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IL LABIRINTO Periodico telematico di informazione culturale Anno 2, n°4-5 Aprile-Maggio 2009 Comitato Scientifico : Sandy Furlini, Paolo Cavalla, Katia Somà, Roberta Bottaretto www.volpianomedievale.it [email protected] PITAGORA E IL NUMERO COME PRINCIPIO (a cura di Sandy Furlini) Parte I Pitagora nacque a Samo. L'apogeo della sua vita è da collocarsi intorno al 530 a.C. e la sua morte agli inizi del V a.C. Crotone fu la città dove Pitagora principalmente operò. Oltre che filosofico e religioso l'influsso dei Pitagorici fu notevole anche nell'ambito politico. Il loro ideale politico fu una forma di aristocrazia basata sui nuovi ceti dediti specialmente al commercio, che avevano raggiunto un livello elevato nelle colonie prima ancora che nella madrepatria. Si narra che i Crotoniati, temendo che Pitagora volesse diventare tiranno della città, abbiano incendiato l'edificio in cui egli era radunato insieme con i suoi discepoli. Secondo alcune fonti, Pitagora sarebbe morto in questa circostanza; secondo altre, invece, sarebbe riuscito a fuggire e sarebbe morto a Metaponto. A Pitagora sono attribuiti molti scritti; ma quelli pervenutici sotto il suo nome sono falsificazioni di epoca posteriore. È possibile che il suo insegnamento sia stato solo (o prevalentemente) orale. Circa il pensiero originario di questo filosofo possiamo dire ben poco, se non pochissimo. Le numerose Vite di Pitagora posteriori non sono storicamente attendibili, perché il nostro filosofo già poco dopo la sua morte (e forse già negli ultimi anni della sua vita) agli occhi dei seguaci aveva perduto i tratti umani; era venerato quasi come un nume, e la sua parola aveva quasi valore di oracolo. L'espressione con cui si alludeva alla sua dottrina divenne famosissima: «lo ha detto lui » (ipse dixit). Già Aristotele non aveva più a disposizione elementi che gli permettessero di distinguere Pitagora dai suoi discepoli e parlava dei « cosiddetti Pitagorici », ossia di quei filosofi «che erano chiamati », « o che si chiamavano » Pitagorici, filosofi che ricercavano insieme la verità e che quindi non si differenziavano singolarmente. Dunque, non è possibile parlare del pensiero di Pitagora singolarmente considerato, bensì del pensiero dei Pitagorici in senso globale. I Pitagorici indicarono nel numero (e nei costitutivi dei numero) il « principio », invece che nell'acqua o nell'aria o nel fuoco, come fecero i loro predecessori. Il più chiaro e famoso documento che riassume il pensiero dei Pitagorici è il seguente passo di Aristotele, che di questi filosofi si è occupato molto e a fondo: «I Pitagorici per primi si applicarono alle matematiche e le fecero progredire, e, nutriti delle medesime, credettero che i principi di queste fossero i principi di tutte le cose che sono. E, poiché nelle matematiche i numeri sono per loro natura i principi primi, e appunto nei numeri essi ritenevano di vedere, più che nel fuoco, nella terra e nell'acqua molte somiglianze con le cose che sono e che si generano...; e, inoltre, poiché vedevano che le note e gli accordi musicali consistevano nei numeri; e, infine, poiché tutte le altre cose, in tutta la realtà, parevano a loro che fossero fatte ad immagine dei numeri, e che i numeri fossero ciò che è primo in tutta quanta la realtà, pensarono che gli elementi del numero fossero elementi di tutte le cose, e che tutto quanto l'universo fosse armonia e numero » La scoperta che in tutte le cose esiste una regolarità matematica, ossia numerica, dovette produrre un'impressione così straordinaria da portare a quel mutamento di prospettiva che ha segnato una tappa fondamentale nello sviluppo spirituale dell'Occidente. Pag.1 “La scuola di Atene” Raffaello S. – Musei Vaticani Euclide e Pitagora, ovvero la Geometria e l'Aritmetica, formella del Campanile di Giotto, Luca della Robbia, 1437-1439, Firenze

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IL LABIRINTOPeriodico telematico di informazione culturale

Anno 2, n°4-5 Aprile-Maggio 2009 Comitato Scientifico: Sandy Furlini, Paolo Cavalla,

Katia Somà, Roberta Bottarettowww.volpianomedievale.it

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PITAGORA E IL NUMERO COME PRINCIPIO (a cura di Sandy Furlini) Parte I

Pitagora nacque a Samo. L'apogeo della sua vita è da collocarsi intorno al 530 a.C. e la sua morte agli inizi del V a.C. Crotone fu la città dove Pitagora principalmente operò. Oltre che filosofico e religioso l'influsso dei Pitagorici fu notevole anche nell'ambito politico. Il loro ideale politico fu una forma di aristocrazia basata sui nuovi ceti dediti specialmente al commercio, che avevano raggiunto un livello elevato nelle colonie prima ancora che nella madrepatria. Si narra che i Crotoniati, temendo che Pitagora volesse diventare tiranno della città, abbiano incendiato l'edificio in cui egli era radunato insieme con i suoi discepoli. Secondo alcune fonti, Pitagora sarebbe morto in questa circostanza; secondo altre, invece, sarebbe riuscito a fuggire e sarebbe morto a Metaponto.A Pitagora sono attribuiti molti scritti; ma quelli pervenutici sotto il suo nome sono falsificazioni di epoca posteriore. Èpossibile che il suo insegnamento sia stato solo (o prevalentemente) orale.Circa il pensiero originario di questo filosofo possiamo dire ben poco, se non pochissimo. Le numerose Vite di Pitagora posteriori non sono storicamente attendibili, perché il nostro filosofo già poco dopo la sua morte (e forse già negli ultimi anni della sua vita) agli occhi dei seguaci aveva perduto i tratti umani; era venerato quasi come un nume, e la sua parola aveva quasi valore di oracolo. L'espressione con cui si alludeva alla sua dottrina divenne famosissima: «lo ha detto lui » (ipse dixit). Già Aristotele non aveva più a disposizione elementi che gli permettessero di distinguere Pitagora dai suoi discepoli e parlava dei « cosiddetti Pitagorici », ossia di quei filosofi «che erano chiamati », « o che si chiamavano »Pitagorici, filosofi che ricercavano insieme la verità e che quindi non si differenziavano singolarmente.

