[eBook Ita] Dowling, Colette - Come Vincere La Depressione, L'Ansia E Le Dipendenze M@Tley Libro...

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I GRANDI TASCABILI T7 COME SINCERE LA D EPRESSIONE L ' ANSIAELE DIPENDENZE Colette Dowling DALL'INFERNO SI PUÒ'USCIRE

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Come Vincere La Depressione

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  • I GRANDI TASCABILI

    T7COME

    SINCERE LA DEPRESSIONEL'ANSIA E LE

    DIPENDENZE

    Colette Dowling

    DALL'INFERNO SI PU'USCIRE

  • Titolo originale YOU MEAN I DON'T HAVE TO FEEL THIS WAV?

    Traduzione di ANDREA D'ANNA

    1991 by Colette Dowlng 1991 New York, Macmillan, Publishng Company

    1994 R.C.S. Libri & Grandi Opere Via Mecenate, 91 - Milano

    I edizione "I Grandi Tascabili" giugno 1994

  • A Gabrielle, con amore e gratitudine

  • Per troppo tempo la psichiatria ha proceduto a fatica nell'illusione che qualsiasi disfunzione emotiva richieda un interminabile processo verbale per sviscerare l'intero vissuto del paziente.

    Natban Kline

  • PREFAZIONE

    IVI ilioni, se non decine di milioni, di americani soffrono in qualche periodo della loro vita di gravi turbe dell'umore e di ansia. Molti, purtroppo, non si rendono conto di essere affetti da una malattia biologica provocata da uno squilibrio chimico nel cervello. Attribuiscono i loro sbalzi d'umore, le loro ansiet o i sintomi a esse collegati, come il mangiare in modo compulsivo e tossicodipendenze di vario tipo, a difetti della loro personalit, a problemi di rapporti sociali o ad altri fattori esterni. Spesso sono rafforzati in tali convinzioni dalla letteratura popolare o da messaggi dei media che oscurano il fatto che si tratti di disturbi curabili medicalmente. Alle donne affette da bulimia viene detto che i loro problemi sono dovuti all'oppressione sociale del sesso femminile, o a rapporti deteriorati nelle loro famiglie. A uomini e donne che fanno abuso di determinate sostanze viene detto che il loro problema consiste nel fatto che sono

    "dipendenti"1 e pu non essere mai presa in considerazione la possibilit che sotto ci sia una malattia psichiatrica. E molti uomini, donne e bambini con sindromi depressive o ansiose possono soffrire per anni, senza che il loro vero stato sia riconosciuto e diagnosticato.

    Turbe depressive e ansiose possono presentarsi in molte forme. La depressione grave, una delle forme pi comuni, pu togliere a un individuo il suo interesse per

  • la vita, e compromettere profondamente sonno, appetito, attenzione, memoria, e la capacit di eseguire i compiti d'ogni giorno. La sindrome maniaco-depressiva (sindrome bipolare) pu provocare degli "alti" - settimane o mesi d'innaturale euforia, estrema agitazione, irritabilit, eretismo psichico, insonnia e comportamento anomalo - che si alternano a protratti "bassi" di depressione grave.

    Malattie strettamente correlate comprendono sindrome da ansiet come la sindrome d'improvvisi attacchi di panico e l'agorafobia, la paura di uscire in luoghi affollati. La sindrome ossessivo-compulsiva, un'altra sindrome da ansiet, pu provocare invalidanti comportamenti compulsivi in cui spesso il paziente spreca ogni giorno deDe ore in rituali insensati, lavandosi incessantemente le mani o continuando ad andare a controllare che la porta sia ben chiusa. La ricerca ha indicato che la famiglia delle turbe dell'umore e delle sindromi ansiose comprende anche la bulimia nervosa, la sindrome caratterizzata da un rimpinzarsi in modo compulsivo e successivamente provocarsi il vomito, che colpisce una sensibile percentuale delle giovani donne americane. Anche un'altra grave causa di sofferenza fra le donne, la sindrome premestruale, appare biologicamente collegata alle turbe dell'umore. E i comportamenti di dipendenza, compresa la dipendenza da alcol, marijuana e cocaina, possono spesso svilupparsi perch una persona ha senza saperlo tentato di "autocurarsi" da sottostanti turbe dell'umore o da una sindrome ansiosa.

    importante sottolineare che ormai da anni i medici sono in grado di curare efficacemente queste condizioni con medicinali sicuri e non tali da creare dipendenza, fra cui gli antidepressivi, il litio e una quantit di nuove sostanze. Eppure si calcola che solo una piccola percentuale - forse meno del 10% - delle persone affette da turbe dell'umore vengano adeguatamente curate. Perch?

    Nella maggior parte dei casi, il problema semplice-

  • mente di disinformazione da parte sia dei pazienti sia dei loro medici. Prima di tutto, le vittime di questi disturbi spesso non si rendono conto che il loro caso facilmente curabile, e trascurano di rivolgersi a un esperto. In secondo luogo, anche quando si rivolgono a un esperto - assistente sociale, psicoterapeuta, medico di famiglia o psichiatra - alcuni studi hanno mostrato che la maggioranza di questi pazienti riceve un trattamento inappropriato o inadeguato. Da ttent'anni sappiamo, per esempio, che la sindrome degli attacchi di panico di solito risponde in modo drammatico a dosi anche modeste di farmaci antidepressivi. Queste medicine non provocano assuefazione n hanno effetti nocivi a lungo termine sul corpo. Eppure la maggioranza dei pazienti affetti da queste crisi di panico passa inutilmente mesi o anni in psicoterapia, dove gli viene detto, scorrettamente, che gli antidepressivi sono "stampelle" da evitare. Allo stesso modo, a pazienti affetti da depressione grave vengono spesso fatte diagnosi sbagliate o viene negato un tentativo di cura con antidepressivi mentre vengono somministrate altre terapie di cui non stata dimostrata l'efficacia. E quando questi pazienti vengono curati con antidepressivi ricevono spesso dosi inadeguate o subiscono evitabili effetti collaterali, perch molti medici generici e perfino psichiatri semplicemente non conoscono a sufficienza il corretto impiego di questi farmaci Analogamente, spesso donne affette da bulimia nervosa vengono sottoposte a trattamenti psicologici inefficaci. A volte, per esempio, alla paziente viene detto che il suo disturbo dev'essere la conseguenza di un dimenticato abuso sessuale subito durante l'infanzia: nonostante il fatto che non esista nessuna prova scientifica accettabile che le molestie sessuali siano pi comuni nelle storie di donne bulimiche che nella popolazione generale. Esiste invece una rigorosa dimostrazione scientifica del fatto che i farmaci antidepressivi possono arrestare o ridurre di molto l'impulso delle pazienti bulimiche a rimpinzarsi e la loro continua ossessione del

  • cibo. Eppure soltanto con una minoranza delle bulimi-che viene tentata la terapia con antidepressivi, e anche quando essa viene applicata, troppo spesso viene condotta in modo incompetente.

    Insomma, le turbe dell'umore, la depressione, l'ansiet e le altre forme morbose collegate possono essere causa di sofferenza evitabile, pi di qualsiasi altra patologia. Che fare dunque?

    La risposta chiave consiste nell'informazione. Bisogna che la gente impari che queste affezioni mentali sono in sostanza di natura medica, imputabili a squilibri biologici localizzati nel cervello e prontamente curabili con farma-ci di ampio impiego e sicuri. Soltanto quando verranno sfatati i miti e i preconcetti che circondano le turbe dell'umore e l'ansiet le persone che ne sono affette sapranno che esistono, medicinali efficaci, che esse hanno diritto a questa cura e che non dovranno sentirsi soddisfatte finch non l'avranno ottenuta da un professionista in grado di somministrarla in modo competente.

    In questo libro Colette Dowling fornisce informazioni preziosissime per i milioni di persone che sono affette da turbe dell'umore e da ansiet. Forse pi di qualsiasi altro libro che si sia occupato di questa tematica, esso integra dati e indicazioni che provengono sia dal lato umano sia da quello scientifico della biopsichiatria. Per quanto concerne il lato umano, abbiamo testimonianze personali, comprese alcune basate sulle esperienze dell'autrice e su quelle di membri della sua famiglia, che illustrano la natura di questi disturbi e fino a che punto possano costare in termini di sofferenza. Questi casi appariranno subito familiari ai lettori che abbiano patito essi stessi di tali scompensi o ne abbiano osservato le conseguenze in amici o congiunti.

    Dal punto di vista scientifico, il libro fornisce, sulla base di un'accurata ricerca, una sintesi delle pi recenti scoperte scientifiche su questo tipo di patologie. La Dowling sfata abilmente molti del preconcetti spesso condivisi da pazienti e medici; in particolare la credenza

  • che il paziente sia in qualche modo responsabile dei suoi sintomi e ne possa essere liberato soltanto attraverso un duro lavoro. Nel capitolo in cui si spiega come ottenere una buona cura, l'autrice fornisce informazioni pratiche e scientificamente accurate sui trattamenti disponibili per questa categoria di disturbi, e sul modo di ottenere tali rimedi. Informazioni che saranno di valore inestimabile per chi ha sofferto a lungo di depressione o di altre turbe deD'umore e ora pu finalmente approfittare degli ultimi progressi della psichiatria biologica.

    Harrison Pope e James I. Hudson*

  • 'Ringraziamenti

    L1 primo esperto con cui ho discusso di depressione e delle altre turbe dell'umore stato, nella primavera del 1990, Michael Lowry, psichiatra presso il Wasatch Canyon Hospital di Salt Lake City, neH'Utah. Da lui appresi che il National Institute of Mental Health, preoccupato per l'ampia diffusione di queste patologie negli Stati Uniti, aveva lanciato il programma D'ART (Depression Awareness, Recognition and Treatment: Consapevolezza, riconoscimento e cura della depressione): un'imponente campagna per insegnare ai medici e agli operatori nel campo della salute mentale le metodiche per identificare e curare queste malattie. Lowry e i suoi colleghi hanno istituito un workshop intensivo di tre giorni per il programma D'ART, presentandolo a medici dell'intero paese.

    Dopo aver letto il materiale per il workshop di Lowry, mi sono resa conto che cos grande il mutamento intervenuto nella comprensione scientifica della depressione, dell'ansia e della dipendenza da sostanze che sarebbe necessario uno sforzo di gruppo per mettere insieme la storia di questi progressi. Innanzi tutto, c'era un nuovo campo - la biopsichiatria - i cui ricercatori hanno sviluppato un diverso modo ai considerare queste turbe. Ho voluto parlare con questi ricercatori per scoprire in che cosa consistevano le nuove cure, nonch le teorie che ne sono il fondamento. Ho voluto

  • anche parlare con medici e terapeuti che offrivano questi trattamenti e con persone che hanno ottenuto aiuto. Ho chiesto a mio fratello, il dottor William H. Hoppmann HI, di aiutarmi per le interviste. Bill uno psicoterapeuta che dirige un ambulatorio psichiatrico che fa pane del Nothern Southwest Communky Mental Health di Pittsburgh. Egli ha dato un grande contributo a questo libro, sia con le sue interviste a colleghi sia in virt della sua lunga esperienza con pazienti affetti da turbe dell'umore.

