Le tesi di Amburgo e altro (Guy Debord)

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 Guy Debord Le Tesi di Amburgo del settembre 1961 (Nota di servizio per la storia dell'Internazionale Situazionista) (Internationale Situationniste. 1958-1969. Libreria Arthème Fayard, Parigi, maggio 1997) Le Tesi di Amburgo costituiscono indubbiamente il più misterioso tra tutti i docum enti che provengono dall'I.S., dei quali molti furono ampiamente diffusi e altri spesso furono destinati ad una circolazione discreta. Le Tesi di Amburgo sono state evocate molte volte nella pubblicistica situazioni sta, ma senza che una sola citazione ne sia stata mai offerta: ad esempio, in I. S. n. 7, alle pagine 20, 31 e 47; più indirettamente in I.S. n. 9, a pagina 3 (con il titolo dell'editoriale Maintenant, l'I.S.); ed anche nei contributi, rimasti inediti, di Attila Kotányi e di Michèle Bernstein, in occasione del dibattito del 1 963 sulle proposte programmatiche di A. Kotányi. Sono menzionate, senza commento, nell'Elenco delle opere citate, alla pagina 99 di Internationale Situationniste (protagonistes, chronologie, bibliographie), di Raspaud e Voyer. Si tratta in sostanza delle conclusioni, volontariamente tenute segrete, di una discussione teorica e strategica riguardante tutta la condotta dell'I.S. Questa discussione ebbe luogo durante due o tre giorni ai primi di settembre del 1961, in una serie scelta casualmente di bar di Amburgo, tra G. Debord, A. Kotányi e R. Vaneigem che si trovavano allora sulla strada del ritorno dopo la V Conferenza d ell'I.S., tenuta a Göteborg dal 28 al 30 agosto. A queste Tesi doveva ulteriorment e contribuire Alexander Trocchi, assente ad Amburgo. Deliberatamente, con l'inte nto di non lasciar filtrare fuori dell'I.S. una traccia che potesse permettere o sservazioni o analisi esterne, nulla è stato messo per iscritto di questa discussi one e di ciò che si decise. Si decise allora che il semplice riassunto di quelle c onclusioni, ricche e complesse, poteva essere ricondotto ad una sola frase: L'I. S. deve, ora, realizzare la filosofia. Questa stessa frase non fu scritta. Dunqu e, la conclusione fu così ben nascosta che è rimasta segreta fino ad oggi. Le Tesi di Amburgo hanno avuto un'importanza considerevole, per almeno due aspet ti. In primo luogo perché datano la principale opzione della storia dell'I.S. Ma a nche in quanto pratica sperimentale: da quest'ultimo punto di vista, era un'inno vazione sorprendente nella sequela delle avanguardie artistiche, che fino a quel momento avevano tutte dato l'impressione di essere desiderose di offrire spiega zioni. La conclusione evocava una celebre formula di Marx del 1844 (nel suo Contributo alla critica della filosofia del diritto di Hegel). Significava in quel momento che non si sarebbe più dovuto prestare la benché minima attenzione alle concezioni d ei gruppi rivoluzionari che potevano sussistere ancora, in quanto eredi del vecc hio movimento sociale d'emancipazione annientato nella prima metà del nostro secol o; e che dunque si poteva contare soltanto sull'I.S. per rilanciare al più presto un'altra stagione della contestazione, rinnovando tutte le fondamenta di quella che si era costituita negli anni 1840. Questo punto, una volta stabilito, non im plicava una prossima rottura con la destra artistica dell'I.S. (che voleva debol mente continuare, o soltanto ripetere, l'arte moderna), ma la rendeva estremamen te probabile. Si può dunque riconoscere che con le Tesi di Amburgo fu decretata la fine, per l'I.S., della sua prima fase - la ricerca di un terreno artistico rea lmente innovativo (1957-61); ed anche che fu fissato il punto di partenza dell'o perazione che condusse al movimento del maggio 1968, ed alle sue conseguenze. D'altra parte, a considerarne soltanto l'originalità sperimentale, cioè l'assenza di qualsiasi redazione scritta delle Tesi, l'applicazione socio-storica ulteriore di quell'innovazione formale fu altrettanto notevole: dopo aver subito, è ovvio, u n rovesciamento completo. Non più di venti anni dopo, infatti, si poteva osservare che il metodo aveva incontrato un insolito successo nelle istanze superiori di numerosi Stati. Si sa ormai che le decisioni veramente vitali, rifiutano di iscr

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Guy Debord

Le Tesi di Amburgo del settembre 1961�(Nota di servizio per la storia dell'Internazionale Situazionista)

�(Internationale Situationniste. 1958-1969. Libreria Arthème Fayard, Parigi, maggio

1997)��Le Tesi di Amburgo costituiscono indubbiamente il più misterioso tra tutti i documenti che provengono dall'I.S., dei quali molti furono ampiamente diffusi e altrispesso furono destinati ad una circolazione discreta.Le Tesi di Amburgo sono state evocate molte volte nella pubblicistica situazionista, ma senza che una sola citazione ne sia stata mai offerta: ad esempio, in I.S. n. 7, alle pagine 20, 31 e 47; più indirettamente in I.S. n. 9, a pagina 3 (conil titolo dell'editoriale Maintenant, l'I.S.); ed anche nei contributi, rimastiinediti, di Attila Kotányi e di Michèle Bernstein, in occasione del dibattito del 1963 sulle proposte programmatiche di A. Kotányi. Sono menzionate, senza commento,

nell'Elenco delle opere citate, alla pagina 99 di Internationale Situationniste(protagonistes, chronologie, bibliographie), di Raspaud e Voyer.Si tratta in sostanza delle conclusioni, volontariamente tenute segrete, di unadiscussione teorica e strategica riguardante tutta la condotta dell'I.S. Questadiscussione ebbe luogo durante due o tre giorni ai primi di settembre del 1961,in una serie scelta casualmente di bar di Amburgo, tra G. Debord, A. Kotányi e R.Vaneigem che si trovavano allora sulla strada del ritorno dopo la V Conferenza dell'I.S., tenuta a Göteborg dal 28 al 30 agosto. A queste Tesi doveva ulteriormente contribuire Alexander Trocchi, assente ad Amburgo. Deliberatamente, con l'intento di non lasciar filtrare fuori dell'I.S. una traccia che potesse permettere osservazioni o analisi esterne, nulla è stato messo per iscritto di questa discussione e di ciò che si decise. Si decise allora che il semplice riassunto di quelle conclusioni, ricche e complesse, poteva essere ricondotto ad una sola frase: L'I.

S. deve, ora, realizzare la filosofia. Questa stessa frase non fu scritta. Dunque, la conclusione fu così ben nascosta che è rimasta segreta fino ad oggi.Le Tesi di Amburgo hanno avuto un'importanza considerevole, per almeno due aspetti. In primo luogo perché datano la principale opzione della storia dell'I.S. Ma anche in quanto pratica sperimentale: da quest'ultimo punto di vista, era un'innovazione sorprendente nella sequela delle avanguardie artistiche, che fino a quelmomento avevano tutte dato l'impressione di essere desiderose di offrire spiegazioni.La conclusione evocava una celebre formula di Marx del 1844 (nel suo Contributoalla critica della filosofia del diritto di Hegel). Significava in quel momentoche non si sarebbe più dovuto prestare la benché minima attenzione alle concezioni dei gruppi rivoluzionari che potevano sussistere ancora, in quanto eredi del vecc

hio movimento sociale d'emancipazione annientato nella prima metà del nostro secolo; e che dunque si poteva contare soltanto sull'I.S. per rilanciare al più prestoun'altra stagione della contestazione, rinnovando tutte le fondamenta di quellache si era costituita negli anni 1840. Questo punto, una volta stabilito, non implicava una prossima rottura con la destra artistica dell'I.S. (che voleva debolmente continuare, o soltanto ripetere, l'arte moderna), ma la rendeva estremamente probabile. Si può dunque riconoscere che con le Tesi di Amburgo fu decretata lafine, per l'I.S., della sua prima fase - la ricerca di un terreno artistico realmente innovativo (1957-61); ed anche che fu fissato il punto di partenza dell'operazione che condusse al movimento del maggio 1968, ed alle sue conseguenze.D'altra parte, a considerarne soltanto l'originalità sperimentale, cioè l'assenza diqualsiasi redazione scritta delle Tesi, l'applicazione socio-storica ulterioredi quell'innovazione formale fu altrettanto notevole: dopo aver subito, è ovvio, u

n rovesciamento completo. Non più di venti anni dopo, infatti, si poteva osservareche il metodo aveva incontrato un insolito successo nelle istanze superiori dinumerosi Stati. Si sa ormai che le decisioni veramente vitali, rifiutano di iscr

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iversi sulle reti degli elaboratori, nelle registrazioni magnetiche o telex, e che diffidano anche delle macchine da scrivere e delle fotocopiatrici; dopo essere state spesso delineate in forma di note scritte a mano, sono semplicemente trasmesse a voce e la bozza distrutta.Questa nota è stata scritta in particolare con l'intento di ..., chi infaticabilmente ha corso il mondo per trovare le tracce dell'arte soppressa dell'Internazionale Situazionista, ed anche degli altri suoi diversi misfatti storici.

Novembre 1989Guy DebordAttestazioni

Guy Debord, MémoiresSeconda edizione, Jean-Jacques Pauvert aux Belles Lettres, Parigi, novembre 1993

�Le rare opere della mia gioventù sono state speciali. Si deve ammettere che un gusto della negazione generalizzata le univa. In grande armonia con la vita reale che conducevamo allora.L'arte moderna era stata, ma per poco tempo ancora, critica e rivoluzionaria. Ne

l mondo della decomposizione possiamo mettere alla prova ma non impiegare le nostre forze. Molte brutte intenzioni vi trovavano delle coperture quasi onorevoli.Ho cominciato con un film senza immagini, il lungometraggio Hurlements en faveurde Sade, nel 1952. Lo schermo era bianco con il sonoro, nero con il silenzio che si dilatava; l'ultimo piano-sequenza nero durava da solo 24 minuti. Le condizioni specifiche del cinema permettevano di interrompere l'aneddoto attraverso masse di silenzio vuoto. I cine-club insorti per l'orrore gridavano troppo forte per riuscire a sentire quel poco che avrebbe potuto sconcertarli del dialogo.Asger Jorn mi procurò, nel 1958, un'occasione per andare oltre. Pubblicai le Mémoires che, francamente, erano composte soltanto di svariate citazioni, senza annoverare una sola frase, pure breve, che fosse mia. Ho offerto questo antilibro ai miei amici, nulla di più. Nessun altro fu informato della sua esistenza. Volevo parlare la bella lingua del mio secolo. Non ci tenevo molto ad essere ascoltato.

