa lettera prova che Paolo non cadde in disgrazia del pontefice che continuava a dargli inca-richi nelle Marche. Si trattava di pacificare fazioni e famiglie in lotta ad Ascoli. Sulle faide ascolane e l’intervento pacificatore di Paolo Giordano cfr. F. Antonio Marcucci, Saggio delle cose ascolane e de’ vescovi di Ascoli nel Piceno, Teramo, Consorti e Felicini, 1766, p.395; sulle rivolte delle zone perife-riche dello Stato Pontificio nel Cinquecento cfr. Irene Fosi, La giustizia del papa: Sudditi e tribunali nello Stato Pontificio in età moderna, Bari, Laterza 2007.542 Vitellozzo Vitelli cardinal camerlengo.543 Si tratta della vendita del castello di Isola. Paolo non sapeva che era stato già acquistato dal car-dinal Farnese, v. nota 557.

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8. Il lungo distacco: l’incarico del papa e il “lamento” di Isabella (1566-1567) | 199

pitan Mariano544 gli dica che quando sarrà tempo lo aviserò e che ho da […] sua litere al Papa e ha ditto che l’ama ma che non si può […] ter di lui, perciò andrò facilitando il negotio e spero bene […] gli bacio le mani. Di Roma, il dì XVIIII di maggio nel 1567.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsini.

[157, n.166]a La lettera presenta alcune lacerazioni che impediscono la lettura di alcune parole

226. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 24 [maggio 1567]

Illustrissima signora consorte et patrona mia osservantissimaho di già scritto sei litere a vostra eccellentia e d’altri che d’una ho hauta risposta

ma io piglio per bene tutto quel che fa e sonno del medemo animo di venirla a servir questo San Giovanni e sopra a cio non mi alargarò molto essendo che con gli effetti lo vedrà. Di già deve haver inteso che il signor duca d’Alva545 non ha voluto che vada in Fiandra, e se non questa li sarrà per aviso le cose da Sauli,546 ancorché il papa l’altro giorno mi comandassi che vi andassi, pur di poi s’è resoluto altrimenti, e per l’omicidio ultimo ha preso grandissima colera e manda sbiri a far querra a la Marca, e credo che meterà carestia in essi perché ne farrà amazzare molti, di modo che la potrà dir a Mariano che se ne ritorni e faccia che non se ne sapia niente, accioché non fosse per la strada assassinato. Di me poi creda che l’adori e che non desidero cosa più che la gratia sua e stia certa che a San Giovanni sarrò da lei e li bacio le mani insieme con quelli illustrissimi signori. Il dì 24.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.269]

227. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 25 maggio 1567

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimahiersera scrise a longo a vostra eccellentia del negotio di Mariano adesso lo inter-

tengi finché non li scrivo altro, e questa li potrà arivare prima che l’altra. Gli bacio le

544 Mariano Parisani, protagonista di una sanguinosa faida tra famiglie Ascolane, concordemente col papa era stato portato da Paolo Giordano segretamente a Baroncelli. Secondo il piano sarebbe stato riportato ad Ascoli al momento opportuno per firmare i capitoli di pace, cfr. E. Mori, L’onore perduto di Isabella de’ Medici, cit., p.160. 545 Don Fernando Álvarez de Toledo y Pimentel, terzo duca d’Alba (1507-1582). Con lo scoppio di una nuova forte sollevazione contro il potere spagnolo nei Paesi Bassi, Filippo II inviò il duca d’Alba che, a capo di un’armata di settantamila uomini, entrò in quei paesi nella primavera del 1567 per restaurare con violenza l’obbedienza religiosa e politica.546 I Sauli erano una famiglia di banchieri genovesi.

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200 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

mani et l’adoro e aspetto litere da lei e veggio che presto se è scordata di me poiché ci ho scrite molte e due sue sole ho haute e l’adoro e non mi imagino donde possi causar, e gli bacio le mani. Di Roma, il dì XXV di maggio nel 1567.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsini.

Hora ho riceuta una sua e la ringratio della memoria tien di me, et non mancarò sadisfarla. Facia che il capitan Mariano nostro […] a per un mese. [157, n.143]a Le ultime parole della lettera sono illegibili

228. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 28 maggio 1567

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimaper ogni occasion che mi si presenti non mancarò scrivergli e però hora che il

Ricio547 torna non ho voluto mancar di non bacirli le mani e suplicarla che in ogni occasione che a detto vengi lo voglia favorire e, di poi che per mia disgratia non vol scrivermi, accetto il tutto a bene, ma almeno, se in scritto non s’aricorda di me, se ne aricordi col pensiero poiché l’adoro e non ho altro bene al mondo che lei. La suplico ancora che si voglia contentar di far solecitar la cosa del Bandini548 quale al mio partir raccomandai al Capone, perciò quanto più posso la suplico a farci fare ogni diligentia. Hora non atendo altro che a conciar le cose miei e spero al mio arivo, ho avanti, sodisfar al debito di Fiorenze, sì suo come mio, e ho quasi concluso un par-tito con il Cavalcanti e Giraldi.549 E per non infastidirla farrò fine con baciarli mile volte le mani e la bocca. Di Roma, il dì XXVIII di magio nel 1567.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor e consorte che l’adora.Se non mi vol dar la baia con dirmi che mi scrive spesso la suplico inviar le letere

per il corier di Genova perché verò [a Fire]nze. Paolo Giordano Orsino.

Baci le mani a quelli illustrissimi e eccellentissimi da mia parte.[157, n.165]

229. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 29 maggio 1567

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimo sto la più atterrita donna del mondo poiché, sempre che lei mi ha scritto, mai ha

547 Bernardo del Riccio era amministratore di Bracciano per conto di Cosimo de’ Medici.548 Pierantonio Bandini, banchiere fiorentino, esponente di uno dei più importanti gruppi finan-ziari agenti a Roma cfr. A. Merola, Bandini, Pierantonio, DBI, vol. 5 (1963), pp.719-720.549 Banchieri fiorentini con cui Paolo stava trattando l’affitto dello Stato di Bracciano.

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8. Il lungo distacco: l’incarico del papa e il “lamento” di Isabella (1566-1567) | 201

acchusato altro che una mia, et li prometto che li ho scritto più di sette o otto lettere, tanto che penso che ci sia chi ne faccia incetta. Ieri per una staffetta ebbi una sua che Mariano d’Ascoli non si debbia partire finché non mandi novo avviso, e stamani ne ho un’altra che debbia partirsi subito, tanto non so quello si debba fare. Starò aspet-tando che venga novo ordine da lei. Mi sono rallegrata infinitamente che vostra ec-cellentia sia del medesimo animo di venir questo San Giovanni. Io domani me ne vo in villa et lì starò finché il caldo me ne cacci. Sto bene et così tutti questi signori et li baciano le mani et io l’adoro et li bacio le mani. Di Fiorenza, a dì 29 di maggio 1567.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.51]

230. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 30 maggio 1567

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimo venendo costà Elicona550 per certe sua faccende [non] a ho voluto manchar baciarli

le mani et [dar] nova del mio bene esser et di tutti qu[esti signori] fuora che il duca mio signore ha un pocho […] ma credo non sarà nulla che a Dio […] da Giorgino ho riceuto una sua alla [quale non] voglio dar altra risposta che dirli che non [voglio ]che lei dicha che io mi curo pocho di […] giudicha l’animo mio senza saperlo e lo […] così male ma mi risolvo che lei giudic[…] secondo il suo e basta. Circha lo scrivere […] lei si dolga che non li scrivo perché le mie […] così spesse ci debbano dar fastidio ma dir[…] chiaramente et se li daranno fastidio non […] scriverrò tanto. Del mio star allegra ho ta[…] questi miei signori che circha loro sono [la più] contenta donna del mondo et è tanto […] che piglio delli favori che mi fanno […] tutti li scontenti che del continuo da lei […] ma con tutto questo non mancherò d’adorarlo e servirlo, <come> è debito fare a una moglie con il suo marito et perché il legger [trop]po mia lettere non li dessi noia, fo fine [e le] bacio le mani. Di Fiorenza, a dì 30 di [mag]gio 1567.

Di vostra eccellentia serva et consorte dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.55]a La lettera presenta una lacerazione lungo tutto il margine destro, di conseguenza mancano alcune parole alla fine di ogni rigo

231. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 30 maggio [1567]

Illustrissima signora consorte et patrona mia osservantissimapoiché non ho nesuna litera sua non sarrò lungo se non che gli baciarò le mani e

550 Giovan Battista Tebaldi detto Helicona (1535-1608) era nella corte di Isabella, di lui è nota una traduzione dal greco dell’Iliade in ottava rima pubblicata a Ronciglione nel 1620.

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202 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

la suplicarò a tenermi in memoria poiché non posso goder delle sue letere, e sia come si vole che gli vorrò bene e la adorarò mentre arò vita. Menai l’altro giorno il Babi551 a spaso per Roma con me acciò avisassi vostra eccellentia dei miei fatti e li demo un pezzo la burla e il signore Angelo de Cesis552 e io ragionavo de un so che, e il Babi ci si mostrava che havemo a schiopar de risi, e ci ne pigliamo un pezzo tanto spaso quanto dir si può, e dicevamo mille burle. Gliel’ho voluto scrivere acciò sapia che tutto fu fatto e detto aposta, acciò che non l’intrassi qualche strano capricio e che non gli scrivesiro delle cose che mi disse gli furon scrite altra volta. Io sarrò senza nesun dubio questo San Giovanni a Fiorenze, se cognoscerò li sia caro, e per non fastidirla farrò fine su-plicandola a volermi bene, con che gli bacio le mani. Di Roma, il di XXX di maggio.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.270]

232. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

[Baroncelli] 3 giugno 1567

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimo si<a> vostra eccellentia sicurissimo che io non mancho di scriverli, ma la mala mia

sorte vole che le mie lettere non li vengino alle mani, ma non per questo lasso io di fare quello che debbo. Io sto bene, per la Dio gratia, et vi adoro più che mai. Vi scriverò per il corrier di Genova sempre et quando averò altri mai mancherò perché non solo vi amo ma vi adoro et adorerò sempre mentre haverò vita, Dio voglia che ne riporti il cambio. Sollecito le liti poiché non sono bona per altro. Questo cavaliero mi ha pregato che vi voglia scriver, così fo et ve lo rachomando, anchora che so che non bisognia. Et per non esser fastidiosa fo fine et vi bacio le mani et così questi signori mio padre e fratelli. Dio vi guardi. Di villa a dì 3 di giugno 1567.

Di vostra eccellentia serva et consorte che vi adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.57]

233. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Baroncelli 4 giugno 1567

[…]a Ho scritto tante volte che dubito non venirli a noia con mia lettere, pure giudicherà lei per me, et per questo crederrò che li siano care come sono le sua a me. Vostra eccellentia sa che chi ha fanciulle a maritare sempre ha qualghe briga, et così intravviene a me, et massimo che alchuna di quelle che io ho cominciano ad haver

551 Francesco Babbi di Volterra agente di Cosimo e poi di Francesco de’ Medici, cfr. Roberto Can-tagalli, Babbi, Francesco, DBI, vol. 4 (1962), pp.786-787. 552 Angelo Cesi (1530-1606), proveniente dal ramo del capostipite Pier Donato, nel 1566 era stato nominato vescovo di Todi, cfr. Luigi Cajani, Cesi, Angelo, DBI, vol. 24 (1980), pp.238-239.

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8. Il lungo distacco: l’incarico del papa e il “lamento” di Isabella (1566-1567) | 203

un pocho del antiano et bisogna che io ci cominci a pigliar partito; adesso ho un bo-nissimo partito per le mani per la Camilla Salviati che è la più vecchia, e questo è che alli giorni passati morse una sorella di Giovan Batista Capponi che sta con noi, et li lassò forse tremila scudi di rendita, et perché li parenti lo tormentano che li vogliono dar moglie et parendomi al proposito per una delle mia, non ho voluto manchar farcelo sapere et non ho parlato con nissuno prima che io sappia la sua volontà, et parendoli a proposito facciamelo sapere che lo tratterò et credo che il Cappone farà sempre tutto quello che io li commanderò et certo che non è partito da lassarselo uscire di mano et massimo che la dote ce la potremo dare a lui con maggior commo-dità che non si farebbe ad un altro, et allogeremo una fanciulla cui bisogna pensare perché è fatta tanto vecchia che mostra quaranta anni. Io non ho voluto manchar farvelo sapere acciò mi dicha sopra ciò l’animo suo, perché mai voglio far nulla di cosa nissuna senza il suo contento et sopra questo starò aspettando risposta.553 Il Cappone, fra la rendita et il patrimonio, averà presso a cinquemila scudi di valsente che è assai per Fiorenza et io mi leverò una spesa d’addosso. Et non essendo questa mia per altro li bacio le mani et non mancho di sollecitar le sua lite et sto aspettando d’esser un dì buona a servirlo in qualche cosa. Tutti questi signori li baciano le mani et io l’adoro. Di villa, a dì 4 di giugno 1567.

Di vostra eccellentia serva et consorte che l’adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.53]a Manca l’intero primo foglio della lettera

234. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 8 giugno 1567

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima per questo procaccio ho riceuta una sua de infinito contento ateso che per essa ho

visto che la tien un poco memoria di me e mi acusa di havermi scrito molte volte, non ne ho vista nesuna e non è maraviglia poiché a tutta questa città se fa il simile, e non si grida d’altro. Io son resolutissimo dirlo al Papa e forse oggi. Circa la cosa di Mariano gli può dir che se ne vadia poiché il Papa ha fatto altra deliberatione. E di me creda che l’adori e che non abbia altro bene al mondo che lei, e facciami pur ogni sorte di dispiacere, che ben è grande poiché mi scrive rare volte e quelle corte litere. Baci le mani a<quelli> illustrissimi e eccellentissimi signori in mio nome e al cardinal li son schiavo et io gli bacio le mani. Di Roma, il dì 8 di giugno nel 1567.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.178]

553 Giambattista di Nicolò Capponi (1534-1607) sposò in prime nozze Camilla di Tommaso Salviati. La sorella morta nubile è Margherita, che secondo Litta morì il 27 agosto 1567, ma che evidentemente morì tre mesi prima, cfr. Pompeo Litta, Famiglie celebri italiana. Capponi di Firenze, Disp. 164, tav. VII.

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204 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

235. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Baroncelli 11 giugno 1567

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte e padrone osservantissimonon voglio manchar a non dargli nova del mio ben esser et così di tutti questi

signori et spero che così sia di lei. Sono molti giorni che non ho haute sue lettere, me ne dole, ma pure mi contento di tutto quello lei si contenta, così in questo come nel altre cose. Intendo che si mantiene in proposito di venire a revederci presto, se sarà lo averò caro sopra ogni altra cosa, se non sarà, haverò patientia. Io me ne sto in villa et attendo a far esercitio per veder se posso guarir una volta del esser uppilata554 acciò non abbia sempre a esser a noia a me et alli altri. Mes-ser Mutio Frangipani mi ha mandato a domandar un paro di guanti di fiori, io ce li manderò per la prima occhasione,555 et per non li esser fastidiosa fo fine, et li bacio le mani, et così tutti questi signori, et io l’adoro. Di villa, a dì 11 di giugnio 1567.

Di vostra signoria illustrissima serva et consorte che l’adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.50]

236. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 11 giugno 1567

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissima ho inteso quanto la mi scrive e perché in me non sarà mai meno la medema vo-

lontà che la sua, la potrà far sopra a questo particular come li piace, poiché è bene, e io non mancharò eseguir quel che la mi comandarà. Del dinaro però la sa molto bene che me trovo in disordine, e la prego che con comodità quanto può voglia farlo acciò vegi e la signora Camilla e il Capone556 sadisfatti, come è dovere e mio desiderio. La cosa mia con il cardinal Farnese sta nel medesimo termine, anzi in pegio, e cerco per via e di loro signorie e della giustitia aiutarmi,557 e quando que-

554 Questo termine: uppilata, uppilazione, da qui in avanti ricorrerà spesso. Oppilazione vuol dire ostruzione, può essere di ventre, di utero o di reni. L’oppilazione uterina è quella che oggi chiamiamo amenorrea. Il problema nel caso di Isabella sembrerebbe quest’ultimo. Non è però escluso che avesse un problema renale di drenaggio dei liquidi.555 Questa richiesta è curiosa perché il gentiluomo romano Muzio Frangipane è noto comunemente come creatore di profumi e di guanti profumati alla corte di Caterina de’ Medici, cfr. Le grand di-ctionnaire historique, ou Le melange curieux de l’ histoire sacrée et profane, Parigi, 1745, t. VIII, p.892.556 Giambattista Capponi e Camilla Salviati.557 Si riferisce alla causa contro il cardinal Alessandro Farnese per il feudo di Isola. Paolo sin dal 1559 era debitore dei banchieri Olgiati del denaro servito per il riscatto di varie terre e castelli. Il 15 febbraio 1567, per ripagare il debito, Paolo cedette ai banchieri alcuni castelli, tra cui Isola, con giurisdizione, vassalli ed entrate con patto di ricompera dopo 9 anni. Subito dopo l’Olgiati rivelò di aver comprato per conto di Alessandro Farnese che prese il possesso di Isola e non volle più re-

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8. Il lungo distacco: l’incarico del papa e il “lamento” di Isabella (1566-1567) | 205

sto non abasti mi sforzarò di far altro, poiché il detto cardinal dice molte cose e in preiuditio mio e de miei padroni. Il negotio mio di Francia va benissimo e è quasi finito e al mio arivo ne li darrà raguaglio. Viene con letere di sua maestà che sarrà la vigilia di San Giovanni,558 se parrà al duca mi signore e a vostra eccellentia che mi abbia a pentire per questo negotio che li sa, però mi scriva la sua voluntà e del duca mi signor, e li son schiavo al solito e gli bacio le mani. Di Bracciano il dì 11 di giugno nel 1567.

Di vostra eccellentia illustrissima consorte servitor affettionatissimo Paolo Giordano Orsino.

ll Papi559 per il desiderio che ha di servirla si è tropo scoperto, ma da me saperà ogni cosa senza che altri ce lo scrivi, poiché malamente arà posuta riguagliarla, si<n> ora ci ho fatto ogni diligentia.a

[157, n.87]a Da «Il Papi» fino a «diligentia» soprascritto sulla parte alta del foglio a sinistra.

237. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

[Baroncelli] 14 giugno 1567

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimo sono molti giorni che io non ho riceute sua lettere pure, stando scrivendo questa,

m’hanno portato una a me certo d’infinitissimo contento, ma con tutto ciò, non veggio per essa che si parli nulla del venire in queste parte, pure mi contento di tutto quello lei si contenta. Li mando una soma di trebbiano,560 haverò caro che si conduca sano e buono. Non pigli questo a presuntione, ma tutto ad amorevolezza. Qua ci sono caldi grandissimi e li passiamo malamente, ma si fa il meglio che si può. Messer Mutio Frangipani mi mandò a dimandare un paro di guanti di fiori per l’apportato-re di questa, ce ne mando dua, la mi faccia gratia darceli da mia parte et faccia mia scusa se non sono boni, perché certo non li ho meglio. Et con tal fine li bacio le mani et così tutti questi signori et io l’adoro, che Nostro Signore li dia quanto desidera. Di villa, a dì 14 di giugno 1567.

Di vostra eccellentia serva et consorte che l’adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.58]

stituirla, come invece prevedevano i patti, tanto che nel 1568 riuscì a farla incorporare nel ducato di Castro. Da questo momento la località si chiamerà Isola Farnese, cfr. E. Mori, L’Onore perduto di Isabella de’ Medici, cit., p.161, 365-366; Ead. L’Archivio Orsini, la famiglia, la storia, l’ inventario, cit., p. 67, nota 268.558 Paolo aveva avviato trattative per passare al servizio dei francesi. Le lettere del re sarebbero state portate a Roma dall’ambasciatore francese.559 Babbi.560 Vino bianco.

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206 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

238. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 23 giugno 1567

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimaio mi trovo due sue a respondere e la ringratio infinitamente della amorevolezza

del trebiano e, se ben ne abisognava più per molti patroni e amici, pur s’è fatto con questo. Dell’altra in risposta de la mia scritali sopra il negotio che sa, non dubitava punto del animo di quelli signori perché di fideltà e d’amore non hanno servitor più affetionato di me, e creda vostra eccellentia sicuramente che adoro lei e tutta quella casa che non ho desiderio magiore che mi si porga occasione di spender la vita per quella casa e per lei, a chi son più obligato <più>che a mio padre che mi ha dato l’es<s>er, e creda vostra eccellentia che lo dico con ogni affetto di cuore e aspetto con desiderio la resposta del signore duca e principi miei signori e la suplico a solecitarla. Atendo a conciar le miei cose per potermene venir subito da lei, se così parrà al si-gnore duca e a lei, che non so se la cosa de l‘Isola facessi che avessi a restar, però son disposto da ubedir, e di già ho acordato con il cardinal Sforza e con il Cavalcanti e Bandini561, stasera farrò il contratto, e così sodisfarò a ogni persona tanto a Roma quanto a Firenze, con che gli bacio le mani, suplicandola a tenermi nella sua gratia che a par della vita desidero. Da Roma, il dì XXIII di giugno nel 1567.

Di vostra eccellentia servitor et consorte che l’adora e sempre l’adorarà Paolo Giordano Orsino.

[157, n.153]

239. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 26 giugno 1567

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima ho hauto la risposta dal signore duca e principe conforme alla amorevolezza e

l’obligi che li tengo. Hora non mi vedo altro se non di finir la cosa co’ Cavalcanti che per tutta questa setimana finirò, e se li parerà a lei a quelli illustrissimi signori che abbia a venire subito montarò a cavallo e me inviarò a quella volta. Il cardinal Farnese mi ha mandato a parlar dua volte amorevolissimamente e dice che vol far quanto io voglio e che mi vol tanto bene, son solite sue paroline. Io dico sempre che, finita la causa de l’Iso<la>, li sarrò parente e servitor, ma mentre che questo non sia, che quel che ho detto non posso far non sia detto, sì che il negotio sta in questi termini, lui è andato a Caprarola et è pasato per l’Isola e ditto a quelli homini pu-blicamente che me la vol rendere, io me ne sto e vedrò se burla o dice davvero e in ogni modo son resoluto haverla, e di già il papa e la corte sa questa mia resolutione, sì che sarrà imposibile che non facia ogni [suo] potere e vengi quel che vole, come lo vedrò resoluto a non me la [rendere], che mentre non l’ho in mano non crederò mai

561 Si tratta di banchieri a cui Paolo Giordano affitterà lo Stato di Bracciano per nove anni, cfr. E. Mori, L’onore perduto di Isabella de’ Medici, cit., p.158.

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8. Il lungo distacco: l’incarico del papa e il “lamento” di Isabella (1566-1567) | 207

me la rendi, atesa la sua puoca fede e parole assai, sì che vederò quel vorrà fare. Mi resta hora suplicarla a baciar le mani a quelli eccellentissimi signori e ringratiarli e non accade che li offeri la vita e l’ avere perché l’anima e tutto quel che ho è loro, e sarrà in perpetuo, e lei creda che l’adori e non <ho> magior voluntà che di servirla e vederla, e mi scriva, la suplico, quel che ho da far e s[e] a quelli signori par bene la mia venuta, che non convincessi Roma che qual cosa potessi sucedere fatta da me da giovane non pensasino che havessi hauto ragionamenti di ciò con quelli signori illustrissimi.562 Io l’avertisco per far quello che a lei e a quelli signori eccellentissimi parrà. Con che gli bacio le mani e l’adoro. Di Roma, il dì XXVI di giugno nel 1567.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.187]

240. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 26 giugno 1567

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimase ben stamatina gli ho scritto, non voglio mancar scrivergli di nuovo, e darli

conto di come il cardinal Farnese se è partito di Roma oggi da poi disinare e andato a allogiar a l’Isola dove mostra volervi fabricare,563 e si mostra più umile che mai, e dice che ho torto a giocarmelo per così puoca cosa, e mille paroline. Io ne ho parla-to al cardinal Alessandrino e dimane ne parlarò al papa di nuovo, e poi farrò quel che il duca e principe mi consigliaranno. A vostra eccellentia la suplico ricordare la risposta, acciò sapia quel ho da fare. Stamatina ho fatto l’acordo con i Bandini quali me han dato scudi cinque milia e dimane spedirò il neg[otio al] Cavalcanti, mi resta suplicarla a vo[lermi be]ne et a creder che l’adoro e gli ba[cio le mani] et la bocca. Di Roma, il dì XXVI di gi[ugno] 1567.

Di vostra eccellentia illustrissima […] Paolo Giordano Orsino.

[157, n.272]

241. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Montepaldi 30 giugno 1567

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimonon ho dato prima risposta alla sua portatami dal cantiniere del cardinale per

haver aspettato la tornata del duca mio per poterli scriver qualche cosa. Circha li cavalli non li manderò senza suo novo aviso. Sono belli, ma per cocchio et non altro.

562 Paolo Giordano temeva che si pensasse che la sua giovanile partecipazione alla guerra a fianco dei francesi fosse stata concordata con Cosimo de’ Medici e la cosa presumibilmente era vera.563 A Isola esisteva già su progetto di Bramante un palazzo fatto costruire da Felice della Rovere, fi-glia di Giulio II e nonna di Paolo Giordano, cfr. Adriano Amendola, Un nuovo cantiere di Bramante a Isola Farnese: la rocca Orsini per Giulio II, «Storia Dell’Arte». Vol. 140 (2015), pp.7-20.

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208 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

Circha la sua venuta, in quanto a me lo sa benissimo che non ho maggior desiderio in questo mondo che di star sempre appresso di lei et così credo che desiderino tutti quelli che mi amano, perché ben sanno che ogni mio contento ha da dipender da lei. Il duca tornò domenica da Cerreto che vi è stato otto giorni et il cardinale et io siamo venuti a star otto giorni a caccia a Montepaldi et ci aspettiamo il duca et ecci tanti starnotti e lepre che è un piacer grandissimo. Et intanto fuggiamo la peste che dichono esser già a Bolognia.564 Mi pare si vada achostando molto presso a Fiorenza. Si fanno guardie grandissime et non entra nissuno senza la bulletta della sanità. Però se volete venir da noi venite sano. Io sto bene del corpo. Dio gratia così piacessi a lui fussi del animo. Et per non esser più noiosa fo fine et li bacio le mani et così fa il cardinale. Nostro Signore li dia ogni contento come egli stesso desidera. Di Monte-paldi, a dì 30 di giugno 1567.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.62]

242. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 1 luglio 1567

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimase manda a vostra eccellentia la cesion di Giulio Folco, e hora vi sonno scudi

mille da rescoter e se prima havessi saputo il bisogno suo non haria mancato di provederli, sì come hora faccio di quel che posso. E la suplico a perdonarmi se non son venuto che non mancarò, subito finita la cosa de Cavalcanti, esser da lei, se così commandarà, e se fin hora sonno tardato a venir è causato per non haver dato sesto a miei negoti, ma fra pochisimi giorni verrò a far quel che mi si conviene. La cosa de l’Isola il cardinal interviene con solite paroline, e ho disegnato che Coregio565 facia altro offitio di nuovo, acciò, se qual cosa succedessi, che il mondo cognosca che ve sia stato tirato per i capelli, e andrò facendo ogni mio sforzo per veder quel che da questo huomo si può cavare, e poi farrò di maniera che spero che ogni persona mi laudarà. Mi verrò suplicarla a tener per fermo che l’adoro e che non ho altro bene al mondo che lei, e lo giuro da cavaliere, perhò mi tengi in sua gratia che l’afetione la merito. E mi faccia gratia baciar le mani a quelli illustrissimi eccellentissimi signori e al cardinal mio che li son schiavo; con che gli bacio le mani e la bocca. Di Roma, il dì primo di luglio nel 1567.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora e sempre l’adorarà Paolo Giordano Orsino.

[157, n.152]

564 Potrebbe riferirsi all’epidemia di vaiolo che colpì la città di Mantova nel 1567, cfr. Marcello Do-nati, De Variolis et morbillis tractatus, Mantova, Philoterpsem, & Clidanus Philoponos fratres, 1569.565 Cardinale Girolamo da Correggio (1511-1572). Era tra i cardinali favoriti da Pio V e molto legato ad Alessandro Farnese, cfr. Gigliola Fragnito, Correggio, Girolamo da, in DBI, vol. 29 (1983), pp. 450-454.

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8. Il lungo distacco: l’incarico del papa e il “lamento” di Isabella (1566-1567) | 209

243. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

1567 3 luglio

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimanon voglio mancar per la occasion del signore Adinolfo di non baciarli le mani

e darli nuova della mia salute e suplicarla poiché li caldi son grandissimi e avendo qualcun negotio che mi importa come la sa, mi voglia far gratia che possi, finché rinfreschi, starmene qua, che sì senza sua gratia penso non vi staria una hora, perciò la prego a contentarsi e haver per bene questa mia risolutione, poiché la po’ tener per fermo che l’adori e la suplico, se questo gli fosse dispiacere, a voler scrivemelo per-ché subito sarrò da lei senza haver riguardo a nesuna cosa se non al contentarla. La suplico ancora, perché io ho mandati dua de miei cavalli da cocchio, che me voglia mandar quelli quatro pezzati che il signore Rosabergo566 mi ha mandati, e l’altri, se lei ne ha di bisogno, se li tengi, con che l’adoro e l’adorarò sempre, mia vita, e gli bacio le mani. Di Roma, il dì 3 di luglio nel 1567.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor affetionato et consorte che l’adora e adorarà

Paolo Giordano Orsino.[157, n.164]

244. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 9 luglio 1567

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimaebbi l’altro giorno un puoco di febre efimera causata dal ber con la neve e per la

gratia de Idio subito ne fui liberato e hora sto benisso. Per servirla gli ho voluto dar l’aviso, e del male e della sanità, io, acciò non si pigliasi fastidio se altramente fosse stato. Io l’adoro e in ciò ne voglio testimonio il mondo tutto e Idio, e un giorno lei ne restarà asicurata poiché me dicano che crede altramente, ma se ho honore, creda pur che voglio meglio a lei che qual altra cosa sia nel mondo e lasciaria ogni persona e sorella che moriseno purché lei non havessi mai male, et è così certo. Mi faccia gratia baciar le mani al duca e signore principe e cardinal miei signori e mi tenga in lor gratia che a par della vita desidero. Con che la prego a non scordarsi di me e gli bacio la bocca e le mani. Di Roma, il dì 9 di luglio nel 1567.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora e l’adorarà sempre Paolo Giordano Orsino.

[157, n.279]

566 Guglielmo Orsini Rosemberg. Vedi nota 128.

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210 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

245. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 14 luglio 1567

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimaricevei una sua l’altro giorno a me cara come la vita per haver hauto nuova di chi

adoro. Io sto bene per la Dio gratia e vo pasando questi caldi il meglio che io posso e vo finendo queste mie facende per esser presto sbrigato come rifresca a venirla a servire, come di già avrei fatto se il negotio de l’Isola non mi havessi tenuto, il quale pur sta così ancora che non manchi con ogni modo possibile far cognoscer il torto che mi si fa, e pur hieri andai dal cardinal Coregio,567 acciò facessi opera che io lo devessi havere, poi come arò fatto quel che a me sarrà stato posibile con le buone, vostra eccellentia intenderà nuova. Mi piace che con mi signori illustrissimi stia a quelle caccie belle e ne ho invidia grandissima, ma quel che hora non mi è concesso, sperarò questo autunno rifarlo, perché non la voglio ceder a nesun caciatore. Mi facia gratia baciar le mani a quelli illustrissimi eccellentissimi miei signori e me tengi in sua gratia che a par della vita desidero e l’adoro; con che gli bacio le mani. Il dì XIIII di luglio nel 1567.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora e adorarà Paolo Giordano Orsino.

[157, n.161]

246. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 22 luglio 1567

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimo con questa occhasione di questi g[…]a non ho voluto manchar baciarli le mani

et darvi nuova del mio bene essere et allegrarmi secho della sua sanità, che Nostro Signore ce la mantenga quanto lui stesso desidera, et farli sapere come il duca mio signore et il cardinal insieme mi hanno pregato che me ne venga a star 15 o venti giorni a Pitti, et così ci sono et stiamo tanto allegramente che non si può dir più, et mi fanno tante carezze che non lo potrei mai dire, et ci starò tanto che passino li caldi, che in compagnia mi par che si passino assai meglio. Se li manda li quattro cavalli, et l’altri me ne servirò io che ne ho bisogno, se però il cardinale si scorderà di volerne lui dua, che al fine, se li vorrà, [sarà di] bisogno che ce li dia. Lo supplicho a dar ris[posta] a una mia inviatali per il corrier di Genova che la desidero infinita-mente, et habbiami per scusa se li ho dato con essa fastidio, et sia certo che non ho possuto far altro. Ho ricevuto dua sue e con quelle intendo che ha animo di venir a starsene anni a Fiorenza, ma a dirli il vero non ce lo credo, perché chi non ci può star giorni, mal se li può creder che ci possa star anni, e basta […] sono goffa se non tanto quanto vorrò esser, et per farvi servitio <lo> sarò sempre ment<r>e che vedrò che vi contentate che io sia, et mai haverò né occhi né orecchi, et basta, chi m’ha da <in>tender mi intenda. Tutti questi signori vi baciano le mani et io vi adoro et vi

567 Cardinale Girolamo da Correggio.

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8. Il lungo distacco: l’incarico del papa e il “lamento” di Isabella (1566-1567) | 211

sono serva et vi bacio le mani. Che Nostro Signore vi dia tutto quello sapete deside-rare. Di Fiorenza, a dì 22 di luglio 1567.

Di vostra eccellentia serva et consorte che l’adora dognia Isabella Medici Orsina.

Desidereria che vostra eccellentia mi facessi gratia di farmi fare otto figure di marmo alte un baccio et mezzo l’una et pure trovarmele fatte che mi farà il maggior favor del mondo, et di gratia rispondeme se lo vuol fare et il quando, acciò se non ha commodità me le possa buscare altrove.568

[157, n.52]a La lettera presenta due macchie brune che impediscono la lettura di alcune parole

247. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 23 luglio 1567

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimaquesta sarrà per baciarli le mani e suplicarla a tenermi in sua gratia, la qual a par

della vita desidero, e darli nuova del mio ben esser che, per la Dio gratia, da poi la febre che havea mi son sentito benissimo. Desidero intender nuova di lei e mi faccia gratia di creder che l’adori e che non ho il magior desiderio che servirla e vederla e come prima prova mi vederà tanto risoluto non dico solo a venir là, ma a starvi con-tinuamente. Mi faccia gratia baciar le mani a quelli illustrissimi et eccellentissimi padroni e a monsignor illustrissimo che li son schiavo, et gli bacio le mani e la bocca suplicandola a tenermi in sua gratia. Di Roma, il dì XXIII di luglio nel 1567.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.276]

248. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 25 luglio 1567

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimaricevei hiersera dal Guidacio569 una sua a che li risponderò puoche parole che lei

è patrona di quel che <ho> io come me, ma la suplico che mi voglia far gratia di veder in che stato mi trovo, poi facia quel che è la sua volontà di tutto il mio. Io gli mandarò danari e quel che commandarà sempre, e li danari che Gianozzo spese quando io poi la lasciai che li sono propri, ma in ogni maniera che sia, essendo i suoi

568 Isabella stava arredando la villa di Baroncelli e si preoccupava di acquistare pezzi romani sul mercato antiquario. Dopo un suo soggiorno a Roma chiese licenza di esportazione per «due tavole di pietra granita moderne et un pilo di marmo in forma di sepolcro et una testa d’una Roma similmente di marmo antichi», cfr. E. Mori, L’onore perduto di Isabella de’ Medici, cit., p.139.569 Francesco Guidacci.

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212 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

debiti come miei e a me speti il pagarli, ben li dico che mi ho a male a non aver più per servirla più convenientemente. Il capitan Lorenzo570 da poi fatta, ha dato giusti-fication di sé come si conveniva, gli ho perdonato e ho voluto far poi saper il tutto a vostra eccellentia, come faccio. Io sto bene e desiderosissimo di andare a servirla, come a pieno vederà questo mio disiderio come rinfresca. Mi faccia gratia tenermi in gratia sua e de quelli illustrissimi eccellentissimi signori e gli bacio le mani e non abisognarà scrivermi che spera che l’abbi a contentar, poiché ogni suo contento è mio e gli dico che spesso non avrò che li vengino simili occasioni, poiché più del solito mi scrive amorevole, e sa che con me non abisogna d’altro, mentre che vivrò la obedirò sempre, con che gli bacio le mani. Di Roma, il dì XXV di luglio nel 1567.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.162]

249. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 26 luglio 1567

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimo non voglio mancar con questa occasione di baciarli le mani et darli nova del mio

bene esser et così spero aver a intender di lei. L’aportator sarà un spagnolo chiamato Scalante,571 se richiederà vostra eccellentia di qualche favor per amor mio sarà servito fargnene, che ce ne haverò obligo infinito. Tutti questi signori stanno bene et li bacia-no le mani, et in particular il cardinale, et non essendo questa mia per altro li bacio le mani et lo supplicho a tenermi in sua gratia et ricordare che l’adoro. Di Fiorenza, a dì 26 di luglio 1567.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.54]

250. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 31 luglio 1567

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimo sono molti giorni che non ho riceute sua [lettere e] a me ne sono maravigliata infinita-

mente, ma penso et cercho darmi ad intender che le lettere siano [ite] a male et questo mi fa stare allegra, che se altro fussi morirei di dolore, ma forse per me saria il meglio perché escirei d’affanni et ne cavarei altri che sarebbe doppio bene. Io me ne sto assai travagliata per il caldo grandissimo che è in questo paese, ma mi intrattengo il meglio posso con starmene a Pitti la maggior parte del tempo dove mi sono fatte tante careze

570 Lorenzo da Fermo. Vedi lettera n.254.571 Si tratta probabilmente di un personaggio appartenente alla nobile casata spagnola dei signori di Escalante. Nel 1565 José de Guevara y Tovar, signore di Escalante, era viceré di Navarra.

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8. Il lungo distacco: l’incarico del papa e il “lamento” di Isabella (1566-1567) | 213

che non posso dir più. Tutti questi signori stanno bene et si vive allegramente, penso che fra sei o otto giorni ce ne anderemo alle montagn[e] di Pistoia a spasso. Io sto aspet-tando con desi[derio] la risposta d’una mia portatali per mano [del] Guidaccio572. La supplico a darmi risposta, [et per] non li esser fastidiosa fo fine et li bacio le m[ani] et così tutti questi signori. Nostro Signore lo guardi. D[i] Fiorenza, a dì 31 di luglio 1567.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.59]a La lettera presenta macchie brune e una lacerazione lungo il margine destro

251. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 5 agosto 1567Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima

ho da rispondere a due di vostra eccellentia e una la ho di già scrita, ma perché ho da intendermi con il duca mi signore, come per essa intenderà, non gliela mando non sapendo ancora la determinatione di qualcuno a chi sta il risolvermi, e l’altra fornita-mi stamatina da quel stafier di mi signora buona memoria.573 Gli dico che non ho il magior disiderio al mondo che servirla e ubedirla e però non mancarò a far quanto la mi commanda. Signora mia, suplico vostra eccellentia de un favor segnalato: e questo è che come rinfresca verò subito fornito di bracchi e qualche can grosso per servir vostra eccellentia e quelli signori alle cacie, e perché altro non mi manca che vederli, la suplico che voglia che le sui e le miei siano miei,574 e che me inprometta a non darli a nisuno e farli custodir da Giorgino, che li suplico anco a far di maniera che non li manca niente, e di ciò mi farà il magior favor del mondo, e ne li suplico di nuovo a non mi mancar, perché vengo con questo animo inimicissimo a tutti gli animali. E creda che l’adoro. La suplico che mi tengi in sua gratia e non mancar di farmi tal favore, con che gli bacio le mani e la bocca. Di Roma, il dì 5 di agosto nel 1567.

Di vostra eccellentia servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsini.

[157, n.163]

252. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 8 agosto 1567Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissima

dal Guidaccio575 hieri mi fu arecata una sua a me di tanto contento quanto cosa po-tessi desiderare e li ho scrito spesissimo e di già lo deve haver visto poiché le miei li sar-

572 Francesco Guidacci.573 Eleonora di Toledo, madre di Isabella.574 Si riferisce ai cani. Vorrebbe i suoi e quelli di Isabella e vorrebbe che lei non li promettesse ad altri.575 Francesco Guidacci.

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214 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

ra<n> capitate e lo farrò molto più spesso vedendo che non l’infastidiscano, e mi tengo felicissimo poiché vego per la sua che ha un puoco di martello di me, e ben lo merito poiché l’adoro né stimo più cosa al mondo che lei e da lei spero ogni mia grandezza e bene. Mi piace da intender li favori che il duca mio signor li fa, e gli bacio le mani delle racomandationi di quelli eccellentissimi signori e li son schiavo a tutti. Piacendo a Idio, come rinfresca verrò a star a Fiorenza con la casa. La suplico a far carezze a Giorgino e alli ucelli, acciò possi andar a caccia, e di qua verrò ben fornito di cani e di cacciatori. Il [Fusco] desidera una litera di vostra eccellentia allo ambasciator di Portogallo in favor de un suo negotio, e una da monsignor illustrissimo per il cardinal di Portogallo sopra una croce che l’ambasciator che hora si parte, ch’è mi grandissimo amico e signore, mi ha promisso di farmela haver.576 La suplico quanto posso a farla havere tale e così quella del cardinal. Il negotio de danari si spedirà quanto prima e ve li mandarò, del resto mi tengi in sua gratia e gli bacio le mani. Di Roma, il dì VIII d’agosto nel 1567.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora e adorarà sempre Paolo Giordano Orsino.

Vostra eccellentia mi faccia gratia suplicare il signore duca che mi mandi un puoco di quella aqua buona per le febre pestifere che mi promesse quando fui a Fiorenze, di gratia facia che presto l’abia, e mi tengi in sua gratia che a par della vita desidero.[157, n.271]

253. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

9 agosto 1567

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimaper non uscir della ubedienza sua non ho voluto mancar a non darli nuova di me che

per la Dio gratia sto bene pasando questi caldi il meglio si può et con infinito disiderio di vederla, tanto nol posso più dire, e l’inprometto che mi sa mille anni che piova per levarmi di qua, poiché m’è venuto tanto in fastidio il viverci che più non può esser. Lei deve godersi quelli freschi fonti fredissimi che glie n’ho la magior invidia del mondo e questo altro anno spero goderlo ancor, se a Dio piacerà. Non so che mi scriverli di nuovo ché qui si vive in regula di pori frati. Deve di già haver inteso la mercede che il re ha fatto al cardinal Pacieco del arcivescovado di Burgos,577 a Aragona scudi 1300,578 a Cicala579 altre tanti e a Gabero e Sforza e Coregio580 altre tanti, e per non fastidirla

576 Si trattava della croce dell’Ordine Militare del Cristo. In quel momento il Portogallo era ancora sotto la reggenza del cardinale Enrico, zio del legittimo sovrano Sebastiano. 577 Il cardinal Francisco Pacecho fu creato arcivescovo di Burgos il 5 agosto 1567.578 Giulio Acquaviva d’Aragona, cfr. Roberto Zapperi, Acquaviva D’Aragona, Giulio, DBI, vol. 1, 1960, p.197. 579 Giambattista Cicala, cfr. Gigliola Fragnito, Cicala, Giambattista, in DBI, vol. 25 (1981), pp. 304-309.580 Giovanni Francesco Gambara (1533-1587) Alessandro Sforza di Santa Fiora (1531-1581), Giro-lamo da Correggio (1511-1572).

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8. Il lungo distacco: l’incarico del papa e il “lamento” di Isabella (1566-1567) | 215

più meterò fine suplicandola a tenermi in sua gratia, con che gli bacio le mani di […] VIIII di agosto nel 1567.

Di vostra signoria illustrissima servitor e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.151]

254. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 18 agosto 1567

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimoho riceute dua sue lettere amorevolissime et mi hanno dato contento infinito poi-

ché per esse veggio che dice amarmi, che è la cosa che più al mondo desidero, et se verrà come mi scrive, sarà il molto ben venuto et a me farà il maggior contento del mondo. Non rispondo a una sua portatami da Lorenzo da Fermo perché bisognia più tempo, ma per questo procaccio non mancherò dar risposta. Non scrivo a lon-go perché sono aspettata a desinare con madonna Lisabetta Capponi la quale fa le nozze d’una sua figlia et però sono così breve.581 Tutti questi signori stanno bene et li baciano le mani et io il simile. Di Fiorenza, a dì 18 di agosto 1567.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.61]

255. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 30 agosto 1567

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimadi già gli ho scrito cinque o sei miei per via del Guidacio, né di nesuna ne ho hauto

risposta e ho dubitato di non venirli in fastidio con il scrivere però, per non disobedir-la, mi son messo a scrivergli e farli intendere il mio ben esser e il desiderio che ho di venir a Fiorenze e ci ho la prova, ne farrà certo testimonio don Antonio582 <che> è stato qua e mi ha detto che vostra eccellentia nelle montagne di Pistoia si era sentita male, e per gratia di chi era con lei non me ne fu scrito o fatto saper niente, e ne ho hauto grandissimo fastidio, pur patientia, la prego a mantenersi sana e di aspetarmi che senza nesun dubio alla fin di setembre sarrò da lei, e per non infastidirla farrò fine supli-candola a baciar le mani a quelli eccellentissimi signori in mio nome e si aricordi che l’adoro; con che gli bacio le mani e la bocca. Di Roma, il dì XXX di agosto nel 1567.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora e l’adorarà sempre Paolo Giordano Orsino.

[157, n.273]

581 Non siamo riusciti a rintracciare questa Elisabetta sulle tavole del Litta. L’Elisabetta Capponi, moglie di Amerigo (tav. VI) non ha figlie femmine. La moglie di Niccolò muore nel 1565 (tav. VII).582 Probabilmente don Antonio Alvarez di Toledo, cavaliere dell’ordine di San Giovanni, gran prio-re di Leon, figlio di don Garcia di Toledo.

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216 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

256. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 1 settembre 1567

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimail signore Rotilio da Mantaco583 vien costì per petir alcune sue faccende, e perché

è molto mio amico la suplico che vostra signoria voglia favorire in ogni occorrenza perché lo meterò fra gli molti obligi li tengo. Non mi voglio lamentar di lei, ma si bea della fortuna che me sia così contraria poiché le ho già scritto otto o dieci litere per via del Guidacio e di nesuna ho hauto risposta. La suplico che, se non li è più che fastidio, voglia talvolta ricordarsi di chi l’adora. Io non mancarò come li ho promes-so di esser alla fin di questo da lei, con che gli baccio le mani insieme con la bocca e l’adoro. Di Roma, il dì primo di setembre 1567.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora e adorarà sempre Paolo Giordano Orsino.

[157, n.81]

257. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 5 settembre 1567

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimaper darli conto come si conviene de ogni mia atione gli fo sapere che, havendo

da venir il signore duca Ottavio584 a Roma, mi era risoluto parlarli sopra il caso che occorse già tre anni della openion che ebbe il cardinal Farnese che io l’avessi voluto far amazare,585 e già per questo mi era messo in ordine con ogni mio potere, quando da molti cavalieri degni di fede, quali mi farranno fede in servitio, mi fu riferto che il signor duca, sì in questa come in ogni altra cosa, havea parlato honoramente di me e che m’aria data sopra a quel fatto ogni giustificatione; sì che, non potendo mancare al giusto, con consiglio di miei parenti e amici, mi risolvei mandarli la qui inclusa litera per il colonnello Lucantonio586; e perché havea inteso che a detto signore era

583 Rutilio Mantaco fu uno dei cavalieri che parteciparono nel 1565 al torneo nel cortile del Bel-vedere in Vaticano, cfr. Anton Francesco Cirni, Narrazione del torneo fatto nella corte di Belvedere in Vaticano a di 5 marzo 1565 in occasione delle nozze del conte Jacopo Annibale Altemps con donna Ortensia Borromeo, Roma, Unione Cooperativa Editrice, 1898.584 Ottavio Farnese duca di Parma e Piacenza (1524-1586) figlio di Pier Luigi. Nel 1538, a soli tre-dici anni, aveva sposato Margherita (1522-1586) figlia naturale dell’imperatore Carlo V e vedova del duca di Firenze Alessandro de’ Medici. 585 Ottavio stava per arrivare a Roma. Il cardinal Farnese aveva messo in giro la falsa voce che Paolo Giordano lo avesse voluto ammazzare. Paolo si preparò ad un duello, ma prima mandò una lettera di chiarimenti a Ottavio che la accettò di buon grado. 586 Potrebbe trattarsi del colonnello Lucantonio Tomassoni comandante della guardia di Ottavio Farnese. Suo figlio Ranuccio fu ucciso da Caravaggio. Su questi Tomassoni cfr. Stefania Macioce, Michelangelo Merisi da Caravaggio: fonti e documenti 1532-1724, Roma, Ugo Bozzi Editore, 2010, p.214 e passim. La lettera di Paolo ad Ottavio Farnese e la risposta portano il n.159 del vol.157.

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8. Il lungo distacco: l’incarico del papa e il “lamento” di Isabella (1566-1567) | 217

stato rifer<i>to qual cosa che facilmente, non esendo la litera più che tanto carica e la comision del colonello nella mede<si>ma maniera, arebe posuto disprezzarla, co-missi al colonnello che, caso che cognioscessi nisuna sorte di mala sadisfatione, che in mio nome gli offerisse dove voleva che mi sarei amazato con lui con una spada e una cappa. E perché anco il cardinal Farnese invero, sì in questa cità come di fuora, con ogni suo potere pratichi che, alla venuta del duca, sì per la strada come a Roma, venisse acompagnato, mi risolvetti io ancora far il mede<si>mo e scrissi a molti miei amici e parenti e qui anco con gli amici miei a tal che mi mesi a l’ordine per quel che havesse posuto succedere, e trovando il colonello il duca, in parole come in scriti, ne la certa fede di animo buono e, come per la copia del suo potrà vedere, con quanta cortesia e amorevolezza abbia proceduto, se ben non bisogna fidarsene, se ne tornò. Essendo il caso pasato in questa maniera, ne li ho voluto dar conto acciò che, se altrimente li fosse scrito, me possi far fede perché così è la verità. È molti giorni che non ho ricevuto sue litere e puro era presuposto per non la infastidire starmene, ma, esendomi venuta occasion presente, gliel’ho voluta far intendere e dirgli che l’adoro e adorarò sempre, e del resto faccia quel che gli piaccia. Mi faccia gratia baciar le mani al signore duca mi signore e principe e a nostro signore illustrissimo li so schiavo, e lei, Dio li metti in cuore verso me più amore, e gli bacio le mani. Di Roma, il dì V di setembre nel 1567.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino

[157, n.160]

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Paolo Giordano a Isabella da Bracciano, 4 dicembre 1558 (lettera n. 25)

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9. I debiti e l’esilio (1567-1569)

587 Cosimo Bartoli a Francesco de’ Medici, 13 settembre 1567, ASF, MdP. vol. 3080, f.146.588 Cosimo Bartoli a Francesco de’ Medici 4 ottobre 1567, ASF, MdP, vol.3080, f.154.589 «[…] l’essermi alevato in sua casa, l’esser chi sonno, la molto affetion che li ho portato e porto, il dipender afatto da lei, l’haver una sua figlia per moglie, arrei creduto che averia mosso vostra Ecc.tia a coprir il mio errore, se ben grande, non però tale che ella non abbia in simil casi perdonato e coperto altri di manco qualità di me, né che per nesuna via meritano apresso di lei come io, come lo ha potuto conoscer dal quel puoco che sino hora è acaduto e come conoscerà magiormente quando me veranno occasioni magiori, e ancorché stia in questi travagli non però mi tengo in stato si vile che un giorno non speri esser amato da lei, e con merito, né lo infastidirò più, solo la prego che li sia ricomandato l’onor mio e della vita e robba faria lei, e la giustitia quel che li pare», (ASC, AO, b. 158, n.28, 24 febbraio 1568).

A settembre del 1567 l’avventura romana era già finita e Paolo e Isabella si trovarono sommersi dai debiti. Lo Stato di Bracciano si rivelò gestito da funzionari corrotti; Giulio Folchi, l’amministratore arrestato l’anno precedente, era ancora formalmente in carcere a Firenze, anche se gli era concesso di muoversi per seguire gli affari del suo padrone. Paolo fu costretto non solo all’esilio da Roma ma al totale allontanamento dalla scena pubblica, sia romana che fiorentina. Un avviso di Cosimo Bartoli a Francesco de’ Medi-ci del 13 settembre informa che Paolo Giordano era partito per Firenze perché Isabella aveva preso il vaiolo.587 Si trattava della scusa ufficiale per giustificare l’allontanamento di Paolo da Roma. Del fatto che Isabella avesse contratto questa malattia non vi è traccia nelle lettere. Un altro avviso di Cosimo Bartoli informa che “ il Signor Paulo Giordano ha dato il governo di Bracciano ad un suo cugino, et lui se ne sta a Fiorenza con la mo-glie a pigliare l’accqua del legno per smagrire”.588 Il cugino era Giovanni Paolo Orsini, figlio di Francesco abate di Farfa. Appare chiaramente dalle lettere che almeno fino ad aprile Paolo è allontanato anche dalla famiglia e dalla corte medicea per non dare adito alle chiacchiere. La situazione economica era sempre più drammatica tanto che Paolo scrisse una disperata lettera a Cosimo nel febbraio 1568 in cui lo supplicava di aiutarlo economicamente.589 A maggio tornò a Firenze ma non si recò a Pietrasanta con Isabella Ferdinando e Pietro che andavano ad accogliere lo zio don Garcia di Toledo, viceré di Sicilia, e sua figlia Leonora promessa sposa a Pietro de’ Medici. Non andò nemmeno a Cafaggiolo dove Cosimo a luglio venne colpito da un grave ictus che costrinse Isabella a rimanergli accanto. Fino alla fine dell’anno le lettere di Paolo sono da Passignano, Cer-taldo, San Casciano, Montescudaio. Si muoveva ospite in conventi o in case di amici, senza soldi, perché le sue entrate erano bloccate dai creditori. Isabella invece si muoveva tra le ville medicee al seguito del padre malato. Raggiungeva il marito in osterie di cam-pagna o più spesso proprio nei conventi di cui lui era ospite, sfidando i regolamenti che vietavano l’ ingresso alle donne e pagando multe salate quando veniva scoperta. Per altri due anni Paolo rimase nel totale isolamento e inattività, dedicandosi unicamente alle caccie. In quel periodo di esilio, non proprio dorato, compaiono accanto a Paolo e Isabel-

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220 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

la personaggi anch’essi in fuga, ma per motivi molto più gravi. Oltre a Paolo Ghislieri, il nipote del papa bandito da Roma, si nascondono, tra Bracciano, Baroncelli e le ville fiorentine, Cornelio e poi Fausto Sozzini su cui pendono condanne a morte per eresia.

Le lettere di Paolo e di Isabella riprendono nell’estate. La situazione è la stessa dell’an-no precedente. I due si muovono separatamente. Quando si incontrano è sempre lei a raggiungerlo. La vicinanza di Isabella al padre, concordata con il marito, sortì l’effetto che entrambi si aspettavano, gran parte dei debiti fiorentini furono pagati: «mi fu portato un mandato soscritto di mano del duca mio signore di 4000 milia scudi di entrata, et essendo cosa che sarà così al commodo suo come al mio, non ho voluto manchar farcelo sapere et rallegrarmi secho […] et sia certo che quel che haverò sem-pre sarà più per servitio suo che mio stesso. Adesso anderò procurando che mi pagi li debiti et poi starò come una regina».590 Alla fine del 1569 la situazione però cambia. La bolla emanata da Pio V il 24 agosto che nominava Cosimo granduca di Toscana fu pubblicata a Firenze il 13 dicembre nel salone dei Cinquecento. Il cinque marzo del 1570 Cosimo sarebbe stato ufficialmente incoronato a Roma. Era necessario far uscire dall’ombra il marito dell’unica figlia del Granduca di Toscana e trovare un modo per risolvere i suoi problemi finanziari.

258. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Badia di Passignano 14 aprile 1568

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimadesidero intendere nuova del negotio che la sa, però la priego a darmene aviso.591

Io sono contentissimo e l’aspetto sabato con desiderio. Oggi mi confesso e domani mi comunico, con che gli bacio le mani pregandoli ogni contento. Della Badia di Pasignano, il dì XIIII di aprile nel 1568.

Voria messer Stefano un cimbalo picolo,592 che uno ne ha la signora Leonora e l’altro la moglie del signore France<sco>,593 però suplico a mandarmelo.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.317]

590 Lettera n.306.591 Paolo, come sarà più chiaro dalle lettere successive, aveva chiesto a Isabella di ottenere l’autoriz-zazione per raggiungerla nelle ville dove lei stava con il padre.592 Stefano Rossetti. Il musicista dedicò a Isabella nel 1566 e nel 1567 due libri di madrigali, specifi-cando di avere composto ad istanza di lei l’interessante ciclo ariostesco intitolato Il lamento d’Olim-pia, cfr. Stefano Rossetti, Il lamento di Olimpia et canzone (Venice, 1567), three works for Isabella de’ Medici, a cura di James Chater, cit.593 Probabilmente Francesca Baglioni, fondatrice del monastero romano di Santa Maria dell’Umil-tà, moglie di Francesco Orsini del ramo di Monterotondo.

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9. I debiti e l’esilio (1567-1569) | 221

259. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Badia di Passignano 16 aprile 1568

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimaaspetto vostra eccellentia con desiderio e gli bacio le mani della amorevolezza sua

e non li potendo esser più obliga<to> che li sonno, non entrarò in cerimonie. Ho caro haver inteso la mente del signore duca mi signore e, essendo l’onor suo il mio, può sua eccellentia imaginarsi che non farrò mai cosa che gli possi aportar dispiacer in simil casi, e di ciò ve do la mia fede e a sua eccellentia e a vostra eccellentia. L’a-spetto adunque con desiderio e gli bacio le mani con tutto il cuore. Della Badia di Pasigniano, il dì XVI di aprile nel 1568.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.137]

260. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 16 aprile 1568

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimohieri non li scrissi rispetto alla communione et al longo ufitio, hora li dicho che ho

hauto la risposta dal duca mio signore, et dice che tutto quelli fecero lo fecero per non haver a venir a peggio et che l’onor vostro lo tiene per il suo stesso, come potrete veder per una sua scrittami.594 Quando tornarete, overo quando verrò, perché, se è vostro servitio che io venga, lasserò ogni cosa et me ne verrò subito, però fatemi saper domani a bona hora quello ho da fare perché per servirvi lasserò ogni cosa da banda et fate che habbia la risposta domattina a bona hora, acciò se volete tornare possi far mandar li cavalli o venir io, come sarà più vostro gusto, et non essendo questa mia per altro vi bacio le mani et me ne vado ad udir l’ofitio. Di gratia vi supplicho a far le mia rachomandatione al mio signor Scipione595, et dirli che sento martello infinito della sua conversatione. Dio vi guardi. Di Fiorenza, a dì 16 di aprile 1568.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.281]

261. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 17 aprile 1568

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimoho riceuto la sua in risposta della quale li dicho che ho mandato a domandar li-

centia al duca mio signore et mi ha risposto che io faccia quello che voglio, ma che

594 Si riferisce all’incarcerazione di Giulio Folchi.595 Scipione delle Palle.

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222 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

haverebbe da parlar per cose che importano et che, se io vorrò, voi tornetere a far le feste con mecho et con lui. Però mi sono risoluta mandarvi li cavalli et aspettarvi con disiderio et non essendo questa per altro vi bacio le mani et vi desidero vedere. Nostro Signore vi dia tutto quello desiderate. Se pure vi risolvete non venire fateme-lo sapere, perché stasera parlerò con mio padre et doman di sera verrò a cena costà et di novo vi bacio le mani. Di Fiorenza, a dì 17 di aprile 1568.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.323]

262. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Firenze 9 maggio 1568

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimaebbi hieri una sua di tanto contento quanto me potessi aspettar cosa, poiché di

già cominciavo haver martello sì di vederla come di haverne nuova, e la suplico a così fare mentre che la starà per di là. Del mal degli altri poco mi curo, né vostra eccellentia dovea darmi nuova de cosa sì bassa, basti che lei che adoro stia bene, circa al resto potrà far quanto il duca mio signor piacerà che così sarrà il mio contento, poiché mi fa favor a voler saper l’animo mio. Mi faccia gratia baciar le mani a mon-signor illustrissimo e al signore don Pietro et io gli resto servitor e gli bacio le mani. Di Fiorenza, il dì VIIII di magio nel 1568.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.313]

263. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Firenze 10 maggio 1568

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimanon voglio mancar di non darli nuova di me che sto aspetandola con desiderio e

delle nuove di qua non dirrò altro, prima perché non <n>e son molte l’altre che di là vengano, come il venir del signore don Gartia e di sua figlia.596 ll duca e principe miei signori stan bene e il cardinal Montepulciano,597 qual è partito stamatina, gli bacia le mani e, poiché hora è arivato il signore Pompeo Colonna,598 non posso esser

596 Don Garcia di Toledo accompagnava la figlia Leonora a Firenze promessa sposa di Pietro de’ Medici fratello di Isabella. Da Livorno avevano fatto sosta a Pietrasanta dove erano stati ricevuti da Isabella.597 Si tratta del cardinale Giovanni Ricci (1498-1574), cfr. Gigliola Fragnito, Ricci, Giovanni, DBI, vol. 87 (2016), pp.246-249. 598 Pompeo Colonna, comandante al servizio dell’imperatore nella guerra di Siena e poi del pontefice, era titolare, insieme ai fratelli Prospero e Marcantonio, dello stato di Zagarolo che nel

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9. I debiti e l’esilio (1567-1569) | 223

più lungo. Con che gli bacio le mani e il simil a monsignor illustrissimo. Di Fioren-ze, il dì X di magio nel 1568.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.307]

264. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Pietrasanta 14 maggio 1568

Ill.mo et eccellentissimo signoria or consorte et patrone osservantissimonon si maravigli vostra eccellentia se non ho dato risposta a dua sue perché mi ver-

gognavo non mandarli del pesce et perché non abbiamo licentia di peschare ad altro che con la canna, gne mando poche et prese a mia mano. Mangile per mio amore et sia certo che desidero sommamente rivederlo et credo sarà p[resto]. Don Gartía vi bacia le mani et si resolve ad andar alli bagni di Siena599 et credo ce ne verrò insieme <a> cotesta volta, et di qui non li so dir altro se non che stiamo a piacere a mollarci ogni giorno. Don Pietro restò a Pisa et vi bacia le mani et così il cardinale, et io fo il simile et vi adoro. Che Nostro Signore vi dia tutto quello desiderate et mi tengi in gratia vostra. Di Pietra Santa, a dì 14 di maggio 1568.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.345]

265. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Firenze 10 luglio 1568

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimaper maestro Bernardino600 non voglio tralasciar di non baciargli le mani e pregarla

che mi faccia gratia ricordarsi di me. Altra nuova non li darrò di qua, salvo che il signor Scipione601 gli bacia le mani e sta male del braccio. Io comincio haver mar-tello e sarrò strinto di venirli a baciar le mani. La suplico a baciar le mani di quelli illustrissimi eccellentissimi signori, e al cardinal li so’ schiavo, e a lei bacio le mani. Di Fiorenze, il dì X di luglio nel 1568.

Consorte et servitor che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.328]

1569 fu eretto a ducato in suo favore, cfr. Franca Petrucci, Colonna, Pompeo, DBI, vol. 27 (1982), pp.412-414. 599 Don Garcia si recò ai bagni San Filippo e poi il 21 maggio era a Pitti ospite di Cosimo, cfr. Vanni Bramanti, Breve vita, cit., p.64.600 Bernardino Sala maestro di ballo, familiare di Paolo Giordano.601 Il musico Scipione delle Palle.

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224 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

266. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Cafaggiolo 13 luglio 1568

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimonon prima che adesso ho dato risposta a una sua amorevolissima lettera perché

pensavo poterli mandar la sua spedita602, ma non essendomi riescito mi sono riso-luta baciarli le mani con questa mia et darli nova delli spassi che qua abbiamo che peschare giochare et cantare et andare a caccia, anchor che io non ci sia ita anchora rispetto a certi dolori di stomacho che mi salutano la mattina al alba et credo che sia mia colpa, perché mai escho con li piedi di queste acque. Et perché non ho che dir, li bacio le mani et ho desiderio grandissimo rivederlo. Il cardinale li bacia le mani et così tutti li altri. Mi farà favore grandissimo a mandarmi il Napoliello che canta perché ci mancha una parte et io ne terrò bona cura et lo farò anchor qui staffilare, et di novo li bacio le mani, che Nostro Signore li dia quanto desidera. Di Cafaggiolo, a dì 13 di luglio 1568.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.322]

267. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Firenze 13 luglio 1568

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimascrisi l’altro giorno a vostra eccellentia per maestro Belardino603 e ho aspetato fino

a hora risposta, né ne son stato degno. Hora per farli conoscere che molto più l’amo che lei non fa, me vengo con questa a baciarli le mani e farli saper che non è posibile che viva senza lei, però presto verrò a baciarli le mani per una sera, che dubitarei, se più vi stessi, di non dar fastidio. In questo mentre, vostra eccellentia si ricordi di me, e tengi per fermo che l’adoro, e se di qua vol cosa che la possi servire mi comandi, con che farrò fine baciandoli le mani e suplicandola a baciar le mani a quelli illustris-simi e eccellentissimi signori e a monsignor mio patrone li son schiavo. Di Fiorenze, il dì XIII di luglio nel 1568.

Di vostra eccellentia servitor affetionatissimo et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.329]

602 Espedita. Intende una cosa conclusa, fatta.603 Bernardino Sala maestro di ballo.

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9. I debiti e l’esilio (1567-1569) | 225

268. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Firenze 20 luglio 1568

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimail signor principe si è partito stanotte di qua in fretta e il conte di Altamira604 hier

sera, o per dir meglio stanotte, arivò qua e stamani, mandandoli a dir che nuova haver di Cafagiolo, disse che il Duca mi signore havea havuto, e che anco tenga, un puoco di cattaro e che gli havea dato fastidio alla guancia più che in niun luo-co.605 Io mi son resoluto mandar messer Lazaro al quale ho detto che porti questa a vostra eccellentia senza dirgli altro. La suplico che, se vi è cosa di momento, mi avisi perché sarrò subito là, né ho voluto venirve poiché so quanto dispiacer abbia sua eccellentia di certe aparenze e rumori, perhò se è cosa che importi, la suplico di nuovo con ogni caldezza a farmelo sapere, né il mio venir sarrà senza occasion poiché, come dalla signora Alesandra arà inteso, era risoluto di farlo o dimane o di poi dimane. Mi resta solo a creder che l’adori e gli bacio le mani aspetando con comodo la sua risposta e in ogni modo sarrò supito lì, se così li parrà. Di Fiorenze, il dì XX di luglio nel 1568.

Di vostra eccellentia servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.315]

269. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Cafaggiolo 25 luglio 1568

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimoper messer Lazzaro ho visto quanto mi scrive, et certo che non havere scriverli

il male del duca mio signore non mi fussi stato vietato espressamente da lui che non dovessi dir nulla, però non mi incolpi di questo. Adesso, <per> gratia de Dio, sta bene, perché il suo male fu una scesa606 e un pocho di febbre nata secondo me dal sole e non da altro, perché si è partita solo con la dieta. Circha il suo venir qua, ogni volta che verrà da me sarà benissimo riceuto, et così dalli altri, ma tengo per cosa certa che sabato saremo a dormir costì perché il duca mio signore se ne vol tornare, et massime adesso che il fiume è buono. Io sono stata male de mio solito dolor de denti, ma adesso sto bene e con desiderio grandissimo vederlo e

604 Don Lope Moscoso conte di Altamira, marito di Anna di Toledo, sorella di Eleonora la moglie di Cosimo.605 Si credeva che il catarro discendesse dalla testa ai polmoni: “Scesa, diciamo al Catarro, che, secondo l’opinione degli antichi medici, discende dal capo nelle membra”, cfr. Vocabolario degli acca-demici della Crusca. 4° edizione (1729-1738) p.376 (Lessicografia della Crusca in Rete). Si trova spesso nelle fonti l’espressione scesa di catarro, o a volte solo scesa. In realtà si trattava di uno degli ictus da cui fu colpito quell’anno Cosimo de’ Medici lasciandolo impedito nei movimenti e nella parola.606 Isabella minimizza il male del padre.

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226 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

servirlo. Tutti questi signori li baciano le mani et io l’adoro. Di Cafaggiolo, a dì 25 di luglio 1568.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.346]

270. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Baroncelli 10 agosto 1568

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimagli bacio le mani sì dell’aviso della veglia come della cacia, e per non dar fastidio a

ognuno, non son venuto, e allora non verrò. Gli mando li cani con il lacché e li dua stafieri e se posso altro per servirla mi comandi che desidero sopra ogni altra cosa contentarla e servirla. Me ne sto a Baroncelli e mentre tornarà ve starò, essendomi venuto afatto a fastidio la città, con che adorandola al solito gli bacio le mani. Di Baroncelli, il dì X di agosto nel 1568.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino

[157, n.340]

271. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Badia di Passignano607 16 agosto 1568

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimaho riceuta una di vostra eccellentia a me cara come [la vita]. Gli dico che qua,

fuor della presenza sua […]a e con tanto piacere ch’è una vergogna, e l’umore è afatto andato via. Delle starne ne son uscito del marcio608 poiché ne piglio ogni giorno XV e XX e non senza cotorniciotti.609 Questo è il più bel paese del mondo e gli do nuova che la gratia che il principe mi fece mi capassi la bandita la ho presa qua et è la più bella che possi esser. Io l’aspetto con desiderio acciò abbia ogni fe-licità in questo […] belissimo e così monsignor illustrissimo mio […] le hore non dico niente che faciamo al […] e ci è fra l’altre cose tanti bon vini […] posso servir di nesuno perché pur li […] l’altri messer Silvestro Federigi610 che è veramente di vino poiché non sta mai se non con esso abraciato e sta il più gratioso omo del mondo, Zacaria non ne parlo. Con che gli bacio le mani. Della Badia di Pasigna-no, il dì XVI di [agosto] nel 1568.

607 Poiché Isabella continua a stare col padre malato Paolo Giordano si reca dai Vallombrosani nella Badia di Passignano in val di Pesa. La lettera presenta vasti strappi con perdite di testo.608 Cavare o uscir del marcio, si dice di conseguire la prima volta qualche cosa che si desidera, cfr. Lessicografia della Crusca in Rete, http://www.lessicografia.it/.609 Cotornici: quaglie.610 Nel Carteggio universale di Cosimo de’ Medici (ASF, MdP, Filze 500-514, c.495) Silvestro Fede-righi è nominato come procuratore di Margherita e Maria figlie di Francesco di Bernardo Bardi.

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9. I debiti e l’esilio (1567-1569) | 227

Servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.286]a La lettera presenta ampie lacune lungo tutto il margine destro.

272. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Badia di Passignano 18 agosto 1568

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimamando la presente a vostra eccellentia con farli saper che tutto oggi son stato a

caccia, né ho cavallo che possi caminare e più non verrò a Ponte Lupo poiché vi sonno 14 o 15 miglia, e se lei vorrà favorirmi potrà venirsene dimane a sera qua, ma bisogna che si parta dalla caccia a bonora perché è longa strada e farrò star la mia chinea a San Casciano, e se non vol tanta strada, potrà venirsene a questa volta e suplicar il cardinale che la faccia la caccia un altro dì senza andarse a stracare, e stia sicura vostra eccellentia che qua avrà grandissimo gusto e vi è tante lepre e starne e cotornice che non si può più desi<de>rare, e la aspetto con grandissimo desiderio quando li tornarà comodo. La suplico a non si stracare perché qua ogni hora sarrà bene riceuta e mi favorirà grandissimamente, e li prometto che harà spaso. Con che gli bacio le mani. Della Badia Pasignano, il dì X8 di agosto nel 1568.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino. Vostra eccellentia faci avisar della sua venuta per l’aportator presente.

[157, n.316]

273. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze [agosto 1568]611

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimoarrivai iersera apresso a tre hore di notte, solo per timore non arrivare612 dua cardi-

nali che mi andavano inanzi, et anchora rispetto alla strada che mi parve dolorosa; et trovìa che il duca havea cenato et era a spasso, tanto che me ne andai a cena a casa straccha morta et anchora sono in letto che devono esser tredici hore. Ho mandato a baciar le mani al babbo et intender dove desina, tanto che mi ha mandato a dire che va dal principe, et io non ci voglio per adesso andare, tanto che non li posso parlar finché non habbia dormito. Farò come lo veggo quanto mi havete comandato e vi scriverrò subito per homo a posta. Stando scrivendo questa mi è venuto una vostra, et non mancherò far quanto per essa commandate, perché non desidero cosa più che

611 Senza data ma si veda il riferimento al lettone e in quella successiva al lettino. La lettera è stata già da me pubblicata in L’amore rivelato, cit., p.62.612 Raggiungere.

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228 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

servirvi. Qua ci è un caldo grande tanto che non ci si può più stare. Io vi adoro et parmi senza voi esser morta, però vogliatimi bene et con tal fine vi bacio le mani. Che Nostro Signore vi dia tutto quello desiderate. Di Fiorenza, a dì.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che ve adora dognia Isabella Medici Orsina che ha dormito sola nel suo lettone.

[157, n.296]

274. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici613

Badia di Passignano 21 agosto 1568

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimasiamo stasera stati a spasso e per buona fortuna havemo presi le presenti cotornici614

e starne e per non passare l’ordine de miei ucelli615 non ho voluto farli stracare, ho vero per la lor bontà non han fatto più prova che tanto, ancorché gli abbia volati molte volte, in soma a me par che se sian portati mediocremente, a quel che so, asueffato con gli altri, però per mostrar il valor loro al duca e principe miei signori gli mando uno cotornice e starne per uno. Suplico vostra eccellentia a fargliele presentare. Son rimasto sì solo dalla subita partita di vostra eccellentia che son stato e so, con conti-nuo umore, ne so che mi debia fare che mi passi, per vita vostra non burlo, vi bacio le mani e vi prego a volermi bene. Della Badia Pasignano, il dì XXI di agosto nel 1568.

Di vostra eccellentia illustrissima consorte che l’adora e servitor Paolo Giordano Orsino che dormirà solo nel suo letino.

[157, n.337]

275. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Badia di Passignano 22 agosto 1568

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimaoggi ho fatto una fila da poi mangiare, ch’ho morte quatro lepere valentissima-

mente che li dua mando a vostra eccellentia, perché so che va a desinar con la signo-ra Fulvia e lei li piaceno assai, potrà vostra eccellentia usar a me questa cortesia di dargliene una. Ho riceuta la sua per Grillo in risposta della qual non accade altro, solo che l’adoro, e la suplico a volermi bene e con desiderio aspetto risposta. Se gli parrà potrà far un motto al principe della bandita. Al signor zio Luigi616 li mando le starne presenti, mi farrà gratia vostra eccellentia fargliele dar in mio nome. Con che gli bacio le mani. Di Pasignano, il dì XXII di agosto nel 1568.

Di vostra eccellenza servitore et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsini.

[157, n.311]

613 La lettera è stata già da me pubblicata in L’amore rivelato, cit., pp.62-63.614 Quaglie.615 Sta parlando di falconi da caccia.616 Luigi di Toledo.

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9. I debiti e l’esilio (1567-1569) | 229

276. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

[Badia di Passignano] 23 agosto 1568

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimaho visto quanto per la sua mi scrive, di che resto molto contento del desiderio che

tiene che stiamo insieme e se non fosse piouto sarrei subito venuto, ma perché credo che questa aqua arà risvigliato l’animo di vostra eccellentia al viagio, aspetarò la resolutione apuntata, acciò che non mi trovassi in Fiorenze e che mi bisognasi star solo, che, a l’umor che come rientro vi ho, non bisognarebe altro che solitudine. Sìche la suplico a ricordarsi del offitio che la pregai, che se starà là me ne verrò su-bito. Si aricordi del cavalier di Fabii,617 e mi avisi di gratia del fatto stasera, accioché dimani a buona hora mi possi partire. La suplico a volermi bene e l’adoro con ba-sciargli le mani. Il dì XXIII di agosto nel 1568.

Consorte e servitor che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.327]

277. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Badia di Passignano 24 agosto 1568

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimaessendo il tempo fresco e la stanza facendosi qua ora ogni giorno più bella e ogni

volta che non abbia, per qualche particulare suo, bisogno di star in Fiorenze per servir sua eccellentia, la invito, l’aspetto con tutto il cuore, che altro non me mancha per farmi viver contento che la presenza sua. Il duca, secondo che Grillo dice d’aver inteso da vostra eccellentia, è fuori, però potrà favorirmi con il venirsene ogni volta che non guasti il servir sua eccellentia. Con che gli bacio le mani aspetandola con desiderio. Della badia Pasignano, il dì XXIIII di agosto nel 1568.

Servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.320]

617 La famiglia Fabij era una delle più antiche famiglie romane. I Fabij sostenevano di risiedere a Roma da 16 generazioni e di discendere dalla gens Fabia, quando non favoleggiavano discendenze mitiche da Ercole o simili eroi. Amayden dedica ai Fabij ben quattro pagine, cfr. T. Amayden, Storia delle famiglie romane, cit. vol. I, pp.384-387. Un cavalier de’ Fabi si trova spesso al servizio di Paolo Giordano con incarico di portavoce, ma non se ne dice mai il nome. Si tratta di Girolamo de’ Fabii che risulta cavaliere di Santo Stefano dal 1561, cfr. Lodovico Araldi, L’Italia nobile nelle sue città e ne’ cavalieri figli delle medeme, cit., p.238. Girolamo de’ Fabi combatté accanto a Virginio Orsini (figlio di Paolo Giordano I) nelle guerre di Ungheria. Se ne ha memoria nella sua tomba all’Aracoeli. Paolo Giordano II (nipote di Paolo Giordano I) gli dedicherà una satira definendolo servitore di Ferdinan-do de’ Medici (Paolo Giordano Orsini, Rime diverse, Torino, Ed. RES, 1996, p.210).

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230 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

278. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Poggio a Cajano 25 agosto 1568

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimoiersera scrissi a vostra eccellentia, adesso, havendomi Cesare portato una sua, non

voglio manchar darli risposta, ma lo pregio bene a scusarmi se non scrivo a longo perché sono stasera tanto tormentata dal dolor di testa che non mi reggo ritta, et credo sia stato il sole di stamani. Mi dole fino al core non poterlo riscaldare nel letto et sia certo che molto più dole a me che a lei perché patischo più il freddo, ma spero che staremo pochi giorni in questi paesi et subito che ariverò ce lo farò saper, acciò che se ne possi tornare, che non penso mai viver tanto di veder la hora di rivederlo. Noi siamo a spasso et stamani, con una sol ragnia, habbiamo preso 40 becchafichi, et oggi si è dormito assai, tanto che facciamo l’arte di Michelaccio ch’è mangiare et bere et stare a spasso618. Ma vi prometto che non gusta spasso nissuno trovandomi discosto da lei che l’adoro et amo più che cosa del mondo. Non si maravigli se Hor-lando619 li scrisse, perché seppi la venuta qui stando in cocchio, et li detti commis-sione lo dicesse al maestro di casa, ma non lo trovando, fece del diligente a propria voluntate e non per mia commissione. Tutti questi signori li baciano le mani et io l’adoro. Da Poggio, a dì 25 di agosto 1568.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.299]a Così nel testo

279. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Badia di Passignano 27 agosto 1568

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimavorei otener gratia per mezzo di vostra eccellentia di poter venir anco io a Cer<r>e-

to poiché vi sonno <le>più belle cacie del mondo, et io hora sonno il magior caccia-tore. Perciò la suplico a suplicar il duca mi signore che si contenti perché verrò solo con li caciatori e i cani.620 Di gratia, vostra eccellentia non manchi di farmi questo favore e di nuovo la prego. Ebbi hieri una sua dove mi dà gratia darmi conto di quel che ha fatto sopra le cose miei con il signore duca mi signore che la ringratio quanto posso. La suplico a favorirmi e mandar subito un stafiere con la resposta, se però li fosse incomodo farlo per qualche respetto, mi rimetto a lei, ma la mia voluntà saria

618 Far l’arte di Michelaccio, mangiare, bere e stare a spasso, è un modo di dire ancor oggi in uso.619 Il capitano Orlando Biondi cavaliere di Santo Stefano, cfr. Giuseppe Gino Guarnieri, L’Ordine de Santo Stefano nei suoi aspetti organizzativi tecnici-navali sotto il Gran Magistero Mediceo, Pisa, Giardini, 1965, p.188.620 Cosimo non voleva troppa confusione intorno e Paolo si muoveva sempre con molte persone.

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9. I debiti e l’esilio (1567-1569) | 231

di ricever questa gratia, con che gli bacio le mani adorandola. Di Pasignano, il di XXVII agosto nel 1568.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.288]

280. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Badia di Passignano 28 agosto 1568

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimacon grandissimo mio dolore ho inteso il suo dolor di dente e talmente me ha dato

dolore che non mi posso ralegrare, però la suplico a farmi intendere come hora sta, e ricordarsi che l’adoro. Me ne son venuto a Passignano dove vi son belissime caccie e uno alogiamento bellissimo e me ne starò qua finché abbia nuova di lei o di venir costà o da ritornar a Firenze, ma desideraria sommamente che la havessi fatto quel offitio che la pregai con il duca mi signore quando li parlò, accioché non venissi in imaginatione a nesuno che io facessi per grandezza o per altri effetti questi mio star qua, e se non l’ha fatto mi facia gratia con comodità farlo, acciò non paia alli maligni quel che per lor costume pensano.621 Con che gli bacio le mani. Di Pasignano, il dì XXVIII di agosto nel 1568.622

Servitor e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.332]

281. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Badia di Passignano 31 agosto 1568

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimaquesta sarrà solo per baciarli le mani e ricordarli che l’adoro, del resto sto bene e pi-

glio tante starne che è una vergognia, e per non fastidirla gli bacio le mani. Mi farrà gratia baciar le mani al duca mi signore e a monsignor illustrissimo mio padrone, et quando vengi la occasioni si ricordi di solecitar il mio negotio con la eccellentia sua et non si scordi così di me come fa, e di nuovo gli bacio le mani. Di Passignano, il dì XXXI di agosto nel 1568.

Di vostra eccellentia servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.335]

621 Vedi lettera del primo settembre.622 La lettera è sicuramente datata 28 di agosto ma Paolo è a Passignano dal 16 come si può vedere dalla corrispondenza precedente.

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232 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

282. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Cerreto 31 agosto 1568

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimoho riceuto, doppo che sono fuori, una sua nella quale mi diche che debbia chieder

non so che licentia et non mi dicendo i particulari non la so intender, però lo prego a scrivermi più chiaro acciò lo possa in tutto quello potrò et saprò sempre servire. Noi siamo a Cerreto et ci staremo tre o quattro giorni secondo che dice il duca mio signore, il quale sta bene et vi si rachomanda. Io sto bene delli mia denti ma male del animo, poiché sto senza la mia dognina la quale adoro.623 Si fanno assai belle caccie di starne e lepre et il resto del tempo si giocha a picchetto624 perfino a hora di notte, et non essen-do questa mia per altro li bacio le mani e l’adoro. Di Cerreto, a dì 31 di agosto 1568.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.295]

283. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Badia di Passignano 1 settembre 1568

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimaquel che la suplicai era che la vedessi, con quella magior destrezza che potessi, se

aria dato fastidio a venir a star con lei al duca mi signore.625 E io sto tra Scilla e Caridi in questo caso. Non vorei che fosse parso a sua eccellentia che non havessi voluto andar con lei quando la mandò a chiamare per starmene qua da me. Il che, come la suplicai quando si partì dalla badia, potete conoscer che, sì per star con lei, come per la conversation di quelli eccellentissimi et illustrissimi signori, quando non havessi pensato dar fastidio, sarei andato. E mi promessi farne opera con sua eccellentia, ma di ciò in niuna delle sue me ne ha mai scritto. Ora la suplico, se li torna comodo, di veder questa voluntà con quella destrezza che la saperà usare, o è vero che deveria considerar forse che lei abbia fatto opera e che non piacia, pur dicendomi in questa sua che gli scriva questo mio desiderio. Non ho voluto mancar ubedirla. Con che resto adorandola e la suplico a baciar le mani al signor duca e cardinal miei signore et io gli bacio le mani. Le caccie di qua per il paese pasano bene. Di Pasignano, il dì primo di setembre nel 1568.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor affetionato e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsini.

[157, n.303]

623 Cfr. lettera n.153. In questo caso il termine “dognina” potrebbe riferirsi a Eleonora, figlia di Francesco de’ Medici e di Giovanna d’Austria, nata il 22 settembre 1567.624 Gioco di carte molto in voga all’epoca.625 In questa lettera Paolo spiega perché non è andato a trovare Cosimo. Ha paura di dare fastidio e chiede a Isabella di sondare la volontà del duca.