    Uno degli esperti con cui Bill ha parlato diffusamente stato Karen Gainer, una terapeuta della famiglia e delle psicopatologie infantili che lavora per il sistema Alle-gheny East MH-MR di Pittsburgh. Essa lo ha messo a parte delle sue ampie conoscenze circa la depressione nei bambini.

    La cura psichiatrica di minori affetti da tossicodipen-denze e turbe dell'umore un campo nuovo. Il dottor Oscar Buckstein, del Western Psychiatric Institute, ha discusso per esteso con Bill dei particolari problemi della "doppia diagnosi" emessa per adolescenti e dei nuovi metodi per aiutarli a migliorare.

    D dottor Moshe Torem, direttore del reparto di psichiatria delI'Akron Medicai Center di Akron, Ohio, si incontrato con Bill e me per parlare dell'importanza di stabilire organiche strategie di cura. Torem convinto che anche se la biopsichiatria ha apportato un importante contributo alla nostra comprensione della biologia delle turbe dell'umore, queste malattie non sono semplicemente un fatto di bizzarrie nel chimismo del cervello. necessario che l'intera persona venga riconosciuta: e curata. Le concezioni di Torem, comunicateci fin da quando il libro era ancora alla fase preparatoria e di ricerca, ci ha fornito una nuova importante ottica con richiami a un senso di equilibrio. Quando appare qualcosa di cos appassionante come la biopsichiatria, col suo potenziale terapeutico per malatte che in passato hanno distrutto delle vite, ci si pu sentire tentati

  • - imboccando una strada sbagliata - di voltare le spalle a tutto quanto d'altro stato cos laboriosamente appreso sulla condizione umana. Sono grata al dottor Torem per la sua guida sotto questo punto di vista.

    Mia figlia, Gabrielle Dowling, che ha collaborato a stretto contatto con me alla preparazione di questo libro in tutte le sue fasi, ha avuto numerosi e illuminanti colloqui con Jeffrey Jonas, specialista di biopsichiatria delle turbe dell'alimentazione presso il Fair Oaks Hospi-tal di Summit, nel New Jersey. Jonas ha compiuto ricerche sul chimismo cerebrale sia nelle turbe dell'alimentazione che negli abusi di sostanze, e innovative osservazioni sulle coincidenze fra le due patologie. A suo avviso, bulimia e alcolismo, che spesso coesistono, forse condividono la stessa anomalia in termini di patofisio-logia del cervello.

    Eric Peselow, direttore medico della Foundation for Depression and Manie Depression di New York, si generosamente incontrato con Gabrielle e me per parlare delle sue ricerche sulla depressione. Di particolare interesse uno dei recenti studi di Peselow, perch rivela che gli episodi depressivi pi gravi producono minori distorsioni cognitive a lungo termine (per esempio negativismo e problemi di autostima) dei tipi di depressione pi lievi ma pi cronici Un'importante implicazione del lavoro di Peselow che la depressione andrebbe curata il pi presto possibile, perch maggiore la sua durata pi sono durature le sue conseguenze sulla personalit. Inoltre il dottor Peselow ci ha messe in contatto con pazienti che erano disposti a parlare delle loro esperienze con turbe dell'umore.

    Colloqui con Jack Mendelson e Roger D. Weiss, del McLean Hospital di Belmont, Massachusetts, ci hanno permesso di approfondire le nostre conoscenze sulla nuova ricerca circa il rapporto fra tossicodi-pendenze e turbe dell'umore. Il McLean possiede il pi grande laboratorio di ricerca psichiatrica del paese. Mendelson dirige la ricerca sulle tossicodipenden-

  • ze, e Weiss incaricato del programma di cura dell'abuso di droga.

    Myra Schwartz, assistente sociale scolastica di Kingston, New York, ha intervistato coniugi e genitori di persone con turbe dell'umore. Secondo tutti questi ricercatori, i medici non fanno abbastanza per educare i familiari dei pazienti, e quindi c' un grande procedere a tentoni da parte di persone che si sforzano di capire, da sole, che cosa ha provocato la malattia dei loro cari, che cosa ci si deve aspettare, come aiutare e cosa riserva il futuro. Robert Hausman, un terapeuta specializzato nell'aiutare le famiglie a comprendere e trattare le turbe dell'umore, ha offerto la sua valida concezione della famiglia come componente del gruppo che ha in cura il paziente.

    Una nuova comprensione della coazione a ipernutrirsi sta emergendo dai laboratori di biologi e neuroscienziati. Ho parlato con la bioioga cellulare e nutrizionista Judith Wurtman nel suo ufficio al M.I.T. dei progressi compiuti in questo campo. Particolarmente interessante il suo lavoro volto ad aiutare persone con sindrome d'ipernutrizione compulsiva a capire che questo fenomeno biochimico: e pu essere cambiato alterando il chimismo cerebrale.

    Moke persone non potrebbero giovarsi delle nuove cure che la scienza ha reso disponibili se non fosse per quegli esperti psicoterapeuti che hanno approfondito l'importante componente biologica delle turbe dell'umore. Rima Greenberg, di Manhattan, ha spiegato in che modo gli psicoterapeuti possono lavorare di concerto con gli psicofarmacologi per fornire le pi complete cure ai pazienti per cui la psicoterapia da sola non basta.

    Estremamente importanti per noi sono state le nostre protratte conversazioni con Harrison Pope e Jim Hud-son, professori di psichiatria presso la facolt di medicina di Harvard e psichiatri al McLean Hospital Hud-son e Pope hanno compiuto ricerche in tutti i campi da

  • noi trattati in questo libro ma forse sono noti soprattutto per aver scoperto che i tarmaci antidepressivi costituiscono una cura molto efficace per la bulimia. Si deve in parte alle vaste implicazioni del lavoro di Hudson e Pope se il nostro modo d'interpretare la parola "depressione" sar probabilmente nettamente diverso fra cinque o dieci anni. Gabriele ed io abbiamo avuto parecchi incontri e scambiato una notevole corrispondenza con questi due scienziati, che ci hanno aiutate a scoprire il significato di parte della nuova ricerca attualmente effettuata in biopsichiatria. Inoltre hanno accettato di esaminare meticolosamente il testo definitivo, per accertare che il materiale medico e scientifico fosse corretto. Pu essere difficile, nello scrivere di scienza^ medicina, interpretare la ricerca originale pi recente. necessaria l'assistenza di scienziati interessati a informare il pubblico. Harrison Pope e Jim Hudson sono due scienziati di questo tipo, a cui va la mia gratitudine per il loro assiduo interessamento e incoraggiamento.

    In ogni progetto di questa portata, ci sono sempre persone che hanno lavorato instancabilmente e con intelligenza per contribuire a far assumere al testo la sua forma definitiva. Desidero ringraziare il mio editore, Barbara Grossman, per il suo costante entusiasmo e in generale per la sua intelligenza. Ivan Strausz, ginecologo di New York e mio buon amico, si sollecitamente prestato a rivedere con cura il manoscritto, con una particolare attenzione al capitolo sulle donne. Ringrazio l'amica e scrittrice Rebecca Daniels per aver trascritto le registrazioni su nastro e messo a mia disposizione servizi informatici che mi hanno permesso di lavorare pi rapidamente di quanto abbia mai fatto a un progetto basato su un'enorme mole di ricerca.

    Un ultimo riconoscimento va a mia figlia per la sua collaborazione. L'acutezza di Gabriele nell'intetpretare la ricerca psichiatrica ha informato questo libro dall'inizio alla fine. I suoi principali contributi sono stati al quarto capitolo, "La fame morbosa: un disturbo del

  • cervello" e all'ottavo capitolo, "Ottenere aiuto," che tratta di nuove cure e nuovi farmaci.La voglia di star bene stata un'impresa formidabile per entrambe. Gabrielle ricevette una

    diagnosi di depressione grave nella primavera del 1989. La sua esperienza stata il nucleo emotivo di questo libro, e la sua intelligenza ha contribuito a plasmarne sia il contenuto sia il tono. Imparare insieme che cosa significano depressione e tossicodipendenza stato una di quelle esperienze che trasformano una vita. Ci stato dato modo di conoscere un settore della scienza che sta cambiando -completamente - vecchie idee sulla salute mentale. Cos facendo, mia figlia ed io abbiamo condiviso un'appas-sionante avventura.

  • 1"Magari ci fosse una pitbla!"

    Verso la fine degli anni sessanta, mio marito, Ed, io e i nostri tre bambini abitavamo nell'Upper West Side di Manhattan. Il quartiere attirava scrittori, attori e musicisti. Come comunit, eravamo orgogliosi della nostra coscienza politica, del nostro impegno nei confronti dei meno privilegiati di noi. Ci faceva sentire in colpa il fatto che in un certo senso ci trattassimo troppo bene, anche se nessuno di noi due scialava. Io lavoravo come scrittrice indipendente di notte, di giorno badavo ai figli. Ed era redattore di una rivista. Eravamo sposati da sette anni quando fece quello a cui da allora penso come "quel fatale viaggio a Portorico."

    Era soltanto per una settimana, per andare a trovare degli amici, la sua prima vacanza in parecchi anni. Avevo insistito che andasse senza di noi, dato che non avevamo i soldi per andare in viaggio con tutta la famiglia. Al suo ritorno fu subito chiaro che c'era qualcosa che non andava. Ed era allegro, molto allegro. Ma era anche irrequieto e agitato. La prima notte che pass a casa dopo quel viaggio non dormi bene. La seconda notte quasi non dorm affatto. Ogni tanto scendevo dal letto e lo trovavo che andava su e gi per il soggiorno, con le luci tutte accese e la sua macchina da scrivere elettrica che ronzava. Era febbrilmente creativo, esplodeva d'idee, giochi di parole, facezie, ridacchiava da solo per la contentezza.

  • Al suo secondo giorno di ritorno in ufficio, il suo capo redattore telefon per dire che era preoccupato. Ed aveva stracciato le bozze che dovevano andare in stampa, dicendo che erano degli "idoli." Anche se ne fui terrorizzata per lui, sorrisi quando udii della sua rivolta contro la rivista di cui non condivideva la politica editoriale, che aveva sempre giudicato compromessa da interessi commerciali "Abbiamo cercato di convincerlo a farsi vedere da un medico, ma lui si offeso ed uscito furente," disse il capo redattore. Le sue parole confermavano in modo atroce il mio sospetto che in lui ci fosse qualcosa di tremendamente fuori posto. Ma che cosa?

    Quel pomeriggio, sul tardi, Ed mi telefon, dicendo che si trovava al Big Wilt Chamberlain, un popolare bar di Harlem. Voleva farmi sapere che sarebbe tornato a casa di li a poco. "Sono nei paraggi della tomba di Grant," soggiunse in tono di trionfo, come se la semplice vicinanza all'ultima dimora del generale confermasse che stava da dio. Lo supplicai di tornare a casa subito. Rincas poco dopo tutto sudato, a riprova della sua lunga e veloce camminata, con un ampio sorriso sulla faccia. Avevo temuto che si fosse ubriacato. Ubriaco non era, ma su di giri s, molto su di giri, raggiante senza nessun vero motivo. Eppure non sembrava rendersi minimamente conto che non et in condizioni normali. Si comportava in modo sconcertante. Un modo che anche spaventava.

