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Giulio Musenga
La Regina dell’Altrove
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© 2015 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma www.gruppoalbatrosillo.it
ISBN 978-88-567-7351-4
I edizione febbraio 2015stampato presso Andersen Spa, Borgomanero ( NO )
Distribuzione per le librerie PDE s.p.a.
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Prefazione
D’amore e d’anime.Di impressioni estemporanee dai contorni sfumati. La Regina dell’Al-
trove , di Giulio Musenga, è la ricerca di se stessi attraverso l’alterità. Nel piccolo spazio di un libro, l’innità dei sentieri dell’animo umano e la profondità dei suoi abissi.
Nessuna parola è sprecata. Tutto è necessario, essenziale, in questasilloge, pur nella sua rarefatta immaterialità.
Gli accostamenti lessicali e semantici costruiscono immagini intriganti,avvolgenti, come di sogno. Chi scrive conosce senza dubbio la duttilità dellinguaggio, la sua ricchezza, la polisemia e gli incastri sintattici che creanoaffascinanti architetture.
Ciascun componimento sembra generato da una attività onirica cosciente.L’autore si lascia trascinare, e con lui il lettore, da un moto continuo, da unvortice emotivo e sensoriale senza appigli costanti. Come un marinaio che av- vista la terraferma ma non riesce a raggiungerla, o forse non lo vuole davvero.
Tutto rimane sospeso: il giudizio come le impressioni. In un moto ciclicoed estremamente affascinante.
L’autore è proprio quel marinaio, spinto verso la bellezza come unanave fra i utti. Pronto a sdare le tempeste pur di sviscerare sentimenti profondi o superciali emozioni.
[...]
non esiston rotte che possan scriversi sul mare
né tantomeno strade da tracciare nel destino
non esiste più altro che non sia io
provocante dell’ingenuità più oscena
che ama senza aspettar alcun ugual riscontro
[...]
(Darò a me stesso)
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Scrive d’amore ma non solo. Descrive l’anima attraverso lo stupore delmondo e la sua innita bellezza.
E le parole sono materia prima, forgiata con sapienza e sensibilità.
Proprio la parola, oggetto semico e semantico, è il germe che dà vita alcanto. Dai suoi accostamenti prendono vita immagini magniche e quasi primordiali. Giulio Musenga ha avuto l’intelligenza e la sensibilità di se- guire un percorso originale, intimo ed estremamente interessante. Lontanoda qualunque facile banalità.
Lo ha fatto parlando d’amore attraverso gure retoriche come la metafo- ra e la sinestesia e un lessico sempre elegante e prezioso.
Eppure, la sua silloge compie un passo in avanti: indaga l’anima el’umano sentire ma in modo indiretto, rifuggendo schemi abusati. Descrivel’amore per se stessi e per le proprie contraddizioni e poi quello per la me- raviglia del creato.
Tanto che questo sentimento appare più come un escamotage diegetico,un modo per conoscersi e conoscere la realtà circostante attraverso le lentideformanti della poesia.
Fonte da cui attingere per riessioni profonde. Acqua sorgiva da cuiscaturisce la coscienza, la radice profonda dei desideri, il punto oscuro in cuii sentimenti si materializzano.
In un interessante “panismo” cosmico, una fusione fra l’elemento corpo- reo e la natura circostante:
[...]
la mia animaascolterà come la foresta
il suono del tuo e del mio vento
e li accompagnerà
con coro muto di fronda delicata
sin quando tutto si plachi
laddove il sole si incorona
o la luna siede innamorata
[...]
(Darò a me stesso)
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I corpi e la mente si fanno tutt’uno con la notte, con il mare e l’oscurità:“ e vivi e cuci in un unico amplesso / natura corpi profumi e odori” si leggenella bellissima Dolcezza mea.
O anche in Labbra arse dal silenzio:
Ho le labbra
arse dal silenzio
e aspetto un bacio dalla notte.
[...]
Atmosfere lunari, oniriche e d’ombra... “le orme si riempiono / di maree di notte” ( Sorprendimi )
... rarefatte nello scorrere armonico dei componimenti. E poi c’è il mare, che con la sua presenza silenziosa dona profondità
a queste immagini dense, che evocano i suoi abissi come la sua supercie
illuminata dolcemente dai riverberi del sole.
[...]
le pareti uguale
di colore bianco
come la luce del mattino
che entra da una nestra aperta
con dentro un cielo grande
appoggiato ad un’estate
con un mare di piombo
appena fuggito
al vento di maestrale
e a pellei profumi che sentiamo
guardando quella nestra aperta
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fra pareti bianche
appena fatto all’amore
(Un quadro)
Sembra quasi di sentirne l’odore, di sentire l’aria calda e umida dellecorrenti marine spirare fra le pagine di questo libro. E i corpi che con essosi fondono, quasi a farsi sua propaggine. Le pareti bianche intrise della suacalda umidità, della vischiosità della salsedine:
[...]
Chiusa scatola bianca
piena di suoni
onde
odori
mare
e le conchigliecome segreti
mai regalati
a nessuno.
[...]
