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Direct Marketing Marketing Comunicazione d’impresa direttore Ugo Canonici Marketing Dal non facile al complicato Protagonista l’emozione Non serve essere eroi La Nota Un ombrellone in prima fila DM & Comunicazione Organo d’informazione del Club C3 Pubblicità Progresso Comunicazione d mc & Poste Italiane S.p.A. Sped in a.p. - d.l. 353/2003 conv. l. 46/2004. art1.c.1 - LO/MI - Trimestrale nº.3 del 2013 - Anno 26

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Direct Marketing Marketing Comunicazione d’impresa

direttore Ugo Canonici

Marketing

Dal non facile al complicato

Protagonistal’emozione

Non serve essere eroi

La NotaUn ombrellone

in prima fila

DM & ComunicazioneOrgano d’informazionedel Club C3

Pubblicità Progresso

Comunicazione

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nº.3 del 2013 - Anno 26

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EDITORIALE

5 Il bambino e l’acqua sporca di Ugo Canonici

MARKETING

20 Protagonista l’emozione di Elena Muoio 26 Un premio in Formula 1 di Maurizio Quarta

LA NOTA

6 Un ombrellone in prima fila di Guido Montacchini

COMUNICAZIONE CON I CANi

30 A tavola! di Davide Canonici

COMUNICAZIONE 8 Sorriso in ufficio di Pier Giorgio Cozzi10 Comportamento di reciprocità di Ugo Perugini12 Dal non facile al complicato di Bruno Calchera15 Non serve essere eroi di Alberto Contri22 Un film va visto al cinema di Roberto Villa24 La nona arte di Luigi F. Bona

CREATIVITÀ E INNOVAZIONE

18 Caro Babbo Natale di Sarah Canonici

RUBRICHE28 Comunicazione sociale31 Informalibri34 Fatti & Persone36 Club dell’Osso

SommarioAnno 26 - no 3 del 2013

I partner di questo numero:

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pag. 40

PENSIERO LIBERO

38 Ha sempre ragione il cliente? di Alessandro Lucchini

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I temi trattati

Direct Marketinguna strategia di marketing che utilizza la comunicazione, con strumenti interattivi, verso un pubblico mirato per ottenere risposte misurabili

Marketing tutte le attività che vengono svolte per giungere alla vendita dei prodotti/servizi offerti (dalla ricerca, alle indagini di mercato, alla post vendita)

Comunicazione d’Impresa utilizza in modo integrato gli strumenti della comunicazione per far conoscere al mercato l’offerta e determinarne il posizionamento

Le uscite di dm&c

• n.1 marzo • n.2 giugno • n.3 settembre • n.4 dicembre

CLEIS è una Società di Comunicazione d’ impresaspecial izzata nel l ’organizzazione di Eventi aziendal i

CLEIS SRL - Via L.Spal lanzani,10 - 20129 Mi lano - Tel : 02 74 22 22 1www.cleis. i t - info@cleis. i t

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Seguendo il passo dei tempi è nato dmcmagazine.it , il sito che si pone

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e della comunicazione di impresa. Una “agorà” nella quale ritrovarsi quotidianamente

per essere aggiornati sulle ultime novità, per essere informati sulle linee e le tendenze.

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Il nuovo che avanza, avanza e travolge tutto. Dando notevoli scossoni a de-stra e a manca e venendo a turbare quella sorta di mare della tranquillità,

della “comfort zone”, nella quale quasi tutti ci eravamo accoccolati. E così oggi possiamo dire che non è solo la crisi che ci getta nello sconforto, ma sono tutte quelle cose nuove, che non avevamo mai fatto, e che siamo costretti a fare se vogliamo almeno procedere con l’onda.Tant’è, questo, dicono tutti, è ciò che produce il progresso. Quindi, a denti stretti, “benvenuto”.Si, va bene, il nuovo vuole cose nuove. E quindi gli imperativi categorici sono “creare” ed “essere innovativi”.Però calma. Certo, se non è giusto starsene fermi, a me sembra che sia anche sbagliato buttarsi a testa bassa nel nuovo, trascurando, dimenticando o addi-rittura rinnegando e buttando via tutto il passato.Ci sono certe cose, i fondamentali, che non si dovrebbero buttare via.Perché molti, nella loro sostanza, vanno ancora bene. Magari è sufficiente dare una spolverata, rifare un po’ il look, e soprattutto armonizzarli con le cose nuove.C’era un bel film di Massimo Troisi in cui diceva una frase del tipo “mi sono stancato di quello che faccio qui e così ho deciso di andar via. Basta, ricomin-cio da tre”. “Da zero” lo corregge il suo interlocutore. “No da zero”- ribatte –“tre cose buone le avrò fatte nella mia vita. Non vedo perché le devo buttare.”Anche nella comunicazione si dovrebbero tener ferme, per buone, almeno quel-le tre cose che abbiamo imparato a fare bene. E pazienza se non erano tutte concentrate sul digitale, sul web o sui “social” che oggi sono sulla bocca di tutti.Non dimentichiamo che il nuovo che avanza coinvolge noi che la facciamo, la comunicazione, ma anche coloro che la ricevono. Che, come noi, col “vecchio” avevano preso dimestichezza.Ma guai ad entrare nella discussione vecchio-contro-nuovo.Come sempre deve aiutare il buon senso.Il mix della comunicazione non lo ha bocciato nessuno. Anzi. Si tratta di es-sere così bravi dal saper introdurre, accanto ai media di prima anche i media che il progresso ci ha messo a disposizione.So che questo sembra un ragionamento estremamente banale. Ma guardandomi in giro non posso non osservare che c’è chi riesce a pensare solo ad essere “innovativo”.Ed è quasi compiaciuto di gettare via il resto.Attenzione. Anche un detto popolare avverte che non è saggio buttare, insieme con l’acqua sporca, anche il bambino. no33 - 2013 - dm&c 5