    Quella sera mi rivolsi allo psichiatra che aveva condotto il gruppo terapeutico a cui avevamo partecipato Ed e io. Anche se il medico conosceva molto bene Ed, il suo parere, dopo aver ascoltato i fatti delle quarantot-t'ore precedenti, fu questo: "Chiunque pu arrivare a dare i numeri per mancanza di sonno." Furono queste le sue esatte parole. Non cerc mai di sapere che cosa avesse potuto provocare l'insufficienza di sonno, ma scrisse una ricetta per della dorpromazina, un potente farmaco contro le psicosi II farmaco esercit evidente-

  • mente il suo effetto, mettendo a dormire Ed per pi di ventiquattr'ore. Quando si svegli era di nuovo se stesso, anche se fragile e scosso.

    Ci sentimmo sollevati, ma anche confusi e preoccupati per quanto era accaduto. Sarebbero passati altri due anni prima che venissimo a sapere che quello che Ed aveva patito era stato un episodio maniacale, la fase dell'esaltazione di una forma di disturbo dell'affettivit detta sindrome bipolare. Affine al pi comune tipo di depressione unipolare, caratterizzata da volubili sbalzi da un senso di esultanza e di grandezza alla pi nera disperazione.

    Era strano e terrificante vedere l'uomo che avevo conosciuto e amato per sette anni scivolare da una settimana all'altra in una sorta d'inferno. Bruciavo dal desiderio di sapere cosa gli stesse succedendo. Che cosa l'aveva colpito? Solo fino a poco tempo prima era sano e nel fiore dell'et. Che cosa avrebbe significato quella malattia per il resto della sua vita, e che cosa avrebbe significato per i nostri figli? Erano questi gli interrogativi che mi ossessionavano. E sono certa che ossessionavano anche lui. Aveva lasciato un'esistenza normale, anche se movimentata, e, per motivi che non conoscevamo, era entrato nell'oscuro tunnel di una condizione gravemente alterata.

    C'erano i farmaci, naturalmente, anche se allora sembravano primitivi. Il litio mise sotto controllo la mania. Oltre al litio, a Ed fu ordinata la dorpromazina per renderlo meno agitato mentre aspettava che il litio facesse effetto. La dorpromazina rendeva la sua faccia rigida come una maschera; il litio gli provocava un tremore alle mani. Di notte, queste immagini di Ed, e della sua innocenza di fronte a quanto gli stava succedendo, mi si affacciavano alla mente, e mi mettevo a piangere.

    Nel 1971 Ed e io ci separammo. Nei suoi periodi di stabilit psichica continu a venire a trovare i bambini,

  • e noi due ci tenemmo in contatto, a volte andando a prendete un caff insieme in un vicino ristorante. Coll'andar del tempo cominciai a chiedermi se fosse stata la nostra separazione a peggiorare la sua malattia. A quei tempi imperava l'interpretazione psicologica della depressione maniacale, e sapevo che il senso di perdita era considerato un importante fattore. Non poteva essere stata la fine del nostro matrimonio a far riaffiorare i sentimenti legati a qualche perdita precedente, distruggendo la pace mentale di Ed?

    Alla fine avrei imparato che, anche se la tensione pu scatenare l'instaurarsi di un episodio maniacale, non lo provoca. Nondimeno, per molto tempo mi sentii chiamata in causa. E facile sentirsi responsabili Se solo avessi fatto le cose in modo diverso, se fossi stata pi sensibile, pi sollecita alle sue necessit! Noi ci assumiamo la responsabilit in parte perch questo meno pauroso dell'alternativa, che consiste nel riconoscere che non c' nessuno in particolare che pu causare l'insorgere di questa malattia. Non c' nessuno che possa controllarla.

    Com' caraneristico dei pazienti affetti da sindrome bipolare, Ed non fu in grado di riconoscere i primi segni del suo problema di umore. Di solito era molto su, molto ottimista, straripante di energia. Oggigiorno questo tipo di umore sarebbe definito "ipomaniacale." Anche se apparentemente si seme meglio degli altri, uno che ipomaniacale in realt ansioso e agitato e spesso ha difficolt nei rapporti con gli altri. L'ipomaniacale fa un dramma di ogni minuzia e reagisce con eccessiva sensibilit quando si sente respinto. Medici e psicoterapeuti spesso non riconoscono i segni di questa particolare forma di malattia depressiva.

    Gli scienziati hanno imparato, all'incirca nell'ultimo decennio, che esistono molti tipi di depressione, ciascuno con la sua gamma di sintomi, ciascuno col suo tipo di cura. I vari tipi sono graduati secondo uno spettro di gravita. H pi grave di tutti la sindrome bipolare, o "depressione maniacale."

  • Infamiglia

    Quando qualcuno in una famiglia molto ammalato, abbastanza naturale sperare che la sua malattia si fermi a questa persona. Ma raro che le cose vadano cos. pi facile che la malattia allarghi i suoi effetti, toccando la vita di tutti. Le conseguenze della sindrome bipolare del padre si riverberano tuttora nelle esistenze dei miei figli. Crescendo, sono venuti a sapere che era ammalato. Alla fine, dato che non poteva pi lavorare, dovette accettare il sussidio di disoccupazione. Eppure rimase un padre amorevole, veniva spesso a trovare i suoi figli, li portava a fare delle gite fuori citt e faceva loro dei regalini per i compleanni e per le feste. Anche se non parlarono della cosa finch non furono pi grandicelli, erano preoccupati di questa malattia in famiglia e di quello che avrebbe potuto significare pet loro.

    Ero preoccupata anch'io. La ricerca scientifica aveva cominciato a mosttare che le persone sono geneticamente predisposte a quella che allora era chiamata affezione maniaco-depressiva. Quando i miei figli arrivarono all'adolescenza, il momento in cui la malattia fa spesso la sua prima comparsa, cominciai a osservarli per vedere se riuscivo a cogliere in loro i segni della mania: l'insonnia, le fughe di pensieri esaltati e confusi, i progetti grandiosi Ma i miei figli, anche se vivaci e intellettualmente esuberanti, non si perdevano in pensieri confusi. Sembravano, il pi delle volte, felici, bene organizzati, ottimisti.

    Eppure, quando uscirono dall'adolescenza e passarono i vent'anni, cominci a essere evidente che la mia figlia maggiore non era pi felice come una volta. All'inizio i segni in Gabrielle furono lievi: una certa gravita, o tetraggine, che oggi pu essere riconosciuta in istantanee scattate pi o meno nel periodo compreso fra i suoi diciassette e i suoi ventitr-ventiquattro anni, e un quasi impercettibile calo della sua curiosit intellettuale. Infatti, aveva frequentato un solo anno di

  • universit e poi aveva voluto tornare a casa. Avevo sempre pensato che il fatto di avere diciassette anni e di lasciare la nostra cittadina agricola per l'atmosfera turbinosa e competitiva di Harvard fosse stato troppo per lei. Fra qualche anno, pensavo, torner a studiare; se non a Harvard da qualche altra parte. Ma Gabrielle non aveva in programma di tornare all'universit. Lavorava parte della giornata in qualche ristorante e di sera usciva con le amiche. Le amiche e le uscite serali sembravano a quel punto le uniche cose della vita che realmente le importassero.

    Quando mi trasferii a New York anche Gabrielle venne in citt, trov un lavoro e and ad abitare nel suo appartamento. In qualche modo, per, la sua vita sembrava pi monotona. Dopo il lavoro andava a casa e guardava la televisione. Nei fine settimana passava il suo tempo con le amiche, ma spesso si lamentava di essere stanca. Quando veniva a trovarmi nella mia casa di campagna dormiva fino a mezzogiorno. Quando ci ritrovavamo tutti quanti in famiglia per le feste non sembrava mai veramente soddisfatta, felice. Oggi, guardando le foto prese in quelle occasioni, vedo chiaramente dall'espressione di Gabrielle che qualcosa non andava. Ma allora pensavo: "E io, quanto ero felice io a quell'et?" Confrontando il suo umore giovanile col mio, ne deducevo non che la mia infelicit da ragazza era stata innaturale, ma che l'infelicit di mia figlia era naturale perch era simile alla mia!

    Fa specie, effettivamente, quanto sia difficile ammettere che non siamo contenti: che, anche se possiamo tirare avanti, la nostra esperienza priva di piacere, o di brio. Noi cominciamo a razionalizzare la depressione quasi nel momento stesso in cui compaiono i primi sintomi. "Passer," diciamo, oppure "Ma s, conosco forse qualcuno che sia davvero felice?". Mentre mia figlia diventava sempre pi triste e spenta, io cominciai a pensare: fra poco si sposer, avr dei bambini, e allora tutto andr a posto. Pensavo questo perch cosi era

  • successo nel mio caso. Avere dei figli mi aveva sollevata per un certo tempo, e senza dubbio mi aveva resa meno concentrata su me stessa, sulle mie difficolt.

    Ma nella vita di una donna pu succedere che nel rispondere alle necessit altrui essa ignori un senso di vuoto che si annida nella sostanza di ogni cosa.

    Quando si scopre che una figlia sta male

    Quando Gabrielle comp venticinque anni, fu chiaro che le stava succedendo qualcosa che il fatto di avere dei bambini non avrebbe risolto. La sua affidabilit di una volta stava lentamente declinando. Un giorno manc a un appuntamento con me: eravamo d'accordo che saremmo andate a colazione fuori. "Mi sono dimenticata," fu la sua scusa. Parecchie volte le telefonai nel suo ufficio nelle ultime ore della mattinata scoprendo che i suoi colleghi si aspettavano che arrivasse ancora pi tardi. Quando, in queste occasioni, le chiedevo il motivo, dava sempre la colpa a un raffreddore, a un'influenza o a un mal di stomaco. Si lamentava sempre pi di sentirsi affaticata.

    Da ragazzina Gabrielle era stata bulimica per parecchi anni, e ora mi chiedevo se il suo apparato gastrointestinale non fosse rimasto compromesso dalle sue intemperanze alimentari e dal suo abuso di lassativi. Le suggerii di farsi visitare, ma dopo un po' i disturbi scomparvero e il medico fu dimenticato. In seguito, per, i malesseri e i dolori tornarono. Si pu immaginare quali furono le mie supposizioni. Pensai alle droghe, pensai all'alcol, pensai che forse era ancora bulimica. A volte osservavo che mi sembrava depressa. "Forse sono stata davvero depressa e non me ne sono accorta," comment una volta. I nostri colloqui non andarono mai oltre a questo. In qualche modo pensavo che stesse a lei scoprire cosa c'era che non andava. E cos che ci stato insegnato a pensare circa i problemi che consideriamo psicologici

  • Comunque ero preoccupata. Mi sembrava che la faccia di mia figlia avesse perso parte della sua mobilit di espressione. Sorrideva di rado. Le sue risposte erano sempre pi secche, noncuranti. Tutti noi non lo sapevamo, ma Gabrielle stava vivendo un'imponente parabola di cambiamento umorale che si protraeva da mesi.

    Ingannevole era anche la sua apparente capacit di funzionare nella vita di tutti i giorni. Svolgeva un lavoro impegnativo, come assistente del direttore di una piccola agenzia di pubbliche relazioni. Da quando era andata a vivere per conto suo non aveva mai chiesto un aiuto finanziario. Ora pensavo che avesse bisogno di un altro tipo di assistenza, ma non sapevo bene di che genere, e neppure se sarei stata in grado di fornirgliela.