Dunque, non è possibile parlare del pensiero di Pitagora singolarmente considerato, bensì del pensiero dei Pitagorici in senso globale.I Pitagorici indicarono nel numero (e nei costitutivi dei numero) il « principio », invece che nell'acqua o nell'aria o nel fuoco, come fecero i loro predecessori.Il più chiaro e famoso documento che riassume il pensiero dei Pitagorici è il seguente passo di Aristotele, che di questi filosofi si è occupato molto e a fondo: «I Pitagorici per primi si applicarono alle matematiche e le fecero progredire, e, nutriti delle medesime, credettero che i principi di queste fossero i principi di tutte le cose che sono. E, poiché nelle matematiche i numeri sono per loro natura i principi primi, e appunto nei numeri essi ritenevano di vedere, più che nel fuoco, nella terra e nell'acqua molte somiglianze con le cose che sono e che si generano...; e, inoltre, poiché vedevano che le note e gli accordi musicali consistevano nei numeri; e, infine, poichétutte le altre cose, in tutta la realtà, parevano a loro che fossero fatte ad immagine dei numeri, e che i numeri fossero ciò che è primo in tutta quanta la realtà, pensarono che gli elementi del numero fossero elementi di tutte le cose, e che tutto quanto l'universo fosse armonia e numero »La scoperta che in tutte le cose esiste una regolaritàmatematica, ossia numerica, dovette produrre un'impressione così straordinaria da portare a quel mutamento di prospettiva che ha segnato una tappa fondamentale nello sviluppo spirituale dell'Occidente.

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“La scuola di Atene” Raffaello S. – Musei Vaticani

Euclide e Pitagora, ovvero la Geometria e l'Aritmetica, formella del Campanile di Giotto, Luca della Robbia, 1437-1439, Firenze

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Periodico telematico di informazione a cura del Circolo Culturale Tavola di Smeraldo. Anno 2, n°4-5 Apr-Mag 2009

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ERESIA NELLA STREGONERIA(a cura di Roberta Bottaretto)

Il termine eresia deriva dal greco haìresis, che significa scelta. In origine il termine di “eretico” indicava colui che, messo di fronte a diverse opzioni dottrinarie del credo cristiano, ne “sceglieva” una diversa da quella considerata ortodossa. Il termine, inizialmente di significato neutro, assunse solo in un secondo momento, cioè con la crescente strutturazione dottrinaria della corrente maggioritaria cattolica, un valore negativo. Questo concetto divenne sempre più dominante nel corso del Medioevo a partire dal X-XI secolo in poi per l’uso fattone dalle gerarchie ecclesiastiche nel tentativo di isolare le frange scismatiche che minacciavano da vicino la vasta influenza politica che la Chiesa di Roma giunse ad avere in quel periodo. In seguito a ciò il termine eresia perde il suo significato originario e diventa esclusivamente un termine utilizzato per indicare una dottrina contenente principi contrari ai dogmi e alle regole della religione dominante (e pertanto definita ortodossa dai suoi adepti), sovente oggetto di condanna o scomunica da parte dei rappresentanti di tale religione. Le streghe vennero definite eretiche, vediamo perché.Le cause (economiche, sociali e religiose) responsabili del massacro senza precedenti di presunte streghe, sono riconducibili ad un binomio: miseria e superstizione.

Vediamo quali sono le motivazioni storiche che hanno generato il momento scatenante della persecuzione, anche se di per sé nessuna di queste può significare il sacrificio di tante vite umane:

Intanto dovette essere determinante la scoperta che i suoni e la musica, alla quale i Pitagorici dedicavano grande attenzione quale mezzo di purificazione e di catarsi, sono traducibili in determinazioni numeriche, ossia in numeri: la diversità dei suoni che producono i martelletti che battono sull'incudine dipende dalla diversità di peso (che èdeterminabile secondo un numero), la diversità dei suoni delle corde di uno strumento musicale dipende dalla diversità di lunghezza delle corde (che è analogamente determinabile secondo numero). I Pitagorici scoprirono, inoltre, i rapporti armonici di ottava, di quinta e di quarta e le leggi numeriche che li governano (1 : 2, 2 : 3, 3 : 4).Non meno importante dovette essere la scoperta dell'incidenza determinante del numero nei fenomeni dell'universo: sono leggi numeriche che determinano l'anno, le stagioni, i mesi, i giorni, e così di seguito. Sono, ancora una volta, precise leggi numeriche che regolano i tempi della incubazione del feto negli animali, i cicli dello sviluppo biologico e i vari fenomeni della vita.Ed è comprensibile che, spinti dall'euforia di queste scoperte, i Pitagorici fossero portati a trovare anche corrispondenze tra fenomeni di vario genere e il numero. Per esempio, per alcuni Pitagorici, la giustizia, in quanto ha come caratteristica quella di essere una sorta di contraccambio o di eguaglianza, era fatta coincidere con il numero 4 o con il 9 (ossia 2 x 2 o 3 x 3, il quadrato del primo numero pari o quello del primo dispari); l'intelligenza e la scienza, in quanto hanno il carattere di persistenza e immobilità, erano fatte coincidere con l' 1, mentre la mobile opinione, che oscilla in opposte direzioni, era fatta coincidere con il 2, e così via.È comunque molto chiaro il processo attraverso cui i Pitagorici giunsero a porre il numero come principio di tutte !e cose. Tuttavia l'uomo d'oggi ben difficilmente potrebbe comprendere a fondo il senso di questa dottrina, se non cercasse di recuperare il senso arcaico del «numero». Per noi il numero è un'astrazione mentale e quindi un ente di ragione; invece per l'antico modo di pensare (fino ad Aristotele) il numero è una cosa reale, e, addirittura, la più reale delle cose, e proprio in quanto tale viene considerato il «principio» costitutivo delle cose. Dunque, il numero non è un aspetto che noi mentalmente astraiamo dalle cose, ma è la realtà, la physis delle cose medesime. (fine prima parte)

LA PESTE NERA: epidemia terrificante che per qualche inspiegabile motivo colpì molti uomini e meno donne, generando così molte vedove sole e senza risorse; LA CARESTIA: conseguenza diretta della peste che ridusse i lavoratori dei campi con conseguenti terreni abbandonati e prodotti agricoli insufficienti per la popolazione;LA CRISI ECONOMICA: cattivi raccolti causati da condizioni climatiche sfavorevoli;INFLAZIONE: i raccolti insufficienti obbligano ad importare cereali da altri paesi, il denaro scarseggia con richieste sempre maggiori;

Streghe e incantesimi Salvator Rosa 1646EROSIONE DEI SALARI: riduzione del potere d’acquisto dei salariati e delle classi contadine;

TASSE E DECIME: le tasse non si riducono e gravano sempre più sui lavoratori e proprietari terrieri, mentre nobiltà e clero si arricchiscono sempre di più;DECADENZA DEL PAPATO: indifferente alla miseria di chi lavora; questo determina;

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CRISI RELIGIOSA: in una buona parte dei credenti. Molti ridotti alla miseria cominciano ad avere dubbi su di un Dio che non si manifesta mai e li lascia nella disperazione, in balia di carestie e malattie;RIBELLIONI: in molte parti d’Europa molti contadini iniziano a insorgere contro condizioni di vita pressochè impossibili, mettendo in discussione l’autorità divina ed assoluta dei principi e della chiesa. Iniziano le rivolte dei contadini con conseguenti roghi di villaggi e impiccagioni.