Nel frattempo, nel 1953, io stesso avevo scritto, con un gesso, su un muro di rue de Seine che la patina degli anni aveva annerito, il temibile slogan Ne travaillez jamais [Non lavorate mai]. Si è creduto inizialmente che scherzassi (il passante che mise in salvo il documento per la storia aveva pensato di fotografare l'iscrizione per destinarla a una serie di cartoline postali umoristiche).Non ho, in ogni caso, detto il minimo di bene a proposito di quelle Mémoires, a quel tempo. E non credo che adesso sia necessario dirne di più. Avevo dimostrato lamia sobria indifferenza verso il giudizio del pubblico, dato che non era neppureammesso a vedere l'opera. L'epoca di tali convenzioni non era forse superata? Così le mie Mémoires, da 35 anni, non sono mai state messe in vendite. La celebrità è arrivata dal non averle diffuse che secondo la maniera del potlatch: cioè del regalosontuoso, che sfida l'altro a restituire qualcosa di più estremo. Persone tanto al

tezzose mostrano che sono capaci di tutto, a modo loro.Queste poche precisazioni faranno notare meglio quanto ero nel giusto a riassumere così quel periodo nel mio Panégyrique del 1989: Le nostre sole manifestazioni, restando rare e brevi nei primi anni, volevano essere completamente inaccettabili;dapprima soprattutto nella forma e più tardi, approfondendosi, soprattutto nel loro contenuto. Esse non sono state accettate.Guy DebordOttobre 1993

Guy Debord�Due lettere a Gérard Guégan

Gérard Guégan, Un Cavalier à la mer. Éditions François Bourin, Paris, janvier 1992

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�Parigi, 17 novembre 1972Caro Guégan,Un certo Daniel Denevert si rivolge a me perché vuole presentare un manoscritto aChamp Libre e perché ciò avvenga rapidamente.Non ho tempo per incontrare l'autore, e tanto meno potrei acconsentire a leggere

il manoscritto: cioè il minimo ruolo di censura, che si tratti della qualità dellascrittura o di tutto il resto. La strada più semplice è quella che vi mettiate d'accordo per un appuntamento. In ogni caso, questo libro certamente si inserisce inuna prospettiva molto più avanzata di quella del bordighista-revisionista di cui Champ Libre ha recentemente pubblicato l'infelice Mouvement Communiste.Denevert ha creduto di far bene a scrivermi che scommetteva questa volta sul mio"senso della rivoluzione". Il senso della rivoluzione, ammesso che mi capiti diaverlo, spero che forse sia giudicato da qualcosa di diverso delle deduzioni capricciose di non non si sa chi. Spero che il suo libro dimostri maggiore senso storico. E suppongo che lei non abbia paura, giudicando dei manoscritti, di far giudicare dai loro autori il suo senso della rivoluzione; ed editoriale.Con amicizia.

Guy Debord��29 novembre 1972�Caro Guégan,Poiché è vero che non leggo i manoscritti di Champ Libre - e del resto nessuno può dubitarne in buona fede, giacché fortunatamente è da molto tempo che più niente autorizzaa confondermi con Vaneigem e con altri -, persisterò nel penoso ruolo di sottolinearle i rari difetti di alcuni libri già stampati: nel suo eccellente Clausewitz:a pagina 25, nel quarto paragrafo, mi sembra che si debba dire "heureusement franchi l'Aube"; a pagina 43, nel terzo paragrafo, la data tra parentesi deve essere il 20 marzo; infine nella prima riga di pagina 102, si dovrebbe eliminare unaparentesi isolata.

Ricevo le copie di una grande quantità di lettere che le indirizza il comico Denevert. Un autore che scrive tali lettere ha almeno il merito di abbreviare considerevolmente il lavoro di un comitato di lettura. Se è la coscienza che fa il proletario, e l'intelligenza del reale il dialettico, le astuzie miserabili e inevitabilmente fallite di questi piccoli imbroglioni farebbero pensare che si siano conferiti un po' troppo presto questi titoli. Le invio la fotocopia di quella che è,esplicitamente, una richiesta d'intervento. Si vede spuntare, tra le varie ingenue speranze, l'argomentazione sentimentale che lui deve vivere. Ma a chi glieneimporta?In amiciziaGuy Debord�

�Nota di Omar Wisyam:Le due lettere si trovano alle pagine 238-239. Guégan commenta: "Se spedì una copiadella sua prima lettera a Daniel Denevert, Debord si guardò dal comunicargli la seconda. Non si è mai troppo prudenti."Nell'indice della Correspondance di Debordi@na, anno 1972, si può leggere: [La lettre de Guy Debord à Gérard Guégan du 29�novembre�1972 est un faux.] La lettera di Guy Debord a Gérard Guégan del 29 novembre 1972 è un falso.�

Émile Marenssin (Jacques Baynac)�

Lettera a Guy Debord�

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18 luglio 1974�Signore,Oggi soltanto mi arriva conferma del giudizio ad hominem con cui lei ha credutodi poter sanzionare l'odioso crimine di lesa maestà che mi ero concesso criticando, in un articolo, quel coso che è il cosiddetto concetto di spettacolo. Dopo di ciònon mi è più assolutamente possibile credere alla sua onestà intellettuale.Lei è un bluff, e questo comincia ad essere risaputo.

I nostri mezzi ed i nostri fini non hanno, in effetti, niente in comune. Non miappartengono né il gusto - vergognoso - del potere, né quelli dell'intrigo e della calunnia. Non distinguerci nell'arrivismo, se non per le rispettive misure, grande per lei e piccolo per me, è quindi un'insulsaggine. Ma se lei avesse ragione, mibasterebbe il non dover affatto rischiare quel grande disastro che patiscono unpensiero e una vita di cui, a dire il vero, più nessuno vede la necessità. Salvo, forse, il capitale.Arrivederci dunque, pauvre lapassade.�

Nota di Omar Wisyam:La lettera è tratta dal volume di Gérard Guégan, Un cavalier à la mer, Edizioni François B

ourin, Parigi, 1992.�

Guy Debord a Jaime Semprun�(Editions Champ Libre, Correspondance. Volume IEditions Champ Libre, Parigi, ottobre 1978)�

Parigi, 26 dicembre 1976Compagno Semprun,La protesta che tu mi invii si basa interamente ed apertamente su una sequela diipotesi stravaganti. E' veramente penoso immaginare che qualcuno possa crederne

probabile, o semplicemente possibile, anche soltanto una, tuttavia ai tuoi occhi ciascuna di queste affermazioni arbitrarie sembra porre le basi della possibilità della successiva, che è dello stesso tipo, e così la serie prende una qualche sembianza di coerenza. In effetti, al di là di alcune sottigliezze oratorie, secondo te: 1. dirigerei in un modo o in un altro le Edizioni Champ Libre; 2. dunque avrei il dovere imperativo di farvi pubblicare sempre e comunque le opere dei rivoluzionari di tutto il mondo, altrimenti sarebbe fondato il rimprovero di nuocere alla rivoluzione, nel caso in questione, spagnola; 3. ti odierei per delle ragioni oscure, probabilmente personali; 4. di modo che avrei deciso personalmente, oavrei preteso da altri, il rifiuto del tuo recente libro sulla Spagna, se non anche di tutti i tuoi futuri lavori, quanto meno per Champ Libre.Dirò chiaramente ed in poche parole che tutte queste ipotesi, diversamente offensi

ve ma egualmente insostenibili, che tu avanzi con un tono di semi-convinzione, in cui non credo di riconoscere dello humour noir, sono integralmente false. Dunque è necessario che le delusioni a causa delle quali ti lamenti abbiano un'altra causa.Non mi limiterò tuttavia a questa semplice smentita, che sarebbe pienamente sufficiente in un'epoca meno irrazionale. Oggi, una concentrato così ricco di voci sull'argomento, poiché sei tu che le formuli e non un Bastid-Ratgeb o un Denevert, merita purtroppo una risposta dettagliata, e pubblica nella misura in cui sarà necessaria. Inoltre, innegabilmente hai il diritto di ricevere quelle spiegazioni che mi chiedi ora riguardo alla scarsità delle nostre relazioni personali nel 1975 (credevo che quelle piuttosto semplici ragioni non ti fossero sfuggite), sebbene siauna questione che non ha alcun rapporto con tutto il resto.A parte il fatto che le tue ipotesi sono radicalmente false, trovo poco serio lo

spirito che presiede al loro assemblaggio. Sai necessariamente che non ho alcuna ragione personale di essere tuo nemico. Ma ho molti nemici e non mi si è mai accusato di censurarli; neppure di praticare quella dissimulazione pseudo-sdegnosa

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delle posizioni dell'avversario che si trova così spesso nei gauchismes: del restoho sempre considerato che, per i miei nemici, la cosa peggiore fosse che si leggessero attentamente i loro testi. Ma tu pensi realmente che i tuoi scritti si oppongano alle mie idee? E ammettendo che si oppongano, credi che ciò mi possa darefastidio?Comprendo altrettanto poco, ma è un misero dettaglio, perché insinui che mi sarei ingannato sull'identità di Manchette. Sostengo che Manchette è Jean-Pierre George, e c

he i dati sui quali si basa la mia convinzione sono almeno altrettanto validi diquelli che ti hanno fatto riconoscere un altro autore, che si firmava come Franklin.Non posso neppure accettare l'alternativa molto sommaria che presenta inizialmente la tua lettera, e secondo la quale, poiché si dice che non sono io a decidere di rifiutare il tuo ultimo libro (straordinariamente, come dici, ma capita che lostraordinario sia alla fine la realtà, più o meno spesso, secondo il rigore del ragionamento di coloro che costruiscono queste ipotesi), ciò vorrebbe dire dunque cheil rifiuto è dovuto soltanto ad un capriccio di Lebovici. Non è una forma argomentativa molto solida, quella che consiste nel presentare la ricerca della causa inun caso simile come se debba essere in blocco giocata a testa o croce tra due elementi esterni: il giudizio di un terzo non interessato o l'alienazione mentale

dell'editore. Non si dovrebbe ipotizzare almeno la possibilità che anche l'autoreabbia un ruolo altrettanto decisivo ed una qualche responsabilità? Il grado di successo della maggior parte dei libri è frutto di un confronto di opinioni molto variegate.A proposito dei problemi riguardo le Edizioni Champ Libre, osservo che la tua lettera fornisce argomentazioni piuttosto stranamente mescolate tra ciò che sai, ciò che sospetti, ciò che altri pensano ma che dichiari, tu, di non pensare ed anche ciòche degli altri ancora potrebbero, forse, immaginare. Dirò dunque molto chiaramente ciò che è, a te e a tutti gli altri che potrebbero essere interessarsi allo stessodibattito.Di alcuni deliri d'interpretazione che tu mi segnali (e ne conoscevo altri), credo che si può dire principalmente che si tratta di uno dei numerosi segni dell'irrealtà angosciata che vive la nostra epoca, questo rende possibile certamente che t

anta gente, che non sa leggere, si appassioni per le sorti di una casa editrice.Si comprende di sicuro più rapidamente la comica ipocrisia dei Khayati-Martens-Bastid, servi e pagliacci a tempo pieno delle più abbrutite produzioni commerciali,a favore delle edizioni pirata che, non venderebbero ma distribuirebbero gratuitamente non si sa che cosa né dove (ho sempre visto, quanto a me, i miei pirati vendere i miei scritti, ma non è neppure questo che rimprovero loro! Hai avuto tu stesso i tuoi pirati, e non potrai evitare di fare la stessa osservazione). In quelcaso, è la semplice invidia che dice: è troppo verde, ma senza riuscire a salvare la faccia come la volpe della favola, perché sono animali meno eleganti. Altrove, ci sono inevitabilmente dei cretini che si intestardiscono a credere che abbia scritto il Précis o i libri di Migeot o di Henry e Leger, e forse anche - perché no? -le varie tesi di Voyer che sono manifestamente dirette contro di me. Voci di qu

esto tipo corrono anche a proposito del Rapporto veridico, il che è già meno straordinario: sono sempre stati sospettati i traduttori, e poiché si sa che Censor non esiste ... Hai d'altronde un bel posto in questo festino degli dei, poiché esistonodei portoghesi che attribuiscono La guerre sociale a Monteiro.Trovo spiacevole che gli individui più intelligenti sembrino cadere in una sorta di scivolata metafisica sull'esame dello statuto ambiguo di una casa editrice, fosse anche la migliore. Occorre riconoscere concretamente ciò che è una casa editrice, e quale funzione essa può avere, considerare con occhio disincantato le condizioni della sua esistenza e le relazioni che implicano.Champ Libre è una casa editrice, e lo è in una società mercantile ovviamente; sebbenecertamente meno commerciale, nel senso che si dà a questo termine nelle questioniintellettuali ed artistiche, di tutte le altre, piratesche o ufficiali. L'ostilità molto attiva che questa casa editrice incontra ovunque negli ambienti della fal

sificazione contemporanea la onora certamente, ed anche la identifica in una misura abbastanza ampia, con il partito della verità. Merita dunque in quanto tale (ma non di più, e soprattutto non completamente) di essere sostenuta e difesa dai ri

