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E intanto a Lampedusa proseguono gli sbarchi un universo di notizie SMO C il O www.il-cosmo.com Eventi Film, mostre ed eventi da non perdere! continua 2 di Michela Trada n°LXVIIII 04/07/2019 Editore: il Cosmo SRL via degli Oldoni 14, Vercelli. Direttore responsabile: Michela Trada Testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Vercelli SCONTRO TRA CAPITANI: VINCE CAROLA La banalità del normale La protagonista del mio editoriale odierno si chiama Ludovica; Ludovi- ca non è una laureata in astrofisica o scienze ambientali (perlomeno, non oggi), non è una influencer né una sportiva di fama mondiale. Ludovica è una ragazzina di 13 anni che ha ap- pena concluso gli esami di terza me- dia ed è pronta ad iniziare la sua av- ventura al Liceo Scientifico. Quante volte sentiamo dire che i giovani sono il male della nostra società, che sono inaffidabili, che non hanno voglia di fare nulla; questa ragazzina, nei gior- ni scorsi, ha dato una grande lezione di responsabilità civica proprio a noi adulti che spesso tanto ben predichia- mo per razzolare poi con meno virtù. Mentre si trovava in spiaggia con i suoi amici, Ludovica si è accorta che una signora stava violando un divieto strappando dal suo habitat naturale una nacchera che è specie protetta; la 13enne avrebbe potuto fregarsene altamente e continuare a fare il bagno come se niente fosse, invece ha am- monito la donna di non continuare con quello scempio. La bagnante non ha dato peso alle parole della giovane e ha proseguito imperterrita nel suo crimine (ebbene sì, usare questo ter- mine non lo trovo affatto sbagliato). Ed è qui che nasce la lezione di Lu- dovica; la studentessa prima ha im- mortalato sul fatto la signora col suo cellulare e poi ha telefonato alla Poli- zia Rurale che prontamente è giunta sul posto per verificare l’accaduto. La donna all’arrivo degli agenti non si trovava più sul luogo del misfatto, ma grazie alla fotografia le indagini sono proseguite. Se tutti noi facessimo la nostra parte, come ha fatto la 13enne in un sabato di fine giugno lungo il litorale algherese, vivremmo in un mondo migliore. Troppo spesso, in- vece, giriamo la testa dall’altra parte al mantra del “non è compito mio, non mi riguarda”. E’ il principio del picnic dove ognuno se vuole man- giare porta qualcosa e non aspetta che sia l’altro a farlo (pensate cosa accadrebbe se tutti facessero lo stes- so ragionamento del “tanto ci pensa tizio”). E’ davvero così complicato prendersi cura di noi? Quanto può costare, in termini di tempo speso, una buona azione? Greta con il suo impermeabile giallo ha diviso il pia- neta facendo discutere e creando condivisione; e se dentro ad ogni es- sere umano ci fosse una Greta o una Ludovica nascosta cosa accadrebbe? Un gesto semplice e normale come quello della 13enne è apparso ai miei occhi totalmente straordinario. “Lo faccio spesso, non sopporto le ingiu- stizie”, rivela la giovane con assoluta naturalezza; l’ordinario non deve es- sere l’incredibile eccezione, bensì la quotidianità. E tutti dovremmo ave- re più cura della nostra Casa. Sport Massimo e le sue imprese: più forte della fatalità di Deborah Villarboito pag.18 \ Lavoro e sessismo: il rifiuto delle donne forti a pag.15 Attualità Addio al ponte simbolo di Genova: la parola ai cittadini di Valeria Arciuolo pag.6 di Elisabetta Testa pag.14 Attualità Jim Morrison e il fenomeno e Doors: apri le porte della percione, accetta il tuo destino e leggi… Nieꜩsche Dall’Inghilterra ecco la Magna Carta in mostra per gli 800 anni del Sant’Andrea vercellese Quando ectenibile vuol dire guadagno: il caso della Bottega Poco di Buono Deborah Villarboito di pag.5 Il mio lavoro? Aiuto le persone ad andare oltre il confine di sé di Sabrina Falanga pag.7 Cosa succedeva in mare mentre tutti eravamo impegna- ti a seguire la vicenda della Sea Watch 3? Succedeva che i migranti arrivavano sulle coste italiane su vari barchini. Il 30 giugno, per esempio, 20 migranti tunisini sono ar- rivati sulla spiaggia di Cala croce, a Lampedusa. La nave della Ong ha soccorso 52 persone al largo della Libia il 12 giugno, dunque andiamo a vedere se e quanti sbarchi ci sono stati da quella data.

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L’Editoriale

L’Italia divisa si scatena sui Social tra frasi sessiste e di stampo totalitario

Rilasciato il comandante della Sea Watch. E intanto a Lampedusa proseguono gli sbarchi

un universo di notizieSMOCil O

www.il-cosmo.com

EventiFilm, mostre ed eventi danon perdere!

continua 2

di Michela Trada

n°LXVIIII 04/07/2019

Editore: il Cosmo SRL via degli Oldoni 14, Vercelli. Direttore responsabile: Michela Trada

Testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Vercelli

SCONTRO TRA CAPITANI: VINCE CAROLA

La banalità del normaleLa protagonista del mio editoriale odierno si chiama Ludovica; Ludovi-ca non è una laureata in astrofisica o scienze ambientali (perlomeno, non oggi), non è una influencer né una sportiva di fama mondiale. Ludovica è una ragazzina di 13 anni che ha ap-pena concluso gli esami di terza me-dia ed è pronta ad iniziare la sua av-ventura al Liceo Scientifico. Quante volte sentiamo dire che i giovani sono il male della nostra società, che sono inaffidabili, che non hanno voglia di fare nulla; questa ragazzina, nei gior-ni scorsi, ha dato una grande lezione di responsabilità civica proprio a noi adulti che spesso tanto ben predichia-mo per razzolare poi con meno virtù. Mentre si trovava in spiaggia con i suoi amici, Ludovica si è accorta che una signora stava violando un divieto strappando dal suo habitat naturale una nacchera che è specie protetta; la 13enne avrebbe potuto fregarsene altamente e continuare a fare il bagno come se niente fosse, invece ha am-monito la donna di non continuare con quello scempio. La bagnante non ha dato peso alle parole della giovane e ha proseguito imperterrita nel suo crimine (ebbene sì, usare questo ter-mine non lo trovo affatto sbagliato). Ed è qui che nasce la lezione di Lu-dovica; la studentessa prima ha im-mortalato sul fatto la signora col suo cellulare e poi ha telefonato alla Poli-zia Rurale che prontamente è giunta sul posto per verificare l’accaduto. La donna all’arrivo degli agenti non si trovava più sul luogo del misfatto, ma

grazie alla fotografia le indagini sono proseguite. Se tutti noi facessimo la nostra parte, come ha fatto la 13enne in un sabato di fine giugno lungo il litorale algherese, vivremmo in un mondo migliore. Troppo spesso, in-vece, giriamo la testa dall’altra parte al mantra del “non è compito mio, non mi riguarda”. E’ il principio del picnic dove ognuno se vuole man-giare porta qualcosa e non aspetta che sia l’altro a farlo (pensate cosa accadrebbe se tutti facessero lo stes-so ragionamento del “tanto ci pensa tizio”). E’ davvero così complicato prendersi cura di noi? Quanto può costare, in termini di tempo speso, una buona azione? Greta con il suo impermeabile giallo ha diviso il pia-neta facendo discutere e creando condivisione; e se dentro ad ogni es-sere umano ci fosse una Greta o una Ludovica nascosta cosa accadrebbe? Un gesto semplice e normale come quello della 13enne è apparso ai miei occhi totalmente straordinario. “Lo faccio spesso, non sopporto le ingiu-stizie”, rivela la giovane con assoluta naturalezza; l’ordinario non deve es-sere l’incredibile eccezione, bensì la quotidianità. E tutti dovremmo ave-re più cura della nostra Casa.

SportMassimo e le sue imprese: più forte

della fatalità di Deborah Villarboito pag.18

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Lavoro e sessismo: il rifiuto delle donne forti

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AttualitàAddio al ponte simbolo di Genova: la parola ai

cittadinidi Valeria Arciuolo pag.6

di Elisabetta Testa pag.14

Attualità Jim Morrison e il fenomeno The Doors: apri le porte della

percezione, accetta il tuo destino e leggi… Nietzsche

Dall’Inghilterra ecco la Magna Carta in mostra per gli 800 anni del Sant’Andrea vercellese

Quando ecosostenibile vuol dire guadagno: il caso della Bottega Poco di Buono

Deborah Villarboito di pag.5

Il mio lavoro? Aiuto le persone ad andare oltre il confine di sé

di Sabrina Falanga pag.7

Cosa succedeva in mare mentre tutti eravamo impegna-ti a seguire la vicenda della Sea Watch 3? Succedeva che i migranti arrivavano sulle coste italiane su vari barchini. Il 30 giugno, per esempio, 20 migranti tunisini sono ar-rivati sulla spiaggia di Cala croce, a Lampedusa. La nave della Ong ha soccorso 52 persone al largo della Libia il 12 giugno, dunque andiamo a vedere se e quanti sbarchi ci sono stati da quella data.

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Alle 8 di sera di martedì scorso il capitano Carola Rackete ha potuto varcare il portone di un’abitazio-ne privata di Agrigento – dove si trovava agli arresti domiciliari – da donna libera. Il gip di Agrigento l’ha infatti scagionata, non convalidando l’arresto esegui-to dopo l’attracco della nave Sea Watch 3 al porto di Lampedusa. La Procura aveva invece chiesto la con-valida e potrebbe presentare ricorso.

Carola Rackete, pesantemente insultata sui social e non solo, in questi giorni era diventata la paladina dei diritti dei migranti. Il ministro degli Interni Mat-teo Salvini, subito dopo la scarcerazione, ha sbottato: “Per la magistratura ignorare le leggi e speronare una motovedetta della Gdf non sono motivi per andare in galera. Nessun problema: pronto un provvedimento per rispedirla nel suo Paese”. Che poi sarebbe la Ger-mania. Per il leader del Carroccio, infatti, la 31enne sarebbe un pericolo per la sicurezza nazionale (unica possibilità per rispedirla in patria). Salvini non accet-ta il verdetto del gip: “Tornerà nella sua Germania, dove non sarebbero così tolleranti con un’italiana che dovesse attentare alla vita di poliziotti tedeschi”.

Carola Rackete sfonda, entra in porto con la sua nave carica di migranti. E sui social scoppia il caos. Gli insul-ti si sprecano. Da quelli più beceri a quelli più moderati. Poi c’è il partito dei difensori della capitana. Insomma, finisce in bagarre. Giancarlo Roatta scrive: “Lei ha rag-giunto la notorietà, che era quello che cercava, alterna-tive ne aveva molte, ma non le ha volute sfruttare. In Italia la Sinistra è in crisi e ha bisogno di questi burat-tini per rifarsi l’abito. Dimenticando quando chiusero i porti, con il ministro Napolitano al governo, durante la guerra d’Albania. Allora era democrazia!”. Silvia Bian-chi ce l’ha anche un po’ con Matteo Salvini: “Alla fine sono sbarcati. E lei agli arresti domiciliari sai che gliene frega. Vedrai che con i suoi soldi o li annulla o li riduce. Intanto Salvini ha parlato per niente. Non si entra non si entra e alla fine ciaone”.

Filippo Lanzone così risponde a Silvia Bianchi: “Tran-quilla Silvia, sulle bacheche delle anime belle il proble-ma vero sono gli insulti sessisti rivolti alla piratessa, mica i 42 tenuti come scudi-ostaggi per 15 giorni senza voler andare a Tunisi o Malta. Lo dico e lo ripeto, in re-altà degli immigrati non gliene frega niente a nessuno, la partita è un’altra”. Giuseppe Sirni, invece, cita pro-prio un Matteo Salvini datato 2015, in nome della coe-renza del vicepremier: “Mi piacerebbe si studiasse Don Milani, a leggi sbagliate si deve disobbedire finché non cambia, e in Italia son tante”.

Carolina Rackete: eroina o donna pira-ta? A distanza di giorni dallo sbarco a Lampedusa, la capitana è ancora il sim-bolo di ciò che è l’Italia oggi: odio o amo-re. Ora quelli di una parte, ora quelli di un’altra criticano o inneggiano a lei. Ha sfidato le leggi nazionali, è giusto che finisca in carcere. Ha forzato un bloc-co voluto esclusivamente da Salvini per salvare i migranti, dunque ha fatto bene e va scagionata. Sui social si è scatenata una vera e propria battaglia senza esclu-sione di colpi. Ma anche là fuori non è che sia tanto meglio. C’è chi le ha urlato, dalla banchina, anzi chi le ha augurato di essere “stuprata dai negri”. Chi spe-ra che la rinchiudano in galera e buttino le chiavi. Chi non ha visto altro che una “ragazza bruttina”, come se questo con-tasse qualcosa nella vicenda. Del resto, il Capitano aveva sentenziato: “E’ una

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Attualità Almeno dieci barchini sono arriva-ti in tutta tranquillità in Italia, sen-za che nessuno adottasse il pugno di ferro o chiudesse i porti (non c’erano Ong coinvolte, quindi...). In totale, si contano 236 migranti arrivati sulle nostre coste. Andiamo con ordine: il 19 giugno in 45 vengono soccorsi al largo di Lampedusa dalla Guardia di Finanza e dalla Capitaneria di Por-to. Ci sono pure due bambini e una donna incinta. I migranti dicono di arrivare da Senegal, Kenya, Somalia e Costa d’Avorio. Dicono di essere disi-dratati. Quel 19 giugno, la nave della Sea Watch è a 15 miglia dalle acque territoriali italiane, con 43 persone a bordo (nove erano state portate già a terra per problemi di salute).

Due giorni dopo, il 21 giugno – men-tre i tg, i giornali e Salvini continua-vano a battere i pugni sul tavolo per Carola Rackete e il suo carico di pas-seggeri – 100 migranti arrivavano sulle coste di Lampedusa; 81 soccorsi all’alba dopo che un peschereccio li aveva lasciati in mare su un barchi-no. È un drone di Frontex a ripren-dere la scena. Nel pomeriggio arri-vano altri due carichi: di sette e 12 migranti. Altri due giorni e il 23 giu-

gno tre tunisini tra i 18 e i 25 anni vengono intercettati sulla terra ferma dalle forze dell’ordine di Lampedusa. Il 26 giugno tocca ad altri otto tuni-sini, arrivati sull’isola siciliana a bor-do di una piccola barca, intercettata dalla Guardia di Finanza. Il 27 giu-gno sbarco considerevole di 44 mi-granti. La Sea Warch è a un miglio da Lampedusa, ma non ha il permes-so di sbarcare. Dei 44, dieci arriva-no da soli, altri 34 trasportati da due imbarcazioni, intercettati dalla Gdf a otto miglia dall’isola. Il 28 giugno le Fiamme Gialle scortano in porto al-tri 16 migranti. Il giorno dopo non saranno così accomodanti con la Sea Watch 3. Il motivo lo abbiamo spie-gato sopra. Il 30 giugno, come scrit-to, l’ultimo sbarco.

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Intervista

di Alessandro Pignatelli

Dopo di che è partita la sua solita filippica a uso e consumo dei suoi seguaci (tra l’altro in crescita): “L’I-talia ha rialzato la testa. Siamo orgogliosi di difendere il nostro Paese e di essere diversi da altri leaderini europei che pensano di poterci trattare ancora come una loro colonia. La pacchia è finita”. L’ultima frase è ormai un mantra del vicepremier. Infine: “Dalla giu-stizia mi aspettavo pene severe per chi ha attentato alla vita di militari italiani, evidentemente sbagliavo”. Per Salvini, in ogni caso, “la ricca fuorilegge tedesca” ha sbagliato. In barba alla decisione della magistra-tura.

Invece, su quali basi il giudice per le indagini preli-minari di Agrigento ha agito scagionando il capitano della Sea Watch? “Era impossibilitata ad attraccare in altri porti. Carola Rackete non ha deciso in maniera strumentale di dirigersi a Lampedusa, ma è stata ob-bligata poiché gli scali della Libia e della Tunisia non erano sicuri”. Insomma, l’indagata “avrebbe agito in adempimento di un dovere”. Così è caduta l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale. Quella di resistenza a nave da guerra “non sussiste in quanto la motove-detta della Finanza speronata dall’imbarcazione della Ong non è una nave da guerra”.