Per ricondurre le masse all’obbedienza ed alla passività occorreva riportare le masse alla cieca e incondizionata superstizione religiosa e cristiana. Il modo per ricostruire la fede della gente era quella di giustificare alla domanda “perché Dio non vede e provvede?” con una risposta subdola: ”perché esiste un nemico potente che glielo impedisce”. Questa risposta accollava al Diavolo la responsabilità del male che affliggeva alla terra e lo indicava come il vero nemico da combattere, con la fede e con il massacro dei suoi adepti. Ma visto che il Diavolo era invincibile, occorreva almeno individuare i suoi complici terreni per distruggerli.

Fu quindi così che teologi misogini concentrarono la loro attenzione sulla donna, fonte di tutti i guai e mali esistenti sulla terra; sostennero la colpevolezza e la malvagità della femmina con le seguenti argomentazioni:La donna è stata generata da una costola di Adamo che è di forma ricurva e pertanto la donna è per sua natura imperfetta e contorta sia nel fisico che nello spirito.Ne consegue quindi che la donna è perfida, malvagia, infedele, fornicatrice, lussuriosa e menzognera.La donna è in assoluto la colpevole del peccato originale essendo stata lei ad offrire la mela al povero Adamo e indurlo in tentazione.La donna è un essere inferiore come dice anche S. Paolo nella sua prima lettera a Timoteo.La donna è la tentatrice in senso assoluto secondo l’atteggiamento misogino del clero in generale e dei monaci in particolare, assurdamente relegati nei loro monasteri.Essendo infine il Diavolo il signore del male, solo da lui le streghe potevano ottenere i loro poteri, abiurando la santa fede. Considerando quindi le condizioni della società di allora e tenendo conto che guaritrici, erbarie e presunte streghe erano ormai diventate un esercito di bocche da sfamare, in un contesto di generale povertà, quanto detto fin’ora interpretava un inconfessato desiderio togliere di mezzo una notevole massa di concorrenti allo scarso cibo quotidiano.

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Queste donne si ritrovavano a chiedere l’elemosina, con l’insofferenza dei donatori che iniziarono a rifiutare aiuti e conconseguenti reazioni disperate, offensive e minacciose da parte delle questuanti.Per quanto fosse forte il desiderio di eliminare fisicamente gli individui che vivevano ai margini della società (streghe, maghi, omosessuali, ecc.), occorreva trovare delle solide motivazioni che giustificassero la strage di migliaia di persone ed allo stesso tempo fornisse una “copertura morale cristiana” per salvaguardare la santità che ancora circondava la chiesa.Per gli eretici la cosa era abbastanza facile, essendo in quanto tali ritenuti APOSTATI, essi meritavano pienamente il rito purificatore del rogo, senza che qualcuno se ne scandalizzasse più di tanto.Occorreva quindi che anche le streghe venissero definite ERETICHE e APOSTATE in quanto idolatre ed adoratrici del male, secondo quella definizione del male data dalla chiesa stessa e che aveva la sua massima espressione nel Diavolo. Venne così definito il concetto di Crimen Exceptum (stregoneria ed eresia) che consentì ai giudici di disattendere alle piùelementari norme di giustizia e di equità. Inizia così, da parte di teologi, giuristi e filosofi, la caccia a presunte streghe accusandole di colpe necessarie per giustificare il loro massacro con torture e roghi...il capro espiatorio era stato trovato...

Demonio sottrae strega alla tomba da Liber chronicarum - Hartmann Schedel, 1493

"IL SABBA DELLE STREGHE (IL GRAN CAPRONE) 1820-23 Museo del Prado, Madrid

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LE ERBE DELLE STREGHE(A cura di Paolo Cavalla)

Chi non associa all'immagine della strega la capacità di impiegare per raggiungere i suoi empi scopi l'impiego dei più svariati preparati vegetali? L'immaginario popolare ha da sempre attribuito alle streghe la padronanza delle arti magiche che spesso si manifesta con la sopraffina conoscenza delle proprietà magiche ed eventualmente curative dei prodotti di derivazione vegetale. Tutto ciò ha un evidente fondamento storico che si perde nella notte dei tempi, quando alcuni uomini primitivi si accorsero che diverse specie di vegetali possedevano proprietàbiologiche. Il processo fu lento e graduale e si fondò sulla osservazione e sulla successiva sperimentazione di alcuni soggetti che certamente emergevano sugli altri per spirito di osservazione ed intraprendenza. Costoro, avendo notato che l'esposizione ad alcune piante o erbe, o parti di esse determinava nel soggetto esposto svariate modificazioni biologiche, coltivarono questa conoscenza a scopo rituale e curativo. Va da se che, in un ambito profondamente animista come quello dell'epoca primitiva e delle prime fasi di quella storica, in cui ogni fenomeno naturale apparentemente inspiegabile veniva deificato, l'arte di poter agire attivamente sul corso di una malattia o provocare la morte di un nemico o determinare stati allucinatori che avvicinavano l'uomo al divino mediante la preparazione di infusi e decotti, faceva del portatore di tali arti magiche una persona guardata con rispetto, ma anche con un po' di timore dagli stessi individui del suo clan di appartenenza.

Nacque così lo stregone, di cui poi la strega sarà la versione femminile e religiosamente più aggiornata di età più moderna. Tralasciando in questa sede la trattazione del fenomeno della stregoneria, di cui, grazie all'instancabile opera di ricerca di Katia Somà e Roberta Bottaretto, ci siamo occupati e continueremo ad occuparci ancora in altre sezioni delle nostre pubblicazioni all'interno del ciclo dedicato alla storia del medioevo, abbiamo voluto creare una sezione del nostro giornale dedicata alla descrizione delle più importanti specie vegetali utilizzate durante i riti magici. Esamineremo le proprietàmagiche che venivano loro attribuite e poi con occhio moderno cercheremo di scoprire quali siano effettivamente le loro reali attività biologiche: ci piacerebbe condividere con il lettore la fondatezza delle accuse che venivano mosse alle guaritrici medievali circa gli effetti da loro provocati con la preparazione di pozioni magiche. A questo scopo ci serviremo sia delle ricerche condotte nell'ambito di una peculiare branca della medicina, definita non a caso fitoterapia, che studia i principi farmacologicamente attivi presenti nei vegetali ed il loro razionale impiego terapeutico, sia delle informazioni che ci giungono da una branca dell'antropologia definita etnobotanica, disciplina che studia l'uso e la percezione delle specie vegetali all'interno di una società umana. Non ci resta quindi che tuffarci nel mondo delle streghe per esaminare da vicino i loro poteri e correlarli, ove possibile, allequalità di peculiari specie vegetali.

