In Altum

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Pubblicazione bimestrale durante l'anno scolastico da Settembre a Giugno - Poste Italiane Sped. in A.P. art. 2 comma 20/c L. 662/96 - Bergamo - Aut. Trib. BG n. 427 del 15.5.1964 - NUOVA SERIE - N. 137 - ANNO 30 - Novembre-Dicembre 2011 PERIODICO DELLE SUORE ORSOLINE DI SAN GIROLAMO IN SOMASCA - DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE: 24128 BERGAMO - VIA BROSETA, 138 - TEL. 035250240 - FAX 035254094 - e-mail: [email protected] - www.orsolinesomasca.it È n a t o p e r v o i u n S a l v a t o r e (Lc 2, 11)

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Periodico n. 6-2011 delle Suore Orsoline di San Girolamo di Somasca

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“Èna

to per voi un Salvatore”(Lc 2, 11)

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Direttore responsabile: Anna Maria RovelliRedazione: Pasquale Diana, Chiara De Ponti,Elisa Faga Plebani, Maria Marrese, Veneranda Patelli,Concetta Rota Bulò.Hanno collaborato a questo numero:Alberto Ceresoli, Angela Pirri, Angelo Bonaiti,Antonio Gabrieli, Assunta Tagliaferri, Barbara Ferrari,Chiara Daniela Picello, Davide Rota, Eraldina Cacciarru,Federico Taroni, Franca Galiazzo, Giusi Tartaglione,Kelly Borges, Laura Diana, Lissy Galiazzo,Luciano Galiazzo, Mario Bonacina, Mauro Barisone,Oreste Fratus, Pietro Galiazzo, Sara Gabrieli, Sarah Taroni,Selena Maffioletti, Teresinha Tavares.In copertina: Natività, Regina Kugler (Rio Pusteria, BZ)

Realizzazione: STUDIO EFFE - Mozzo (BG)Stampa: PRESS R3 - Almenno San Bartolomeo (BG)

Redazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3

La Parola... Dio con noia cura di don Davide RotaVerbum caro... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4

Educhiamoci: Investiamo in “paradisi” che contanoa cura di Giusi Tartaglione

Educarsi ed educare alla solidarietà,alla generosità, all’ascolto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6

Dopo “Madrid 2011”a cura di Suor Barbara Ferrari

Radici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10

I santi sono coloroche lasciano passare la luce...a cura di Assunta Tagliaferri

Madre Teresa di Calcutta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15

...Una bella notizia...Il cammino di un angelo dalla terra al cielo . . . . . . . . . . . . . . 20

Convegno Superiore di Comunità . . . . . . . . 26

Santo Natale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33a cura di Elisa Faga Plebani

Voci di casa nostraItalia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37India . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46Bolivia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48Brasile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49

Libri in vetrina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51a cura di Maria Marrese

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Redazionale

È questo l’annuncio dell’angelo.

Per noi, abituati al concreto delle cose, “salvatore” è uno che ha poteri, che ha la possibilità,anzi la certezza, di essere superiore agli altri…Ma, all’annuncio gioioso, l’angelo aggiunge qualcosa che veramente sembra un controsenso: “… troverete un bimbo avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”.

Un bimbo “salvatore”?, un bimbo adagiato in una mangiatoia, in un ambiente riservatoagli animali, anziché in una cameretta accogliente, adagiato in un lettino ben prepa-rato dalle teneri mani di una mamma gioiosa?Per chi non ha fede, per chi ha perso il senso del mistero, per chi vive avvoltoe travolto da migliaia di notizie senza senso, quanto sopra non può sembra-re una delle tante storielle narrate dai mass-media?Ne deriva che il Natale, con negozi carichi di ogni specie di oggetti piùo meno utili, con Babbi natale trascinati da renne, con luminarie a nonfinire, si riduce ad una festa soltanto un po’ diversa dalle altre…

Ma per chi ha fede, per chi come voi, cari amici lettori, sente vivo ilbisogno di Qualcuno che lo sostenga nelle difficoltà di ogni giorno,il Natale è veramente un momento particolare di gioia, di serenità,di speranza:

“È nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore”.

Ecco la gioia dell’annuncio: È nato Cristo Signore!È Lui il Salvatore, Lui, il Figlio di Dio, fatto uomo per ciascu-no di noi, per vivere con noi nel cammino quotidiano condivi-dendo le nostre fatiche, per dare senso alla nostra vita; Lui, Ge-sù, il Creatore dell’Universo, il Figlio prediletto del Padre, manostro fratello!

Buon Natale così, cari amici. Buon Natale!Sia, il Bimbo nato in una stalla, Colui che vi dona serenità, for-za, coraggio, certezza: è il nostro augurio più affettuoso.

Buon Natale!La Redazione

“Un angelo del Signore si presentò a loroe la gloria del Signore li avvolse di luce.

Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro:«Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia,

che sarà di tutto il popolo:oggi, nella città di Davide,

è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore.Questo per voi il segno:

troverete un bambino avvolto in fasce,adagiato in una mangiatoia»”.

(Lc. 2, 9-12)

“… una grande gioia… è nato per voi un Salvatore!...”.

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La Parola... Dio con noi

Verbum caro...

Il Natale questo celebra:il farsi carne, storia,

vicenda umanadel Verbo increato di Dio,il che è già straordinario,

magnifico.Ma non basta,

e lo sanno bene sia Dioche il Figlio suo Gesù,

il Verbo:occorre, infatti,spingersi oltre

fino a rendere possibileil sogno di Gaber:

“Se potessi mangiareun’idea, la parola”

allora sìche tutto cambierebbe!

E, perché tuttopossa cambiare,

Dio chiedealla Parola-Gesù

di lasciarsiletteralmente mangiare

da coloro che l’accolgono.

Il noto cantautore milanese espri-me, in questa canzone, un deside-rio non solo suo, ma universale:

che le idee, i concetti, e di conseguen-za le parole che li rivelano, diventinotalmente veri, autentici e concreti dapoter essere addirittura “mangiati” e,perciò, assimilabili.Gaber giustamente intuisce che questodiventa possibile solo a condizioneche i concetti, le idee e le parole smet-tano di essere ciò che sono, per tra-sformarsi in qualcos’altro, per diven-tare eventi, storia, vita, addiritturacibo, carne, corpo, qualcosa che sipossa non solo ascoltare, ma anchevedere, toccare, anzi mangiare.Assurdo o impossibile?Gaber sembra pensarla così, ma ciòche, a prima vista, appare irrealizzabi-le, forse non lo è. Difatti – per fare unesempio – sono tanti i genitori che,pur senza rendersene conto, proprioquesto fanno ogni giorno coi figli ocol coniuge. Ogni papà o mamma condue dita di testa e di cuore sa, infatti,che non basta dare ai figli cibo e vesti-ti, perché occorre anche l’insegna-mento e l’educazione. Ma sa pure cheparole, prediche, consigli e raccoman-dazioni lasciano il tempo che trovanose non sono accompagnati da testimo-nianza e da buon esempio. Cosa vuol

dire? Vuol dire che in qualche modo sideve, anzitutto, diventare ciò che sidice, essere ciò che si insegna, il cheesige coerenza fra pensiero, parola,azione: per cui ciò che si pensa è an-che ciò che si dice e ciò che si dice èanche ciò che si fa.A questo proposito è illuminante unracconto tratto dai “fatti e detti dei Pa-dri del deserto”: “Quando padre Gio-vanni fu in punto di morte, fu attor-niato dai fratelli monaci i qualivolevano che lasciasse loro in ereditàuna parola breve e salutare, per potergiungere come lui alla perfezione diCristo. Ed egli disse sospirando:«Non ho mai compiuto la mia volontà,ma quella di Dio. E non ho mai inse-gnato a nessuno qualcosa che nonavessi prima compiuto io stesso»”.Questo racconto ci insegna che, allostesso modo del santo monaco, un ge-nitore, educatore, prete, guida… è

Un’idea, un concetto, un’ideafinché resta un’idea è soltanto un’astrazione.Se potessi mangiare un’idea avrei fatto la mia rivoluzione.(Giorgio Gaber)‘‘Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi

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bravo se non si limita a procurare al fi-glio, all’alunno, al fedele, al seguace, ilcibo necessario al nutrimento e l’inse-gnamento per l’educazione, ma se inqualche modo egli stesso si fa alimentoe insegnamento. I figli, infatti, diventa-no uomini “mangiando” la vita e lapersona dei genitori: perciò è scandalo-so che oggi, del piatto preparato conamore dalla mamma, i bimbi dicano“che schifo!” senza venire ripresi, an-zi! riuscendo a creare sensi di colpanella genitrice che neppure si rendeconto che, a fare schifo, non è solo ilcibo, ma lei che l’ha preparato. Biso-gna, purtroppo, ammettere che i genito-ri d’oggi hanno un ben scarso concettodi se stessi se lasciano che il pargolo liinsulti senza reagire! E da gente con uncosì basso livello di considerazione,che si può pretendere?A questo punto, se abbiamo capito ilsenso della canzone di Gaber, occorrecapire cosa sia giusto fare: per questoguardiamo Colui che è Creatore, Si-gnore, Padre, cioè Genitore Supremo ditutto e di tutti: Dio. Quando Dio decidedi rivolgere la sua Parola all’uomo, safin troppo bene che non si può limitarea dare consigli, inviti, raccomandazionio a promettere premi o castighi… tutteparole, in fondo, anche se divine.Lui sa bene che non basta, ma è neces-sario che la sua Parola per noi diventicosì concreta da risultare visibile, udi-bile, palpabile persino. Ecco perchéquando Dio decide di parlarci non èuna parola che ci rivolge, ma una Per-sona, Gesù: lo esprime bene Giovanni

nel Vangelo quando la presentazionedel Verbo (= Parola) culmina nella fra-se: “Il Verbo si fece carne e venne adabitare in mezzo a noi; e noi abbiamovisto la sua gloria, gloria come di uni-genito dal Padre, pieno di grazia e diverità” (Gv. 1, 14).Perché la Parola di Dio è Persona: nonqualcosa che si può solo ascoltare, maQualcuno che si può anche vedere –“abbiamo visto la sua gloria” – e per-sino toccare, come fa Tommaso colcorpo risorto di Gesù.

Il Natale questo celebra: il farsi car-ne, storia, vicenda umana del Verboincreato di Dio, il che è già straordina-rio, magnifico. Ma non basta, e lo sannobene sia Dio che il Figlio suo Gesù, ilVerbo: occorre, infatti, spingersi oltre fi-no a rendere possibile il sogno di Ga-ber: “Se potessi mangiare un’idea, la

parola” allora sì che tutto cambierebbe!E, perché tutto possa cambiare, Diochiede alla Parola-Gesù di lasciarsi let-teralmente mangiare da coloro chel’accolgono. Per questo, dopo la molti-plicazione dei pani, alle folle che l’a-scoltavano nella Sinagoga di Cafarnao,Gesù fa una rivelazione sorprendente:“Chi mangia la mia carne e beve ilmio sangue ha la vita eterna… Perchéla mia carne è vero cibo e il mio san-gue vera bevanda. Chi mangia la miacarne e beve il mio sangue dimora inme e io in lui” (Gv. 6, 54-56).Parole che risultano incomprensibiliper i discepoli e scandalose per la folla,ma che, invece, sono del tutto conse-guenti e persino logiche. La Parola, peressere autentica, deve farsi cibo, ali-mento; deve diventare così concreta dapoter essere vista, toccata, addiritturamangiata e, quindi, Gesù si fa mangia-re. Lo fa istituendo l’Eucaristia perchénoi, ripetendo il suo gesto, possiamoalimentarci di quella Parola che diventain grado di produrre in noi la rivoluzio-ne totale, completa, quella che fa pas-sare dal dominio del peccato e dellamorte a quello della vita e della gioia.Il Cristo, Parola-Pane-Corpo così as-similato dal cristiano, diventa in luifonte di vita nuova, completa, anzieterna, divina; quella vita che rivolu-ziona tutto e tutti; che rende credibili lenostre parole e che, infine, invita noicristiani a diventare, a nostra volta, ali-mento, cibo per la fame del prossimo.

Don Davide Rota

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La Parola... Dio con noi

Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi

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Educhiamoci: Investiamo in “paradisi” che contano

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L’arrivo del Nataleevoca in tutti noi

sentimenti ispiratial bene, all’amore

per il prossimo.Sentiamo noi stessi

il bisognodi “sentirci” più buoni,

di fare qualcosaper gli altri.

Spesso, però,questa esigenza

di donare,rapportataalla società

in cui viviamo,si traduce in qualcosa

di materialee si è portati

a confonderela generosità

e la solidarietàcon il “donare”

in senso materiale.Fare dei regali graditi,spesso anche costosi,ci fa sentire generosi.

Nessuno sapeva quando quell’uomo fosse arrivato in città.Sembrava sempre stato là, sul marciapiede della via più affollata,

quella dei negozi, dei ristoranti, dei cinema eleganti,del passeggio serale, degli incontri degli innamorati.

Ginocchioni per terra, con dei gessetti colorati,dipingeva angeli e paesaggi meravigliosi,

pieni di sole, bambini felici, fiori che sbocciavano e sogni di libertà.Da tanto tempo, la gente della città si era abituata all’uomo.

Qualcuno gettava una moneta sul disegno.Qualche volta si fermavano e gli parlavano.

Gli parlavano delle loro preoccupazioni, delle loro speranze;gli parlavano dei loro bambini:

del più piccolo che voleva ancora dormire nel lettonee del più grande che non sapeva che Facoltà scegliere,

perché il futuro è difficile da decifrare...L’uomo ascoltava.

Ascoltava molto e parlava poco.Un giorno, l’uomo cominciò a raccogliere le sue cose per andarsene.

Si riunirono tutti intorno a lui e lo guardavano.Lo guardavano ed aspettavano.

“Lasciaci qualcosa. Per ricordare”.L’uomo mostrava le sue mani vuote: che cosa poteva donare?

Ma la gente lo circondava e aspettava.Allora l’uomo estrasse dallo zainetto i suoi gessetti di tutti i colori,

quelli che gli erano serviti per dipingere angeli, fiori e sogni,e li distribuì alla gente.

Un pezzo di gessetto colorato ciascuno,poi senza dire una parola se ne andò.

Che cosa fece la gente dei gessetti colorati?:qualcuno lo inquadrò,

qualcuno lo portò al Museo civico di arte moderna,qualcuno lo mise in un cassetto,

la maggioranza se ne dimenticò”.

È venuto un Uomo e ha lasciato anche a te la possibilità di colorare il mondo.

Tu che hai fatto dei tuoi gessetti?

(Bruno Ferrero, I gessetti colorati)

NEduchiamoci

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Prima di avventurarci nella riflessione sulla triadedi valori che dà gusto e spessore alla vita, e chepotrà illuminare anche il cammino nel tempo di

Natale, prima di recuperare i “gessetti colorati” che quel-l’Uomo ha lasciato anche a ciascuno di noi, soffermiamola nostra attenzione su alcuni numeri del Documento“Educare alla vita buona del Vangelo”, che racchiude gliOrientamenti pastorali della Chiesa italiana per il decen-nio 2010-2020.Leggiamo al n. 4: “In piena docilità allo Spirito, comeChiesa, vogliamo operare con disponibilità all’ascolto eal dialogo, mettendo a disposizione di tutti la buona noti-zia dell’amore paterno di Dio per ogni uomo. Occorre in-vestire, con l’apporto delle diverse componenti del mon-do scolastico, ecclesiale e civile, in una scuola chepromuova, anzitutto, una cultura umanistica e sapienzia-le, abilitando gli studenti ad affrontare le sfide del nostrotempo. In particolare, essa deve abilitare all’ingressocompetente nel mondo del lavoro e delle professioni, al-l’uso sapiente dei nuovi linguaggi, alla cittadinanza e aivalori che la sorreggono: la solidarietà, la gratuità, la le-galità e il rispetto delle diversità.Così la scuola mantiene aperto il dialogo con gli altri

soggetti educativi - in primo luogo la famiglia - con iquali è chiamata a perseguire obiettivi convergenti. Il ca-rattere pubblico non ne pregiudica l’apertura alla tra-scendenza e non impone una neutralità rispetto a queivalori morali che sono alla base di ogni autentica forma-zione della persona e della realizzazione del bene comu-ne. In questa prospettiva, è determinante la formazionedegli insegnanti, dei dirigenti scolastici e del personaleamministrativo e ausiliario, chiamati ad essere capaci diascolto delle esperienze che ogni alunno porta con sé, ac-costandosi a lui con umiltà, rispetto e disponibilità”.E, di seguito, al n. 53: “Oggi è necessario curare in parti-colare relazioni aperte all’ascolto, al riconoscimento, al-la stabilità dei legami e alla generosità. Ciò significa:– cogliere il desiderio di relazioni profonde che abita il

cuore di ogni uomo, orientandole alla ricerca dellaverità e alla testimonianza della carità;

– porre al centro della proposta educativa il dono comecompimento della maturazione della persona;

– far emergere la forza educativa della fede verso lapienezza della relazione con Cristo nella comunioneecclesiale”.

Educhiamoci

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Educhiamoci: Investiamo in “paradisi” che contano

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L’arrivo del Natale evoca in tuttinoi sentimenti ispirati al bene,all’amore per il prossimo. Sen-

tiamo noi stessi il bisogno di “sentirci”più buoni, di fare qualcosa per gli altri.Spesso, però, questa esigenza di donare,rapportata alla società in cui viviamo, sitraduce in qualcosa di materiale e si èportati a confondere la generosità e lasolidarietà con il “donare” in senso ma-teriale. Fare dei regali graditi, spessoanche costosi, ci fa sentire generosi.E’ pur vero che la nostra società viveanche di tradizioni, che non sono deltutto sbagliate. Tutti noi siamo cresciutinella magica convinzione che, la nottedi Natale, Gesù Bambino venga a por-tarci i doni; che Babbo Natale, con lasua slitta e le sue renne, scenda dallamontagna e ci faccia dono di quanto danoi è più desiderato, addirittura che ri-ceva le nostre lettere e che cerchi diesaudire ogni nostro desiderio.Tutto ciò non è sbagliato in sé, perchéracchiude il messaggio di “donare” ma,mentre un bambino riesce a percepire ilsenso del dono in un giocattolo che de-sidera, quando cresce è importante checapisca che tutto non può fermarsi aquello.Dobbiamo chiederci: di che cosa hannoveramente bisogno i nostri figli, i nostri

alunni e tutti coloro che ci stanno vici-no? Cosa dobbiamo donare per essereveramente generosi? Verso dove devetendere la nostra generosità?Non è necessario essere un missionario,dedicare la propria vita agli altri per es-sere generosi e solidali: non tutti abbia-mo questa vocazione, ma credo che ciòche vale non sia il numero di persone acui doniamo, ma quanto amore diamo.Si può stringere il proprio raggio diazione e donarci nel vero senso dellaparola alle persone a noi più vicine: seognuno di noi facesse questo, nessuno sisentirebbe solo.Ma cosa dobbiamo donare agli altri, inche cosa possiamo manifestare la nostragenerosità e la nostra solidarietà?Il punto di partenza non deve essere il“nostro” bisogno: dobbiamo andare ol-tre il nostro egoismo nel donarci alprossimo. Prendiamo esempio da Maria:la sua accoglienza perfetta ha permesso

che la Parola si incarnasse per la salvez-za del mondo. “E il Verbo - la Parola -si fece carne”. Gesù nasce per donarsi anoi, tutta la sua vita terrena è dono perl’umanità, fino al sacrificio estremo del-la morte. E’ il massimo della genero-sità. Noi, esseri terreni e imperfetti, nonmiriamo certamente a questo, ma la no-stra vita e la nostra quotidianità ci offro-no tante occasioni per donarci agli altriin modo sincero, per capire i loro biso-gni, le loro necessità, non necessaria-mente materiali, e fare il possibile peroffrire il nostro contributo.La generosità non è uno scambio. Nellanostra mentalità, istintivamente, ciaspettiamo la riconoscenza: quandocompiamo un atto solidale o generoso,ci aspettiamo di essere ricambiati.Nel cap. 14 del Vangelo di Luca, trovia-mo questo insegnamento di Gesù:“Quando dai un banchetto, invita pove-ri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beatoperché non hanno da ricambiarti. Rice-verai infatti la tua ricompensa alla re-surrezione dei giusti”.Gesù proclama la beatitudine di chi nonè ricambiato. Fai i regali proprio a quel-li che non possono restituirteli: la beati-tudine sta proprio nel fatto che non te lipossono restituire. La radice della feli-cità consiste in una generosità che non

Educarsied educarealla solidarietà, alla generosità, all’ascolto

In questo numero tratteremo l’importanza di

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Educhiamoci: Investiamo in “paradisi” che contano

cerca il contraccambio. La ricchezza ènel donare, non nel ricevere.Siamo generosi e solidali se doniamociò di cui l’altro ha bisogno, senzaaspettarci nulla in cambio. Ma, per capi-re ciò di cui il nostro prossimo necessi-ta, dobbiamo “ascoltare” i suoi bisogni.La generosità e la solidarietà comin-ciano dall’ascolto.Naturalmente ascoltare non significa so-lo usare l’udito, ma capire ciò che i no-stri figli, i nostri alunni, ci stanno dicen-do, quali sono le loro vere intenzioni.L’importanza dell’ascolto inizia daquando il bambino nasce. Quale genito-re, nei primi giorni di vita del proprio fi-glio, non ha “ascoltato” il suo pianto percercare di “capire” quale fosse il suo“vero” bisogno?Il neonato comunica prevalentementeattraverso il pianto ma, quando cresce,impara a parlare e ad esprimere i propripensieri. Il nostro ascolto verso il bam-bino deve, quindi, cambiare: l’uso dellaparola solo apparentemente semplificala comunicazione. Dico “apparentemen-te”, perché il linguaggio favorisce la co-municazione solo se “ascoltiamo” quel-lo che il bambino ci dice con la stessadedizione con cui ascoltavamo il suopianto da neonato, con lo stesso impe-gno e con lo stesso desiderio di capirlonel profondo.E’ proprio nell’infanzia che si pongonole basi per un ascolto vero: se ci faccia-mo sfuggire l’occasione di ascoltare inostri figli o i nostri alunni quando sonopiccoli, tutto diventa più complicato edifficilmente recuperabile nell’adole-scenza, età in cui l’ascolto diventa fon-damentale in quanto il messaggio del-l’adolescente non è più limpido einnocente come quello del bambino, macela sentimenti contrastanti, spesso inconflitto tra loro. Ascoltando i nostri fi-gli e i nostri alunni, li educhiamo all’a-scolto e li aiutiamo a diventare, a lorovolta, dei buoni ascoltatori da adulti.Purtroppo la società in cui viviamo, lavita frenetica, i miti fasulli portano le

persone ad ascoltare soprattutto se stes-se, a costruire un sé immaginario checercano di imporre al prossimo. Il risul-tato è che si può coesistere, e addiritturaconvivere, senza mai capirsi veramente.Se non c’è ascolto, il dialogo tra duepersone diventa un “dialogo tra sordi”.Ci vuole qualcosa di più di un buonascolto per cogliere i segnali che ci dan-no i nostri figli e tutte le persone cheruotano attorno alla nostra vita persona-le o lavorativa. Affinché l’ascolto siaefficace, attivo ed empatico è necessario“mettersi nei panni dell’altro” cercandodi entrare nel punto di vista di chi ciparla e cercare di condividere le sensa-zioni che manifesta. L’ascolto non im-plica “giudizio” e nemmeno la necessitàdi darsi da fare per risolvere il proble-ma.Se noi ascoltassimo i nostri figli nel ve-ro senso della parola, se non ci fermas-simo solo alle loro richieste materiali,ma cercassimo di capire, dall’ascoltodei loro sentimenti, i loro veri bisogni,costruiremmo rapporti più veri e felici.Ogni rapporto genitore-figlio, marito-moglie, insegnante-alunno, dovrebbebasarsi su una comunicazione fondatasull’ascolto efficace. Ascoltare è donar-si, è un affettuoso regalo che facciamoalle persone che amiamo e a tutti coloroche stanno cercando di dirci qualcosa.Ma spesso è un regalo anche per chiascolta, perché l’ascolto efficace favori-sce il rispetto reciproco, costruisce rela-zioni vere, genera idee e crea fiducia.Essere solidali e generosi significaascoltare e donare se stessi.Per diventare persone più felici è impor-tante anche l’ascolto della Parola diDio. Nel Vangelo, il valore dell’ascoltoè una beatitudine: “Beati coloro cheascoltano la parola di Dio e la osserva-no” (Lc. 11, 28). Per essere buoni cristia-ni, siamo chiamati ad “ascoltare” la Pa-rola del Signore, cercando di capirecosa Dio ci chiede veramente, per poter-la osservare e godere del dono della fe-licità.