E ancora: “Il decreto Sicurezza bis non è applicabile alle azioni di salvataggio in quanto riferibile solo alle condotte degli scafisti”. Salvini, dopo aver commen-tato a parole la decisione del giudice, lo ha fatto anche su Facebook: “Non ho parole. Cosa bisogna fare per finire in galera in Italia? Mi vergogno di chi permette che in questo Paese arrivi il primo delinquente dall’e-stero, disubbidisca alle leggi e metta a rischio la vita dei militari che fanno il loro lavoro. Se stasera una pattuglia intima l’alt su una strada italiana, chiunque è tenuto a tirare dritto e speronare un’auto della poli-zia. Pessimo segnale signor giudice”.

Carola Rackete, come detto, nelle intenzioni del mi-nistro deve andare via dall’Italia. Il prefetto di Agri-gento ha firmato il provvedimento di allontanamento per la donna, ma il pm per ora ha negato il nullaosta. Fino al 9 luglio, in ogni caso, il provvedimento non

Silvia Piovesan posta un appello: “Se qualche buonista è interessato, segnalo le info per raccogliere migranti e profughi (e come guadagnarci)...avanti”. Marco Monti commenta così: “Non ho sentito nessuno dei “sinistri” dissociarsi da quelle bestie che hanno devastato psico-logicamente i bambini e i loro genitori naturali (parlo dei fatti successi in provincia di Reggio Emilia e Tori-no), parlano solo di immigrazione. L’azione poi portata avanti dall’ex ministro Delrio e i suoi compari di sini-stra, rasenta il ridicolo. Mai visti dormire ad esempio ad Amatrice, magari di inverno......”.

Si va anche fuori tema, ma tutto fa brodo per provare a prevalere con l’opinione sull’altro. Alla notizia dell’ar-resto (i domiciliari) per Carola Rackete, Marco Monti dice: “Sbattetela dentro e buttate le chiavi!”. Si passa poi ai commenti più beceri e sessisti, come quello di Carlo Lorenzini: “Per me l’hanno scopata tutti i negri che trasportava per quello che continuava a fare avanti e indietro la cagna, ormai sono 15 giorni sarà rotta”.

Rossana Cavallari sta invece con Carola e lo dice chia-ramente nel suo lungo post: Io vi aspetto, molti di voi che urlate allo stupro e anche peggio. Vi aspetto domani a messa. Perché voi a messa ci andate. Sempre. Perché avete la coscienza da pulire non come me che, siccome mi hanno insegnato che devo essere coerente, a mes-sa ci vado anche poco perché il rischio di essere ipocri-ta sai com’è sta sempre lì. Nell’ultimo banco, pronto a saltare fuori. Io vi aspetto, molti di voi che urlate allo stupro e anche peggio. Vi aspetto domani pomeriggio al parchetto con i vostri bambini, le vostre bambine e le vostre mogli che c’è da essere orgogliosi proprio a gio-care alla famiglia perbene per finta”.

“Io vi aspetto, molti di voi che urlate allo stupro e anche peggio. Vi aspetto domani in piazza, una piazza qualsi-asi scegliete voi. Con le pietre in mano perché voi siete pronti a scagliare la prima pietra e vediamo poi se vi ri-cordate anche cosa insegnava Gesù. Io vi aspetto, molti di voi che urlate allo stupro e anche peggio. Vi aspetto domani in un luogo qualunque per vedervi negli occhi uno a uno. Per sentirvi urlare ancora tutto quello schifo che avete urlato in queste ore. Portate un rosario, tutti, è importante perché è importante capire di essere degli

sbruffoncella”. I suoi fan gli si erano su-bito accodati.

Esattamente, dunque, di chi stiamo parlando? Di un’eroina moderna o di una donna sprezzante della legalità? La vicenda umanitaria è diventata politica e ciò ha alzato l’asticella di insulti e so-stegni. I parlamentari di sinistra sono saliti sulla SeaWatch3 per solidarizzare, ma anche loro sono stati presi a pesci in faccia dalla destra leghista. Ma chi ha ragione? La legge italiana o le leggi in-ternazionali? Bisogna lasciare in mare i migranti, anche a costo di suicidi o di morti per fame e stenti, perché i porti vengono chiusi ora sì e ora no? Sì, per-ché mentre noi ci schieriamo per la Sea-Watch3, tanti altri barconi arrivano e approdano sulle nostre coste senza che si alzi un polverone. Come a dire che conviene alzarlo a chi sui porti chiusi

sarebbe potuto diventare operativo. Quel giorno, in-fatti, Rackete dovrà essere interrogata nell’indagine per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Le prime parole dopo la liberazione, da parte del capi-tano, sono state particolarmente significative: “Sono sollevata dalla decisione del giudice che interpreto come una grande vittoria della solidarietà con tutte le persone che si stanno spostando, inclusi i rifugiati, i migranti e richiedenti asilo e contro la criminalizza-zione degli aiuti in molti Paesi d’Europa. Sono emo-zionata per la solidarietà espressa nei miei confronti da molte persone. Ringrazio tutto il personale della Ong e l’intero team di legali”.

Gli avvocati della comandante esultano anch’essi: “Il provvedimento del gip di Agrigento ripristina il pri-mato del diritto rispetto a quello della forza. La deci-sione dimostra l’illegittimità della pretesa di chiudere i porti da parte del ministro dell’Interno e fa prevalere l’incolumità della vita rispetto all’arbitrarietà di scel-te operate solo per motivi propagandistici”. La Ong, su Twitter, ha mostrato tutta la felicità per il lieto fine della vicenda: “Siamo sollevati dal fatto che il nostro capitano sia libero. Non c’era motivo per lei di essere arrestata, dato che aveva solo fatto una campagna per i diritti umani nel Mediterraneo e assunto responsa-bilità laddove nessun governo europeo lo aveva fat-to”.

Chi invita a rispettare la decisione del giudice è Ro-berto Fico, presidente della Camera: “Invito a ri-spettare la decisione della magistratura. Le sentenze vanno sempre rispettate. Sia quando piacciono sia quando non piacciono. Questo è il senso della divi-sione e dell’indipendenza dei poteri dello Stato”.

sbruffoncelli, voi sì che lo siete, e che dei simboli bi-sogna avere consapevolezza. Io vi aspetto, molti di voi che urlate allo stupro e anche peggio. Vi aspetto domani sera in una via di quelle che mi dite voi e poi quando andate a puttane, però a casa avete moglie e figli, ne riparliamo. Io intanto sto lì, con voi, che io non mi scan-dalizzo.Io vi aspetto, molti di voi che urlate allo stupro e an-che peggio. Vi aspetto domani dove volete voi perché quello che avete detto a Carola dovete avere il coraggio di dirlo ancora a tutte quelle donne che vi fanno paura solo perché hanno i coglioni che voi nemmeno sapete cosa siano. Io vi aspetto. Non ho fretta perché mi hanno insegnato che tutto torna. E a voi prima o poi il male torna indietro. Io vi aspetto. E allora non godrò della vostra sofferenza come voi ma ricordate la sofferenza della coscienza sporca è la peggiore tortura che vi possa capitare. Non si vede ma fa male e non si ferma”.

Infine, degno di segnalazione è anche il ‘grande dise-gno’ che la Sinistra starebbe organizzando secondo Carla Guerci: “Sono in incognito dentro alcune chat di sinistra per capire come agiscono dietro la faccia-ta e sono identici ai grillini. Si passano voce per an-dare a segnalare in massa i post per farli eliminare e far bloccare le persone. Questo è il loro reale principio democratico, il loro bon ton, il loro political correct... nazisti”. Le dà man forte Eugenia Fausta Bianca Mas-sari: “Hanno persone pagate per fare questo, il gruppo PD per il “supporto nelle communuty online” si faceva chiamare i 300. Renzi ha fatto appelli sulla sua bacheca per raccolta dati di utenti privati. Faccia un giro su fb e capirà che la signora dice il vero”. Poi arriva anche Bruna Baroni, dopo di che forse è anche inutile anda-re avanti: “Forse ci sono degli algoritmi su Facebook preimpostati che segnalano i post dissidenti in base a parole chiave. Che esistano squadroni di persone pa-gate per diffondere alcune opinioni e censurarne altre è cosa nota. Sono metodi stalinisti. Non c’è da stupirsi. Basta leggere Orwell”.

ha costruito la sua campagna elettorale. Facendo passare sotto silenzio tante al-tre cose, quelle economiche, la possibile procedura d’infrazione contro il nostro Paese, i posti di lavoro che mancano, le crisi delle grandi aziende.

Carola Rackete si è trovata in mezzo a questo enorme conflitto di interessi. Ha fatto ciò che probabilmente avrem-mo fatto tutti al suo posto: da capitano, ha portato in salvo chi era sotto la sua responsabilità. Anche sfidando la giu-stizia. Dicono che per entrare in porto abbia speronato la nave della guardia di finanza, che voleva evitare invece l’ap-prodo. Ma su questo punto le versioni non sono chiare: lo ha fatto per davve-ro o è un fake? Ci siamo schierati anche su questo punto, come se fossimo stati lì tutti lì al momento della manovra. Solo perché non siamo capaci di dialogare. Amiamo dividerci, litigare. Da Carola al calcio, dal meteo al vestito da indossare oggi. Chi non è d’accordo con una par-te è un asino. E’ fascista. E’ pidiota. Sì, Carola forse ha compiuto un atto eroi-co. Perché alla fine pagherà lei le con-seguenze di ciò che ha fatto. E lo sapeva mentre entrava in porto. Ma lo ha fatto comunque per salvare chi era in mare da due settimane. E questo andrebbe sempre ricordato. Ma gli insulti beceri fanno più presa sul popolino. E dunque dagli alla capitana sbruffoncella.

Carola Rackete: eroina o pirata?

Carola Rackete è libera, ma Salvini la vuole espellere

Carola Rackete, la guerra dei social

di Alessandro Pignatelli

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Attualità Normative italiane ed europee: plastica addio

Tecnologie di imballaggio food: l’avanguardia nella quotidianità

di Deborah Villarboito di Deborah Villarboito

di Deborah Villarboito

La stretta europea per limitare l’inquinamento comprende posate e piatti, cannucce, bastoncini dei palloncini, contenitori per alimenti e tazze in polistirolo espanso. Un’Europa plastic-free, insom-ma, che prevede restrizioni con l’aggiunta di nuo-vi obiettivi, anche per prodotti ad esempio dei fast food, per ridurre l’inquinamento.Guerra soprattut-to agli oggetti monouso superflui fatti di plastica: dal 2021 saranno vietati posate e piatti, cannucce, bastoncini dei palloncini, contenitori per alimenti e tazze in polistirolo espanso (come le scatole di fast food), cotton fioc.

Nell’accordo raggiunto sotto la guida austriaca sono stati fissati obiettivi anche per le bottiglie in Pet per bevande: l’obiettivo vincolante di almeno il 25% di plastica riciclata dal 2025 in poi, calcolato come media per lo Stato membro. Nel 2030 tutte le bot-tiglie di plastica dovranno rispettare un obiettivo di almeno il 30% di contenuto riciclato. La mossa mira a rendere l’Ue “leader mondiale nell’uso di alterna-tive che evitino l’inquinamento marino”, dicono gli Stati membri, considerando gli otto milioni di ton-nellate di plastica che ogni anno finiscono negli oce-ani devastando gli ecosistemi e producendo danni anche per la salute dell’uomo, con le microplastiche trovate ormai ovunque.

Il problema plastica lo si può riassumere in un dato: il 9%. È la cifra di quella che si recicla nel mondo. Tutta quella che non si riesce a recuperare, vuoi per incapacità nella raccolta, vuoi per cattive abitudini, finisce in discarica, negli inceneritori o in natura. Negli oceani ogni anno ne arrivano quasi 13 milio-ni di tonnellate con enormi danni per gli organi-

Una volta l’imballaggio era pensato per pro-teggere più o meno bene il contenuto dalle sollecitazioni esterne, con aggiunta di qualche informazione sul prodotto. La sua evoluzione? Lo smart packaging, che a quelle tradizionali somma funzioni aggiuntive grazie a nuovi ma-teriali, trattamenti di superficie, tecniche di confezionamento.

smi marini. La maggior parte della plastica finita in mare parte da 10 grandi fiumi del mondo, per lo più dall’Asia, e da lì si sposta verso le spiagge e i fondali del Pianeta.

Sui bicchieri è stato chiesto e non ottenuto maggio-re impegno mentre per le bottigliette - di cui l’Italia è al numero uno in Europa, consumandone 8 mi-liardi l’anno - la Ue ha fissato alcuni paletti come una raccolta differenziata del 90% entro il 2029 e, in sei anni, l’obbligo che il contenuto riciclato sia almeno il 25%. L’esclusione dei bicchieri dalla lista dei prodotti vietati appare incomprensibile a varie associazioni ambientaliste. La scelta sarebbe legata al tipo di plastica, all’uso cospicuo e anche allo spes-sore. In realtà, denunciano le associazioni, si teme che dietro ci sia la spinta delle lobby che proteggono i grandi produttori di bicchieri in plastica, soprat-tutto nel Nord Europa. Sono invece messi al ban-do i contenitori per liquidi realizzati con polistirolo espanso.

I divieti hanno portato aziende, cittadini ed eser-centi a cominciare ad attrezzarsi: da una parte cre-scono buone pratiche e soluzioni alternative, ma dall’altra le ditte che producono monouso pagano il conto. L’Italia è forte in questo settore: conta oltre trenta aziende che in totale fatturano per più di un miliardo di euro e, tra addetti fissi e operatori ester-ni, danno lavoro a circa 10mila persone. La nuova filosofia plastic-free, tra produttori e distributori, ha già fatto sentire i primi effetti: a inizio mese a Catania la storica azienda Dacca che produceva stoviglie usa e getta, dopo un calo del fatturato del 50%, è stata costretta a chiudere lasciando a casa

Il 34% del packaging prodotto in Italia è utiliz-zato nel settore alimentare, ed è proprio grazie agli imballaggi che, in Paesi come il nostro, il deterioramento della merce è stato minimiz-zato fino a raggiungere percentuali del 2-3% mentre nei Paesi in via di sviluppo raggiunge il 50%. Tra le funzioni del packaging, dunque, c’è quella di prolungare la cosiddetta shelf life riducendo gli scarti, ma oggi si presta sempre più attenzione all’aspetto della sostenibilità. Molte aziende hanno attivato programmi di ricerca dedicati proprio all’imballaggio e che hanno come obiettivo quello di migliorarne l’efficacia nel mantenere la qualità del cibo e ridurre le contaminazioni ed è così che sono nati gli imballaggi attivi e intelligenti, quelli in grado di interagire con l’ambiente circostante e di monitorare la freschezza del cibo inclu-dendo ad esempio agenti attivi nella struttura stessa dell’imballaggio.

Un settore non da poco, visto che il mercato globale degli imballaggi attivi e intelligenti per alimenti e bevande è aumentato, tra il 2005 e il 2014, con un tasso di crescita annuale di circa il

funzioni il packaging permette inoltre a un’a-zienda di presentare il proprio prodotto, pro-muovendone la scelta da parte del consuma-tore, e comunicare i propri valori cercando di entrare in sintonia con il potenziale cliente. In più, l’etichetta affissa sulla confezione infor-ma circa i valori nutrizionali e le modalità di conservazione, e può anche suggerire i modi di consumo.

Negli ultimi anni, al packaging si è demandata una nuova funzione, che è quella di preparare e servire una pietanza: sono sempre più diffu-se infatti le confezioni monoporzione in cui è possibile direttamente cuocere e consumare un prodotto senza utilizzare pentole e piatti. In maniera simile, si trovano sempre più fre-quentemente in commercio confezioni con-tenenti frutta già sbucciata o dolci pronti da consumare solo dopo apertura dell’involucro. Una notevole importanza va data alla scelta del materiale da usare a contatto con l’alimen-to, sia per questioni di impatto ambientale che di sicurezza. La scelta del materiale è legata infatti al problema delle possibili migrazioni di molecole indesiderate in seguito al contatto con gli alimenti, nel rispetto dei regolamenti dell’Unione Europea che impongono buone pratiche di fabbricazione affinché qualsiasi

100 operai. Diverse multinazionali, da Enel a Ikea, stanno cercando di eliminare la plastica superflua e rinunciare a imballaggi non necessari. Avere un packaging “sostenibile” è diventato uno strumento per accrescere la propria reputazione.