Il bambino e l’acqua sporca

Ugo Canonici

[email protected]

Editoriale

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Cuba, 1999. Un elegante villaggio turistico in un tratto di costa incon-taminato. La proprietà è di una im-portante catena italiana e di conse-guenza la nazionalità degli ospiti è facilmente immaginabile. La cucina “italiana” lascia un po’ a desiderare, ma il mare è in-can-te-vo-le! Gli ombrelloni sono strutture fisse in legno ricoperte di foglie di palma e sono discretamente distribuiti lungo la spiaggia. Non sono assegnati alle singole camere e non sono in nume-ro equivalente alle camere stesse, del resto è altamente improbabile che gli ospiti si trovino simultaneamente tutti sulla spiaggia. Risultato: sveglia di prima mattina, corsa in spiaggia carico di asciugama-ni, magliette, attrezzature da mare per accaparrare e ben delimitare il territorio di un ombrellone in pri-ma fila per tornare quindi tranquil-lamente in camera, per una doccia tonificante, barba, e poi colazione. Guarda! la lezione di risveglio mu-scolare, proviamo; magari un po’ di acquagym in piscina e poi, perché no, qualche ballo caraibico, o lati-no-americano, come si chiamava in quegli anni; non avevano ancora in-

ventato la zumba. E’ quasi ora di pranzo… un bagno in mare però forse ci può stare. Per fortuna mi ero assicurato l’om-brellone in prima fila! Scendo verso la spiaggia ed incontro coloro che hanno passato la mattinata in riva al mare, paonazzi e sfiniti; sfigati! Non hanno voluto svegliarsi presto e così han trovato tutti gli ombrelloni oc-cupati; liberi, ma occupati; peggio per loro. La vita del villaggio ha le sue regole spietate. Faccio proprio solo un tuf-fo, mi asciugo e via, di corsa al risto-rante. Siesta; attività sportive varie e verso sera di nuovo in spiaggia; tanto ho l’ombrellone in prima fila!

Salento, 2002. Una rinomata lo-calità ed un lussuoso albergo con spiaggia privata. L’ostentata eleganza dell’albergo stride un po’ con l’anti-cipo della cena di gala di ferragosto al 14, in modo da non impegnare lo stuolo di camerieri per il servizio ai tavoli il “vero” ferragosto. A noi ospiti che ci frega, siamo in vacanza, noi, che vuoi che sia il 14 o il 15, ci han fatto un buon prezzo… Ma que-sta è un’altra storia.

-

Guido Montacchini

Il sole, il mare blu. Tempo di vacanze. Ambientazio-ni diverse e tempi diversi. Alcune immagini di vita vissuta che possono indurre a qualche riflessione

Quando la spiaggia diventa metafora

Un ombrellone in prima fila

La Nota

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La spiaggia è molto bella e curata, ma stretta e profonda. Mia moglie è incinta e, con il pancione che inizia a pesare, preferisce non prendere il sole nelle ore più calde. E’ stato un anno di lavoro impegna-tivo, e non ho voglia di mettere la sveglia anche in vacanza, tanto ci al-ziamo comunque di buon ora; cola-zione e… subito in spiaggia. E’ presto, non c’è quasi nessuno al mare: 2 famiglie con bambini picco-li, una coppia di anziani ed una si-gnora tedesca, scesa a farsi una nuo-tata prima di colazione. Gli ombrelloni delle prime 3 file sono però tutti occupati; liberi, ma occupati. Asciugamani, magliette, attrezzature da mare delimitano in modo inequivocabile il territorio in-torno agli ombrelloni disabitati. Peggio per noi, del resto le conoscia-mo le spietate regole. In tarda mat-tinata lasciamo la spiaggia quando iniziano a presentarsi i primi veri oc-cupanti delle prime file che mi guar-dano con disprezzo: sfigato!

Sardegna, 2008. La situazione qui è più evoluta. Comprensorio di ville intorno ad una spiaggia, libera. L’acqua è cristallina, come solo in Sardegna. Qui il posto ombrellone è per la stagione. I primi che arrivano in giugno piantano il loro ombrello-ne nei posti strategici, ci legano at-torno 2 vecchie sdraio; qualche sec-chiello e paletta non mancano mai, giusto per allargare la linea di demar-cazione. Non si vedono in spiaggia per gior-nate, settimane intere, ma quello spazio è loro.

Isoletta greca, 2012, piena crisi economica. Piccola zona attrezzata su di una più ampia spiaggia. Arriviamo presto di mattina e, per pochi euro (pochi in confronto ai prezzi italiani!) ci assicuriamo un ombrellone in prima fila. Per pranzo ho già adocchiato una caratteristi-ca taverna all’ombra degli eucalipti

poco distante. Raccogliamo il necessario e stendia-mo bene gli asciugamani per marca-re la proprietà dell’ombrellone ma veniamo gentilmente richiamati dal bagnino che ci invita a liberare lo spazio per gli eventuali altri avven-tori. Cerco di far valer le mie ragioni: ho pagato, è mio. Sempre con gentilezza ed affabilità cerca di spiegarmi che ho pagato ed ho un ombrellone assicurato per la giornata, ma non posso occupare un ombrellone se non lo uso. Risentito e un po’ perplesso lo asse-condo, pronto a rimandare la pole-mica al nostro ritorno. In realtà la pausa ristoratrice si è poi prolungata più del previsto e torniamo in spiag-gia solo dopo qualche ora. Il gestore ci accoglie con un sorriso e ci fa accomodare sotto un altro om-brellone; mi rode un po’ ammettere che la posizione è forse migliore di prima. Le mie certezze iniziano a in-crinarsi.