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Il voloCome tutti sanno le streghe potevano volare!!! Ma come facevano? E' chiaro: utilizzavano erbe magiche in grado di annullare il loro peso e permettere loro lo spostamento aereo.Le erbe in grado di determinare la levitazione sono lo stramonio, il napello, il solano, la cicuta, la ninfea bianca e la potentilla. Venivano usate, da sole o in associazione, per ottenere unguenti capaci di determinare stati allucinatori relativi all'estasi del volo. Non dovevano essere assunte per via orale e il loro impiego restava peraltro decisamente pericoloso in quanto anche piccole variazioni del dosaggio somministrato possono determinare il coma e la morte di chi le assume. La precisa conoscenza dei dosaggi da utilizzare e le catastrofiche conseguenze del loro impiego da parte di individui inesperti rendono evidentemente conto dell'ovvia associazione mentale che a livello popolare poteva facilmente essere fatta tra chi dominava l'arte di maneggiare queste erbe e la connivenza con il maligno. Vediamole in dettaglio.

Volo di strega dal camino, dai Dialoghi sui poteri delle streghe di T.Erastus, Ginevra 1579

Hand Baldung Grien: Witches. Woodcut 1508

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1. Lo stramonio comune (Datura stramonium L.) è una pianta a fiore appartenente alla famiglia delle Solanacee. Come altre specie del genere Datura (Datura inoxia, Datura betel, etc.) è una pianta altamente velenosa a causa dell'elevata concentrazione dipotenti alcaloidi, presenti in tutti i distretti della pianta e principalmente nei semi. I nomi erba del diavolo ed erba delle streghe si riferiscono alle sue proprietà narcotiche, sedative ed ipnotiche, utilizzate sia a scopo terapeutico che nei rituali magico-spirituali dagli sciamani di molte tribù indiane e, in passato, anche dai druidi e dalle streghe europee. L'impiego dello stramonio è ben documentato nella tradizione sciamanica indoeuropea sia a scopo propiziatorio che curativo. Veniva infatti utilizzato nei modi più vari:

In fitoterapia l'utilizzo di questa pianta è ormai limitato a due applicazioni:- nelle sindromi extrapiramidali, per contrastare forme di tremore come la paralisi agitans ed il tremor senescente dei parkinsonismi: usato sotto stretto controllo medico in forma di tintura, come sintomatico, dà effetti abbastanza buoni,- e come rimedio contro l'asma bronchiale in forma di affumigature e tinture (fortemente sconsigliata).

2. Il Napello (Aconitum napellus) è un'erba perenne della famiglia delle Ranuncolaceae, comune in Europa, Asia e Nord America. Per sopravvivere necessita di climi alpini. Anche se possiede proprietà terapeutiche, rappresenta una delle piante più tossiche della flora italiana. Si tratta di una pianta spontanea dalle caratteristiche inflorescenze blu scuro, con il fusto che può raggiungere il metro e mezzo d'altezza. A differenza dell'epoca delle streghe, è oggi' una specie protetta, per cui non si può raccogliere!La piante era conosciuta fin dall'antichità per la sua tossicità. Se ne utilizzava il succo per avvelenare la punta delle frecce e dei giavellotti. Veniva anche impiegata come simbolo negativo di maleficio o vendetta nella mitologia dei popoli mediterranei. Inoltre l'aconito sembra fosse in grado di scacciare i vampiri, al pari dell'aglio.Non potendo noi documentare gli effetti tossici di questa specie botanica sui vampiri, ci limiteremo alla descrizione di quelli provocati all'organismo umano. La massima parte della velenosità gli deriva dal contenuto in aconitina, un alcaloide diterpenoidico molto potente, del quale pochi milligrammi bastano a uccidere un uomo adulto. Dopo una breve fase eccitatoria, essa determina a livello spinale la paralisi delle fibre sensitive e motorie e delle vie del sistema vegetativo autonomo. Il soggetto intossicato accusa senso di angoscia, perdita della sensibilità, rallentamento della respirazione, bradicardia, parestesie, acufeni, disturbi visivi, fino alla bradipnea e morte per asfissia.

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Datura stramonium

Aconitum napellus

-per demarcare il terreno su cui lo sciamano aveva stabilito dove dovesse sorgere un villaggio, -mescolato in piccolissime quantità stabilite (ovviamente dalla guida religiosa della comunità) durante le feste, dalle guaritrici per curare la depressione e lo stato di agitazione dei bambini terrorizzati dal buio, e per la terapia dell'asma. In effetti è provato che certi alcaloidi della datura stramonium siano in grado di agire a livello del sistema nervoso centrale mitigando lo stato depressivo, mentre altri causano un blocco dei recettori muscarinici della muscolatura bronchiale, e per questo determinano una broncodilatazione, che rappresenta l'obiettivo più immediato nell'attacco di asma, risolvendone la sintomatologia acuta (fame d'aria, sibilo espiratorio, senso di soffocamento e di morte imminente). A questo proposito è curioso ricordare che fino agli inizi del secolo scorso a scopo terapeutico erano disponibili per gli asmatici sigarette fabbricate con le foglie di stramonio che venivano fumate durante le crisi d'asma! Il loro uso è stato abbandonato quando è risultato evidente che esse provocavano più danni da fumo che benefici per l'asma.

In fitoterapia, il napello, viene tuttora eccezionalmente impiegato sotto forma di tintura a diluizioni molto forti per le sue marcate proprietà antinevralgiche, sedative e analgesiche. Data la sua pericolosità, risulta chiaro che debba venire utilizzato solo ed esclusivamente sotto un attento monitoraggio medico.