Vista la direttiva europea però la rivoluzione sem-bra non potersi più arrestare: anche in Italia arriva-no i primi supermercati che vendono prodotti sfusi, altri hanno già vietato gli usa e getta oppure hanno detto addio alla plastica mettendo erogatori d’acqua per riempire bottiglie di vetro. Quasi tutte le realtà della Grande distribuzione stanno già smaltendo le scorte di monouso. Lo stesso avviene sulle spiagge, università, ministeri, compagnie aeree: c’è una cor-sa all’abbandono dei monouso. Nasce uno stile di vita fatto di borracce, spazzolini di bambù, sporte di juta per fare la spesa. Si cercano prodotti alter-nativi, tanto che le grandi aziende di bioplastiche, dalla Novamont a Bio-on, aumentano il fatturato e sperimentano sempre di più nuovi componenti per sostituire gli usa e getta. Le cannucce di plastica di-ventano di bambù o legno, i piatti e le posate di bio-plastiche biodegradabili o cartonato, le vaschette di polpa di cellulosa o di mais. Spopolano poi materia-li come il “materbi”, il “pla” o nuove creazioni che comprendono l’utilizzo di scarti vegetali, fibre di le-gno, perfino alghe.

6,9%. Si sperimenta, dunque, e si fa ricerca per trovare le soluzioni migliori non solo per l’a-limento che il packaging dovrà contenere, ma anche per quello che sarà il suo futuro “a fine vita”, prestando quindi attenzione alla fase di progettazione, minimizzando i materiali e pen-sandoli sostenibili e riciclabili. Un esempio in-teressante è quello della CartaCrusca realizza-ta da Barilla con l’azienda Favini per la quale si recupera la crusca ottenuta dalla macinazione di grano, orzo, segale e altri cereali che insie-me alla cellulosa dà vita a una nuova materia prima; oppure, il Poly-paper nato dalla ricerca congiunta tra il laboratorio di NextMaterials e il Politecnico di Milano.

Il packaging alimentare, quindi, svolge im-portanti funzioni legate non solo a contene-re i cibi, ma anche e soprattutto a proteggerli dal deperimento aumentandone cosi il tempo di conservazione e permettendone il traspor-to anche in luoghi lontani dalla sede di pro-duzione. In questo modo si va nella direzione della riduzione degli sprechi, con lo scopo di raggiungere l’obiettivo “nutrire il pianeta”, che era il tema dell’Expo 2015. Accanto a queste

potenziale trasferimento agli alimenti non im-plichi pericoli per la salute umana, modifiche inaccettabili della composizione del prodotto alimentare o un deterioramento delle sue qua-lità organolettiche.

Negli ultimi anni in contrapposizione alla produzione ed uso di polimeri sintetici, lar-gamente utilizzati per il packaging, è sempre più presente l’esigenza di disporre di materiali più sostenibili in grado di rispondere alle esi-genze dell’industria e del consumatore. Tenuto in debito conto la crescente attenzione posta al tema della sostenibilità ambientale, nonché la progressiva diminuzione della disponibili-tà di fonti petrolifere, cambiare oggi strategia nell’ambito del packaging alimentare, e non solo, è sempre più una opportunità oltre che una necessità. Di conseguenza è cresciuto l’in-teresse verso i biopolimeri o bioplastiche, poli-meri derivati da materiali di origine vegetale e rinnovabili. In questa ottica lo sviluppo di ma-teriali impiegati per produrre imballaggi so-stenibili risulta essere una prerogativa di pri-maria importanza sia per i produttori che per gli utilizzatori del packaging, oltre a risultare di particolare attenzione per il consumatore.

Tra le proposte innovative destinate a rivo-

luzionare in un prossimo futuro il settore del packaging alimentare, ma eventualmente an-che quello dei settori farmaceutico e cosmetico, un ruolo prominente verrà assunto dal packa-ging attivo. Con il termine di packaging attivo si intende un confezionamento in grado di inte-ragire con il suo contenuto, con effetti positivi. Packaging attivi attualmente in commercio e correntemente impiegati nel confezionamento degli alimenti sono in genere limitati. In que-sta ottica di continua innovazione nel campo del packaging alimentare può essere collocato quello che possiamo definire “packaging edi-bile”, cioè costituito da materiale commestibi-le impiegato per rivestire prodotti alimentari ricalcando il modello degli involucri naturali. Si tratta di materiale biodegradabile che può essere consumato assieme all’alimento con-sentendo di ridurre l’impatto ambientale e so-stituendo, del tutto o in parte, gli imballaggi costituiti da plastiche di sintesi.

Intervista

Non deve trarre in inganno il nome del-la Bottega “Poco di Buono” di Rimini. Infatti di buono ha molte cose: prodotti a filiera corta, etica, idee e da qualche mese anche gli imballaggi. Alessandra Carlini, responsabile Relazioni esterne, ci spiega i risultati del progetto di elimi-nazione degli imballaggi in plastica del-la Bottega diversamente bio.

Intanto, nella Bottega sono venduti pro-dotti di consumo e non legati al consu-mismo. Alimenti a km0, biologici, di piccoli produttori, però con la forma del negozio di prossimità: aperto sempre, dal lunedì l sabato, con orario continua-to, senza necessità di tessere. Da genna-io, fino ad ora, un successo: si contano oltre 20 mila scontrini stampati. Nella Bottega viene offerta una spesa piutto-sto completa dalla frutta alla verdura, dalle uova ai detersivi, poi ancora i con-fezionati, come la pasta e l’olio. «Recen-temente abbiamo messo un reparto di

banco freschi in cui si teniamo, oltre agli affettati degli allevatori vicini, formaggi, anche di pregio, e della gastronomia ve-gana – spiega Alessandra - Per servire i nostri clienti è necessario utilizzare degli involucri. Inizialmente abbiamo utiliz-zato la plastica. Abbiamo pensato però, che facendo attenzione a molte cose le-gate agli alimenti e ai clienti, dovevamo avere un occhio di riguardo anche per gli imballaggi».

All’inizio non è stato facile. La ricerca di materiali che soddisfacessero staff e clientela ha richiesto diversi tentati-vi, fino ad arrivare alla carta per pacchi compostabile e contenitori in Pla, pro-dotti da un derivato del mais. «È chia-ro che sia una spesa maggiore, motivo per cui molti altri non fanno la stessa scelta, però noi abbiamo deciso di non guardare al soldo. Abbiamo scelto di an-dare verso qualcosa a cui dobbiamo ar-rivare tutti prima o poi. Anche per fare la nostra parte per quanto riguarda la diminuzione di plastica nell’ambiente che sta diventando veramente un tema drammatico da affrontare. Si apre però un altro problema, quello del corretto conferimento nella raccolta differenzia-ta». Infatti se il Pla non viene corretta-mente riciclato può provocare un pro-blema maggiore. Essendo molto simile ad un contenitore di plastica, si rischia che vada mescolato ad essa: in realtà va smaltito nell’umido (non nella compo-stiera di casa).

Da qui si fa anche opera di sensibilizza-zione e informazione verso i clienti, che stanno abbracciando in maniera favore-vole l’iniziativa di economia circolare: «Sono molto entusiasti di questa pro-posta che fa parte della cultura e sensi-

bilità di molti di loro. In questo modo si sentono partecipi anche di un andare avanti, di un guardare verso delle cose che possono portare solo a benefici. Sia-mo stati premiati, oltre che per la quali-tà dei prodotti, anche per la nostra coe-renza e attenzione all’ambiente. È stato capito, addirittura qualcuno vorrebbe venire con il contenitore da casa, ma non è possibile per motivi igienici. Ciò dimostra, però che sarebbero pronti a fare un salto di ben altro tipo».

Poco di Buono, inoltre, non accolla il co-sto del materiale da imballaggio ai suoi clienti: «Abbiamo creato un’impresa che fosse etica e che stesse in piedi sul-le proprie gambe. Per rendere possibile ciò applichiamo un margine ridottissi-mo che non è stato toccato nel momen-to in cui abbiamo deciso di fare questa scelta ecologica. Uno dei nostri principi è che il prezzo sia equo per chi produce e per chi compra».

Una scelta che può e deve cambiare l’at-tuale situazione ambientale: «Lo può fare su diversi livelli: dall’alto se pren-dono decisioni giuste a livello di politi-che e dal basso se rispettiamo queste, iniziando anche a capire quale sia il cor-retto comportamento. Sicuramente ri-usciremmo ad uscire dall’emergenza, si parte dalla piccola spesa che facciamo per casa nostra».

Quando ecosostenibile vuol dire guadagno: il caso della Bottega Poco di Buono

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Attualità

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Rubrica

Per tutti era e sarà “solo” il Ponte. Alcu-ni, come me, nemmeno sapevano come si chiamasse, ma sapevamo tutti che fa-ceva parte della nostra quotidianità di ognuno.Il Ponte Morandi per chi è di Genova era un simbolo, ma anche per chi sem-plicemente ci transitava sopra, era una certezza, sapevi che come arrivavi nei pressi te lo saresti trovato di fronte. Per tutti era “solo” il Ponte di Brooklyn.Poi abbiamo smesso di chiamarlo così. Dopo il 14 agosto 2018, è diventato il Ponte Morandi. Dopo quella maledetta data, chiunque sia passato di lì gli si è stretto il cuore. Poteva esserci chiunque di noi li sopra, è il pensiero ricorrente. In quella maledetta giornata il ponte ha portato con sé 43 vittime. Che tutti in un modo o nell’altro ci portiamo dietro. Ma qui non voglio parlare di morte, qui voglio ricordare i vivi e dare speranza a chi ha perso. Forse non è molto con un pezzo come questo, ma il fatto che si parli del ponte è segno che tutto ciò non si vuole che capiti di nuovo. E non deve.

Per il Ponte aveva a che fare con le va-canze. Io di origini sono della provin-cia savonese, in Liguria, ma per andare ovunque passavi di lì. Ricordo con un sorriso sulle labbra, le gite con mio non-no, che mi faceva conoscere Genova, in quanto molti parenti vivevano e vivono ancora in quei luoghi. Quindi la visita alla città, quando andavi all’acquario, oppure semplicemente andavi al cine-ma del Fiumara con le amiche.

Parlando con i cittadini genovesi, rac-contandomi cos’era il Ponte Morandi per loro, ci siamo trovati tutti su due punti: ci si ricorda perfettamente cosa stavamo facendo quel giorno e sul fatto che quando lo si vedeva, tornando dal-le vacanze, il primo pensiero era CASA.

La mente crea la nostra stessa realtà. E con ‘mente’ non si intende la parte razionale e cosciente di pensieri a cui siamo in grado di apporre il nostro controllo, perché quella rappresenta solamente il 5 per cento del nostro io interiore, si tratta semplicemente della punta dell’ice-berg che vediamo emergere dal mare; la mente capace di creare la nostra realtà e quindi di modificare la nostra vita è quella inconscia, tutto il resto dell’iceberg che non vediamo essendo sotto la superficie degli oceani ma ca-pace di tenere in piedi tutto il macigno ghiacciato e di determinarne la forza e la stessa esistenza.E forse è proprio tutta quella parte di sé a cui prima non prestava attenzione che Manuela, a un certo punto, ha deciso di curare. E di farlo mettendola a servizio di se stessa e degli altri: perché, dice, dedicarmi al benesse-re dell’altro alimenta il mio, sia fisico sia mentale. E il momento in cui l’ha capito è quello in cui la sua vita è completamente cambiata.Manuela Genti, trainer olistico, era un’impiegata statale. Una vita regolare, sebbene la sua anima fin da bambina, sia sempre stata proiettata verso altri mondi, altre di-mensioni. Verso quelle direzioni non regolari, insomma.A soli trentatré anni la colpisce un ictus. Una situazione al limite del vitale, perché Manuela ha rischiato di non farcela. Una ripresa difficile, lenta: di quei percorsi che sembrano lunghi tunnel oscuri, in cui a un certo punto smetti di chiederti dove sarà la luce e inizi a chiederti se ci sarà, la luce.Ed è avvenuto proprio in quel momento il cambiamento.Manuela non accettava quello che le era capitato - e come biasimarla. Dentro di sé continuava a combattere contro le difficoltà fisiche e mentali a cui l’ictus l’aveva sottoposta, e tutte le riflessioni che ne nascevano non fa-cevano che peggiorare il suo stato umorale. Ma si sa: il dolore cessa di essere vano quando smettia-mo di chiederci con rabbia “Perché mi è capitato?” e ini-ziamo a domandarci con speranza “Per cosa mi è capi-tato?”.Manuela, nonostante le sue tribolazioni, inizia a ren-dersi conto, attraverso la pranoterapia, che dedicarsi al benessere dell’altro la fa stare automaticamente meglio: avevo certi miglioramenti sul mio stato di salute, rac-conta, che erano incredibili e al limite dell’inspiegabile.Non solo. Oltre a rendersi conto di quanto sia salutare, per lei, questo rapporto spirituale con il prossimo, den-tro di sé inizia a sentire la battaglia in corso con quella che era la sua vita precedente. Rifiutavo, dice, l’idea di tornare al lavoro e un motivo ci doveva pur essere.Inizia così il percorso che ha portato Manuela a diventa-re un trainer olistico: il suo non è un lavoro meramente spirituale, poiché l’olistica non si basa sulla dicotomia tra mente e corpo bensì sull’unione delle due per il rag-giungimento di un benessere umano reale poiché com-pleto.Quello che le persone faticano a capire, spiega Manuela, è che ogni situazione che abbiamo vissuto è andata a mi-nare il nostro atteggiamento mentale, da qui ne nascono quei pensieri e quelle convinzioni di cui non sempre sia-mo consci e che però vanno a creare la nostra realtà pre-sente e futura: è come se i nostri pensieri venissero pro-iettati nell’Universo e quest’ultimo ce li restituisse sotto forma di esperienze quotidiane che spesso etichettiamo come ‘fortuna’, ‘sfortuna’ o più semplicemente ‘destino’.Tra tutto ciò che Manuela offre alle sue persone, dal Rei-ki alla pulizia energetica, dai trattamenti con i cristalli ai massaggi, la tecnica che più va ad affinare il rapporto tra l’essere umano e le sue convinzioni inconsce - quelle che, come dicevamo, vanno a influenzare la sua vita - è

Qualcuno non d’accordo nel parlarne qualcuno invece dice che bisogna par-larne, perchè non vengano dimenticate, né le vittime, né una città ferita.

Come mi ricorda Cristina: “Lui c’è sem-pre stato, fa parte della nostra storia. Per chi come me abita in centro, lui era lì a salutarci quando partivamo con le nostre famiglie per le vacanze, e ci dava il ben tornati quando si rientrava. Non è stato un ponte qualunque per noi, lui era il nostro ponte”.

Barbara concorda con me nel dire “Quando si arrivava nei pressi, era quel-la sensazione di casa. E’ un ricordo che mi lega ai miei genitori, che purtroppo non ci sono più”.

Silvia ci racconta: “Sono nata e cresciu-ta nel quartiere del ponte,parlo della zona Certosa, vivo qui da sempre per cui quel ponte io l’ho sempre vissuto come punto di riferimento. Ci abito di fronte, quindi lo vedevo 24 ore su 24. Ci sono passata sopra e sotto tantissime volte, per andare al mare o per fare la spesa grande. Era un vero e proprio punto di riferimento, sempre presente. Il ricordo più bello che conservo è il rientro dalle vacanze. Come lo vedevo, sorridendo pensavo “Sono a casa”. Questo era per noi il Viadotto Polcevera, casa mia”.