Sardegna, 2013. Le mie certezze vengono definitivamente spazzate via. Comprensorio di ville intorno ad una spiaggia dall’acqua cristalli-na, libera. Passo intere giornate, dalla mattina presto fino al tramonto, incantato ad osservare il naturale evolversi del-la giornata balneare, delle persone che arrivano, con esigenze ed ambi-zioni diverse in differenti orari, con il loro ombrellone e le loro attrezza-ture; allo stesso tempo altri smonta-no il loro ombrellone, ripiegano gli asciugamani ed appagati dal tempo trascorso in riva al mare, si ritirano lasciando spazio a chi invece sta ar-rivando. Il tempo è una dimensione comple-mentare allo spazio e al possesso e consente a tutti di avere sempre un posto in prima fila.Che lo spietato individualismo figlio degli anni 90 stia lasciando il posto ad un condiviso e responsabile utiliz-zo delle risorse? no3 - 2013 - dm&c 7

Riflessioni a margineLa spiaggia come metafora del mondo degli affari, del rapporto tra concorrenti e fornitori e delle possibili si-nergie e complementarietà.La spiaggia come metafora dei servizi (al cittadino o all’impresa) e del loro uti-lizzo condiviso.La spiaggia come metafo-ra delle risorse ambientali, naturali ed energetiche e del loro sfruttamento re-sponsabile.La spiaggia come metafora di se stessa e la responsa-bilità dei gestori nel suo utilizzo condiviso e respon-sabile.L’ombrellone come metafo-ra dell’automobile, da una macchina per ciascuno al “car sharing”.La spiaggia come metafora della staffetta generaziona-le, nel mondo del lavoro, in politica.La spiaggia come ...

aggiungi le tue considera-zioni e, se ti va, condividile con redazione@ dmcmaga-zine.it .

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Ineffabili questi americani. Nella pa-tria del dollaro ne inventano (lat. in-venio) sempre una nuova. Adesso avrebbero scoperto che, in ufficio, la gentilezza paga: meno stress, più motivazione, più lavoro, meno perdite. L’inciviltà sul posto di lavoro farebbe perdere alle aziende oltre Atlantico 8 milioni di dollari l’anno (dati Cisco). Per capire meglio la portata del dan-no, a mo’ d’esempio abbiamo esa-minato il bilancio 2012 della prima azienda Usa nel campo della distri-buzione organizzata, Wal Mart: fat-turato 446.950 miliardi di dollari, ri-sultato operativo 26.558 mld $, utile netto 15.669 mld $. Eh sì, un problema, niente da dire. Quanto a senso delle proporzioni, qualcosa non quadra: forse nel dar conto dell’entità del danno qual-cuno ha… dato i numeri. Tuttavia, sottodimensionata o meno che sia la stima del danno, una cosa è cer-ta: che si lavora davvero male. Oggi,

con la società insofferente alla gerar-chia e all’accountability, più di ieri. Consigli e soluzioni

Forse consapevoli che anche qui da noi (Italia) bisognerebbe fare qual-che cosa su questo fronte, ma non siamo sicuri che sia proprio questo il motivo, il primo quotidiano milane-se dedica mezza pagina abbondante all’argomento “Sorriso in ufficio”, corredato di consigli, citazioni di soluzioni aziendali e ricerche made in Usa: secondo il rapporto “Civilty in America: a nationwide survey”, il 63% degli intervistati giudica la cat-tiva educazione uno dei problemi più gravi; uno studio congiunto della Georgetown University e Thunder-bird school of global management denuncia che il 98% di 3.000 parte-cipanti avrebbe assistito a maltratta-menti e offese sul posto di lavoro . La conclusione cui sono pervenuti studiosi ed esperti è questa: per mi-

Pier Giorgio Cozzi

Un tempo si diceva che costa meno fatica sorridere che essere scostanti. Adesso anche qualche studio sostiene che l’inciviltà sul posto di lavoro fa perdere fatturato

Sorriso in ufficio

Comunicazione

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La gentilezza, (anche) al lavoro, paga

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gliorare la produttività basterà impo-stare un programma aziendale che preveda di utilizzare sempre, all’in-terno del team, “per favore e grazie”; di essere sempre role model, ossia fare da esempio; di (ogni tanto) far uscire i collaboratori dalla routine.

Guardarsi negli occhi

E siccome siamo nell’epoca del 2.0, ecco che alla voce “mail” i predetti distillano questa perla di saggezza comportamentale: massima atten-zione e nessuna distrazione da tele-fono cellulare o computer quando qualcuno ci sta parlando, anzi guar-darlo negli occhi. Sul posto di lavoro, poi, inviare sem-pre e soltanto e-mail professionali: se non lo sono, meglio non scriverle. Forse consapevole della intrinseca banalità di quelle proposte, il noto giornale economico Wall Street Journal ci ha aggiunto del suo: non si riprendano mai i sottoposti davan-ti agli altri; non li si critichino alle spalle; non finire mai le loro frasi; gratificarli quando sia il caso. Però, che consigli! Noi non ci avremmo mai pensato. Sapete che si fa? Li adottiamo anche noi, con la solenne promessa di eser-citarli nelle aziende produttive, nel commercio e nei servizi; sempre do-vunque e in ogni caso. Visto mai che così diamo una mano ad aumentare la produzione, aiu-tiamo la ripresa del nostro povero, economicamente disastrato Paese e rianimiamo il Pil?

