Gli antibiotici e l 3intestino · 2021. 2. 22. · monali, dovute essenzial-mente a...

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Gli antibiotici Gli antibiotici e l e l intestino intestino Mariolina De Angelis* T utti al- meno una volta nella vi- ta abbiamo assunto anti- biotici e ci siamo trovati a fare i conti con gli effetti collaterali specialmente quelli riguardando il trat- to gastrointestinale. Gli antibiotici infatti pur es- sendo degli amici preziosi per combattere l'infezione, di pari passo alterano la composizione e la funzio- nalità del nostro microbio- ta intestinale, quell'insie- me di microrganismi che popolano il lume intestina- le. Gli antibiotici infatti, non agiscono in modo se- lettivo sui patogeni, spaz- zano via non solo i batteri cattivi ma anche quelli buoni che concorrono nor- malmente a mantenere l'e- quilibrio nella nostra flora batterica intestinale. Que- sta armonia definita eubio- si è quella che permette la convivenza dei microrga- nismi nell'intestino che riescono in tal modo a svol- gere le seguenti funzioni: assorbire nutrienti, pro- durre acidi grassi, elimi- nando le sostanze estra- nee. E’ questa eubiosi a promuovere lo sviluppo del sistema immunitario. Ma il microbioma intesti- nale è facilmente alterabile dagli agenti patogeni, per cui il trattamento con anti- bioticoterapia può provo- care dei cambiamenti. Ma quali sono gli effetti degli antibiotici sull'inte- stino? Anzitutto la loro azione sul microbiota fa sì che es- so venga alterato in termi- ni quali e quantitativi. Ciò si traduce in un cattivo funzionamento del siste- ma immunitario. Sono di- versi gli studi scientifici che a tal proposito hanno dimostrato che alla disbio- si consegue poi una com- promissione dei linfociti ossia una alterazione del dialogo tra il sistema im- munitario e microbiota. Ne risulta compromessa la ca- pacità dell' intestino che reagisce alla disbiosi con meccanismi diretti ed indi- retti. Spesso infatti si assi- ste dopo la somministra- zione di antibiotico alla produzione maggiore di muco con diarrea che re- gredisce solo con l'interru- zione del trattamento far- macologico. I danni alla mucosa intestinale altro non sono che la diretta con- seguenza della produzione di tossine sia di tipo A che di tipo B. Inoltre la riduzio- ne dei batteri benefici av- verrà anche a livello della mucosa vaginale e aumen- terà la predisposizione all’infezione da candida al- bicans. Importante sottoli- neare che un antibiotico assunto nella prima fase della vita, ossia quando il microbiota si sta ancora sviluppando, può predi- sporre all'insorgenza in età adulto di sindrome al- lergiche e o metaboliche. Cosa fare per evitare tutto ciò? Per contrastare gli ef- fetti negativi dell'antibioti- coterapia è necessario as- sumere probiotici e farlo prima dell'assunzione del farmaco, durante il tratta- mento farmacologico e successivamente alla fine della terapia. Sarà questa integrazione che aiuterà a prevenire la diarrea e che riuscirà a ripopolare il li- me intestinale correggerà lo squilibrio del microbio- ta. INSERTO A CURA DI MARIOLINA DE ANGELIS

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Gli antibioticiGli antibioticie le l ’’intestinointestino

Mariolina De Angelis*

T utti al-menouna

volta nella vi-ta abbiamoassunto anti-biotici e cisiamo trovati

a fare i conti con gli effetticollaterali specialmentequelli riguardando il trat-to gastrointestinale. Gliantibiotici infatti pur es-sendo degli amici preziosiper combattere l'infezione,di pari passo alterano lacomposizione e la funzio-nalità del nostro microbio-ta intestinale, quell'insie-me di microrganismi chepopolano il lume intestina-

le. Gli antibiotici infatti,non agiscono in modo se-lettivo sui patogeni, spaz-zano via non solo i battericattivi ma anche quellibuoni che concorrono nor-malmente a mantenere l'e-quilibrio nella nostra florabatterica intestinale. Que-sta armonia definita eubio-si è quella che permette laconvivenza dei microrga-nismi nell'intestino cheriescono in tal modo a svol-gere le seguenti funzioni:assorbire nutrienti, pro-durre acidi grassi, elimi-nando le sostanze estra-nee. E’ questa eubiosi apromuovere lo sviluppodel sistema immunitario.Ma il microbioma intesti-nale è facilmente alterabile

dagli agenti patogeni, percui il trattamento con anti-bioticoterapia può provo-care dei cambiamenti.

Ma quali sono gli effettidegli antibiotici sull'inte-stino?

Anzitutto la loro azionesul microbiota fa sì che es-so venga alterato in termi-ni quali e quantitativi. Ciòsi traduce in un cattivofunzionamento del siste-ma immunitario. Sono di-versi gli studi scientificiche a tal proposito hannodimostrato che alla disbio-si consegue poi una com-promissione dei linfocitiossia una alterazione deldialogo tra il sistema im-munitario e microbiota. Nerisulta compromessa la ca-

pacità dell' intestino chereagisce alla disbiosi conmeccanismi diretti ed indi-retti. Spesso infatti si assi-ste dopo la somministra-zione di antibiotico allaproduzione maggiore dimuco con diarrea che re-gredisce solo con l'interru-zione del trattamento far-macologico. I danni allamucosa intestinale altronon sono che la diretta con-seguenza della produzionedi tossine sia di tipo A chedi tipo B. Inoltre la riduzio-ne dei batteri benefici av-verrà anche a livello dellamucosa vaginale e aumen-terà la predisposizioneall’infezione da candida al-bicans. Importante sottoli-neare che un antibiotico

assunto nella prima fasedella vita, ossia quando ilmicrobiota si sta ancorasviluppando, può predi-sporre all'insorgenza inetà adulto di sindrome al-lergiche e o metaboliche.Cosa fare per evitare tuttociò? Per contrastare gli ef-fetti negativi dell'antibioti-coterapia è necessario as-sumere probiotici e farloprima dell'assunzione delfarmaco, durante il tratta-mento farmacologico esuccessivamente alla finedella terapia. Sarà questaintegrazione che aiuterà aprevenire la diarrea e cheriuscirà a ripopolare il li-me intestinale correggeràlo squilibrio del microbio-ta.

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Giovedì 18 febbraio [email protected]

NUTRIZIONE

Ritenzioneidrica, eccocosa mangiareLaura Melzini*

M oltedon -ne so-

no predisposteper costituzio-ne e a causadelle ciclicheoscillazioni or-

monali, dovute essenzial-mente a squilibri ormonali diestrogeni e progesterone, agonfiore addominale e a ri-tenzione idrica, provocata dalfatto che i tessuti trattengonoi liquidi in eccesso, con conse-guente sensazione di pesan-tezza. Le zone maggiormentecolpite dal problema sonol’addome, le cosce e i glutei,ma il gonfiore da ritenzionepuò comunque interessarealtre zone. Il segno caratteri-stico della ritenzione è l’ede -ma, ovvero l’accumulo di li-quidi negli spazi interstizialidel corpo.

Anche l’uso di alcuni far-maci come antibiotici, antin-fiammatori, gastroprotetto-ri, determinano un incre-mento della permeabilità in-testinale di molecole pericolo-se che “ingolfano” ilcircolo venoso elinfatico addo-minale e sca-tenanoun’infiam -mazione cro-nica latenteche peggiorala condizionedi ritenzioneidrica. Le altera-zioni della flora pos-sono essere anche asintoma-tiche, per cui spesso risultaindispensabile agire dall’in -testino per contrastare la ri-tenzione idrica, con ad esem-pio, cicli di probiotici mattuti-ni.

Attorno al problema “riten -zione idrica” aleggiano tantefalse credenze, come ad esem-pio che colpisce solo le donne,oppure solo le donne obese.

Rivolgersi ad un esperto,quindi, risulta indispensabi-le, proprio perché le causedella ritenzione idrica sonomolteplici e correggere alcu-ne cattive abitudini, miglio-rando il proprio stile di vita, èalla base per contrastarla; in-fatti la sola certezza è che l’at -tività fisica e un’alimentazio -ne sana sono alleati preziosiper prevenire questo inesteti-smo molto diffuso.