Quest’anno vorrei che i miei figli, den-tro la letterina per Babbo Natale, met-tessero i desideri del loro cuore, vorreiche chiedessero l’amore immenso e in-condizionato di mamma e papà, la soli-darietà del proprio fratello, l’affetto deinonni e degli zii, il rispetto dei propriamici, l’accoglienza di una scuola che lifaccia sentire sereni, il dono degli inse-gnanti che, giorno dopo giorno, con sa-crificio e pazienza, li aiutano a crescere.Forse a loro potranno sembrare dei doniinsoliti perché tutto questo ce l’hannogià, ma devono imparare, con il nostroaiuto, ad apprezzarlo.

E spero che sotto l’albero di Natale,anziché trovare tanti giocattoli spessoinutili, trovino tutto ciò di cui hannoveramente bisogno: l’amore delle per-sone che Gesù Bambino ha donato lo-ro mettendole nel cammino della lorovita, che ogni giorno li “ascoltano” eli aiutano a diventare persone vere.

Giusi Tartaglionedocente e genitore

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Nell’aria alberga un non so che di eterno e presente, dif-ficile da definire: sarà il vapore del respiro della storiache s’alza da questa nostra terra così provata socialmen-te, economicamente, politicamente; sarà il fumo delle ro-vinose catastrofi naturali che hanno colpito la nostra na-zione e stanno imperversando in tanti paesi del mondo,rendendoci vittime impotenti di una rivoluzione climaticache scuote le nostre coscienze e ci interpella sul sensodella vita, sul senso di una fraternità e di una solidarietàuniversali che sono l’identità di ognuno, espressione del-le radici profonde che abitano dentro noi: l’essere figli,fratelli, aggrappati alla storia, all’amore, alla fede, allasperanza.

…Nell’aria alberga il tema di questo secondo numero: leradici.Parleremo di cosa significa per me, per te che leggi, perle giovani generazioni, l’essere radicati. Ci accompagnerà ancora Mauro con le sue riflessioni divita. Come sottofondo, la canzone di Zucchero: “Choca-beck”.Tutto questo per scambiarci pensieri, affinché i cuori siincontrino nello spazio etereo delle idee, che anelano adivenire concreta storia …

Ci chiediamo:

Cosa significa mettere le radici?Dove essere radicati? Come essere radicati? Quando essere radicati?Perché essere radicati?

Dopo “Madrid 2011”

Radici

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Leggiamo negli Orientamenti Pastorali dell’EpiscopatoItaliano per il decennio 2010-2020, al n° 9: “Consideran-do le trasformazioni avvenute nella società, alcuni aspetti,rilevanti dal punto di vista antropologico, influiscono inmodo particolare sul processo educativo: l’eclissi del sen-so di Dio e l’offuscarsi della dimensione dell’interiorità,l’incerta formazione dell’identità personale in un contestoplurale e frammentato, le difficoltà di dialogo tra le gene-razioni, la separazione tra intelligenza e affettività. Sitratta di nodi critici che vanno compresi e affrontati senzapaura, accettando la sfida di trasformarli in altrettanteopportunità educative.Le persone fanno sempre più fatica a dare un sensoprofondo all’esistenza. Ne sono sintomi il disorientamen-to, il ripiegamento su se stessi e il narcisismo, il desiderioinsaziabile di possesso e di consumo, la ricerca del sessoslegato dall’affettività e dall’impegno di vita, l’ansia e lapaura, l’incapacità di sperare, il diffondersi dell’infelicitàe della depressione. Ciò si riflette anche nello smarrimen-to del significato autentico dell’educare e della sua insop-primibile necessità. Il mito dell’uomo “che si fa da sé” fi-nisce con il separare la persona dalle proprie radici edagli altri, rendendola alla fine poco amante anche dise stessa e della vita.Le cause di questo disagio sono molteplici – culturali, so-ciali ed economiche – ma, al fondo di tutto, si può scorge-

re la negazione della vocazione trascendente dell’uomo edi quella relazione fondante che dà senso a tutte le altre:«Senza Dio l’uomo non sa dove andare e non riesce nem-meno a comprendere chi egli sia».Siamo così condotti alle radici dell’“emergenza educati-va”, il cui punto cruciale sta nel superamento di quellafalsa idea di autonomia che induce l’uomo a concepirsicome un “io” completo in se stesso, laddove, invece, eglidiventa “io” nella relazione con il “tu” e con il “noi”.Tale distorsione è stata magistralmente illustrata dal San-to Padre: «Una radice essenziale consiste - mi sembra - inun falso concetto di autonomia dell’uomo: l’uomo dovreb-be svilupparsi solo da se stesso, senza imposizioni da par-te di altri, i quali potrebbero assistere il suo autosviluppo,ma non entrare in questo sviluppo. In realtà, è essenzialeper la persona umana il fatto che diventa se stessa solodall’altro, l’‘io’ diventa se stesso solo dal ‘tu’ e dal ‘noi’,è creato per il dialogo, per la comunione sincronica ediacronica. E solo l’incontro con il ‘tu’ e con il ‘noi’ aprel’‘io’ a se stesso”.

Dopo la provocazione di questo breve numero, cerchiamodi far risuonare dentro le parole evidenziate e lasciamo allinguaggio della musica il felice compito d’accompagnarequesta sorta di decantazione.

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Radici“Come dunque avete accolto Cristo Gesù, il Signore,

in lui camminate, radicati e costruiti su di lui,saldi nella fede come vi è stato insegnato,

sovrabbondando nel rendimento di grazie”(Col 2, 6-7)

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Grande Zucchero! Quattro parole in croce, una capacità di entrare drit-to nel mondo dei sentimenti con flash di immagini così vere, con versiche vanno oltre le regole metriche per dire la verità che ci abita: l’a-more ricevuto, l’amore dato, l’amore senza se e senza ma, l’amore chesi costruisce insieme (tre nel cielo e due nel sole), l’amore che è vede-re con gli occhi del cuore, che è responsabilità ed operosità di manisemplici, l’amore che ci consuma, ci lega, ci piega, ci frega (nel verosenso della parola: per il suo essere pura illogicità).Non possiamo essere persone, se non ci radichiamo qui: in questoamore che abbandona il suo respiro nella storia di ciascuno.Cosa significa radicarci?

Essere radicati vuol dire proprio ritornare alla fonte dell’equilibrio, al-la sorgente della capacità di comprendere chi siamo; vuol dire percor-rere la strada dell’esistenza a ritroso, fino all’origine di noi, interrogar-ci sul senso della vita, prenderci in mano e giocarci.Dove radicarci?“Dove è il tuo tesoro, dove poni le tue radici, sarà anche il tuo cuo-re!” Sembra risponderci Gesù (Mt. 6, 21). Ci si radica in terra buona, cisi radica nei valori che tengono in piedi la casa della nostra fragile esi-stenza. Ci si radica nel bene dell’amore, abbiamo sentito nel canto, inun bene che sposa una forma d’educazione severa e sobria: i “due cal-ci in culo” sono la concretezza di un “voler bene” che mira a far cre-scere persone tutte d’un pezzo, che è capacità di accontentarsi ed esse-re felici anche solo guardando le stelle; un bene che è memoria del“chocabeck”, di quelle sante parole genitoriali che hanno contribuitoalla costruzione della personalità: Zucchero ricorda che il padre, alladomanda: “Pa’, che c’è da mangiare oggi?”, rispondeva con crudezzae semplicità: “Di chocabeck!”, cioè “Niente!”. Il “mi manca sai il cho-cabeck” è quasi la considerazione nostalgica del bisogno di tornare alpassato, perché le radici della nostra persona ne bevano la linfa e tro-vino la forza e le motivazioni per andare avanti. La memoria è il mo-tore del presente e spalanca al futuro. Si dice che i giovani abbiano

CHOCABECK(Zucchero Fornaciari, dall’album Chocabeck)

Noi faremo l’amoreTre nel cielo e due nel sole

Noi faremo l’amoreDentro il mare e dentro il pane

Nella bocca e negli occhiFar l’amore nelle mani

E nei baci e nei cuori fiori a far cosìTi ricordi l’amore

Quella luce dell’amore!E sì e no oh oh oh

We gotta make it together oh oh ohL’amore che eh eh eh ehCi consuma e ci lega.

Noi faremo l’amoreDue nel cielo e tre nel soleCon la bocca e col cuore

Fiore fai cosìTi ricordi l’amore

Quell’odore dell’amore!E sì e no oh oh oh

We gotta make it together oh oh ohL’amore che eh eh eh ehCi consuma e ci piegaEcco io laggiù laggiù

Da ragazzino ne sapevo di piùDi più di piùL’amore fu

Un calcio in culoE tante stelle lassù

Amore che non so chi seiChe sette, otto, nove, dieci sarai

Mi manca saiIl chocabeck, il chocabeck.

E sì e no oh oh ohWe gotta make it together oh oh oh

L’amore che eh eh eh ehCi consuma e ci fregaEcco io laggiù laggiù

Da ragazzino ne sapevo di piùDi più di piùL’amore fu

La banda in testaE tante stelle lassù

Adesso cheNon so chi sei

Che sette, otto, nove, dieci saraiMi manca sai

Il chocabeck, il chocabeck.

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smarrito la memoria storica. Penso non sia deltutto vera questa espressione: devono solo ricu-perare e rispolverare tutto ciò che è custoditodentro. Come seme.Come essere radicati?Prendo spunto dai fatti degli ultimi giorni per ri-spondere (è quasi la metà di novembre mentrescrivo ed ho sotto gli occhi le immagini e le pa-role degli articoli che riportano le catastrofi natu-rali). Come essere radicati? Con forza e tenacia.La forza e la tenacia delle radici degli alberi chesi fissano al terreno ed impediscono che dilavi,non la forza e la tenacia dell’acqua e del fangoche distruggono. La forza e la tenacia di queigiovani che spalano il fango per ridare alla cittàche sentono propria, perché lì sono le loro radici,il volto di sempre, non la forza e la tenacia del-l’indifferenza.Andiamo oltre…Quando essere radicati?Sempre. Perché non corriamo il rischio d’esseretagliati e gettati via. Perché non viviamo la vitada distratti, illusi, parassiti.Sempre. Perché siamo persone e non potremmovivere diversamente. Perché siamo chiamati adare senso e ragione alla nostra esistenza. Se vi-vessimo senza radici nella storia, che assume ilvolto di una famiglia, della scuola, della società,del lavoro, degli amici, di Dio stesso, saremmovento e tempesta, dispersi nel tempo, inconsi-

stenti, inutili, da gettare nelle tenebre, come ilservo del Vangelo che non ha trafficato i suoi ta-lenti.Perché essere radicati? La risposta la troviamo in ciò che Mauro scrive. Lasciamo a lui la penna.

Che cosa hai fatto allorache non avresti dovuto fare?«Nulla»

Che cosa non hai fattoche avresti dovuto fare?«Questo e quelloquesto e quell’altro:Qualcosa»

Perché non l’hai fatto?«Perché avevo paura»Perché avevi paura?«Perché non volevo morire»

Qualcun altro è mortoperché tu non volevi morire?«Credo di sì»

Hai ancora qualcosa da diresu quel che non hai fatto?«Sì: Chiedertiche cosa avresti fattotu al mio posto».

Non lo soe non posso giudicarti.So soltanto una cosa:domani nessuno di noivivràse anche ogginon faremo nulla.

(Erich Fried)

Colloquio con un sopravvissuto

Tutti quanti tendiamo a criticare quello che ci sta intorno. Spes-so, quando incontriamo le persone o gli amici, l’argomento cheaffrontiamo più frequentemente è la critica. Critichiamo il siste-ma, il mondo in cui viviamo, chi ci rappresenta, l’amico che nonci ha telefonato, il datore di lavoro etc. etc. e ci mettiamo sem-pre un po’ in disparte come spettatori co-protagonisti. I problemiche vediamo e critichiamo sembrano essere fuori dalle nostrepossibilità o, come dicono alcuni scrittori: “fuori di noi”. Credoche se tutto ciò di malvagio e tutto ciò che ci sta attorno lo rite-niamo “fuori di noi”, allora è giunto il momento di lavorare sul-la nostra persona, di cominciare a pensare che prima di cambiareil mondo o criticarlo è necessario cambiare noi stessi per comin-ciare ad essere protagonisti.Cercare di comprenderci, di trovare il nocciolo che è dentro dinoi, è un viaggio affascinante e infinito, in un pianeta misterio-so. Comprendere da dove veniamo, perché siamo al mondo,quale sia il nostro ruolo sembrano domande scontate, ma se pro-vassimo a pensarvi seriamente, scopriremmo di avere a che fare,il più delle volte, con uno sconosciuto. Dentro ognuno di noi, nesono sicuro, c’è molto di più di quello che esprimiamo: ognunodi noi ha dentro di sé un potenziale grandissimo e meraviglioso.Ogni uomo è meraviglioso. Il problema sta nel fatto che, non es-sendone consapevole, si pone in disparte. Migliorare e conosce-

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re se stessi, per migliorare ciò che ci sta intorno, è unaformula semplice in fondo.Ogni volta che chiedevo al caro Don Oreste Benzi (fon-datore della comunità Papa Giovanni XXIII di Rimini),di intervenire su un problema o di fare qualcosa su si-tuazioni che giudicavo sbagliate, o che mi infastidiva-no, la risposta era sempre la stessa: “Perché non fai tuqualcosa; chi te lo impedisce?”.Questa risposta mi metteva sempre di fronte ai miei li-miti, alle mie capacità, però mi faceva anche pensare:“E se avesse ragione? Forse potrei esserne capace…”.Già, il fatto di domandarmi “Ne sono capace?” impli-cava una poca conoscenza di me stesso. Spessissimo sisente dire: “Magari potessi farlo; fortunato lui che hafatto quella scelta; eh… potessi farlo anche io…” e al-lora ecco la risposta: “Chi te lo impedisce?”. Dicono:“Eh, ma ci vuole coraggio!”. È vero, ma se avessimo laconsapevolezza totale di noi stessi, il coraggio sarebbeaiutato. Esistono tanti modi per trovare se stessi, perconoscersi. Io non ne ho la formula: ognuno di noi do-vrebbe trovarla da solo.Pankaj Mishra, in un suo libro, scriveva: “… cambiare atteggiamento ed investire meno energienel pensare a ciò che ci viene “fatto”, concentrandocisull’apporto che possiamo dare, sulle qualità e le risor-se che possiamo (e dobbiamo) sviluppare.Quindi è un partire da sé, da una prospettiva egocentri-ca di sé, come luogo di assorbimento di tutto quello checi sta attorno e di cui possiamo beneficiare o che ci di-sturba, per scoprirci fulcro da cui si irradia una diver-sa consapevolezza: la consapevolezza che i cambia-menti avvengono in noi e poi si esprimono fuori di noi.Serve a poco lamentarsi, serve a molto offrire un con-tributo affinché ciò che non ci piace possa cambiare…in meglio”.Anche il mio percorso alla ricerca delle mie radici nonè terminato: è un viaggio che non finisce mai ed è mol-to confortante rendersi conto e scoprire ogni giornoqualcosa di più di noi: ci aiuta a capire quanto siamoinfiniti e quante cose abbiamo da offrire. Una cosa peròl’ho imparata, ed è domandarmi ogni volta che vorreifare qualcosa e ho dei dubbi: “Chi me lo impedisce?”.

Perché, dunque, radicarci?Per cambiare il “fuori di noi” partendo dal “dentrodi noi”…

Ci lasciamo con que-sto compito: radicar-ci in Colui che si èradicato a sua voltanel tempo.Perché Dio Gesù si èradicato? Perché unacosa l’aveva impara-ta: “Chi gli avrebbepotuto impedire di amare l’uomo?”.Quando Dio Gesù si è radicato? Quando è arrivata lapienezza dei giorni, quando i giorni avevano raggiuntouna maturazione tale che erano pronti all’evento dellaSua salvezza, quando incontrava la sua gente e ne leg-geva i bisogni di unità, di redenzione, di speranza, diamore.Come Dio Gesù si è radicato? Dimenticando la sua pre-rogativa d’essere uguale a Dio per farsi servo dei servi,humus per la terra argillosa e poco fertile dei cuori in-contrati. Si è radicato incarnandosi, cioè facendosi fan-go, tutt’uno con i deboli e i poveri.

Dove Dio Gesù si èradicato? Nella fra-gilità, nel limite, inuna terra di peccato,perché ricrescessecon Lui il nuovo al-bero della vita, dalquale l’uomo potes-se cogliere i frutti.

E vivere per sempre.La conclusione è un po’ strana, ma è voluta. Solo radi-candosi in Dio Gesù, che parla nella storia, ognuno dinoi può comprendere appieno se stesso, perché il nostro“io”, entrando in contatto con un “tu”, dà vita alla rela-zione, alla comunione, al dialogo. Di queste realtà abbiamo bisogno! Per essere persone!Per essere giovani!

Mauro Barisone e Suorbì[email protected]

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Madre Teresadi Calcutta

GONXHA AGNESE BOJOXHIU, per tutti

L’usignolo del Signoreche cantò le sue lodi nella luce del meriggio e nell’oscurità della notte

Madre Teresa nasce aSkopje, da genitori alba-nesi, il 27 agosto 1910.

La sua famiglia era benestante percui Agnese poté frequentare le scuoledi base e anche le superiori.Ma la sua famiglia, oltre che bene-stante, possedeva e viveva unaprofonda fede cattolica che si tradu-ceva in una concreta vita di carità.Il papà soleva ripetere alla sua fami-glia e specialmente ai suoi figli:“Io vi darò tutto e non vi lasceròmancare nulla; ma voi, siate genero-si. Amate i poveri e soccorreteli sem-pre”.

Agnese, con sua sorella e suo fratellocresce, quindi, con sotto gli occhimolteplici esempi di bontà, di gene-rosità e di fede praticata e vissuta. Sitrova bene in famiglia ed è bene in-serita nel gruppo parrocchiale guida-to dai Gesuiti che, nel 1925, quandoAgnese Bojoxhiu aveva solo 15 anni,raggiungono Calcutta come terra dimissione. La giovane Agnese si entu-siasma nel sentir leggere le letteredei missionari e si offre come volon-taria: pronta a partire per l’India.Raggiungerà Calcutta a vent’anni emorirà a ottantasette, dopo aver visi-tato parecchie volte tutto il mondo,sempre partendo da Calcutta.