La voglia di fare

Ritorniamo seri: un punto di vista il pezzo il quotidiano milanese non menziona, una specie di convitato di pietra, elemento indispensabile la cui presenza, coniugata a buona edu-cazione e ad empatica “colleganza” sul posto di lavoro, è indispensabile perché ciò accada: la “voglia di fare”. Come quella che, per esempio, con-traddistinse l’Italia dal 1945 al 1970,

eccellentemente illustrata da una mostra molto opportunamente inti-tolata: “la Rinascita. Storie dell’Italia che ce l’ha fatta”, bella rassegna di prodotti ma sopra tutto di eloquenti didascalie stati-stiche comparate, in esposizione fino a novembre a Palazzo Mazzetti ad Asti, che invitiamo a visitare per l’intrinseco messaggio che lancia, di stringente attualità: un percorso do-cumentale sotto traccia ma davvero persuasivo, riferito al periodo della nostra storia capitalistica e della no-stra “civiltà dei consumi” che vide l’Italia vincere l’Oscar della moneta più stabile e diventare la quarta po-tenza industriale occidentale.

Un capitalismo gentile

Quando il team building, al più, si riferiva alla formazione delle squadre di calcio, per dire e nessuno, azienda o dipendente, si sognava di propor-re o chiedere la presenza di una “no venting rule”, l’anti-sfogo (locale + assistente) in ufficio di cui sembra vadano molto fieri in Lousiana.Una cosa però, del pezzo che ci ha informati sul nuovo trend manage-riale statunitense, non abbiamo af-ferrato: l’autrice conclude il suo ar-ticolo affermando “Un capitalismo gentile è possibile”. Sul posto di lavoro – e, presumiamo, anche fuori - che ci azzecca la (buo-na) creanza con il capitalismo? no3 - 2013 - dm&c 9

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L’individualismo in azienda non pagaE’ vero, l’uomo è tendenzialmente egoista; ma in azienda certi compor-tamenti personalistici sono pericolo-si e deleteri. Nella prospettiva futura, si fa strada una nuova filosofia, quella del “com-portamento di reciprocità”.Nelle aziende, come nella società nel suo complesso, vi sono persone che si comportano in modo “individua-lista” e altre che, invece, sono deci-samente più portate a un approccio “altruistico”.

Una cultura sbagliata

Fino a qualche tempo fa, la cultura delle imprese ha favorito i collabo-ratori che mostravano atteggiamenti individualistici, egoistici e orientati a far prevalere i propri interessi. Ritenendo che così facendo la stessa azienda avrebbe potuto avvantag-giarsene. D’altra parte, la tradizione del pen-siero economico, a partire da Adam Smith, considerava questa caratteri-stica come naturale e basilare di ogni

persona. Quindi, da stimolare e sviluppare, piuttosto che controllare. Di qui il prevalere di giovani yuppies, rampanti, carrieristi spietati, disposti a tutto pur di raggiungere il proprio successo professionale. La selfishness, cioè l’ansia nel rag-giungere il proprio obiettivo indivi-dualistico, negli ultimi tempi, però, sembra decisamente ridimensionata. Sia per le drammatiche conseguenze di certi comportamenti troppo per-sonalistici, che hanno coinvolto in particolare la cosiddetta “finanza creativa”, sia per i risultati di studi e ricerche che testimoniano, attraver-so esperimenti e giochi di strategia, come la scelta individualista provo-chi nei soggetti che la perseguono un risultato inferiore alle attese e sia, alla fine, dannosa alla stessa azienda nella sua globalità.

Lo diceva J. Jacques Rousseau

Già in passato alcuni grandi filosofi ci avevano segnalato questo perico-lo. Come non ricordare al proposito

Ugo Perugini

L’attuale congiuntura richiede mutamenti con-creti e un salto di qualità non solo sotto l’aspetto tecnologico ma anche nei rapporti tra le persone

Parliamo ancora di come rapportarci con gli altri al lavoro

Comportamento di reciprocità

Comunicazione

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l’esempio riportato da Jean Jacques Rousseau nel suo “Discorso sull’ori-gine della disuguaglianza”:“Due uomini sono impegnati nella caccia al cervo. Sanno che devono lavorare in modo coordinato per far uscire allo scoperto l’animale. Se, però, uno di essi, comportandosi, come si direbbe oggi da free riders, cioè da furbo che vuole violare le re-gole per suo tornaconto personale, si distrae e, vedendo un coniglio, pre-ferisce raggiungere la preda più facile da catturare, ignorando il suo com-pito principale, procurerà un danno al suo compagno, ottenendo un gua-dagno molto più contenuto per sé.”

Fiducia nel gruppo

Come riuscire a far capire ai colla-boratori che è conveniente e deci-samente più efficace un comporta-mento “altruistico” piuttosto che scegliere la via dell’individualismo? Giochi di ruolo, simulazioni, esperi-menti di vario genere hanno portato alla considerazione che alla base di un comportamento altruistico, oltre alla predisposizione personale, deve esserci la fiducia in coloro che fanno parte del gruppo di appartenenza e la certezza che nessuno di essi romperà il patto stabilito a priori né sarà in-dotto a prediligere scelte individua-listiche, mandando all’aria il disegno complessivo.Come garantire comportamenti vir-tuosi del genere? E’ ormai appura-to che in nessuna organizzazione esistono strumenti o supervisori in grado di monitorare, verificare e san-zionare in modo puntuale il compor-tamento troppo egoistico dei propri dipendenti. Uno strumento esterno, ormai un classico della strategia aziendale, è naturalmente l’incentivo, cioè il si-stema che attraverso bonus, premi, gratifiche può favorire comporta-menti virtuosi da parte dei collabo-ratori. Ma anche questo sistema, secondo recenti studi, mostra diversi limiti,

tanto che si è portati a sostenere che esista una relazione piuttosto labile e scarsamente efficace tra performance dei collaboratori e assegnazione di incentivi, per lo più considerati rico-noscimenti ex post. Su un altro aspetto bisognerebbe lavorare: sul cosiddetto “comporta-mento di reciprocità”, inteso come atteggiamento che porta le persone a cooperare con gli altri e a stigma-tizzare, fino a punire, quelli che a tali norme non si vogliono adeguare.