Iniziare da alimenti cheaiutano a drenare i liquidi ineccesso e quindi a migliorarela circolazione delle gambe,oltre a un aspetto visivo pre-feribile, dona anche maggiorsollievo nel muoversi.

Il consumo quotidiano difrutta e verdura di stagioneed alimenti "acquosi" comespremute, succhi di fruttanaturali, centrifugati, frulla-

u A L I M E N TA Z I O N E . Il consumo quotidiano di frutta e verdura favorisce l’idratazione

Le virtù del coriandoloUn elevato quantitativo di fibre e pochi grassi

Maria Luisa D’Amore*

I n un periodo cosìprossimo al Car-nevale, sentir

parlare di coriandoloriporta subito allamente l’immagine ditutti quei pezzetti dicarta colorata, con

cui i più piccoli si divertono a riem-pire strade e capelli.

Ma, non è questo il caso: il tipo dicoriandolo a cui si fa riferimento inquesto articolo, infatti, non potreb-be essere più lontano dalle masche-re del Martedì Grasso.

Chiamato anche prezzemoloorientale, il coriandolo è una piantaerbacea annuale che appartiene al-la famiglia delle Apiacee o Ombrel-lifere; il nome botanico della piantaderiva dal greco (Coriandrum Sati-vum) e significa “somigliante allacimice”, per il fatto che le foglie diquesta pianta e i suoi frutti imma-turi emanino un odore leggermen-te sgradevole, e che per certi versiricorda quello delle cimici verdi.

Molto utilizzato nella cucinaorientale, il sapore del coriandoloassume connotazioni differenti aseconda che ne vengano usate le fo-glie o i frutti: nel primo caso infatti,la pianta fresca ha un sapore pic-cante e intenso, mentre nel secondoi frutti hanno un sapore dolce conuno spiccato retrogusto di limone.

In entrambi i casi, la pianta è usa-ta per insaporire zuppe, piatti diverdure e legumi, insalate, carne opesce. Inoltre, la Comunità Euro-pea ne ha recentemente approvatol’utilizzo sotto forma di olio essen-ziale ad uso alimentare.

Ma cosa può offrire dal punto divista nutrizionale?

Il coriandolo è un vegetale moltopovero in termini calorici, appor-tando solo 23kcal ogni 100grammidi prodotto; presenta inoltre un ele-vato quantitativo di fibre e un ridot-to apporto di grassi.

I micronutrienti di cui è più riccoil coriandolo sono il potassio(521mg in 100 grammi di fresco),vitamina K (310 microgrammi in100 grammi di prodotto) e beta-ca-rotene (antiossidante in grado diconferirgli il colore verde intenso).

Le particolari caratteristiche nu-trizionali conferiscono al coriando-lo proprietà uniche per contrastarenumerose condizioni patologiche.In dettaglio:

-Stimola la digestione: i frutti delcoriandolo sono ottimi per favorirel’attività digestiva e i movimenti pe-ristaltici, oltre ad aumentare la

produzione dei succhi gastrici; es-so inoltre contrasta la comparsa digas addominali.

-Ha proprietà antibatteriche e di-sinfettanti: studi condotti e pubbli-cati sul Journal of Medical Micro-biology, hanno dimostrato la po-tente attività dell’olio essenziale dicoriandolo nel contrastare le infe-zioni alimentari o ospedaliere.

Viene spesso utilizzato anche informulazioni disinfettanti.

-Ha attività antifungina: stretta-mente connesse alle già citate pro-prietà antimicrobiche, il coriando-lo si è mostrato essere un potenteantifungino; è un potenziale candi-dato per il trattamento delle candi-dosi orali, come quelle associateall’utilizzo di protesi dentarie.

-È un potente antiossidante: se-condo alcuni studi, gli estratti eta-nolici delle foglie di coriandolo sa-rebbero in grado di contrastare lacomparsa di radicali liberi (ROS),attivi nel processo di invecchia-mento della pelle.

-I semi di coriandolo riducono i li-velli di colesterolo e glicemia: studicondotti nei ratti, hanno mostratocome l’assunzione di semi di co-riandolo comportasse una riduzio-ne dei livelli del colesterolo cattivo(LDL), e contemporaneamente, unaumento dei livelli del colesterolo

buono (HDL).Analogamente, la somministra-

zione di estratto di semi di corian-dolo in ratti con diabete indotto, sti-molerebbe una maggiore attivitàdelle cellule del Pancreas con suc-cessivo decremento dei livelli diglucosio nel sangue.

-Riduce ansia e stress e favorisceil sonno: l’azione benefica del co-riandolo sembrerebbe migliorarela qualità del sonno, oltre ad alle-viare ansia e stress.

Sebbene il coriandolo e i suoi se-mi siano considerati sicuri, è op-portuno riportare la possibilità dicomparsa di reazioni allergiche,soprattutto in soggetti già allergiciad erbe simili, come il finocchio.Non è ancora noto, inoltre, il suo ef-fetto in gravidanza.

Infine, concludo con una curiosi-tà, a fronte di quanto affermatonell’incipit di questo stesso artico-lo: nonostante si tratti di cose com-pletamente differenti, in realtà, ipezzetti di carta lanciati a Carneva-le devono il loro nome a questa spe-zia.

Nel XV secolo infatti, durante ifesteggiamenti era tradizione lan-ciare confetti, che nella maggio-ranza dei casi consistevano proprioin semi di coriandolo glassati!

* Biologa-Nutrizionista

ti e yogurt, portano ad un au-mento dell’idratazione corpo-rea e quindi alla riduzionedella ritenzione idrica, che èla condizione che determinauno scorretto funzionamentodel microcircolo.

Nella scelta di frutta e ver-dura è importante tener pre-sente alcune suggerimenti :

-devono essere privilegiatigli alimenti ricchi di vitami-na C e polifenoli:

(agrumi, kiwi, spinaci) ele-menti che tonificano i vasisanguigni e contribuisconoal contempo all’eliminazionedei radicali liberi. La vitami-na C è fondamentale per lasintesi del collagene, protei-na che svolge effetti struttu-rali e di sostegno non solo deivasi sanguigni ma di tutto ilderma.

- alimenti di colore viola oblu scuro: (mirtilli, ribes, mo-re). Tale colorito sta ad indi-care una forte presenza dibioflavonoidi e antocianine,fondamentali per rafforzarela struttura di tutti i vasi san-guigni, migliorandone l’ela -sticità delle pareti.

-alimenti ricchi di magne-sio, potassio e calcio,

utili a contrastareil

rallentamen -to della circola-zione.

- verdure co-me asparagi,carciofi, caro-

te, cavoli, cavol-fiori, cetrioli, ci-

polla, finocchi, in-divia, lattuga, pepero-

ni, pomodori, radicchio, se-dano, molte delle quali ricchedi potassio e povere di sodio,altre con spiccate proprietàdiuretiche.

- cereali integrali e legumi,poiché le fibre aumentano lamotilità intestinale e allonta-nano il pericolo di stitichezza,un disturbo che ostacola il de-flusso venoso a livello addo-minale.

Quindi, più verdura e frut-ta, specie quella rossa, natu-ralmente ricca di sostanze ca-pillaroprotettrici , pochigrassi, più legumi e un giu-sto apporto di cereali che, perla loro ricchezza in fibre, aiu-tano il transito intestinale,combattendo il gonfiore. Li-mitare il consumo di alcolici efare attenzione all’eccesso disale poiché facilita il ristagnovenoso e favorisce l’aumentodella pressione, contribuen-do a peggiorare i sintomidell’insufficienza venosa.

Pertanto adottare un’ ali -mentazione sana ed equili-brata ed uno stile di vita cor-retto è essenziale per preveni-re e combattere disturbi fasti-diosi e frequenti, come ap-punto la ritenzione idrica.