    H mio analista m'incoraggi a smetterla di sentirmi responsabile. "Non pi una bambina," osserv. "Sa cos' la terapia. Se la vuole, l'avr." Questa, in realt, un'idea sbagliata quando si tratta di turbe dell'umore, anche se la convinzione di molti psicoterapeuti. Chi depresso ha bisogno che altri riconoscano i suoi sintomi e pu anche aver bisogno di essere aiutato a ottenere aiuto. I sintomi progrediscono gradualmente, insidiosamente, cosi che difficile riconoscere cosa sta avvenendo. Il modo di pensare stesso risulta compromesso, cos che il paziente finisce col colpevolizzarsi per la propria inefficienza. Ne consegue un circolo vizioso, in cui egli non pu muoversi perch depresso, ed sempre pi depresso perch non pu muoversi!

    Come tutte quelle persone - e sono un gran numero - che continuano a cercare di farcela mentre intimamente sono sempre pi disperate, Gabrielle continu a lavorare, sperando che qualsiasi cosa fosse ci che le stava rendendo cosi difficile compiere il proprio lavoro sarebbe scomparso. Alla fine si trov ridotta a non potersi recare in ufficio la mattina. Le ci vollero alcune settimane prima che si decidesse a dirmi che stava male

  • e aveva bisogno di aiuto. Seriamente preoccupata e senza avere idea di cosa ci fosse in lei che non andava, Gaby se ne stava tutta sola nel suo appartamento e non rispondeva alle telefonate. Per pagare le bollete stava andando in rosso con le sue carte di credito.

    In viaggio d'affari in Europa, le avevo telefonato e scritto da Amsterdam, Francoforte e Milano. Per mesi la sua segreteria telefonica aveva trasmesso un messaggio che era in superficie cortese e spigliato, ma in sostanza lontano in modo inquietante. Sentendolo giorno dopo giorno da un altro continente, lo trovai sinistro. "E stata una giornata normale qui a New York," annunciava mia figlia in tono sommesso. "Gab se ne stava tranquillamente oziando ma poi ha sentito bussare alla porta, dei colpi che non poteva ignorare, e cos uscita nella zona dell'ignoto, ma pensiamo che torner a casa, perci siete pregati di lasciare un messaggio."

    Dopo queste parole si sentiva il prevedibile segnale acustico e poi pi niente. Avr sentito questo triste messaggio una dozzina di volte. Alla fine, da Venezia -erano le due di mattina, ora locale - la supplicai in termini espliciti, dicendole quanto le volevo bene e quanto ero preoccupata, e che per l'amor di Dio mi telefonasse. E questa volta finalmente mi chiam, dicendomi che si stava mettendo molto male. "Bisogna che parli con qualcuno," ammise. Le chiesi se voleva che l'aiutassi a trovare uno psicoterapeuta. Rispose di s. "Non credo di averne l'energia," aggiunse.

    Quattro giorni dopo ero di ritomo a New York.

    Una nuova comprensione

    Quello che ora capisco che Gaby mostrava i sintomi di una grave depressione, parte di un intero spettro di turbe dell'umore che sono ampiamente diffuse nella nostra popolazione. Scoprendo la natura biologica della

  • depressione, gli scienziati hanno compiuto progressi sensazionali. Quanto sta oggi avvenendo nel campo della biopsichiatria rivoluzionario. Si scoperto che minuti turbamenti nell'equilibrio dei neurotrasmettitori, i messaggeri chimici che regolano l'umore, provocano importanti modificazioni nel comportamento e nel pensiero, e perfino nel sistema immunitario. E per questo motivo che i depressi perdono la capacit di pensare in modo corretto e si ha un calo di energia, appetito e libido. Le turbe dell'umore non influiscono soltanto sull'umore. Sono malattie complesse che ci colpiscono sia tisicamente sia mentalmente.

    una fortuna che la scienza stia facendo passi da gigante nella comprensione delle turbe dell'umore, perch esse sono sempre pi diffuse. Una donna su quattro e un uomo su dieci - ovvero un totale di 13,7 milioni di persone negli Stati Uniti - possono aspettarsi di subire almeno un episodio debilitante d turba dell'umore nel corso della vita.

    Negli individui nati dopo la seconda guerra mondiale, il tasso di depressione in aumento. Sono stati suggeriti molti motivi per questo fenomeno, compreso l'aumento del consumo di droghe e di alcol e della disoccupazione, anche se in realt nessuno conosce realmente il motivo dell'incremento della depressione.

    Una volta la depressione era una malattia degli anziani. Adesso non pi cosi Un nuovo studio governativo ha riscontrato che sono i giovani a essere pi soggetti alla depressione. Sono inoltre pi soggetti a suicidarsi.

    In parte, si deve sia alla gravita sia alla diffusione di queste patologie se la ricerca ha conosciuto un boom. Progressi sensazionali sono stati compiuti nella classificazione, nella diagnosi e nella cura della depressione e dell'ansiet, e anche delle tossicodipendenze. Eppure c' un divario enorme fra quello che la scienza sa sul

  • trattamento di questi disturbi e quello che i medici conoscono e applicano. La maggior patte di loro si sono laureati prima di questo nuovo fervore di ricerca e prima che i suoi risultati si rendessero disponibili, e molti tuttora 1 ignorano. Spesso perfino alcuni psichiatri non riescono a mantenersi al passo con i progressi compiuti in campo

    farmacologico. Uno studio condotto dal National Institut of Meritai Health (NIMH)1 ha mostrato che a oltre la met dei pazienti depressi, compresi quelli con forme gravi e protratte della malattia, venivano somministrati farmac sbagliati... quando pure gli veniva prescritto qualcosa! I tranquillanti sono ancora le medicine pi comunemente usate per curare la depressione, anche se non esercitano nessun effetto sulla malattia.

    Ma soltanto a un terzo delle persone che si mettono in cura vengono prescritti i farmaci giusti, indica lo studio del governo, e solo in un caso su dieci essi sono stati somministrati nelle dosi adeguate. La disinformazione imperante fra medici e psicoterapeuti ha indotto il NIMH, a istituire un programma del costo di molti milioni di dollari con lo scopo di educare medici e specialisti di salute mentale. Nel 1988, sotto gli auspici del governo, gruppi di esperti cominciarono a battere l'intero paese, impartendo minicorsi intensivi su come riconoscere - e curare - la depressione.

    Secondo il NIMH, la depressione una malattia per cui esiste una cura notevolmente efficace, ma la maggior parte dei pazienti depressi non vengono curati. O in primo luogo non si rivolgono al medico, nell'errata convinzione che la depressione sia qualcosa a cui non dovrebbero "cedere", oppure i medici non forniscono una cura adeguata. In effetti la quantit di diagnosi sbagliate, o la totale mancanza di diagnosi di depressione, nel nostro paese impressionante.

    H governo ha scoperto che la maggior parte dei medici sbagliano completamente la diagnosi. Non sono aggiornati sulle nuove informazioni. Addirittura possono non sapere che la depressione ha una base biologica, e che

  • spesso bisogna ricorrere alla cura con farmaci antidepressivi. La grande maggioranza dei medici prescrivono tranquillami e ansiolitici, che non fanno assolutamente niente per curare la depressione. Su questa allarmante realt si fece luce con uno studio epidemiologico condotto dal NIMH all'in2o degli anni ottanta, da cui sono scaturite informazioni che nella loro totalit sono state pubblicate di recente in Psychiatric Visorders in America. "Si tratta di una base di dati senza confronti," affermano Lee N. Robins, Ben Z. Locke e Darrel A. Regier. " la pi valida e fondamentale massa d'informazioni sulla portata e suEa variet delle turbe psichiatriche che sia

    mai stata raccolta".2 Furono ptese in considerazione oltre ventimila persone in cinque parti degli Stati Uniti. Studi del genere condotti in passato sono stati fatti su scala molto minore, e hanno riguardato individui che erano gi stati identificati come ammalati: pazienti, insomma. Questo studio scopre per la prima volta quante siano le persone affette da vari disturbi psichiatrici nella popolazione in generale. Rivela quanti sono ammalati senza che la loro malattia sia stata identificata o curata. Le cifre sono inquietanti. Un americano adulto su tre ha sofferto in un momento o l'altro della sua vita di un disturbo psichiatrico: un 36% degli uomini a lato di un 30% delle donne. Negli anni ottanta, quando fu condotto lo studio epidemiologico, il 20% degli americani erano attivamente ammalati. Le turbe dell'umore vere e proprie sono piuttosto comuni, essendosi manifestate nefl'8% della popolazione adulta. Ma secondo Myrna Weissman, che era stata incaricata di raccogliere e interpretare i sondaggi sulla depressione condotti per conto del NIMH in vista della pubblicazione di Psychiatric Disorders in America, "gravi e persistenti sintomi della sfera affettiva sono ancora pi comuni, e alcuni sono stati riscontrati in circa un terzo della popolazione adulta."

  • D NiMH decse di promuovere la sua campagna educativa sulle turbe dell'umore, perch sono fra i pi comuni - e pi curabili - problemi psichiatrici. Oggi sappiamo che la maggior parte degli individui con turbe dell'umore non ricevono l'assistenza che potrebbe cambiare la loro vita. Alcuni soffrono per mesi, perfino per anni, di subdole forme di depressione cronica che impediscono loro di avere buoni rapporti e di svolgere un lavoro gratificante. Altri hanno depressioni gravi ed episodiche i cui sintomi sono ancora pi acuti e debilitanti. In realt, queste depressioni "gravi" sono di solito pi facili da curare delle pi lievi forme croniche, ma i loro sintomi sono cos allarmanti che la maggior parte dei pazienti ne soffrono in silenzio, cercando di aspettare che passino senza rivolgersi al medico.

    La depressione episodica, e anche nella sua forma "cronica" alla fine entra in remissione. Nel frattempo, per, le persone patiscono sofferenze psichiche e fisiche che provocano una terribile difficolt nella loro esistenza. Inoltre, quando la depressione non viene curata, spesso peggiora. Oltre sedicimila americani si suicidano ogni anno, di solito a causa della depressione. Molti depressi diventano schiavi delle droghe o dell'alcoL Lo studio epidemiologico del NiMH ha appurato che met delle donne alcolizzate hanno una storia di depressione grave; in due terzi di loro la depressione precede l'alcolismo.

    indubbio che la depressione ha un costo molto pesante. Uno studio recente mostra che pi debilitante e provoca pi giorni di degenza a letto delle altre otto malattie

    croniche pi gravi, comprese le affezioni cardiache.5 Rimane questo interrogativo: perch la gente continua ad assoggettarsi passivamente a questa dolorosa malattia? Sicuramente il timore della disapprovazione sociale svolge il suo ruolo. Il NIMH ha riscontrato un'enorme resistenza nel pubblico, in generale, alla richiesta di cura per la depressione. Peggio ancora, ha trovato un'analoga resistenza alla diagnosi e alla cura di malattie depressive da parte di medici! Il costo a carico

  • degli individui, e dell'economia, enorme - stimato in 16,3 milioni di dollari all'anno negli Stati Uniti. Eppure, anche se miliardi di dollari sono stati spesi in ricerche che hanno prodotto progressi sensazionali nella cura di queste malattie, il pubblico continua a restare disinformato. E a soffrire.