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9. I debiti e l’esilio (1567-1569) | 233

284. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Badia di Passignano 4 settembre 1568

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimaquesta non servirà ad altro solo che per baciarli le mani e ralegrarmi del ritorno in

Fiorenze che per non haver inteso da nesuno il particular, non son subito montato a cavallo, levato che Palis mi scrive una difusamente, sì che, se sarà vostra eccellentia venuta per fermarsi, la prego a farmelo intendere acciò possi venir subito a servirla. Con che gli bacio le mani. Di Pasignano, il dì IIII di setembre nel 1568.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.290]

285. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Poggio a Cajano 9 settembre 1568

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimosabato si fa la caccia del Pinzale,626 però mi farete gratia far che mi si mandi li cani

grossi et il lacché, et di gratia mandatemi dua delli vostri staffieri con li loro spiedi. Tutto si fa per gara del cardinale, il quale vole pigliar li porci nelle rete vivi. Se li è dato il caricho della prima caccia. Il duca mio signore ce l’ha data per veder di sgarar.627 Lo si fa intender al signor principe, et se vorrete haver spasso ve ne potrete venir con lui. Lo dicho da me, et fatemi gratia non dire che io vi habbia ditto nulla. Io vi adoro et sto ben per servirvi. Stasera andiamo a Prato in casa il signor Piero Antonio628 a una veglia, et con tal fine vi bacio le mani. Del Poggio, a dì 9 di settembre 1568.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.301]

286. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 13 settembre 1568

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimoiersera tornai straccha et però non scrissi, però scusimi. Io mi trova a Pitti et starò

lì fino a tanto che vostra eccellentia mi scriva se vole tornare opure vole che io venga a trovarla, che farò tutto quello che da lei mi sarà ditto, pure che non sia condurmi dov’è frati, perché Sua Santità mi ha assoluto con farmi la penitenzia che io pagi

626 Località vicino a Prato.627 Vincere la gara con lui cfr. Lessicografia della Crusca in Rete, http://www.lessicografia.it/.628 Questo Pier Antonio pratese potrebbe essere Pier Antonio Bardi dal Vernio. Sui rapporti della famiglia con Cosimo I cfr. Yoko Kitada, I Bardi di Vernio e Cosimo I: aspetti dei rapporti feudali, «Archivio storico italiano», anno 173 (2015), pp. 605-636.

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234 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

scudi trecentorum largorum, tanto che mi ha gastigato la borsa, et perché questo pecchato lo ho commesso per venirlo a trovare, penserò che non vogli mancharmi d’un pocho di limosina per poter sodisfare tal pentenzia; et non essendo questa mia per altro li bacio le mani. Tutti questi signori stanno bene et li baciano le mani et attendono a mettersi in ordine per il bruno629 et così farò io anchora. Io l’adoro, né cosa desidero più che servirlo. Dio lo guardi et li dia tutto quello che desidera. Di Fiorenza, a dì 13 di settembre 1568.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.318]

287. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Certaldo 26 settembre 1568

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimavorei saper la certezza della sua venuta pure la suplico a scrivermela, e di gratia non

si scordi che son qua e che l’adoro e che non ho cosa al mondo che ami più di lei. E perché questo è così glielo scrivo; con che gli bacio le mani. Di Certaldo, il dì XXVI di settembre nel 1568.

Servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.630

[157, n.306]

288. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Certaldo 27 settembre 1568

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimaaspetai vostra eccellentia hiersera fino a 6 hore a cena e vedendo tanto tardarla mi

imaginai quel che era: che monsignor illustrissimo fosse venuto.631 Puro faccia quel che gli piace e che sia servitio di monsignor illustrissimo, ancorché desideri estrema-mente vederla; e se andrà al Poggio la prego farme intendere, acciò che possi viver con l’animo quieto. Con che adorandola gli bacio le mani. Di Certaldo, il dì XXVII di setembre nel 1568.

Di vostra eccellentia, mi faccia gratia baciar le mani a monsignor illustrissimo, servitor e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.305]

629 La corte si mette a lutto per la morte di parto della regina di Spagna Elisabetta di Valois, figlia di Enrico II di Francia e Caterina de’ Medici, terza moglie di Filippo II.630 Paolo va a Certaldo sperando di trovarvi Isabella che invece è tornata a Firenze con la corte.631 Il cardinal de’ Medici si era recato a cenare da Isabella e così lei non aveva potuto raggiungere il marito.

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9. I debiti e l’esilio (1567-1569) | 235

289. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Certaldo 28 settembre 1568

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimaper Grillo ricevei hiersera una di vostra eccellentia a me grata come la vita poiché,

oltre l’aver afatto perso la speranza del venir suo qua, mi trovavo anco incerto della sua gratia poiché l’avea scritto e non mi havea risposto, ma poi che ho ricevuto la sua, vivo contentissimo. Circa andarsene con il duca mi signor, oltre che gliel’ha coman-dato, non posso io sentir maggior nuova che quando sta con sua eccellentia, però mi farà favor grande che cosi facia. Io, se lei crede che non dia fastidio, me ne verrò a trovarla al Poggio, come ho riceuta la certezza di questo dubio per una sua. Del vero l’adoro né mi par vivere senza lei, messer Padovano lo desidera infinitamente poiché la mia gamba non megliora,632 però mi farrà gratia lasciarlo venire, che per una sua me scrive che la non ha voluto dargli licentia. Con che gli bacio le mani. Di Certaldo, il dì XXVIII di setembre nel 1568.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.15]

290. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze (Pitti) 29 settembre 1568

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimoero risoluta, como l’averà inteso, venirmene costassù a trovarlo et volevo partire la

sera stessa che arrivò il cardinale et mi comandò, per parte del duca mio signore, non dovessi partire; la causa non la so per anchora, perché non ci è stato tempo posser negotiar, ma credo sia, secondo che posso penetrare, per negotii del cardinale. Però facciami gratia havermi per scusa se non sono venuta. Posdomani si va al Poggio, et io, se sarà con vostra buona gratia, anderò, poiché così mi comanda mio patre. Don Gartia arrivò hieri, al solito tremante, et credo che anchora esso verrà al Poggio.633 Se vi contentate, starò là 4 o sei giorni, poi me ne verrò costà se voi non vorrete venire, et siate certissimo che vi adoro et non ho altro bene al mondo che voi. Qua si fa la vita solita. Io per non star sola sono allogiata et sto a Pitti per più cause. Ma la prima è perché la sinagoga634 non ritorni a regniare, et con tal fine li bacio le mani. Dio li

632 Evidentemente Padovano Guglielmini, archiatra di Paolo Giordano, era stato chiamato al capez-zale di Cosimo insieme ai medici fiorentini. Il riferimento alla gamba “che non migliora” fa pensare che il problema di Paolo alla gamba sia precedente alla frecciata che, come si vedrà, riceverà a Lepanto.633 Don Garcia di Toledo era malato. Anche altre fonti gli attribuiscono un continuo tremore delle braccia (cfr. Vanni Bramanti, Breve vita, cit., p.44). Dopo essere stato esautorato dagli spagnoli da tutti i prestigiosi incarichi, soprattutto del vicereame di Sicilia, viveva insieme alla figlia Eleonora alla corte di Cosimo de’ Medici.634 Non sappiamo a chi Isabella si riferisca. Un’espressione simile ricorre anche in una lettera di Ferdinando (n.566).

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236 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

dia quanto desidera et me tengi in vostra gratia che a par della vita desidero. Da Pitti, a dì 29 di settembre 1568.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.302]

291. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Certaldo 1 ottobre 1568

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimaper non mancar a me medemo, di poiché è di già dui giorni che non ho nuova,

non voglio mancar di non suplicarla a farmi gratia di darmela. Qui il signor Pietro e la signora Portia635 mi fan mille carezze e sto alegramente. Dimane andrò a veder se posso amazar qualche fasciano dove me dicono ne son molti. Se l’amazarò ne mandarò o porterò io, se così mi sarrà avisato da lei. La suplico ricordarsi che l’adoro e che l’amo più che la vita mia, con che gli bacio le mani. Di Certaldo, il primo di ottobre nel 1568.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.334]

292. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Certaldo 2 ottobre 1568

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissima vengo hora della caccia che gli scrisse che son due hore di notte e dall’alba fino a

detto son stato e ho solo amazzati tre infelici fagiani che un paro ne ho desegnati al signor principe e uno invio a vostra eccellentia, mi farrà gratia acetarlo e mi faccia anco favore non si scordar di chi l’adora, con che gli bacio le mani, aspetando rispo-sta di dua letere miei e, amandola più che la vita mia, facio fine. Di Certaldo, il dì II di ottobre 1568.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsini.

[157, n.312]

293. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Poggio a Cajano 3 ottobre 1568

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimostamani mi hanno portato una sua insieme con un fagiano il quale lo ho presenta-

to da sua parte al duca mio signore il quale si trova in letto con la febbre e gotta a un

635 Paolo Giordano era ospite a Certaldo nel palazzo di Pietro e Porzia Ridolfi.

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9. I debiti e l’esilio (1567-1569) | 237

ginocchio et sta assai fastidioso non ha voluto che si scriva nulla al signor principe, acciò che non habbia da venir a vederlo. Circha il venir al Poggio credo, anzi so certo, che sarà riceuto con bonissima cera, ma a me parrebbe dovessi tardar finché mio padre stia meglio, acciò non paia che io li habbia scritto il suo male, et se venissi adesso non pigliassi fastidio, parendoli esser visitato come infermo. Pur faccia la sua volontà che io non desidero cosa più al mondo che di vederlo. Lo supplicho quanto posso a far le vista non saper nulla del male del duca, acciò non sappia o pensi che sia stato scritto da me. Et non essendo questa mia per altro li bacio le mani et lo adoro. Del Poggio, a dì 3 di ottobre 1568.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.325]

294. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Poggio a Cajano 4 ottobre 1568

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimoho riceuto una sua insieme con certe starne le quali ho presentate al duca mio

signore in suo nome et gnene bacia le mani. Mi duole fino al core che si pigli ma-raviglia ch’io non li scriva così spesso, et certo che non dovrebbe, perché sa che chi sta fitta sotto a un malato fastidioso pocho spatio gli resta di riposo, ma metterò questa ventura fra le altre che del continuo ho. Ma lassiamo andar ogni cosa perché il tempo vi farà conoscer se vi adoro, et allora conoscerete quanti torti mi havete fatti e fate. Il duca sta meglio, ma non si può movere se non per mano d’altri.636 Il signor principe venne ieri a desinar qui et si partì a 20 hore. Tutto li sia per aviso, et io intanto non mancho adorarlo et quando mi comanderà lo servirò sempre. Mi dol bene che li servidori si faccino belli con dire che mi tengono in gratia vostra, et vi di-cho che, se la debbio acquistare per questa strada, che sono risoluta non la volere più tosto. Et con tal fine vi bacio le mani et vi adoro. Del Poggio, a dì 4 di ottobre 1568.

Il cardinal vi bacia le mani et vi è servitore di core. Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.321]

295. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Certaldo 5 ottobre 1568

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimacon mio grandissimo dispiacere ho inteso quanto per la sua mi scrive, né man-

cherò far quanto la mi comanda. La pregarò bene, quando gli parrà tempo, che me lo scriva che non vorei venir in consideratione di huomo puoco onorevole e che non faccia quel che se gli conviene; come la suplico anco al cardinal mi signor farli saper

636 Evidentemente l’ictus di Cosimo era stato più grave di quel che ufficialmente si disse.

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238 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

la causa perché dal princio637 non venni al Poggio e perché hora non vengo, del resto la suplico ad amarmi poiché io l’adoro da davero, e creda sicuro che mi par mille anni vederla, e gli bacio le mani. Di Certaldo, il dì 5 di ottobre nel 1568.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsini.

[157, n.330]

296. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Certaldo 6 ottobre 1568

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimaho riceuto stasera al tardi una letera sua a me di quella magior alegrezza che cosa

mi potessi aportar e per veder in essa che ella affatto mi ama, poi che s’é pigliata fastidio di cosa che da me fu detta solo per il desiderio di vederla e amor che li porto. Circa al resto risponderò alla prima parte, né mi voglio scusare poiché ho tanta ragione di valerme in ciò che non bisogna se non meramente dir la verità. Non niego a vostra eccellentia che per il passato non abbia potuto operar meglio e che non sia incorso nelli errori, che facil cosa è che i giovani della mia età ve incorre, e in questo passato c’è rischio di haver errore, ma hora non già mi par fare cosa che ella possa con ragione dolerse, e al arivo mio costà gliela farrò sì capace che la tocarà con mano che l’adoro più che mai abbia fatto, et questo fatto abasti; circa poi che ci sia persona che abbia apresso che mi abbia a meter vostra eccellen-tia in gratia, non so che mi rispondere poiché è conveniente che io stia nella sua, e son di una nobiltà che molto bene vostra eccellentia la conosce che è di non haver tropi governatori, ma poiché questo si promitte tanto di me, non avendo io, o per dir meglio, non conoscendo chi mi abbia <in> così potere grande che, in una cosa che mi vien per inclinatione e per debito la desio fare, si vogli ingerir che sia sua opera, deve ancor credersi di esser monarca o qual magior cosa si possi gli homini imaginar, e sopra a ciò non sarrò più longo. Solo ci dirò che tengi per certo che l’amo di tanto amor quanto mai l’abbia amata per li obligi che ultimamente gli ho d’avere e spero che da lei abbia a venir ogni mio bene. Gli bacio le mani della nuo-va che mi dà dil pegioramento del duca mi signore e del particular del principe, e la suplico scrivermi la openion sua se ancor li par tempo che possi venir a baciar le mani al duca senza dargli fastidio, che, per vita sua e sopra l’onor mio, ne ho martello grandissimo, perciò degnasi rispondermi sopra questo particulare e mi faccia gratia baciar le mani al duca e cardinal mi signori e al signore don Gartia e a tutti quelli signori et io adorandola gli bacio le mani. Di Certaldo, il dì VI di ottobre nel 1568.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor affetionato e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.333]

637 Principio.

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9. I debiti e l’esilio (1567-1569) | 239

297. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Poggio a Cajano 7 ottobre 1568

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimostamani ricevetti una sua a me cara quanto la vita et non mi estenderò troppo a

longo perché serberò a dire a bocha. Solo li dicho che a me parrebbe che dovessi venir domenicha o lunedì a veder il duca, il quale anchor si sta in letto con la sua gotta assai fastidioso, et se li parrà dar noia qua, ogni volta potrà tornarsene. Io sto del continuo a servirlo e non mancho ogni volta far le vostre baciamani et gnene rendon tutti questi signori duplichate, e il cardinal particularmente il qual vi adora; credo che, se Dio vorrà, per di qui a domenicha il duca mio signore habbia da esser fora di letto, anchorché li medici dichino di no, et se si risolve a venire, di gratia, faccimelo sapere. E con tal fine li bacio le mani e l’adoro. Del Poggio, a dì 7 di ottobre 1568.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.338]

298. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Certaldo 10 ottobre 1568

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimapiacendo a Dio, dimane o postdimane sarrò al Poggio, se da lei non intenderò

altro. Qui si sta bene e atendo andare a caccia e hieri pigliai XV starne e tre lepere, né di qua so che altro mi scrivere se non che la suplico a tenermi in sua gratia che a par della vita desidero e mi farrà favor baciar le mani a quelli illustrissimi signori e al duca e cardinal mi signore ricordarli la mia servitù; gli bacio le mani. Di Certaldo, il dì X di ottobre nel 1568.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.331]

299. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Certaldo 11 ottobre 1568

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimaessendo pregato dal signore Piero Ridolfi e dalla signora Portia sua moglie che

voglia pregar vostra eccellentia a favorir il signor Cosmo Aldano,638 non ho potuto

638 Gli Aldana erano una famiglia spagnola radicata a Firenze. Cosmo de Aladana figura autore di rime italiane e latine, pubblicò il Discorso contro il volgo in cui con buone ragioni si reprovano molte sue false opinioni, dell’ illustre signor Cosimo Aldana spagnuolo, Firenze, appresso Giorgio Marescotti, 1578.

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240 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

mancar, sì per li pregi fattomi da questi signori, come per conoscer il detto signo-re meritevole di ogni sorte di piacere, […] desidera il signor Cosmo metersi nella servitù di monsignor illustrissimo, e questo suo desiderio vol solo che sia favorito da vostra eccellentia e ha voluto operar il mezzo mio, così la suplicarò con ogni caldezza che faccia di maniera che sua signoria conosca quanta affetion mi porta e che operi sì che vengi sadisfatto di questo suo honorato desiderio, che certo la non mi potrà far gratia magiore, con che gli bacio le mani. Di Certaldo, il dì XI di ottobre nel 1568.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.292]

300. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Villa di Castello 21 ottobre 1568

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimoho riceuto adesso il carciofo in forma vostra et me stessa et li mangerò per suo

amore,639 ma non per questo mi può passar la collera. Non collera veramente, ma piuttosto un pocho di sdegno causato da troppo amore mal remunerato et peggio re-munerato, ma lasso andar questo perché spero che il tempo farà conoscer ogni cosa. Noi ce ne stamo qui con una vita beata, el duca si va intrattendendo il meglio che si può,640 et non sarò per adesso più longa perché il duca mio signore mi aspetta alla Petraia, vi bacio con tal fine le mani et vi adoro. Di Castello, a dì 21 di ottobre 1568.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.319]

301. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Certaldo 22 ottobre 1568

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimanon voglio mancar di non baciarli le mani e farli intendere il mio ben esser e gli

bacio le mani della litera che mi ha fatto gratia di mandarmi, la suplico a creder che l’adori e che il tempo darrà segno manifesto dell’amor che li porto, e gli resto schiavo con baciarli le mani. Di Certaldo, il dì XXII di ottobre nel 1568.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsini.

[157, n.314]

639 Si trattava evidentemente di una di quelle bizzarre sculture vegetali con cui, nel Rinascimento, si ornavano le tavole principesche.640 Come si vede da queste lettere Cosimo, per ragioni di sicurezza, si spostava da una villa all’altra senza preavviso e senza avvertire neppure i familiari.

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9. I debiti e l’esilio (1567-1569) | 241

302. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Certaldo 25 ottobre 1568

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimaio mando messer Padovano641 a vostra eccellentia a ricercarli de un favore il quale

è fondato tutto in la necesità che mi trovo, però la prego a credergli e socorermi che come vedrà presto spero levarmi de simil vivere, del vero la prego ad amarmi et a creder certo che l’adori e per non infastidirla non sarrò più lungo. Con che gli bacio le mani facendomi gratia baciar le mani al duca e cardinal miei signori.642 Di Cer-taldo, il dì XXV di ottobre nel 1568.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.309]

303. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Certaldo 26 ottobre 1568 Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissima

non voglio mancar con ogni occasion che me si presenta di non baciarli le mani e ricordare che potria favorir per dui giorni <a>Certaldo, se non che farrà far de mira-coli di Maumetto.643 Oggi me ne vo a caccia e dimane a veder di qualche porco, che se ne amazzarò, gliene farrò parte; del resto l’adoro e gli bacio le mani, e mi perdoni se gli ho dato fastidio per messer Padovano perché la necesità mi ha spinto. E gli bacio le mani, suplicandola a farmi honor baciarle al duca e cardinal mi signori. Di Certaldo, il dì XXVI di ottobre nel 1568.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.293]

304. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Castel Fiorentino 28 ottobre 1568 Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissima

da messer Padovano ho inteso quanto cortesemente abbia animo da proveder a miei bisogni e la ringratio quanto posso, e la prego a farmi gratia di effetuar quanto prima potrà il negotio, e la suplico a voler non scordarsi di me poiché desidero tanto vederla e doveria favorirmi il venir a starsene dui sere a Certaldo, che così veria a sodisfar a me che lo desidero infinitamente, e anco penso si pigliaria piacere. Oggi

641 Il medico personale di Paolo era Padovano Guglielmini.642 Paolo manda il suo medico a chiedere soldi in prestito a Isabella perché non ha più di che vivere.643 Intende che se non andrà lei, la raggiungerà lui.

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242 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

son stato a cacia alla bandita di messer Alemanno644 e ho trovato un grossissimo porco e, per la valentia nostra, è scapato essendo con cani, e in un fare belissimo, e ho hauta nuova di tanti porci che è un subisso nella bandita del cardinale vicino a Montelupo, un tiro di mano, e perché son di passo ho scritto a vostra signoria illustrissima che vegi di arivar una sera, e se non potessi, che mi lascerà gratia a me perché fra quatro giorni non ve ne sarrà nesuno, né ho voluto tocarla senza sua licenza. Ho di poi amazzato il presente fasciano, mi faccia gratia darlo al duca mio signore e baciarli le mani da mia parte. La suplico di nuovo a farmi degno della sua gratia e a venir ho a Montelupo con monsignor illustrissimo o senza, e me lo faccia intendere, se così li piacerà, e adimandi la licenza al cardinale illustrissimo, e li bacio le mani insieme con vostra eccellentia. Di Castel Fiorentino, il dì XXVIII di ottobre nel 1568.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

Mi scrivono da Roma che il signor Paolo Giselieri viene a Fiorenze, la suplico a farlo alogiar in casa mia e far che subito ne sia avisato et è in disgratia del papa e se desidera favorirmi faccia questo.645

[157, n.294]

305. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Villa di Castello 30 ottobre 1568

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimoda messer Padovano ricevetti una sua et poi intesi da lui come vostra eccellentia

desiderava che io lo acchomodassi di 500 scudi, io ho inteso da messer Giannozzo che li dinari non li posso mandar fino al gennaro, manchando la fede della vita vo-stra, et di più sono promessi a mercanti tutti, eccetto che trecento scudi delli quali può dispor a suo piacere, io ho ditto a Giannozzo che li trovi a cambio sopra qualche goia, et così farà, ma bisognia haver patientia fino a mercordi perché sono festa que-sti giorni et non si trova chi voglia trattar nulla, et massimo mecho che quasi sono fallita, ma faccia Dio. Tutto quello che haverò sempre sarà sempre più suo che mio, et lo adorerò et seguirò quel che vole. Presentai il fagiano al duca mio signore il quale sta bene e gnene bacia le mani, e ‘l simile fo io, et resto adorandolo. Di Castello, a dì 30 di ottobre 1568.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.324]

644 Alamanno di Jacopo Salviati (1510-1570).645 Paolo Ghislieri, nipote di Pio V e governatore di Borgo, era stato bandito dal papa per motivi forse legati alla sua condotta poco morigerata, cfr. Nicola Pastina, Ghislieri, Paolo, DBI, vol. 54 (2000), pp.63-64.

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9. I debiti e l’esilio (1567-1569) | 243

306. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 1 novembre 1568

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimoiersera da messer Tommaso de Medici646 mi fu portato un mandato soscritto di

mano del duca mio signore di 4000 milia scudi di entrata, et essendo cosa che sarà così al commodo suo come al mio, non ho voluto manchar farcelo sapere et rallegrarmi secho et comincia la prima paga a gennaio tanto che sono necessitata darli fastidio fino a quel tempo, però, poi ch’è così pocho, co<m>portimelo,647 et sia certo che quel che haverò sempre sarà più per servitio suo che mio stesso. Adesso anderò procurando che mi pagi li debiti et poi starò come una regina, che se non me li pagassi haverei fatto non nulla,648 ma credo che non mancherà, et con tal fine li bacio le mani et così tutti questi signori, et io resto adorandola. Di Fiorenza, a dì 1 di novembre 1568.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.298]

307. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini da Firenze

Firenze 4 novembre 1568

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimoiersera arrivammo assai stracchi et trovammo questi signori assai travagliati

per la morte della regina di Spagnia insieme col figlio che havea nel ventre.649 La nostra principessa non sa nulla rispetto al grado in che si trovano, se li dirà nulla fino a che habbia partorito650. Li mando le cose di zuchero che li promessi et li dinari li fo cerchare. Subito che li haverò non mancherò mandarceli. Lo pregio a soscrivermi il presente mandato acciò mi possa valere di quello che devo havere per conto delle poste.651 Il duca mio signore li bacia le mani et così il signor prin-cipe. Di novo non ho che dirli se non che si ragiona dar moglie al re di Spagna la

646 Depositario e procuratore di Cosimo. Sul mandato cfr. Copia di mandati di pagamenti a favore di Isabella de’ Medici emessi dal padre duca Cosimo I de’ Medici e copie di promesse di pa-gamento fatte dalla medesima Isabella per alcune somme dovute al Monte di Pietà di Firenze, ASF, Miscellanea Medicea, vol.508, cc.22v; 24r 8 nov. 1568-28 lug. 1569. Prestiti concessi dal Monte di Pietà a Paolo Giordano sono segnalati da Lisa Goldenberg Stoppato, in Appunti “ fiorentini”, cit., nota 51.647 Accettatelo, tolleratelo.648 Isabella sperava che, dopo aver passato tutta l’estate accanto a suo padre malato, il suo sacrificio le avrebbe fatto ottenere la somma necessaria a saldare i suoi debiti.649 Elisabetta di Valois, terza moglie di Filippo II, morì di parto il 3 ottobre 1568.650 Giovanna d’Austria partorirà Romola il 20 novembre 1568.651 Si tratta dei proventi degli affitti delle poste di Baccano e la Storta, v.lettera n. 95.

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244 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

figlia del imperatore652 et con tal fine li bacio le mani et lo adoro. Di Fiorenza, a dì 4 di novembre 1568.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.300]

308. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 5 novembre 1568

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimomando a vostra eccellentia scudi 250 di giuli perché non ne ho possuti per hadesso

trovar più, mi scusi et dia la colpa alla mia povertà, et dio volessi che io havessi assai perché lei ne sarà sempre più patrone di me. Tutti stiamo bene et pasiamo il tempo allegramente, il favore che mi è stato fatto a Roma, messer Padovano ce lo dirà a boccha et non essendo altra mia per altro li bacio le mani et resto adorandola. Di Fiorenza, a dì 5 di novembre 1568.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora dognia Isabella Medici Orsina.

[157, n.304]

309. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Certaldo 5 novembre 1568

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimaringratio vostra eccellentia del favor che ha fatto di mandarmi le cose che mi

promise, ma il vino di Baroncelli e il cane del duca mi signore, che mi promise uno mandarmelo, l’altro adomandarlo a sua eccellentia, ne me ne scrive niente. Qui non ho un quatrino e, sotto l’aspetativa di messer Gianozzo, non ho fatto altra provisio-ne. La suplico per l’amor de Idio a voler solecitar Gianozzo, altrimenti mi morrò di fame, perciò la suplico a favorirmi. Bacio le mani per l’amor in che il duca e principe tengan di me, e io li son schiavo, e lei adoro con baciarle le mani. Di Certaldo, il dì V di novembre nel 1568.

Di vostra eccellentia consorte e servitor che l’adora Paolo Giordano Orsino.

Nel caso del Guidacio653 risponderò a vostra eccellentia a lungo.[157, n.285]

652 Filippo II sposerà a maggio del 1570 la giovane nipote Anna d’Austria figlia dell’imperatore Massimiliano e di sua sorella Maria di Spagna.653 Francesco Guidacci era un mercante fiorentino che si recava spesso a Roma per affari e a cui Paolo Giordano affidava le lettere per Isabella

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9. I debiti e l’esilio (1567-1569) | 245

310. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Certaldo 6 novembre 1568

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimavien messer Luca Giovanni654 qual se ne vi<en> contento come intenderà da lui, la

prego a farli favore, del resto l’amo e l’adoro, e mi facia gratia di ricordarsi di me qual-che volta e verrò presto a baciarli le mani e mi facia gratia baciar le mani a quelli il-lustrissimi e eccellentissimi miei signori. Di Certaldo, il dì VI di novembre nel 1568.

Di vostra signoria illustrissima e eccellentissima consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.308]

311. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Certaldo 7 novembre 1568

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimaoggi ho riceuto una litera di vostra eccellentia e li danari che gli è piaciuto man-

darmi che per il bisogno e l’amorevolezza sua mi consente tante cure che più non potriano essere. Me ne son stato dui giorno a riposar li cavalli e i cani per andarme-ne dimane a una manomessa di fagiani655 di forse venti, che, faciendo caccia come spero, ne arà la sua parte vostra eccellentia. Se volessi scrivere li obligi che li tengo non saprei dove mi conminciare che son tanti, e ogni giorno se ne vien di magiore, a talché, per non saper in che maniera mostrarli con scrite e parole questo mio animo obligato, aspetarò che la occasione me la faccia certa e in la sua ultima scritami usa con me parole che mentre sarrò vivo mi sarranno scritte nella memoria. Da messer Padovano non ho potuto intender niente per esser oggi venuto, ma come havrò inteso, e sia cosa che vi possi remediar, lo farrò se me ne andasse la vita. Con che adorandola gli bacio le mani, suplicandola far il simili a quelli illustrissimi eccellen-tissimi miei signori. Di Certaldo, il dì VII di novembre nel 1568.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.287]

312. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

San Gimignano 8 novembre 1568

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimamandai a vostra eccellentia una fagiana che della caccia sì miracolosa ho preso,

ma quel che mancò li fagian suplì co’ la lepre che ne havemo morte XV con gran-

654 Luca Giovanni Vergallitto, dispensiere di Bracciano.655 Si intende per manomessa il primo vino che si cava dalla botte. Paolo usa questo termine per indicare l’apertura della caccia.

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246 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

dissimo spasso e uno istrice e starne in buona quantità. Facciami gratia presentar la fagiana al duca mi signore, e lei se aricordi di me che l’adoro che li dò mia fe’ che è così da cavaliero. Son a San Gimignano ch’è una bella terra e quest’omini me invitorno già XX dì e mi fanno mille carezze, con che gli bacio le mani ricor-dandoli che l’adoro e adorarò sempre arò vita. Di San Gimignano, il dì VIII di novembre nel 1568.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.289]

313. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Certaldo 12 novembre 1568

Illustrissima et eccellentissima consorte et patrona osservantissimacon grandissimo desiderio aspetavo messer Padovano perché havea di già inteso la

gratia che il duca mi signor li ha fatto, la quale, oltre a esser di tanta somma,656 dar-rà a vostra eccellentia grandissima riputatione perché oggi non si guarda ad altro, né si chiama voler bene da davero se non quando si dà. Io ne ho preso quel contento che si possa haver magiore per ogni rispetto, né accadeva che vostra eccellentia mi volessi ancor atacare con questo nuovo uncino nonché obligarmi più, poiché si avessi mile vite non potrei, ancorché tutte le spendesse per suo servitio, disubligar-mi. Ben gli dico che questa che ho con ogni mio puoco potere è sua e spenderola volentierissi<mo> per suo servitio. Io ho disegnato andarmene dimane a Giustino a Monte Catini dove andrò finché durino questi tempi belli, et credo pigliarmi spasso e subito poi me ne verrò da vostra eccellentia e, se non fosse tanto vicino il parto di sua altezza,657 la suplicarei a venir a goder di sì belle caccie e di questi tempi belli, ma poiché il tempo è vicino, non mi par incomodarla. Li farrò favore di quel che si pigliarà, e adorandola gli bacio le mani suplicandola a baciar le mani a quelli illustrissimi e eccellentissimi signori. Di Certaldo, il dì XII di novembre nel 1568.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.283]

314. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Certaldo 13 novembre 1568

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimamesser Nicolò Pecci,658 citadino fiorentino e servitor lui e tutta sua casa della casa

sua illustrissima, desidera esser conpiaciuto dalla eccellentia del signore principe di esser proveduto di colegio, grado che secondo apare mostra esser altra volta stato in

656 Si riferisce ai 4000 scudi che Cosimo ha donato a Isabella.657 Romola, la seconda figlia di Francesco de’ Medici e Giovanna d’Austria nascerà il 20 novembre 1568.658 I Pecci erano un antico casato aristocratico senese.

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9. I debiti e l’esilio (1567-1569) | 247

sua casa, o almeno per la lungezza del tempo che paga gravezze sua casa, et <è>mer-itevole di esser compiaciuto di tal grado, io suplico vostra eccellentia a interponervi il suo favore che a me farrà la magior gratia del mondo e lo metterò con gli altri obligi che con lei tengo. Io sto con li stivali per andarmene in Maremma a Monte Catino se vostra eccellentia me arà da commandare, sapia dove io sonno; la suplico a mantenermi in la sua gratia e l’adoro e gli bacio le mani. Di Certaldo, il dì XIII di novembre nel 1568.

Consorte e servitor che l’adora e adorarà sempre Paolo Giordano Orsino.

[157, n.310]

315. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Montescudaio 16 novembre 1568

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimaper Francesco Armato ho ricevuto una sua a me del magior contento del mondo si

per intendere il suo bene esser e di quelli illustrissimi e eccellentissimi signori, come per veder che ella si aricordi di me in questi freddi. Io credo di star fuora 8 giorni ancora, e prima ne verrò a baciarli le mani informando vostra eccellentia come facio. No deve pensar che nesun creato mio abbia comesione da me che de servirla più di me, e le facende che Cesare fa a Fiorenza è far fenir uno orlogio, e questo è così, né sopra ciò dirrò altro. Suplico vostra eccellentia a parlar al duca mi signor, e dir che gli è stato dato fastidio dalli Spinola659 per conto di un censo di cui non mi han fatto intendere niente, e che di più tratava<no> di farmi rescotere li danari miei di Spagna660 dove diceva<no> farsi buoni la sorte principal e li frutti di detto censo, e che io non mancarò sodisfarli subito che sarrà finito il partito di Roma e hora si negotia del resto. La suplico ad amarmi come io faccio lei, e creder certo che sia così. Delle caccie, maestro Tomaso la raguagliarà, con che gli bacio le mani suplicandola tenermi in sua gratia. Di Monte Scudaio, il dì XVI di novembre nel 1568.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n. 282]

316. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bibbona 17 novembre 1568Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissima

mando per l’aportator presente un par di fagiani che oggi ho amazati che, per esser andato su le cime di monti e per bosci inacesibili, non ho potuto far più; e insieme con questi li rimando la sua cagnolina, qual ebbi iudicio che era in Volterra e che era stata mandata da Arcagliante a messer Barto<lo>meo Falconcini citadino volterra-

659 Banchieri genovesi.660 Gli Spagnoli avevano promesso a Paolo Giordano una pensione che però non arrivava mai.

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248 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

no,661 et è distrutta, come la vede, per haverla hauta stamane, né ho potuto farli più vezzi. La suplico a tenermi in sua gratia et ad amarmi come io faccio lei e havermi in gratia di quelli illustrissimi e eccellentissimi patroni et io adorandola farrò fine. La suplico ancora che voglia che me sia mandato subito le litere da Roma perché aspet-to danari, perciò mi faccia gratia comandar che subito mi sia mandati per persona fidata e gli bacio le mani. Di Bibona, il dì XVII di novembre nel 1568.

Di vostra eccellentia illustrissima consorte servitor che l’adora e adorarà in eterno Paolo Giordano Orsino.

[157, n.336]

317. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Firenze 22 gennaio 1569 Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima

ebbi hiersera le trote che vostra eccellentia mi ha mandato e, ancorché fosse marte-dì e io mangio carne, mangiai la più grossa, et gli bacio le mani del presente e molto più della amorevolezza sua perché dice piacerli là ogni cosa e che non li manca altro per esser afatto felice che me, e, se lei starà molto, verrò a veder il casino e goder io del desiderio mio che è de servir lei. E di quelle belle pesche gli mando le canestre presenti, quali ho fatto far a posta che non se ne trovano; mi farrà gratia, tal quale sonno, acetarli da chi l’adora, e gli ne mando molte, perché ne possi rimandare qual-cuna adietro. Gli racomando il signor Paolo Ghisilieri, et farmi far questa opera di carità, et io gli son schiavo e l’adoro, e faciami gratia basar le mani al duca mi signore et il simile facio a lei. Di Fiorenze, il dì XXII di gennaro nel 1569.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.Il Pannozzo se gli raccomanda e Spatafuora, e la suplico a far la raccomandazione

alla marchesa della Tripalda.662

[157, n.145]

318. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Pisa 19 marzo 1569

Illustrissimo et eccellentissimo signor e padron mio osservantissimole trote sono poche, perché sono nel pescare sfortunata, ma se vostra eccellentia

mi manderà certi panierini longi col coperchio gnene manderò più spesso et più quantità a. Arivai il dì che partì di costì a Pisa a 23 hore sana, ma molle benissimo et con grandissimo martello di vostra eccellentia. Stemmo tutto l’altro giorno, e l’altra mattina venimmo qui, dove hora stiamo, et stiamo allegramente, io con grandissima solitudine di vostra eccellentia per altro sto benissimo, e sono tanto accharezzata dal mio ducha <che> non posso dir né desiderar più, tanto che qui non mi mancha altro

661 Su questo personaggio cfr. Benedetto Varchi, Istoria delle guerre della republica fiorentina, successe nel tempo, che la casa Medici s’ impadronì del governo, Leida, Pietro Vander, s.d., p.411.662 Forse Lucrezia Salviati moglie di Latino Orsini figlio di Camillo marchese dell’Atripalda.

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9. I debiti e l’esilio (1567-1569) | 249

per esser contentissima, se non lei. Io ho recuperato l’appetito et il sonno, tanto che credo che non haverò quando torno bisognio del signor Strada663. Alloggiammo a Pisa in casa del signore di Piombino664 et stemmo con gran disagio et assai sporcha-mente. Mangiammo b con Don Gartia, tanto che qua mi pare esser in paradiso. Io supplicho vostra eccellentia si ricordi di chi lo adora, li mando certi pochi pesci, li ho presi di mia mano et non si maravigli se sono pochi, perché non ho ancora rico-nosciuto il paese et li bacio le mani. Del Casino, a dì 19 marzo 1569.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che lo adora dognia Isabella Medici Orsina.

[158, n.31]a da “le trote” fino a “quantità” aggiunto successivamenteb Scrive “pangiammo”

319. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Firenze 20 marzo 1569

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimanon voglio mancar di non baciargli le mani e dirli che ci morimo di fredo e quasi si

desidera la pioggia. Io sto così del stomaco, né ho preso quel meglioramento che pen-savo della purga per ancora, del resto si vive al solito et io son buonissimo. La ricordo il negotio del signor Paolo665, qual vive sotto la speranza del eccellentissimo signore duca e vostra. Mi farete gratia baciar le mani al duca mi signor et tenermi in gratia vostra, e se starete troppo me ne verrò per una sera a visitarvi, si ve parrà. Con che vi bacio le mani e vi prego a amarmi come io vi adoro. Di Fiorenza, il dì XX di marzo nel 1569.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.20]

320. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Cafaggiolo 11 giugno 1569

Illustrissimo et eccellentissimo sigore e padron mio osservantissimoogni giorno scriverrò per non manchar del mio debito, però non per questo lo

sfrozerò a rispondermi, poiché so che chi piglia l’acqua ha sempre la testa debole, la pregio bene a farmi avisar della sua salute che altro non desidero; con che li bacio le mani. Di Cafaggiolo, a dì undici giugnio 1569.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che lo adora dognia Isabella Medici Orsina.

663 Bartolomeo Strada archiatra di Cosimo de’ Medici.664 Jacopo VI Appiani signore di Piombino.665 Paolo Ghislieri.

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250 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

Da te mia vita lunge addiaccio e moro e rimedio non trovo al mio dolore e via più sempre ognhor mi discoloro e così passo i giorni i mesi e l’ hore sol spero aita dal celeste coro poi che lì stassi il mio signior amore che può dar pace all’alma sbigottita con far ch’io vi riveggia o dolce vita non mormorio di limpide acque e belle non veder prati d’odorati fiori non boschi verdeggianti ove le snelle damne666 fuggendo van gl’immensi ardori non scerzar pesci nel onde novelle non sperar d’acquistar regni o tesori bramo, ma sol di riveder voi solo che mi rapisti l’alma e ‘l core a volo.667

[158, n.32]

321. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Baroncelli 11 giugno 1569

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimaio ho cominciato stamane a pigliar l’aqua. Questa ha operato tanto felicemente che

li medici ne son restati spantati, e veramente che se avessi la mia dognina sperarei di salute fermamente, in somma son sì malenconico rimasto, e sì solo, che giuro in fe’ mia che mai più mi son trovato in simil termine. Mi son sì bene ralegrato del favor che mi ha fatto e talmente che aspetto con patienza la sua venuta. Mi ho a male del suo disagio sino al core, e spero che quello la farrà tornar tanto prima. Mi faccia gratia tenermi in sua gratia e tener per uno che l’adori e si ricordi baciar le mani al duca e ricordarli li miei negotii. Di Baroncelli, il dì XI di giugno nel 1569.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.154]

666 Damme = caprioli.667 La composizione è stata pubblicata, pur con qualche errore di trascrizione, da Donna G. Car-damone in Isabella Medici-Orsini: A Portrait of Self-Affirmation, cit., p.8. l’autrice collega il sonetto a un’altra composizione per liuto dal titolo Lieta vivo e contenta attribuito a Isabella, cfr. Carolyn Raney, A solution to a lute Tablature of Isabella de’ Medici, in Memorie e contributi alla musica dal Medioevo all’età moderna offerti a F.Ghisi nel settantesimo compleanno (1901-1971), 2 voll. «Quadri-vium», 12-13 (1971).

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9. I debiti e l’esilio (1567-1569) | 251

322. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Rabatta 7 luglio 1569

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimamesser Cornelio668 informarà vostra eccellentia de un negotio della importanza

che da esso intenderà e vederà per le scritture, la suplico a favorirlo con il duca mi signor, accioché la giustitia abbia il suo luoco e che io non sia defraudato. La ricordo li bracchi e li ucelli e che mi mandi la chanina,669 si vol che Bastiano la tengi. Con che gli bacio le mani rimetendomi al di più al detto messer Cornelio. Di Rabata, il di 7 di luglio nel 1569.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.18]

323. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Rabatta 8 luglio 1569

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimason stato a pescare i gambari a Monte Giovi e ne ho preso forse centoventi, quali

cento mando a vostra eccellentia e XX li ho servati per me. Dica al cardinale che ci è chi ci pesca dal ponte a Saginale,670 ci è pesci assai, ma ancor si pescano. Gli bacio le mani e mi facia gratia basciar le mani al duca e cardinal mi signori. Di Rabata, il di VIII di luglio nel 1569.

Se la vorrà venire e vorrà il ballo lo faccia intendere avanti dua giorni o uno almeno. Consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.29]

668 Cornelio Sozzini, figlio del giurista Mariano e fratello di Lelio, apparteneva a una importante famiglia senese di giuristi perseguitati per eresia. Condannato dall’Inquisizione dopo la fuga del fratello Lelio da Bologna nel 1547, fu arrestato più volte e sempre rilasciato grazie alla protezione di Cosimo de’ Medici. Nel 1574 Cornelio fu arrestato a Venezia ed estradato a Roma, dopodiché se ne perdono le tracce, cfr. Michaela Valente, I Sozzini e l’Inquisizione, in Lech Szczucki, Faustus Socinus and his Heritage, Kraków, Polish Academy of Sciences, 2005, pp. 29-51. cfr. Valerio Mar-chetti, Gruppi ereticali senesi del Cinquecento, Firenze, La Nuova Italia, 1975; Aldo Stella, Ricerche sul socinianesimo: il processo di Cornelio Sozzini e Claudio Textor (Banière), in «Bollettino dell’Istituto di Storia della Società e dello Stato Veneziano», 3 (1961), pp. 77-120; Id., Dall’anabattismo al soci-nianesimo nel Cinquecento veneto, Padova, Liviana, 1967. Come si vede da questa ed altre lettere, nel 1569 Cornelio era al servizio di Paolo Giordano come lo sarà successivamente il nipote Fausto, il ben più noto fondatore del Socinianesimo, la dottrina teologico-morale che predicava il razionalismo religioso e che influenzò la vita culturale in Europa e negli Stati Uniti fino al XVIII secolo. Sozzini verrà nominato la prima volta nella lettera del 25 gennaio 1570.669 Paolo vuole la cagnolina di Isabella per insegnarle a cacciare.670 Ponte sul fiume Sieve presso Borgo San Lorenzo.

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252 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

324. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Cafaggiolo 8 luglio 1569

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimo,ho riceuto li gambari li quali ho presentati di sua parte al duca mio signore il qual

gnene bacia le mani. Noi verremo domenicha a desinare a pescare e a ballare. Non so se ‘l [duca] a mio signore verrà. Ho spedito messer Vittorio et […] tornerà ne parlerò col duca, intanto tengami in gratia sua e comandimi. Li mando la canina, diala a [Bastiano] acciò me la faccia bona et li bacio le mani. Di Cafaggiolo, a dì 8 di luglio 1569.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dognia Isabella Medici Orsina.

[158, n.33]

a La lettera presenta lacerazioni e cadute d’inchiostro sul margine destro.

325.Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Rabatta 11 luglio 1569

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimadal monsignor della Ciapella delli Orsini671 ha riceuto il signor Troilo672 dui cani

e una cagnia di Bretagnia per me. Suplico vostra eccellentia che mi faccia gratia a farmeli ricuperare e inviarmeli per huomo acurato e la notte, che il tutto meterò con li altri infiniti obligi li tengo, con che gli bacio le mani suplicandola a tenermi in sua buona gratia. Di Rabata, il dì XI luglio ne 1569.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.26]

326. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Rabatta 12 luglio 1569

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimail tempo che rendi li scudi dua mila vien a l’ultimo di questo, e perché vostra

eccellentia sa di quanta lentezza prendono li miei, vorei che mi favorissi con il duca mi signore che avessi tal dinari in prest<it>o a cinque per cento, con asegnamento

671 Christophe Juvénal (o Jouvenel) des Ursins de la Chapelle, figlio di François et di Jeanne d’Or-fèvre, marchese di Trainel, signore de La Chapelle, governatore di Parigi e luogotenente generale de l’Île-de-France. I signori de la Chapelle si erano sempre ritenuti discendenti dagli Orsini di Roma. Vedi nota 334.672 Troilo Orsini era appena tornato dalla Francia dove era andato in missione per conto di France-sco de’ Medici, cfr. Paola Volpini, Orsini Troilo, in DBI, vol. 79 (2013), pp. 708-710.

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9. I debiti e l’esilio (1567-1569) | 253

sicuro di haver la sorte principale fra dua anni, e perché la sa il priuditio che me ne va se al tempo predetto non pagassi, non starò con cirimonie a pregarla, ateso che mi prometto che ella farrà ogni suo potere come nelle cose che mi sono importate sempre ha fatto.673 Desidero se per lei si può sapere se il duca mi signore andrà alle montagne, e se le fosse dispiacere che io lo servissi, perhò suplico vostra eccellentia a fare qualche opera che’l il sapia se li parrà. Io la invitarei qua se non pensassi scomodarla come facio usando anco questa mala creanza, ogni volta che il duca si sia comodo, perché la suplico che antiponga ogni mio contento al servitio di lui. Il caldo grande e la lungezza dei giorni han fatto compormi questo sonetto, tal quale le<i> per solazarsi mi farrà gratia legerlo. Né servendo questa per altro, gli bacio le mani adorandola. Di Rabatta, il dì XII di luglio nel 1569.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.30]

327. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Rabatta 13 luglio 1569

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissima perché qua vi è tutti li brachi e parte de cavalli, e tutti i cani e ucelli, prego vostra

eccellentia mi faccia rimettere delli 200 scudi che Bernardo li rimese, 200 acciò possi suplire con quelli che per mio spasso feci venir al servitio della casa, e di ciò suplico vostra eccellentia. Mi faci ancor gratia suplicar il cardinal che se ricordi del mio orlogio che mi promise a Cafagiolo, che mi vien detto che hora ne ha hauti de belli, io lo desidero picolo. Disegno andarmene a Valle Ombrosa a pasar questi ecce-sivi caldi, se però il duca mi signor non va alle montagne di Pistoia e di certo che, se non darò fastidio, mi partirò di là come saprò che vi sia. Con che gli bacio le mani. Di Rabata, il dì XIII di luglio nel 1569.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.19]

328. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Montecatini 18 luglio 1569

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissima poiché a Rabata non trovava cacia, mi risolvei venir a Vichio674 ove sonno, e allo-

giato in casa di Celini,675 dove ho amazzati ‘n dua matine fino a 50 starne in bel pa-

673 Paolo deve restituire un prestito di 2000 scudi e prega Isabella di ottenere denari attraverso il padre. 674 Vicchio nel Mugello.675 La parola è poco chiara ma sembra potersi leggere Celini. Benvenuto Cellini nelle sue memorie scrisse del podere e dell’abitazione da lui comperati in Vicchio, cfr. Benvenuto Cellini, Vita di Ben-

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254 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

ese e co molto piacere. Hora ho inteso da Andrea mio stafiere che vostra eccellentia e il duca e cardinal mi signori si ritrovano a Cafaggiolo, e dimane verrò a baciar le mani di tutti. Li mando 8 starnotti, poi che ho inteso che stamani non son venuti cacciando, e li ricordo che semo già alli XVIII del presente mese, se li viene occa-sione mi faccia gratia ricordarsi del mio negotio acciò ne possi far provisione altrove non riuscendo questa. Con che resto basciando a tutti le mani. Di Monte Catini, il dì XVIII di luglio nel 1569.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino. Il maestro di casa vie’ per danari secondo da lei mi fu scritto.

[158, n.17]

329. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Campestri 20 luglio 1569

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimaviene il maestro di casa, e non è venuto prima, ha hauto da far per servitio mio.

Suplico vostra eccellentia a mandar li denari che li parranno a proposito per servitio del piatto e cavalli e cani e il pagar questi staffieri e altri provisionati. Li aricordo anco il negotio che la suplicai a Cafaggiolo che solecitassi, e di nuovo la suplico al farlo. Oggi son stato in cima a Monte Giovi che assai è più bella vista che non Val-leombrosa, e fontane sì fresche ma piu legere e prati bellissimi e pianissimi, e li do mia fe’ che è la piu bella cosa che abbia mai vista per simile. Mi facci favor baciar le mani al duca e al cardinal mii signori et li bacio insieme con lei. Di Campestri, il dì XX di luglio nel 1569.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino. Sono nella giurisdizione di mi signora Ginevera.676

[158, n.16]

330. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Campestri 25 luglio 1569

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimamando a vostra eccellentia questi quatro gamberi e starne presi da me, mi farrà

gratia goderseli con li illustrissimi et eccellentissimi miei signori. Li mandai il mae-stro di casa, né per esso ho hauto risposta di nessuna cosa, la prego a farmi intendere qualcosa come anco del partire del duca mi signor di Cafagliolo che deve esser pre-

venuto di Maestro Giovanni Cellini fiorentino, scritta, per lui medesimo, in Firenze, presso la tipografia all’insegna di Dante, 1832, pp. 601-604. Cellini morì il 14 febbraio 1571.676 Si tratta di Ginevra Roti. L’antica famiglia Roti possedeva una villa monumentale a Campestri nel Mugello, cfr. Emanuele Repetti, Dizionario geografico fisico storico della Toscana, cit., vol. 1, p. 412.

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9. I debiti e l’esilio (1567-1569) | 255

sto, poi che ho inteso che madonna Alesandra se ne va a Valle Ombrosa dimane, e la suplico avisarmi e del negotio che la sa. Suplico me ne dia aviso accio possi farci provisione se o<c>coressi. Da Campestri, il dì XXVII di luglio nel 1569.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.Io son al fresco e con bellissime fonti e sotto il dominio de mi signora Ginevra.

[158, n.27]

331. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Cafaggiolo 27 luglio 1569

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimoli bacio le mani delli gambari et starnotti et li ho presentati al duca il qual gnene

rende gratie infinite, et circha l’invito anderà domattina a ca[ccia]a e posdimane faremo viaggio verso li freschi di Valleombrosa. E <se> verremo verso costà ve lo farò sapere. Circha il negotio delli dumilia lo ho fatto et impegnate poche gioie che restate mi erano né cosa nessuna […] faticha purché ci conoscha la vostra satisfa-tione, circha il maestro di casa ho dato ordine che si […] one e del resto delli scudi dugento […] mi ingegno far quello posso, ma dubito […] vostre non perder il credito perché[…] messer Bernardo del Riccio non risponda […] ma vo inanzi il meglio pos-so circha le cose di […] manderò costà il notaio e vostra eccellentia farà quello […] piace anchor che non mi curo se non vi […] e non sendo questa mia per altro resto adorandola e vi bacio le mani. Di Cafaggiolo, il dì 27 […]

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che vi adora dogna Isabella Medici Orsina.

[158, n.257]a La lettera presenta una lacerazione lungo tutto il margine destro che impedisce la lettura di alcune parole.

332. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

dal Molino 26 luglio 1569

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimoil Trivisano mi ha portato una sua piena di mille favori alla quale brevemente

risponderò et li dirò che li ho dato ordine a messer Giannozzo di tutto quello biso-gna fare, tanto che non bisogna che pensi ad altro. Noi domattina verremo da voi, secondo che ha ditto il duca mio signore. Altro non ho che dirvi se non che vi adoro. Non scrivo a longo perché possa il stafiero venir tanto prima. Dal molino, il dì 26 di luglio 1569.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora dogna Isabella Medici Orsina.

[158, n.6]Copia

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256 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

333. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Campestri 29 luglio 1569

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimaho aspetato vostra eccellentia fino a hora e non venendo li mando questi quatro

ganbari e dimane chorro da lei, che oggi non posso perché voglio veder li conti al maestro di casa, e gli bacio le mani. Di Campestri, di XX9 di luglio nel 1569.

Mi facci favor baciar le mani alli illustrissimi et eccellentissimi miei signori. Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.9]

334. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Montelupo 14 agosto 1569

Illustrissimo et eccellentissimo signor consortevi supplicho che mi mandiate il Mancino con uno uccello grosso, ma di gratia sia

il meglio, che ve lo rimanderò fra dua giorni, e di gratia mandimelo vostra eccellen-tia subito, se mi desidera far un favor segnialato. La mia mano non basta a scriver più lungo, con che li bacio le mani.677 Di Montelupo, a dì 14 d’agosto 1569.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che vi adora dognia Isabella Medici Orsina.

[158, n.1]

335. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Osteria di Bargino 25 agosto 1569

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimanon so che pensier sia quel di vostra eccellentia, poi che comincia a far fredo, e io

sto senza la mia dognina; e poi quando speravo di venir da lei, ho vero che la venisse da me, m’è riuscito falso il pensiero. Me ralegro de ogni suo piacere, ma non vorei star senza la mia dognina, et tanto più adesso. Io so’ accaccia e ho morti fino adesso 4 starne; ho speranza di amazarne dieci o dodeci poiché ne trovaremo e il paese è buono; insoma desidero saper nuova della mia dognina poi che non posso goderla, e adorandola al solito gli bacio le mani, suplicandola a ricordarsi di me. Dalla Osteria di Bargino,678 il dì XXV di agosto.

Baci li mani a quelli illustrissimi eccellentissimi signori e io adoro lei. Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

677 Isabella ha problemi a una mano e non può scrivere, v. lettera n.338.678 Bargino in Val di Pesa, piccolo borgo con osteria sulla strada per Siena, cfr. E. Repetti, Diziona-rio geografico fisico storico della Toscana, cit., vol. I, p.281.

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9. I debiti e l’esilio (1567-1569) | 257

Orlando mi scrisse in suo nome, aspetto sua risposta, e poi che non li posso star appresso, la suplico a scrivermi spesso.[158, n.14]

336. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

San Casciano 7 settembre 1569

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimase paressi a vostra eccellentia bene, desiderarei per servitio suo e di monsignor

illustrissimo che mi facessi gratia del cocchio suo di veluto nero e li cavalli <che> li paranno a proposito, si non, quello qual piacerà più a lei, e ho dato comisione a Carosio679 che, contentandosi vostra eccellentia, lo invii subito, e la suplico di concedermi tal gratia, che seben è al Poggio non li mancaranno cocchi di quelli principi. Adorandola li bacio le mani. Di San Casciano, il dì VII di settembre nel 1569.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

Vorei gratia del signor principe che Giovan Pietro venisse a starsi meco X o XV giorni. Mi farrà favore a chiedergliene e […] che li dia cavallo.[158, n.21]

337. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Colle di Val d’Elsa 8 settembre 1569

Illustrissima e eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimacon la ocasion del presente non ho voluto mancar di non baciarli le mani e pregarla

mi tengi in sua buona gratia e a baciar le mani alli illustrissimi et eccellentissimi si-gnori miei signori. La suplico anco a mandar per Giannozzo e far che sia informato dal Corbolo del negotio della sigurtà e suplicar il duca a voler far dir una parola a chi scriverò io per l’altra mia, che hora non posso, essendo sul monte di Colle straco morto alla guerra di certi fasciani. Con che adorandola e baciandoli le mani li resto servitor. Di Colle, il dì VIII di settembre nel 1569.

Consorte che l’adora Paolo Giordano Orsini.

[158, n.39]

679 Forse si tratta semplicemente di un cocchiere e non del famoso ballerino e teorico della danza Marco Fabrizio Caroso (1527 ca. – dopo il 1605) protetto dagli Orsini e al servizio dei Medici. Nel 1581 pubblicò un libro intitolato il Ballerino (Venezia, appresso Francesco Zilietti,) che fu poi am-pliato e ripubblicato nel 1605, sempre a Venezia (presso il Muschio), con il titolo Nobiltà di dame. Su di lui cfr. Alessandra Ascarelli, Caroso, Fabrizio, DBI, vol. 20 (1977), pp.556-559.

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258 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

338. Alessandra Bartolini Medici a Paolo Giordano Orsini680

Poggio a Cajano 12 settembre 1569

All’illustrissimo et eccellentissimo signor duca mio signore osservantissimola excellentissima mia signora donna Isabella m’ha comandato che io scriva a vo-

stra eccellenza illustrissima che ha riceuto la sua alla quale non dà risposta rispetto alla sua mana e braccio che molto li duole e non la può adoperare, non sa se per disgratia se l’avessi sconcio ho pure sia il catarro che gli dette noia un mese fa causi questa mala dispositione. Dice che vostra eccellentia illustrissima li perdoni e non manchi per questo di non scrivere qualche volta, e infinitamente bacia le mani a vostra eccellentia illustrissima, e io fo il medesimo con ogni reverentia pregando Iddio doni a vostra eccellentia illustrissima quanto desidera, e presto ci troviamo a Baroncelli. Del Poggio, il dì 12 di settembre 1569.

Di vostra eccellentia illustrissima humil serva Alessandra Bartolina Medici.

[158, n.34]

339. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Siena 14 settembre 1569

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimaebbi hiersera in risposta de molte miei una sola di madonna Alesandra e mi dava

aviso del esser suo che con molto mio dispiacere l’ho inteso, poiché anco quella materia non si è risoluta, perhò suplico vostra eccellentia aversi cura e a farmi tener riguagliato del esser suo acciò faci quel si conviene all’amor che li porto e a l’obligi che li ho. Scrisi a vostra eccellentia da Colle che il tempo si apresava molto per fenir il negotio della sum<m>a hauta delle monache,681 e che perciò suplicassi il duca a far intendere con qualche modo destro che vi sia la sua riputatione a messer Lorenzo Ridolfi e Alesandro Pucci682 che li farian piacere di farmi questo como-do, e di ciò la prego caldamente. Al mio partire comissi a messer Cornelio,683 da Montepulciano, che volessi atendere alla causa degli Sforzi684 e che perciò venissi da vostra eccellentia per ricevere quelli favori che gli piacerà farmi concedere dal

680 Questa lettera non è di Isabella ma è scritta su suo ordine e quindi abbiamo ritenuto opportuno inserirla lo stesso.681 Si trattava del fatto che stava per scadere il tempo della restituzione di un prestito di 2000 scudi ricevuto da certe monache.682 Intende che Ridolfi e Pucci si erano offerti come garanti del prestito. Su Alessandro Pucci vedi lettera n.90.683 Cornelio Sozzini, Vedi nota n.668.684 Paolo aveva in corso una causa contro gli Sforza per la donazione di una parte importante del ducato di Bracciano a lui estorta da suo zio il cardinale Guido Ascanio Sforza di Santa Fiora. La donazione sarà annullata da Pio V. Vedi nota n.710, lettera 354.

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9. I debiti e l’esilio (1567-1569) | 259

duca mi signor sopra a tal causa giustissima. E gli riduco a memoria il ricordar al duca mi signore se pol penetrare se è vero la mala voluntà del Papa overo se è bu-gia,685 acciò possi viver in ciò quieto e risolvermi in ciò che sarrà utile e honor mio. Gli ricordo che la mi faccia anco gratia suplicar la eccellentia del signor principe della bandita di Colle di fasciani picola, che mi sarrà infinito piacere. Con che gli bacio le mani e adorandola gli resto servitore e la suplico a baciar le mani a tutti quelli eccellentissimi miei signori, et io di nuovo gli bacio le mani. Di Siena, il dì XIV di settembre nel 1569.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.25]

340. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 17 settembre 1569

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimonon ho dato prima risposta alle sue per non esser stata punto bene del mio

braccio, adesso si è ferma la malatia e sto assai meglio, tanto che scrivo, anchor che male. Circha il negotio delle monache non mi pare punto conveniente che si debbia richieder il duca mio signore che ricerchi nissuno di sicurtà, et io non sono buona perché non saprei chi richieder perché entrassi sicurtà per vostra eccellentia, ma li ricordo bene che passa il tempo per tutto questo mese e si ca-scherà nella pena e ‘l duca potrà ben fare che datele sicurtà non siate molestato di pagare, ma vorrà che diate le sicurtà buone, io non so che mi fare, però lasso pensar a vostra eccellentia perché io non ci sono buona, che quello che ho pos-suto fare, tutto ho fatto, e volessi Dio che io potessi, che di novo il farei. Circha messer Cornelio non mancherò far tutto il possibile per il negotio che desidera-te, ma difficil cosa è il negotiare in villa, pure mi forzerò che si spedischa, ma scrivete voi al duca quello desiderate. Io sono in Fiorenza con il cardinale e do-mattina andiamo a Cerreto. Vi adoro et bacio le mani, faccia vostra eccellentia che io sappia come e dove che desidera la bandita della pescha che la procurerò. Al Poggio si sta allegramente et in bona conversatione. La maggior parte della corte no viene a Cerreto ma si resta al Poggio, e di novo li bacio le mani. Di Fiorenza, a dì 17 di settembre 1569.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora dognia Isabella Medici Orsina.

[158, n.4]

685 La “mala voluntà del papa” per Paolo Giordano è una sorpresa. Questo conferma che non è stato allontanato dal papa per il suo comportamento ma è stato costretto per non rispondere ai creditori, come del resto risulta da molte altre fonti.

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260 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

341. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Siena 19 settembre 1569

Illustrissima e eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimaIo non son stato inteso da vostra eccellentia né da Gianozzo, perché già il duca si

contentava che si facessi ofitio con alcuni, e lo havea comesso a Tomaso di Medici; io voleva che si riplicassi ciò a vostra eccellentia ma di già non bisogna, perché spero avervi provisto per altra banda. Nel negotio delli Sforzi686 la suplico di solecitudine e che informi il duca di questo fatto con il memoriale datoli da messer Cornelio, e soleciti accioché avanti l’aprir della ruota si possi far offitio e perciò scrivo una mia a vostra eccellentia illustrissima. La bandita è di fagiani, et è vicino a Colle un miglio e li ho scritto li nomi e giri circa 3 miglia, però di nuovo gli li mandarò, e li bacio le mani e la suplico di risposta presto, con che gli bacio le mani e l’adoro suplicandola a far il simile a quelli eccellentissimi et illustrissimi miei signori. Di Siena, il dì XVIIII di setembre nel 1569.

Consorte e servitore che l’adora Paulo Giordano Orsino.

[158, n.35]

342. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Cerreto 21 settembre 1569

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimosiamo in Cerreto confinati in casa per l’acqua, tanto che credo ci partiremo presto.

Intrattengo messer Cornelio acciò che se ne torni con la speditione se sarà possibili, anchor che è difficil cosa il negotiare, pure mi affaticherò quanto potrò per suo servitio. Io sto bene per la Dio gratia e sto aspettando con desiderio che spiova per posser incarnar687 li miei cani che credo faranno bona riescita. Li fagiani furno ca-rissimi al signor principe et ve ne bacia le mani, el simile el duca, cardinal et don Luigi il quale adesso se ne torna alla città stufo della caccia. Solo mi resta ricordarli che l’adoro et li bacio le mani. Nostro Signore li dia quanto desidera. Di Cerreto, alli 21 di settembre 1569.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora dogna Isabella Medici Orsina.

[158, n.8]

686 Vedi nota n. 710.687 Incarnare: allenare i cani e i falconi alla preda.

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10. Il perdono di Cosimo e del papa (1569-1570)

688 Domenico Moreni, Della solenne incoronazione del Duca Cosimo de’ Medici, cit.689 Lettera n.343.690 Lettera n.351.691 Motu proprio del 10 gennaio 1570 che annulla la donazione al cardinal Santa Fiora (ASC, AO, I, perg. II.A.6,025), cfr. E. Mori, L’archivio Orsini, cit. p.66.692 Motu proprio del 1 giugno 1570 (ASC, AO, II, b. 2053, f. 8). Pio V aveva già concesso un motu proprio simile il 9 ottobre 1567. Il secondo motu proprio (del 1 giugno) serviva per prorogare di altri tre anni il riscatto delle terre.

Pio V firmò in gran segreto il conferimento del titolo di granduca a Cosimo de’ Me-dici il 24 agosto 1569. La cerimonia ufficiale di incoronazione si sarebbe svolta però a Roma in gran pompa i primi di marzo dell’anno successivo e non ebbe niente da invidiare a quelle dei re o degli imperatori.688 Dopo la nomina, i rapporti di Paolo con il suocero sembrano migliorare. Isabella gli scriveva: «è parso a proposito al Duca mio signore di scriver al suo imbasciatore prima per lastricar la strada con il Papa et mi ha commandato che scriva a vostra eccellentia che l’ama più che figlio et che mai mancherà far per lui tutto quello sarà possibile e che di questo vostra eccellentia sia securissima».689

Paolo Giordano a dicembre tornò a Roma, ma questa volta fu lui a dover essere ac-compagnato da Ferdinando de’ Medici che nel frattempo aveva trovato largo spazio sia nella corte pontificia che nel cuore del rigido papa. Pio V perdonò Paolo Giordano per intercessione del cardinale e del duca di Firenze. Possiamo presumere che la sua colpa fosse il grave indebitamento: «Baciai il piede al papa – scriveva Paolo a Isabella – dove di poi una picola amonitione e amorevole, mi reintegrò come prima nella sua gratia e mi disse infinite parole amorevoli».690 Non solo il pontefice lo reintegrò nelle sue grazie, ma fece per lui importanti concessioni: annullò una grossa donazione di feudi a lui estorta dal cardinal di Santa Fiora691 e gli concesse un altro provvido motu proprio che gli avrebbe permesso di recuperare molte terre al prezzo a cui erano state vendute.692 Tutto questo non sarebbe bastato a sanare la situazione perché occoreva troppo denaro per riscattare le terre e i contenziosi con i compratori si preannunciavano lunghi e di esito incerto. Paolo però, confidando nella secolare preminenza militare della sua fami-glia presso i pontefici, sperava nell’ incarico più prestigioso (e remunerato) nella grande armata che per volontà di Pio V si stava preparando contro i turchi. Il momento non era affato propizio per Cosimo de’ Medici. Subito dopo la concessione del titolo non si fecero attendere le dure reazioni della Spagna e dell’Impero, ma anche dei rappresen-tanti dei maggiori Stati italiani che si vedevano superati nell’ordine delle precedenze. Paolo Giordano non poteva essere appoggiato né dal Papa, che si sarebbe mostrato trop-po partigiano nei confronti del granduca, né dai Medici a cui la prudenza consigliava di non esporsi ulteriormente. In questo contesto, tra debiti di pubblico dominio e con-tingenze politiche sfavorevoli, non aveva alcuna speranza di avere il comando dell’ar-

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262 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

mata. Il 3 giugno l’ incarico di comandante della flotta pontificia venne conferito a suo cognato Marcantonio Colonna. Per quanto Isabella si desse da fare per il marito, anche la richiesta di avere solo due galere dai Medici venne respinta. In questi primi mesi del 1570 Paolo si mostra preoccupato per la salute della moglie. La duchessa di Bracciano, che si recherà a Roma e farà la sua entrata ufficiale con il padre, era incinta e abortirà subito dopo il suo ritorno a Firenze.

343. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Cerreto 23 settembre 1569

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimoè parso a proposito al duca mio signore di scriver al suo imbasciatore693 prima per

lastricar la strada con il papa et mi ha commandato che scriva a vostra eccellentia che l’ama più che figlio et che mai mancherà far per lui tutto quello sarà possibile e che di questo vostra eccellentia sia securissima. Non si maravigli della tardanza, perché non si negotia cosa nissuna. Io per la Dio gratia sto bene e così tutti questi signori e li baciano le mani, a caccia si è fatto pocho per rispetto delle piogge, ades-so pare il tempo si sia sfogato e forse faremo qualche bene. Mi resta solo pregarlo a ricordarsi quanto io lo adori e che cosa al mondo non amo più di lei e tengalo per certo che, se non fussi così, sa che non lo direi, forse col tempo haverò meglio sorte di quella che adesso ho, che Dio lo faccia et allora conoscerà se di core la ho amata o no. Io fo fine per esser la hora tarda e per dubbio non esserli fastidiosa, Nostro Signore li dia quanto desidera e li bacio le mani. Di Cerreto, alli 23 di settembre 1569.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora dognia Isabella Medici Orsina.

[158, n.3]

344. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Cerreto 23 settembre 1569

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimoho di già scrito tre lettere delle quali non ho mai hauto risposta. Forse sono noiose

a vostra eccellentia; se questo è mi farà gratia farmelo sapere perché procurerò darli mancho fastidio, sempre che potrò, ma perdonatemi se sono presuntuosa di novo con questa mia, perché è tanto il desiderio che ho di saper di lei, che questo è causa della mia presuntione. Mandai messer Cornelio694 spedito, credo che a questa hora sarà arivato costà. Di qua non ho altro che dirli salvo che facciamo caccie goffissime et hoggi siamo stati ad Acqualata dove non si è preso altro che uno infelice porcho

693 L’ambasciatore mediceo a Roma era Averardo Serristori.694 Cornelio Sozzini.

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10. Il perdono di Cosimo e del papa (1569-1570) | 263

morto dentro la macchia. Qua no si sente che il contrasto di questi signori con dire: – il suo Astore <ha>preso il mio Terzolo – e si sono grediti uno con l’altro. Io non sono cacciatora di uccello, però non ho spasso nessuno. Il duca mio signore è mezzo amobilitato. Credo che staremo a corte picchola, dico pocho al Poggio, che Dio lo faccia perché anderemo forse in locho dove staremo più quieti. Qui siamo tutti stracchi e di tudeschi e di speculatori. Io, se non fussi pastiche senza fine, sarei spe-dita da un necessario che di continuo mi perseguita, ma mi vo aiutando co star nelle mia stanze il mancho che posso, e trattengo il mio vecchio, il quale vi bacia le mani e così tutti li altri signori. Nostro Signore lo guardi e con tal fine resto adorandola. Dal casino di Cerreto, a dì 23 di settembre 1569.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora dogna Isabella Medici Orsina.

[158, n.7]

345. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Siena 26 settembre 1569

Illustrissima e eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimadi già sarei a basciarle le mani se non fosse il mio stomaco che mi ha ritardato e

perhò mi han fatto pigliar un poco di siropi e dimane piglio la medicina, che sarà mel rosato, e ho anco hauto non so che cicolini che mi han tenuto con il magior fa-stidio del mondo, però posdimani me ne verrò a quella volta. Gli bacio le mani delli favori utili che ogni giorno mi fa e che ricevo per suo mezzo dal duca mi signor,695 alli quali mi trovo di nuovo sì obligato che desidero, per gratia spetial de Iddio, che possi spender la vita e quanto ho in servitio suo di lei. Non so che dirmi altro se non che l’adoro e adorarò sempre e che non ho altro bene al mondo che lei e in lei son poste tutte le mie speranze, e ch’è certo così, si mi tien per vero cavaliero. La mi faci gratia far li miei baciamano a quelli illustrissimi et eccellentissimi signori. Et io resto adorandola, e gli bacio le mani. Di Siena, il dì XXVI di setembre nel 1569.

Consorte che l’adora Paolo Giordano Orsini.

[158, n.38]

346. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 29 settembre 1569

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimoadesso ho riceuto una sua nella qual veggio quanto desiderio mostra di vedermi,

695 Evidentemente Paolo riuscì ad ottenere il denaro per ripagare un prestito di 2000 scudi che stava per scadere.

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264 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

del che ce ne bacio le mani. Circha la caccia sarà alla fraschonaia et alle ragne, 696 che queste sono le caccie che noi facciamo. Se verrà, sarà il benvenuto, con che le bacio le mani e l’adoro. Del Poggio, il dì ultimo di settembre 1569.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora dognia Isabella Medici Orsina.

[158, n.5]

347. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Petrignano 17 novembre 1569

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimaho pigliata licenza per oggi di più poiché il caso comporta, così che non ho mai

trovato nulla, però la supplico a contentarsi et a darmi dar nuova di lei che ne sento il magior martello del mondo. La suplico a mantenermi in sua gratia et baciar le mani di monsignor illustrissimo in mio nome, et è una belissima bandita, li cani di vostra eccellentia son bravissimi. L’adoro e la suplico di licenza e, se non si contenta, mon-terò in posta all’arivo di Almerigo e me ne verrò. E gli bacio le mani. Di Petrigniano, il dì XVII di novembre nel 1569.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino

[158, n.24]

348. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Volterra 20 novembre 1569

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimame ralegro che sua eccellenza abbia partorito senza pericolo nesuno e che abbia

fatto una figlia697 e bene, e questo mi dà speranza che ne abbia a far molti maschi che, così piacia a Dio, sia presto. Mi è parso strano che, da poi che mandai il cervo in qua, non ho hauto sue litere, si ben ne ho scritte molte, né so dove possi dirivare. Né il parto di sua eccellenza l’ho inteso se non per via indiretta, ma con me può far ciò che vole, poiché l’adoro. Mi faccia gratia baciar le mani al signor duca e principe e cardinal miei signori e dimani il farrò io presentialmente. Con che adorandola gli bacio le mani. Di Volterra, il dì XX di novembre nel 1569.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.10]

696 Per frasconaia si intende: “Ristretto di piante salvatiche con certo ordine, per uso di pigliare alla pania gli uccelli, e in particolare i tordi; che anche diciamo Frasconaia”, cfr. Girolamo Andrea Martignoni, Nuovo metodo per la lingua italiana la più scelta, estensivo a tutte le lingue, Milano, nella stamperia di Pietro Francesco Malatesta, 1743, p.I, p.126. Il termine ragnaia sta ad indicare un bo-schetto, appositamente piantato, dove si praticava la caccia agli uccelli con le reti.697 Si tratta di Anna figlia di Francesco I e Giovanna d’Austria che Lapini dice nata il 31 dicembre.

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10. Il perdono di Cosimo e del papa (1569-1570) | 265

349. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 26 dicembre 1569

Illustrissima eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimagli scrissi di Siena e poi d’Acquapendente né di nesuna ho hauto risposta. Le man-

do hora le buone feste e li do nuova del ben esser di monsignor illustrissimo et mio. Me ne sto anco in Bracciano aspettando di poter andar a baciar il piede al papa con il mezzo di monsignor illustrissimo.698 Io sto ogni giorno più adolorato del asenza sua e talmente che se la non mi soccorre con alcuna delle sue litere, sarrà impossi-bile che così possi vivere. Comincio anco a metterli in ordine la casa e atender a far così, sperando che la non penerà favorir in questo paese.699 Del resto mi faccia gratia tenermi in sua buona gratia e creder che l’adori e baci le mani al sua altezza da mia parte e che il Signore ci dia ogni gratia e gli bacio le mani. Di Bracciano, il dì XXVI di dicembre 1569.

Consorte e servitor che l’adora Paolo Giordano Orsini.

[158, n.66]

350. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 31 dicembre [1569]

Illustrissima e eccellentissima signora consorte e patrona osservantissima,ho di già scritto quattro miei a vostra eccellentia e di nesuna ho hauto risposta e sto

con il magior dolor del mondo non sapendo nuova di lei che adoro. Monsignor illu-strissimo sta bene e io son scontentissimo. La suplico, se desidera mai farmi gratia, far che mi sia scritto da madonna Alesandra o d’altri, accioché mi levi di mille triste fantasie la vita mia700 e atender quanto posso allo aconcio delle miei cose e andare a cacia e far bello il giardino, che certo lo merita poiché di già ci son certi limoncelli picoli e ogni dilitia, e spero che al suo arivo troverà qualcosa fatta. In questo mentre la suplico a consolarmi con darmi nuova di sé, e con tutto il core li bacio le mani adorandola. Di Bracciano, il dì XXXI di dicembre.

Servitore e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsini.

[158, n.49]

698 Paolo è tornato a Roma insieme a Ferdinando de’ Medici.699 Paolo stava sistemando il castello di Bracciano in attesa della venuta di Isabella con il padre. In effetti, dopo la partenza da Roma avvenuta il 13 marzo, dai registri di conti sembra che la corte medicea si sia fermata a Bracciano almeno dieci giorni.700 Paolo ha paura che Isabella si sia ammalata.

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266 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

351. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 8 gennaio 1570

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimaio ho hauta una di vostra eccellentia a me cara come la vita dubitando, sino alla

riceuta di quella, che ella non si fosse o scordata di me o vero amalata, ma ora con il favor che mi ha fatto, son restato tanto contento che più non potria esser, essendo certo che né luno né l’altro è vero. Circa che non l’abbia scritto, di già se deve esser chiarita che per ogni ocasion l’ho fatto, poi che deve aver riceuto le miei, e in ciò non dirrò altro per iscusarmi. Baciai il piede al papa, dove, di poi una picola amonitione e amorevole, mi reintegrò come prima nella sua gratia e mi disse infinite parole amorevoli. Adesso atenderò a sbrigar alcune faccende e a cominciar li liti e di subito me ne andrò a Bracciano. Io sto in casa di monsignor illustrissimo de Medici701 qual, holtre l’esser adorato in questa corte e dal papa e da cardinali, si porta tanto bene che è lo splendor di Roma, e lo dico sopra la mia fe’ de cavaliero. Io spero in Dio che alla sua venuta vedrà che io dico il vero, e se realmente la adoro al solito, e la suplico ad amarmi come io facio e tenermi nella buona gratia del granduca mio signore. E adorandola gli bacio le mani. Di Roma, il dì VIII di genaio nel 1569. 702

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino

[158, n.13]

352. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 10 gennaio 1570

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimahora ho riceuto la risposta della mia e mi ha dato quel contento magior che po-

setti havere. Io sto benissimo e a Roma per espedir i negotii miei con Sua Beatitu-dine e dimane partiranno per quella volta il mio segretario e Bernardo per pigliar apuntamento con sua altezza703 di quanto si ha da fare. Del resto io l’adoro e sto […]a ho il magior desiderio al mondo che di vederla. Qui si è morso gran ciente, ma tuttavia di già li mali si cominciano a passare, e la maggior parte pensano a compagnarse con maligni. Monsignor illustrissimo è tornato stasera […] ritornò sano e allegro io non so se mi […] andare a Fermo per causa di acconciar le bata-

701 L’abitazione iniziale di Ferdinando a Roma fu Palazzo Firenze, cfr. D. Tesoroni, Il palazzo di Firenze e l’eredità di Balduino del Monte, fratello di papa Giulio III, Roma, Stabilimento Tipografico dell’Opinione, 1989.702 Qui Paolo usa la data fiorentina, scrive 1569 ma è 1570. Vedi lettera precedente.703 Paolo non chiama più Cosimo duca ma sua altezza o granduca.

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10. Il perdono di Cosimo e del papa (1569-1570) | 267

glie, e il papa par che ne abbia voglia.704 Per quest’altra mia gli scriverò più apieno. Intanto mi faccia gratia amarmi e a creder che l’adori e mi tengi in gratia di sua altezza e gli baci le mani in mio nome et io farò il simile a lei; e mia sorella705 gli è schiava e gli bacia le mani, e di già li ha scritto due volte, la suplico a rispondergli. Mi […] madonna Alessandra et io di nuovo gli bacio le mani e l’adoro. Di Roma, il dì decimo di <ge>nnaro nel 1570.

Consorte che l’adora e servitor Paolo Giordano Orsino.

[158, n.54]a La lettera presenta una lacerazione lungo tutto il margine destro che rende impossibile la let-tura di alcune parole

353. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 12 gennaio 1570706

Illustrissima signora consorte e patrona osservantissimadal signor Latino Orsino707 mi son state fatte le sue racomandationi che ne ho

sentito quel contento che me deve dar le cose di chi tanto amo, e di più mi ha det-to ch’ella metti in dubio il suo venir per paura di non haver licenza dal granduca mi signore che ne ho preso dispiacere infinito, e pure penso che la non mancarà della sua promessa. Altro non ho che dirli se non che l’adoro al solito, né mai ho hauto tanto martello di lei come hora faccio e sarrò sforzato, se la non se risolve, a venire io a star per quindici giorni da lei. Monsignor sta benissimo e si porta al solito bene. Hieri fu concistorio dove non vi si fece cosa de inportanza, solo che fu lungissimo per rispetto del Manriques708. Qua non fa altro che piovere, che certo non fa nesun dispiacere perché non c’è pericolo che quasti nesuna festa. Io l’adoro al solito e gli bacio mille volte la boca e le mani. Di Roma, il dì XII di genaro nel 1569.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.11]

704 Paolo spera che il papa gli rinnovi il suo passato incarico nelle Marche.705 Felice Orsini Colonna.706 Anche in questa lettera Paolo usa la datazione fiorentina, scrive 1569 ma si tratta del 1570 perché si fa riferimento all’arrivo di Isabella e perché a gennaio del 1569 Paolo era a Firenze.707 Il condottiero Latino Orsini del ramo della Mentana, figlio di Camillo, sposato con Lucrezia Salviati, fu governatore di Candia per i veneziani per dieci anni fino alla morte avvenuta tra il 1584 e il 1585. È noto per aver inventato vari strumenti militari tra cui il più importante fu il radio latino utilizzato per rilevamenti architettonici e topografici (Latino Orsini, Trattato del radio latino, Roma, Marc’Antonio Moretti & Iacomo Brianzi, 1586).708 Al domenicano Tommaso Manriques, maestro dei sacri palazzi, Pio V affiderà tutta l’attività censoria e di espurgazione delle opere pubblicate. A lui si deve l’espurgazione del Decamerone del Boccaccio. Nel 1570 Manriquez si occupava della pubblicazione dell’opera completa di San Tom-maso d’Aquino.

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268 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

354. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 19 gennaio 1570 Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissima

mando messer Fausto Sozini,709 mio segretario, acciò che informi vostra eccellentia del favor che desidero per l’acconcio delle miei cose dalla altezza del signore granduca suo padre dal quale, per il mezzo di vostra eccellentia e per l’afetion che mi porta, spero otener tal favore, e con questo mezzo drizar me e la casa mia. Intenderà da esso e vedrà il desiderio mio, quale, se dal principio sarrà, per la somma grande, cosa dificultosa, non però, con li modi che la vedrà per la instrutione, non parrà al fine sì dificultoso. Però tutto rimetto a lei e son certissimo che ella non sia per mancare della solita sua amorevolezza di favorirmi. Mi rimetto al dippiù a detto segretario, e la mi farrà gratia baciar le mani all’altezza del granduca mi signore del favor che mi ha fatto di farmi reintegrar nella buona gratia de Nostro Signore, e del breve, già in mia mano, concessomi da Nostro Signor sopra il negotio che ella sa.710 La suplico di più a tenermi in sua bona gratia, e a creder certo che l’adoro, e da davero. Oggi vengo da mia sorella che sta a Marino e bacia le mani di vostra eccellentia.711 Io ho infinito martello di lei, però mi scriva se la crede venir qua, senonché io mi risolverò a venirla a veder dopo che arò sesto in qualcosa che non ponno sentir dilatione. Mi resta di ricordarli il negotio, e sarrò certo che s’adopri. Monsignor illustrissimo sta benissimo, se comporta al solito bene, et io gli bacio le mani. Di Roma, il dì XVIIII di Genaro nel 1570. Vostra eccellentia illustrissima se li parrà potrà dar ancor questa al signore Trissino712.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[157, n.326]

355. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Palo 25 gennaio 1570

Illustrissima eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimaa dua di vostra eccellentia farrò breve risposta, poiché una è per la espedition di

un suo stafieri, qual di subito fu da me espedito, l’altra è sopra che ella si lamenta che non gli scrivo. Li ho scritto per ogni ordinario per via di messer Agusto, però mi maraviglio come non abbia hauto le miei. Mi dispiace sommamente che ella non si

709 Questa è la prima volta che viene nominato Fausto Sozzini che Paolo definisce “mio segretario”. Su questo personaggio si veda l’introduzione.710 Paolo si riferisce al breve di Pio V del 10 gennaio con il quale il pontefice rendeva nulla una gros-sa donazione di feudi estortagli dieci anni prima dal cardinal Guido Ascanio Sforza di Santa Fiora, cfr. AO, I, pergamene, A.26, 025.711 La sorella di Paolo Felice Orsini Colonna, moglie di Marcantonio, risiedeva in questo periodo a Marino.712 Un esponente dell’antica famiglia vicentina, forse uno dei figli di Gian Giorgio.

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10. Il perdono di Cosimo e del papa (1569-1570) | 269

sia anco rifatta,713 e non è miracolo poiché li tempi son stranissimi, e son stati pegio, o pur può esser per buona causa che ella sia di nuovo gravida, che si fosse, suplicola ad aversi cura. Monsignor illustrissimo è stato a Palo e ora che sono XII hore si parte per Roma e se prese spasso fuorché di porci che non ve n’è un per miracolo, e oggi va alla Leprignana a caccia, e stasera a Roma, et io me ne vado a Bracciano a far alcune miei facende. Li mandarò quanto ella mi scrive per sua provisione che già ho trovato qualcosa per Baroncelli. Io l’adoro e adorarò mentre ho vita, mi faccia gratia amarmi e gli bacio le mani. Di Palo, il dì XXV di gennaro nel 1570.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsini.

[158, n.64]

356. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 27 gennaio 1570

Illustrissima e eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimase io non avessi inteso il mal suo e l’acidente che ebbe poter venire, così per la

gravidanza,714 del che tengo per certo, come per altri mali, non harei mancato su-bito di mandarme in poste e venir a far il debito mio di servirla, e questo tempo sarà finché abbia altri avisi, sì delli accidenti, come della chiarezza di questo mio dubio, però la suplico a farmene tener avisato minutamente perché li do la mia fede di cavaliero che vivo con il magior fastidio che possi viver huomo, mentre che non intendo altro, perché l’adoro e adorerò mentre arò vita, e questo lo creda se mi tien huomo di honore, e li dico che sto con tanto dolore che, se non avessi speranza della gravidezza da me stesso, e avendome anco inteso un so che di nuovo, che non potrei comportar di star senza servirla e vederla, perhò la suplico a farmi gratia che sia avisato minutamente del tutto. Io non mancarò suplicar il signore gran duca di quel favore che a lei ho recomandato, e spero me lo concederà parendomi giusta domanda, mi resta solo suplicarla che mi facia avisar di punto in punto del tutto, e che creda che l’ami a par della vita, e gli bacio le mani. Di Bracciano, il dì XXVII di gennaro nel 1570.715

Servitor e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsini.