Per Mariaserena il ponte ne ha lascia-to il segno con la sua caduta: “Come tutti da quel ponte sono passata mol-te, molte volte. Ha sempre fatto parte dei miei ricordi e non ho ancora avuto il coraggio di ritornare sul posto dopo il suo abbattimento. Ricordi felici non ne ho, ma ricordo con fotografica esat-tezza il giorno del crollo. Ero in ferie e la pioggia mi teneva chiusa in casa, sta-vo girovagando sui social, quando mi

quella del ThetaHealing, di cui è anche insegnante cer-tificata.Si tratta, spiega la trainer, di una tecnica di meditazione e filosofia spirituale che va ad allineare corpo e mente, permettendo l’eliminazione delle convinzioni limitanti e di vivere con pensieri positivi; si va così, aggiunge Ma-nuela, a creare un nuovo stile di vita positivo, capace di dare all’individuo gli strumenti per creare la realtà che desidera.Gli strumenti. Termine importante per la trainer, che spiega: non voglio che le persone dipendano da me, vo-glio fornire loro le modalità per migliorare da soli la loro esistenza. Attraverso il ThetaHealing, Manuela offre alle persone nuove abitudini. E si sa che sono le abitudini a determi-nare la quotidianità di una persona. Non è stato semplice e non lo è tuttora, spiega Manue-la, far credere alle persone che non sono uno ‘stregone’: non faccio incantesimi e le tecniche olistiche non sono magia, bensì processi interiori, psicologici e spirituali, che non fanno altro che alimentare i processi tangibili della vita. Anzi, li direzionano.Quando si chiede a Manuela in che modo il suo lavo-ro può essere impattante nella vita delle persone, lei ri-sponde prendendo d’esempio la linea che il mare traccia all’orizzonte.Gli antichi, spiega, pensavano che il mondo fosse piatto perché credevano che oltre quella linea non ci fosse nul-la: se non fossero esistiti gli esploratori, capaci di andare oltre quella convinzione, oggi non conosceremmo terre meravigliose. Attraverso il mio lavoro, conclude la trai-ner, cerco di far andare le persone oltre la linea dell’o-rizzonte, cioè oltre i loro limiti, oltre le loro convinzioni: è solamente così che un essere umano può scoprire di essere molto di più e, di conseguenza, di poter ottenere molto più di quello che pensa.La mente crea la nostra stessa realtà. E con ‘mente’ non si intende la parte razionale e cosciente di pensieri a cui siamo in grado di apporre il nostro controllo, perché quella rappresenta solamente il 5 per cento del nostro io interiore, si tratta semplicemente della punta dell’ice-berg che vediamo emergere dal mare; la mente capace di creare la nostra realtà e quindi di modificare la nostra vita è quella inconscia, tutto il resto dell’iceberg che non vediamo essendo sotto la superficie degli oceani ma ca-pace di tenere in piedi tutto il macigno ghiacciato e di determinarne la forza e la stessa esistenza.E forse è proprio tutta quella parte di sé a cui prima non prestava attenzione che Manuela, a un certo punto, ha deciso di curare. E di farlo mettendola a servizio di se stessa e degli altri: perché, dice, dedicarmi al benesse-re dell’altro alimenta il mio, sia fisico sia mentale. E il momento in cui l’ha capito è quello in cui la sua vita è completamente cambiata.Manuela Genti, trainer olistico, era un’impiegata statale. Una vita regolare, sebbene la sua anima fin da bambina, sia sempre stata proiettata verso altri mondi, altre di-mensioni. Verso quelle direzioni non regolari, insomma.A soli trentatré anni la colpisce un ictus. Una situazione al limite del vitale, perché Manuela ha rischiato di non farcela. Una ripresa difficile, lenta: di quei percorsi che sembrano lunghi tunnel oscuri, in cui a un certo punto smetti di chiederti dove sarà la luce e inizi a chiederti se ci sarà, la luce.Ed è avvenuto proprio in quel momento il cambiamento.Manuela non accettava quello che le era capitato - e come biasimarla. Dentro di sé continuava a combattere contro le difficoltà fisiche e mentali a cui l’ictus l’aveva

di Valeria Arciuolo di Sabrina Falanga

Addio al ponte simbolo di Genova: la parola ai cittadini

Il mio lavoro? Aiuto le persone ad andare oltre il confine di sé

sono imbattuta nella foto del Morandi crollato. La nebbiolina provocata dalla pioggia insistente rendeva la foto irre-ale. Ho pensato a un fotomontaggio e ho maledetto l’autore della foto, tutta-via mi sembra elaborata troppo bene e la mia curiosità mi ha spinta a cercare conferme o smentite. Cercando infor-mazioni su diverse testate locali, non ho trovato nulla, se non su il Secolo XIX molto vago. Ho trovato l’avviso di problemi strutturali sul sito autostrade. Come sono tornata sui social, sono ap-parse le prime foto del ponte mutilato. Nonostante i miei 50 anni, sono scop-piata a piangere come una bambina e ho continuato a farlo per tutti i gior-ni successivi, ad ogni annuncio di una nuova vittima. Ho pianto anche venerdì quando l’hanno definitivamente abbat-tuto e ieri ancora (01 luglio 2019) quan-do ha circolato il filmato inedito del crollo. Vero, per tanti “è solo un ponte” ma faceva parte della mia vita. Nei mesi successivi al crollo ho avuto la sensazio-ne che Genova vivesse sottovoce, come a non voler disturbare quello che ne era rimasto del ponte, come se fossimo tut-ti in lutto. Ora dobbiamo solo guardare avanti e riparare ai torti fatti”.

Grazie Genova. Per la tua forza. Per quella speranza che porta avanti e fa guardare avanti. Ce la farete, anche se feriti, mutilati, ma ce la farete, un’altra volta.

sottoposta, e tutte le riflessioni che ne nascevano non fa-cevano che peggiorare il suo stato umorale. Ma si sa: il dolore cessa di essere vano quando smettia-mo di chiederci con rabbia “Perché mi è capitato?” e ini-ziamo a domandarci con speranza “Per cosa mi è capi-tato?”.Manuela, nonostante le sue tribolazioni, inizia a ren-dersi conto, attraverso la pranoterapia, che dedicarsi al benessere dell’altro la fa stare automaticamente meglio: avevo certi miglioramenti sul mio stato di salute, rac-conta, che erano incredibili e al limite dell’inspiegabile.Non solo. Oltre a rendersi conto di quanto sia salutare, per lei, questo rapporto spirituale con il prossimo, den-tro di sé inizia a sentire la battaglia in corso con quella che era la sua vita precedente. Rifiutavo, dice, l’idea di tornare al lavoro e un motivo ci doveva pur essere.Inizia così il percorso che ha portato Manuela a diventa-re un trainer olistico: il suo non è un lavoro meramente spirituale, poiché l’olistica non si basa sulla dicotomia tra mente e corpo bensì sull’unione delle due per il rag-giungimento di un benessere umano reale poiché com-pleto.Quello che le persone faticano a capire, spiega Manuela, è che ogni situazione che abbiamo vissuto è andata a mi-nare il nostro atteggiamento mentale, da qui ne nascono quei pensieri e quelle convinzioni di cui non sempre sia-mo consci e che però vanno a creare la nostra realtà pre-sente e futura: è come se i nostri pensieri venissero pro-iettati nell’Universo e quest’ultimo ce li restituisse sotto forma di esperienze quotidiane che spesso etichettiamo come ‘fortuna’, ‘sfortuna’ o più semplicemente ‘destino’.Tra tutto ciò che Manuela offre alle sue persone, dal Rei-ki alla pulizia energetica, dai trattamenti con i cristalli ai massaggi, la tecnica che più va ad affinare il rapporto tra l’essere umano e le sue convinzioni inconsce - quelle che, come dicevamo, vanno a influenzare la sua vita - è quella del ThetaHealing, di cui è anche insegnante cer-tificata.Si tratta, spiega la trainer, di una tecnica di meditazione e filosofia spirituale che va ad allineare corpo e mente, permettendo l’eliminazione delle convinzioni limitanti e di vivere con pensieri positivi; si va così, aggiunge Ma-nuela, a creare un nuovo stile di vita positivo, capace di dare all’individuo gli strumenti per creare la realtà che desidera.Gli strumenti. Termine importante per la trainer, che spiega: non voglio che le persone dipendano da me, vo-glio fornire loro le modalità per migliorare da soli la loro esistenza. Attraverso il ThetaHealing, Manuela offre alle persone nuove abitudini. E si sa che sono le abitudini a determi-nare la quotidianità di una persona. Non è stato semplice e non lo è tuttora, spiega Manue-la, far credere alle persone che non sono uno ‘stregone’: non faccio incantesimi e le tecniche olistiche non sono magia, bensì processi interiori, psicologici e spirituali, che non fanno altro che alimentare i processi tangibili della vita. Anzi, li direzionano.Quando si chiede a Manuela in che modo il suo lavo-ro può essere impattante nella vita delle persone, lei ri-sponde prendendo d’esempio la linea che il mare traccia all’orizzonte.Gli antichi, spiega, pensavano che il mondo fosse piatto perché credevano che oltre quella linea non ci fosse nul-la: se non fossero esistiti gli esploratori, capaci di andare oltre quella convinzione, oggi non conosceremmo terre meravigliose. Attraverso il mio lavoro, conclude la trai-ner, cerco di far andare le persone oltre la linea dell’o-rizzonte, cioè oltre i loro limiti, oltre le loro convinzioni: è solamente così che un essere umano può scoprire di essere molto di più e, di conseguenza, di poter ottenere molto più di quello che pensa.

Mai contro cuore a cura di Sabrina Falanga

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Rubrica

Rubrica

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La polvere sui libri a cura di Fabiana Bianchi

Dannazione di Chuck PalahniukPalahniuk è un lettore per stomaci for-ti e menti aperte. Lo sa bene chi ha già affrontato alcuni dei suoi romanzi più impattanti, come “Cavie” o “Gang bang”. Con “Dannazione”, ci si ritrova un pun-to di vista estremamente curioso: quello di una tredicenne morta. «In un mondo dove ti accusano di essere pigra se non ti depili le gambe – afferma in un pas-saggio - essere morti sembra la più gra-ve delle mancanze». Madison è figlia di una capricciosa star e di un milionario. Quando era in vita, i genitori non la tene-vano in particolare considerazione. Ora, deceduta per quella che ritiene un’over-dose di marijuana, si ritrova all’inferno, accompagnata direttamente in Limou-sine. Un inferno piuttosto lontano dalle descrizioni di dantesca memoria («Mi spiace dirlo, hanno solo rifilato al pub-blico dei lettori una generosa dose di pit-toresca finzione»), costituito più che al-tro da infinite distese di schifezze come

forfora e unghie mangiucchiate e abitato da creature grottesche come demoni re-pressi. La dannazione eterna prevede an-che un’attività lavorativa: si può scegliere tra i call center che chiamano all’ora di cena o l’industria del porno. Madison si divide fra la sua postazione telefonica e le esplorazioni delle lande infernali in-sieme alla sua strana ed eterogenea com-pagnia di dannati. Anche ciò che è desti-nato a essere eterno, però, può cambiare. La ragazza riuscirà a costruirsi un nuovo futuro e al contempo a fare luce su un passato che credeva diverso.Un romanzo divertente ma anche mol-to amaro, con picchi di sconcertante. Palahniuk, ancora una volta, riesce a fare trapelare fra le pagine la sua visione del mondo disincantata. «Se la Terra ci sembra un inferno – scrive - è soltanto perché siamo convinti che debba essere un paradiso». I paradossi della società contemporanea, da sempre punto focale di Fabiana Bianchi

di Fabiana Bianchi

Il decluttering“Decluttering”: è sicuramente una delle parole del momento. Per chi non conoscesse il termine o semplicemente non amasse gli inglesismi, “de-cluttering” si può tradurre semplicemente come una “liberazione dal superfluo”: consiste cioè nel liberarsi da tutti quegli oggetti inutili che ci in-gombrano la casa.Il decluttering è il punto iniziale di molti metodi di organizzazione casalinga: da “Flylady” al Kondo. Questo perché effettivamente fare spazio in casa è il primo passo per averla più ordinata. Ogni meto-do prevede dei passaggi leggermente diversi: riu-niremo qui alcuni consigli utili per affrontare l’o-perazione, che spesso viene rimandata a oltranza.Innanzitutto, è impensabile liberarsi in una sola volta di tutto il superfluo che ci ingombra casa. La cosa migliore è quindi affrontare il compito in mo-menti diversi, con la giusta calma, suddividendo gli oggetti in categorie: abbigliamento, trucchi, li-bri, attrezzatura da cucina, attrezzatura sportiva, cancelleria e quant’altro. Se il tempo a disposizio-ne è poco, si possono addirittura suddividere in sottocategorie. Un’alternativa è quella di procede-re per spazi, soprattutto se in casa abbiamo diver-si cassetti o armadi “degli orrori”, pieni di oggetti alla rinfusa.Siccome lo spreco è bandito, occorre prepararsi diversi contenitori: nel primo andranno gli ogget-ti che si possono rivendere, nel secondo quelli da regalare e nel terzo il cui inevitabile destino è la raccolta differenziata. Su questo punto, occorre armarsi di obiettività: è inutile per esempio ten-tare di vendere un vecchio rossetto già usato. Per quanto riguarda invece i regali, ci sono diverse vie: la cosa migliore sarebbe donare alle associazioni

che si occupano di persone in difficoltà. Ma per quegli oggetti magari ingombranti che queste re-altà non ritirano, esistono gruppi Facebook come i vari “Te lo regalo”. Per i libri, ci sono diverse bi-blioteche pronte ad accogliere i volumi donati. Spesso i volontari dei canili sono felici di ricevere vecchie coperte per gli animali. In ogni caso, oc-corre ricordare che li stiamo destinando ad altre persone: regaliamo solo oggetti ancora utilizzabi-li, in buono stato e soprattutto puliti, così come farebbe piacere trovarli a noi.Ora, siamo davanti al nostro armadio o cassetto. È arrivato il momento fatidico di prendere in mano il primo oggetto e fare le nostre valutazioni. Cosa bisogna chiedersi per capire se è arrivato il mo-mento di dirgli addio? Il metodo Kondo si concen-tra molto sulle emozioni: ci si chiede se l’oggetto in questione ci renda felici, ci evochi ricordi piacevoli e sentimenti positivi. Qualcuno magari si farà una risata all’idea di stringere tra le mani un cavatappi analizzando le emozioni che ci trasmette. Eppu-re può essere un’idea utile, soprattutto per quegli oggetti puramente decorativi. Altre domande da porsi, più concrete, riguardano l’effettivo utilizzo di un oggetto. Per esempio: lo usiamo regolar-mente? Per ogni oggetto, ovviamente, il concetto di regolarità è variabile. Un abito da cerimonia, per esempio, può essere considerato usato rego-larmente anche se esce dalla naftalina una volta all’anno. E ancora. Se sparisse, lo ricomprerei o comunque ne sentirei la mancanza? Quante possi-bilità ci sono di averne bisogno in un lasso di tem-po ragionevole?Dedicando il giusto tempo a ognuna di queste do-mande, dovremmo avere delle risposte sufficien-

temente chiare per decidere se separarsi dall’og-getto in questione oppure tenerlo. Per i casi più difficili (ma devono essere pochi), è possibile met-tere temporaneamente gli oggetti fonte di dubbi in una scatola e ritirarla. Se entro un mese non sen-tiamo la necessità di tirarli fuori, evidentemente possiamo salutarli.Oltre a queste che potremmo definire intense ses-sioni di decluttering, possiamo applicare lo stesso metodo anche tutti i giorni. Lo si fa attraverso due vie. In primis, cestinando subito quello che sap-piamo non ci servirà. Se arriva il volantino del su-permercato LaPeraCotta a cui non andiamo mai, è inutile lasciarlo languire sul tavolino all’ingresso per giorni. Sappiamo che non lo useremo: buttia-molo. Poi. Dobbiamo conservare per dieci anni le bollette, ma non necessariamente tutto il loro im-ballo. Gettiamo buste, pubblicità e altre parti inu-tili.Inoltre. Una sessione di decluttering dovrebbe in-segnarci anche a conoscere meglio noi stessi. Se abbiamo buttato o regalato per esempio diverse maglie verde acido rendendoci conto di non aver-le mai messe, è evidente che il verde acido non è il nostro colore. Non compriamo quindi altri capi di quel colore. Il primo passo per evitare di avere in casa oggetti inutili che non usiamo e magari non ci piacciono, è evitare di comprarli.

Dal Caos al Cosmo a cura di Fabiana Bianchi

delle sue opere, sono messi in evidenza con la sua abituale maestria, nascosti fra una battuta sarcastica e una nota cini-ca, come piccole perle pronte per essere raccolte dai lettori. «La rabbia per aver dedicato una vita intera a imparare cose e amare persone e guadagnare soldi, per poi scoprire che di tutte quelle cagate alla fine non ti resta niente. È vero, la morte del corpo è la parte più semplice».