SISTER ADRIANASignificativa mi sembra la testimo-nianza di Madre Adriana che riportodi seguito e che ho raccolto io stessaa Calcutta durante il mese di ottobre2009.Sister Adriana appartiene all’Istituto

Missionarie della Carità, fondato dal-la Beata Madre Teresa di Calcutta.Essa mi accoglie nella Casa Madredel suo Istituto in Calcutta, appenafuori la Cappella rettangolare che cu-stodisce il corpo di Madre Teresa.Nella prima parte di questa Cappella,proprio di fronte all’entrata, un mau-soleo di marmo bianco protegge lespoglie della Beata. Sulla lapide unasemplice scritta: “Mother Teresa ofCalcutta” con due date:“1910-1997”. Una semplice candela, vicina al no-me, si consuma lentamente mandan-do bagliori di luce attraverso il vetro

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che la protegge; sembra un cristallo:quella povera luce manda riflessi co-me fosse un raggio di sole che si stac-ca da un globo infuocato, proprio co-me fu la vita di Madre Teresa.Sulla parete di fronte, un grande Cro-cifisso con scritto accanto “I thirst”

(ho sete). E’ lo stemma delle Missio-narie della piccola Madre di Calcutta;è stata la bandiera per la quale MadreTeresa ha combattuto per tutta la suavita. Ha fatto tutto per amore di Gesùperché questo Dio, che si è fatto uo-mo, ha sete: desidera ardentementeche tutti gli uomini si salvino.Un poco più in là, un altare sul quale,durante il giorno o la notte, viene cele-brata o adorata l’Eucaristia.Dietro, separata da una semplice ten-da, vi è un piccolo museo con alcunedelle tante foto di Madre Teresa, alcu-ne sue lettere, i suoi sandali e la mode-stissima borsa di tela che soleva ac-compagnarla durante i suoitrasferimenti. Ma tutto, in questa Cap-pella, parla di lei. Si percepiscono isuoi silenzi osservando la piccola sta-tua di Madre Teresa accovacciata perterra sopra il cuscino che fu testimonedelle sue lunghe ore di adorazione da-vanti all’Eucaristia.Noti così la povertà che essa ha esal-tato in tutte le lingue e che le sue Suo-re hanno conservato come una prezio-sa reliquia della loro Fondatrice. Si

respira un’aria gioiosa che si legge sulvolto delle Suore che incroci o concui si parla. Tutto in questo ambienteparla della nostra Beata: del suo idea-le, della sua vita, delle sue preghiere edell’eredità che ha lasciato alle sueSuore.Sister Adriana viene da Gussago(provincia di Brescia) e vive a Calcut-ta nella Casa Madre delle Missionariedella Carità, come Consigliera del pro-prio Istituto. Si ferma volentieri a par-lare con noi. Gussago è poco lontanoda Rovato (BS) e mia mamma era diRovato per cui… Quando si vive lon-tano dalla Patria, la nostalgia qualchevolta ci prende... Mi permetto di chie-derle quale sia stato il buon vento chel’ha portata in India. E, prima ancora:chi o che cosa, l’hanno spinta a bussa-re alle porte delle Missionarie dellaCarità. La risposta più immediata è ungrande sorriso che illumina il suo vol-to, proprio per essere fedeli all’inse-gnamento della loro Madre Fondatriceche non aveva esitato a proclamarepubblicamente: “La pace incominciacon un sorriso”.

Sister Adriana si racconta, così, sem-plicemente, senza esibizione e senzaatteggiamenti come fanno i bambiniquando si chiede loro che cosa hannosognato, proprio come se la sua fossestata la scelta più facile e più comune.Le parole di Sister Adriana si susse-guono come i paracarri di una strada.Dice: “Ad ogni pensiero, generalmen-te, corrisponde un’azione e ogni attoha le sue conseguenze. Dopo aver in-contrato e conosciuto Madre Teresa,non si può vivere come se nulla fossesuccesso”.Sister Adriana era, infatti, uno deimillecinquecento giovani a cui il car-dinale Colombo di Milano aveva affi-dato l’incarico di preparare coreografi-camente lo Stadio di Milano inoccasione della “Festa della Vita” del23 aprile 1977.Per tale Festa, era stato scelto lo stadiodi San Siro ed era stata invitata ancheMadre Teresa di Calcutta. Per la primavolta uno stadio calcistico della ca-pienza di quello di San Siro, è così di-ventato, per un pomeriggio, una gran-de chiesa all’aperto, un tempiobellissimo e raccolto in cui si è potutopregare bene e coinvolgere tutti i pre-senti.Sister Adriana ha collaborato nellapreparazione coreografica dello stadio.L’incontro, pubblicizzato e sostenutodalle Chiese lombarde, voleva cele-brare la Vita. La parte esteriore dellaFesta, è stata la parte che tutti hannoammirato e che ha richiesto, a questi1500 giovani, tanti sforzi e tanta crea-tività senza contare il tempo e le nottipassate a programmare. Furono, però,le parole forti della “piccola, grande”Suora di Calcutta, che aveva sposatola causa dei poveri tra i più poveri, cherisvegliarono una certa inquietudinedentro l’animo di Adriana: “Le paroledella nostra Madre fondatrice aveva-

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no il potere di scuotere gli animi. An-davano diritte al cuore come una frec-cia. Riportava tutto all’essenziale, aciò che veramente conta. La nostraMadre era una persona veramentepiena di Dio. Lo si sentiva anche fisi-camente. E non si trattava di una sug-gestione psicologica. La sua testimo-nianza era troppo trasparente:coinvolgeva e faceva riflettere… Daquesto giorno è incominciata la miaconversione. Madre Teresa soleva ri-petere che, quando si tratta di prega-re, non aveva paura di essere strumen-talizzata da nessuno. Io hoincominciato a pregare e a cercare.Non mi sono più fermata di fronte agliostacoli, all’indifferenza, alle lusin-ghe, alle incomprensioni. Madre Tere-sa parlava spesso delle vocazioni allavita sacerdotale e religiosa. Spesso,infatti, veniva richiesta di pronunciar-si circa la crisi di vocazioni nellaChiesa. E lei soleva rispondere conchiarezza: “… I giovani oggi non vo-gliono più solo ascoltare… Quandouna ragazza viene a dirmi che deside-ra farsi Suora, le rispondo: vieni avedere come viviamo e con chi lavo-riamo. Poi potrai decidere”. I giovani vogliono vedere, constatare,verificare, toccare, se è possibile. Ma-dre Teresa fu ed è, per moltissimi gio-vani, una proposta concreta di vita. ESister Adriana è lì, semplice e sorri-dente, a dimostrare che il nostro tem-po non è arido di vocazioni come sivorrebbe far credere…

Sister Jefa la incontro, invece, il gior-no seguente; anche lei italiana e anchelei attratta dal fascino indescrivibileche esercita Madre Teresa sull’animogiovanile. Viene dalla Sicilia e si trovaa Calcutta da poco più di un anno. Ilsuo volto giovanile, circondato dalbianco velo con le righe azzurre, sem-

bra un bellissimo fiore in bocciolo chedeve ancora manifestare tutta la suabellezza e la sua fragranza. Al contra-rio di Sister Adriana che venne colpitacome da un fulmine dalla trasparenzadi Madre Teresa, Sister Jefa conoscele Missionarie della Carità in seguitoad una sua lunga e sofferta ricerca per-sonale. Era giovane e da poco aveva conse-guito una laurea in Lettere moderne.Aveva anche lavorato facendo qualchesupplenza nell’ambito della scuola. Sitrovava bene e non aveva problemiparticolari. Veniva da una buona fami-glia nella quale si vivevano i valori re-ligiosi, anche se in forma tradizionale.“Andavo a Messa tutte le domenichecon la mia famiglia”, dice Sister Jefa,“ma la parola del Vangelo non illumi-nava la mia vita. Mi sembrava chenon avesse nulla da dire alla mia vitae a quella dei miei genitori o del mioambiente. Tutto formalmente sembra-va in ordine; tutti avevano un lavoro efacevano il proprio dovere: ci si ri-spettava e non vi erano delle ragionivere e proprie per essere inquieti ecercare soluzioni diverse da un buonmatrimonio e di un posto di lavoro,onorabile nella società.Ma io, invece, ero inquieta e non po-tevo più nascondermi dietro l’adole-scenza, che ormai mi ero lasciata allespalle, e neppure dietro l’incompren-sione dei genitori perché ho avuto conessi sempre un bel rapporto. Dentro dime, però, non riuscivo a guardare lon-tano e, tanto meno, a vedere il cielosereno e il mio futuro… neppure pote-vo dirmi soddisfatta: mi sentivo comeuna rondine spaesata che non ritrovail nido dell’anno precedente e conti-nua a girare e a cercare. Continuavo aguardare l’orizzonte come se la solu-zione della mia inquietudine dovessevenire dall’alto”.

Invece la soluzione del suo problemavenne da un fatto semplicissimo, pro-prio come fanno le noci quando sonomature; non occorre il vento perché sistacchino dall’albero e nemmeno chel’uomo scuota l’albero: sono pronte alasciare la “madre pianta” per immet-tersi nel circuito della vita.L’occasione immediata le venne unadomenica mattina, ascoltando la predi-ca del suo Parroco che non disse nulladi straordinario… straordinario erasoltanto lo stato d’animo suo che per-cepì l’invito del Signore in maniera lu-minosa: proprio come se, nel buio del-la notte, si fosse accesa una lampadache rende chiaro tutto. Ha incomincia-to a cercare concretamente e a chie-dersi che cosa veramente volesse.Nessuno l’ha indirizzata dalle Missio-narie della Carità, ma lei cercavaqualcuno che facesse sul serio: qual-cuno che la invitasse a donare tuttodietro un semplice: “… tutto quag-giù e l’eternità, assieme a dolori esofferenze”.Le due Suore italiane, assieme a moltealtre provenienti da tutti i paesi delmondo, gestiscono ora un “esercito” diSuore, di Sacerdoti e di Volontari checercano di rendere un po’ meno tragi-ca la vita ai tantissimi poveri che po-polano ancora le città dell’India o del-le periferie delle metropoli del mondo.

LA GIOIACOME BIGLIETTO DI VISITALa piccola Suora di Calcutta è semprelì, sorridente ed attiva, nonostante nonsia più fisicamente presente, a conso-lare e ad invitare: vieni e vedi come econ chi lavoriamo…Difficile dire e capire come Madre Te-resa sapesse farci stare tante cose nel-l’arco delle ventiquattro ore del gior-no. Sicuramente rubando molte ore alsonno e al riposo, ma anche perché sa-

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peva scegliere fra le cose essenziali equelle relative. Non dava importanzaal fatto di essere la donna più famosadel mondo, insignita di tantissimi pre-mi anche a livello mondiale, sociale ereligioso. La sua umiltà era sincera;ma le sue parole scuotevano e andava-no diritte al cuore di ogni problemache le veniva messo davanti. Lei sape-va ricondurre tutto a Dio. La sua vita,con quanto conta veramente, trovavaorigine e alimento nell’amore del Pa-dre. La preghiera accompagnava tutta

la sua giornata. Mangiava poco, dor-miva poco, non beveva fuori pasto: ri-duceva all’essenziale le sue esigenze echiedeva al suo corpo tutto, propriotutto quello che poteva dare senza in-dulgere sui suoi bisogni, stanchezze orifiuti. Scrive padre Piero Gheddo, che di San-ti un po’ se ne intende: “…Vivere ac-canto a Madre Teresa si percepiscequasi fisicamente - e non si tratta diuna suggestione psicologica - di avere

accanto una persona veramente Pienadi Dio. E’ la sua testimonianza che larende unica e così diversa da noi. Senoi tutti fossimo più vicini a Dio e vi-vessimo più di Dio e meno di noi stessi,il mondo sarebbe diverso. Non per me-rito nostro ovviamente, ma perché Diopotrebbe agire attraverso di noi comeha agito attraverso Madre Teresa”.

“I BAMBINICHE NON VOLETE…DATELI A ME!…”.

Molto spesso si è sentito dire che l’i-deale di Madre Teresa non è a portatadi mano di tutti. La cosa è comprensi-bile nel nostro mondo che programmatutto, anche quando uno deve nascereo morire!!!… Se è degno di vivere ose è meglio farlo morire!!!Ma per Madre Teresa le cose non sta-vano così. La nostra Beata, più cheprogrammare le sue giornate, si fidavadel Signore e si affidava in tutto aLui. Non disdegnava nulla e aveva su-perato tutte le paure come un bravo al-pinista che non esita a scalare un sestogrado. Ripeteva sempre, anzi gridava,che lei e le sue Suore erano pronte adaccogliere tutti i bambini che i genitorinon volevano far nascere. Ma non so-lo: si impegnava a cercare e a trovareuna famiglia per loro perché potesserocrescere assaporando l’affetto e la pro-tezione che danno un papà e unamamma ai bambini. Anche per questososteneva, in tutte le lingue e in ognicircostanza, che bisogna sempre avere

un occhio di riguardo per la famiglia:bisogna proteggerla, favorirla, accom-pagnarla, starle vicino, sostenerla. Leiricordava con gusto la sua infanzia ela sua fanciullezza e non esitava ad af-fermare che lei era stata indirettamen-te incoraggiata a fare scelte coraggiosedal modo di vivere e di agire dei suoigenitori.

I SANTI SONO COLOROCHE LASCIANO FILTRARELA LUCE…Un bambino, dopo aver visitato con lasua insegnante la Cattedrale di Char-ter, alla sua maestra, che gli chiedevache cosa l’avesse colpito particolar-mente, rispose: “Mi sono piaciuti par-ticolarmente i santi, perché lasciavanopassare la luce!”.Madre Teresa aveva il potere di lascia-re passare la luce di Dio e di metteretutti a proprio agio, anche se lei havissuto a lungo nelle tenebre spirituali.Di fronte a lei nessuno si trovava sco-modo.Scrive Van der Peet, che per molti an-ni fu il suo direttore spirituale: “Ognivolta che incontravo Madre Teresa misentivo del tutto a mio agio. Lei ema-nava pace e gioia, persino quando mirendeva partecipe dell’oscurità dellasua vita spirituale. Spesso rimanevosorpreso dal fatto che una persona incosì stretto contatto con tanti sofferen-ti e che attraversava lei stessa unanotte oscura, potesse ancora sorrideree far sentire felice. Non potevo fare ameno di pensare che di fronte a mec’era qualcuno di cui Dio ha sognatoin paradiso. Davvero un tocco diDio! Eppure era una persona col piùgrande senso pratico che abbia maiconosciuto”.Di fronte a questa testimonianza, sem-bra rispondere idealmente Madre Te-resa che scrive: “Il mio amore per Ge-

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sù continua a diventare più semplice epiù personale. Come i nostri poveri,cerco di accettare la mia povertà; cer-co di essere piccola, impotente, inca-pace di un grande amore; desideroamare Gesù con tutto l’amore di Ma-ria, e il Padre, con l’amore di Gesù”.

A Padre Vander Peet, inve-ce, scriveva:“…E’ un beneche la croce ciconduca sulCalvario e nonin un salotto…

Comprendo sempre di più perché Ge-sù ci vuole miti e umili di cuore, comeLui: perché, senza la mitezza, non po-tremmo mai essere capaci di accettaregli altri, né amarli come Lui ama noi.Abbiamo bisogno di mitezza e diumiltà se vogliamo capire i poveri,amarli e servirli”.

MESSAGGI PROFONDIE IMPEGNATIVIMadre Teresa sapeva trovare, però, iltempo e l’opportunità per far ridere esorridere. Le persone si accalcavanoattorno a lei, attratte dalla sua genti-lezza e semplicità, ma anche dal suo“humor”. Per tutti aveva un minuto ditempo, una parola, un sorriso. Era ca-pace di dare conforto. Lei voleva darea tutti solo Gesù e non poteva farlocon un volto triste e un cuore scontro-so. La sua presenza aiutava ad incon-trare Dio facendo loro scoprire la Suapresenza anche in mezzo alle sofferen-

ze. Per questa ragione Madre Teresanon si stancava mai di ripetere alle sueSuore, ma anche negli incontri pubbli-ci: “Noi non siamo assistenti sociali!Siamo contemplative nel cuore delmondo. Siamo ventiquattro ore algiorno con Gesù e desideriamo farloconoscere perché tutti lo amino”.La fecondità del suo apostolato fu pos-sibile al prezzo di molti anni di sacrifi-cio. I suoi lunghi viaggi, le camminatequotidiane nei bassifondi, nella polve-re e nella sporcizia, sono risultati unautentico passaporto per il Paradiso;stanca, affamata, assetata non trala-sciava di sorridere e di capire chi sitrovava a vivere un problema.Senza ventilatori nemmeno nelle estatipiù calde, in camere e cappelle picco-le, passava lunghe ore in preghiera ein adorazione. Erano ore rubate al son-no, senza mai lamentarsi; anzi, offerteal suo Signore su di un piatto d’argen-to decorato dal suo smagliante e magi-strale sorriso.

MARIA, LA MADRE DI GESÙ,ERA IL MODELLODI MADRE TERESAInfatti, non solo Maria era stata suomodello nella preghiera e nel servizio,ma anche in ogni aspetto della vita;per tutta la vita, infatti, Madre Teresaera stata una intrepida missionaria, co-me lo fu la Santissima Vergine. Avevaanch’essa sentito, come Maria, la vocedi Dio che la chiamava al servizio deipoveri. Lei stessa era poi diventatauna voce che implorava in loro nome.Armata solamente della sua grande fe-de, non temeva di affrontare i Leadermondiali per difendere gli interessi deipiù poveri. Scrisse a G. Busch e a Sad-dam Hussein. “Vi imploro in ginoc-chio… di non fare la guerra!… Vi pre-go, lasciate che la vostra mente e lavostra volontà diventino la mente e la

volontà di Dio. Voi avete il potere diportare la guerra nel mondo o di co-struire la pace. Vi prego: scegliete lavia della pace”.

IL PENSIERO DI TORNAREA CASA, DA DIO,LA RIEMPIVA DI GIOIAMadre Teresa accettava come un privi-legio tutte le sofferenze interiori, e nonsolo, che Dio le dava, offrendole perrealizzare il fine che la sua Congrega-zione si era imposto. Tuttavia non vi-veva con un senso di impotenza e dirassegnazione passiva; trasmettevapiuttosto la gioia di appartenere a Dioe di vivere per Lui e con Lui. Credevafermamente che la radiosa luce di Pa-squa era il frutto delle tenebre del Ve-nerdì Santo. Durante gli ultimi giornidella sua vita, quando tutto faceva pre-sagire che il suo transito era vicino,una sua Suora le disse: “Madre, nonpossiamo vivere senza di te!”. Lei ri-spose semplicemente: “La Madre po-trà fare molto di più per voi, quandosarà in Paradiso”.

Dalle sue tenebre spirituali era uscito,ed esce ancora, una luce intensa e tra-sfigurante che induce il Cardinale Co-mastri a scrivere: “Cristo viveva inlei! Era una goccia di acqua pulita etrasparente”.Lasciava parlare Dio attraverso le sueopere per ricondurre tutto a Lui. SoloLui può, infatti, convertire i cuori.

Assunta Tagliaferri

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I santi sono coloro che lasciano passare la luce...

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Nel susseguirsi di notizie “nere”, sia da parte dei giornali, sia da parte delle TV,che non fanno che aggiungere ansia su ansia, il nostro Periodico,da questo numero, offre uno spazio di “belle notizie” segnalate dagli amici lettori;belle notizie che possano far conoscere le cose “belle” che veramente esistono,che veramente offrono serenità, speranza, gioia, lucein un mondo sempre più buio, carico solo di pessimismo.

La nuova Rubrica si apre con una “bella notizia”:la figura di una ragazza stupenda, Giulia Gabrieli:nata a Bergamo (Parrocchia San Tommaso) il 3 marzo 1997,colpita da sarcoma, ha lasciato la terra per il cielo il 19 agosto 2011,dopo due anni di grandi sofferenze vissute in modo eroico.

Lasciamo la parola ai suoi genitori,alla sua amica più intima, ad un amico di famiglia…

...Una bella notizia...

Il cammino di un angelo

GiuliaSalve a tutti,

raccontare o parlare dei pro-pri figli pensiamo che sia unadelle cose più stimolanti e belleche si possa chiedere a dei geni-tori. Si inizia col dubbio di de-

scrivere i propri figli in poche ri-ghe e ci si ritrova poi a scriverepagine.Con Giulia questo dubbio nonesiste, c’è la certezza di averetanto da scrivere quanto bastaper consumare biro su biro e nonfermarsi mai.Noi genitori proviamo a raccon-tarvi qualcosa di Giulia, certi chenon è possibile racchiudere inqualcosa di definito la sua storia,i suoi insegnamenti e tutto ciòche ci ha lasciato. Anzi c’è dasubito la difficoltà di capire dadove è giusto iniziare.Noi crediamo che sia giusto par-

tire o, meglio, ripartire nel riba-dire ciò che abbiamo detto in oc-casione del funerale di Giulia.Si, a distanza di tempo da allora,noi genitori ribadiamo con voceancor più forte il nostro grazie al

La famiglia di Giulia Giulia e il fratellino Davide

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Il cammino di un angelo

GiuliaSignore nostro Padre per il grandedono di Giulia.Il suo soffio di vita è stato per tuttinoi una grande testimonianza di fedee, per come essa ha saputo vivere glianni della malattia, uno spunto di ri-flessione e confronto anche e soprat-tutto per i non credenti.Descrivervi i primi dodici anni di vitadi Giulia trascorsi nello scoprire, nel-la normale quotidianità delle cose, labellezza della vita stessa e quindi adapprezzarla e ad amarla è relativa-mente più semplice. Basta pensare acome hanno vissuto o stanno vivendoi vostri figli quella età per ritrovarepiù o meno ciò che è stata Giulia.Magari con in più un’insolita grinta edeterminazione nel capire ciò che la

circondava, un’attenzione particolareverso il prossimo e certamente con inpiù un sorriso coinvolgente.Dire in modo sintetico e adeguato co-me e ciò che è stata tutta la vita dinostra figlia non è semplice, ma c’èuna preghiera dove in ogni riga ritro-viamo Giulia:

La vita è bellezza, ammiralaLa vita è un’opportunità, coglilaLa vita è beatitudine, assaporalaLa vita è un sogno, fanne realtàLa vita è una sfida, affrontalaLa vita è un dovere, compiloLa vita è un gioco, giocaloLa vita è preziosa, abbine curaLa vita è una ricchezza, conservalaLa vita è amore, donala

La vita è un mistero, scopriloLa vita è promessa, adempilaLa vita è tristezza, superalaLa vita è un inno, cantaloLa vita è una lotta, accettalaLa vita è un’avventura, rischialaLa vita è felicità, meritalaLa vita è la vita, difendila

(Madre Teresa di Calcutta, Inno alla vita,letto dal papà di Giulia ai suoi funerali)

Un grazie e un saluto a tutti e in par-ticolare a chi, leggendo questo Innoalla vita, ricorderà Giulia.