Un sentimento comune

In altri termini, la reazione a com-portamenti egoistici e individualisti-ci non andrebbe imposta dall’alto, adottando severe e astratte regole istituzionali, o affidando a supervi-sori impossibili compiti di controllo, dovrebbe il più possibile scaturire dal basso, da un sentimento comune prevalente, da uno spirito etico che pervade tutta l’organizzazione azien-dale e ne costituisce il suo principio fondante.Secondo alcuni studiosi, questo processo è già iniziato, anche favo-rito dal clima di crisi che facilita il desiderio da parte dei collaboratori di difendere e preservare la propria azienda.All’egoismo si starebbe lentamen-te sostituendo un altro valore che alcuni definiscono semplicemente “status” e che in pratica rappresen-ta il piacere di condividere con altri i sentimenti di appartenenza alla pro-pria azienda o gruppo e di identità, si vedano a questo proposito le intu-izioni di George Akerlof (Nobel per l’economia nel 2001).Ci auguriamo che ciò sia realmen-te possibile, anche perché l’attuale congiuntura recessiva richiede muta-menti concreti di scenario e un salto di qualità verso livelli di eccellenza, non solo sotto l’aspetto tecnologico, ma anche e soprattutto in fatto di conoscenza, creatività, rapporti più corretti e solidali tra persone. Specie se operanti nella stessa azienda. no3 - 2013 - dm&c 11

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Si scrive tantissimo. Ormai sono ve-ramente pochi quelli che scrivono le lettere, quelle classiche con busta e francobollo postale. Per lo più lo fanno le istituzioni pub-bliche quando è importante dare un segnale forte che deve essere ben compreso e ripensato. Scrivono lettere le banche, alcune aziende (…davvero poche… che usa-no mandare cataloghi) con tanto di bollettino per pagare, infine giungo-no raramente lettere che sono pre-disposte per vendere: abbonamenti, libri, ecc..Poche le proposte commerciali, po-che lettere “amicali”, le cartoline sono da tenere in casa e non spedire, fine delle lettere d’amore, ecc…

Lo strumento per eccellenza

Ma la mail è lo strumento scritto per eccellenza.Il tema che si pone è se è possibile fare una lettera commerciale che non venga subito interpretata e trat-tata come uno/a spam. Ovvero la questione è : si può fare una buona lettera commerciale ed

utilizzarla come proposta di marke-ting a fini commerciali utilizzando il Web?Prima di rispondere alla questione si può verificare che in questi anni – e la crisi non c’entra – sono diventate più complicare le relazioni umane. C’è una grande diffidenza in una cor-rispondenza tra due soggetti che non si conoscono. Quelle di tipo commerciale hanno subito una impennata di problemati-cità che è singolarmente analoga alla nuova veste del “venditore”.Un estraneo che deve superare più obiezioni per poter solo presentare prodotti e servivi. Obiezioni fatte da pregiudizi, paure di truffe, istintiva diffidenza al nuovo, ecc...E’ divenuto più difficile fare la ven-dita diretta non solo per problemi di privacy, ma soprattutto per le diffi-coltà citate e trovare un interlocuto-re disposto ad ascoltare. Accade anche che lo stesso cliente non intende accostarsi al nuovo che gli viene presentato, ma lui stesso intende sceglierei le soluzioni e co-struire direttamente con partner se-lezionati la “sua risposta” al bisogno.

Bruno Calchera

Se la mail ha soppiantato la lettera valgono ancora le antiche regole per scrivere bene una lettera? Le vecchie accortezze vanno bene per una buona mail?

Con l’e-mail l’attenzione si cattura in un secondo

Dal non facile al complicato

Comunicazione

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C’era uno spazio un tempo nella vendita, e soprattutto nuove moda-lità di relazione commerciale, ora è il cliente che definisce cosa è nuovo e la diffidenza nell’accogliere un nuo-vo interlocutore è proporzionata alla “sigla del cappello”, con la relativa notorietà, che il venditore indossa. Griff o Logo che sia.E’ pur vero che nella rete ci sono infi-nite informazioni, ma non è possibi-le seguire veramente tutto il mercato nella sua complessità. Così occasioni si colgono o si perdono.

Una buona mail

Un valido strumento di conoscenza potrebbe risultare una buona mail. Se questa fosse letta. Una buona let-tera, che naviga nella rete, indirizzata agli interlocutori giusti, ha qualche probabilità di essere letta? Le vecchie regole hanno ancora senso?E’ noto infatti che le mail inviate da chi non conosciamo o da chi non ha relazioni con noi vengono normal-mente cancellate in un secondo.Mr. Voegele che ci insegnò a scrivere lettere, a posizionare le sottolineatu-re, a verificare le buste, e a fare atten-zione ai tempi di lettura, risolveva tutta la questione del ritorno utile - della lettura con esito positivo - in 30 secondi circa. Il tempo di aprire una busta, segui-re il cammino della lettera verso il suo destino: il cestino della carta o l’interesse con in mezzo l’inevitabi-le oblio. Ora con l’e-mail la partita è più stringata e si gioca in un secon-do. Forse meno se si parte dalla ve-rifica dell’indirizzo del mittente. Più

è oscuro più è probabile che la mail non venga aperta, o generi una im-mediata eliminazione.Così per riprendere un esercizio che per anni siamo stati costretti a fare, ripercorro le attenzioni da avere nel-lo scrivere una mail e i tanti partico-lari indispensabili.