*Specialista in scienzadell’alimentazione

SALUTE & BENESSERE

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P re v e n i regli infortunimuscolari

u LESIONI. Dagli strappi agli stiramenti

Alessandro Ciarimboli*

C apita fre-quente -mente di

ascoltare servizigiornalistici neiquali si fa cenno aLesioni Muscola-ri capitate ad atle-

ti e classificate nella manierapiù svariata e fantasiosa. Sisente, infatti, parlare di Strap-po, Distrazione, Stiramentocon grande disinvoltura. Inrealtà, al di là della classifica-zione, che pure è importanteperché ne condiziona il recupe-ro e ne caratterizza il tratta-mento, per un Fisiatra è estre-mamente qualificante la “pre -venzione” dell’infortunio mu-scolare stesso. Ma andiamocon ordine. Una lesione mu-scolare può essere Diretta secausata da un trauma che col-pisce direttamente il muscolo(un calcio, uno scontro di gio-co) o “indiretta”cioè causata datantissimi fattori che da soli oinsieme ne causano la rottura.È particolarmente in questoambito che ha grande impor-tanza l’aspetto valutativo e checontraddistingue la conoscen-za del Fisiatra rispetto ai varispecialisti d’organo. Un mu-scolo normalmente lavora se-condo la sua funzione anato-mica perché è espressione disue qualità intrinseche (resi-stenza e visco elasticità), di ap-porto metabolico corretto e in-terferenza neuro muscolare.L’allenamento agisce su questitre fronti per migliorarne leperformance a seconda dellosport praticato. Un muscolo,purtroppo, va incontro a rottu-ra per uno squilibrio dei suoilivelli di omeostasi (apportometabolico, eccessivo carico dasquilibrio muscolare o da squi-librio posturale) o per scarsacoordinazione neuro muscola-re, nonché per concomitantifattori esterni quali incongruesuperfici di appoggio o fattoriclimatici sfavorevoli. È pro-prio qui che interviene l’aspet -to valutativo, fondamentalenella prevenzione ma anchenel trattamento della eventua-le lesione. Per iniziare è oppor-tuno conoscere anamnestica-mente lo sviluppo dell’atleta,sapere se ha avuto altre lesioniin passato e in che zona del cor-po, se assume certi tipi di medi-cinali (tipo le statine per il Cole-sterolo), che tipo di alimenta-zione fa e se riposa adeguata-mente. Lesioni ripetute nellostesso segmento muscolare la-sciano pensare a un sovracca-rico posturale o ad una eccessi-va prevalenza del muscolo an-tagonista. Da qui a intuire cheè necessaria una corretta valu-tazione posturale il passaggioè immediato: partendo dal bas-so, occhio all’appoggio planta-re, alla elasticità delle catene

muscolari posteriori, agli sta-bilizzatori del bacino e, per fi-nire, alla colonna. Utilissimoeffettuare i Test di Forza Isoci-netica e Dinamica (come, adesempio, l’One Jump Test pergli arti inferiori) valutando an-che la coordinazione motoria.Trovare un vulnus in questevalutazioni fa sì che l’interven -to riabilitativo prima e di ria-tletizzazione poi sia preciso edefficiente. Una volta avvenutala Lesione Muscolare si puòpensare a tre gradi di gravità,I, II e III grado, a seconda dellaquantità di fibre muscolaridanneggiate. Nelle cosiddette“Elongazioni” non vi è tracciadi lesione di fibra muscolare,anche se la distinzione clinicatra una Elongazione e una Le-sione di I Grado è veramentecomplicata. Fondamentale, neitempi giusti, una stadiazioneecografica o, nei casi più gravi,con Risonanza Magnetica Nu-cleare. L’utilità delle metodi-che sovra indicate sta nel fattodi accertare la presenza o me-

no di componente liquida lesio-nale, come edema o sangue,che richiede prudenza nella at-tività di recupero e adozione ditecniche mediche e Fisioterapi-che di tipo antiedemigeno. Laprognosi di una lesione dipen-de sostanzialmente dalla clini-ca, dalla storia del paziente edalle immagini. Forzare i tem-pi di recupero confligge soven-te con un buon recupero e unaveloce riatletizzazione. NelTrattamento Riabilitativo, uti-lissimo in primo ordine la Te-rapia Fisica, con la TECARTE-RAPIA* e la CRIO IPERTER-MIA** che la fanno da padroneper la possibilità di contrastarel’edema e favorire una correttaguarigione della lesione. Utilel’Idrochinesiterapia soprattut-to nelle fasi iniziali e quandodomina l’aspetto di contrattu-ra lesionale. Il rinforzo musco-lare isotonico ed isocinetico,assieme alla pliometria***,rappresentano le fasi successi-ve del trattamento, associateagli esercizi di propriocezione

e di equilibrio neuromotorio.*La tecarterapia è una termo-

terapia endogena cioè una tec-nologia a base di radiofrequen-ze che generano calore internoper l’incontro tra le radiofre-quenze stesse e gli elementi ana-tomici che incontrano (muscoli,tendini, ossa ecc.)

**La crio termoterapia sfruttagli effetti determinata da alter-nanza di caldo e freddo

***La pliometria è una attivitàfisica caratterizzata dal rapidosusseguirsi di contrazioni ec-centriche e concentriche (peresempio una serie di salti)

*Fisiatra

u MEDICINA. Dall’intervento alla riabilitazione

Alla scoperta della neuro-ortopediaL’obiettivo primario è favorire il recupero della deambulazione

Paolo Zerbinati*

La neuro ortopedia è quellabranca dell’ortopedia che sioccupa del trattamento di pa-zienti che hanno avuto lesionicelebrali. Mi riferisco a bambi-ni con esiti di paralisi celebraliinfantili, così come a pazienticon esiti di ictus sia ischemici

che emorragici. In entrambi i casi ci sonoproblematiche nel cammino dovute ad alte-razioni degli arti sia superiori che inferiori.Si assiste infatti alla presenza di emiplegie edifficoltà e addirittura perdite del cammi-no. La difficoltà del paziente conseguenzial-mente è quella di non riuscire a gestire lenormali attività quotidiane. Ovviamenterientrano tra questi pazienti anche giovanicon esisti di incidenti stradali in cui c’è unquadro di coinvolgimento dei quattro arti.

Rientrano in neuro ortopedia anche tuttele patologie neuro muscolari, cioè quellemalattie genetiche nella quali c’è un’altera -zione a livello della conduzione nervosa; ciòdeterminerà deformità a livello di piede emano. Innanzitutto il neurochirurgo/orto-pedico si avvale ogni giorno dell’importanteutilizzo degli strumenti di diagnosi di esa-me del cammino. Vuol dire che il pazientesia il bambino che l’adulto, attraversoLAMB verrà valutato nella sua capacità am-bulatoria e verranno analizzati tutti i mu-scoli coinvolti nella funzionalità. In tal mo-do si riuscirà a capire con questa indagine,quali sono i muscoli che sono più attivi, cosìcome verranno evidenziati quelli non fun-zionanti. Grazie all’esame del cammino ilchirurgo avrà un’idea chiara di che tipo diintervento dovrà effettuare, quali le corre-zioni da apportare.

Ma cosa prevedono questi interventi chi-rurgici? Allungamenti tendinei, trasfer(trasferire un tendine da una parte all’altra)e correggere, utilizzando il tendine stesso,la deformità. In tal modo sarà possibile cor-reggere qualunque deformità e permettereal paziente di recuperare la maggior partedelle sue capacità neuromotorie. Ovvia-mente all’intervento seguirà una specificariabilitazione neuoromotoria necessariaper il recupero dell’obiettivo prefissato. Ladifferenza tra una chirurgia ortopedica euna funzionale è che mentre la prima si in-teressa solo di guarire una frattura, la se-conda darà al paziente l’opportunità di re-cuperare la normalità. Sarà quindi necessa-

rio che il chirurgo funzionale tenga presen-te dell’interesse globale del paziente. Solo intal modo la riabilitazione, conseguenzialeall’intervento, porterà al ripristino dellanormalità.

Riuscire a correggere deformazioni alpiede o al ginocchio è l’obiettivo che si ponela chirurgia funzionale per permettere unrecupero del cammino senza ausili.

L’obiettivo finale è quello di rendere il pa-ziente attivo, reinserirlo nell’ambito lavora-tivo, cosa che anche da un punto di vista psi-cologico è determinante affinché esso sisenta ancora parte integrante della società.