(Marta e le sue conchiglie)
Il lettore sente questi odori, percepisce i colori, si sente accolto e avvoltodal calore umano di queste poesie che hanno il grande merito di emozionare,e lo fanno con naturale gentilezza, con la voglia di abbracciare e includere,di essere parte del grande racconto della vita.
Giulio Musenga si è donato con generosità, mostrando una parte degli
inniti spazi che crescono dentro ognuno di noi.
Silvia Leoni
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La Regina dellAltrove
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A mia moglie Linda a mio fratello Massimo
a tutti quelli che mi amano
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“Conosco quelle piccole frasi che hanno l’aria di niente e che, una volta accettate, vi possono appestare tutta una lingua.”
(Samuel Beckett)
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Amanti equilibristi
Su di un lo
due pensieriil mio e il tuoimmaginali sospesinello spazionel tempo
immaginaun pensierocompressocomplessosottointesocomplicetirato
fra due estremifra una stella e l’altrasotto una tenda
un circoun cielola vitanoi volteggiare
senza retegiù il nero della terrasu il nero della notteper noi solo la lunae stelle come riettori
fasci di luceper due pensieri
il mio e il tuoche s’incontranonell’equilibrismo di due amanti
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che su uno strano lo
si tendono la manoin un esercizio
da mozzare il atopensa alla gente sottoguardare a bocca apertagridare quasi di terroreper dei gestiche per noi
sono naturali
noi che su un loabbiamo cercatoprovato tantosempre rischiandol’emozionequel trovarsi in un secondoimprobabile e immenso
il tempo soloper stringersi per mano
prendersi insieme ancoraavendo il ato per dirsi
su di un lo teso sospeso
lo stesso fra noi da sempreci sei?
ci sono!ti amo...
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Amici sconosciuti
Capita a voltedi sentir gemer frondefra i capelli sregolatie insiemesentir rumor di passiche seguono il tuo ritmorespiran quasi col tuo ato
e vanno in sincrono al tuo cuoree anche quando il ventotira forte che fa spaventoe dèi indi e feroci
urlan per le tue stradegiocando con giornali vecchi
gettati contro il tuo proceder lentolìin quelle immagini rubate
che sembrano volare senza sensolìriconosci volti mai vedutifrasi e storie mezze dette
magari per il resto immaginatee in un mazzo di carte strampalateconvinte di essere la sorteti accorgi di avere in tascaquella sola che davvero valee che qualcuno vi ha inlato
senza neanche ti accorgessi
e allora sale tua voce salesupera ogni timoreogni rumore
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ogni giocoo mano persaquando le basta sussurrare
i tuoi amici sconosciutilì sorridentiin quella paginae nei tuoi occhiad indicarti a un bivioquale passo fare ancora
lungo un sentiero
che piano diverrà cammino.
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Dalle dita al volto
Amo di tequello che mi hai datoquello che mi hai toltodalle dita al voltoe un’anima leggerain questo ato autunnale
disegna un pensieroun dito su di un vetroumido e appannatouna sorta di sentiero
entrambi son segnidi un mondo diverso
nascosto là fuoricon quello che ha datoe quello che ha tolto
un sentire intensotracciato da un ditodisegnato sul vetro
questo si vedee intorno condensae silenzi taglientiin una notte che vivedal volto alle ditano a non sentir
che più neanche senti.
Esiste adessonella stanza
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un presente immersoin un autunno caldoumido di respiri
e qui ti pensoguardandosenza vogliaquesto buioquesto vetro appannatoquesti piccoli spazi
che traccio sul vetro
con la punta di un ditoe mi fermo a ssare
ciò che da dietroriesce da qui a ltrare
e sempre ci vedodalle dita al voltoquello che mi hai dato
quello che mi hai tolto.
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Darò me stesso
Non c’è più gestoo cennoo semplice sorrisoche non muovala mia anima.
Non c’è più doloreo emozionegioia o ingannoche non la faccia fremereansimare e trasalire.
Troppo
di tutti e tuttola scuote n dentro
le sue pieghe più nascoste
laddove a volte si nasconde
e non c’è più riposonel vederla raccogliere
ogni istante di se stessachinarsi ancora a raccoglier d’altrosempre con la stessa graziae un lo di amarezza
si china come niente fossema vacilla ed è turbata
e il vento scuote le sue chiomee tutto il corpo le percorrecon forza o con vezzo delicato
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ma che la percuotao l’accarezzi nel profondolei sorride appena
e lascia che la stupriimmaginando che sia tuttoun nuovo sogno.
Ho smesso cosìd’aver paura
e vergognarmi
anche del non fattodel mio incompiutonon esiste più rifugioper arrossireo per aver rimorsose vuoi non ho più scamposono tuo come di tutto e tutti
non darò né vorrò gestisapor d’approvazionené arguti cenni ammiccantiné incitamenti o ammonizioninon esiste più né pena né condanna
non esiston spazi liberi o prigioni
la mia animaascolterà come la forestail suono del tuo e del mio vento
e li accompagneràcon coro muto di fronda delicatasin quando tutto si plachiladdove il sole si incorona
o la luna siede innamoratao dove tu sei sempre statache mai vi fu per me diversa strada.