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voluzionari contemporanei, in misura molto maggiore di quanto essa dovrebbe, essa, difendere e sostenere questi rivoluzionari, ovunque siano: perché quello non puòessere il suo ruolo, dato che implicherebbe che le sia riconosciuto un potere direttivo propriamente demenziale poiché, essendo identico alla funzione di un partito totalitario senza avere nulla della sua realtà pratica ed ideologica, quest'autorità sarebbe fondata su una sorta di diritto divino. Sebbene alcuni possano dirlo, io non sono il Weltgeist seduto dietro le bottiglie, e Champ Libre non è una mia

creazione. Non può dunque essere in alcun modo considerata il tribunale della verità e l'istanza di direzione coerente del suo movimento. Ciò che molti rifiutano dicomprendere, è che l'aspetto visibilmente e precisamente politico di queste Edizioni - bakuniniste o korschiste o debordiste, ecc. di sicuro, non può essere, nellesue tesi, unitario e coerente; e questo non perché l'editore Lebovici sia una personalità esitante e incerta, incapace di scegliere tra queste tesi, ma perché non deve farlo - è il meno importante degli aspetti riguardo alla funzione critica generale che Champ Libre, essendo la società diventata ciò che è, per il momento, inizia adavere, e che effettivamente non è paragonabile all'importanza normalmente limitatadi una casa editrice, soprattutto quando è mal distribuita. Si potrebbe arrischiare una lontana analogia, per quanto attuale, secondo il processo di stalinizzazione del mondo, con alcune conseguenze dell'azione degli intellettuali ungheresi

nel 1956, sebbene qui l'audience per il momento sia più limitata.Di questa casa editrice, che considero precisamente nei termini dell'analisi appena esposta, non sono né associato né dipendente. Non vi esercito dunque alcuna corresponsabilità, né generale né particolare, non avendo, rigorosamente, riguardo a chicchessia - il proprietario, gli autori o il pubblico - né diritto, né dovere, né funzione.In alcune imprese intellettuali ed artistiche di cui ho avuto responsabilità, questa non fu mai se non responsabilità totale, senza alcun controllo né limitazione daparte di alcuno; e sempre ho firmato con il mio nome, escludendo qualsiasi pseudonimo. Non ho né il gusto, né il tempo, né i mezzi per essere editore, e non ho certamente acquistato in segreto le Edizioni Champ Libre. Non ne sono direttore letterario, direttore di collana, lettore o agente letterario; non credendo del restoche in questo settore esista una sola specie di dipendente che possa esercitare

delle responsabilità con un'indipendenza realmente completa, che si tratti di un Guégan o di un Viénet, o anche di un Pauvert o di un Bourgois. Va anche da sé che la questione non si è mai posta. Delle Edizioni Champ Libre, non sono nient'altro che un autore, con lo stesso identico contratto che avevo da Buchet. Sono così poco portato alle mondanità letterarie che, fino ad oggi, non sono mai penetrato nei locali della rue de la Montagne-Sainte-Geneviève - per quanto non lo consideri un crimine per nessuno; cito il fatto perché ciò capita poco spesso ad un autore, ed è certamente impossibile per un collaboratore della casa editrice.Mi ritorcerai contro forse che ci sono altri che pensano, o che hanno fatto finta di pensare, che avrei a Champ Libre una corresponsabilità effettiva di tal sorta, piccola o molto grande poco importa, che non può effettivamente procedere da tali statuti, che non ho e non voglio avere, rifiutando i vantaggi come gli inconve

nienti; e che tu pensi soltanto che io do l'impressione di condividere la responsabilità di queste edizioni fregiandole unilateralmente, e forse imprudentemente,di un prestigio che mi è generalmente riconosciuto in materia di sovversione. Se fosse così, ciò non rischierebbe di fuorviare nessuno se non degli idioti che confondono una casa editrice con la Comune di Parigi, una ristampa di Gracian con una insurrezione degli anabattisti di Münster; ma questo non mi renderebbe neanche minimamente responsabile di ciò che quest'editore fa di meglio o di peggio, perché si è responsabili soltanto là dove si ha un'autorità con sé, o una delega d'autorità. Quanto all'influenza che posso esercitare qua o là, sono naturalmente responsabile del contenuto originale di ciò che ho fatto o detto, ma certamente non dell'uso che vorranno farne, in tutta libertà, per il meglio o per il peggio, Gianfranco Sanguinettio Marc Guillaume.Ho conosciuto le Edizioni Champ Libre, abbastanza tardi, verso l'estate del 1971

, perché avevano già un certo prestigio moderno e sovversivo, e perché mi hanno proposto di ristampare lo Spettacolo contro il masperizzatore Buchet. Penso certamentedi non aver fatto nulla per abbassarne il valore sovversivo, ed è giusto. Non vi

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sono stato neppure troppo invadente, poiché non vi ho pubblicato in seguito che unsolo, piccolo, libro. Senza dubbio, se vi avessi scritto Le Tapir o Les irréguliers, nessuno potrebbe rimproverarmi di averne aumentato il prestigio sovversivo.Avevi pienamente ragione di credere che non sono mai intervenuto per far rifiutare dei testi, ma soltanto positivamente per farne passare; e ti prego di crederlo ancora, poiché questo è rimasto vero. Tuttavia, va notato che ho mantenuto questogenere d'intervento entro limiti estremamente stretti. Ho forse consigliato a Le

bovici la pubblicazione di una decina di testi del passato, che considero importanti. Di autori contemporanei, non ho mai raccomandato che la pubblicazione di due libri: Censor e La Guerre sociale au Portugal. Inutile di aggiungere che nonme ne rammarico. È vero che nessuno di questi libri è stato rifiutato per qualche capriccio di Lebovici, ed è naturale: poiché ho fornito questi consigli a titolo di cortesia, se soltanto uno fosse stato mal ricevuto, sarebbe stato evidentemente mio diritto non fare mai più regali di questo tipo. Ecco precisamente il vantaggio di non mescolare l'autorità teorica con la sottomissione del lavoro salariato. Essendo del resto privo di ogni patrimonio, e pigro, ho anche ritenuto, fin dalla mia prima gioventù, che avrei dovuto essere capace di vivere grazie ad alcuni altrimiei talenti, senza consentire di negoziare quelli che posso avere da questo lato (le buone occasioni, come direbbero Vaneigem o Viénet, non mi sono tuttavia manc

ate in quei vent'anni in cui Champ Libre non esisteva ancora).Nella maggior parte dei classici ristampati - Clausewitz, Gracian, ecc. - non vedo assolutamente quello che la mia reputazione rivoluzionaria potrebbe aggiungervi; e meno ancora, possibilmente, quello che essi potrebbero aggiungere alla miareputazione rivoluzionaria, e neanche alla mia notorietà personale non troppo spettacolare, poiché mi sono ben guardato dal dedicare loro qualche prefazione erudita o di aggiungere il mio nome, come responsabile di collana o in qualsiasi altromodo. Del resto, trovo che tutto ciò, per gli happy few che possono sapere che horaccomandato questi libri (il mio nome in ogni caso non è stato usato per raccomandarli al pubblico), testimoni soltanto di una qualche mia cultura generale, dicui non ho mai cercato di vantarmi, ma della quale non credo neppure di dovermisentire imbarazzato rispetto a qualunque analfabetismo vincenno-cadrista. E noncredo neppure che Champ Libre abbia illuminato i nostri contemporanei con un sor

prendente sfoggio di scienza storica: sono piuttosto colpito nel constatare quanto gli altri editori siano ignari di per sé stessi, e pure sfortunati nella sceltadegli incapaci che pagano. Bisogna dunque lasciare al loro nulla coloro che sostengono, contro ogni buon senso, che tutto ciò che pubblica Champ Libre abbia la mia approvazione letteraria e, ancora di più, politica. E quindi ciò che viene rifiutato non può, per di più, implicare una condanna politica da parte mia: osserverai che se mi trovassi posto nella stravagante situazione indicata dal primo caso, sarei spesso automaticamente costretto alla censura implicata dal secondo caso, come fingeva di credere Denevert già molto tempo fa. Ma fortunatamente non ho né l'unoné l'altro di questi obblighi; non essendo né editore, né dipendente della casa editrice.Ma tu vai forse un po' più in là parlando dei miei meriti storici - perché non i miei

meriti presenti o l'interesse ben legittimo per i miei prossimi lavori? - che miavrebbero permesso di acquisire discreta influenza sulla mente di un editore, che tu stimi certamente tanto influenzabile quanto capriccioso. Non credo di poter dedurre dalla tua lettera che tu giudichi provatamente colpevole o compromettente parlare con un qualunque uomo se lo si conosce come editore, allo stesso modo in cui si diceva che colui che mangia la minestra con il diavolo deve fornirsidi un cucchiaio molto lungo. In ogni caso, non presto nessuna considerazione aquest'opinione, né a quelli che fingono di credervi. Avendo precisato questo, trovo che sia piuttosto normale che la gente che mi frequenta abbia a volte l'idea di trarne vantaggio, che si tratti di teorici, di editori o di operai. Ma sarannomiei seguaci per questo? Sono sicuro che non hai un solo esempio per dimostrareche ho mai perseguito tali obiettivi. Si dirigono gli uomini occupando dei posti, e non accumulando meriti storici. Ho esercitato certamente molta influenza su

molta gente, ma ho sempre notato che quelle su cui avevo maggiore influenza erano le personalità più autonome e più capaci di agire (in modo che quest'influenza nonrestasse unilaterale). All'altra estremità dello spettro, molti si sono accontenta

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ti di poter dire che mi avevano visto.Hai giustamente riconosciuto il mio stile nel comunicato sull'ultima avventura frontaliera di Sanguinetti, ed a volte anche altrove, come nella lettera ai ratgebisti firmata da Lebovici, che non è stata in quella forma scritta da me, ma in cui egli ha inserito numerosi elementi di risposta che gli avevo fornito. Se talipersonaggi credono di poter giocare sull'ignoranza del loro passato e del loro presente per simulare una virtù tutta spaurita, è bene che riconoscano il mio stile a

l varco. È uno stile che non hanno mai osato affrontare quando, più di oggi, ne avevano i mezzi. Ma ora questo stile, e le mie stesse frasi, più o meno fortunatamentedeturnate, le vedono impiegate bene altrove, e del pari senza il mio nome. Coloro che le adoperano diranno certamente che quello che conta veramente sono la forza e la verità di una formula, che appartiene a tutti coloro che pensano di saperne fare uso. Sarei il solo al mondo a non avere il diritto di scrivere come Debord senza rischiare di demoralizzare i proletari di Barcellona, o senza sconvolgere di gelosia tutta l'editoria pirata?Lebovici esiste, lo hai incontrato. È lui che ha fondato e che dirige Champ Libre,e non vedo realmente come potrebbe essere diversamente. Il generale Joffre, peruna volta intelligente, diceva che non si era mai saputo molto bene chi aveva vinto la battaglia della Marna, ma che ciò di cui era certo è che se fosse stata pers

a sarebbe stato lui ad averla persa. Così dunque è Lebovici (e non tu o io) che porta tutta la colpa della pubblicazione di Jean-Paul Charnay o di Manz'ie, e per lestesse ragioni è lui (e non io) che ha tutto il merito della pubblicazione di Cieszkowski o di Anacharsis Cloots.Veniamo al tuo libro rifiutato. Hai avuto assolutamente torto a credere che questo rifiuto, se era vago e nebuloso, celasse una motivazione nascosta, quale sarebbe la mia ostilità preconcetta a questa pubblicazione; un tale principio non esiste, né in generale né nel tuo caso particolare. Poiché è già abbastanza duro aver credutoa un tale principio, suppongo che tu non abbia creduto per di più che le affermazioni di Lebovici fossero la recita maldestra di una lezione che gli avevo impartito, e quindi non è dubbio che gliene lasci interamente la responsabilità (sono d'accordo con te sul fatto che Censor è più che altro un libro da combattimento, ma profondo e riuscito); d'altra parte non giudico, come te, né più né meno, le opere a peso,