*Neurochirurgo ortopedicoOspedale Santa Maria Multimedica (Varese)

SALUTE & BENESSERE

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u C O N TAG I . Un’ottimale vestibilità della stessa può aumentarne l'efficienza complessiva massimizzandone le prestazioni

Mascherine,ottimizzar nel’ef ficaciaBiagio Campana*

I l controllo dellatrasmissione diSARS-CoV-2 è

fondamentale non so-lo per ridurre gli effet-ti della pandemia sul-la salute umana e sul-l'economia, ma anche

per rallentare la diffusione virale el'emergere di varianti che potrebbe-ro alterare le dinamiche di trasmis-sione o influenzare l'efficacia delladiagnostica, dei trattamenti farma-cologici e soprattutto dei vaccini giàin uso nelle varie latitudini del mon-do. Fino al raggiungimento dellatanto auspicata “immunità di greg-ge”, l’utilizzo delle mascherine rap-presenta uno strumento altamenteefficace per rallentare la diffusionedi SARS-CoV-2 se combinato con al-tre misure protettive, come distan-ziamento fisico, sfuggire a luoghiaffollati e spazi interni scarsamenteventilati ed una corretta e continuaigiene delle mani. In base ai dati ri-portati in un articolo pubblicato lasettimana scorsa su Early Releasedal titolo “Maximizing Fit for Clothand Medical Procedure Masks to Im-prove Performance and ReduceSARS-CoV-2 Transmission andExposure”, 2021”, si evince che l’uti -lizzo di una doppia mascherina puòridurre il rischio di contagio mentreun’ottimale vestibilità della stessapuò aumentarne l'efficienza com-plessiva massimizzandone le presta-zioni. Le mascherine maggiormen-te in uso tra la popolazione ossia lemascherine chirurgiche e quelle intessuto riducono sostanzialmente legoccioline respiratorie espirate e gliaerosol da portatori infetti e riduco-no l'esposizione di portatori non in-fetti a queste particelle. Le masche-rine in tessuto e quelle chirurgicherisultano molto più tollerate rispet-to ai cosiddetti tiranti (FP2, KN 95)utilizzati in ambiente sanitario ed inaltri contesti ad elevatissimo rischiodi contagio. La misura in cui questemascherine di uso comune riduconol'espirazione e l'inalazione di parti-celle nell'intervallo di dimensionidell'aerosol varia sostanzialmenteperché l'aria può fuoriuscire dai bor-di, specialmente attraverso gli spazilaterali. Uno degli esperimenti ri-portato in questo studio ha previstol’utilizzo di una mascherina di stoffasu una mascherina chirurgica ap-poste su due teste artificiali distan-ziate di circa 2 metri, verificandoquante particelle delle dimensionidel coronavirus emesse da una testaartificiale venivano inalate dall’al -tra. I ricercatori hanno scoperto cheindossare una sola mascherina-chi-rurgica o in tessuto- blocca circa il40% delle particelle dirette alla testainalante. Con una mascherina distoffa sopra una chirurgica, la per-centuale sale al 80%. Quando en-trambe le teste artificiali indossanodoppia mascherina, si raggiunge il95%. L’altro esperimento ha dimo-strato come manovre di annoda-mento e rimboccatura, in grado damigliorare l’aderenza al viso, posso-no ridurre notevolmente le perditelaterali andando quindi a migliorar-

ne la capacità protettiva. Al di làdell’ottimismo scatenato sui social,dove vengono purtroppo riportatesempre più spesso “informazioniparziali”, i risultati di questo studiosono soggette, però, ad almenoquattro limitazioni e sono fonte didibattito. Innanzitutto, questo espe-rimento è stato condotto con un tipodi mascherina chirurgica e un tipodi mascherina in tessuto scelte tra letante disponibili in commercio e ave-vano lo scopo di fornire dati sulle lo-ro prestazioni relative ad un am-biente controllato. I risultati di que-ste simulazioni non devono essere

generalizzati all'efficacia di tutte lemascherine chirurgiche o masche-rine in tessuto né interpretati comerappresentativi dell'efficacia di que-ste mascherine quando indossate incontesti reali. In secondo luogo, que-sti esperimenti non includevano al-tre combinazioni di mascherine, co-me stoffa su stoffa, mascherina chi-rurgica su chirurgica o mascherinachirurgica su stoffa. In terzo luogo,questi risultati potrebbero non esse-re generalizzabili ai bambini a causadelle loro dimensioni ridotte o agliuomini con barba e altri peli sul viso,che interferiscono con la vestibilità.

Infine, sebbene l'utilizzo della dop-pia mascherina e l’annodatura erimboccatura siano due delle molteopzioni che possono ottimizzare lavestibilità e migliorare le prestazio-ni della mascherina per il controllodella sorgente e per la protezione dichi lo indossa, la sovrapposizionesul viso di due dispositivi potrebbeimpedire la respirazione o ostacola-re la visione periferica mentre anno-dare e rimboccare potrebbe cambia-re la forma della mascherina in mo-do che non copra più completamentesia il naso che la bocca delle personecon facce più grandi. Premesso che

il primo passo rimane e rimarràsempre convincere la gente ad in-dossare almeno una mascherina, Icontinui sforzi per migliorare la ve-stibilità e di conseguenza le presta-zioni delle mascherine sia di quellein tessuto che chirurgiche meritanosicuramente grande attenzione e sirileveranno importantissimi nellalotta alla pandemia da SARS-COVID2 in attesa del raggiungimento dellatanto auspicata immunità di greggeche ad oggi appare, purtroppo, an-cora una chimera.

*Specialsita in Malattiedell’apparato Respiratorio

Cirrosi epatica: prevenzioneper migliorare la qualità di vitaM igliorare l’aderenza

alla terapia, prevenirecomplicanze gravi co-

me encefalopatia epatica e asci-te, potenziare l’assistenza do-miciliare, formare il paziente eil caregiver, rendere sostenibi-li le cure e aumentare la quali-tà e l’aspettativa di vita. Questigli argomenti discussi, con iprincipali interlocutori dellaRegione Campania, durante ilWebinar: “Focus Campania:La realtà italiana della cirrosiepatica in epoca pandemica traterapie e impatto socio econo-mico”, organizzato da MotoreSanità grazie alla sponsorizza-zione non condizionante di Al-fasigma S.p.A.

Particolare attenzione è statadata alla necessità di prevenirel’encefalopatia epatica dato cheè la più invalidante complican-za della cirrosi, causa di ripetutiricoveri, di problemi per tutto ilcontesto familiare del paziente edi un aggravio dei costi per ilSSN.

“Le malattie di fegato in Cam-pania sono state e continuanoad essere una piaga sia in termi-ni di mortalità e morbilità, sia intermini di costi per pazienti edIstituzioni. La Campania è la re-gione in cui continua a regi-strarsi il maggior numero di

positività ai virus epatici tra idonatori di sangue secondol’Osservatorio Nazionale BuonePratiche sulla sicurezza in Sa-nità pubblicato nel 2019.