Molte attenzioni

Una premessa: bisogna scrivere bene in italiano. Grammaticamente non si deve sbagliare. Occorre una cono-scenza della analisi logica e del pe-riodo, come si studiava a scuola, e avere un vocabolario ricco di parole e aggettivi.Alcune indicazioni di allora (ecco la sfida!) sono attuali oggi?1) La formula GBS ( George Bernard Shaw) ha senso nel 2013? Essa consi-ste nella seguente regola: “ Racconta prima che cosa gli racconterai, poi raccontaglielo e dopo racconta che cosa gli hai raccontato “Che in termini pratici indica: bada di essere chiaro nell’oggetto della lette-ra, non importa se non sei sintetico, ma devi essere semplice. Poi sviluppa il tuo discorso che deve essere dettagliato. Scritto bene, come se parlassi bene! Non un ragiona-mento, ma una serie di pensieri ra-gionati che tendono a far vedere, più che a far conoscere la tua proposta.Infine utilizza un Post Scritpum (PS) o un Nota Bene (NB) per riassumere i singoli elementi della tua lettera. Tre spunti per fare una comunicazio-ne, riproporla ed infine sottolinearla.2) Il metodo KISS ( Keep it Simple and Stupid) che significa: “Scrivi il più semplice possibile. Il lettore di un testo semplice e chiaro riconosce velocemente il vantaggio di una of-ferta (lo fa nei primi secondi) e quin-di continuerà a leggere. “Si pone il tema della linguista in un copywriter. Non ci si improvvisa scrittori, occorre conoscere la lingua, e una grande attenzione alla logica (la coerenza dei periodi) e la sequen-za dei periodi, perché ad ognuno di no3 - 2013 - dm&c 13

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essi il lettore interior-mente dica di sì ogni volta, continuando la lettura fino al grande sì che è l’interesse su-scitato dalla lettera.3) I consigli di Bill Jayeme (un grande copywriter america-no) valgono ancora?- Domandati se vuoi entrare in contatto

con un nuovo cliente o se vuoi ven-dere te stesso?- Il tuo format/mail assomiglia ad al-tri (mail più depliant elettronico)?- Il tuo messaggio è fatto da piccoli bocconi digeribili o da un unico boc-cone indigesto?- L’inizio della tua lettera dice: leggi-mi perché….o ..leggimi nonostante?- Il tuo lettore si stupirà o comincerà a sbadigliareTutte piccolissime avvertenze che toccano la mente di chi scrive, ma che pongono l’interesse per l’inter-locutore. Stupore e curiosità sono compagne alleate alla attenzione.Lo stupore dove è inserito nella let-tera? Non può essere ridotto unica-mente nella condizione commercia-le, oggi ci vuole altro.Alcune di queste regole sembrano scontate o inutili.Ma la mail commerciale più frequen-te che si riceve evidenzia una con-dizione commerciale da cogliere al volo, molto raramente una novità di relazione, una possibilità di av-viare una positiva partecipazione del cliente alla vita della azienda.

Alcuni esempi

Quante offerte per il last minute del-le agenzie di viaggio?Un fast menù: quando, ora, prez-zo….fa presto.Il dialogo con il cliente, al massimo, giunge quando perviene il questio-nario di ricerca di mercato, quando si diventa improvvisamente attenti alle opinioni degli altri.

Ma nella Mail/ Spam / Offerta non c’è varco di dialogo. Ad esempio, una novità sarebbe: “La nostra azienda offre tariffe specia-li, in certi momenti dell’anno, con certe opportunità…” Abbiamo an-che offerte buonissime per altri pe-riodi dell’anno che non ti abbiamo descritto qui, ma cliccando qui puoi verificarle direttamente…. Questo è il nostro sistema per predisporre queste opportunità, cosa facciamo per essere efficienti… vorremmo mandarti con più frequenza queste buone occasioni …ti interessa?”Un altro esempio è l’invito ad eventi cui è necessario accreditarsi.La lettera, normalmente anticipata dal Save the Date, è semplice. Il programma in allegato è a volte così scarno che difficilmente si coglie la natura e l’importanza di questo o quell’intervento. Basta il nome del relatore si dice. Non serve sapere chi presenzia all’incontro. La cosa vale unicamente per le Istituzioni, perché evidentemente è più nota l’Istitu-zione di chi le rappresenta. Spesso i personaggi istituzionali valgono per il loro ruolo. Quanto agli altri perso-naggi, sono spesso sconosciuti e so-prattutto non è noto il perché sono stati invitati ad essere relatori, quale sarà la loro importanza,… Qui un po’ di parole in più per suscitare una vera curiosità potrebbero essere necessa-rie. Ciascuno si fa una propria idea dello sviluppo di quell’evento, anzi è proprio una idea personale che porta all’adesione. Cosa che accade sem-pre ed è a questo punto che valgono i tanti suggerimenti per far impri-mere il contenuto della lettera nella mente dell’interlocutore. In questo senso la lettera che accompagna il programma fa un ottimo servizio nei casi esemplificati, se davvero rispon-de alle tante curiosità, alle domande implicite, se avvia un percorso. Non butta in rete una proposta affidando-si al numero delle mail partite, ma cogliendo le ragioni del possibile in-teresse. Analizzandole e scrivendo il messaggio come si deve.

Comunicazione

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A quarant’anni di distanza dalla pri-ma campagna di Pubblicità Progres-so, dedicata alla donazione del san-gue, cogliendo un suggerimento del Prof. Antonio Gasbarrini, Epatologo del Policlinico Gemelli di Roma e Presidente della Fondazione Fire, la Fondazione Pubblicità Progresso ha deciso di progettare una delle più im-pegnative campagne che si possano realizzare: quella a favore della dona-zione degli organi.

Tema difficile da comunicare

L’argomento è tra i più difficili da trattare, sia perché obbliga l’even-tuale donatore a pensare alla propria possibile morte prematura, sia perché occorre fornire molte informazioni e poi perché – da ultimo – occorre an-che aiutare a superare le barriere bu-rocratiche alla formalizzazione della decisione di donare gli organi.E’ stato così ritenuto necessario co-stituire un comitato scientifico che coinvolgesse la massima istituzione del Paese in questo campo, il Centro Nazionale Trapianti, e l’AIDO, l’asso-ciazione di donatori più strutturata e

presente capillarmente sul territorio nazionale.