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L’ambrosia che nasce dal doloredall’ansia di tradir per una voltail mare che non dà tregua al tuo tragitto
sarà una guida e non già più tragediaper l’anima mia che se ne nutrenon esiston rotte che possan scriversi sul marené tantomeno strade da tracciare nel destinonon esiste più altro che non sia ioprovocante dell’ingenuità più oscena
che ama senza aspettar alcun ugual riscontro
libero di adorare a modo mio solo volandoguardando tutti gli orizzontie lasciando che ogni gestoo cenno o semplice sorrisomuova e scuota l’anima in profondolasciando a lei il suo mondo inafferrato
e il resto non esista piùe insieme sia poi tutto
una provocazione che entra nelle veneun veleno che col temponon dia assuefazionedarò così me stessoe quel che io di me
più non conosco.
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Dolcezza mea
1“Sciummì Nenè veni ca friddu pigghia pure ’o cori! senti come auceddu cria!” dicette Palidda e scennennu ’u carru la vesta ce salia e lei ce lo sapia.
“Vegnu vegnu dolcezza mea!” dicette Nenè che la taliava puro co lo cori “ma veni prima ca che l’ammuri movi l’antu d’oru di spighi”
Prati di montagna che odorano umidi di eno
con l’aria intorno che se ne scende no al blu del mare
mare che ci vedi il fondo
mentre intorno è estate d’aria calda che bruciae vivi e cuci in un unico amplessonatura corpi profumi e odori
e quasi una voce di gente che dice nel vento:
Pigghiala bedda e pigghiala pri nienti,ca di la bedda ti nnì fai cuntentu
Storia che incanta pietre e ginestree da sempre stordisce persino le cicaleadesso zitte perché tutti s’aspettache riparta il carro e si riprenda ato.
Sciummì Nenè ca veni sera
Vegnu Vegnu dolcezza mea.
1 Dialetto di pura invenzione, tendente al siciliano.
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Fuga
Non conoscerai il mio sguardosolo lo sentiraidopo un vento caldoche accarezza le spalle e il collopenetrare senza rumorenella pelle
e scorrere nel sangueno all’anima
e non sarà il tuo veleno a vincerloin quel guardarsinel tempo immobileche resta nelle frasinei desideri
trattenuti nelle maniincardinati nei pensieridi una mente con troppe nestre
e nessuna portada lì verrà il mio ventoda lì la via di fuga.
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Ieri
Tempo già passatoeppure è ancora addossone sento il dolente saporee il mio sudore di tristezzache chiudo come ogni seranel suo barattolo di vetro
e lo metto lì al suo postosul ripiano dei pensieriperché domani avrà il suo sensoperché mi è servito vivere... ieri.
Ho ben presente tutto
come il sapore aspro in boccadella mia efmera fortezza
acre come sangue viola
che scorre non sai dove vortice sconosciutofatto di fragilitàe tremori di stupore
mescolati ad incertezzano a chiederti chi eri
... ieri.
Forse è stanchezza
lungo è stato il tempolunghe le attese
mentre un maglio di setapenetrava come fuocola mia anima perplessa
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attonita al frastuonodi un ghigno di slavinache divora la montagna
mentre appena poco primaera neve sì leggerada accarezzare l’aria... ieri
ieri
ieri
ieri.
Pensieri da mescolar su tavolozzaper farne un quadro odore di verbenada lasciare ad asciugar di nottealla luce della luna e delle stelleperché oggi come domani sarà sangue
vissuto versato amato perduto... ieri.
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Il gabbiano
A poco serve oraprendere la via del marefuggire con una velacarica di lacrimesì da pesare tantoche i bordi sorano le onde
e l’acqua comincia a entrarea ogni onda un po’e la tempesta incalzae ti ricorda ora assurdamentequanti fossero i sentimentia tracimare l’argine del cuoree l’anima insieme sbatteva al vento
come oggi in questa in alto mareneanche più vedere un portoneanche più una rotta da seguire
solo nuvole sopra e un mare scuroe dentro il ghiaccioneanche più la voglia di tentareseduto lì al timone
ad aspettare che l’acqua entrino alla ne e naufragare
eppure in quel tuo pensare volgi a guardare in altolà in cima sul pennone
un gabbiano trova riposoprima di riprender volo
in quel vento che schia fra le sartielui si rimette in giocoe apre le ali
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senti il mistero della stessa forzaprenderti il corpo e il cuoreavere sentimenti
metterli in giocoavere sì tanto coraggioche ancora il marenon l’abbia vinta voltar la prua a se stessie ritornare
vivere
amare volare.
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Il mio viaggio col tempo
Io vorrei davvero viaggiar col tempoesser suo bagaglioil suo cappellocapir la direzionecome decide il quando
come si regali il comequando ridae quando si commuovacosa lo spinga ad andarese viaggi avanti o indietrocome si mostri a noipoveri mortali
che lo seguiamosol con le lancetteche ci portiamo dietro
o con le stagioniche tutti dicon stian cambiandochissà che ne pensa il tempochissà se è schiavo
o un perdigiornose è un dioo una gocciadi chissà che mareun innito
o una stanza chiusa vorrei restargli in tasca
vorrei non mi trovassema sapesse che ci sonoe non ci facesse caso
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sia suo cappelloo suo bagagliosia in tasca
sia come siami piacerebbeche il tempo e ioci si facesse compagniasenza badar tantoalla ne
a dove noi si sia.