ma non tutti sono dei Gracian o come l'autore del Principe, e per di più, alcuni argomenti si prestano male ad una forma breve: Machiavelli ha scritto anche i Discorsi sulla prima decade di Tito Livio.Non ero a conoscenza allora, essendo stato del resto per molto tempo assente daParigi, né di questo rifiuto né delle vostre discussioni sulle correzioni. Ho soltanto ricevuto in seguito, senza una sola parola di commento, una fotocopia del manoscritto: senza dubbio poiché avevo, eccezionalmente, annunciato e raccomandato iltuo primo libro. Non ho risposto nulla, e d'altronde non mi si chiedeva nulla.Bisogna dunque ammettere che il rifiuto di Lebovici deriva da un suo giudizio personale. Perché non ne dovrebbe dare? Non era allo stesso modo conseguenza, diversa, di un suo giudizio personale, quando egli ha accettato i tuoi primi lavori? (eccetto i frammenti, che mi avevi letto tu stesso, dell'inizio del tuo manoscrit

to, ho naturalmente visionato il testo del secondo soltanto dopo che il libro era stato pubblicato).Non dovevo evidentemente dare il mio accordo a questo rifiuto, per tutte le ragioni che ho ricordato prima. Il solo punto esatto della tua lettera al riguardo, èche si può dire che ho lasciato passare questo rifiuto. Se avessi trovato questo libro eccellente quanto il suo soggetto, e apprendendo più tardi che non era statostampato, avrei certamente difeso il suo valore (nonostante qualunque cosa tu voglia immaginare che io pensi di te), senza avere, tuttavia, il minimo diritto diimporlo. Ma secondo questa eventualità, avrei dovuto dare un simile consiglio a Lebovici o, piuttosto, lui non lo avrebbe pubblicato immediatamente? Devo riconoscere che non trovo questo libro eccellente. Hai letto, ed anche scritto, dei buoni libri. Giudicalo tu stesso da questo punto di vista.Non si tratta di un disaccordo politico di base. Approvo le intenzioni rivoluzio

narie del proletariato spagnolo e gli autori che le approvano. Ciò non dà immediatamente una forza sufficiente al lavoro. Dirò, osando un esempio che mi tocca da vicino, che il valore del Punto d'esplosione dell'ideologia in Cina (testo tuttavia

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troppo breve per farne un libro) non risiedeva nel suo radicalismo anti-maoista,ma nel fatto che questo opuscolo rivelava per la prima volta l'essenziale di ciòche avveniva in Cina; dava una spiegazione coerente, abbastanza accurata nei principali dettagli, di molti eventi che tutti presentavano allora come inesplicabili (credo che ci sia questo genere di merito in La guerra sociale), una spiegazione che doveva essere confermata da tutto ciò che è accaduto nei nove anni successivi, e che era scritta in un tono, all'epoca, originale.

Aggiungo che trovo, evidentemente, il tuo lavoro sulla Spagna molto più rivoluzionario, e molto più interessante, di quelli che Champ Libre ha pubblicato in precedenza sull'Irlanda o l'Italia, per non dire nulla degli orrori sulla Germania. Edin questo senso, una casa editrice non può essere giusta, se si comparano i suoi autori di differenti periodi. Volendo progredire, fa pesare su altri il pregiudizio della sua eccessiva indulgenza iniziale diventando più esigente con gli autoriche vengono in seguito. Suppongo che Lebovici vorrebbe che i libri che pubblica,ed anche i libri di ciascuno dei suoi autori, siano generalmente sempre migliori.Comprendo male perché ora consideri che la pubblicazione del Précis ti abbia bruciato con tutti gli editori utilizzabili di Parigi. O piuttosto capisco bene che questo libro possieda la qualità di essere immensamente dispiaciuto - era il tuo scop

o - ma prima non disponevi di editori, e neppure li cercavi. E nel Précis, hai detto esattamente ciò che volevi dire, e Champ Libre te ne ha offerto i mezzi, che altri avrebbero certamente rifiutato. Infine non so fino a quale punto la rivoluzione spagnola abbia, in questo momento soprattutto, bisogno di un editore a Parigi. Raccomandandotelo, come tu pensi, meno ancora di Champ Libre, ti comunico l'indirizzo di un editore di cui non so nulla, ma che ha appena pubblicato lo Spettacolo: Castellote Editor, Rios Rosas, 51 - bajo B., Madrid.Finisco con il problema delle nostre relazioni personali, che sarà molto più semplice. Qui, ci sono meno principi da affermare o da negare, e certamente non rimproveri da fare. Per ciascuno, l'impiego del suo tempo ed il riconoscimento delle affinità si situano legittimamente su un terreno piuttosto stirneriano. (Non avevamonessuno di quei legami organizzativi che si demoliscono con scissioni formali.)Sono felice che ti ricordi che, in quei mesi in cui ci siamo incontrati abbasta

nza spesso, ti ho trattato con amicizia. Era vero, e lo meritavi indubbiamente,con il tuo libro sul Portogallo, scritto così brillantemente in condizioni d'urgenza abbastanza schiaccianti, con la fermezza di tutte le tue posizioni, con il piacere della tua conversazione, ecc. Dopo qualche tempo, ed abbastanza improvvisamente, una certa noia mi è sembrata costantemente dominare la parte principale ditutte le nostre conversazioni. Sono persuaso che hai avuto la stessa impressione, poiché queste cose si generano dialetticamente, più rapidamente di molte altre. Comprendi bene che non dico affatto che sei noioso (saresti allora perfettamente autorizzato a farmi lo stesso rimprovero, estrapolando la stessa esperienza). Constato soltanto che le nostre conversazioni si dirigevano verso l'uggioso. Credoche la gente che si annoia insieme farebbe meglio a non vedersi, indipendentemente dal suo accordo su una grande quantità di questioni, e soprattutto senza creder

si costretta a costruire a partire da ciò, le più vaste divergenze teorico-praticheche non ne erano implicate. Siccome non era un disaccordo grave né pubblico, ma nient'altro che una questione personale d'impiego del tempo, dire che non ne ho iltempo mi sembra tradurre abbastanza bene il punto reale. Sono, in egual misura,meno incline a tentare di delucidare o trasformare l'atmosfera di alcune relazioni perché, da una parte ho ancora un po' troppo spesso l'obbligo di incontrare numerose persone e perché, d'altra parte, sono molto soddisfatto di una solitudine relativa.Non per limitare del tutto la questione a ciò che potrebbe apparire come la sferadi un capriccio nebuloso - ma capriccio di che? - dirò che ho avuto l'impressioneche le nostre relazioni avessero preso una piega diversa dopo una serata in cuiti ho portato a cena con dei giovani operai, quasi tutti disoccupati. Sono statosorpreso dalla grande severità del tuo giudizio su quella gente, all'uscita; sopr

attutto considerando parallelamente, in base ai tuoi resoconti e alle tue conclusioni, quanti tristi pro-situs ti avevano successivamente circondato, che ti erastato necessario a volte del tempo per dare buca e rifiutare. (Ma forse, come C

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hamp Libre sembra fare altrove, una eccessiva pazienza all'inizio rischia successivamente di essere rimediata da esigenze discutibili?) Dato questo giudizio perentorio, che ti ho detto allora di non approvare, ma senza che ciò mi sembri meritare il minimo sforzo per fartelo tornare alla mente, sarebbe stato anche abbastanza normale da parte tua conservarti freddo per quella serata, poiché era palese che, anch'io, non mi trovavo troppo bene a frequentare quelle persone che ti erano dispiaciute. Non voglio certamente esagerare il significato di quell'incidente

abbastanza anodino, ma è un fatto che ho osservato che in seguito non c'è stata più la stessa simpatia tra noi. Non più di quanto intenda affermare encomiasticamente il più vivo interesse per quei giovani, che almeno non mi sono sembrati, quella sera più di prima, né stupidi né spiacevoli, non penso di fare delle battute facili su unteorico dell'autonomia proletaria così poco benevolo riguardo ad alcuni proletariconcreti. Quelli non facevano rivoluzioni quella sera, e non ne parlavano neppure. Si ha tutto il diritto di trovarli trascurabili. Tuttavia, chi sarà alla basedi una rivoluzione, in Spagna come altrove, se non gente come loro? Ora che la tua ultima lettera mi ha offerto un dato più considerevole, criticherò in te una tendenza a giudizi molto sproporzionati sui fatti e sulla gente là dove ti concernonopersonalmente.Ecco tutto quello che c'era da dire a proposito del mio allontanamento, ed è poca

cosa. E se per caso hai potuto temere che sospettosamente io stesso abbia immaginato, o abbia lasciato riportare da parte di un calunniatore, non so so che cosadi peggio, ti do atto ben volentieri che non c'era niente di peggio.Della mia Lettera ai Portoghesi, è vero che hai ricevuto soltanto la seconda ristampa; e che altri ancora l'hanno letta soltanto parecchio tempo dopo di te. Comehai potuto vedere, è un testo che mi riguarda personalmente, infinitamente più di quanto riguardi la rivoluzione portoghese: secondo l'ordine di dimensione dei problemi che quegli infelici portoghesi avevano, ahimè, scelto da sé stessi. L'ho dapprima inviata a quelli che erano a Lisbona. Poiché, pochi giorni dopo, il contraccolpo che temevo si produsse nel modo più prevedibile e più disastroso, l'utilità di alcune informazioni sulla questione ha purtroppo perso la sua attualità per molto tempoancora. A questo proposito, aggiungerò ancora che il solo uomo che, all'estero, ha preso pubblicamente la difesa della verità sulla rivoluzione portoghese quando e

ssa ancora combatteva, secondo me deve analizzarne la sconfitta (spiegandone ilmeccanismo il che è molto istruttivo, e mostrandone gli stessi responsabili in unaltro momento della loro azione, nel novembre 1975), anziché sottacerla, en passant, con il più grande ottimismo e come se fosse soltanto un lieve incidente di percorso; e questo soprattutto in un libro destinato alla rivoluzione iberica, giunta al suo atteso secondo scontro. Qualunque cosa abbia potuto pensare Lebovici del tuo ultimo libro, questo punto è quello che, personalmente, valuterei, se dovessi giudicare questo libro, e da lontano, come il suo più grave difetto.Salud.Guy Debord

Guy Debord

�Due lettere a Gianfranco Sanguinetti

�21 aprile 1978�La "Brigata Rossa" ha fatto dei continui progressi dalla bomba di Milano: nell'inflazione delle sfide - da Calabresi a Moro - ma non nei metodi; hanno sempre saputo uccidere con efficacia, ma lo sfruttamento delle azioni è ancora carente a causa di una messa in scena povera, illogica, piena di esitazioni e di contraddizioni.Degli estremisti, per quanto stupide possano essere le loro intenzioni e la loro

strategia, non avrebbero in nessun caso potuto operare da soli in quel modo. Inprimo luogo, se non erano coperti, avrebbero agito in modo da perdere meno tempo dopo il rapimento (giacché la possibilità che siano già infiltrati o si trovino un g

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iorno denunciati a qualche livello, ma anche la possibilità di commettere qualchesciocchezza, o di incorrere in qualche disavventura, si sarebbe evidentemente affacciata almeno a qualcuno di loro). Essi chiaramente e con l'insistenza più pressante, avrebbero immediatamente chiesto qualcosa: la liberazione di prigionieri -come nel caso di Baader -, la diffusione della loro propaganda, o la rivelazione di alcune delle manovre più recenti dello Stato democristiano semistalinizzato,attraverso delle confessioni estorte a Moro, o semplicemente attribuite a Moro.