[158, n.48]

713 Isabella aveva lunghe interruzioni del ciclo mestruale che rendevano difficile anche per i medici capire se si trattasse di una gravidanza.714 L’incertezza se i fastidi di Isabella derivassero da una gravidanza continuò fino a marzo. Una lettera di Pietro Usimbardi ad Antonio Serguidi del 3 marzo 1570 (ASF, MdP, vol.1177, fol.463): “La signora donna Isabella [de’ Medici] è stata già tre giorni con qualche fastidio et dolore de’ reni, non senza speranza di gravidezza, pur domattina in compagnia d’altre signore et gentildonne desinarà alla vigna del cardinale nostro [Ferdinando I], dove staranno tutto il resto del giorno a diporto […]” (MAP ID 5172).715 1569 corretto in 1570.

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270 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

357. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 28 gennaio 1570

Illustrissima e eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimada poi che ricevei la sua ultima, ho scritto molte volte né ho potuto mai haver

nuova del suo esser, a tal che vivo adoloratissimo e vengo con questa a suplicarla che la vogli far comette[re] che sia avisato di punto in punto de ogni sequito, e così anco che presenti la presente litera al signor gran duca in mio nome che contiene che ‘l se vogli contentar di lasciarla venire seco, che quanto al restar o andare, sua altezza sa molto bene che farrò sempre quanto commandarà in ogni cosa. Io l’amo a par della vita, e pensi che desidero tanto il vederla che più non potrei dire, però mi dia questo contento la suplico, se però non è gravida, che come so la certezza, me ne verò io subito a servirla. Suplichi anco sua altezza che mi facia gratia venir a star una sera a Bracciano,716 e mi scriva se così si contenta che vien con sua altezza particularmente, e la suplico dia aviso, e che mi ami, e gli bacio le mani per mille volte. Di Bracciano, il dì XXVIII di gennaro nel 1570.

Di vostra eccellentia illustrissima servitore e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.50]

358. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 28 gennaio 1570

Illustrissima e eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimavien costì Marco Ungaro717 mandato dal signore conte de Pagni,718 la suplico a

favorirlo di quanto li chiederà, perché veramente è degno di compasione. Io aspetto con desiderio nuova del suo esser acciò mi possi risolvere a venire a trovarla. Con che gli bacio le mani per mille volte amandola a par della vita. Di Bracciano, il dì XXVIII di genaro nel 1570.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsini.

[158, n.46]

716 A giudicare dalle spese segnalate sui libri mastri dell’archivio Orsini, Cosimo con tutta la corte si recò a Bracciano dopo la sua partenza da Roma che fu il 13 marzo.717 Un Marco Ungaro risulta scolaro allo studio di Bologna nel 1524, cfr. Flaminio Scarselli, Vita Romuli Amasei a Flaminio Scarsellio descripta notis illustrata testimoniis ac monumentis comprobata senatui Bononiensi dicata, Bologna, Sassi, 1769, p.212. Potrebbe trattarsi di un discendente di Gale-otto Malatesta soprannominato Ungaro. I conti Guidi di Bagno si sostituirono ai Malatesta in molte signorie della Romagna.718 Conte Guidi di Bagno di Romagna. Paolo Giordano scrive Pagni ma i Pagni, presenti alla corte Medicea, non sono conti. Molto spesso Paolo scrive la p al posto della b.

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10. Il perdono di Cosimo e del papa (1569-1570) | 271

359. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 2 febbraio 1570

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimaebbi hiersera dal signore Giovan Paolo Ursino719 una sua a me cara come la vita per

l’aviso che ella mi dà del dubio della gravidezza, che ho core che ella mi conoschi per cavaliero di mia parola. Ella sa che li dissi al mio partire, e hora è riuscito vero. La prego bene che la si vogli haver cura, accioché non avengi come l’altra volta.720 Io ho scritto a sua altezza una mia suplicandoli che la vogli lasciar venire, ma non sapevo fermamente questo dubio, e credo che la irrisolutione di sua altezza non dirivi da altro che dal dubio della gravidezza, che essendo così, mi par molto ragionevole che la non si parti, però ella come savia si governi, che di già deve aver hauto la litera di sua altezza sopra a ciò. A me saria carissimo vederla e servirla poiché l’adoro. Il mio segretario, o che non abbia ben visto la instruttione o non sappia quel che si fare, mi scrive che il partito grande è difficile, anzi senza speranza. Desidero si tratti l’altro del Monte721 poiché mi par più facile, e acomodarà per hora ogni cosa, però vostra eccellentia lo negotii e vegga la instruttione che ho dato al segretario. Ho scritto a sua altezza se mi voleva far gratia di venir a Bracciano, né ho per ancora hauto risposta. Supplicola intendere il tutto e ad aversi cura. E del suo venire a me piacerebbe sopra ogni altra cosa, levato il sospetto della gravidezza. E gli bacio le mani. Di Roma, il dì 2 di febraro nel 1570.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora e adorarà Paolo Giordano Orsini.

[158, n.72]

360. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 7 febbraio 1570

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissima da messer Fausto722 vostra eccellentia intenderà quanto occorre sovra ai miei nego-

tij, però degnasi crederli come a me stesso, e se questa volta non trovo rientro buono non voglio creder più a me stesso. Del resto sto benissimo, se bene non ho mai requie che, fra visite e negotij, mi carcano sì fattamente che non so come io viva, però con la speranza del pupo ogni cosa va presa. La suplico aversi cura et a far vezzi al bambino. La signora mia sorella gli bacia le mani e il signor Marcantonio è venuto sano e salvo

719 Giovan Paolo, figlio naturale dell’abate di Farfa Francesco Orsini, era stato lasciato alla guida dello stato di Bracciano da Paolo Giordano al momento del suo allontanamento dalla corte ponti-ficia.720 Isabella aveva abortito diverse volte.721 Paolo cercava un prestito dal Monte di Pietà di Firenze ma non poteva dare garanzie.722 Fausto Sozzini.

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272 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

e in gratia grandissima di Sua Santità723 e per non esservi che, scriverò solo de la mala contentezza di nessun, che par che ognuno pianga il giudio724. Farrò fine adorandola e gli bacio le mani. Di Roma, il dì VII di febraro nel 1570.

Consorte che l’adora e servitor Paolo Giordano Orsino.

[158, n.82]

361. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 9 marzo 1570 Illustrissima eccellentissima signora consorte e patrona osservantissima

venendo Carlo non ho voluto mancare di non baciarle le mani e da esso intenderà il mio ben esser e insieme il mio venir costà725 con li altri particulari che occorrono in questa città, e essendo di corto il mio venire costà non sarrò più a lungo, solo che li prego ogni felicità. Con che gli bacio le mani. Di Roma, il dì VIIII di marzo nel 1570.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsini.

[158, n.63]

362. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 16 marzo 1570 Illustrissima e eccellentissima signora consorte e patrona osservantissima

arivai hiersera a Bracciano e il catarro mi ha dato gran fastidio e un puoco di febre, pur hora con la gratia de Idio, ne son netto. Son rimasto sì fuor di me e atonito a vedermi sì solo e non haver potuto baciar le mani di vostra eccellentia, che quasi mi par inposibile che sia, e li prometto che son il più aflitto huomo del mondo, e solo, e tanto malinconico che Dio voglia che mi vada bene. Vostra eccellentia stia sana, e mi ami, e mi perdoni se non son più lungo che il catarro non vole. Gli bacio le mani e il simile facio a sua altezza e l’adoro. Di Bracciano, il dì 16 di marzo nel 1570.

Di vostra eccellentia servitor e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.47]

723 Marcantonio Colonna era appena tornato dalla Spagna dove aveva inutilmente chiesto un inca-rico a Filippo II e aveva trovato il pontefice molto ben disposto con lui. Il giorno dell’incoronazione di Cosimo de’ Medici, avvenuta il 5 marzo 1570, Marcantonio offrì al granduca la corona e Paolo Giordano lo scettro. Sull’incoronazione di Cosimo cfr. Domenico Moreni, Della solenne incoro-nazione del Duca Cosimo de’ Medici, cit. Su Marcantonio Colonna cfr. Franca Petrucci, Colonna, Marcantonio, DBI, vol. 27 (1982), pp. 371-383; Nicoletta Bazzano, Marco Antonio Colonna, Roma, Salerno, 2003.724 Ostentare tristezza, lamentarsi del presente. Si tratta di un modo di dire, la frase completa è que-sta: “è tutto allegrezza ma sempre piange il giudeo”. Secondo il Buoni si piangerebbe il giudeo “che né morto né vivo si vuol convertire alla copia di tanti beni celesti”, cfr. Tommaso Buoni, Seconda parte del Thesoro degli prouerbij italiani, Venezia, Giovan Battista Ciotti, 1606, pp.123-125.725 Isabella in questo momento è a Bracciano.

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10. Il perdono di Cosimo e del papa (1569-1570) | 273

363. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 23 marzo 1570 Illustrissima e eccellentissima signora consorte e patrona osservantissima

li ho di già scritto dua altre miei e datoli conto della mia sanità la quale, per il rispetto del catarro, non è al suo solito rivocandomi tal volta un puoco di febre, ma non però cosa di momento, che se venisero i bon tempi sarei di subito guarito. Qua havemo lo inverno e asprissimo, perché ogni giorno ci fioca. Io, fra il male del corpo e quel del animo, vivo malinconico perché son sì solo da poi la partita di vostra eccellentia che non potrei mai dire. Mi resta solo ricomandargli se stessa e il figlio, e la suplico talvolta a darmi nuova di sé, poiché in questi mali non ho altro conforto che il pensar a lei. Baci le mani a sua altezza in mio nome, mi dia nuova del venir del signor principe; con che adorandola gli bacio le mani. Di Bracciano, il dì XXIII di marzo nel 1570.

Di vostra eccellentia illustrissima servitore e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.51]

364. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 25 marzo 1570 Illustrissima e eccellentissima signora consorte e patrona osservantissima,

hora ho riceuta una di vostra eccellentia a me cara come la vita per aver inteso nuova di chi amo più che cosa del mondo, et anco li darò nuova del mio ben esser poiché, acconciati li tempi, mi è pasato il catarro e sto benissimo. Mandai questi dì per messer Padovano,726 e il suo venire ha dato da dir a Roma et han fatto il mio catarro magiore e pericoloso, ma di già era guarito, sì che non se ne dia, se niente sentissi, fastidio. La suplico a mantenersi sana e ad aversi cura, poiché oltre al male della sua persona, che più d’ogni altro mi pesarebbe, ci andria il far felice me e casa mia, però per l’amor de Idio si abbia cura. Circa alle cose mei io ce le racomando, e in particulare e in generale, e si aricordi anco della cosa del giardino di Monte Pulciano,727 acciò non tengi a bada quel signor, e per <ri>ferirli, pasato le feste, mandarò Bernardo del Riccio e il segre-tario che sonno informatissimi. Desiderarei sapere la venuta del signor principe, pure suplico vostra eccellentia ad avisarmi. Mi faccia gratia tenermi in sua gratia e amarmi come io faccio a lei, e baciar le mani a sua altezza e al signor principe miei signori, e non mancarò far le sue raccomandationi alli signori che mi comanda. Di Bracciano, il dì XXV di marzo nel 1570. Servitor affetionatissimo e consorte che l’adora

Paolo Giordano Orsini.[158, n.53]

726 Mandare per qualcuno vuol dire: mandare a prendere qualcuno. Paolo manda a prendere a Roma il suo medico Padovano Guglielmini, e subito si sparge la voce che sia molto malato.727 Evidentemente Paolo Giordano aveva chiesto l’autorizzazione di Cosimo per prendere in affitto la villa a Trinità dei Monti appartenente al cardinal Giovanni Ricci di Montepulciano. La villa fu acqui-stata dal cardinal Ferdinando de’ Medici nel 1576, cfr. Bernard Toulier, La Villa Médicis, Documen-tation et description, Roma, Coedizione Académie de France à Rome-École française de Rome, 1989.

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274 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

365. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze marzo 1570 Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimo

ricevetti la sua domenicha mattina a 13 hore e non possetti risponder per esser di communione e pensavo haver la mala Pasqua e la hebbi bonissima poichè mi accertai della sua salute la quale mi era dubbiosa. Di gratia habbiasi cura e attenda alla sanità. Io sono straccha della settimana santa, però me ne sto in casa. Della venuta del signor principe non se ne parla. Però non si servendo del mio letto e paramento me lo può rimandare. Il serenissimo gran duca sta bene e spero che li suoi negotij passeranno bene. In tanto habbiasi di gratia cura. Di qua non ci è nova nissuna se non che da gennaro in qua sono morti 8000 milia persone e si tira pel dado, e non essendo questa mia per altro, resto adorandolo e li bacio le mani. Di Fiorenza, a dì di marzo 1570.a [157, n.48]

a nella lettera manca la firma

366. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 1 aprile 1570

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimaviene il mio segretario e Bernardo per pigliar apuntamento con sua altezza delle

cose mie; non ho voluto mancare di non accompagnarli con questa mia, non perché stia in dubio che ella non sia per far quanto conoscerà sia mio benefitio, ma si bene per baciarli le mani e dirli che non ho il magior desiderio al mondo che servirla e vederla. Né voglio lasciar con questa occasione suplicarla che si abbia cura, acciò che, piacendo a Dio benedetto, possa meter il sigillo a ogni mio bene, con il tempo partorir un bel figlio maschio, e ciò deve anco fare per la sua sanità. Del resto non sarò mai satio di servirla e adorarla per li tanti obligi che li ho, e mi rimetto alli detti di sopra al di più. Con che gli bacio le mani. Di Roma, il dì primo di aprile nel 1570.

Consorte e servitor che l’adora Paolo Giordano Orsini.

[158, n.75]

367. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 3 aprile 1570

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e padrona osservantissima essendovi hora occasione che forse mai più alla vita mia potrà esser per me la più

lodevole e la più utile e honorata, mi è parso pregarla, come faccio con ogni efficacia, che la voglia operar ogni suo potere con sua altezza che vengi sodisfatta questa mia unesta voluntà e questo è che Nostro Signore si è resoluto di dar alli venitiani 30 ga-lere e X mila fanti e perciò hieri fu risoluto il modo di trovar danari. Che ella suplichi sua altezza a voler scrivere e operare che tal carco vengi in me perché, essendo l’occa-

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10. Il perdono di Cosimo e del papa (1569-1570) | 275

sion per mare e di pochissima spesa, non daria fastidio per l’aconcio delle mie cose, e oltre a ciò pregar sua altezza che la si degnassi, havendoci a mandar aiuto, lo metessi insieme con questo del papa sotto la mia casa, e sapendo quanto la mi ami et essendo giuditiosissima, non mi stenderò più in longo, solo li dirò che non vengono ogni gior-no simili ocasioni, e adorandola li bacio le mani.728 Di Roma, il dì 3 di aprile nel 1570.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.69]

368. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 9 aprile 1570

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissima ricevei hiersera una sua e per essa vidi il suo ben esser e l’aviso che mi dà de la buo-

na voluntà che sua altezza mostra intorno alle mie cose e di qua cerco con ogni mio potere acomodarle, anzi, per più validezza, parlai al papa per il fidecomiso il quale lo trovai al solito amorevole729, perhò suplico vostra eccellentia ad avisar il negotio e atenderò alla speditione perché, quanto a me, voglio, stravoglio e rivoglio e non ho al mondo altro pensier che questo. Di già il segretario e Bernardo deveno esser comparsi, suplico vostra eccellentia a volerli riscardare perché, contro la freddezza del mondo e se ella non piglia il negotio a petto, quanto per la lor solecitudine ne speri puoco. La suplico a operar ogni sua autorità perché il negotio abbia buono ef-fetto che, altrimenti facendo, non ne spero bene, e andando ogni bene mio e di casa mia e ogni honore, di nuovo la suplico operar ogni suo sforzo, di più la suplico, la scongiuro a haversi cura e darmi nuova se sente il figlio e della sua salute e scrivermi come si porta, perché, se bisognarà, lo stafileremo acciò non si avvezzi superbo. Per amor de Idio vostra eccellentia si abbia cura. Per il segretario mio gli scrissi una mia volontà, parendoli parlarne con illustrissima sua altezza, mi farrà gratia, intendendo però che non abbia a nuocere al primo negotio, perché vo’ aconciar li fatti miei sopra al tutto. Di qua non vi è nuova nesuna che, <con>la morte di San Clemente,730 huo-mo degnissimo e servitor e amico di casa vostra, le malatie son cesate un puoco. Con che gli bacio le mani e gli son schiavo e l’adoro. Di Roma, il dì 9 di aprile nel 1570.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.68]

728 Paolo vorrebbe l’incarico di comandante dell’armata pontificia che si stava preparando all’im-presa contro i turchi. Come è noto, l’incarico fu concesso a Marcantonio Colonna.729 Con l’aiuto di Cosimo de’ Medici Paolo cercava di farsi convalidare dal papa un fedecommesso istituito dal cardinal Latino Orsini nel quindicesimo secolo. Quell’atto rendeva inalienabili alcune terre che i creditori di Paolo avevano incamerate. Se l’atto fosse stato convalidato (come poi avvenne) molti avrebbero dovuto restituire le terre a Paolo Giordano senza ricevere denaro. Sul fedecommesso cfr.E. Mori, L’Archivio Orsini, cit., p.66 e passim.730 Giovanni Battista Cicala, cardinale del titolo di San Clemente, morì il 7 aprile 1570.

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276 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

369. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 13 aprile 1570

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimacon la occasion di Fanfanicchio non ho voluto mancar di non visitarla e baciarli

le mani e dolermi insieme della puoca cura che s’ha, poiché non lassa de andar in cocchio, e cre[da] per tante li ho scrite non mi può cosa aportar più contento né honore né utile che l’aver figlioli e poiché è piaciuto a Idio che abbia questo con-tento di vederla gravida, la suplico, per l’amor di Idio e se la mi ama, che se vogli haver cura. Del particular di là me ne ralegro, sapendo certo che non può esser fatta cosa da chi ha fatto questa se non con gran giuditio.731 Del resto, se li parrà darmene aviso per sadisfation mia, lo desidero perché desidero saper il particular che lei ha operato sopra a ciò. Qua e monsignor illustrissimo et io havemo assai che fare a tener le ciarlarie e le malignità, ma che ci vegano alegri e contenti e con fermo proposito che io abbia a portar contentezza a tutti, si aquietano, ma qual-cuno sta alegro fuor di modo e fa li discorsi soliti, la suplico di nuovo di scrivermi quanto passa. Arivorno hieri li ambasciatori del imperatore e imperio732 e seben han portata una litera al papa umilissima, non però han lassato di scrivere alli cardinali Trento, Agusta, Madrucio e Altes che se loro non operaranno in favor del imperio come obligati, essendo principi de imperio, che li privaranno delle lor giurisditioni temporali come disopedienti e molto magior privationi.733 Il papa, qual sta benissimo, ha sopra ciò formato una congregatione di nuove cardinali che son Bacecchio, Granvela, Madrucio, Varmiense, Commedone, Boncompagno, Agusta, Sirleto, Chiaravalle.734 Si pensavano di spedir il negotio in pochissimi giorni, ma il papa l’alungerà molto, e sta fortissimo, e oggi ha detto a Baccechio che se non avessi honorato sua altezza, che di nuovo lo farebbe per la virtù sua e grandezza. E quel che dicono costoro è che il papa non ha potuto dar il titolo a sua altezza in preiuditio loro e, se il papa non ne fa dimostrazione a lor volere, dicono che publicano per editto imperiale la privatione del titolo di sua altezza. Io son qua e desidero servire; se sarrò buono, sarrò adoperato, se non sarrò buono,

731 Il cinque aprile Cosimo de’ Medici sposò Camilla Martelli senza preavvisarne i figli, come dimo-stra una lettera di Ferdinando (n. 573). 732 Il 10 aprile 1570 erano giunti i delegati dell’imperatore con una nota di protesta per il titolo dato a Cosimo, cfr. L. Von Pastor, Storia dei Papi, cit., vol.VIII, p.456.733 Si tratta dei cardinali Cristoforo e Ludovico Madruzzo, (entrambi investiti del principato vescovile di Trento), Otto Truchsess von Waldburg vescovo di Augusta, Marco Sittico Altemps, vescovo di Costanza. L’imperatore minacciava di togliere loro le giurisdizioni temporali, in quanto sudditi dell’impero, per il contributo politico dato all’attribuzione del titolo a Cosimo de’ Medici.734 Francisco Pacheco, Antoine Perrenot de Granvelle, Cristoforo Madruzzo, Stanislao Osio vescovo di Varmia (da cui Varmiense), Giovanni Francesco Commendone, Ugo Boncompagni (futuro papa Gregorio XIII), Otto Truchsess von Waldburg, Guglielmo Sirleto, Girolamo Souchier (già abate di Chiaravalle).

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10. Il perdono di Cosimo e del papa (1569-1570) | 277

mi starò così. La suplico a solecitar le mie cose per la espedition presto e molto più solecitar il Sozzino e Bernardo735, huomini comodi. Però ogni mia speranza è in lei, la suplico a ricordarsene. Le malatie son cesate da poi la morte della principessa di Sulmona,736 quale per le virtù sue è rencresciuto a tutta questa città. Io me ne vo a Bracciano dimani con Dalfino737 qual viene a quella volta, e de lì li scriverò quanto me occorre sopra a qualche mio particulare. Mi resta ricordarli che si abbia cura che la mi ami. La signora duchessa e la signora mia sorella738 gli baciano le mani per mille volte e scriveranno a vostra eccellentia; io l’adoro e li son schiavo. Di Roma, il dì XIII di aprile nel 1570.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

Il letto non glie lo mando e il paramento per la occasione di Dalfino ma subito lo meterò in via e di nuovo gli bacio le mani739.[158, n.161]

370. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 15 aprile 1570

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimo non starò a scusarmi se non ho dato risposta ad alcune sue, la causa è stata la in-

disposition che ho hauto che son state febbre lente causate da humore, la causa del quale ce lo dirà il cardinal mio fratello al quale scrivo il tutto.740 Del resto io non mancho esser col secretario741 e far quanto da voi mi vien commandato perché cosa del mondo non desidero più che servirvi e tanto più che è negotio così mio come vostro. Del caricho742 farò quanto desiderate. Il secretario è al Poggio, io ci anderò domani e farò quanto per me propria perché vi adoro. State allegro, e di gratia tenete la boccha cheta, che così fo io e crepo. Tenetemi in gratia vostra perché lo merito per l’amore che vi porto, che è tale che mai me lo sarei immaginato. Vi supplicho a ri-

735 Fausto Sozzini e Bernardo del Riccio.736 Isabella Colonna, la ricca e colta principessa di Sulmona (1528-1570). Unica figlia di Vespasiano Gonzaga duca di Fondi ereditò dal padre il ducato di Fondi e di Traetto. Attraverso le nozze con Fi-lippo di Lannoy acquisì anche il principato di Sulmona di cui, rimasta vedova, mantenne il governo. Isabella, oltre a dimostrarsi sagace amministratrice, fu in relazione con i circoli letterari del tempo, cfr. Franca Petrucci, Colonna, Isabella, DBI, vol. 27 (1982), pp.348-349. 737 Sulla possibile identità di questo Delfino vedi nota 491. 738 Giovanna d’Aragona madre di Marcantonio Colonna duchessa di Paliano e Felice Orsini Colon-na moglie del medesimo Marcantonio.739 Si tratta dei paramenti che Isabella aveva portato a Bracciano in occasione della sua permanenza e che adesso rivuole.740 Si riferisce molto probabilmente al matrimonio del padre.741 Il segretario di Paolo in questo momento è Fausto Sozzini.742 Isabella si dava da fare per ottenere per il marito un incarico nell’armata che si stava preparando contro i turchi.

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278 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

mandarmi il letto e la stantia perché ne ho necessità, e con tal fine resto adorandovi e vi bacio le mani. Di casa, a dì 15 di aprile 1570.

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che vi adora donna743 Isabella Medici Orsina.

[158, n.80]

371. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

[Baroncelli] 18 aprile 1570

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimocon la occhasione del cavalier Navarrino744 non ho voluto lassar baciarli le mani e

darli nova della mia salute, Dio laudato sto assai del corpo sana, ma del animo non troppo, la causa lei a quest’hora l’averà inteso per una mia. Di novo non ci è altro, se non che si vive con infinito humore. Io domani me ne vado fino al Poggio per finir di trattar le cose vostre, le quali spero ch<e> passeranno bene. Intanto lei mi tenga nella sua gratia che assai più che la vita desidero e tenga allegro quanto può mio fratello,745 e con tal fine resto adorandovi. Di villa, il dì 18 di aprile 1570.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.60]

372. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 21 aprile 1570

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimaalla di<l> 15 di aprile scritami da vostra eccellentia farrò breve risposta, sol li dirrò

che con la medema patienza di lei s’è soferto ogni cosa, sapendo certo che da un huomo tanto savio non può uscir cosa se non di contento di chi l’ama.746 Ringratio poi infinitamente vostra eccellentia del fastidio che la piglia delle mie cose, e certo che senza il patrocinio suo le vedeva io in fumo, perciò la supplico a farmi gratia di proteggerle, e usarci ogni diligentia. Del suo male mi è pesato sino al cuore e se l’avessi saputo sarei di subito venuto a servirla. E per l’amor de Iddio, si abbia cura, poiché dalla salute sua dipende ogni mio contento e utile, e mi arecomandi a Vergi-lio, il qual secondo mi vien detto, cresce bravamente et è ubediente perché non li fa

743 Fino a questo momento Isabella aveva firmato con lo spagnolo “dogna”. Da questo momento si firmerà con l’italiano “donna”.744 Il cavalier Navarino risulta nel catalogo dei gentiluomini venturieri che si radunarono per partire con Marcantonio Colonna, cfr. Alberto Guglielmotti, Marcantonio Colonna alla battaglia di Lepan-to, Firenze, F. Le Monnier, 1862, p.19.745 Il cardinal Ferdinando de’ Medici.746 Chiaro riferimento all’improvviso e inatteso matrimonio di Cosimo de’ Medici con Camilla Martelli.

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10. Il perdono di Cosimo e del papa (1569-1570) | 279

mal nesuno, me ne dia nuova la suplico.747 Messer Fausto748 mi scrive haver parlato all’altezza del gran duca e haverli benignamente risposto e che al signore Montalvo749 pareva che la eccellenza vostra dovessi scriver a sua altezza e andarvi. Per l’amor di Idio la suplico a non lasciar cosa per utile di questo negotio; mi ha scritto anco la buona volontà che ha il signor principe intorno alle cose mie e le parole amorevoli che ha detto, perciò la suplico a ringratiarlo e darmeli per schiavo, del resto l’adoro e adorarò sempre. Mi tengi in sua gratia e gli bacio le mani. Di Bracciano, il dì XXI di aprile nel 1570.

Servitor e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.44]

373. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

[Bracciano] 26 aprile 1570Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissima

ho da rispondere a dua sole, una portatami di Navarino, l’altra del signor Mario Orsino750 alla quale non accade altro, poiché per le mie scritte deve aver inteso qual’è l’animo mio e il modo che mi governo. Stasera essendo a Bracciano, Nostro Signor, per comissione data al cardinale Alesandrino, mi ha mandato a chiamare con gli altri, e ha proposto una impositione, et io ho fatto quanto me è parso espediente, che è stato il non aconsentirsi, però con quelli modi si convenivano parendomi in servitio di Nostro Signor, e al contrario è stato <per> il signor Marcantonio il qual per esser fatto, se-condo che dicano, generale delle galere e generale del papa, è oportuna la impositione, ma si sta in dubio. Io mi trovo disperatissimo e senza aiuto di nesuno, e mi trovo ogni cosa al contrario, e non so perché. Mi tenga in sua buona gratia e creda che l’adoro e li scriverò più a lungo, e si aricordi delli miei negotij. Il dì XXVI di aprile nel 1570.

Servitore e consorte che l’adora. Paolo Giordano Orsino.

[158, n.84]

374. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 29 aprile 1570Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissima

per Angelo Mazatosti ho riceuta la litera sua e la ringratio della fatiga piglia per mio conto. Et certo lo deve fare poiché l’adoro, e in tanto mio bisogno non ho altro rimedio più presente che questo e dove abbia aplicato l’animo, perciò la suplico a provederci come ha cominciato a operar la conclusione quanto più presto, acciò che,

747 Isabella era incinta di nuovo ma, come si vedrà, perderà ancora una volta il bambino.748 Fausto Sozzini.749 Antonio Montalvo maggiordomo di Cosimo de’ Medici.750 Mario Orsini del ramo di Monterotondo cavaliere dell’Ordine di Santo Stefano.

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280 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

per la vecchiezza del papa, e per l’amor nuovo della sposa, 751 non venisse la mala mia fortuna a farmi de i giochi soliti. Del resto vostra eccellentia stia alegra e si governi da prudente come fa, e in questo mentre li meterò in ordine le stanze per li miei castellì, e un giardino in comodissima abitatione a Roma,752 e faci carezze a pupo per l’amor de idio, perché de lì dipende ogni mia grandezza e utile, e io vivo con grandissimo dolore quando sento che son privo della sua conversatione poiché di già mi scrivano che salta bravamente, la suplico di nuovo aver cura e creder che l’adori e li ricordo la espedition de miei negotii, con che gli bacio le mani. Di Roma, il dì XXVIIII di aprile nel 1570.

Servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.235]

375. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

[Roma, 1570]

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimanon voglio mancar con la occasion del coriere di non baciarli le mani e insieme

ricordarle li miei negotii quali par che pigliano forma secondo che mi scrivi mes-ser Fausto, però hora la non manchi dar il tracollo alla bilancia753 e superi la mala natura di Tomaso di Medici poiché con ogni suo potere tira il negotio a lungo; mi ha mandato messer Fausto a chiedere la copia del fidecomiso autentico754 e la lista delle entrate che non le posso mandare per la fretta che mi fa il coriere, ma per la prima occasione ne li mandarò. La suplico bene che la si degni, avanti il mio partire di Roma per quella volta, vogli solecitar questo negotio, accioché lasci apagati questi cinque755 della buona voluntà che sua altezza mi porta, però la suplico quanto posso, e del resto l’adoro e desidero saper nuova di lei, e ho inteso da messer Fausto che il bimbo è andato in fumo al solito,756 desidero saper la verità, e di sua mano, acciò che mi si alevii la pena vedendo sue litere, e gli resto schiavo adorandola.

Servitore e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.95]

751 Isabella di Valois, figlia di Enrico II di Francia e Caterina de’ Medici, terza moglie di Filippo II, morì nell’ottobre del 1568. A novembre del 1570 arrivò in Spagna la nuova sposa Anna d’Austria figlia primogenita dell’imperatore Massimiliano II d’Asburgo, e di sua moglie, Maria di Spagna. Il 26 novembre la sposa raggiunse Madrid. In questo momento si stanno trattando le nozze.752 Si riferisce al giardino del cardinal Ricci a Trinità dei Monti, cfr. lettera n.364.753 Dare il tracollo alla bilancia: aggiungere l’elemento determinante. 754 Paolo ha trovato la copia di un fedecommesso quattrocentesco con cui venivano vincolati i più importanti fra i suoi castelli e se ne proibiva la vendita. Se il documento fosse stato autenticato avreb-be potuto riprendere quelle terre senza pagare riscatto.755 Si tratta evidentemente di creditori.756 Isabella perse il bambino ancora una volta. La lettera è senza data ma dovrebbe essere di poco successiva alla precedente. A luglio restò nuovamente incinta ma questa volta partorirà una bambina i primi di marzo dell’anno successivo.

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10. Il perdono di Cosimo e del papa (1569-1570) | 281

376. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 5 maggio 1570

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimanon pensi vostra eccellentia che non abbia proceduto in quel modo che conviene

nel negotio ch’ella per la sua ultima mi scrive e che non abbia dato quelle sadisfationi che me è stato posibile al papa, come sempre farrò, né tanpuoco nesuno ha butata l’escha per pigliarmi, anzi il papa, da poi che li parlai, è venuto sudisfatto di me molto, e degli altri non tanto. La suplico a solecitare li miei negotii, ateso che questi che si tratano con Sua Beatitudine son di maniera avanti che in puoco spatio spero ridurli a fine, e il tempo da venirmene a Fiorenza si ac<c>osta, e vorei lasciar pur un puoco di gusto alli amici e di disgusto alli nemici avanti al partire, però la suplico a solecitar quanto può. Iacomo Buonaparte757 mi scrive che per sua comesione ha dato dua delli miei quattro sparvieri a un caciator del cardinale e toltoli al mio, e certo la creda che non mi ha potuto far il magior dispiacer di questo, perché non arò altro spasso che questo in Fiorenza, né a sua signoria illustrissima ne mancarà, perhò la suplico, se la mi ama, a farmegli ritornare perché certo ne sento fastidio infinito e quegli che la dice di buscar, li potrà dar a monsignor illustrissimo. Li paramenti glie-li mandarò soleciti, la suplico la espeditione e mi faccia gratia dir al Frastagliato758 che non li rispondo, e che non manchi di avisarmi, e gli bacio le mani suplicandola di nuovo a voler che li miei ucelli ritornino. Di Roma, il dì 5 di maggio nel 1570.

Consorte che l’adora Paolo Giordano Orsini.

[158, n.94]

377. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 15 maggio 1570

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimamando il signore Giovan Paolo accioché in mio nome pregi sua altezza di aiutarmi

con Nostro Signore del carco delle galere759 poiché ho inteso che le sue anco vanno al tal servitio, e poiché il signore Marco Antonio Colonna è in predicamento di ciò, mi parebbe esser rovinato del honore si tal carco havessi altro che io, poiché il Papa mi si mostra gratissimo e perché il detto la informarà a voce, non sarrò più lungo,

757 Maestro di casa di Firenze.758 Il Frastagliato era lo pseudonimo di Fausto Sozzini come membro dell’Accademia degli Intronati di Siena.759 Paolo insiste con Isabella affinché lo aiuti ad ottenere l’incarico di comandante della flotta pon-tificia nell’impresa contro i turchi. Il 3 giugno del 1570 fu eletto comandante supremo della flotta Marcantonio Colonna. La domenica 11 luglio si recò a cavallo in vaticano scortato da Paolo Giorda-no e Michele Bonelli e ricevette dalle mani di Pio V il bastone del comando (Ludwig Von Pastor, Sto-ria dei Papi, cit., vol.VIII, p.531). Su Marco Antonio Colonna cfr. Nicoletta Bazzano, Marco Antonio Colonna, cit. Come vedremo però Paolo non si dette per vinto e le galere le ottenne in altro modo.

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282 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

solo che gli bacio le mani e l’adoro, pregandola adiutarmi per davero. Di Roma, il dì X di maggio 1570.

Consorte che l’adora e servitor Paolo Giordano Orsini.

[158, n.71]

378. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 18 maggio 1570

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimo[… ]a manchar con la occhasione del cavaliere […] e darle nova della mia salute la

quale […] non sono secondo me gravida, ma mi conforto […] non ne sono certa, ma il corpo non cresce […] sia chiaro che molto più sarò alme[…] stessa ma doppo la sposa è male negotiare.760 Arrivò ieri il signor Gian Paulo e mi informò di [quel che] desiderava, non mancherò per quanto si […] forze a far quanto lei desidera. [Non] desidero cosa più che vederlo grande. [Io non sarò] più lunga per haverli scritto saba-to a longo e resto adorandola. Dio li dia quanto desidera e me tengi nella gratia sua che più della vita desidero e la pregio baciar al cardinal le mani […]. Di Fiorenze, a dì 18 di maggio 1570.

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che l’adoradonna Isabella Medici Orsina.

[158, n.42]a La lettera presenta macchie brune e lacerazioni lungo tutto il margine sinistro quindi molte parole risultano illeggibili.

379. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 20 maggio 1570

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissima dal segretario mio per una delle 15 di maggio ho inteso le difficultà che dal signor

principe <e>da Montalvo gli son state messe nel negotio mio, per il che mi han fatto perdere di speranza che questo negotio, sì utile e honorato, e da me sopra ogni cosa disiderato, abbia a sortir a buon fine, poiché anco si sta in dubio che io non abbia da star fermo nel presupposto fatto di voler acconciar le mie cose,761 e mancandosi in questo negotio dal primo capo, per questo dubito che non se oterrà niente, né io so che altro che far in ciò che dar di più a sua altezza762 per scudi 150 mila sicurtà di Banco ogni volta che la mi faccia trovar li danari, e che stiano a cinque per cento, e

760 Questo concetto verrà ripetuto più volte. Dopo il matrimonio del re era inopportuno presentare istanze.761 Paolo pensa che i Medici non vogliano dargli l’incarico a causa dei suoi debiti762 Paolo Giordano era in debito con Cosimo de’ Medici per il prestito di 30.000 scudi i cui interessi nel frattempo erano saliti.

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10. Il perdono di Cosimo e del papa (1569-1570) | 283

ciò vostra eccellentia gli prometta in mio nome, caso che il primo negotio non riu-scisse a bene, e ciò facio più per la riputatione e perché il mondo vega che da quelli serenissimi signori è tenuto conto di me, che per la cosa istessa, perché qua in Roma trovo molti buoni partiti come la tocarà con mano quando il vorrà sapere. Hora, signora mia, senta vostra eccellentia a chi tocca il favorirmi, mi faccia gratia operar che ciò sequa con il mezzo di quelli signori, accioché io possi sequir la voluntà che i<o> ho di servirli senza obligarmi ad altri, che come molte volte gli ho detto, sequirò sempre quella fortuna mentre che sarrò voluto, e che non veggia l’ultima mia rovina, che ciò credo non possi esser, ateso la bontà di quelli principi e il desiderio che ho di servirli. La suplico inginochioni che vogli rimediar quanto la può, e mi dia contento di scrivermi qualche volta. Il signor Giovan Paolo763 ha inteso quanto gli scrissi e che desidero, parendomi occasion onorata e di non spesa nesuna, e hora magiormente sua altezza mi potrà aiutare quantoché il negotio del signor Marcantonio par che non riesca, e hieri a me mi usò gratissime parole Nostro Signor. La suplico a voler operar in ciò ogni suo potere e si il negotio de danari non sortisse, come ha nella instruttione il mio segretario, vostra eccellentia [vedrà?] se vi sia sigurtà di banco per scudi 150 mila,764 ogni volta che li danari non passino cinque per cento […] io già s<t>o al solito e l’adoro, la prego a darmi nuova di sé come di sopra l’ho suplicata, e gli bacio le mani aricordandogli l’onor e robba mia e aricordandogli che non sia messo in desperatione. Di Roma, il dì XX di maggio nel 1570.

Consorte che l’adora e servitor Paolo Giordano Orsino.

[158, n.86]

380. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 21 maggio1570

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimoanchor che io sappia che Alberigo sia per arrivare tardi, niente di meno non voglio

manchar darli nova di me come Dio gratia sto bene di una percossa che ho hauto per mezzo della mia cagna. Delli sua negotia non li scrivo nulla perché credo che sarà arrivato il signor Gian Paulo al arrivo di questa. Io li tratto come cosa mia propria come è veramente, ma doppo la nova sposa li negotii vanno in longo. Io aspetto la venuta sua con il maggior desiderio del mondo, Dio faccia che sia presto, e perché dubito esserli noiosa fo fine e li bacio le mani. Dio lo guardi e me lo lassi presto ve-der. Di Fiorenza, a dì 21 di maggio 1570.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora dognia Isabella Medici Orsina.

[158, n.61]

763 Giovanni Paolo Orsini.764 Sembra che Paolo voglia un prestito bancario, ma ha bisogno di una fideiussione di 150.000 scudi.

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284 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

381. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

[Bracciano giugno 1570]

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissima mi è tanto piaciuta la resolutione che ha preso sua altezza in favorir le cose mie che

più non potrei dire, né conosco causa perché io me ne abbia o a levare in colera o pur risentirmisi la colera. Io ringratio vostra eccellenza e mi contento arcicontento di quanto farrà sua altezza. Io dipoi dimane me ne veniva a quella volta, né mi ha fatto restare altro che il saper se ho da intertenermi qui mentre che questi vengano a stare qua, hover venirmene subito, poi che restarà qua per chiarirli del tutto il signor Gio-van Paolo. Il motu proprio, difficilissimo ad aversi per sé stesso e con il mal procedere delli illustrissimi cardinal Farnese e Cesis, della riscossion delle mie cose, al fine l’ho hauto, et è in mano mia, speditissimo e importantissimo, e di qua avrò assai buoni partiti, come al mio arivo intenderà765. Signora mia carissima, poiché la mia fortuna trista fa fortunato ogni sfortunato,766 mi son resoluto, se così parrà a vostra eccellen-tia, al mio arivo sfortunarmi e per cominciar questa buona fortuna desiderarei di es-ser acomodato da sua altezza di dua delle sue galere,767 e che ditta altezza tengi perhò l’ homini ordinari delle dette dua galere et io l’armarò di gente fiorita et con puoca mia spesa anzi con nesuna, perché la casa che qui tengo sarrà di spesa tra cavalli, cani e altre spese di scudi 500 il mese, questa somma abastarà con il spender che faranno molti miei omini a servirli, e il principe di Parma va nel somigliante modo, aute però le galere da venetiani, come ha mostro il volerle, se le riserverà. 768 E questo saria per me il più segnalato favore che potessi mai haver di sua altezza e averei a chiarir qual-cuno de l’animo mio. Suplico umilmente vostra eccellentia che ne dia qualche botone a sua altezza accioché, se li parerà, che all’arivo suo faccia farne un puoco di spianata, però parli in modo che non guasti le mie facende e soleciti che vengi presto. Il denaro l’arò subito, ateso che ho duamila rubia di grano, che non vi è un debito al mondo, che di qua cavaria scudi 4000. Però mi aiuti, e creda certo che di qua è per nascer la mia reputatione, come a bocca la riguaglierò, e vada con quella destrezza che lei sol far le mie cose, e gli bacio le mani e, aspetando il dotor computista, volentierissimo gli resto schiavo, et il simile fa mia sorella769 che resta a cena meco stasera.

765 Si riferisce ai cardinali Alessandro Farnese e Federico Cesi. Quest’ultimo era già morto da cinque anni. Con l’aiuto dei Medici Paolo Giordano ottenne da Pio V il 1 giugno 1570 un motu proprio che gli avrebbe permesso di riprendere i beni alienati ai Cesi e ai Farnese, cfr. E Mori, L’archivio Orsini, cit. p.66. Tuttavia il motu proprio non entrerà mai in vigore sia per le cause intentate dagli avversari sia per la morte di Pio V.766 Si riferisce a Marcantonio Colonna.767 Paolo Giordano ripiegò su due galere, ma anche queste non le ottenne. O per lo meno, non le ottenne dai Medici.768 In realtà Alessandro Farnese, duca di Parma, ebbe due galere dai genovesi e le armò tutte a sue spese. Sulla composizione delle galee cfr. Alessandro Barbero, Lepanto: La battaglia dei tre imperi, Bari, Laterza 2010.769 Felice Orsini Colonna.

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10. Il perdono di Cosimo e del papa (1569-1570) | 285

Servitor e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.67]

382. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 6 giugno 1570

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimaseben hiersera gli scrisi a lungo però, inportandomi il negotio come mi fa, vengo

di nuovo a infastidirla e la suplico a tratar quel che nella ultima parte della mia gli scrivo, perché di là dipende totalmente la mia grandezza, e sapia certo che non ho il magior desiderio che vederla e ragionar seco di molti particulari. La resolution delle miei cose sta a lei, dico perhò il mio venire, perché subito me ne vengo come so la voluntà sua, e qua lasciarò il signore Giovan Paolo che darrà ogni raguaglio a li mandanti di sua altezza, e soleciti da lor la mia espeditione, io l’adoro e adorarò e mi sa mille anni vederla. Di Roma, il dì 6 di giugno nel 1570.

Di vostra eccellentia servitor affetionatissimo e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.92]

383. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 11 giugno 1570

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimoho ricevuto una sua et inteso quanto mi dice circha il desiderio che tiene di havere

dua galere, non ho voluto dirne nulla con sua altezza acciò non habbia da dirmi qualchosa. Circa poi il venir, mi sarà la maggior gratia del mondo, e credo che tanto farà costì il signore Gian Paulo come lei. Di fortunato sfortunato e rinfortunarsi non intendo la materia, però aspetterò che alla sua venuta me la dichiari, ma temo che se ne sarà scordato. Io non desidero cosa più che vederlo e servirlo, e questo tengalo per certo, e se non fussi così non lo direi perché sono donna libera, del resto pigli ogni uno la cosa come li piace perché me ne curo pocho. Di gratia rimandatemi il mio paramento e letto perché non so con che assettare una stanza, e basta bene che non ho delle cose d’altri senza che le mie mi siano tolte. Vi doveresti ricordare quello che mi lasciasti in casa,770 e così vi verrà voglia rendermi quel ch’è mio, e non darmi la baia come fate, e con tal fine vi bacio le mani. Di Fiorenza, a dì 11 di giugno 1570.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.59]

770 Isabella è incinta di nuovo.

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286 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

384. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 15 giugno 1570

Illustrissima eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimaio parlando sopra la mia puoca fortuna dissi che ogni uno che fosse sfortunato

che pareva come fortunatissimo, e ciò dissi per il carco auto dal signor Marcan-tonio, quale con ogni altro huomo non sole haver buona fortuna, e meco l’ha hauta bonissima. Mi è abastato <il> favore di sua altezza in altro carco.771 Quel che dicea per la mia, né altro fortunato e sfortunato intendo, perché mi sono uscite le baie di capo. Circa alle due galere mi rimetteva a lei, e desidero anco che ella mi ci favorisca al mio arivo, se così li parrà a proposito. Del resto oggi mi parto da Roma per Campagnano a dar rimedio a un so che di là è occorso. Dimane sarrò a Bracciano e starò là sabato e domenica, e lunedì con l’aiuto de Idio me ne verrò a quella volta. Li suoi paramenti son tanto ben tenuti quanto posino esser, e l’averà là quando la vorrà. Del resto è informato il signor Giovan Paolo che, quando vorà, il dotore e il computista saran riguagliati otimamente. E non servendo questa per altro gli bacio le mani adorandola. Di Roma, il dì XV di giugno nel 1570.

Consorte e servitor che l’adora Paolo Giordano Orsini.

[158, n.65]

385. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Firenze 15 luglio 1570

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimaio ho ben esaminata la mia conscienza né so trovare mezzo che il papa abbia

d’aver mala sadisfation di me, perché, da poi il perdono che mi ha fatto, mai ho travagliato in simil pratiche772 a Roma, e ho viss<ut>o come il mondo sa. Della mia vita pasata non ho fatto cosa perché abbia aver scrupolo nesuno. Son stati fastidiosi infinitamente questi dua dì per non saper dove sia la malignità […] a, poiché da cavaliere e da cristiano non ho cosa, che dico fatta, ma pensata che non sia da romito, e il tempo scoprirà questa mia inocenza. Desiderarei saper quel che è, perché ho di bisogno.773 Le cose miei della robba sono di Nostro Signore, e resto di non scriver perché non so dove mi sia. La suplico a levarmi di tal pensiero, e creda che in me non vi è errore nesuno nesuno, e gli farrò la prova. Di Fiorenze, il dì XV di luglio nel 1570.

771 Intende il motu proprio di Pio V.772 Si riferisce a prestiti.773 Paolo torna in Toscana con la consapevolezza di non godere più del favore pontificio senza però capirne il motivo. Isabella è incinta. Le lettere successive non parlano più dell’incarico né delle ga-lere, ma solo di caccie.

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10. Il perdono di Cosimo e del papa (1569-1570) | 287

Di vostra eccellentia illustrissima servitor e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.99]a la lettera presenta sbiadimenti d’inchiostro che rendono a tratti impossibile o incerta la lettura

386. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 6 agosto 1570

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone ho riceuto le starne e me le goderò per suo amore, manderò la carrozza e se vi

intrattenete costà774 me ne verrò a vederlo e star dua giorni come li ho fatto stamane scriver, e con questo li bacio le mani e resto adorandola. Di casa, a dì 6 di agosto 1570.

Di vostra eccellentia serva e consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.78]

387. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Certaldo 4 settembre 1570

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimaio me ne venne hiersera a Certaldo afogando del caldo credendomi trovar vostra

eccellentia, perciò non scrisi né gli mandai niente per il stafier che mandai a Fio-renze ma, poiché per la venuta di quello ho inteso ch’ella non è per venir per fin a giovedì,775 mi son resoluto visitarla con questa e pregarla che la mi dia nuova di sé e del bimbo, e se la tardanza è causata per qualche accidente nuovo del putto. Li pro-meto che qui si bruscia del caldo, ma credo sia male universale, et è tale che mi ha rinchiuso in casa dove si passa meglio, pur la notte ci è freschissimo et ci è un pozzo iaccio e cantine iacce belle, sì che non se ne piglia starne. Li brachi son tanto strachi che oggi li ho voluto riposare, l’umor è pasato quasi afatto, e con la sua venuta non ve ne sarà più fumo né sentore, perhò la suplico a farla con suo comodo e guardarsi dalli caldi che sonno escesivi in campagna. Mi faccia gratia baciar le mani al gran-duca mi signore e al cardinal, et io faccio il simile a vostra eccellentia. Di Certaldo, il dì 4 di setembre nel 1570.

Consorte che l’adora Paolo Giordano Orsini.

[158, n.88]

774 Paolo è a Certaldo.775 Il 4 settembre 1570 era un lunedì, cfr. A. Cappelli, Cronologia cronografia e calendario perpetuo, Milano, Hoepli, 1988.

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288 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

388. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

15 settembre [1570]

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimonon si maravigli vostra eccellentia se subito arrivata no li scrissi. La causa fu il

trovarmi talmente straccha che entrai nel letto dove hora sono, ma non per altro che per riposarmi, e non per altro. Io sto del resto bene. El bimbo mangierà domenicha le starne. Se io me ne venni con martello non dicho nulla, ma il trovarmi straccha, e ‘l non poter costì esser di casa, mi fece risolver al non venirvi, et anchora il pensar ch’ero costì più di briga che di spasso. Io desidero saper quanto volete star fora. Io visto che haverò il vecchio,776 me ne anderò in villa per scemar spesa. Come saprete non ci è di novo, salvo che la principessa Leonora è malata.777 E non essendo questa per altro, vi adoro e bacio le mani. A dì 15 di settembre.

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che l’adoradonna Isabella medici Orsina.

[158, n.81]

389. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Certaldo 15 settembre 1570

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimaoggi son stato a cacia e ho preso un so che starne che parte ne mando a vostra ec-

cellentia con un liperotto.778 Tornato a casa ho riceuta la sua portatami da Cesare e inteso il travaglio che ella ebbe per il camino e l’arivo in Fiorenza stracca e come si ha buonissima cura e che il bambino sta buono, che del tutto ho preso alegrezza incredi-bile. Il mio ritorno sarrà quando li sarrà servitio, ancorché abbia disegnato starmene qua fino allo arivo del Bonsi779 e Vecchietti che sarrà tra otto giorni, secondo che da Giovanni Antinori mi vien detto in lor nome, il quale arivò qua stamani. Ricevei il vino che la suplicai e ne gli bacio le mani. Il non esser venuta a Certaldo è che vivo malcontento che se ella ci fosse sarei contentissimo, poiché per l’abundantia delle cacce non ci è a che altro pensare, e non mancarò fargli ogni giorno parole di quelle. Con che gli bacio le mani ricomandandoli Virgilio quanto posso, e mi faccia gratia baciar le mani a sua altezza in mio nome. Di Certaldo, il dì 15 di setembre nel 1570.

776 Il padre Cosimo de’ Medici.777 Figlia di Francesco de’ Medici e Giovanna d’Austria. Bartolomeo Concini scrive ad Antonio Serguidi che “è comparso Domenico cavallaro con una lettera di Madonna Gostanza [Gondi] che da conto a S. A. [Francesco de’ Medici] della Principessina Leonora. Et perchè dice di temere di vaiolo o forse di rosolia, l’Altezza sua m’ha comandato che si dica a Madonna Gostanza che mandi in tal caso la Principessina minore [Anna] a casa di mia signora D. Isabella, alla quale si scrive che le piaccia di tenerne diligente cura”, ASF, MdP, vol.1212, f.44 (MAP, Id. 4218).778 Leprotto.779 Domenico Bonsi, avvocato e primo ministro del granduca, auditore generale dell’ordine di Santo Stefano.

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10. Il perdono di Cosimo e del papa (1569-1570) | 289

Servitor che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.85]390.

Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici Certaldo 17 settembre 1570

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimamando a vostra eccellentia questi dua beccafichi qual oggi ho presi, e son puochi

perché di già non se ne trova molti, accetti vostra eccellentia l’animo buono. Con questo gli bacio le mani suplicandola a amarmi e far vezzi al bimbo. Io son un puoco intasato, perhò spero non sarà nulla. Di Certaldo, il dì XVII di setembre nel 1570.

Di vostra eccellentia illustrissima consorte e servitor che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.96]391.

Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini Firenze 20 settembre 1570

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimo non lasserò occhasione nissuna di darli nova di me che per la Dio gratia sto bene e

mi dole intender che non sia guarito della sua gamba, habbiasi cura perché sono cose pericolose. Il cardinal arrivò oggi qui e sta bene e baciavi le mani. Mia nepote è per la Dio gratia fora di pericolo e sta assai bene.780 Io colle carezze che vostra eccellentia mi fa, attendo a ingrossare ma non a ingrassare. Desidero esser buona a servirla in qualche cosa però la mi comandi perché l’adoro, e non essendo questa mia per altro, li bacio le mani e resto adorandola. Nostro signore li dia quanto desidera. Di Fioren-za, a dì 20 di settembre 1570.

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.79]

392. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini da

Firenze 23 settembre 1570

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimoil cardinale si contenta che andiate a caccia a ogni cosa eccetto che alli fasani e ve

ne pregia quanto più può a non toccharli a modo alcuno. Mandovi li cani mia tutti e vi pregio a darli in mano di cacciatori, acciò non me li lassino amazzare, e massi-mo le cagnie. Rimadateli ho teneteli quanto vi piace, che siate patrone del tutto. Se volete li staffieri con li spiedi li manderò subito e ne mando solo dui per non restar sola, vi pregio a non guastar le lasse781 che ho ditto che piglino, e non essendo questa

780 Eleonora Medici figlia di Francesco.781 Guinzagli.

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290 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

per altro, li bacio le mani. El putto li manda mille rachomandatione e io resto ado-randolo. Di Fiorenza, a di 23 di settembre 1570.

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.91]

393. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Castel Fiorentino 24 settembre 1570

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimahoggi ho fatto una caccia di capri e di starne e lepore che ne mando la parte a

vostra eccellenza: una lepre, starne e un caprio. L’altro la suplico a farlo presentar al gran duca in mio nome. Io sarrò martedì o mercordì a Fiorenza. In questo mentre mi faccia gratia tenermi nella sua gratia et ad aversi cura, e il simile al bimbo, con che gli bacio le mani. Di Castel Fiorentino, il dì XXIIII di setembre nel 1570.

Servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.41]

394. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Radicondoli 19 ottobre 1570Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissima

io ho fatto un puoco di caccia alla lepre e ne ho amazate quelle che la vede, mi è parso mio debito mandargliele con questa sola galina, qual amazai hieri, cosa nuova al paese perché se danno di qua <a> tal magnia che non vi è restato un fasciano solo di moltissimi che prima erano. Godasi vostra eccellentia per mio amore questo pre-sente e mi faccia degno di una sua e baci le mani a sua altezza del granduca, principe e cardinale, e li faccia parte delle miei fatige e sarò di corsa da lei e si degni di darmi risposta poiché il Buonaparte ha suplic<at>o hora per sua comesione per lei e li raco-mando il putto. Gli bacio le mani. Di Radicoldoli, il dì XVIIII di ottobre nel 1570.

Di vostra eccellentia illustrissima servitore e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsini.

[158, n.93]

395. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

La Verna 26 ottobre 1570Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissima

oggi sono andato alla gran caccia di fagiani dove il grido era grandissimo per tut-to il paese del lor numero, lí ho trovato solo questo infelicissimo che se morse e lo mando a vostra eccellentia, mi faccia gratia goderselo insieme con le starne e lepre e far carezze al bimbo e darmi nuova di sé e di lui. Mandai la sera avanti il mio partir una litera mia a messer Tomaso per sua altezza. La suplico a far solecitar il detto, e gli bacio le mani. Di Verna, il di XXVI di ottobre nel 1570.

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10. Il perdono di Cosimo e del papa (1569-1570) | 291

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.Li vesti ho dato ordine per essi, e all’arivo mio a Certaldo gliel’inviarò, e li bacio

le mani di nuovo.[158, n.56]

396. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Radicondoli 29 ottobre 1570Parendo che sia bene, potrà in mio nome far presentar al cardinal Alesandrino782

la presente lepre e farli mia scusa se fin hora so’ tardato a venir a baciarli le mani, e il tutto facio che non vorrei che li peccati veniali fosser mortali e nocessi alle cose mie <e> per lor rimediarci lei, se li pare ben così, et io di nuovo gli bacio le mani. Di Radicondoli, il dì XXVIIII ottobre nel 1570.

Consorte e servitor che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.77]

397. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 20 novembre 1570

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimo con infinita fiaca li scrivo questi quattro versi li quali sarano in risposta di tre sua

a me carissime. Io sto assa<i> bene ma con tanto umore, e senza dormire, e questo credo che lo causi il bimbo che mai si ferma. Il corriere partì subito. Qua non si può escir di casa per la pioggia la quale continua e grandissima. Date la inclusa a sua altezza e ricordatemeli serva, e con questo vi bacio le mani e vi adoro. Di casa, a di 20 di novembre 1570.

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.108]

398. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Pisa 18 dicembre 1570

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimanon voglio mancar per la occasion presente del corriere di non baciarli le mani

e darli nuova del mio ben esser insieme con quel di sua altezza. Per ancora non si è risoluto nulla delle miei cose e stamane spero la resolutione. Ho parlato con sua altezza dua volte e mi ha promesso tutto bene, del resto la supplico a far vezzi al bambino e a star alegra. Qui siam diventati tutti pesci poiché continuamente chi vol uscir bisogna star nel acqua, e Arno è lungo il palazzo e l’arsena<le>, e insomma

782 Cardinale Michele Bonelli nipote di Pio V.

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292 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

per tutto, di qua e di là lungo Arno; con che gli bacio le mani e resto adorandola. Di Pisa, il dì XVIII di dicembre nel 1570.

Di vostra signoria illustrissima servitore e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsini.

[158, n.70]

399. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Pisa 19 dicembre 1570

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimail presente corrieri va a Roma per li negotii che la intenderà per altra via, in gran-

dissima fretta, però la sia contenta farlo subito intrare e uscir di Fiorenza con la maggior diligenza sia possibile. Con che gli bacio le mani. Di Pisa, il dì XVIIII di dicembre nel 1570.

Consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.74]

400. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

San Casciano 6 gennaio 1571783

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissima son gionto a San Casciano e con grandissimo martello di lei e del putto, perhò la

speranza mi mantiene che altrimente tornerei adietro. Mando a vostra eccellentia l’incluse scritture per messer Domenico Bonsi sopra il castel di Sant’Angelo,784 la prego dargliene e farsene dar riceuta. Il breve oggi per fretta mi si scordò che il Bonsi havea per darmelo, non me lo diede. Suplico vostra eccellentia a inviarlomi per la prima occasione e solecitar messer Domenico per le supliche di Nostro Signor sopra la cosa del Anguilara che si possi ipotecare, e del motu proprio. Con che adorandola gli bacio le mani. Di San Casciano, il dì 6 di gennaro nel 1570.

Consorte che l’adora e servo Paolo Giordano Orsino.

[158, n.83]

783 La lettera è datata 1570 ma dal testo si capisce che è 1571, quindi in questa lettera, come nelle successive, Paolo usa la data fiorentina.784 Paolo rivendicava il castello di Sant’Angelo, detto poi Castel Madama, posseduto anticamente dalla sua famiglia e soggetto al fedecommesso di Latino Orsini. Il castello, in quel momento era in mano ai Farnese, cfr. E. Mori, L’archivio Orsini, cit., p.45. Paolo Giordano cercava un modo di riprendere tenute e castelli per poterli ipotecare per ripagare il prestito di Cosimo de’ Medici.

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11. I figli e le imprese nel Levante (1571-1574)

785 Lettera n.409, «me vo metendo a l’ordine per adarmene in questa armata con la manco spesa che io possi per simile occasione, e di là per Spagnia, a comiciar a far qual cosa, poiché per il pasato la sorte mai ha voluto che non abbia operato nulla».786 Lettera n.422.787 Lettera n.423.788 Paolo ricevette da Filippo II la nomina di Generale dell’Infanteria Italiana il 9 marzo 1572, in ASC, AO, vol.60, n.72.789 Mandato di Don Giovanni d’Austria, 20 giugno 1572, in A.O. vol.400, n.74.790 Lettera n.453.

A gennaio del 1571 le lettere ci mostrano Paolo Giordano tra Bracciano e Roma. Uf-ficialmente è andato a rivedere i conti dell’amministrazione dello Stato e a occuparsi delle sue cause. Come si capirà successivamente, si dava anche segretamente da fare per ottenere un comando nell’armata della lega che le grandi potenze avevano costituito con-tro i turchi. Lo accenna appena in una lettera del 3 marzo.785 Senza l’aiuto dei Medici, addirittura a loro insaputa, Paolo otterrà il comando della capitana di Pier Battista Lomellini, ricco armatore genovese che aveva messo a disposizione la sua flotta per don Giovanni d’Austria, figlio naturale di Filippo II. Quindi sopra di lui c’era direttamente don Giovanni, comandante supremo della flotta spagnola. Paolo finora non aveva mai osato né contraddire né fare mai nulla senza il permesso dei Medici che definiva sem-pre i suoi “padroni”. Isabella in una lettera del 18 giugno lascia trasparire tutta la sua preoccupazione, ma soprattutto quella della famiglia Medici, per questa autonoma deci-sione di Paolo, presa proprio nel momento di maggior tensione nei rapporti tra Spagna e Granducato. Isabella riferisce al marito le inquietanti notizie arrivate a Firenze. Corre voce che Paolo parli male di suo suocero e dei suoi cognati, che sia in rotta con la famiglia della moglie, che abbia litigato col cardinale e che, se il suo nuovo “padrone” lo avesse voluto, sarebbe stato disposto a combattere contro i Medici.786 Prima che Paolo riuscisse a chiarire la sua posizione, Francesco de’ Medici richiese indietro il denaro prestato da Cosimo con gli interessi di oltre 20.000 scudi.787 In questa situazione ingarbugliata e drammatica vi sono però due novità importanti e positive nella vita di Paolo e Isabella. La prima è l’arrivo dei tanto attesi figli. Isabella riuscirà a portare a termine due gra-vidanze. A marzo del 1571 nascerà Eleonora e, l’anno successivo, a settembre del 1572, nascerà Virginio, il futuro duca di Bracciano. La seconda novità è proprio la svolta nella carriera militare di Paolo Giordano. A Lepanto finalmente riuscirà a dimostrare il suo valore militare ottenendo da Filippo II il comando generale delle truppe spagnole in Italia.788 Il nove marzo del 1572 giunse a Paolo dall’Escurial la nomina del re a generale dell’Infanteria Italiana nell’armata della Santa Lega e il mese dopo, da Medina, don Giovanni d’Austria ordinò a tutti i capitani, ufficiali e maestri di campo di prestargli obbedienza789. Sempre in quei giorni ebbe una lettera di Isabella con la notizia di un al-tro figlio in arrivo790. Inutili, anche questa volta, saranno i suoi tentativi di richiamare

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294 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

la moglie a Roma. Per altri tre anni parteciperà alle imprese della flotta spagnola contro i turchi. Dopo la nascita dei figli cresce, da parte di Paolo e Isabella, la consapevolezza di come occorra trovare una soluzione per salvaguardare il loro futuro reso sempre più precario dall’ imponente massa dei debiti e dalle inevitabili iniziative dei creditori che minacciano di ricorrere alle vie giudiziarie. “Il negozio delli putti” è il tema dominante di tutte le lettere. “Del negotio di nostri figli farò quello convene a madre che non ha al-tro fine che loro, e di questo siane certo”, scriveva Isabella.791 Una delle soluzioni sarebbe stato fare una donazione universale a Virginio e affidare a Isabella l’amministrazione dello Stato. Ma questo era fattibile solo se Paolo Giordano avesse ripagato tutti i suoi debiti e la cosa non era possibile senza l’aiuto di Francesco de’ Medici.

401. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 12 gennaio [1571]

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimaho riceuto oggi la sua con quella di Tomaso né mi son punto maravigliato poiché

chi non pensa a sé mal può pensare ad altri, né dubiti vostra eccellentia che spero in Dio che <la>cosa andrà bene. Li mando la inclusa per il duca aperta, mi farà gratia leggerla e mandargliela, parendoli. Io sto benissimo e atenderò alli miei negotii e oggi non ho fatto altro poiché hiersera arivai a Bracciano tardi. Mi andrò spedendo per potermi trovar al suo parto,<con> questo mi arecomandi al bambino e stia alle-gra, che Dio ci aiutarà poiché ci ha creati. Con che gli bacio le mani. Di Bracciano, a dì 12 di gennaro.

Non si maravigli perché sia breve perché non ho più testa, tanto ho negotiato oggi, ma resto solo per il procaccio. Per l’amor de Idio stia alegra e mi voglia bene.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsini.

[158, n.73]

402. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 18 gennaio 1571792

Illustrissima e eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimaio sperarò di far bene li fatti miei e ho dua o tre partiti buoni e spero concluderne

un d’essi molto buono, e sopra ciò basti. Oggi facendo riveder il conto della ammi-nistration di Bernardo del Riccio l’ho trovato dibitor di scudi 500 e cassati mille che dicea che io gli doveo dare, e perhò mi si è butta’ in ginocchioni, e confesato mille altre tristitie e di tal qualità che non voglio più creder a questi che mangiano.

791 Lettera n.492.792 Anche in questo caso Paolo usa la data fiorentina, scrive 1570 ma è 1571. Vedi lettera successiva.

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11. I figli e le imprese nel Levante (1571-1574) | 295

È prigione a Bracciano, e il Deti si è portato bene793. Ho voluto scriverli questo, acciò che s’aprovi Spadafuora794 per profeta, del resto tiro il carro e atendo a sbrigarmi per poter andar a Roma con l’animo riposato, mi faccia gratia ad amarmi e a far vezzi al bimbo o bimbi e spero haver accomodato ancor lei di quanto desiderava, con che adorandola gli bacio le mani. Di Bracciano, il dì XVIII di genaro nel 1570.

Servitor e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsini.

[158, n.45]

403. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 21 gennaio 1571

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimo non si maravigli vostra eccellentia se non li scrivo così spesso di mia mano come

doverei e diane la colpa al esser io tanto grossa che credo farovi dua bimbi e non posso stare a disagio (sic). Mi passo la maggior parte del tempo nel letto, a tal che ho fatta della notte giorno e del giorno notte. Circha li sua negotij ho tanto caro quanto la può pensare, però la esorto a sollecitare quanto si può acciò ve ne possiate tornare al mio parto, perché senza voi non crederei haverne a levar testa, massimo che sono diventata tanto grassa che paro una bufola. Mi dole che Bernardo del Riccio non sia riescito, ma questi santi che mangiano a me non ingannano mai, perché non credo loro, del resto pensivi lui che li toccha. Qua si sta alla solita gustosa vita. Tutti stanno bene e per non poter più, fo fine e resto adorandola. Di casa, a di 21 di gennaro 1571.

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che l’adora donna Isabella medici Orsini.

Fatemi gratia buscarmi costì 120 ermellini perché qui non ne trovo.[158, n.119]

404. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 20 gennaio 1571795

Illustrissima e eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimaseben hiersera li scrissi quanto occoreva, non ho voluto mancar di non baciarli le

mani con questa mia e dirli che mando a sua altezza la copia di alcuni scriture sopra lo Stato di Tagliacozo qual mi adimandò al mio partire. Gli dico ancora che morse un putto che era tenuto dal paciero signor Giovanni solo, dove da poi la morte del signor

793 Forse Giovanni Deti che risulta nel 1563 nei pagamenti dell’amministrazione medicea, cfr ASF, MdP, vol.616, ins.19, f.346 (MAP, Id.27165).794 Pompeo Spadafora era maestro di casa di Paolo Giordano.795 Paolo usa in queste lettere la datazione fiorentina e scrive 1570, ma il riferimento alla gravidanza conclamata di Isabella la spostano al 1571. A gennaio del 1570 ancora non si parla di nessuna gravi-danza. Isabella usa invece la data della natività.

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296 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

Paolo suo fratello mi restarà tutto il loro che montarà scudi 5000 o 6000 de entrata, e il detto signore Paolo, oltre che sia vecchio e poco sano, ha la moglie fitosa veccia amalata e bruttissima e senza nessuna speranza di poter far figli.796 Le cose dei partiti pasaran bene, né mancano modi e farogli da me e vi ho <ri>messo X mila scudi per vostra eccellentia. Con che gli bacio le mani suplicandola ad aver cura al bimbo per-ché del resto ogni cosa passarà bene, e spero a crescer le mie entrate parecchi scudi, e farne da me, e li bacio di nuovo le mani. Di Bracciano, il di XX di gennaro nel 1570.

Servitore che l’adora e l’adorarà sempre e vol bene al […] Paolo Giordano Orsino.

Son con gli stivali per andare a Palo dove molti giorni sonno partì la scafa con le sue sporte.797 [158, n.52]

405. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 25 gennaio 1571798.

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissima giunsi a Roma hiersera e avendo di già smaltito le cose avanti al mio venire, parlato

che io ho hauto con chi ha tratato le cose mie, ho scritto a sua altezza nella maniera che la potrà vedere e facilitatoli li negotij miei di tal sorte che per ri[m]borso del suo il doverebbe fare, perhò sia tutto rimesso alla voluntà de Idio benedetto che io, con l’aiu-to suo, non mancarò modo da risorgermi se ciò non seque. Il cardinal e il signor don Pietro799 stan benissimo e io, per non esser la favola di Roma, son voluto venir alogiar per pochi giorni in casa del cardinale. Hora non mi resta a dirli altro, solo che la stia alegra e faccia vezzi al bambino che ogni cosa andrà bene, e mi voglia bene come io voglio a lei, con che gli bacio le mani. Di Roma, il dì XXV di genaro nel 1570.

Servitor e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.76]

406. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 2 febbraio 1571

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimo Per non lasciar passare quanto posso occasione di far riverenza a vostra eccellenza

illustrissima, ho voluto far la coperta a le presenti scritture datemi da messer Bernar-

796 Come tutti i feudatari, il duca incamerava i beni di chi moriva senza eredi.797 La nave con le cose richieste da Isabella.798 Anche in questo caso Paolo data la lettera 1570. Tuttavia sappiamo da altre lettere che il 6 genna-io 1570 era già a Roma dal papa con Ferdinando, mentre in questa lettera, datata 25 gennaio, dice di essere appena arrivato. Parla inoltre dell’arrivo di don Pietro che scrive a Isabella da Roma datando la lettera 1571.799 Ferdinando e Pietro de’ Medici fratelli di Isabella.

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11. I figli e le imprese nel Levante (1571-1574) | 297

do Vecchietti800 et alla sua dalla quale quel che sono intenderà, e non essendo questa per altro le bacio le mani insieme col suo bambino il quale va tuttavia pigliando vigore con non poco mio travaglio. Dio lo conduca secondo il nostro desiderio. Di Firenze, li 5 di febraio 1571.

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che l’adora Isabella Medici Orsina.

[158, n.107]

407. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 9 febbraio 1571801

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissima ebbi il <di>spacio che la mi mandò hieri, e subito con ogni prestezza li diedi espedi-

tione, e la ringratio quanto posso della cura che piglia delle mie cose alle quale hora ci devo più pensar che mai, poiché con la gratia de Idio ci arà pegno tale che li converà far cose. Atendo a tirar la caretta per sbrigarmi, acciò possi sadisfar l’animo mio di venirla a servire. Ho di già trovato tal luce del fidecommisso che, se bene non ho l’originale, spero per le molte cose che vi sonno in favor d’esso, che per la giustitia mi sarrà autenticato, poiché si prova per testimoni e per copie autenticate che vi è, e per dua o tre sentenze, e ne gli ne darò magior lume per quest’altra. Atendi a star sana e a far vezzi al bimbo et io gli bacio le mani. Di Roma, il dì VIIII di febraro nel 1570.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino

[158, n.87]

408. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 16 febbraio 1571802

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimaho per mano del cavalier Mario Orsino803 riceuta una di vostra eccellentia e per

essa inteso il suo bene esser e quel che mi comanda che sia al parto suo costà, e an-cora che lassi ogni mia cosa principiata, pur non mancarò ubedirla. Da messer Fau-sto804 ho hauto nuova della puoca speranza che debbo tener del negotio che si tratta

800 Mercante e collezionista fiorentino, noto come patrono di Giambologna. Vecchietti era proprietario di una villa presso Bagno a Ripoli dove Raffaele Borghini ambientò il suo dialogo intitolato con lo stesso nome della villa: Il riposo (Firenze, appresso Giorgio Marescotti, 1584) e il cui protagonista è proprio Vecchietti, cfr. Michael Bury, Bernardo Vecchietti, Patron of Giambologna, in I Tatti. Studies in the Italian Renaissance, Firenze, The University of Chicago Press on behalf of Villa I Tatti, 1985, vol. 1, pp.13-56.801 Anche questa lettera è datata 1570. Il riferimento al bimbo che sta per nascere la sposta al 1571.802 Anche questa lettera, come le precedenti, è datata 1570 ma qui è ancora più esplicito il riferimen-to al prossimo parto di Isabella.803 Mario Orsini del ramo di Monterotondo, figlio di Paolo Emilio e fratello di Troilo.804 Fausto Sozzini, segretario di Paolo Giordano.

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298 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

con sua altezza, che di già me lo era immaginato, perhò sequa quel che vole, che Dio mi aiuterà e suis man<ib>us, e harò d’aver tanto men obligo, con che baciandoli le mani resto adorandola. Di Roma, il dì XVI di febraro nel 1570.

Servitor e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsini.

[158, n.55 ]

409. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 3 marzo 1571

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimacon la ocasion del Baglione805 non voglio lasciar di non baciarli le mani e suplicarla

che mi ami e rispondermi a molte delle miei quali desidero resposta, poiché da esse dipende molte miei resolutioni, del resto me vo metendo a l’ordine per adarmene in questa armata806 con la manco spesa che io possi per simile occasione, e di là per Spagnia a comiciar a far qual cosa, poiché per il pasato la sorte mai ha voluto che non abbia operato nulla. Io lascio le cose miei in termine che senza la presentia sua patiranno, non dico per hora, perché non l’amo tanto puoco che volessi che si metes-si a pericolo evidente della mutation de aria, ma al setembre, e ciò potrà fare poiché monsignor illustrissimo mi ha detto che a questo tempo o prima sarrà a Fiorenze per presto ritorno, del resto mi rimetto a detto Cesare e a quanto li scrivevo di più per altra mia, con che gli bacio le mani. Di Roma il dì III di marzo nel 1570.807

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.174]

410. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 2 maggio 1571

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissimaio arivai a Braciano 3 dì sonno sano e salvo ma con tanto martello della bimba che

più non potrei dire, e di vostra eccellentia, e se non venite a setembre, voglio andar

805 Si tratta del pittore Cesare Baglione, cfr. Silla Zamboni, Baglione, Cesare, DBI, vol. 5 (1963), pp. 186-187.806 Paolo Giordano ottenne l’incarico di luogotenente di Don Juan de Austria nella Lega contro i turchi. La lettera è del tre marzo, proprio contemporanea al parto di Isabella. La bambina verrà chiamata con i nomi delle nonne materna e paterna: Eleonora Francesca. A proposito della sua data di nascita, Lisa Gondelberg Stoppato cita l’atto di battesimo, celebrato il 13 gennaio 1572, nel quale viene indicata come data il 12 marzo (Appunti “fiorentini” per il Corpus della ritratti-stica degli Orsini, cit., p.313). Tuttavia, una lettera di Alessandra Medici Bertolini del 1 marzo 1571 avverte Paolo Giordano della nascita della bambina (E. Mori, L’Onore perduto di Isabella de’ Medici, cit., p.200). 807 Paolo Giordano anche in questa lettera usa la data fiorentina.

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11. I figli e le imprese nel Levante (1571-1574) | 299

acatando808 per la pupa e per lei, non che star a Fiorenze. Io non so che me li scriver di nuovo, solo che qui fan caldi straordinari e muorci qualcuno, del resto si vive alegramente e me ne andrò a Roma presto per finir li miei negotii o per principiarli, per dir meglio, con che gli bacio le mani e li raccomando la pupa. Di Bracciano, il dì 2 di maggio nel 1570.

Servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.156]

411. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

[Baroncelli] 6 maggio 1571

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimo se bene vi ho scritto dua lettere e di nissuna ho hauto risposta, no<n> voglio lassar

darli nova di me che dio gratia sto bene, e cosi la bimba, ancorché spesso habbia qual-che dolor di corpo, pure penso che fra pocho chiamera il babbo. La ho menata in villa dove sto io anchora e starò finché il caldo non mi cacci, perché dovete sapere che ci è grandissimo, ma fino a San Giovanni voglio star qui, sebene il mondo ardessi. Il gran duca tornò, e sta bene, e così tutti li altri. Non vi do nove perche sarebbono contadine affatto, solo vi dirò che mai mi è parso strano più che adesso lo star senza voi, ma alle cose che non ci è rimedio bisogna haver patientia. Le nostre liti vanno assai bene e il Baldino venirà costà subito che li saranno dati denari, io intanto passerò la vita trastullandomi con la Nora809 la quale è saporitissima a mio gusto, benché mi si potria dire che l’amor mi inganna. Vi suplicho, se vedete la duchessa mia signora e la signora Felice,810 che a tutte dua me li ricordiate serva affettionatissima, et non essendo questa per altro resto adorandovi e vi bacio le mani. Di villa, a di 6 di maggio 1571.

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che vi adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.118]

412. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 13 maggio 1571811

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissima io li ho con questa scritto quatro litere e di nesuna ho auto risposta che d’una, che

mi è stata sommamente cara per intendere per essa il suo ben esser e di Lon<ora>, la quale di già li ho trovato marito. Qua non ci è altro di nuovo che la Lega quasi con-

808 Andare accattando, andare a chiedere l’elemosina. Intende: offrire i propri servigi per guadagnare.809 Paolo e Isabella chiamavano la bimba Nora, Norina o Nina, diminutivi di Eleonora.810 Si tratta della duchessa Giovanna d’Aragona e di Felice Orsini Colonna, sorella di Paolo Giorda-no e moglie di Marcantonio Colonna.811 Anche questa lettera è datata 1570 mentre dal testo è chiaro che si tratta del 1571: è nata Eleonora ed è arrivato Pietro a Roma.

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300 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

clusa.812 Mangiai con monsignor illustrissimo de Medici hier matina e mi fece mille gratie e il signore […] è al solito favorito e contano miracoli qua del signore Pietro,813 che s’è sì mutato a fatto, vostra eccellentia lo conoscerà per li effetti. Qua ho dato principio a qualche negotio e incaminare gli altri. Il papa piglia il latte di asina e si sta assai bene, sebene questi dì addietro si è inteso un puoco male a talché non ho anco baciato il piede. Io atendo a polirli la casa accioché queste stanze di qua non li dispia-cesseno come ci venga.814 Del resto la suplico a comandarmi e ricomandarmi a Nora. Et io resto adorandola e gli bacio le mani. Di Roma, il dì XIII di maggio nel 1570.815

Di vostra eccellentia illustrissima servitor e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.98]

413. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

[Baroncelli] 16 maggio 1571

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimonon voglio manchar di rachomandar quanto posso a vostra eccellenza il fratello

della persiana,816 il quale se ne viene costì solo per achomodar per suo mezzo una sua povera sorella. Però ce lo rachomando quanto posso che, se no li può dar tutto quello che li ha promesso, gne dia almancho una parte, del resto io sto bene e così la pupa e diventa tanto trista che non si puo dir più, e non essendo questa per altro li bacio le mani e resto adorandola e di novo li bacio le mani. Di villa, il di 16 di maggio 1571.

Di vostra eccellentia illustrissima. Di più la pregio ad haver per rachomandati tre cugnati della persiana, e far che non tocchi loro andar alla guerra, perchè volendo lei facilmente lo otterrà. Serva e consorte che l’adora

donna Isabella Medici Orsina.[158, n.116]

414. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

[Baroncelli] 18 maggio 1571

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimonon voglio lassar passar l’occhasione di messer Piero senza darli nova di me che

non sto troppo bene rispetto a certe doglie di stomacho che mi tormentano. La pupa sta assai bene e va crescendo a giornate, ma quelle sua doglie di corpo alle volte la tormentano. Sono tre giorni che io ricevetti una polizza per mano di messer Tulli

812 Il 20 maggio del 1571 fu firmata la Lega Santa contro i turchi. Il comando militare fu assegnato a Don Giovanni d’Austria figlio naturale di Carlo V e fratellastro di Filippo II.813 Pietro de’ Medici.814 Si tratta forse del palazzo di Campo de’ Fiori perché Monte Giordano era ancora affittato a vita a Ippolito d’Este che morirà il 2 dicembre 1572.815 La lettera è datata 1570 ma l’anno è chiaramente il 1571.816 La persiana era una donna al servizio di Isabella.

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11. I figli e le imprese nel Levante (1571-1574) | 301

Grifoni di scudi 260 a pagarsi fra quindici dì. Vostra eccellentia mi faccia scriver quelli dinari a chi li devo pagar, perché non me ne ricordo, che tanto farò. Di qua non ho che dirli, salvo che si vive al solito e che io vi adoro, che è cosa vecchia per lei. Del resto questi signori tutti stanno sani, e non essendo questa per altro, li bacio le mani e resto adorandola. Di villa, il dì 18 di maggio 1571.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.122]

415. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 21 maggio 1571817

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimapoiché è conclusa la liga818 e perché [la] venuta di don Giovanni819 se tien certa,

mi par di non poter mancare di non andare a servir detto signore, poiché è di già tanto tempo che tiro la provision del re di Spagna e mai li ho fatto né mostrato signo niuno di servitio. M’è parso darle conto a vostra eccellentia accioché occorendoli di scrivermi sopra ciò cosa alcuna, lo faccia, e se li pare, ne dia un motto a sua al-tezza, come da sé. Io cercarò andare più onoratamente che sia posibile, e di già ho una buona truppa di cavalieri principali e lo ambasciatore di Spagna820 mi dà galera per me e la mia gente, e penso spendere 500 scudi il mese, se ben mi portarò XII mila meco, e darrò minuto conto a vostra eccellentia delle persone che verranno per quest’altra, che hora non lo faccio per non saper di molti la certezza, e me imbar-carò a Civitavecchia dove sarrà il signore Don Giovanni e spero menar una onorata compagnia. Io atendo a seguir il mio legno,821 e spero di far questa volta da davero. Non mancarò dar al fratello della Persiana quanto la mi comanda. Il vino ho dato ordine che s’imbarchi e lo doverà haver presto, esendo i tempi buoni. Monsignor Illustrissimo stasera et hieri lo viddi. Mi faccia gratia tenermi in sua gratia e baciar le mani a quelli serenissimi signori e stia certa che l’adoro, cosicché gli bacio le mani. Di Roma, il dì XXI di maggio 1570.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

817 Scrive 1570 ma è chiaramente 1571 sia per il riferimento alla pupa che al fratello della persiana (v. lettera n.413 ).818 L’alleanza dei principi cristiani venne ratificata a Roma il 25 maggio 1571.819 Don Giovanni d’Austria, fratellastro di Filippo II, comandante generale della flotta spagnola.820 Luis de Requesens y Zúñiga, commendatore maggiore di Castiglia, consigliere di stato di Filippo II, luogotenente generale dell’armata navale spagnola nel 1571. Dunque fu da lui che Paolo Giordano riuscì ad avere le tanto desiderate galee.821 Il legno santo di guanaco era molto utilizzato in medicina come antinfiammatorio e per curare ulcere e ferite, cfr. Luis Lobera de Avila, Libro delle quattro infermità cortigiane [s.n.t.] 1558, pp.184-189. Si veda anche la lettera successiva “hieri entrai nel legno” e la lettera del 28 maggio: “Io sto con la mia regula del legno qual spero sequir per un pezzo”. Evidentemente si riferisce alla cura iniziata prima di partire forse per i problemi che aveva ad una gamba.