Stiamo, altresì, osservandoun significativo incrementodelle epatopatie da alcol e da di-smetabolismo ( NASH). L’anali -si dei dati relativa alle schede didimissione ospedaliera, nel pe-riodo 2012 -2016, ha intercetta-to in Campania, al 1° gennaio2016, 21.433 pazienti affetti dacirrosi epatica; di questi il42,9% aveva già presentato unaforma di scompenso. Si regi-strano, ogni anno, nella regio-ne circa 1800 decessi per cirrosiepatica e/o tumore al fegato: 5

persone ogni giorno muoiono!Questi numeri palesano unaprevalenza di malattia ben di-versa rispetto alla media nazio-nale; Epatocarcinoma e Tra-pianto di fegato contribuisconoin Campania al forte saldo ne-gativo per migrazione sanita-ria. Per fronteggiare l’emer -genza si è costituita in Campa-nia, nel 2016, una “task force”di medici, istituzioni ed associa-zioni di pazienti finalizzata agarantire programmazione, ilcostante monitoraggio delleesigenze assistenziali nei “con -testi reali” ed uno scrupoloso ri-spetto dei percorsi diagnostico– terapeutico - assistenziali. Sia-mo, oggi, la prima Regione d’

Italia in termini di terapia ero-gate/popolazione per la curadell’epatite C; abbiamo creatouna rete efficiente ed efficaceper la cura dell’epatocarcinomaattraverso un Percorso Diagno-stico Terapeutico Assistenzialeregolato dalla Rete OncologicaCampana, stiamo riuscendo acreare una organizzazione per itrapianti di fegato sempre piùvalida, incrementando la fidu-cia dei cittadini e riducendo lamigrazione sanitaria. Il prossi-mo obiettivo è formalizzare unPDTA Regionale della CirrosiEpatica consapevoli del fattoche la complessità dell’assisten -za sia domiciliare sia ospedalie-ra, nonché i costi sanitari cre-scono con l’aggravarsi della pa-tologia quando non intercettatatempestivamente. I PDTA e l’at -tivazione delle AggregazioniFunzionali Territoriali contri-buiranno, in Campania, alla ri-voluzione Sanitaria e all’abban -dono della visione “Ospedalo -centrico” che costa pel la solaCirrosi Epatica più di 73 milionidi euro ogni anno”, ha dichiara-to Ernesto Claar, Direttoredell’Unità Operativa di Epatolo-gia dell’Ospedale EvangelicoBetania e Coordinatore Net-work Epatologico - ASL NapoliCentro

SALUTE & BENESSERE

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Giovedì 18 febbraio [email protected] 21

Quel doloreall’avampiede

Il paziente riferisce unformicolio della zona

Più frequente nelle donne, produce sintomi quandoraggiunge un diametro almeno di 4 mm

u PAT O L O G I E . Si chiama neuroma di Morton, è dovuto alla compressione del nervo interdigitale

Luigi Monaco*

Il neuroma di Mortonè dovuta a compres-sione del nervo inter-digitale con conse-guente degenerazio-ne neurale associataa fibrosi perineurale.E’ una patologia non

neoplastica conseguente a fenome-ni di compressione meccanica a li-vello dello spazio intermetatarsale.Il secondo e terzo nervo interdigita-le nell’avampiede sono più comune-mente coinvolti. Il neuroma solita-mente produce sintomi quandoraggiunge un diametro almeno di4 mm.Questa patologia interessa preva-lentemente la terza decade di vitaed è più frequente nelle donne..

STORIANel 1835 il professore Civinini in-dividua in sala settoria dell’Univer -sità di Pisa un gonfiore fusiformedel terzo nervo digitale. Nel 1845Durlacher riconduce il gonfiore delnervo ad una condizione dolorosadal punto di vista clinico. Nel 1876Thomas Morton definisce la condi-zione clinica come “ un’ affezionedolorosa specifica della quarta arti-colazione metatarso-falangea”

ANATOMIA PATOLOGICAL’aspetto macroscopico del neuro-ma è l’aumento di volume localizza-to del nervo digitale plantare alpunto di biforcazione nei suoi ramidigitali. In relazione alle alterazio-ni istopatologiche del nervo inter-digitale coinvolto si distingue:-Fase iniziale caratterizzata da ede-ma dell’endonervio (infiammazio-ne);-Fase centrale caratterizzata da fi-brosi;-Fase finale caratterizzata da scle-rosi, demielinizzazione diffusa delnervo e fenomeni di occlusione va-sale concomitante.

CLINICAIl paziente solitamente riferisce unintorpidimento e formicolio dellazona che si irradia alle dita. Il dolo-re spesso è localizzato in sede plan-tare in corrispondenza dello spaziointermetatarsale e viene definitodal paziente come bruciore ( doloreurente, insopportabile).Può essere segnalato anche la sen-sazione di una neoformazione insede plantare con disestesie che ri-cordano la sensazione di cammina-re su una pallina o su qualcosa dirugoso.I sintomi vengono aggravati da unpeso eccessivo del paziente, dallastazione eretta prolungata,dall’uso di calzature chiuse a puntastretta e con tacco alto. La deformi-tà delle dita, il piede cavo o piatto epregresse osteotomie metatarsalipossono essere concause.Un’attenta palpazione lungo il de-corso dei nervi interdigitali è utileper individuare il punto di com-pressione del nervo e se l’interessa -mento del nervo interessa più pun-ti intermetatarsali. L’iniezione dianestetico sotto il legamento inter-metatarsale sede del dolore deter-mina un sollievo immediato alladeambulazione.

DIAGNOSIL’esame clinico risulta fondamen-tale per l’inquadramento della pa-tologia, ma per una diagnosi accu-rata è necessario ricorrere ad esa-mi strumentali:RADIOGRAFIA SOTTO CARICO:serve ad escludere patologie sche-letriche ( fratture da stress, neofor-mazioni ossee), ma non è in gradodi documentare la presenza delneuroma.ECOGRAFIA: lo studio eseguito incondizione basale e sotto stress (iperflessione digitale) permette diindividuare la presenza del neuro-ma in sede intermetatarsale.Il neuroma si identifica come for-mazione nodulare ovoidale a strut-tura omogenea ipoecogena.Lo studio ecografico deve poter de-finire:-il decorso del nervo interessato ( lasede)-la struttura del neuroma ( se è pre-sente una componente infiamma-toria del nervo)-le dimensioni della massa.La valutazione del diametro è undato importante in quanto è previ-sto l’intervento chirurgico quandola tumefazione del nervo raggiun-ge i 10 mm. di diametro.RISONANZA MAGNETICA: risul-ta fondamentale in particolare perpresentazioni atipiche e come inda-gine pre-operatoria. Il neuromaviene individuato come massa bendelimitata nelle sequenze T1 conbassa intensità di segnale.

TERAPIALa maggior parte dei pazienti pos-sono essere trattati in modo con-servativo cioè riducendo la pressio-ne a livello plantare ed eliminandoin questo modo l’irritazione delnervo.Risulta utile la modifica delle calza-ture, l’utilizzo di ortesi plantari sumisura, assunzione di farmaci an-ti-infiammatori non steroidei ediniezioni locali di cortisone. Alcunistudi raccomandano di evitare unuso eccessivo di corticosteroidi inquanto sono stati descritti fenome-ni di atrofia del cuscinetto adiposoplantare e discromie cutanee se-condarie ad uso eccessivo di corti-sone.Alcuni autori riportano un miglio-ramento anche con l’uso di iniezio-ni di vitamina B12.Il trattamento chirurgico va riser-vato a quei pazienti che non rispon-dono al trattamento conservativo.Trattamenti mini-invasivi:-elettrocoagulazione percutanea-decompressione endoscopica-denervazione criogenica-iniezione di alcol-fenoloTrattamenti chirurgici-neurolisi-sezione del legamento intermeta-tarsale con o senza neurolisi-resezione del nervo-trasposizione intermuscolare delNeuroma.Le principali complicazioni dopo iltrattamento cruento del Neuromadi Morton sono l’intorpidimentodello spazio interdigitale, difficoltànell’indossare calzature ( fino al70% dei casi) specie se con tacco al-to. Al fine di ridurre l’incidenza del-

le complicanze è necessario preve-nire la formazione di ematomi post-operatori.

CONCLUSIONEIl neuroma di Morton è una patolo-gia dell’avampiede particolarmen-te invalidante. La valutazione clini-

ca è fondamentale per il sospetto dipatologia, ma il corretto inquadra-mento diagnostico richiede un ap-proccio multidisciplinare. L’eco -grafia eseguita da medici espertinel campo permette una visualizza-zione diretta del neuroma e, grazie

alle proprietà proprie della metodi-ca, risulta utile nella valutazione adistanza di tempo dopo trattamen-to conservativo o chirurgico.