Ma costoro appaiono del tutto indifferenti alla sorte degli imputati di Torino;non hanno alcuna tesi discernibile; non vogliono compromettere il personale dello Stato, che del resto non ha mostrato alcun timore da questo lato.Suppongo che l'intelligenza del popolo italiano, che non si esprime attraverso imass media, abbia in grandissima parte compreso tutto questo. Da ciò derivano diversi sviluppi degli ultimi giorni. Moro si sarebbe suicidato per dare meglio l'impressione di uno stile terroristico tradotto dal tedesco (ed allora il suo corpo sarebbe in un lago che forse conteneva un altro corpo, ma la notizia viene corretta ipotizzando che il suddetto corpo si trovi altrove, giacché si è dovuto pensare che la semplice coincidenza sarebbe parsa strana, e che le informazioni su deifatti verificatisi nelle campagne più remote siano più accessibili ai carabinieri che ai terroristi urbani). Nel cinema hollywoodiano, si dice: Tagliate: si rifà la

scena. Non era naturale. Allora Moro non si è più suicidato, e si vuole ora scambiarlo entro breve termine. Ecc..L'affare è ovviamente condotto dai nemici del compromesso storico, ma non da nemici rivoluzionari. Gli estremisti sono di solito così ingenui, anche in Italia, chesi gettano abbastanza volentieri, in simili casi, in discussioni perfettamente teologiche sui problemi della violenza rivoluzionaria, come quel chierichetto alquale il suo estetismo passatista dell'attentato anarchico aveva fatto credere in precedenza che Oswald avesse abbattuto Kennedy. È dunque una discussione pressappoco sul modello: Se Dio esistesse, avrebbe rapito Moro? Ma non si dovrebbe direpiuttosto: Può essere che Censor esista, e che abbia cambiato politica?Gli stalinisti sanno ovviamente chi dirige questo colpo contro di loro. La basefragile della loro politica, è che tutti i democristiani sono ufficialmente loro amici. Alcuni dei loro amici esercitano questa pressione contro altri loro amici.

Gli stalinisti dicono che non si deve cedere: ma che possono dire di diverso? L'omertà disciplinerà questi rapporti fino alla fine. Ma a cosa porterà effettivamenteuna tale pressione, spinta fino a questo punto? Le cose che si sono dette non sono che dei segni cifrati di un confronto che si gioca altrove. Si sono affrontati dei grandi rischi per dimostrare che l'ingresso degli stalinisti nella maggioranza non ha riportato l'ordine, tutto il contrario. Non si deve dimenticare chese dal punto di vista della rivoluzione, ed anche dal punto di vista di un certocapitalismo moderno, alla Agnelli, la partecipazione degli stalinisti non cambia in alcun modo la natura della società di classe, esistono altri settori del capitalismo i cui interessi, ma anche le cui passioni, sono completamente contrari ai costi di questo cambiamento, e ne fanno apertamente un casus belli.Gli stalinisti sono crudelmente imbarazzati (l'eurocomunismo è già fallito, in Franc

ia e in Spagna). Ma se il pubblico di oggi è stupito per tali enormità, i capi stalinisti, e gli altri vecchi antifascisti, hanno già visto tutto ciò, e meglio, in un'altra Spagna, ai tempi della loro gioventù, quando fu rapito Andres Nin. È da allorache hanno appreso a tacere. E come nelle Brigate Internazionali essi difendevanola Repubblica spagnola tacendo, adesso difendono la Repubblica italiana. E le Repubbliche che sono difese in questo modo non durano a lungo.Il loro obbligo di tacere sugli attuali crimini perché hanno taciuto sui precedenti, questo dato del problema che è ben noto ai loro nemici e giustifica tanta audacia, non è fondato soltanto sui loro stessi crimini staliniani di un'altra epoca. Hanno collaborato, con il loro silenzio, anche al colpo di Stato del 1969, da cuiè venuto fuori tutto il resto. Perché non si è creduto di sapere, poi saputo senza saperlo, poi saputo senza concludere, che lo Stato aveva inaugurato il terrorismoa Milano (chi chiede insistentemente di essere invitato ad uno strapuntino della

tavola di Stato, nonostante i suoi precedenti loschi, non dirà a voce alta che ipiatti sono sporchi), l'Italia politica è entrata in questa apparente follia. Nonc'è stato pubblicamente un affare Dreyfus, non perché lo scandalo fosse inferiore, m

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a perché nessun partito ha mai saputo imporre una conclusione vera. Così l'Italia, che aveva avuto un maggio strisciante, ha peggiorato la sua malattia con un affare Dreyfus rientrato.Coloro che hanno deciso il rapimento di Moro forse non hanno calcolato giustamente tutte le conseguenze, e le loro interazioni; ma le hanno certamente pesate. Sono pronti a tutto per ottenere un cambiamento adesso, e sono adesso obiettivamente costretti ad ottenerlo. Quello che è stato fatto mostra, allo stesso tempo, ch

e si può fare di peggio. Quello che in questo momento è stato colpito e terrorizzato, è tutto il campo del compromesso storico. Già si vede come reagisce. Se la pressione non porta entro molto breve ad una sorta di soluzione pacifica, un atto di forza è obbligatoriamente programmato.Gli sperimentatori che operano in Italia, ed iniziano a trasformarla nel laboratorio europeo della controrivoluzione, sono abituati alla generale complicità di tutti coloro che hanno la parola; complicità che, spinta fino a questo limite, dà delpaese un ritratto, falso, di imbecillità generale. Ma si sa molto bene che ci sonostate una o due eccezioni. Ho conosciuto un uomo che passava il suo tempo fra sfacciate donne fiorentine, e che amava incanaglirsi con tutti gli ubriaconi deipeggiori quartieri. Ma riusciva a comprendere tutto ciò che avveniva. L'ha dimostrato una volta. Si sa che potrebbe ancora farlo. È senz'altro ritenuto oggi da qual

cuno come l'uomo più pericoloso d'Italia.Cavalcanti�

�29 agosto 1978�Caro amico,Approvo completamente i progetti della tua lettera del 15 agosto.Osservo tuttavia che sono in contraddizione totale, senza il minimo tentativo dispiegazione, con le tesi che sostenevi malauguratamente nella tua lettera del 1giugno.Vorrei dunque sapere le ragioni che motivavano quelle analisi, così strane, in que

l momento:a) una pressione diretta delle autorità?b) una pressione indiretta, della stessa origine, ma politicamente presentata dalle insinuazioni del molto sospetto Doge?c) il puro piacere di contraddire Cavalcanti, attività alla quale non ti sei troppo spesso dedicato, a scapito di passatempi migliori?In attesa di leggere una risposta su questo notevole problema,�Cavalcanti�P.S. Ho ricevuto i libri. Grazie. Vorrei avere l'edizione-pirata del 1977 dello Spettacolo.�

Addenda�1.Ho domandato anche a Lebovici di inviarti le fotocopie di quattro lettere scambiate nel 1978 tra Gianfranco (Niccolò) e me (Cavalcanti). Sono da leggere molto attentamente, tenendo conto con attenzione delle date; e di tutto.Guy Debord a Jean-François Martos, 5 maggio 1981.�2.Hai ragione a dire che i nostri rapporti, dal primo incontro, sono stati cordial

i; e d'altronde spero che si sviluppino ancor di più in questo senso. Prendo dunque quest'osservazione come una sorta d'elogio da parte tua, se rammenti che c'eraa priori tra noi una questione abbastanza imbarazzante, che prima ignoravi, e d

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i cui ho cercato di limitare, per quanto possibile, il peso: quella delle tue relazioni con Gianfranco [Sanguinetti]. Ti ho comunicato alcune critiche che sonostato obbligato a formulare a proposito di Gianfranco. Credo di averti detto ilmeno possibile, ed allo stesso tempo il minimo necessario. Era realmente l'estremo del minimo.Sono stato amico di Gianfranco. Non vorrei certamente, anni dopo, scoraggiare coloro che si trovano ad essere attualmente suoi amici, esponendo loro tutto ciò che

so e tutto ciò che ne penso. Ciascuno deve giudicare da solo, soprattutto in occasioni simili; e soprattutto deve valutare riguardo al presente; poiché ne è parte. Allo stesso tempo, volevo metterti in guardia contro alcuni pericoli, che non sofino a che punto Gianfranco conosca o si rifiuti di conoscerli. Questo è il motivoper cui ti ho detto di chiedergli quello che pensa ora del Doge. È una sorta di parola d'ordine per garantire la tua sicurezza. Poiché sono convinto che Gianfranco, che ne capisce il significato, sia portato a pensare che ti abbia detto moltopiù di quanto ti ho detto effettivamente, sul passato, su ciò che ne so e su ciò che sospetto. Agirà di conseguenza.Guy Debord a Jean-François Martos, 24 luglio 1981.�3.

Ricevo la tua, inviata da Nizza il 23. Credo che tu l'abbia scritta in un momento di depressione; e spero proprio che tutti i compagni si rifiuteranno di arrivare rapidamente a delle conclusioni contro di te, come tu hai fatto con te stessoin questi giorni.Hai certamente avuto torto a permettere che Gianfranco [Sanguinetti] parlasse così scorrettamente; ma è una cosa davvero così grave, e così irreparabile? Certamente no.Si sa molto bene che Gianfranco è colpevole, da tempo e davanti a molta gente, diciò che non ha detto e di ciò che ha detto; si ignora soltanto fino a qual punto è precisamente colpevole. Anziché rispondere di questo, ha spostato cinicamente la discussione su un problema falso: tu saresti, tu, precisamente, un pro-situ. ¡Hombre!Se lo fossi, non lo crederesti; saresti tranquillo come tutti gli altri nella loro falsa coscienza.Penso che noi abbiamo troppi nemici reali perché i più seri tra noi possano lasciars

i andare alla cattiva abitudine, al lusso, di accusarsi da soli, quando si imbattono nella più grossolana provocazione, e come se avessero realmente nuociuto allacausa. Diffida di più degli altri, prima di diffidare erroneamente di te stesso,compaňero.Sono sicuro che dovresti ora parlare di tutto questo con Jeff [Martos], e ad altri amici, prima di considerare in modo tanto abominevole e definitivo un momentodi distrazione che non può realmente nuocere a nessuno.Guy Debord a Carlos Ojeda, 29 agosto 1981.4.È vero che la lettera che Jaap [Kloosterman] ti ha inviato ha un tono, come mi scrive Michel [Prigent], duro. Sono convinto che, da parte sua, questo dipenda soltanto da una grave delusione, e da una giusta sfiducia, nei confronti di Gianfran

co [Sanguinetti]; a partire dalle informazioni di cui Jaap era giunto ad avere conoscenza. In realtà, l'elemento veramente decisivo mi sembra piuttosto risiederenel fatto che Gianfranco non ti ha risposto per niente, ed in un tale contesto,per due mesi. È una verifica terribile: peggio ancora di ciò che potevo pensarne. Inquesto senso, il tono ancora molto educato delle precisazioni che chiedevi a Gianfranco aveva il merito di lasciargli tutta la libertà di rispondere, e non di offrire nessuna scusa per un tirarsi indietro. Si è dunque visto.Credo anche che adesso ne vedremo di peggio, e sullo stesso terreno pericoloso.Ti invio, in allegato, la copia di un messaggio che ho appena ricevuto da Carlos[Ojeda]. È qualcosa di desolante, perché mi sembra che Carlos (che aveva giudicatomolto correttamente Arthur [Marchadier]), sia caduto in una sorta di delirio auto-accusatorio. Non so perché avesse voluto vedere Gianfranco in un simile momento,ma il risultato è stato disastroso; poiché Gianfranco, nel quale questo genere di a

bilità detestabili non stupisce affatto, è riuscito a non rispondere a tutte le questioni scottanti alle quali avrebbe dovuto rispondere, portando la discussione suuna questione del tutto metafisica: il supposto carattere pro-situ di Carlos! D

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i modo che ha ottenuto una specie di crollo psicologico in uno che è, evidentemente, più sincero e più onesto di lui. Quali conseguenze non si possono temere?(...) Penso, infatti, che ci siano molte cose di cui si dovrebbe parlare a vivavoce.Guy Debord a Jean-François Martos, 29 agosto 1981.5.Capisco che Jeff [Martos] sia stato colpito dalla critica di Jaap [Kloosterman],

che sembrava ritenere che lui volesse a tutti i costi risparmiare Sanguinetti.Al contrario, il fatto più importante è che Sanguinetti non era riuscito a trovare nulla da rispondere a Jeff dopo due mesi: ciò prova che la lettera di Jeff era abbastanza forte per ridurre al silenzio qualcuno che è e si sente evidentemente colpevole.Intorno a questa storia, vedrai allegata alla presente una desolante lettera diCarlos [Ojeda]. Non so cosa sia andato a fare da Sanguinetti; ma il risultato è stato per lui qualcosa che somiglia molto ad una crisi di pazzia auto-accusatoria.È spiacevole, soprattutto dopo tutte le miserie a cui abbiamo dovuto assistere insei mesi.Guy Debord a Michel Prigent, 29 agosto 1981.�

6.Stavo proprio per scriverti. Michel [Prigent] ha trascorso qui alcuni giorni. Miha parlato soprattutto di gran parte della gente che ha la disgrazia di conoscere a Parigi; ma forse anche il piacere? Mi è sembrato di tornare ai risibili tempidi Arthur [Marchadier], tanto questa povera banda gli somiglia nell'incapacità invidiosa; e anche meno brillante. È dunque inutile che quelli lo rimproverino più o meno apertamente: non sono degni di rimproverarlo. Né la Spagna né la Polonia interessano a tutti quei voyeurs e venditori di pettegolezzi, che si appassionano ora soltanto a ciò che è avvenuto in Italia prima del 1978, e principalmente sul misterodel Doge. I pellegrinaggi a Figline riportano indietro strani dogmi: sarebbe improprio parlare del Doge, perché Gianfranco [Sanguinetti] avrebbe rotto con lui dadue anni (ma perché?), e perché sarebbe una questione che può essere discussa soltantotra lui e me (Foutre! non io, in ogni caso, non c'entro per niente in questa st

oria, e me ne disinteresso dato che sono cinque anni che non metto piede in Italia).Guy Debord a Jean-François Martos, 10 gennaio 1982.�7.I sanguinettiani di cui parli sono dei fanatici inetti, poiché sono convinti che porre al loro idolo delle domande su alcuni punti molto precisi ed importanti, sia già prendere partito contro di lui. Riconoscono comunque che quelle erano questioni alle quali l'idolo non poteva rispondere; e che era dunque irriverente porre! È vero che l'idolo aveva preliminarmente fatto questa confessione decidendo di non rispondere, e l'aveva giustificata a chi voleva ascoltarlo con la stessa assurda argomentazione. Ci si può chiedere se i fanatici in questione si considerino a

ncora degli estremisti, anche se i più negano, o se piuttosto non si siano allineati al modo di pensare delle sette del tipo moonista? Ritengo che ti sia comportato nel modo migliore in questa storia, e seguendo la via che ha condotto alla piùgrande chiarezza. Se la tua lettera fosse stata una condanna completa che si basava su informazioni e documenti sconosciuti, è in quel caso che si sarebbe potuto,senza aver bisogno di falsificare interamente il senso di quella lettera, rimproverarti di un partito preso immotivato; e senza dubbio fare le abituali ipotesisulle influenze che vi si potrebbe trovare dietro. Ma poiché non hai lasciato neppure l'ombra di un pretesto, non ci si può che chiedere sempre di più perché dei cretini che ostentano fino a questo punto la loro disonestà non trovino più comodo affermare semplicemente che le lettere scambiate nel 1978 non sono nient'altro che deifalsi?Guy Debord a Jean-François Martos, 25 febbraio 1982.

Lettera di Champ Libre a Jean-Pierre Voyer�

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(Corrispondenza, vol. 1, Edizioni Champ Libre, Parigi, 1978, p. 167)�Gérard Lebovici a Jean-Pierre Voyer�

25 maggio 1978Caro Voyer,

lei ha richiesto il mio parere su un certo numero di documenti che ho ricevuto sotto il titolo di Mises au point, relativi ad una piccola esposizione-truffa dinon arte antipittorica avanguardista.Ci sono, per fortuna, oggi, molti individui che sanno come "raccogliere un po' di denaro senza fatica", ma gli autori di questo brutto scherzo lo ignorano completamente. Per evitare di impegnarsi oltre su un progetto condannato al fallimento, sarebbe certamente più vantaggioso per loro trovarsi un buon consulente di marketing.Di questa storia banale non sarebbe neppure il caso di parlarne se non fosse cheil mio nome si trova citato in modo da lasciar credere ad una sorta di mia tacita approvazione riguardo ad un testo che disapprovo.Sono venuto a sapere, grazie a Grégoire, che lei ha collaborato alla redazione di

quel mediocre testo [Le Tapin di Paris] che costituirebbe il motivo principale di discussione tra questi lattanti della teoria critica. Preliminarmente, ed accanto a verità abilmente sviluppate su alcuni dettagli, gli anonimi redattori del suddetto testo ci fanno sapere che il pensiero di Marx e quello di Hegel non sonoancora stati criticati fino ad oggi e che, probabilmente, proprio a loro, gli autori di questa scoperta, toccherà un compito tanto grandioso.Questo genere di dichiarazioni da sbruffoni, che vogliono stupire i gauchistes,non può che accrescere quella confusione che cercano di conservare gli specialistied i recuperatori di ogni risma.E' evidente, dai documenti citati, che lei è l'unico redattore di quel testo: il mio giudizio critico non può che esserne rafforzato sensibilmente.Cordialmente.Gérard Lebovici

�Le note tra [...] sono state aggiunte dal sig. Voyer nel 1991. (Karl von Nichts)Lettera di Jean-François Labrugère & Philippe Rouyau a Champ Libre�

Grenoble, 13 agosto 1980Signore,Le scriviamo per chiederle di pubblicare il libro di Gianfranco Sanguinetti: Duterrorisme et de l'Etat [Del terrorismo e dello Stato].Non abbiamo il denaro per fare una seconda edizione corretta e non vogliamo ristampare la prima - e non è una questione di denaro - giacché per noi ha troppi difetti. Quella di Martos (Le fin mot de l'Histoire) non è che sia più conveniente.

La seconda edizione verrebbe dunque interamente ricomposta e tirata da un tipografo meglio attrezzato di quello di rue du Loup, a Bordeaux, che ha fatto ciò che poteva al meglio, ma con materiale antiquato.Delle 1000 copie tirate a maggio, ce ne restano soltanto 50. Un articolo del Canard enchainé del 6 agosto ci ha fruttato più di 10 ordini al giorno. Ed a settembresarà rimasto ben poco presso i librai. Vendevamo il libro a 20 franchi (P.c.b.): era troppo poco; non siamo rientrati nelle spese. Ed i librai non pagano sempre idepositi.Può risponderci rapidamente? Se è d'accordo sulla pubblicazione di questo libro, leinvieremo il testo corretto il più rapidamente possibile.Sinceri saluti,Jean-François Labrugère & Philippe Rouyau

Lettera di Champ Libre a Jean-François Labrugère & Philippe Rouyau��

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12 settembre 1980�Egregi Signori,Vi scrivo per rispondere alla vostra lettera del 13 agosto.Sapevo della vostra edizione del libro di Sanguinetti, Du terrorisme et de l'Etat, sebbene non abbiate ritenuto utile farmene pervenire una copia in occasione della sua stampa.Penso che abbiate svolto un lodevole lavoro per far conoscere la verità su una que

stione così scottante, sulla quale hanno sistematicamente avuto presa delle pericolose illusioni. Anche altri, per fortuna, sembrano percorrere la medesima strada. Quanto all'eventualità adesso di una nuova edizione per Champ Libre, il fatto, d'altronde confortante, che questo testo incontri un certo successo di vendita, come mi scrivete, non ha alcuna importanza. Le Edizioni Champ Libre sono del tutto indifferenti a qualsiasi considerazione di ordine economico, che si tratti diguadagni o di perdite. Ed è meglio così, dato l'odierno stato di concentrazione di diffusione dei libri, di servitù dei giornali, di indigenza dei librai, di boicottaggio praticato da tutte le parti, ecc..Sebbene disponga già da qualche tempo della vostra versione, di quella di Martos edella stessa pubblicazione originale, non ho una conoscenza sufficiente dell'italiano per giudicare quale potrebbe essere la migliore; e non trovo che il probl

ema sia così importante da richiedere alle persone del mio ambiente che hanno queste conoscenze di dedicarvi un momento del loro tempo. Si legge, su Libération del18 agosto, che la traduzione di Martos è la migliore. Ma chi può credere a qualsiasicosa scritta su un giornale diretto da colui che, dopo l'assassinio di Baader, èovunque chiamato, e non senza ragione, July-la-Rousse?Avevo preso visione, in precedenza, del manoscritto completo di Remède à tout [Rimedio a tutto]. La parte, scelta dall'autore, che avete tradotto, è indiscutibilmentela più interessante. Riconosco che Gianfranco Sanguinetti meriti stima per il coraggio solitario di cui ha dato prova, affermando in Italia quella verità che tanteforze vogliono occultare con tutti i mezzi. E sono contento che le sue parole sollevino echi in Francia ed in molti altri paesi, oggi e in futuro.Ho pubblicato, nel gennaio 1976, la prima edizione estera del Véridique Rapport [Rapporto veridico], un libro eccellente ed esemplare; e naturalmente, non prevede

vo di pubblicare, dello stesso autore, un libro meno forte e meno buono.Sanguinetti affronta le questioni "della teoria e della pratica del terrorismo,sviluppate per la prima volta", aggiungendo inoltre che questo scritto consentiràdi "leggere queste cose qui, subito, e soltanto qui". Ma mi sembra che la fermezza di Gianfranco Sanguinetti in questo momento non autorizzi del tutto un tono così perentorio su quest'aspetto della questione. Io stesso ho pubblicato, già nel febbraio 1979, un piccolo libro dove qualcun altro diceva tutta la verità che Sanguinetti doveva pubblicare nell'aprile dello stesso anno (opuscolo che gli fu immediatamente trasmesso e la cui traduzione è apparsa in Italia nel mese di maggio). Inoltre, conservo le fotocopie della corrispondenza scambiata, nel periodo in cuiMoro era detenuto, ma ancora vivo, tra Sanguinetti ed uno dei suoi corrispondenti stranieri.

Questo corrispondente lo metteva in guardia, esponendogli tutta la verità sull'affaire, e consigliandogli di rivelarla al più presto. Sanguinetti rispondeva, allora, dichiarandosi risolutamente scettico su quella versione dei fatti; oppure facendo finta di esserlo, per ragioni che mi sono rimaste oscure. Quando si sono persi dei mesi prima di voler ammettere l'evidenza, c'è qualcosa di infondato nell'insistere sulla propria originalità avanguardista.Mi pare dunque che, dal punto di vista delle Edizioni Champ Libre, le utili verità contenute in Du terrorisme et de l'Etat manchino un po' di freschezza.Sinceri saluti,Gérard Lebovici�P.J. Il vostro esemplare di ritorno.Copia a Gianfranco Sanguinetti.

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Jean-François MartosDue lettere a Guy Debord(gennaio-febbraio 1988)

Jean-François Martos a Guy DebordJean-François Martos, Correspondance avec Guy DebordLe fin mot de l'Histoire, Parigi, agosto 1998

Parigi, 22 gennaio 1988

Caro Guy,Sono stato oggetto, con Étiennette e Sylvain, di un'aggressione violenta davanti alla porta di casa lunedì scorso (un primo attacco, all'inizio del mese, era fallito); vi hanno partecipato Christian Sébastiani, Guy Bernelas ed un terzo nocivo [nuisant] non identificato.Annunciata dalla lettera di Mezioud [Ouldamer], sembra chiaramente ora che quest

a costituisca la risposta dell'EdN; non credo dunque utile attenderne un'altra.Com'è altrettanto chiaro che questo milieu non intrattiene più nessun rapporto con la verità, ma difende soltanto degli interessi particolari, e nel modo più abietto possibile.Propongo che ci si veda rapidamente per prendere una decisione riguardo alla situazione.Cordialmente a tutti e due,JeffJean-François Martos a Guy DebordJean-François Martos, Correspondance avec Guy DebordLe fin mot de l'Histoire, Parigi, agosto 1998

Parigi, 25-2-[19]88

Caro Guy,L'EdN n. 12, come non-risposta d'insieme a quelle che non sono che calunnie, silimita all'occupazione della Sorbona, ed all'aspetto organizzativo della sua attività nociva. Le basta descrivere la prima come se non ci fosse mai stata (ma chil'ha detto?) quella del Comitato Enragés-I.S. del [19]68 - deformando con senso dell'opportunità, e nei minimi dettagli, ciò che chiama un accenno di tentativo d'occupazione, sul modello di quell'altra parvenza di sommossa -, per occultare l'essenziale: che è stato importante rifiutare le denigrazioni di Fargette, quindi la loro approvazione da parte dell'EdN, sul fatto che è meglio tentare ciò che si scorgecome possibile, piuttosto che non fare nulla. Ancora una volta una foresta che cerca di nascondere un albero.