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I fatti della settimanaUna settimana di notizie drammatiche: dall’addio al sindaco eroe alla morte di una bimba

La settimana di Carola Rackete con uno sguardo all’Europa

La settimana di cronaca di Cosmo si apre con una sentenza su un caso peculiare. Giovedì 20 due ge-nitori di Padova sono stati condannati in appello a due anni, con pena sospesa, per l’accusa di omi-cidio colposo con l’aggravante della prevedibilità degli eventi. La loro figlia morì di leucemia nel 2016, quindici giorni dopo avere compiuto di-ciott’anni e dopo avere rifiutato la chemioterapia consigliata dai medici. Il pubblico ministero ha accusato i genitori di avere “plagiato” la figlia, im-pedendole una corretta informazione sulle cure e di conseguenza una scelta libera.Venerdì 21 è arrivata una triste notizia da Rocca di Papa: il sindaco Emanuele Crestini non ce l’ha fatta. Il primo cittadino era rimasto gravemente ferito nell’esplosione del municipio dovuta a una

La settimana politica di Cosmo si apre giove-dì 27 con l’approvazione del decreto crescita al Senato. Il provvedimento è quindi diventa-to legge con 158 voti favorevoli, 104 contra-ri e 15 astensioni. Fra le misure più rilevanti contenute, la possibilità di accedere al fondo per il credito alle imprese in concordato pre-ventivo (vi rientra anche il caso Mercatone Uno), nuove norme sulle pensioni e misure a sostegno dell’editoria.Venerdì 28 occhi puntati sulla Sea Watch 3. Mercoledì la nave, guidata dalla comandante olandese Carola Rackete, è entrata nelle ac-que territoriali italiane per attraccare a Lam-pedusa malgrado il governo italiano l’avesse vietato. Due giorni dopo, la capitana è stata iscritta nel registro degli indagati: le ipotesi di reato erano favoreggiamento dell’immi-grazione clandestina e di rifiuto di obbedien-za a nave militare.Sabato 29 è stata ancora Carola Rackete la protagonista delle cronache. In serata la co-mandante della Sea Watch 3 è stata arrestata e per lei è stata disposta la detenzione domi-ciliare. Interrogata, Rackete ha affermato di avere agito per stato di necessità e di non ave-re speronato volontariamente la motovedetta della guardia di finanza che si era frapposta fra la sua nave e la banchina. In seguito, mar-tedì 2 luglio, il gip ha scelto di non convalida-re il suo arresto: la comandante è stata quindi liberata.

fuga di gas, avvenuta il 10 giugno. In quell’occa-sione, era stato l’ultimo a lasciare l’edificio, pre-murandosi prima dell’evacuazione delle altre per-sone presenti: si è così meritato l’appellativo di “sindaco eroe” dai suoi concittadini. Pochi gior-ni prima era deceduto il suo delegato Vincenzo Eleuteri, a causa dei danni alle vie respiratorie causati dal fumo: come il sindaco, era stato fra gli ultimi a uscire dal palazzo, per mettere al sicuro le altre persone.Sabato 22 si è consumata una tragedia a Noce-ra: nelle prime ore del mattino, una bimba di soli otto mesi è giunta in ospedale già morta. Sul suo corpo sono stati riscontrati lividi e lesioni. Suc-cessivamente, l’autopsia ha rivelato che la piccola sarebbe stata strangolata. Il padre è stato arresta-to, mentre la madre è indagata a piede libero.Domenica 23 è arrivata un’altra notizia dramma-tica: un ragazzo di 25 anni ha perso la vita dopo alcuni giorni di agonia. Nella notte tra venerdì e sabato, il giovane, di origine foggiana, aveva sca-valcato un cancello per entrare all’università “La sapienza” di Roma, dove era in corso una “Notte bianca”. Era però caduto, ferendosi gravemente e recidendo l’arteria femorale. I tentativi disperati dei medici di salvargli la vita si sono purtroppo rivelati inutili.Lunedì 24 un’imponente operazione dei carabi-

Domenica 30, all’indomani del G20 di Osaka, il premier Giuseppe Conte si è espresso con ottimismo per quanto riguarda l’ipotesi di una procedura di infrazione contro l’Italia da parte dell’Unione Europea per la questione deficit. Il presidente del consiglio ha ribadito la necessità di evitarla e ha sostenuto di avere fatto il possibile in questa direzione. Gli ha fatto eco il ministro dell’Economia Giovanni Tria: «Sulla base delle cifre, possiamo atten-dere un giudizio positivo».Lunedì primo luglio sono arrivate notizie ab-bastanza positive dall’Istat. A maggio il tasso di disoccupazione ha toccato il 9,9%: si tratta del dato più basso registrato dal 2012. Cala anche quella giovanile, pur rimanendo molto alta: è a quota 30,5%. Il tasso di occupazione è salito al 59%. Tuttavia, l’Italia rimane an-cora molto in basso nella classifica dei pae-si dell’Unione Europea per quanto riguarda l’occupazione.Martedì 2 luglio, dopo lunghe trattative, l’U-nione Europea ha annunciato le nuove no-mine. Alla tedesca Ursula von der Leyen, già ministro della Difesa, è stato affidato il ruolo di presidente della Commissione. Sono vice-presidenti vicari Frans Timmermans e Mar-grethe Vestager. Il presidente del Consiglio è invece Charles Michel. Joseph Borrell è Alto rappresentante per la politica estera. Christi-ne Lagarde, francese, guiderà invece la Bce.Mercoledì 3 l’italiano David Sassoli è stato

eletto alla presidenza del Parlamento Euro-peo. Esponente del Partito Democratico, con una carriera giornalistica alle spalle, nel suo discorso di insediamento ha trattato diversi argomenti caldi.

di Fabiana Bianchi

di Fabiana Bianchi

nieri di Lecce ha condotto a trenta ordinanze di custodia cautelare, di cui 19 in carcere e undici ai domiciliari. Le accuse a vario titolo sono di asso-ciazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, danneggia-mento seguito da incendio, detenzione abusiva di armi e di materie esplodenti, detenzione e spac-cio di sostanze stupefacenti, estorsione, ricetta-zione, minaccia aggravata, porto abusivo di armi, sequestro di persona e violenza privata. Martedì 25 è diventata definitiva la condanna all’Italia per il caso di Amanda Knox. La Corte di Strasburgo, infatti, ha detto no alla richiesta del governo italiano di pronunciarsi nuovamente sul tema. Secondo la Corte, l’Italia è colpevole del-la violazione del diritto alla difesa della ragazza statunitense nell’indagine sull’omicidio di Mere-dith Kercher, avvenuto a Perugia la sera del pri-mo novembre del 2007. Knox è stata assolta in via definitiva. La Corte ha inoltre disposto il ri-sarcimento per i danni morali subiti per 10mila e 400 euro.

Cronaca

Politica

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Rubrica

Rubrica

Al Nord al massimo si ordina un doppio caffè perché la giornata è lunga e biso-gna essere produttivi; al Centro, invece, preferiscono la doppia colazione perché la giornata è lunga e non sia mai che ti si apre una voragine nello stomaco prima di pranzo. Al Nord durante le ore d’uffi-cio, si pensa al lavoro e basta; al Centro, invece, una delle domande più comuni tra colleghi è: dove andiamo a pranzo oggi? Naturalmente, la pausa pranzo di un milanese sarà a base di tramezzino e insalatina ipocalorica, da Roma in giù, invece, non si può prescindere da un piatto di pasta che tanto si riprende a la-vorare dopo le tre di pomeriggio. Forse ci scappa pure il riposino, prima.

Al Nord c’è il culto dell’apericena, che vale per aperitivo e cena; al Centro no, si fa l’aperitivo, magari anche in un paio di bar per chiacchierare con più amici possibili, ma poi si cena. Sempre per-ché potrebbe aprirsi una voragine nello stomaco a mezzanotte, sennò. Quando

non si lavora, dunque la domenica per esempio, al Centro può capitare di fini-re di pranzare alle 15.30, alle 16, men-tre al Nord quella è l’ora della vasca in giro perché il pranzo è terminato da più di un paio d’ore. Ah, e naturalmente il pranzo della domenica al Centro è a fa-miglia allargata: ci sono zii, nonni, cu-gini, parenti fino al terzo grado. E quin-di, non è colpa loro se si finisce tardi di mangiare: ci sono tante chiacchiere e novità da raccontarsi tra una portata e l’altra. Anche se ti eri visto il giorno pri-ma. Al Nord si mangia, possibilmente con la bocca chiusa per non ingurgitare aria e perché è cattiva educazione parla-re a bocca piena.

Se poi vogliamo pensare alle feste, al Nord la domanda sorge spontanea: che fai a Capodanno? Al Centro non ci sono alternative. Tombolata con fagioli, pre-sepe vivente, secondo giro dei parenti dopo quello fatto a Natale, nonna che puntualmente ti dice che ti vede sciupa-

Benvenuti al Centro

Bufale cosmiche

Nord e Centro: chi lavora e chi mangia

di Alessandro Pignatelli

Sta succedendo di nuovo. Una totale confusio-ne fra i fatti e le opinioni, incancrenita dalla dif-fusione incontrollata di palesi bufale. Occorre-rebbe chiedersi perché. Approfondire come sia possibile che, in una nazione con un percorso scolastico obbligatorio di almeno dieci anni, così tante persone non riescano a discernere la differenza fra fatto e opinione. Carola Racke-te, la comandante della Sea Watch 3 al centro delle cronache in questi giorni, può piacere o non piacere. Ci si può chiedere se quello che ha fatto sia giusto o meno e se nelle stesse cir-costanze avremmo fatto lo stesso o avremmo agito diversamente. Queste sono opinioni. Del resto, sulla questione del diritto naturale gli stessi giuristi si interrogano letteralmente da secoli.

“Abbiamo passato da poco una settimana di fuo-co per le temperature tropicali che vi hanno in-vaso: quale motivo migliore di questo per sco-prire uno dei nuovi drink più cool dell’estate: oggi vi parlo del Gin Basil Smash”.Anche questa settimana il barman Jonathan Bergamasco ci porta a fare un giro tra i segreti del mondo dei drink, come sempre intervistato dalla nostra giornalista Sabrina Falanga.Non solo: Jonathan ha un invito per i lettori del Cosmo. Scopriamolo.

“Non è facile trovare negli ultimi 20 anni coc-ktail che davvero si sono imposti nel mondo del bar entrando in tutti i locali del globo e prenden-do posizione fissa nei menu insieme ai grandi classici.Nato nel 2008 al bar ‘Le Lion de Paris’ di Ambur-go, dalla mente di Jörg Mayer, è oggi conosciuto in tutto il mondo, molto apprezzato in estate per le sue note fresche e profumate. Questo è l’esem-pio di un classico moderno che ce l’ha veramente fatta a imporsi nel mondo dei bar”.

•Ricetta: London Dry gin - 6cl Succo di limone fresco - 2,5clZucchero liquido - 1,5cl Basilico fresco - 8/10 foglie

Ma alle opinioni si dovrebbero affiancare i fat-ti. Quelli sono univoci: un evento è successo o non è successo. Non esistono fatti di Schroe-dinger, accaduti e al contempo mai accaduti. Tutt’al più possono avere bisogno di essere ac-certati o ricostruiti.Vediamo dunque alcuni dei fatti semplicemen-te falsi che in questi giorni le sono stati attri-buiti.In primo luogo, è stato detto che Carola Racke-te non ha la patente nautica. In realtà, l’olan-dese ha una laurea di primo livello in nautica e trasporto marino, conseguita alla Jade Ho-chschule. Tale titolo le ha dato diritto alla qua-lifica di ufficiale di picchetto.La comandante della Sea Watch 3, secondo le malelingue, sarebbe anche già stata arrestata per possesso di cocaina e utilizzo di carte di credito rubate. Di fronte ad accuse così gravi, sarebbe d’obbligo quantomeno citare una fon-te affidabile. Fonte che non esiste: i post sui social network che riportano queste “notizie” si accontentano di un generico “dal web”. Una breve ricerca sui motori di ricerca, condotta anche in lingua inglese, non riporta risultati degni di nota. Nessuna testata giornalistica uf-ficiale, insomma, ha mai riportato la notizia di Rackete arrestata per droga e possesso di carte di credito rubate.Le bufale toccano anche la sua famiglia. Il pa-dre viene spesso definito un “commerciante d’armi”. In realtà, semplicemente, Ekkehart Rackete collabora da sette anni come consu-

•Procedimento:Raffreddiamo bene il nostro bicchiere di servi-zio, nel frattempo andiamo a versare tutti gli in-gredienti nello shaker, riempiamo di ghiaccio e shakeriamo vigorosamente, in questo modo no-teremo come il drink prenda una leggera colo-razione verde basilico, filtriamo in un bicchiere con ghiaccio 2 volte in modo tale che i residui del basilico non cadano all’interno del bicchiere (double strain, utilizziamo uno strainer (filtro) per lo shaker e un passino a maglia fine insieme).

•Garnish: basilico fresco

•cosa ci serve:Shaker Bicchiere tipo Tumbler basso Filtro + passino a maglia fine Parenti genovesi che vi omaggino con kg di ba-silico ligure

•Curiosità:“Questo è un drink che collochiamo nella cate-goria “smashes” cioè cocktail che hanno al loro interno, come ingrediente, un erba aromatica (basilico, menta, timo, erba cipollina, dragon-cello ecc). Con questi tipi di drink possiamo fare quasi quello che vogliamo, dalla scelta del di-

lente con l’azienda tedesca Mehler Engineered Defence. L’impresa, però, non produce armi, ma sistemi di sicurezza difensivi, usati sia in ambito civile che militare. Della madre si dice che abbia lavorato per la Bayer. La notizia non trova conferme né smentite e in ogni caso è irri-levante: lavorare per un’azienda farmaceutica, fino a prova contraria, non costituisce reato. La voce potrebbe anche essere legata al nome del ceo della Sea Watch, Johannes Bayer: questa, tuttavia, è solo un’ipotesi. Allo stesso modo, non si trova alcuna conferma ufficiale sulla presunta militanza di un nonno nelle SS.Una menzione d’onore va poi a chi, dimostran-do quantomeno una certa pazienza e devozio-ne alla causa, si è preso la briga di inserire con Photoshop una tavola imbandita nella fotogra-fia che ritrae alcuni parlamentari saliti a bor-do della Sea Watch su un gommone. Il palese errore di ortografia nella scritta sulla fiancata del natante potrebbe anche fare pensare a una trovata ironica. Ma sono in molti, in ogni caso, ad avere creduto alla veridicità della foto, mal-grado sul web circoli abbondantemente anche la versione reale.

stillato (gin, vodka, tequila, rum.. io lo amo e lo consiglio con Ginepraio gin ad esempio) a quella della nota aromatica, utilizzate il basilico rosso o la menta che va per la maggiore, ma ricorda-te che la giusta lavorazione dell’erba aromatica è fondamentale per la riuscita del cocktail , c’è chi , prima di shakerare, “pesta” nello shaker il basilico andando a liberare gli aromi ma credo che sia un passaggio superfluo se poi shakeria-mo (senza esagerare, non deve avere il colore del prato di casa ahah)… liberate la fantasia”.

E ora, l’invito come promesso: “Ho una novità: visto che ormai sono 8 mesi che la rubrica offre drink, ora vorrei che foste voi ad offrire drink a me! Mandatemi le vostre ricette, le più interessanti, ma che avranno seguito le giuste linee guida di questi mesi, saranno pub-blicate nelle prossime uscite. Enjoy”.

di Fabiana Bianchi di Fabiana Bianchi

Carola Rackete e il caso Sea Watch

Dal Gin Basil Smash alle tue ricette: qual è il tuo drink preferito?

to e ti offre qualcosa da mangiare, pen-siero – a fine cenone – al giorno dopo. A quello che si mangerà a pranzo, a dove si consumerà il primo pranzo dell’an-no. Che deve essere quanto di più ricco possibile perché quello che si fa il primo dell’anno poi si fa tutto l’anno. E non sia mai che ti viene una voragine nello sto-maco a metà anno.