    I depressi tendono a negare, o a fraintendere, i loro sintomi. Attribuiscono i sintomi fisici della depressione a un"'influenza," e i sintomi mentali all'affaticamento, o a una dieta sbagliata. Nel sondaggio Roper del 1986, soltanto il 12% degli intervistati dichiararono che avrebbero preso farmaci contro la depressione se fossero stati messi a loro disposizione. Il 78% affermarono che

    avrebbero aspettato il recedere spontaneo della malattia.4

    La negazione della depressione dovuta, in ampia misura, al pregiudizio sociale. Nessuno vuole ammettere di essere depresso. come ammettere di avere una scarsa forza di volont. In qualche modo ci siamo fatti l'idea che i coraggiosi non si lasciano andare alla depressione. Quando le persone sono depresse, anche gravemente, tendono, ad attribuirsi la colpa del loro stato letargico, della loro incapacit di "darsi una mossa." Se fossimo migliori non ci "lasceremmo andare" cos.

    Quello che finiamo per sconfessare una malattia che ha bisogno di cure urgenti come il diabete o il mal di cuore.

    Migliaia di scienziati sono alla ricerca di metodi migliori di trattamento e di prevenzione, e stanno facendo progressi straordinari. I passi avanti compiuti nell'ultimo decennio hanno cambiato enormemente la situazione. Oggi nove pazienti su dieci affetti da turbe dell'umore o da ansiet hanno ogni motivo di aspettarsi una cura efficace.

    E, come stato scoperto di recente, lo stesso vale anche per altre persone colpite da malattie che sono biologicamente correlate alla depressione.

  • Le malatte della sfera affettiva: un'ipotesi radicale

    Nel 1990 una nuova e radicale teoria della malattia mentale emerse dal laboratorio di ricerca psichiatrica del McLean Hospital, nei dintorni di Boston. Si basava su un'importante scoperta scientifica fatta nello stesso laboratorio - e dagli stessi scienziati - un decennio prima.

    All'inizio degli anni ottanta, due dei pi noti ricercatori in campo psichiatrico, James Hudson e Harrison Pope, della facolt di medicina di Harvard, scoprirono che la bulimia, un disturbo dell'alimentazione consistente in fame morbosa e conseguente assunzione di lassativi o vomito autoindotto, provocata da uno squilibrio chimico all'interno del cervello, forse per un'insufficienza di un "neurotrasmettitore," la serotonina. Quando il loro livello di serotonina viene aumentato, la maggior parte dei pazienti affetti da bulimia smettono di rimpinzarsi. Questo misterioso disturbo dell'alimentazione, che per anni aveva suscitato la perplessit dei medici, finalmente cominciava a essere compreso. E per fortuna, poteva essere curato con la medicina! (Il trattamento medico di vari tipi di disordini alimentari compulsivi viene discusso per esteso nel quinto capitolo).

    Nello stesso tempo, altri studi cominciavano a mostrare che la bulimia collegata alla depressione grave. E inoltre collegata all'ansiet e all'abuso di alcol o di droghe. La cosa pi interessante, per, fu la scoperta che tutti questi problemi si concentravano a parenti di persone affette da bulimia. Le persone bulimiche hanno genitori che presentano abitudini alimentari patologiche e/o sono depressi e/o fobici e/o soffrono di sindrome panica e/o sono alcolisti o tossicodipendenti Una donna bulimica pu essere depressa e alcolista e fobica.

    Mentre gli studi su situazioni familiari cominciavano a mostrare una relazione fra depressione, bulimia e altri disturbi, gli psicofarmacologi fornivano dati clinici che confermavano la stessa relazione. I tarmaci amidepres-

  • sivi, scoprirono, esercitano un effetto potente su molte malattie, non solo sulla depressione. Per esempio, nella sindrome ossessivo-compulsiva, che estremamente debilitante, il miglioramento sensazionale. Dopo qualche settimana di somministrazione di un antidepressivo molti pazienti affetti da sindrome ossessivo-compulsiva smettono di continuare a lavarsi le mani, di contare le cose o di "controllare". H panico e la fobia rispondono altrettanto rapidamente agli antidepressivi. Ne trae giovamento la bulimia, come scoprirono Hudson e Pope. Lo stesso dicasi di certe forme di fame ossessiva di carboidrati che portano all'obesit.

    Col progredire della ricerca sulle malattie sensibili all'azione di questi antidepressivi, Hudson e Pope cominciarono a rendersi conto che esiste una sindrome, una rete di malattie in precedenza considerate completamente a s stanti, che sembravano invece collegate fra loro. Innanzi tutto, erano scatenate dall'assetto genetico. Andando a indagare nelle storie familiari, Hudson e Pope trovarono che i depressi avevano genitori, zii, cugini e nonni che non solo soffrivano di depressione, ma anche di alcolismo o problemi di dipendenza, bulimia, attacchi di panico o qualche debilitante combinazione di queste patologie.

    In secondo luogo, tutte queste affezioni reagiscono a farmaci che accrescono i livelli di serotonina e di altri neurotrasmettitori nel cervello! Per Hudson e Pope, ci sollevava uno stimolante interrogativo. Queste malattie non potevano essere in realt manifestazioni di un unico disturbo organico? E, ancora pi audacemente, la scienza non avrebbe potuto alla fine trovare un unico farmaco per tutte quante?

    In un saggio pubblicato nel 1990, che segn una svolta, gli scienziati presentarono per la prima volta la loro teoria sul rapporto fra tutte queste patologie, che hanno classificato "malattie della sfera affettiva".

    Pi recentemente hanno scritto che "l'impulso del cleptomane a rubare, quello della bulimica a mangiare

  • srnodatamente, quello dell'ossessivo-compulsivo a compiere rituali insensati, quello del giocatore patologico a giocare d'azzardo e quello del tricomaniaco a strapparsi i capelli possono tutti dipendere da anomalie del sistema nervoso centrale simili a quelle che si presumono in atto nelle turbe gravi dell'umore". Quest'idea corroborata da studi biochimici, oltre che da certe evidenti

    analogie fra le varie manifestazioni morbose.6

    Pi gli scienziati elaborano questa ipotesi della "sfera affettiva" pi si convincono di essere sulla pista giusta.

    "Noi prevediamo che alla fine verr trovata un'anomalia fisiologica in pazienti colpiti dalle varie affezioni che abbiamo elencato nella categoria della sfera affettiva," ci disse Harrison Pope, nel suo studio al McLean Hospital. "E se avessimo ragione, se la nostra ipotesi trovasse conferma, ci dimostrerebbe che questa forse la singola malattia pi devastante dell'umanit. Nella loro totalit, le varie forme di turbe della sfera affettiva colpiscono forse circa la met della popolazione del mondo. E la scopetta deE'anomalia, ammesso che essa esista, significherebbe un formidabile balzo in avanti, perch ci permetterebbe di andare alla fonte di molti di questi disturbi anzich doverci limitare a cercare di studiarli singolarmente."

    // secondo stadio: alla scoperta del collegamento

    II primo stadio della rivoluzione della biopsichiatria consistito nella scoperta di farmaci che influiscono sull'umore e sulla psiche. Nel secondo stadio, gli scienziati stanno scoprendo perch queste sostanze esercitano i loro effetti e in che modo le malattie da loro influenzate sono collegate fra loro. Un fondamentale interrogativo a cui gli scienziati del secondo stadio devono dare risposta questo: che cosa succede nel cervello di coloro che sono ossessivi, che sono ansiosi, che mangiano compulsivamente, che soffrono di fobie,

  • che abusano di sostanze modificatoci dell'umore? Qual il nesso? Esistono determinate disfunzioni del cervello che tutti questi pazienti condividono? Se cos, non pi facile che le storie familiari, i fattori di rischio e la potenziale prevenzione dei disturbi possano essere spiegati da lievissime disfunzioni metaboli-che anzich da tutte le teorie psicosociali messe assieme?

    Con la loro nuova teoria, Hudson e Pope suggeriscono che le varie forme di quelle che chiamano "malattie della sfera affettiva" rispondano allo stesso tipo di farmaco perch processi cerebrali simili funzionano in modo anomalo in tutte. Certi neurotrasmettitori che regolano l'umore non fanno quello che dovrebbero; nel panico come nella bulimia, nella depressione come nell'emicrania. Una connessione fondamentale fra questi disturbi un ormone del cervello, la serotonina. Quello che gli antidepressivi fanno in tutti questi pazienti un accrescimento del livello della serotonina. Quindi le malattie della sfera affettiva sono in qualche modo collegate a un abbassamento del livello della serotonina o di altri neurotrasmettitori: e la predisposizione a tale basso livello, secondo Hudson e Pope, ereditaria.

    Moltissime turbe psichiatriche una volta ritenute del tutto localizzate "nella mente" cominciano a essere viste come di origine pi biochimica che psicologica. Il concetto stesso di nevrosi oggi sotto assedio. I tarmaci che influiscono sulla produzione di neurotrasmettitori non solo equilibrano l'umore ma si ripercuotono anche sul modo di pensare, di creare e di rapportarsi agli altri. Le sostanze chimiche del cervello che regolano l'umore influiscono sulla totalit della nostra personalit.

    L'approccio biochimico sta esercitando un effetto strepitoso sia su terapeuti (alcuni dei quali vorrebbero minimizzare l'importa iza degli apporti della biopsichiatria) sia su pazienti, che ora sono in grado di vedere i loro problemi sotto una luce meno spietata. Gli individui

  • affetti da turbe dell'umore, da ansiet e da dipendenze da sostanze possono cessare di colpevolizzarsi. Non hanno pi bisogno di sentirsi in colpa per le attivit lavorative e le relazioni che si sono deteriorate, perch loro erano troppo ammalati per "funzionare" adeguatamente. Possono cominciare a concentrarsi invece sul compito che hanno davanti, quello di guarire. Per molte delle malattie che una volta erano considerate puramente "psicologiche" c' una pillola. La cura medica, naturalmente, non una semplice panacea a effetto immediato. Nondimeno, le ramificazioni delle nuove teorie e strategie di cura sono straordinarie.

    Farmaci che accrescono il livello di serotonina e di altri neurotrasmettitori sono stati gettati su un mare tempestoso di malattia mentale, raccogliendo, come un'enorme rete protettiva, ogni sorta di problemi chimici, compresi disturbi dell'alimentazione, emicranie, sbalzi d'umore, e, perch no, perfino toss icodipendenze. Studiosi delle tossicodipendenze sono arrivati alla conclusione che l'abuso di sostanze spesso collegato alle malattie della sfera affettiva.

    Come trovare l'aiuto giusto

    La cosa strana, la cosa di cui non sono ancora oggi sicura, come finii per adottare con Gabrielle quella particolare linea d'intervento. In parte dipese da alcuni colloqui che avevo avuto con va, una mia vecchia compagna di stanza dell'universit, una donna che non vedevo da anni e la cui figlia era stata curata farmacologicamente per la sua depressione. Inoltre il marito di va era maniaco-depressivo, e alla fine si era suicidato. La figlia, Nikka, al suo secondo anno di universit sprofond in uno stato depressivo tale da non poter studiare per prepararsi agli esami e da far fatica a scendere dal letto. va le aveva detto: "Prendi un aereo e vieni a casa stasera stessa." "Ma siamo alla fine del

  • semestre," aveva replicato sua figlia, "ci rimetterai la retta." "Prendi l'aereo," aveva insistito la mia amica. "Ora non il caso di pensare ai soldi." Il primo psichiatra a cui si rivolsero stabil che non c'era niente che non andava, salvo che la ragazzi era preoccupata per i suoi esami, ma va obiett: "Come sarebbe a dire che non c' niente che non va? Se ne sta a letto in posizione fetale tutto il giorno." Ala fine, un altro psichiatra trov che Nikka soffriva di ciclotimia, una versione meno grave della sindrome bipolare da cui era stato affetto suo padre. Col litio, la ragazza non tard a migliorare enormemente, e poco dopo and a Londra a proseguire gli studi.