Antonio e Sara,genitori di Giulia

dalla terra al cielo

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Ho visto Giulia per la prima volta mentre parlavaal microfono al Santuario di Stezzano (BG) un

sabato di Avvento dell’anno scorso. Un impegno miaveva trattenuto fino a tardi e pensavo che non sareiarrivato in tempo per sentire la testimonianza di que-sta ragazza di tredici anni di cui mi avevano parlatocari amici. Ho deciso di lasciar fare a Dio e mi sonodiretto ugualmente al Santuario. Parcheggio, entro,faccio la genuflessione e... Giulia inizia a parlare!Ero arrivato in tempo. Così come sono arrivato intempo, per un disegno di Grazia per il quale non saròmai abbastanza riconoscente, per conoscere e condi-videre, nel modo in cui è stato possibile, gli ultimimesi della vita terrena di Giulia. Dio è Buono, instan-cabilmente Buono, nel donarmi i tesori della sua Gra-zia, le Luci della Sua Gloria. Sì, posso riassumeretutto, come ho detto a tanti amici ai quali ho parlatodi Giulia, con questa parola: la Gloria di Dio.Nel cammino di Giulia, nella sua forza, nella sua de-dizione alla vita fino in fondo, nel suo aver capito escelto Dio, nella sua gioia entusiasta e nella sua de-bolezza, nel suo consumarsi e consegnarsi sull’altaredell’amore, sofferto e grato, trascinando tutti dietro asè e ferendo di infinita tenerezza il cuore di Dio, nel-la dignità luminosa con cui ha vissuto la prova finoagli ultimi giorni... in tutto questo (anche, davvero,nella sua morte) ho visto la Gloria di Dio, la Luce diDio, l’infinita Potenza dell’Amore di Dio e la suaBellezza, la Gioia infinita del Cielo che il mondonon conosce, la Gioia che niente e nessuno puòvincere… Gioia che a Giulia appartiene ora cometraguardo perchè apparteneva allora per scelta.

“... lungo la notte ho cercato l’amatodel mio cuore; ho cercato... e ho trovato l’amato del mio cuore. L’ho stretto fortemente e non lo lascerò”(Cantico dei Cantici 3, 1.4)

Se la vita di Giulia è come una pagina, malattia esofferenza sono state (insieme a tutto ciò che c’è sta-to nei suoi quattordici anni) delle righe ben marcatedentro le quali Giulia e Dio hanno scritto il loro can-to d’Amore e si sono promessi e donati senza fine

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...Una bella notizia...

Canteremo in e terno la misericordia del SignoreG

razi

e Giu

lia! Come prima cosa, Giuli, ti devo ringraziare

per essere stata la mia migliore amica perundici bellissimi anni, per essere cresciuta conme, fin quando da piccole ci scambiavamo lescarpe a scuola, e per essermi sempre stata vici-na nei momenti più importanti della mia vita…Grazie, Giuli, per avermi fatto ridere e viveremomenti indimenticabili… come le nostre va-canze insieme. Come si può dimenticare la va-canza a Iesolo? Due ragazzine di 5^ elementa-re che si divertono come matte a fare tuffi inpiscina, ma anche lunghissimi bagni nel ma-re… e poi la sera ci si truccava e si andava adivertirsi facendo shopping di tutti i tipi e, na-turalmente, con il gruppetto di amici! Oppuread Asciano, dove abbiamo trascorso tanti po-meriggi a sfidarci a briscola e quando, una se-ra, per la prima volta, hai proposto a me e aimiei fratelli di recitare il Rosario.Tutti questi bellissimi momenti li abbiamo vis-suti insieme prima della tua malattia ma, duran-te la stessa, il nostro rapporto si è rafforzato eabbiamo vissuto altrettanti momenti fantastici…sicuramente molto diversi, ma non per questo diminore efficacia.Come posso dimenticare il lungo viaggio aMedjugorie, io e te che passiamo dodici lungheore in auto sotto una copertina a parlare… Sì, ri-cordi?? Abbiamo fatto ogni tipo di gioco possibi-le… Poi tutti insieme, le nostre famiglie e gli altri

amici che erano con noi, ci siamoaffidati alla Madonna.Oppure di quando sei venuta a tro-varci a scuola, hai parlato a tutta laclasse della tua malattia, trasfor-mando la lezione di francese in unalezione di vita.Grazie, Giuli, per essere sempre sta-ta sorridente e serena in ogni mo-mento difficile e di estrema soffe-

renza vissuta nei tuoi due anni di malattia. A volteeri tu a consolare me e a darmi la forza per continua-re a starti vicina, anche quando mi spaventavo da-vanti ai tuoi cambiamenti fisici.Infine, Giuli, ti devo ringraziare a nome di tutti i ra-gazzi che hanno avuto la fortuna di conoscerti…grazie, Giulia, per averci insegnato il valore dellapreghiera… che non è per niente scontato per noigiovani, anzi è molto difficile da comprendere.Grazie perché ora possiamo continuare a pregareinsieme a te.

La tua Chiara

Giuliacon Chiara

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l’Uno all’altra. Ogni persona è fatta per amare, per “sposar-si”, per “sposare” l’amore. Solo così, dedicandosi, trova ilsuo compimento, la felicità. Ferita dalla malattia, Giulia nonha dimezzato la sua passione per la vita ma, con ancora piùintensità, ha desiderato la pienezza della gioia. Ha scelto Ge-sù, gli ha ripetuto il suo sì ad ogni passo, si è lasciata confor-mare a Lui. Un giorno Gesù appare sfigurato, sfinito e san-guinante a Santa Faustina e le dice: “La sposa deve esseresimile al Suo Sposo”.

Giulia, negli ultimi mesi, dice: “Ioora so che la mia storia può finiresolo in due modi: o grazie a un mi-racolo, con la completa guarigione,oppure incontro al Signore, che èuna bellissima cosa. Sono entrambidue bei finali. L’importante è che,come dice la Beata Chiara Luce, siafatta la volontà di Dio”.Sul retro dell’immaginetta-ricordodi Giulia, i suoi genitori hanno mes-so una frase che, proprio lei, ha det-to nel periodo finale del suo cammi-no, pronunciando molto lentamentee decisamente le parole: “Fare la

Volontà di Dio è vivere la Sua Parola. La Sua Parola èAmore. Fare la Sua Volontà è vivere nel suo Amore”.La sofferenza, la debolezza, l’impotenza, la finitudine e tuttociò che per il mondo è fallimento e scandalo, l’hanno messaalla prova fino in fondo, eppure non le hanno portato via lagioia, ma l’hanno accresciuta perchè in tutto questo Giulia haabbracciato Gesù, trovando la gioia vera. San Paolo dice:“Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confonderei forti” (1ª Cor 1). E le parole che Dio rivolge a San Paolo val-gono anche per Giulia: “Ti basta la mia grazia; la mia po-tenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza”(2ª Cor 12, 10).Nei due anni di malattia Giulia non ha maledetto la sua situa-zione, ma l’ha assunta responsabilmente fino in fondo comeha fatto la Beata Chiara Luce Badano, morta nel 1990 a di-ciannove anni.Scrive Giulia di Chiara Luce: “Anche lei ha avuto un tumo-re... ha saputo vivere questa esperienza in modo così lumino-so e solare, abbandonandosi alla Volontà del Signore, cheper me è un grande esempio. Voglio imparare a seguirla, a

fare quello che lei è riuscita a fare. La malattia non è statoun modo per allontanarsi dal Signore, ma per avvicinarsi aLui e al Suo grande Amore”.

“Sono stato crocifisso con Cristoe non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me.Questa vita nella carne,io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me”(Gal 2, 20)

Giulia ha abbracciato la sua croce e l’ha portata con dignità.Anche tremando, anche cadendo sotto il suo peso. Si è rialza-ta ogni volta guardando avanti. Siamo testimoni di comeGiulia ha portato la croce e di come la croce ha portato Giu-lia. Tra le frasi della Bibbia che pescava dal suo cofanetto perviverle durante tutta la giornata, questa si ripresentava consingolare insistenza: “Venite a me, voi tutti, che siete affati-cati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo so-pra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuo-re, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo,infatti, è dolce e il mio carico leggero” (Mt 11, 28-30).Giulia ha camminato. Non si è ripiegata su se stessa. Hacamminato mano nella mano con Maria e con Chiara Luce,tenendole fortissimamente.Più volte ha dato questa testimonianza… scrive: “Quando hofatto la Cresima il don ci aveva spiegato che dobbiamo esse-re pronti a essere servi del Signore, a fare la Sua Volontà...questa cosa continuava a frugare nella testa: che cosa devofare per essere la serva del Signore? Che cosa posso fare? E,di lì a due mesi, si è presentata la malattia. Io la malattial’ho vissuta proprio come impegno da cresimanda e la stoportando avanti anche adesso. Infatti, ogni giorno le mie sof-ferenze e anche le mie gioie le affido tutte al Signore, perchèso che lì sono nelle mani giuste e le offro a tante persone”.

“Sono lieto delle sofferenze che sopporto per voie completo nella mia carnequello che manca ai patimenti di Cristo,a favore del suo corpo che è la Chiesa”(Col 1, 24)

Giulia offriva a Gesù giorno per giorno la sua sofferenza conla gioia che le veniva dal sapere che le sue sofferenze erano

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...Una bella notizia...

Canteremo in e terno la misericordia del Signore

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utili agli altri. Offriva per i bambini malati, oppure per i gio-vani, per i sacerdoti, per i non credenti... Oppure lasciava aGesù o Maria la scelta.“... Sai, mamma, quanto bene faccio con le mie sofferenze?”. E scriveva (... e diceva!) Giulia rivolgendosi ai giovani: “Po-tete farlo anche voi, ragazzi! Offrite le vostre giornate a tantialtri ragazzi che soffrono perchè non hanno la fede e hannoun grande vuoto! Dio ci dà questa grandissima forza: potetecostruire grattacieli, scalare le montagne”.

“Volare alto”

Giulia è dolce ed espansiva.Pura! Determinata. Sincera.Coerente. Protagonista dellapropria storia. Pensando aquando andrà all’incontro fina-le con Gesù, dice che gli chie-derà di prenderla così comeè:… Giulia Gabrieli!

Scrive nel bollettino parrocchiale: “Sono sempre stata unaragazza normale e sognatrice, desideravo vivere un’av-ventura come nei film fantascientifici!”.Dice che ha capito l’importanza di vivere con tutta se stessail momento presente, senza lasciarsi distrarre dalle ansie peril domani. Dice: “Noi non ci rendiamo conto di quantoquello che abbiamo valga veramente”.Parla con facilità. Ama conversare, dire ciò che ha in cuore.Questa è una risorsa decisiva che le ha permesso di cresceree maturare guardando in faccia, con il sorriso, gli altri e larealtà, ad ogni tappa!E’ sempre stata innamorata della vita e continua ad esserlo de-cisamente anche nella malattia. E’ felice di esistere. E’ coinvol-gente, contagiosa. E’ cresciuta sentendosi amata e sa che l’ori-gine di questo amore è Dio. Si sente fatta per la vita. E sa chela vita è fatta per la gioia. Per questo sa anche sdrammatizzarequando serve e sa accettare della vita anche ciò che è menogradevole, ciò che non corrisponde a quanto prospettato, ciòche non si può cambiare. Dice che dobbiamo “volare alto”.

“Chi vorrà trattenere la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa miae del vangelo, la salverà”(Mc 8, 35)

Negli ultimi giorni, quelli in cui si affacciava consapevol-mente al passaggio finale, l’ho vista amare con la tranquillitàdi chi è entrato nell’Amore vero, quello nel quale non si hapaura di perdere, quello nel quale si è liberi dalla paura, ci si

protende, ci si dona, ci si abbandona senza riserve a Qualcu-no di più grande.Si comportava, come dice il salmo 131, come un “bimbosvezzato, tranquillo e sereno nelle braccia di sua madre”dove niente lo turba perchè ha semplicemente e perdutamen-te confidenza in lei. “Quello che poteva essere per me unguadagno, l’ho considerato una perdita a motivo di Cri-sto. Anzi, tutto ormai io reputo una perdita di fronte allasublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore”(Fil 3, 7-8).L’ultima volta che sono stato a casa sua, tre giorni prima checoncludesse il suo cammino terreno, stesa nel suo lettino, trale altre cose ha voluto che si facesse la foto uno per uno conlei, abbracciati, la testa appoggiata alla sua... La mamma lefaceva vedere nel display della fotocamera come era uscita lafoto. Giulia osservava con attenzione e se non ne era soddi-sfatta voleva che si rifacesse. Con la sua ormai marcata diffi-coltà di pronuncia, dava suggerimenti su come perfezionare leCorone del Rosario che aveva fatto confezionare per prova adalcuni di noi (le prime di una serie che dovrà aiutarla a porta-re la preghiera nel cuore di molti). Era sorprendente: tutto perlei aveva colore, perchè, là dove per il mondo ci sarebbe ilgrigiore della disperazione, c’era invece la Luce che lei senti-va affacciarsi dal Cielo. “Io ritengo, infatti, che le sofferen-ze del momento presente non sono paragonabili alla gloriafutura che dovrà essere rivelata in noi” (Rm 8, 18).Quella sera abbiamo celebrato la Messa ai piedi del suo letto,anzi, sopra i suoi piedi. Quando, durante l’Offertorio il sacer-dote ha invitato Giulia a mettere nel calice e sulla patena lapropria vita, Giulia ha messo la sua mano sopra il calice, quasidentro, ed è rimasta in silenzio con gli occhi chiusi per alcunisecondi. Era concentrata. In quel gesto metteva tutta se stessa.

“E voi non avete ricevuto uno spirito da schiaviper ricadere nella paura,ma avete ricevuto uno spirito da figli adottiviper mezzo del quale gridiamo: ‘Abbà, Padre’!”(Rm 8, 15)

La preghiera è stata per Giulia, sin da bambina, un vero esincero incontro con l’Amore di Dio. Poi... “Non c’è una pa-rola che possa descrivere Medjugorje: posso solo dirvi chel’amore della Madonna è talmente grande, è talmente forteche esplode in preghiera, conversioni, amore verso il prossi-mo”. La preghiera diventa la vera malattia con la quale Giu-lia contagia tutti. Tutti ammalati di amore per Giulia e, perquesto, di Dio. Tutti con il cuore inginocchiato a chiedere cheDio faccia la sua parte, e intanto Dio ottiene che ognuno dinoi faccia la propria parte di figlio confidente e riconoscente.

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...Una bella notizia...

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Scrive: “Ho tanti progetti da realizzare, a partire da ungruppo di preghiera per i giovani”. Vuole aiutare i giovani atrovare il tesoro vero della loro vita. Il tesoro che lei ha sco-perto è così grande che non può tenerselo tutto per sè. Hauna buona notizia da dare. E non ci sono ostacoli che la pos-sano fermare. Dice che l’amore, se c’è, è esplosivo e nonpuoi contenerlo. “L’Amore è il più bel sentimento, infatti:Dio è Amore!”.Neppure la difficoltà aggravata di pronuncia degli ultimi me-si le impedisce di parlare di Dio, della sua esistenza, dellasua Bontà, per strappare qualcuno al freddo dell’incredulità.Dice che Dio è Onnipotente, ma nello stesso tempo è un Pa-dre a cui dare del “tu”, un padre da abbracciare… da “stri-tolare...!”.... “La mia sofferenza mi piace paragonarla a un bambino eun padre che camminano lungo una strada e a un certo pun-

to si trovano davanti un gradino...allora il bambino porge la mano alpadre... Io sono quel bambino... ma,grazie all’aiuto del Padre, dellaMamma Celeste e di tutti i Beati e iSanti è possibile superare gli osta-coli... Ringrazio Dio di avermi datola forza di lottare e andare avan-ti…”. Quando sto male, il pensieroche Lui è accanto a me, che mistarà sicuramente coccolando, mi

fa venire un sorriso e mi aiuta a stare meglio...”.Nei momenti meno facili, di grande sofferenza fisica e inte-riore, questa confidenza in Dio si è fatta anche grido: ... “maDio dov’è? Adesso che sto malissimo, ho addosso di tutto,Dio dov’è? Lui che può alleviare tutti i dolori, perché non meli leva? Dov’è?...”.Quando poi Dio si fa sentire e le dà una consolazione, parlan-dole in modo chiaro attraverso un avvenimento inatteso, rico-nosce con entusiasmo che Dio la ama davvero tanto e ininter-rottamente...... Erano giorni in cui era molto provata, fisicamente e inte-riormente. A Padova, mette la mano malata (all’apparenzanon diversa da una mano sana) sulla tomba di Sant’Antonio ein quel momento una signora sconosciuta mette la mano sullamano di Giulia... “Non mi ha detto niente, ma aveva un’e-spressione sul volto come se mi volesse comunicare: ‘forza,

vai avanti, ce la fai, Dio è con te’. Sono entrata in lacrime,sono uscita con la gioia che Dio non mi ha mai abbandona-ta. Ero talmente disturbata dal dolore che non riuscivo asentirlo vicino, ma in realtà penso che Lui mi stesse stringen-do fortissimo. Quasi non ce la faceva più...”.

Eucaristia“Siate ricolmi dello Spirito, cantando e inneggiando al Signore

con tutto il vostro cuore, rendendo continuamente grazie per ogni cosaa Dio Padre, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo”(Ef 5, 20)

Negli ultimi mesi Giulia lavora con radicale convinzione eprofusione di spirito alla stesura di una coroncina di Rin-graziamento. La concepisce proprio nella fase più dramma-tica della malattia. A questo Dio di solito si chiede tanto, tut-to… E’ giusto. Però... “mai che ci si limiti a dire grazie,senza chiedere nulla in cambio”. E’ tassativo: in questapreghiera non ci deve essere alcuna forma di richiesta a Dio.Ringraziamento puro. Lode pura. Per tutto ciò che Dio hafatto. La porta a termine il giorno prima della sua partenza.Giulia, segnata dalla prova, come l’oro che si prova col fuo-co, va incontro al Suo Sposo facendo dei suoi giorni un can-to di lode. Giulia riceveva quasi quotidianamente la Comu-nione Eucaristica. E la parola Eucarestia vuol dire appunto“Rendimento di grazie”. L’ultima, ricevuta la sera del suotrapasso, mentre il Parroco intendeva spezzare la Particolaper dargliene un piccolo frammento (vista l’estrema difficoltàa deglutire), l’ha voluta intera.

Grazie Giulia, discepola sapiente di Gesù Crocifisso,voce chiara di Gesù Risorto,segno vivo della Gioia incontenibile del Cielo,trasparenza singolare della Bellezza di Dio Amore!Grazie Giulia, opera e gioia della Mamma Celestee condiscepola forte dei Santi!Grazie Mamma Celeste, Madre di ogni Grazia!Grazie Signore... canteremo in Eterno la Tua Misericordia!

L’amico Mario

Con questa “bella notizia” si dà l’avvio alla nuova Rubrica che, siamo certi, incontrerà il favore dei lettorie offrirà, a quanti lo desiderano, la possibilità di far conoscere “cose belle” anche se “minime”.Un grazie, fin da ora, a chi coglierà questo invito e invierà a IN ALTUM una bella notizia da pubblicare.

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...Una bella notizia...

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Convegno Superiore di Comunità

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Con il saluto affettuoso di Madre Letizia Pedretti,nostra Superiora generale, si è aperto a Somasca

il Convegno formativo per le Superiore di comunitàdella nostra Famiglia religiosa in Italia.Lo scopo era quello di vivere insieme una “tre giorni”di riflessione e di dialogo sulla missione delle Supe-riore a cui è affidato il servizio di guida delle comu-nità.

LA PAROLA DI DIO è stata la base che ha dato si-gnificato e spessore a queste giornate. Il relatore Don Lorenzo Flori ci ha guidato nella rifles-sione biblica del passo “... Lui solo lo ha guidato” (Dt.

