Il trattamento artroscopico · Shoulder arthroscopy has progressed from its early use as a...

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36 La nostra personale esperienza sul trattamen- to riparativo delle lesioni della cuffia dei rota- tori comincia negli anni Novanta con la chi- rurgia a cielo aperto per poi passare, dopo qual- che anno, alla tecnica mista “artroscopica più mini-open”, che prevede l’esecuzione di una acromionplastica artroscopica e una ripara- zione della cuffia con punti transossei mediante lo split del deltoide. A metà degli anni Novan- ta comincia la nostra esperienza con la sola tec- nica artroscopica di sutura della cuffia, che è migliorata negli anni grazie all’evoluzione del- la tecnologia (migliore qualità delle telecame- re, pompa artroscopica più efficiente), al rin- novamento dello strumentario chirurgico (pin- ze, uncini, sistemi passafilo, cannule artrosco- piche) e allo sviluppo di nuovi dispositivi di ancoraggio e sutura del tendine (ancore, mi- niancore, sistemi di bloccaggio dei fili senza nodo). Inoltre il chirurgo, in questi ultimi an- ni, ha cercato di migliorare la propria cono- scenza sulla biologia della guarigione tendinea, al fine di consentire al meglio la cicatrizzazio- ne fra due tessuti completamente diversi: da un lato, la cuffia scarsamente vascolarizzata, a volte più o meno retratta, di qualità differente a seconda della cronicità della lesione; dall’al- tro lato, invece, il tessuto osseo tuberositario, che deve, in primo luogo, essere cruentato per promuovere la fuoriuscita di cellule staminali in grado di favorire la cicatrizzazione della le- sione suturata e, in secondo luogo, accogliere le ancore o miniancore per la sutura tendinea più idonea. Occorre infatti conoscere le zone della grande tuberosità dove il sistema di ancorag- gio ha una maggiore tenuta al fine di evitare il “pull-out” dell’ancora [1,2]. Grande attenzio- ne infatti deve essere riposta nella parte poste- riore del trochite, zona dove il tessuto osseo ha una minore resistenza al “pull-out” e dove si inserisce il tendine del sottospinoso, struttura potente e importante nel mantenere centrata la testa omerale nella glena e in grado di op- porsi biomeccanicamente alla forza muscolare esercitata dal deltoide e dal sottoscapolare [3]. Dopo un’accurata e necessaria valutazione cli- nica e strumentale (Rx, ecografia, RMN), si po- ne indicazione chirurgica al trattamento ar- troscopico nello stesso modo in cui eseguivamo il trattamento chirurgico “open”, cioè a quei pazienti che lamentano dolore alla spalla, spes- so notturno, con deficit funzionale e alterazio- ne della forza nei vari piani dello spazio a se- conda dei tendini coinvolti. Sotto anestesia ge- nerale e blocco interscalenico, posizioniamo il paziente in decubito laterale modificato con arto leggermente anteposto e a 70° di abdu- zione, come insegnato da Snyder. Disegniamo LO SCALPELLO (2008) 22:36-41 DOI 10.1007/s11639-008-0087-2 Il trattamento artroscopico G. Porcellini, F. Campi, P. Paladini, M. Saporito U.O. di Chirurgia Ortopedica della Spalla, Ospedale “D. Cervesi”, Cattolica (RN)-Presidio Ospedaliero Riccione-Cattolica ABSTRACT – ARTHROSCOPIC TREATMENT Shoulder arthroscopy has progressed from its early use as a diagnostic tool to routine use in the management of rotator cuff tears. An arthroscopic rotator cuff repair consists in: glenohumeral joint and subacromial space inspection, partial bursectomy, determination of cuff reparability, identification of tear geometry, resection of the coracoacromial ligament, acromioplasty, greater tuberosity repair site preparation, anchor placement, suture placement, and knot tying.