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Il tempo e i suoi sapori
Lo senti presto in boccaqualunque esso siadovunque esso si svolgachiunque lo accompagniil tempo che ti scorredà subito un suo gusto
amaroasprodolcesalatosaporitoe grassobasta un secondo
e nella mentetutto si mischiaa odori ed essenzeno a diventar
un sapore tuossato dentro
un odore dell’anima
che quasi ascoltie quando fa silenziopassa ancora tempoe quel saporesempre diventa
qualcosa di intensofra il dolciastro
come melassae la gelatinadella madre dell’aceto
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che prima che la boccariprovi un nuovo gustoci vuole il tempo giusto
che acqua passi sotto i pontie corroda i sassie faccia nascer giunchisu quelli che sarannuovi tuoi passia cercare nei cespugli
nuovi gusti
che il tuo palatoe la tua linguaaccarezzi e apprezzie magari insiemeci si lecchi bene.
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Io, cristalli e specchio
Stasera vedo aggirarsi cristalliche giocano in un vicolo buioin un bicchiere rigatodal quale bevo a malavogliatroppo stancoper riuscirli a fermare.
Se qualcuno li avesse vistiforse mi avrebbe aiutatoa rigettargli addosso le loro ingiuriei loro insulti sputatiperché ce l’hanno con le mie avventure.
Figurati che di nottemi vengono intornoin mezzo alla strada
e tanto fannoche non so neanche più scegliere la réclameche maggiormente inganna.
Li guardo efermo nel mio silenzioci pensoe loro intanto fanno baccanoi cristalli
lo giuro.
Cosìalla ne
non riconosco un bar
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non un angolo di strada
né qualcuno che mi stia a sentire
non un posto dove nascondere i miei stracci
conosco solo uno specchio
che riette me
e i miei cristalli
e che mi dice
“Stai attento
quelli ti fanno diventar vecchio.”
Ma è un inganno
è il gioco degli sguardi
scomposti dai cristalli
che si rietton nello specchio
dicon così perché son loro
che nascono già vecchi.
Cristalli e specchi
della vita ne san poco
basta riettere
giocare con la luce
quello da sempre
è il loro scopo
è forse invidiache han per l’uomo
che li fa parlare
quell’esseri nati perché
c’è chi li sa guardare
e magari vede se stesso
con le sue ombre e luci
e immagina altroche un semplice riesso.
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Così li guardoe dopo mi confesso“anche se mi fate confusione
io non vi perdoperché già lo soche poi mi pentoa perdere un riesso
e i miei cristallicol mio specchio”.
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La donna che mi piace
Non prendermi per falsodonna che mi piaci per davverodi te non voglio altroche condividere un volose vuoi un pensiero
non mi interessa il visoil seno turgido o un amplessochiedo in fondo di piùun toccarsi più complesso
a me non serve compagnia a lettonon serve un buffo correr da pavone
mi piaci perché tu non cerchi questoma come me quello che sta dentrocon spregiudicata trasparenza
e chi meglio di te può portar fuoriscatole segrete che io nascondoe neanche so più dove
se non te che hai affascinatol’anima mia che ora dentroti guarda e ascoltaquasi senza prender ato
ma non basta questo, noc’è ancora altro che io sento
una strana afnitàche occhi che non vedofanno vibrare in nuove note
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come avessi un nuovo ventoche struscia nei pensierie mi piace entrarci dentro
perché una donna che mi piacela voglio complicenon amante del mio tormentola voglio non per sessoma un confondersi complesso
vorrei che soche mi aiutassenell’aprir le portedi un palazzo fatto insiemeche non sapevamo nostro
e mischiare insieme ogni tesoro
no a che non c’è motivodi aver perso qualcosa di importante
quando si guadagna un sogno nuovo.
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La Regina dell’Altrove
Sconosciutapur se la storiane ha partorito il sognodonandole lo sguardoche ora altezzosoora dimesso e schivo
illumina il suo visoe colorando gli occhiapparendo cosìinsieme aridaeppur orente
di pensierie di voli della mente
che a stentone compongonoil ritratto
e la lineadel sorrisoora stancoora suadente
ora lineedi abitudinisofferteora simili a tesorisparsi e sgargianti
e ancorapianti e risa
addii e ritornifelicità impazzitae gorghi i più profondi.
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Come le vestia guardarlesempre eleganti
ma talvolta polverosealtre volte luccicantio le manisovente inanellatedi prismi di brillantio a suo piacer
vuote
come campiarati per l’invernoalla bianca lucedi una lunasempiternao ricchedi grano biondo
appena mossoda un leggero vento
del misterodel orir
con un sole assente.
Regina certo
di che paese?di se stessacertolo dimostraquel suo accento
sconosciutoche a volte
si fa scuroe altre acerbosì da portar
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dentro ogni cadenzae insieme alcunacome fosse un tempo
che si pentedi essersi concessotroppo prestoo forse troppo tardio ancora sentesolo d’essere
se stesso
e che nulla puòse non il proiettardi luci e ombreavere e dare vitacon le notedi una notteche appartiene
a lei soltantocome una missione
che qui trova ragionema anche altrove.