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Rubrica

Se siete tra quegli utenti che negli ultimi giorni si sono colle-gati a internet per curiosare tra i vari social-network, sicura-mente sarete incappati sul caso “Neon Genesis Evangelion” e, in particolare, sul suo contestatissimo adattamento a cura di Gualtiero Cannarsi. Aulico, altisonante e pretenzioso, in-somma poco comprensibile: ecco come è stato descritto l’o-perato di Cannarsi secondo le opinioni di centinaia di spet-tatori letteralmente infuriati. La polemica che ha investito il film rilasciato sulla piattaforma Netflix non è altro che un ulteriore tassello di quella lotta al doppiaggio portato avanti dagli anni da un sempre più consistente numero di spettato-ri. Un’avversione per le versioni adattate confermata anche da un sondaggio condotto negli ultimi giorni e che ha rivela-to come l’80% degli intervistati preferisca vedere i film e le serie TV in originale.Certo, se siamo arrivati a questa infinita disputa è anche perché viviamo in un’epoca tecnologica che ci permette una possibilità di scelta che fino a venti anni fa non vantavamo. Sommersi da nastri di VHS rovinati visione dopo visione, i film che hanno segnato per sempre la nostra memoria col-lettiva palavano italiano. Le frasi che citiamo, i passaggi che riportiamo a memoria sono italiani. Quante volte per espri-mere sorpresa ci ritroviamo ad affermare “io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi”, mentre per auto-supportarci ci ripetiamo “dopotutto domani è un altro giorno” e che “si può fareee”. Sono tutte pietre miliari della nostra infanzia alimentate da un legame nostalgico che ci spingono a preferirle alla loro controparte originale. I clas-sici Disney, i film del nostro passato, quelli pre-2010: ecco quali sono le nostre dovute eccezioni alle visioni in origina-le. Sono film che vantano però adattamenti ancora ben cura-ti, attenti a non snaturare il contenuto dell’opera originale e capaci di trovare soluzioni alacri e inedite agli innumerevoli giochi di parole e pun linguistici che costellano queste ver-sioni così difficili da tradurre alla lettera. Per potersi ritenere di successo un adattamento (sia esso cinematografico o televisivo) deve calarsi nel linguaggio dell’opera, capire quali sono i suoi registri linguistici e le strategie comunicative scelte dai personaggi in base al pro-prio background culturale e personale. L’adattatore deve pertanto rivelarsi in grado di cogliere i differenti livelli co-municativi: quello interno tra gli interlocutori del film (e identificante il retaggio etnico, sociale e geografica dei per-

sonaggi) e quello esterno, tra i vari locutori e il pubblico. L’a-dattatore deve pertanto comprendere il contenuto del film o della serie tv oggetto del proprio studio, trovare la soluzione che più si avvicina a livello semantico e linguistico alla sua controparte originale (se un personaggio parla uno slang “di strada” di certo non ci si può aspettare che nella sua versio-ne italiana si esprima con termini aulici). Ma soprattutto l’a-dattatore deve pensare al proprio pubblico e rendere – per quanto il registro linguistico sia alto – facilmente compren-sibile il contenuto del proprio operato. Deve, cioè, trovare un giusto compromesso tra la cultura e la lingua di parten-za e quella di destinazione. Se uno spettatore non ha fami-gliarità con la cultura dell’opera originale, l’adattatore deve essere dunque in grado di offrire una soluzione quanto più vicina a quella del pubblico a cui è offerta senza per questo snaturare quella di partenza. Ed è in questo che le soluzioni proposte da Cannarsi non sono risultate vincenti. Se voglia-mo una traduzione “letterale” di un’opera allora punteremo sui sottotitoli; l’adattamento prevede tutt’altro tipo di studio e lavoro giocato su molteplici aspetti.Bisogna anche affermare che, sebbene gli amanti del dop-piaggio continuino a resistere e a combattere insieme a noi, ad allontanare un numero sempre più consistente di spetta-tori da queste visioni è la facilità con cui si apprendono nuo-ve lingue semplicemente guardando film e serie in originale, e – purtroppo - un deciso peggioramento delle loro versioni doppiate. I sempre più risicati tempi di lavorazione compor-tano una superficiale revisione dei copioni. Viviamo, cioè, in un periodo caratterizzato dal “tutto e subito”; l’uscita di un episodio in America deve combaciare con quella a livello mondiale richiedendo un lavoro difficile, veloce e a volte non sempre eccellente da parte dei traduttori e, di conseguenza, degli adattatori. La crisi economica ha poi fatto il resto: ta-gliando i costi di doppiaggio le case di distribuzione offrono il lavoro a personalità non sempre all’altezza, ma che costa-no poco. Il risultato? Copioni non sempre eccellenti e colmi di errori. Gli escamotage linguistici per passaggi difficili da tradurre e che hanno portato in passato a soluzioni piene di ingegno pur non combaciando letteralmente al 100% al suo corrispettivo originale (“al mio segnale scatenate l’infer-no”; “lupo ulu-là, castello ulu-lì”; “è stato un piacere tesoro, è stato un piacioro”) hanno lasciato spazio a traduzioni fin troppo letterali causando madornali errori di traduzione. In

una puntata di “The Vampire Diaries” “break a leg”, che in italiano corrisponde al nostro “in bocca al lupo”, nei sottoti-toli è stato tradotto con “rompiti una gamba”; in “Orange is the new black” invece il termine “pig”, riferito per una que-stione di tradizione e cultura anglosassone ai “poliziotti”, viene tradotto letteralmente come “maiale” producendo un po’ di confusione tra gli spettatori ignari di questi riferimen-ti storici. Che si ami o si odi, il doppiaggio è uno dei fiori all’occhiello del cinema italiano. I nostri doppiatori sono professionisti ammirati in tutto il mondo; con la loro voce e le mille sfuma-ture del loro timbro vocale danno vita a centinaia di perso-naggi differenti. Domitilla D’Amico, Chiara Colizzi, Angelo Maggi, Luca Ward, Francesco Pannofino, Sandro Acerbo, Fabio Boccanera e molti altri sono voci nell’ombra ricono-scibilissimi e senza i quali spesso la versione italiana diso-rienta un po’ se l’attore con cui li associamo (rispettivamen-te Emma Stone, Nicole Kidman, Tom Hanks, Russel Crowe, George Clooney, Brad Pitt, Johnny Depp) vengono doppiati da altri. Con solo la potenza della loro voce riescono perfi-no a colmare certe lacune attoriali degli interpreti da loro doppiati, come accade a Orlando Bloom nella saga dei “Pi-rati dei Caraibi”, piatto nella versione originale, ma intenso e introspettivo nella sua controparte italiana grazie al lavoro svolto da Massimiliano Manfredi. Un lavoro certosino, che proprio per l’alta professionalità che prevede fa storcere un po’ il naso al pubblico medio soprattutto se –come capita nei cartoni animati – emulando il modello americano a svol-gere il ruolo di doppiatori sono personaggi dello spettacolo come cantanti e sportivi del tutto estranei al mondo della recitazione. I tempi stanno cambiando e con essi il modo di recepire i prodotti audiovisivi. Ciò non giustifica l’eliminazione del doppiaggio, si tratta di una gemma troppo preziosa per es-sere soppressa, ma è inevitabile che il pubblico oggi chieda sempre più sale in cui gustarsi i film in versione originale, o quantomeno, il ripristino di una certa attenzione e precisio-ne nello svolgimento degli adattamenti che non sempre si ritrova più.

di Elisa Torsiello

Pensieri in 16:9E ORA PARLIAMO DI ADATTAMENTODoppiaggio sì o doppiaggio no? La diatriba che caratterizza il ventunesimo secolo

a cura di Elisa Torsiello

Cosmo Cocktail Lab a cura di Jonathan Bergamasco

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Spettacolo

propone una programmazione ampia e variega-ta. Un calendario di eventi dalla grande varietà artistica in grado di soddisfare i gusti di tutto il pubblico. Il sipario si aprirà sabato 3 agosto con UP&Down. Lo spettacolo rivelazione dell’anno torna a grande richiesta dopo aver colleziona-to sold out nei più importanti teatri italiani. Un happening comico con una forte connotazione d’improvvisazione in cui Paolo Ruffini e gli atto-ri con Sindrome di Down della compagnia Ma-yor Von Frinzius sviluppano il significato della parola “disabilità” attraverso il filtro dell’ironia.

Il 4 agosto l’appuntamento è con il galà del Pre-mio Persefone. Una serata che si preannuncia imperdibile; nel corso delle varie edizioni infatti, anno dopo anno, si sono avvicendati al Premio Persefone i maggiori protagonisti della cultura e dello spettacolo italiano. Il 5 agosto sarà la volta di una serata dedicata al repertorio deandreiano riarrangiato in chiave rock da Cristiano De An-dré. Martedì 6 agosto si proseguirà con il con-certo di Fiorella Mannoia che porterà sul palco tutto il suo sublime talento artistico e interpre-

complesso profilo dell’autore, alla sedicesima opera narrativa, e i legami dei relatori con il mondo del-la profumistica e con lo stesso scrittore.Andrea Ca-sotti, amministratore delegato di CFF Spa, Creative Flavours&Fragrances, una delle più importanti so-cietà mondiali nella produzione di essenze pregiate, ha ricostruito i passaggi fondamentali dell’amicizia con Lauro e con lo stilista Mauro Lorenzi. L’AD ha potuto così tracciare, nella prefazione, un preci-so racconto dei processi produttivi, a partire dalla imprescindibile creatività dei maestri profumie-ri. Massimo Papi, dermatologo di fama, presiden-te dell’associazione DermArt, pittore, ha spiegato i misteri dell’olfatto, gli odori della pelle e le reazioni della stessa alle fragranze, riuscendo a svelare ela-borati concetti scientifici con un linguaggio acces-sibile a tutti. Lo stilista Mauro Lorenzi ha emozio-nato la platea con il racconto appassionato del suo approdo nella profumeria di eccellenza e dell’affa-scinante collaborazione con il maestro Cerizza per la creazione della sua ultima collezione di sette fra-granze, la Septimontium II. Il regista cinematogra-fico Giuseppe Alessio Nuzzo, facendo riferimento a un suo saggio di imminente pubblicazione, ha vo-luto anticipare la storia del rapporto tra cinema e profumi, nonché le più recenti sperimentazioni ci-nematografiche che porteranno ben presto a coniu-gare le emozioni derivanti dalle immagini e dalla musica anche con quelle derivanti dalla memoria olfattiva di ciascuna persona. Presente anche Ste-fano Dominella, presidente della Maison Gattinoni Couture, personaggio dell’alta moda internaziona-le, il quale ha approfondito il rapporto odierno tra i grandi brand della moda, la profumistica e la co-smesi, divenute queste ultime partite prevalenti nel bilancio delle maison. Dominella ha espresso parole di encomio per l’ultima fatica letteraria dell’autore campano. Vincenzo Scotti, attuale presidente della Link Campus University di Roma, ha confessato che la lettura del romanzo del suo ex capo di Gabinetto

tativo, il 7 agosto spazio alla Follsonica Big Night dedicata alle sonorità rock di alcuni gruppi pro-venienti dalla provincia di Grosseto, mentre l’8 agosto toccherà a Myss Keta & Ivreatronic. La regina della trasgressione e il collettivo di dj e producer piemontesi fondato da Cosmo promet-tono un amalgama esplosivo che darà vita ad un concerto dissacrante, eccessivo, radicalmente iperrealista.Venerdì 9 agosto grande protagonista del Follo-nica Summer Festival Antonello Venditti con i suoi successi senza tempo, mentre sabato 10 ago-sto saranno Le Vibrazioni e Tricarico ad esibirsi al Parco Centrale. Domenica 11 agosto si balle-rà con il fenomeno musicale italiano dell’anno Carl Brave introdotto da La Municipal, seguito il 12 agosto da un appuntamento imperdibile per gli appassionati del genere hip hop con l’inedi-ta lineup composta dai rapper Tedua, Rkomi ed Ernia che si esibirà eccezionalmente sullo stesso palco. Infine, martedì 13 agosto chiuderà l’edi-zione 2019 del Follonica Summer Festival il trio Giorgio Panariello, Carlo Conti e Leonardo Pie-raccioni con un three man show che ha raccolto un sold out dopo l’altro in tutta Italia.Passato, presente e futuro; va dato atto a Ruffini e all’organizzazione di aver creato un cartellone ricco e una manifestazione eclettica. Degna di nota la capacità di coniugare con credibilità ge-neri e stili antitetici. Un plauso al Follonica Sum-mer Festival e lunga vita a operazioni del genere.

al Viminale gli ha svelato un mondo a lui sconosciu-to. Scotti non avrebbe mai immaginato che un pre-fetto partorisse un’opera così lieve, sottolineando il continuo stupore che suscitano le scelte narrative di Lauro, pretesti per autentici saggi sulla pittura, sulla musica, sulla danza e, ora, sulle fragranze. Infine, ha incoraggiato Lorenzi a proseguire con determina-zione sulla strada intrapresa. Un notevole apprezza-mento ha sottolineato il breve e atteso intervento di Maurizio Cerizza, il quale ha ribadito la sua filosofia creativa: un profumo per essere definito tale deve essere un’opera d’arte. Inoltre, ha definito l’opera di Lauro un inno alla libertà e all’amore per la natu-ra, per l’arte, per la bellezza, per la famiglia e per il proprio lavoro. L’autore ha ringraziato il coraggioso pubblico, che ha sfidato il grande caldo per essere presente, e tutti i relatori, condividendo con Cerizza la fonte di ispirazione di tutta la sua opera narra-tiva: l’universo amore. Grandi apprezzamenti, infi-ne, da parte di tutti, per la prova olfattiva delle sette nuove fragranze della “Mauro Lorenzi Profumi” che nei nomi richiamano i colli della città eterna.L’Universo delle Fragranze racconta un’arte poco conosciuta ma decisamente affascinante. La sapida penna di Laura riesce ad appassionare il lettore in una storia dominata dalla bellezza e dall’eleganza. L’autore ritrae con sensibilità e originalità la figu-ra del maestro profumiere. Dopo aver assaporato l’intelligente narrazione di Raffaele Lauro, il lettore potrà immergersi tra la varietà di fragranze di Sep-timontium II.

Si alza il sipario sulla terza edizione del Folloni-ca Summer Festival. Dopo lo straordinario suc-cesso dei primi due appuntamenti, che hanno fatto registrare un totale di oltre 53mila presen-ze, questa manifestazione si è ormai consolida-ta come una delle principali rassegne artistiche dell’estate toscana grazie ad un programma di altissima qualità fatto di concerti, spettacoli tea-trali, comicità e intrattenimento trasversale.Nella stagione 2019 il Follonica Summer Festival accenderà le notti d’estate dal 3 al 13 agosto: una no-stop di musica e spettacoli con undici even-ti tutti da vivere all’insegna dell’hashtag #Sem-premeglio, che faranno ballare e divertire i mi-gliaia di ospiti attesi nella splendida location del Parco Centrale – Arena Spettacoli di Follonica. L’obiettivo dell’Agenzia Non c’è Problema e del Comune di Follonica è superare i risultati dello scorso anno, quando le presenze complessive fu-rono oltre 33mila, offrendo una programmazio-ne di altissimo livello e creare un’occasione che possa coniugare arte, spettacolo e divertimento. La direzione artistica è affidata a Paolo Ruffini.Il cartellone, anche in questa edizione 2019,

Grande successo per la presentazione romana del nuovo romanzo biografico di Raffaele Lauro L’Uni-verso delle Fragranze. L’appuntamento si è svolto nella “Sala Capitolare” del Palazzo della Minerva, in Senato, distinguendosi per la straordinaria affluenza di personalità. La prestigiosa cornice ha decretato il terzo successo, dopo quelli di Milano e di Sorrento, per il romanzo scritto dall’ex senatore. L’Universo delle Fragranze racconta l’epopea artistica del gran-de maestro profumiere Maurizio Cerizza.La presenza in Senato dell’artista ha certamente calamitato l’attenzione - insieme con quella dei nu-merosi estimatori dello scrittore sorrentino - degli appassionati della profumeria di eccellenza. Mauri-zio Cerizza è un personaggio conosciuto e apprez-zato a livello non solo nazionale ma internazionale. È un autentico “magister”, colto, raffinato e spiri-tuale, guida per le nuove generazioni, con qualità e talenti non solo professionali, esaltati nelle pagine del romanzo di Lauro. Massimo Milone, direttore di Rai Vaticano, ha moderato il dibattito, delineando il

di Luca Forlani

di Luca Forlani

Torna il follonica summer festival

L’universo delle fragranze

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Rubrica

pressione sono tre donne che, senza un lieto fine, aspettano per ore di rivedere i loro parenti. L’impatto che hanno avuto questi pri-mi due drammi è stato molto forte. Fin dall’inizio si sentiva aleggiare il tema del-la proibizione, dell’emarginazione. Ogni singolo minuto portava con se il peso del-le ingiustizie subite, della violenza gratu-ita verso persone innocenti. Si trovavano le stesse sensazioni anche nel linguaggio, che talvolta diventava paradossale per le continue reiterazioni, specchio dell’estre-ma pesantezza del regime dei più forti. Dopo un iniziale stordimento, la gente co-minciava a capire che cosa stava vedendo in scena. Si concretizzavano sempre più i temi portanti dell’opera: il razzismo e il pregiudizio. Riproducendo “La sgualdrina timorata” di Sartre, la tragedia continuava. Questa volta, da una parte, un presun-to colpevole, facile da additare, difficile da smentire: un “negro”, così viene con-tinuamente chiamato. Dall’altra, il reale colpevole, ma scomodo: un bianco. Il rea-to è lo stupro di una donna, di una sgual-drina.Sul palco si alternano diverse scene in cui protagonisti sono una prostituta e il cliente della serata. Gli attori si lanciano la parola passandosi un cappello, in un incastro di scene ben costruito ed elo-quente. Attraverso un oggetto, il cappel-lo dell’ipocrisia, potremmo definirlo, le parole rimbombano nel teatro. Con un climax crescente, infatti, si vede come il razzismo sia più forte della giustizia. Una donna non può essere stata stuprata da un uomo bianco, deve essere per forza un nero il responsabile! Frasi del genere si susseguono, finchè nell’ultima scena si assiste al trionfo della manipolazione. La donna è infatti decisa a denunciare il reale colpevole del reato, il bianco ben-pensante, ma poi viene convinta dal sena-tore a condannare un innocente. Questo

Sapete che il nome aveva una grane im-portanza nell’antica Roma? Esso espri-meva l’idea di poter incidere sulla realtà, di essere qualcuno, una persona. Infat-ti, non a caso, quando qualcuno veniva condannato dalla società per un qualche motivo, era soggetto alla cosiddetta dam-natio memoriae, che stabiliva, fra le al-tre cose, che nessun discendente potesse avere il medesimo nome del colpevole. Insomma, il nome contiene la dignità e la cultura di una persona.Proprio su questa importanza gioca il ti-tolo dello spettacolo teatrale “Il mio nome è proibito”, andato in scena presso il Te-atro libero il 27 giugno e interpretato da-gli alunni della scuola “Teatri possibili” di Milano.