*Medico specialista in RadiologiaResponsabile Unità operativadi Ecografia Azienda Moscati

Secrezioni dal capezzolo:ecco cosa fareGraziella Di Grezia*

L e secrezioni dal capezzolo sonoreperti frequenti che merita-no in primo luogo una valuta-

zione clinica.Quando parliamo di secrezioni fi-

siologiche ci riferiamo a liquido dicolore giallo, verde o bianco. È tipi-camente bilaterale e provocata. Si

parla di galattorrea quando la secrezione bianca-stra si verifica ad almeno unanno dalla fine dell’allatta -mento; in caso contrario,quando non è riportato al-lattamento in anamnesi, lacausa più frequente di se-crezione lattescente è l’iper -prolattinemia, correlata aduna patologia endocrina oad un effetto collaterale dialcuni farmaci. Si può an-che riscontrare una lieve di-latazione dei dotti retroa-reolari, tipica dell’età adul-ta, talvolta associata a se-crezioni tendenti al verde eal marrone. Episodi di se-crezione fisiologica non richiedono particolari at-tenzioni se non i controlli annuali per le donne inrelazione alla fascia d’età e alla densità mammo-grafica.

Un esame mammografico integrato quantome-no da una valutazione ecografica retroareolarerappresenta una necessaria valutazione di primalinea.

Secrezioni patologiche sono quelle unilaterali espontanee e possono essere associate sia a patolo-gie benigne che maligne; risultano sospette anchele secrezioni nell’uomo. Quando la secrezione si as-socia ad un reperto clinico (massa palpabile) oall’introflessione recente di un capezzolo, l’iter dia-

gnostico deve essere completo e integrato.Il papilloma è la causa più frequente di secrezio-

ne patologica e si verifica in circa la metà dei casi.Può essere solitario intraduttale o multiplo e pe-

riferico e richiede una escissione chirurgica, invirtù della possibile degenerazione maligna dellalesione; controversa invece la necessità di ricorre-re all’intervento chirurgico in caso di diagnosi dipapilloma asintomatico.

Ulteriore causa di sanguinamento può esserel’ectasia duttale, una dilatazione le cui caratteristi-

che specifiche possono es-sere dedotte dagli esami didiagnostica ed orientareverso una patologia beni-gna o maligna.

Soltanto il 10% circa del-le neoplasie della mammel-la si può presentare conuna secrezione ematica ein genere si tratta di uncarcinoma duttale in situ.

In questi casi, gli esamidi primo livello vengonointegrati con la duttoga-lattografia, che consentedi visualizzare difetti diopacizzazione del dotto,

esame oggi sempre più spesso sostituito dalla Ri-sonanza Magnetica che può rivelare impregnazio-ne di contrasto di parete o lume del dotto ostruito.

Ad oggi sono prese in considerazione anche evo-luzioni diagnostiche rappresentate dalla dutto-RM e dalla tomosintesi mammaria associata alladuttogalattografia.

La negatività dell’esame di Risonanza Magneti-ca consente di fatto di proseguire il follow-up comealternativa all’intervento chirurgico, se non indi-cato. E’ come sempre il Radiologo Senologo a for-mulare un giudizio diagnostico conclusivo [AJRFeb 2021].

* Radiologo PhD

SALUTE & BENESSERE

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Giovedì 18 febbraio [email protected]

Mario Polichetti*

I l diabete è unamalattia croni-ca che provoca

nel soggetto affettoun aumento dei li-velli di glucosio nelsangue rispetto aivalori di normalità.

Si parla di diabete gestazionalequando tale patologia viene dia-gnostica nel secondo o nel terzotrimestre di gravidanza. Tale con-dizione può manifestarsi in circa il18% delle gravide. Si definisce dia-bete pre- gestazionale la condizio-ne nella quale una donna già dia-betica si trova ed essere gravida.Nel corso della gravidanza si veri-fica una variazione della produ-zione di numerosi ormoni e avven-gono dei cambiamenti, come l’au -mento di peso, che possono modi-ficare la risposta delle celluledell’organismo all’insulina.L’insulina, come è noto, è l’ormo -ne che regola l’ingresso del gluco-sio dal sangue nelle cellule, doveviene utilizzato per la produzionedell’energia che serve all’organi -smo per vivere e quindi grazie atale ormone vengono mantenuticostanti i livelli di glicemia. Si par-la di diabete quando le celluledell’organismo cessano di rispon-dere all’insulina; tale condizionesi definisce insulino – resistenza.Nella maggior parte delle gravi-danze la secrezione di insulina è diper sé sufficiente a superare que-sta resistenza ma in taluni casi,specie negli ultimi mesi della gra-vidanza tutto ciò non avviene e sisviluppa il diabete gestazionale.In genere il diabete gestazionalescompare dopo il parto ma a di-stanza di anni può ricomparire co-me diabete di tipo II. Secondo i datidella letteratura il 6 - 7 % di tutte legravidanze può essere complicatodal diabete. Questa condizione pa-tologica può aumentare l’inciden -za di problemi di salute nel feto(aborto, malformazioni congeni-te) e nella gestante che può vedereaumentato del 30% il rischio disviluppare il diabete di tipo II nelcorso della propria vita. Se la dia-gnosi di diabete viene posta preco-cemente e la malattia viene gestitain maniera adeguata si riduce no-tevolmente il rischio di questecomplicanze, viceversa , se il dia-bete non è controllato aumentanotevolmente il rischio di compli-canze in gravidanza e durante ilparto insieme all’aumento di mal-formazioni fetali specie a caricodel cuore.Si può affermare con chiarezzache questa condizione rappresen-ta un notevole rischio sia per ladonna gravida che per il bambi-no.Il diabete gestazionale può infattiportare a nascita prematura, par-to distocico, ipoglicemia post na-tale, problemi respiratori e mag-gior rischio di obesità e di svilup-pare diabete di tipo II in età adulta.Nella gestante si possono verifica-re un aumento della pressionesanguigna e la presenza di protei-

ne nelle urine che rappresentanoil quadro della gestosi. Se vieneposta diagnosi di gestosi, condi-zione estremamente pericolosaper la donna e per il feto, una voltaraggiunte le 37° settimane di gra-vidanza, il ginecologo può decide-re di far nascere il bambino in an-ticipo. Se invece non sono stateraggiunte le 37 settimane è op-portuno adottare gli interventinecessari per accelerare lo svilup-po fetale e quindi programmare lanascita.In generale tutte le pazienti posso-no sviluppare il diabete gestazio-

nale durante la gravidanza ma ilrischio aumenta in talune condi-zioni come nei casi in cui l’indicedi massa corporea è superiore a 30, il neonato in una precedente gra-vidanza pesava 4500kg o poco piùalla nascita , in una gravidanzaprecedente era presente il diabetegestazionale, c’è familiarità per ildiabete o si appartiene alla etniesud – asiatiche, cinesi, afro – ca -raibiche o medio – orientali.I sintomi del diabete gestazionalesono molto sfumati per cui la dia-gnosi viene effettuata a seguitodei normali controlli che si effet-tuano in gravidanza. Possono fa-cilitare la diagnosi sintomi come,la necessità di bere frequentemen-te, la bocca asciutta, la sensazionedi stanchezza ed il bisogno di uri-nare più frequentemente del soli-to.Nella maggior parte dei casi legravide diabetiche hanno un de-corso della gravidanza normale ela nascita di bambini sani. In talu-ni casi però, ci si può trovare difronte ad una eccessiva crescitadel feto che può portare a difficol-tà durante il parto. Altra compli-canza è rappresentata da un au-mento eccessivo del liquido am-niotico che può causare un trava-glio prematuro e problemi duran-te il parto, nascita prematura pri-ma della 37° settimana, gestosi,ipoglicemia e , nei primi mesi digravidanza può condurre ancheall’aborto.Durante la prima visita tra le 8 –12 settimane di gravidanza il gi-necologo valuterà attraverso il

colloquio con la gravida se ci sonouno o più fattori di rischio per losviluppo del diabete gestazionale.Se esiste un rischio documentato,alla gravida verrà proposto un te-st di screening che è il test di tolle-ranza al glucosio orale che si effet-tua mediante la somministrazio-ne per via orale di una soluzionecontenente 75gr di glucosio e l’ef -fettuazione dopo la prima e la se-conda ora di prelievi di sangue dauna vena del braccio per misurarela glicemia. Il test si effettua tra la16° - e la 18° settimana di gravi-danza e poi tra la 24° e la 28° setti-