Ecco questo forse sìpotrebbe essere il nome
di lei dama sconosciutapersino dalla storiae che da questapur sugge la memoriatrasformando
la sua animain parole
e vita:Regina dell’Altrove.
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Labbra arse dal silenzio
Ho le labbraarse dal silenzioe un buio dentroche non sa piùcosa copriretanto ha riempito
l’universoda esser da questopoi inghiottitoe ora mancanol’uno e l’altro.
Sono punto
di rette cartesianeche vanno all’innito
ma nessun quadrante
hanno creatonessuno spazionessun riferimentorestan così mute
le formule studiatesenza commentosenza risultatoo assenteo mai esistito.
Ho le labbra
arse dal silenzioe aspetto un bacio dalla notte.
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Labirinti inventati
Esiste un orizzonteche non è dato di vedereun salutoche non si è in grado di sentireuna carezzache non si è in grado di dare
un libroche non si è in grado di capirema esiste un viaggioinveceche si è in grado di inventareesiste allora una valigiache non sa aspettare
in questa strana stazionea due passi dalla nottee invasa dalla luce
dove puoi restaredove puoi partiree senti passeggeri assentiparlare fra di loro di una meta
e del ne della loro vitail viaggiol’orizzonteil ne
un libro
una metauna valigia
parole pieneche confondono la mentee aprono mondi sconnati
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dove perderti è nientee ritrovarti è il sensoo forse il premio?
O forse son sciocchezzeparole vuotelucciole di istanticosì vicineda sembrarci lune
stille di tempi intrisi
di pesanti droghescuse per la menterifugi per il cuoree allora perchélanciare sassi al cielocon domande o frasiche il cielo non rimanda?
troppo innito intornoper guardare in alto
chiusi come siamonello scorrere del sanguedentro le nostre strette vene.
Forse non esiste viaggio
non esiste metanon esiste premioesistono sololabirintiche inventiamo
e nei quali ci perdiamo.
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L’attesa
Quasi leggosulle labbrail tremoreche corre alle ditamentre il tuo prolo
seguo disegnare
sulle lenzuolail desiderioin uno spazio precisodenso di movimentiappena accennatiimpregnatoda cenni d’intesa
odorosodei nostri timoricoraggioso
come sa la passionecome queste carezzequasi un sofo
che ti svelano
senza toccartie segnanosolchi profondinei corpi ricopertidi brividi intensi
e sopra di loroormai solo un manto
di attesa.
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Le persone
Le persone
sono come onde
possono far paura
alte come palazzi
ringhiose e forti
o possono accarezzare
dolci e appaganti
dei giganti
con dita leggere
di sapori e sale
e possono essere
misteriose
cupe o intriganti
distese sul ventre
con sorrisi di luna
o sbuf di sole
ammiccanti o annoiati
nei silenzi notturni
o nell’afa d’estate
e ancora suadenti
nel gorgoglio di risacca
che sale nel cielo
appena a due passi
da barche e reti bagnate
lasciate distese
ad asciugare
e aspettare
un altro mare.
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Le personedicevosembrano onde
spinte dallo stesso sensosi lasciano appena toccarepoi tuttesempretornano allo stesso maretutte
lasciando a te
un sussurroe un saporeche da una riva del mondoarriva a tee ti lascia a guardare.
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Marta e le sue conchiglie
Marta ama la vita e le sue conchigliechiuse in una scatola biancabianca come la spuma delle ondedi quelle spiagge dove le ha raccolte.
Chiusa scatola bianca
piena di suoniondeodorimaree le conchigliecome segretimai regalati
a nessuno.
Ma stasera
l’affascina l’ideadi aprire la scatolacon il suo poetae vederle quelle conchiglie
sparse lì sul tappetonella sua stanza di velluto blue piastrelle verde mare.
Mostrarle
prenderle in manocontarle e ricontarle
guardarle e riguardarleognuna un’ondaognuna un mare
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ognuna divenir fra le sue ditacapriccio pensiero respiro carezza.
Marta ama la vitae con le sue conchigliecreò la vitama questo è un suo segretoche non riveleròlo rivelerà lei forse
se vorrà
o forseil suo poetache sorridedisteso sul tappeto.
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Memorabile tango
Una saettaun lampouna luce incostanteil tempo per accorgersi della nottenotte come musicache riempie
il mio e il tuo corpodi ogni cosarapiti no a quando
sulla tua setasi posa la miain un sussurro.
Un lampouna saettaun sogno
uno sguardosorridie ioincostante
piangoschiantatoin un uniconostromemorabile
tango.
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Notte appesa
Spinge la notte un ore alla ribalta
perso in uno spicchio di lucedi una nestra accesa
in una notte che non ha rimorsima neanche attesasta lì
come la notteappesa al buiocome una maschera indifesacome il tuo corpo brunomacchiato dall’offesadi essere reciso
e messo dentro un vasoin una notte appesa
guardando luila mia mano tremantesogna una carezzasegue con l’idea il prolo
di un seno noto
e di un sorrisolegati appenada un lo ignoto
che chissà perché vedo andar dal oreno alla nestra
in una notte appesa
costretta in questa ansiadi non sentirla nostrae come quel ore
pure lei recisa.