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3. Il Solano (Solanum dulcamara) o dulcamara è una pianta che a bassi dosaggi risulta depurativa per la sua attivitàantidiscrasica. Essa infatti stimola il metabolismo mediante una blanda azione diuretica e lassativa. Da studi eseguiti sulla sua componente glicosidica steroidea, ed in particolare sulla solasodina, è emersa la capacità che questa pianta ha di stimolare diversi processi escretivi e secretivi, che spiegano in parte i suoi effetti cortisonosimili. L'azione antiinfiammatoria che ne deriva sta alla base dell'impiego nelle malattie reumatiche che la dulcamara aveva in un passato nemmeno tanto lontano.Ma le streghe che motivo avevano per usarla? Semplice: l'ingestione delle bacche immature causa stati allucinatori determinati dall'alto tenore in alcaloidi, oppure, se si eccede in quantità, la morte. O meglio: una strega le ingerisce per mettersi in comunione con il maligno (cioè conosce le dosi), un timorato di Dio muore avvelenato.

4. Della cicuta le streghe ne utilizzavano due specie: il Conium maculatum, così denominata per le caratteristiche foglie marezzate e la Cicuta virosa, entrambe con proprietà appetite dalle streghe. Le proprietà tossiche e medicamentose della Cicuta sono conosciute fin dai tempi più antichi. Era impiegata come narcotica, antispasmodica, antitetanica, contro i dolori cancerosi, come antirabbico. Gli Ippocratici la usavano sia per via esterna che per via interna. I Greci preparavano con i frutti immaturi il veleno da somministrare ai condannati a morte: il caso più famoso è senza dubbio quello di Socrate il filosofo.Infatti il conium maculatum è fortemente tossico. In medicina si usano le foglie ed i frutti. Contiene 5 alcaloidi: la coniina, la conidrina, la pseudoconidrina, la metilconicina e la coniceina. La coniina è l'alcaloide più attivo, svolge un'azione curaro simile, paralizzando le terminazioni dei nervi motori, e successivamente i centri midollari. L'azione esercitata dagli altri 4 alcaloidi non è ancora ben conosciuta. Sono però note anche proprietà calmanti relative alla Cicuta, che erano considerate utili in moltissime malattie: nevralgie, tetano. epilessia, tosse canina, corea, asma, tossi convulsive e per calmare i dolori del cancro. Per via esterna, sotto forma di cata- plasmi, di empiastri o pomate; era prescritta contro i tumori del seno, le ulcerazioni fungose, le adeniti cervicali, l'impetigo, l'erisipela, le ulceri sifilitiche, ecc. Resta comunque una droga da usare con la massima cautela per la sua tossicità.

Per le streghe delle nostre parti era inoltre disponibile la Cicuta virosa, chiamata volgarmente Cicuta acquatica o Cicuta minore, pianta acquatica con il fusto cilindrico cavo, non pruinoso come quello della Cicuta maggiore, alto 0.50- 1,50 m. Le parti aeree hanno odore e sapore simile a quello del sedano e del prezzemolo. Il suo avvelenamento differisce da quello della Cicuta maggiore perché comincia con crisi epilettoidi e tetaniche. È una pianta piuttosto rara. cresce nei luoghi acquitrinosi, nelle risaie della Lomellina, nel lago di Alserio, nel Mantovano ecc. Mentre la prima dava la sensazione di un volo tranquillo per raggiungere placidamente il luogo del sabba, la seconda precipitava l'amante del demonio nello stato convulsivo che la tradizione associava classicamente alle conseguenze del rapporto sessuale con Satana.

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Solanum dulcamara

Conium maculatum

5. La Ninfea bianca (Nymphaea alba). Pianta erbacea appartenente alla famiglia delle Nymphaeaceae, dal rizoma strisciante, deriva il suo nome dal greco numfh, perché è una pianta che abita come le Naiadi, nelle acque. La ninfa era una sposa velata. Le foglie, disposte a rosetta, sono natanti alla superficie dell'acqua o appena sollevate, con piccioli di lunghezza variabile da 1 a 3 metri in rapporto al livello dell'acqua. I fiori sono bianchi, natanti, del diametro di 1O-12 cm e compaiono da aprile a novembre. E' una specie prevalentemente euroasiatica presente nelle acque di stagni, laghi e canali a lento corso del litorale e della pianura. Il rizoma è alimentare e la pianta non è generalmente tossica, ma ha proprietà legate all'inibizione del sistema parasimpatico.

Nymphaea alba

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6. Di specie di Potentilla che possono rientrare in questa nostra breve disamina dell'erbario della strega ne abbiamo sostanzialmente tre: la Potentilla anserina, la P. tormentilla e la P. erecta. Esse hanno tuttavia uno scarso potere farmacologico per quanto riguarda la nostra ricerca, che le vede tutt'al più implicate nel coadiuvare l'eventuale azione spasmolitica della pozione magica. Per quanto riguarda invece il suo impiego in medicina popolare, esso era soprattutto dovuto alle proprietà astringenti, antidiarroiche, emostatiche, cicatrizzanti e batteriostatiche relative all'elevato contenuto in tannini.

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Il Calendimaggio o cantar maggio, che trae il nome dal periodo in cui ha luogo, cioè l'inizio di maggio, è una festa che si tiene per celebrare l'arrivo della primavera in molti paesi e culture. La corrispondenza e provenienza di questa festa trova le sue origini da Beltane o Belatine che rappresentava una delle due feste delle stagioni che dividevano l’anno dei Celti in due metà. La parola è composta da “bel” (Belesnus o Belisana) che significa lucente, chiaro, e “tine” che significa fuoco. Segnava il periodo più prospero dell’anno dove i raccolti davano i loro frutti. Le feste del fuoco sono gli unici due momenti dell'anno in cui un fuoco si estingue per essere riacceso (l'altra e' la Calenda).

CALENDIMAGGIO(a cura di Katia Somà)

I Druidi, fin dai tempi antichi, usavano far passare il bestiametra due fuochi recitando formule magiche per renderlo invulnerabile da malattie per l’anno successivo. Questa usanza è rimasta ancora presente nelle feste popolari dell’Irlanda e di alcune regioni del nord Italia. Un rituale che rappresentava la purificazione e la capacità di risorgere alla morte in un nuovo ciclo. La notte prima di Beltane apparteneva agli abitanti dell’aldilà, alle fate e alle streghe, e come riporta il “Mabinogion”(raccolta di leggende e storie Celtiche), accadevano fatti inspiegabili all’umano. La notte e il giorno, la mescolanza tra il buio e la luce, tra il male e il bene segna un confine che trova la sua espressione simbolica in molte regioni dell’Irlanda.La festività riprende anche alcuni aspetti della festa gaelica (come i falò), e germanica di Calendimaggio, per il significato di festa della fertilità. Nel mondo contadino, la festa del calendimaggio diventa l'annuncio della rinascita della natura dopo i rigori dell'inverno, l'auspicio ad un buon raccolto, e in un certo senso anche il segno della rinascita dell'uomo, la vittoria della luce sul buio, della magia buona sulle malefiche stregonerie.