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302 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

Mi faccia gratia baciar la pupa mille volte e me dia nuova speso di lei e di vostra eccellentia.[158, n.62]

416. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 22 maggio 1571

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e padrona osservantissima hiersera al tardi ricevei una di vostra eccellentia da messer Piero,822 segretario di

monsignor illustrissimo de’ Medici, e per essa intesi che ella non si trovava molto bene del stomaco, il che fu con molto mio dispiacere, e la suplico ad aversi cura. Intesi pari-menti nuova della bimba e che era cresciuta e ingrossata e che talvolta li davano fastidio i dolori soliti, il che non è di maraviglia, poiché li putti di quella età sempre hanno qualche fastidio. Io per la Dio gratia sto bene e hieri entrai nel legno e la sto seguitando finché abbia tempo poiché so’ risoluto girmene su le galere questo anno, se perhò viene il signor Don Giovanni, il quale fino hora dicano risolutamente che verrà. Li ho voluto dar per hora questo motto servandomi più a lungo scrivergli sopra questo particulare. Li danari che li ho fatto rimettere sonno per pagar 70 scudi al Bandino, a messer Fran-cesco Lioni823 la somma che ha d’avere che non me n’aricordo, a Bastiano del Moro824 quanto ha d’avere e XX scudi più che li dono, al giardiniere di Castello quel che fum-mo d’acordo. Il resto non mi si aricorda, e a uno oste o pescivendolo che mi dette del pesce non so che dinari; ma credo che Jacopo Buonaparte abbia la lista di tutto quanto accade. Messer Carlo825 scrive che sarebbe bene far partito con li Cavalcanti.826 Vostra eccellentia intenda quel che dice, dico della lite delle poste, e anco soleciti che possi aver il mio, secondo il giusto hauto dalla sententia di Fiorenze contra loro, poiché qua la vanno masticando; pur lasciarò passar qualche giorno e poi vorrò esser pagato. Con che adorandola gli bacio le mani. Di Roma, il dì XXII di maggio 1571.

Di vostra eccellentia illustrissima servitore di cuore e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsini.

[158, n.136]

417. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

[Baroncelli] 23 maggio 1571

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimo ieri ricevetti una sua e mi fu di molto contento se non ci fussi stato il contrapeso

di disgusto, e questo è che venne mio padre a mangiar qui mecho, e haveva con lui

822 Piero Usimbardi, segretario del cardinale Ferdinando de’ Medici.823 Giovan Francesco Leoni, letterato, membro di varie accademie, amico di Annibal Caro, cfr. Paola Cosentino, Leoni, Giovan Francesco, DBI, vol. 64 (2005), 591-592. 824 Mercante fiorentino.825 Forse Carlo Fortunati al servizio di Isabella a Firenze.826 Si tratta dell’affitto dello Stato di Bracciano.

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11. I figli e le imprese nel Levante (1571-1574) | 303

omnes gentes, tanto che non possetti troppo gustar della conversatione del babbo. Li scrissi per messer Piero Usimbardi quanto hoccorreva circha le liti, diane di gratia risposta. La pupa sta così così. Pensai la notte passata che andassi via, ebbe un acci-dente tanto grande che restò quasi senza fiato, pure, Dio laudato, sta assai meglio. Io non sto troppo bene, lo Strada827 mi vol medicare ma vole aspettar a veder se maggio torna.828 Del resto non sono buona se non a recere829 e ho li piedi tanto gonfi che non posso andar se non a cavallo. Io credo che tutto sia una grandissima uppilatione830 ma spero che mi si leverà da dosso e non essendo questa per altro li bacio le mani e resto adorandola. <Dite> di gratia a messer Padovano831 che mi scriva spesso perché ne ho piacer grande. Dio la guardi. Di villa, a dì 23 di maggio 1571.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.127]

418. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

[Baroncelli] 24 maggio [1571]

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimo questa sarà solo per darli nova come la pupa sta bene doppo haver passato una

mala stretta, tal che pensammo doversi morirsi. Sta bene adesso e credo che presto vorrà marito; però trovatelo a vostra posta. Non ho lassato occhasione nissuna che non vi habbia scritto, e cosi farò sempre mentre sto in villa con solitudine assai, pure vivo, e per non esserli fastidiosa fo fine e l’adoro. Quando sarà nel legno facciami scriver acciò lo scriver no li faccia male. Tutti questi signori vi baciano le mani, e io vi supplico a baciarle alla duchessa mia signora e alla signora Felice e baciar Tolla mia in nome mio, e con questo resto adorandola. Di villa, a di 24 di maggio.

Di vostra eccellentia illustrissima consorte serva che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.117]

419. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 28 maggio 1571832

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimaperché io non desidero altro che la grandezza di sua casa e però non manco mai dove

827 Bartolomeo Gatteschi Strada archiatra di Cosimo de’ Medici.828 Probabilmente si riferisce al ciclo mestruale. Il medico aspettava a darle medicine perché non era sicuro se Isabella fosse incinta.829 Recere: vomitare.830 Oppilazione: occlusione.831 Padovano Guglielmini, archiatra di Paolo Giordano. Il Marini lo chiama Guglielmo Padovano, lo definisce eccellente medico e lo nomina a proposito di un consulto richiesto da Gregorio XIII nel 1580, cfr. Gaetano Marini, Degli archiatri pontifici, cit., p.453.832 Anche in questo, come in altri casi, Paolo sbaglia la data e scrive 1570. Dal contenuto si evince chiaramente che l’anno è il 1571.

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304 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

veggio occasion che ciò si possi esequire operarmeci, per ora mando a vostra eccellentia [Ma]rio Zazarino833 quale è più informato delle scriture della chiesa che huomo che sia, e questo è quello che a Fiorenze dissi a vostra eccellentia che speravo poter far tanto servitio a quelli signori, e ho mandato per esso a Napoli a posta, tant’è che è nelle man sua, faciali parlare a sua altezza perché nelle cose che hora si tratano spero che li sarrà di tanto servitio che più non potrà essere, però lo recomando a vostra eccellentia che li facia carezze e se potrà informar di lui da messer Francesco Torelli834 e da un dotor suo fratello che almeno ne sonno informati. Ebbi hieri una sua per Giovanni strotiere dove mi scrive che la banbina ha hauto a morire835 e del suo mal esser, se però non è gravida, che ne ho preso infinito dispiacere e per l’amor de Idio si curi, perché li mali vengano a libre e si partono a oncie. Io sto con la mia regula del legno qual spero sequir per un pezzo, e me vo metendo a l’ordine per girmene su questa armata, come li darrò più minuto raguaglio quando abbia espedito un negotio sopra a ciò, del resto sto bene e adorandola ogni dì più. Le sia recomandata la pupa e la baci in mio nome. Con che gli bacio le mani. Di Roma, il dì alli XXVIII di maggio nel 1570.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.173]

420. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

[Baroncelli] 1 giugno 1571

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimonon prima che adesso ho possuto dar risposta a dua sue amorevolissime lettere per

aver hauto uno infiato da una banda della gola il quale mi ha dato non so quanta febbre, pure adesso per la Dio gratia sto assai bene e la Nora benissimo, e credo che se seguita che sarà grassina bene bene. Io non ho voluto parlare del giardino di Montepulciano836 con sua altezza perché, come ho sempre dettoli, mi par spe-sa buttata e non voglio che sua altezza creda che siano cose che naschino da me

833 Questo Zazarino potrebbe essere il Mario Zazzarini incaricato da Pio IV nel 1566 di recuperare i manoscritti pontificali rimasti ad Avignone. Lo si definisce clerico di Amelia, cfr. Marie-Hen-riette Jullien de Pommerol, Jacques Monfrin, La Bibliothèque pontificale à Avignon et à Peñiscola pendant le Grand Schisme d’Occident et sa dispersion. Inventaires et concordances, Rome, Publications de l’École Française de Rome, 1991, p.41. Comunque sia, questo intervento di un giureconsulto di fama doveva servire con molta probabilità a trovare un modo per giustificare la concessione da parte del pontefice del titolo di Granduca. L’incarico fu affidato a Giovanni Ulderico Zasio, consigliere dell’imperatore, cfr. J. R. Galluzzi, Istoria del Granducato di Toscana, cit., vol. 2, pp. 268-269. L’im-peratore non ratificherà mai il titolo finché Cosimo fu in vita. 834 Francesco Torelli, figlio di Lelio, auditore di Cosimo I e membro dell’Accademia fiorentina, cfr. Salvino Salvini, Fasti consolari dell’Accademia fiorentina, in Firenze, per Giovanni Tartini e Santi Franchi, 1717, pp.103-108.835 Intende che la bambina è stata per morire, cfr. la lettera precedente di Isabella.836 Il giardino del cardinale Ricci da Montepulciano a Trinità dei Monti fu acquistato da Ferdinan-do de’ Medici nel 1576 per diventare la futura Villa Medici.

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11. I figli e le imprese nel Levante (1571-1574) | 305

per haver a goderla quando sarò costì, però la mi perdoni. Della sua gita con don Giovanni non dicho nulla poiché è in ogni cosa molto più di me savio, io non sarò bona ad altro che a pregar Dio per la sua salute. Io desidererei che messer Padovano mi mandassi un pocho del suo parere perché chiarendomi non esser gravida possi medicarmi et esser buona a qualche cosa che così non sono per nulla. Viene il Baldino, fateli carezze perché sono certa che servirà bene e fedelmente. Delle cose delli Cavalcanti lui darà a quella pieno raguaglio, però inteso che lo averà, faccia intender la voluntà sua che non si mancherà servirla, e non essendo questa per altro la adoro e li bacio le mani e stia sicura che nisuna cosa farei come sua procuratora se prima non gniene aviso. La pupa bacia le mani al babo suo e io l’adoro. Di Villa, il di 1 di giugno 1571.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.125]

421. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

[Baroncelli] 12 giugno 1571

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimocon la occhasione del suo fattore non ho voluto lassar darli nova della pupa e di

me, che io invero non sto troppo bene, ma la pupa più bella che mai, e di già chiama il babbo suo, io li fo tutte le carezze del mondo. Desidererei mi facessi gratia farmi saper quello che dicono che sia per fare don Giovanni in questa sua venuta, ma con destrezza, acciò costì non si pensi che io cerchi nove.837 Anchora desidero mi faccia gratia concedermi uno cavallo da caccia perché sto per vita vostra a pié, io lo terrò per voi e me ne servirò facendomene gratia. Qua stiamo al solito in solitudine e io me ne sto in villa solissima, e non essendo questa per altro resto adorandovi e vi bacio le mani. Di villa, il dì 12 di giugno 1571.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.123]

422. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

[Baroncelli] 18 giugno 1571

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimoanchor che habbia scritto <a>vostra eccellentia molte mie e di nisuna habbia

hauto risposta, non però voglio mancar a quello che sono obligata, e la pregio a non pigliar a male questo che adesso li dicho. Sappiate che qui non ci è altro ragio-namento che del fatto vostro e del cardinale, di quanto pocho lo vedete e quanta mala satisfatione sia fra voi, cosa certo che mi dà pena infinita, ma grandissima

837 Evidentemente a Firenze non si sa nulla delle mosse di don Giovanni d’Austria.

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306 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

me la dà lo intender io quanto con pocho rispetto parliate di questi signori, che pure sono vostro socero e vostri cognati e che fra le altre cose che havete ditte è che se bisognerà verrete contra loro per servir vostro patrone.838 Signor mio, questo <è> il contrario di quello che mi dicesti innanzi al signore Mario il dì che di qui vi partisti. Io sono pur vostra moglie e a lor figlia e sorella, questo dovrebbe pure esser qualcosa, e non può esser che non sia il saper tener la boccha cheta e pru-dentia grandissima. Io sto tanto afflitta per queste cose che sono mezza fora di me perché ben so che siate obbligato al vostro patrone, ma fino adesso non mostra lui esser nimicho loro. Perché dunque volete voi nocervi senza proposito. Prima que-ste cose mi davano pocha briga, adesso me ne danno infinita perché mi nochano senza colpa mia nessuna. Havete pur di me una figlia, se bene è femmina e pur nata di voi. Credo che la fortuna me la habbia data per maggior mia pena poi che è venuta nel tempo delli mia maggiori affani, pure spero nella divina bontà. Mi vien affermata la vostra gita con don Giovanni. È pur gran cosa che io non sappia né come, né in che maniera, né come acchomodiate li vostri negotii. Vi partirete, et io resterò al buio di tutte le facende, con una figlia alle spalle. Sia come vi piace, io non posso non dirvi l’animo mio poiché vi ho tanto caro, però Dio voglia che siano prese le cose da voi con quella affitione che io le dicho, perché se non ve le dicessi io non credo che persona ve le dicha. Se vi paiano bone pigliatele, se cattive lassatele ire, io haverò solo il contento di non haver mai manchato a quello sono obbligata, e perdonatemi se entro troppo dentro che la affettione che vi porto ne è causa e non altra cosa, perché se ben considererete questo io non ne cavo altro che pena e forse da voi malgrado. La pupa sta bene et è quanta consolatione io ho, perché del resto non ne ho nessuna, e per non esservi più noiosa fo fine e vi bacio le mani e resto adorandovi. Di villa, il dì 18 di giugno 1571.

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che vi adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.101]

423. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 20 giugno 1571

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima dal fatore mi fu resa hiersera una di vostra eccellentia a me più cara che la vita

poiché intesi il ben esser suo e della pupa e nel particular del cavallo glielo manderò ancorché non abbia cosa a proposito per lei. Nel particular di don Giovanni non

838 In conseguenza della concessione a Cosimo de’ Medici del titolo di granduca da parte del pon-tefice, si era sparsa la falsa notizia che don Giovanni volesse rivolgere le sue armate contro le coste toscane e non contro i turchi e che Paolo Giordano, che militava ai suoi ordini, avesse rotto con la famiglia Medici e si apprestasse a combattere contro suo suocero e i suoi cognati, cfr. lettere nn.429, 430. Sui risentimenti del re di Spagna e dell’imperatore circa la concessione del titolo cfr. J. R. Galluzzi, Istoria del granducato di Toscana, cit., vol.III, pp.116-135, cfr. E. Mori, L’onore perduto di Isabella de’ Medici, cit., pp.203-205.

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11. I figli e le imprese nel Levante (1571-1574) | 307

so che altro me li scrivere, se non che viene per agiustarsi con l’armata del papa e venetiani a Otranto, e molti dicano che non si farrà effetto nissuno per quella parte, ma che le galere del re di Spagna farranno l’impresa di Tunisi, e così lo credo io, per quanto mi dicano questi spagnoli, et ve sarrà la persona di don Giovanni. Et ecco quanto posso scriverli sopra ciò, e la sua venuta non si spera ancora per XV o XX giorni e forse più lunga.

Il signor principe ha mandato da me un scarafacci con una sua litera nella quale mi chiede li scudi 50mila che io li devo, e con molta prescia li recerca.839 Io li mandai a dir che pigliassi quanto haveo, che era molto giusto che fosse pagato, e li proposi anco un so che partito di pagarli 30 mila e per l’interessi dessi ogni anno quatromila per la sorte principale. Mi è ritornato a rispondere che vol esser pagato in ogni modo, e che no vol mio tereno né intrata, come per la qui inclusa vedrà. Io non ho cinquantamila scudi in dinari, perhò pigliasi quanto ho che io mi contento poi che resti sodisfatto. Prego vostra eccellentia a parlarli, e farli sa-per che vender non posso, perché non ho sigurtà, afitto non posso pure per il me-demo rispetto, a talché, o bisogna che pigli tanto del mio che […] e che lo vendi o vero che pigli le mie entrate e li quindicimila scudi di Spagna840 glieli proferisco. Vostra eccellentia sia contenta favorirmici poiché così mi pare il dovere, et io me gli raccomando con baciarli le mani e ricomandarli la pupa. Di Roma, il dì XX di giugno nel 1571.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.252]

424. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

[Baroncelli] 23 giugno 1571

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimoviene costì messer Stefano841 per acchomodar le cose sue. Non ho voluto mancar

racchomandarcelo acciò possi star costì in casa sua sicuro e assettar le sua faccende, io tutto il favore che vostra eccellentia farà al sopradetto lo riceverò in me propria. Io non sto troppo bene, et piglio sciloppi per non diventar affatto uppilata e poter star sana. La pupa sta assai bene e non essendo questa mia per altro li bacio le mani e resto adorandola. Di Villa, il dì di 23 di giugno 1571.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.124]

839 Francesco de’ Medici rivuole in fretta il prestito di 30.000 scudi che nel frattempo con gli inte-ressi era solito a 50.000.840 Si trattava dello stipendio che doveva passargli il re di Spagna.841 Potrebbe trattarsi del madrigalista Stefano Rossetti che faceva parte della corte di Isabella, cfr. l’introduzione di James Chater al Lamento di Olimpia di Stefano Rossetti, cit.

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308 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

425. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 24 giugno 1571

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimadi già credo che harrà auto risposta e informatione di la sua, però non mi estenderò

a lungo, solo che mi atendo a meter a l’ordine per inbarcarmi, e se avessi a tempo, fini-te certe mie cose in materia danari, poiché mi son resoluto di non vender Palo, verrei subito a vederla che me ne muoro, e così la pupa ancora, la quale gliela ricomando. Circa al resto, come di sopra ho detto, ne verrà riguagliata per una mia lungissima lettera e la prego a creder a puochi, perché la gente di qua vive con tanto […].È rivato il corier con la partita di don Giovanni e questo è quanto li posso dir di nuovo, con che adorandola gli bacio le mani. Di Roma, il dì XXIIII di giugno nel 1571.

La suplico a baciar la pupa in mio nome. Servitor e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.128]

426. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

[Baroncelli] 28 giugno 1571

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimoio sto disperatissima delle cose che vanno attorno, pure patientia. Alla lettera por-

tatami dal signor Honorio842 non ho altro che dire se non che lui haverà risposto al tutto. Ho auto una per il signor principe, la darò et cercherò far quello potrò, ma vorrà esser pagato, et ha ragione poi che ha d’avere, ma tutto questo nasce dal troppo suo cicalare, che non si dice altro, io patisco le pene delle vostre cose senza colpa, ma forse col tempo muterete modo di proceder e basta, e non essendo questa per altro vi bacio le mani. Di Villa, il dì 28 di giugno 1571.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.121]

427. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 3 luglio 1571

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimanon voglio mancar con la occasion di messer Francesco Guidacci di non baciarli le

mani e darli nuova del mio ben esser e che spero partirmi quest’altra settimana per imbarcarmi a Civitavecchia dove il signor don Giovanni mi fa gratia mandar la ga-lera sopra qual ho da andare, e mi perdoni se non son venuto a far il debito mio, che le tante facende che mi son sopragiunte ne son state cagione. Io atenderò a provedere

842 Onorio Savelli.

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11. I figli e le imprese nel Levante (1571-1574) | 309

e a far sempre cosa da cavaliero e bene, e cercare di sodisfar quanto posso a ogni per-sona, poi son resoluto che non mi abbia a dar fastidio novelle né bagatelle, così prego vostra eccellentia che faccia, no<n> creda sì facilmente, la suplico, poiché non farrò mai cosa indegna di me; mi facci favor baciar la pupa e me cre<de>rmi che l’adoro. Con che li bacio le mani. Il duca di Savoia si è contentato esserci compare,843 come con questa qua inclusa puol vedere, mi parrebbe che scrivessi una litera a madama sua moglie e una al duca e ringratiarli, io non mancarò scriverli ogni giorno poiché cominciano a ceder le facende. Con che di nuovo gli bacio le mani e mi ricomando alla pupa. Di Roma, il dì III di luglio nel 1571.

Di vostra eccellentia illustrissima consorte e servitor che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.105]

428. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 7 luglio [1571]844

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimoè capitato qui uno gentilomo del duca di Savoia il quale dice che fra 4 giorni ci sarà

uno cavaliero, parente stretto del duca, che viene da lui mandato per battezzare la nostra putta. Hora io non so nulla, né quello che mi debbia fare. Voi dovete haverli scritto. Ho ditto qualche cosa al suo imbasciadore a tal che detto signore manda a darli il battesmo. Io lasserò trovar la comare a voi, ma mi sa ben male che non hab-biate scritto nulla sapendo che casa mi trovo e in quanto disordine di dinari e nel maltempo che è senza la vostra presenza, che pure mi parerebbe giusto che vi ci fossi trovato. Pure sia come vi piace, scrivete quello che devo fare che tutto farò ma poiché costui viene, non parer dar la baia a detto signore che così amorevolmente lo manda. Sto in travaglio grande, e mi sarebbe parso giusta cosa mi havessi fatto scriver un verso. Di gratia date subito risposta e Dio vi guardi. Di Fiorenza, a dì 7 luglio.

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che vi adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.258]

429. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 16 luglio 1571

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e padrona osservantissima io li ho scritto lungamente e più di una volta sopra molti particulari e di quello

che per l’ultima sua mi scrive, già li ho scritto e pregatola a scrivere al signor duca di

843 Emanuele Filiberto duca di Savoia (1528-1580). Nella lettera successiva Isabella mostrerà la sua perplessità. Il duca manderà in sua vece Tommaso Isnardi conte di Sanfré, colonello e cappellano della guardia, cfr. lettera di Emanuele Filiberto a Giovanna d’Austria del 15 dicembre 1571, ASF, MdP, b.5925, f.283 (MAP, Id.34).844 La lettera manca dell’anno ma è stata qui inserita per evidente affinità con le lettere del 1571.

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310 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

Savoia ringratiandolo del favor che ci ha fatto di contentarse di esser compare, che il batesimo della putta, piacendo a Dio, sarrà al mio ritorno, e questi gentilhuomini si son mossi per lor piacere da quella corte senza venir per servitio di sua altezza in nesuna maniera. Li diedi conto <a> lungo per una mia quale mai ne ho saputo nuo-va si è capitata, e sotto vi era la scritta del cardinale, accioché vedessi in quella parte quanto fosse malignamente informata, e dell’altra li dava conto minuto. Apresso li do aviso come ho fatto il testamento,845 e avanti al partir glielo mandarò, accioché sia sicura che penso alle mie cose. Io spero, anzi tengo per fermo, di concludere il partito che io desideravo che sua altezza facesse che mi sarà di molta comodità e tan-to che quietamente potrò vivere, e in spatio di VIIII [anni] havrò tutto il mio netto. Ne gli ho voluto dar conto e suplicarla insieme a ricordarsi di rispondere. Io sto in ordine per andarmene su questa armata e a Civitavecchia mi imbarcarò con molta buona compagnia, se bene il signor Adriano non puol venire poiche li è sopragiunta un poco di gotta e febre che di già era a Bracciano. Io li scriverò piu lungamente con altra occasione, in questo mentre stia sana, faccia carezze alla pupa e mi voglia bene. Con che gli bacio le mani. Di Roma, il dì XVI di luglio nel 1571.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsini.

Qui vi è grandissimi caldi e vi more assai gente.[158, n.135]

430. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 19 luglio 1571

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissima venne Spatafuora846 l’altro giorno ringiovanito e mi portò una sua dove mi dava

conto di quanto havea operato per mia discolpa con quelli serenissimi signori, alli quali farrò sempre conoscere che gli son vero servitore, né devono scredere che uno della mia qualità abbia mai da far altro che offitio da cavaliero. Però la suplico a operar che non me se dian simil dispiaceri fuor di proposito. Circa il testamento-gliene diedi conto perché vedessi che non facevo le cose mie a caso e non per farla più certa del amor infinito che li porto, e con questa ne sarà una copia originale. Gli mando anco, siccome mi chiede per la sua, una copia del fidecomisso con li aminicoli che io ho, che l’originale non lo trovo, ma questo è tal che farrà il bisogno quando io havessi modo di esser avisato. La ringratio di tante gratie che mi scrive e la suplico a favorirmi apresso a Idio, come mi scrive con l’occasione, che son sicuro che saranno acette per l’amor che mi porta, e apresso al mondo con la sua autorità, poiché di là son tenuto in conceto di tanto tristo huomo.847 Io tengo mano a un

845 Il testamento di Paolo Giordano del 5 luglio 1571 è in ASC, AO, IV, b.42, f.6.846 Pompeo Spadafora maestro di casa.847 Si riferisce alle voci che si erano sparse a Firenze, v. lettere nn.422 e 429.

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11. I figli e le imprese nel Levante (1571-1574) | 311

partito quale, se bene non mi porta se non danno, però fra nove anni arò pagati li miei debiti e riscoso tutte le intrate con patto di redimere come, per il sunto che con questa harrà, potrà vedere, e spero verrà a fine poi che è con molto quadagno delli afituarii. E il papa, al quale baciai li piedi l’altro giorno e mi fece infiniti favori dandoli conto io della spesa che faceva per questa mia gita, fra gli altri ragionamen-ti che io ebbi, mi ascoltò e poi mi rispose:- avemo a core che sia come ci dite e il granduca doveria remediar alle cose vostre, come si disse quando fu qua da voler fare, che con questo animo vi facemmo il motu proprio – e mi donò uno agnus dei che lo mando a vostra eccellentia per la pupa, bastando a me quel che lei mi dette a Fiorenze. L’ho voluto tocar <con>questo motto acciò conoschi quanto è passato qua. A l’ultima sua brevemente risponderò e gli dico che non posso haver il magior contento al mondo che ella mi scrivi sempre l’animo suo, e se desidera farmi gratia la suplico a farlo sempre. Circa al mio partire son in ordine di ogni cosa. Forse va alunganno per la lungezza del signor don Giovanni come per la qui inclusa vedrà. Io non ho che altro fare che montare in galera. Li ricomando la pupa e mi facia gratia farli tener l’agnus dei che li mando; con che gli bacio le mani adorandola al solito. Di Roma, il dì XVIIII di luglio nel 1571.

Di vostra signoria illustrissima consorte e servitor che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.134]

431. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 20 luglio 1571

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimahieri scrissi a lungo, hora di nuovo li scrivo e ciò facio per ubedirla. La prego a

farmi gratia del ritratto della pupa e a creder certo che l’adoro. Il testamento glielo mandarò per quest’altro ordinario, poiché per questo non puol esser finito. Del resto mi tengi in gratia sua e di quelli serenissimi signori. Il partito che gli scrissi hieri non glielo mando, ma lo mandarò per quest’altro procaccio con qualcosa di più sopra al fidecommisso. Con che gli bacio le mani ricomandandogli la pupa e resto adoran-dola. Di Roma, il dì XX di luglio nel 1571.

Consorte che l’adora e servitor Paolo Giordano Orsino.

[158, n.115]

432. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 28 luglio 1571

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimahieri ricevei una lettera di vostra eccellentia con il ritratto della pupa che mi son

stato l’uno e l’altro di tanta consolatione che più non mi potevano essere, e certo

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312 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

che a il dolore che havemo hauto della morte della duchessa di Mondragone848 non bisognava men refrigerio, che l’inprometto che la signora duchessa e mi sorella849 non possono dir altro, e di già tutta Roma ha mandato per il ritratto, e certo che è cosa da vedere, se pure la affetione di essermi figlia non mi inganna. La fece vedere al cardinal de Medici, il quale dice che li fa venir maggior voluntà che quella che ha di venirne a Fiorenze e sta benissimo. Qui ci fanno grandissimi caldi e ci more qualcuno, ma al rispetto dell’altri anni si puol dir che vi sia sanità. Sto aspettando con desiderio il signore don Giovanni, né qui si tien la sua venuta tanto presta come mostra l’andata del signor principe a Livorno, anzi se stima che diferirà alcun gior-no.850 Io sto a l’ordine, né altro mi manca che montar in galera. Con questa sarrà il testamento, vostra eccellentia lo tengi e lo veggi, seben desidero che altri che lei non lo vega. Aspetto con desiderio il libricino, sì perché vi sarrà molte devotioni, come anco venendo di man sua. Qui non vi è altro di nuovo. Il papa sta bene, seben usito un stinco in Belvedere volendo saltar un fosso. Io speravo, finita questa giornata, andarmene in Spagna e di là passarmene per Francia e in Savoia a baciar le mani al signor compare, però gliene darrò minuto conto per un’altra mia. Farò l’acomodo delle miei cose, come per altra mia le scrisi, e spero di concluderlo, seben con mio danno, ma pur verrà pagato ognuno, e se presto le cose con patto di ridimere, e così come vostra eccellentia ha inteso, il partito passa, del resto se va facendo quanto si può e spero in Dio che comparirò in questa giornata con qualsivoglia, e del resto voglia Dio che vengi la occasion che ci posiamo veder con li nemici, mi resta solo suplicarla a far opera con li Fornari mercanti in Fiorenza851 che mi vogliono dar lume delli 15 mila scudi che ho haver della corte catolica, perché a Firenze mi dettero certezza che il negotio si acaparia, e per non fastidirla più farrò fine suplicandola a creder che l’adori e la ricomando la pupa poiché il merita, e mi faccia gratia di comandarmi, con che gli bacio le mani. Di Roma, il dì XXVIII di luglio nel 1571.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.131]

848 Si tratta di Clarice Orsini, prozia di Paolo Giordano, figlia di Gian Giordano Orsini e Felice della Rovere, sposata con Luigi Carafa principe di Stigliano e duca di Mondragone.849 Giovanna d’Aragona e Felice Orsini Colonna.850 Francesco de’ Medici si era recato a Genova da Livorno per incontrare don Giovanni e cercare di ricomporre la grave crisi diplomatica apertasi con la Spagna e con l’Impero dopo la concessione del titolo di granduca da parte del pontefice, cfr. J. R. Galluzzi, Istoria del granducato di Toscana, cit., vol.III, pp.138-139.851 I Fornari erano banchieri di Filippo II, cfr. H. Lapeyre, Simon Ruiz et les «asientos» de Philippe II, Paris, Colin, 1953, pp. 28, 40, 74, 90. Dopo la restituzione delle insegne dell’Ordine di Santo Stefano al re di Francia, Paolo Giordano aveva avuto la promessa dal re di Spagna di una provvi-gione annua di quattromila scudi, da prelevarsi sulla gabella della seta di Napoli , che però, come si evince da varie lettere, faceva fatica a riscuotere, cfr. la lettera di Giovanni Antinori da Madrid del 4 febbraio 1570 (ASC, AO, vol.152, n.151).

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11. I figli e le imprese nel Levante (1571-1574) | 313

433. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 6 agosto 1571

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissimame imbarco hora né altro li dirò che solo che sto bene e li darrò raguaglio di mano

in mano del mio essere. Il signore don Giovanni mi ha lasciato le due mie galere e quanto oltre alla […] del mio esser, la signora mia sorella li darrà raguaglio et io l’adoro e li ricomando la pupa, e di nuovo l’adoro. Di Roma, il dì 6 di agosto.

Consorte che l’adora e servitor Paolo Giordano OrsinoVostra eccellentia mi facia gratia baciar le mani a loro altezze.

[158, n.277]434.

Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici Napoli 18 agosto [1571]852

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimaoggi che siamo alli XVIII ci partimo per Cicilia per andar a giongersi con l’armata

del papa e venetiana, e se non ci avessi tenuto il mal tempo di già vi sariamo. Non è agionto ancor Giovanni Andrea853 con la sua trupa, ma per la molta prescia che il papa ha fatto al signore don Giovanni si è fatta questa resolutione. La gente se ne va ama-lando e morendo, e delli spagnioli vi sogni e tedeschi in grandissima quantità. Di casa mia, fra Roma e qui, son stati amalati quasi tutti, et io ebbi tre termini di febre e guarii per mare. Il signore Giovan Paolo ha febre, ma spero non arà male. Giovanni Antinori l’ha hauta una buona ventura che il male li cominciò tristissimo, però con sangue si è guarito. Altri gentiluomini e soldati, chi è guarito e chi fuor di pericolo. La casa del principe di Urbino e Parma854 quasi la magior parte sonno amalati. Io per la Dio gratia sto bene, spero a star meglio, ma deve haver inteso fra il principe di Parma e me che passò un non so che per non gli scrivo, basta bene che sia cavaliero, e son di chi devo, e lo sarrò sempre mentre arò vita, e se mai valerò niente per poter servir quelli patroni lo conosceranno che lo farrò con ogni amore e devotione.855 La signora Maria Orsina856

852 La lettera manca dell’anno ma è stata qui inserita per evidente affinità di argomento con le lettere del 1571.853 Al comando supremo della flotta spagnola era don Giovanni d’Austria e sotto di lui il Doria comandante del corpo di spedizione spagnolo. Paolo Giordano era luogotenente di don Giovanni d’Austria. Era l’unica posizione possibile per lui poiché, per ragioni di precedenze, non poteva stare in posizione subordinata al Doria, né tantomeno a Marcantonio Colonna.854 Guidubaldo II della Rovere duca di Urbino e Alessandro Farnese duca di Parma.855 Alessandro Farnese era tra i principi italiani che si ritenevano offesi e danneggiati dalla con-cessione a Cosimo de’ Medici del titolo granducale. In occasione dell’incontro a Genova con don Giovanni, il Farnese si era rifiutato di salutare Francesco de’ Medici (J. R. Galluzzi, Istoria del gran-ducato di Toscana, cit., vol. III, pp.138-139). Si può supporre che non siano mancate offese simili anche nei confronti di Paolo Giordano.856 Maria, figlia di Antonio Orsini duca di Gravina, moglie di Giovanni d’Avalos.

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314 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

mia nipote bacia le mani di vostra eccellentia e merita di eserli serva, perché l’adora e desideraria un ritratto suo. Dica vostra eccellentia al signore Don Luigi, 857 che era vero che Napoli è il giardino del mondo e de delitie, e credalo vostra eccellentia, così che non si puol arivare858 a Napoli. Mi signora madonna Gironima859 li bacia le man, e molte altre signore e parenti e, sì huomini come le donne me han tanto regalato che parto pazzo per Napoli. Vostra eccellentia mi tengi nella sua gratia e creda che l’adori e del resto spero pigliarà ogni giorno più contento di questa mia risolutione, con che gli bacio le mani suplicandola ad amarmi. Di Napoli, il di XVIII di agosto.

Qui vi è piouto assai e li medici dicono non esservi più mutation di aria poiché si è rifrescato un puoco. Altre bagatelle vostra eccellentia le potrà intendere per altra via.

Servitor affetionatissimo e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsini.

[158, n.132]

435. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Napoli 20 agosto 1571

Illustrissima e eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimacon la occasion di Giovanni Antinori non ho voluto mancare di non baciarli le

mani e farli saper il mio ben esser e che hora hora son montato in galera, e stanotte alla prima guardia ci partiremo per Mesina. Del resto non ci è che scrivere, solo che il signor don Giovanni mi fa tante gratie che non possono esser più. Ho comesso quanto di più accade al detto signor Giovanni Antinori, e facciami gratia ricordarsi di me, e raccomando la pupa. Di Napoli, su la galera, il dì XX di agosto nel 1571.

Servitore e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.104]

436. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Messina 26 agosto 1571

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimanon mancarò per ogni occasione far che ella abbia nuova di me come hora facio.

Ci partimo di Napoli alli XXII di questo e hiersera arivammo a Mesina, che avemo hauto un pasagio mirabile, dove son alogiato in casa di un cavalier ciciliano che ha un figlio che viene a questa giornata con me che mi fa tanti regali che non è posibil più. Arivammo a XXII hore e li generali del papa e ‘l venetiano860 venero ad incon-

857 Don Luigi di Toledo zio di Isabella. 858 Competere.859 Geronima Colonna Pignatelli duchessa di Monteleone, sorella di Marcantonio Colonna.860 Il comandante della flotta veneziana era Sebastiano Venier, duca di Candia e Generale del mar della Repubblica di Venezia. Messina era stata scelta come base di ricongiungimento di tutte le flotte della Lega che arrivarono molto lentamente e salparono insieme il 16 settembre.

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11. I figli e le imprese nel Levante (1571-1574) | 315

trar don Giovanni un mezzo miglio, e di poi salutatosi montorno nella galera reale e stetero un puoco e ripartirosene nelle lor galere e si spiegò il stendardo della lega. Da qua non vi è altro che una buona voluntà di dar drento e buona gente onestamente, ma Dio voglia che abbiamo occasion di mostrarsi, poiché le sessanta galere di Can-dia non compariscono, né se ne sa nuova.861 Il marchese di Santa Croce non è arivato di Napoli,862 né Gianandrea863 de Genova. Qua si è ripartita la gente in questi luogi vicini e li todeschi, che fra lori vi era mezza peste, di poi che sono alla quarniscione stanno assai meglio. Dice il colonello del conte Alberigo di Lodron864 che l’altri delle galere stanno assai bene, io atendo a vivere nella maniera che potrà intendere, cer-cando di non perdere il tempo quando mi vengono occasione e havemo un generale che ognuno gli è schiavo tanto è gentile, et io in particular gli devo molto.865 Resta che mi tengi in gratia di quelli serenissimi signori e che credi che l’adori e la rico-mando la pupa di che li bacio le mani. Di Mesina, Il dì XXVI di agosto nel 1571.

Servitor e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.133]

437. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Messina 13 settembre 1571

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e padrona osservantissimaoggi che semo alli XIII di setembre ci partimo alla volta di Brindisi e de llà per

Corfù, dove sin hora vi è l’armata turchesca, con animo risolutissimo di combaterla. Mi è parso mio debito scrivergli come per ogni occasion ho fatto, e scriverli tutto questo, acciò non si maravigli se non arà litere mie per un pezzo, ancorché non man-carò per ogni occasion che potrò non mancarò farlo. Pregi Dio per noi che ci dia vitoria, e di me si asicuri che, morto o vivo, farrò quanto si conviene a cavaliero. Mi trovo su la mia galera 150 homini fra li quali ve deveno esser più di 50 cavalieri e il resto capitanij e offitiali, e per vita vostra, la meglio gente che si possi vedere, e tale che ognun ne ha che dire. Io son sano e su l’armata non vi è malatia d’inportanza. Ve ricomando mia figlia e spero in Dio rivederla presto. Con che gli bacio le mani suplicandola a farmi gratia baciar le mani a lor altezze e ricomandarmi a tutti. Di Galera, di Messina, il dì XIII di setembre nel 1571.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsini.

[158, n.137]

861 Le sessanta galere di Candia facevano parte della flotta veneziana.862 Álvaro de Bazán, marchese di Santa Cruz (1526-1588), era uno dei comandanti della flotta spa-gnola alla battaglia di Lepanto.863 Doria.864 Alberico di Lodron proveniente dall’antica famiglia trentina dei conti di Lodron.865 Si riferisce a don Giovanni d’Austria.

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316 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

438. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Lepanto 10 ottobre 1571

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimamando il cavalier di Fabij866 a dar conto a lor altezze della gratia inaspettata che per

sua bontà el nostro signor Iesu Cristo ci ha fatta di romper l’armata nemica, e quella che a me particular mi ha fatto di farmi combater con la mia galera con la capitana di Pertù Bassa,867 che è la prima persona della armata, di poi haver combatuto con un’altra e socorso la reale, come il signor don Giovanni sa, e il cavalier gli lo dirrà, e con la gratia de Idio non ho auto altro che una frezzata in una gamba di poca im-portanza. La vittoria è tale che da quella di Algeri in qua non si vista la magiore, né la più sanguinosa. È morto lo sventurato signor Vergilio Orsino,868 il signore Troilo Savello una archibusciata in una coscia, il cavalier Spina,869 parente del Spina a chi puoco avanti salvai la vita, che lui e il cavalier di Fabii han fatto miracoli, una corte-lata in un bracio, ne sta niente bene il cavalier Mazzingi870 et un morto, feriti molti cavalieri e signori, però di poco importanza. Havemo morti tanti turchi che appena ne son rimasti in Torchja. Il luoco della bataglia si chiama li Peschieri di Lepanto e il […] del altri particulari il cavalier detto riguagliarà vostra eccellentia. Li vaselli saran da 190, e molti nostri da prua a poppa morti ogniuno, anderemo avanti e del seguito ne terrò conto a vostra eccellentia, né dubiti che farrò honor a me stesso, li sia ricomandata la pupa e pensi a qualcosa per vostra eccellentia e gli bacio le mani. Di Porto non so il nome, il dì 10 di ottobre nel 1571.

Di vostra eccellentia illustrissima consorte e servitor che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.102]

439. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 23 novembre 1571

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimaharivai hieri a Roma né ho voluto mancar di non basciarli le mani e farli saper che

quanto prima potrò sbrigarmi di alcuni negotii che ho qua, che mi sforzarò finirli più presto che potrò, me ne verrò a vederla come molto lo desidero. La prego ricor-darsi di me e a creder certo che l’adori e mi faccia gratia basciar le mani al signor

866 Girolamo de’ Fabi, vedi nota n.617.867 Pertev Pasha, vice ammiraglio turco, combatteva nel corno centrale dello schieramento. Paolo Giordano lo sconfisse e si impadronì della sua galera, cfr. Onorato Caetani, Girolamo Diedo, La battaglia di Lepanto (1571), Palermo, Sellerio 1995, p.135. 868 Virginio Orsini del ramo di Vicovaro.869 Forse un membro della famiglia Carafa della Spina.870 Si tratta del cavaliere di Malta fra’ Luigi Mazzinghi rimasto ferito, cfr. F. Settimanni, vol.III, c.547-550.

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principe e granduca e baciar Leonorina mille volte che ho grandissimo desiderio vederla. Del resto all’arivo mio lì, che sarrà prestissimo, la raguagliarò minutamente di tutto l’animo mio. Mi tengi in sua bona gratia e gli bacio le mani. Di Roma, il dì XXIII di novembre nel 1571.

Di vostra eccellentia servitor e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.130]

440. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 23 novembre 1571

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimoadesso che siamo a 24 hore siamo arrivati da Cerreto dove siamo stati otto giorni

con spasso infinito per haver fatto caccie di ogni sorte e bellissime e certo che mille volte la ho desiderata in queste bande. Stando scrivendo questa mi è arrivata una sua la quale mi ha dato quel maggior contento possibile, e tanto più poiché veggio il desiderio che mostra di venir di qua, che Dio faccia sia presto e con sua sanità. Ho scritto di Cerreto una […] lettera, crederò la havrà riceuta e per essa <po>trà veder che dal canto mio non si mancharà far tutto quello che si potrà. La pupa sta bene, ma è tanto delicata che non si può dir più. Mio patre desiderava vederla, né mai mi sono ardita menarla in castello rispetto che subito che esce di casa infredda e par che affogi, io non sarò più longa, solo li ricordo quanto l’adoro e con questo fine li bacio le mani e così al cardinale. Di Fiorenza, a dì 23 di novembre 1571.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.126]

441. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 30 novembre 1571

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimaio sarrei di già a Fiorenza se non mi havesse ritardato il mal della gamba e veder

di sodisfar al credito di lor altezze che hanno meco, e portar anco qualche dinaro per sadisfar a chi devo dare di particulare, e riscotere le robbe impegniate al Monte che fra 4 o 6 giorni spero di poter metermi in camino, et ho fatto risolutione, come li dissi, viver nella stantia mia e in casa mia con quello che mi son servato, che sarrà fra ogni cosa, includendoci le provisioni del re, 14 mila scudi.871 Ne ho voluto dar conto a vostra eccellentia e pregarla che si metta in ordine per favorirmi, accioché vengi sadisfatto come è dovere, che il tempo che ho da star in mia casa viva con mia moglie. Già ho trovato casa conveniente, e si farrà aconciare che, se non sarrà degna di lei, almeno sarrà comoda per li tre o quattro mesi che mi starrò di qua, e se po<i>

871 Paolo, con l’incarico del re di Spagna, ha un buono stipendio e vorrebbe stabilirsi a Roma.

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318 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

[…]a piacendo a Idio, ritornarò a servire il re per non esser afatto disutile suo servitore e al mondo, e allora vostra eccellentia potrà tornarsi a Fiorenze, se così li piacerà. Ho scritto al signor duca di scriver che faccia trovar un gentilhuomo a Fiorenza, accioché si portassi la pupa con meno spesa, e quanto al condurla o lasciarla, lascio di ciò il pensier a lei da [dir] se non mi piacerebbe averla apresso, ma se ciò potessi tornarli in danno non lo desidero. Aspetami dunque vostra eccellentia e comincisi a preparar per il viagio poiché di già deve ricordarsi di quanto li ragionai e quel che va risoluto che l’amo del mede<si>mo animo, con che adorandola li bacio le mani. Vostra eccellentia mi faccia gratia dirmi se alcuni schiavi e schiave che io ho vol vederli a Fiorenza o a Roma, e baci la pupa in mio nome. Di Roma, il dì XXX di novembre nel 1571.

Di vostra eccellentia illustrissima consorte e servitor che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.103]a L’inchiostro molto ferroso crea aloni scuri che in alcuni casi rendono difficile la lettura del verso di questa lettera.

442. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 1 dicembre 1571

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimonon lasserò mai passar occhasione che io non scriva a vostra eccellentia e li dia

nova di me che per la Dio gratia sto bene e così la pupa, ma non pocho fastidiosa con li sua denti che di già ne ha dua, né mai fa altro che di chiamarla, però se lei ama la pupa, come credo, la sa quello che bisogna che faccia per dar a lei et a me conten-to, poiché credo che le occhupatione non siano tali che lo devino intertenere, pure faccia la sua voluntà, che di tutto sarò sempre contenta, ancor che duro mi sia senza occhasione dover viver senza di lei. Io la aspetto e con infinito desiderio, e desidero saper come sta della sua gamba e mi parerebbe giusta cosa che messer Padovano me ne dessi talvolta raguaglio poiché è sua cura. Pure mi rimetto a quello lei si contenta, basta che io lo adori e che nissuna cosa desidero più la sua vista, se me la vorrà conce-der, che pure ne sarebbe ora, e con questo li bacio le mani, e così al cardinale al qual non scrivo per non aver tempo. Di Fiorenza, a dì 1 di dicembre 1571.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.120]

443. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 16 febbraio [1572]

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimoho scritto già tre lettere e di nissuna ho hauto risposta, ne do la colpa alle molte

visite che deve havere. La prego bene a farmi almeno scriver di sua salute da messer Padovano, che so lo farà volentieri, per darmi questo poco di satisfatione acciò sap-pia come è arrivato e come sta e come passano li negotii nostri. Io sto non troppo

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bene, ma la Nina saporitissima, tanto che mi fa esser matta spantata che mai esco di camera sua. Il signore Carneval sta molto frio e bagniato e benché siano andati fora canti, ranciate872 et altre cose, non ho visto nulla. Questi signori stanno bene, el serenissimo principe vegliò iersera meco fino a 4 hore e vi bacia le mani, e non essendo questa per altro, resto adorandovi e baciandovi le mani e così al cardinal al qual non scrivo per non darli noia et di novo resto adorandovi. La signora Nina vi manda un bacio. Dio vi guardi. Di Fiorenza, a dì 16 di febraro.

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che vi adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.256]444.

Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici Roma 17 febbraio 1572

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e padrona osservantissimaarivai a Roma e trovai le mie cose in quel term[ine] pegiore che potesse esser e

cerco di darli rimedio, seben le galanterie del carnevale deviano me e gli altri di no<n> poter così tosto dargli fine. Però sonno incaminato bene, io sto molto bene e spero partirmi più presto che non credeva poiché ho auto una letera dal signor don Giovanni che mi vada a salutarlo, se così fosse parso al comendator magior873 il quale non ha voluto per anco, perhò puol esser ogni giorno, desidero lo facci saper a quelli che desiderono venir meco, e sopra tutti al maestro di campo Ernando,874 del resto mi tengi in sua buona gratia, con che l’adoro e gli resto schiavo suplicandola a carezzar la pupa. Di Roma, il dì XVII di febraro nel 1572.

Servitor e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.142]445.

Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ MediciRoma 23 febbraio 1572

Illustrissima e eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimaio mi trovo dua sua, una dove mi da conto delle cose che la supplicai che mi facessi

fare, l’altra dove mi scrive della puoca sua salute e che la Nora sta bene veramente, che mi ha dato tanto fastidio il sentir la puoca sua sanità quanto l’alegrezza che la Nina vada bene, la suplico per l’amor de Idio ad aversi cura, e creda certo che l’adoro che ho il magior martello del mondo di vederla. Le cose mie per anco non si è fatto niente ma

872 La battaglia delle arance, tipica del carnevale d’Ivrea, era anche uno dei rituali del carnevale fiorentino.873 Luis de Requesens y Zúñiga commendatore maggiore di Castiglia.874 Potrebbe trattarsi del maestro di campo Hernando di Sastre già al servizio di Chiappino Vitelli, cfr. Anton Francesco Cirni, Comentarij d’Antonfrancesco Cirni corso, ne quali si descrive la guerra ultima di Francia, la celebrazione del concilio tridentino, il soccorso di Orano, l’ impresa del Pignone e l’ istoria de l’assedio di Malta, Roma, Giulio Accolto, 1567, p.116.

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320 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

spero far presto qualcosa poiché vi sono varie pratiche perciò mi vo alestendo per an-dare, e di già ho cominciato a far le provisioni. Desidero sommamente saper la voluntà del maestro di campo Ernando, poiché da poi che li scrissi non mi ha mai risposto, seben mi disse di voler venir meco. Gli mando scudi cento per finir quel che li lasciai, desidero la cassetta quanto prima e così le cose di Fiorenze e mi facia gratia mandar la Spina a Lione a farlo solecitare per li cagnoli e fiori. Dio la guardi quanto desidera et io resto adorandola, baci la Nina in mio nome, e a lei e a vostra eccellentia vo buscando un non so che. Gli bacio le mani di Roma, el dì XXIII di febraro nel 1572.

Mi faccia gratia baciar le mani <all’>altezza del principe e ricordarle la mia servitù de novo, e dica al conte di San Secondo che se vol che faccia qualcosa con il cardinal Orsino875 mi scriva il modo.

Servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.159]

446. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 28 febbraio 1572

Illustrissima signora consorte et patrona osservantissimanon voglio mancar di dargli nuova di me che per la Dio gratia sto bene e darli

conto di quanto passa intorno alli negotii di casa mia come quelli della persona mia. Il negotio delli danari di lor altezze credo si effetuarà oggi e si è tardato tanto per far il meglio, poi che ve ne erano molti e in vari partiti, del resto l’afitto seque et io intendo metermi a l’ordine per andarmene e da questi signori espagnoli ho molti favori, e sperarò di haver presto qualche bene. Mi ralegro con vostra eccellentia che il male che mi scrive d’aver sarrà forse bene da me tanto desiderato, e caso che fosse,876 desidero saperlo da lei poi che questo saria il magior contento che per me potessi essere. Scri<ssi> al maestro di campo Hernando né ho mai hauto risposta, suplico vostra eccellentia a scriverli e a procurar la risposta e far intendere a questi genti-luomini che vogliono venir meco che stiano preparati: desidero la espedition delli fiori e averli quanto prima con li altri zacare877 però la suplico che essendo finite, me li mandi insieme e con […]. Feci scrivere a Iacobo Buonaparte che mi mandassi lo spechio grande e il scudo, la suplico a farmelo mandar quanto prima, e desidero quel orologio mio quadro, quel bello, che la suplico anco mandarmelo, poiché li do la mia fede di non donarlo a nesuno, con che gli bacio le mani suplicandola ad aver cura di pupa e a basciarla in mio nome. Di Roma, il dì ultimo di febraro nel 1572.

Servitor affetionatissimo che l’adora Paolo Giordano Orsini.

[158, n.158]

875 Flavio Orsini.876 Isabella è incinta di nuovo. A settembre del 1572 nascerà Virginio.877 Zagare, fiori d’arancio.

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11. I figli e le imprese nel Levante (1571-1574) | 321

447. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 8 marzo 1572

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimonon ho scritto fino adesso per esser stata in letto con dua terzane fin a tre dì sono, le

quali mi hanno tanto affiachita che apena posso tener penna in mano. Ho mandato le cose per Elicona, el cappello, e l’oro et argento lo manderò per Alessandro Becche-ria il quale è qui per venir a servirvi, ma vi prego a far che serva di altro che di paggio, perché è già homo e è atto a servir come homo, e non come putto.878 Desidero che mi facciate gratia concedermi licenti<a> che io possi haver del Stato rubbia 150 di grano e 2000 staia di biada, pagandola però con li miei dinari, e la tratta la haverò dal papa. Mi farà gratia grandissima, se però non lo scommoda. Circa Lessandro scrivami se se ne vol servir for di paggio che domandarò subito, e se vole che io dica alli gentilo-mini che si mettono in ordine scrivami chi sono che non lo so. Ernando sarà costì fra pochi giorni e havendo Luigi Bonsi879 chiesto licentia di venir alla guerra mi è parso dirli che venga a trovar vostra eccellentia perché so che è giovine molto honorato et ha fatto questione con molto suo honore, ce lo rachomando e massimo havendo visto il desiderio che ha di esservi servitore, so che vi farà honore. Circa la mia gravidezza se io lo sapessi non havrei mancato farcela subito sapere, ma da poi ho partorito non ho mai riauto né a via né a verso, però non posso dir cosa nissuna. È ben vero che da poi la vostra venuta non ho mai visto cosa nissuna,880 ma può così esser mala indi-spositione come gravidezza. La Nina sta bene, e poiché sono molto straccha fo fine e li bacio le mani e così al cardinale. Le cose di francesi881 dice il Spina non ci possono esser prima che a mezzo aprile, et adorandola fo fine. Di letto, il dì 8 di marzo 1572.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.90]

448. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

[Roma] 10 marzo 1572

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e padrona osservantissima messer Paolo Politi882 desidera esser racomandato da vostra eccellentia al signor

principe per uno ofitio nel stato di Siena la prego favorirlo. Mando il Mazatosto

878 Questo Alessandro Beccaria, figlio di Fabrizio, fu allevato alla corte di Cosimo de’ Medici e nel 1593 fu mandato ambasciatore a Milano da Ferdinando de’ Medici diventato granduca, cfr. F. Zazzera, Della nobiltà dell’Italia, P.I., Napoli, Gargano e Nucci, 1615, pp.36-37.879 Luigi di Matteo Bonsi vestì l’abito di Santo Stefano l’11 marzo 1572, cfr. G. V. Marchesi, La Ga-leria dell’Onore, cit., p.339.880 Si riferisce al ciclo mestruale.881 Paolo aveva mandato a prendere a Lione cani e fiori.882 Questo Paolo Politi faceva parte dell’Accademia degli Uniti di Siena con il nome di Cavalier Svegliato, la sua impresa accademica era l’insegna di un orologio, cfr. Francesco Cancellieri, Le due

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322 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

a baciarli le mani e poiché non posso io fare questo offitio presentialmente, ho comesso a esso che dica a vostra eccellentia le cause che mi fanno restar che non complisca a questo mio desiderio. La suplico ad ametterle poiché veramente non ne posso fare altro, e la prego ad aversi cura e a purgarsi accioché questa state possi star sana, che al partir mio di là mi pareva ne havessi bisogno. Del resto l’adoro al solito e mi facia carezze a Noruccia poiché non ho cosa al mondo che più amo che vostra eccellentia e lei. È piaciuto al re, senza che io ne abbia fatto instanza, darmi il carco della infanteria italiana e comandandomelo non posso ricusarlo, oltre che me lo prega.883 Vostra eccellentia intenderà più minutamente dal Ma-zatosto quanto passa, et io resto adorandola. Venne Elicona con tante belle cose che hanno oscurato Roma in simile genere. Con che gli bacio le mani, il dì X di marzo nel 1572.

Di vostra signoria illustrissima servitore e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.144]

449. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 10 marzo [1572]884

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimol’aportator di questa sarà Luigi Bonsi il qual viene costì per servir vostra eccellen-

tia, però la prego ad accettarlo nella sua comitiva per mio amore che so la servirà di core, né si maravigli che ce lo rachomandi così caldamente che tutto fo per le bone qualità sua e lui desidera il favor di vostra eccellentia per non esser assasinato da certi, come da lui intenderà, li quali se si tengono da lui gravati, lo tirino per la cappa che risponderà, la cosa è intravenuta in casa mia, però sono obbligata favorirlo apresso di lei. La quistione è con Cornelio Altoviti per haver lui ditto parole alla moglie pocho conveniente a gentilomo, e questo giovine, spinto dal honor suo, li ha dato un sciaffo potendoli dar delle pugnalate, ma per non haver con esso arme non li dette, è ito solo per Fiorenza e non si è risentito però volendoli far torto885. Vostra eccellentia lo favorisca che lo merita, e con questo fine li bacio le mani e l’adoro. Di Fiorenza, a dì 10 di marzo.

Di vostra eccellentia serva e consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[157, n.297],

nuove campane di Campidoglio benedette dalla santità di N.S. Pio VII, Roma, Antonio Fulgoni, 1806, p.105.883 Sull’incarico v.note 788 e 789.884 La lettera manca dell’anno ma è stata qui inserita per evidente affinità di argomento con le altre.885 Sull’episodio cfr. Giuliano de’ Ricci, Cronaca (1532-1606), cit., p.85.

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11. I figli e le imprese nel Levante (1571-1574) | 323

450. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 11 marzo 1572

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte e patrone osservantissimoviene costi il maestro di campo Ernando; so che non acchade che io li dica cosa

nissuna sopra lui perche so che vostra eccellentia lo conosce meglio di me, però sopra di lui non li dirò altro, salvo li ricorderò che non è homo di dozzina,886 e viene con tanto amore quanto dir se possa e con bona licentia del signor principe, però sapen-do quanto vostra eccellentia l’ama non dirò altro, solo li ricordo che l’adoro e che cosa nessuna al mondo adoro più che lei e che mi par dura cosa a viver sempre senza lei. La prego mandarmi quelli dua che fanno li tappeti, che li terrò questa state per mio passatempo, e faranno qualche cosa per la casa, e li mia stiavj intanto impare-ranno. La Nina sta bene e mai fa altro che chiamar il babbo suo et ha quattro denti. Le cose sono finite e le manderò per Lessandro, delli vasi ne ho buscati quattro, li ricordo rimandarmi li miei bottoni hora che stiamo più che a mezza quaresima. E con questo fine li bacio le mani e così al cardinal mio fratello. Di Fiorenza, il dì 11 di marzo 1572.

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che l’adora donna Isabella medici Orsina.

[158, n.147]

451. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 15 marzo 1572

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e padrona osservantissima mando la quantità di danari che vostra eccellentia intenderà al signor principe

che ascenderanno alla somma di scudi 4277 e cercarò tuttavia di mandargli l’altri e poiché sua altezza mi fece intendere che ne aria mandato a vostra signoria mille scudi ogni volta che li fossero pagati l’altri e di quelli ne avesse hauto sigurtà idonea, questo ascende a X mila, a tal che la gratia che chiego a sua altezza non è che di duamila scudi. Suplico vostra eccellentia a paregiar il negotio, e stasera ho riceuto la letera sua e gli darrò risposta subito, con che gli bacio le mani. Di Roma, il dì XV di marzo nel 1572.

Di vostra signoria illustrissima servitore e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.140]

886 Modo di dire per indicare chi vale poco, come le cose che vengono vendute a dozzina, da cui dozzinale.

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324 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

452. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 16 [marzo] 1572

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimahierlaltro, avanti l’arivo del maestro di campo Ernando, mi fu data una litera

di vostra eccellentia e hiersera il detto maestro di campo me ne diede un’altra le qual due mi han dato il magior contento del mondo, sì per veder che si aricordi di me, come per esser certo della sua salute, che mi ha dato tanto fastidio questo suo male che non saprei incominciar a scriverlo. Abbiasi hora cura per l’amor de Idio, né faccia tropo affidanza, perché me dicono che a […] e procuri di esser certa si è gravida accioché se non lo fosse non si venissi a inveterar qualche male avito e che fosse causa della puoca sua salute, e se desidera favorirmi e che io viva contento faciami gratia di aversi cura e medicarsi, avendone bisogno, perché così andrò io contentissimo a questa giornata. Del particular di Alesandro887 già mi era predisposto farlo mio cameriere, hora tanto più comandandolo vostra eccellentia non mancarò tratarlo sì come merita l’esser suo e la servitù che mi fece il fratello. La biada e il grano ho comesso a Ricardo Mazzatosto che a ricolta lo consegni qua o darne a chi vorrà vostra eccellentia, né accade pagamento, essendo lei padrona come me di quanto io ho e il detto scriverà più a lungo a vostra eccellentia. Gigi Bonsi molto volentieri lo pigliarò comand<and>olo vostra eccellentia, ma mi vien detto che è fastidiosissimo giovane. Suplico vostra eccellentia a dirgli liberamente che non pensi a usar termine di fastidioso perchè io son resolutissimo che, se mio figlio li fosse, avendome di gastigarlo, perché un di questi abasta guastar una compagnia, e l’altranno lo provai, sia servita la suplico a chiarirli la partita, e di poi non pensavo io averlo per racomandato più di ogn’altro, comandandolo vostra eccellentia. Quelli gentiluomini che dissero di venir meco non è anco tempo a scomodarli, poiché li aparati per l’impresa vanno a lungo e darei scocio a loro e spesa a me. Io entrarò nel legno quest’altra settimana, m’è parso dargliene con-to.888 Nel particular del maestro di campo Ernando non li dirrò altro salvo che alla giornata conoscerà vostra eccellentia che, oltre quello che ella me ne dice e comanda che facia, lo conosco io molto bene, e la farrò partecipe di ogni mio bene. La ricomando la pupa e tenga per fermo che l’adori e che sento la solitudine di non esser in sua compagnia, che se pensassi esser monarca non voglio in niuna maniera più viverci, perhò mi favorischi al ritorno, piacendo a Idio che la trovi a Roma, e mi dia contentezza che io sappia certo si è gravida. Con che adorandola gli bacio le mani suplicandola a baciar la putta in mio nome. Di Roma, il di XVI di setembre nel 1572.889

887 Beccaria.888 Intende che inizierà la cura del legno santo.889 Paolo data chiaramente questa lettera settembre ma si tratta di un evidente errore perché è una risposta alla lettera precedente di Isabella di marzo. Ancora deve partire con l’armata e non sa se Isabella è incinta, mentre a settembre Isabella ha già partorito, di conseguenza è possibile che

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11. I figli e le imprese nel Levante (1571-1574) | 325

Servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino

[158, n.168]

453. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 26 marzo [1572]890

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et padrone osservantissimoricevetti una sua amorevolissima la quale mi recò un contento infinito nella

quale mi consiglia a medicarmi, ma sto in dubbio che chi mi piaga può solo medi-carmi perch’é per certo che la sua tornata sia stata causa della mia indispositione, però bisognerà pensare ad altro che a medicine per[ché] quelle mi noceriano di certo. Di gratia non lo dite finché non sento la criatura, che sarete il primo a sa-perlo. Credo che sarà un’altra bimba perché sto tanto bene che non si può dir più, e aspettavo il mio tempo alli 10 di gennaro, né mi venne allora né poi mancho. Altro hora non so sopra questo che dir altro. La pupa sta bene, è tanto saporita che non può esser più. Ho contento infinito della sua salute e mi piace che pigli un poco di legnio per poter meglio faticare acciò che il viaggio lo trovi vacuo di tristi umori. Circa ch’io viva seco sono sua, né mai farò se non quello che sarà la sua volontà. L’aportatore è Alessandro, il qual vi sarà servitore fidelissimo et viene tanto volentieri, del modo fateli carezze che lo merita per la bontà sua. Cialdone mi ha dimandato licentia di andar a questa impresa, se lo volete ve lo manderò, è bon figlio e se vi contentate vi può servir per scudiero, se non, lo rachomanderà a qualchuno acciò vada appoggiato. Circa il paggio facciami scriver la età che tiene che li dirò se fa per me perché ho risoluto mutar foggia di vita, come saprà, per l’avenire. Gigi Bonsi sarà arrivato costì, né ce lo avrei mandato se fussi stato fastidioso. Ricardo mi ha scritto circa il grano. Gne<ne> bacio le mani e cerco accomodar le cose mie in modo che darò poca briga a ognuno, e non essendo questa per altro resto adorandola et li bacio le mani. El principe ha preso contento infinito del carco e dice che questo è nulla a quello che lei merita, e che il re ha pochi sua pari. Al cardinal bacio le mani. La prego a far le mia racomandationi al maestro di campo e dirli che suo figlio sta bene, e di novo li bacio le mani. Di Fiorenza, a dì 26 di marzo.

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che l’adora Donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.255]

nella fretta Paolo abbia sbagliato a scrivere il mese. Vedi anche la lettera successiva di Isabella del 26 marzo.890 La lettera manca dell’anno ma è stata qui inserita per evidente affinità di argomento con la precedente.

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326 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

454. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 1 aprile 1572

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimastasera è arivato Alesandro Beccaria e l’ho visto volentierissimo, e stava mezzo

disperato poiché avea scritto a vostra eccellentia molte volte e di nesuna avea ri-sposta. Mi <è> arivata la sua e mi ha radopiata l’alegrezza poiché la sento sana e apresso gravida, contentasi adunque ad aversi cura e poiché ha messo mani a farne di sì belli figli, voglia, da poiché è gravida, di farli e bene, e anco sa quanto io ne abbia bisogno, e li giuro che non so io qual cosa mi havessi potuto desiderar che saper nuova di questo da lei. Io la verrò a vedere, se potrò, che me ne muoro di voglia, perché del mio carco se deve ragionar co<n> me qua, vostra eccellentia lo tengi per hauto, e la tardanza che non si scopre si è che il comendator magiore e lo ambasciadore891 vogliono che io creda di averlo hauto per lor mezzo, e così gli fo questo piacere, che veramente sarei per fare ogni cosa, che così merita li piacer che da loro ricevetti. Del resto ne darrò ragguaglio più minutamente a vostra eccellentia. Di Cialdone, che vengi e si porti bene, che li farrò conoscere che non ha servito huomo ingrato. Il paggio ha X o XII anni e creda vostra eccellentia che ne sarrà tanto sadisfatta quanto che di cosa di questa maniera possi esser. Ho caro che la pupa stia bene, e vostra eccellentia mi faccia gratia baciarla in mio nome, né manchi darmi conto della sua salute. Vostra eccellentia mi deve mandar il capello, li vasi di cristallo e non so che di più. La suplico a ricordarsene e inviarmeli quanto prima. Con che adorandola gli bacio le mani e la supplico a darmi i suoi colori.892 Di Roma, il dì primo di aprile nel 1572.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.167]

455. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 11 aprile 1572

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimaancorché abbia dua volte scritto a vostra eccellentia e per il Nasi893 e per il procac-

cio né ho auto presto risposta; non voglio mancar di non basciarli le mani e man-darli le buone feste e darli nuova della mia salute che pur oggi ho finito la purga de sciroppi e fra dua giorni entrarò nel legno per quel tempo che mi verrà concesso dalla

891 Luis de Requesens y Zúñiga commendatore maggiore di Castiglia e suo fratello Juan ambascia-tore spagnolo a Roma. 892 Come quando era partito per la guerra di Paolo IV anche questa volta Paolo chiede a Isabella i colori per le livree dei soldati, cfr. lettere nn.3, 4.893 Bernardo Nasi, console di Mare di Pisa e capitano della galeazza maggiore nell’impresa del 1572 (MAP, Id, 15444).

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11. I figli e le imprese nel Levante (1571-1574) | 327

occasion della partita, qual par se vada acelerando. Desidero sommamente aver nuo-va di lei e quando, o per occupationi o per il fastidio della gravidanza, non potesse vostra eccellentia scrivermi, la suplico a far che qualcuno faccia questo offitio. Con che gli bacio le mani adorandola, e baci la bambina e abbia cura al pupo. Di Roma, il dì XI di aprile nel 1572.

Servitor affetionatissimo che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.175]

456. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 13 aprile 1572

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimoper un’altra mia li ho scritto circa il paggino che lo mandi a sua posta, hora li dirò

solo che sto bene Dio laudato, e così la Nina ch’è quanto spasso ho, e certo è dol-cissima. Lunedì mattina me ne vado in villa e starò li fino fatto San Giovanni. Qui si passa il tempo magramente al solito. Del carico vivo riposata. Li ho mandato tre lamprede894 et benché sia fuor di quaresima non se ne è viste più, delli caci marzolini scriva quanto ne vole che se li manderà, del resto non so altro che dirli, salvo che l’adoro, né cosa desidero più che di vederlo. Tutti questi signori stanno bene, el gran duca se ne sta a Pisa con la sua gente. Baciate le mani da mia parte al cardinale del vino che mi ha mandato e diteli che non li scrivo per non darli fastidio. Di gratia, buscatemi parechi prosciutti abruzzesi che non vivo d’altro, e se vi noio date la colpa al bimbo vostro che non mi lascia mangiar altro, e adorandovi fo fine. Di Fiorenza, a dì 13 di aprile 1571.

Di Vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

Poscritta: la deve sapere come Bernardo del Riccio va qua acchordando li suoi creditori con prometter loro la mità dinari e la mità gioie, e li fa quelli che vogliono acchonsentire tutti soscrivere in un foglio, molti non vogliono soscriver e dicono che sanno certo che questa non è mente di vostra eccellentia e che non vogliono scam-biar il credito vostro con persona; io so che questa deve esser cosa delli ministri, li tolgono a lei assai, perchè par strano a molti, da poi tanti anni, esser pagati con gioie, e quelli che non soscrivono sono minaciati che mai saranno pagati, e così va la cosa. Ce l’ho voluto far sapere acciò veggia le cose come vanno e questo li dicho è il puro evangelio che lo ho toccho con mano, et dicono esser cosa di Giulio Folcho. Con che li bagio le mani.[158, n.109]

894 Pesce simile all’anguilla.

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328 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

457. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 18 aprile 1572 Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissima

è piaciuto al re mi signor darmi il carco della fanteria italiana, mi è parso debito mio farlo saper a vostra eccellentia, poiché come me ha d’aver a core ogni mio bene.895 Ho hora da suplicare a pregar il signore principe per il capitan Giovanbat-tista d’Arezzo e il signore Francesco896, mi vengano a servire in questa giornata che a uno farrò sergente maggiore, che sarrà il capitan Giovanbattista, l’altro lo tratarò in modo che si contentarà di servirmi. La suplico con ogni caldezza da far presto questo offitio e darmene subito risposta. L’armature desidero che me sieno man-date subito poiché di già deveno esser finite e, poiché il re mi aprescia, la suplico a farmi gratia solecitar il tutto e mandarmi la risposta subito e dir a quelli gen-tiluomini che se ne vengino quanto prima, e la resolution di detti dua sia servita espedirmi <per> una stafetta aposta, e li corsaletti me li faccia mandar subito che subito mandarò il ricapito quando saprò quanto bisogni, né manchi per l’amor de Idio. Ricevei hiersera una sua dove mi dà conto della Nina e del bimbo, che l’uno e l’altro glieli raccomando come figli, e già che Dio mi dà gratia d’essi me ne è nata grandissima voluntà di crescergli e averne. Sia suplicata ad aversi cura, accio-ché le mie fatigie, avendone mai ad averne guiderdone, lor se ne possino godere, e a vostra eccellentia adorandola bacio le mani e creda fermamente che mi muoio di vederla, soleciti la gratia del principe e l’arme e i gentiluomini. Di Roma, il dì XVIII di aprile nel 1572.

Di vostra servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.La suplico ricordarsi del capello e dell’altre cose che mi fa gratia far fare per me.

[158, n.166]

458. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

[Baroncelli] 22 aprile 1572 Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimomi sono rallegrata infinitamente della speditione del carico, e certo mi dole non

haverlo potuto satisfare circa il capitan Gioanbatista d’Arezzo. Io in persona diedi la sua al signor principe e lo pregai di tal cosa. Mi rispose che non poteva far lui

895 La lettera ufficiale di Filippo II arrivò il 9 marzo, (vedi nota n.788) e l’ordine divenne esecutivo con mandato di Don Giovanni d’Austria del 20 giugno (v. nota n.789).896 Giovan Battista d’Arezzo e Francesco Barbolani da Montauto cavaliere di Santo Stefano erano entrambi al servizio di Francesco de’ Medici. Sulla famiglia Barbolani di Montauto cfr. Inventario dell’Archivio Barbolani di Montauto, a cura di Giulia Goi, Elisabetta Insabato e Rita Romanelli, in http://www.satoscana.beniculturali.it/fileadmin/risorse/inventari/BarbolanidaMontauto.pdf; F. Bertini, Feudalità e servizio del Principe nella Toscana del ’500. Federico Barbolani da Montauto go-vernatore di Siena, Siena, ediz. Cantagalli, 1996.

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11. I figli e le imprese nel Levante (1571-1574) | 329

senza esso perché era sergente maggiore e non haveva chi sapessi il tutto altri che lui. Però che vostra eccellentia li perdonassi. Del signor Francesco Montauto,897 che lui li haveva di già dato licentia e che pensava fussi partito per cotesta volta, che haverà molto caro che serva vostra eccellentia. Hebbe contento infinito del carico e disse molte parole verso di lei amorevolissime. Circa le arme el signor Troilo le manderà subito, che [a] lui ho lassato far ogni cosa, come da lei li fu ordinato, li farò intender il tutto alli gentilomini anchorché se ne sono venuti la maggior parte. Le carezze non manchono alli bimbi, ma quello che ho in corpo, il quale serro, da otto giorni in qua mi tratta malissimo, di modo che non posso mangiar nulla e sto travagliatissima. Il cappello lo mando con certa pocha biancheria che li fo, e se non seranno finite le manderò su le galere del gran duca. Saranno li aportatori di questa Bernardino de Servi898 e Cialdone, li mandarò acciò servino vostra eccellentia in questa giornata. Bernardino non li darà spesa, basta solo che lo raccetti fra li sua servitori. Cialdone ce lo rachomando quanto posso io. Non ho che dirli di novo for che la nova del gran commendatore di San Stefano con millecinquecento scudi d’entrata et una casa a vita sua et è piaciuto a questi signori darlo al signor Chiappi-no Vitelli899, anchorché molti altri lo havessero procurato, et perché so li sarà caro, ce lo scrivo. Tutti qua stanno bene. El granduca se ne sta a Pisa dove li manderò la sua, e io resto, non essendo ad altro bona, <che> a pregar Dio per la sua salute e

897 Francesco Barbolani di Montauto. 898 Questo Bernardo de’ Servi, è protagonista di un oscuro episodio riportato nella vita di Santa Caterina de’ Ricci (Domenico Maria Sandrini, Vita Di Santa Caterina De’Ricci nobile fiorentina monaca professa nel monastero di San Vincenzio di Prato Dell’Ordine Di San Domenico, Firenze, appresso Francesco Moucke, 1747, p. 236). Subito dopo la visita alla santa monaca da cui il gio-vane andò per trovare consolazione al dolore per la morte di una nobile signora (di cui non si fa il nome) Bernardo, secondo questa cronaca, senza apparente motivo, venne arrestato e tenuto in prigione per quindici anni. L’episodio sembra collegarsi ai tanti episodi simili accaduti dopo la morte di Leonora de’ Toledo (+10 luglio 1576), la giovane moglie di Pietro de’ Medici. Secondo le voci che si sparsero, e che il granduca stesso si premurò di accreditare, Leonora sarebbe stata uccisa dal marito per gelosia. Vanni Bramanti invece adombra l’ipotesi (in mancanza di prove documentarie) che si tratti di un delitto politico da inserirsi nel quadro di una congiura contro i Medici che coinvolse molti rampolli delle più antiche e nobili famiglie fiorentine e che forse coinvolse anche Leonora. Questi giovani che inevitabilmente, per la loro appartenenza di ceto, facevano parte del coté sociale che circondava Leonora e Isabella, e che per età erano più vicini a Leonora, in seguito vennero perseguitati, arrestati e, alcuni di essi, giustiziati senza prove e senza processo. L’episodio di Bernardino de’ Servi è un’ulteriore testimonianza della fondatezza dei dubbi di Bramanti, cfr. Vanni Bramanti, Breve vita di Leonora di Toledo, cit., pp.110-111 e passim; Id. Delitto d’onore? L’assassinio di Leonora di Toledo, in Le donne medici nel sistema europeo delle corti, XVI-XVIII secolo, Atti del convegno internazionale, Firenze 2005, a cura di Giulia Calvi e Riccardo Spinelli, Firenze, Polistampa, 2008 pp.497-520. Sulla congiura cfr. J, Boutier, Trois conjurations italiennes: Florence (1575), Parme (1611), Gènes (1628), in MEFRIM, t.108, n.1, 1996, pp.319-372.899 Gian Luigi Vitelli, noto come Chiappino Vitelli (1519- 1575), marchese di Cetona, cavaliere dell’Or-dine di Santo Stefano, aveva guadagnato la fiducia dei Medici distinguendosi in memorabili azioni di guerra, cfr. G. V. Marchesi, La Galeria dell’Onore, cit., vol. I, pp. 187-192.

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330 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

grandezza et adorandola sempre. Con che li bacio le mani e con la Nina la quale è buffonissima. Di Villa, il dì 22 di aprile 1572.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.111]

459. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 27 aprile 1572

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissima questa sarrà per darli aviso come stanotte alle 7 hore il papa ebbe tal accidente che

è stato tenuto morto un pezzo, stamatina gli ha baciato il piede il principe di Ur-bino900 e poi è andato a Belvedere. Si dubita di stanotte, e oggi è sta<to> malissimo ancorché sofre tanto e veramente vien in tanta mala congiuntura che non puol esser più, e ve era e saria di bisogno di uno sano buon papa, Dio per sua misericordia faccia quel che è per lo meglio, et io bacio le mani di vostra eccellentia pregandola ad haver cura al pupo o alla pupa e baciar Noruccia da mia parte, et io l’adoro e gli bacio le mani. Di Roma, il dì XXVII di aprile nel 1572.

Servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.164]

460. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 28 aprile 1572

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimodarò a vostra eccellentia spesso nova di me poiché tutto il giorno mi si presenta

occhasione e tanto più volentieri lo fo poiché vedo con quanta affetione vengono li aportatori della presente messer Lorenzo Tornaboni et il cavalier Pucci, messer Pier Antonio Ridolfi et il cavalier Pagni901 il quale <si> giustificherà <con> vostra eccel-

900 Guidobaldo II Della Rovere (1514-1574) duca di Urbino.901 Lorenzo Tornabuoni, della nobile famiglia fiorentina, era capitano al servizio del re di Francia, cfr. lettera n.599. Il cavalier Pagni potrebbe essere Lorenzo Pagni da Pescia, nipote di un altro Lorenzo (1490-1568) segretario di Cosimo de’ Medici, cfr. Vanda Arrighi, Pagni, Lorenzo, DBI, vol. 80 (2014). Il cavalier Pucci è probabilmente Emilio Pucci cavaliere dell’Ordine di Santo Stefano, fratello di Ales-sandro Pucci che compare nelle lettere n.90 e n.339. Alessandro ed Emilio erano fratelli di Orazio che intorno al 1574 fu accusato di essere a capo di una congiura ai danni di Francesco de’ Medici che Litta giudica inesistente “se non nel desiderio comune dei tanti infelici che ne furono vittime”, cfr. P. Litta, Famiglie nobili italiane, cit., Pucci di Firenze, tav.VI. Su Orazio Pucci cfr. Francesco Martelli, Pucci, Orazio, DBI, vol. 85 (2016), pp.566-568. Pier Antonio Ridolfi apparteneva alla famiglia di mercanti fiorentini protetti da Caterina de’ Medici (Emile Picot, Les Italiens en France au XVI siecle, «Annales de la faculté des lettres de Bordeaux, Bulletin Italien» XXIV, (1902), t.II, pp.48-49). Un Piero Ridolfi è tra i giovani accusati di far parte della congiura , cfr. le note di Roberto Cantagalli, in B. Arditi, Dia-rio di Firenze, cit., 1970, p.55, nota 1 e p.104 nota 2. Tra i nomi dei congiurati, citati da Arditi, figura-

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11. I figli e le imprese nel Levante (1571-1574) | 331

lentia delle inputationi dateli, ce li racomando quanto posso poi che sono giovani per loro stessi meritevoli d’ogni honore et vengono a servirlo di core e senza nissuna sorte di interesse e perché so quanto lei ami la mia natione non mi estenderò più in ciò, e con questo fine li bacio le mani e resto adorandola. Di Fiorenza, a dì 28 di aprile 1572. Non ci è di novo altro salvo che don Pietro dicono che ha consumato il matrimonio.902

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.89]

461. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 28 aprile 1572

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte e patrone osservantissimoviene costi il cavalier Altoviti903 per servirla et io ho voluto accompagnarlo con

questa mia acciò la sappia che havendo parlato a Cornelio et negandomi lui tutto quello che dicono esser incolpato li ho perdonato, et solo mi intrometterò in far far loro la pace come la pregio a far ancor lei poiché la questione è per causa che non se ne può saper un vero, affermando la giovane e negando Cornelio. Il prefato cavaliero ce lo rachomando e la suplico a intromettersi fra Gigi e Cornelio904 acciò possino restar tutti dua giovani honorati come sono e far poi la pace, e non essendo questa mia per altro li bagio le mani et resto adorandola. La bimba sta bene et è dolcissima

vano: Antonio di Niccolò Capponi, Piero di Lorenzo Ridolfi, Piero di Alessandro Capponi, Roberto di Piero Capponi, Cecchino di Tommaso Alamanni, Vincenzo ‘Cencio’ di Piero Capponi, più vari altri dei quali era ritenuto opportuno non rendere espliciti i nomi. Francesco de’ Medici li perseguiterà senza pietà. Come è evidente da questa e da altre lettere, Isabella conosceva bene questi giovani e le loro famiglie e cercava di attutire gli effetti delle loro intemperanze che non doveva giudicare gravi, così come le “imputazioni” da loro ricevute. Altrimenti non sarebbero stati a piede libero e lei non avrebbe perorato così caldamente il loro incarico sull’armata navale di Paolo Giordano. Nelle lettere successive Isabella proporrà al marito altri giovani. Dopo la sua morte Alessandro Verri, il residente fiorentino a Milano, scrisse che una delle chiacchiere che giravano in quella corte era che Isabella fosse stata uccisa da Francesco de’ Medici per aver scritto lettere “in favor delli congiurati contro la persona sua” (31 luglio 1576, ASF, MdP, b.3115, c.88). Sulla congiura cfr. J. R. Galluzzi, Storia del granducato di Toscana, cit., vol. III, pp.145-148.902 Pietro de’ Medici, fratello di Isabella, sposato con Leonora di Toledo.903 Antonio Altoviti cavaliere di Malta, cfr. Luigi Passerini, Genalogia e storia della famiglia Altoviti, Firenze, coi tipi di M. Cellini e C., alla Galileiana, 1871, p.79. Anche questo cavaliere Altoviti, per cui Isabella intercede con Paolo Giordano, sarà accusato di aver congiurato contro Francesco de’ Medici e giustiziato nel 1577. Così recita il registro degli Otto di Guardia riportato da Roberto Can-tagalli: “Antonio di Francesco di Cornelio Altoviti, già cavaliere dell’Ordine hierosolimitano per im-putazione di non aver revelato a S.A.S. (come era tenuto) la congiura scopertagli da Piero di Lorenzo Ridolfi contra la persona della prefata S.A.S.”, cfr. Bastiano Arditi, Diario di Firenze, cit., p. 164, n.1.904 Si tratta di Luigi Bonsi e Cornelio Altoviti in lite per una donna. Cornelio Altoviti è fratello di Antonio (di cui si è parlato sopra), cfr. Luigi Passerini, Genalogia e storia della famiglia Altoviti, cit., tav.IV.

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332 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

e quello di corpo mi tratta assai male. Nostro Signor li dia ogni suo contento. Di Fiorenza, il dì 28 di aprile 1572.

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che l’adora donna Isabella medici Orsina.

[158, n.148]

462. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 3 maggio 1572

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e padrona osservantissimahiersera arivò il cavalier de Fabij da Mesina e mi portò la resolusione del mio car-

co905 con una litera del signor don Giovanni tanto favorita e con tanto animo; è il negotio sì ben espedito e con tanta mia autorità che me ne ralegro con vostra eccel-lentia infinitamente. Io mi partirò prestissimo, però la suplico a quelli che vorranno venir meco glielo facci intendere, perché fra dieci giorni al più mi partirò di Roma. Li raccomando la pupa e il pupo e del resto sono sicuro che sperarò di dargli con-tento e starò, sono certo, con l’aiuto de Idio. Mi soviene e mi pare mio debito farli sapere che è parso a me prima di tutti molto strano che il granduca abbia acomodato il duca di Seminara906 di 4 mila, se non perché quel invidioso nol merita, no<n> perché lui non possi far del suo quel che gli pare, ma ben mi pesa come non ha consideratione alla qualità mia, al’aver vostra eccellentia per moglie, ch’è sua figlia unica, né al tempo che ho buttato via in Firenze, pur non mi alterarò di maniera che mi leva la voluntà di spender sempre per servitio di quella casa la vita e quanto ho, e sapendo questa mia voluntà certa, deveno darmi ogni discusto e già ponno vedere che questo che dico lo dico da davero perché non spero mai niente di là, ma cercare di valere e di havere, perché loro abbiano un servitor e amico di valore e di honore. Stia alegra, vostra eccellenza, e neghi importanza <a>ogni cosa e compensi questo fastidio con veder che Dio ci fa gratia di figli e insieme di honori e sia certa che vado volentier a faticare perché ho padroni che conoscono le mie fatige e spero che i<n> minor tempo e con manco fastidio [di quel che malamente posso la] aquistarò tanto, che chi mi vol bene potrà starne contento. Con che gli bacio mille volte le mani supplicandola a creder che l’adoro e li raccomando Noruccia quanto posso e il pupo che veramente saria meritevole di un cavallo a far quest’altra femina, però Dio la dia secondo meglio gli piace che tutto acetarò dalla sua volontà, con che gli bacio le mani mille volte. Di Roma il dì 3 di maggio.

La sedia vacante va quietissima e tra i cardinali vi è grandissime malevolentie e sadisfatione, non so se andrò per hora alle esequie del papa e a congregationi per cose del Stato o a negotij per il conclave, la chiusa del quale sarrà tra dieci giorni, conché di nuovo gli bacio le mani facendoli saper che il cardinal de Medici si porta bravamente et io lo servo davero davero come si potrà informare. Di Roma, il dì 3 di maggio nel 1572.

905 Paolo ricevette da Filippo II la nomina di Generale dell’Infanteria Italiana il 9 marzo 1572, in ASC, AO, vol.60, n.72.906 Scipione Spinelli duca di Seminara. Si trattava di un prestito concesso da Cosimo de’ Medici.