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La nostra personale esperienza sul trattamen-to riparativo delle lesioni della cuffia dei rota-tori comincia negli anni Novanta con la chi-rurgia a cielo aperto per poi passare, dopo qual-che anno, alla tecnica mista “artroscopica piùmini-open”, che prevede l’esecuzione di unaacromionplastica artroscopica e una ripara-zione della cuffia con punti transossei mediantelo split del deltoide. A metà degli anni Novan-ta comincia la nostra esperienza con la sola tec-nica artroscopica di sutura della cuffia, che èmigliorata negli anni grazie all’evoluzione del-la tecnologia (migliore qualità delle telecame-re, pompa artroscopica più efficiente), al rin-novamento dello strumentario chirurgico (pin-ze, uncini, sistemi passafilo, cannule artrosco-piche) e allo sviluppo di nuovi dispositivi diancoraggio e sutura del tendine (ancore, mi-niancore, sistemi di bloccaggio dei fili senzanodo). Inoltre il chirurgo, in questi ultimi an-ni, ha cercato di migliorare la propria cono-scenza sulla biologia della guarigione tendinea,al fine di consentire al meglio la cicatrizzazio-ne fra due tessuti completamente diversi: daun lato, la cuffia scarsamente vascolarizzata, avolte più o meno retratta, di qualità differentea seconda della cronicità della lesione; dall’al-tro lato, invece, il tessuto osseo tuberositario,che deve, in primo luogo, essere cruentato per

promuovere la fuoriuscita di cellule staminaliin grado di favorire la cicatrizzazione della le-sione suturata e, in secondo luogo, accogliere leancore o miniancore per la sutura tendinea piùidonea. Occorre infatti conoscere le zone dellagrande tuberosità dove il sistema di ancorag-gio ha una maggiore tenuta al fine di evitare il“pull-out” dell’ancora [1,2]. Grande attenzio-ne infatti deve essere riposta nella parte poste-riore del trochite, zona dove il tessuto osseo hauna minore resistenza al “pull-out” e dove siinserisce il tendine del sottospinoso, strutturapotente e importante nel mantenere centratala testa omerale nella glena e in grado di op-porsi biomeccanicamente alla forza muscolareesercitata dal deltoide e dal sottoscapolare [3].Dopo un’accurata e necessaria valutazione cli-nica e strumentale (Rx, ecografia, RMN), si po-ne indicazione chirurgica al trattamento ar-troscopico nello stesso modo in cui eseguivamoil trattamento chirurgico “open”, cioè a queipazienti che lamentano dolore alla spalla, spes-so notturno, con deficit funzionale e alterazio-ne della forza nei vari piani dello spazio a se-conda dei tendini coinvolti. Sotto anestesia ge-nerale e blocco interscalenico, posizioniamo ilpaziente in decubito laterale modificato conarto leggermente anteposto e a 70° di abdu-zione, come insegnato da Snyder. Disegniamo

LO SCALPELLO (2008) 22:36-41DOI 10.1007/s11639-008-0087-2

Il trattamento artroscopicoG. Porcellini, F. Campi, P. Paladini, M. SaporitoU.O. di Chirurgia Ortopedica della Spalla, Ospedale “D. Cervesi”,Cattolica (RN)-Presidio Ospedaliero Riccione-Cattolica

ABSTRACT – ARTHROSCOPIC TREATMENT

Shoulder arthroscopy has progressed from its early use as a diagnostic tool to routine use

in the management of rotator cuff tears. An arthroscopic rotator cuff repair consists in:

glenohumeral joint and subacromial space inspection, partial bursectomy, determination

of cuff reparability, identification of tear geometry, resection of the coracoacromial ligament,

acromioplasty, greater tuberosity repair site preparation, anchor placement, suture

placement, and knot tying.