32, 12), evidenziando l’azione educativa di Dio verso ilsuo popolo, attraverso gli atteggiamenti che un padreha nei confronti di un figlio: presenza, attenzione co-stante, tenerezza, pazienza e soprattutto saggezza nel-l’indicare la strada da percorrere per orientare ognisforzo nella crescita verso il bene vero, quello che aiu-ta prima di tutto, a fare unità dentro di noi. Questo èl’elemento più importante per l’uomo di oggi, che silascia facilmente disperdere e frantumare da un’infi-nità di cose: in questo modo egli si trova lontano daDio, che è unità per eccellenza.Il rischio, quindi, è quello di fare scelte che portano,non solo i cristiani, ma anche i consacrati, a crearsidegli idoli, a rincorrerli e ad aggrapparsi ad essi comefossero la salvezza. Ne deriva, pertanto, una fede “ido-latrica”, anche se si fa professione di una vita donataal Signore in una Famiglia religiosa.Il biblista ci ha fatto comprendere questo concetto

mettendo in evidenza il versetto, “lo guidò da solo”.Ha introdotto il tema della solitudine del cristianoche è bella e buona, se motivata da una scelta: essa,allora, fa piena la vita. Buona e bella è la solitudineche diventa benessere anche fisico, se in essa si cerca“Lui solo”. Infatti è il tempo privilegiato dell’incontropersonale con Dio, del dialogo a tu per tu con Lui; è iltempo dell’amore intimo e ardente di chi si affida to-talmente a Dio solo e da Lui si lascia guidare com-prendendo che Lui soltanto è l’oggetto più prezioso daamare.Da tutto questo deriva una nuova realtà esistenziale:l’unità del nostro essere, quell’unità di vita speri-mentata da Gesù nella sua vita terrena, nella suarealtà di uomo, unità che fa di noi persone simili aLui UNO ed UNICO!

SOMASCA (LC)

CASA MADRE

CONVEGNO SUPERIORE DI COMUNITÀ23-25 settembre 2011

“Nella buona incominciata via del Signore...”(Regole 1855, XXXVI, 10)

SORELLE E MADRI PER CAMMINI DI COMUNIONE

Don Lorenzo Flori

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Il sogno di ogni educatore, allora,è quello di operare unità in se stes-so e nelle persone che gli sono af-fidate. Quando lasciamo che Dio ciguidi, Egli fa di noi persone cherealizzano l’unità.Egli ci chiede di diventare unici eopera in noi questa realtà meravi-gliosa attraverso la sua azione edu-cativa quotidiana, nel pieno rispet-to e discrezione. Per noi, Orsolinedi Somasca, questa realtà educati-va è esplicitata con forza e chiarez-za nella nostra Regola di Vita, do-ve viene indicato: “mettano in Luisolo il loro amore”. Soltanto quista il segreto della nostra vera rea-lizzazione personale di donne econsacrate.

Nella seconda relazione Suor Ma-ria Saccomandi, Vicaria generaledell’Istituto, ha proposto alla no-stra riflessione il passo di Gv. 14,5-6 “Come possiamo conoscerela via... Io sono la Via, la Verità ela Vita”.L’icona della strada ha fatto dasfondo al suo intervento, introdu-cendosi con il quesito: come muo-versi rispetto ai tempi di oggi?

Gli Orientamenti pastorali dellaCEI per il decennio 2010-2020 aln. 7 si esprimono così: “Il mondoche cambia provoca la fede e la re-sponsabilità dei credenti. E’ lostesso Signore Gesù che ci doman-da di valutare il tempo, di interpre-tare ciò che avviene in profonditànel mondo di oggi, di cogliere ledomande e i desideri dell’uomo”.Noi Religiose dobbiamo sentirciinterpellate da tutta questa realtàcosì complessa.Infatti al n. 9, poi, sono ben deli-neati tutti gli aspetti problematicidella cultura contemporanea: l’e-clissi del senso di Dio, l’offuscarsidella dimensione dell’interiorità, ladifficoltà del dialogo tra le genera-zioni, la separazione tra intelligen-za ed affettuosità.Noi siamo chiamate, allora, a farediscernimento su tutti questi aspet-ti: disorientamento, ripiegamento disé, desiderio di possesso e di consu-mo, ansia e paura, ricerca del sessoslegato dall’affettività, incapacità disperare, il diffondersi della depres-sione anche tra i più giovani...La Vita Consacrata, vissuta fedel-mente nella sequela di Cristo, può

e deve dare delle risposte a questiproblemi. Esse si possono riassu-mere nella proclamazione di valoripiù grandi quali: l’incontro realecon l’altro, la fratellanza, la te-stimonianza della sequela radi-cale di Gesù, come ha ripetuto ilPapa alla GMG di Madrid nell’in-contro con le Religiose.E, per noi Orsoline, la radicalitàevangelica è stata espressa dallanostra Beata Fondatrice CaterinaCittadini nelle Regole del 1855 “Siricordino le sorelle di non ritirarsi,rilasciarsi, raffreddarsi, stancarsimai nella buona incominciata viadel Signore...”.Quello della nostra Fondatrice è unforte appello alla qualità e a unostile di vita evangelico, perchél’ardore della carità sia rinnovatoogni giorno con slancio del dono aLui Solo in un costante camminodi santità “feriale”.E’ necessario, allora, tornare allacentralità della nostra vita perdarle il significato pieno che le hadato Gesù e, anche se la Vita Con-sacrata oggi va verso la precarietà,“è chiamata a intuire l’orizzontedove sorgerà il sole in un mondoin cui sembra che la luce si spen-ga” (Bruno Secondin).L’ascolto della Parola di Dio, lagratuità, le relazioni autentiche e lacomunione sono gli spiragli con-creti che fanno intravedere il signi-ficato della sua esistenza all’uomodi oggi.Caterina Cittadini ci ricorda: “InLui solo mettano il loro amore”,“La vera sposa cerca di confor-marsi in tutto allo Sposo” (Regole

1855). E Gesù ci fa intravedere lastrada sicura “Chi vede me vedeanche il Padre” . E’ il cammino di

Convegno Superiore di Comunità

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...in attento ascolto...

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configurazione a Cristo, è l’incontro di volti, di eventi...Noi Consacrate siamo chiamate a percepire il “germo-gliare” della grazia di Dio e delle sue opere nelle stra-de della storia, attraverso l’integrità della nostra vitache non è chiusura nel proprio io, ma apertura a con-cepire e a generare vita, a intravedere la bellezza intutti i suoi aspetti, a risvegliare la nostalgia di Dio conla forza della nostra semplice, ma convinta testimo-nianza di donne che vivono gioiosamente i valori delVangelo.

Madre Letizia, infine, ha sottolineato il senso profon-do del nostro servizio alle Sorelle delle nostre comu-nità. Ha sottoposto alla nostra attenzione il passo diLc. 22, 27 “Sto in mezzo a voi come colui che ser-ve…”.Da qui la domanda “Che cosa chiediamo o vogliamodalla Parola?”.La Parola illumina, forma il nostro sentire al cuore diCristo e ci permette di trovare le risposte per svolgereil servizio che ci è stato affidato: nostro primo impe-gno verso le Consorelle è quello di aiutarle a ricono-scere Cristo attraverso la Parola che ascoltiamo quoti-dianamente.Il Direttorio ci presenta, nei diversi momenti dell’an-no, i tempi attraverso i quali ci è dato di cambiare ilnostro cuore con l’incontro personale di Gesù nellasua Parola che ci rivela pienamente il volto di Cristo.La Parola ci rivela l’identità del Dio Trinità, la sua“casa”, il suo volto, la sua voce; ci rivela tutta la suapersona nella sua pienezza di uomo e Dio.Noi siamo sue serve... e, come tali, siamo segno visibi-le del Cristo servo, nonostante la nostra fragilità dicreature, come San Pietro: è un’autorità posta nella de-bolezza, ma, quando incontra il volto di Gesù, è segnodi unità e di fedeltà, di fede forte che conferma i suoifratelli.Anche nell’Ultima Cena, mentre Gesù dona se stesso(Lc. 22, 27), la debolezza dei suoi discepoli attraversa ilmomento culminante della sua vita “Sorse una discus-sione tra loro per sapere chi fosse il più grande...” eGesù con pazienza amorevole e tenace proclama “Iosono tra voi come colui che serve... uno di voi mi tra-dirà... uno di voi mi rinnegherà”.E, prima della Cena, Gesù dà ai suoi una lezione diservizio davvero memorabile: “Depone le sue vesti,

lava i piedi ai suoi, poi riprende le vesti”.Ai nn. 4 e 14 della nostra Regola di Vita si legge cheanche noi che abbiamo il compito di guida nella co-munità, dobbiamo conformarci a Cristo per essere ca-paci di essere serve. Essere a servizio come pescatori...per liberare da tanti grovigli, essere pastori... per cono-scere ciascuna Sorella per nome, essere saggi ammini-stratori... per conoscere i talenti di ciascuno, perché lanostra comunità è immagine della comunità di Gesù, èla vocazione alla quale dobbiamo dare tutta la nostraattenzione e risposta ai bisogni delle Sorelle nelle si-tuazioni più diverse.Madre Letizia ha presentato, infine, la necessità di vi-vere e testimoniare nelle nostre comunità la povertà,non soltanto in spirito, ma anche materiale. Ha citatoespressamente la Regola di Vita nel passo in cui si leg-ge “Viviamo uno stile di vita semplice e sobrio” sapen-do che gran parte dell’umanità soffre e muore per lamancanza del necessario; anche da noi in Italia, in que-sto particolare momento di crisi economica, molte fa-miglie sono molto provate: la mancanza di lavoro, in-fatti, toglie la prospettiva di una vita serena e dignitosa.

A conclusione di questo importante Convegno, la San-ta Messa ha confermato ancora il messaggio presenta-to da Madre Letizia e da Suor Maria negli incontri:configurarsi a Cristo, fare la sua volontà e ricercarlacostantemente con le Sorelle nella comunità in cui ilSignore ci ha posto, ma sempre alla luce della Paroladi Vita.Madre Letizia ha poi consegnato ad ogni partecipanteuna bella “candela colorata a tre fuochi” da portarenella comunità di appartenenza, a significare che ilDio Trinità deve essere per tutte noi, con la Parola“quotidiana”, luce di unità nel cammino apostolico checi attende nei luoghi della nostra missione educativa.Un grazie sincero e affettuoso alla Madre e al suoConsiglio da parte di tutte le partecipanti per averci of-ferto l’opportunità di vivere in spirito di fraterna con-divisione questo tempo di preghiera, di dialogo e di ri-flessione presso la Tomba della nostra Beata: è sempreun forte stimolo a proseguire nella “incominciata viadel Signore” con rinnovata fiducia e speranza nell’aiu-to di Colui che tutto può, nonostante i nostri limiti.

Suor Eraldina Cacciarru

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Nel cuore delle tre giornate di Convegno delle Supe-riore, si è celebrata anche la Festa del 50° di Vita Re-

ligiosa di un gruppo di Sorelle.Tra le festeggiate c’era anche la nostra Madre generale,Suor Letizia Pedretti, pertanto la festa ha assunto per noiuna connotazione particolare: essere oggi accanto a lei,guida della nostra Famiglia religiosa, è stato motivo digrande gioia e di riconoscenza per il dono del suo amore-vole servizio. E’ stato molto bello lodare, cantare il Ma-gnificat con lei e ringraziare così il Signore d’avercela da-ta come Madre.Anche il cortile di Casa Madre era in festa, vestito da stri-scioni colorati appesi alle vetrate della casa; erano scritti acaratteri cubitali, i nomi dei luoghi della nostra missioneeducativa: Italia, Bolivia, Brasile, India, Filippine, Indone-sia. I colori del cielo erano una cornice ideale per questastraordinaria occasione: l’azzurro splendido e il tiepidosole hanno permesso al gruppo delle festeggiate un’apertaaccoglienza alle Suore, ai parenti e amici nel grande corti-le: la gioia esplosiva di voci e saluti, di sorrisi e abbracci,sono stati i segni inconfondibili di una festa che si sprigio-nava in ogni angolo della casa con naturale entusiasmo.

Il momento della Concelebrazione eucaristica è stato quel-lo che ha fatto percepire il significato profondo di questagiornata davvero speciale per tutte noi Orsoline.Il Preposito generale dei Padri Somaschi, Padre FrancoMoscone, ha presieduto la Celebrazione condividendo lanostra gioia con tanti altri Sacerdoti concelebranti, innal-zando insieme la preghiera di lode al Signore per i cin-

Rinnovazione corale dei Voti

Il “Gruppo d’oro”

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CINQUANTESIMO DI VITA RELIGIOSA24 settembre

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quant’anni anni vissuti da queste Sorelle nella fedeltà alloSposo Amabilissimo.Nell’omelia ha presentato il grande dono della Vita Consa-crata per la Chiesa e per il mondo intero, sottolineando convigore la necessaria testimonianza dei religiosi nella profes-sione pubblica dei Voti di castità, povertà e obbedienza. Hausato, a questo scopo, un’espressione molto suggestiva edefficace: i Voti religiosi devono essere come gli evidenzia-tori, che servono a manifestare la nostra specifica identità:essere donne di Dio, donne che gli appartengono. I Voti de-vono essere chiaramente dei segni concreti che dicono chisiamo e per chi viviamo.Inoltre, ha voluto sottolineare anche l’aspetto della mater-nità educativa che caratterizza la nostra spiritualità. Perquesto ha fatto riferimento al Messaggio che il Santo Padre,Benedetto XVI, ha inviato in occasione del Giubileo soma-sco “HAI SPEZZATO LE MIE CATENE”. Infatti i Reli-giosi Somaschi, quest’anno, ricordano i 500 anni della libe-razione dalla prigionia di San Girolamo, loro Fondatore,liberazione operata dalla Madonna alla quale egli si era ri-volto con fede dopo un sincero voto di cambiare condottadi vita. Nel messaggio, il Papa mette in luce una caratteri-stica del Santo, quella dell’ “amore verso la gioventù, so-prattutto quella più disagiata, che non può essere lasciatasola, ma per crescere sana ha bisogno di un requisito es-senziale: l’amore. In lui - scrive ancora il Papa - l’amoresuperava l’ingegno e poiché era un amore che scaturivadalla stessa carità di Dio, era pieno di pazienza e di com-prensione: attento, tenero e pronto al sacrificio come quel-lo di una madre”.In questa citazione Padre Franco ha fatto il parallelismocon il Carisma educativo delle nostre Fondatrici: nei Santi

di questa piccola parte di terra, quale è Somasca, sono statil’amore e la carità vissuta con viscere di madre, a generarenuova vita nella gioventù abbandonata e orfana, a perpetua-re fino ad oggi i prodigi di grazia per gli uomini e le donne,come hanno fatto San Girolamo e le sorelle Cittadini, chehanno voluto seguire i loro esempi, amando “con cuore dimadre”.

Un momento molto toccante, al termine della Celebrazioneeucaristica, è stato anche quello della consegna a MadreLetizia (in prestito per quest’anno), di due manoscritti au-tentici della nostra Beata Caterina con la firma anche diGiuditta. Custoditi fino ad oggi nell’Archivio storico dellaCongregazione dei Padri Somaschi, sono per noi un segnodella benedizione di Dio, proprio nel 10° anniversario dellaBeatificazione di Madre Caterina. Essi riguardano una suaduplice richiesta fatta ai Padri Somaschi: quella di collega-re e prelevare l’acqua della loro sorgente e quella di siste-mare, nella Chiesa parrocchiale, alcune panche perché leorfane e le ragazze del Collegio potessero seguire meglio leCelebrazioni. Questo gesto è stato accompagnato da un ca-loroso applauso. Padre Franco ha indicato come le richie-ste, contenute nei manoscritti, fossero “feriali”, ma indicati-ve di due esigenze vitali: l’acqua e la preghiera. L’acqua èil segno di grazia che ci fa Figli di Dio e le panche sono ilmezzo per chiedere, nella preghiera, la linfa vitale per vive-re di Lui.La Messa, animata dal coro del Duomo di Bergamo, magi-stralmente diretto dal maestro Mario Valsecchi, è stata resaspeciale dalla rinnovazione dei Voti in forma collettiva del-le Sorelle del 50°, seguita dal canto del Magnificat e dallasignificativa processione offertoriale. Si è conclusa con il

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Consegna dei due manoscrittiPadre Moscone con le “cinquantenni”

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grazie di Madre Letizia per i celebranti e per tutti i par-tecipanti alla Celebrazione e dalla solenne benedizione.Nella cornice del bel parco di Casa madre, le festeggia-te hanno potuto abbracciare parenti e amici e gustareun aperitivo. Il pranzo, infine, è stato il degno corona-mento di questa giornata speciale che, non soltanto haavuto nel taglio della torta una bella sorpresa, ma an-che quello di un ulteriore dono di Padre Franco per laMadre e la Congregazione: una formella in bronzo raf-figurante San Girolamo, coniata per la speciale cele-brazione del Giubileo somasco.A Madre Letizia, in occasione del suo 50°, sono statidonati alcuni “segni” particolari di affetto e ricono-scenza: un cofanetto che raccoglieva in tre fascicoli gliauguri personali scritti da ciascuna Suora dell’Istituto;l’arredo sacro dell’altare per la Cappella di Casa Gene-ralizia, il supporto per la lampada del Santissimo Sa-cramento e un completo di calice, pisside e patena, inceramica sarda con disegni simbolici legati alla sacra-lità antica della Sardegna, destinati a Casa Madre.

La gioia di questa giornata, davvero straordinaria, èstata suggellata dal dono dell’unità, segno visibile diquel dono che, nel Carisma educativo, ci fa tutte Sposedi un unico Sposo, Gesù Cristo: a Lui il nostro più vivograzie per averci scelte, per averci rese Sorelle di que-sta piccola Famiglia religiosa, ma grazie soprattuttoperché ci fa sentire il Suo amore speciale: esperienzache non trova adeguate parole per essere espresso.

Suor Eraldina Cacciarru

“Cinquant’anni d’oro…” UNA MINIERA DI DONI PREZIOSI

RICEVUTI E DONATINELLO SCORRERE DEL TEMPO

DI QUESTI LUNGHI ANNICHE HANNO SEGNATO

LA NOSTRA VITA

Oggi, 24 settembre 2011, è festa per la nostra Famiglia re-ligiosa.Il Signore che compie ogni giorno, nella nostra vita, i mi-racoli del Suo amore, ci offre l’occasione di manifestare aDio la nostra gratitudine per il significativo traguardo di50 anni di Vita religiosa di un gruppo di dieci Sorelle, tracui Madre Letizia, Superiora generale, Suor Domitilla,impegnata nella missione in Bolivia e Suor Pieranna giànella “Casa del Padre”,.Per tutte solo una parola: Grazie!Per ciascuna di noi c’è una storia che non si può racconta-re, né scrivere: la conosce solo “Colui che scruta il cuoredell’uomo”, sono le righe dritte, scritte tra le righe stortedi noi peccatori - educatori nei vari luoghi del mondo.Una cosa ci consola. I bilanci di Dio sono sempre positi-vi… frutto del suo amore misericordioso. Per questo sgor-ga spontaneo dal nostro cuore: “Grazie, Signore. Tutto èdono tuo!”.Nel nostro cuore c’è sicuramente il vivo ricordo di quandoabbiamo risposto “SI”, prima di intraprendere il cammi-no. Allora, non c’era in noi presunzione, ma solo la fidu-cia di non essere mai sole, la volontà di fare un umile ser-vizio, la risposta affettiva e piena di stupore per esserestate chiamate al dono totale di noi stesse.La nostra lode va al Signore, quale segno di gratitudine,per i germogli di bene seminati lungo il nostro camminodi Vita religiosa in questo 50° anno di viaggio con Lui.

CINQUANT’ANNI DI VITA RELIGIOSA:GIOIA, STUPORE, GRAZIE!Si fa memoria del cinquantesimo non per sottolineare unadata qualsiasi della propria vita, ma proprio quella di con-sacrazione alla chiamata alla Vita religiosa.E’ come un dono da riscoprire: si immerge lo sguardo nelvissuto, quello del cuore che sa percepire la lunghezza e cisi sofferma, si comprende l’importanza della memoria e,come d’incanto, ogni aspetto diventa un evento, si ricom-pone a dare ragione e bellezza ai percorsi “del prima” e

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GrazieGrazie

Ecco, faccio una cosa nuova;proprio ora germoglia;

non ve ne accorgete?(Is 43,19)

ella lode a Dio,fedele e provvidente,che ci ha custoditoe sostenutoin questi 50 annidi vita religiosa,il grazie a tuttie a ciascunoper il bene regalatoci,per il dono della presenza e della preghiera.Il Signore continuia far germogliarein ogni cuorel’eterna novitàdel Suo amore.Con fraterna riconoscenza

!