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11. I figli e le imprese nel Levante (1571-1574) | 333

Di vostra eccellenza illustrissima consorte che l’adora Paolo Giordano Orsini

[386, n.257]

463. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

[Baroncelli] 5 maggio 1572 Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte e patrone osservantissimo

ho preso dispiacer infinito della morte di Sua Santità907 ma poiché sono cose or-dinarie bisognia pigliarsele come vengono. Hora so che se ne ha da far un’altro et desidererei saper qualche cosa di certo perché voglio pigliar certe scommesse908 e so che lei dalli spagnoli potrà saper molte cose e dandomi qualch’aviso potrà far la mia mano, ma non vorrei che si sapessi, se lei mi farà tal gratia l’avarò caro perché qua si danno tanti dinari che è una maraviglia, et facciami ancora saper chi papeggia e io li pagerò la senseria, e perché so che lì ha molti negotij, adesso mi basta che messer Padovano, ho chi meglio li parerà, mi dia avisi per ogni procaccio e dando le lettere per via del Concino che se ne viene a cotesta volta909 che saranno ben date et io le haverò sicure e diami di gratia aviso se stando le cose come stanno e per partire di costì io desidero saper nove di lei più spesso, perché ne ho di rado e brevi, facciami gratia che io habbia nove di lei, poiché mi è tolto il vederlo, e circa le nove di costì la prego a farmene avisata che li prometto non esciranno di me, e se per sorte partissi di Roma, lassi alcuno che mi tengi avisata, ma siano di bon loco e non di banchi et sarà causa che farò forse qualche bene, e non essendo questa per altro, li bacio le mani e resto adorandola. La Nina sta bene e io cosi, il granduca è arivato iersera di Pisa e stamani lo ho visto e subito mi domandò di voi e sta assai bene. Dicono che don Gartia va a Napoli, ma non si sa certo, et adorandola fo fine. Di villa, il di 5 di maggio 1572.

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.151]

464. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

[Baroncelli] 6 maggio 1572Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte e patrone osservantissimo

ieri scrissi a longo per il Concino, adesso scriverrò brevemente, solo li dirò che della gratia che li domandai per l’altra mia, che si sforzi di farmela, ch’è la maggiore che io possa per adesso ricevere, et sarà causa che io potrò far qualche bene, et per

907 Pio V morì il 1 maggio del 1572.908 Le scommesse sul nome del nuovo papa erano molto frequenti e sollecitarono spesso interventi censori delle autorità. Il cinque maggio Paolo si trovava già a Napoli e Isabella sperava che dagli spagnoli avrebbe potuto avere qualche anticipazione sui risultati.909 Bartolomeo Concini godeva della totale fiducia di Cosimo de’ Medici soprattutto in politica estera. Dopo la morte di Pio V fu inviato a Roma per favorire l’elezione del cardinal Boncompagni, cfr. Paolo Malanima, Concini, Bartolomeo, in DBI, vol. 27 (1982), pp. 723-724.

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334 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

non far tardar il presente corriero più havendo aspettato troppo, con che li bacio le mani e resto adorandola. Di villa. La Nina sta bene e così io, a dì 6 di maggio 1572.

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che l’adora donna Isabella medici Orsina.

[158, n.149]

465. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

[Baroncelli] 6 maggio [1572]

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte e patrone osservantissimoho scritto per ogni occhasione e datoli nova di me. Questa sarà per risposta d’una

sua riceuta adesso et mi è di sommo contento il vede<r>lo andar avanti come fa et spero che farà di mano in mano. Circa la cosa del duca di Seminara ho pensato crepar, ma che rimedio ci è, andar inanzi e cercar di far da sé910. Lo ho ditto perché veggino che non sono un bestia e che conosco un torto che mi vien fatto. L’ho dato al Concino commessione che vi parli per conto delli vostri figli. Tutto fo per bene, né ho altro fine che loro. Circa poi delli avisi, di gratia lassi commessione ad alcuno che mi avisi fidelmente, e scrivami a chi lassa tal carico. Ridica di gratia una parola a messer Ricardo911 del grano e biada, e perché non voglio esserli più noiosa fo fine e resto adorandola, e creda che passo una vita diabolicha. Lasci di gratia commessione a Napoli che mi proveggino 60 staia di fave di lì per la mia villa che le farò consegnar alle nostre galeazze se saprò a chi lassa tal carico che me <le> condurranno fino a Liorno. E di ciò la pregio assai e di novo resto adorandola. Di villa, a di 6 di maggio.

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina

[158, n.150]

466. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 8 maggio 1572

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimocon ogni occhasione cercho darli nova di me perché penso che li sia caro, adesso

venendo il cavalier Palantiero912 li dico che sto bene, e così la Nina et il pupo, se il pupo sarà. La ho suplicata di certi avisi, facciamene gratia li prego, perché mi

910 Scipione Spinelli duca di Seminara. 911 Riccardo Mazzatosta, auditore generale dello Stato di Bracciano.912 Cesare Pallantieri da Castel Bolognese, figlio di Alessandro governatore di Roma giustiziato l’anno precedente per aver manipolato il processo Carafa, cfr. Simona Feci, Pallantieri, Alessandro, DBI, vol. 80 (2014), pp. 481-485. Questo Pallantieri avrà un ruolo fondamentale nella vita di Paolo Giordano successivamente alla morte di Isabella: si autoaccuserà dell’uccisione di Francesco Peretti, marito di Vittoria Accoramboni, seconda moglie del duca di Bracciano, cfr. Domenico Gnoli, Vit-toria Accoramboni, cit., pp.97-98.

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11. I figli e le imprese nel Levante (1571-1574) | 335

saranno di utile, e io non parlerò con persona. Qua non se atende ad altro che a far scommesse, con che baciandoli le mani resto adorandola. Di Fiorenza il di 8 di maggio 1572.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.160]

467. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Napoli 10 [maggio] 1572

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissima ho ritardato in Napoli fino ha ora per non haver pasagio, e hiersera mi arivorno

dua galere mandatemi dal signor don Giovanni da Mesina a tal che mi partirò alla prima guardia stasera o dimatina poiché li tempi non son buoni.913 Io mi son ritrovato 4 delle letere di vostra eccellenza e mi sento benissimo. Faciami gratia che il simile intenda di lei e le sia ricordato il pupo e la pupa et io restando servitor di vostra eccellenza resto adorandola. Di Napoli, il di X di aprile914 nel 1572.

Servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.169]

468. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Napoli 14 maggio 1572

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissima restai a Napoli amalato con una febre da Ostia (sic) poiché lì stetti dua sere a

pigliar aria e con cavarmi dua libre di sangue son guarito ma, per vita vostra, tanto fiaco che non ho vita. Mi partirò di qua subito che il signor don Giovanni mi manda passaggio che credo sarrà fra quattro giorni. Sto bene dell’animo infinitamente ma con gran voluntà di trovarmi a Mesina e tale che non ho requie e così va, giaché vien mezo cenato915 che il povero signor Troiano Savello916 che è morto in dua dì di una cascata a l’arretro di una scala. Con che gli bacio le mani pregandola che la sia racomandata la pupa e il pupo. Di Napoli, il dì 14 di maggio nel 1572.

913 Partirà da Napoli per Messina il 18 maggio.914 Paolo scrive aprile ma è maggio. Per tutto il mese di aprile, come dimostrano ampiamente le lettere di Isabella, è ancora a Roma.915 Mentre stava cenando.916 Questo Troiano potrebbe essere il Troilo Savelli che figura nelle tavole del Litta come morto il 18 aprile 1574 in seguito a una ferita riportata durante la battaglia di Lepanto (P. Litta, Famiglie celebri di Italia, cit., Savelli di Roma, fasc. 167, tav. VII). Un Troiano Savelli figura tra i nobili che nel 1569 si recarono in Francia al servizio di Sforza con la spedizione in aiuto di Carlo IX, cfr. Maria Antonietta Visceglia, La nobiltà romana in età moderna: profili istituzionali e pratiche sociali, Roma, Carocci, 2001, p.101.

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336 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

Di vostra eccellentia illustrissima consorte e servitor che l’adoraPaolo Giordano Orsino.917

[158, n.106]

469. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Napoli 18 maggio 1572

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e padrona osservantissima io mi ralegro seco del nuovo papa qual credo sarrà a sadisfation di tutti. Io mi

parto stasera per la volta di Mesina. Mi è parso mio debito di baciarli le mani e farla certa che l’amo come me stesso. La prego ad aver cura delli bimbi e se non se fa quanto desidero della robba non ve n’è più, e non mi abasta a vivere, del resto ho con me il testamento e ho parlato al Concino a lungo il quale la riguagliarà d’ogni cosa. Io li scrivero piu lungamente e gli bacio le mani. Di Napoli, il dì XVIII di maggio nel 1572.

Consorte e servitor che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.143]

470. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

[Baroncelli] 20 maggio 1572

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimonon si maravigli vostra eccellentia se sono così breve con questa mia poi che da tre

giorni in qua mi sento fastidiosissima con la mia gravidezza, ma venendo il signor Giulio Cesare918 aportatore della presente non ho voluto che parta senza mie lettere egli certo, secondo che dice il gran duca, è il primo homo di guerra che sia. Vostra eccellentia lo tenga presso di sé che li farà honore e servitio, sa molte cose le quali non ci è chi le penetri e le ha mostre al granduca che è restato spantato e li ha donato duo milia scuti e lo tiene in gran veneratione lo man<da> a lei con lettere favoritissime <ch>e mi ha ditto li scriva, ne tengi conto perché è gran homo, io ce lo rachomando e con questo fine li bacio le mani e resto adorandola. Di villa, il di 20 di maggio.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.154]

917 Vedi risposta a questa lettera il 14 giugno.918 Questo Giulio Cesare, definito da Isabella: il primo homo di guerra che sia, è certamente identi-ficabile con Giulio Cesare Brancaccio conte di Sant’Andrea che seguì Paolo Giordano nelle imprese nel Levante, cfr. E. Mori, L’Onore perduto di Isabella de’ Medici, cit., 221-222. Su Brancaccio com-battente e musico cfr. Benedetto Croce, Aneddoti di storia civile e letteraria. Un capitano italiano del cinquecento. Giulio Cesare Brancaccio, in «La critica. Rivista di letteratura, storia e filosofia» XXX, 1932, pp.458-472; si veda anche la voce di Umberto Coldagelli, Brancaccio Giulio Cesare, DBI, vol. 13 (1971), pp.780-785.

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11. I figli e le imprese nel Levante (1571-1574) | 337

471. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Messina 12 giugno 1572

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimaarivai sabbato a Mesina, della maniera che intenderà da altri fui favorito dal mio

padrone919 e la sera che arivai è la sera che più me fece tanti favori che non saprei come far a darglielo a intendere. Io sto sano e alegro e spero sarrò stanotte a Milazzo. Le siano ricomandati li pupi e mi faccia gratia a credere che l’adoro. Il corier non mi dà tempo di scriver più a lungo però gli bacio le mani e l’adoro. Di Messina, il dì XII di giugno nel 1572.

Servitor e cansorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.114]

472. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

[Baroncelli] 14 giugno 1572

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte e patrone osservantissimocosa certa è che le disgratie mai vengono sole. Pure, Dio laudato, le cose passano

meglio che io mi pensava poiché per una sua ho inteso di sua salute che è quello che più di ogni cosa importa benché la lettera sia delli quattro di maggio e sto molto sentita che messer Padovano mai mi habbia dato aviso nissuno et oltre il mio male mi ha fatto star la più penata cosa del mondo perché per via indiretta havevo inteso che lei era in Napoli indisposta et io mi trovavo in letto tutta pesta duna cascata che havevo fatta dalla scala di qui, a tal che pensorno al certo mi dovessi sconciare havendo percosse le rene malamente, pur adesso sto assai bene, tanto che sono fora di pericolo. La pupa ne<l> medesimo tempo e stata malissimo di rosolia, a tal che tutte le sventure mi erono corse dietro. Adesso sta tutta piena di detto male ma con pochissima febbre, talché li medici dicono non esser più pericolosa, talché questo anno ho tutti li dolori provati che si può, ma più di tutti me haveva acorato il suo male del quale non sono ancora ben chiara, pure mi adiuto con far fare oratione. Quanto posso me ne sto in villa dove starò fino alla salute di Nora la quale certo non mi inganna l’amore ma è la più dolce cosa del mondo, tal che ogni uno se ne perde. Io credo farò un’altra bimba, ancor che sia la gravidezza differente assai dal’altra. Facciami gratia che sappia di sua salute per ogni occhasione perchè mi è di gran contento e ricordisi che è dura cosa il trovarsi gravida e con una sola putta che non è fuora delli pericoli che nascer sogliono alli detti. Delli pegni non ho fatto nulla perché il genovese non è in Fiorenza. Delli Cavalcanti ho scritto il tutto al cardinal Orsini, né farò nulla senza sua risposta. La prego a farmi scriver più spesso perché mi rende la vita, et certo che messer Padovano lo doverebbe fare senza che li havessi a esser detto poi che sa che lo desidero oltra modo. Di Francia vennero dua canine,

919 Don Giovanni d’Austria.

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338 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

una delle quali è morta e certo erano bellissime, l’altra men bella la tengo e fonne tener quella cura che si può. Io sarei più lunga, ma per non esserci cosa degna di lei fo fine adorandola. Con che li bacio le mani e li ricordo che li suoi figli ne hanno di bisogno, habbisi cura e ricordisi che non ci si torna, e che li padroni non li possono renderne vita né sanità, e se entro troppo inanzi me lo fa dir la molta affetione. Dio la contenti. Di villa, il dì 14 di giugno 1572.

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.146]

473. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Messina 18 giugno 1572

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimaquesta sarrà per dar aviso a vostra eccellentia della mia salute e del nostro puoco

operare, sarrà posibile che mi acosti a quelle bande, se è quello che qua si crede, e che il signore Don Giovanni mi ha cominciato a dar motto. Io l’adoro e la suplico aver cura alla pupa e al pupo e mi faccia gratia creder che l’adoro e gli bacio le mani e la fretta del corier non mi fa esser più lungo. Con che gli bacio le mani. Di Mesina, caldissima e infelicissima, il dì XVIII di giugno nel 1572. Servitor e consorte che l’adora

Paolo Giordano Orsino.[158, n.189]

474. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Messina 27 giugno 1572

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimain questo punto ho riceuto una di vostra eccellentia a me cara come la vita per

saper nuova di lei, ma mi duol bene ch’ella tengi tanto puoca cura di sé stessa e della gratia che Dio li fa che dia occasione che li succedono disgratie della qualità che mi scrive della sua cascata, che oltre al particular della necessità mia di figli maschi, che questo li doverebbe pur darli pensiero poiché vede che io travaglio e che non ho nessuno a chi li lasciaria se Dio facessi altro di me, <ho>una putta sola, che è pur sua figlia, che ancorché abbia cercato di far ogni mio sforzo per acomodarla, non meno non mancaranno travagli, e essendovi figli maschi, come piacendo a Idio ce ne concederà di molti, e forse questo sarà il primo, cesaria ogni cosa, e potria io con maggior contento travagliare e se facessi mai cosa buona saper a chi lasciassi le fatighe miei. Sia suplicata per l’amor de Idio aversi cura, e se ci è pasato bene questa, non tutti vanno a un modo.920 Però, per l’amor de Idio, si abbia cura. Del mal della Ninna ne avrei sentito infinito dolore, ma poiché da lei mi vien detto che di già sta

920 Intende: se un parto è andato bene non è detto che vada bene anche il prossimo.

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11. I figli e le imprese nel Levante (1571-1574) | 339

bene, vivo contento. Io sto bene e a Mesina, dove fin hieri fummo inrisolutissimi di quanto si havea a fare, e stavo con otio infinito senza saper la causa che ci facesse intertenere, poi il re di Francia vol dar occasioni a noi altri giovani che serviamo con magior asiduità il re nostro signor poiché in Fiandra già deve saper il seguito, in Piemonte vi è molta giente e ha scritto a molti la voluntà sua a tal che ha costretto la maestà del re nostro di dispartir le forze con i signori colegati e lasciar di far la più bella impresa che mai cristiani facesero di Levante.921 Noi restamo insomma e se l’ocasion lo forsarà, faremo l’impresa di Biserta e di Tunisi, perché così ha ordinato Sua Maestà,922 dico la occasione, per il dubio che ho che non convertiamo Biserta e Tunisi in la spiaggia di Genova a disimbarcar queste infanterie per socorso del stato di Milano e di Fiandra, se si poson socorrere, e poichè io mi trovo haver speso per mettermi a l’ordine grosamente e ho impegnato le intrate che mi son riservato da vivere per sei mesi dal dì che mi partii da Roma e così le page di Napoli, bisogna che ricorra alla fonte o a chi ho tanti obligi che sono a quelli serenissimi signori. Io haria fatto tutte le provisioni mie per la giornata per sei mesi e aconciomi che nesun stava meglio di me, ma avendosi mutato pensiero, io suplico quelli serenissimi signori di acomodarmi di X mila scudi acciò possa metermi a cavallo, possi comprar muli, far tende e altre provisioni necessarie alla guerra di terra secondo il grado mio. Lo spero non mi abbiano a mancar, poichè la causa è buonissima, né ci ho altro modo di questo perché le provisioni di mare non servano nulla a quelle di terra, né questi li voglio io se non quando sarrà chiarita la guerra afatto, se bene se puol tener per sicura. Io scrivo più difusamente a Giovanni Antinori più lungamente sopra a ciò per non infastidirla, e la suplico aversi cura e a far vezzi al bimbo e a non cavarlo per forza della casa sua fuor di tempo. La Norina la baci da mia parte e li mando qua dentro un raguaglio minuto di quanto ocorre sopra il negotio delli X mila scudi. Io l’adoro e non so quando la vederò non essendo certo qual sia la stanza mia e del mio carco a Milano, che questo aruberia tempo di non la vedere, o in Fiandra, dove ci andremo, perhò spero in Dio che mi concederanno che stia pur due sere in casa mia, ma tengi per fermo che l’adoro e che non ho il maggior desiderio che vederla e servirla, con che li bacio le mani ricomandandole sé stessa e il bimbo e la bimba. De Mesina, il di XXVII di giugno nel 1572.

Servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.170]

921 In seguito a una rivolta nelle Fiandre, nelle file dell’esercito spagnolo si era sparsa la voce che il re di Francia avesse intenzione di attaccare gli spagnoli e che Filippo II stesse per ordinare alle forze mi-litari già partite per il Levante di tornare indietro. Paolo temeva di dover invertire anche lui la rotta verso Genova per dirigersi verso il centro Europa e prepararsi per un attacco di terra. In realtà quelle notizie erano false e servivano solo a giustificare il fatto che Don Giovanni fosse rimasto fermo a Messina, cfr. Alberto Guglielmotti, Marcantonio Colonna alla battaglia di Lepanto, cit., pp.321-325.922 Altre voci che circolavano erano che Filippo II volesse dirottare la sua flotta verso Tunisi, cfr. Alberto Guglielmotti, Marcantonio Colonna, cit., p.325.

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340 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

475. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Messina 1 agosto 1572

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimaoggi ci inbarcamo per Levante con puoca o nesuna speranza di far cosa buona, e

da poi tante informationi alla corte del nostro stato,923 ci han lasciato in galera per Levante al primo di agosto per espugnar regni. Tutti siam disperati poiché abbiamo consumato il tempo tra Mesina <e> Palermo. Vostra eccellentia stia <a>legra e faccia carezze alla pupa e al pupo e stia certa che se Dio ci dà buona fortuna mi aiutarò. Il signore don Giovanni mi favorisce al solito, ma ho hauto tanto che fare nel carco mio che mi son mezzo disperato. Io ho disegnato, finito la giornata, andarmene in corte con una galera di qua per basciar le mani al re e veder quel che ha da esser di me, ma al tempo ne li darò magior raguaglio. Mi faccia gratia amarmi e creder che l’adori e bacia li mani di quelli serenissimi signori a chi scrissi per altro mio particu-lare, né ho auto risposta. La prego a conservarmi nella lor gratia e gli bacio le mani. Di Mesina, il dì 1 di agosto nel 1572.

Di vostra eccellentia servitor di cuore e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.129]

476. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Corfù, forte del Mandrakio, 12 agosto 1572

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissima noi ci trovamo a Corfù pieni di confusione e con tanta puoca speranza di far bene

che vivemo disperati, le forze nostre son queste: 50 galere, 50 navi e le due galeazze mal natate per la infermità della ciurma. L’ordine di Sua Maestà malamente si potrà meter in esecutione poiché avendo scritto il signor don Giovanni al signor Marcan-tonio e general de’ Venetiani che li aspetasino dove li ragiongeria l’aviso,924 non so-lo<non> lo han fatto, ma si sonno tanto adelantati che credo che levaran la occasion a loro per il particular di Candia, qual pare che gli omini di quel isola fosero tanto gravati e tanto maltrattati da quelli signori che avesero animo di darsi al turco, e a

923 Filippo II dopo aver molto temporeggiato, all’improvviso dette ordine a Don Giovanni di partire per l’impresa contro i turchi. Nel frattempo però le due f lotte veneziana e pontificia, al comando di Marcantonio Colonna, erano già partite senza aspettare. Le continue contraddizioni degli ordini del re di Spagna che rendevano Don Giovanni lento e incerto sul dafarsi, le devastanti invidie e malignità che circolavano tra i vari comandanti delle f lotte sono sottolineate da tutti i commentatori, cfr. Alberto Guglielmotti, Marcantonio Colonna alla battaglia di Lepanto, cit., pp. 338-349.924 Don Giovanni aveva ordinato a Marcantonio Colonna di aspettarlo a Corfù in modo che le due armate, spagnola e veneziana, si potessero ricongiungere, ma Marcantonio, vedendo l’irresolutezza degli spagnoli, prese la decisione di continuare il viaggio verso il Levante insieme ai veneziani facen-do tappa a Candia, cfr. Franca Petrucci, Colonna Marcantonio, cit.

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11. I figli e le imprese nel Levante (1571-1574) | 341

noi, che pur speravamo di veder qualcosa come si fosse agiuntate le due armate, es-sendo il tempo tanto inanzi, levarà la occasion di far nulla; sì che come si incomincia a far male vien ogni giorno nuovi mali e confusione ce n’è tanta che non par posibile che abbia a riuscir cosa buona. Della salute si sta bene fra noi di ponente, ma nel ar-mata venetiana c’è molte malatie e a Corfù molte lasciate da quella armata e li caldi son insoportabili. Io per la Dio gratia sto bene e più disperato che mai poiché veggio spender il tempo tanto malamente e senza speranza nesuna di far bene. Ce ne ande-remo al Zante e di già se manda due galere e una galeotta a trovar l’armata per farli intendere che il signor don Giovanni l’aspetta là e così andaremo pigliandoci piacere per queste isole fresce che son zone torride, né ho altro conforto che so che là vi è il capitan Bartolomeo Griego.925 Vostra eccellentia atendi a star sana e a far carezze alla pupa e al pupo e a sé stessa e la suplico a darmi nuova di sé più spesso. Con che adorandola gli bacio le mani. Dal forte del Mandrakio, il dì XII di agosto nel 1572.

Servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.172]

477. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Corfù 20 agosto 1572

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissima vostra eccellentia vederà quanto di qua ci è per lavisij che li mando e quanto questi

satrapi sian pronti a metter in esecution niente, et è altro menar le mano che discore-re. Trova suo danno a chi trova. Io sto benissimo e con tanto martello di saper nuova di vostra eccellentia e delli bimbi che me ne moro et è ormai tanto che non l’ho auta che ben potria vostra eccellentia contentarmi di una. Io qua patisco senza darmi più pasce a l’animo, ma confido in Dio che ogni cosa vada bene e che non vi sia altro che discuido. Signora mia io penso di andarmene a Spagna con il signor don Giovanni finita questa giornata, poiché così mi par che mi competa essendo che non ho mai baci<at>o le mani al re mi signor e la congiuntura con che vo è tale che sperarò buon esito, e con il servitio mio sperarò che al figlio, di questo almanco, lasciarlo padrone, e l’Antinori ha suplicato l’altezza del gran duca e del gran principe che mi aiutino in quel che li pare che io glielo restituirò, essendo la occasion tale penso non manca-ranno. Vostra eccellentia mi ci aiuti, e li siano ricomandati li bimbi e lei stessa et io l’adoro. Delli mullini di Corfù, di galera, il dì XX di agosto nel 1572.

Consorte et servitor che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.171]

925 Il capitano Bartolomeo Greco, al servizio di Cosimo de’ Medici, aveva combattuto con Ascanio della Cornia e Rodolfo Baglioni durante la guerra di Siena, cfr. Giovambatista Adriani, Istoria de’ suoi tempi di Giovanbatista Adriani gentihuomo fiorentino, diuisa in Libri ventidue. Di nuovo mandata in luce, Venezia, ad instatia de’ Giunti di Firenze, 1587, pp. 691, 696, 698, 700.

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342 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

478. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Igoumenitza 7 settembre 1572

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e padrona osservantissimaquesta verrà per darli nuova del mio star bene e che ci partimo per la volta di Lu-

ciali926 e sto con il magior dolor del mondo di non haver di già tanti mesi senza saper nuova di lei né di mia figlia. E mi son consolato con averla intesa nuova da mia sorel-la alli tanti di luglio. La suplico ad aversi cura, perché sa quel che li va e il dispiacer che aria io quando sapessi che si fosse sconcia, poiché con aiuto de Idio spero, se così piacerà a Sua Maestà divina, di aver un figlio maschio. Noi ci metemo a l’ordine per combater Luciali. Credo che non ve sarrà altro. Del resto per l’<in>cluso sommario intenderà quanto ci è di nuovo. Li ricomando se stessa e me. Delli Gominize, il dì VII di setembre nel 1572.[158, n.145]

479. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 22 [ottobre 1572]927

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimomi sono rallegrata assaissimo quando ho inteso il suo felice arrivo in Roma et mi

pare mille anni vederlo et che vede li suoi figli, li quali per la Dio gratia stanno bene e la pupa è la più dolce cosa del mondo. Il pupo comincia a ridere et è tanto grande di suo tempo che mostra sei mesi.928 Della cosa del genovese lasserò il carico a lei di tutte le cose e se nella mia entrai troppo adrento perdonimi che mi pare, havendoci tanta parte, poter dire l’animo mio e lui poi disponga come gli piace. Io so che sarò loro madre amorevolissima, del resto lasserò pensare a chi più toccha, e con questo facendo fine li bacio le mani. Di Fiorenza, il dì 22.

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che vi adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.265]

926 Lucciali re di Algeri era un corsaro ottomano, noto anche con i nomi di Ucciali, Occhiali, Eudj-Ali, Euldi-Ali, storpiature del nome Ulug Alì il Rinnegato. Qualcuno ha pensato si chiamasse Luca Alì perché italiano; fu chiamato anche il “Calabrese”, perché originario della Calabria. Il suo vero nome era Gian Dionigi Galeni. Nel 1571 a Lepanto aveva comandato l’ala sinistra della flotta ottomana, cfr. Gino Benzoni, Galeni, Gian Dionigi, DBI, vol.51 (1998), pp. 409-415. Paolo non partì subito ma le armate spagnole si ricongiunsero finalmente con quelle della Lega e partirono tutti insieme l’11 settembre, cfr. A. Guglielmotti, Marcantonio Colonna alla battaglia di Lepanto, cit., pp.386-387. Anche in questa fase dell’impresa la lentezza del procedere di Don Giovanni diede tempo al nemico di fuggire. Paolo il 22 ottobre è a Roma (vedi lettera n.480), dopo quella data andò in Spagna come aveva progettato.927 La lettera manca del mese e dell’anno ma è stata qui inserita per evidente affinità di argomento con le altre.928 Virginio Orsini, nato i primi di settembre, aveva meno di due mesi.

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11. I figli e le imprese nel Levante (1571-1574) | 343

480. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze [3] novembre 1572

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte e patrone osservantissimoho visto quanto vostra eccellentia mi dice nella sua circa il venir qui, faccia pure

tutto quello ch’è sua satisfatione et atendi alle cose che più importano che io ne resto contentissima anchor che habbia desiderio grandissimo vederlo. Circa il negotio di qua il cardinal mio fratello gnen’ha parlato a longo e quello se li è proposto è che vostra eccellentia faccia donatione929 al putto et io pigliero l’affitto e tutto quello […] a verrà sarà per li suoi figli, e creda che non lo fo per arrichire ma per far utile a [suoi] figli et sono certa che questi signori non mancheranno aiutarmi a sollevare le cose loro ma non voglio haver che trescare con il cardinale Orsino perché lo conosco poco amorevole a lei […] benché lui dica il contraro. Della aministratione che farò ne renderò conto a lei, ma non voglio sopracapi di costà. Se a vostra eccellentia pia-cerà il partito, non mi parrà fatica venir costà, purché non habbia da guastar l’altri negotij, il cardinal li dirà più a lungo il tutto. Poi delle cose mia di qua li dico come il signor principe mi ha donato ventimilia scudi per pagar li miei debiti e se ne farà lo sborso per di qui a marzo. Ce l’ho voluto far sapere acciò sappia che non penso né procuro altro se non dalla parte mia poter lassar loro qualche cosa, come credo farò, se Dio mi dà vita. Sono tante le carezze che il principe fa alli nostri figli che non si può dir più, e certo che sono più obligata a lui che a mio padre, come più a longo li dirò quando lo vedrò. Li putti stanno bene e la Nora è tanto saporita che non si può dir più. Il putto attende a farsi grosso e poi che scappò dal fummo credo che Nostro Signore ce lo guarderà.930 Io sto bene e desidero […] pure ho più caro che attenda alli […] che alle altre baie e non essendo questa per altro li bacio le mani e creda che se havrà da trattar meco io non sono donna da imbarcarlo senza biscotto931 che tutto il mio fine è veder mio figlio grande, né penso a bagatelle, come da me intenderà quando ci vedremo. Con che le bacio le mani e resto adorandola. Di Fiorenza il dì [3] di novembre 1572.

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.152]a La lettera è attraversata da grandi macchie scure che rendono impossibile la lettura di alcune parole

929 Per riassestare le malandate finanze di Paolo Giordano, Ferdinando propone che faccia una donazione universale al figlio e lasci tutta l’amministrazione dello Stato di Bracciano in mano a Isabella. Ma per far questo occorre prima l’aiuto di Francesco de’ Medici per pagare i debiti.930 Il 23 dicembre 1572 un incendio devastò l’appartamento di Isabella nel palazzo Medici in via Larga, cfr. E. Mori, L’onore perduto di Isabella de’ Medici, cit., p.218.931 Metafora tratta dal lessico marinaro. Isabella intende che vuole che i suoi figli affrontino la vita con le risorse necessarie.

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344 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

481. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 1 dicembre 1572

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimose bene Ciapino non mi recò lettere sue, non per questo ho voluto che parta senza

questa mia, la quale sarà solo per baciarli le mani e darli nova delli sua putti li quali per la Dio gratia stanno bene e Ciapino lo raguaglierà di loro. Io sto bene e meglio starei se vostra eccellentia ci fussi. Li scrissi a longo pochi giorni sono a tal che sarò breve adesso, solo li dirò che si ricordi che l’adoro, con che baciandoli le mane resto adorandola. Di Fiorenza, il di 1 di dicembre 1572.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.155]

482. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 3 febbraio [1573]932

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimopesami haverli a dir mai cosa che li possi aportar disgusto, pure bisogna haver

patientia. La saprà che il nostro putto stanotte è stato male di catarro, tanto che ho pensato ce lo dovessimo perdere, pure stasera che siamo a tre hore di notte sta meglio, se li fanno tutti li remedi possibili di fora e se seguiterà il male li daremo il foco,933 Dio faccia no ce ne sia bisogno. Ho chiamato maestro Onorio934 e sto con tanto dolore di questa cosa che sto per perdere il cervello, se peggiorerà li spedirò un corriero acciò possa saper il tutto. Io non so quello mi dica perché sono fora di me affatto e non [essendo] questa per altro li bacio le mani e così al cardinale, se li pares-si mandar di costì qualche valenthomo mi sarebbe caro perché lo Strada935 non può partirsi di Pisa. Nostro Signor li doni ogni contento. Da Fiorenza, il dì tre di febraro.

Di vostra eccellentia serva e consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.254]

932 La lettera manca dell’anno ma è stata qui inserita per evidente affinità di argomento con le altre.933 A Firenze si usava bruciare la nuca ai bambini con un ferro rovente per preservarli dai cattivi umori eventualmente rimasti nel sangue. Il rottorio alla nuca era raccomandato e praticato anche da Lancisi a Roma, cfr. Giovanni Maria Lancisi, Lettere di Lancisi a Morgagni e parecchie altre dello stesso Morgagni ora per la prima volta pubblicate, Pavia, Bizzoni, 1876, p.93, e nota 1.934 Il medico di corte detto “Maestro Onorio” figura in una mascherata di Michelangelo insieme a “Maestro Fazio” (Opere varie in versi ed prosa di Michelangelo Buonarroti il giovane alcune delle quali non mai stampate raccolte da Pietro Fanfani, Firenze, Lemonnier, 1863, p.210) e in un’ottava di Francesco Antonio Grazzini detto Lasca è citato insieme al medico Bartolomeo Strada archiatra di Cosimo de’ Medici (Egloghe ed Altre Rime, Livorno, 1799, p.264).935 Bartolomeo Gatteschi Strada archiatra di Cosimo de’ Medici, professore all’Università di Pisa, cfr. Paolo Tronci, Annali di Pisa, Lucca, Guidotti, 1893, Vol. 2, p. 292.

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11. I figli e le imprese nel Levante (1571-1574) | 345

483. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 7 febbraio [1573]

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimoho scritto tre altre mie dandoli di mano in mano nova del putto oggi che siamo

a dì 7 ha hore 24 sta bene e per la Dio gratia fora di pericolo et il catarro li dà poca noia, tanto che per questa volta è guarito. Io sto bene et ho preso vigore della sanità di Verginio et bisognia vogli bene a questi poi che per questo anno non sono per farne altrimenti. Io fo fare le sua cose e mi ingegnerò siano belle e li manderò ogni cosa insieme. Ricordisi della veste profummata e delli guanti e del cavallo che me ne farà gratia singulare.936 Qui si vive al solito, il gran duca sta assai meglio ma se ne sta nel letto. Io vi adoro al solito e poi che non posso veder voi mi trattengo con li putti, la Nora è qui e sta bene e per esserli più noiosa li bacio le mani e prego li dia Dio ogni contento. Se debbia risponder ho no a don Giovanni scrivamelo.937 Di Fiorenza il di 7 di febbraro 1572.938

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

babo bacia culo a Nora, torna presto, manda vesta a pupa.a

[158, n.157]a Da «babo» fino a «pupa» scritto con grafia infantile

484.Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 15 febbraio 1573

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissima la litera di vostra eccellentia scritami della salute di Vergilio la puol pensar di quan-

to contento mi sia stata, sì per la disperation del mal di lui come per intender nuova di vostra eccellentia alla quale supplico mi favorischi di scrivermi il tempo del suo venire acciò possi far fenire alcune cose per sua comodità. Io sto assai bene e sonno a Bracciano per veder di principiar il negotio delle legna il qual spero sarrà di molto utile, e questi giorni non mi sonno inteso afatto bene per il fredo grande che qui è stato, pur hora sto meglio e pronto di servirla più che mai, con che resto adorandola, gli bacio le mani. Di Bracciano, il dì XV di febraro nel 1573.

936 La veste che aspetta Isabella, è quella la cui manifattura figura per mesi nei registri di pagamento del 1573 dell’archivio Orsini. È un abito di velluto nero cosparso di margheritine, ovvero piccole perle. Con quell’abito la duchessa fu ritratta varie volte, cfr. E. Mori, L’onore perduto di Isabella de’ Medici, cit., pp.219-220.937 Si veda la lettera dell’11 gennaio 1573 n.605 di don Giovanni d’Austria.938 Non può essere febbraio del 1572 perché Virginio è nato a settembre del 1572. I pagamenti per la veste profumata sono nel registro n.805 del 1573. Di conseguenza Isabella in questa e nella lettera successiva, datata 1572, usa lo stile fiorentino.

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346 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

Servitor e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.177]

485. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 2 marzo 1573

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimocredo certo che vostra eccellentia burli mecho con dire che non li scrivo, ho vero

le mie li sono noiose e con questo modo vole che io intenda, ma sia o l’uno o l’altro tutto ricevo a favore, purché di me si ricordi in qualche modo. Io sto bene e li pupi benissimo. Detti la sua alla signora donna Leonora,939 e crederò che risponda, del resto pocho ci è che dire, salvo che l’adorarla al solito, e desiderar che da lei mi venga comandato qualche cosa. Il cardinal sta bene e li bacia le mani. Pacecho partì per cotesta volta e il gran duca sta assai bene, del resto comandimi che nissuna cosa più di questa desidero, e li bacio le mani. Di Fiorenza, il di 2 di marzo 1573.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.186]

486. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 10 marzo [1573]

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimoscrissi la settimana passata e li detti conto della salute di nostri figli li quali adesso

anchora stanno bene per la Dio gratia, et il putto tiene fora le mani.940 Non ho man-dato l’olio perché non ne ho trovato, ma subito che il signor principe torna da Pisa me ne ha promesso, e ce lo manderò. Le sua cose ne ho una parte in casa, l’altre ne fo venir di Ferrara e ne fo far qui, e subito finite che sarà in breve ce le manderò. Né si maravigli che tardi tanto che non ho trovato nulla et è bisognato farle far a posta. Le partite di Gimeno941 l’ho riceute e se ne esequirà quanto lei mi ha comandato. Del resto attendo a riassettar le cose per poter andar alla villa con la brigata. Io sto bene, anchor che sono stata malissimo di catarro. Delle nove non ne scrivo perché non ne

939 Leonora di Toledo cugina di Isabella.940 Si riferisce alla pratica di tenere i neonati completamente fasciati almeno per i primi quaranta giorni di vita per prevenire il rachitismo, cfr. Buenaventura Delgado, Storia dell’ infanzia, Bari, Dedalo, 2002, p.149. Dai recenti scavi nelle tombe medicee è stato scoperto che i bambini Medici soffrivano di questa patologia, cfr. V. Giuffra, A. Vitiello, D. Caramella, A. Fornaciari, D. Giustini, G. Fornaciari, Rickets in a High Social Class of Renaissance Italy: The Medici Children, in «Internatio-nal Journal of Osteoarchaeology», Int. J. Osteoarchaeol. (2013), Published online in Wiley Online Library (wileyonlinelibrary.com).941 Jimenez era lo spagnolo incaricato di far pervenire a Paolo Giordano lo stipendio a lui promesso da Filippo II, vedi anche lettera n. 488.

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11. I figli e le imprese nel Levante (1571-1574) | 347

tengo. Io l’adoro al solito né desidero cosa più che servirla. Con che baciandoli le mani fo fine, e li prego da Dio ogni contento. Di Fiorenza, il dì 10 di marzo.

Al cardinal mio fratello bacio le mani e lo supplicho a farmi saper se va a Loreto con la principessa. Alla duchessa mia signora e comare bacio le mani, e alla signora sorella fo il simile e li resto serva affetionata.942

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.57]

487. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 22 marzo 1573

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte e patrone osservantissimotornandosene costì il capitan Vico943 non ho voluto che parta senza questa mia, la

quale sarà per darli la bona Pasqua et darli nova che li suoi figli stanno bene et tutti desideriamo vederla. Li raccomando Vico perché lo conosco bon suo servitore et homo da bene, e se bene non lo serve personalmente li è servitore. Io sarò breve che sono tanto lassa da travagli della settimana passata che non mi tengo in piedi. Li ricordo che l’adoro et li bacio le mani e così al cardinal mio fratello con il quale vostra eccellentia mi scusi se non li scrivo. Dio la contenti. Di Fiorenza, il dì 22 di marzo 1572.944

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che l’adora donna Isabella medici Orsina.

[158, n.153]

488. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 31 marzo 1573

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimocredo certo esserli venuta a noia con tanto scriver poiché non ho risposta nissuna,

ma non voglio per questo mancar del debito mio, anchor che poco fo in tutto il mio fare, ma patientia harò di questo come delle cose maggiori, ma lassiamo andar tante cose. Li dico che li putti stanno bene e il bimbo cresce a giornate et è bello affatto. Le sua cose sono presso che fenite e ce le manderò subito, del resto non ho che dirli salvo che il signor Marcantonio945 fu qui e mi volse veder per ogni modo a tal che venne in villa dove ero et stette pochissimo e vie<n> contentissimo del re e di tutti. Qua mi

942 Giovanna d’Aragona e Felice Orsini, rispettivamente madre e moglie di Marco Antonio Colonna.943 Potrebbe trattarsi del capitano Francesco Vico incaricato nel 1561 di assistere alla costruzione della torre di Macerata, cfr. Amico Ricci, Memorie storiche delle arti e degli artisti della Marca di An-cona, Macerata, Tipografia di Alessandro Mancini, 1834, Vol. 2, p.41, n.34. Comunque è evidente che questo capitano era al servizio di Paolo Giordano.944 Datazione fiorentina.945 Marcantonio Colonna era appena tornato dalla corte di Madrid era passato per Firenze.

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348 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

è stato ditto per cosa certa che vostra eccellentia ha renuntiato il carco,946 desidero saper la verità se li piace, se no lassila stare. Se li domandò una procura per riscoter li dinari di Gimenes,947 se me la manderà li riscoterò per farne quello mi ordinò, se non la manda lasserò stare, e per non esserli più noiosa fo fine con baciarli le mani. Di Fiorenza, il di 31 di marzo 1573.

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.178]

489. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano

Firenze 6 aprile 1573

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimoalli negotii di nostri figli cercherò darli quel fine che desidero e spero. Al duca di

Gravina948 ho fatto quelle carezze possibile per amor di vostra eccellentia, harò caro che se ne sia ito sotisfatto Non mi è parso presentar la sua al signor principe per con-to di Vico949 perché sapevo la resolutione di sua altezza prima che adesso. Le cose sue ce le manderò, e creda che se fussino state finite ce le haverei mandate prima perché non desidero altro che servirlo. Li putti stanno bene e oggi ho fatto cominciar il ritratto di tutti dua insieme e con le altre cose ce lo manderò. Li bacio le mani della veste950 e mi è oltra modo cara, e perché temo non darli molestia fo fine e li bacio le mani, né si maravigli se per messer Augusto li scrissi un poco resentita, diane la colpa al desiderio continuo che ho di saper nova di lei e con questo fine li bacio le mani e resto adorandola. Di Fiorenza, il dì 6 di aprile 1573.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.Nove non ce le scrivo perché le saperà in breve, se bene non sono troppo bone. Il

gran duca sta assai bene per la Dio gratia.[158, n.184]

490. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 20 aprile 1573

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimocirca il negotio di nostri figli mi rimetto a messer Giovanni Antinori e sappia

che sia da trattar meco e non con il signor principe, e io sono per far tutto quello

946 Qualcuno aveva messo in giro la voce che Paolo Giordano avesse volontariamente rinunziato al prestigioso incarico conferitogli l’anno precedente da Filippo II. Questo, come si vedrà dalla lettera successiva, lo farà arrabbiare moltissimo.947 Vedi lettera n. 486.948 Ferdinando Orsini duca di Gravina.949 Il capitano Vico, si veda la lettera precedente.950 Sulla veste donata a Isabella da Paolo Giordano vedi nota n. 936.

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11. I figli e le imprese nel Levante (1571-1574) | 349

che possibil sarà per loro, né si maravigli se si è tardato tanto a risponder, poi che è negotio così importante, et il viver e morir è cosa commune del resto. Non mi par però haver crocifisso Nostro Signore haverlo avisato di quello che qua si dice della renuntia del carico, né per questo lo tenerò in mal concetto, ma io ho hauta et ho seco questa bona fortuna che tutte le mia cose da lei son prese a tristo fine, pur sia che vole, mi basta che mai con ragione si potrà di me dolere. Ma dicami, di gratia, vostra eccellentia che colpa ho io se Enea Guaino951 scrive questo per nova e dalla boccha del signor Marcantonio suo cognato mi vien detto e mi dice havercelo scritto donna Girolima che ce lo ha ditto don Giovani,952 per questo credolo io, dicoli io che debbia esser, ma questa è scusa debole verso di me, io l’adorerò, la servirò et in somma non li darò mai causa da dolersi, s’el poi vorrà interpetrar la cosa a un altro fine, faccia lei che a questo non penso, ma lasso questo, et li dico che li putti stanno bene, che presto li manderò le cose che li fo fare, né dia la colpa a me poi che ho da trattar con chi mi fanno disperare, e per non li esser noiosa li bacio le mani e fo fine. Di Fiorenza il dì 20 d’aprile 1573.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.185]

491. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 8 maggio 1573

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimoso che lei si sarà maravigliata che io non li habbia della settimana passata scritto,

ma diane la colpa a uno enfiato che ho hauto nella gota causatomi dal sole di villa, hora sto assai meglio e li putti benissimo. Le sua cose si sono consegnate al mulat-tiero, harò caro che siano a suo gusto. Del negotio delli putti aspetto le scritture che Giovanni Antinori li ha scritto, e del resto lassi fare a me perché non ho altra mira che far bene a loro e servir voi, e se mancho qualche volta è per non saper più, non che la voluntà non sia pronta a far tutto quello che da lei mi verrà comandato. Il ritratto delli putti non è finito, però non lo mando. Li guanti promessi ce li ricordo poiché sono al verde. Con che adorandola li bacio le mani. Di Fiorenza, il dì 8 di maggio 1573.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina

[158, n.187]

951 Sebbene Isabella scriva Guaino, potrebbe trattarsi di Enea Vaini agente del granduca presso Giovanni d’Austria. Nell’Archivio di Stato di Firenze sono conservate sue lettere dal 4 marzo 1573 al 13 gennaio 1574 (ASF, MdP, b.4153). Su questo incarico cfr. Giovambattista Adriani, Istoria de’ suoi tempi, cit., p.26.952 Geronima Colonna Pignatelli duchessa di Monteleone, sorella di Marcantonio Colonna.

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350 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

492. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini953

Firenze 18 maggio 1573

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimome sono state portate tre sua in un medesmo tempo le quale mi hanno recato

contento grandissimo, sì per veder che non si scorda di me, sì anchora per intender di sua salute, la qual la desidero come la mia propria. Del negotio di nostri figli farò quello convene a madre che non ha altro fine che loro e di questo siane certo. Non ho riceute scritture di nissuna sorte come dice havermi mandato, però siali per aviso, acciò non siano ite costà male che subito giunte cercherò dar fine al tut-to, et li dico che attenderò a casa se saprò farlo et farò tutto quello saprò che li sia a grado, sempre. Del seguito che deve fare di sé harò caro saperlo perché ne vivo inquieta.954 Delle sua robe aspetto mulatier che parta che le porti ben conditiona-te. Il ritratto lo fo fare e celo manderò subito finito.955 Ho dato li piedi al putto956 il qual ha dua denti et è il più rigoglioso figlio che si possi vedere, io ne ho quella cura maggiore che si può. Del resto qui si vive al solito, io sto assai bene per la Dio <gratia>. Alessandro Beccharia passava di qui per venir a Roma a servir vostra eccellentia et io lo ho ritenuto e datoli la mia coppa, purché sia con sua satisfatio-ne, et mi par giovane che a questo servitio mi servirà fidelmente e senza procurar quistione per altri.957 Se è di sua voluntà scrivamelo che, quando acchadrà che vo-stra eccellentia lo voglia, ce lo manderò, con che adorandola fo fine. Ma li voglio contar un bel tiro della Nina,958 la sappia che hieri la menai a Santa Trinita a messa dove era la festa, tornando poi a casa la mia balia li dimandò chi ci era di belle alla chiesa, lei con gran sossiego li rispose così:- ci era la signora madre e io, di signore madri altre assai, ma brutte – tanto che di una putta di 26 mesi ci parse risposta troppo acuta; se scrivo barbogita diane la colpa al esser madre, e di novo li bacio le mani. Di Fiorenza, il dì 18 di maggio 1573.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina

[158, n.188]

493. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

[Baroncelli] 8 giugno 1573

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimo

953 La lettera è stata già da me pubblicata in L’amore rivelato, cit., pp.63-64.954 Isabella non sa se Paolo Giordano partirà o no per una nuova spedizione contro i turchi. 955 Si riferisce al ritratto di entrambi i bambini. Vedi anche la lettera successiva.956 Lo sta facendo camminare probabilmente con il girello, uno strumento che già si usava nel XVI secolo. Nella lettera successiva però dice che il bambino sta in piedi reggendosi a uno sgabello.957 Evidentemente Alessandro Beccaria doveva servire da “coppiere”.958 Si tratta di Eleonora, la figlia di Paolo e Isabella chiamata Nina o Nora.

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11. I figli e le imprese nel Levante (1571-1574) | 351

non scrissi la settimana passata perché mi vergognavo, non havendo mandato le cose, e questo è restato perche u<n> furbo d’uno orefice mi promesse mandarmi tre dì sono le forbice, et non gnene posso cavar di mano, a tal che mi risolverò a mandar l’altre cose e poi queste quando saranno fenite le manderò. Adesso mi è stato recato una sua che mi dà conto di quanto li scrive don Giovanni, che certo me ne rallegro poiché vol seguitar questa strada, anchor che speravo che questa state si dovessi riposare con li putti e meco,959 li quali stanno bene et il pupo tanto rigoglioso che credo che quando haverà l’anno sia per camminare poiché adesso sta da sé stesso in piedi a un scabello che pare di dua anni. Ne vederà il ritratto presto di tutti a dua. Del resto del negotio delli putti non mancherò far quello sono obbligata poiché sono madre, purché le cose che mi si proporranno siano alle mia forze et ingegno fattibile, e di questo stia sicurissima. Il signor Gian Paulo960 non è comparso, ma quando verrà non mancherò far per lui come se mi fussi fra-tello, sì perché lei me lo commanda, sì anchora perché lo conosco cavalier degnio di ogni bene. Circa quello mi scrisse del cardinal Orsino961 li dicho che è vero che mi parti<ii> per non lo vedere, perché non li ho tali obbligi, e lui lo sa, che li deva correr drieto, ma li putti li lassai lì, e detti ordine che se li voleva vedere che ce li mostrassino. Ma non solo li cerchò, ma non dimandò non che altro se erano vivi. Poi fanno del parente amorevole. Io di loro per mia causa non me ne curo punto, perché non ho che spartir seco, ma ho caro conoscer la loro amorevolezza per con-to delli mia figli, alli quali, Dio guardi suo padre tanto che siano grandi, et più che, circa li loro parenti di costà, poco ricapito credo che siano per cavarne, e que-sto dicalo di gratia vostra eccellentia al cardinale, et che non si saria guasto, poiché la sua strada era verso Roma, allongarla fino alla mia villa, come hanno fatto delli altri come lui, sebene non erano parenti, e basta, io ho poco bisogno di lui, e poco mi curo che si dolga di me, che tutto fa per cavarmelo della mano, basta che vostra eccellentia sappia che chi offende non perdona e questo è proverbio vero e così fa lui che se troverà in lei terreno da poter far cosa che mi torni danno o disgusto so lo farà. Mi basta dirli ciò acciò sappia che lo conosco bene il bon prete, forse più che non pensa, e più li dico che havendo vostra eccellentia a travagliar e mi lassi che io tratti col cardinal, che non lo voglio fare, lasserò ir male ogni cosa perché non sono donna che voglia sopportar che mi si faccia più delli tiri passati, e lui li sa, con che baciandoli le mani resto adorandolo et la supplico che non faccia che io habbi a trattar con il sudetto cardinal che sarà solo mal per questi putti perché siamo per esser poco da detto. E basta. Di villa, il dì 8 di giugno 1573.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.183]

959 Don Giovanni d’Austria nel 1573 partirà per la riconquista di Tunisi che era stata presa dai turchi nel 1569.960 Giovan Paolo Orsini del ramo di Vicovaro.961 Si riferisce al cardinal Flavio Orsini del ramo di Gravina.

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352 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

494. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

[Baroncelli] 12 agosto 1573

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimoquesta mia sarà solo per baciarli le mani e darli nova delli putti li quali per la dio

gratia stanno bene et passano li caldi, li quali sono eccessivi, allegramente. Qua si more e ci è molte schemenzie962 a tale che chi passa questo tempo non fa poco. Non mancai far tutto il possibile intorno alla causa de Gisi963 ma non bisogna pensar che le cose habbino ad escir del ordinario, pure penserò che habbia a terminarsi in bene. Io me ne sto in letto con una stinchata964 e mi par mille anni che rinfreschi per potermi medicare, et non essendo questa mia per altro li bacio le mani e li desidero ogni contento. Di villa, il dì XII d’agosto 1573.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.182]

962 Sembrerebbe schemenzie: scemenze.963 Chigi.964 Colpo violento agli stinchi.

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12. La malattia (1574-1576)

965 Lettera n.498.966 Lettera n.510.967 Lettera n.501968 Era stato concordato con i Medici che Paolo Giordano si sarebbe addossato tutta la responsabilità del duello senza fare i nomi dei veri responsabili. Subito dopo, Paolo avrebbe dovuto darsi da fare per ottenere per Giovan Paolo Baglioni e Antonio Salviati la grazia del papa. Ludovico Bianchetti, mae-stro di camera di Gregorio XIII, gli scrisse: «La Santità Sua ha inteso bene il tutto, né ha dimostrato sdegno alcuno per tal fatto, il che mi è parso buonissimo segno» (16 maggio 1575, ASC, AO, I, v.152, n.177). Anche il cardinale spagnolo Antoine Perrenot de Granvelle, ancora a Napoli come viceré, gli scrisse rallegrandosi che tutto si fosse accomodato, pregandolo «di non abbandonare quelli cavalieri che vi si sono trovati intricati, anzi di agiutarli à uscirne con il valor suo et io spero che, avendosi V.E.za prontamente accomodato al gusto di Sua Santità, ogni cosa passarà bene. Lei sa quanto l’au-torità, reputatione et giurisdizione si sogliono tener in stima dalli principi, sa ancora il decreto del Concilio et quanto conviene che nell’anno santo non si veda in Roma cosa che possa offendere la mente de quelli che per devotione vi concorrono» (ASC, AO, I, vol. 146, n.291). Sul duello Salviati Baglioni cfr. E. Mori, L’onore perduto di Isabella de’ Medici, cit., pp. 243-245; Giampiero Brunelli, Soldati del papa, cit., p. 46 e n.99. Sulla formazione cavalleresca di Paolo Giordano cfr. E. Mori, Gli

Ad aprile del 1574 Cosimo de’ Medici morì. Per Paolo Giordano e Isabella non c’era più alcun motivo per rimanere a Firenze. Il trasferimento era prossimo e occorreva sistemare i palazzi di Monte Giordano e di Bracciano. Isabella iniziò a spedire coperte, a occu-parsi della biancheria per la nuova casa, a cercare lino per fare lenzuola. «Haverò caro trovar la casa assetta»965 scriveva al marito, e ancora « Desidererei mi facessi mandar la misura della saletta et camera dove haverò a stare alla mia venuta costà».966 Progettava di venire a Roma a settembre con i bambini facendo il viaggio insieme al fratello Ferdi-nando. Il lutto per la recente morte del padre avrebbe imposto sobrietà e le avrebbe fatto risparmiare sui costi del viaggio. Nelle sue lettere accenna appena a certi suoi malesseri: «Io non posso andare se non portata per il mal del pié che è assai grande»,967 anche se in questo periodo il pensiero costante, sia di Paolo che di Isabella, è quello che chiamano il “negotio dei figli”. Aspettavano entrambi un aiuto da Francesco per salvare e trasmet-tere ai loro figli il patrimonio Orsini che ormai sembrava destinato ad essere inghiottito dai creditori. Paolo aveva progettato una donazione universale a Virginio e la cessione dell’amministrazione a Isabella, ma occorreva prima un grosso prestito da parte di Fran-cesco per pagare il riscatto dello Stato.

Per ingraziarsi il favore del gran duca, Paolo Giordano si offrì di mettere fine alla contesa tra Antonio Salviati e Giovan Paolo Baglioni organizzando a Roma un duello al primo sangue. In questo modo si dava soddisfazione ai contendenti senza che ci fossero vittime e si evitavano disordini a Firenze. Il fatto che si fosse in pieno anno santo e che i duelli fossero stati severamente vietati dal concilio di Trento sembra non creare problemi a nessuno, nemmeno al pontefice e ai cardinali, le cui lettere incoraggiano e lodano le azioni di Paolo che cavallerescamente ha promesso di addossarsi interamente la colpa e non rivelare i nomi delle persone coinvolte.968 A maggio Paolo venne esiliato per due anni

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354 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

da Roma. Tutti sapevano però che si trattava di una atto dovuto e che la pena sarebbe stata presto condonata. La vera preoccupazione di Paolo e Isabella è la risposta negativa di Francesco alla loro proposta economica: « mi ha ditto – scriveva Isabella – che fino al cor li pesa non poter far per adesso tal servitio a noi e nostri figli, allegando ragione che lo sborso, per esser grande, li è dificile per molte cause». 969

Sempre in quel periodo le lettere di Isabella rivelano l’ improvvisa e grave malattia di Paolo che si sovrappone alla sua: «se guarisco – gli scrive – fra tre o quattro giorni verrò costì per ogni modo perché mi è molto più cara la satisfation vostra che la mia vita propria».970 La gravità della malattia di Paolo la conosciamo anche da altre fonti: lettere di amici, parenti, dello stesso granduca, dell’ambasciatore di Spagna. Molti lo davano per morto. Alcuni pensarono che fosse stato avvelenato.971 A causa del suo stato di salute gli Spagnoli gli revocarono l’ incarico e lo concessero ad Antonio d’Aragona Cardona, IV duca di Montalto. Il trasferimento a Roma venne rimandato. Tra il 1574 e il 1575 la corrispondenza si dirada mentre diventano più lunghe le permanenze di Paolo a Firen-ze. Tra settembre e ottobre del 1575 si fa più evidente la preoccupazione generale per la salute di Isabella.972 Anche in questo caso la gravità della sua malattia è documentata non solo dalla corrispondenza col marito, ma anche e soprattutto da referti degli ar-chiatri granducali, avvisi, lettere di ambasciatori, del fratello Ferdinando, e addetti al servizio di Paolo Giordano.973

Nonostante gli evidenti segnali della malattia che continuano a costellare le sue lettere, Isabella non si fermò, ma continuò a darsi da fare per il marito, per i figli e per chiunque si rivolgesse a lei. Il 27 aprile 1576 nella sua ultima lettera scrive: «io sto così così, pure, in qualsivoglia modo, sto per servirla et adorarla sempre».974 Il sedici luglio Isabella de’ Medici morì.

495. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 12 febbraio 1574

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimaho inteso con infinito mio dispiacer la sua indispositione et certo che subito mi

sarei messo in viaggio se non mi fosse stato scritto che è molto ligera, et anco io

Orsini e i tornei, tra cavalleria cortese e magnificenza barocca, cit.. Sulla filosofia del duello alla corte dei Medici cfr. Maria Pia Paoli, I Medici arbitri d’onore. Duelli, vertenze cavalleresche e paci aggiutate negli antichi stati italiani (secoli XVI-XVIII), In Stringere la Pace. Teorie e pratiche della conciliazione nell’Europa moderna, Roma Viella, 2011, pp.129-199.969 Lettera n.503.970 Lettera n.507.971 E. Mori, L’onore perduto di Isabella de’ Medici, cit., pp.238-239.972 Ivi, pp.236-242; 246-249.973 Cfr. Introduzione; E. Mori, L’Onore perduto di Isabella de’ Medici, cit., passim e Ead. La malattia e la morte di Isabella Medici Orsini, cit., pp.77-97.974 Lettera n.548.

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12. La malattia (1574-1576) | 355

mi trovo qua intrigato. Mando perhò il signore Honorio Savello975 a baciarle le mani il qual anco ha comision da me de andar a far il simile con il signore duca di Alba.976 Suplico vostra eccellentia a farmi gratia farmi scrivere ogni particular del suo male e me mi tengi per quel afetionato servitor che li sonno e mi facia gratia baciar li pupi in mio nome et a vostra eccellentia bacio le mani. Di Roma, il dì XII di febraro nel 1574.

Servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.207]

496. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Fiume Paglia 24 maggio 1574

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimami comincio a simigliarmi a l’avo977 poi che son tre giorni oggi che mi partii da

Fiorenze e son in Paglia978 e, per vita vostra, morto. Credo la causa una cascata che diedi fuor di Siena bravissima e tale che mo’ ne sento. Io giuro sopra l’onor mio che se avessi tanto pentimento di miei peccati come io ho di non avervi servito, che an-dria in paradiso certo, e giuro per il medemo anco che ho infinito martello di lei e di pupi, pur patienza. Io gli ho scritto del mio stato qual è veramente malissimo perché son strachissimo e ho un muscolo di una coscia che non lo sento. Pur a Bracciano mi purgerò e starò bene e in qual maniera mi stia ti adoro a te da cavalier, baciate li pupi e le mani a quelli signori serenissimi e a vostra eccellentia io adorandola li bacio le mani. Di Paglia, il dì 24 di magio nel 1574

servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsini.

[158, n.205]

497. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 17 giugno 1574

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimahieri ebbi una sua a me cara come la vita per intendere nuova di lei e delli pupi e

della lor sanità e mi ralegro che coltivi la villa poiché io anco so’ e voglio esser questa

975 Onorio Savelli, duca di Rignano, era stato protagonista di un’oscura vicenda giudiziaria che lo vide più volte processato, ora per eresia, ora per abusi sessuali, ora per angherie sui vassalli. Il proces-so a lui intentato nel 1567 si risolse con un’abiura e una multa. Paolo Giordano fu tra i suoi difensori, cfr. Irene Fosi, Savelli, Onorio, DBI, vol. 90 (2017), pp.776-779.976 Don Fernando Álvarez de Toledo y Pimentel, terzo duca d’Alba (1507-1582), fu governatore dei Paesi Bassi spagnoli fino al 1573 per essere poi sostituito da Luis de Requesens y Zuniga.977 Forse intende: assomigliare a un vecchio. Un’espressione simile è usata nella lettera n.135.978 Il fiume segnava il confine tra Granducato di Toscana e lo Stato Pontificio e vi era una stazione di posta.

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356 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

state villano di Bracciano che veramente ne ha di bisogno, e se vostra eccellentia vi veniva me ne sarei vergognato, tanto era mal in arnese ogni cosa. Io rimediarò acciò che quando verrà qua abbia stanza, se non conveniente a lei, almeno comoda. Circa il negotio abbia vostra eccellentia la resolutione più presto che la puole con quelli mezzi convenienti, poiché Dio non mancarà, e s’è pensato modo più breve, di utile e di puoco incomodo. Del ristretto delle entrate che Ricardo le manda, potrà vostra eccellentia veder l’utile che ne vien di disfarsi <del>l’afitto979 che come dirò non mancharà modo senza vendere poterlo fare, come lo farrò sapere a vostra eccellentia con suo piacere. Io non sto niente bene, andai ai bagni di Stigliano980 per la gamba che mj han fatto utile molto, ma male al resto del corpo che mi abbrusciò vivo e non dormo. Però mi ho cura e spero che non sarrà altro. Delle cose di qua non so che mi scrivere, poiché sono contadino. Del mio partir di là vostra eccellentia <lo>volse, perché niun’altra causa lo causò, poiché le burle son burle, e il da davero è davero, perhò, levato la presenza di lei <e>di pupi, per villa non la cede a niun’altra e è per-ché mi è piaciuta Bracciano sommamente questa volta, e ho cominciato a gustar il vino con comodità in ozio, con che a vostra eccellentia bacio le mani adorandola. Di Bracciano, il dì 17 di giugno nel 157IIII.

Servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.209]

498. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 3 luglio 1574

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimotornandosene costì messer Donato non ho voluto che parta senza mia lettere le

quali sono prima per baciarli le mani poi per dirli che cosa non desidero più che servirla. Circa il negotio lo tratterò quanto prima e con quello amore che mi si con-viene tocchandomi tanto. Mi rallegro oltra modo che stia meglio della sua gamba, attenda di gratia a curarsi acciò si liberi di così gran penitentia e suggettitudine. Mi sono molto rallegrata d’una sua nella quale mi dice che mi ama tanto, certo che io mi terrei felice se ciò fussi perché havrei conseguito quello che tanto tempo ho desiderato, ma li prometto bene che se lo scotto havrà scientia nissuna e la affetione che dice portarmi potrà nulla che tutto si ha da spender a ciò voi mi amiate come conviene a chi tanto da me è adorato come voi, ma quasi sono come nave sbattuta tanto dal vento che non spera più veder il porto, ma tutto sia come piace a chi tutto può. Haverò caro trovar la casa assetta. Li pupi stanno bene, le coperte le manderò quanto prima, del resto ho detto a Donato981 quanto sono per fare. Amimi di gratia

979 Paolo vuole disdire l’affitto dello Stato di Bracciano stipulato nel 1567 per nove anni con i mer-canti Cavalcanti, cfr. E.Mori, L’onore perduto di Isabella de’ Medici, cit., p.158.980 Si trattava di terme che si trovavano vicino a Canale Monterano nello Stato di Bracciano.981 Donato Dell’Antella.

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12. La malattia (1574-1576) | 357

vostra eccellentia, perché lo merito per adorarla. Con che baciandoli le mani fo fine. Di Fiorenza, il dì 3 di luglio 1574.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.192]

499. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 9 luglio 1574

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimamando Trivisano in Lombardia per cani e sparvieri. Non ho voluto lasciar di non

baciarli le mani e dirli anco che ho hauto tanto dispiacere del essersi vostra eccel-lentia guasto il Zarbino982 che non le potrei mai dire. Signora, dura in me e cresce la voluntà e il desiderio di vederla è tanto et per vita vostra e mia che mi sa mille anni che sia il tempo che la possi vedere e godere. Signora io vi adoro insomma, e da davero, e basti, e ne vedrete la pruova certa. Io suplicai vostra eccellentia che mi facesse gratia di mandarmi Giovanni, sia suplicata a favorirmi di questa gratia, e baci li pupi in mio nome, et io a vostra eccellentia adorandola et di nuovo bacio le mani e la bocca e tutta. Di Bracciano, il di VIIII di luglio nel 1574.

Consorte e servitor che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.208]

500. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

[Baroncelli] 13 luglio 1574

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimosono maravigliatissima che non sia nissuno in casa che mi scriva cosa nissuna della

sua indispositione che certo tocherebbe pure al suo medico a farmelo sapere, ma perché penso che sia sua volontà, me ne sto cheta, pure penserei no li dovessi dispia-cere che io lo sapessi perché non essendo buona a servirlo, almancho pregerei Nostro Signore per la sua salute. Io me ne sto qui in villa et passo il tempo il meglio che io posso, et ecci mecho il cardinale il quale non mi lassa mai, né dì né notte. Perfino adesso ho pensato che lei dovesse venire a Fiorenza, adesso veggio che tutti li miei pensieri sono riesciti vani, et certo me ne duole più per gli altri che per me, che al fine sono avezza a ogni mala ventura, et per non li esser molesta fo fine et li bacio le mani et l’adoro. Di Villa, a dì 13 di luglio.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.58]

982 Si tratta probabilmente di un cane da caccia.

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358 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

501. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 18 luglio 1574

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimoho riceute dua sue le quale mi hanno recato tanto contento quanto esser può ve-

dendo per esse la molta affetione che dice portarmi e seben dice esser innamorato, mi baiatemi che questo può essere e l’altro no, perché dove manca la causa manca anchora lo effetto. Le bellezze le quali sogliono esser cagione di fare innamorare non sono più in me, perché con gli anni e con l’andar sprezzata sono partite da me con molta mia satisfatione, ma mi rallegro bene che mi ami di quel amore che conviene fra marito e moglie. Io so bene che da me haverà sempre causa di ciò e li prometto che stavo con tanta disperatione questa ultima volta della sua partita sua di qui, che se non erano molti rispetti che facevo qualche scappata, lei mi intende pure, Dio ringratiato che mi ha tenuto il cervello in testa, e forse farà conoscer che quello che dicevo non era per mio interesse e basta. Il putto è stato male di febre, però ho tardato a scriverli perché volevo darli nova della salute, come fo del uno e del altro. Il nostro negotio è bene incaminato e sua alteza ha le scritture in mano et con quelle ci darà la resolutione. Dio voglia che sia come desidero. Io non posso andare se non portata per il mal del pié che è assai grande. Il cavallo don Pietro lo darà. Cercho per tutto del strozziero né lo posso trovare, subito trovato celo manderò. Le coperte lui le porterà perché si spenderà mandando. Pietro è risoluto andar a Loreto questo setembre et io anchora, ma perché è debito mio il chiedergli licentia ce la domando, seben molto tempo fa me l’ha data, però non farei nulla senza la sua bona gratia. Tornata che sarò, se mi darà tal licentia, lo stesso mio fratello mi accompagnerà per cotesta volta senza haver altra spesa o travaglio di condurmi. Io escirò dal voto che tengo per la felice memoria di mio fratello car-dinale et haverò questo contento perder quella devotione. Però quando sia con sua bona gratia facciamelo sapere acciò che mi possa provedere delle cose necessarie e nanzi che dica nulla al gran duca ho voluto farlo saper a lei, come è mio debito. Intanto tengami in sua gratia et amimi come dice perché invero è da me adorato sopra tutte le cose del mondo. Consideri che di nessun tempo possa far tal viaggio che spenda mancho che ora per la occhasion del bruno,983 con che baciandoli le mani prego dio mi dia contento di poterlo servire come è mio fine, e come devo. Di Fiorenza, il dì 18 di luglio 1574.

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.198]

983 Si riferisce al lutto per la morte di Cosimo de’ Medici avvenuta il 21 aprile di quell’anno.

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12. La malattia (1574-1576) | 359

502. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 22 luglio 1574

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimaalla sua ultima continuarò a rispondere a l’ultima parte e dirli che potrà far quanto è

servitio magior, et la prego ad avertir che il setembre è mese fastidio<so> da caminar, e che saria forse meglio l’otobre, massime che molti nostri paesi il setembre è il peggio mese che sia. Io verrò a trovarla a Loreto, e in questo mentre anderò a conciar la rocca984 meglio che potrò. Ho hauto carissimo intendere che le scritture siano in mano a sua altezza e spero, poiché ha voluto le scritture, che il negotio se accapara, suplico vostra eccellentia a far ogni opera per la espeditione. Del mal del pupo lo seppi, e ne stavo con fastidio infinito non avendo nuova nisuna da vostra eccellentia. Or, benedetto Dio, son consolatissimo. Il stroziere suplico a mandarmelo, e con esso le coperte. Mando il presente stafiere per il cavallo che piace al signore don Pietro di darmi, certo che ne ho necesità, né mancarò a sadisfar sua eccellentia con un altro bello e di regno985, perché di questa sorte ne ho sempre, ma la maniera del cavallo che sua eccellentia mi fa gratia, secondo che da sua eccellentia intesi, è da me, però vostra eccellentia mi avisi che io l’abbia e lo faccia consignar al presente mio stafiere che me ne farrà segnalato favore. Signora, la miglior nuova che potessi havere è che vostra eccellentia mi favorischi di ve-nir a starsene qua, che ho speranza con la presenza sua che ogni cosa mia andrà bene e che io abbia da esser contentissimo per questo mezzo. Io l’adoro, e sto con la medesma voluntà, anzi cresce ogni giorno più di adorarla e servirla, e vengi vostra eccellentia, che credo al fermo che restarà sadisfatissima di ogni cosa. Mi resta ricordarle la espedition del negotio e a farmi gratia di amarmi, con che adorandola bacio a vostra eccellentia le mani. Di Bracciano, il dì XXII di luglio nel 157IIII.

Consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.195]

503. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 30 luglio 1574

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimo, non ho manchato con tutta la diligentia possibile di far veder le scritture al signor

granduca, delle quali è restato satisfatto et mi ha ditto che fino al cor li pesa non

984 La rocca di Bracciano. Sono di questo periodo i maggiori restauri a Roma (Monte Giordano) e a Bracciano, cfr. E. Mori, L’onore perduto di Isabella de’ Medici, cit., pp.226-230. Per uno sguardo generale sull’architettura dei palazzi Orsini cfr. Giulia Aurigemma, Architetture Orsini a Roma, uno sguardo d’ insieme: dal Medioevo al Cinquecento, in Gli Orsini e i Savelli nella Roma dei papi. Arte e mecenatismo di antichi casati dal feudo alle corti barocche europee, Milano, Silvana, 2017, pp.83-97.985 I cavalli provenienti dal Regno di Napoli erano considerati i migliori, tuttavia Paolo era molto alto e pesante e aveva bisogno di cavalli particolarmente forti.

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360 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

poter far per adesso tal servitio a noi e nostri figli, allegando ragione che lo sborso, per esser grande, li è dificile per molte cause, prima per la somma delli debiti lassatili dal granduca nostro padre, che arrivano per fino alla somma di scudi 270,000 che è forzato pagarli per di più a maggio, poi li dinari che il re di Francia vole che sono 200.000 e questi sono urgenti; poi allega li tempi che corrono, a tal che dice non poter per adesso far questo, ma che non mancherà, come sarà fora di tal intrigi, di fare, a tal che per uno anno o più, è cosa dificile sperar ben nissuno. A me pare certo che la cosa li sia entrata, ma con verità ci sono molte difficultà e sono cose urgenti, a tale che, se non erano queste cose, il negotio seguiva et seguirebbe, se ‘l tempo ce lo concedesse, come non fa, per mala mia fortuna. Pure patientia, poiché così piace a Dio, e spero che Dio no sia per abandonare questi figlioli, e noi forse. Dio sa di quanto desgusto tal cosa mi sia, e tale che Dio voglia non mi ponga in letto, che sarebbe facil cosa tanto di dolor mi ha recato, e basta. Il signore Onorio986 arrivò qui ier l’altro et io lo ho intertenuto acciò potessi riportar qualche risposta. Pensavo dovessi esser secondo il desiderio mio, ma poiché non è stato, patientia, et bisogna pensar a far da noi il meglio possiamo per servitio de nostri figli, li quali per la Dio gratia stanno bene. Con che adorandovi fo fine, e vi bacio le mani. Di Fiorenza, il dì 30 di luglio 1574.

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.200]

504. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 6 agosto 1574

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimaconsiderando le cagione che hanno impedito sua altezza di poter far per hora il

servitio che lo pregai al mio partire per comodo nostro e di nostri figli, secondo il raguaglio che me ne dà vostra eccellentia per la sua ultima, dubitarei di esser riputato imprudente se non le consentissi per legittime e se non restassi con molti obligi a sua altezza della sua buona voluntà, della quale farrò sia sempre capitale con animo di servirlo in ogni occasione, persuadendomi che quando arà meglio comodità, non mancarà favorirci, masime avendo sua altezza capito il negotio bene sì come vostra eccellentia mi scrive, e che le scritture li sian sadisfatte, sopra di che voglio anco dirli che, se più potessi far per servitio di miei figli, che più farrò sempre, considerato l’obligo di padre e con chi si tratta il negotio, però a suo tempo vostra eccellentia si potrà ricordar al suo tempo e sebene mi ritrovo astretissimo del bisogno, come lo sa molto bene, non dubiti perhò che non sia per considerar a l’utile e honor mio e che maturamente harò consideratione a quanto sarrà da fare, e creda sicuro che anderò confortando quanto potrò, desiderando e aspetando il tempo che sua altezza possi accomodarci; però replico che, se astretissimo dalle necessità non sarrò forzato a

986 Onorio Savelli.

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far altrimenti, non dubiti che abbia da far altro che aspetar il tempo che sua altez-za potrà e piacerà di aiutarci, e ancorché ricevei danno non picciolo aspettando, e cominciarò quest’anno, come di già vostra eccellentia sa, di lo ordinario di scudi 5000, senza che possi, come è quasi finito, vender li grani <a> 4 et 5 scudi il rubio che allora sarrà danno gravissimo. Pur non me ne curo per le ragioni sopra dette, e aspetarò, purché vostra eccellentia habbia parola di ciò voler far sua altezza, e questo lo puol fare con ogni modo di prudenza perché non conviene tener obligato alcuno di quel non si potessi o non si volessi fare, e mi faccia gratia scrivermi di maniera che liberamente possi o atenermi al sopradetto partito o che possi far i fatti miei e atender a l’altri casi. Però, che non si potessi atender dalla parte di sua altezza a questi negotii al suo tempo né vostra eccellentia pigli disgusto, tanto perché come pruden-tissima deve considerar che non sia per mancar sua altezza a suo tempo favorirci, e tanto più quanto lei scrive che al tempo di un anno e più si possa sperar bene di detto negotio. Io vo pasando i caldi meglio che posso e faccio guerra a fasciani e starne, ancorché non l’abbia molto sentiti o sia per buona stanza o pur perché l’altr’anni li ho fatti in mare. Resto con il magior desiderio del mondo di servirla e l’adoro, baci i pupi e io a vostra eccellentia bacio le mani adorandola. Di Bracciano, il dì VI di agosto nel 1574.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.190]

505. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Pisa 19 [1574]987

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimomesser Augusto mi dà per sua parte gran lamentationi e mi tratta di poco amore-

vol moglie. Li dico che ricevo torto e grande, che mai è passato procaccio senza mia lettere, pure patientia poiché vole che questo faccia che io non l’ac<c>usi di poco amorevol marito. Io non verrò, come lei desidera con mio fratello, ma sarà facil cosa che non possa così venire a punto come lei bramava. Non ho anchora acchomodato cosa nissuna delle mie con il gran ducha,988 ma con l’occhasione di questo viaggio ogni cosa penserò che si acchomodi et allora li potrò dir il giorno preciso della mia partita di Fiorenza. Io sono in Pisa et passiamo il tempo a caccia. Li pupi stanno bene, con che adorandola fo fine e li bacio le mani. Di Pisa il dì 19.

Di vostra eccellentia serva e consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.253]

987 La lettera è priva del mese e dell’anno ma è stata qui inserita per evidente affinità di argomento con le altre.988 Dopo la morte di Cosimo il granduca è Francesco de’ Medici.

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362 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

506. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 19 agosto 1574

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimaper non mancar al solito mio e alla molta affetione li porto non lasciarò di darli

nuova di me come desidero saper di lei spesso, ma poiché non li […] a favorirmi contento di ogni suo contento, io sto bene né lassarò di servirla ancorché ella faccia puoco conto della miei attione e affettione, la suplico a tenermi per tanto suo ser-vitor come li sono e li prometto da cavaliero che l’adoro e patienza se così mal mi si aggradisce. Io me ne sto per anco irisoluto di quel che debbia fare nella occasion presente, poiché non mi vien comandato niente, pur se vi sarrà certezza di qualcosa non lasciarò la occasione, con che suplicando amarmi li bacio le mani. Di Bracciano, il dì XVIIII di agosto nel 157IIII.

Servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.211]

507. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 25 settembre 1574

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimoarrivò Alessandro iersera ha hore 24 e mi portò tanto contento che sono quasi

stata per dar la volta, poi che ho inteso il gran miglioramento. Dio faccia che vada seguitando. Io non mancho far far oratione e farne acciò torniate nella prima salute, che certo è da me più che la vita desiderata e vi prometto che priva di voi saria im-possibile il viver, però di gratia se mi amate come credo, siate obbediente alli medici acciò non habbino scusa. Io come sarò migliorata del mio male verrò a servirvi come è mio debito, et certo che nissuna cosa desidero più che servirvi e vedervi. Li putti stanno bene e Virginio tanto gustoso e gratioso che fa che la Nora resta una goffa essendo la gratia del mondo. Io vi adoro né bramo altro che vedervi e desidero la intera salute solo per questo, che se guarisco, fra tre o quattro giorni verrò costì per ogni modo perché mi è molto più cara la satisfation vostra che la mia vita propria, con che baciandogli le mani e pregandovi da Dio la presta salute fo fine. Di Fioren-za, il dì 25 di settembre 1574.

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che vi adora la vostra Isabella Medici Orsina.

[158, n.197]

508. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Campagnano 30 settembre 1574

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimaoggi che siamo a dì 30 ho preso la medicina et ha operato benissimo e se prima

era doi giorni che […] a non havea febre e credi vostra eccellentia, che non adori

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p[iù] cosa al mondo che lei, e che la vita che Dio per sua [gratia] mi ha data non è se non per adorarla e servirla […] non ho al mondo magior desiderio che vederla, ma perché non par che convengi alla qualità sua [far] questo viagio hora in tanta pesta, ancorché questo de[…] tenerlo per quanto vale lasciando vostra eccellentia da […] conoscere per favorirmi, la suplico a fermarsi e aspetar il reverendissimo signor suo fratello al venir e […]. Io come sarrò un puoco più rifatto verrò per lei, e creda signo-ra che l’adoro e che non desideri più cosa al mondo che vederla e servirla e goderla. Con che baciando li pupi et io le mani e […] vostra eccellentia la suplico a favorirmi et non […] gli bacio le mani. Di Campagnano, il dì 30 di setembre nel 157IIII.

Servitor et consorte che l’adora e se muor di vederla Paolo Giordano Orsino.

[158, n.210]a La lettera presenta tutto il margine destro lacerato.

509. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 3 ottobre 1574

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimatorna il signor Iacovo che sua altezza e monsignor illustrissimo mi fecero gratia

mandar a darmi la intera salute, e vien benissimo informato del esser del mio male, quale per la Dio gratia va alla intera salute. Mi resta solo in esso una dibilezza di stomaco causata talvolta di un puoco di disordine che facevo per la molta debolezza dello stomaco. La suplico che mandi subito tutti li rimedii che hanno quelle altezze serenissime e Stefano e aqua di canella, del resto io l’adoro né desidero più cosa che vederla e servirla. Signora creda, se son cristinano e cavaliero, che l’adoro e talmente che non stimo più cosa al mondo che lei, e spero questi anni della verilità e vecchiez-za poi passarli, se piace a Idio, con la magior […]989 e buona vita del mondo solo per adorar voi e [i pupi]. Vostra eccellentia li baci, et io bacio a vostra eccellentia le mani e resto adorandola. Di Bracciano, il dì III di ottobre nel 1574.

Consorte che l’adora da davero Paolo Giordano Orsino.

[158, n.206]

510. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 26 ottobre 1574

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimosebene sono tre settimane che non ho sue littere non voglio però manchare a

quello che sono più obbligata che baciarli le mani e darli nuova di me e delli pupi

989 La lettera è lacerata nell’angolo in basso a sinistra.

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364 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

li quali stanno bene affatto. Io sto con un figniòlo990 nel braccio dritto che mi tor-menta, pure spero non sarà altro. Non li ho mandate le cose per il stomacho perché Stefano se ne prese la cura lui, però non dia la colpa a me che vorrei poter stillar me stessa per renderli la intera salute, e sia certa che l’adoro più che tutte le cose nate. Desidererei mi facessi mandar la misura della saletta et camera dove haverò a stare alla mia venuta costà, acciò faccia far dua paramenti neri991 et intanto creda che nis-suna cosa desidero più che vederla e servirla, con che baciandoli le mani li desidero ogni contento, mi saria gratia singulare che il lino venisse inanzi la mia partita. Di Fiorenza, il di 26 di ottobre 1574.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.201]

511. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici Roma

Roma 28 ottobre 1574

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimahaspetavo letere sue e per esse la resolution che faceva intorno al suo venire, né ho

auto niuna di poi il mio partir di Campagnano. Io la aparecchio la casa di Monte Giordano992 che spero vi starà comoda e a miei figli, e l’aspetto a Natale, che così mi han detto, ne mancarà di star da par sua. La suplico a favorirmi di una sua e risolvermi di ogni sua risolutione acciò la possi servire, con che gli bacio le mani. Di Roma, il dì XXVIII di ottobre nel 1574.

Servitor e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

Della cosa del Monte pur oggi ho hauta una lettera da messer Tomaso e la […] di qua passa per l’altra mia.[158, n.244]

512. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma novembre 1574

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et patrona osservantissimail memoriale qui incluso mia sorella me lo ha mandato, suplico vostra eccellentia a

favorirlo quanto può, perché riceverò io la gratia. Non lasciarò con questa occasione scriverli il mio bene esser, il qual per Dio gratia è tale che quasi posso dir di esser risana-to, fuorché di un puoco di fiachezza di gambe, e questo li sarrà per aviso del esser della salute mia. Non ho mancato scriverli per ogni ordinario, né ho mai hauto di nisuna

990 Per fignòlo si intende una sorta di bubbone.991 I paramenti dovevano essere neri per il lutto recente del padre.992 Sui restauri in questo periodo a Monte Giordano cfr. E. Mori, L’Onore perduto di Isabella de’ Medici, cit., pp. 226-230.

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12. La malattia (1574-1576) | 365

delle miei risposta. Ben puol vostra eccellentia tratar come li par meco, io desidero saper la sua venuta e il dì d’essa, la suplico a farmelo scrivere, poi che lei non lo deve poter fare. Pure mi ralegro che abbia conosciuto il signor don Giovanni, perché penso l’arà trovato un cavalier gentilissimo. Non sarrò più lungo per non infastidirla. Restarò adorandola e mi faccia gratia baciar le mani a tutti quelli signori serenissimi e a mon-signor illustrissimo et io a lei faccio il simile. Di Roma, il dì […]di novembre nel 1574.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.199]

513. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 20 [novembre] 1574

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimonon si deve maravigliar vostra eccellentia se non li son pervenute molte mie poiché

le ho tutte trovate qui serbate alla posta per essersi mutato il maestro, e perché le venissino sicure le facevo metter sotto una coperta al detto maestro et egli è stato fora di Fiorenza e li hanno serbate le lettere e per tal causa non li sono pervenute alle mani. Non ce le ho mandate per esser vechie e non ci esser cosa di importanzia. Circa il mio venir non dirò altro se non che saprà il tutto dal cardinal che a questa hora sarà arrivato. Del resto creda che l’adoro et che desidero sommamente vederla. Li pupi stanno bene e tanto saporiti che non si può dir più. Con che baciandoli le mani et adorandola fo fine. Di Fiorenza, il dì 20 di 1574.

Di vostra eccellentia illustrissima serva et consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.203]

514. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 24 dicembre 1574

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimami sto ristorandomi a Montecavallo già molti giorni sennò che da questa aria mi

sento ritornar nella mia prima salute ancorché non con molta prestezza, scrivendo questa mi è stata data una sua dove me scrive che pensa star anco qualche giorno a venir che veramente l’ho auto caro poiché in questi estremi fredi ella e li pupi arebano potuto patir. Ho visto il cardinale de’ Medici con una buona cera e mi disse quanto occoreva e quel che la faceva ritardare, il che tanto mi par bene, perhò vostra eccellen-tia si risolva acomodar le cose sue presto e a venir qua perché è regina, se lo vorrà esse-re, ma sopra a ciò li scriverò più lungamente per Padovano qual mando fra dua o tre dì, con che adorandola gli bacio le mani. Di Roma, il dì XX4 di dicembre nel 1574.