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con un pennarello dermografico i punti di re-pere cutanei delle strutture ossee sottostantisegnando il punto cutaneo corrispondente alportale di accesso posteriore [4].Previa distensione articolare con circa 50 ml disoluzione fisiologica, eseguiamo l’accesso po-steriore attraverso il “soft spot”. Pervenuti inarticolazione eseguiamo il portale anteriore diMatthews con tecnica in-out e successivamen-te passiamo alla fase diagnostica articolare. Du-rante questa fase possiamo valutare lo stato del-la cuffia dal lato articolare, il CLB, il sottosca-polare, la capsula articolare, le strutture lega-mentose, il cercine glenoideo e lo stato dellacartilagine articolare. Vi sono infatti patologiearticolari concomitanti alla lesione della cuf-fia che è possibile diagnosticare e trattare pro-prio grazie all’artroscopia, come per esempiol’instabilità [5], patologie degenerative cartila-ginee e rigidità capsulari che sarebbe megliotrattare prima per poi decidere l’eventuale trat-tamento della cuffia.La cuffia dal lato articolare può apparire lesio-nata parzialmente a livello del sovra-sottospi-noso. Il più delle volte il chirurgo si limita aeseguire un “debridement” della degenerazio-ne tendinea ma, se esiste un “flap” meritevole disutura, si può eseguire una tecnica “transten-dinea” di sutura con vite, che noi preferiamometallica, senza distaccare la parte sana bursa-le, come descritto da Snyder nelle lesioni “PA-STA” [6-10]. Dopo avere eseguito il “debride-ment” articolare, è buona norma confrontare ladistanza fra tendine residuo e piano cartilagi-neo omerale per avere un’idea dello spessoredella cuffia; infatti molte volte si tratta di untendine totalmente degenerato e meritevole diessere distaccato completamente dalla tubero-sità ossea, per poi essere suturato di nuovo alpiano osseo.Altra struttura endoarticolare da tenere in con-siderazione è il CLB. Grazie all’artroscopia, in-fatti, si è descritta in modo più preciso la sua pa-tologia, come l’instabilità, che può essere evi-denziata dinamicamente con il movimento ar-ticolare gleno-omerale, le lesioni e l’ipertrofia“hourglass” [11] (Fig. 1); sono stati anche me-glio compresi i rapporti articolari con la pu-leggia e i rapporti con il sottoscapolare. Que-st’ultimo (Fig. 2), può apparire dal lato artico-lare lesionato parzialmente, come conseguen-za di instabilità anteriore del CLB (Fig. 3) op-

pure di tensione esercitata dalla coracoide perscompenso anteriore biomeccanico “TUFF le-sion”, ma essere perfettamente mobile ai mo-vimenti di intra/extrarotazione, tanto da nonnecessitare una riparazione; altrimenti può me-ritare una riparazione, che potrà essere eseguitadal lato articolare [12,13].La lesione del sottoscapolare può anche essere

�Fig. 3 - Instabilità anteriore del bicipite: spalla destra, ca-vità articolare, visione dal portale posteriore

�Fig. 1 - Deformità a clessidra (“hourglass”) del bicipite: spal-la destra, cavità articolare, visione dal portale posteriore

�Fig. 2 - Lesione del sottoscapolare: spalla destra, cavità ar-ticolare, visione dal portale posteriore

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totale con associata lesione della puleggia e ca-duta della struttura verso il lato glenoideo, evi-denziando il “comma sign” come descritto daBurkhart [14]. Preferiamo trattare tale lesionedal lato bursale con sutura del sottoscapolare altrochine poiché alcune volte è meglio eseguiretecniche associate come la sutura del sovraspi-noso o la tenodesi del CLB. Completata la fa-se articolare, previo posizionamento dell’arto a30° di abduzione, si passa in sede subacromia-le, con l’ottica dal portale posteriore e cannu-la per l’“outflow” dal portale anteriore, si pro-cede all’esecuzione del portale laterale con tec-nica out-in mediante l’uso di un ago cannula esuccessivamente si introduce, da questo por-tale, lo “shaver” per eseguire la bursectomia.Noi attuiamo un’ampia bursectomia solo neicasi cronici, per avere una buona visione dellospazio anatomico dove andremo a eseguire laprocedura di sutura. In seguito evidenziamo illegamento coraco-acromiale e, in base al suostato (Fig. 4), ne effettuiamo il “release” e poi,