    Come non avrei potuto restare colpita dalle analogie fra la storia di questa famiglia e quella della mia? Mi eccitai molto, perch sembrava che la depressione di Gabrielle, come quella di Nikka, potesse avere un'origine biologica. Se era cosi avrebbe potuto essere curata con farmaci. Le telefonai e le dissi: "Penso che dovremmo andare da uno psicofarmacologo per vedere se quello di cui soffri depressione." Le raccontai dell'esperienza di Laurie. Gabrielle ascolt, lasci passare qualche minuto e poi comment: "Ma come la mettiamo se non sono depressa?"

    Poi rise; una bella risata.

    La diagnosi di Gabrielle richiese un fuoco di fila di domande e una visita medica. Alla fine lo psichiatra m'invit nel suo ufficio e mi disse che mia figlia soffriva di depressione grave, una malattia con episodi ricorrenti della durata di sei mesi o pi. Era la forma unipolare, a suo avviso, non il tipo maniacale di cui aveva sofferto suo padre. La depressione non viene necessariamente trasmessa alla generazione successiva nella stessa forma, spieg. pi facile che il figlio di un genitore affetto da depressione bipolare finisca con una depressione unipolare. D medico era certo che Gaby avrebbe potuto essere

  • aiutata con un antidepressivo. Sarebbe stata controllata ogni settimana per osservare gli effetti collaterali e constatare i miglioramenti

    Alla fine del colloquio, il medico si rivolse a me e chiese: "Perch non si fatta vedere prima?" Era una domanda ben precisa. La depressione di Gabrielle gli sembrava dolorosamente familiare. Volle conoscere i particolari della sua storia, per aggiungerli alla sua casistica di famiglie con questa malattia per tanto tempo incompresa, e spesso negata. Eppure mi era difficile fare a meno di pensare che se mia figlia fosse stata visitata prima le sarebbero srati risparmiati parecchi lunghi episodi di malattia, il primo dei quali, ora ce ne rendevamo conto, era occorso dieci anni prima, quando stava per terminare il liceo.

    Per sua fortuna, la battaglia di Gabrielle sarebbe finita ben presto. Un mese dopo l'inizio del trattamento, la depressione che l'aveva trascinata sempre pi gi allent la sua morsa. L'effetto del farmaco su di lei parve quasi magico. Una rinnovata energia, uno spirito rinnovato e un atteggiamento positivo, fiducioso, nei suoi rapporti con gli altri presero il posto dei suoi vecchi sentimenti di ansia e di scoraggiamento. Fatto notevole, l'inversione di rotta si verific nel giro di qualche settimana: virtualmente non appena inizi l'effetto del farmaco. Essa si rivolse a uno psicoterapeuta perch aveva bisogno di aiuto per riorganizzare la propria vita. Ma i suoi atteggiamenti negativi e di paura scomparvero cos immediatamente, cosi totalmente, che fu chiaro che questo lo si doveva al farmaco. Esso aveva riequilibrato le sostanze chimiche nel suo cervello.

    Prima che Gabriele venisse visitata, mi aveva detto, alla fine di una delle sue brutte giornate: "Vorrei che ci fosse una pillola!" E, con un mesto sorriso, aveva aggiunto: "Certo, lo so che una scappatoia."

    Questo successe quasi due anni fa, nell'estate del 1989. In quanto a me, pi che pensare che fosse una scappatoia, pensavo: "Chi non vorrebbe una pillola?" La lentezza e la rigidit dei suoi movimenti, il carattere assolutamente

  • fisico del suo stato di malessere, che aveva colpito il suo modo di parlate, il suo volto, la sua voce - cos da far pensare che fosse diventata letargica, infettata da qualche morbo tropicale - erano impressionanti

    Per tre settimane prese regolarmente la sua medicina e soffri degli stordimenti e dei dolori muscolari che erano gli effetti collaterali temporanei Venne in campagna, e tutti noi ci demmo il turno per farle dei massaggi al collo. Un'amica di famiglia che aveva lavorato in un ospedale psichiatrico spieg che gli effetti cottaterali erano segno che il farmaco stava avendo effetto. difficile lottare con gli effetti secondari fisici di un farmaco quando ci si sente gi di morale e non si sicuri che dallo sforzo sortir qualcosa di buono. La rassicurazione fornita dalla nostra amica aiut Gabrielle a tollerare questi effetti indesiderati, e non pass molto che regredirono.

    Gabrielle si rese conto che l'antidepressivo aveva cominciato ad agire a livello terapeutico quando successe qualcosa di strano. Essa fu destata nel cuore della notte da un sogno straordinario: una serie di enormi dipinti astratti a colori sgargianti Era cos eccitata dalle immagini del sogno che cercando una penna svegli sua sorella. Le forme e i colori di quei quadri onirici erano di una suggestione cos irresistibile che voleva descriverli per non dimenticarli

    La mattina dopo Gaby disse che era da tanto tempo che non riusciva ad avere un'esperienza creativa, e che questo la rattristava. Questo tipo di tristezza non era depressione, ma un normale senso di rammarico per una perdita reale.

    Quando si sent pi su di morale, la prima cosa che Gabrielle volle fare fu una ripulita al suo appartamento. H suo psicoterapeuta le aveva chiesto: "Non pu chiedere a un'amica di darle una mano?" Gabrielle aveva risposto di no. Non che non avesse amiche, ma era troppo imbarazzata per la sua situazione. Le chiesi se io

  • potevo aiutarla, e lei disse di s. Una settimana dopo ci mettemmo insieme all'opera.Le grandi pulizie in casa di una figlia sono qualcosa che non avrei mai pensato di

    dover fare: a meno che, beninteso, non fosse malata. E Gabrielle era malata, ed era chiaro come il sole che aveva bisogno di essere aiutata in quest'impresa degna di rcole. C'era da mettersi le mani nei capelli di fronte a quel caos, ma pensai bene di far finta di niente. Quello che mi fece pi impressione fu il tubo della doccia. I suoi armadi erano talmente in disordine da essere diventati inservibili, e lei appendeva i vestiti al tubo orizzontale della doccia. Rimaneva soltanto uno stretto varco attraverso cui poteva intrufolarsi fino alla vasca.

    Questa disorganizzazione mi sconvolse e mi amareggi molto. Mi rammaricai di non aver capito prima in che condizioni disperate si fosse trovata. Tuttavia, il nostro sfaccendare in quell'appartamento trascurato, per renderlo di nuovo pulito, ridente e ordinato, si tradusse per entrambe in una grande esperienza di comunione. Imperversava la canicola d'agosto, e il condizionatore d'aria era guasto. Lavoravamo con addosso solo la biancheria intima, con rivoli di sudore che ci scorrevano lungo il corpo, mentre i tre gatti di Gaby assistevano allo spettacolo. Ridevamo, mangiavamo yogurt ghiacciato e bevevamo litri di Diet Pepsi. Fregavamo il pavimento ascoltando musica rock dallo stereo. Dopo aver pulito il pavimento, tinteggiammo le pareti. Gabrielle continuava a correre all'emporio a comprare vernici e piccoli contenitori per sistemarvi tutto quanto. L'intero lavoro ci prese due settimane.

    E poi Gabrielle cominci a comprare fiori. Ne comprava ogni giorno. "Ci crederesti, mamma? Solo tre dollari," diceva, mostrando un grosso mazzo. C'era un uomo sulla sesta strada che li vendeva a prezzi buoni: tulipani, fresie, giaggioli. Un giorno entrai nel suo appartamento e lo trovai tutto adorno di fiori. Ce n'erano dappertutto: sul tavolo, sul davanzale, in alto sull'appa-

  • recchio stereo, e poi in cucina, nella stanza da bagno, sul tavolo accanto al suo letto. E i suoi gatti, quei tipi turbolenti che forse, pensavo, l'avevano salvata, si comportavano come se tutto questo fosse stato fatto per loro, ed erano al settimo cielo.

    Oggi la scienza ha chiaramente stabilito l'importanza della biochimica del cervello nella maggior parte delle turbe dell'umore e delle tossicodipendenze, eppure sono in molti ad aver difficolt nel prendere atto di queste informazioni, nell'usarle per svecchiare le loro idee. Noi pensiamo ancora che diventiamo depressi perch "non ce l'abbiamo fatta," perch "non ci siamo fatti valere" col coniuge, col fratello o con la sorella, oppure col capufficio, perch non ci siamo "separati" dai nostri genitori. La nostra lista di motivi a cui attribuire il fatto che siamo ossessionati da sbalzi d'umore e dipendenze da sostanze continua all'infinito. Non siamo "andati al fondo" delle cose. Non abbiamo imparato ad amare noi stessi. Come criceti in una gabbietta, corriamo sulla ruota di un incessante autoesame. Frattanto i nostri problemi peggiorano. Ora sta emergendo un nuovo concetto. Il piatto, disanimato limbo deDa depressione comincia a essere visto non come "mentale," nel vecchio senso, ma come biochimico. Alla fine, la biopsichiatria aiuter le persone a comprendere che le distorsioni cognitive e il negativismo che accompagnano la depressione ne sono non la causa, ma l'effetto. Quando si sar arrivati a questo, forse il pregiudio e quasi la condanna associati a un gruppo d malattie di cui soffrono senza colpa milioni d persone - e da cui la maggior parte di loro possono essere guarite - cominceranno a regredire.

    Mi rattrista pensare che forse mio marito non fu curato con successo perch egli rappresent uno dei primi casi sperimentali d'impiego del litio nel nostro

  • paese. Per esempio, il medico che gli ordin le medicine non gli consigli anche la psicoterapia. Senza un sostegno psicologico, chi affetto da sindrome bipolare trova difficile accettare di avere una malattia cronica. Particolarmente disorientanti sono i periodi di umore normale. Molti di questi pazienti sono tentati di smettere il trattamento, nel desiderio di credere che sono guariti, che non avranno pi una ricaduta. Ed non fu diverso in questo. Ma ogni volta che smetteva di prendere il litio diventava maniacale nel giro di settimane. Quando usciva da questo stadio, diventava gravemente depresso.

    Col passare degli anni, sia i periodi maniacali sia quelli di depressione peggiorarono. Ed fece ogni sforzo per continuare a leggere, ascoltare musica, cercare di scrivere, ma alla fine non fu pi in grado di guadagnarsi da vivere. Poi, un giorno, dieci anni dopo l'insorgere della malattia - era l'estate del 1979 - entr nel reparto di pronto soccorso di un grande ospedale di New York accusando dolori allo stomaco, e due ore dopo era morto. Un medico interno, giovane e preoccupato, mi avvert per telefono. Ormai abitavo coi bambini fuori citt ed ero separata da Ed da otto anni. Chiesi al medico come si erano svolte le cose. Non fu in grado di dirmelo. Pi tardi il referto dell'autopsia rivel una peritonite, anche se essa non fu presentata come la causa del decesso. L'ospedale non riusc a riscontrare altro che le possibili conseguenze di una vecchia ulcera, tanto tempo prima guarita.