Servitor e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.243]

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366 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

515. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 25 dicembre 1574

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimoquesta mia sarà solo per darli la bona Pasqua come faccio con tutto il core e con

desiderio poter far tal uffitio personalmente come spero farò finito che habbia di espedir il mio negotio delli 4000 scudi il quale è ridotto a bon fine. Del resto tutti stiamo bene et li pupi in particular che sono la gratia del mondo. Non si maravigli vostra eccellentia se il granduca non rispose al negotio di Santo Agnolo993 perché le lettere non le ha haute poiché le ha perse, né per diligentia ch’io habbia fatta ho mai potuto ritrovarle, però se vole rescriver le darò a bon recapito. Non ho che dirli se non che ho maritata la Cecia a messer Matteo delle poste con molta satisfatione di tutti.994 Io attendo a mettermi in ordine et sto con gran desiderio di vederla e servirla con che baciandoli le mani resto adorandola. Di Fiorenza, il dì 25 di dicembre 1574.

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina

[158, n.196]

516. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Sacrofano 31 dicembre 1574

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimaessendo il bisognio delle cose miei grandissimo, ho pensato di acomodarle meglio

che per me si possa e però non trovando rimedio più presentato che il ripigliar l’a-fitto, mi son resoluto per ciò fare vender Galera,995 castello piccolo o quasi segregato dall’altri miei, e in ciò ho comesso al Padovano che in mio nome raguagli lungamen-te vostra eccellentia e, sebene il veder alla prima facia par che sia cosa inconveniente, pur, stando le cose miei nel bisognio che stanno, saria imposibile che se non si ven-dessi si rassettassino e andriano in estrema rovina, né il star a speranza d’altri mi par a proposito, poiché mi par da veder che ogniuno voglia il suo per sé, come è dovere, né si vogliono scomodare, s’ che son risoluto di far questa vendita. Per far conoscere che non sonno né pazzo né putto mando anco Padovano a dar conto al gran duca di tutto questo acciò che non si abbia di poi de dire che io non abbia fatto ricapito di sua altezza. Ho parlato qui al cardinale qual mi ha consigliato a farlo, a talché, con la resolution sua e del signor granduca, la darrò via con haver molta cura al prezzo di essa e alle qualità. Né voglio lasciar di dirle e pregarla a risolversi a favorirmi di venir

993 Si trattava di far causa ai Farnese per riprendere il castello di Sant’Angelo (Castel Madama). Sulle cause relative al possesso del castello cfr. E.Mori, L’archivio Orsini, cit., p. 45, n.173.994 Isabella sta maritando le sue dame prima di partire.995 Il castello di Galeria dal 1393 era goduto in enfiteusi dagli Orsini dietro il pagamento di un canone annuale di 1200 ducati d’oro. Su Galeria cfr. G.Silvestrelli, Città, castelli e terre della regione romana, Roma, Bonsignori, 1993, vol.II, pp.545-550.

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a veder le cose sue, e anco a vivere come si conviene con suo marito, poiché vivendo insieme ci sarà di magior honore e utile, e anco se verianno alevar i figli dove han da stare e dove è il lor essere e avere, e perché è savissima so che arà consideratione a quanto di più in questa materia potria scrivere, con che rimetendomi a Padovan predetto a vostra eccellentia bacio le mani adorandola. Di Sacrofano, il dì ultimo di decembre nel 1574.

Di vostra eccellentia illustrissima servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino

[158, n.191]

517. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici996

[1575]

Scritta la disopra è arivato Ciapino il qual mi ha levato afatto ogni male per darmi nuova della salute sua e di lei, la quale adoro, oltre alle gratie di quelli serenissimi si-gnori. Io ti adoro Bella, […] e credi che quando mi morirò, né figli, né Stato, né ami-ci, né dame, né niun’altra cosa mi si ricordarà <se non>che io ti adoro, e scrivimi quel che risolvi fare, bacia i pupi e abraciali, così io faccio il simile a te. Ti adoro, ti adoro.

Consorte e servitor che l’adoraPaolo Giordano Orsino.

[158, n.233]

518. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Sacrofano 2 gennaio 1575

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimadi qua ho scritto nel particular che hora scrivo a vostra eccellentia tre volte e con

la venuta di Padovano le riplicarò che il signore Honorio Savello mi ha detto che il signor granduca havea non so che scriture atinenti alla lite di Castel Santo Angelo997 e che le voleva dare con che fosse il detto castello di miei figli e l’entrate le godessi io. Suplico vostra eccellentia a saper sopra a ciò la volontà di sua altezza e veder se si potessino aver dette scriture che mi contentarò di quando sua altezza comanda, di più sarrà vostra eccellentia informata da Padovano che desiderarei, con comodo di sua altezza, che mi facessi gratia che li XII mila scudi che li devo fosero acomodati nella maniera che dal detto intenderà, che aiutarà assai a levarmi di mano di fituari e rescotere alcune cose di molta importanza come Palo,998 inperò il cardinal in vita sua l’ha da godere, e antri luogi. E perché sarrà informata in magior maniera dal detto Padovano non sarrò più lungo, con che a vostra eccellentia bacio le mani adorando-la. Di Scrofano, il dì 2 di genaro nel 1575.

996 Questa lettera è stata già da me pubblicata in L’amore rivelato, cit., p.65.997 Vedi lettera n.400.998 Il castello di Palo era stato venduto da Paolo Giordano I con patto redimendi al cardinal Farnese il 18 settembre 1573 (atti Prospero Campana). Fu riscattato da Virginio Orsini, il figlio di Paolo, il 4 settembre 1589, cfr. E. Mori, L’Archivio Orsini, cit., p.69, n.274.

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368 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

Servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.212]

519. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Anguillara 12 gennaio 1575 Illustrissima e eccellentissima signora consorte e padrona osservantissima

io spero di già che il mal di Vergilio sarrà terminato con l’aiuto de Idio, perhò sopra a ciò non me stenderò, ben la prego a farmene dar nuova. Hiersera mi fu data una sua delli X5 del passato a me cara come la vita per aver inteso nuova di lei che molto desiderava e anco della risolution sua risoluta di venir a Roma, del che certo io la suplico perché per ogni rispetto se li conviene e atenderò a conciarli la casa acciò che possi star apresso che bene, se non bene. Io sto bene e ho dato una volta per questi miei castelli e do nuova a vostra eccellentia che ho bonificato in questa gita scudi cinque milla d’entrata delle selve di Bracciano che so’ tanti <alberi> che, tagliandoli nella maniera che si tagliarano, darranno ogni anno da-vantagio per la molta carestia che in Roma ve n’è. Facio la scala di questo negotio a l’Anguilara999, e spero presto scriverli qualcosa pur di qualità e che ne arà gusto. Del resto io atenderò a meter in ordine per esser favorito da lei e l’aspetto con il magior disiderio del mondo, con che adorandola gli bacio le mani. Dalla Angui-lara, il dì XII di Genaro nel 1575.

Di vostra eccellentia illustrissima consorte e servitor che l’adora Paolo Giordano Orsino

Per il Padovano, ho scritto del negotio di Santo Angelo a sua altezza, vostra eccel-lentia lo favorischi.[158, n.220]

520. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 19 gennaio 1575 Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte e patrone osservantissimo

ho visto per le sue quanto comanda et non mancherò trattare li negotij come cosa mia veramente come è; del mio venir di già li ho scritto che acchomodato certe mie cose che quello che mi si apartiene non mancherò fare, ma credo, anzi, sono certa, che lei sarà quella che mi consiglierà sempre l’util mio e de miei e suoi figli, però, non essendo cosa che da me dipenda assolutamente, non posso dirli il quando, perché li mentirei. Verginio non sta in modo che, se bene li miei negoti fussino finiti, possa metterlo in viaggio, però chi ha da condur putti non si può dir: – così farò – però il quando non posso dirlo, del resto stia, vostra eccellentia, certa che nissuna cosa al mondo desidero più che servirla e vederla, et se mai la amai che adesso è il tempo. Io non sto né sana né indisposta ma, come mi stia,

999 Potrebbe intendere che con il ricavato della vendita del legname farà fare una scala al palazzo o al paese di Anguillara.

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12. La malattia (1574-1576) | 369

sto con desiderio grandissimo di vederla, Dio me lo conceda. Circa li negotij non scrivo, perché il Padovano scriverrà più a longo, et non essendo questa mia per altro, resto adorandola e li bacio le mani. Dio li dia quanto desidera. Di Fiorenza, il dì 19 di gennaro 1575.

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.225]

521. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 28 gennaio 1575

Illustrissima e eccellentissima signora consorte e padrona osservantissimaho visto quanto per l’ultima sua mi scrive, del che certo, non sapendo le preten-

denze ch’ella se abbia con sua altezza, le qual credo che siano di qualità, non so che me dir altro, salvo che ella come pretendente si governi ben. Li dico conve-nirlo molto a l’onor e utile nostro il vederci e star insieme, sì che l’uno e l’altro di questo metto in consideration a vostra eccellentia acciò si possi risolvere a quanto conviene. Io sto bene, con il magior desiderio del mondo di vederla e ho molto caro della buona nuova della salute di Virgilio e de lo star bene di Leonora, come vostra eccellentia mi dà per la sua, la prego anco che aiuti la espedition di Padova-no perché ne ho necessità, e a vostra eccellentia bacio le mani. Di Bracciano, il dì XXVIII di genaro nel 1575.

Servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsini.

[158, n.221]

522. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 19 febbraio 1575

Illustrissima e eccellentissima signora consorte e padrona osservantissimacon molto mio dispiacere ho inteso per tre litere haute dal Buonaparte in un

tratto, se ben le date diverse, il mal che l’ha auto e, se non mi dava per l’ultima certa speranza della salute, sarei già a cavallo per quella volta, ancorché non molto sano per un catarro che mi tormenta. Hora signora, vostra eccellentia si atendi aver cura e facciami avisar del stato in che si trova perché deve pensar in che ansia sia il negotio si tratta, e di già ne deve vostra eccellentia esser avisata, e quel che starà a me per facilitarlo non mancarò, come a padre amorevole conviene. Con che baciandoli le mani li prego ogni contento. Di Bracciano, il dì XVIIII di febraro nel 1575.

Servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsini.

[158, n.219]

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370 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

523. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini1000

Firenze 5 marzo 1575

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte e patrone osservantissimonon si maravigli vostra eccellentia se non li ho scritto perché sono stata con

terzana doppia 14 giorni, poi mi si partì et stetti tre dì senza febbre. Adesso mi è tornata scempia dove ho un giorno bono et uno tristo. Il tristo sto in letto e ‘l bono vo a spasso perché li medici dicono essermi l’esercitio necessario, et tutto il mio male esser uppilatione cominciatami d’agosto et anchor mi dure et tiemmi assa’ afflitta.1001 Mi hanno cavato once 18 di sangue per li piedi. Adesso mi danno sciloppi et di poi vogliono che vada in villa a far esercitio. Dio voglia che mi giovi, e questa è stata la causa perché non ho scritto, perché come tengo la testa bassa mi vengono certe vertigini che mi tolgono la vista affatto, e per questo sono stata negligente. Circa il negotio, Dio sa quanto desidero che si conduchi a bon fine, et io dal canto mio non mancherò far quello che conviene a madre per amor delli sua figli, et anchora per veder una volta voi et me quieti et questo mi pare mezzo da ciò. Io non ho scritto al cardinale perché lui di già sa la mia volontà et per messer Augusto gnene ho fatto ricordare de verbo ad verbum, però di me promettasi di quello a che vaglio. Li pupi stanno bene, ma Verginio mette li denti e sta non ma-lato, ma fastidioso, et sono tanto gratiosi che mi fanno impazzare. Io non desidero cosa più che vostra eccellentia li possa godere perché so li sarebbano di gran gusto. Qui è un imbasciator del re Philippo chiamato don tal de Cordova,1002 il quale si è venuto a condolere della morte del gran duca in nome del re, et l’altrieri mi venne a visitare, et doppo fatta la sua imbasciata mi entrò in longo ragionamento solo per arrivare a dimandarmi <s>e voi in questo anno eri per andar fora, io li risposi che non lo sapevo, ma che sapevo bene che voi desideravi servir al nostro re. Non so se feci male ho bene. Al creder mio verrà costà. Faccia la vista non saper niente e servasi del aviso se li occhorre. Con che li bacio le mani e resto adorandola. Di Fiorenza, il dì 5 di marzo 1575.

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.232]

524. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 13 marzo 1575

Illustrissima e eccellentissima signora consorte e padrona osservantissimacon molto mio dispiacere intesi per letera di Lazaro Buonaparte la indispositione

1000 La lettera è stata già da me pubblicata in L’amore rivelato, cit., p.64.1001 Ad agosto dell’anno precedente Isabella aveva avuto un’emorragia, cfr. Introduzione.1002 Si tratta di Gonzalo Fernandez de Cordova duca di Sessa (1520-1578) luogotenente generale di don Giovanni d’Austria.

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12. La malattia (1574-1576) | 371

di vostra eccellentia e hora con molto molto magior mio dispiacere per la sua intendo che non solo è guarita, ma ch’è alungata, e sebene il malanno è hora di minor tor-mento sogliono con la lungezza divenir gatoni,1003 perhò vostra eccellentia non lasci di far ogni opera per guarire, né si lasci adolar il male. Conclusi li capitoli con mon-signor illustrissimo de’ Medici e di già vostra eccellentia ne deve haver vostra eccel-lentia hauto raguaglio, perciò non gli lo scrivo. Io sto bene assai, ancorché travagliato delle gambe molto, perhò con una buona purga spero guarir presto. La rengratio infinitamente del riquaglio che mi dà delli pupi e mi ha dato il magior contento del mondo. La suplico a volermi bene e a creder che l’adori. Con che a vostra eccellentia bacio le mani. Di Bracciano, il dì XIII di marzo 1575.

Consorte che l’adora Paolo Giordano Orsini.

[158, n.217]

525. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 25 aprile 1575

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimaragionai a Fiorenze con vostra eccellentia sopra il fatto successo al signore Carlo

Baglioni1004 il quale per la pace da tratarsi con Carlo1005, par ora che detto signore desideri che di nuovo dichi a vostra eccellentia quanto li dissi allora: che tra l’altri particulari il signor Paolo Sforza disse che, se non avesse auto rispetto a vostra eccellentia, che aria fatto a Carlo tal servitio che si saria ricordato il tempo di sua vita di lui che terrà allora per fermo che <se> vi si fosse trovato poi arà auto altre giustificationi nelle quali li sarà contato con ogni certezza la verità, e perciò avia fatto la fede, a tal che questo negotio sta con sadisfation di detto signor Paolo. Del signore Carlo la prego a tener questa litera in sé, poiché non serve ad altro che alla sadisfation del signore Paolo per la parte che si ha da far a lui e Carlo. Con che a vostra eccellentia bacio le mani. Di Roma, il dì XXV di aprile nel 1575.

Servitor e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.246]

1003 Così nel testo. Non è chiaro cosa intenda per “gattoni”. Nel vocabolario della Crusca per gattoni si intende un “malore, che viene nella menatura delle mascelle, che non lascia altrui masticare”.1004 Carlo Baglioni dell’antica famiglia perugina risulta nell’elenco dei “venturieri” che partirono con Paolo Sforza nella spedizione per il soccorso a Malta nel 1565, cfr. Giacomo Bosio, Dell’ istoria della sacra religione ed illustrissima militia di San Giovanni Gierosolimitano, Roma, 1601, p.III, p.663.1005 Intende Paolo. Presumibilmente i due contendenti avevano firmato una polizza di pace davanti a Isabella.

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372 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

526. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

[Baroncelli] 3 maggio 1575

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte e patrone osservantissimo non sono però tanti li negotij di stato che ho alle mani che mi havessino appresso

di lei a servir per scusa che non li scrivo. Io li ho scritto tanto spesso che sono chiara d’esserli più tosto molesta che di gusto, però, per non noiarlo così spesso, ho diradato lo scriver. Mi rallegro della sanità che recupera, Dio faccia che sia come lei desidera, et io, se seguiteranno li altri mesi a venire come questo, correrò. Non habbia haver dolor della mia indispositione, al che mi forzerò per molti rispetti, et primo per non venir a noia a me stessa, come sarebbe se mi riducessi inferma, il che spero in Dio non sarà. Li pupi stanno bene, e con tutti li negotij di stato che lei dice non se li manca di quella cura e diligentia che mi si conviene, e se bene a mio fratello non manchano negotij, a me manchano che non ho Stati che governare, salvo quattro contadini delli quali, come ignorante, lasso al fattor la cura, et li Stati di mio fratello sono ben da lui curati senza mio aiuto.1006 Cotesti di costì non hanno di me biso-gnio, perché stanno troppo bene sotto a chi sono. A tal che, salvo il governar me e la mia famiglia, che a cosi poco sapere come è ‘l mio non è poco, mi restano poce faccende. Però se non li scrivo, scusimi con altro che con uccellarmi, perché questa non gnene ammetto. Con che li bacio le mani. Di villa, il dì 3 di maggio 1575.

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.224]

527. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 5 maggio 1575

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimacon la venuta del cavalier Gianfigliaci1007 non voglio lasciar di non baciarli le mani

e darli nuova della mia salute e dirli che con questa son quatro litere che li ho scritto ne ho auto nuova di lei né della sua salute, e poiché non so chome li sian care le mie, aspetarò a scrivergli più lungo quando saprò la sua voluntà. Mi faccia gratia baciar i pupi e a vostra eccellentia bacio le mani. Di Roma, il dì 5 di maggio nel 1575.

Consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.240]

1006 Evidentemente Paolo Giordano aveva accusato la moglie di occuparsi più di negozi di Stato che di lui e questo la fa infuriare.1007 Bongianni Gianfigliazzi sarà nominato ambasciatore ordinario del granduca il 2 febbraio 1583, cfr. Vanna Arrighi: Gianfigliazzi Bongianni, DBI, vol. 54 (2000), pp. 349-352; A. Contini-P. Volpini (a cura di), Istruzioni agli ambasciatori e inviati medicei in Spagna e nell’«Italia spagnola» (1536-1648), vol. I, 1536-1586, Roma, Ministero per i Beni e le Attività culturali, Direzione Generale per gli Archivi, 2007, p. 425.

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12. La malattia (1574-1576) | 373

528. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 16 maggio 1575

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimaquesta sarrà per baciarli le mani e scusarmi che non li scriverò più, poiché lei non

mi risponde. Circa il fatto di Gian Paolo e Antonio Salviati1008 lo intenderà di là. Ben li dico che s’è fatta da veri cavalieri, e con tanto animo che più non pol esser, e questo è così, da cavaliero. Baci li pupi se li pare in mio nome. Di Roma, il dì XVI di maggio nel 1575.

Consorte e servitor che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.241]

529. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini da Firenze

[Baroncelli] 16 maggio 1575

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et padrone osservantissimocon la occhasione del cavalier Beccheria non voglio lassar baciarli le mani e darli

nova della salute delli pupi e del mio meglioramento che, sebene va adagio, pure ac-quisto qualche cosa e spererò recuperar la sanità con un poco di patientia. Del resto non ho che dirli, salvo che qua stiamo tutti bene e venerdì desinò meco il signore duca di Parma,1009 cavaliero cortesissimo et garbato. Con che per non noiarlo più, fo fine e li bacio le mani. Di Villa, il dì 16 di maggio 1575.

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.245]

530. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 25 maggio 1575

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimadal signore Antonio Salviati intenderà vostra eccellentia quanto passa, e sebene

credo non abbia a esser niente, pur quel che piace a Dio sequa, che da cavalieri ci portaremo, e vostra eccellentia faccia carezze a Vergilio che <in quanto>a me sarrò in danza, fate che o puoco mi vedrà o mai, se non si acomodano le cose si guastaranno afatto e per da davero, e a vostra eccellentia bacio le mani. Di Bracciano, il dì XX5 di maggio nel 1575.

Consorte che l’adora

1008 Si riferisce al duello al primo sangue tra Giovan Paolo Baglioni e Antonio Salviati che si svolse a Roma in pieno anno santo. Paolo ne parlerà anche nelle lettere successive. Sul duello v. nota 968.1009 Ottavio Farnese.

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374 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

Paolo Giordano Orsino.Gli scrivero dimani più a lungo e bisognando li ispedirò uno.

[158, n.247]

531. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

[Baroncelli] 27 maggio 1575

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte e patrone osservantissimo se mi diano fastidio le cose che vanno atorno lo lasserò giudicar a vostra eccellen-

tia, ma, come assuefatta a pochi gusti dalla banda di costà, passerò il meglio che potrò la mala ventura. Cura e carezze per Vergilio non manca, e che si habbia da perder da cavaliero me lo so, sapendo come è nato. Pure meglio sarebbe poter passar la vita quietamente che in garbugli senza proposito. Con che li bacio le mani e li prego ogni contento. Di Villa, il dì 27 di maggio 1575.

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.228]

532. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 9 giugno 1575

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissima del caso occorso per la giustitia del signor Giovan Paolo e signor Antonio Salviati

non li ho dato fino hora conto per causa che la non se ne pigliassi fastidio, hora che il negotio ha pigliato termine, li dico che alla colera di Nostro Signore ho sodisfatto con quelli modi che son parsi ai cardinali miei signori e parenti e a me, sì che è ri-dutto il negotio alla fine con esser andato in Castello e di poi uscirsene, con avermi il papa fatto intendere che per dua anni sia esule di Roma. Perhò mi ha trattato di maniera che non ha voluto farme meter in iuditio, anzi, con parole piene d’amore pregatomi e comandatomi che ciò facia, e spero che la causa di questi nostri signori si finirà parimente con ogni sodisfatione. In questo negotio io vi ho hauto contento nel princio, nel mezzo e nel fine, né mi par haver lasciato occasion di non far quanto a me se conveniva. Il mio esilio sta a me averne gratia, ma esendo hora all’acomodo di questi altri signori e però lascio questo mio particulare. Ben li dico che devo tanto e si è portato sì fattamente il signor cardinal de’ Medici che li ho a esser obligato della vita e quanto tengo, e in questa causa ho visto l’amor di molti e tanto che son rimasto contentissimo, e al signor gran duca ho cerco di sadisfar e obedir, al quale resto con infinito obligo.1010 Allisandro darrà più particular conto di quanto è pas-sato a vostra eccellentia, e del tratamento che mi han fatto in Castello, e in somma

1010 Oltre a questa, varie lettere ricevute da Paolo Giordano, tra cui una di Ferdinando (ASC, AO, I, vol.57, n.77), rivelano che il duello tra Giovan Paolo Baglioni e Antonio Salviati come già sostenuto da Brunelli (Nobili soldati e giustizia nello Stato della Chiesa (1560-1605), «Roma Moderna e Contempo-ranea», V (1997), pp. 103-105), era stato organizzato dal cardinale Ferdinando e voluto dal granduca.

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12. La malattia (1574-1576) | 375

di ogni particular. Facciami gratia baciar li pupi e insieme dar conto a sua altezza di quanto la scrivo e Alisandro gli dirrà e a sua altezza scrivo in credenza di vostra eccellentia alla quale bacio le mani. Di Bracciano, il dì VIIII di giugno nel 1575.

Servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.216]

533. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Stigliano 11 giugno 1575

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimaio non so se mi faccia male o bene a scrivere [a vostra eccellentia]. Con questa

son quatro volte che ho scritto, né ho auto risposta. Se di questa non arò risposta pensarò che non importi saper di me, che per la Dio gratia sto bene, né lasciarò di pregarla che si contenti del negotio che li piaque tratar per me e miei figli, di scri-vermi quanto passa, accioché in qualsivoglia maniera possi far li fatti miei poiché a setembre finisce il tempo che io potessi valermi del tempo per far quanto ocorre, se non sortendo il partito che con sperar i<n> vostra eccellenza tratto, con che gli bacio le mani. Dal bagno di Stigliano, il dì XI di giugno nel 1575.

Servitor e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino

[158, n.238]

534. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 15 giugno 1575

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e padrona osservantissimavieni li signori Prospero e Gian Paulo1011 alli quali io ho tanto obligo che più non

posso dire. Vostra eccellentia li favorischi a par di cosa che per me potessi fare, e così lo facci con sua altezza. Suplico sua altezza che avendo le sue galere andar quest’anno con signor don Giovanni, che me ne accomodassi di dua, cioè la capitana per me e un’altra quale sua altezza paressi, poiché dalla parte del signor don Giovanni mi assicuro io d’averle. Suplico vostra eccellentia a favorirmici e cerc<h>i la mia andata. Voglio spender questo tempo nel esercitio, che ho cominciato l’esilio mio come non è aceso in niun tribunale se non di bocca di Nostro Signore, così in ogni mio po-sto posso far quel che mi piace e averne gratia, né credi vostra eccellentia che passi questo negotio se non con molta mia sadisfatione, né abisognia aviso di nessuno, né ho fatto instanza sinché non veggo l’aviso di questi signori miei. Con che a vostra eccellentia bacio le mani. Di Bracciano, il dì XV di giugno nel 1575.

Servitor e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino

[158, n.223]

1011 Presumibilmente Prospero Colonna e Giampaolo (o Giovanni Paolo) Orsini.

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376 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

535. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Roma 6 luglio 1575

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimason stato molti giorni senza darli nuova di me pensando di mandar a baciarli le

mani imaginandomi di dover andar a qualche impresa d’Africa poiché il signore Don Giovanni mi scrisse che stessi provvido per caso lo que me mandasse. Hora poi si dubita che non abbia volto l’animo ad altro per servitio di sua altezza e alle cose di Genova1012 alle quali par che non ve sia rimedio per la lor ostinatione, e il Papa intende malissimo questa resolutione e ha comandato al signor Marcantonio e a me che non serviamo in tal impresa, a che avemo fatto respondere che non mancaremo obedir a quanto Sua Santità comanda, conforme all’onor nostro, e così sto pieno di voluntà che vengi a capo qualcosa. Ho fatto donation a Vergilio di ogni cosa, come ne mandarò a vostra eccellentia copia autentica con patto però di rievocarlo quando mi piace. Io sto bene, e mi son accomodato per ogni sucesso di aver da vivere. Vostra eccellentia mi facci gratia di comandarmi e di farmi gratia di creder che l’ami, e mi racomandi a l’uno e all’altro. Con che gli bacio le mani. Di Roma, il dì VI di luglio nel 1575.

Consorte e servitor che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.242]

536. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 14 luglio 1575

Illustrissima e eccellentissima signora consorte e padrona osservantissimasaprà vostra eccellentia che, da poi mandato il cavalier de Fabij a Napoli risoluto

già il signore Don Giovanni di darmi il carco mio solito, che di nuovo è ritornato a mutarsi e datilo al Duca di Montalto,1013 del che ne ho riceuto dispiacere solo per

1012 Genova era in quel momento lacerata da discordie intestine da cui le grandi potenze cercavano di trarre profitto proponendosi come mediatrici di pace, cfr. Giovan Battista Lercari, Le discordie e guerre civili dei Genovesi nell’anno 1575, Genova, presso Gerolamo Filippo Garbarino, 1857. Ad aprile del 1574 don Giovanni vi si era recato creando nei genovesi il timore di un’intrusione della Spagna negli affari locali, cfr. J. F. Bastide, Storia generale, e ragionata della Repubblica di Genova, Genova, Giovanni Franchelli, 1795, vol. 2, pp.335-336.1013 Antonio d’Aragona Cardona, IV duca di Montalto (1543-1584) sposò nel 1562 la nobildonna spagnola María de la Cerda y Manuel de Portugal (1542-1568), figlia di Juan duca di Medinaceli. Il ducato di Montalto, assieme alla Contea di Collesano, alle baronie di Bilìci, ed alle signorie di Scilla-to e delle Due Petralie, passarono alla figlia maggiore Maria che nel 1585 sposò il principe di Paternò Francesco Moncada de Luna. Attraverso questa unione lo Stato di Montalto e gli altri titoli e feudi di famiglia passarono in dote ai Moncada, importante dinastia nobile siciliana, cfr. V. Naymo, Stati feudali e baronie della Calabria di Età Moderna: politiche amministrative, istituzionali e di prestigi, in Collezionismo e politica culturale nella Calabria vicereale borbonica e postunitaria, Roma, Gangemi, 2012, p. 59. Una lettera di don Juan de Requesens y Zuniga, ambasciatore spagnolo presso la Santa

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12. La malattia (1574-1576) | 377

veder che la fortuna voglia in ogni cosa pigliar gioco di me, che del resto e il mondo e la conscienza mia è di maniera sadisfatta che questo mi aporta per consolation di tutto, pur ho pensato: perché così è piaciuto far. Scrivo al signor gran duca di questo e lo suplico a favorirmi del suo consiglio poiché non vorei esser tenuto per cervello balsano in questa età, ancorché la causa è tale che è già come avervi consideratione. La resolutione la pigliarò con la prudenza di sua altezza e di altri signori illustrissimi parenti, e arò caro intender la openion di vostra eccellentia, con che gli bacio le mani e baci i pupi in mio nome. Di Bracciano il dì X4 di luglio nel 1575.

Consorte e servitor che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.222]

537. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 30 luglio 1575

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimascrissi l’altro giorno a vostra signoria quanto ve serviva in risposta della sua. Hora

non li scriverò altro se non che l’adoro e la suplico che con quella destrezza che li pare soleciti il negotio avanti che sia finito agosto per la espeditione, caso che si abbia da fare, perché saria di grandissimo preiuditio che passassi detto mese poiché vi è 4500 rubia di grano che già vi si trova a guadagniar 6 iulii per rubio, e spira il tempo delli tre anni, si suplicarà di haver a core detto negotio per le cause sopra dette, e mi tengi per suo schiavo e adorandola gli bacio le mani. Di Bracciano, il di XXX di luglio nel 157IIIII.

Servitor et consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino

Vostra eccellentia sia suplicata di far intendere a Gabrielle Strozzi che non mi dia più la baia del studio.[158, n.234]

538. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano, 30 agosto 1575

Illustrissima et eccellentissima signora consorte e patrona osservantissimavostra eccellentia procuri litere all’imbasciator di sua altezza calde, e per il re anco

desiderarei una calda, e se non si posono aver calde non le mandi.1014 Mando il corier

Sede (fratello di Luis), del 20 luglio 1575, avvertiva Paolo che il re di Spagna aveva dato l’incarico di generale della fanteria Italiana al duca Montaldo per un anno solamente, e che non avrebbe dovuto dubitare della fiducia del re e di Don Giovanni d’Austria (vol. 146, n.194). Lo stesso don Giovanni d’Austria il 10 agosto 1575 scrisse a Paolo da Napoli scusandosi per il mancato rinnovo dell’incarico e rassicurandolo circa la benevolenza del re (ASC, AO, I, vol. 60, n.75).1014 Si tratta evidentemente di lettere di raccomandazione che Paolo sperava di ottenere dal granduca.

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378 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

presente in Spagna per li affari che vostra eccellentia potrà intendere da monsignor illustrissimo de’ Medici suo fratello, nel resto sto, per la Dio gratia, bene e aspetto con gran desiderio che rinfreschi per poter levarmi d’ozio e andar a caccia e, di poi al viagio del Loreto. È un pezzo che non ho auto litere sue, che lo deve aver causato la infermità del opilatione e i tempi caldi. Nuova de i pupi ne ho da qualcuno e sento che stan bene, Dio laudato. Suplicandola a comandarmi gli bacio le mani. Di Bracciano, il dì XXX di agosto nel 1575.

Servitor et consorte Paolo Giordano Orsino.

Fanfanicchio li sia ricomandato e che non possi venire. [158, n.214]

539. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Campagnano 3 settembre 1575

Illustrissima et eccellentissima signora consorte et padrona osservantissimaper non mancar de l’obligo mio non lasciarò occasion di non scriverli. Io sto bene

né so che aver fatto che non meriti la gratia sua perché la veggio persa poiché l’ho scritto di già VI litere con questa, e di niuna ne ho auto risposta. Ho inteso la infermi-tà di Nora e che è quarita e mi dispiace che di mia figlia che sia stata alla morte abbia saputo nuova per via d’altri, perhò signora sia suplicata di ricordarsi che li son marito e, quando pur abbia in fastidio me o le mie letere, faccia che lo sappia che non li scriverò mai più, et gli bacio le mani. Di Campagnano, il dì III di setembre nel 1575.

Servitor e consorte che l’adora Paolo Giordano Orsino.

[158, n.239]

540. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

[Baroncelli] 17 settembre 1575

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte e patrone osservantissimoho ricevuto da Donato del Antella dua polize di cambio et si son fatte accettare et le

pageranno a mezzo ottobre, et allora si tratterà col Monte perché così saria trattar del impossibile. Ho cerco et cercho del architetto, et ne ho dato la cura a più d’uno acciò lei resti servita. Io sto meglio, et come piove, che già sono tre mesi che mai è piovu-to, spero finir di sanare perché sto assai meglio, et se non fussi li graso delle gambe che non mi lassa far esercitio, sare’ a questa hora guarita, perché s<t>o assai meglio et sudo assai. Li putti stanno per la Dio gratia bene et attendono a crescere. Io non desidero cosa più che servirla, però comandimi delle cose che vole. Dal Monte, pagati che saranno li interessi, vedrò resti servito, et li manderò pegno per [pagar] ogni cosa per quanto è pegno. Con che li bacio le mani. Di villa, il dì 17 di settembre 1575.

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.231]Copia

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12. La malattia (1574-1576) | 379

541. Paolo Giordano Orsini a Isabella de’ Medici

Bracciano 17 settembre 1575

Illustrissima e eccellentissima signora consorte e padrona osservantissimascrissi per Fanfanicchio corieri a vostra eccellentia né ho hauto risposta. La suplico

a ricordarsi che son suo servitor. Io sto bene e desidero intender nuova di vostra ec-cellentia e dei figli, con che a vostra eccellentia bacio le mani suplicandola a darmi nuova di lei. Di Bracciano, il dì XVII di setembre nel 1575.

Consorte che l’adora Paolo Giordano Orsini

[158, n.218]

542. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 13 dicembre 1575

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte e patrone osservantissimo restai come la sa non troppo bene et così me ne sto quando con febbre e quando

no, tal che mi trattengo al solito nel letto, et ho voluto levarmi, né le gambe né ‘l capo mi regge, la sua partita fu causa farmi dar un tuffo in giù.1015 Pure sperarò andarmi riavendo e mi afligge la tardanza solo per non poter goder della vista sua. Tanto prima la cassetta delli oli1016 si manderà per il primo procaccio. Li putti stanno bene et io adorandola fo fine perché la mia testa non mi reggie, Dio lo guardi. Di Fiorenza, il dì 13 di dicembre 1575.

Il cardinale non passerà di costì perché le strade sono guaste e la carrozza non vi può andare, io non ho mancato pregarlo ma s’è scusato con questo e credo che sia stata vera causa e non scusa.

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.230]

543. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 26 dicembre 1575

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte e patrone osservantissimo questa mia sarà per darli la bona Pasqua insieme con questi figlioli li quali per

la Dio gratia, stanno bene, et ieri andarno dal gran duca il quale fece loro carezze grandissime et dimandò di vostra eccellentia et Verginio li rispose <ch>e voi eri grasso e fresco come una rosa, a tale che tutti stavano a boccha aperta a sentirlo, e si

1015 Un avviso da Venezia del 15 ottobre 1575 (ASF, vol.3082, fol.333) “…signor Paolo Giordano, la moglie del quale scrivono di Firenze trovarsi gravemente indisposta”.1016 Questa cassetta degli olii compare varie volte nelle lettere ma sempre quando Paolo è malato. Si doveva trattare di olii medicinali.

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380 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

spantavano della amorevolezza sua. Io come haverò li dinari non mancherò far tutto quello che mi vien da lei comandato circa li pegni. Circa messer Noferi no voglio così presto risolvermi; di Donato ho fatto la supplica et oggi se li darà recapito. Io sto anchora fra il letto et il lettuccio, tanto debole che, gran cosa, mi feci, tre dì sono, portar in sedia1017 fino a l’orto di don Luigi1018 e mi dette tanto travaglio che mi sono tornata a star in letto. Fra dieci o 12 giorni vogliono che pigli il legno1019 per veder di rassettarmi lo stomacho. Circa il resto, non ho rivisto altro questo mese1020 tal che dubito non tornar alla prima indispositione. Dio faccia quello che li è più servitio. Io l’adoro et mai mi scorderò le amorevolezze fattemi da lei in questa mia indispo-sitione. Con ché baciandoli le mani fo fine. Nostro Signore li dia ogni suo maggior contento. Di Fiorenza, il dì 26 di dicembre 1575.

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.227]

544. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 3 marzo 15761021

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte e patrone osservantissimo questa mia sarà la quarta senza haver mai una sua doppo la partita delle robe di qua,

che sono già molti giorni, pure, fiat voluntas tua, io non mancherò far mio debito ogni settimana, se haverò risposta mi sarà grato, se no, patientia, non per questo lasserò d’amarla come devo per le molte amorevolezze fattemi ultimamente nel mio male le quale mi stanno fisse nella mente sempre. Credo haverà inteso la morte del povero conte Orso il quale morì l’altrieri havendo fatto testamento et lassando il granduca tutore et essecutore. È morto cristianamente con tutti li sacramenti. Credo che questa sera haverà hauto una mia del caso successo il quale è strano nel concetto d’ogni uno. L’acusa ce la dirò a bocca o ce la farò saper per homo a posta.1022 Circa le cose di Ge-

1017 Isabella evidentemente non può camminare. Qualche mese dopo Paolo le invierà due muli da lettiga, cfr. lettera n.548.1018 Don Luigi Alvarez de Toledo, zio di Isabella, aveva a Firenze un giardino in cui aveva fatto costruire una grande fontana dall’architetto fiorentino Francesco Camilliani allievo di Baccio Ban-dinelli. Una lunga pergola formata da 90 colonne di legno fu realizzata su disegno di Bartolomeo Ammannati. Nel 1573, sommerso dai debiti, don Luigi, con l’aiuto del fratello Garzia, viceré di Sici-lia, vendette la fontana alla città di Palermo (attuale fontana Pretoria), cfr. Gaspare Palermo, Guida istruttiva per potersi conoscere con facilità tanto dal Siciliano che dal forestiere tutte le magnificenze, e gli oggetti degni di osservazione della città di Palermo, vol. II, Palermo, Reale Stamperia, 1816.1019 Si trattava probabilmente della cura del cosiddetto legno santo, corteccia di Guaiaco, a cui si attribuivano proprietà antisettiche, balsamiche e analgesiche. Soprattutto faceva sudare. 1020 Si riferisce alle mestruazioni.1021 Isabella in questo caso usa la datazione fiorentina.1022 Orso Orsini duca di Pitigliano fu ucciso a Firenze a marzo del 1576, secondo alcuni da Prospero Colonna, capitano al servizio del Granduca, secondo altri dai Farnese per vendicare la morte di un loro congiunto. Il vero motivo della sua morte non fu mai chiarito. Le chiacchiere di corte, riprese

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12. La malattia (1574-1576) | 381

nova, Giulio sta nel medesimo proposito, et tutta la loro speranza è in lei.1023 Io ne ho viste le lettere di molti delli principali, mi darà la minuta di tutte le provisioni et io ce la manderò subito. Lui aspetta certi gentiluomini per finir il tutto, et li darà raguaglio di quanto passa minutamente e l’ultima risolutione, io attendo a carezarlo e a mante-nerlo nella medesima opinione poiché lei è del umor primo che così farò di tutte le cose che penserò poterla servire. Con che baciandoli le mani et adorandola fo fine. Li pupi stanno benissimo et il carnovale va freddo al possibile, di che io ho gran satisfatione essendo fora delli gusti carnovaleschi. Nostro Signore li dia quanto desidera e me tengi nella sua gratia da me desiderata al par della vita. Di Fiorenza, il dì 3 di marzo 1575.

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.229]

545. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 2 aprile 1576

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimoda Fanfanichio procaccio ho riceuto una sua nella qual si duole che io non li scrivo.

Mi pesa durar faticha et che altri si habbia da pigliar gusto delle mia lettere, ma non

dalla storiografia dell’Ottocento, volevano che Orso per gelosia avesse ucciso la propria moglie per tradimento. La causa della morte di Orso fu probabilmente politica. Il controllo della contea marem-mana era da lungo tempo oggetto di contesa tra i due fratelli Orso e Nicolò Orsini appoggiati l’uno dai Medici e l’altro dall’Imperatore. Nella contesa entrarono anche i Farnese e persino il pontefice Gregorio XIII interessato al feudo per il figlio Giacomo. I Medici, interessati anch’essi, e forse più di tutti perché Pitigliano si incuneava nel Granducato, dal loro canto cercavano di trarre vantaggio dal-la contesa assumendo un’apparente posizione di arbitri. L’ambasciatore estense il 10 marzo 1576 scri-veva al duca Alfonso: «La causa della querela detto conte non l’ha mai voluta dire ad alcuno se non tre giorni innanzi che morisse che la disse alla signora donna Isabella che l’andò a visitare», ASM, dispacci da Firenze, b.24. Sulla contesa cfr. J.R. Galluzzi, Istoria del Granducato di Toscana, cit., Vol.III, pp. 322-330. Sullo Stato di Pitigliano cfr. Pietro Fanciulli, La contea di Pitigliano e Sorano nelle carte degli Archivi Spagnoli di Simancas e Madrid e dell’Archivio di Stato di Firenze, Pitigliano, ATLA, 1991; A. Biondi, Lo stato di Pitigliano e i Medici da Cosimo a Ferdinando I, in I Medici e lo stato senese 1555-1609. Storia e territorio, a cura di L. Rombai, Roma, De Luca, 1980, pp.75-88.1023 Questo Giulio di cui Isabella non fa il cognome è identificabile con il genovese Giulio Sale. Da qualche anno a Genova si era aperta una crisi drammatica che vedeva fronteggiarsi due opposti schieramenti. Vi era da un lato la nuova aristocrazia del denaro, capeggiata da Giulio Sale marchese di Groppoli in Lunigiana, che aveva l’appoggio del popolo e della Francia, dall’altro l’antica nobiltà (i Vecchi), legata invece alla corte di Spagna, anche perché aveva prestato due milioni di ducati al re Filippo. Cosimo decise di appoggiare l’impresa di Giulio Sale prestandogli 1000 fanti del contado di Pisa completamente equipaggiati (Giuseppe Maria Mecatti, Storia chronologica della città di Firenze o siano Annali della Tuscana, in Napoli, nella stamperia Simoniana, 1755, p.757). Si era aperto dunque uno scenario inquietante in cui Francia e Spagna stavano per fronteggiarsi prestando aiuto militare all’uno o all’altro dei due partiti in lotta. Quando Paolo insieme a Marcantonio Colonna andò a chiedere l’autorizzazione al papa per intervenire a fianco degli Spagnoli per dirimere i conflitti ge-novesi, si trovò di fronte ad un energico rifiuto. Gregorio XIII temeva probabilmente che l’intromis-sione della Spagna avrebbe avuto come conseguenza inevitabile la fine della Repubblica di Genova.

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382 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

ci troverranno cosa che mi curi sia vista, et di quel negotio quando li scriverrò ce le manderò in mano propria, et così sarò sicura non nominerò nissuno, et attendo a tener la pratica appichata, se bene adesso ci è quiete per tutti. Le camice si fanno, ma non si possono gittar in stampaa. La cassetta, Stefano la fa far lui; et lassi a trattar con i tede-schi li quali mai finiscano cosa nissuna; li orlogi et ferri, il Maschula li porta; la cina, dica quanta ne vole che se li manderà et il prezzo che ne vol dare. Io attenderò quello che ha promesso, ma non spero già che mi sia ottenuto nulla a me. Li pupi stanno adesso bene, ma per l’altra li scrissi che la Nora era quasi da uno orecchio assordata, ma fu catarro. Io sto assai bene ma voglio purgarmi. Questa settimana poi andarò in villa et far esercitio, ma non credo mi voglino dar il legno. Io l’adoro et mai lasserò far quello che devo verso di lei, et Dio faccia, che altro non desidero, se non che l’ affetion mia sia da lei conosciuta. Con che baciandoli le mani fo fine, et li desidero ogni suo maggior contento. Di Fiorenza, il dì 2 di aprile 1576.

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che l’adora Donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.249]

a Così nel Testo.

546. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini1024

Firenze 9 aprile 1576

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et padrone osservantissimonon havrei mai lassato venir costì Paulo senza mie lettere, le quali saranno solo per

baciarli le mani e darli nova del esser delli pupi e mio. Io sto assai bene, ma li tempi novi mi travagliano a tal che posdomani mi vogliono dar un poco di medicina, e poi quattro o sei sciloppi, poi non so che bono al upilarme e a pigliarlo me anderò in villa con la brigata, come dicono a Fiorenza. Li pupi stanno bene e tanto saporiti che non ci è chi li arrivi. Delli libri, quando saranno finiti li manderò, et così l’altre cose. Li raccomando Paulo in tutte le sue occhorrenze. Favorischilo perché lo merita. Con che li bacio le mani e resto adorandola. Da Fiorenza il dì 9 di aprile 1576.

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.250]

547. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini da Firenze

Firenze 23 [1576] 1025

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et patrone osservantissimoho riceuto una sua nella qual mi ringratia di quello farò per il signore Averso.1026

1024 Questa lettera è stata già da me pubblicata in L’amore rivelato, cit., p.65.1025 La lettera manca dell’anno ma è stata qui inserita per evidente affinità di argomento con le altre.1026 Everso dell’Anguillara del ramo di Stabia si riteneva legittimo erede dell’antica famiglia Anguil-lara di Ceri (che si stava estinguendo con una figlia femmina Porzia) e ne rivendicava i beni, tra cui

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12. La malattia (1574-1576) | 383

Basta che lei mi comandi ch’io la servirò sempre come devo. Ho caro che le lite e negotij passino bene et attenda pure acciò e noi e li putti possino viver da pari loro. Io attendo ad achomodar li mia debiti e crederò che fra 3 anni non sia per mancarmi nulla. La cassetta si fa e li orlogi con i ferri da insitare1027 si fanno et ogni cosa se li manderà, et la cjna1028 si farà il prezzo et ogni cosa si inviarà con le robe del prest<i-t>o alle quale ci è stato un poco di dificultà per essersi mutati li ofitiali del monte, pure oggi si finirà di fare il tutto et si darà ordine a ogni cosa, del resto io non sto troppo bene, già dua sera alla fila ho hauto un poco di febbre. Li putti stanno bene, et loro insieme mecho li baciano le mani, et così al cardinale, et con tal fine resto adorandola, di Fiorenza, il dì 23 di […]

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che vi adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.267]

548. Isabella de’ Medici a Paolo Giordano Orsini

Firenze 27 aprile 1576

Illustrissimo et eccellentissimo signor consorte et padrone osservantissimomando a vostra eccellentia le camicie et fazzoletti, et se non sono belle come lei

meriterebbe, diane la colpa al lino che mi hanno portato. Li dua muli da lettiga che lei mi ha mandati, delli quali lene bacio le mani et li goderò, come faccio, per suo amore.1029 Mi rallegro che acchomodi le cose sua et insieme di sua salute. Li pupi stanno bene affatto et io sto così così, pure, in qualsivoglia modo, sto per servirla et adorarla sempre, et li do la bona Pasqua et li bacio le mani. Di mano in mano si manderà le cose che desidera quando saranno fornite, et in particular la cassetta delli oli che l’ha sollevato quanto si po’. Dio li dia ogni contento. Di Fiorenza, il dì 27 d’aprile 1576.

Di vostra eccellentia illustrissima serva e consorte che l’adora donna Isabella Medici Orsina.

[158, n.251]

la villa di Bassano Romano goduta dai Cesi. Evidentemente sperava nell’aiuto del granduca per i suoi contenziosi. Sulla villa e le rivendicazioni degli Anguillara cfr. Agostino Bureca, La villa di Vincenzo Giustiniani a Bassano Romano: Dalla storia al restauro, Roma, Gangemi, 2016, pp.131-133.1027 Insitare = innestare. I ferri da insitare si trovano nominati nei trattati di agricoltura, cfr. Mam-brino Roseo da Fabriano, Libro di agricoltura, Venezia, per Michel Tramezzino, 1557, pp.100-102. Probabilmente servivano a Paolo Giordano per dedicarsi al giardinaggio durante il suo soggiorno a Bracciano.1028 La richiesta della china e degli olii fa pensare che Paolo fosse malato. Nella lettera del 27 aprile Isabella scrive: la cassetta delli oli che l’ ha sollevato quanto si po’.1029 Isabella, almeno da dicembre dell’anno prima, lamenta di non poter camminare.

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Isabella a Paolo Giordano da Firenze, 9 aprile 1576 (lettera n. 546)

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Verso di una lettera di Isabella a Paolo Giordano con indirizzo autografo e nota di archiviazione. Sono visibili le caratteristiche piegature delle lettere e il sigillo che le chiudevaCop

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Isabella a Paolo Giordano da Baroncelli, 28 marzo 1566 (lettera n. 130)Copia

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Francesco de’ Medici a Isabella da Madrid, 23 dicembre 1562 (n. 557)

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I. Lettere dei fratelli a Isabella de’ Medici

1030 Sulla breve vita di Lucrezia cfr. Giovanni Ricci, Prigioniera dei simboli. Lucrezia Medici da Fi-renze a Ferrara, in Le donne Medici nel sistema europeo delle corti, cit., I, pp.217-231.1031 L.A. Saltini, Tragedie medicee domestiche, cit., pp.61-111.1032 Grazia Biondi, Lucrezia de’ Medici, duchessa di Ferrara, cit.

LUCREZIA DE’ MEDICI DUCHESSA DI FERRARA

Lucrezia, sorella di Isabella, fu promessa ad Alfonso d’Este figlio di Ercole duca di Ferrara. Il duca, legandosi con Cosimo de’ Medici, sperava in un ravvicinamento al re di Spagna Filippo II. Lucrezia aveva appena quattordici anni quando il 13 aprile 1558 fu rogato l’atto nuziale e l’11 maggio l’oratore ferrarese Alessandro Fiaschi le diede l’anello. Alfonso fece il suo ingresso a Firenze il 18 giugno 1558 e il 3 luglio il vescovo di Cortona Giovanbattista Ricasoli celebrò la “messa del congiunto” nella cappella del Palazzo ducale. Subito dopo il novello sposo, che non aveva mai nascosto le sue simpatie filofrancesi e la sua avversione per quel matrimonio deciso dal padre, partì per la Francia e vi stette un anno intero. 1030 Secondo il residente ferrarese Fran-cesco Susena Lucrezia non vedeva l’ora di trasferirsi col marito a Ferrara.1031 Anche il Fiaschi scriveva al duca Ercole che la giovane “desidera uscir di mano dalla matre, parendole troppo lunga et aspra la prigionia in che si truova; non si facendo diferenza dal vivere di lei di hora, a quello che faceva nanti fosse maritata”.1032 Alla morte del padre, Alfonso rientrò a Ferrara dove la sposa lo raggiunse, accolta trionfalmente con sfarzosi apparati il 17 febbraio1560. Come dimostrano chiaramente queste lettere, la felicità di Lucrezia si spense quasi subito, il marito era sempre lontano e la giovane Medici non godeva della simpatia della madre di lui, la rigida Renata di Francia, e tantomeno della sorella Anna d’Este sposata al duca di Guisa Francesco di Lorena, contraria a quel matrimonio. Lucrezia, in modo complice e scherzoso, comunica a Isabella tutta la sua solitudine, la sua nostalgia e il disperato bisogno di partorire un erede maschio al duca di Ferrara, cosa che, come si capirà chiaramente molto tempo dopo, non sarebbe potuta accadere per la sterilità del marito. Morì a Ferrara il 21 aprile 1561. Le lettere conservate nella corrispondenza dell’Archivio Orsini sono sei e vanno dal 22 febbraio 1560 al 12 settembre 1560. Sono tutte autografe. La scrittura ha un modulo molto ampio e molto stretto. Al contrario di Isabella, Lucrezia usa una doppia esse prima della t (es. fesste, quessto). Solo nella prima lettera si firma “dogna Lucretia Medici d’Este”. In tutte le altre: “ la duchessa di Ferrara”.

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390 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

549. Ferrara 22 febbraio 1560

Illustrissima signora sorella e patrona osservantissima vostra signoria mi terrà bene per malnata perché io n’ho lettere ch’ho scritto

<fino> adesso, ma la supplico che mi perdoni perché son tante le fesste che si fano qua che io non ho tempo per niente, e non so che nuove me li dar di qua, se no che andai a vede<re> l’altra sera la madama1033 che avevo un po’ de male agi ochi e tutte quelle signore pensavano che io pia<n>gesi el mio suocero,1034 e tutte mi tennono per molto amorosa, e io aspetto a scrivere più a lungo a vostra signoria perché stasera mi verranno a vedere li bassaciadori (sic) di Vienetia e subito li scriverò tutte le cirimo-nie che si faranno. Vostra signoria mi farà favore di baciar le mani al signor Paulo e a tutti codessti signori. Con quessto fo fine, e prego Nostro Signor che me la lassi veder pressto e come io desidero. Di Ferrara, alli 22 di febbraio 1560.

Di vostra signoria servitora et sorella che l’ama più che alla vita sua,dogna Lucretia Medici d’Este (e a Barbino1035 che mi raccomando altrui)a.

[57, n.3]a la parentesi è nel testo.

550. Ferrara 1 marzo 1560

Illustrissima signora sorella e padrona osservantissima venendo cosstà il principe mio sigor non ho voluto manchar di non scriver a vostra

signoria et farli sapere come io sto bene et imprometto vostra signoria che ressto così mal contenta che non ge ne potre mai dire, ma io mi consuolo con la lettera che vostra signoria mi scrive che dice che sarebbe facil cosa che venissi qua, ma io n’ho tanto desiderio che non credo avere sì gran contento et prego vostra signoria che mi facci gratia di scrivermi spesso che non mi po’ far maggio<r> piacere et favore. Io mando a vostra signoria non so che bagattelle di qua e vostra signoria mi perdoni se non son belle che ho hauto tanto che far con queste fesste che non ho hauto tempo a veder per nissuna cosa. Vostra signoria mi farà favore di dar quessta camiciola a monsignor illustrissimo e dirli che mi perdoni se non è a suo modo perché non ho trovata nessuna meglio, m’ io ho chomandato che me ne faccin quattro bianche senza oro che subito che sarano finite ge ne manderò. Vostra signoria mi farà favore di dar questi dua mazi a Barbino e dirli che io ge ne mando perché lui conossca che non mi sono scordata di lui. Vostra signoria mi perdoni se io son malcreata perché tra vostra signoria e me non ci è bisogno de cerimonie. Vostra signoria potrà far mia scusa con signor Paulo se io non li scrivo perché sono venuta sì straccha che non me ne dà il cuore. Io non mi estenderò più per non dar fasstidio a vostra signoria se non

1033 La duchessa madre Renata di Francia. 1034 Ercole II d’Este, morto il 5 ottobre 1559.1035 Sul nano Pietro Barbino vedi nota 253.

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I. Lettere dei fratelli a Isabella de’ Medici | 391

che resto pregando Nostro Signor che la conservi come io desidero. Di Ferrara, il primo di marzo 1560.

Di vostra signoria illustrissima servitora et sorella che non ha altro desiderio in quessto mondo se non servirla, la duchessa di Ferrara.

[57, n.4]

551.Ferrara 11 aprile 1560

Illustrissima signora sorella mia honoratissima la buona nuova che ho inteso per una lettera del signor principe nostro fratello che

vostra signoria illustrissima si trova gravida, Dio laudato, mi ha portato tanto con-tento et consolatione che non ce lo potrei mai dire, e però me ne ralegro con tutto il cuore con esso lei, certificandola che mi sarà infinito piacere intendere che nel detto termine vadia continuando di bene in meglio sì come prego Nostro Signore Dio fra tutto che conceda in ciò a vostra signoria illustrissima, et nel resto tutto quello che lei stessa desidera, con che me le raccomando con tutto l’animo. Di Ferrara, alli 11 di aprile 1560.

Di vostra signoria illustrissima. Prego vostra signoria che mi faccia gratia di far cerchar di quelli collareti d’intaglio insino a 6 e altri 6 di trina fatta a ago che possino servire a nostri e che me li mandi e io lo reputerò a gran favore ma li vorria pressto.

Servitora e sorella che l’ama più che a sé ch<e> desidera un figliuol mastio, la duchessa di Ferrara.

[57, n.5]

552. Ferrara 1 agosto 1560

Illustrissima signora sorella mia osservantissima alli dì passati ricevetti una di vostra signoria illustrissima per il suo barbiere nella

quale mi dice che io le mandi non so che gorgere, e io l’ho fatte cercare e non ho mai trovato cosa che sia degna di vostra signoria illustrissima, pure per non man-char del mio debito e per non uscir di quel che lei comanda gnene mando ora una dozzina come l’ho possute havere che imprometto a vostra signoria illustrissima che ho durato una gran fatica a trovarle, e di poi di haverle trovate, sono stata per non le mandare perché non mi pareva che fussino al proposito. Ma perché vostra signoria illustrissima conossca quanto desidero far le cose che lei mi comanda gnene ho volu-te mandare così brutte come sono che so che vostra signoria illustrissima mi scuserà che certo harei voluto saperle far io che l’arei fatte un po’ più secondo il suo gussto. Ma prego vostra signoria illustrissima che sia contenta farmi tanta gratia di scrivermi come la le vorrebbe, che le farò far subito dell’artre, e prego vostra signoria illustrissi-ma che se ce qui cosa che li piaccia che bassta che lei me ne faccia un minimo segno perché la roba e io siamo al suo servitio e di più mi farà gratia baciar le mani al signor don Luigi, e dirli che non si maravigli se io non li scrivo, la causa è per no lo infastidire che credo che, da poi che son venuta qua, che sua signoria illustrissima si

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392 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

sarà scordata di me perché non m’ha mai voluto farmi tanta gratia di comandarmi. Vostra signoria illustrissima sarà contenta ancora farmi tanta gratia di baciar le mani al signor Paulo da parte mia e dirli che si ricordi della impromessa perché ogni volta che sua signoria illustrissima verrà qua sarano innordine i fesstini, ma vorrei bene ancora che vostra signoria illustrissima ci venissi ancora lei perché credo certo che li piacerebon quesste usanze che […] purché siano secondo il suo gussto e io non ho altro desiderio che vederla. Supplico vostra signoria illustrissima che mi facci gratia da operar con mia signora che mi facci haver un poco diele signorie vostre perché mi1036 è stato ciesto da persona che desidera tal piacere, e con questo fo fine pregando vostra signoria illustrissima che mi facci gratia di scrivermi spesso perché non mi può far maggior gratia che farmi aver nuova di lei. Con questo fo fine pregando No-stro Signore Idio che la dia ogni suo contento. Di Ferrara, il primo di agosto 1560.

Di vostra signoria illustrissima servitora e sorella che non ha altro desiderio in questo mondo se non servirla e di vederla,

duchessa di Ferrara.[57, n.7]

553. Ferrara 17 agosto 1560

Illustrissima signora sorella mia osservantissima. Con la occasione del barbier del signor Pauolo non ho voluto manchar di non

iscriverli e mandarli certe ventarole che io non ho trovato cosa in su la fiera che mi sia parsa più al proposito di quesste. Non perché le sien degne di vostra signoria illu-strissima, ma perché mi par che sia tanto caldo che non si può stare se no c’è qualche riparo. Però ho ardito a mandarcele, ma io mi son pensata che con l’occasion di Pitti e de piacer che vostra signoria illustrissima si piglia in casa <d>il signor don Luigi che vostra eccellenza si sarà scordata di me, perché io li ho scrite già dua littere e non ho mai per ancora auta rispossta di nessuna, però prego vostra signoria illustrissima mi facci gratia rispondermi perché non posso haver maggior contento che aver nuova di lei e per non la infastidir più farò fine pregando Nostro Signor Idio che li dia ciò che desidera. Di Ferrara, il dì 17 di agosto 1560.

Di vostra signoria illustrissima servitora e sorella che l’ama più che se istessa, la duchessa di Ferrara.

Vostra signoria illustrissima mi farà gratia di baciar la mano in nome mio a tutti li illustrissimi signori nostri fratelli e al signor don Luigi.[57, n.6]

554. Ferrara 12 settembre 1560

Illustrissima signora sorella mia osservantissima io posso bene incominciare a credere che vostra signoria illustrissima habbi tanti

piaceri a Pitti quanto è possibile, secondo che m’è stato iscritto di là, ma ben mi

1036 Forse voleva dire «li».

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I. Lettere dei fratelli a Isabella de’ Medici | 393

dolgo molto che coi tanti piaceri ella si scordi di me che tanto l’amo e non ho altro desiderio se non di servirla. Vostra signoria illustrissima mi farà gratia di farmi scri-vere qualche volta poiché non si degna più di scrivermi di sua mano, né di man del segretario. A me m’è stato detto che vostra signoria illustrissima vol pigliare l’acqua della Porretta per ingravidarsi,1037 prego Idio che l’suo desiderio venga a buon fine che io gli possa vedere presto un bel puttino che poi sarò contenta da fatto. Io non so che nuove dare a vostra signoria illustrissima se non che adesso vengo da pigliar licentia da madama mia suocera,1038 che certo m’è stato di molto fastidio. La prima cosa, per lei, e poi, vedendo lasciar le signore mie cugnate tanto discontente che è compassion a vederle, e massime la piccola, essendo mal condizionata, come vostra signoria illustrissima debbe sapere. Ma vostra signoria iillustrissima può ben pensare che m’ha aiutato un poco a star più malcontenta quando io seppi che mi signora non veniva più qua che non mi poteva dar peggio nova. Vostra signoria illustrissima mi farà favor di scrivermi le gale che mi signora fa per andare a Siena,1039 ché m’hanno detto che pone tantas galas a coteste signore dame che no si può dir più, e se c’è qual-che foggia nova mi farà gratia di mandarmele che ora che viene el tempo di cavar el bruno le saranno appunto a proposito. Vostra signoria illustrissima mi farà gratia di farmi sapere se la sua andata di Roma séguita,1040 perché mi ci hanno messo un poco di dubbio che m’è molto dispiaciuto per la sua contentezza, e la prego avisarmi se ha hauti i colletti, ma è vero ben che eron sì brutti che non meritavon risposta, ma la mi farà ben sommo favore se lei n’ha visto nessun che li piaccia farmi mandar la mostra qua, perché io gne ne farò far con più diligenza che sarà possibile. Non mi estenderò più a lungo per non la infastidire, ma ben la prego a baciar le mani al principe in nome mio e il simile al cardinale e dirli da parte mia che io credo che lui no mi voglia più bene da poi che non mi comanda mentre che lui sa ben quanto io lo desidero sempre ubbidire quando sua signoria illustrissima mi comanderà, e dirà il simile al signor Paulo e al signor don Luigi e ai signori nostri fratelli. Vostra signoria illustrissima mi farà gratia di scrivermi come don Ernando di Toledo si marita, che m’è stato detto che gl’aspetta il fresco, e dir a la signora dogna Lutiana che io mi rallegro con lei che don Ernando sia bravo marito che voglia aspettar il tempo per

1037 Si credeva che tra le tante proprietà delle acque termali ci fosse quella di far ingravidare, cfr. a Segreti delle acque: studi e immagini sui bagni: secoli XIV-XIX: atti del seminario, cura di Paolo Viti (Firenze, 8 novembre 2005) Firenze, Leo S. Olschki editore, 2007, p.9.1038 Renata di Valois, detta di Francia, madre di Alfonso d’Este, figlia di Luigi XII e di Anna di Bretagna (1510-1575), coltissima, legata alle correnti riformistiche francesi e ostile al cattolicesimo romano. Come le sue figlie non nutriva alcuna simpatia per la nuora e la famiglia Medici. Renata stava per abbandonare Ferrara per stabilirsi a Montargis, dove aderì apertamente alla causa degli ugonotti. Le cognate “discontente”, sono Anna sposata al duca Francesco di Guisa; Lucrezia, sposa al duca d’Urbino; Eleonora, la più piccola che Lucrezia definisce “mal condizionata”. Costei univa alla naturale riservatezza una salute cagionevole che la obbligò a continue cure e impedì le nozze. Non è noto in che consistesse la sua malattia, cfr. Floriana Calitti, Este, Leonora d’, DBI, vol. 43 (1993), pp.367-374.1039 Lucrezia vuole la descrizione degli abiti che la madre e le sue dame indosseranno per l’entrata trionfale in Siena. 1040 Si riferisce all’andata a Roma di Isabella in occasione dell’istituzione del ducato di Bracciano.

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poterla goder meglio.1041 Vostra signoria illustrissima mi perdonerà se io la infastidi-sco con iscriverli a lungo che è tanta l’affettion che io li porto che non me ne posso levare. Con questo fo fine pregandola si degni a comandarmi. Che Nostro Signor la conservi sana e contenta come lei stessa desidera. Di Ferrara, li 12 di settembre 1560.

Di vostra signoria illustrissima servitora e sorella che l’adora la duchessa di Ferrara.

[57, n. 8]

1041 Un Fernando de’ Toledo era figlio naturale del viceré Pedro, quindi era zio di Isabella. Su questo Fernando Alvarez di Toledo cfr. Vanni Bramanti, Breve vita di Leonora di Toledo, cit., pp.57 e note, 59, 61.

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I. Lettere dei fratelli a Isabella de’ Medici | 395

FRANCESCO DE’ MEDICI GRANDUCA DI TOSCANA

Francesco de’ Medici, il fratello maggiore di Isabella, quando accadde la tragedia delle maremme toscane in cui morirono la madre e i due fratelli, era alla corte del re di Spa-gna. La sua prima lettera è in risposta a una di Isabella. È di giugno, da Perpignan, sulla via di Madrid. A ottobre Francesco è arrivato a Madrid e scrive alla sorella per ringraziarla di una scatola di fiori. Nella lettera successiva, del 23 dicembre, Francesco si conduole con Isabella e Paolo Giordano per la morte del fratello Giovanni, il cardina-le. Ancora non sa delle altre due morti, perché le lettere dalla Spagna impiegavano circa un mese per arrivare. In una successiva del 23 febbraio Francesco è ormai al corrente dell’ intera tragedia ma è preoccupato per la salute dei fratelli superstiti. Anche loro sono malati. È con questa lettera, paterna e autorevole, che Francesco segnerà il nuovo corso della vita di Isabella. La sorella dovrà prendere il posto della madre Eleonora di Toledo all’ interno di quella famiglia ormai decimata: «Cerchi vostra eccellenza di tenere allegro il signor don Hernando della cui promotione ho havuto grandissimo piacere per essersi rinnovato questo splendore in casa nostra. Con don Petrino so che farà uffitio d’amore-volissima madre et con tutto ciò le ne raccomando quanto posso. Del duca mio signore non parlo, perché con la fortezza et prudenza sua dà esempio d’ imitarlo a tutti noi».1042 Ma subito dopo, quasi per contraddire quello che ha appena scritto a proposito del padre, Francesco aggiunge: «la prego volere mantenersi sana et allegra et ancora mantenere il duca mio signore alegro et intrattenerlo il più che la può».1043 Le lettere di Francesco sono undici, nella maggior parte solo la firma: “ fratello et servitore don Francesco de’ Medi-ci” è autografa, il resto è dettato al segretario. Nella lettera n.559 c’ è un lungo periodo autografo. Sono interamente autografe le lettere nn. 562 e 558, quest’ultima è quella in cui Francesco cerca di consolare la disperata Isabella.

555. Perpignan 18 giugno 1562

[non autografa]

Illustrissima signora sorella amatissimadi quanto contento mi sia stata la lettera di vostra signoria illustrissima credo

che facilmente se l’immaginerà potendo ella esser certa che per amarla quanto si possa ogni nuova che senta di lei mi sia per essere sommamente grata come mi sarà ancora il ricordarsi di me et comandarmi qualcosa da queste bande, et se desidera compiacermi diami spesso nuova di lei et del signor Paulo, et io farò il medesimo pregandola a tenermi in sua gratia et raccomando al cardinale1044 con ricordarli che mi mandi le balestre et cappelli che li ho mandati a chiedere, et saluterà da mi parte don Garzia et li altri nostri fratelli, et le bascio le mani. Che Dio la contenti et pro-speri. Da Perpignano, à 18 di giugno 1562.

1042 Lettera n.558.1043 Ivi.1044 Dopo la morte di Giovanni, Ferdinando de’ Medici fu eletto cardinale ad appena tredici anni.

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396 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

Di vostra signoria illustrissima amorevolissimo fratello et servitore don Francesco de Medici.

[157, n.73]

556. Madrid 15 ottobre 1562

[non autografa]

Illustrissima signora sorella amatissima con la lettera di vostra eccellenza de XVI del passato, ho ricevuto la scatola delli

fiori che le è piaciuto mandarmi, e quali mi sono stati carissimi così per esser assai belli, come per haver visto in questo ancora, la molta amorevolezza sua inverso di me, la quale vorrei pur compensare in qualche cosa di qua, ma non ci veggo cosa degna di lei, come intenderà da Pandolfo per il quale havendole scritto, mi resta solo dirle il dispiacere che ho sentito dell’indisposition sua, et il desiderio che ho d’intendere quanto prima che ne sia restata libera, et le piacerà raccomandarmi al signor Paulo et al cardinale, come fo a lei stessa. Che Dio la prosperi. Di Madrid, à dì 16 d’ottobre 1562.

Di vostra excellenza fratello et servitore don Francesco de Medici.

[157, n.74]

557. Madrid 23 dicembre 1562

[autografa]

Illustrissima signora et sorella amatissima io so’ certissimo che vostra eccellenza di questa perdita del cardinale nostro fratello

felice memoria1045 haverà sentito in quel primo punto tanto dispiacere che nessuno sarà stato bastante a consolarla perciò che l’amore tra essi era infinito, il che a me occorse parimente, ma credo ancora che dopo lo havere dato il suo debito alla carne, la quale è forza ne faci risentimento, haverà voluto dare luogo alla ragione la quale ci persuade che nelle aversità ricorriamo a Cristo et che lo ringratiamo. In questo sono discordanti li huomini dale bestie, però che esse sono guidate dal senso solamente, li huomini dal-lo uso della ragione. Nè vostra eccellentia haverà voluto degenerare havendo innanzi l’esempio del duca mio signore il quale, seguendo il solito suo stile, non ha mostro di alterarsi punto. Io haverò carissimo di intendere che così sia stato et quando pure si fusse lasciata vincere dal dolore confortisi per farmi gratia. Io non sciverò al signore Pavolo però li faccia questa comune et a tutte due quanto più posso di quore mi rac-comando pregando Dio che li conservi felici. Di Madrid, ali 23 de decembre 1562.

Di vostra eccellentia fratello et servitore don Francesco de Medici.

[157, n.79]

1045 Francesco ancora non sa della morte del fratello Garcia e della madre Eleonora.

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558. Madrid 18 febbraio 1563

[autografa solo in parte]

Illustrissima et eccellentissima signora mia et sorella amatissima è purtroppo continuata da un tempo in qua questa nostra mala fortuna et con trop-

po crudeli colpi ci balestra poiché, non contenta delle tre disgratie passate alle quali cristianamente m’andavo accomodando, persevera nella indispositione del signor don Hernando1046 con l’aggiunta di quella di vostra eccellenza che, per quanto ho inteso, non è nata d’altronde che dall’infinito dispiacere che la s’ha preso. Io, a persuasione del duca mio signore et per satisfattione di lei, che con tanto affetto et amorevolezza me ne scongiura nella penultima di sua mano, mi risolvei di dar bando à ogni memo-ria di cose passate et cercar di vivere il più allegramente che potevo, perché al fine lo affliggersi et il piangere non rileva. Così vengo a pregar vostra eccellenza carissima voglia risolversi anchora lei per mio contento et satisfattione. Io vorrei volentieri pote-re ad ogni hora havene nuova ma, poiché non è possibile, voglia Dio che la prima che verrà sia quale io la desidero. Cerchi vostra eccellenza. di tenere allegro il signor don Hernando della cui promotione ho havuto grandissimo piacere per essersi rinnovato questo splendore in casa nostra. Con don Petrino so che farà uffitio d’amorevolissima madre et con tutto ciò le ne raccomando quanto posso. Del duca mio signore non parlo, perché con la fortezza et prudenza sua dà esempio d’imitarlo a tutti noi. Son certissimo che ella debbe haver gran desiderio di vedermi come io passo il medesimo, et a Dio piaccia che sia presto con allegrezza reciproca. Bacio le mani di vostra eccel-lentia pregandole salute. Di Madrid, alli XVIII di febraio 1563.1047

Di vostra eccellentia[segue di sua mano] Ho riceuto dopo questa la sua del ultimo di gennaio di suo

proprio pugnio la quale mi è stata gratissima et così la pregerò a volermi scrivere spesso per essermi le sue di grandissimo contento et di più la prego volere mantenersi sana et allegra et ancora mantenere il duca mio signore alegro et intrattenerlo il più che la può così farò fine baciando le mani di vostra eccellentia et del signore Paolo.

Di vostra eccellentia fratello et servitore don Francesco de Medici.

[157, n.80]

559. Madrid 25 aprile 1563

[non autografa]

Illustrissima et eccellentissima signora mia et sorella amatissima ho riceuto le di vostra eccellentia de X, XIIII et XVI di Marzo le quali mi sono

state di quella estrema contentezza che può imaginarsi, percioché oltre che le son

1046 Ferdinando de’ Medici fratello di Isabella e Francesco.1047 A differenza di Isabella Francesco non usa la data fiorentina.Cop

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398 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

piene d’amore, contengono anchora la salute del duca mio signore, la di se stessa, del suo signore consorte et il meglioramento di monsignor illustrissimo nostro fratello, le quali nuove, quantunche mi siano date da altri, non ne ricevo però quel piacere che intendendole da lei. La prego a continuare poiché la sa ch’io ne sento tanta sati-sfattione. Non voglio entrare nell’affettion mia inverso lei, sì perché non mi parrebbe di parlarne mai quanto bastasse, sì perché io non voglio mostrare di gareggiare con l’eccellentia vostra la quale, col comandarmi, verrà in chiara contezza del desiderio che tengo di servirla. La venuta di […]ri sarà cagione della brevità di questa lettera al quale ho ordinato che per me baci le mani all’ eccellenza vostra et le dia largo conto della vita mia. Mantengami nella gratia di se stessa et viva felicissima. Da Madrid, alli XXV d’aprile 1563.

Di vostra eccellentia fratello et servitore don Francesco de Medici

[157, n.82]

560. Barcellona 26 luglio 1563

[non autografa]

Illustrissima et eccellentissima signora mia et sorella amatissima.Io ebbi quel ragguaglio che desideravo et della buona salute di vostra eccellenza

et dell’amore infinito che mi porta, così per lettera sua, come per larga relatione di Neri che mi rallegrò tutto. Ho speranza che presto ci rivedremo, poiché già mi son condutto à Barzellona, dove mi son fermato, havendo inviate le galere del duca mio signore à Cartagèna per imbarcare le robe, al ritorno delle quali prenderò quel partito che mi parrà più a proposito, o di passarmene con esse sole o d’aspettare quelle galere di sua maestà che serveno ordinariamente in Italia et hora si trovano in Barberia, di che ho scritto più largamente al duca mio signore dal quale so che l’intenderà. Ho intanto voluto salutare vostra eccellenza con queste poche righe et pregarla che le piaccia di conservarmi nella gratia così sua, come dell’illustrissimo signor consorte, che Dio conceda loro ogni felicità. Di Barzellona, alli XXVI di luglio M.D.LXIII.

Di vostra eccellentia fratello et servitore don Francesco de’Medici.

[157, n.88]

561. Firenze, 23 gennaio 1564

[non autografa]

Illustrissima signora sorella amatissima al desiderio di vostra signoria illustrissima circa alla villa di Baroncelli non posso

io corrispondere, perché non sendo liquidate le cose attinenti à quella confiscatione, non m’è lecito il deliberarne né ella ha da dubitare in ogni caso che le manchino

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ville, potendo usare tutte le nostre come proprie sue.1048 Qui s’apparecchia un allegro carnovale ma senza lei non faremmo cosa buona, però quanto prima ella ritornerà, tanto meglio si passeranno feste, et con questo fine le prego da Dio ogni prosperità et contento. Da Fiorenza, il di XXIII di Gennaro MDLXIIII.

Di vostra signoria illustrissima fratello et servitore don Francesco de Medici principe.

[157, n.121]

562. Livorno 8 maggio 15641049

[autografa]

Illustrissima et carissima signora sorellanon starò con belle parole, altrimenti a volere rispondere a vostra eccellenza enpie-

rerò il foglio, ma me ne verò brevemente alla risposta di quanto vostra eccellentia mi domanda. Al che li dico che n’ ho inteso sopra tal materia cosa nissuna, anzi tengo per certo essere una baiata, come altre che si sono dette et ogni ora si dicano, però starò avvertito et intendere bene ogni cosa et quando essa verà per ogni modo et via che a me sia possibile fare che tal cosa non seguiti, come bene da lei è stato conside-rato, et così facendo fine le bacio le mani. Il duca mio signore sta be<ne> et tuti li alt<r>i, di Livorno, a dì 8 di Maggio 1564.

Di vostra eccellentia fratello et servitore don Francesco de Medici Principe.

[157, n.120]

563. Serravezza 28 marzo 1565

[non autografa]

Illustrissima et eccellentissima signora sorella amatissimaIl signore don Luigi m’ha detto che conserva il suo cavallo ubero a mia dispositio-

ne et io per compiacerlo non ho voluto recusare questa sua cortesia, da altra banda sapendo che ei gli diletta, non mi è parso di privarnelo. La onde non lo pigliando di presente per me, non ardirei ancora di levargliele per donarlo a altri.1050 Dispiacemi di non poter consolare vostra eccellentia che Dio sa se desidero di gratificarla in tut-to quello che per me sia possibile. Di Seravezza, a di 28 di Marzo 1565.

Di vostra eccellentia fratello et servitore don Francesco de Medici

[157, n.134]

1048 Isabella ottenne la villa di Baroncelli dal padre l’anno successivo, cfr. nota n.400.1049 Questa lettera di Francesco de’ Medici è in risposta di una precedente di Isabella, n.616.1050 Isabella evidentemente gli aveva chiesto il cavallo per Paolo Giordano.

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400 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

564. Innsbruck 16 ottobre 1565

[non autografa]

Illustrissima et eccellentissima signora sorella amatissimasebene io so che il signor Paolo dà largo conto a vostra eccellenza di quanto si è

passato sin qui, non per questo voglio io lassare di salutarla, et darle nuova della salute mia et della contentezza nella quale son entrato da che giunsi alla principessa mia consorte, rendendomi certo che le sarà comune. Subito arrivato alla corte di sua maestà cesarea rimanderò indietro il signore, acciò sia in tempo a sposare a nome mio la principessa in Trento, perché se tardasse, la troverrebbe partita, dovendo ella esservi alli XV del futuro. Egli sta benissimo carezzato da lor altezze et tutto questo giorno ha danzato, tal che passiamo allegramente il cammino con desiderio ambi duoi di riveder presto l’eccellenza vostra alla quale bacio le mani, et prego Dio la conservi et prosperi. Di Inspruch, il di XVI di Ottobre MDLXV.

Di vostra eccellenza amorevolissimo fratello servitore don Francesco De Medici principe

[157, n.156]

565. Firenze 13 settembre 1566

[non autografa]

Illustrissima et eccellentissima signora sorella amatissimael male che vostra eccellenza mi scrive esser sopravenuto alla mia puttina,1051 mi

è di quel dispiacere che la si può immaginare, ma poi che non è remedio a quello che ordina sua Divina Maestà bisogna che noi ancora ci conformiamo al voler suo, quando che seguisse altro di lei. So ben che sendo ella presente posso starne con li occhi chiusi, che non li sarà mancato di cosa alcuna, et che si è per usare ogni dili-gentia possibile che torni in sanità, nel resto Dio lassi seguire quel che è più di suo servitio et perché il raccomandargliela so che è totalmente superfluo per l’affetione che le porta, mi resta solo pregarla ad accettar quel che viene in buona parte, et a

1051 Questa puttina di cui parla Francesco e di cui Isabella si prendeva cura, non può essere figlia di Giovanna d’Aragona perché costei a settembre del 1566 era incinta della prima figlia che partorirà il 1 marzo 1567. Entrambe le bambine si chiamavano Eleonora. La figlia di Giovanna sposò Vincenzo Gonzaga e morì il 9 febbraio 1611. Molto probabilmente si tratta di una figlia naturale di Francesco, forse avuta da Bianca Cappello. Sempre a questa bambina si riferisce Isabella nella lettera a Francesco del 13 sett. 1566 (ASF, MdP, b.522 f.733, MAP, Id 9700) «[…] Arrivai qui a ore ventidua e trovai donna Leonora che non stava troppo bene, con febre e con pondi e in un medesimo punto comparse il Duca mio S.re [Cosimo I], m[aestr]o Baccio [Baldini] et lo Strada [Bartolomeo Gatteschi Strada]. E si fecie e si fa tutti e rimedij che si puo per questo male e giudicavamo che non venendo altro accidente dovessj guarire perchè la putta poppa benissimo. Iersera circha dua ore li riprese la febre et stanotte se é poco riposata». Coloro che hanno trascritto il documento (e che non si possono mai ringraziare abbastanza per il lavoro che fanno) hanno pensato che si riferisse a Eleonora degli Albizi sviati dall’appellativo Donna che invece era comune per i bambini delle grandi corti. A proposito di questa bambina si veda anche in questo volume le lettere di Isabella a Paolo Giordano del 14 e del 17 settembre nn.194 e 195.

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I. Lettere dei fratelli a Isabella de’ Medici | 401

conservarmi la gratia di vostra eccellenza alla quale bacio la mano et prego Dio che la prosperi. Dal Poggio, il dì XIII di settembre 1566.

Di vostra eccellenza fratello et servitore Don Francesco De Medici

[157, n.267]

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402 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

IL CARDINALE FERDINANDO DE’ MEDICI

Le lettere di Ferdinando de’ Medici a Isabella sono venti, coprono un arco cronologi-co che va dal 1564 al 1573 e, con pochissime eccezioni, sono tutte autografe. Dopo la morte improvvisa del fratello Giovanni, cardinale e arcivescovo di Pisa, Ferdinando fu nominato cardinale in sua sostituzione a gennaio del 1563, ad appena tredici anni. Si recò a Roma ufficialmente nel 1565 ma fino al 1569 rimase presso la corte ducale. Il suo precettore lo giudicava “allievo indocile e irrequieto”.1052 A Roma fissò la sua dimora a Palazzo Firenze in Campo Marzio. Sebbene i suoi collaboratori lamentassero la sua scarsa applicazione agli studi, Ferdinando si fece subito largo spazio nella corte pontificia dimostrando una straordinaria capacità politica e diplomatica.

566. Pisa 5 febbraio 1564

Illustrissima et eccellentissima signora sorella et patrona osservantissima ho ricevuto una lettera di vostra eccellenza dalla quale ho visto il desiderio suo di

trasferirmi a Fiorenza, molto conforme al mio, come ella stessa si può immaginare, e non tanto per goder le feste di costà, quanto e molto più per goder l’eccellenza vostra et conversar con lei questi pochi giorni di carnevale i quali per questo rispetto, se ci verrò, m’hanno da parer brevissimi, et per più facilmente ottener gratia di venire non solo accetto la promessa della eccellenza vostra, ma ancora ne la prego che ne scriva al duca et io non mancherò dal canto mio di tener quei mezzi che mi parranno mi-gliori. In fra tanto le bacio le mani et molto la ringratio della amorevolezza sua che ella serbi le feste per amor mio. Di qua non c’è altre nuove se non che l’Altopascio1053 fa una veglia nella quale, avendo invitata la giudea1054 m’ho hauto a romper con lui; di più ha da sapere che il ducha è andato due volte in mascara e l’ultima volta, per non esser conosciuto, sì come voleva, essendo in mula, tocchò di molte aranciate dal-le fantesche. Ma questo stia in vostra eccellenza alla quale bacio le mani, pregando Dio che gli doni ogni contentezza. Di Pisa, à 5 di febraio 1564.

Di vostra eccellenza illustrissima servitore e fratello affettionatissimo, Ferdinando cardinale de Medici.

[57, n.12]

567. Pisa 14 dicembre 1564

Illustrissima signora et eccellentissimamando a vostra eccellenza un cestino di trote et barbi insieme, i quali in questi

tempi sono migliori che le trote e con tutto che si siano presi oggi non ho pensato

1052 Cfr. E. Fasano Guarini, Ferdinando I de’ Medici, Granduca di Toscana, cit. 1053 Ugolino Grifoni.1054 A Pisa era presente una forte comunità ebraica. Nel 1565 Cosimo aveva richiamato a Pisa molti ebrei portoghesi con particolari privilegi, cfr. Lorenzo Cantini, Vita di Cosimo de’ Medici, Firenze Stamperia Albizziana, 1805, p.370.

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I. Lettere dei fratelli a Isabella de’ Medici | 403

che si possino condurre costà freschi per la lontananza del viaggio benché mandati per huomo a posta, pur così come sono vostra eccellenza si degnerà accettargli con quella buona voluntà cola quale gliele mando, desideroso che oramai venga in per-sona à godere questi passatempi li quali son pochi et saranno magiori essendoci lei, et spero per l’amor che ci porta dovrà venir quanto prima et questa speranza ch’ella debba venire di dì in dì m’ha fatto negligente nel rispondere alla sua e mancar del debito mio perciò prego l’eccellenza vostra a perdonarmi alla quali gli bacio le mani et prego Dio a darle ogni contento che desidera. Del Casino, a 14 di dicembre 1564.