Somasca24 settembre 2011

NN

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“del dopo” restituendo la chiarezzadi ciò che Dio disegnava e che, solocon Lui, abbiamo potuto vivere, su-perare, accogliere, amare, continuareil cammino con serenità. Ogni volta,il miracolo dell’Amore, perché Luic’era e possiamo solo dire “Grazie”.Allora, all’inizio, il movimento au-tentico vitale dello stare insieme cichiamava a passare dalla presenzadel dono della vita attraverso la diffi-cile arte del riconoscere l’altro, del-l’assumerci delle responsabilità neisuoi confronti, dell’accendersi dellafraternità e del viverla esercitandociall’amore.Ma questa dinamica comportava unprezzo da pagare: si entrava libera-mente a far parte di una comunità e cisi accorgeva che essa era luogo del-l’epifania, della povertà, della debo-lezza, anche del male che abita inciascuno.A lungo andare, vivere una accantoall’altra e tenendo conto della Sorellaci aiutava a riconoscere tutto ciò cheera in noi e ciò che ci abitava e ci li-mitava…Davvero la bontà, la bellezza, la feli-cità, richiedevano una lunga pazienzae una fiducia nell’altra, sempre darinnovare a costo di sperare controogni speranza.In preparazione alla grande ricorren-za del Cinquantesimo, abbiamo vis-suto insieme, “Gruppo d’oro”, unmeraviglioso pellegrinaggio carico diemozioni e di preghiera: a Fatima e aSantiago de Compostela.Giovedì 15 settembre u.s. il volo de-colla, si stacca da Malpensa, aeropor-to della bella Italia, per atterrare nellaluminosa Lisbona, capitale del Por-togallo.Un giorno lavorativo per tutti, grandie piccini, ma molto particolare pernoi: un incontro fraterno delle “Suo-re d’oro”, accompagnate dalla sim-

patica autorevolezza di Padre Gia-nantonio, Monfortano, e dalla bravu-ra di Annabella, guida del Portogallo.Possiamo dire che la settimana tra-scorsa insieme è stata molto piacevo-le e i luoghi visitati incantevoli.Grande la serenità che ho letto sulvolto dei pellegrini che arrivavano apiedi alla pace e alla tranquillità diFatima, quando nella Cappella delle

apparizioni, è stata celebrata la SantaMessa dal Vescovo del Salvador,cosìalla mano e... umano. Il Rosario, conla fiaccolata della sera, ha rinnovatonel nostro cuore una sensazione diben-essere. A farla da padrona inquell’aria silenziosa e raccolta eraproprio la “Preghiera”.Di certo il pellegrinaggio a “Fatima”e a “Compostela” ci ha sollecitato acomporre il tutto nella grande do-

manda di perdono, nella Misericordiainfinita di Dio che, quando perdona,cancella i nostri peccati, li dimenticae li seppellisce. Per lui non c’è untempo del nostro stare in ginocchio,non ci sono momenti d’amore e mo-menti punitivi: Lui ama proprio men-tre siamo deboli. “Lui sa”, ama e ba-sta! Dopo questa lunga convivenza, pro-viamo un’emozione così vera, cosìgrande da respirare l’infinito; non so-no parole, è silenzio intorno a noi e,nel cuore, lo ascoltiamo e ripetiamo“Grazie”. La Sua fedeltà commuove nelprofondo, l’unica vera costante entradove il cuore si perde: 50 anni, Luici ha reso fedeli perché ci ha amate econtinuamente ricreate col suo amoreinfinito.L’occasione di celebrare il Cinquan-tesimo non finisce, non ha lo stessoeffetto di tanti compleanni.Ora non è più una frase presa in pre-stito questa “Io so a chi ho dato la vi-ta” perché anche Lui ci conferma, sache a noi, unicamente, ha dato la sua.

Una del “Gruppo d’oro”

Lisbona, Castello di Belem Braga, Santuario di Sameiro

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Santo

Natale

Abbiamo vistouna stella grandissimache splendeva tra queste stellee le oscurava,tanto che le stellenon apparivano più.Così noiabbiamo conosciutoche era nato un re.(Proto!. Giacomo, 21, 2)

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un annuncio ben strano quello che, nellanotte d’Oriente di oltre due millenni fa, unAngelo ha dato al mondo per un neonato po-sto nella mangiatoia di una stalla: è un neonatopovero, di una povertà agli estremi, “avvolto inpoche fasce” (Lc. 2, 12) con accanto una Mam-ma giovanissima in adorazione di quel Figlioche, quando le era stato annunciato nove mesiprima, l’aveva a dir poco sconcertata.

“Non conosco uomo” (Lc. 1, 34), aveva rispostoallo strano messaggero dell’Eterno.Eppure, non solo aveva accettato la maternità,ma da subito aveva amato questo Figlio, giuntoda chissà dove, che si era intromesso nella suavita di Vergine e che bastava allungasse le maniper stringerselo al cuore.E’ un mistero struggente quello del Natale, unmistero che ha avvinto Francesco d’Assisi nelXII secolo nella realizzazione di un “Presepevivente” e che il popolo cristiano ha sempe poicercato di far rivivere, nella sua forma evangeli-ca e liturgica, nella rappresentazione dei Prese-pi.Il Presepio è un modo di “rivisitazione” stacca-to dai sentimentalismi ed ancora più distantedella faccia profana di un Natale fatto di lustri-ni, regali, bombolette spray, di finta neve, diabeti luccicanti, di Babbi Natale che offronocioccolatini e pompons di velluto.E’ totalmente estraneo a quella frangia di per-sone che rigettano tutto ciò che hanno eredita-to dal passato e che ritengono di essere “nuove”perché considerano il Natale una festa cometutte le altre, la festa della tredicesima; personeche non sanno capire, o preferiscono non capi-re, il miracolo dei secoli, di un Dio che ha scel-to di farsi Bambino per entrare nella storia del-l’Uomo e con l’uomo condividere tuttofuorchè il peccato. Gli artisti, forse, ma l’Artistaè già di per sé un raggio del Divino…Per entrare almeno un po’ nella rivisitazionedel Presepe, basterebbe recarsi in Spagna a la

Il presepioÈ“Vi è nato il Salvatore”

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Feria del Belem di Barcellonache è davanti alla Cattedrale eche sta lungo i viali del Parco,con alle spalle il grandiosotempio de la Sagrada Familia.Ogni anno, dal 13 al 24 di-cembre, vi accorrono non so-lo i cristiani del luogo, ma an-che i forestieri di varie regionid’Europa e rappresentantiamericani. Sono i siti dove ar-tigiani “presepistici” pongonoin vendita statue di legno, in

creta dipinta, in ferro, mini-presepi in cassette, in gusci dinoce, in conchiglie con Ma-donne e Gesù Bambini arabe-scati e incisi con tale minuziache, per riconoscerne i parti-colari, devi usare la lente d’in-grandimento. A dirtene era,fino a poco più di un decen-nio fa, don Giacomo Piazzoli(Monsignor Presepio, lo chia-mava la gente). Presidentedell’Associazione del Presepio

per l’Alta Italia e fondatoredel Museo presepistico per-manente di Brembo di Dal-mine, ha curato una raccoltaaffascinante di presepi di tut-to il mondo dove, non senzaemozione, vi cogli, oltre allospirito religioso dei vari po-poli e paesi: cultura, folklore,estro creativo…Quando ti soffermi al Prese-pio bergamasco, trovi la tradi-zionale grotta illuminata, ilfuoco che sembra vivo, il ru-scello con il ponte. A sfondo,ecco la cascina della nostraBassa, le nostre abetaie, laroccia delle Prealpi e, alta sul-le Mura, la nostra Bergamoantica.Del resto, a Bergamo vi fu perdue secoli un attivo artigiana-to di statuaria sacra che, peralcuni mesi all’anno, era im-pegnata a “creare” solamentestatue del Presepio con perso-naggi vestiti con costumilombardi del ‘700/’800. Ca-ratteristiche erano le figuredell’uomo con la polenta, delcaldarrostaio, dell’uomo conla carretta piena di mele, del-l’arrotino, del calzolaio.

Il presepio

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Nelle nostre chiese cittadine, ancora cinquan-ta/sessant’anni fa, era una “gara” quella del piùbel Presepio, dove i bambini (ma anche genito-ri, nonni e innamorati) stavano un poco curiosie un poco commossi a guardare, commentare,sognare e pregare. Altro che la sosta alle banca-relle d’oggi, tra la gente che schiamazza, com-pra, contratta e dove, non dico la nostra corpo-sa parlata bergamasca, ma neppure trova piùspazio la lingua nazionale…Allora, nella Chiesa di San Bartolomeo era im-mancabile incantarsi alla visione di Angeli so-spesi nel cielo buio trapuntato di stelle lumino-

se! Che “andare e vieni” gioioso dopo la Messa,anche se poi era quasi di pragmatica la sosta alBalzer dove, ovviamente, l’argomento di con-versazione era una qualche novità presepistica.E come non nominare almeno il Presepio cheera all’Oratorio di Santa Maria delle Grazie,quello della Chiesa di Via Broseta o di Via Su-dorno, quello dei Cappuccini… ma che sto a fa-re nomi se il Presepio era il “signore” della città,a cominciare da quello appena fuori dai Porticidel Sentierone, allestito per iniziativa de “L’Ecodi Bergamo”. Come ci teneva Mons. Spada!Ma anche ogni casa aveva il “suo” Presepe e,dove lo spazio era ridotto al minimo, bastavaspostare l’armoire. Immancabile il muschio fre-sco, raccolto dai ragazzi sull’orlo dei prati delleMura.

Certo che in mezzo al consumismo d’oggi, vivononostante la crisi internazionale, i Natali deiragazzi di un ieri non tanto lontano, col loroPresepio, magari ritagliato nel cartone, eranomolto “più Natali” di gioia, con la voglia di es-sere più buoni e più a portata di mano.

A tutti:

Elisa Faga Plebani

BuonNatale

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“In collaborazione con gli organismi diocesanie le associazioni umanitarie,promuoviamo percorsi formativied esperienze di volontariato che aiutino i laici,soprattutto i giovani, ad orientare cristianamentela loro vita nella dedizione ai poveri e ai bisognosiper l’avvento di un mondo di giustizia e di pace”.

(Direttorio, n. 83)

In attuazione di tale obiettivo, si è vissuta anche una bellis-sima visita ad una fattoria...La sveglia suona presto stamattina: è sabato 1° ottobre, unsabato speciale… “Sveglia bambini! Ci siamo! Oggi si va al-la fattoria con la scuola!!”.L’inizio non è dei migliori: i bambini, si sa, non conosconofretta… e l’arrivo in fattoria è rocambolesco…, ma non ciperdiamo d’animo e, tra i soliti pianti e capricci, ecco final-mente davanti a noi la fattoria!! I bambini sono elettrizzati:“siamo arrivati!!!”.Il sole ci saluta già alto nel cielo e ci preannuncia una bellis-sima e calda giornata di inizio autunno.

Alice cerca subito le sue amichette, noi sistemiamo in unbatter d’occhio il pranzo al sacco, e… via!!!: tutti alla sco-perta di questo luogo incantato!Una guida molto speciale, con tanto di megafono ed in ser-bo una storia per ogni occasione, ci accompagna lungo ilpercorso.La prima tappa del nostro viaggio alla scoperta della naturaè un labirinto magico: siepi ad altezza bimbo e indovinellisugli alberi, sulle foglie, sui fiori; i semi sono posti ad ognibivio.Ci dividiamo in due squadre miste di genitori e bimbi, pergiocare tutti insieme a rispondere agli indovinelli e… ibambini sono preparatissimi!!! In pochi minuti ci guidanoverso l’uscita di questo intricato labirinto!Si decreta la squadra vincitrice, che non è la nostra, ma po-co importa: la visita continua!Ci incamminiamo nuovamente sul percorso guidato: i bam-bini saltano e corrono e… sorpresa: davanti a noi c’è unponticello in pietra!!!… ma … cosa ci fa un ponticello in fattoria? Ben presto ec-

Voci di casa nostra

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BERGAMO

ISTITUTO SCOLASTICO“CATERINA CITTADINI-MARIA REGINA”

SCUOLA DELL’INFANZIA “CATERINA CITTADINI”

UNA BELLISSIMA GIORNATAIN FATTORIA

La Scuola dell’Infanzia “Caterina Cittadini”si è data quest’anno un particolare obiettivo:

UN GOMITOLO DI AVVENTURE CON IL TOPO LINO

“Le cose di ogni giorno raccontano segretia chi le sa guardare ed ascoltare” (Gianni Rodari)

Osservare, ascoltare, annusare, toccare, gustare…per scoprire ciò che la natura dice e dona a ciascuno di noi.

...Ci incamminiamo sul percorso guidato...

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co la risposta: ci imbattiamo in unospettacolo inatteso, un bellissimo la-ghetto artificiale con ochette e anatreche sguazzano indisturbate, accompa-gnate da qualche pesciolino che ci sa-luta allegramente saltellando a fiord’acqua!I bambini sono curiosissimi: “In brac-cio, in braccio, mamma!!”… “Guardamamma, c’è anche una casetta in mez-zo al lago!”.E’ la casetta delle anatre che, come persalutarci, ci sfilano davanti impettitecon il loro piumaggio marroncino e ipiccolini al seguito: tutti in fila e im-pettiti anche loro!!...… l’occhio di tutti viene, poi, cattura-to da una famigliola di oche che pas-seggia lentamente davanti a noi, go-dendosi questo caldo sole d’ottobre.La pace e la tranquillità di questo po-sto ci rapiscono.Siamo qui da poco meno di un’ora, mala natura ci avvolge e ci cattura ren-

dendoci, per un giorno, privilegiatispettatori di equilibri antichi.La città con il suo chiasso, il caos, lafretta e l’orologio che corre, è lontanamille chilometri… Il giro prosegue ela guida ci mostra, tra lo stupore el’incanto dei bambini, la casa sull’al-bero di un folletto piccolino e miste-rioso, posta a ridosso di un piccolo ru-scello.Il folletto di giorno non si fa vedere,ma di notte è tutto indaffarato a siste-mare la sua casetta, “sshhh!!!, chissàdov’è?… non bisogna disturbarlo!”,dice la guida. Più tardi torneremo quiad esplorare la casa sull’albero: un salie scendi continuo dalla scaletta ripi-dissima che collega la casetta al vialet-to in riva al lago. Il folletto, che dalassù vigila sulla fattoria e sugli ani-mali che la abitano, probabilmente sa-le la scala saltellando, portando su egiù le sue provviste. I bimbi con entu-siasmo la scalano rapidamente in cer-ca di questo piccolo e magico abitantedella natura.Lasciata alle nostre spalle la casetta,ecco davanti a noi gli animali della fat-toria: caprette, conigli, asinelli, cavalli,pecore e galline docili e pazienti gradi-scono la nostra presenza, anche perchéi nostri bambini riempiono le mangia-toie e i cortili di erbetta fresca!!Alcuni bambini esplorano tutto, ma…manca qualcosa…: cercano le muc-che, proprio le mucche che non ci so-no!! “Forse sono andate via con i fat-tori…” si rispondono da soli, mentrealtri riempiono la mangiatoia degliasinelli di erba e paglia. Gli animalisembrano gradire molto e i bimbi sonofelicissimi: corrono avanti e indietrodal prato con manciate di erba fresca everdissima in mano, pronti ad imboc-care letteralmente gli asinelli, fino adora forse conosciuti solo nella favoladi Santa Lucia… ai bimbi non sembravero di poterli accarezzare ed imboc-care liberamente! E gli animali, poi,

con i bambini sembrano avere un fee-ling speciale…Dopo una breve pausa-pranzo, doveognuno ha consumato il proprio pran-zetto al sacco, i bambini si cimentanocon le maestre nella preparazione dibuonissimi biscotti… È strepitoso ve-derli all’opera: con quanta meticolositàe impegno preparano i loro dolcetti dimille forme diverse!… un po’ di burro,latte, farina e… la magia è fatta!!Adesso è l’ora dei giochi!Palloncini a volontà, bolle di sapone,balli sfrenati cavalcando animaletti digomma… ed una corsa sulle spalle deipapà (e dei nonni!) cercando di affer-rare palloni giganti, colorati e traspa-renti, che fluttuano sopra le maninedei piccoli protagonisti di questasplendida giornata!La merenda è davvero speciale: i bi-scotti preparati dai nostri piccoli ‘pa-sticceri in erba’ sono deliziosi.Qualche ultima chiacchiera tra i geni-tori e la gita volge al termine. Ora cheil sipario di questo magnifico spetta-colo si sta abbassando, mentre riordi-niamo le nostre cose, lasciamo giocareancora un po’ i bambini in questo spic-chio incantato di natura: lanciano pic-cole foglie nel ruscello che, mi fannonotare, corre veloce, e fantasticanocon i racconti dei folletti…Ormai è proprio ora di andare: “Su an-diamo bambini! Salutate le ochette, leanatre, i cavalli, i pesciolini e tutti glianimali che ora devono andare a nan-na!”.Con negli occhi e nel cuore i colori,gli odori, e le vive immagini di questisimpatici, accoglienti e pazienti abi-tanti della natura, ci avviamo verso lanostra auto. I bambini si salutano enon appena poggiano la testa sul sedi-le si addormentano: sazi di avventure,continuano a saltare, giocare e colora-re la fantastica magia della natura neiloro sogni.

Laura, mamma di Alice

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Voci di casa nostra

...riempiono di erbetta fresca

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Il 29 settembre u.s. siamo partiti per la tanto attesa gita di duegiorni, alla scoperta della natura incontaminata e dei meravi-gliosi castelli della Valle d’Aosta.Eravamo molto contenti ed emozionati di vivere questa bellaesperienza: tutti desideravamo divertirci e ammirare le bel-lezze di questa Regione.Quella mattina ci siamo svegliati molto presto, perché il ri-trovo era previsto per le ore 6.00, presso il piazzale di frontealla nostra Scuola. Lì ci aspettavano le nostre maestre:Suor Danila, Mariassunta e Silvia.Quando è arrivato il pullman, abbiamo caricato i nostri baga-gli poi, tutti eccitati, siamo saliti e abbiamo scelto il posto sucui sederci.Il viaggio è durato circa tre ore, ma il tempo è volato veloce-mente perché, dopo un iniziale momento di preghiera, ci sia-mo divertiti chiacchierando e cantando insieme.Durante il tragitto, fortunatamente, non abbiamo trovato traf-fico e siamo arrivati in anticipo, perciò ci siamo potuti svaga-re liberamente in un meraviglioso parco-giochi della zona.Poi è arrivato Donato, la nostra guida, che ci ha accompagna-ti a visitare il Castello di Fénis raccontandocene, in modo ap-passionante, la storia. Il Castello, di forma pentagonale, è cir-condato da una doppia cinta muraria. Il corpo centrale sisviluppa su tre piani, all’interno dei quali ci sono molte stan-ze che abbiamo potuto ammirare.Più tardi, dopo aver consumato il nostro pranzo al sacco, cisiamo diretti al Planetario, dove abbiamo visto un interessan-te filmato sull’Universo.Alla sera, dopo esserci sistemati nelle nostre camere in Hotel,

abbiamo cenato. Successivamente, ci siamo riuniti in una sa-la, dove abbiamo improvvisato uno show con tanto di ka-raoke e gara di barzellette: ci siamo divertiti un sacco!!!Dopo aver fatto una bella dormita, il giorno seguente ci sia-mo svegliati felici e pieni di energia per affrontare insiemeuna nuova giornata.Poco più tardi ci siamo diretti verso il Parco Nazionale delGran Paradiso dove ci attendevano le guide che ci hanno ac-compagnato a fare un’escursione lungo un percorso, in mez-zo alla natura, che ci ha condotto fino alle meravigliose Ca-scate di Lillaz.Nel pomeriggio abbiamo visitato Aosta, con i suoi numerosiresti romani.Donato ci ha fatto scoprire le bellezze di questa città mo-strandoci i più impor-tanti monumenti: l’Ar-co di Augusto, la PortaPretoria, il teatro e lacinta muraria quasi in-teramente conservata.Inoltre, insieme allaguida, abbiamo rico-struito, con dei pezzidi legno, un ponte ro-mano in miniatura.Dopo aver fatto un po’di shopping, stanchima felici, siamo torna-ti a casa.E’ stata un’esperienza indimenticabile perché ha contribuitoa rafforzare i nostri legami di amicizia e ad arricchire le no-stre conoscenze.Per questo ringraziamo le nostre care maestre e i genitori checi hanno permesso di vivere insieme questa bellissima espe-rienza.

I ragazzi delle classi 5ª A-B

Voci di casa nostra

SCUOLA PRIMARIA “CATERINA CITTADINI”

DUE GIORNI INDIMENTICABILIalla scoperta delle bellezze naturali e artistiche

della Valle d’Aosta

Al Castello di Fénis, classe 5ª B Al parco del Gran Paradiso, classe 5ª A

...ricostruzione di un ponte romano

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SE L’UOMO NON CERCA SESTESSO NON PUO’ RICONOSCE-RE DIO.Forse, lettore, ti nauserai se ancorauna volta ricominciamo a chiederci:chi è Dio?Già troppe volte è sorta questa do-manda e ormai dubiti che si possatrovare risposta. Eppure si potrebbeaffermare: Dio è il solo che mai puòessere cercato inutilmente, neppu-re quando appare impossibile tro-varlo.Potresti a buon diritto obiettare: “Iovoglio sapere, non credere, non sup-porre. Voglio sapere. Voglio che Diomi tenda la mano, mi sveli il suo vol-to, mi parli”.Il suo silenzio non ti parla?...Eppurequando si decide realmente di andareal di là di noi stessi, al di là dei luo-ghi comuni, quando si cerca di scava-re in profondità per capire il sensodella storia che viviamo, ancora oggi,in questa società che esalta l’uomocome servitore della propria intelli-genza e artefice del proprio destino,si scopre alla fine la presenza di unprimo motore immobile, energia efonte di qualsiasi altro movimento.Ma, per conoscere Dio, occorre in-nanzitutto conoscere se stessi; il cheè possibile solo con l’introversione,cioè ritraendo l’attenzione dalle ricer-che esteriori e dirigendola dentro dinoi, nel profondo silenzio della men-te. Si può intraprendere questo viag-gio interiore senza bisogno di lascia-

re i propri affetti e la propria dimora,di abbandonare parenti e amici, o dirinunciare alla professione o vocazio-ne di questa vita, di evadere dal mon-do degli uomini; si può compierequesto grande pellegrinaggio del-l’anima nonostante le occupazioniterrene.E’ ciò che abbiamo fatto noi, ungruppo (uomini, donne e ragazzi-exalunni), tra cui Suor Carla Lavelli,Suor Floriana Ferrini e Suor ImeriaCortesi delle Suore Orsoline di So-masca.Abbiamo preso in mano le nostre sin-gole vite e le abbiamo messe insie-me, facendo un’esperienza di convi-

venza di quattro giorni in Toscana, ri-flettendo e meditando a San Galgano,a Vallombrosa, a Camaldoli, al San-tuario della Verna e a Barbiana. Era-vamo nomadi che cercavano gli an-goli della tranquillità dai tumultidella civiltà, camminatori che cerca-vano la pace lungo il transito dellavita che mostra solo l’apparente este-riorità, mentre la riflessione risve-gliava in noi la volontà di verità, per-ché l’uomo, pur essendo nella verità,non è la Verità: la verità immutabilenon è la ragione, cioè l’uomo, ma è lalegge della ragione. Per cui, ritornarea se stessi e rinchiudersi nella propriainteriorità significa aprirsi alla vo-lontà di Dio.Nel nostro stare insieme in “luoghiparticolari”, abbiamo compreso cheamare l’Amore significa amare. Per-ciò la convivenza, la fraternità e lacarità cristiana condizionano il rap-porto tra Dio e l’uomo; in questo sen-so, l’Amore divino è la condizione

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Voci di casa nostra

SCUOLA SECONDARIA “MARIA REGINA”

29 ottobre-1 novembre

UN PELLEGRINAGGIO VERSO LUOGHI SACRI:UN ITINERARIO DELL’ANIMA!...