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Ora son nato
Sono natomi diconoma talvoltacosì lontano sonda questa terradalla realtà
di zolle e pietreche rimango stupefattosin del suon della mia voceeppur vedoe se soro sento
ma cosa?una realtà
o un sentimento?
Son nato
mi dicon tuttie questo bastia sentirti vivoqui nella gente
che a volteneanche vedoo vedo inconsistenteplasmatiche formeectoplasmatiche gure
che veleggianonel niente.
Forse sono ioun sogno loro
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altro che natosono soloche un bisogno
un’astrazione purache viene nella nottea far sognare un cuoreo a mettere paura.
Son nato
dicon tutti
ho pure una mia datacome numero stampatonel lager di un futuropermaloso e sconosciutoda cui certo fuggiròscaverò in segretosanguinando nelle unghie
n oltre quel recintoconne fatto di l spinato
elettricato da regole accettate
e allora guarderò la nottee le stelle insiemecolluse in una fuga
amanti e corree insiemee quando sarò oltreallora griderò forte indietro“Ecco!ora son nato”.
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Pandemia del malessere
Nasce come un nullain un posto nascostofra qui e qualche vita parallelaun esserino così minuscoloche nessun strumentoriesce a vedere
neanche nessun diose mai ci fossericonoscerebbequel lieve movimentol’impercettibile frequenzache pulsa lentamentee comincia...
Si arrampica nel vuotosu una scala inesistentele cellule che sora
solo avvertonoil respiro evanescenteed è tardi
per assumere difesegià le ha ammaliatee lor si sono arresedirei addormentatecome favole rapprese
e ancora sale
contemporaneamentefa in orizzontaleramicando intorno
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prende coraggionel nuovo cieloche ora albeggia
vivido e increduloquasi un miraggio
e sale ancoraprende ogni contornocomincia a distinguersi
il viso e il ghigno
le autorità si allertanola polizia indaga sul moventei sintomi studiatida appositi scienziatiper ora senza risultatipare che sia più fortedei peccati capitali
sommati al violar comandamentie regole sociali
compresi aggiornamenti
e ancora saletanto che gli ultiminon contaminati
urlan contro quelli lesie metton sulla loro portasegni di riconoscimentoafnché il malessere
non dilaghi
ma pare inutile
dicon anche il cielo ne sia pienoche basti guardarlo per averlo dentrosi respira anche senza saperlo
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e non rispetta chiesenon distingue sacro e profanonon gli importa nulla
neanche d’essere coscienteo di sognareo realizzar qualcosamagari lavorarea riprodursi non ci pensaperché solo si espande
né si sa come lo faccia.
I media ormai lo dan per certochiusi in cellule di ferroben sigillate dall’esternoparlan chiarosulla stampa in tv e in radioma le parole stesse
appena usciteson contaminate
dal malessere striscianteuna pandemia totaletanto che ormaiogni cellula si adattaa rimaner attratta e concupita
da quel che nato che non si vedevaper sua estrema piccolezzaora non si vede per esser tuttoe il non vederlopar togliere oramai
ogni via d’uscita.
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Pece e terracotta
Ero notte e pecetu pioggia e terracotta
tu eri il cieloio solo desiderio
eri tuaio solo ascoltavoquello che cercavouna notteun rumoreuna pioggia
aspettavolampi dal cieloil tuo profumo
sapori precisie insieme storiecon colori decisia un passo da noi
aspettavosotto ad un acquazzoneera d’estatele mani a raccogliere gocce
che si appoggiavanosulle foglie
sul selciato del vialeseguendo un pensiero
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io notte e pecetu pioggia e terracotta.
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Perla amaranto
Si lasciano caderestanottedall’alto i coloricome fanno le stelle di nottelentamente o in lamposempre simili a gocce.
Le guardo seduto sul lettopensandomi in sognocosì taccioe lasciomi scorrano addossoquelle perle dipinte
ora di gialloora di verdeora di rosso
e ogni colore.
Fermolo so l’ho capito
è un respiroper me che son quifelice di esser dipintoda qualcosa che in altomi vuol variegato.
Fermo sorridouna perla amaranto
mi va sulle labbrae lo so l’ho capitoè un tuo bacio.
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Poesia d’amore alla svelta
Ti scriverò una poesia d’amoredevo scriverla oggi anzi adessoperché domani sono sicuroche per te qualcunone scriverà una migliore
e anche perché oggi siamo quisiamo tutti e due ad aspettarcile mani nella stessa sabbiae nessuno di noiche abbia fatto la sua scelta
così proverò a scrivere
una poesia d’amoreper te e per megiusto due parole
non che sia sicurodi me stesso
ma devo scriverla oggi
perché domaniio le spalle già al futuronon sarò più lo stessoné forse lo sarai tu
perché questo sìè sicurooggi io e te
metti adessoabbiamo le maninella stessa nebbia
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e stiamo a guardarcie non abbiamo altra sceltalo dice da qualche parte
la nostra unica stellanon capiterà mai piùoggi devo scriverlae devo farlopure alla svelta.