I mass media in rivoluzione

Una campagna sociale di questa im-portanza càpita in un momento sto-rico molto particolare, segnato da significativi cambiamenti.Nell’ultimo secolo si sono succedute grandissime innovazioni nel campo dei mass media. Nella stampa si è passati dalla linotipìa alla fotocom-posizione, nelle telecomunicazioni c’è stata la nascita della radio, poi della tv, poi il passaggio dall’analo-gico al digitale, la nascita della tele-fonìa cellulare, la grande esplosione di internet con lo sviluppo dell’in-terattività e del social networking. Nelle ultime due decadi i mezzi di comunicazione si sono moltiplicati in forma esponenziale, dalla comu-nicazione da-uno-a-tutti si è passati alla comunicazione da-tutti-a-tutti. La comunicazione pubblicitaria sta subendo straordinarie trasformazio-ni: si scopre che ogni mezzo ha una sua sintassi peculiare, che i target non sono più individuabili solo in no3 - 2013 - dm&c 15

Alberto Contri *

I nuovi tempi chiedono un nuovo approccio alla comunicazione. Un interessante esempio è la campagna per la donazione degli organi

Il lavoro di un team di esperti coordinati da Pubblicità Progresso

Non serve essere eroi

Comunicazione

- * Presidente Pubblicità Progresso

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base a caratteristiche socio-demo-grafiche ma in base ad atteggiamenti mentali, che la logica di fruizione sta passando da “push” (Il comunicatore che vuol convincere) a “pull” (il de-stinatario della comunicazione che sollecita informazioni ed emozioni). Altro fatto rivoluzionario è il nuovo atteggiamento dei nativi digitali – sempre più protagonisti sulla nuova scena mediatica – dediti ad un brico-lage quotidiano che prevede l’impie-go di molti mezzi di comunicazione in contemporanea (televisione, ra-dio, computer, playstation, cellulare, I-pad,), sviluppando una sorta di at-teggiamento “multitasking”.Tutto questo significa che stiamo entrando nell’era dell’economia del-la costante attenzione parziale, fat-to non così positivo perché si vive sempre più di frammenti, ma fatto oggettivo con cui il moderno comu-nicatore deve sapere fare i conti.

Da peak time a my time

Nel moderno contesto il diagram-ma del processo di comunicazione si modifica: sta finendo l’epoca in cui si sta tutti-insieme-davanti-alla-tv, nasce l’epoca in cui ciascuno si fa il suo palinsesto (grazie a internet, youtube, e alla “catch-up tv”): quin-di il “peak time” si trasforma in “my time”.Ciò significa che cercare di comuni-care a tutti contemporaneamente di-venta oneroso e spesso inefficiente.Diventa quindi prioritario comuni-care a “cluster” ristretti di popola-zione (un tempo venivano definiti “opinion leader di base” o “early adopter”, che oggi si riuniscono sem-pre di più in comunità virtuali indi-viduabili per atteggiamenti mentali) lasciando a loro il compito di divul-gare ad altri ciò che hanno appreso e condiviso. Mutuando un concetto della fisica nucleare, i comunicatori hanno l’op-portunità di maneggiare una vera e propria reazione a catena: un’esplo-sione atomica generata dalla fissione

di un nucleo di pensiero forte e ben strutturato. Solo così il messaggio sarà in grado di essere veicolato in forma virale senza perdere nulla della sua forza iniziale. La nascita dei social network offre ul-teriori opportunità su questo fronte.

Obiettivi semplici e chiari

In questo innovativo modo di pro-cedere ci sono però strutture tipiche di un progetto di comunicazione che non solo vanno mantenute, ma ad-dirittura rafforzate. Fondamentale quindi stabilire chiari obiettivi strategici:1) Commuovere e coinvolgere emo-tivamente.Può apparire paradossale, ma il no-stro scopo è quello di esorcizzare il pensiero della propria morte, subli-mandolo con il pensiero della ge-nerosità di un atto che – pur augu-randoci non si avveri mai – si riveli anche un atto di generosità verso i propri cari, esonerati dal dover pren-dere decisioni in eventuali dramma-tiche situazioni.2) Informare accuratamente su una tematica complessa e sensibileDalle informazioni fornite dal Comi-tato Scientifico, si evince che molte delle barriere alla donazione possono venire eliminate rispondendo con precisione alle principali domande che la gente comune si fa, alle quali viene fatta dare una risposta da auto-revoli chirurghi dei trapianti. 3) Aiutare a superare le barriere tec-niche all’adesionePurtroppo in Italia c’è ancora molta complessità dal punto di vista ammi-nistrativo. Se da un lato è fondamen-tale che i donatori siano iscritti in un Registro Nazionale, dall’altro sono varie e complesse le pratiche possi-bili per formalizzare la decisione di diventare donatore.Si è così deciso di usare l’iscrizio-ne all’AIDO (Associazione Italiana per la Donazione di Organi, Tessuti e Cellule) come metodo facile e di-retto per diventare donatori a tutti

Comunicazione

dm&c - no3 - 201316

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gli effetti. Scaricando il modulo dal sito, compilandolo e inviandolo si diventa donatori e si viene automati-camente iscritti a cura dell’AIDO nel registro nazionale. L’obiettivo di comunicazione è: far diventare “cool” donare gli organi.