Uno spettacolo emozionante, crudo e pa-radossale. Nasce dalla commistione di 3 pièces teatrali: “Conferenza stampa”, “Il linguaggio della montagna” di Pinter e “La sgualdrina timorata” di Sartre. Tre rappresentazioni che di certo sono sta-te in grado di smuovere la coscienza del pubblico e di aprire gli occhi di fronte a quello che sta succedendo anche oggi, purtroppo, nella nostra società.

Riprendendo il “dramma politico” di Pinter, la prima parte dello spettacolo si svolge in un non menzionato Stato totali-tario dove qualsiasi libertà è stata oppres-sa. La violenza del regime si esprime in una violenza contro la parola. “La tua lin-gua è morta. Nessuna domanda?” è forse la battuta più agghiacciante del dialogo che si svolge fra il ministro - dittatore e la schiera di giornalisti che tentano, invano, di porre domande provocatorie. Una con-ferenza stampa muta, dunque, nella qua-le nessuno può contraddire il dittatore. Passando all’altra opera di Pinter, si rap-presenta in modo ancora più crudo una società nelle quale ufficiali in uniforme abusano del loro potere. Vittime dell’op- di Federica Pirola

Il mio nome è proibito - A teatro per scoprire il nostro tempo

perchè, in fondo, a detta del politico, che differenza può fare un “negro” in meno? Dopotutto, è solo gente che non porta nulla di buono. Piuttosto, cosa penserà la società vedendo che a essere denunciato è un bianco? Un uomo che per forza deve essere per bene e che può dare un grosso contributo al paese ( per il solo fatto di essere bianco). E così, dopo questo mi-scuglio di parole sibilline e provocatorie, la donna firma la condanna, con un gesto leggero che però porta con se, anche in questo caso, tutta la pesantezza dell’azio-ne compiuta. Solo alla fine la donna si rende conto di cosa ha fatto e conclude la pièce con un urlo ormai inutile. Con gli occhi sgranati e persi dice: “Sono stata fregata!”. Trop-po tardi.

Dunque, la scuola “Teatri possibili” ha voluto mettere in scena uno spettacolo che porta con se tutte le contraddizioni e le ingiustizie del nostro tempo. Lo ha fatto senza inibizioni, con tutta le ferite che può arrecare. In fondo, però, pro-prio attraverso questo tipo di rappresen-tazioni si può far smuovere la gente. Il pubblico infatti tutto a un tratto si vede nei panni di quella sgualdrina, apparen-temente senza scelta, o in quel ministro che schiaccia le libertà degli altri toglien-do loro la parola. Si esce dal teatro con maggior consapevolezza. “L’arte ci rende vivi”, mi dice uno degli artisti. Ed è proprio vero. Andate a teatro e scoprirete il vostro tempo.

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RubricaPrendila con filosofia a cura di Elisabetta Testa

na diventa base fondamentale di moltissimi testi di Morrison. Morri-son crede nell’eterno ritorno dell’u-guale: crede che la verità stia nel cir-colo e che tutte le cose dritte siano portatrici di menzogna. Morrison è Zarathustra, è Dioniso: è il Profeta nell’opera di Nietzsche. Morrison e Nietzsche sono alla ri-cerca della verità, che, in fondo, non esiste. La verità sta, per entrambi, nel circolo, nell’eterno ripetersi di ogni cosa, tra gioie e dolori. In “The End” si può notare come Morrison parli dell’amor fati, un elemento tipico della speculazione nietzschiana. Accetta il tuo destino, accetta e so-stieni il peso dell’eterno ritorno, per-ché solo così sarai un Superuomo. Tempo di camminare, tempo di cor-rere, tempo di puntare le tue frecce sul sole, prendila con calma, bimba, prendila come viene…Take it as it comes. Solo quando avremo imparato ad accettare il corso degli eventi, tra vittorie e sconfitte, saremo davvero liberi. Nietzsche parlava del serpente, em-blema dell’eterno ritorno per le cur-ve sinuose del suo corpo; Morrison è il Re Lucertola: è lui l’eterno ritorno, è lui il Profeta, la lucertola che scon-figge il serpente e accetta di percor-

48 anni fa si spegneva a Parigi Jim Morrison, mitico e leggendario frontman della band statunitense The Doors. Aveva 27 anni. Jim Morrison era un pazzo visiona-rio: un uomo particolare, in un pe-riodo storico particolare, con una musica particolare. I suoi testi sono opere filosofiche a tutti gli effetti: Jim Morrison è sta-to un poeta, un amante di William Blake e Friedrich Nietzsche, le sue influenze principali. Jim Morrison: un fiume in piena, un terremoto che non si ferma mai, ne-anche dopo aver distrutto tutto. Morrison adorava la filosofia, so-prattutto quella di William Blake e Friedrich Nietzsche. “The Doors” è in primis un nome filo-sofico, che, come noto, fa riferimen-to alle porte della percezione, di cui parlava Blake ne Il matrimonio del cielo e dell’inferno, dato alle stampe nel 1793. Il tema verrà ripreso anche dallo scrittore Aldous Huxley, che descrive il cambiamento della per-cezione dopo l’assunzione di sostan-ze psichedeliche. Più di tutti Morrison era legato alla filosofia di Nietzsche. Si racconta, infatti, che il cantante, dopo esser-si diplomato, chiese come regalo ai suoi genitori l’opera omnia del filo-sofo tedesco. La filosofia nietzschia- di Elisabetta Testa

Jim Morrison e il fenomeno The Doors: apri le porte della percezione, accetta il tuo destino e leggi… Nietzsche

rere ogni giorno le sue sinuosità, i suoi alti e bassi, come le montagne russe. The Doors: un fenomeno psichede-lico e filosofico, non solo musica-le. Una band destinata a perdere il suo leader troppo prematuramen-te, bruciato dalla sua stessa fonte di ispirazione. Jim Morrison è sepolto nel cimitero dei grandi, a Père-Lachaise, a Pa-rigi. Morrison ha trovato casa qui, alla ricerca, forse, della sua libertà…

La gente proclama di voler essere libera, tutti insistono che la liber-tà è il desiderio più grande, il bene più sacro e prezioso... ma sono solo stronzate. La gente è terrorizzata dall’idea di essere liberata. Si ag-grappa alle proprie catene. Si oppo-ne a chiunque tenti di distruggere quelle catene. È la sua sicurezza.

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Rubrica

va a dirigere cantieri, progetti nem-meno tanto piccoli.Mi danno credito, racconta, quando capiscono che sono io a comandare il flusso economico. In caso contrario, le battutine sessiste sono quasi scon-tate e ci ritroviamo a chiederci: se è più semplice ottenere rispetto attra-verso un battito in più di ciglia inve-ce che facendo valere la propria sacra professionalità, sbaglia così tanto co-lei che effettivamente se ne approfit-ta?Non solo: Simona racconta anche di essersi sentita spesso poco al sicuro, di aver subito comportamenti altrui al limite del pericoloso; “fossi stata un uomo, ti avrei già dato due schiaf-fi”: siamo sicuri che sia rispetto per la donna questo, o solo un subdolo modo di etichettarci come più debo-li?E proprio come nel film, anche a Si-mona è successo: l’hanno guardata, appena giunta su un cantiere, e le hanno chiesto come mai l’architetto avesse mandato la segretaria. In questi giorni mi sono imbattuta (impossibile il contrario, pur volen-dolo) negli articoli e nei commenti apparsi su Facebook e Twitter in me-rito alla vicenda Sea Watch e, più in particolare, nei commenti destinati alla nave capitano Carola Rackete: non è questa la sede virtuale in cui discutere del motivo per cui è balza-ta alle cronache, mi soffermerei solo sulla tipologia dei commenti a lei ri-volta. Il 90 per cento dei commenti da parte di chi non è d’accordo con le sue scelte è di genere sessista, alcuni dei quali riportavano la descrizione

Scusate se esisto.Mai titolo fu più azzeccato. Si chiama così il film diretto da Riccardo Mila-ni, una produzione del 2014 con pro-tagonisti Raul Bova e Paola Cortel-lesi: proprio quest’ultima interpreta il ruolo che impersonifica il messag-gio che la pellicola vuole mandare, poiché il personaggio finge di essere la segretaria di un architetto quan-do, invece, l’architetto è proprio lei. Una scelta a cui è costretta perché, in quanto donna, le viene difficile trova-re un lavoro nel suo settore all’altez-za della sua preparazione. Come tutti i film con la Cortellesi, anche questo tratta una tematica attuale e impor-tante con leggerezza e ironia, anche se da scherzare ci sia ben poco.Scusate se esisto.Non è solamente un film. È pura re-altà. In questa rubrica, generalmente, cer-co di mettere sullo stesso piano don-ne e uomini (da qui il nome ‘Uomen’), ma questa volta è doveroso sottoline-are le differenze di trattamento che ancora insistono sul genere, in parti-colar modo in certi settori professio-nali.La pellicola di Milani, infatti mi è tor-nata alla mente durante una chiac-chierata sotto l’ombrellone con l’ami-ca Simona, con la quale ho condiviso una spensierata giornata sulle spiag-ge della Sardegna. Non ricordo nem-meno da cosa sia nato il discorso, ma non è così strano che tra donne ci si confronti su tematiche di questo tipo, per lo meno per dissetare un po’ la nostra sete di comprensione.Simona è architetto e spesso si ritro-

di Sabrina Falanga

di scene sessualmente violente (della serie “ti meriteresti…”) al limite del film horror. Non è una novità che sui Social si di-scuta di politica. Non è una novità che gli utenti insultino il rappresentante di turno (sia questo di destra o sini-stra). Ma non è una novità nemmeno che quanto è vero che i commenti ri-feriti agli uomini si concentrano sul-le capacità intellettuali, riconosciute o meno, è vero altrettanto che nei confronti delle donne si cade sempre sulla buccia di banana dell’insulto sessista e sessuale.E così, mentre una parte d’Italia ini-zia a capire grazie ai Mondiali fem-minili che il calcio non è uno sport da uomo ma è semplicemente uno sport, l’altra continua a credere che se giochi al pallone sei per forza le-sbica. O incapace: sia a essere donna sia come atleta. Insomma, nessuno ha mai preteso avesse ragione Cremonini con la sua canzone “gli uomini e le donne sono uguali”, perché possiamo assicurare che noi donne ci teniamo tranquil-lamente le differenze, ma una cosa è certa: non venite a parlarci di ugua-glianza solo quando vi fa comodo. Perché ancora nel 2019 essere don-na è quanto di più scomodo possa esserci. Per gli altri.

Uomen a cura di Sabrina Falanga

Lavoro e sessismo: il rifiuto delle donne forti

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Sport

con il Presidente Giulini del Cagliari, pronto a tra-sferirlo ai giallorossi, vedremo se cambierà qualcosa a breve. I nerazzurri hanno reso ufficiale Lazaro, dal Hertha Berlino e Godin, già preso a gennaio, mentre Antonio Conte attende sviluppi su due giocatori che vuole fortissimamente: Dzeko e Lukaku. Napoli: Manolas è il nuovo centrale partenopeo, arriva pa-gando la clausola di 36 milioni, mentre Diawara fa il percorso opposto e va a Roma per 21 milioni, dove è già stato ufficializzato. Verdi in uscita: tante le ri-chieste ma De Laurentiis chiede 25 milioni. Milan: il terzino madridista Theo Hernandez si accaserà con i rossoneri, che valutano il da farsi con Donna-rumma, lasciarlo partire o tenerlo ancora? Situazio-ne Kessié e Rodriguez: le loro cessioni potrebbero fruttare denaro fresco e plusvalenze importanti,

nostro stivale. A far parte della nobiltà calcistica, seppur appartengano al rango di dilettanti, invece che dei professionisti. Il ct della nazionale italiana femminile, Milena Bertolini, ha parlato dopo l’eli-minazione contro l’Olanda: “Dispiace perché stava-mo vivendo un’avventura importante, ma ha vinto la squadra più forte. Credo che ora le ragazze ab-biano molta più consapevolezza delle loro qualità. Questo è un punto di partenza, c’è una base per po-ter lavorare per il futuro. Sono orgogliosa del fatto che le ragazze abbiano fatto conoscere il loro calcio a tutti gli italiani, facendoli appassionare: è questo il vero successo del Mondiale. Agli italiani e ai me-dia chiedo di continuare a seguire queste ragazze: più interesse ci sarà più risorse arriveranno, se le ragazze saranno messe nelle condizioni di fare sport ad alti livelli crescerà anche lo spettacolo. Credo che questo Mondiale abbia velocizzato un cambio cul-turale, ha modificato un po’ la testa degli italiani sul calcio femminile. Ho ricevuto continuamente messaggi da Roberto Mancini e tanti riconoscimen-

anche se il recente accordo con l’Uefa permette più respiro, visto che il Milan non disputerà la prossima Europa League. Roma: si cerca un portiere e un at-taccante centrale, proposto Higuain dalla Juve, ma lo stipendio dell’argentino è elevatissimo e insoste-nibile (9.5 milioni), Perin in uscita dalla Juve po-trebbe prendere posto tra i pali, con i bianconeri che vorrebbero Zaniolo. Atalanta: Guarin è l’acquisto per la Champions, mentre è stata rifiutata una pro-posta. No ai 10 milioni di euro messi sul tavolo dal-lo Schalke per Gosens, con il Napoli che torna alla carica per Castagne. Lazio: Preso Bobby Adekanye da svincolato, l’olandese arriva dal Liverpool, men-tre sta per giungere un rinforzo di qualità, il terzino destro Lazzari dalla Spal, manca solo l’ufficialità. Torino: riscatto obbligatorio di Zaza, le ufficialità sono i riscatti di Djidji e Aina e il contro-riscatto di Bonifazi dalla Spal per 11 milioni. Ora la qualifica-zione ai preliminari di Europa League e la nomina ufficiale di Bava a direttore sportivo, dovrebbe dare un’accelerata anche al mercato in entrata. Il portie-re Milinkovic-Savic, fratello del più celebre laziale, è andato allo Standard Liegi in prestito con diritto di riscatto fissato a 3,5 milioni di euro.

ti da altri colleghi che allenano club maschili”. In-somma, tutti elementi che serviranno ulteriormente a far crescere il movimento al femminile, non solo sul campo ma anche per pari diritti, intesi come status da professioniste, quali sono, ad esempio le olandesi. Questi Mondiali, potrebbero aver giocato un ruolo importante anche in questo senso, per far sbocciare, finalmente, il professionismo anche nel calcio a tinte rose. Le premesse ci sono tutte, ora la palla passa alle istituzioni che dovranno ratificare e programmare il futuro prossimo. Domenica 30 giu-gno l’arrivo in Italia della Nazionale, circondata da tante manifestazioni di affetto. La Nazionale donne alla fine ha centrato l’obiettivo: farsi conoscere ed avere una visibilità generale finora sconosciuta. Ora delle ragazze si sono accorte anche le alte cariche dello Stato. L’annuncio è del presidente del Coni Malagò, a cui è arrivata la telefonata del Presidente della Repubblica Mattarella, le azzurre della Nazio-nale femminile è stata invitata al Quirinale. Un ul-teriore riconoscimento. Viva la Bonansea, la Girel-li, la Galli, e ancora viva Giuliani, Linari, Giacinti, Guagni, Rosucci e tutte le altre interpreti, a partire dal capitano Gama. Il miglior augurio è che, final-mente, si sia aperta una porta e un sentiero che le conduca sempre più in alto. Con l’Italia a seguirle sempre più spesso e in maniera sempre più copiosa. Complimenti alla ragazze della Nazionale Femmini-le, hanno fatto sognare tutti noi.