prima, di riparare la cuffia, eseguiamo l’acro-mionplastica. In questi ultimi anni l’acro-mionplastica è riservata ai casi cronici ed ese-guita a “minima” secondo la tecnica del “cuttingblock” descritta da Sampson [15].Numerosi lavori in quest’ultimo anno ripor-tano risultati sovrapponibili, a 1 anno di fol-low-up, in pazienti trattati artroscopicamenteper la riparazione della cuffia dei rotatori cono senza acromionplastica, mettendo così indubbio l’esecuzione di quest’ultima [16]. Po-sizionando la telecamera lateralmente classifi-chiamo finalmente la lesione della cuffia a se-conda dei tendini interessati (sovraspinato, sot-tospinato, sottoscapolare), della zona interessata(antero-superiore, superiore, postero-superio-re) e della forma della lesione (“crescent”, V, U,L) [17] (Figg. 5-8).Come una frattura dell’osso, la lesione dellacuffia va interpretata, e dopo averla classifica-ta occorre tutta la sensibilità del chirurgo nel-la riduzione dei lati della lesione per evitare su-

�Fig. 4 - Legamento coraco-acromiale: spalla destra, spaziosubacromiale, visione dal portale posteriore

�Fig.6 - Lesione a V: spalla destra, spazio subacromiale, vi-sione dal portale laterale

�Fig. 5 - Lesione tipo “crescent”: spalla destra, spazio sub-acromiale, visione dal portale laterale

�Fig. 7 - Lesione a U: spalla destra, spazio subacromiale, vi-sione dal portale laterale

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ture non anatomiche ed eccessive tensioni sul-la tuberosità. Dopo aver valutato la geometriae la riparabilità della lesione, previo inserimentodi un ago cannula al fine di valutare la giusta di-rezione, si introduce l’ancora di sutura carica-ta con fili e si avvita quest’ultima sul trochiteomerale a una distanza variabile da 3 a 10 mmdal margine cartilagineo, con un’inclinazione dicirca 45° secondo il “dead man angle” di Bur-khart [18]. Per eseguire la sutura e per velociz-zare la tecnica, oltre all’uso degli uncini Sutu-re Hooks (Conmed-Linvatec® Largo, Florida)ci avvaliamo di pinze “retriever” opportuna-mente angolate, per recuperare il filo dell’ancorae passarlo attraverso il tendine. Nelle lesionicomplesse è nostra abitudine iniziare la suturadal sottospinoso, per poi continuare anterior-mente con il sovraspinoso e il sottoscapolare.Poiché in qualche caso complesso abbiamo nel-lo spazio subacromiale numerosi fili di suturaprovenienti dalle varie ancore (Fig. 9), è nostracura ordinarli in maniera precisa prima di ese-guire i nodi, facendoli uscire dai vari portalitranscutanei.La tecnica di sutura, nelle nostre mani, varia aseconda delle forme e della qualità tissutale ten-dinea e ossea. Qualora infatti ci si trovi nellasituazione “ideale” con tendine elastico, ben ri-ducibile sulla totalità dell’inserzione ossea(“footprint”) e di buon spessore tendineo, l’o-biettivo sarà quello di ricreare la massima areadi contatto fra tendine e osso con l’uso di piùancore, anche in doppia fila (“double row”), odi sistemi più recenti di bloccaggio dei fili nel-la parte laterale. A tale supporto Lafosse [19]afferma che la riparazione artroscopica dellelesioni di cuffia mediante tecnica “double row”