AllAbbazia di San Galgano

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che porta l’uomo non solo verso sestesso, ma conduce l’uomo versol’altro uomo.Insieme abbiamo capito che, cercareciò che è bene, vivere interrogandosie contemplare il creato, sono treaspetti che conducono l’uomo allasua libertà, cioè il potere donato daDio all’uomo di agire e di non agire,di porre da se stesso azioni delibera-te. Quanto più si fa il bene, tanto piùsi diventa liberi e la libertà raggiun-ge la propria perfezione quando èordinata da Dio, sommo Bene e no-stra Beatitudine. La scelta del male èun abuso della libertà che conducealla schiavitù del peccato. Infatti,l’unica scelta autentica è quella concui l’uomo decide di aderire all’es-sere. E la causa del peccato è, inrealtà, la rinuncia di tale adesione.Per concludere, al termine del pelle-grinaggio abbiamo capito qual è loscopo della vita di ognuno di noi: lafinalità di ogni essere è amare, co-noscere e servire. Don Milani ha detto: “Se dicessi checredo in Dio direi troppo poco per-ché gli voglio bene. E capirei chevoler bene a uno è qualcosa di piùche credere nella sua esistenza”.

Angelo Bonaiti (ex alunno)

Lo scorso 16 ottobre, si è tenuta,presso l’ampio cortile della ScuolaParitaria “Caterina Cittadini”, la tra-dizionale “Festa della Castagna”.Con l’arrivo dell’autunno e la ripre-sa della Scuola, gli alunni dell’Isti-tuto hanno ripreso l’impegnativopercorso scolastico formativo; ma,come ogni fatica, anche l’impegnoscolastico necessita di pause che,seppur piccole, risultano spesso ri-generanti per i ragazzi.Si è, quindi, voluto rinnovare l’ap-puntamento ottobrino che, anchequest’anno, così come in passato, hafatto registrare grande partecipazio-ne di genitori ed alunni della Scuoladell’Infanzia e della Primaria di pri-mo e secondo grado.Il successo di pubblico è stato peraltro favorito dalla splendida giorna-ta, riscaldata da un insolito e colori-to sole autunnale.Il motto di quest’anno “… esci dalriccio e vieni a trovarci”, preannun-ciava già gustosi banchetti a base dicaldarroste, oltre che di panini caldi,pizzette e bibite; tutte pietanze chesono state sapientemente realizzatedai genitori facenti parte del Comi-tato organizzatore.Finalità primaria della Manifestazio-ne è stata, comunque, quella di darvita ad un evento dal sapore “aggre-gante”, all’interno del quale i ragaz-zi potessero vivere una giornataspensierata e fatta di divertimento,tutto comunque all’interno dellastessa struttura che quotidianamente

li vede, invece, impegnati nel serio, espesso faticoso, percorso scolastico.L’occasione ha, qundi, attirato nume-rose famiglie, con ragazzi e bambini

Voci di casa nostra

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ISTITUTO SCOLASTICO “CITTADINI-MARIA REGINA”

“… ESCI DAL RICCIOE VIENI A TROVARCI”

Festa della castagna

A Camaldoli

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fortemente concentrati nel cimen-tarsi nelle numerose attrazioni alle-stite per l’occasione, come la pistaper automobiline a pedali, il cam-petto da calcio e quello da hockey,i giochi di abilità, gli spazi volley ebasket.Come noto a tutti gli alunni dell’I-stituto, il tema portante dell’annoscolastico, da poco iniziato, è: “ètempo di…”: un’espressione cheracchiude una serie infinita di si-gnificati e che si presta ad altret-tanti interpretazioni, ma che vuolanche significare che nella vita cideve essere spazio per dedicarsiagli altri, per coltivare le amicizie:la medesima finalità che si è volutadare alla “Festa della castagna”di quest’anno.

Il tutto, quindi, nella tradizionedella Scuola che, attraverso la pre-ziosa opera direttiva di Suor Carla,Suor Leonilde, Suor Loredana, hasapientemente organizzato unevento dalle lodevoli finalità ri-creative con l’importante propositodi dar vita ad un incontro per ce-mentificare i legami tra tutti coloroche “vivono” l’Istituto e che, allostesso modo, sostengono e condivi-dono gli ideali cristiani che laScuola “Caterina Cittadini” rappre-senta e vive, anche mediante l’im-portantissima formazione ed edu-cazione scolastica propinataquotidianamente ai nostri figli.

Un genitore

Alla Scuola primaria «Caterina Citta-dini» di Ponte San Pietro la magia cor-re sul filo; non più quello bianco cheun tempo usciva dal gessetto per «sci-volare» incerto sulla grafite della lava-gna, ma quello elettronico delle«LIM» (Lavagna Interattiva Multime-diale), rivoluzionari supporti elettroni-ci su cui è possibile scrivere, proietta-re filmati, spostare immagini con manio penne digitali, piuttosto che salvarela lezione sul computer per poterla riu-tilizzare e metterla a disposizione de-gli allievi.La «Caterina Cittadini» è una delle po-chissime Scuole primarie della Berga-masca ad aver dotato le proprie aule diquesto magico strumento che, tuttavia,consente di mantenere intatto il classi-co paradigma didattico incentrato sullalavagna, potenziandolo con la multime-dialità e la possibilità di usare unsoftware didattico in modo condiviso.Le «LIM» – quelle in dotazione alla«Cittadini», modello più sofisticato,acquistate anche grazie a un contribu-to di diecimila Euro di un genitore –sono collegate a un computer, che ri-produce le immagini utilizzando unvideoproiettore.La «LIM» piace agli insegnanti perchèpermette di usare metodi tradizionalidi insegnamento in modo innovativo(il docente può utilizzare materiale di-dattico multimediale direttamente sul-la lavagna, e non dietro a un compu-ter); di salvare i percorsi didatticiproposti, per successivi utilizzi e perla distribuzione agli studenti, dimi-nuendo il tempo necessario alla prepa-

razione della lezione e dei materiali distudio; facilita la spiegazione di pro-cessi, la descrizione di situazioni eambienti, l’analisi di testi grazie allapossibilità di visualizzarli in modocondiviso su uno schermo comune atutti, assicurando l’attenzione sull’og-getto corretto; rende il momento di re-cupero più dinamico e interattivo,agendo su intelligenze diverse e mi-gliorando i risultati come dimostratoda diversi studi; possono utilizzare fa-cilmente approcci didattici diversi,grazie anche alla disponibilità disoftware didattici; perché manda inpensione gli odiati gessetti.Ma la «LIM» piace anche agli studentiperché hanno familiarità con il lin-guaggio delle immagini e dei filmati;perché le lezioni interattive sono piùcoinvolgenti e permettono di com-prendere più rapidamente; perché han-no a disposizione diversi canali di ap-prendimento che stimolano le diverseintelligenze; perché spesso la «LIM»ha favorito attività didattiche di ap-prendimento collaborativo che li pon-gono al centro del processo di appren-dimento.E poi con la «LIM» si può navigaresul web in classe: in questo modo sipossono effettuare ricerche in retecoinvolgendo tutti i bambini.Ma cosa serve per usare la «LIM» inclasse? Una lavagna interattiva multi-mediale, un computer, un videoproiet-tore, software e materiali per la didat-tica. L’istallazione prevede ilcollegamento del computer al video-proiettore e della lavagna al computer.

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Voci di casa nostra

PONTE SAN PIETRO (BG)

SCUOLA PRIMARIA “CATERINA CITTADINI”

ADDIO VECCHIO GESSETTO...ORA SULLA LAVAGNA SI NAVIGA

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Il videoproiettore - come ben si leggesul sito www.pianetascuola.it - ricevele immagini del computer e le proiettasulla «LIM». Le operazioni effettuatesulla «LIM» sono percepite da sistemidi rivelazione (magnetici, ottici, sono-ri, resistivi) e trasmesse al computer.Sono possibili tutte le operazioni nor-malmente effettuate con il mousequando si lavora al computer. La«LIM» è generalmente dotata disoftware per creare presentazioni e le-zioni multimediali in classe con faci-lità: normalmente sono sufficienti po-che ore per apprendere le basi delfunzionamento. Tutti i software in do-tazione con le «LIM» hanno in comu-ne alcuni elementi caratteristici: unostage bianco in cui poter scrivere conla penna digitale in modo analogo al-l’utilizzo di pennarelli sulle lavagnebianche; inoltre, in questo spazio èpossibile trascinare immagini e altrioggetti multimediali tratti dalla libre-ria; una libreria di immagini, filmati eanimazioni che possono essere trasci-nati nello stage; alcuni oggetti sonogià disponibili, altri possono essereimportati dal docente. Una volta tra-sferiti negli stage possono essere ridi-mensionati, ruotati, clonati e utilizzaticome base per creare schemi e mappeconcettuali grazie all’utilizzo dellepenne digitali.Ci sono, poi, alcuni strumenti che per-

mettono di attivare funzioni come lascrittura con tratti e colori differenti, latracciatura di forme geometriche soli-de o vuote, l’attivazione di una tastieravirtuale e molti altri che variano a se-conda del tipo di lavagna.Come si usa in classe? La «LIM» -spiega ancora “pianeta scuola” - puòessere utilizzata in diversi modi: per ladidattica frontale con materiali multi-mediali, per attività che coinvolgonola classe come completare schemi oattività interattive e laboratoriali, perle interrogazioni, per la presentazionein modo innovativo di ricerche ed ela-borati realizzati dagli studenti. Infine,può essere utilizzata per effettuare per-corsi di navigazione su web in classe.Il docente o gli alunni coinvolti nel-l’attività didattica possono utilizzare imateriali multimediali in proiezionesulla lavagna, disegnando su di essicon le apposite penne digitali, trasci-nando oggetti e salvando gli elaboratial termine della lezione sul computer,per poterli consultare in seguito o uti-lizzare per realizzare tesine ed elabo-rati. È possibile realizzare fotografieistantanee dello schermo, per esempiofermando un filmato per catturare unfotogramma, aprirlo in un software dielaborazione immagini e analizzare inclasse l’immagine per commentare icontenuti. Oppure è possibile avviaresimulazioni laboratoriali interagendo

direttamente sullo schermo. Avendo adisposizione software didattici con si-mulazioni e attività interattive, glialunni possono essere coinvolti nell’e-splorazione virtuale di ambienti, speri-mentare il metodo scientifico, operarein ambiti tecnologici.Il docente può utilizzare la lavagna perattività di recupero e interrogazioni,proiettando quiz interattivi o immaginie filmati che possono essere commen-tati e rielaborati dagli alunni, per esem-pio cartine mute, opere d’arte, reazionichimiche, formule matematiche.La «LIM» è particolarmente adeguataalla presentazione di elaborati, poichépermette di proiettare foto, tabelle, fil-mati realizzati dagli alunni operandotutti i controlli direttamente dalla lava-gna, rendendo più agevole e articolatal’interazione con i contenuti multime-diali. I software in dotazione con le«LIM» permettono generalmente anchel’esportazione degli elaborati in un for-mato compatibile con il web, funzioneche può essere utilizzata, per esempio,per pubblicare gli elaborati nel sito del-la scuola, mettendo a disposizione ditutti la conoscenza prodotta.Se il computer in uso con la «LIM» èconnesso ad Internet, è possibile navi-gare nel Web usando un comunebrowser, come Internet Explorer oMozilla Firefox. In questo modo sipossono effettuare delle ricerche su

Voci di casa nostra

43Il sorriso delle docenti della Scuola Cittadini.

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Web coinvolgendo l’intera classe, conlo scopo di effettuare ricerche educan-do ad un uso corretto della rete, evi-denziando oggetti di interesse e sal-vando istantanee del video permemorizzarle ed utilizzarle in un se-condo momento per una sintesi o rela-zione.Insomma, come avrete facilmente ca-pito, la “LIM” è una lavagna davveromagica, attraverso la quale l’interazio-ne tra insegnante e allievo, tra inse-gnamento e apprendimento, raggiungei massimi livelli.Immagini facilmente “catturabili” evideo che scorrono come su un maxi-schermo rendono certamente più appe-tibile le nozioni che i piccoli studentidevono imparare, ma non dobbiamodimenticare che la magia dell’insegna-mento non sta nella tecnologia - nep-pure nella più sofisticata come quellache “muove” la LIM - ma nella mentee nel cuore dell’insegnante, il vero“motore immobile” dell’istruzione.Senza un cervello in grado di scegliereil metodo migliore per insegnare ciòche sa, senza un’anima per arricchireciò che insegna, senza un cuore percapire chi gli sta di fronte seduto neibanchi, nessun insegnante potrà maidefinirsi tale.E il povero gessetto? Se ne va in pen-sione, ma quanta nostalgia...

Alberto Ceresoli (un papà)

LA MAGIAENTRA IN CLASSE...

Lunedì, 12 settembre 2011: primogiorno di scuola.Il cortile della “Casa gialla” è pienodi bambine e bambini, di ragazze e ra-gazzi, pronti per l’avventura di unnuovo anno che si apre.Ore 8.30: si sale nelle classi e... unapiacevole sorpresa accoglie gli alunni:al posto delle tradizionali lavagne, ec-co le moderne LIM, ovvero le lavagneinterattive multimediali.L’entusiasmo per la bella novità è allestelle, tanto più che le LIM consento-no tutta una serie di attività creative einterattive decisamente stimolanti.Per i più piccoli, questo grande scher-mo colorato, dove il mondo si fa “aportata di tocco” (grazie alla connes-sione Internet e alla tecnologia touch-screen) è pura magia.Per i più grandi, già avvezzi all’uso distrumentazioni hi-tech, è una graditasorpresa avere a disposizione, perl’apprendimento, lo studio, la ricerca,dispositivi di ultima generazione che,potremmo dire, “parlano il loro lin-guaggio”, ovvero quello della multi-medialità.E’ bello e stimolante, infatti, arricchi-re, per esempio, una tradizionale le-zione di storia o di geografia con im-magini, video, articoli, messi a

disposizione da diversi siti web dedi-cati ai ragazzi, oppure creati dallestesse docenti.E… quando si può disporre di alcuniminuti di tempo, c’è sempre la possi-bilità di scovare in rete qualche giocodidattico on-line che permetta di rive-dere, in modo divertente, quanto af-frontato in classe. Gli alunni, grandi epiccoli, fremono nell’attesa di esserechiamati alla lavagna per prendereparte alle attività proposte; suoni e co-lori riescono a catturare l’attenzione ditutti, anche degli alunni più “difficili”.Potremmo anzi dire che sono proprioloro quelli che maggiormente traggo-no giovamento da questa piccola “ri-voluzione” e questo fa delle “lavagnemagiche” una risorsa davvero interes-sante.

Certo, l’uso delle LIM richiede alle in-segnanti un’adeguata preparazioneperché, come in tutte le cose, non sipuò improvvisare (prima di un qual-siasi testo, inteso come supporto, tra-dizionale o multimediale che sia, vie-ne sempre la testa di chi insegna...);tuttavia, con pochi, semplici accorgi-menti, si possono già proporre attivitàintelligenti e simpatiche al tempo stes-so, che rendano le lezioni meno stati-che e più vicine alle esigenze deglialunni di oggi.

Selena Maffioletti (docente d’inglese)

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Voci di casa nostra

La LIM cattura lattenzione di tutta la classe: ed è sempre festa.

Timore, ma è subito gioia, scrivere sulla LIM.

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Sabato, 15 ottobre u.s., il CAMSOS(Centro Animazione MissionariaSuore Orsoline Somasca) ha organiz-zato l’annuale incontro con gli “Ami-ci” per relazionare sulle attività mis-sionarie dell’Istituto e condividereunmomento di serenità con la Com-pagnia Dialettale “La Combricola -Gino Gervasoni” che ha presentato laCommedia

“LA MURUSA DEL ME’ OM”.Il teatro dell’Istituto di Via Brosetaera letteralmente al completo (circa300 persone).La Commedia, annunciatacome “brillante”, è stata davvero unsusseguirsi di eventi, attimi di su-spance e con un sorprendente e origi-nale finale.La Compagnia, “capitanata” dal Re-gista Gino Gervasoni, è attiva da cir-ca vent’anni e, oltre alla buona vo-

lontà degli “attori”, la gente percepi-sce la preparazione e la passione chetutti i componentimettono affinché larecita sia di qualità; per non trascura-re la scenografia molto ricercata e ad-dirittura in grado di passare dal chia-ro del giorno allanotte stellata!Tutto questo lo si deve anche alla te-nacia di una componente del Consi-glio CAMSOS, la Signora MariarosaGervasoni (in quest’occasione gioca-va in casa perché il Signor Gino è unsuo cugino) che sempre si impegnaa cercare e invitare Compagnie dia-lettali per i nostri, ormai tradiziona-li,incontri di primavera e autunno.Anche il Duca di Piazza Pontida,ilDott. Bruno Agazzi, ha portato ilsuo saluto, stimolando a sempre so-stenere la cultura bergamasca.Questi appuntamenti sono certo mo-menti di sana distensione per tutti,

ma anche occasione per tener viva lamemoria del grande lavoro cheleSuore Orsoline svolgono nelle va-rie Missioni del mondo. Una testimo-nianza pertutte è stata quella portatada Suor Fiorentina che ha parlato delsuo vivere dapiù di vent’anni in Bo-livia.Oreste Fratus, vice-Presidente Cam-sos, ha poi relazionato su quanto, conle varie offerte, si è riuscito a manda-re in Missione e su come sono impor-tanti le adozioni a distanza.Per tutti l’appuntamento a ritrovarcinel mese di aprile p.v. per un’altra se-rata di… Buon Bergamasco!

Oreste Fratus

Voci di casa nostra

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BERGAMO

CASA GENERALIZIA

INCONTRO MISSIONARIO - OTTOBRE 2011

COMMEDIA DIALETTALE

Tutti insieme! Bravi!!!

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CITTÀ ALTA

UN FELICEINCONTRO

Il 24 ottobre u.s., mentre attraverso l’in-cantevole Piazza Vecchia, semprepopo-lata da gruppi di turisti intenti a scrutareogni particolare che le guidesegnalano,noto un gruppetto di circa venti personeche seguono una guida parlante porto-ghese/brasilero. Poichè un pezzetto delmio cuore è brasilero, domando daqua-le città provengano e una signora mi ri-sponde: “da San Paolo e precisamentedaSanto André”; un signore, invece, midice di essere di Uberaba, nello Statodel Minas Gerais. No! non può esserecombinazione! Proprio due città doveoperano leSuore Orsoline di Somasca!e allora domando se, per caso, conosco-no tali Suore. Alla mia domanda, an-ch’essi meravigliati che io faccia cennoa queste Suore, mi confermano che,non solo le conoscono, ma collaboranoattivamente con loro e… via ai nomi!...Suor Angela, Suor Brunilde, Suor Car-melita (chiedono come sta, dal momen-to che si trova in Italia per motivi di sa-lute), Suor Kelly, Suor Deusilene,Suor Amparo. Essi collaborano anchecon i Padri Somaschi e, appunto, si tro-vano inItalia, ospiti degli stessi, in Pel-legrinaggio sulle orme di San GirolamoEmiliani, ricorrendo quest’anno il 500°anniversario della miracolosa liberazio-ne per intercessione della Madonna, dalcarceredell’allora milite Girolamo.A Somasca, essi hanno già visitato latomba della Beata Caterina Cittadini.A questo punto mi presento e dico delmio legame con il Brasile e con le Suo-reOrsoline. Ed ecco, ad uno ad uno dir-

mi: noi di Santo Andrè siamo FratelElio, Esterela, Ladair; noi di Uberabasiamo Peterson, Judite, Adele, Claudio,Joana,Gleide. In un attimo i cuori diBrasile e di Italia vibrano nel nome del-leSuore. E così ho spiegato loro, e alPadre Oddone che li accompagna,che,proprio in questa Piazza Vecchia enel Duomo che hanno appena visitato, èpassata anchela Fondatrice delle Suore,la Beata Caterina per andare dal Vesco-vo e per pregare in Duomo affinchè il“suo” Istituto potesse prendere… il vo-lo.E oggi, inquesto inizio del Terzo Mil-lennio, si può vedere come il “granelli-no di senapa” sparso dalla Fondatrice,abbia attraversato l’Oceano per essere,tramite le sue Suore, un segnale vivodella Chiesa.Tutti hanno avuto espressioni carichedi affetto per quanto le Suore Orsolinefanno per il loro Istituto e per quantofanno nelle attività Parrocchiali.Io, conoscendo questeSuore che opera-no in Brasile, non fatico a confermareche, quanto detto, non èopportunismo,ma è proprio il modo con cui lavoranoqueste persone “speciali”.E, anche questa è coincidenza?!? inquesto anno in cui l’Istituto ricorda idieci annidella Beatificazione di Cateri-na Cittadini?Ci siamo lasciati come vecchi amici (iBrasiliani poi sono maestri nel tessererapporti), con l’impegno, da parte no-stra, di farconoscere questo gioioso in-contro e, da parte loro, di salutare a no-me di Bergamo tutte le Suore chelavorano in Brasile.Io ringrazio il mio Angelo Custode che,proprio in quei momenti, mi ha fattopassare da Piazza Vecchia!