mana. In presenza di diabete ge-stazionale la sorveglianza dellagravidanza dovrà essere più fre-quente per controllare l’insorgen -za di eventuali complicanze. Se iltravaglio di parto non inizia spon-taneamente potrebbe essere ne-cessario indurlo o , in taluni casieseguire un taglio cesareo. Il par-to anticipato può essere consiglia-to se ci sono rischi per la salute delneonato o se non è possibile con-trollare perfettamente la glice-mia. Il diabete gestazionale nor-malmente, scompare dopo la na-scita del bambino ma le pazientiche ne sono state affette sonoesposte ad un rischio maggiore di

sviluppare il diabete gestazionalein gravidanze future ed il diabetedi tipo II nel corso della vita. Sarànecessario effettuare controllidella glicemia per 6- 13 settimanedopo il parto e successivamenteogni anno se i valori della glice-mia si mantengono entro la nor-ma. Durante questo periodo se simanifestano i tipici sintomi deldiabete è opportuno consultare ilproprio medico di famiglia. Per ri-durre il rischio di sviluppare ildiabete si consiglia di mantenereun peso ottimale o addiritturaperdere peso se si è in sovrappeso

e di praticare attività fisica con re-golarità.Le cause principali del diabete ge-stazionale, come abbiamo già ac-cennato, sono, cambiamenti or-monali, sovrappeso, familiarità,malattie del pancreas, l’uso pro-lungato di alcuni farmaci , e di tut-te queste cose lo specialista devesempre tener conto quando gli sipresenta una paziente a rischio.Nel corso della prima visita deveessere verificata la glicemia a di-giuno e l’emoglobina glicata.In presenza di diabete gestaziona-le tenere sotto controllo i livelli diglucosio nel sangue per ridurre laprobabilità di avere complicanze e

per salvaguardare la salute delladonna e del neonato.Se si ha il diabete gestazionale èpossibile ricevere l’indicazione dicontrollare i propri livelli di glu-cosio nel sangue a casa utilizzan-do un misuratore di glucosio. E al-tresì importante affidarsi alle cu-re di un dietista che può dare utilisuggerimenti sugli alimenti dascegliere ed aiutare nella pianifi-cazione dei pasti. L’attività fisica èin grado di ridurre i livelli di glice-mia per cui si raccomanda unesercizio fisico regolare.Se i livelli di glucosio nel sanguenon rientrano nel range di nor-malità dopo una o due settimanedal cambiamento dello stile di vitao se la glicemia e molto alta è pos-sibile ricorrere all’uso di farmacisottoforma di compresse ( metfor-mina) o di iniezioni (insulina).Ad ogni modo dopo il parto è pos-sibile o probabile che non ci sia piùla necessità di assumere i farmaciper il controllo della glicemia. Sesi ha il diabete gestazionale il tem-po ideale per il parto è solitamentetra la 38° - 40° settimana di gravi-danza.Se i livelli glucosio nel sangue so-no normali e la salute del feto nonè a rischio è possibile aspettareche il parto avvenga naturalmen-te. In linea di massima, se il partonon avviene dopo 40 settimane e 6giorni viene consigliata l’induzio -ne o il parto cesareo.Si può rendere necessario antici-pare il parto se ci sono rischi per lasalute del neonato o se i livelli diglicemia non sono stati ben con-trollati. Per il parto si consigliauna struttura che sia in grado difornire assistenza adeguata alneonato 24/24 h.Quando ci si reca in ospedale per ilparto è opportuno portare con sé ilglucometro e tutti i farmaci che sistanno assumendo. Durante iltravaglio ed il parto è opportunomantenere sotto controllo la glice-mia ed in taluni casi può essere ne-cessario somministrare insulinaper abbassarne i livelli.

*Direttore Vicario Gravidanzaa Rischio Azienda Universitaria

Salerno

u PAT O L O G I E . In genere scompare dopo il parto ma a distanza di anni può ricomparire

I pericolidel Diabetein gravidanza

SALUTE & BENESSERE

Il riposizionamento di farmaci come nuova sfidaper la lotta alle patologie comuni, come a quellerare. Ne parlerà, in occasione del prossimo semi-nario Unina, sponsorizzato da Biogem, in pro-gramma domani, alle 15, Francesco Iorio,Group leader del centro di ricerca per la biologiacomputazionale di HT (Human Technopole) .Partendo dalla constatazione del ridimensiona-mento degli studi sulla scoperta e sullo sviluppodi nuovi farmaci, il seminario si propone di ap-profondire diversi approcci statistici e sperimen-tali suggeriti per l'identificazione di farmaci re-sponsabili candidati. Durante il seminario, comedi consueto in modalità streaming, verranno

inoltre esplorati gli approcci computazionali uti-lizzati per il riposizionamento di farmaci e le piùrecenti sfide affrontate dalla biologia computa-zionale in questa direzione.

Le nuove frontiere del diabete saranno, invece,al centro del seminario promosso dal Centro Bio-gem di Ariano Irpino, con la partecipazione diValeria De Nigris, in streaming da Barcellona.L’iniziativa rientra nell’ambito del ciclo di incon-tri ‘Oltre le Due Culture’. Protagonisti sarannotanti ex allievi del centro di ricerca irpino Bio-gem, alla base delle loro carriere felicemente de-collate. L’approfondimento si terrà questa matti-na, alle 12.

Riposizionamento dei farmaci,in campo Unina e Biogem

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Giovedì 18 febbraio [email protected] 23

u TERAPIE. La sperimentazione su 10.000 persone positive al coronavirus,

La speranzadagli anticorpimonoclonaliGianpaolo Palumbo*

E sattamenteun anno fa,agli inizi di

febbraio 2020, ilnuovo coronavirusha un nome: Sars-CoV-2, portatoredella malattia in-fettiva chiamataCovid-19. Per l’Ita -

lia il 18 marzo 2020 è ricordato comeil peggiore giorno della pandemia:lasciando Bergamo, gli autocarrimilitari hanno sfilato colmi di bare!E’ il momento in cui la pandemia ac-celera a livello nazionale e mondiale.

Soltanto a partire da maggio siinizia a parlare di seconda fase. LaFood and Drug Administration(Fda) fornisce l’autorizzazioneall’uso d’emergenza dell’unico far-maco approvato scientificamentecontro il Covid-19, il remdesivir;l’Agenzia europea dei medicinali(Ema) lo approverà solo a luglio.Questo farmaco, che rientra nelgruppo degli antivirali, fa parte an-cora oggi del trattamento standardanticovid di molte nazioni. Essen-do un antivirale ad azione diretta,altera il ciclo della vita del virus,impedendone la sua diffusione.

La positività del remdesevir con-siste nell’ aver abbreviato i tempi diricovero, però ha scarsa efficacianei pazienti affetti da forme gravidi infezione ed ha anche scarsi ef-fetti sulla riduzione della mortalitàcovid-19 correlata.

In estate si inizia a circolare tra leregioni, si riprende a volare, madietro l’angolo una nuova crisi,quella che l’autunno porta con sé. Ementre le regioni italiane si tingo-no di rosso, arancione e giallo arri-va Natale con ulteriori misure re-strittive per evitare la terza ondatadi contagi.

I mesi autunnali portano anchebuone notizie sul fronte della pre-venzione di Covid: diverse case far-maceutiche annunciano dati favo-revoli sia sull’efficacia sia sulla si-curezza di alcuni vaccini contro ilvirus a forma di corona: si apre lasperanza che cominci la parte mi-gliore, con la consapevolezza che lastoria non è ancora conclusa e po-trà essere ancora lunga.

Agli inizi dell’anno 2021 parte lacampagna di vaccinazione per ilpersonale sanitario e per gli anzia-ni delle Rsa.

Dopo l’utilizzo del vaccino per gliultraottantenni, ora dovrebbe toc-care ai pazienti oncologici, onco-ematologici, “fragili” ed immuno-depressi in chemioterapia, immu-noterapia, terapia biologica, ormo-noterapia o in monitoraggio. I pa-rametri presi in considerazione atale scopo sono l’età e la presenza dicondizioni patologiche correlatecon la mortalità per covid-19. Leetà, poi, sono state divise in sei cate-gorie dai 79 anni a calare.

La prima categoria è la più “deli -cata” perché comprende anche igiovani dai sedici anni in poi chepresentano danni d’organi e com-

promissione della risposta immu-nitaria.