    Ancora oggi, i suoi figli e io non sappiamo che cosa10 uccise, ma io non ho mai dubitato che la sua mortesia stata collegata alla sua malattia. Sappiamo che avevasmesso di prendere la sua medicina. Parecchi mesi primadi morire si era unito a un gruppo di alcolisti anonimi,ed era stato energicamente incoraggiato a smetterla con11 litio. Cercai di convincerlo che questo era pericoloso,ma lui era sotto l'influenza del suo gruppo, che nontollerava i medicinali Molti dei membri dell'associazionedegli alcolisti anonimi non comprendono che per certe

  • forme di depressione la terapia farmacologica una necessit, e che i farmaci, non determinando dipendenza, non compromettono la sobriet. Quando Ed si rivolse al pronto soccorso era da settimane che non prendeva il litio ed era in preda a un grave stato maniacale.

    Al tempo della malattia di Ed, secondo gli psichiatri non rientrava nella pratica della loro professione dedicare molto tempo al compito di sensibilizzare i pazienti e i loro familiari. Purtroppo spesso ancora cos. stato riconosciuto che le turbe dell'umore e perfino le tossi-codipendenze hanno un'importante componente biologica. E questa scoperta ha portato a un'esplosione di informazioni che riempiono di ottimismo e di speranza; eppure, in prevalenza, il pubblico ne rimane all'oscuro.

    Disgraziatamente, circa I'80% di coloro che soffrono di depressione non riescono a riconoscere la malattia e ad ottenere la cura che li aiuterebbe. Molte nuove acquisizioni scientifiche possono favorire la cura della depressione e portare, alla fine, alla sua stessa prevenzione. La creazione di criteri diagnostici standardizzati ha reso pi facile a psicoterapeuti, medici e professionisti di varie specializzazioni nel settore della salute mentale il riconoscimento delle turbe dell'umore e dell'ansia, almeno quando imparano a servirsene. La sempre pi puntuale tipizzazione e sottotipizzazione della depressione ha reso pi sofisticata la diagnostica e accresce le probabilit di successo della cura. Curare i diversi tipi diventato molto pi coronato di successo, grazie a farmaci nuovi e pi selettivi

    Se, oltre al numero recentemente scoperto di "depressi puri" consideriamo anche le turbe della sfera affettiva che a volte coesistono con la depressione, e che pari-menti vengono alleviate dagli antidepressivi - panico, fobia, sindrome premestruale, tossicodipendenze, bulimia, emicrania e perfino, come certi ricercatori hanno

  • cominciato a sospettare, la sindrome da affaticamento cronico - stiamo parlando di una porzione della popolazione ampia in modo allarmante, tutti casi di sofferenza prodotta da un sopravvenuto squilibrio di determinate sostanze chimiche nel cervello.

    Non potrebbe darsi, come gli scienziati hanno cominciato a suggerire, che questi disturbi, anzich "mentali" nel vecchio senso della parola, siano in realt malattie fisiche con conseguenze cognitive, ovvero distorsioni mentali che recedono una volta che si intervenuti sullo squilibrio chimico? La predisposizione o la vulnerabilit a queste malattie le ereditiamo dai nostri genitori e dai nonni? E i nostri figli, a loro volta, le erediteranno da noi? Questo modello biologico dei disturbi dell'affettivit che si sta gradualmente consolidando di per s deprimente, disperante, oppure offre possibilit di cura, o addirittura di prevenzione, che non ci eravamo mai neppure sognati?

    Sono questi gli interrogativi che oggi si pongono ai ricercatori e ai medici che stanno lavorando alle frontiere della biopsichiatria. Quello che hanno scoperto, e continuano a scoprire, praticamente da un giorno all'altro, sia affascinante sia estremamente incoraggiante. Il mio scopo nello scrivere questo libro di raccontare la storia di come e perch la psichiatria ha spostato la sua teoria delle turbe dell'umore, dell'ansia e delle tossicodipen-denze su un piano biomedico, e di descrivere le nuove cure che possono alleviare sensibilmente i sintomi, spesso fino a eliminarli del tutto. Prese nella loro totalit, queste patologie colpiscono pi persone di quanto si sia mai sospettato: "forse met della popolazione del mondo," come ci ha detto Harrison Pope. Eppure una massiccia percentuale di casi non vengono curati. Questo perch ci portiamo ancora dietro un atteggiamento di stigmatizzazione e un'ignoranza quasi medievali

    Pensiamo a quanto siamo aggressivi nel curare malattie che consideriamo fi iche, mentre evitiamo di intervenire su quei disturbi che distorcono le nostre emozioni

  • e le nostre facolt mentali. La paura e il sospetto abbondano. Questo uno ostacolo che va rimosso. Milioni di esseri umani sono colpiti da queste malattie che oggi definiamo della sfera affettiva. Molti conducono vite che sono limitate, se non straziate dalla sofferenza. Ma, con una diagnosi e una cura adeguate, esse possono rapidamente trasformarsi in vite pi piene: dinamiche, creative e arricchite dalla meraviglia dell'esistenza.

  • La "serotonin connection'

    tontificare un'amica tattica di difesa. Quando mi sento frustrata dal rifiuto di qualcuno di ascoltare quello che dico, facile che io monti in cattedra, appellandomi a fonti, citando dati, tenendo una specie di conferenza come se ne andasse di mezzo la mia vita. successo poco tempo fa a un pranzo con invitati. Si venne sull'argomento dei disturbi dell'alimentazione. ( sorprendente quanto spesso si discuta di disordini alimentari mentre si a tavola). Qualcuno chiese: "Ma cos' insomma che provoca questi disturbi?" Col tono di sfida che s'insinua nella mia voce quando mi aspetto di non essere creduta, risposi: "Probabilmente un fattore chimico."

    "Chimico?" fece eco un altro commensale. Tutte le teste si rizzarono di scatto dai piatti "Cosa intende per chimico?"

    "Be', la bulimia va spesso e volentieri a braccetto con la depressione, e tutte e due rispondono agli antidepressivi. Ci sono due scienziati a Harvard che giurano che i disturbi dell'alimentazione sono ereditali, come le turbe dell'umore."

    Segu quel tipo di silenzio che cala quando il resto dei presenti sono in fervido dissenso ma non ne capiscono U motivo. Poi, inevitabilmente, uno psicanalista espresse il suo disaccordo: "Io penso che queste cose siano squisitamente psicologiche," sentenzi col tono placido

  • di chi abituato ad avere l'ultima parola. Non c'era altro da aggiungere. La discussione era chiusa.

    Avevo passato l'anno precedente osservando mia figlia migliorare sempre pi nel suo lavoro e nella sua vita personale, avevo sentito il sorriso nella sua voce quando ci parlavamo per telefono, avevo assistito ai progressi nella sua attivit di lavoro e nella sfera delle amicizie. Era bene organizzata, curiosa, intellettualmente impegnata come non era stata per almeno un decennio, e questo lo si doveva in misura rilevante all'intervento di un farmaco, la fenelzina. Ogni mattina essa depone quattro pillole rosse sul contatore della cucina accanto alle sue vitamine e col trascorrere delle ore le conta e le riconta per sapere quante ne ha gi prese. Questo piccolo rituale, ne certa, un prezzo esguo da pagare per il dono che ha ricevuto: oggi libera di essere se stessa.

    Quando fui a pranzo con quello psicanalista, Gabriel-le e io avevamo compiuto ricerche nel campo della biopsichiatria per mesi. Sapevo che l'idea dell'analista che le turbe dell'umore e malattie come la bulimia fossero "principalmente psicologiche" era datata: un retaggio del passato.

    leffetto del cervello sul comportamento e sull'umore

    Nei due decenni scorsi, la biopsichiatria ha gradualmente ma costantemente accresciuto la sua influenza. Oggi il parere degli scienziati che le turbe dell'umore sono provocate da certe sostanze chimiche presenti nel cervello. Esse, note come "neurotrasmettitori", inviano segnali elettrici da una cellula nervosa all'altra. La segnalazione chimica mette in moto complesse alterazioni neuronali che influiscono sui nostri comportamenti e sentimenti: perfino sui nostri pensieri.

    Uno dei pi importanti di questi neurotrasmettitori (anche se tutt'altro che l'unico, attualmente studiato in

  • rapporto alla depressione) la serotonina} Fabbricata nel corpo da un aminoaddo, il triptofano, sembra che intervenga sia nel sonno sia nella regolazione dell'umore. Quando i livelli di serotonina si abbassano troppo, si ha una depressione dell'umore. Una volta che si determina questo sbalzo chimico, lo stimolo del sonno, l'appetito e la libido diminuiscono. L'attivit e la parola rallentano, l'autostima si volatilizza e una sorta di nastro continuo di musica negativa comincia a risuonare a intermittenza nella mente: sono un disastro e tutti lo sanno, niente andr pi a posto, perder tutto quanto.

    La cosa stupefacente che questo nastro continuo pu contribuire a riportare nel cervello la serotonina dal suo basso livello a quello normale. I biopsichiatri pensano che il sistema pi potente per farlo - anche se non l'unico - sia attraverso un intervento chimico diretto. Gli antidepressivi funzionano perch correggono il metabolismo difettoso del cervello, permettendo agli ormoni del cervello connessi con l'umore di reintegrarsi. Esistono altri metodi per ottenere questo, fra cui l'attivit fisica e l'esposizione alla luce. Ma per le turbe dell'umore abbastanza gravi da compromettere il lavoro e i rapporti con gli altri necessario intervenire chimicamente sul sistema della serotonina. L'esercizio fisico e i bagni di luce da soli non producono lo stesso effetto.

    La serotonina, a quanto si comincia a scoprire, implicata in molte altre malattie oltre alle turbe dell'umore. "Pu essere importante nel provocare disturbi dell'appetito e nello sviluppo di ossessioni e comportamenti compulsivi," secondo James M. EUison,

    professore di psichiatria presso la facolt di medicina di Harvard.2 Il sospetto che tutte queste malattie siano scompensi biochimici curabili con farmaci ha sollecitato migliaia di studi clinici e di laboratorio. "Ogni volta che viene scoperto un nuovo farmaco, un'altra malattia scompare," dichiar lo psichiatra Paul Wender durante un'intervista nell'autunno

    del 1990. "Quello che stiamo per scoprire sul cervello da le vertigini."3

  • Quello su cui neuroscienziati e biopsichiatri vanno facendo luce alterer in modo fondamentale il nostro modo di considerare la malattia mentale. Iniziando dal cervello, la malattia mentale sostanzialmente biologica. Appare inoltre sempre pi chiaro che di origine genetica. L'ereditariet stata da lungo tempo sospettata per la scbizofrenia ma non per la depressione "coltivata", per l'ansia e le "sciocche" fobie. Quello che la scienza ha scoperto che non esistono depressioni coltivate, non esistono sciocche paure e fobie. Quello che le persone provano quando sprofondano in un baratro di depressione, o hanno paura di salire sugli aerei, non "nevrotico". I dati scientifici indicano che queste malattie non sono meno "fisiche" del diabete, non pi "mentali" dell'emicrania.