Di vostra eccellenza illustrissima affetionatissimo servitor e fratello Ferdinando cardinal de Medici

[57, n.11]

568. Cafaggiolo 20 agosto [1565?]

Illustrissima et eccellentissima signora ho riceuto da Barbino la lettera di vostra eccellenza et ho visto quanto la mi dice

sopra el palazzo degli Strozzi1055 del che n’ho parlato con mia signora, et lei m’ha detto che vostra eccellenza facci tutto quello che gli par, sopra el lasciarvela stare o no la lasciare stare, che lo rimette tutto nel volere di vostra eccellenza et che tutto quello che la farà, sarà ben fatto. Però il signore Paolo gli potrà far intendere che sen esca et che lasci il palazzo libero. Vorrei che vostra eccellenza fussi mia intercessora con il signor Paolo che mi dessi sasso, sapendo lui che avendo<lo> io l’arebbe anche lui, et gli imprometto che ogni volta che vorrà andare a caccia e lo voglia, di dargniene, così come farei di tutti gli altri mia, però vostra eccellenza mi farà gratia ciedergne da par-te mia et se me lo darà mandarmelo per l’apportator di questa. Non mi occorrendo altro farò fine baciandogli le mani che Iddio la guardi. Di Cafaggiuolo a 20 di agosto.

Di vostra eccellentia illustrissima amorevolissimo fratello e servo il cardinal De Medici.

[158, n.281]

569. Roma 28 febbraio 1569

Illustrissima et eccellentissima signora sorella et patrona,non voglio mancare di scrivere a vostra eccellentia con tutte le occasione che mi si

porgono, hora venente costà Agnolo suo servitore per cieder licentia al signor Paulo di andar a questa guerra di Francia col signor Agnolo Cesis1056 e la suplico a averlo in

1055 Si riferisce probabilmente alla villa di Baroncelli, di proprietà degli Strozzi e confiscata da Co-simo de’ Medici, cfr. nota 400.1056 Angelo Cesi di Gian Giacomo nel 1569 comandò il corpo militare di spedizione in Francia per portare aiuto a Carlo IX in lotta contro gli Ugonotti. Si distinse nella battaglia per la presa di Poi-tiers. Ebbe cinque figli dalle nozze con Beatrice Caetani. Morì in Francia nel 1570. Paolo Giordano avrebbe voluto andare a combattere in Francia e Ferdinando, come si legge nella lettera, cercava di aiutarlo, ma tutto fu inutile. Sulla mancata spedizione cfr. G. Brunelli, Soldati del papa, cit., p. 40; E. Mori, L’Onore perduto di Isabella de’ Medici, cit., pp. 168-173.

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protetione et aiutarlo che lui abbia licentia di poter andar a questa guerra volendo lui esser soldato, e se il signor Paulo vorà andar in Francia lui medesimamente lo servirà ancora meglio, sendo stato qualche mese in Francia et per questo non mancerà mai di esserli servitore come è stato per il passato che in verità è il meglio servitore che mai abbia auto il signor Paulo et il più fedele. Io sto benissimo e contentissimo di questa stanza et no ho qui altro fastidio che non potermi goder in presentia vostra eccellentia. Farò fine baciando humilmente le mani a vostra eccellentia non havendo da dirli altro se non che Agnolo potrà dar raguaglio a vostra eccellentia di me et di Roma et della libertà che qui si ha segretamente, et quanto noi siamo fuori delle riforme. Di Roma, a dì 28 di febbraio 1569.

Di vostra eccellentia illustrissima servitore et affetionatissimo fratello don Ferdinando.

[157, n.339]

570. Roma 6 aprile 1569

Illustrissima et eccellentissima signora et patrona,suplico a vostra eccellentia che mi perdoni se io non li ho risposto prima alli dua

sua lettere la causa è stata un poco di mia infingardagine accompagnata da molte capelle e concistorij che sono stati da mezza quaresima in qua et molte altre ocu-patione di visite augmendocisi (sic) in questi dì santi le divotioni. Con un poco di disagio mio fui ciamato hieri matina a le sette hore per andar alle sette ciese con il papa alle quali andai con grandissima divotione non solamente spargendo lacrime per li hoccj ma ancora sangue per le ginocia. Scrivo al signor Paulo una lettera in rac-comandatione d’uno da Cerveteri a instantia de il cerico Torres la qual lettera non mi curo che faccia altro effetto che haver sodisfatto questo gentiluomo non volendo io dar incomodo per questo al signor Gian Paolo Orsino. La suplico a mostrar questa al signor Paulo et pregarlo che non dica niente di questo che io li scrivo. Stamatina in questo punto è morto lo imbasciadore nostro1057 il quale ha fatto molto fastidio a tanti di noi altri servitori del duca sendo stato lui molto servitore et fedele del duca, hora bisogna pensare che se ne venga un altro huomo il quale non sia niente superbo huomo che abia qualche cognoscentia di negotij et che abbi un poco di autorità nel tratare e cortegiante et che non sia troppa perché sarebbe tenuta superbia alla condi-tione del papa piace huomini di lettere ma non dotori di leggie perché sono hodiosi ne trattar i negotii et persone di buoni costumi et di buona fama perché se saranno vitiosi lui lo saprà et li hodierà et nocerà ancora ai negotii perché mal si tratano i negotii con persona che lui non voglia bene, odiando il papa i vitiosi. Mi son meso a scriverli questi particulari perché ne ho parlato con questi cardinali nostri amorevoli

1057 Averardo Serristori. Fu ambasciatore alla corte di Roma per ventotto anni, dal 1540 fino al 1568. Giuseppe Canestrini ipotizza che sia morto nell’aprile del 1569 senza indicarne il giorno. Come si vede da questa lettera Serristori morì il 6 aprile, cfr Legazioni di Averardo Serristori am-basciatore di Cosimo I a Carlo Quinto e in corte di Roma (1537-1568), con note politiche e storiche di Giuseppe Canestrini, Firenze, Le Monnier, 1856, p.XX.

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dicendoli che questa non è corte da scozonare puledri imboscatori1058 perché porta-rebbero pericolo di diventar da cavalli asini. Hora li voglio dire il mio poco giuditio acompagnato con qualcuno buono di qua di gente nostra amorevole che fanno i lor buon giuditi e il mio insieme con quelli mediocre, che non ci sia in Fiorenza persona più atta a questa imbasceria che messer Agnelo Guiccardini1059. Avendo io usato troppa presuntione in questo entrare a dar consiglio, io che ho bisogno che me ne sia dato. La suplico a buona occasione ne dirà qualche una di queste cose al duca le quali siano più degne, del resto so […] Di Roma, alli 6 di aprile 1569.

Di vostra eccellentia illustrissima servitore e fratelloFerdinando cardinal De Medici

[158, n.280]

571. [1569]

[poscritto di lettera]a

Le scrivo come la vedrà con la presente lettera che lei dica al signor don Luigi per conto della cosa che lei mi scrive della Caterina de’Nerli1060 che lui vuol fare all’amore con lei sendo di consenso mio, lei gli mostri la lettera ch’io li scrivo, non questa po-scripta, perché so’ risoluto che quando io vegia che lui possa, seguiti in questo medesi-mo animo di mandar alla Caterina quella lettera che lui scrisse per mandar al Tati. La prego che mi mandi dua o tre di acconciature di cose di seta perché le mostro bene.

Il re di Francia ha ciesto al papa 4 mila fanti et 2 mila cavalli in aiuto suo et il papa non si risolve a nulla sino che non abia saputo l’animo del duca nostro. V’era là per questo il vescovo di Narni.1061 Mi pare buona occasione questa da poiché il signor Paulo ha detto che vole andare in Francia che se non lo facesse resteria quasi vitu-perato, che vostra eccellentia dicesse al signor duca cose per le quali la lo inducessi a nominare Paulo o a proporlo a la cavalleria.1062 Havendo io commission dal duca,

1058 Domare puledri selvaggi.1059 Vanni Bramanti nella sua voce su Agnolo Guicciardini (Guicciardini, Agnolo, DBI, vol. 61 (2004), pp.84-88) conferma che nella primavera del 1569 Guicciardini, molto stimato per le sue capacità diplomatiche, fu mandato da Cosimo de’ Medici per un’ambasceria da papa Pio V e subito dopo gli venne avanzata la proposta di trasferimento a Roma in qualità di residente, ma Guicciardini rifiutò per non lasciare la numerosa famiglia e gli interessi economici.1060 Sull’antica famiglia fiorentina de’ Nerli cfr. Eugenio Gamurrini, Istoria genealogica delle famiglie nobili toscane, et umbre, Firenze, nella stamperia di S.A.S. alla Condotta, 1685, vol. V, pp.1-47.1061 Si tratta con ogni probabilità di Pier Donato Cesi. In conseguenza al riaccendersi delle lotte ci-vili e religiose in Francia, Pio V decise di intervenire decisamente a favore della monarchia francese. Il rilevante impegno finanziario necessitava della collaborazione degli Stati cattolici. Nel quadro di questa azione diplomatica, il vescovo di Narni Pier Donato Cesi veniva nominato commissario apo-stolico e collettore generale per la raccolta del sussidio straordinario. Nel 1566 Cesi aveva rinunciato alla sede vescovile di Narni a favore del fratello Romolo, ma almeno fino al 1570 gli fu consentito di conservare il titolo, cfr. Agostino Borromeo, Cesi, Pier Donato, DBI, vol. 24 (1980), pp.261-266.1062 Cosimo de’ Medici non nominò Paolo Giordano. A capo delle truppe inviate in aiuto di Carlo IX fu nominato Sforza Sforza (1520-1575) figlio di Bosio II conte di Santa Fiora e di Costanza Farnese e quindi pro zio di Paolo.

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406 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

lasci fare a me, et sopra al tutto, senza saputa di Paulo si facia ogni cosa, a fine che lui non entri su le furie sue solite et di imbarcarsi con gente. Non li scrivo con l’acqua perché è cosa fastidiosa a leggere non segnando lo scritto per tutto, pur quando ci sarà qualche cosa di importantia lei mi può scrivere con quella medesima acqua me-scolandola per metà di piro1063 e perché la cosa abia più coperta vi potrà scriver sopra con un inchiostro fatto di paglia bruciata e ben macinata. Le scrivo per il corier di Genova per il quale li scrivo sempre avendoli detto a lei et al procaccio che sempre li diano le lettere in mano di modo che lei se ne può fidare. [vol.57, n.17bis]a questo poscritto non è datato e si presenta rilegato nel volume con una numerazione autono-ma. Il riferimento alla richiesta di aiuto militare da parte di Carlo IX spinge a datarlo 1569.

572. Roma 6 gennaio 1570

Illustrissima et eccellentissima signora sorella et padronaho ricevuto una di vostra eccellentia de’ 30 alla quale non mi ho cuore dar altra

risposta se non dirli che il ricamatore del paramento è stato più diligente che voi non li aveva commesso. Non voglio mancarli darli conto quanto ho passato con il Papa sopra il signor Paulo. L’altra mattina mi trovai da Sua Santità et li dissi come il signor Paulo hera bravissimo et che desiderava di baciarli i piedi et rendersi in colpa dei peccati commessi con presupposto di non più in quel genere peccare. Al fine, doppo molte parole, se ne contentò. Mi parve, per servitio del signor Paulo, di suplicare a il Papa di farmi gratia di contentarsi che io dicessi in nome di Sua Santità al signor che lui desiderava che non si fermassi troppo in Roma. Alora il Papa mi disse che lui ce lo vole mandare a casa, come stamattina ha fatto in mia presentia, facendoli una buona reprensione. Suplico a vostra eccellentia mi faccia gratia mandarmi un ritratto della Tornabuona perché alontanandomi pensava che l’amor mi mancassi, mi trovo molto ingannato et credo che se mi durerà a crescere come gli ha fatto in questi dì, di certo mi andaria male. Fo fine restando baciandoli le mani. Di Roma, a 6 di gennaio 1570.

Di vostra eccellentia illustrissima affetionato servitore et fratello Ferdinando cardinale de Medici.

[57, n.15]

573. Roma 15 marzo 1570

Illustrissima et eccellentissima signora sorella et patrona da poi che prima che hora non ho saputo questa grande e subita resolutione di

nostro padre mi sono messo a scriver di questa primamente à esortarla a non si pi-gliar più fastidio che tanto di tal fatto, ma a considerar che con fastidi che la se ne pigli non può rimediar questo fatto tanto subito et tanto impensato da me il quale

1063 Pirite.

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sono quello che di noi questa cosa può più nuocere, sendo il principe et don Pietro restar con cinquantamila scudi d’entrata et don Giovanni, benché bastardo, con dodici, come ancora resta a me, il qual pur son secondo. Per questo la suplico a star avvertita se nostro padre, da poi fatta la magior resolutione, facessi la minore (che par che l’una tiri l’altra di renuntiar hogni cosa al principe con riservarsi di poter dar a quelli che nascano), et hio me ne restassi invano con la mia fatica. Di Roma, alli 15 di amarzo 1570.

Di vostra eccellentia illustrissima fratello et servitore Ferdinando cardinale de Medici.

[57, n.13]

574. Roma 1 aprile 1570

Illustrissima et eccellentissima signora sorella et padronala si debbe ricordare quando la fu qui in Roma che la mi disse che il signor Vin-

centio Vitelli 1064 che aveva ditto che ogni volta che io avessi il camerlingato lui mi cederebbe tutte le sua ragioni et che lo prometteva a vostra eccellentia et che io li dissi che si trattava il negozio del camarlingato per mezo del vescovo di Narni1065 et che sua alteza se ne contentava, ci è paruto, a il vescovo et a me, che questo negozio non si possa trattar meglio che con aver una polita del signor Vincentio. Il modo di aver questa polita ci par questo: che vostra eccellentia scriva una lettera, come da sé, al signor Vincentio et rechomandi per un suo a posta nella quale pregarlo, per confirmatione di quello che lui li aveva ditto sopra il camerlingato, che scriverà una polita, o a lei o a me, nella quale promette la fede sua da gentiluomo che ogni volta che io avrò il camerlingato, lui promette da cavaliero darmi tutte le sue ragioni, et che la polita sia di man sua et ancora che la si scriva che non in modo nessuno di conferir questo negozio con nisciuno perché se cosa nisciuna importa in questo ne-gozio importa la segretezza la qual ne la suplico et ancora la prego a non dir niente al duca né a persona nisciuna et perché questa mia arivi più sicura mi son risoluto mandar Mario Orsino a posta aciò ché aspetti la risposta dal Vincenzo o la polita. Di qua non ho niente che dirli se no che sto benissimo et il signor Paulo è sano et è qui, et io mi aiuto a divenir buon cortigiano et da qualche cosa vivendo del resto allegramente. Fo fine pregando Dio ce la conservi et mi conservi in gratia sua et del duca. Di Roma, il primo di aprile 1570.

Di vostra eccellentia illustrissima affetionatissimo fratello et servitore Ferdinando cardinale de Medici.

[57, n.17]

1064 Vincenzo Vitelli, figlio di Alessandro e di Angela di Troilo de’ Rossi dei conti di San Secondo, era fratello ed erede del cardinale camerlengo Vitellozzo Vitelli (Firenze, 6 aprile 1532-Roma, 19 novembre 1568). 1065 Potrebbe trattarsi di Pier Donato Cesi che nonostante avesse ceduto al fratello Romolo (vescovo di Narni dal 1566 al 1578) il vescovado di Narni, ne aveva conservato il titolo, cfr. nota n.1061.

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408 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

575. Roma 5 aprile 1570

Illustrissima et eccellentissima signora et sorella patronasuplico vostra eccellentia mi farà gratia dir alla signora Cammilla1066 con buona

occasione ch’ella tengi conto della salute di nostro padre et ch’ella consideri che è veccio et ha patito una volta di gonola1067 et che non è essa che vi possa più niente che i continui disordini diurni et notturni et ancora consideri che sarebbe essa et noi insieme1068. Ho ricevuto dua di vostra eccellentia alle quali non mi occorre dar altera risposta che questa, avendoli scritto quanto con patientia hanno preso questo fatto di nostro padre1069. Quanto a quello che li scrissi del haver la poliza del signor Vincentio pertinente alle cose del camerlengato, hora non <è> bono che vostra ec-cellentia scriva altro a Vincentio, se non aspetto finché non ce l’ho amico. Supplico vostra eccellentia mi consigli come mi ho da governare co la signora Cammilla et se li ho da scriver rallegrandomi che nostro padre l’abbia presa per moglie et nanti tutto a visitarla, o se ancora li par che la presenti, et avendola a presentare che corte di cosa ha da esser. La supplico a dirmi il suo parere circa a questo che li scrivo per-ché non desidero cosa più che ‘l contentar nostro padre et poi il principe et a vostra eccellenza servir. Con questo fo fine pregandola a tenermi in sua gratia. Di Roma, a di’ 5 di aprile 1570.

Di vostra eccellentia illustrissima affetionatissimo fratello et servitore Ferdinando cardinale de’ Medici.

[57, n.16]

576. Roma 7 aprile 1570

Illustrissima et eccellentissima signora sorella et patrona ho ricevuto la sua de sabato santo co’il ritratto di quella persona la qual io tanto

amo, et questo mio amore tanto più mi cresce quanto mi avicino a tornar a Fiorenza. Suplico quanto posso a vostra eccellentia mi tenga in gratia di quella persona perché mi son risoluto di non servir mai altri che lei, la qual mi pare la più bella che mai io habbia visto, et il ritratto è naturalissimo. Io sto bene et il signor Paulo sta benissimo perché ha auta graditissima risposta delle sue cose dal papa. Il Sangalletto1070 mi ha

1066 Subito dopo l’incoronazione a Roma di Cosimo de’ Medici (5 marzo 1570) Pio V volle che Co-simo regolarizzasse il suo rapporto con Camilla Martelli. Il matrimonio avvenne a Firenze in forma privata il 29 marzo 1570. Si trattò di un matrimonio morganatico, che escludeva la moglie dai titoli e dalle prerogative della sovranità, cfr. Vanna Arrighi, Martelli, Camilla, in DBI, vol. 71 (2008), pp.41-43. Nella corrispondenza tra Isabella e Paolo non si nomina mai Camilla Martelli.1067 Gonorrea.1068 Da questa frase di Ferdinando sembra quasi che Camilla fosse un aiuto a gestire il padre vecchio e malato.1069 Si riferisce all’atteggiamento dei cardinali alla notizia del matrimonio di Cosimo de’ Medici con Camilla Martelli.1070 Monsignor Guglielmo Sangalletti tesoriere e primo cameriere di Pio V.

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ditto che il papa ha mandato una corona a vostra eccellentia et poi ha dimandato se ha auto risposta alcuna. Con questa domanda mi par che desideri che vostra ec-cellentia lo ringratii. Li bacio le mani. Sulle cose mi comanderà per la vigilia. Con questo fo fine pregandola a tenermi in sua gratia. Di Roma, à 7 di aprile 1570.

Di vostra eccellentia affetionatissimo fratello et servitore Ferdinando cardinal de’ Medici.

[57, n.15]

577. Roma 21 febbraio 1571

Illustrissima et eccellentissima signora sorella et patronaPrego a vostra eccellentia mi perdoni se prima che hora non li ho scritto di mio

pugno perché veramente son stato tanto travagliato da le visite dei cardinali che non ho pur hauto tempo di veder la mia vigna. Il Capponi mi ha dato le sue raccoman-dazioni e ancora relazione del suo ben essere, et del corpo che li va crescendo tanto bene che spero che non si haverà da spettar a la seconda volta che sia mastio.1071 La prego a volersi haver cura et non si pigliar fastidio né fatica di rispondermi e, per non lasciar di darli qualche nuova di qua siamo ridotti a tale che non possiamo escir di casa se non in abito, etia<m> quando andiamo alla vigna, et io per parere buono osservator delle voluntà del papa, ieri andai alle 7 ciese con lui et stetti tanto in gi-nocioni che mi scorcicai i ginoci. Fo fine pregando Idio che la guardi. Di Roma, li 21 di febraio1571.

Di vostra eccellentia illustrissima affetionatissimo fratello et servitore Ferdinando cardinale de’ Medici

[57, n.10]

578. Roma 17 marzo 1571

[solo in parte autografa]a

Illustrissima et eccellentissima signora sorella osservantissimaio non stimo bisognarmi molte parole per mostrar a vostra eccellenza l’allegrezza

che m’ha dato la prosperità del suo parto, perché buono interprete so esser fra me e lei la notitia che ella ha dell’amor ch’io le porto, il quale può farla certa ch’io mi dolessi a par di lei de suoj dolori et di questo successo mi sia poi allegrato sopra ogn’altro. Tuttavia di questo mio affetto ho voluto per buona usanza et per maggior mia sodisfattione darle il segno di questa carta et con essa quello ancora della voce presente del cavaliere Passerino1072 il quale potrà d’esso et del gran desiderio che harei d’essere a servirle in questa occasione darle conto et trattenersi a complir per me a

1071 Secondo la credenza popolare il figlio maschio sarebbe nato nel secondo parto. In effetti accadde così perché la prima figlia di Isabella e Paolo Giordano fu una femmina e il secondo fu un maschio.1072 Potrebbe trattarsi di Valerio Passerini, dell’antica famiglia cortonese. Cavaliere di Santo Stefa-no, fu maestro di camera e consigliere di Ferdinando, cfr. Luigi Passerini, Storia e genealogia della famiglia Passerini e de’ Rilli, Firenze, Cellini, 1874, p.36.

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410 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

questo offitio come gl’ho commesso, quanto piacerà a lei, la quale prego a crederli come a me stesso et con tutto l’animo me le raccomando et le prego intera salute. Di Roma, li XVII di marzo MDLXXI.

[segue di sua mano] Veramente se io havessi potuto scapar di qua senza haver a cie-der licentia al duca et al papa sarei venuto a trovarmi al suo parto (massime vedendo la pigritia che era nel suo marito che benché io molte volte li ricordassi che s’era nel mese, e che non si troverebbe a tempo al suo parto et fattocelo dir infin da parte del papa, non di meno si andò intrattenendo tanto che non è arrivato a tempo)1073 li scrivo questo acciocché la no pensi che io sia stato negligente e ricordarcelo. Mi rale-grai assai quando intesi che il principe si era portato con lei si tanto amorevolmente sapendo lei che io c’avevo detto che lui era huomo che non s’arrestava se non alle oc-casion. La non si maravigli che il suo marito non si potessi partir di qua, perché ogni giorno facevano cenini con un certo Quirino venetiano et l’hanno fatto disordinar tanto che si è morto.1074 Fo fine pregandola a tenermi in sua gratia et a comandarmi qualche volta.

Affetionatissimo fratello et servitore Ferdinando cardinale de Medici

[146, n.15]a La prima parte della lettera fino alla data non è autografa. Da “veramente” in poi è di mano di Ferdinando. La parte dettata al segretario è molto composta sia nel lessico che nell’ortografia.

579. Roma 15 maggio 1571

Illustrissima et eccellentissima signora sorella osservantissima da Pietro mio secretario1075 l’avrà inteso quanto à in comision di dirli et ancora

quello havrà da trattà co quei signori, per questo non li dirò altro di quello paserà havendone vostra eccellentia haver raguaglio di là. Suo marito è venuto qua e mi ha detto quanto di qua si ha scritto a le alteze di me, non havendo io per male che sappian le mia ationi, ma mi fa fastidio che lor no scrivan veramente que ch’è, et sempre agiungono qualche cosa contro di me1076. Desidero sommamente di saper questi che scrivan stando io vigilante. Ma non posso tanto che lo ritrovi, la suplico acertarsi a chi sono questi et a farmelo intender, aciò che io possa proveder a fatti mia, et ancora la suplico a farmi intender se sa, come mi ha detto suo marito, chi [è il] mio servitor che referisce ogni cosa di casa al cardinal Farnese, aciò li possa dare i

1073 Ferdinando non perdonò Paolo per non essere stato presente al parto della sorella, come le aveva promesso e come lei desiderava. Non perse l’occasione di calcare la mano sulla manchevolezza del cognato mettendo in evidenza il proprio geloso ed esclusivo affetto per Isabella.1074 Questo Querini potrebbe essere uno dei fratelli dell’ammiraglio veneziano Marco Querini, provveditore della Serenissima, comandante delle 65 galee che sarebbero partite per portare aiuto a Famagosta e che certamente non morì per il troppo bere e non in quell’occasione, cfr. Onorato Caetani-Girolamo Diedo, La battaglia di Lepanto (1571), cit., pp.40-44.1075 Pietro Usimbardi, segretario del cardinal de’ Medici.1076 Vedi lettera precedente del 17 aprile.

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I. Lettere dei fratelli a Isabella de’ Medici | 411

sua dovuti meriti, non havendo altro che dirli fo fine pregando il Nostro Signor Idio che la conservi. Di Roma, alli 15 di maggio 1571.

Di vostra eccellentia illustrissima servitore et fratello Ferdinando cardinale De Medici.

[157, n.65]

580. Roma 17 aprile 1571

Illustrissima et eccellentissima sorella et patrona ho ricevuto dua delle sua. La prima per man di Pompeo, la qual la mi ricorda che

io scriva qualche volta al granduca. Il che subito ho fatto. Ma ciò che la saria la causa perché io andava a rilente nel scrivere era che io li havevo scritto molte lettere et mai di nisciuna havevo hauto risposta, et m’era ritirato dubitando che lui non volessi fa-stidij. Mo hora seguiterò a scriverli, et se vedrò che lui non voglia facende, li scriverò in complimento. Il Pacerino mi dette l’altra sua ne la qual mi scriveva che ciamassi a me il padre de Bartolino et li mostrassi la sua. Il che ho fatto oggi, et no è ancora venuto, subito che verrà li parlerò in modo che vostra eccellentia resterà sodisfatta et ancora forse li farò fare quanto la desidera, sendo questo un huomo molto insensato essendone io stato avertito da suo figliolo. Fo fine pregando il Nostro Signor Idio che la conservi insieme con la bambina. Di Roma, 17 di aprile 1571.

Di vostra eccellentia illustrissima affetionato fratello et servitore Ferdinando cardinale De Medici. Mi era smenticato che Pompeo1077 mi haveva detto da parte di vostra eccelentia

che, ragionando con i<l> signor principe, lui li haveva detto che sapeva che tutti i negotij che io trattava per lor altezze si risapevan da molti et particularmente dal cardinal Farnese.1078 Il che mi ha dato molto fastidio sapendo io certo che da la bocca mia mai è escito parola alcuna de li loro negotij se non con chi mi veniva hordina-to che io parlassi, o vero con chi li haveva a haver nelle mani forzatamente. Ma il magior fastidio che io habbia in questo negotio è che forse il signor principe havrà creduto a gente che per interesse loro et particulare et hodij per sbatter alcun che sta apresso di me come è l’Aragonia1079, havranno scritto che io, per li ridicoli negotij di lor altezze, il che non è vero, se non ha saputo il cardinale Alessandrino qualche cosa, sendo l’Aragonia molto suo intrinsico. Et di tutto il parlarà, ma questi non posso-no se non esser se non huomini maligni et desiderosi di vede che i signor principe hebbi mala sodisfation di me, parendoli forse che io tenga poco conto di loro, ma io desidero che il signor principe mi faci gratie in questo negotio di due cose, la prima che quando li è dato aviso di qualche cosa che io faccia, che lui me lo faccia sapere, per<ché> il desiderio mio non è altro che far cosa che sia di sua sodisfatione me lo facesse scrivere perché sempre renderò conto di hogni mi atione al signor principe,

1077 Pompeo Spadafora.1078 Francesco de’ Medici sospetta che vi siano intorno a Ferdinando spie del cardinal Farnese.1079 Forse il cardinale Innico d’Ávalos d’Aragona che come Ferdinando era stato creato cardinale da Pio IV.

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412 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

ma non mi voglio sugellar ad altri per<ché> havrei troppe brige, l’altra che, quando è ciarica della verità, gastigi i bugiardi e non dia adito ai magligni a che adoperin le lor armi contro di me. Suplico a vostra eccelenza mostri que<s>to mio malscritto foglio al principe e lo pregi a dirli qualche cosa che i habbi trattata che si sia saputa, et non si effettuato quello si voleva di quello mi disse che io praticavo con agenti fransesi. In casa mia non ci pratica altri che ‘l Musotto il qual pratica ancora con meco, et in casa mia non ci è venuto questo se non tre volte. [158, n.139]

581. Roma 6 maggio 1571

Illustrissima et eccellentissima signora sorella osservantissima ho ricevuto una sua de 7 de presente alla quale non mi occorre dar risposta se non

sopra della amatista che la mi scrive haver parlato con l’alteza magiore,1080 la qual amatista ancora non la ho hauta ma la harò presto perché posdimani penso andare a Palo, dove ci sono quei pezi che la sa,1081 et ne piglierò il meglio et più saldo acciò, se si può, se ne faccia il vaso che l’alteza desidera, benché non credo si potrà fare, sendo pietra fragilissima et con molte vene. Però se sua alteza desidera vaso o pilo di cosa alcuna la me lo scriva, et subito si trovarà. Vostra eccellentia sa benissimo quanto io desideri non solamente di servirvi ma ancora tutte quelle persone che da lei depen-dano. Non mancarò di ricordarli il negotio della Beatrice, suplicandola che se non ha fatto offitio con sua alteza di quei danari, suplicandola a farlo in gratia mia. Non havendo altro che dirle se non suplicarla a tenermi in gratia sua et di quella persona che la sa. Di Roma, a 6 di maggio il 1571.

Di vostra eccellentia illustrissima affetionatissimo fratello e servitore Fer[dinando] cardinal de Medici.

[157, n.64]

582. Roma 30 gennaio 1572

Illustrissima et eccellentissima sorella et patronatre lettere tengo di vostra eccellentia, la prima delle quali è sopra il negotio di don

Pietro del qual mi son preso molto contento vedendo che nostro padre si sia resoluto di dar il carico di queste galere addon Pietro con contento et desiderio del signor principe, quanto a quello che la mi mette in consideratione che non debbia anda-re don Pietro sotto Marcantonio, mi piace assai perché non mi par dignità di noi altri che mandiamo nostro fratello sotto Marcantonio, ma si bene potrebbe andare venturiero et che il suo luogotenente fussi quello che trattassi con Marcantonio, ma dubito che vostra eccellentia non trovi il principe un poco duretto perché conobbi

1080 Cosimo dopo l’incoronazione a Granduca veniva chiamato Altezza anche dai figli. L’Altezza Maggiore potrebbe essere un arciduca fratello di Giovanna, o Giovanna stessa.1081 Nel 1567 Paolo Giordano aveva fatto fare scavi a Palo e ne era emersa un’enorme ametista, forse un pavimento, cfr. lettera i Paolo Giordano Orsini al castellano di Palo, ASC, AO, I, b.338, n.355.

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I. Lettere dei fratelli a Isabella de’ Medici | 413

quando trattava con lui de dar la galera a don Pietro ho mandarlo venturiero, che lui desiderava quello delle galere, et il venturiero non li piaceva molto, ma potrebbe esser che li dispiacesse[…] ail signor di Piombino1082 havessi quel luogo […] volessi da<re> orecci al andata di don [Pietro come] venturiero perché il signor di Piombino […]restassi in quel luogo onde ora è […] levato, ma da poi che vostra eccellentia mi ciede […] li dico che a me piace, anti desidero che don Pietro vadia venturiero et non [sotto] Marcantonio. L’altre, sia dua lettere, contiene quel negotio del imbascadore so[pra] il parentado, del quale lui risponde a vostra eccellentia quel che li occorre, et mi par resoluto a […] lavarsene le mani. L’ultima sua è sopra il miglioramento di nostro pader il […] mi è stato di molto contento come mi era stata la malattia, et Dio voglia che stia in cervello perché ni ha bisogno. Vostra eccellentia mi facci gratia di far le mia racomandationi alla signora Bianca et faccili fede quanto di sorella1083 et fo fine. Di Roma, 30 di gennaio 1572.

Di vostra eccellentia illustrissima affetionatissimo fratello et servitore Ferdinando cardinale de Medici

[158, n.163]a la lettera presenta una lacerazione lungo tutto il margine destro.

583. Roma 25 aprile 1572

Illustrissima et eccellentissima signora sorella et patronala lettera di vostra eccellen[tia] mi è stata resa stasera dal Cappone con molta mia

soddisfatione, massime che ho hauto relazione da lui come la gravidanza di vostra eccellentia va inanti, di che me ne rallegro con lei infinitamente et i signor Paulo ne ha tanto contento che no ragiona mai d’altro. La prego a perdonarmi se prima che adesso non li ho scritto perché veramente son stato tanto travagliato et occupato da la malattia di questo papa che non mi son saputo risolver a mettermi a scriver ma credo che la malattia di questo papa possa andar qualche giorno in lungo ma non molto perché è molto estenuato et non vuol lasciar governar altri, fa sempre il contrario di quello che li dicono i medici.1084 Mi ralegro assai che il signore Guidi1085 poi abbia hauto il grado di comendator magior, che veramente è stato alogato mejo che dove prima si era detto. Il negotio del signore Sforza l’arò per acomandato come vostra ecc[ellentia] mi comanda et non mancarò di far giustizia più speditamente che potrò. Sono parecchi giorni che io aveva a mandar degli agnus dei a lei et a la principessa et non gneni ho mandati perché certi che ne faccio miniare non son fi-niti. Subito che saranno finiti li manderò et mi ricorderò della bambina. La intendo

1082 Jacopo VI Appiani d’Aragona signore di Piombino, comandante delle galere di Santo Stefano.1083 Bianca Cappello, seconda moglie di Francesco de’ Medici. È molto bizzarra questa raccoman-dazione di Ferdinando a Isabella. Non risulta che il cardinale avesse rapporti con Bianca Cappello prima del matrimonio di costei con il fratello Francesco.1084 Pio V morirà il primo maggio 1572.1085 Potrebbe trattarsi di Camillo dei conti Guidi da Bagno che nel 1572 è Gran Cancelliere dell’Or-dine di Santo Stefano.

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414 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

che è più bella che mai. Fo fine baciandole le mani pregandoli da Dio ogni felicità et contento. Di Roma, li 25 aprile 1572.

Di vostra eccellentia illustrissima servitore e fratello Ferdinando cardinale de Medici.

[57, n.9]

584. Roma 10 ottobre 1572

Illustrissima et eccellentissima signora sorella et patrona ho inteso da signor Mario1086 molte cose delle quali mi ho preso contento di in-

tender massime alcune le quali mi diciaran la voluntà del signor principe circa de mia servitori la qual voluntà se prima la havessi saputa la arei eseguita. Prego vo-stra ecc[ellentia] mi faci gratia dir al signor principe in mio nome che ho inteso dal signor Mario il parer di sua altezza circa alcuno de mia servitori et lo eseguirò destramente e come lui dice et che sua altezza non mi può far la magior gratia che avertirmi quando vede che io ho mia servitori facian cosa che li dispiacia perché a me emenderò et a loro gastigerò, et sia sicuro che il mio fine non è stato né sarà mai se non di servire et contentare sua altezza et se passerà qualche cosa della qual ne possa haver disgusto per mia ignorantia mi farà gran torto a non me lo far intender essendo l’animo mio di ubidir sempre alli amorevoli consigli et comandamenti di sua altezza li quali conosco che saranno per mio servitio. Et mi so’ preso fastidio del modo di proceder di alcuno mio servitore il qual non ha trattato il negotio del suo privilegio come li hordinai, ma dapoi che lui ha fatto l’erore et a me è data la colpa, lui ne farà la penitentia. Di Simeone mi conforto col parer di vostra eccellentia. Mi son alegrato di intender il buon esser di vostra eccellentia la qual l’amo più che me stesso et assicurandola che dove honorerà che io abbia da far cosa alcuna per suo fi-gliolo la farò con più eficacia che se fussi mio, havendo da por in lui tutti i mia fini. Fo fine pregandola a comandarmi et a far le mie raccomandationi a don Pietro et a donna Lianora dicendola che non la rispondo parendomi fatica scriver dua lettere in una sera. Di Roma, i 10 di otobre 1572.

Di vostra eccellentia affetionatissimo fratello et servitor Ferdinando cardinale de Medici.

[158, n.141]

585. Roma 24 novembre 1572

[Autografa solo in parte]a

Illustrissima et eccellentissima signora mia sorella osservantissimaa Iacopo Lanfredini,1087 il quale io mando a visitare la serenissima principessa,

ho commesso che in mio nome visiti vostra eccellenza ancora, et le dia conto della

1086 Mario Sforza di Santa Fiora.1087 Iacopo Lanfredini era gentiluomo di camera di Ferdinando de’ Medici.

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continua volontà che io tengo a lei, et ad ogni cosa sua, la prego a crederli come a me stesso et aggradirmi dalla voce sua questa visita con la dichiaratione che appresso le rinfrescarà dell’animo mio, poiché, come più mi piacerebbe, non posso farla io stes-so, che tutto riceverò con molto contento et obligo dall’amorevoleza di vostra eccel-lenza alla quale di buon core mi raccomando. Di Roma, li XXIV di novembre 1572.

Di vostra eccellentia [segue di sua mano] Vostra eccellentia mi perdoni se non li scrivo largamente di

mio pugno. Mando Iacopo Lanfredini a visitar la principessa per benché ce la hab-bia fatta femina et credendo io che l’averia aflitta, mi è parso di far questo uffitio aciò che la vega che si tien conto di lei. Vostra eccellentia deve sapere come l’altro gorno ciesi licentia a cotesti signori che mi lasasero venire costì per dieci giorni sotto pretesto di veder la principessa, sendo il mio fine venir costì per veder le cose mia in viso e per mostrar al signor principe che non ho altro fine che di servirlo, ma da poi che no gli è parso che io mi parta di qui per i loro negotii dicentomi che quando mi vorranno mi ciameranno, prego vostra eccellentia che da poi che non posso io con la presentia veder et intender le cose mia, la me ne dia un poco di conto et mi consigli come mi ho da governare perché vivo in tutto al buio et so che di costà le cose mie non hanno altro protettor che vostra eccellentia. Il suo marito è qui in casa mia et diceva di voler star un mese in Roma ma da poi che gli ho fatto parla’ dal cardinal Sforza et da Paceco, non mi parendo poterli dir niente, sendo in casa mia, par che risolva a partir presto.

Affetionatissimo fratello e servitore Ferdinando cardinale de Medici.

[158, n.176]a La prima parte della lettera fino alla data non è autografa. Da “vostra eccellenti mi perdoni” in poi è di mano di Ferdinando.

586. Roma 10 maggio 1573

Illustrissima et eccellentissima signora sorella et patrona[non] ho risposto prima a vostra eccellentia a non so quante sua lettere perché

aspettava di poterli mandare la instrutione sopra il negotio della donatione lo quale la fanno il Capone et Donato del Antella al modo sanno che si tratta da cotesti mi-nistri cavilosi, et credo starà in modo che il signor principe1088 conoscerà quanto utile potrà fare a suo nipote, et quanto sicuramente inpiegerà tutto quello vorà metter in questo negotio et si rimanderà insieme con tal informatione tutto quello che deside-ra il signor Paulo havendo da far questa donatione et credami vostra eccellentia che giorno et notte non penso a altro se non al modo di poter ridurre in buono stato le cose del suo putto, et che mai guarderò a fatica nissuna per questo. Ebbi la forbice

1088 Francesco de’ Medici. Ferdinando si dà da fare per il progetto della donazione. Vedi nota 929.

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dal Mellino,1089 et non havendo altro che dirle li bacio le mani. Di Roma, li 10 di magio 1573.

Di vostra eccellentia affetionatissimo fratello et servitore Ferdinando cardinale de’ Medici

[158, n.179]

587. [Roma 1573] a

Illustrissima et eccellentissima signora sorella et patronatengo ter o quatro lettere di vostra eccellenza le quali non hanno bisogno di molta

risposta et alle quali risponderò con più comodità, solo la ringratierò del favore et consiglio che ha dato a messer Agusto per i mia negotii costì. Molte volte ho ragio-nato con suo marito sopra della donatione1090 al suo figliolo della sua roba, il quale mi haveva sempre risposto che voleva esser padrone del suo et non haver da far con nessuno. Pure finalmente l’altra sera, quando manco mi pensava, mi mandò a ciamare et mi disse che haveva voluto che vostra eccellenza con l’aiuto del principe havesse preso il […]b fatto da lui che hanno adesso li mercanti, li [quali] cederebbo-no a quelli che lui volessi et che l’utile che ne caverebbono i mercanti lo caverebbe vostra eccellenza et suo [figlio]. Li risposi subito che non ci pensassi ne […] lei lo voleva fare né che noi ce la cons[iglia]remmo et li dissi che lui se risolvessi mai noi né lei metteremmo mano in negotio se lui non si risolvessi a far donatione libera di tutto il suo al suo figliolo et che allora io sapeva che il principe impiegerebbe molti denari in questo negotio per utile di suo nipote et li dissi molte altre cose li quali fecer pensare il fatto sue et mi partì. Poi son stato da lui il quale mi ha detto reso-lutamente che vol fare donatione al presto havendo considerato che, per le cose che li hanno detto, lui farebbe da mal padre a tor questa ventura a suo figliolo et che ne scrivessi a vostra eccellentia et al principe questa sua buona et ferma resolutione et che voleva spedire questo negotio innanzi che venise qui il cardinal Ursino1091 il qual lui sapeva che sentirebbe male tal donatione. Vedendo io questa buona risolu-tione del signor Paolo ce l’ho ben confirmato et ce lo mantengo et manterrò et ve-dendo che non ci era altro che potessi esturbar questo negotio se non Tullio Grifoni il qual sapeva che il signor Paulo lo voleva dire sendo detto Tullio per dua soldi nel affitto de mercanti. Li ho parlato et promesso che lo farò riconoscere di maniera che [tro]verrà il medesimo che lui haverrebbe guadagnato nel afitto, per questo lui adesso fa bonissimo ufitio con il signor e che stia saldo. Hora questo negotio ha bisogno di presta espeditione et io ho cominciato a far distendere questa donatione […] il Bonsi sendo informato lui di questo negotio con intervento del Necietto. Man[derò] Giovanni Antinori per questo negotio essendosi lui portato bene in disporre il […] il qual sarà bene che vostra eccellentia lo rimandi qua quanto prima espedito perché fra […] dì il signor […] che parta per Napoli scrivo largamente al

1089 Mario Mellini.1090 Cfr. lettera precedente.1091 Flavio Orsini.

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principe, vostra eccellentia vedrà [la] copia se se li parrà darla da […] se no ne sarà un’altra solamente in cercheremo di Govanni rimettendo il tutto alla prudentia di vostra eccellentia et io con tal fine le bacio le mani.

Di vostra eccellentia illustrissima et eccellentissimaFerdinando cardinal de’ Medici

[387, n.266]a La lettera manca della data topica e cronica. La datazione che abbiamo messo si giustifica per l’evidente affinità di argomento con le altre.b la lettera presenta una lacerazione lungo il margine in tutti e due i fogli che impedisce la lettura di alcune parole.

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DON PIETRO DE’ MEDICI

Pietro era il fratello più piccolo di Isabella.1092 Nato nel 1554 aveva dodici anni meno della sorella per cui nutriva un rispettoso affetto filiale, soprattutto dopo la morte della madre avvenuta nel 1562. Di lui vi sono tre lettere. La prima è da Roma dove si trova insieme al fratello cardinale. Isabella si era preoccupata di procurargli un maestro di let-tere che non era stato molto gradito perché l’aveva fatto “tanto scrivere”. Nella seconda, da Pisa, scrive alla sorella il minuto resoconto di uno degli ictus del padre. Nella terza, scritta da Livorno, dove era andato per ordine di Francesco de’ Medici e nella sua veste di generale delle galere Toscane ad aspettare il passaggio di Don Giovanni d’Austria, ringrazia Paolo per essersi occupato della malattia della moglie, si rammarica per non essere a Firenze e pensa a regali per la sorella. Nonostante appaia in queste poche lettere come un ragazzo assennato e affettuoso, Pietro ci è stato tramandato come un cupo per-sonaggio che per gelosia avrebbe ucciso la moglie Leonora di Toledo.1093

588. [Roma] 26 gennaio 1571

Illustrissima et eccellentissima signora mia sorella et patrona osservantissimaio gli do nova di me che son sano et così di monsignor illustrissimo cardinale, et

se questo monsignor che vostra eccellenza ci ha mandato non mi havessi fatto tanto scrivere, io sarei tanto lungho quanto bastassi a dargli notizia di quel che è passato poi che sono qua, il che farò con l’altra, et intanto gli baso le mani pregandola mi tenga in sua gratia […] alli 26 di genaio 1571.

Di vostra eccellenza illustrissima fratello et servitore don Pietro de Medici.

[158, n.100]

589. Pisa 14 dicembre 1572

Illustrissima et eccellentissima sorella e signora mia colendissimami pare convenirsi ancora a me dare brevemente ragguaglio della indispotione

di sua altezza a vostra eccellenza illustrissima, sì perché a noi più appartiene, come anchora per segno della molto reverentia mia verso di lei. Nel che, lassando da par-te quelle cause hormai note a molti del male del granducha, solo dirò che fu dato occasione al male di risentirsi con l’essere sua altezza, sabato che fumo alli sei dello stante, volsuto andare in uno malissimo tempo alla marina a caccia, di dove fu ne-cessitato tornarsene in lettigha quale, per la mala strada, come anchora per i muli non molto buoni, lo alterorno talmente che di sua boccha confessava il suo male et la

1092 Paola Volpini, Medici, Pietro de’, cit., pp.161-165.1093 Come si è già detto, Vanni Bramanti nella sua biografia di Leonora lascia adombrare il sospetto che si sia trattato di un omicidio politico, cfr. Breve vita di Leonora di Toledo, cit.

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sera uno freddo che lo prese mostrò inditio di febre quale non fu battettezata rispet-to al non ci essere medici altri che messer Lorenzo che non ardiva a toccargli il polso o ragionargliene, et continuò detta febre andando però sempre in declinatione fino a mercoledì a rimetter anchor che il dolore della gamba li dà fastidio non mediocre et il colegio che hier mattina si fece de medici dello studio che furno ser Calietta nostro carissimo, che poteva fare a barbate col capitano Pandolfo, et il Cornacchino et lo Strada et messero Baccio,1094 risolvette, vedendo la pienezza per molti segni del corpo, di evacuarlo et cominciornosi la medesima mattina da uno servitiale1095 quale fece operatione bonissima, et stamattina non ha volsuto pigliare altrimenti le pillore che lc’erano state ordinate, con tutto che hiersera si c’interponessi non solo le mode-ste exortatione di tutti noi, ma ancho la libertà solita del parlare de maestro Baccio, vedremo se domani si vorrà arrecare a pigliarle come tutti desideriamo et i medici dicono esser bene. Quanto allo rottorio,1096 remedio tanto celebrato, risolverno nel parere dello Strada che non fussi bene fare nuovo acquaio, anzi servirsi di quella via che la natura per se stessa era fatto, et questo è quanto a quello ch’ è passato. Et cir-cha al presente sua altezza si ritrova più scarica rispetto l’evacuatione fatta alla dietra et è […]ite in che vive et al non fare nuovi disordini et si vede se altro non occorre per essere fuori di pericolo della vita, e a questi dì pasati non mi pareva. Quanto al futuro si parla a tempo novo di fare gagliardo medicamento di legno con buona cura et per lungho tempo, o veramente di doc[…] o altra cosa a proposito che alla giornata si risolverà, considerato prima i progressi del male, però non è nata anchora resolotione alcuna, né altro occorendomi le bacio le mani con ogni affetto d’animo facendo saper a vostra eccellenza illustrissima come io dette la lettera nelle mani pro-prie di sua altezza in suo nome né mi rispose cosa alcuna. Quando ne haverò risposta se gli manderà. Di Pisa, il di XIII di dicembre 1572.

Osservandissimo don Pietro de Medici. [158, n.162]

590. Livorno 20 aprile 1574

Illustrissima et eccellentissima signora sorella osservantissimala lettera di vostra eccellenza mi ha dato quella alegrezza ch’ella può pensare per

intendere la salute sua, se bene il male della signora mia consorte mi dispiace gran-demente, il che è causa da crescere in me il desiderio di ritornare per potere esse-re apresso di sua eccellenza per servirla in quello bisognasse, ma conosco di esser obligato al signore Pagolo per la cortesia et molestia che ha presa in tal occasione, come vostra eccellenza mi dimostra, il che è causa di farmi stare l’animo più quieto. Quanto a me mi rincresce tanto di non essere costà che non penso vedere il giorno che don Giovanni passi per tornarmene a godere i soliti piaceri con vostra eccellenza

1094 Si tratta dei medici Tommaso Cornacchino aretino, Baccio Baldini (medico e biografo di Co-simo), Bartolomeo Gatteschi Strada.1095 Clistere.1096 Cauterio.

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420 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

et con gli altri signori nostri, et per magiore disaventura intendo stasera che sua al-tezza non è partita di Napoli rispetto alle dame.1097 In quello che io passo il tempo e con l’andare a spasso per mare con le galere pescando con il palamito1098 et oggi ho preso 40 libre di pesce che per esser da ciurma le ne ho dato su queste navi. Non è cosa da qua per vostra eccellenza, se non un poco di lino che le porterò, et un poco di coralli <di>Spagna. Io sto bene, ma sono rimasto quasi solo, tanto che pare la compagnia di Ramazotto,1099 tutavia sopporto ogni cosa fuora che essere asente da Fiorenza per un niente, se bene mi pare assai di servire al principe mio signore et fratello. Adesso torno da cena dalla Meloria et m’ha fatto buono però l’avere di poi letto la lettera di vostra eccellenza, la quale ha da saper che la signora Camilla1100 m’ha fatto ricercare che al mio ritorno metta in Firenze 14 pezze di mucaiarro1101 et altre robe segretamente, mi farà favore di dire se devo farlo perché non vorei erare; la mi comandi se posso servirla in cosa alcuna. Al signor principe bacio le mani et al signore ancora. Di Liv[orn]o, il dì 20 aprile 1574.

Di vostra eccellenza affetionatissimo fratello e servitore don Pietro.

[158, n.202]

1097 Don Giovanni, che si sarebbe dovuto recare a Genova, era trattenuto a Napoli dalle sue avven-ture sentimentali.1098 Pesce simile al tonno.1099 È un modo di dire romagnolo: la cumpagnì ’d Ramazòt: che on l’era zigh e cl’ étar l’era zop (la compagnia di Ramazzotto, che uno era cieco e l’altro zoppo). Il detto si usa appunto per indicare un gruppo di persone mal ridotte. Ramazòt era Ramazzotto dei Ramazzotti, famoso condottiero di ventura che partecipò a varie imprese in Romagna ed anche alla sanguinosa battaglia di Ravenna del 1512 tra i Francesi e le truppe della Lega Santa, cfr. Umberto Foschi, Modi di dire Romagnoli, Ravenna, Longo, 1972, p.68. 1100 Camilla Martelli.1101 Per mocaiardo o mucaiardo si intende sia una sorta di tela ordinaria col pelo, sia il filato prezioso prodotto dalla bava del baco da seta (Giovanni Gherardini, Lessigrafia italiana: o sia, Maniera di scrivere le parole italiane proposta da Giovanni Gherardini e messa a confronto con quella insegnata nel Vocabolario della Crusca, Milano, tipografia di Gio. Batt. Bianchi di Giacomo, 1843, p.242). In questo caso ci sembra che Pietro non sarebbe stato così preoccupato se non si fosse trattato di una stoffa preziosa.

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II. Lettere a Isabella da Sovrani, Principi, Ambasciatori e altri

1102 Francesco Sansovino, L’Historia di casa Orsina, cit., p.13.1103 Ibidem. Sugli Orsini di Blagaj cfr. Joanne Ludovico Schonleben, Rosa Ursina in provinciis austriacis florens, sive illustrissime et antiquissimae familiae romanae Ursinae traduces Slavoniam, Carnioliam, Carinthiam, Styriam, Bohemiam propagatae, Lubiana, Typis Joannis Baptistae Mayr, MDCLXXX.

MAGDALENA E FRANCESCO ORSINI CONTI DI BLAGAJ

Magdalena Lamberg e Francesco II Orsini conte di Blagaj (Croazia) all’arrivo dei tur-chi si erano rifugiati nelle terre dell’ impero. “Molto honorato è al presente – scrive Sansovino – Francesco Orsino Polono conte perpetuo di Blagai et che per nome del suo re si truova hoggi nella Lituania con grosso essercito contra i moscovityi. Questo signore, la cui entrata passa CXX mila ducati l’anno, possedendo una gran provincia in quel regno è de’ principali huomini che vi si trovino”.1102 La contessa scrive a Isabella di aver ricevuto, attraverso due servitori Andrea Braimanich e Petro Wrsich, la sua richiesta di quattro cavalli di uno stesso colore adatti a guidare un carro e che suo marito alla corte cesarea si sta interessando per trovarli. Le dice anche di averle mandato alcuni oratori ai quali avrebbe dovuto dare la stessa fede che a lei medesima. Non accenna a cosa avrebbero chiesto. Sappiamo però da Francesco Sansovino che gli Orsini di Blagaj erano già entrati in rapporto con gli Orsini di Roma. Scrive Sansovino che il conte di Blagaj “percioché egli ama grandemente gli italiani, desideroso di riconoscere il suo antico parentado con gli Orsini di Roma”, aveva mandato due dei suoi gentiluomini, gli stessi Andrea Braimanich e Petro Wrsich, a Roma con una lettera per Giovan Battista Orsini arcivescovo di Santa Severina con cui richiedeva il riconoscimento della parentela.1103 Probabilmente la stessa lettera fu inviata anche a Paolo Giordano e Isabella de’ Medici. Il riconoscimento della parentela sarebbe stato molto utile per ottenere favori dall’ im-peratore che conosceva molto bene gli Orsini di Roma. Nella lettera successiva Francesco ringrazia Isabella e si pone al suo servizio.

[copia] 591. Magdalena Lambergh contessa di Blagaj

Noran 29 luglio 1564

Illustrissima domina domina et soror nobis charissima atque observandissima post servitiorum meorum perpetuam comendationem in bona sanitate vestram illustris-simam dominam ac illustrissimum dominum dominum maritum eiusdem charis-simum de oratoribus suis audivimus praeditos esse quod nos ex cordis exultatione accepimus praecamurque Deum ut ex sua clementia in eadem permulta quidem

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422 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

tempora conservare velit, modo quoque de sanitate vestrae illustrissimae dominae ac illustrissimi domini domini mariti eiusdem libentissimi ex animo audire desidero meque sciat ex gratia Altissimi una cum domino marito meo et liberis bona vale-tudine frui, caeterum intellexi de servitoribus nostris Andrea Braimanich ac Petro Wrsich1104 quod vestra illustrissima domina petivit me propter quattuor equos unius coloris qui essent ad conducendos curros apti ut pro eis curam habere velim si aliubi adipisceri possim precium eorum. Vero illustrissima domina vestra mittere vellet ita-que vestram illustrissimam dominam certiorem reddo quod dominus maritus meus hisce diebus cum omnipotentis voluntate proficiscetur a curiam maiestatis cesareae etsi ipseque adhibit suos amicos confidentissimos qui suam diligentiam adhibebit ut talis equos apud aliquem de amicis suis inveniri queat, quos si adipisci potuerit sine ullo precio vestrae illustrissimae dominae mittam quam libentissimae nam me sciat ad eiusdem servitia in multo maioribus itaque omnino in omnibus qua in nostra pos-sibilitate constant, omni tempore ad servitia vestrae illustrissimae dominae prompta ac parata spectare sine dubio confidentissime credat. Praeterea mittit dominus ma-ritus meus erga illustrissimum dominum dominum maritum eiusdem charissimum certos suos oratores quibus rogo summopere velit certissimam fidem haberi, quod nomine meo eidem referebunt ac si ego personaliter cum vestra illustrissima domina loquerer cum his autem me eidem cum omnibus meis tamquam dominae et sorori confidentissimae perpetualiter commendo et vestram illustrissimam dominam una cum suis charissimis in longevum quam felicissime ex intimo cordis affecta desidero atque opto. Datae in nostra Noran, 29 die mensis iulii anno Domini 1564.

Vostra illustrissima domina obedientissima soror Magdalena à Lambergh comi-tissa a Blasji.

A tergoa: Illustrissimae dominae dominae Isabellae de Medici illustrissimi domini D. Pauli Jordani Ursini ducis Brachiani eius consortis dominae et sorori meae cha-rissimae atque observantissimae. [157, n.132]a Così nel testo.

592. Francesco Orsini conte di Blagaj1105

Gottschee 6 dicembre 1564

Illustrissima domina domina et soror nobis charissima atquae observandissima, post amantissimam salutationem ac servicii nostri perpetuam comendacionem,

litteras vestrae illustrissimae dominae, per servitores nostros nobis missas accepimus cum sumo gaudio ac cordis exsultatione in quibus intelleximus vestrae illustrissimae dominae eximiam benevolenciam ac summam bonam voluntantem erga nos, quod nos eidem reservire non possumus, nihilhominus petimus itaquae et summopere

1104 Si tratta degli stessi due gentiluomini che, secondo Sansovino (L’Historia di casa Orsina, cit., p.13), furono mandati dagli Orsini di Blagaj all’arcivescovo Giovan Battista Orsini per chiedere di riconoscere la parentela con gli Orsini di Roma.1105 In questa lettera l’Orsini scrive da Gottschee in Slovenia meridionale.

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II. Lettere a Isabella da Sovrani, Principi, Ambasciatori e altri | 423

rogamus vestram illustrissimam dominam dignetur nobis confidentissime mandare iuberequae; nam nos iuxta nostram posibilitatem semper sine dubio ad sua servi-cia ex intimo cordis affectu promptum inveniri omni tempore credat, nostrisquae utimini ac suis propriis precamur; nam vestra illustrissima domina nobis nihil io-cundius nihilquam amancius facere potest nisi si nobis in aliquibus confidentissime demandaverit quod eiusdem precepti omnino satisfacere curabimus fidelissimae ac amantissimae in istis perpetualiter nos permaneri certissime credat, cum his autem nos cum omnibus nostris fidem diligentissimae commendari ac vestram illustrissi-mam dominam cum suis charissimis in longevum valere felicissime optamus. Date in dominio nostro Gottchee, 6 die mensis decembris anno domini 1564.

Eiusdem vestrae illustrissimae dominae frater ac servitor Franciscus Ursinus Comes perpetuus de Blagaii etc.

[157, n.97]

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424 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

GIOVANNA D’AUSTRIA

Giovanna d’Asburgo, arciduchessa d’Austria (1547-1578) a ottobre del 1565 iniziò il suo viaggio per raggiungere Firenze dove avrebbe sposato Francesco de’ Medici. La prima lettera, autografa, è ancora da Innsbruck ed è in risposta ad una di Isabella che umil-mente le chiedeva di accettarla “per serva”. Giovanna respinge molto affettuosamente quelle profferte dichiarando di volerla accettare per sorella maggiore. La seconda lettera è scritta da Fiorenzuola, appena varcati i confini del ducato di Toscana, è portata dal barone Fortunato Madruzzo che Giovanna aveva mandato avanti a riverire i suoi nuovi parenti.1106

593. Innsbruck 11 ottobre 1565

Illustrissima signora ho veramente per la lettera sua conosciuto tanta essere l’humanità et cortesia de

vostra signoria che appresso di me non puol’ intrar sospicione alcuna che quella sia fin ‘hora in scrivermi et darcisi a conoscere per negligenza restata, et benché la vo-stra signoria non habbia bisogno di escusatione alcuna, non di meno da poi ch’ella così desidera, io l’accetto volentieri per buona, anchor che sia superflua. Che poi io debbia accettar vostra signoria per serva, non essendo questa dimanda raggionevole, per niun modo gli acconsento. Ma bene la voglio accettar per sorella maggiore et honorarla, como in vero l’accetto et reputo, et spero che quella con li effetti vederà et conoscerà che nell’amarsi non gli voglio ponto esser inferiore, quella adonque in questo meggio (sic) stia di buon animo et perseveri in amarmi como io faccio lei, alla quale mi raccomando desiderandogli ogni suo contento. Di Insprug li XI d’ottobre MDLXV.

Di vostra signoria como sorella Giovanna Arciduchessa de Austria.

[157, n.148]

594. Fiorenzuola 6 dicembre 1565

[non autografa]

Illustrissima signora come sorella honoratail desiderio che vostra signoria illustrissima ha mostrato per cortesia sua di vedermi

volentieri è tale in me ch’ella può essere certa di buonissima corrispondenza. Intanto essendo io giunta prosperamente nel Stato di cotesti miei illustrissimi signori, et mandando il baron Fortunato Madruzzo per visitare le loro eccellenze, ho voluto ch’egli saluti anco in mio nome vostra signoria illustrissima, certificandola che sarà amata sempre et tenuta da me in luogo d’amorevolissima sorella, sì come più a longo potrà intendere dal detto barone, et non essendo questa per altro à vostra signoria

1106 Su Giovanna d’Austria e il suo carteggio con il marito Francesco de’ Medici cfr. Maria Fubini Leuzzi, Straniere a corte, cit., pp.413-440.

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II. Lettere a Isabella da Sovrani, Principi, Ambasciatori e altri | 425

illustrissima mi raccomando et offro di cuore con pregarle da Iddio Nostro Signore ogni contentezza. Di Fiorenzola, alli VI di Decembre MDLXV.

Di vostra signoria illustrissima come sorella Giovanna Arciduchessa d’Austria.

[157, n.155]

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426 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

CATERINA REGINA DI POLONIA

Caterina d’Austria († 1572) figlia dell’ imperatore Ferdinando I, aveva sposato nel 1549 Francesco III Gonzaga duca di Mantova; rimasta vedova l’anno successivo, divenne nel 1553 la terza moglie di Sigismondo II Augusto re di Polonia. Caterina è sorella di Giovanna che alla data di questa lettera sta per andare in sposa a Francesco de’ Medici. La regina risponde alla partecipazione inviatale da Isabella tramite il conte Clemente Pietra ambasciatore toscano presso la corte imperiale. La lettera ha un aspetto solenne e ufficiale. È interamente in latino. Le prime due lettere del nome sono in capitale. L’ in-titulatio è molto lunga e la mittente, come si conviene alle sovrane, si definisce Regina elencando tutte le terre a lei sottomesse. Sullo stesso piano è posta la sua destinataria, definita con un appellativo maschile: Illustris Princeps. La scrittura dell’ intitulatio è in carolina e il resto del documento in corsiva italica molto elegante. La sottoscrizione ma-noscritta è in corsiva comune. «Il Regno di Polonia – scriveva Francesco Olmo al Senato Veneto – è di grandissima capacità abbracciando non solo l’una, o l’altra Polonia, ma la Littuania, la Russia, la Prussia, la Livonia, la Masovia, la Samogitia, e altre Prouincie. Quindi il Rè s’ intitola Rè di Polonia, Gran Duca di Littuania, Duca di Russia, Prussia, Masouia, e Samogitia».1107

595. Radom, 22 ottobre 15651108

[non autografa]

Catharina Dei gratia Regina Poloniae, Magna dux Lithuaniae, Russiae, Prussiae, Mazoviae, Samogithiae etc. Domina. Illustri Principi, Dominae Isabellae Ursinae de Medices ducissae Bracciani, affini nostrae charissimae, salutem et omnis foelici-tatis continuum incrementum.Illustris princeps, affinis nostra charissima. Quod literis suis nos dilecta vestra, adeo familiarier invisere officiaque sua offerre […]a nobis sane perque gratum accidit eo-que nomine dilectae vestrae eas quas par[…] est agimus gratias. Ac quamvis hacte-nus nulla nobis eiusmodi cum dilecta vestra consuetudo intercessit qua commode illi voluntatem vicissim nostram declarare potuissemus omnino tamen voluimus ut nihilominus de persona nostra non nisi perque optime persuasa esse velit, maxime cum nunc et ea inter utramque familiam nostram accedat Affinis ob quam di-lectam vestram tantam concepisse laetitiam facile agnoscimus. Que et nobis etiam ipsis insignem sane voluptatem attulit cupimus quod toto pectore ut hoc ipsum serenissimae sororis nostrae fratrisque dilecti vestri clarissimi matrimonium utrique

1107 Cfr. Giovanni Francesco Olmo, Relationi della Republica di Venetia, del Regno di Polonia, et del Regno di Boemia, in Venetia, appresso Antonio Pinelli, MDCXXVIII, p.28.1108 La lettera si trova citata da Wanda Wyhowska De Andreis in Repertorium Rerum Polonicarum ex Archivio Orsini in Archivio Capitolino Romae, Roma, Istitutum Historicum Polonicum, 1961, vol. III, p. 3.

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II. Lettere a Isabella da Sovrani, Principi, Ambasciatori e altri | 427

domui foelix sit atque salutare. Que praeterea huic magnifico domino Clementi Pietra iniunximus dilecta vestra ex relatione ipsius percipiet. Cui ut in iis omnibus quae nostro nomine significabit fidem adhibeat amanter ab illa requirimus. Quod superest cupimus ut Dil. Vestra domini foeliciterque valeat. Data Radomia1109, die 22 mensis octobris anno domini 1565.

Di vostra Bona consanguinea Catharina Regina Poloniaeb

[63, n.1]a la lettera manca a tratti del margine sinistro.b di suo pugno da Di vostra

1109 Radom è una città polacca del voivodato della Masovia.

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428 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

MARGHERITA DI VALOIS

Margherita di Valois (1523-1574) duchessa di Berry, era figlia del re di Francia Francesco I. Era quindi sorella minore del re Enrico II e zia di Enrico III che alla data di questa lettera sedeva sul trono di Francia. A 36 anni il 10 luglio del 1559 aveva sposato Emanuele Filiberto I duca di Savoia. Le quattro lettere che seguono sono tutte autografe e firmate solo: Margherita di Francia. Da questi documenti non solo emerge l’attività di patronage che lega Isabella e Margherita, ma anche e soprattutto l’ importante funzione della duchessa di Bracciano come mediatrice di istanze nei confronti del padre. Una delle richieste di Mar-gherita riguarda la fondazione di una commenda che la duchessa vorrebbe sotto il titolo di Santa Margherita e legata all’Ordine di Santo Stefano che, come è noto, era stato fondato da Cosimo de’ Medici. Cosimo attraverso la figlia consiglierà di creare un’onorificenza sotto il nome e lo scudo dei Savoia. Forse non è un caso se proprio quell’anno nacque l’ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro. Altre richieste riguardano la figlia di Bartolomeo del Bene, ma-estro di casa di Margherita che, come più volte scrive, era uno dei suoi più fedeli servitori. La ragazza è sposata con Raffaele de Gondì che ha contratto molti debiti con il Monte di Pietà di Firenze e potrebbe essere arrestato. Margherita chiede a Isabella di farsi tramite con il fratello per trovare un lavoro al giovane in modo che possa pagare il dovuto; chiede anche che la moglie possa uscire da Firenze e tornarsene in Francia. Da altre fonti sappiamo che Isabella mandò una carrozza a prendere la ragazza che oltretutto era incinta. 1110

596. [Torino, 1572]

Ma cousine,s’en alant par de la del Bene,1111 l’un de mes gentilhommes, pour quelques affaires

quil a a sa maison, il luy donne charge de vous visiter de ma parte et de me mander, comme d’une personne que i’ayme e stime beaucoup, les nouvelles de vostre bon portement et pour vous prier aussi bien adfectionnement, ma cousine, de voulloir faire entendre a monsieur le duc votre pere l’envye que i’ay de fonder dans trois ou quatre ans une conmande de son ordre de Saint Estiene en patronage lay et a ma nominasion et apres moy de mon fils le prince de Piedmont et ses successeurs les duc de Savoye soubs le titre de Saincte Marguerite de la valleur de quatre cens escus par an avec le privileges et condisions que vous baillera par ecrit le dit del Bene e auquel en tant que touche la dite fondasion ie vous prie adiouster foy comme vous feries a moy mesmes et m’asseurant de vestre refusee d’une si iuste requeste. Ie ne vous en feray plus longue laitre, ma cousine, si n’est pour vous prier de croire qu’en recompence ou i’auray moyen de faire chose que vous soit agreeable ie my employray dussi bon cueur e que ie prye Dieu, ma cousine, vous donner tres bonne et longue vie.

1110 Cfr. E. Mori, L’Onore perduto di Isabella de’ Medici, cit., pp. 216-218.1111 Su Bartolomeo del Bene, diplomatico e letterato fiorentino vissuto a lungo alla corte dei re di Francia, cfr. Paolo Procaccioli, Del Bene, Bartolomeo, cit., pp. 330-333. Cop

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II. Lettere a Isabella da Sovrani, Principi, Ambasciatori e altri | 429

Votre bien adfectionee cousineMarguerite de France

[492, n.103]

597. Torino 11 maggio [1572]

Ma cousine,iay este tres ayse d’entendre par vos laitres que monsieur le duc votre pere trouve

bonne la fondation de la commande de son ordre que iay delibere de faire comme aussi ie trouve bon son conseil et advis de croistre le revenu de la dite fondation tant que l’on en puysse faire ung bailliage a la grand crois qui porterà le tittre de Savoye puys que monsieur le duc mon mary auquel iay communique vos laitres est tres contant que la dite fondation de bailliage porte le scud et nom avec les conditions exemptions et privileiges que de ma part vous baillera par escrit del Bene, l’un de mes gentilshommes servans au demeurant. Ma cousine, ie ne sarois asses adfectionnement remersier monsieur le duc vostre pere et vous de la bonne volunte et affection que ie connois et m’asure que vous me portez ny ausse vous exprimer l’envye que iay de vous faire congnoistre par efect que la myene n’est point moindre envers vous ny moindre aussi le desir qui est en moy d’avoir l’ayse et bien quelque iour de vous voir pour le vous pouvoir tesmoigner davantage que ie ne fais par la presente a la quelle ie feray fin avec prieres a Dieu de vous donner, ma cousine, tres bonne et longue vie.

De Tourin, le XI iour de maysVotre adfectionnee cousineMarguerite de France

[492, n.102]

598. Torino, 30 luglio 1572

Ma cousine,vos lettres les quelles del Bene, l’un de mes gentilhommes, m’a baillet me tesmoignent

assez la continuation de la bonne et entiere affection que vous me portez, mais encore plus mon a asseure de bouche le dict del Bene auquel par votre intercession a este accordé par monsieur le duc vostre pére tout ce qu’il luy a demandé a ma requeste touchant la fondation du baillage de Savoye de quoy ie vous prie, ma cousine, le remertier infiniment de ma part et l’asseurer que monsieur de Savoy et moy, nous sentons grandement obliges au dict sieur et a vous d’une si affectionnée volunté la quelle est cause que privement ie vous prie de recommander bien fort au dict sieur en mon nom Raffael de Gondi1112 gendre du dict Del Bene affin qu’il ne soit pressé pour quelque temps de certaine somme de deniers qu’il est debiteur pour son père

1112 I Gondi o de’ Gondì erano un’antica famiglia fiorentina un ramo del quale si era trapiantato in Francia. Un Giovanbattista Gondi era scudiero e maître d’ hôtel della regina madre. Sui Gondi cfr. Joanna Milstein, The Gondi: Family Strategy and Survival in Early Modern France London and New York, Routledge Taylor and Francis Group, 2014.

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430 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

au convent de la Pieté et d’aultre cote afin qu’il aye mieux le moyen de s’acquiter de la ditte somme ie vous prie par mesme moyen prier de ma part monsieur le prince vostre frere de luy donner quelque office in estat en la ville de Florence moyennant le quel il puisse faisant service au dict sieur prince avoir moyen dedans deux ou trois ans de s’acquiter de la dicte somme, chose quei e disire grandement affin que la fille du dict Del Bene, l’un de mes antiens et fidelles serviteurs pusse vivre avec le dict de Gondi plus a son ayse. Quoy faisant, oultre ce que vous ferez une ouvre charitable, ie recepuray ceste leur commodité et secours a plaisir singulier des dicte sieurs et de vous, ma cousine, a qui ie ne feray ceste plus longue que pour me recommander de bien bon coeur a votre bonne grace et prier dieu vous donner tres bonne et longue vie. De Thurin, ce XXXe iour de iouillet 1572

Vostre milieure et plus adfectionee cousineMarguerite de France

[492, n.101]

599. Torino 8 [1573]

Ma cousine,iay receu la lettre qu’il vous a pleu me scripre par le segneur Laurens Tournabony1113

par laquelle vous me rendes si bon tesmoignag de votre bonne volunté quei e voulcrois plustost (pour mon contentation) vous pouvoir faire demonstration par quelque bon effect de l’obligation quei e vous ay que de vous en debuoir remertier par lettre car i’estimeray tousiours a bien grande faveur que vous facies prevue de l’amitye quei e vous porte comme iay fait de la vostre par plusieurs fois et mesme dernierement en ce quei e vous ay price d’avoir en votre protection la fille naturelle du sieur Berthelemy del Bene, mon mestre d’hostel, femme du sieur Raphael de Gondy a ce qu’il vous pleust faire commander au dit de Gondy permettre a sa dite femme de se retyrer avec ses parents iusques a ce quelle soit guarye de la maladye en la quelle elle est deténue. Degnoy ma cousine ie vous prie derechef vous voulloir souvenir pour l’amour de moy et croyre que si ie suys iamays emploiée en chose qui vous soit agreable quei e ny espagneray rien de ce qui sera en ma puissance, comme iay fait plus particullierement entendre au dit sieur Laurens Tournabony lequel s’en allant en France ie n’ay failly d’accompagner pour votre respect de toute la recommandation qui luy a semblé estre necessaire pour son contantement qui sera endroit ou ie priray dieu, ma cousine, apres m’estre recommandée de bien bon cueur a votre bonne grace, de vous donner tres bonne et longue vye. De Thurin, ce VIII° iour.

Votre adfectionnée et bonne cousineMarguerite de France

[492, n.100]

1113 Lorenzo Tornabuoni, capitano fiorentino. Negli anni 1570-1580 fu al servizio del re di Francia, cfr. Istruzioni agli ambasciatori e inviati medicei in Spagna e nell’“Italia spagnola” (1536-1648), a cura di Francesco Martelli e Cristina Galasso, II 1587-1648, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Direzione Generale per gli Archivi, 2007, p.117, n.16.

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II. Lettere a Isabella da Sovrani, Principi, Ambasciatori e altri | 431

EMANUELE FILIBERTO DUCA DI SAVOIA

La lettera del duca di Savoia è in risposta alle condoglianze mandate da Isabella per la morte della moglie Margherita di Valois. La frase “ la perdita che abbiamo fatto” non è un plurale maiestatis ma sottolinea l’amicizia che legava Isabella e Margherita.

600. Torino 21 ottobre 1574

[non autografa]

Illustrissima et eccellentissima signorason certo che per l’amorevolezza che vostra eccellenza tiene in lei ver[so di me] et

del bene mio, che ella, come appertamente mi ha dimostrato con la [sua] dei VII di questo et il signor Ottavio Vernio1114 a[…]a haverà com[…] de la perdita che hab-biamo fatta et però di buon cuore ho accettato consolatione che con questo ufficio cordialissimo vostra eccellenza ha voluto porgermi et ne le rendo le dovute gratie pregandola a promettersi di me et d’ogni mio puotere tanto quanto si deve sperare da ben dispuosto animo di servirla in ogni tempo et occasione; così resto et le bacio la mano et Dio Signore vostra eccellenza faccia compitamente felice. Da Turino, li 21 di ottobre 74.

Di Vostra Eccellenza compadre et servitoreIl duca di Savoia E. Philiberto

[152, n.195]

a La lettera presenta due lacerazioni che impediscono la lettura di alcune parole

1114 Ottavio di Alberto Bardi conte dal Vernio (1527-1591).

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432 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

CATERINA DE’ MEDICI

Nella corrispondenza Orsini abbiamo rintracciato due lettere di Caterina de’ Medici e una di Enrico III a Isabella.

Sappiamo per certo che la corrispondenza con la regina di Francia non si limitò a quelle poche missive. In un inventario settecentesco dell’archivio Orsini è segnalato un mazzetto di lettere di Caterina de’ Medici di cui purtroppo attualmente non rimane traccia.

La prima lettera è del 29 maggio 1574 in risposta ad una di Isabella che la avvertiva della morte del padre. Caterina scrive di essere addolorata non solo per averlo stimato ed amato molto ma anche per il dispiacere di veder mancare un principe virtuoso e di rara prudenza. A settembre dello stesso anno Isabella inviò a Lione Sansonetto de Bardi per conferire con il re e con la regina. Caterina le rispondeva ringraziandola per quanto aveva fatto per gli affari del re e rinnovandole la buona volontà e l’affetto, suo e di suo figlio, riservandosi di mandare a dirle a voce altre cose che evidentemente non era prudente affidare all’ incerto percorso di una lettera. Questo riferimento agli affari del re fa pensare che Isabella si fosse spesa per la concessione del grosso prestito che Francesco de’ Medici fece al re di Francia. Purtroppo fu proprio a causa di questo prestito che Isabella non poté ricevere dal fratello i denari di cui lei stessa aveva bisogno per ripianare i suoi debiti.

601. Vincenne 29 maggio 1574

[non autografa]

Ma cousineLe desplaisir que jai recu de la mort de feu mon cousin le grand duc de Toscane

vostre pére n’à pas esté moindre qu’il aurai du a la grande perte que vous avez faicte de luy. De la quelle je suis participante tant pour l’auvir tousiours aymé et estimé beaucoup durant sa vie que pour le regret que j’ai de voir faillir in ce temps ung prince si [virtueux] et de rare prudence qu’ il esté, comme vous le dira le sieur Horace dal Monte1115 suivant la lettre que je luy en ay faite et que v.e. asserira de ma bonne volonté et affection envers vous. Priant Dieu, ma cousine, vous tenir en sa saincte garde. Iscript du chateau de Vincenne le XXIX me jour de may 1574.

Votre bonne cousine Caterine

[492, n.98]

1115 Orazio Bourbon del Monte Santa Maria (1539-1614). Dal 1573 al servizio di Francesco de’ Medici che lo utilizza per missioni diplomatiche in Francia presso Enrico III e Caterina de’ Medici.

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II. Lettere a Isabella da Sovrani, Principi, Ambasciatori e altri | 433

602. Lione 8 dicembre 1574

[non autografa]

Ma cousine je remetray au seigneur Sansonnetto de Bardy1116 a vous dire de ma part comme

vos lettrai moin este agreablai in la bonne volonté et affection que vous trouverez tousiours en moi pour vous fair plaisir en recougnoissance de ces que vous portez au but des affairai du roy monsieur mon fils, et de ceste ce mesme jour me remectant sur le sieur de Bardy, je ferai fin a la presente priant dieu ma cousine vous tenir en sa sainte garde. Iscript a Lyon le VIII jour de Xbre 1574.

Vostre bonne cousineCaterine

[146, n.67]

1116 Si tratta del conte Sansonetto di Gualterotto Bardi dal Vernio.

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434 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

ELISABETTA D’ASBURGO

Elisabetta d’Asburgo, quinta figlia dell’ imperatore Massimiliano, aveva sposato il 26 novembre 1570 il re di Francia Carlo IX che morì il 30 maggio 1574, due giorni dopo questa lettera di condoglianze a Isabella per la morte di Cosimo de’ Medici.

603. Bois de Vincennes 28 maggio 1574

Ma cousinele marquis du Mont de Sainte Marie1117 ma rendu la lettre que vous m’avez escrite

19 V. Je doubtant point que vous ne portiez avec doulleur extresme la mort de def-funt vostre seigneur et pére le grand duc de Toscanne pour vous estre a la veri[té] ceste mort tres grande. Mais, ma cousine, je scay que vous croiez que Dieu est par de nous et qu’il dispose de ce qui est icj bas comme il luy plaist ainsi qu’il a fait de luy et qua ceste volunté vous vous serez resolue vous consolant davantage de ce que le dict deffunt a si heureusement regné, et vous a laissé un frère bien né et successeur de sa prudence et vertu, et qui vous aime, vous advisant que, quant a mon particulier, je porte la douleur mesmes que vous avez, le que je vous prie de croire, et que si en quelque chose jay moien de m’employer pour vous, je le ferai de toute bonne volunté ainsi que l’ay dit plus avant au dict marquis en le priant de le vous faire entendre de ma part. Sur ce, je prie notre seigneur, ma cousine, vous avoir en sa tres sainte et digne garde. Iscrit au bois de Vincennes, le XXVIIIe jour de may 1574.

Votre bonne cousine YsabelMa cousine Madame la duchesse de Bracienne.a

[492, n.99]

a sul verso.

1117 Orazio Bourbon del Monte Santa Maria.

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II. Lettere a Isabella da Sovrani, Principi, Ambasciatori e altri | 435

ENRICO III RE DI FRANCIA

Alla data di questa lettera Enrico III stava compiendo il suo lungo e tortuoso viaggio per tornare dalla Polonia, di cui era stato eletto re, alla Francia per sedere sul trono lasciato libero dalla morte di suo fratello Carlo IX. A Venezia aveva ricevuto gli omaggi dei sovrani d’Italia. Anche Isabella mandò i suoi attraverso Mario Orsini del ramo di Mon-terotondo. Il re non solo risponde agli omaggi ma si proclama “ il parente che vi ama di più in questo mondo” e le manda a dire qualcosa di più preciso a voce. Evidentemente Enrico, attraverso Isabella, voleva ottenere qualcosa dal fratello Francesco che era ap-pena diventato granduca di Toscana e che a sua volta cercava appoggi presso i sovrani europei. Come si apprende da una lettera di Isabella a Paolo Giordano il re di Francia di lì a poco otterrà un prestito di 200.000 scudi da Francesco de’ Medici.1118

604. Venezia 27 luglio 1574

[non autografa]

Ma cousinej’ay entendu par vos lettres et par le segneur Mario Orsino combien mon aveni-

mint a la couronne de France vous a apporte du plaisir pour la bonne affection que vous avez en mon endroit, dont je vous remercje de bon coeur vous priant croire que ceste bonne volonté est employét a l’endroit d’un prince qui vous ayme autant que parent que vous avez in ce monde et qui fera tousiours bien aise de vous infaire quelque bonne prouve ou l’occasion sin offrira comme j’ay prie le dict segneur Mario Orsino a vous dire plus particulierement de ma part, et sur ce, je prie notre seigneur vous avoir in sa sancte et digne garde. Iscrit a Vinyza, le XXVII jour de Juillet 1574,

Votre bon cousin Henry.[Sul verso] Ma cousine la Duchesse de Bracciano.

[146, n.69]

1118 Cfr. E. Mori, L’onore perduto di Isabella de’ Medici, cit., p. 234.

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436 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

DON GIOVANNI D’AUSTRIA

Da queste lettere appare molto chiaro il coinvolgimento di Isabella nell’aiutare suo marito a coltivare i rapporti con la corona di Spagna e in particolare con Don Juan che negli anni dal 1570 al 1574 comanda la flotta spagnola nel Mediterraneo.1119 Entrambe le lettere, tutte autografe, sono risposte a missive da lei scritte. La prima è dell’11 gennaio 1573 da Napoli. Don Giovanni la definisce “moglie di uno dei miei migliori amici” e la ringrazia per avergli chiesto di battezzare suo figlio ma sarà costretto a mandare qualcuno in sua vece perché “non ha tempo per occuparsi dei suoi desideri”.1120 In questo periodo Paolo è generale dell’infanteria spagnola in Italia e si tratta di stringere e con-fermare i rapporti con Don Giovanni. La seconda lettera è del 1574 da Genova. A Paolo non è stato rinnovato l’ incarico di generale delle fanterie spagnole e Isabella decide di chiederne ragione a don Giovanni il quale consiglia che Paolo Giordano vada a parlare direttamente con il re.

605. Napoli 11 gennaio 1573

Illustrissima Señora hallome tan favorecido y obligado de servir a vuestra señoria entre otras causas por

la opinion que en dos cartas suyas me hace merced tener de mi que es ya tantomas lo que siento no saver como descubrir la mia, en lo que digo pero quien a tomado la mano en acordarse de mi de creeres la tomarà tambien en satisfaser a mi voluntad de servirla que es lo que ella y yo merecemos a vuestra señoria y en lo que se le suplica ocupe algunos ratos su pensamiento, entretanto, señora, que dare esperando ver lo que tengo en mujer de uno de mis mayores amigos en cuya figura nos juzgue vuestra señoria al señor Paulo Jordan y a mi, y como tal vueluo de nuevo a darme a vuestra señoria, por cuya razon deuo ansimismo ser recebido y empleado de mi comadre; quisiera yo mucho poder alcançar este nombre viendo y besando a vuestra señoria las manos, mas quien ocupa tan poco tiempo como yo en mis deseos, disculpado deue estar, muy justamente imbiare quando vuestra señoria mandare a que en mi nombre salga de pila mi ahijado, y ha sido bien considerar para esto la aspereza de los tiempos y las otras dificultades ofreçidas, pues en diferirlo no ay lo que podria

1119 Isabella fece pubblicare un volumetto di lodi a Don Giovanni, cfr. Michele Carpi, Delle lodi del serenissimo signor Don Giovanni d’Austria. Alla Illustrissima et Eccellentissima Signora D.Isabella Medici Orsina duchessa di Bracciano, Canzone di Michel Carpi, In Fiorenza, Appresso Bartolomeo Sermartelli, 1571.Ringrazio Anna Maria Rossetti, che sta regestando la corrispondenza tra gli Orsini e la corte di Spa-gna contenuta nel vol.60 (1-2) della I serie dell’Archivio Orsini e conosce bene lo spagnolo antico, per aver controllato la trascrizione di queste lettere. La Rossetti pubblicherà il suo lavoro a cura della Reial Acadèmia de Bones Lletres de Barcelona. Su Don Giovanni d’Austria si veda la voce di Barto-lomé Bennassar, Juan de Austria, nel Diccionario Biográfico Español pubblicato dalla Real Academia de la Historia, e disponibile in rete: http://dbe.rah.es/.1120 Virginio era nato i primi giorni di settembre del 1573.