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Sarò lì
Non avrò abbastanza ato
per sostenere il tuo respironé abbastanza forza sulla pelleper reggere al calore del tuo corpo
neppure sarà facileaffacciarsi sul tuo sguardotanto sarà l’abisso azzurroil vortice di immenso
eppure sarò lì
la distanza giusta
fra una stellae il suo pianeta
sarò lìnel profumo vorticosoche insieme li trascinaprendendo forma di una scia
come fossi una cometadi rivoli di intesa
o come scintillem’innalzo inn sparendo
nell’abbraccio con le stellein questa sera
che lega la mia e la tua vitaallo stesso desiderio
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così sarò lìa pelle nudaa bruciare te
e me stessoe per distanzail nullanell’affogareil mio e il tuo sguardonel medesimo sgomento
azzurro e immenso
di scoprir intrecciatii nostri corpie le nostre mentinello stesso eccessonello stesso amplessonella stessa vogliadi essere se stesso.
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Solo un momento
Capita di dover star zittizitto il cielosilenzioso il maresenza rumor le strade
anche la mente
e l’animacome spentecosì come il solela luce di lampionii sorrisi della genteil vento fra le frondeil muoversi di nubi
persino i sogni taccionoe i desideri
vengono a mancareprivi di paroleperché un momentobada uno soltanto
in quell’attimo vuol gridaree grida così forteche nessuno può parlare.
Lascia che sia cosìlascialo fare
fra un momento ancoraquando avrà speso tutto il ato
lo guarderai esausto
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fermo e vuoto di rispostee capirai che doveva farlogli sorriderai anche
per quello che voleva urlare
e se ne avrai il coraggioin un orecchio pianogli riuscirai a dire“Amico mio
mica sei la vita
ma un momento solouno soltanto”e tornerai a sentire il mondofuori e dentrorifarsi avantiriconquistare il tempo.
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Sorprendimi
Scorre dentropelle e ossaquesto bisognosensazioniaspre e sensualipioggia costante
che riga i volticola dalle maniinzuppa poveri vestiti
ci spinge via ridendotogliendoci le scarpefra gli schizzi di fango
da una festa divenutainsulsafarsesca
stereotipataper andare insiemea sentire il marecon dentro
un segretouna domandaun desiderioche batte fortementre le luci della festa
si sfaldano nella lunae pochi sprazzi di note
annegano nella risacca
il nostro correre
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si è tramutatoin passi dolcile risa
in silenzi caldile orme si riempionodi mare e di nottee ora siamo affamatidalle nostre richiesteinfrangere luci
suoni parole gesti
senza ritegnofondere tuttoin tenerezzasbalordire noi stessii nostri gestiil coraggio
sdare l’universoogni sua legge naturale
lo sappiamonei nostri occhinei pensieri che ci trasmettiamonelle mani intrecciate in orizzonti elettriciper il caldo sapore che abbiamo in bocca
e il dolce stuporein un ato
sempre più brevesapere di piùniente altro
affondare le maninell’orgoglio
e cavargli il cuoreper comprareun bisbiglio di secolo
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un balzo infantilefatto a occhi chiusiin un sorriso
o in qualsiasi altro baratro si voglia
dandosi del sussurro dell’altro
come ci si afda a un dio
quasi in sacricio
dio sempre atteso
che sempre arriverà
e sempre stupiràper quanto brevesia il suo respiroal di fuoridi ogni tempoogni mondoogni spazio
ogni secondoin ogni caso
avremo vintoquesto lo saise cavalcheraiin un vortice profondoogni cellula che ho in corpo
eccosorprendimi cosìe io sarò.
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Spettinata nello specchio
Eccomi ancora quispettinata nello specchiospettinati i miei pensieri
miei poi? chissà!
almeno quelli che rietto
in questo umido di marein questa distanza da un affettomi allontano troppo pocoda quello che dovevo diree non ho dettoe mi rimane fra le dita
come questa crema rinforzanteil riettere sul niente
ora mi accorgoquanto questo sia importante
importante chiedersi
lì allo specchiocose gravide di passatio di sterili ricordi
sì di possibilità
bruciateandate
no a quandotroverò riesso nello specchio
il volto mio di sempre
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stessa donnastessi capellie una strada in più
quella apertasu un presente spettinatoda far ridere la gentementre il tempomi dà già in ritardo.
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Un quadro
Un tettoun armadioun lettoil tuo voltola tua pellela mia che si avvicina
appena tolta la camicia
un sorrisoun sorso d’acquasul comodino una lampadanel corridoiosotto la porta
una luce
due ori sparsi a terra
come i nostri vestitisparsi come fossero erba o alirespiri di temporicordi
sensazioniin una stanza quadracon un softto bianco
le pareti ugualedi colore bianco
come la luce del mattinoche entra da una nestra aperta
con dentro un cielo grandeappoggiato ad un’estatecon un mare di piombo
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appena fuggitoal vento di maestrale
e a pellei profumi che sentiamoguardando quella nestra aperta
fra pareti biancheappena fatto all’amoree tutto questo crea
di noi
del tuttodel mondodei profumiun quadro.