Ha infatti azione narcotica, sedativa ed antispastica, grazie ad un fitocomplesso ricco in alcaloidi (nufarina e ninfalina), resine, acidi tannico e gallico. Plinio la raccomandava per dissipare le insonnie erotiche. Gli eremiti dell’Egitto se ne servivano a questo scopo e per sopportare meglio la castità. Anche se decisamente meno pericoloso di quello delle piante precedentemente esposte, l'impiego della Ninfea all'interno delle pozioni magiche, era certamente sinergico a quelle nel generare la sensazione del volo tra le braccia del maligno.

Potentilla Anserina

www.canteriniromagnoli.it

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"Calendimaggio" in origine era "kalendae", derivato dal latino kalare (annuncio).Presso i romani indicava l'annuncio delle festività che il Pontefice Massimo dava ogni primo del mese; queste feste, del kalendimaggio, consistevano in lunghe processioni nei campi e riti propiziatori alle divinità agresti.In era cristiana, e ancora tutt'oggi, tra la fine di aprile e i primi giorni di maggio avvengono le rogazioni, cioè processioni religiose lungo le strade di campagna, un auspicio del mondo contadino per i raccolti della nuova stagione.

Vi sono molte usanze popolari attorno a Beltane sia in tempi antichi che moderni come lavarsi il viso con la rugiada prima dell'alba per apportare bellezza, raccogliere certe erbe che si dice ispirino attrazione, benedire le api che danno il miele per l'idromele, e ancora la danza attorno al palo della cuccagna e la scomparsa delle coppie nella foresta e nei campi per fare l'amore al chiaro di luna.

Antiche rappresentazioniRapporto fra il Dio e la Dea. “Lei ora è la regina di maggio, con una corona di biancospino, e lui le si avvicina come signore selvaggio, uomo verde vestito di foglie o dio sole stesso. La loro danza è contagiosa ed essi saltano i fuochi, benedicendoli con fertilità, creatività e buona fortuna, incoraggiando tutti i presenti a saltare le fiamme e ricevere la benedizione.”

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La notte di Santa Valpurga (considerata la protettrice contro le stregonerie e la magia), tra il 30 Aprile e il 1° Maggio, era la notte magica della veglia in cui si cacciavano le streghe (personalizzazione di ogni paura) e si strappavano le frasche dai noccioli per costruire le bacchette dei maghi, e il primo maggio rappresentava il passaggio dalla paura delle forze del male alla luce della primavera.

Due grandi fuochi venivano accesi nei villaggi, per protezione verso il bestiame, e molta gente danzava nuda intorno ad essi per ottenere salute e fertilità. Prima di buttarsi nelle danze, le giovani ragazze si lavavano e si purificavano nell'acqua di fonte con molta cura, e si abbellivano per cercare di catturare l'occhio dei ragazzi. Il maypole (palo decorato con fiori) un evidente simbolo di fertilità, viene eretto e ragazzi e ragazze vanno a passeggiare, incontrarsi e "flirtare" sotto di esso.

In quel tempo, poiché Calendimaggio era conosciuta come la festa della vera fertilità capitava spesso che si celebrassero riti d'amore nelle foreste, che terminavano con l'abbandono alle passioni. Si trattava di un rituale col quale i giovani ragazzi "conoscevano" per la prima volta l'amore, detto anche "la sfida" (nel senso di un rituale di iniziazione maschile), o "foresta verde", per dove esso avveniva. Le ragazze che rimanevano gravide in questo giorno generalmente si sposavano poi a Giugno, che e' ancora il mese più popolare per i matrimoni.

Verso il XVII secolo il Calendimaggio venne sostituito dal "maggio sacro" della Chiesa.La Festa dei Ceri, è una delle tradizioni più singolari in Europa e si svolge nella città di Gubbio il 15 maggio di ogni anno. I Ceri sono tre macchine di legno a forma di prismi ottagonali sovrapposti e decorati, pesanti circa 4 quintali, portati trionfalmente a spalla dai ceraioli in onore di S. Ubaldo, patrono della città. Le origini di questa Festa sono antichissime: taluni studiosi la fanno risalire alle cerimonie pagane in onore delle divinità umbre (Cerfus) o romane (Cerere), ma hanno sicuramente un richiamo a certi riti di fertilità visti nel nord Europa.I Ceri vengono portati per le strade del paese fino in cima al monte Ingino dove si trova la Cattedrale. La corsa si conclude con l’ingresso del Cero e la chiusura del portone della Chiesa quasi a impedire l’ingresso dei “contendenti”!

Effigies Sanctae Valpurgae in ecclesia in vico Konter in civitate Luxemburgo

Notturno con streghe, 1798 Olio su tela di Francisco Goya

(riproduzione su tela)

Festa dei Ceri a Gubbio (PG)

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PIEMONTESI ALLE CROCIATE(Tratto da “Piemontesi alle Crociate” del Prof. Francesco Cordero di Pamparato)

Le Crociate hanno riguardato un importantissimo fenomeno storico di portata europea, ma perché specificare la partecipazione piemontese a quel grande movimento? E, seconda domanda, perché cercare di identificare la piemontesità di certi cavalieri in un'epoca in cui di Piemonte non si parlava?Il fatto è che la storiografia medievale ha come fonti prime i cronisti dell'epoca che, se pure diligenti, erano per certi versi molto imprecisi. Le stesse cognizioni geografiche erano molto approssimative. Per la maggior parte di loro, come per tutto il mondo medievale, il Nord Italia era un qualcosa di non ben definito e le sue popolazioni venivano chiamate genericamente lombardi, parola che, in bocca a francesi e tedeschi aveva sovente tono dispregiativo o canzonatorio. Per di più il termine "lombardi" talvolta venne usato per indicare non solo italiani del nord, ma anche popolazioni del meridione.Anna Comnena, probabilmente la donna più colta del suo tempo, quando parla delle popolazioni del Sud Italia le definisce con il termine "lombardi" e chiama il canale di Otranto "stretto di Lombardia", cosa geograficamente assai errata. Non solo, ma quando parla dei normanni li chiama indistintamente normanni, latini, lombardi, celti, dimostrando palesemente che anche le persone più colte avevano le idee assai vaghe sia in questioni geografiche che sulle popolazioni con cui venivano a contatto.Oltre a lei anche Niceta Coniate, storico di valore, che fu uomo di governo dell'impero di Bisanzio, fa una gran confusione sulle nazionalità dei vari principi crociati, tanto da confondere sovente tedeschi e francesi nella seconda crociata. Ma anche senza questo significato, di certo non positivo, il termine veniva sovente usato in senso improprio o addirittura inesatto. I cronisti che narrarono queste imprese erano persone che sapevano leggere e scrivere, ma la loro cultura non andava oltre l'alfabeto. A questo si aggiunga che la mancanza di carte geografiche e la conseguente ignoranza di geografia faceva commettere a tutti degli errori particolarmente grossolani. Accomunare in unico termine tutte le popolazioni d'Italia fu un grosso abbaglio storico che gli studiosi delle crociate si portano dietro ormai da molti secoli.