Oreste Fratus

Abbiamo adottato Lissy nel 1997,quando aveva sette anni e quest’an-no, che ne ha ventuno, siamo torna-ti con lei in India.E’ stata una decisione presa da tuttala famiglia e così, il 1° luglio, condestinazione Mysore, siamo partiti:noi due genitori, con i figli Pietro eTommaso e la “sorella” Lissy. Connoi sono venuti i nostri cari amiciDaniela e Vittorio con il figlio Ste-fano.Eravamo tutti emozionati, deside-rosi di rivedere le Suore che aveva-no accolto Lissy quando era piccolae i luoghi dove essa era vissuta.Quando siamo arrivati nella casa diMysore, subito ci ha colpito la sta-tua della Madonna collocata nelgiardino e ci siamo detti che era Leiche ci aveva dato la forza e la deci-sione di superare tutte le difficoltàper questo viaggio.Siamo stati accolti con molto caloree affetto da tutte le Suore: era comese fossimo ritornati a trovare deiparenti!Molte di loro si ricordavano diquando Lissy era piccola e ognunaraccontava qualcosa di lei.Suor Mary Kutty aveva una sua fotoe gliel’ha data; Lissy, meravigliata ecommossa, si chiedeva come laSuora avesse potuto conservare pertutti questi anni una sua foto.I gesti d’amore verso di noi e Lissysono stati innumerevoli: ci siamoproprio sentiti amati da tutta la Co-munità.Siamo pure stati molto colpiti dacome la Comunità delle Suore, as-sieme alle Novizie, pregava: la

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Voci di casa nostra

JYOTHI NILAYA

UNO STUPENDOVIAGGIO…

INDIA

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giornata, infatti, era scandita dalla pre-ghiera. Quando suonava la campanellatutte andavano in Cappella a pregare;non c’erano lavori più importanti: “Dioè al centro di tutto”.Un altro aspetto che abbiamo apprezza-to è stata l’attenzione verso le bambinee le ragazze orfane: a Jyothinilaya cene sono quaranta e quaranta in un’altraComunità che abbiamo visitato in se-guito.Le bambine erano serene, gioiose e cihanno accolto con delle danze moltobelle. Ci siamo complimentati con leSuore di come riescono a seguire cosìbene le bambine ed esse tranquillamen-te ci hanno risposto che questo è il loroCarisma: il Carisma di Caterina e Giu-ditta Cittadini.Le Suore ci hanno accompagnato a vi-sitare molti luoghi caratteristici e bellidella zona e così abbiamo potuto ap-prezzare il fascino, la varietà delle cul-ture, ma anche i mille volti dell’India epure la sua spiritualità.Quando siamo andati a Kedamullore,abbiamo preso l’autobus di linea con…le porte sempre aperte e gente che salivae scendeva alle varie fermate; ci è pia-ciuto moltissimo viaggiare come la gen-te semplice dell’India.Un’altra cosa che ci ha colpito molto èstato vedere quanti ragazzi e giovani cisono per le strade quando è l’ora del-l’andata o del ritorno da scuola: l’Indiaha proprio una società giovane.

Mentre stiamo scrivendo, ci passanodavanti tutti i volti delle Suore che ab-biamo conosciuto: ci piace chiamarle“Donne di Dio” e ringraziamo il Signo-re di averle incontrate. Ci sentiamo ilcuore pieno di speranza perché ci sonoancora persone che scelgono la stradadel servizio totale agli altri.Noi eravamo molto affezionati aSuor Umbertina, mancata nel 2006, per-ché era lei che nel 1997 avevamo cono-sciuto quando siamo andati a prendereLissy a Bangalore, di cui abbiamo asse-condato il desiderio di rivedere le Suoreche l’avevano aiutata da piccola. In que-sta occasione abbiamo capito quantoSuor Umbertina si sia donata all’India ealle “sue ragazze” che ora sono Religio-se, vere “Donne di Dio”, che sanno affi-darsi a Lui e spendersi per gli altri in di-versi settori della vita.Un grazie di cuore va a tutte le Suoreche abbiamo incontrato o rivisto:Suor Alphonsa, Suor Thresiamma,Suor Lissy, Suor Mary Kutty,Suor Mary, Suor Arogya, Suor Naksha-tra, Suor Antony Mary, Suor Jessy,Suor Gretta, Suor Arokia, Suor Shanthi,Suor Anitha, Suor Supriya e tutte le al-tre...Un grazie anche a quelle che operanoin Italia e che pure ci hanno aiutato.Un abbraccio grande e forte da tuttinoi, Famiglia Galiazzo:

Franca e Lucianocon Tommaso, Lissy e Pietro

Evviva, sono i primi di luglio e noi, fa-miglie Picello e Galiazzo, siamo in In-dia!!! Quale avventura misteriosa ci aspetta?Noi, Daniela, Vittorio e Stefano, nostrofiglio, andiamo a conoscere Shanghitta,la nostra figlioccia che, tredici anni fa,abbiamo voluto amare e “adottare” adistanza.Usciamo dall’aeroporto di Bangalore esubito veniamo accolti con attenzione esimpatia da Suor Thresiamma; poi viain pullmino verso Jyothinilaya (Casadella luce) fra strade trafficate in cuitutti sembrano voler la precedenza;corrono, infatti, dalla parte sinistra del-la strada, strombazzano continuamentee si superano a destra e a sinistra in unamaniera per loro naturale, ma che a noieuropei fa spalancare gli occhi stupiti epieni di apprensione.Arriviamo a Jyothi e troviamo acco-glienza e calore da parte diSuor Alphonsa, delegata dell’India perl’Istituto delle Suore Orsoline di Soma-sca, da Suor Lissy, direttrice dellaScuola, da alcune giovani Suore india-ne e da quaranta bambine che sono sta-te accolte perché sole o con famiglie indifficoltà.Siamo colpiti dalla loro serenità e sem-plicità, dalla gentilezza e dai sorrisiaperti e sinceri. Ci hanno subito messoa nostro agio cercando di non farcimancare nulla e preparandoci accuratie gustosi pranzetti, ben al di sopra del-le nostre aspettative. Grazie carissime!Vi ricorderemo sempre!!!

Voci di casa nostra

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Luciano, Lissy, Tommaso, Franca, Pietro

Vittorio, Daniela, Stefano

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Siamo andati a trovare Shanghitta nelsuo villaggio, accompagnati daSuor Nakshatra, responsabile della Ca-sa che accoglie le bambine e che hafatto da interprete. Abbiamo cammina-to fra casupole basse al solo piano ter-ra, minuscole e misere. Le persone - esoprattutto i bambini - ci salutavanocon grandi sorrisi, mentre le donne, nelloro sari colorato, con i capelli tirati al-l’indietro, silenziose e dignitose davan-ti alla porta delle loro case, ci salutava-no con cortesia.L’incontro con Shanghitta è stato belloed emozionante. Con la mamma e la so-rella, ci ha fatti entrare in casa, hannosrotolato una stuoia per terra nella stan-za principale (ingresso, soggiorno e ca-mera da letto) per farci sedere, ci hannoofferto del latte riscaldato e delle picco-le buonissime banane.

La mamma di Shanghitta ha trentacin-que anni e la sorella diciassette; è spo-sata da un anno perché nel loro conte-sto sociale è dignitoso per una donnasposarsi entro i diciotto anni.Ci siamo guardate con emozione e tan-ta curiosità; ho chiesto a Shanghitta co-sa volesse fare da grande e lei: “La tea-cher” (la maestra), ha rispostospalancando due enormi occhi, ma se-ria e timida inchinando la testa. L’hoguardata annuendo, poi vedendo il suoattendere una risposta ho detto con fer-mezza: “Allora farai la teacher!”.Con un sorriso si è trasformata; ho vi-sto nei suoi occhi stupore e meravigliaper la mia affermazione promettente; siè messa a saltare piena di gioia!! Hovisto e provato in me tutta la sua con-tentezza e la sua gioia mi ha toccatoprofondamente.Ho ricevuto molto da quell’incontro,molto di più di quello che avevo dato.In quei posti non ho visto tristezza, hovisto persone che non hanno niente, mavivono serene… con dignità, con sem-plicità.Ho sentito questa loro “ricchezza” e hoinvidiato questo loro “modo di vivere”,molto diverso da quello di noi europeiche abbiamo tutto, ma che non godia-mo di nulla.

Daniela Picello

La Bolivia è un paese bellissimo epurtroppo poco conosciuto in Italia.Alcuni amici ci hanno convinto avisitarlo alcuni anni fa e siamo ri-masti colpiti dalle tante cose da ve-dere: paesaggi spettacolari, città co-loniali stupende e la magia diLa Paz. Una vacanza non ci è basta-ta e siamo tornati una seconda volta.Poi siamo andati in pensione tutti edue e abbiamo deciso di fare qual-cosa per questo paese straordinario.Da pochi giorni siamo tornati daCochabamba dove, per il secondoanno consecutivo, abbiamo vissutoun mese di volontariato, ospiti delleSuore Orsoline di Somasca dellaComunità “Virgen de Guadalupe”.Siamo stati accolti con grande affet-to da tutti coloro che avevamo co-nosciuto l’anno scorso e abbiamoincontrato molta altra gente impe-gnata ad aiutare questo Paese. Ab-biamo avuto la possibilità di visitareCentri di accoglienza per ragazziabbandonati; abbiamo conosciuto ilDirettore bergamasco di un carcereminorile, dove la priorità è educarecon corsi che vanno dall’alfabetiz-zazione all’informatica, e pure ab-biamo incontrato un professore uni-versitario ticinese che, nel tempolibero, organizza attività sportive eculturali per ragazzi del quartiere.Il nostro lavoro consisteva in corsidi inglese presso l’Arcivescovado,in corsi di italiano presso le Suoreche ci ospitavano e soprattutto in

COCHABAMBA

SCOPERTADI UN

BELLISSIMOPAESE...

BOLIVIA

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Voci di casa nostra

Tutti insieme... con grande gioia!...

In casa di Shanghitta

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aiuti ai ragazzi della Parrocchia neldoposcuola. E’ stato bellissimo vince-re la loro timidezza, conquistare la lo-ro fiducia, soddisfare la loro curiositàe alla fine avere la loro amicizia. Ri-cordiamo con nostalgia i momenti ma-gnifici che abbiamo vissuto con loro, iloro sorrisi e la loro gioia.Tra le cose curiose sicuramente non ciscorderemo di un concerto di musicareligiosa. Pensavamo a Mozart o Per-golesi e invece era rock cristiano. Tut-ti: giovani, adulti, Suore ballavanoscatenati e in allegria.Interessante è stata anche la visita delCimitero nel giorno dei defunti. Lagente si radunava disponendo pane didiverse forme e ogni genere di cibodavanti alle tombe con accompagna-mento di mariachi, bande musicali,suonatori di flauto o violino.Le quattro settimane trascorse a Co-chabamba sono state un’esperienzaricchissima che ci ha dato la possibi-lità di conoscere una realtà diversa, masoprattutto ci ha fatto crescere umana-mente e ci ha fatto sentire tanta vogliadi ritornare l’anno prossimo.

Sarah e Federico Taroni

La festa del “giorno dell’infanzia”,svoltasi il 12 ottobre, si è rivelata otti-ma.I bambini che vi hanno partecipato ap-partengono a famiglie molto bisogno-se e povere: una realtà molto sofferta.Per far fronte a questa realtà, il Grup-po “Amici della Beata Caterina e Giu-ditta Cittadini”, unitamente alle perso-ne di tutta la favela (quartiere), anchequest’anno ha promosso un pomerig-gio di allegria, gioco e divertimento.E’ stato tutto bellissimo, anche la par-tecipazione dei giovani che, nelle stra-de, offrivano cibo, bevande e improv-visavano giochi per la realizzazione diquesta piccola festa dedicata ai bam-bini. E’ stato fantastico vedere come tuttele persone si sono date da fare subitoper aiutare in quanto potesse servireper la realizzazione della festa.Alcune donne si sono organizzate insquadre per preparare pranzo, torte,dolci, pop-corn e tanto altro!Vi hanno partecipato circa novecentobambini con le loro famiglie.

Noi Suore, in collaborazione con i lai-ci, aiutiamo circa trecentocinquantabambini e adolescenti che provengonoda diverse favelas per partecipare ainostri corsi di sostegno alla Scuola epoter mangiare, ogni giorno, un piattocaldo prima di tornare a casa.Impegnarci in questo modo ci rendemolto felici, proprio come diceva laBeata Madre Caterina “Educare con ilcuore di madre” e in obbedienza alleparole di Gesù “Dar da mangiare agliaffamati”.

Suor Angela PirriSuor Teresinha Tavares

Suor Kelly Borges

SANTO ANDRÈ

COMUNITÀ“CATERINA CITTADINI”

GIORNO DI FESTA

BRASILE

Voci di casa nostra

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Sarah e Federico con Suor Mercedes e due Novizie

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ADOZIONI

“Caterina Cittadini”F O N D A Z I O N E

ONLUS

• con bonifico bancario sul c/c n. 5300IBAN: IT79 R054 2811 1090 0000 0005 300UBI Banca Popolare di Bergamo intestato a Fondazione “Caterina Cittadini” O.N.L.U.S.,con la specifica del versamento• con versamento sul c/c postale n. 42739771intestato a Fondazione “Caterina Cittadini” O.N.L.U.S.,con la specifica del versamento.

Anche nel 2011 è possibile destinare il 5‰a “Fondazione Caterina Cittadini” ONLUSsegnalando il Codice Fiscale 95121540165Ricorda che, essendo ONLUS la Fondazione, puoi detrarre la donazionedalle imposte per le persone fisiche ai sensi dellart. 13-bis del DPR 917/86e per i redditi dimpresa ai sensi dellart. 65 dello stesso DPR.

Ecco come puoi offrire il tuo aiuto alla Fondazione:

che qualsiasi somma, anche minima,è preziosa: è una goccia nel mare,ma il mare è fatto di gocce!

La Fondazione, in sintonia con gli obiettivi educativi dello Statuto,si impegna a promuovere la crescita integrale dei minori, a combattere il disagio femminile, a sostenere attività

organizzate in vista del miglioramento delle condizioni di vita nei territori di missione Ad Gentes dellIstituto.Assume, in particolare, le seguenti iniziative:

costruzione in terra di missione di strutture rispondenti al Carisma educativo dellIstituto;adozioni a distanza; interventi di solidarietà sociale; microrealizzazioni.

Già in atto da una quindicina di anni, l'iniziativa,estesa alla Bolivia, al Brasile, all'India,alle Filippine, allIndonesia dove operanole Suore Orsoline di Somasca, prevede l'assistenzaa bimbi indigenti, sia a livello sanitario che scolastico.

Vuoi amare e aiutare un bambinoa crescere?Vuoi sentirti padre o madredi chi non ce lha?

Gli adottati sono tutti co-nosciuti e assistiti dalleSuore che, periodica-mente, ne danno notizia.Ad ogni richiedente vie-ne inviata una schedacon la foto del bimbo/aadottato/a e brevi notiziesulla situazione familia-re; è richiesto un impe-gno almeno quinquenna-le per dare all'adottato lapossibilità della frequen-za scolastica di base.È chiesta pure la dispo-nibilità per la sostituzio-ne dell'adottato qualoraquesti non fosse più re-peribile o non avesse piùnecessità di aiuto.

Sono previsti versamenti:- annuali (euro 230,00)- mensili (euro 20,00).

Vuoi offrire il tuo contributoalla Fondazione a sostegno

della “carità educativa”di Madre Caterina?

Un fondo, alimentato daofferte libere, è destina-to:

• a iniziative di solida-rietà sociale a favoredi persone minorennie maggiorenni svan-taggiate;

• a microrealizzazioni(fornitura di medicina-li, di alimenti, di mate-riale scolastico ecc.).

A DISTANZA

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TE LIBERE

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Libri in vetrinaa cura di Maria Marrese

La lettura dei Vangeli è spesso, per mol-ti di noi, limitata all’esperienza dellaLiturgia eucaristica: i brani selezionatirimangono momenti di riflessione, manon riescono, il più delle volte, ad inci-dere sulla nostra vita, a divenire espe-rienza personale. Secondo Enzo Bian-chi soltanto avvicinandoci ai Vangelinella loro integrità, come racconto dellavita di Cristo, essi potranno incideresulla nostra esistenza: «Il raccontoevangelico è l’offerta di una visione delmondo, ma anche di una pratica di uma-nità. La storia di Gesù è la storia dellasua maniera di vivere il mondo, di abi-tare il corpo, di impostare le relazioni,di gestire la parola, insomma, di viverel’umanità. Leggere i vangeli significa,pertanto, cogliere l’umano che è in Ge-sù e correlarlo alla propria umanità».Attraverso il Vangelo di Marco, chel’autore commenta con linguaggio chia-ro e preciso, entriamo in contatto direttocon un Gesù in continuo movimento,colto nella sua umanità e, quindi, anchenella sua debolezza e fragilità. E, insie-me a Lui, camminiamo in quel mondopieno di tensione e di amore: guardandola sua vita riusciamo ad osservare me-glio anche noi stessi, a fare finalmentedi quel racconto un elemento portantedella nostra storia personale.

ENZO BIANCHI

Perché avetepaura?Rizzoli, 2011

In una meditazione sulle Beatitudini e suicinque grandi Discorsi del Vangelo di Mat-teo, il Cardinal Martini ci spiega cosa inten-da per ritrovare “il fare del cuore”: “il fareindicato dalle Beatitudini è il primo agirepratico indicato da Gesù. Se le consideriamoattentamente, ci accorgiamo di essere difronte a un agire delle situazioni e degli at-teggiamenti. Atteggiamenti che consistononell’essere poveri di spirito, miti, affamati eassetati di giustizia, puri di cuore”. Il fare,quindi, non del singolo gesto, ma un modoetico di vivere e di comportarsi. Attraverso iDiscorsi, l’autore ci mostra quanto sia im-portante non solo per la nostra vostra vita,ma per la società intera, dare un nuovo sensoall’esistenza, recuperando e dando valore alsilenzio e all’ascolto dell’altro, riaffermandoil valore di una dimensione contemplativache ci permetta di discernere lucidamente ilbene dal male e di individuare il percorsopiù opportuno per porre in essere una vera epacifica convivenza delle genti e delle cultu-re.L’autore, chiaramente, indica a questa uma-nità smarrita, la via da percorrere per vincereil Male in tutte le sue forme, il male singolo,quello delle “singole trasgressioni, peccati,delitti che avvengono ogni giorno”, il malecollettivo rappresentato dalle “deviazionisingole che generano situazioni corrotte, etali situazioni inducono a ulteriori peccati siadi individui sia di gruppi”, il male globale oculturale che consiste “nelle forme di pecca-to collettivo che giungono a giustificarsi e alegittimarsi con teorie che le fanno apparireaddirittura utili o necessarie”.Cosa dobbiamo fare dunque? Da una parte ènecessario “rifare il tessuto delle comunitàlacerato da deviazioni interne, dall’altra oc-corre agire per riprendere a tessere le fila diuna società umana più vivibile (sarebbe giàmolto!), combattendo senza tregua le tra-sgressioni singole, i mali collettivi e il pec-cato coagulato nelle ideologie”.

CARLO MARIA MARTINI

Che cosa dobbiamo fare Smarrimento e inquietudinedelluomo contemporaneo

Piemme, 2011

Antonello Vanni, educatore e docente diLettere, perfezionato in Bioetica pressol’Università Cattolica di Milano, dopol’attenzione dedicata agli adolescentinel suo libro Adolescenti tra dipendenzee libertà. Manuale di prevenzione pergenitori, educatori e insegnanti del2009, dove forniva consigli pratici epuntuali agli adulti su come prevenireed affrontare le situazioni di dipendenzapiù diffuse tra gli adolescenti, ci offreun altro utile contributo per migliorarele relazioni all’interno della famiglia.Molti sono i luoghi comuni sui padri,gravati a volte di colpe e responsabilitàdi rapporti problematici con i figli; inaltri casi, invece, spogliati di ogni ruoloe importanza. Questo libro cerca, quin-di, di superare i pregiudizi e fare lucesulla figura paterna chiarendone in pri-mo luogo la fondamentale importanzaper una crescita equilibrata dei figli eper la creazione di rapporti positivi al-l’interno della famiglia.Scritto in un linguaggio semplice echiaro, il libro analizza le dinamiche re-lazionali all’interno della famiglia, maanche nel “mondo” dei nostri ragazzifatto di molteplici interessi, stimoli econtatti. Come nel suo precedente libro,l’autore offre semplici, ma efficaci sug-gerimenti per riappropriarsi del ruolo dipadre in modo da poter veramente aiu-tare i propri figli a diventare personecomplete, mature e responsabili.

ANTONELLO VANNI

Padri presenti figli feliciCome essere padri migliori

per crescere figli sereniSan Paolo, 2011

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