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II. Lettere a Isabella da Sovrani, Principi, Ambasciatori e altri | 437

resultar de la priesa en su salud, de la qual y de la de vuestra señoria la suplico me avise que hasta saverlo della no perdere el cuydado con que quedo, guarde Nuestro Señor a vuestra señoria y dele tantas y tales fiestas como yo se las deseo. De Napoles a XI de enero 1573.

Servidor de vuestra señoria illustrissima que sus manos besa.Don Juan.

[158, n.226]

606. Genova 4 marzo 1574

Illustrissima señorahame dado tanto mayor contento la carta que mea escrito vuestra señoria il-

lustrissima quanto que junto con ella, veo que me emplea en cosas de gusto y servicio, que es el mayor regalo y plaser que puedo recebir. Loque vuestra señoria me hordena haga por Alexandre Becheria se executara desta manera, que sellevarà el señor Jo[rdan] desoto el memorial que venia para su majestad y hara conel y conlos ministros que combiniere todos los oficios que juzgare ser necesarios para el buen fin del negocio pareciendome que por esta via se encaminara mejor que por el de cartas. Restara agora que me vuestra señoria holgara mas de que apro-veche mi medio que yo, ni sentira tanto que no suceda como lo deseo y procuro aunque espero en esta causa todo buen fin, y si tal fuere solo quiero por gracias que me escriva vuestra señoria en español una letra, yaunque lo contrario suceda tanbien pues ya no abrà desmerecido mi voluntad y deseo de servirla alias que en todo se haga quanto vuestra señoria mandare de quien estamos quexosos, los alias que la escrivimos desde Napoles, de su poca memoria pero no me maravillo que faltas son de mujeres, yel señor Pablo Jordan me concedere que estas son siempre las mayores. Nostro señor la illustrissima persona de vuestra señoria guarde como desea. De Jenova a 4 de marso 1574.

Servidor aficionado de vostra signoria illustrissima don Juan.

[158, n.204]

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438 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

PAOLO SFORZA

Paolo Sforza, marchese di Proceno, comandante al servizio degli Spagnoli, era uno dei fratelli del cardinale Guido Ascanio Sforza di Santa Fiora.1121 Alcuni dei numerosi fratelli Sforza (Mario, Paolo, Sforza), zii di Paolo Giordano, erano capitani al servizio degli Spagnoli, sempre alla ricerca di un incarico militare e fortemente in competizione col nipote. In questa lettera lo Sforza cerca di accattivarsi il favore di Isabella affinchè lo tenga “ in bona gratia del duca”.

607. Proceno 9 aprile 1566

Illustrissima et eccellentissima patrona osservantissimaio ho scritta un’altra lettera a vostra eccellenza, sì come havevo detto de scrivergli,

et havendo hauta una lettera hora dal conte Scotto1122 mi scrive che vostra eccellenza sta un poco male, la qual cosa mi è despiaciuta infinitamente, sì come credo vostra eccellenza possa pensare. Mi rallegro dall’altro canto che mi dice che non sarà con l’aiuto de Dio niente. Il signor suo consorte passò de qui per farmi favore et tra le altre ragionamenti che venissimo, dandogli io caccia della tornata, lui me promise questo San Giovanni tornare, et io gli prometto che se io l’arò in paese, che lui me l’osservarà ancora che io credo più presto.1123 Mi parlò ancora che vostra eccellenza harebbe desiderato di servirsi del signor Attilio per suo coppiero et che io ne facessi instantia con il patre al che io l’ho fatta et il patre dice che, ancora che lui l’havesse disegnato alli studi et non di meno che vedendo la voluntà delli patroni come è vostra eccellenza, che gli pare che se debba lassare da banda ogni cosa et per questo lui scrive a suo figliolo che senza la voluntà sua non si pò fare che se risolva a questo. Però subito hauta la resolutione lui non mancarà darmi resposta et io subito darò aviso a vostra eccellenza alla quale con tutto il core resto basciandogli le mani pre-gandola sempre tenermi in gratia del signor duca et signor principe; del cardinale non dico perché io gli scrivo, et poi so che lui sa che non ha niuno che desideri ser-virlo più di me. A madonna Alessandra vostra eccellenza mi farà gratia dirli che li son servitore. Di Proceno alli 9 di aprile del 1566.

Di vostra eccellenza affettionatissimo servitore Paolo Sforza.

[157, n.214]

1121 Su Paolo Sforza cfr. Nicola Ratti, Della famiglia Sforza, Vol. II, pp.300-307.1122 Gli Scotti (Scoto) o Scotti Douglas o Douglas Scotti sono un’antica famiglia piacentina. Un conte Onorio Scotti in questi anni milita per la Repubblica di Venezia, cfr. Paolo Morigia, La nobiltà di Milano, diuisa in sei libri, Milano, Pacifico Pontio, 1595.1123 Paolo Giordano aveva promesso a Isabella di tornare a Firenze per la festa di San Giovanni. In quei giorni era a Roma per ordine del papa e sperava in un incarico. I pretendenti agli incarichi militari erano molti ed era tra questi Paolo Sforza che sarà uno dei maggiori antagonisti del duca di Bracciano. Come si vede in questa lettera, sfrutterà, come molti, la solitudine di Isabella per togliere di mezzo un avversario scomodo.

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II. Lettere a Isabella da Sovrani, Principi, Ambasciatori e altri | 439

REGINA ANTINORI

Regina, moglie di Antonio Antinori, era madre di Giovanni, che dal 1564 troviamo tra i più fidati collaboratori di Paolo Giordano, oltre che di Francesco e Bernardino. A Ber-nardino Antinori, che nel 1567 diverrà cavaliere di Santo Stefano e che poi entrò nella corte di Leonora di Toledo, moglie di Pietro de’ Medici, come coppiere, fu attribuita dalla memorialistica dell’epoca, avallata dalla storiografia ottocentesca, una sfortunata storia d’amore con la giovane signora. Bernardino fu giustiziato in carcere a Firenze accusato di congiura nei confronti di Francesco de’ Medici. Giulio Negri lo definisce un “gentilissimo poeta” e gli attribuisce versi in onore di Pietro e Leonora de’ Medici. Anche gli altri due fratelli di Bernardino, entrambi filofrancesi, fecero una morte violenta. Francesco fu ucciso da un sicario mediceo nel 1580 e Giovanni fu ucciso da ignoti nel 1583 subito dopo aver ricevuto il collare di San Michele dal re di Francia.1124

608. Pistoia 29 aprile 1566

Illustrissima et eccellentissima signora padrona mia osservantissima ho sentito grandissimo dispiacere della indispositione di vostra eccellenza come

sua serva humile e amorevole et continuamente ho pregato e fatto pregare Iddio per la sua sanità et havendo inteso che è in buon termine n’ho preso quel grandissimo contento che sono obbligata et per questo non manco pregar Iddio che gli renda la sua prima sanità e sicome desidero insieme al mio consorte il quale ha preso di-spiacere similmente con esso me della sua malatia la preghiamo in questo mentre a tenerci in sua buoma gratia, pregando con la debita reverenza vostra eccellenza che mi tenga in gratia di sua altezza quando la vede, et che si degni ricordarsi dell’offerta fattami per Bernardino mio figliuolo, scusandomi se forse son troppo licentiosa dandomi nondimeno ardire l’amorevolezza sua a procedere si oltre, et con questo fine bacio le mani di vostra eccellenza pregando Iddio che la contenti. Di Pistoia il dì XXIX d’aprile MDLXVI.

Di vostra eccellenza illustrissima serva affetionatissima Regina Antinora.

[157, n.225]

1124 Cfr. Giulio Negri, Istoria degli scrittori fiorentini, cit., p.100. Sugli Antinori cfr. Demostene Tiribilli Giuliani, Sommario storico delle famiglie celebri toscane, Firenze, Alessandro Diligenti, 1862, pp.72-75.

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440 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

FAUSTINA BARBOLANI DI MONTAUTO

Moglie di Pirro Barbolani di Montauto, cavaliere dell’Ordine di Santo Stefano, castel-lano di Radicofani e governatore di Grosseto, Faustina era figlia di un altro Montauto, Piero. Pirro e Faustina ebbero cinque figli tra cui Girolamo che, come si vede da questa lettera, portò il nome del padre di Paolo Giordano e fu destinato sin dalla nascita al servizio della duchessa di Bracciano.1125

609. Montacuto 2 ottobre 1568

Illustrissima et eccellentissima signora et patrona osservantissimanon ho possuto prima ringratiar vostra eccellenza illustrissima del favor che mi ha

fatto in esserli degniata di battizarmi il bambino che ho fatto, al quale avia posto nome Girolamo1126 et l’avia dedicato nel servitio, però quando a lei piacerà che io, finché lui sia in età da poterla servire, mi offerò sotisfare a l’obligo che lui ha con vostra eccellenza illustrissima cioè dove non potersi per la tenera ettà compir io al defetto de la inpossibilità sua, et così me li dò per servitrice in etterno, et li mando parechi ravigioli1127 acciò li goda per amor del suo figliastro et mio. Non essendo questa per altro a vostra eccellenza illustrissima bacio umilmente le mani. Di Mon-taguto il dì II di ottobre 1568.

Di vostra eccellenza illustrissima humil servitrice Faustina de conti de Montaguto.

[157, n.291]

1125 Su questi membri della famiglia Barbolani di Montauto, una delle più antiche famiglie toscane, molto legata ai Medici, cfr. L’archivio della famiglia Barbolani di Montauto, cit. In particolare su Pirro e Faustina cfr. tav.3 e 4 e p.167. Montauto o Montaguto era il castello dei conti Barbolani nella valle Tiberina, cfr. E. Repetti, Dizionario geografico, cit., vol. III, pp. 274-276.1126 Girolamo era il nome del padre di Paolo Giordano.1127 Il raviggiolo è un formaggio.

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II. Lettere a Isabella da Sovrani, Principi, Ambasciatori e altri | 441

VITTORIO CAPPELLO

Vittorio Cappello era fratello di Bianca. Proveniente da una delle famiglie più antiche e illustri di Venezia, Bianca, come è noto, era da molti anni l’amante di Francesco de’ Medici che sposerà il 5 giugno 1578, dopo appena due mesi dalla morte di Giovanna d’Austria. Nella prima di queste due lettere, scritte a distanza di due anni l’una dall’al-tra, Vittorio Cappello prega Isabella di convincere la sorella Bianca1128 ad entrare in convento con l’aiuto di Francesca Orsini Baglioni, una donna molto devota e in odore di santità. Nella seconda lettera la ringrazia per prendersi a cuore il caso della sorella e si augura che riesca un certo “negotio” che non viene specificato. Da una lettera di Bianca riportata da Roberto Cantagalli, apprendiamo che in quel periodo Isabella si stava dan-do da fare per darla in sposa ad un “signore di casa Orsina”.1129

610. Venezia 10 febbraio 1573

Eccellentissima signoracon tutto ciò che messer Vettor Gardelino,1130 il quale già per molti giorni mandai

in Firenze, mi habbia affirmato ch’egli non è bastevole di riferirmi apieno quanto grande sia l’affetto che vostra eccellenza porta alla magnifica mia sorella, non di meno voglio che vostra eccellenza sapia che il sudetto gentiluomo riferito non mi ha cosa ch’io prima non mi havesse nella mente mia imaginata, perché sapendo ch’ella è nata di così illustrissima et eccellentissima casa, son più che certo che da lei non si può aspettar se non effetti magnanimi, liberali e corrispondenti all’altezza della famiglia sua. Per il ché, sebene gl’impedimenti miei trattenuto mi hanno, ch’io più presto non habbia potuto con lettere [sodisfar] à quanto è debito mio in renderle quelle gratie ch’io posso maggiori per gl’infiniti favori ch’io odo esser da lei usati del continuo a essa magnifica mia sorella, perciò havendo giusta et ragionevol scusa della mia tardanza la quale per brevità non scrivo, hora le dico che io confesso essere della benignità sua vinto di maniera che non so con qual’altro modo dimostrarle la gratitudine dell’animo mio verso di lei, se non offerirmi et in tutto dedicarmi all’os-

1128 Su Bianca Cappello cfr. Gaspare De Caro, Bianca Cappello, cit., p. 16. Maria Fubini Leuzzi ha descritto il carteggio di Bianca con i suoi cugini veneziani, Andrea e Girolamo Cappello, in Straniere a corte, cit. pp.431-440.1129 «Se io volevo a questi mesi la illustrissima donna Isabella mi dava a un signore di casa Orsina, gentiluomo romano, con 4mila scudi d’entrata l’anno, signore principalissimo e un poco parente di detta signora, e anche non resta tutto il giorno d’essere dreto a detta signora per avermi», citato da Roberto Cantagalli in Bastiano Arditi, Diario di Firenze, cit. p.69, nota 1. Questo signore, secondo Cantagalli, sarebbe stato Troilo Orsini che la tradizione indica come amante di Isabella. Sempre se-condo Cantagalli proprio questo interessamento a far sposare Troilo con Bianca non solo proverebbe che Isabella cercava di nascondere la sua tresca ma sarebbe anche il movente per cui Francesco de’ Medici avrebbe fatto uccidere la sorella. Io credo invece che da una falsa premessa possano discen-dere mille fantasiose conclusioni.1130 In ASF, MdP, Miscellanea Medicea sc.159, cc. 19-20 vi sono lettere di Vittorio Gardellino a Bartolomeo Cappello.

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442 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

servatione sua, promettendole che tutta casa nostra ne serverà eterna e segnalata memoria e perché (sì come ho detto) io so che vostra eccellenza ama fuor di modo l’istessa magnifica mia sorella, la quale hora, per miglior elettione sua, desidera emendar il fallo che essa, ingannata da false persuasioni e consigli, comise contra di tutta casa sua, ardisco supplicar vostra eccellenza che, per quanto amor gli porta, voglia con ogni gagliarda ragione confirmarla in questo santo e buon desiderio suo, facendogli conoscere che quivi consiste tutto l’honor suo, raccordandogli che il clarissimo suo padre non per altra causa adesso nuovamente si ha mosso chiamarla figliuola, né suo fratello la chiamerebbe sorella, se non sperassero ch’ella si sottomet-tesse all’obedienza, anzi affettione paterna o fraterna, e se per mala sorte si frappo-nesse difficoltà alcuna, per la quale essa non potesse sprigarsi, con tutto il cuore vi priego e suplico vostra eccellenza ch’in tutto e per tutto la figliuola del Baglione1131 di aiutarla, perché sapia veramente vostra eccellenza che se mai ha desiderato e pro-curato il suo bene, niuna altra occasione può offerirsele che di questa sia maggiore, il che confidandomi che da lei sarà fatto con quella caldezza che possibil sia, tralascio ogni altra sorte di prieghi e le raccordo che si come le gratie e benefici suoi crescono verso di casa nostra, così si raddoppiano gl’obblighi per li quali confesso esser vero servitor di vostra eccellenza alla quale, si come è debito mio, faccio riverenza et umil-mente le bacio le mani. Di Vinegia, il giorno X di febraro del LXXIII.

Di vostra signoria eccellentissima, servitor affetionatissimo Vettor Capello.

[146, n.12]

611. Venezia 30 luglio 1575

Illustrissima et eccellentissima padrona osservantissimaaltra consolatione invero io non ho hauto nel partirmi di Firenze, senza l’esser

restati i miei negotii sotto l’amorevolissima et honoratissima protettione di vostra eccellenza illustrissima la quale sì come ho conosciuto in particolare verso la signora mia sorella haver trapassato i termini d’un mediocre amore, così ho giudicato poco necessario raccomandarle quelle cose che per se stesse so esserle molto a cuore, dubi-tando di non ingiuriar quella sua affettuosissima cortesia, la quale, da se medesma operando a beneficio altrui, mostra non haver bisogno né di urgenti stimoli, né di saldi preghi. Ben so ch’ella vede quanto importano cotesti negotii alle cose mie, ben so che ella conosce quanto mi premono et con quanto ardore io desideri la loro presta speditione, onde altro non mi resta fare, se non ringratiarla di tutti i suoi ef-fetti cortesi con quella maniera ch’io non posso, oppresso dalla copia et grandezza di quegli, già s’è disposto quand’io era costì come s’abbiano a guidar a fine questi negotii. Vostra eccellenza illustrissima. prudentissima l’intende et saprà meglio svi-

1131 Si tratta di Francesca Baglioni, figlia di Caterina di Galeotto de’ Medici e di Pirro Baglioni, sposata con Francesco Orsini del ramo di Monterotondo. Fondò a Roma il monastero dell’Umiltà, cfr. Istoria della vita, ed azioni di Francesca Baglioni Orsini fondatrice del Monistero di Santa Maria dell’Umiltà di Roma, Roma, Generoso Salomoni, 1753.

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luppargli ch’io non saprei ricordarle, con il che facendo fine li bacio riverentemente la veste et pregola a conservarmi tra suoi servitori affetionatissimi. Nostro Signore la feliciti. Di Venetia, alli XXX di luglio del LXXV.

Di vostra signoria illustrissima et eccellentissima servitore affetionatissimo Vettor Capello.

[158, n.248]

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444 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

RIDOLFO CONEGRANI

Ridofo Conegrani fu ambasciatore estense alla corte medicea dal 1557 al 1574. Già molto anziano, era oggetto di scherzi e lazzi per la sua appassionata e infruttuosa corte a Isabella de’ Medici.1132 La lunga consuetudine con i Medici aveva completamente coin-volto l’ambasciatore di Alfonso d’Este, tanto che, come lui stesso scrive, aveva finito con l’amarli e servirli più del suo stesso padrone: «son tanto servitore humilissimo et affetio-natissimo et in particolar della eccellenza vostra et veramente ch’ io ho conosciuto haver fatto come quelli che si anidano la biscia nel seno che da poi ne fanno il dispiacere et il dolore come fo io hora d’ haver lasciata la servitù de sudetti padroni et quella magnifica città et bella coppiosa di tanti nobilli gentilli et amorevoli gentilhuomini».1133 Dopo la morte di Cosimo de’ Medici il duca di Ferrara lo sostituì con Ercole Cortile, molto più giovane e attrezzato contro le lusinghe della corte medicea. Fu proprio Cortile a diffon-dere la versione calunniosa della morte di Isabella de’ Medici.1134

612. Mantova 6 novembre 1574

Illustrissima et eccellentissima signora mia et patrona et patrona osservantissimase ben non ho fatto prima riverenza a vostra eccellenza illustrissima con mie lette-

re com’era mio debbito sì come facio hora con questa ben humilmente, non è però ch’io non habbia sempre tenuto quella debbita memoria che mi conviene tenere d’u-na mia signora tanto meritevole et tanto riverita et osservata et amata da me, quanto conviene alle tante virtù et qualitade ch’io ho conosciuto in lei accompagnate poi da tanta gratia che non vi si pò arivare oltre la singulare affetione ch’io le porto et tanto più havendo poi la bella imagine sua sculpita ne<l> mio core in tal maniera che niun’altra vi potrà mai capire oltre ch’io la vego di continuo ne la mia idea et nel ritratto di lei ch’io tengo presso di me, et veramente se da questi oggetti non havesse preso alcuna volta refrigerio, sì come io dissi in quella stanza d’improvviso e però stando nel bel viso intento refrigerai ch’io non mi conversi in pene, credo al fermo ch’io non harei potuto patir l’affanno et il dolore ch’io ho sentito et sento per esser absente con il corpo da lei ma non già con l’animo perché con quello sempre vi sono e vi sarò in sin tanto che questo misero mio spirito durerà in questa mortal spoglia et più se più potrà, et assicuro vostra eccellentia che alcuna volta mi trovo tanto aflitto et strutto ch’ io non so ove mi sia et s’io sia vivo o morto, e massime quando io sono in contemplatione delle sue bellezze in modo che in quel ponto io credo che il mio spirito si parta da me et venghi costì a vederla non potendo più stare, et tanto più c’o-ra è il tempo che cominciavamo a ridursi la sera a veglia in casa di vostra eccellentia et goder della dulcissima sua conversatione a me tanta gratta con quelle belle musi-

1132 Cfr. E. Mori, L’Onore perduto di Isabella de’ Medici, cit., pp.253-254; 304. 1133 Lettera n.614.1134 E. Mori, L’Onore perduto di Isabella de’ Medici, cit., pp.277-281.

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II. Lettere a Isabella da Sovrani, Principi, Ambasciatori e altri | 445

che, balli, giochi et altri tratenimenti dolzissimi dove ne godevo tanto ch’io ringio-vanivo perché v’era il mio sole et se non vi si fusse trovato non harei gustatto ponto, anci me ne sarei andatto sebene vi fusse statta quella ch’io ne feci comparatione de un quatrino a mille scudi come lei ne deve haver memoria. Hora con l’occasione del signor Alessandro Strigio1135 che se ne ritorna a Fiorenza non ho voluto tardar più a pagar questo debbito et riccordarle quel afetionatissimo et obligatissimo servitore ch’io le sono oltre li favori infiniti ch’io ho riceuti dalla molta cortesia sua et dirle ch’io mi trovo in Mantua assai ben sano dio mercé rispetto alla indispositione ch’io ho hauta pochi di sono e con molti miei affari importanti che causarano ch’io non sarò da lei in sin fatte le feste di Natalle vivendo però in me quel continuo desiderio ch’io ho hauto sempre di servirla, però la suplico con ogni affetto posibile dov’ella mi conosca buono degnarsi di favorirmi di comandarmi ch’io non potrei ricever da lei gratia maggior di questa da una in fuori della quale mio mal grado li cieli mi sono sempre statti contrari et le mando a donare per un segno della memoria ch’io tengo di lei un capello di veluto afigurato nero per esser lei ancor da duolo con una fascia accomodata di perlette nere et con una piuma con quatro corone d’arione che voleno significar che lei meritaria esser regina di quatro regni, però le chiego in gratia farmi favore di accettarlo et goderlo per amor mio così conveniente con quella buona volontà ch’io glielo mando et s’el serà a gusto suo ne sentirò contento ancor ch’io so che ch’el non è di quella bellezza che vostra eccellenza meritaria alla quale con ogni riverenza posibile bascio le honorate belle candide mani. Et in sua gratia mi raccomando. Da Mantua, il dì 6 novembre 1574.

Di vostra eccellenza illustrissima umilissimo et devotissimo servitore Ridolfo Conegrani.

Io bascio le mani a tutta la colonia feminina et masculina et in particular al mio signor conte della Ghirardescha1136 per il gusto che mi dava quando perdeva alla roversina.[158, n.193]

613. Mantova 8 dicembre 1574

Illustrissima et eccellentissima signora mia et patrona osservantissimavoglio credere che vostra eccellenza illustrissima haverà hauto una mia lettera

con un cappello ch’io le mandai a questi dì per il mio mastro di casa il quale gli lo promisi quando eravamo a castello alla onorata merenda fatta dal eccellentissimo signore don Pietro suo fratello però non ho voluto mancar alla promessa sicome de-

1135 Alessandro Striggio (1540-1592) fu un compositore mantovano. Visse a lungo alla corte medi-cea componendo madrigali e intermedi, cfr. Iain Fenlon, Music and Patronage in Sixteenth-Century Mantua, Cambridge University Press 1980, in partic. pp.86-87; 140-142. 1136 Si tratta senza dubbio di Ugo della Gherardesca (1530-1589). “Visse in Firenze da gran signore – scrive Litta – ed era uno dei gentiluomini più aggraditi in corte”, cfr. P. Litta, Famiglie celebri di Italia, cit., Conti della Gherardesca di Pisa, disp. 138-139, Milano, tip. Giulio Ferrario, 1860.

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446 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

sidero il servirla in tutte le occasioni maggiori che lei si degnarà comandarmi. Ora le faccio sapere come lo eccellentissimo duca mio signor ha fatta elletione del signor Erchole Cortille1137 gentilhuomo ferrarese giovane di trenta anni amogliato per man-darlo ambasciatore in cambio mio costì havendolo io procurato per molte cause e rispeti i quali mi riserbo dirli a bocca quando sarò da lei perché verò in ogni modo a l’icontrarmi da tutti quelli miei signori et patroni alli quali son tanto servitore humilissimo et affetionatissimo et in particolar della eccellenza vostra et veramente ch’io ho conosciuto haver fatto come quelli che si anidano la biscia nel seno che da poi ne fanno il dispiacere et il dolore come fo io hora d’haver lasciata la servitù de sudetti padroni et quella magnifica città et bella coppiosa di tanti nobilli gentilli et amorevoli gentilhuomini che prometto a vostra eccellenza ch’io ne sento un mar-tello grandissimo di lei. Non voglio dire di haver lasciato la servitù perché s’io non sono sempre presso di lei con la vitta vi sarò etternamente con l’animo, et del resto mi rimetto a quanto le dirà a boca messer Alessandro Strigio in mio nome et supli-co vostra eccellenza farmi gratia di crederli come farebe a me stesso che serà il fine di questa con la quale quanto più humilmente posso le bascio le honorate mani et prego il Sig. Idio per ogni suo maggior contento. Da Mantua, il dì 8 dicembre 1574.

Di vostra eccellenza illustrissima humilissimo et devotissimo servitore Ridolfo Conegrani

[158, n.194]

614. Mantova 4 aprile 1575

Illustrissima et eccellentissima signora mia et patrona osservantissimapoiché non mi è concesso poter far riverenza a vostra eccellenza illustrissima et

darle la buona Pasqua com’è mio solito et come saria mio desiderio, glielo voluta dare con questa mia si come facio ben humilmente, et raccordarnelle quel affetiona-tissimo et sviscerato servitore ch’io le sono, et farle sapere ch’io son sano dio mercé vivendo in me un continuo desiderio d’intender ogni bene di lei et poi dirle ch’io sono ancor in Manuta seben mi vien detto che lo serenissimo duca mi signore mi vol mandare governator di Carpi, il che non mi dà ponto di contento sapendo esser pri-vo della dolce vista di vostra eccellenza, i che invero mi muoio di voglia di vederla, et me ne va via il core se ben vi è sempre sculpita la bella imagine sua et di già sarei venuto costì più ca volentieri come farò quando mi serà concesso da chi so’ obligato: intanto atendo a far murar la casa di vostra eccellenza la quale mi riesce bella et buo-na, come spero che ancor lei l’habbia a veder un giorno, però la suplico farmi gratia di dar ordine che mi sia mandato il schizzo della sua arma colirita come ha stare et anche una sua impresa, come pregai vostra eccellenza illustrissima, et questi dì con un’altra mia esendo in procinto di far dipingere detta casa et mi sarà caro haver le

1137 Ercole Cortile prese il posto di Rodolfo Conegrani come ambasciatore del duca di Ferrara a Firenze. Su Ercole Cortile e la sua responsabilità nella diffusione delle falsità su Isabella, cfr. E. Mori, L’onore perduto di Isabella de’ Medici, cit., pp.278-281.

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II. Lettere a Isabella da Sovrani, Principi, Ambasciatori e altri | 447

insegne della fedele servitù ch’io ho tenuta e tengo con lei.1138 Altro non mi resta se non ch’io son tutto tutto di vostra eccellenza, sì come me le donai sedeci anni sono et la suplico dignarsi di tener memoria di me sì come farò io sempre di vostra eccel-lenza alla quale quanto più humilmente posso, bascio le honorate manni et prego il Signor Iddio per ogni suo maggior contento. Da Mantua, il dì 4 aprile 1575.

Di vostra eccellenza illustrissima Humilissimo e devotissimo servitore Ridolfo Conegrani.

[158, n.237]

1138 Probabilmente l’attuale Casa Corbellani a Mantova che sui capitelli di cotto del cortile interno conserva gli stemmi della famiglia Conegrani.

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DON FERNANDO DI TOLEDO (1527-1591).

Hernando o Fernando di Toledo era figlio naturale di Fernando Alvarez di Toledo Duca d’Alba. Gran Priore di Castiglia dell’Ordine Gerosolimitano, vicerè di Catalo-gna dal 1571 al 1580, era consigliere molto ascoltato del re.1139 Ai Medici lo univa un rapporto di parentela in quanto suo padre, il duca d’Alba, era cugino di Eleonora, la moglie di Cosimo. Nelle istruzioni agli ambasciatori inviati in Spagna c’era sempre l’avvertimento di andare a rendergli omaggio a Barcellona. Questo doveva fare anche l’ambasciatore Ruberto Ridolfi quando fu inviato da Francesco de’ Medici alla corte di Filippo II per partecipare al re la notizia del riconoscimento del titolo granducale. Il priore e il duca d’Alba andavano ringraziati per la gran parte che avevano avuto in quel riconoscimento. Francesco quindi pregava Ridolfi di «mostrare la memoria, che siamo per conservare sempre dell’amorevole opera che hanno impiegata per noi in questo negotio con rallegrarvi particularmente con l’uno et con l’altro di tanta prosperità di questa loro casa poiché in essa hanno così gran parte.»1140 Il vero scopo di Ridolfi era però di guadagnare il consenso spagnolo al titolo, e questo poteva essere lo scopo della lettera che Ridolfi consegnò al priore da parte di Isabella. La lettera di risposta di don Hernando, datata 11 luglio, arrivò certamente molto dopo la morte della duchessa di Bracciano. Intorno al 20 luglio arrivò a Firenze la tanto attesa lettera del re di Spagna che si congratulava per la concessione del titolo e dava implicitamente il suo assenso.1141

615. Barcellona 11 luglio 1576

[non autografa]

Illustrissima y exellentissima senoraNo quiero desir a vostra exellentia quan particular merced y regalo he recivido

con su carta de 28 de hebrero que medio Ruberto Ridolphi, pues se cierto que con palabras no podre darle el encarecimiento que merece, de una cosa puedo asegurar a vostra exellentia y es que si alguna voluntad e nel mundo la merece es la mia esta suplico yo a vostra exellentia emplee en su servicio siempre que mi buena fortuna

1139 Su don Hernando de Toledo cfr. Istruzioni agli ambasciatori e inviati medicei in Spagna e nell’Italia spagnola (1536-1648), cit., p.171, n.1; Giacomo Bosio, Dell’ istoria della sacra religione et ill.ma militia di San Giovanni Gierosolimitano, cit., pp.399, 771.1140 Ruberto Ridolfi (1531-1613) della famiglia di banchieri fiorentini, vissuto a Londra negli anni Sessanta del Cinquecento, agente mediceo, nunzio segreto di Pio V, molto si spese per rimettere sul trono la regina di Scozia Maria Tudor. Negli anni 1575-76 portò a termine numerose ambascerie per conto del granduca di Toscana. Ebbe un ruolo determinante nel riconoscimento del titolo di granduca a Francesco de’ Medici negoziando un consistente prestito a Filippo II mediato dai Fugger, cfr. Lucinda Byatt, Ridolfi, Ruberto, DBI, vol. 87 (2016), pp. 478-482. G.B. Adriani, Istoria de’ suoi tempi, cit., p. 9. Sull’ambasceria Ridolfi del 1576 cfr. Istruzioni agli ambasciatori e inviati medicei, cit., pp.386-387.1141 Circa la lettera si rimanda a quanto detto nell’introduzione alle pp.21 e 27.

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presentare occasion para ello que a un que yo e detener desto el cuy dado […] et rason no quiero privarme del contentamiento que me dara obedecer los manda-mientos de vostra exellentia y remitiendome a lo que dira el dicho Ruberto Ridolphi por no cansar a vostra exellentia con larga scriptura. Ruego a Nostro Senor guarde y prospere su illustrissima y exellentissima persona como yo deseo. De Barcelona, a 11 de julio 1576.

[Autografa]

Beso las manos a vostra exellentia su servidor El prior don Hernando

[146, n.17]

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III. Lettere di Isabella de’ Medici

Per concludere questa antologia inseriamo alcune lettere autografe di Isabella, le uniche non scritte al marito che siamo riusciti a reperire nell’archivio Orsini.

La prima è certamente la più complessa e interessante, soprattutto dal punto di vista della storia dei Medici a Firenze. Si tratta di una minuta indirizzata a Francesco de’ Medici. La grafia è solo in parte di Isabella, più della metà della lettera presenta la scrit-tura di Paolo Giordano, anche se lo stile è quello di Isabella. Si trattava di una lettera difficile da scrivere, bisognava trovare i modi e le parole giuste per avvertire Francesco de’ Medici di non abbassare la guardia intorno a Cosimo perché si stava preparando una congiura. La lettera non è datata ma sappiamo che gli attentati alla vita di Cosimo era-no frequenti. Evidentemente Paolo Giordano aveva saputo o intuito qualcosa a Roma. La risposta di Francesco è la n. 563 in questo volume.

La seconda lettera, molto imperiosa, è diretta all’amministratore Giulio Folchi a cui chiede di renderle conto della sua amministrazione. La terza, altrettanto imperiosa, è diretta a un certo Orazio, forse identificabile con un familiare del cardinal Ferdinando, colpevole di aver portato via la moglie da Firenze quando Isabella si era impegnata con la famiglia a proteggerla. La quarta è diretta a Bernardo del Riccio, amministratore di Bracciano, a cui chiede senza mezzi termini di mandarle denari. La quinta infine ad Antonio Ramirez di Montalvo, maggiordomo maggiore di Cosimo de’ Medici. Lo prega di impedire che il padre di Camilla Martelli, la nuova moglie di Cosimo, appenda sopra il portone di palazzo Martelli il suo stemma inquartato con quello mediceo. La richiesta parte da Giovanna d’Austria che per questo motivo sta “afflittissima”. Il tono è complice e pacato, quasi divertito: “sempre mi conviene cerca<r> consolar li afflitti”.

616. A Francesco de’ Medici

[s.d.]

Illustrissimo et eccellentissimo signor fratello et padrone osservantissimosono certissima che vostra eccellentia non si maraviglierà punto di cosa che io li scri-

va sapendo certo quanto io l’ami et non piglierà cosa nissuna se non con quel amore col quale io le dicho. Vostra eccellentia deve sapere per non mi stender più in belle parole che mi è oggi stato ditto [di mano di Paolo Giordano] che tra le deliberatio che il duca mio signor ha fatto è stata una questa il non voler tener a presso di sé guardia nesuna, del che mi son presa grandissimo dispiacer et vengo con questa mia a suplicar vostra eccellentia che me ne facci saper la certezza, ma metendo caso che ciò fusse, mi pareb-be cosa poco conveniente a sua eccellentia non perché mi imagini intendermi di tal casi ma si bene mossa dalla amor che porto all’una et l’altre delle eccellentie vostre et per dirli sopra a ciò l’animo mio mi paria che vostra eccellentia devesse suplicar il duca che si contentassi tener quella guardia che a lui pare conveniente a ciò si asicurassi la

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III. Lettere di Isabella de’ Medici | 451

vita sua di tutto quel che potessi accadere che non deve mancare chi ci vogli male et la sa benissimo della importanza che è il duca a vostra eccellentia et a casa nostra et perché forse sopra a ciòa li paresse mi sia troppo alargata a pigliar il tutto con quel amor che si conviene,b farrò fine con baciarli le mani che Dio lo guardi quanto lei desidera.[306, n.173]a mi sarria canc.b inserito nell’interlinea superiore: da «puigliar» a «conviene».

617. A Giulio Folchi

Firenze 3 agosto [1567]

Magnifico compar carissimoogni cosa soporterei ma il vedermi da voi uccellata continuamente sarebbe cosa

per il mio stomacho di troppa mala digestione, però vi dicho che io non sono avezza a esser burlata et che mi sia mostro il biancho per il nero et sono avezza a trattar con gente che sempre mi mostrano le cose chiare e non con mille bugie e strattagemi come fate professione mostrarmi o darmi ad intender voi. Ho visto quanto scrivete a Giannozzo della provisione di Napoli a che vi dicho che mi rimettiate subito i dinari et non mi diate più parole perché di già ne ho da voi sopportate assai et vi richordo che benché io sia a Fiorenza, quando a bisognerà sarò a Roma et sarovvi per una. Però pensate al fatto vostro et non vi immaginate che io mi pascha di paroline, et non essendo questa mia per altro mi vi rachomando mandatemi subito la copia del con-tratto delle poste et scrivetemi dov’è il mio gioiello et mostrate questa mia a chi vi pare che per questo la ho scritta et vi aviso che questa volta sono parole et quest’altra sono fatti. Di Fiorenza, a dì 3 di agosto.

Vostra comare Isabella Medici Orsina

[338, n.316]a Parola cancellata incomprensibile.

618. A Orazio1142

Firenze 25 luglio 1568

Horatio certo che pensavo che dovessi tener quel conto di me che si conviene et non far

professione mandarmi a dire una cosa per un’altra. Iersera vi mandai a dire per un mio portiere che venissive a parlarmi stamattina. Ho aspettato per fino adesso, et poi ho visto che vi siate burlato di me, cosa che invero non pretendo che debbia seguire, et non solo mi dite la bugia in una cosa, ma in dua. Le quali cose sono la prima dir

1142 Presumibilmente Orazio Sambocucci trinciante del cardinale Ferdinando.

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452 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

di venirmi a parlar stamani et non lo havete fatto, l’altra havermi voi promesso non cavar vostra moglie di Fiorenza senza farmelo saper et havermi manchato. Hora per questa mia vi fo intender che, vista la presente, montiate a cavallo et ve ne vengiate con vostra moglie in Fiorenza, perché fo professione che chi mi prometterà una cosa me lo debbia mantenere ho me lo pagarà. Però vi dicho che subito vengiate et man-do un mio servitore acciò che vi faccia risolver a osservarmi la parola di già datami, perché pretendo mi sia osservato quello mi è stato promesso. Et ben sapete che il patre ve la rese sotto la mia parola che altrimenti non ve la haverebbe resa, et questo molto ben lo sapete. Et non essendo questa per [altro] state sano et non vogliate esir di quello dovete. Di Fiorenza a di 25 di luglio 1568

dognia Isabella Medici Orsina.[157, n.280]

619. A Bernardo Del Riccio Firenze 24 maggio 1569

[non autografa]

Magnifico nostro carissimoper mano di Leone habbiamo riceuta la vostra lettera delli XX stante della quale

habbiamo inteso il vero. La lettera che domandate per il signor cardinale Sforza1143 in raccomandazione delle cose nostre et in nostra credenza sarà con questa. Per la strettezza di denari che noi ci troviamo di presente non sappiamo vedere come noi habbiamo a potere provedere alle spese et bisogno della casa. Perciò fa di bisogno che voi facciate qualche provisione di denari et ce li mandiate quanto prima, perché al-trimenti saremo contra ogni nostra voglia constretti et necesitati non a pigliare pen-siero di cosa alcuna, che si come noi n’ haviamo preso la cura, così lasseremo, però vedrete di rimetterci senza dilationi di tempo qualche cento di scudi acciò possiamo intratenere la famiglia che c’è rimasta e provedere a bisogni, et Dio vi conservi. Di Baroncelli li XXIIII di maggio 1569.

Vostra dognia Isabella Medici Orsina. [158, n.22]

620. Al maggiordomo maggiore del Granduca1144

Firenze aprile 1570

Illustrissimo signor compare sempre mi conviene cerca<r> consolar li afflitti, però bisognia che io vi sia noiosa.

Dovete sapere che sua altezza1145 sta aff littissima per haver inteso che Balen-

1143 Alessandro Sforza di Santa Fiora.1144 Antonio Ramirez di Montalvo, maggiordomo maggiore di Cosimo de’ Medici.1145 In questa lettera Isabella chiama sua altezza sia Cosimo che Giovanna d’Austria. In questo caso sua altezza è Giovanna d’Austria, moglie di Francesco de’ Medici, che si era rivolta a Isabella ritenendo of-fensivo nei suoi confronti che l’arme dei Medici apparissero nello stesso stemma con quelle dei Martelli.

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cio1146 vole domani metter sopra la sua porta di casa uno scudo drentovi l’arme del gran duca mio signore e quella della signora Cammilla, e questa cosa dà tanta alteratione a sua altezza che non si può credere. Se sua altezza1147 si con-tentassi compiacerla di certe cose così fatte, farebbe opera caritativa e degnia di lei. Io ho mandato a dire a Balencio che mi faccia piacer tardar fino alla sera a far ciò, per star adesso che sono 6 hore senza dormire, vi pregio a dir il tutto a sua altezza a ciò sappia la sua volontà, ma vi rachomando la principessa aff litta, per questo è contentissima avanti per la risposta da me riceuta, e non essendo questa per altro, a sua altezza bacio reverentemente le mani e a vostra signoria mi rachomando e lo pregio di risposta quanto prima. Di casa a 6 hore.

Di vostra signoria illustrissima comare e come sorella donna Isabella Medici Orsina.Patrona e signora mia osservantissima, vostra excellentia vede questo e scrivo e

potrà mostrar deta letera a sua altezza, per più sua sodisfation poi vostra excellentia la farà suggellar e mandarla a Antonio Marteli. Ci partiam per il Poggio. Vostra excellentia mi tenga in sua bona gratia poiché la mia servitù lo merita. Di vostra excellentia servitor de qui […] né carta né cera non habiam, ogni cosa è ito via, per-ciò vostra eccellenza perdoni.[158, n.43]a risposta del maggiordomo maggiore nella parte alta della lettera

1146 Al ritorno da Roma Cosimo decise di sposare Camilla Martelli. Il matrimonio fu celebrato il 29 marzo 1570, cfr. J.R.Galluzzi, Storia del Granducato di Toscana, cit., t. III, p.118. Balencio era il soprannome di Antonio Martelli, il padre di Camilla.1147 In questo caso sua altezza è Cosimo de’ Medici.

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Caterina de’ Medici regina di Francia a Isabella dal castello di Vincenne, 29 maggio 1574 (lettera n. 601)

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Bibliografia e Indici

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Don Giovanni d’Austria a Isabella da Napoli, 11 gennaio 1573 (n. 605)

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ARCHIVI E FONDI CONSULTATI CON RELATIVE ABBREVIAZIONIASC - Archivio Storico Capitolino

AO. I - Archivio Orsini I serie: AO, II - Archivio Orsini II serieArchivio Serlupi - Fondo MelliniArchivio Notarile UrbanoCC - Camera Capitolina

ASF - Archivio di Stato di FirenzeMdP - Mediceo del Principato Carteggio universale di Cosimo I Misc. med. - Miscellanea mediceaDU - Ducato di UrbinoCS - Carte Strozziane

ASM - Archivio di Stato di Modena, Can-celleria Ducale, Ambasciatori, agenti e corrispondenti, dispacci da Firenze.

ASR - Archivio di Stato di Roma, archivio della confraternita di Santa Caterina del-la Rosa ai Funari

UCLA, University of California Los Ange-les, Orsini family papers

BAV - Biblioteca Apostolica Vaticana, Ar-chivio Barberini

BANCHE DATI CONSULTATEArchivio di Stato di Firenze= http://www.

archiviodistato.firenze.it/siasfi/Dizionario Biografico Treccani = http://

www.treccani.it/biografie/Vocabolario degli Accademici della Crusca

= http://www.lessicografia.it/ The Medici Archive Project = http://bia.

medici.org/ European Network for Baroque Cultural

Heritage = http://www.enbach.eu/it The Online Archive of California = http://

www.oac.cdlib.orgArchivio Storico Capitolino = http://www.

archiviocapitolinorisorsedigitali.it

Diccionario Biográfico Español de la Real Academia de la Historia = http://dbe.rah.es/

SIUSA, Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche =http://siu sa.archivi.beniculturali.it/

Soprintendenza Archivistica per la Toscana = http://www.sa-toscana.beniculturali.it/fileadmin/risorse/inventari

Biblioteca Ambrosiana, Epistolario di S. Car-lo Borromeo on line = http://ambrosiana.comperio.it/epistolario-di-san-carlo/>

OPERE CITATEAdriani Giovambattista, Istoria de’suoi

tempi di Giovanbatista Adriani gentihuo-mo fiorentino, divisa in Libri ventidue. Di nuovo mandata in luce, Venezia, ad in-statia de’ Giunti di Firenze 1587.

Ago Renata, Borello Benedetta (a cura di), Famiglie. Circolazione di beni, circui-ti di affetti in età moderna, Roma, Viella, 2008.

Aiazzi Giuseppe, Lettera al sig. Ignazio Valletta sopra quanto ha scritto il Sig. A. Dumas intorno alla famiglia Medici, Fi-renze, Stamperia Piatti, 1842.

Alberi Eugenio, Relazioni degli ambascia-tori veneti al Senato, raccolte, annotate e pubblicate da Eugenio Albèri, Firenze, Società editrice fiorentina, 1858.

Aldana Cosmo de, Discorso contro il vol-go in cui con buone ragioni si reprovano molte sue false opinioni, dell’illustre si-gnor Cosimo Aldana spagnuolo, Firenze, appresso Giorgio Marescotti, 1578.

Alei Paolo, Bartlett-Rawlings Bryony, Astrological Fashioning in the Castle of Bracciano:The Frescoes of the Sala Papa-lina by the Zuccari Brothers and the Ce-lebration of Duke Paolo Giordano Orsini, in Paolo Alei and Max Grossman, Building Family Identity: The Orsini Ca-stle of Bracciano from Fiefdom to Duchy (1470-1698), Peter Lang AG, Oxford, 2019.

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458 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

Allegrezza Franca, Organizzazione del potere e dinamiche familiari. Gli Orsini dal Duecento agli inizi del Quattrocento, Roma ISIME, 1998.

Allori Angelo, Sonetti di Angelo Allori detto il Bronzino ed altre rime inedite di più insigni poeti, Firenze, Magheri, 1823.

Amayden Teodoro, La Storia delle fami-glie romane, con note ed aggiunte di C.A. Bertini, Roma, Collegio Araldico, s. d. (rist. anast., Roma, Edizioni Romane. Colosseum, 1987).

Amendola Adriano, Un nuovo cantiere di Bramante a Isola Farnese: la rocca Orsini per Giulio II, «Storia Dell’Arte», vol. 140, 2015, pp.7-20.

Amendola Adriano, Gli Orsini e le arti in età moderna. Collezionare opere, colle-zionare idee, Milano, Skira, 2019.

Amore e guerra nel tardo Rinascimento. Le lettere di Livia Vernazza e Don Giovanni Medici, a cura di Dooley Brendan, Firen-ze, Edizioni Polistampa, 2009.

Andretta Stefano, Farnese, Alessandro in DBI, vol. 45 (1995), pp. 52-65.

Araldi Lodovico, L’Italia nobile nelle sue città e ne’ cavalieri figli delle medeme i quali d’anno in anno sono stati insigniti della croce di San Giovanni e di San Ste-fano, in Venezia, presso Andrea Poleti, 1722.

Arditi Bastiano, Diario di Firenze e di altre parti della cristianità : 1574-1579, a cura di Roberto Cantagalli, Firenze, Isti-tuto nazionale di studi sul Rinascimento, 1970.

Arfaioli Maurizio, Alla destra del Duca: La figura di Chiappino Vitelli nel conte-sto degli affreschi vasariani del Salone dei Cinquecento, Mitteilungen des Kunsthi-storischen Institutes in Florenz, 2007, pp.272-278.

Arrighi Vanna, Della stufa, Pandolfo, DBI, vol. 37 (1989), pp.505-506.

Arrighi Vanna, Gaddi, Niccolò, DBI, vol. 51 (1998), pp. 161-164

Arrighi Vanna, Del Monte, Fabiano, DBI, vol. 38 (1990), pp. 135-137.

Arrighi Vanna, Gianfigliazzi, Bongianni, DBI, vol. 54 (2000), pp. 349- 352

Arrighi Vanna, Martelli, Camilla, DBI, vol. 71 (2008), pp.41-43.

Arrighi Vanna, Pagni, Lorenzo, DBI, vol. 80 (2014).

Ascarelli Alessandra, Caroso, Fabrizio, DBI, 20 (1977), pp. 556-559.

Aurigemma Giulia, Architetture Orsini a Roma, uno sguardo d’insieme: dal Me-dioevo al Cinquecento, in Gli Orsini e i Savelli nella Roma dei papi. Arte e me-cenatismo di antichi casati dal feudo alle corti barocche europee, Milano, Silvana, 2017, pp.83-97.

Bacci Giacomo Pietro, Vita di S. Filip-po Neri, fondatore della congregazione dell’Oratorio, Roma, Bernardino Olivie-ri, 1818.

Baldini Baccio, La vita di Cosimo de’ Me-dici primo Granduca di Toscana, Firenze, Bartolommeo Sermatelli, 1578.

Bando e riforma sopra le immoderate spe-se et pompa del vestire et de’ conviti, in quest’alma città di Roma, in Roma l’anno MDLXVI.

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Bargagli Girolamo, Dialogo de’ giuochi che nelle vegghie sanesi si usano fare, Del Materiale Intronato. All’Illustrissima et Eccellentissima Signora Donna Isabella de’ Medici Orsina Duchessa di Bracciano, Venezia, MDLXXIIII.

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Bibliografia e indici | 459

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466 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

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468 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

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470 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

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INDICE DEI NOMI*

* Nell’indice non appaiono i nomi di Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici, nonché quelli di Cosimo, Francesco e Ferdinando de’ Medici poiché ricorrono con molta frequenza. Non sono compresi i nomi degli autori che appaiono nella bibliografia.

Accoramboni, Vittoria, 10 n. Acquaviva d’Aragona, Giulio card., 214 e n.Afan de Ribera, Pedro, vicerè di Napoli, 184

e n.Agnolo, servitore, 403, 404 Aladana, Cosmo (de), 239 e n., 240Alamanni, Francesco di Tommaso, 331Albizi, Eleonora degli, 21, 400 n.Alessandro, Farnese, duca di Parma, 177 n.,

284, 313 n.Alfonso II, d’Este, duca di Ferrara, 32-36, 54

n., 56, 72 n., 130 n., 381 n., 389, 393 n., 444Almeni, Sforza, 151Altemps, Jacopo Annibale, 115 e n.Altemps, Marco Sittico card., 115 e n., 276Altoviti, Antonio, 331Altoviti, Cornelio, 322, 331Amadei, Fulvio, 68Amendola, Adriano, 16 n.Anguillara di Ceri, famiglia, 112 e n., 382

e n.Anguillara, Everso dell’, 112 e n., 114, 116,

382 e n. Anguillara, Porzia, 382 e n.Aniro, servitore, 166, 168 Anna d’Austria, regina di Spagna, 243 e n.,

244 n., 280 e n.Anna di Bretagna, 393 n.Anna, Jagellona, imper, 126 n.Antinori, famiglia, 439Antinori, Antonio, 439 Antinori, Bernardino, 439Antinori, Francesco, 439Antinori, Giovanni, 21 e n., 24 e n., 103 e n.,

152, 162, 163, 288, 312, 313, 314, 339, 341, 348, 349, 416, 439

Antinori, Regina, 439Antonia, dama, 98 Appiani Jacopo, v. Jacopo VI Appiani d’Ara-

gona signore di Piombino

Aragona, Giovanna d’, 41 n., 143 e n. 277 e n., 299 e n., 312, 347 e n.

Aragona, Maria d’, 41 n.Ariosto, Ludovico, 18Armato, Francesco, 247Astalli, Fulvio, 196 e n.Attavanti Valenti, Ottavia, 63 n.Augusto, messere, 139, 141-143, 183, 187, 190,

268, 348, 361, 370, 416 Avalos d’Aragona, Innico d’, card., 411Avalos, Francesco Ferdinando d’, marchese

di Pescara, 194 e n.Avalos, Giovanni d’, 313 n.Aymerich, conti di Villamar, famiglia, 101

e n.Avorelio, 94

Babbi, Francesco, 202 e n., 205 Baglione, Cesare, 298 e n.Baglioni Orsini, Francesca, 220 e n., 441, 442

e n.Baglioni, Carlo, 371 e n.Baglioni, Giovan Paolo, 353 e n., 373, 374Baglioni, Pirro, 442 n.Baglioni, Rodolfo, 341 n. Baldini, Baccio, protomedico, 192 e n., 400

n., 419 Bandini, Pierantonio, 200 e n., 206, 207, 299Barbara d’Asburgo, duchessa di Ferrara, 126

n., 128 e n., 130 n.Barbino, Pietro, 79 e n., 390 Barbolani di Montauto, famiglia, 329 n.Barbolani di Montauto, Faustina, 440Barbolani di Montauto, Francesco, 328 e n.,

329 Barbolani di Montauto, Girolamo, 440Barbolani di Montauto, Piero, 440Barbolani di Montauto, Pirro, 440Bardi dal Vernio, Francesco di Bernardo,

226 n.Bardi dal Vernio, Margherita, 226 n.

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472 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

Bardi dal Vernio, Maria, 226 n.Bardi dal Vernio, Ottavio, 431 Bardi dal Vernio, Pierantonio, 233 e n.Bardi dal Vernio, Sansonetto, 432, 433Bargagli, Girolamo, 25, 26Bartoli, Cosimo, 219Bartolini Medici, Alessandra, 58 e n., 67, 80,

83, 150, 158, 182, 186, 225, 255, 258, 265Bartolini Medici, Onofrio, 58 n.Bazan, Alvaro de, march. di Santa Cruz,

315 e n.Beccaria, Alessandro, 321 e n, 323, 324, 326,

350, 362, 375Bertucci, Mario, 174 e n.Bianca Cappello, granduchessa di Toscana,

10, 20, 35 n., 36 n., 400 n., 413 e n., 441 e n.Bianca Maria Visconti, duchessa di Milano,

41 n.Bianchetti, Ludovico, 353 n.Biffoli, Angelo, 101Biondi, Orlando, cav. 230 e n.Boncompagni, Ugo, card., 276, 333Bonelli, Michele, card. Alessandrino, 161 e

n., 279, 281 n, 291, 411Bonsi, Domenico, 288, 292, 416Bonsi, Luigi, 321e n., 322, 324, 325, 321 Borghini, Raffaele, 297 e n.Borgia, Lucrezia, 156 n. Borromeo Federico, conte, 78Borromeo, Carlo, card., 81 e n.Borromeo, Ortensia, 115 n.Bosio II Sforza, conte di Santa Fiora, 405 n.Botta, Carlo, 35 n., 37, 39Bourbon del Monte Santa Maria, Orazio,

432, 434 Braimanich, Andrea, 421, 422Bramante, 207 n.Bramanti, Vanni, 418 Brancaccio, Giulio Cesare, 336 e n.Bronzino, Agnolo, 15 e n.Brunori, 125Buonaparte Jacopo, 159, 281, 290, 302, 320,

369Buonaparte, Lazzaro, 225, 370Buonarroti, Michelangelo, 344 n.Buoni, Tommaso, 272 n.

Caetani, Beatrice, 403 n.Calonaci, 150 Camaiani, Onofrio, 111 e n.Camilliani, Francesco, 380 n.

Camillo, 91 Canigiani, Bernardo, 34Cantagalli, Roberto, 34 n., 35 n., 36 n., 441

e n.Capizzucchi Cencio, cap., 177Capizzucchi, Giovanni Antonio, card., 121Cappello, Bartolomeo, 441 n.Cappello, Bianca, v. Bianca CappelloCappello, Vittorio, 10, 441Capponi, Giovan Battista, 151, 152, 153,

203, 204, 409, 415Capponi, Antonio di Niccolò, 331 n. Capponi, Lisabetta, 215 e n.Capponi, Margherita, 203 e n.Capponi, Piero di Alessandro, 331 n.Capponi, Roberto di Piero,331 n.Capponi, Vincenzo di Piero, 331 n.Carafa della Spina, v. SpinaCarafa, Alfonso, card., 55 n.Carafa, Carlo, card., 47, 51 n. Carafa, Ludovico o Luigi, principe di Sti-

gliano, 312 n.Cardona, Antonio de, duca di Montalto, 354,

376 e n.Carlo IX di Valois, re di Francia, 28, 41, 106

n., 173 n., 335 n., 403 n., 405 n., 406, 434, 435

Carlo V d’Asburgo, imperatore, 12 n., 13, 177 n., 300 n.

Carnesecchi, Pietro, 189 e n.Caroso, Marco Fabrizio, 257 e n.Caterina d’Asburgo, regina di Polonia, 10,

27, 126 n., 426, 427Caterina de’ Medici, regina di Francia, 10,

13 n., 28, 171 n., 204 n., 234 n., 280 n., 330 n., 432, 433

Caterina de’ Ricci, santa, 329 n.Cattani, Francesco, 22Cavalcanti, banchieri, 200, 206-208, 302,

305, 337, 356Cavalcanti, Stoldo, 62 e n.Cecchetto, servitore, 157Cecchi, Mariotto, 107 e n. Cecia, donna al servizio di Isabella, 366Cellini, Benvenuto, 253 e n.Cepperelli, Giannozzo, 55 n., 89, 93, 151,

211, 242, 244, 255, 257, 260Cerda, Juan de la, duca di Medinaceli, 376 n.Cerda, Maria de la, 376 n.Cesarini, Giuliano, 156 e nCesi, Angelo, 202 e n., 403 e n.

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Bibliografia e indici | 473

Cesi, famiglia, 82 n., 112 n., 284 n., 383 n.Cesi, Federico, card., 117 e n., 284 Cesi, Paolo, 67 n.Cesi, Pier Donato, 202 n., 405 e n., 407 e n.Cesi, Romolo, 405 n., 407 n.Chigi, famiglia, 82 n., 105, 352Cialdone, 325, 326, 329Ciappino (forse Chiappino), 344, 367 Cibo Malaspina, Alberico, 89 e n.Cibo, Caterina, 41 n.Cicala, Giambattista card., 214 e n., 275 Ciocchi Del Monte, Innocenzo card., 121 e n.Ciregiola, Lodovico, 189 e n.Colonna, Costanza, 51 e n.Colonna, Giulia, 156 n., 173 n.Colonna, Isabella, principessa di Sulmona,

277 e n.Colonna, Marcantonio, 47, 71 e n., 84, 129,

173 n., 187, 262, 272 e n., 275 n., 278 n., 281 e n., 284 e n., 313 n., 340 e n., 347 e n., 381 n.

Colonna, Marcantonio, card., 121 e n.Colonna, Pompeo, 222Colonna, Prospero, 375 e n., 380 n.Colonna, Virginia, 84Colonna, Vittoria, 41 n.Colonna, Vittoria, di Marcantonio, 51Colonna Pignatelli, Geronima, 314 e n., 349Commendone, Giovanni Francesco, card.

276 e n.Concini, Bartolomeo, 288 n., 333 e n., 334,

336Conegrani, Ridolfo, 10, 27, 444 -447Conti, Costanza, 83 n.Corboli, 257 Cornacchino, Tommaso, 419 e n.Correggio, Girolamo da, card., 208 e n.,

210, 214Corteccia, Francesco, 22Cortile, Ercole, 32, 34, 35, 36, 444, 446 n.Costantino, staffiere, 97 Crescenzi, Camillo, 49 e n.Crispo, Tiberio, 49 e n.

Dei, Guglielmo, 93, 113 e n., 173 e n., 175 e n.Del Bene, Bartolomeo, 29 e n., 428, 429, 430Delfini, Flaminio, 177 n.Delfini, Gentile, 177 n.Delfini, Mario, 177 n., 277Del Monte, Fabiano, 137 e n., 140Del Monte, Innocenzo, card., 121 e n.

Del Monte, Pompeo, 95 n.Del Moro, Bastiano, 302Del Riccio, Bernardo, 152, 200 e n., 255,

273, 277, 294, 295, 327, 450, 452Dell’Antella, Donato, 356, 378, 380, 415Della Cornia, Ascanio, 140 e n., 341 n.Della Gherardesca, Ugo, 445 e n.Della Rocca, Pietro, 20 n.Della Rovere, famiglia, 12Della Rovere, Felice, 207 n., 312 n.Della Rovere, Giulio card., 121 e n.Della Stufa, Pandolfo, 171 e n.Delle Palle, Scipione, 16, 182 e n., 185, 221,

223De Pallis, Bruto, 33, 54 e n., 233De’ Servi, Bernardo, 329 e n.De’ Servi, Giovanni, 195 n.Deti, Giovanni, 295 e n.Di Monte, Filippo, 15Dolfin, famiglia, 177Domenico, Antonio, maestro di ballo, 102 e n.Doria, Giovanni Andrea, 313 e n., 315Dumas, Alexandre, 24 n., 37, 39

Eleonora d’Aragona, duchessa di Ferrara, 41 n.

Eleonora d’Asburgo Gonzaga, duchessa di Mantova, 126 n.,

Eleonora de’ Medici Gonzaga, duchessa di Mantova, 288 e n., 400 n.

Elisabetta (o Isabella) d’Asburgo, regina di Francia, 10, 41, 434

Elisabetta di Valois, regina di Spagna, 234 e n., 243 e n., 280 n.

Emanuele Filiberto, duca di Savoia, 29, 41, 309 e n., 428, 431

Enrico I, re di Portogallo, p. 214 e n.Enrico III di Valois, re di Francia, 10, 28,

428, 432 e n., 435Ernesto d’Asburgo, arciduca,119Escalante, 212 e n.Este, Alfonso II d’, v. Alfonso II d’EsteEste, Anna d’, 393 e n.Este, Eleonora d’, 393 e n.Este, Ercole II d’, duca di Ferrara, 389Este, Francesco d’, 156 e n.Este, Ippolito d’, card., 121 e n., 300 n.Este, Lucrezia d’, 393 e n.

Fabi, Girolamo de’, 229 e n., 316, 332, 376Faciuta, Felice, 31

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474 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

Falconcini, Bartolomeo, 247Faldossi, Zaccaria, 191 e n.Fanfanicchio, 78 e n., 80, 143, 145, 146, 160,

180, 181, 182, 196, 276, 378, 379Farnese, famiglia, 13, 82 n., 366, 380 n.Farnese, Alessandro, card., 82 e n., 133, 135,

144 e n., 159 e n., 176-178, 179 n., 198 n., 204 e n., 205-208, 216, 217, 284 e n., 367, 410, 411, 412 e n.

Farnese, Alessandro, duca di Parma, v. Ales-sandro Farnese

Farnese, Costanza, 405 n.Farnese, Ottavio, 177 n., 216, 373Federighi, Silvestro, 226 e n.Ferdinando d’Asburgo, arciduca del Tirolo,

36 n.Ferdinando I d’Asburgo, imperatore, 10,

121 n., 126 n., 426Fernández de Córdoba, Gonzalo II, duca di

Sessa, 28, 370 e n.Fiaschi, Alessandro, 389Filippo II, re di Spagna, 17, 23, 67, 91 n., 115 n.,

119 e n., 149 n., 152 n., 160 n., 180, 234, 244, 293, 300, 301, 328 n., 339, 340 n., 389, 448

Filippo Neri, santo, 52 e n., 69 e n. Folchi, Giulio, 82 e n, 133, 136, 141, 142, 151,

174, 219, 221, 450, 451Fornari, banchieri, 312 e n.Fortunati, Carlo, 302 Frangipane, Muzio, 204 e n.Francesco III Gonzaga, duca di Mantova, 426Frastagliato, v. Sozzini, Fausto Frescobaldi, famiglia, 164 n.

Gacci, Cosimo, 20 n.Gaddi, famiglia, 167 n.Gaddi, Niccolò, 83 e n.Galeni, Gian Dionigi, 342 e n.Gambara, Giovanni Francesco, card. 214 e n.Gardellino, Vittorio, 441 n.Gatteschi Strada, Bartolomeo, 32 e n., 33,

249, 303, 344, 400 n., 419Gerini, famiglia, 169 n.Gerini, Galeazzo, 169 e n.Ghislieri, Michele, card., 161 e n., 197Ghislieri, Paolo, 30, 135, 220, 242 e n., 249Giambologna, 297 n.Gian Gastone I de’ Medici, granduca di To-

scana, 36 n., 37Gianfigliazzi, Bongianni, 372 e n.Giannino, staffiere, 131

Giordano, Giovan Battista, 164 e n.Giorgino, servitore, 213, 214 Giovan Battista d’Arezzo, capitano, 328 e n.Giovanna d’Austria, granduchessa di To-

scana, 10, 24, 26, 27, 36, 121 n., 127 e n., 131 n., 132 n., 139, 148 n., 175 n., 182, 188, 195, 232, 243, 246, 264, 309 n., 424, 425, 441, 450, 452, 453

Giovanna, dama, 98 Giovanni d’Austria, don, 293, 300 n., 301,

302, 305- 308, 311- 316, 319, 328 n., 332,335, 337, 338, 339 n., 340 e n.,341, 342, 345, 351, 365, 375, 376 e n., 407, 418- 420, 436, 437

Giraldi, banchieri, 200Giulio II (Giuliano Della Rovere), papa, 12,

173 n., 207 n.Giulio III (Giovan Maria Ciocchi Del Mon-

te), papa, 12 n., 121 n.Gnoli, Domenico, 39 e n.Goldenberg Stoppato, Lisa, 26 n., 195 n.,

298 n.Gondi, Anton Francesco, 168 n.Gondi, famiglia, 167 n., 429 n.Gondi, Giovan Battista, 429 n.Gondi, Leonardo, 15 n.Gondi, Raffaele, 428, 429, 430Gonzaga, Alfonso, conte di Novellara, 100

e n.Gonzaga, Federico, 127Gonzaga, Francesco, card., 121 e n.Gonzaga, Giulia, 41 n.Gonzaga, Vespasiano, duca di Fondi, 277 n.Granvelle, Antoine Perrenot de, card., 276,

353 n.Grassi, Francesco, card., 126 e n.Graziosi, Grazioso, 95 n. Grazzini, Anton Francesco (detto il Lasca),

344 n.Greco, Bartolomeo, 341 e n.Gregorio XIII (Ugo Boncompagni), papa,

276 e n., 303 n., 353 n., 381 n.Grifoni, Tullio, 301, 416Grifoni, Ugolino, 88 e n., 183 e n., 402Guerrazzi, Francesco Domenico, 35 n., 38,

39Guglielmini, Padovano, 33, 235 e n., 241,

242, 244-246, 273, 303 e n., 305, 318, 333, 337, 365-369

Guglielmo Gonzaga, duca di Mantova e del Monferrato, 126 e n.

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Bibliografia e indici | 475

Guicciardini, Agnolo, 23, 405 e n.Guidacci, Francesco, 187 e n., 211, 213, 244,

308Guidi di Bagno, famiglia, 270 n.Guidi di Bagno, Camillo, 413 e n.Guidobaldo II Della Rovere duca di Urbino,

28n, 313 e n.,330 e n. Guisa, Francesco duca di, 47, 389, 393 n.

Hawthorne, Nathaniel, 38 n.

Isnardi, Tommaso, conte di Sanfré, 309 n.

Jacopo VI Appiani d’Aragona, signore di Piombino, 100 e n., 249, 413

Jacovacci, Paolo, 49 e n.Jimenez, 346 e n., 348 Jouvenel des Ursins de la Chapelle, Chri-

stoph, 109 n., 351 e n.Jouvenel des Ursins famiglia, 109 e n.

Lamberg, Magdalena, contessa di Blagaj, 10, 421, 422

Lancisi, Giovanni Maria, 344 n.Lanfredini, Jacopo, 414 e n., 415Lannoy, Filippo, 277 n.Lapini, Agostino, 264 n., 151 n.Lenzi Gondi, Costanza, 167, 168 e n., 288 n.Lenzi, Lorenzo, vescovo di Fermo, 167 e n.Leoni, Giovan Francesco, 302 e n.Leonor (dogna), 60 e n., 72 e n., 91, 100, 108 Lilli, Ottavio, 79 e n., 80Lodron, Alberico, 315 e n.Lomellini, Pier Battista, 293Lorenzo da Fermo, cap., 212, 215Lorenzo de’ Medici (detto il Magnifico), 13 n.Lucciali, v. Galeni, Gian DionigiLucrezia de’ Medici, duchessa di Ferrara,

10, 12 n., 22, 25, 41 e n., 50, 51, 54 n., 56, 60, 67, 72-74, 77, 79 n., 389, 394

Luigi XII, re di Francia, 393 n.Lusignoli, Alfredo, 10 n.Lutiana (dogna), 393

Madruzzo, Cristoforo, card., 276 e n.Madruzzo, Fortunato, 424 Madruzzo, Ludovico, card., 276 e n.Maestro Onorio, medico, 344 e n.Malaspina, Clarice, 58 e n.Malatesta, Galeotto, 270 n.Malatesta, Giacomo, 78 e n., 150

Mancino, servitore, 109, 112, 256Manfredi, Muzio, 31Manrique de Lara, Luis Fernandez, march.

di Aguilar, 149 e n.Manriques, Tommaso, 267 e n.Mantaco, Rutilio, 216 e n.Margherita (madonna), 65 Margherita d’Austria, duc. di Parma, 177 n.Margherita di Francia, v. Margherita di Valois Margherita di Valois, duc. di Savoia, 29, 41,

428, 430, 431Maria d’Asburgo, imperatrice, 119, 244 n.,

280 n.Maria Maddalena d’Austria, grand. di Fi-

renze, 135 n.Maria Tudor, regina di Scozia, 448 n. Marino, Tommaso, 153 e n.Marino, Virginia, 153 n.Martelli, Antonio (detto Balencio), 450, 453Martelli, Camilla, 276 n., 278 n., 408 e n.,

420, 450, 453Mascula, servitore, 382 Massimi Salviati, Porzia, n. 53Massimiliano II d’Asburgo, imperatore, 29

n., 119, 130 n., 244 n., 276, 280 n., 434Matteucci, Saporoso, 75 e n.Mazzatosta, Riccardo, 97 e n., 129, 321, 325,

356, 334Mazzatosti, Angelo, 279 Mazzinghi, Luigi di Jacopo, 316 e n.Medici, Anna de’, (figlia di Francesco), 264

e n., 288 n.Medici, Eleonora, v. Eleonora de’ Medici

Gonzaga Medici, Garzia (Garcia) de’ (figlio di Cosi-

mo), 18, 22, 53 e n, 77, 395Medici, Giovanni de’ (figlio di E. degli Albi-

zi), 21 e n., 25, 407Medici, Giovanni de’, card., 18, 22, 23, 39 n.,

50 e n., 51, 53 e n., 54, 55 e n., 58, 62, 64, 67 n., 72 e n, 77, 78, 80, 395, 402,

Medici, Leonora de’ (figlia nat. di France-sco), 20, 21, 174, 175 e n., 400 e n.

Medici, Lucrezia de’, v. Lucrezia de’ MediciMedici, Maria de’ (figlia di Cosimo), 22, 50,

51, 53 e n., 54 e n., 60 n., 77Medici, Piero de’ (figlio di Lorenzo), 13 n.Medici, Pietro de’ (figlio di Cosimo), 10, 20

n., 23, 25, 34, 98, 103 n., 219, 222, 223, 296, 300, 329 n., 331, 358, 359, 395, 397, 407, 412, 413, 414, 418, 420

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476 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

Medici, Tommaso de’, 113 n., 195 n., 243, 290Mellini, famiglia, 80 e n.Mellini, Domenico, 27, Mellini, Mario, 80 e n., 93, 95 n., 154, 416Menni, Bernardino, 54Mezari, Maddalena (detta Casulana), 29Miccinelli, Properzia, 177 n.Moncada de Luna, Francesco, 376 n.Montalvo, Antonio Ramirez de, 89 e n., 279,

282, 450, 452, 453Morelli, Matteo, 148Morgante (v. Barbino, Pietro),Moscoso Osorio, Lope de, conte di Altami-

ra, 57, 150, 225Moscoso Osorio, Violante de, 183Murano, Giovanna, 41 n.

Napoliello, cantante, 224Navarrino, cavaliere, 278Nasi, Bernardo, 326 e n.Negri, Giulio, 439Nerli, Caterina de’, 405Nerli, de’, famiglia, 405 n.Niccolini, Agnolo card., 124 e n.

Olgiati, banchieri, 154 e n., 159 n., 204 n.Orazio, 450, 451, 452Orsini, Cecilia, 82 e n.Orsini, Clarice, 13 n.Orsini, Clarice, princ. di Stigliano, 312 e n.Orsini, Eleonora Francesca (detta Nora, No-

ruccia, Nina), 21, 298 n., 299 e n., 300, 304, 319, 323, 327-328, 330, 332-335, 337-339, 343, 345, 350, 362, 369, 378, 382,

Orsini, Ferdinando, duca di Gravina, 130 e n., 348

Orsini, Flavio, card., 80 e n., 129 e n., 320, 337, 343, 351, 416

Orsini, Francesco, abate di Farfa, 49 n., 219Orsini, Francesco di Ottavio, 94 e n., 114,

132, 220 n.Orsini, Francesco, conte di Blagaj, 10, 421-

423Orsini, Franciotto, card., 82 n.Orsini, Gentil Virginio, 90 n., 95 n. Orsini, Giangiordano, 312 n.Orsini, Giovan Battista, arciv. 422 n.Orsini, Giovanni Paolo, o Giovanpaolo, 129 e

n., 219, 271 e n., 282-286, 313, 351, 375, 404Orsini, Girolamo o Gerolamo, 12, 90 n.Orsini, Giulia, 49 n

Orsini, Latino, card., 275 n., 292 n.Orsini, Latino di Camillo, 248 n., 267 e n.Orsini, Leone, 82 e n.Orsini, Mario, 279, 297, 435Orsini, Marzio, 129 e n.Orsini Medici, Alfonsina, 13 n.Orsini, Nicolò, 381 n.Orsini, Orazio, 129 e n.Orsini, Orso, 33, 380 e n., 381 n.Orsini, Paolo, 129 e n.Orsini, Paolo Emilio, 88 n.Orsini, Paolo Giordano II, 229 n.Orsini, Roberto, 13 n.Orsini, Troilo, 35 n., 39 e n., 88 e n., 95 n.,

129 e n., 329, 352 e n., 441 n. Orsini, Vicino, 66 e n., 129 n.Orsini, Virginio, 316Orsini, Virginio (figlio di Isabella), 11, 21,

33, 90 n., 181 n., 220 n., 229 n., 293, 294, 320 n., 342 e n., 345 n., 350-351, 353, 358-359, 362, 367 n., 368-370, 376, 436

Orsini Colonna, Maria Felice o Felice, 51 n., 71 n., 104, 129 e n., 143 n., 267, 268, 277, 284, 299, 312, 347

Orsini d’Aragona, Gentil Virginio, 90 n., 95 n.Orsini d’Avalos, Maria, 313Orsini Rosemberg, famiglia, 128 n.Orsini Rosemberg, Guglielmo, 128 e n., 209

e n.Ortensia, dama di Isabella, 80, 83Osio, Stanislao, card.Osorio Pimentel, Maria, 50 n.

Pacheco de Villena, Francisco, card., 91 e n., 134, 176, 182-183, 189 n., 276, 346, 415

Pagni, Lorenzo, 330 e n.Pallantieri, Alessandro, 334 n.Pallantieri, Cesare, 334 e n.Pallavicino, Fabrizio, 193Paolo III (Alessandro Farnese), papa, 12, 49 n.Paolo IV (Gian Pietro Carafa), papa, 13, 19,

47, 56, 96, 105, 133,71 e n., 326 n.Parisani, Mariano, 199 e n., 200, 201, 203Passerini, Valerio, 409 e n.Passi, Carlo, 133 n. Pecci, Niccolò, 246Perino, 89, 93 Pertev, pascha, ammiraglio turco, 316 e n.Pieraccini, Gaetano, 38, 39Pietra, Clemente, 27, 426Pio di Carpi, Alberto, 82 e n.

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Bibliografia e indici | 477

Pio, Ercole, 153 e n.Pio IV (Giovanni Angelo Medici di Mari-

gnano), papa, 96 n., 50 n., 56, 70 n., 78 n., 80 n., 81 n., 105, 110 e n., 115 n., 122 n., 130 n., 132 n., 150 n., 177 n., 304 n., 411 n.

Pio V (Antonio Ghislieri), papa, 18, 24, 25, 27, 28, 30, 39, 67 n., 133, 134, 135, 144 n., 149 n., 156 n., 171 n., 179 e n., 181, 189, 194, 208 n., 220, 242 n., 258 n., 261 e n., 268 e n., 281 n., 284 n., 333, 405 n., 408 e n., 413

Poggi, Beltramo, 31Pola, Antonio, 190, 191Politi, Paolo, 448Priuli, Lorenzo, 16 n.Pucci, famiglia, 330 n.Pucci, Alessandro, 109 e n., 258, 330 n.Pucci, Emilio, 330 e n.Pucci, Orazio, 330 n.Pucci, Pandolfo, 62 n., 109 n.

Querini, Marco, 410 e n.

Ramirez di Montalvo, Antonio, 89Razzi, Girolamo, 103 e n.Razzi, Silvano, v. Razzi GirolamoRenata di Valois-Orléans, duc. di Ferrara,

393Requesens y Zúñiga, Luis de, comm. magg.

di Castiglia, 301 e n., 319 e n., 326 e n., 355 n.,

Requesens y Zuniga, Juan de, ambasciatore spagnolo, 326 e n. 376 n.

Riario, Pietro, 173 n.Ricasoli, Giovanbattista, 128 e n., 389Ricci, Giovanni, da Montepulciano, card.,

222 e n., 273 e n., 304 e n.Riccio, Bernardo del, 152, 200 e n., 255, 266,

273, 277, 294, 295, 327, 450, 452Ridolfi, Lorenzo, 258Ridolfi, Pier Antonio, 330 n.Ridolfi, Piero o Pietro, 236, 239Ridolfi, Piero di Lorenzo, 330 n., 331 n.Ridolfi, Porzia,236, 239Ridolfi, Ruberto, 29, 448Rodolfo d’Austria, arciduca, 119Rodolfo d’Asburgo, imperatore, 15Rosemberg, famiglia, vedi Orsini Rosemberg,Rossetti, Stefano, 18 e n., 26, 134, 220 e n., 307Rossi di San Secondo, Angela di Troilo, 407 n.Rossi di San Secondo, Troilo, 127 e n., 128, 320Roti, Ginevra, 254 e n., 255

Sala, Bernardino, maestro di ballo, 175, 223, 224

Sale, Giulio, 381 e n.Salviati, Alamanno di Jacopo, 242Salviati, Alessandro, 135 n., 153 n.Salviati, Antonio, 353 e n., 573, 374 e n.Salviati, Camilla di Tommaso, 203 e n., 204

e n.Salviati, Giovan Battista, 52, 83 e n., 84Salviati, Jacopo, 155 e n.Salviati, Leonardo, 22Salviati Orsini, Lucrezia, 248 e n., 267 n.Salviati, Maria, 16Salviati, Porzia, v. Massimi SalviatiSangalletti Guglielmo, 189 e n.Sanseverino, Gian Galeazzo, conte di Caiaz-

zo, 106 e n.Sansovino, Francesco, 19, 131 n., 421, 422 n.Santi Di Tito, pittore, 131 n.Sastre, Hernando, di, maestro di campo, 319

e n., 320, 323, 324, 325Sauli famiglia, 199Savelli, Mario, 39 n.Savelli, Onorio, 308, 355 e n., 360, 367Savelli, Troiano o Troilo, 335 e n.Scalante, spagnolo v. EscalanteScotti, famiglia, 438 n.Scotti, Onorio, 438 e n.Serguidi, Antonio, 269 n., 288 n.Serristori, Averardo, 12 n., 133, 175, 262, 404

e n.Settimanni, Francesco, 37, 38Sforza, Ippolita, 41 n.Sforza di Santa Fiora, famiglia, 13, 413Sforza di Santa Fiora Alessandro, card., 214,

452, 157, 206, 415Sforza di Santa Fiora Bosio, 405 n.Sforza di Santa Fiora Carlo, 157, 371 e n.Sforza di Santa Fiora Orsini, Francesca, 12,

96 n.Sforza di Santa Fiora, Guido Ascanio, card.,

12 n., 48 n., 49, 55 e n., 61, 62, 63, 67 n., 77, 82 n., 84, 87, 88, 104, 258 e n., 261, 268 e n., 438

Sforza di Santa Fiora, Mario, 157, 67 n., 414, 438

Sforza di Santa Fiora, Paolo, 30, 62 e n., 104, 121, 371, 438

Sforza di Santa Fiora, Sforza, 335 n., 405 n., 438

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478 | Lettere tra Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici Elisabetta Mori

Sigismondo II Augusto Jagellone, re di Po-lonia, 27

Siri, 68, 69 e n., 104Sirleto, Guglielmo, card., 276Sisto IV, (Francesco della Rovere) papa, 80 n.Souchier, Girolamo, abate di Chiaravalle,

276 e n.Sozzini, Cornelio, 30, 220, 251 e n., 258, 260,

262Sozzini, Fausto, 30, 31, 220, 268 e n., 271,

277, 279-281, 297Sozzini, Lelio, 251 n.Sozzini, Mariano, 251 n.Spadafora, Pompeo, 295, 310, 411Spina, cavalier della, 316 e n., 320, 321Spinelli, Scipione, duca di Seminara, 332,

334Spinola, banchieri, 247Stefano, messere, 80, 363, 364, 382Strada, Bartolomeo, v. Gatteschi StradaStriggio, Alessandro, 445 e n.Strozzi, famiglia, 167 n., 403 e n.Strozzi, Gabriele, 377Susena, Francesco, 56 e n., 389

Tarugi Francesco Maria, card., 12 e n., 79 e n.Tasso, Torquato, 20Tebaldi, Giovan Battista (detto Elicona),

201 e n., 321, 322Teofilo, staffiere, 92 Toledo Medici, Leonora di (detta Dianora),

20, 34, 103, 329, 331, 346 , 418, 439 Toledo, Anna di, 57, 150, 225Toledo, Antonio di, 21, 215Toledo, Eleonora di, 4, 16, 17, 18, 27, 28, 31,

39, 53, 55, 57, 58, 59, 72, 77, 78, 89, 213, 395Toledo, Fernando di, duca d’Alba, 105, 170,

199 e n., 355, 448Toledo, Fernando di, figlio del duca d’Alba,

priore di Castiglia, 28, 29, 170, 448, 449, Toledo, García di, vicerè di Napoli, 95, 106,

108, 150, 152, 157, 158, 160 e n., 162 e n., 170, 215, 219, 222, 223 e n., 235 e n., 238

Toledo, Hernando di, 393, 394Toledo, Luigi di, 59, 137-140, 145-150, 158, 163,

165, 167, 170, 183, 228, 314, 380, 392-393Toledo, Pedro di, figlio di don Garcia, 170

Toledo, Pedro di, viceré di Napoli, 39, 50 Tolla, servitrice, 303Tomassetti, Giuseppe, 10 n.Tomassoni, Lucantonio, 216 e n.Torelli, Francesco, 304Torelli, Lelio, 22 n.Tornabuona, dama, 24, 406Tornabuoni, Lorenzo, 330 e n., 430 e n.Tournon, Just de,173 e n., 180 e n.Trissino, 268Truchsess von Waldburg, Otto, card., 276

e n.

Ungaro, Marco, 270Usimbardi, Piero, 269 n., 300, 302 e n., 303,

410

Vaini, Enea, 349 e n.Valenti, Alessandro, conte palatino, 56, 63

n., 67 e n., 69Valenti, Lelio, conte di Rivosecco, 63 e n.Varchi, Benedetto, 15, 16, 18, 26, 67 n., 103Vasari, Giorgio, 24 n., 103 n.Vecchietti, Bernardo, 288, 297 e n.Vergallitto, Luca Giovanni 245 e n.Vico, Francesco, capitano, 347 e n.Villamar, v. Aymerich Vincenzo I Gonzaga, duca di Mantova,

400 n. Vitali, Ascanio, 93 Vitelli, famiglia, 189Vitelli Gian Luigi detto Chiappino, 157 e

n., 319 n., 407 n.Vitelli, Vincenzo, 23, 185 e n., 407 e n.Vitelli, Vitellozzo, card., 121 e n., 198,

407 n.

Webster, John, 37Winspeare, Fabrizio, 38, 39Wrsich, Petro, 421, 422Wyhowska de Andreis, Wanda, 426 n.

Zasio, Giovanni Ulderico, 304 n.Zazzarini, Mario, 304 e n.Zuccari, Federico, 13 n.Zuccari, Giovanni, 97 Zuccari, Taddeo, 13 n.

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Lo stemma di Paolo Giordano Orsini e Isabella de’ Medici nel castello di Bracciano [foto Marco Fiorani]

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L’Archivio Storico Capitolino conserva tra i suoi fondi più importanti quello della famiglia Orsini (XII-XIX sec.). Durante il lavoro di riordinamento sono emerse più di cinquecento lettere scambiate tra Paolo Giordano Orsini I duca di Bracciano (1541-1585) e sua moglie Isabella de’ Medici (1542-1576) figlia del Granduca di Toscana Cosimo I. Sono state anche rinvenute lettere spedite a Isabella dai fratelli, Lucrezia duchessa di Ferrara, Ferdinando cardinale, Francesco Granduca, oltre che da uomini e donne tra i più potenti del tempo, Caterina de Medici ed Elisabetta d’Asburgo regine di Francia, Enrico III, Don Giovanni d’Austria, Caterina regina di Polonia, Margherita di Savoia e perfino da gente comune che le chiede protezione. Si tratta di una fonte molto importante non solo perché dimostra la funzione politica di entrambi i duchi di Bracciano nella Firenze e nella Roma del tardo Rinascimento, ma anche la complice intesa che li lega sin da bambini e la profonda attenzione che seppero dedicare agli affetti familiari. Queste lettere sono ancora quasi del tutto inedite, anche se l’autrice ne ha già utilizzato il contenuto per ricostruire le vicende dei due sposi che una lunga tradizione storiografica di matrice antimedicea aveva rivestito di tradimenti e delitti.

Elisabetta Mori. Già archivista presso l’Archivio Storico Capitolino, ha curato l’inventariazione di numerosi archivi familiari. Ha pubblicato il Giornale di viaggio di Giacomo Savorgnan di Brazzà (Olschki 2008), fratello ignorato del famoso esploratore Pietro e, attraverso l’analisi rigorosa delle fonti documentarie, ha ricostruito e rivisitato le vicende di personaggi del Rinascimento italiano che la storiografia tradizionale aveva romanzato e artefatto, come Beatrice Cenci (Beatrice Cenci. La storia, il mito, Viella 1999, con Mario Bevilaqua), Isabella de’ Medici (L’onore perduto di Isabella de’ Medici, Garzanti 2011) e più recentemente Vittoria Accoramboni.

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