Se è vero che la geografia medioevale non stabiliva chiari confini regionali all'interno dell'Italia, è altrettanto vero che in assenza di confini geografici, esistevano tuttavia, ed erano forte-mente sentite le differenze etniche e di culture.Una delle peculiarità di quei secoli fu proprio la coesistenza talvolta pacifica talvolta burrascosa di culture ed etnie diverse che faticarono a trovare un’amalgama. Fare di tutti un "unicum" è inesatto. Un normanno non avrebbe certamente gradito di essere considerato latino, così come accomunare liguri e veneti in unica popolazione è un grave errore storico. Anche i feudi di origine franca e quelli di origine longobarda avevano caratteristiche differenti.A chi vuole guardare le cose con un occhio più attento ed analitico, non può sfuggire che ben pochi erano i punti di contatto tra le varie popolazioni della pianura padana. All'estremo est, le popolazioni che ivi stanziavano erano i discendenti dei veneti, popolazione antichissima, che può contendere ai liguri e agli etruschi il primato di popolazione piùantica della penisola.

All'ovest, in quello che è l'attuale Piemonte occidentale, gli stati aleramici di origine franca, dei del Carretto, dei Monferrato, di Saluzzo avevano molti più legami etnici, storici e culturali con la Provenza e la Francia che non con le altre popolazioni della pianura padana. Le valli di Susa e d'Aosta non avevano mai fatto parte del regno longobardo. Dalla formazione del regno franco avevano sempre più gravitato verso la Francia che verso l'Italia. Il confine tra i due stati era stato all'imbocco della Val di Susa, nella pianura dove si svolse la battaglia tra Carlo Magno e Desiderio.Se poi andiamo a vedere il Pinerolese e le sue valli, in molte di esse si parlava un dialetto occitano che di italiano aveva poco o niente; sarà la storia degli ultimi secoli ad avvicinarle all'Italia. Anche gli abitanti di queste zone, venivano chiamati lombardi, dai cronisti del tempo.Di quei cavalieri sarebbe stato molto più esatto parlare come di francesi. Uno dei casi più significativi di tale inesatta concezione lo vediamo con Amedeo III di Savoia, chiamato in un primo tempo dal cronista contemporaneo Ottone di Deuil "conte della Moriana" viene poi dallo stesso definito lombardo. Qui l'errore è veramente macroscopico in quanto la Moriana si trova al di là delle Alpi e quindi totalmente separata geograficamente e culturalmente dalla pianura padana.

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Alessio Comneno, figlio di Anna Comnena. Mosaico in Santa Sofia. Istambul. 1122

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I Savoia con i longobardi non ebbero mai niente da spartire e quindi non è accettabile che vengano definiti con termini scorretti sia dal punto di vista geografico, che etnico e culturale, persino Dante, che fu persona di grandissima cultura, parla del signore di Verona Cangrande della Scala come del gran lombardo, termine che anche in questo caso non èesatto. Come già segnalato i veneti erano una popolazione con una cultura e tradizione propria, diversa da quella del resto del nord Italia.

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Giustamente evidenzia Le Goff che il termine "Lombardia" ha un significato elastico che di volta in volta può indicare tutta l'Italia settentrionale o solo il milanese.Per quanto riguarda l'attuale Piemonte, la regione inizia ad essere identificata con il termine ad pedes montium solo dalla seconda metà del duecento. Precedentemente o contemporaneamente Piemonte o Pedemonte vennero usati anche per indicare altre regioni geografiche dell'arco alpino. Proprio nel duecento un cronista veneto, Rolandino da Padova, chiama "Pedemonte" la zona di Bassano del Grappa e l'alto Trevigiano. Rimanendo in Italia si rileva che il termine "Pedemonte" fu usato ufficialmente per la prima volta nel 1245. Ciò avvenne quando si vollero indicare le terre dei Savoia a est di Aviglianaassegnate come feudo da Amedeo IV a suo fratello Tommaso II. In questo caso il termine stava ad indicare terre che erano effettivamente ai piedi delle Alpi.

Solo nel 1284 abbiamo qualcosa che definisce un territorio che a grandi linee è vicino agli attuali confini di questa regione. Ed è quando Federico II di Svevia firma a Vercelli un diploma in partibus Pedernonti. Le terre che in quel diploma venivano indicate erano quelle comprese fra l'Appennino genovese e le terre dei marchesi di Monferrato.Resta comunque il fatto che questa identificazione fatta oggi sulla base di definizioni antiche sia pericolosa in quanto in quei secoli lontani i confini non erano mai chiaramente definiti ed erano sempre soggetti a cambiamenti repentini.Solo la parte centrale della pianura era abitata da un coacervo di popolazioni che si erano formate sotto il regno longobardo. Queste diedero origine alla tanto, e a sproposito decantata "lega lombarda" che fu sempre avversa agli imperatori della casa di Svevia. Peccato che il loro atteggiamento sia stato frainteso dalla solita stupidità dei romantici che vi vollero vedere un'istanza unitaria antitedesca ante litteram. Niente di più falso, si trattava solo di comuni che volevano mantenere una propria indipendenza e che se erano ostili agli imperatori germanici, lo erano sia per motivi di stretto campanilismo, sia in quanto comprati dall'oro dell'imperatore bizantino Manuele Comneno.