Contemporaneamente “all’acce -lerata”delle vaccinazioni si deve re-gistrare, anche nel nostro paese, lapossibilità di utilizzare gli anticor-pi monoclonali come possibile curacontro il coronavirus. I MAb,dall’inglese Monoclonal Antibo-dies, sono particolari tipidi anticorpi prodottiin laboratorio conla tecnica delDNA ricombi-nante, a par-tire da ununico tipo dicellula im-munitaria eper questodetti mono-clonali.

Come mi-sura di contra-sto alla malattianon tutti gliscienziati sono pie-namente d’accordo.Questi particolari anticorpi ap-partengono alla classe dei farmaci“biologici”e sono utilizzati per dareuna mano alle nostre difese immu-nitarie e per ridurre la carica viraledei soggetti positivi. Essi sono no-stri alleati nel contrastare l’infezio -ne e la loro struttura chimica è lastessa degli anticorpi prodotti dalnostro organismo in risposta all’at -tacco di un virus.

L’Agenzia Italiana del Farmaco(AIFA) ha dato il via libera per l’uti -

lizzo nel nostro paese a quelli pro-dotti dalla Regeneron /Roche e dal-la Ely Lilly I.C., in considerazionedel grave stato di emergenza. Que-sta opzione però viene autorizzata:“per i soggetti non ospedalizzatiche, pur con malattia lieve/modera-ta, risultano ad alto rischio di svi-luppare una forma grave di covid-

19”. La possibilità diutilizzo si riduce

ulteriormentequando si ap-

plica il pro-tocollo cheprevedeche gli uti-lizzatoriabbianoun etàmaggioredi dodici

anni, posi-tivi per Sars-

CoV-2, nonospedalizzati,

non in ossigenote-rapia, con sintomi di

grado lieve/moderato insorti danon oltre dieci giorni ed almenodue fattori di rischio (tipo over 65anni, malattia renale cronica, dia-bete scompensato, immunodefi-cienze, ecc.). Con tutta questa seriedi limitazioni diventa difficile au-mentare l’impiego degli anticorpimonoclonali.

Ad una prescrizione difficoltosasi aggiunge un utilizzo molto at-tento: è un “farmaco” da iniettareper infusione in sessanta minuti a

cui fanno seguito altri sessanta diosservazione per eventuali situa-zioni di reazioni allergiche gravi.

L’aspetto positivo dell’utilizzo de-gli anticorpi monoclonali è quellolegato alla produzione perché, datoche sono prodotti industrialmente,se ne possono utilizzare in quantitàsostenute, quindi molto di più diquelle prodotte dal nostro organi-smo.

Per quanto riguarda l’efficacia,nonostante i numeri bassi fino adora ottenuti nelle sperimentazioni,i due anticorpi della Eli Lilly (ba-mlanivimab e l’etesevimab), utiliz-zati anche per Donald Trump, ridu-cono la percentuale di ospedalizza-zione e di morte del 70%. Le attualievidenze scientifiche dicono que-sto, ma gli utilizzatori sono ancoratroppo pochi, alla stessa streguadegli ammalati che hanno utilizza-to i due anticorpi della Regene-ron/Roche: indevimab e casirivi-mab.

Al momento non ci sono unani-mità di vedute sull’utilizzo deglianticorpi monoclonali perché alcu-ni studi evidenziano la loro effica-cia nei casi moderati e non gravi dicovid -19. Quindi non sono consi-gliabili nelle fasi avanzate di malat-tia, ma solo nei contesti più precociperché associati ad una riduzionedi carica virale. Tale riduzione com-porta in positivo un minor numerodi ospedalizzazioni, accessi e visitein pronto soccorso.

A proposito, poi, di uno degli an-ticorpi della Eli Lilly (bamlanivi-mab) c’è da dire che in questo mo-mento non è disponibile nel dosag-gio più alto (750 mg) che è quelloper cui c’è autorizzazione all’utiliz -zo negli Stati Uniti ed in Canada.

Praticamente la mancanza di ri-scontri positivi su grandi numerinon ci permette di definire gli anti-corpi monoclonali come una tera-pia standard. La Eli Lilly, uno deigiganti americani del settore far-maceutico, ha proposto all’Italiauna sperimentazione su 10.000persone positive al coronavirus,nella speranza che l’impatto sull’ef -ficacia e sulla sicurezza di questifarmaci possano divenire impor-tanti nell’ambito della riduzionedella mortalità.

Dieci giorni or sono è stato pub-blicato un lavoro molto interessan-te e che chiama in causa la potenzia-lità del coronavirus di innescare glianticorpi prodotti da precedenti in-fezioni da coronavirus. Visto chegli uomini che abitano la terra ne-gli ultimi anni sono venuti a con-tatti con almeno sei “cugini” delSars-CoV-2 è probabile che la im-munità preesistente sia di aiutoverso questo virus che è di granlunga più cattivo dei precedenti. Sequesti anticorpi possono risultareneutralizzanti verso il virus attualeun grande passo in avanti potrebbeessere fatto, sia in termini di com-prendere le reazioni così diverse dapersona a persona verso la stessainfezione, sia in termini di difen-derci dalle mutazioni che si stannofacendo “largo” nel mondo.

*Medico Federazione medicisportivi italiani

Francesco Rotondi*

L e grandi scoperte dellamedicina nascono spes-so dal genio, accompa-

gnato da un pizzicodi sana follia. Il pri-mo cateterismo car-diaco fu realizzato nel1929 da Werner Fors-smann, un giovane

neolaureato tedesco, che pensò di infi-larsi da solo in una vena del propriobraccio un catetere uretrale, di quelliche si inseriscono in vescica per favorirel’emissione dell’ urina, facendolo arriva-re fino al cuore, per poi andare a piedi insala raggi e farsi fare la radiografia. Ilsuo capo non comprese l’importanza diquella sua intuizione e lo espulsedall’istituto ritenendolo 'al massimo de-gno di lavorare in un circo'. Solo nel1940 due medici americani riproposeroquella bizzarra procedura, perfezionan-dola e dando il via all’attuale cateteri-smo cardiaco e alle sue molteplici applica-zioni: dalla coronarografia all’angioplastica co-ronarica, dallo studio elettrofisiologico all’abla -zione delle aritmie, dall’impianto dei pacemaker,dei defibrillatori, delle valvole cardiache ...

Il defibrillatore automatico impiantabile

(ICD) è un dispositivo capace di interromperearitmie mortali e salvare i malati di cuore dallamorte improvvisa. Anche questo dispositivonasce dalla perseveranza e dalla genialità diMichel Miro-

wski,un medico ebreo polacco, sfuggito alle perse-cuzioni naziste. Trasferitosi dopo la guerra inIsraele, vide morire improvvisamente il pro-prio amico e primario, affetto da aritmie ven-tricolari, mentre pranzava a casa con in suoi

familiari. Scosso da quella brutta esperienza,Mirowski pensò che fosse possibile impiantarenel corpo dei malati un defibrillatore, un volu-mi -

noso apparecchio capace di riconosceree interrompere aritmie potenzialmenteletali. Il fatto che i defibrillatori, all'epo-

ca fossero solo esterni e pesasserocirca 20 kg, apparì alla gran partedel mondo scientifico dell’epoca unaimproponibile stramberia da nonprendere in considerazione. Critica-to nei congressi internazionali, at-taccato dai revisori delle rivistescientifiche, ancora una volta furonogli americani a dare fiducia a un rivo-luzionario uomo di sceienza e nel1980, per la prima volta al mondo, undefibrillatore fu impiantato in un pa-ziente del Johns Hopkins Hospital.Da quel momento la tecnologia diquesti fondamentali dispositivi si èenormemente e rapidamente evolu-ta. Hanno raggiunto minime di-

mensioni, trattano le aritmie in manie-ra molto più accurata, spesso senzaerogare shocks, aiutano nella cura del-

lo scompenso, possono essere interrogati an-che a distanza grazie a un app scaricata sulproprio cellulare.

*Cardiologo

Un pizzico di sana follia al servizio della scienza,così nacque l’idea dei defibrillatori

u S O C I E TA’. Quando le scoperte nascono dal genio

SALUTE & BENESSERE