si associa a un più basso rischio di fallimento ri-spetto alla chirurgia “open” e alla chirurgia ar-troscopica in “single row”. Lo stesso Autore cor-rela inoltre i buoni risultati, in termini di ri-duzione del dolore e miglioramento della fun-zione, con l’integrità della riparazione e quin-di con la tecnica del “double row”. Tale tecnicanon è ancora supportata da dati clinico-scien-tifici e alcuni Autori, come Sonnabend, espri-mono dubbi sull’importanza della sola area dicontatto, insistendo invece sulla valorizzazionedelle “linee di stress” utili per la formazionedelle fibre di Sharpey poiché, ovviamente, èimportante non soltanto la riparazione super-ficiale, ma anche l’integrazione tendinea sul-l’osso [20].Nella tecnica artroscopica, infine, è fonda-mentale la perfetta esecuzione del nodo, chenella maggior parte dei casi è “a scivolamen-to”. La nostra scelta, negli ultimi anni, si è ri-volta all’uso del “SMC knot” descritto da Kim[21]. Esso provvede infatti a un sicuro mecca-nismo di chiusura, eliminando la possibilità discivolamento, e si completa eseguendo altri“nodi semplici” di chiusura presentando unoscarso ingombro volumetrico. Qualora non siapossibile la sutura diretta tendine-osso, la tec-nica artroscopica può variare a seconda dellalesione, da una sutura lato a lato (“side-to-side”)per permettere la convergenza dei margini finoal posizionamento di un’ancora sul trochite,oppure una riparazione funzionale con ripri-stino delle briglie anteriori e posteriori secon-do Burkhart, che permette di ristabilire un equi-librio dei vettori di forza fra gli intra/extra ro-tatori [22,23].Qualora la lesione si presenti “massiva”

�Fig. 8 - Lesione a L posteriore: spalla destra, spazio sub-acromiale, visione dal portale laterale

�Fig. 9 - Numerosi fili di sutura: spalla sinistra, spazio sub-acromiale, visione dal portale posteriore

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(Fig. 10), cioè con il coinvolgimento di almeno2 tendini e retrazione di 5 cm dalla tuberosità,la tecnica artroscopica sarà differente in baseal grado di mobilità della lesione. In presenzadi una tendine mobile, bisognerà per prima co-

sa valutare la possibilità di riparazione direttae anatomica dei tendini; se questa non è possi-bile, oppure avviene sotto notevole tensione,si prenderà in considerazione la possibilità diriparare la cuffia mediante la tecnica della con-vergenza dei margini [24]. In presenza di unalesione massiva retratta con cuffia non mobi-le, invece, occorrerà per prima cosa renderemobile la cuffia. Tauro per primo descrisse unatecnica artroscopica chiamata “interval slide”,che permette la mobilizzazione della lesionemediante il “release” dell’intervallo dei rotato-ri anteriore fino alla coracoide e dell’interval-lo dei rotatori posteriore fino alla spina dellascapola [25,26] (Fig. 11).Nella tecnica artroscopica, possiamo però ave-re complicanze intra-operatorie in ogni pas-saggio della sutura tendinea: mobilizzazionedella vite (Fig. 12), rottura del filo di sutura,fallimento della tenuta fra tendine e sutura. Ilchirurgo deve ricontrollare meticolosamentela tenuta della sutura a fine procedura, muo-vendo la spalla sotto controllo artroscopico.Dal punto di vista clinico, le più comuni com-plicazioni post-operatorie sono la rigidità ar-ticolare, la mancata guarigione e la recidiva del-la lesione con dolore e debolezza muscolare.Nella valutazione dei risultati a lungo termine,in letteratura il trattamento delle lesioni pic-cole e medie è totalmente sovrapponibile allachirurgia aperta [27]. Esistono invece, recidivedi lesioni di cuffia che variano dal 27% al 94%e che interessano prevalentemente le lesionimassive di cuffia trattate artroscopicamente[28]. Altro dato che ci deve far riflettere è l’etàdei pazienti che noi operiamo. Boileau, nellasua esperienza, afferma che soltanto il 43% deipazienti di età superiore a 65 anni operati perlesione di cuffia presenta una cuffia intatta alfollow-up [29]. In conclusione, quindi, oltrealla tecnica, che in questi anni è notevolmentemigliorata grazie alla manualità del chirurgo eal miglioramento dello strumentario, grandeattenzione deve essere riposta sulla vitalità deltendine e dell’osso e sul potenziale di guari-gione, cercando di migliorare la conoscenzadella biologia del tessuto di guarigione e dieventuali fattori che possono migliorare e ac-celerare tale processo.

�Fig. 12 - Vite mobilizzata: spalla destra, spazio subacro-miale, visione dal portale laterale

�Fig. 10 - Lesione massiva: spalla sinistra, spazio subacro-miale, visione dal portale laterale

�Fig. 11 - “Interval slide”: spalla sinistra, spazio subacro-miale, visione dal portale laterale

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