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Uscirò volando
Immaginandoriesco a mescolareil tempo con il sensoesser mago e cialtronenello stesso tempo
non ho più bisognodi esser savio o folledi posseder castellio avere scarpe rottedi innamorarmi alla folliao disperarmi e gettare tutto via
non mi sento padroni intornoné ho schiavi da comandarenon ho strade
né per andarené per tornareimmaginandocambio il mondo
e lo lascio uguale
perché sono io quel mattoche non chiede altrodi non pagare dazio
per una manciata di immaginazione
si vola in altoe non dentro una prigionecosì m’imbratto anch’io
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del tuo stesso arcobalenoed esco in strada immaginandoche uscirò volando
verso quel mondoche io stessosto già creando.
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Voglia di un’onda infranta
Si accumulano ogginella mia mentecome nembi e cumulipensierinuvole dense e cupeattraversate da epilettici lampi
ricordiprogettipaurepassioniamarezzeamoriillusioni
fusi insiemeda un’elettricitàche scuote l’anima
e viaggia con le nubisul crinale di un monte
e guardo
affascinatoe paurosola sua forzaaspettandosperando
una gran pioggiao un forte vento
che innedissolva tuttoe intanto
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il mare che ho dentrosi fa scuroe spumeggia la voglia
di un’onda infrantasulla mia spiaggia di bambino
poi da uomomi alzo dalla nestra
non so più
se chiusa o aperta
rientrosiedo alla poltronatutto me stessoin un mesto movimenton le sopracciglia
appena bianchedello stesso sale
rimasto da quel bacioseguono mute
il mio lento respirare.
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Vomitare d’anima
Ah sì vomitare tuttodi quest’animasimile a straccioimbevuta di sangueormai fetido e rappreso
insieme a feci d’altrie ogni immonda cosache il mondo vi ha iniettatocon cotanta liberalitàda sembrar sorpresoe soddisfatto di se stessosi badi bene
non del danno fattoma di quanto schifoci ha buttato addosso
anzi nonell’animatanto da sentire il bisognodi vomitarla
quidavanti a noi
e vederlo adessolì disteso
questo vomitoancor vivente
mi fa felicedi colore inverecondobrulicar di amebiche sporgenze
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e di crisalidi impotentinel terror di esser lasciateormai a se stesse
prive di un corpoche poco primaera loro regno e pastoora inermilì sul pavimentoa cercar brecce
fra piastrelle
mentre il sole seccail liquor immondodel mio me stessoche gli faceva ciboe or lo guardamorto e irridente.
Spero soltantoche quest’abito
di cellule addensatenon lasci tracciasi sciolga in un acido bollenteo se ne vadapiù semplicemente
senza doloresenza canti o gridase ne vada senza nientesenza amore e senza amicisenza ricordi o sogni
senza soldi e nudocosì com’è venuto
torni vuotodella mentesolo sorpreso
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questo sìdi incontrare il nullacome si addice
all’innito senza sensosenza un diosenza paurae nalmente
senza dir niente.
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Vorrei
Di te ora vorrei avereinsiemela fronteil voltoil senso
il profumo densoquello che ho già persoquello che forse non ho coltomagari solo un frammentodi ciò che non mi hai datoe che pure mi è entrato dentro
vorrei di teil sorrisole dita
il senoi anchi
i baciquelli promessi
quelli mai datiquelli rubatiquelli decisiquelli aspettaticome passi
rondini d’estatequelli che fanno abitudine
fanno la vitale cosele strade
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le casele chiesema più di tutto
vorrei di te l’ideache ci ha portatouna certa seraa pensare a noicome ad un tuttoad un fatto compiuto
vorrei sapere allorase sia servitose servo adesso visto che non ci seie vorrei urlareche con te ho vissutoforse più semplicemente
vorrei avertima di più non posso.
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R INGRAZIAMENTI
Grazie a tutti gli amici avuti; grazie a tutte le internaute e gliinternauti che ho incontrato, per quello che mi hanno concessodi loro e accettato di me; grazie, più in generale, a quelli che non
conosco, ma con i quali sicuramente ci sarà occasione di incon-trarsi e di parlare, cammin facendo.
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Indice
La Regina dellAltrove
5 Prefazione
15 Amanti equilibristi
17 Amici sconosciuti19 Dalle dita al volto
21 Darò me stesso
24 Dolcezza mea
25 Fuga
26 Ieri
28 Il gabbiano
30 Il mio viaggio col tempo
32 Il tempo e i suoi sapori34 Io, cristalli e specchio
37 La donna che mi piace
39 La Regina dell’Altrove
42 Labbra arse dal silenzio
43 Labirinti inventati
45 L’attesa
46 Le persone48 Marta e le sue conchiglie
50 Memorabile tango
51 Notte appesa
52 Ora son nato
54 Pandemia del malessere
57 Pece e terracotta
59 Perla amaranto
60 Poesia d’amore alla svelta62 Sarò lì
64 Solo un momento
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66 Sorprendimi
69 Spettinata nello specchio
71 Un quadro
73 Uscirò volando75 Voglia di un’onda infranta
77 Vomitare d’anima
80 Vorrei
83 Ringraziamenti
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