Lunedì primo luglio è partito ufficialmente il calcio-mercato, L’estate dei nuovi arrivi e delle partenze è deflagrata subito con affari importanti, regalando climi torridi per trattative e rumor coinvolgendo nomi di primissimo livello. Juventus: ufficiali gli ar-rivi di Ramsey e Rabiot, il ventenne Luca Pellegrini sbarca in bianconero dalla Rona, mentre Spinazzola fa il percorso inverso. In settimana attesa la chiusu-ra della super trattativa De Ligt, e gli arrivi di Buffon e Demiral, insomma la Juve è partita fortissimo per rinforzare una rosa già di altissimo livello. Higuain, non riscattato dal Chelsea, torna formalmente a To-rino, ma verrà indirizzato altrove, magari intavo-lando altre contrattazioni di scambio. Inter: arriva Sensi dal Sassuolo, Barella pareva vicino, invece il giocatore sembra in procinto di andare alla Roma,

La Nazionale italiana di calcio femminile è uscita dai Mondiali ai quarti, ma ha scritto la storia. Per la prima volta le giocatrici tricolori sono entrate a far parte del lotto delle nazionali più quotate al mondo. Troppo forti le olandesi, campionesse d’Europa in carica, una sconfitta giusta, che ci sta, ma la vetrina iridata ha sancito un fattore inequivocabile: tra le azzurre e l’Italia è scoppiato l’amore. Un sentimento forte, un legame chiaro a cui il Paese ha risposto in maniera vigorosa con tanti spettatori appassiona-ti, sia seguendo le ragazze in tv, sia con molti tifosi sugli spalti degli stadi francesi. Certo, il sogno az-zurro è terminato, schiantato da un avversario con più esperienza e fisicità, ma l’Italia si è innamorata delle nostre calciatrici. Una sorta di trasformazione culturale, per un movimento che, fino a poco tem-po fa, veniva osservato da distante, con un latente sospetto, e da parte di qualcuno, con un pizzico di ilarità. Ebbene, le ragazze della Nazionale hanno saputo sovvertire ogni tipo di pronostico, e sono en-trate nei cuori dei tifosi e delle tifose di calcio del

di Franco Leonetti

di Franco Leonetti

Via ufficiale al calciomercato

Nazionale azzurra femminile: è amore

Il ruggito di Leonetti a cura di Franco Leonetti

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seria che nel contratto di lavoro firmato da Altadis e sindacati si era già stabilito che la partecipa-zione al torneo fosse si su base volontaria, ma chi gioca avesse poi diritto a recuperare il tempo “investito” nel calcetto con ore li-bere o giorni di ponte.

I sindacati però volevano di più, e l’hanno ottenuto. Consideran-do le partite come “attività so-ciale da svolgere in comunione con i clienti”, si chiedeva che il calcetto fosse considerato come orario d’ufficio vero e proprio e che quindi la successiva giorna-ta lavorativa non potesse iniziare se non trascorse almeno 12 ore dal fischio finale. E che qualsiasi problema fisico occorso nel tra-gitto per e dal campo e durante le partite fosse considerato inci-dente sul lavoro.

Il calcetto con clienti e colleghi fa parte dell’orario di lavoro e come tale deve essere seguito da alme-no 12 ore di riposo. Inoltre, un eventuale infortunio è un “inci-dente sul lavoro”. Lo ha stabilito il tribunale di Vigo, Spagna.

Andare a giocare a calcetto con i colleghi e con i propri clienti fa parte a tutti gli effetti dell’orario di lavoro. Questo dice una sen-tenza della sezione di Vigo, Gali-zia, del Tribunale Supremo spa-gnolo. Sentenza che tra l’altro conferma e rafforza quanto già espresso dall’Audiencia Nacio-nal, sempre sulla stessa questio-ne. Il caso è stato sollevato dai sindacati dell’Altadis, società le-ader nella produzione di tabacco. Da anni quelli dell’Altadis orga-nizzano un torneo di calcetto con i tabaccai della zona, i loro primi clienti. La questione è talmente

di Deborah Villarboito

Il calcetto rientra nell’orario di lavoro: attività sociale tra colleghi e clienti

I due gradi di giudizio, Audien-cia Nacional e Tribunal Supre-mo, hanno dato ragione al sin-dacato considerando che avendo l’azienda già inserito nel contrat-to firmato il torneo nell’ambito dell’orario di lavoro debba essere considerato tale a tutti gli effetti. In Galizia il calcio è importante quasi quanto il tabacco.

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Sport

E. 8.500), ha superato la concorrenza degli altri cinque avversari: nell’ordine l’armeno Davtyan, l’ucraino Radivilov, il turco Co-lak, il francese Ait Said (l’unico con la nota di partenza al livello dell’azzurro) e il russo Lankin.

«Lo dedico ad Eleonora, la mia ragazza -ci racconta - siamo andati a vivere insieme da poco. Questo risultato è anche merito suo. C’è stata una leggera sbavatura sull’Homna croce, ero più basso del solito. Poi un sal-tino di assestamento all’arrivo. Insomma, tutto questo solo per dire che il 15 è alla mia portata. La cosa importante era mi-gliorare l’esercizio rispetto alle qualifiche. Non mi ero trovato bene con l’attrezzatu-ra. Poi ho ritrovato l’atteggiamento giusto, la grinta, lo spirito e l’attenzione mentale

vita normale, dopo due anni di stop, in cui ho perso anche il lavoro. Ho dovuto ricrearla la mia vita. Ho cercato un nuovo lavoro e con quello che mi era ri-masto di piede cercavo di andare avanti. Volevo una vita normale, ma non lo era: ero limitato in tutto. Ho provato a ricominciare ad arrampicare ma i do-lori erano troppo forti e ci ho rinunciato. Ho avuto nuove complicazioni e infezioni. Avevo archiviato definitivamente il discorso sport e montagna».

Due anni fa poi la svolta: la decisione di amputare la gamba e vivere con una protesi, a 47 anni. «Da lì ho ricominciato a vivere. Ho ricominciato subito ad andare in montagna, con il senno di poi mi reputo anche un incosciente perchè ci andavo con la pro-tesi provvisoria, che non è ben fissa alla gamba. Ho ricominciato a fare i miei percorsi, poco alla volta sempre più lunghi e complessi. Quando è arrivata la protesi definitiva si è aperto un mondo: i dolori erano praticamente spariti e ho iniziato seriamen-te a fare qualcosa in più. In Liguria, lo scorso anno avevano organizzato un vertical, una corsa in salita per soli amputati. Mi sono iscritto subito e da lì sto continuando a farne sempre di più».

A maggio Massimo ha anche partecipato alla sesta edizione de “L’isola sono io”, programma televisi-

Nell’ultima giornata dei Giochi Europei a Minsk, il ginnasta Marco Lodadio ha vinto il titolo negli anelli. Il novello signore degli anelli finalmente ci regala un oro assente per troppo tempo dal medagliere di casa. I Giochi Europei di Minsk si chiudono per l’Italia con 41 podi e il quarto posto nel medagliere. Gli azzurri, impegnati in tutte le 16 discipline, hanno collezionato 13 ori, 15 argenti e 13 bronzi, piazzandosi quarti dietro a Russia, Bielorussia e Ucraina.

Nell’ultima giornata , l’aviere Marco Loda-dio ha compiuto l’impresa. Il ginnasta di Frascati ha trionfato negli anelli: salito in pedana per ultimo e al termine di un eser-cizio pieno di contenuti tecnici, esibiti con la solita pulizia e naturalezza (D. 6.300 –

non si sa mai quale direzione può prendere la nostra vita. Un normale giornata di svago o lavoro può tra-sformarsi nel giorno più brutto o particolare della propria vita. Il segreto sta nel non perdersi mai d’a-nimo e rimettersi letteralmente in piedi. A Massimo Coda quasi due anni fa è stata amputata la gamba destra. La sua passione per la montagna però non lo ha mai abbandonato, nonostante il dolore. Ora si è ricostruito la sua vita, da amante dello sport. «Le mie passioni sportive sono state un po’ varie, dalle arti marziali alla bicicletta. Mi sono avvicinato alla montagna una quindicina di anni fa circa, con l’arrampicata. Ho iniziato per gioco, poi mi sono ap-passionato. Dall’arrampicata sportiva sono passato all’alpinismo».

Ecco poi l’inaspettato a 39 anni: «Un giorno poi ho avuto un incidente e mi sono fatto male, ho dovu-to sospendere per diversi anni. Prima vivevo ai 200 km all’ora. Lavoravo in un’azienda in cui facevo i turni e in base a questi, o al mattino, o al pomeriggio andavo o in palestra o ad arrampicare, ero arrivato ad una forma fisica ottimale per i miei standard. De-dicavo moltissimo tempo allo sport, ma dopo l’in-cidente sono rimasto completamente fermo. Dopo due anni mi hanno rimesso in piedi, concludendo interventi e ricoveri vari. Ho cercato di avere una

di Deborah Villarboito

di Deborah Villarboito

Marco Lodadio e l’oro che finalmente arriva

Massimo e le sue imprese: più forte della fatalità

per eseguire l’esercizio giusto al momento giusto. Con la prima medaglia d’oro a li-vello internazionale spero davvero di esse-re diventato ormai un punto di riferimento in questa specialità. Sono cresciuto molto negli ultimi anni e sono contento di questo molto più del risultato. Che bello sentire l’inno di Mameli! Il bronzo al mondiale è stato un’emozione unica, anche perché era il primo piazzamento di prestigio. Questo successo però ha un sapere diverso. Me lo sto godendo con più consapevolezza».

Quattro volte campione italiano assoluto agli anelli, capitano della squadra maschi-le che ad ottobre proverà a conquistare il pass olimpico nella rassegna iridata di Stoccarda ora sogna Tokyo 2020. «Sono consapevole che il lavoro e la fatica che sto facendo è la stessa che facevo pri-ma. Io so che se vado incontro ad un errore, e potrebbe esserci perchè lo sport è questo, so che comunque sto dando il 100%, come ho fatto fino adesso e mi posso aspettare che arrivino altri risultati. Il lavoro paga sempre alla fine, almeno è quello che sta succedendo a me».

vo basato sul tradizionale format del reality, ma che vede, fra i suoi partecipanti, ragazzi disabili. Si trat-ta di un vero e proprio progetto sociale apposita-mente studiato per abbattere ogni tipo di barriera e pregiudizio, che offre l’opportunità ai concorrenti di dimostrare le loro abilità in un clima di gioco e com-petizione, che si è svolto in Marocco. Tra i parteci-panti anche l’atleta paralimpico Andrea Lanfri, con cui Coda ha vissuto i circa 1200km di autostop in mezzo al deserto, città, montagne. Ogni giorno una destinazione scritta su un biglietto e l’equivalente di 10 euro. Obiettivo? Raggiungerlo nel minor tem-po possibile con i mezzi disponibili la meta.«Non ci sono state prestazioni sportive vere e proprie. Mi hanno proposto di fare questa cosa. Cinque persone normodotate e cinque con disabilità dovevano com-pletare un percorso, dimostrando così che tutti pos-sono fare le stesse cose, andando oltre a quelli che sono i nostri limiti. Molte volte sono pregiudizi che le persone hanno nei nostri confronti, così facendo cerchiamo di abbatterli. Un’esperienza bella sot-to molti aspetti, sia umano, sia ambientale. Ognu-no con le proprie difficoltà ce l’ha messa tutta per raggiungere l’obiettivo. È problematico fare queste esperienze perchè ti viene subito voglia di riparti-re».

Lo sport, una costante nella vita di Massimo: «Ho sempre fatto sport per passione e mai a livelli agoni-stici. Chi pratica sport e inizia dopo un’amputazione ne esce sicuramente meglio. Chi invece non fa nulla a livello motorio rimane sempre un po’ indietro con sempre più problematiche nell’utilizzare la protesi e il movimento. Rimane fermo nel suo mondo, in-catenato dalla paura. Si deve imparare ad accettarla propria condizione. Chi pratica sport ha una men-talità più competitiva, con gli altri ma soprattutto con se stesso. Ci si mette sempre un po’ di più alla prova, cercando di superare sempre un po’ di più il suo limite mentale e fisico».

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Sport

comunicazioni errate, opinioni sbagliate o comunque non gradi-te, in tempo reale. E non da sot-tovalutare, l’implementazione di nuove risorse e investimenti che aprono la strada a progetti sem-pre più innovativi. È quindi sem-plice comprendere come essere presenti sui social non sia faci-le e comporti un certo impegno, qualche rischio e come necessiti di professionisti del settore. Una dichiarazione sbagliata, infatti, può pregiudicare la reputazione della società, con ripercussioni a livello economico, essendo molte di queste quotate in borsa.

Ma quanto la reputazione digi-tale può influire sulla carriera sportiva di un atleta? Possiamo dire, con ogni probabilità, che una buona “digital reputation” influisce, e in modo importante, anche in prospettive di mercato. Ad esempio, allenatori e dirigenti sportivi monitorano i profili per-sonali degli atleti. Infatti adesso possono comprendere atteggia-menti e inclinazioni sociali che prima non avevano la possibilità di conoscere. La scelta di acqui-stare un giocatore passa inevita-bilmente anche da qui. Un atleta che non ha sotto controllo la sua digital reputation, oggi, rischia di compromettere non solo la sua carriera ma anche l’equilibrio di uno spogliatoio, indispensabile negli sport di squadra, e la repu-

Lo sport non è più lo stesso. I tifo-si sono cambiati. E con loro, tut-te le società sportive, soprattutto quelle calcistiche, hanno assunto nuovi modelli di comunicazione. Gli atleti stessi hanno iniziato a percepire questa loro sovrae-sposizione come professionisti, persone e parti di un brand. Le agenzie di stampa e le testate giornalistiche oggi monitorano costantemente le attività social delle società, dei loro tesserati e dei procuratori sportivi, i quali a volte possono anche decidere e indirizzare, con le dichiarazioni sui loro profili ufficiali, le strate-gie dei trasferimenti dei propri tesserati. Veri e propri influencer dello sport, esattamente come gli atleti.

Ma gli obiettivi della comunica-zione sportiva sul web non sono diversi dalla comunicazione tra-dizionale. Le finalità sono le stes-se, come l’aumento della popola-rità, nazionale e internazionale; il rafforzamento del rapporto con i fan; l’aumento delle vendite di biglietti e degli abbonamenti; la promozione del merchandising e il reclutamento degli sponsor. La comunicazione sui social network ha definito però, almeno altri due aspetti. La massiccia esposizio-ne dei propri tesserati, chiamati a bilanciare le proprie dichiara-zioni in quanto rappresentanti della società; e la correzione di di Deborah Villarboito

Sport sempre più social: sportivi sempre più influencer?tazione della società che lo ac-quista.

Il tifoso e l’appassionato di sport, oggi, è anche un follower. Vuo-le seguire in diretta gli eventi della sua squadra e del campio-ne preferito. Ricevere aggiorna-menti in tempo reale. Guardare gli highlights della gara in ogni momento, soprattutto da “mo-bile”. Inoltre, i social network hanno sviluppato in maniera esponenziale il bisogno di espri-mere i propri pareri su tutto ciò che accade ed è in questo conte-sto che, i social media, si pongo-no come la piattaforma perfetta per comunicare e per interagire immediatamente con i propri idoli. Sempre Instagram, la piat-taforma che dà i risultati miglio-ri, grazie a contenuti visual che stimolano la discussione e l’inte-razione con i tifosi. Linguaggio giovane, sciolto e accattivante che contribuisce a creare e con-solidare la fan base social. Nella nuova comunicazione sportiva, sta diventando predominante la possibilità di interazione imme-diata tra gli utenti, andando pian piano a sostituire il vecchio “Bar Sport” dove i tifosi si ritrovava-no la domenica prima di andare allo stadio.