Chi narra questo fatto diffusamente è Niceta Coniate storico greco vissuto a cavallo del dodicesimo e tredicesimo secolo. Era un alto esponente della corte e quindi al corrente dei fatti. Ci dichiara senza mezzi termini che l'imperatore Manuele, per timore che i suoi stati potessero essere invasi da Federico Barbarossa, non trovò niente di meglio che creargli un nemico all'interno dei suoi stati e per convincere i lombardi a ribellarsi all'imperatore tedesco, fece largo ricorso all'oro, non al senso patriottico.C'è poi un altro motivo per cui occorre precisare le provenienze dei cavalieri del Nord Italia. Oggi la geografia ha assegnato dei nomi diversi alle regioni del Nord Italia e quindi chi al giorno d'oggi legge e studia, vede le descrizioni e le attribuzioni ad una regione con occhio diverso; se non adeguatamente informato, potrebbe erroneamente credere che alcuni importanti personaggi delle crociate provenissero da aree da cui invece non provenivano affatto.Sottolineiamo che, se nel Medioevo "Lombardia" aveva un significato generico e confuso di Nord Italia, tanto che non ne venivano indicati i confini, oggi per Lombardia si intende una parte ben più ristretta della pianura padana. Quindi chi legge oggi vede gli stessi territori con un'ottica sostanzialmente differente. Non solo, ma sembra doveroso specificare come in quel gran calderone che i cronisti medievali chiamavano con il nome generico di lombardi, vi fossero cavalieri che venivano da regioni geografiche con tradizioni, culture e lingue differenti.

Carta del Piemonte antico. Edita nel 1800 a cura del Durandi

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CONFERENZE, EVENTI

STORIA DEL MEDIOEVO L’INQUISIZIONE E LE STREGHE

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MartediMartedi’’ 19 MAGGIO 200919 MAGGIO 2009Conferenza ORE 20.30Villa Volpini – Via Giovanni XXIII n°16 SAN BENIGNO C.SE

Stregoneria in Piemonte: dalla storia al mito - Massimo CentiniSimbolismo: il pentolone delle streghe - Sandy Furlini

Ingresso libero

CAFFE’ LETTERARI IN CORTE

“Corte Re Umberto” Time Out Multicafe

Via Umberto I, 11 Volpiano (TO) Ore 20,30

Martedì 26 Maggio: La Magia nell’Egitto dei Faraoni (Federico Bottigliengo)

Ingresso libero

SEGNALIAMO

Gravi stress e perditeproducono anche creatività,

cambiamento ed evoluzione spirituale

Riflessioni su Caravaggio e Rembrandt

12 giugno 2009 ore 15,30 - 18,30Hotel Lancaster, corso F . Turati 8, Torino

Ingreso Liberocon il Patrocinio dell’Ordine degli Psicologi di Torino

Interessante spunto per una riflessione sul tema del lutto. (ndr)

INCONTRI

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Circolo Culturale Tavola di SmeraldoVia Carlo Alberto n°37 10088 Volpiano (TO) Tel. 335-6111237 / 333-5478080http://www.volpianomedievale.itmail: [email protected]

Comitato Scientifico: Sandy Furlini, Paolo Cavalla,Katia Somà, Roberta Bottaretto

Collaboratori:Antico Egitto: Federico BottigliengoStregoneria in Piemonte: Massimo CentiniMedioevo Occidentale e Crociate: Francesco Cordero di PamparatoStoria dell’Impero Bizantino: Walter HaberstumpfArcheologia a Torino e dintorni: Fabrizio DiciottiFruttuaria: Marco NotarioAntropologia ed Etnomedicina: Antonio Guerci Psicologia e psicoterapia: Marilia Boggio MarzetEtica della cura del dolore: Domenico Gioffrè

ISCRIZIONI AL CIRCOLO CULTURALE TAVOLA DI SMERALDO

Collegandosi a www.volpianomedievale.it, nella sezione CONTATTI è possibile scaricare la modulistica predisposta per l’iscrizione.

Ogni aspirante socio dovrà compilare in tutte le sue parti i moduli predisposti ed inviarli al Presidente. La quota associativa per l’anno 2009 è stata fissata dal Consiglio Direttivo pari a €50.

ATTIVITA’ ASSOCIATIVE 2009

ATTIVITA’ DI PROMOZIONE DELLA SALUTEIl Circolo Culturale Tavola di Smeraldo promuove due attività di prevenzione destinate alla cittadinanza.Screening Aneurisma Aorta Addominale.In collaborazione con la Società Medica del Canavese a partire dl 18 Marzo 2009, nei locali dell’Ambulatorio Medico Furlini, Via Carlo Alberto n°37 a Volpiano (TO) sarà possibile eseguire gratuitamente, tutti i Mercoledì, per chi avesse compiuto i 55 anni e con fattori di rischio, un esame Ecografico della Aorta Addominale per ricercare la presenza di eventuale aneurisma (dilatazione della parete)Per prenotazioni, a partire dal 9 marzo, telefonare dalle 09:00 alle 12:00 allo 011-9884195 (lunedì, martedì, giovedì e venerdì)Giornata di prevenzione Ulcer DayL’Associazione Italiana Ulcere Cutanee organizza la seconda edizione della giornata di formazione e informazione sulle ulcere cutanee. La manifestazione si svolgerà il 7 Novembre 2009 dalle 09:30 c/o Ambulatorio Medico Furlini, Via Carlo Alberto n°37 Volpiano (TO). In quell’occasione sarà possibile ricevere informazioni sulla patologia ulcerativa cutanea e visite specialistiche da personale sanitario aderente ai principi della Associazione Italiana Ulcere Cutanee.

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PREMIO “ENRICO FURLINI”RIFLESSIONI SUL DOLORE E LA SOFFERENZA 1° edizione 2009Il Circolo Culturale Tavola di Smeraldo istituisce e dirige il Premio Regionale “Enrico Furlini - Riflessioni sul dolore e la sofferenza”.Il Premio si propone di tributare un omaggio al Dr. Enrico Furlini, Medico di Famiglia e Presidente del Consiglio Comunale di Volpiano, scomparso il 1 Dicembre 2008, ricordandone la grande attenzione dimostrata nei riguardi dei suoi assistiti e dei cittadini Volpianesi durante i suoi 26 anni di attività come medico e politico.Il Concorso intende richiamare l’attenzione e promuovere una cultura della lotta contro il dolore e la sofferenza inutili. Il dolore infatti deve essere gestito dalle sue prime manifestazioni al fine di alleviare sofferenze gratuite che vengono patite inutilmente da molte persone, sia in termini fisici che psicologici.Parlare di dolore in termini diversi, che non siano quelli specifici della medicina e della sanità, ma quelli della poesia, della storia, dell’anima con l’obiettivo di avvicinare le persone e gli operatori sanitari a una realtàspesso trascurata che si colloca “nella persona” e non nella malattia.

IL BANDO COMPLETO, IL MODULO D’ISCRIZIONE ED EVENTUALI AGGIORNAMENTI O MODIFICHE SONO SCARICABILI DAL SITO www.volpianomedievale.it

Scadenza per la presentazione dei lavori 14 Settembre 2009