    La ricerca che ha condotto alle rivoluzionarie innovazioni del finire degli anni novanta proseguita per circa tre decenni, ma solo di recente si avuta una conferma ufficiale dei nuovi concetti della biopsichiatria. H modello biologico per la depressione, per esempio, fu approvato cinque anni fa, a un congresso svoltosi sotto gli auspici del NIMH. In quell'occasione, un gruppo concorde di esperti di varie specializzazioni stabil che i farmaci antidepressivi non solo curano gli episodi acuti di turbe dell'umore ma anche accrescono la probabilit di prevenire ulteriori episodi. Gli esperti raccomandarono che gli antidepressivi fossero usati "ne! contesto di una relazione di supporto fra medico,

    paziente e i suoi familiari."5

    Nei cinque anni intercorsi da quel congresso, molte altre malattie hanno cominciato a rotolar gi dal tettino dell'analista. Panico e fobia, disturbi ossessivo-compul-sivi e tossicodipendenze sono solo alcune di queste. Fra i ranghi degli psicoterapeuti serpeggia della tensione. In effetti, la rivalit fra gli psicoterapeuti che si basano sulla parola e i biopsichiatri diventata cos accesa che il bene del paziente finito in secondo piano. Mi sono stupita per il numero delle persone da noi intervistate che gli

  • psicoterapeuti avevano scoraggiato da un tentativo di cura con antidepressivi, anche quando le turbe dell'umore erano persistite per anni L'atteggiamento di uno psicoterapeuta che sconsiglia a un paziente costantemente depresso un tentativo di cura con antidepressivi pi ispirato da un preconcetto contro i farmaci che da considerazioni razionali, come appare evidente se solo si pensa che gli antidepressivi non creano dipendenza. Cosa c' da perdere nel tentare?

    Una nuova idea che incontra resistenza

    "La soluzione rapida, facile e senza sforzo sar sempre popolare," afferma Michael Yapko, autore di When Living Hurts. Yapko predica l'astensione dalle medicine. Secondo lui la depressione non una malattia ma uno "stile di vita", il risultato del modo in cui una persona interpreta la vita e reagisce a essa, un "modo prevedibile d'interagire

    col mondo."6

    Gli psicoterapeuti che condividono questa concezione credono che il loro compito sia quello di impiegare le ore del trattamento per aiutare il paziente a trovare nuovi modi d'interagire col mondo. Quando il disturbo dell'umore persiste, dedicano pi ore (o settimane o mesi o anni) alla stessa imptesa, resistendo fermamente alla soluzione "rapida".

    Altri psicoterapeuti "ricorrono" al farmaco soltanto in extremis. "Se sono costretta a scegliere fra gli antidepressivi e l'ospedalizzazione, ricorro alle medicine," afferma la

    psichiatra del Maryland, Loren Mosher.7 Soltanto quando i pazienti soffrono a tal punto da diventare a rischio di suicidio dottori come Mosher offrono assistenza medica: un gioco senza cuore, e chiaramente pericoloso.

    Purtroppo, la stigmatizzazione delle terapie chimiche impedisce a molti di ottenere l'aiuto di cui abbisognano

  • ed almeno in parte perpetuata dagli psicoterapeuti Formatisi su teorie d'indirizzo psicologico, credono all'idea - su cui in certa misura s'impernia la loro carriera - che alla radice di tutto ci sia la "psiche", non il cervello. Per alcuni di loro, i biopsichiatri sono diventati il nemico. "Molti si comportano come se il moderno psicanalista dovesse sottomettersi alla nuova biologa e barattare i suoi lettini con un nuovo apparecchio per l'endoscopia del cervello," deplor con fastidio Theodore Shapiro, direttore del prestigioso Joumal of th American Psycho-analytic

    Association, in un editoriale del 1989.8 Psicoterapeuti come Shapiro continuano a insistere che i farmaci sono solo per casi di estrema gravita. L'implicazione che per chiunque altro prendere deEe pillole la cosa da fare moralmente peggiore. Martin Seligman, uno psicologo famoso per la sua teoria che la depressione qualcosa che impariamo, si fa paladino dello stesso tipo di scrupolo umanistico fuori luogo quando scrive nel suo heame Optimism: "E paziente efficacemente drogato non pu ringraziare se stesso per aver saputo plasmare la sua felicit e la

    sua capacit di funzionare con un'apparenza di normalit; deve ringraziare le pillole."9

    I depressi da me intervistati provarono un immenso senso di sollievo dopo aver recuperato l'umore normale. A chi o a che cosa andasse il merito, per loro non era un problema. L'idea di "plasmarsi" la propria felicit con la terapia della parola , in ogni caso, una nozione moralistica, se non semplicemente una nozione degli psicoterapeuti Quando una medicina pu sopprimere uno squilibrio chimico e alleviarne i sintomi, perch mai dovremmo essere indotti a credere che prenderla equivale in qualche modo a comportarsi in modo irresponsabile? Condanniamo forse gli ipertesi per la loro dipendenza da prodotti che abbassano la pressione del sangue?

    Qui c' un'altra importante questione, che autori come Seligman spesso ignorano. Molti tipi di turbe

  • dell'umore e di ansia non guariscono senza medicine. Possono migliorare leggermente con la terapia della parola, ma resta sempre un residuo di malessere.

    Espressioni come "plasmarsi la propria felicit" rivestono un tono di superiorit, poich implicano che l'adozione della linea del massimo sforzo rende una persona se non migliore almeno pi forte. "Migliore", naturalmente, ridicolo. In quanto a "pi forte", assolutamente niente dimostra che la terapia senza farmaci rappresenti una cura pi efficace. Se non altro, studi rivolti all'efficacia hanno dimostrato il contrario: i pazienti con turbe dell'umore che non sono curati in modo completo peggiorano con l'andare del tempo. Un intervento tempestivo - con farmaci, quando il caso - si riflette beneficamente sia sulla gravita sia sulla frequenza di successivi episodi, gravita e frequenza che svolgono un rilevante ruolo sull'acquisizione o meno della "forza" emotiva da parte del paziente.

    Gli psicoterapeuti della famiglia sono stati fra quelli che pi si sono opposti all'impiego di medicinali. Lo psichiatra Salvador Minuchin, uno dei pi stimati di questi specialisti, ha detto che in tutti i suoi anni di pratica della professione non ha mai trovato necessario ordinare un farmaco a un paziente. Fortunatamente, altri terapisti della famiglia hanno cominciato a diventare meno rigidi. La psichiatra della famiglia Carol Anderson stata una pioniera nello sforzo di sensibilizzare i suoi colleghi sulla follia di negare al paziente la terapia farmacologica. "Tu non chiederesti a una diabetica di non prendere l'insulina e, invece, di lavorare sul pancreas per cambiarlo," argomenta. "Noi implicitamente colpevolizziamo i nostri clienti quando presumiamo che siano sempre

    colpevoli della loro depressione."10

    "La terapia della famiglia ha un indirizzo esattamente opposto a quello di ricercare la causa di una patologia in una deficienza biochimica dell'individuo," scrive Laura M.

    Markowitz in The Family Therapist Networker.1 Cita un caso tratto da un testo di terapia della famiglia

  • dove Edith e Bob si mettono in terapia "per la depressione di Edith, che ha organ2zato il loro matrimonio per i trascorsi vent'anni. Bob si accollato le faccende domestiche e accudisce Edith, iperfunzionando per compensare all'ipofunzionamento della moglie. Non le lascia neppure portare a spasso il cane da sola, perch ha paura che possa cercare di farsi male. Mentre Edith risponde alla cura e comincia a mostrare segni di miglioramento, Bob tenta il suicidio." H libro spiega che quello su cui deve fecalizzarsi la terapia in una situazione del genere lo sforzo di far luce sui motivi latenti alla base del "sintomo" della depressione nel matrimonio, per scoprire la "funzione" a cui ha servito "non al livello individuale, per Edith, ma nell'ambito della loro relazione."

    Povera Edith, E, come la Markowitz sembra lasciar intendere, povero Bob.

    Nella primavera del 1990, assistetti al congresso annuale dell'associazione psicanalitica americana, che si tenne nel salone da ballo del Waldorf-Astoria. Volevo sapere come la pensassero gli analisti sulla farmacoterapia nella cura della depressione, e proprio questo argomento fu il tema di un seminario che dur un pomeriggio. La sala era stipata di psicanalisti, in completo scuro, in prevalenza maschi Parecchi interventi descrissero come alcuni pazienti avessero tratto risultati soddisfacenti dall'impiego di farmaci abbinato al trattamento analitico. L'atmosfera nel salone era sovraccarica di elettricit. Le domande che furono poste dagli analisti presenti ruotavano intorno a questioni come le possibili ripercussioni del "dover prendere medicine" sul senso di autonomia dei pazienti, sulla loro dipendenza dall'analista e sui loro sentimenti nei suoi confronti, nonch -particolare importante - sulla possibilit che il solevo dei .'intorni sabotasse la motivazione a proseguire la psicjterapia.

  • Molti parvero non accorgersi dell'assurdit della questione. I sintomi sono quelo che mantiene la gente in terapia. Alcuni degli analisti si dissero preoccupati della possibilit che gli antidepressivi alleviassero in modo rilevante la depressione, perch in questo caso i pazienti avrebbero smesso la psicoterapia, lasciando irrisolti importanti conflitti che compromettevano la loro pienezza di vita.

    Un altro motivo per cui gli psicoterapeuti spesso resistono all'alternativa psicofarmacologica, sostiene lo psichiatra Peter Kramer, la paura che il farmaco "minacci quello che noi amiamo fare: essere empatia con le persone e aiutarle a rivelare se stesse." Rivelando il marcio, aggiunge: "C' poi l'aspetto economico. Se una medicina fa s che un cliente si senta meglio, c' il rischio che non voglia pagare per la psicoterapia."

    Gli psicoterapeuti si trovano in una posizione particolarmente forte quando scelgono d'influenzare pazienti vulnerabili per spingerli nella direzione che preferiscono. Lo psichiatra della famiglia Frederick Brewster racconta che quando qualcuno gli chiedeva un antidepressivo "gli mostravo il Physician's Desk Reference e gli facevo leggere una descrizione del farmaco. E gli dicevo: 'Questa la roba che vorresti Cacciani in corpo. Pensaci' " Ma negli ultimi tempi ha cominciato a rivedere la sua posizione. "Adesso non sono pi per una linea cos dura."

    Quello che fa cambiare idea agli psichiatri vedere cosa pu succedere a un paziente che riesce ad avere il farmaco adatto. Brewster ricorda di aver seguito qualche anno fa una famiglia che descrive come "allo sfascio". I ragazzi erano fuori controllo il matrimonio era in pericolo e il marito era depresso. "Lavorammo per parecchi mesi e io provai ogni tipo d'intervento per loro, ma il progresso era lento. Poi, di colpo, quasi per magia, non ci fu pi patologia: ciascuno era felice, calmo e inappuntabile." Poco dopo, Brewster scopr che quel padre di famiglia si era curato con un antidepressivo. Questo ammise, lo costrinse a un ripensamento. "Co-

  • minciai a chiedermi se ci non significasse che tutto quello che serve a certuni sia una medicina che permetta loro di tirare avanti"

    II dissidio nel trattamento delle turbe dell'umore causa di sofferenza per molti. Sia il dissidio che questa sofferenza sono vividamente rivelati dalla storia di un medico che nonostante una patologia sempre pi grave, fu deliberatamente trattato senza farmad.