Quanto all'aspetto organizzativo - la loro attività comune su un campo delimitato-, si vede ora più chiaramente a che serve, ad esempio, l'abbandono della criticaad hominem (in questo senso, l'Histoire de l'I.S. rappresenterà una risposta in sé ad una simile impostura). Ciò che è sul punto di presentarsi come un superamento dell'I.S. si è già costituito, ancora più pericolosamente di L'Antenne, come una vasta impresa di disinformazione a fini separati (impresa degna dello spettacolo attuale,e si ricollega in questo, immagino, ai tuoi Commentaires sur ...). Divenuta lamigliore alleata di ciò che pretende di combattere, questo coagulo del milieu pro-situ - che crolli da solo mi sembra poco probabile a breve termine - potrebbe proprio essere, come trappola oggettiva che giunge a rallentare una nuova ripresadella critica radicale, il cavallo di Troia che svierà le future lotte.Certamente, mi dirai che non ci siamo ancora. E che ovviamente, la dissoluzionedell'I.S. non poteva impedire indefinitamente che ciò che rifiutava per sé stessa (c

ioè diventare l'ultima forma dello spettacolo rivoluzionario) si ricostituisse all'esterno, in peggio. Ma è giocoforza constatare che la nostra brochure, dopo la mistificazione relativamente abile del n. 12, non basterà a demolire questo fenomeno

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.Quando questa muta di neo-stalinisti, dopo avere teso un'imboscata davanti allamia porta, ora si credono di essere degli André Breton e mi paragonano ad Ehrenburg, non realizzano soltanto un fortuito rovesciamento delle parti: questa menzogna, da sola, riassume tutta la loro impresa. Il comunicato dell'11 febbraio del Comité Irradiés (...) sembra annunciare altri argomenti spettacolari simili. Così, ad una settimana da quel fatto, alle quattro del mattino, una telefonata, che diceva

di provenire dalla polizia, cercava di attirarmi, in mancanza di meglio (un parcheggio, ad esempio?), fuori dall'appartamento, con il pretesto dei vicini che avrebbero fatto rumore nell'immobile, a un cambriolage in corso...Il Rapport (...) * à propos de F. Goldbronn e B. Largueze ci insegna che Goldbronnaveva già criticato lo stile stalinista degli Irradiés-Nuisants, come il loro rapporto con la pratica. Ma poiché siamo in disaccordo totale con Goldbronn su tutto ilresto, rifiutiamo ogni mescolanza con lui. Mentre la Résolution du 20 décembre lascia intendere che i nemici dei nostri nemici siano inevitabilmente nostri amici.Ma immagino che si avrà occasione di riparlare di tutto ciò. Spero che stiate bene.CordialmenteJeff

* interno.Tre lettere di Guy Debord a Jean-François Martossu l'Histoire de l'I.S.�Guy Debord a Jean-François MartosJean-François Martos, Correspondance avec Guy DebordLe fin mot de l'Histoire, Parigi, agosto 1998��14 settembre [19]85Caro Jeff,Grazie per le notizie dei brasiliani.

Ho visto Floriana [Lebovici] e le ho detto che il tuo progetto d' Histoire de l'I.S., a giudicare dal primo capitolo, potrebbe essere inserito in programma perla primavera prossima. Ma glielo preciserai tu stesso (è la previsione più ottimistica).Per giustificare ancora di più il tuo metodo delle citazioni, credo che potrai farnotare ai tuoi lettori un fenomeno abbastanza raro: a) i situs non hanno mai scritto niente altrove dalle loro pubblicazioni (cosa che "l'organizzazione" surrealista, per esempio, è stata ben lontano dal fare effettivamente) - b) quasi nessun esterno ha scritto qualcosa su di loro tra il 1957 e il 1968; ma anche molto poco in seguito! (non vi sono esempi di questo nella storia, e ciò dimostra bene lastraordinaria originalità della nostra epoca spettacolare).Aggiungerei due altri consigli, più generali; credo del resto che questo modo di c

onsiderare le cose risulterà naturale attraverso le tue citazioni, scelte secondola loro reale importanza:1) Il tuo compito evidentemente non è quello di scrivere la mia biografia. Così, nondevi prendere in considerazione le mie operette "personali" (cinema, o altro) salvo eventualmente il caso in cui vi trovi una o due brevi citazioni che ti sembrino significative per illuminare uno dei temi generali che ti trovi ad affrontare.2) Si tratta semplicemente di dire ciò che i situs hanno fatto. In questo campo, credo che il punto di vista centrale non è quello di valutare in che cosa sono stati più estremisti degli altri (per esempio, più libertari degli pseudo-anars di quella disgraziata epoca, ecc.), ma in che cosa sono stati i più "moderni" (nel senso vero, cioè propriamente rivoluzionario); in che cosa hanno risposto più esattamente degli altri ai problemi, ed alle illusioni, del loro tempo (urbanistica, spettaco

lo, ecc.).Bisogna far sentire quanto l'avventura dell'I.S. sia stata circoscritta strettamente nel tempo; contrariamente a molte altre "avanguardie" con la pretesa di dir

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igere parecchie generazioni. Letteralmente, si va dal 1957 al 1972. E contando con la maggiore larghezza il periodo delle "origini", si va dal 1952 al [19]72. Elà si trova il senso profondo dell'operazione "scioglimento"; di cui si può dire che ebbe luogo tra l'autunno del 1970 ed i primi mesi del 1972.Cordialmente.GuyGuy Debord a Jean-François Martos

�Jean-François Martos, Correspondance avec Guy DebordLe fin mot de l'Histoire, Parigi, agosto 1998�2 maggio [19]86Caro Jeff,Ti ringrazio per l'invio della prima parte del tuo manoscritto. Si può sperare dunque di vederne la totalità in un arco di tempo non troppo esteso.Come puoi immaginare, sono molto curioso di leggerlo. In realtà, per il momento, mi sembra più giusto non leggere nulla prima di avere tra le mani il manoscritto completo e definitivo. Ho pensato che sarebbe stato penosamente artificioso non parlartene, se l'avessi letto. E se te ne parlavo, mi sembra che questo avrebbe co

mportato, in una certa maniera, il rischio d'intervenire, anche se molto indirettamente, nelle tue scelte, che non devono essere influenzate fino in fondo da nessuna considerazione esterna.Quando i diversi falliti-fanatici ti rimprovereranno di avere, una volta di più, montato un "kit" su un argomento che loro stessi giudicherebbero molto diversamente, potrai rispondere che dopo quattordici anni, con i documenti che erano accessibili fin dall'inizio a tutti, sei stato il primo a trattare liberamente una questione che nessun altro aveva mai affrontato. Ci saranno dunque ancora meno "concorrenti" che sulla Polonia, e la famosa buona fede delle critiche apparirà sottouna luce ancora più burlesca!L'immondo Gayraud (ho dunque dimenticato chi è Mercier?) proietta la sua simpaticamentalità su ciò che immagina di te. Dice a sé stesso probabilmente che se, lui, erain buoni rapporti con Floriana [Lebovici], si farebbe un dovere di esprimere su

un giornale le sue lodi per un film che Floriana ha prodotto (perché rientra nellesue disponibilità, forse?). L'odio di queste larve ti onora. Ma credo che ci potrebbe essere del vero nello stalinismo di Chklovski, Nakov, Sokologorski, Robel.E questo è purtroppo meno onorevole per "Champ Libre"; sebbene le osservazioni ditali moralisti puzzino abbastanza di vomito perché le si comprenda perfettamente.L'industria nucleare comincia a mantenere le sue promesse. Prevedo dunque che lospettacolo ne parlerà sempre di meno: la soglia di pericolosità sarà rivista con forte aumento. Già si nega che la distruzione di una centrale uccida più persone degli scontri di rue Gay-Lussac. Si parlerà ancora di una chance miracolosa? No, questa sarà la regola.Cordialmente.Guy

Guy Debord a Jean-François Martos�Jean-François Martos, Correspondance avec Guy DebordLe fin mot de l'Histoire, Parigi, agosto 1998��14 giugno [19]88

Caro Jeff,Ho appena letto, in due giorni, il tuo manoscritto (*); e con molto interesse (sebbene ne conosca già la storia).

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Ho rilevato 16 dettagli: ovvero alcuni errori (9), o dei lievi migliorie possibili nell'esposizione (7).Pagina 65. Verso la citazione n. 87: ci sono delle virgolette che mancano; o alcontrario che sarebbero di troppo? Infine, correggi per equilibrare.Pagina 67. La tua citazione "94" è, di fatto, di Michèle Bernstein, Eloge de Pinot-Gallizio, Torino, 1958 (ripresa in I.S. 2).Pagina 70. Aggiungere, alla nota "103": "Quest'articolo distrusse allora lo pseu

do-Cobra, perché Jorn era vivo. Ma, venti anni più tardi, l'abusivo pittore Alechinsky ritornò alla carica con il suo annuncio; e riuscì infine a far ripetere a tutti igiornali il suo titolo di "fondatore" di Cobra; mentre non vi era comparso, daultimo, che nel giorno della sua dissoluzione!Pagina 73. è più giusto dire la "preminenza" della banda sonora (piuttosto che "l'autonomia") (oppure "relativa autonomia"?).Pagina 84. è meglio dire (sullo Stedelijk Museum) "rischiavano di portare a termine": poiché, in effetti, nulla è cominciato.Pagina 92. è meglio dire "i firmatari", e non "i 121". Infatti, ci furono alla fine più di 200 firmatari. Non sono apparso nei primi 121, perché mi hanno trasmesso iltesto soltanto dopo l'inizio della repressione che suscitò. (Allora, lo firmai per solidarietà verso quelle persone, che consideravo, a dire il vero, quasi tutti,

delle canaglie).Pagina 95. "La rivoluzione è da reinventare, ecco tutto." Ristabilita così la vera citazione.Pagina 127. Nota "231". Forse sarebbe necessario precisare che lo pseudonimo di"Cardan" (e prima di "Chaulieu") dissimulava a quell'epoca l'identità del futuro sociologo e psicanalista Cornelius Castoriadis, che doveva diventare l'evidente pagliaccio che tutti hanno potuto vedere dopo?Pagina 140. è l'Assemblea Generale dell'Unione nazionale degli é[tudiants) de F[rance) che fu tenuta a Parigi, il 14 gennaio 1967 (non un'assemblea generale "parigina").Pagina 144. Dire piuttosto: "delegò immediatamente i suoi poteri a Martin."Pagina 162, ultimo paragrafo. Forse occorre aggiungere a "tirature che raggiungono le 200.000 copie" - "grazie all'attività rivoluzionaria degli scioperanti delle

tipografie occupate"?Pagina 163. Grave errore di data! La dissoluzione del C.M.D.O. non ha potuto avvenire "il 30 giugno" 1968. Viénet (Enragés e Situs...) dà la data del 15 giugno (Cfr.la sua pagina 178).Pagina 166. Dire piuttosto: "Debord aveva affermato". (è un flash back nel tuo resoconto).Pagina 167. No: non ci fu mai nessuna "riunione comune" tra l'I.S. ed I.C.O. ; neanche nessun contatto.Pagina 176, ultimo paragrafo. Dire più esattamente: "aveva dovuto redigere una parte sempre più ampia degli ultimi due numeri dell'I.S.".Pagina 185. Forse per l'ultima frase, piuttosto che "Il gioco continua" (che potrebbe suonare un po' troppo allegro e disinvolto), sarebbe meglio dire: "Le osti

lità continuano"?Oltre a questo, credo che vada tutto bene. Non c'è nulla da aggiungere. Per dirlocon le tue frasi latine: Nihil obstat. Ergo: imprimatur.A prestoGuy�(*) Jean-François Martos, Histoire de l'Internationale Situationniste. Edizioni Gérard Lebovici, Parigi 1989.�

Jean-François Martos a Guy Debord

Jean-François Martos, Correspondance avec Guy Debord

Le fin mot de l'Histoire, Parigi, agosto 1998�Parigi, 13 marzo 1992

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Caro Guy,Nessuna nuova, buona nuova, così suppongo che per voi tutto stia andando bene dalla fine del [19]90. Mi accorgo da parte mia che avevo comicamente datato la mia ultima lettera 31 aprile 1991: benché non accada più nulla di considerevole, e da molto tempo, il 1 maggio, questa non era probabilmente una ragione sufficiente percancellarlo dal calendario.Tu avrai verosimilmente letto Sept ans de réflexion; e forse ti sei anche fatto un

'idea dell'identità dei suoi autori? Sembrano aver conosciuto abbastanza bene l'EdN dall'interno, così credo che questa sorprendente autocritica in piena regola nonsia semplicemente una specie di falso. Quattro anni dopo l'EdP, e la parziale ripresa delle sue argomentazioni da parte di diversi transfughi o dissidenti, inquesta suprema constatazione di fallimento, non mancherebbe allora un che di piccante.Avevo ricevuto nello stesso momento, nella casella postale, questo falso Comunicato dell'EdN, che evocava in particolare la messa al macero dei tuoi libri. Devodire che in un primo momento non vi avevo realmente creduto: i tuoi libri non sono mai stati tanto presenti come da quando si è detto che erano stati distrutti,ed oggi ancora si trovano, su diverse pile, alla libreria Parallèles, o alla Fnac,e li si poteva vedere recentemente nella vetrina di una libreria alla Gare du N

ord. Ma i librai confermano tuttavia il macero.Come ti avevo scritto nella mia ultima lettera, non ho più avuto nessun contatto con Champ Libre dalla scomparsa di Floriana [Lebovici], e nient'altro fino ad oggi (eccetto la spedizione da parte loro, senza commento, nell'autunno scorso, diun'edizione italiana de l'Histoire de l'I.S. Ho trovato un po' grave - senza parlare delle note di copertina o della traduzione - che l'editore SugarCo si permetta di cambiare il titolo (1) senza avvertire, anche se il titolo originale rimane come sottotitolo. So che l'editore si arroga a volte questo diritto, che deveessere allora indicato nel contratto di traduzione; ma quest'ultimo non mi è stato comunicato...): poiché mi avevi consigliato grande diffidenza "a proposito di tutto", per quanto riguarda Champ Libre, ti avevo chiesto maggiori dettagli sullemanovre e sui raggiri evocati, perché possa disporre di maggiore cognizione di causa di fronte alla nuova situazione.

Dopo Berlino, Praga e Bruges, sono andato di recente a Venezia, e imbattendomi per caso sui tuoi Commentaires, che erano disposti a fianco della Histoire de l'I.S. nella vetrina della libreria Patagonia (è vicina ad un ponte, ed anche ad un canale), mi sono chiesto se non ci sia stato, anche in questo caso, un tiro mancino da parte di SugarCo, poiché La società dello spettacolo non appare in copertina,e si è dovuto aggiungere il titolo, dopo la stampa, su una fascetta attorno al libro.Guégan continua con le sue sbrigative falsificazioni (2), come un Prigent, ma al quadrato. Si serve di più la posterità scrivendo le proprie memorie che con i propriatti, constatava un contemporaneo di Gondi. Ma ciò che Guégan non ha compreso, è che quando si fa dell'anti-letteratura occorre un minimo di talento, ma ne non ha nessuno, eccetto, se così si può dire, che per la sotto-portineria velenosa. È certamente

un talento, il suo, quello con il quale si giudica da sé stesso, ma al di là di questo, ad uso di quelle teste in cui lo spettacolo ha fatto più devastazioni che nell'ex-Parigi, si vede bene a che serve, e a vantaggio di chi va questa "volontà manifesta di trasmettere alle giovani generazioni una prova di prima mano sulla storia misconosciuta dell'ultrasinistra" al fine di "confondere i suoi contraffattori" (Le Saux) - (...) (3)Prima servivano i medici perché c'erano dei malati; oggi servono dei malati perché ci sono i medici: hai probabilmente avuto notizia di quelle "star della chirurgia" di Toulouse, che trasformavano i loro falsi malati in veri invalidi per riempirsi di più le tasche; è certo più proficuo che iniettare sangue contaminato, poiché si può operare molte volte la stessa cavia. Occorre ormai prendere molto sul serio quella dichiarazione del dottor Knock secondo la quale ogni uomo che sta bene è un malato che non sa di esserlo.

Passo al suicidio di Maxwell, come a quelli, più riusciti, dello scandalo della Torre BP della Défense (ci si appende dopo essersi tirati un colpo in testa, con ilrischio di rendere gelosi i suicidatori di Baader). Giacché nel settore della mode

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rnizzazione dello spettacolare integrato la palma passa, in questi ultimi tempi,alla polizia inglese, quando vuole neutralizzare preventivamente i "potenzialicriminali" - cioè, di sicuro, i futuri sovversivi (Le Monde del 20-9-[19]91 qui allegato) – a partire dall'età di cinque anni.Presto si lobotomizzeranno i bambini negli asili nido, se la genetica applicatatarderà a produrre dei mutanti ad hoc?Cordialmente a tutti e due,

Jeff�(1) Rovesciare il mondo, Jean-François Martos, SugarCo Edizioni, Milano, 1991. (Nota di Le fin mot de l'Histoire)(2) Un cavalier à la mer, Gérard Guégan, Editions François Bourin, Parigi, 1992. (Nota di Le fin mot de l'Histoire)(3) Passaggio eliminato da Le fin mot de l'Histoire.

Guy Debord a Georges Monti

Sul soggetto di copertina dei Contrats�

Guy Debord, Des Contrats. Edizioni Le temps qu'il fait, Cognac, febbraio 1995��Champot, 27 novembre 1994�Caro Georges,Dato che non siamo più molto lontani dal mese di dicembre, le trasmetto, per il nostro progetto di pubblicazione, un'idea per l'illustrazione di copertina che mi èvenuta in mente. È una figura dei tarocchi di Marsiglia. La più misteriosa e la più bella, a mio avviso: le bateleur. Mi pare che questa carta aggiungerebbe, e senzadoverlo implicare troppo esplicitamente, un qualcosa che potrebbe essere considerato come una certa maestria nella manipolazione; rammentando opportunamente tutta l'estensione del mistero.Cordialmente,

Guy

Jean-François Martos

Piccola raccolta differenziata nelle pattumiere della storia

Un libro anonimo intitolato Rapporto veridico sulle ultime necessità di preservaree d'estendere il dominio americano sul mondo è apparso il 18 aprile 2003. Il sott

otitolo ne precisa l'idea centrale: Del terrorismo e dello Stato nel loro contesto generale o di come sia a Washington la genesi operativa degli attentati dell'11 settembre 2001 e di tutti quelli che sono seguiti, nel quadro del tentativo di appropriazione delle risorse petrolifere mondiali ed in primo luogo irachene.Allo stesso modo, il contenuto non manca di riprendere, apparentemente, le analisi di Guy Debord e Gianfranco Sanguinetti, attualizzandole in qualche modo a proposito degli attentati dell'11 settembre 2001. Che sia un'impresa lodevole destinata, a prima vista, ad illuminare il lettore radicale convinto su alcuni aspetti della questione che gli sarebbero sfuggiti? Subito tuttavia si sente che qualcosa stona, e non si tratta soltanto di qualche mancanza di talento nell'impiegodei concetti critici inseriti meccanicamente (un software ad hoc, quasi ad ogniparagrafo, persuade il lettore che l'inversione del genitivo è inevitabilmente ilgenitivo dell'inversione): qualsiasi verità non potrebbe essere detta e ripetuta,

anche se maldestramente? No, si tratta piuttosto di dichiarazioni sorprendenti esempre più sinistramente marcate, che cito alla rinfusa:"Israele e l'America sono le due basi strategiche interattive (...) dell'organiz

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zazione del dominio della merce" (p. 21)"Il Kuwait (...) era effettivamente e storicamente parte integrante del campo geostrategico iracheno da secoli" (p. 30)"Bosniaci e Croati (...) sparavano regolarmente sulla loro popolazione per poter, in seguito, accusare i serbi (...) i massacri reali e ripetuti di civili serbifurono metodicamente occultati mentre una radicale pulizia etnica svuotava progressivamente regioni intere di ogni presenza serba proprio dove quest'ultima era

stata presente da secoli" (p. 32)"La vittoria del 1945 (è l'impero americano che lo afferma) ci ha dato i mezzi percontrollare completamente i processi storici che formano l'economia politica del pianeta poiché asservendo la Germania ed il Giappone nel cuore stesso della loroanima culturale, potemmo rendere planetaria la politica della nostra economia"(p. 36)"Abbiamo assorbito gradualmente il vecchio impero britannico ed abbiamo sfasciato ovunque quello francese per sostituirci ad esso" (p. 44)"Se un operaio europeo, cosciente dei suoi interessi di classe e della sua appartenenza culturale, ha ancora la capacità di ribellarsi per dire USA Go Home e rifiutare l'immigrazione massiccia che organizziamo deliberatamente verso l'Europa per ridurre il costo del lavoro ed afro-americanizzarla, lo spettatore che noi st

iamo costruendo grazie all'Europa americana di Bruxelles accetterà immediatamentetutte le lobotomizzazioni del nostro spettacolo esattamente come il villaggio mondiale della grande ibridazione obbligatoria lo dominerà narcoticamente secondo lareligione del modo di vita multiculturale americano" (p. 48)Visto il suo invecchiamento continuo, spettacolarmente sistematizzato dall'industria della contraccezione e dell'aborto che lo ha metodicamente stabilito, la popolazione europea dovrà, per mantenere i suoi equilibri tra lavoratori attivi e pensionati, accogliere entro il 2025, 159 milioni di nuovi immigrati" (p. 49)"Esiste il mito terroristico, ma ce ne sono ben altri come per esempio il mito del buco d'ozono (...) "è lo stesso delle campagne contro il nucleare francese checorrispondono alla necessità imperiosa per l'impero americano di distruggere una tecnologia d'avanguardia detenuta da un avversario commerciale (...) chi avrebbe,nel mondo mediatico del diktat totalitario, la pertinenza anti-mediatica e l'in

teresse professionale suicida di andare a cercare l'esatta natura profonda dei legami esistenti tra le società petrolifere americane e le diverse tendenze ecologiste esistenti nel mondo? "(p. 93-94)"

Lo si comprende facilmente: questi combattenti coscienti della causa identitariaculturale e sociale (p. 103) sono soltanto l'ultimo avatar faurissoniano dell'operazione revisionista iniziata alla fine degli anni settanta intorno alla rivista La guerre sociale. E si tratta grosso modo delle stesse persone.Lo scopo di questa prosa irresistibile, che avanza come un panzer maldestro, è soprattutto quello di screditare ogni vera critica a proposito degli attentati dell'11 settembre 2001; ed inoltre di tentare di sedurre alcuni ingenui della tendenza detta radicale. Il metodo è sempre lo stesso: tentare di far passare le idee più

reazionarie mescolandole alla critica sociale più estrema di un'epoca.Per il successo di questa manovra si vorrebbe che i piccoli clowns dello spettacolo critico alternativo arrivino presto a denunciare questo complottismo nazional-situazionista come la logica conseguenza delle idee contorte di Guy Debord.Ma chi prende sul serio questa gente?29 aprile 2003

Attenzione gli sciacalli vanno sott'acqua!I Siluratori della Menzogna (Jean-Pierre Baudet & Jean-François Martos), 2 agosto1982

Jean-François Martos, Corrispondenza con Guy Debord, Le fin mot de l'Histoire, Parigi, agosto 1998

Volantino bilingue distribuito in Germania:(…)

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I più distinti salutida Omar Wisyama Les Amis de Nemesis e alle lettrici e ai lettori del suddetto sito.