Un articolato progetto

Sono state così progettate una serie di attività tradizionali e innovative, integrate tra loro, operanti su diver-se orbite coordinate e concomitanti, in grado di far avvenire la reazione a catena e promuovere la viralità po-sitiva. Per progettare il tutto è stato costi-tuito un super-gruppo di creativi ed esperti di ogni branca della co-municazione, con il supporto del-le migliori società di produzione e post-produzione: in totale sono stati coinvolti oltre 40 tra professionisti e tecnici che hanno lavorato gratuita-mente.Si conferma ancora una volta il gran-de gesto di gratuità costituito dalla comunità dei comunicatori riunita in Pubblicità Progresso, supporta-to attivamente dai Consiglieri della Fondazione, che rappresentano in-vestitori pubblicitari, media, conces-sionarie, agenzie di pubblicità, istitu-ti di ricerca di mercato.

La campagna

Gli spot: a due spot (diffusi via tv e sul web) è affidato il compito di rac-contare una storia commovente in due puntate.Il videoclip: montando gli spot con le scene del backstage è stato costru-ito un videoclip da diffondere trami-te tv musicali, youtube e social net-work.Il sito : www.doniamo.org costitu-isce la struttura portante della cam-pagna.E’ costruito in modo da facilitare un percorso guidato verso la decisione.La campagna stampa: a Pubbli-cità Progresso non si ama partico-

larmente l’uso del testimonial, che spesso è una facile scorciatoia per sopperire alla mancanza di idee.In questo caso invece il testimonial risponde all’obbiettivo di “far diven-tare cool” donare gli organi. Autorevoli personaggi del mondo dell’impresa, della musica, del ci-nema, del giornalismo, dello sport, della ricerca, della moda, del design eccetera, mostrano con un certo or-goglio una grande tessera dell’AIDO, definita “La card del club più presti-gioso d’Italia”.

Una interessante curiosità

Nel 2013 si è aggiunta una importan-te novità: in occasione della “mostra dei Cartoonists” che si è tenuta a Ra-pallo con la celebrazione dei 30 anni di Martyn Mistère, è stata sviluppata l’idea di far disegnare i più famosi eroi della Bonelli Editore dai rispet-tivi illustratori, mentre ostentano la card dell’Aido e affermano che non c’è bisogno di essere eroi per diven-tare donatori…I banner web: sono stati studiati per far visitare il sito e per far cono-scere i sempre nuovi testimonial che verranno arruolati, scelti non solo per la loro adesione alla campagna, ma anche come rappresentanti di un’Italia che si impegna per uscire dalla crisi offrendo in estrema anali-si anche il dono di sé, qualora se ne presenti l’occasione. Il coinvolgimento di FacebookUna campagna come questa confida molto nella creazione di gruppi di di-scussione, nella diffusione virale dei video, nel coinvolgimento di amici e conoscenti. Siamo da tempo in trat-tative con Facebook per cercare di fare inserire la dicitura “donatore di organi” tra i possibili parametri del profilo utente. La partecipazione a program-mi tv e radio e le attività PR. Il coinvolgimento dei docenti e de-gli studenti del Network Athena.E c’è ancora dell’altro. Ma ci fermia-mo qui. no3 - 2013 - dm&c 17

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Letterina a Babbo Natale

Caro Babbo Natale,vorrei raccontarti come mi piacereb-be organizzare quest’anno una bella festa di Natale.E’ sicuramente stato un anno diffici-le e pieno di sacrifici, ma non voglio rinunciare, insieme con le persone con le quali lavoro tutto l’anno, ad un momento di “positività” e di “co-struzione” per un anno nuovo.Un po’ retorica? Forse, ma sicura-mente la festa vuole essere un mo-mento di networking costruttivo.Festeggiare il Natale infatti non vuol dire solo mangiare e brindare e go-dersi un bello spettacolo, anzi deve essere un momento di scambio, in-terattivo, dove poter “ascoltare “ e proporre delle idee (i classici buoni propositi) per il nuovo anno.

E allora perché non Inventare una festa di Natale un po’ diversa.Se me lo consenti ti butto lì una “ce-sta” di spunti e di cose che si potreb-bero fare (con un occhio sempre at-tento al budget).Qualche esempio.

1.Invitiamo uno chef (che va tanto di moda) ad un incontro, prima, che dia una serie di suggerimenti per pre-parare un banchetto con i fiocchi, e poi realizziamo la serata con i piatti creati da ciascun ospite, compreso chiaramente il management. 2.Se vogliamo essere tecnologici in-ventiamo un concorso sulla pagina facebook, dove postare decorazio-ni, idee regalo, suggerimenti e dove mettere un “mi piace”. Una specie di concorso pensando che la serata finale potrebbe proprio essere quella dell’incontro di Natale dove svelare i vincitori.3.Se amiamo la musica potremmo far suonare i nostri commensali che troveranno un kit musicale (tutto tassativamente green) sul tavolo, da comporre, e insieme creare il gingle di Natale o giocare con i suoni e le melodie.4.Perché non provare a creare un og-getto o una immagine natalizia pren-dendo spunto da uno dei più famosi

Sarah Canonici *

La cena di Natale deve essere considerata una importante occasione di incontro e di comu-nicazione. Forse oggi non è più di moda, ma ...

Inventa la festa coinvolgendo gli ospiti in modo diverso

Caro Babbo Natale

Creatività e Innovazione

dm&c - no3 - 201318

-* Sarah CanoniciDirettore Operativo di Cleis Comunicazione, promozione, servizi per l’impresa; una società che lavora con parti-colare attenzione alla creatività e all’innova-zione. [email protected]

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programmi televisivi per bambini: art attack? Far portare a tutti gli invitati un abi-to o un oggetto, che successivamen-te potrà essere dato in beneficenza. Si potrà dare sfogo alla fantasia e mettere alla prova la propria abilità e contemporaneamente fare un sem-plice gesto che potrà far felice anche qualcun altro.5.Il Natale è rappresentato anche dal mondo delle fiabe cimentiamoci in uno spettacolo interattivo dove grandi e piccini possano esprimere le proprie emozioni utilizzando colori, suoni e parole… grazie all’aiuto di at-tori e scenografie si potrà dare vita ad una esperienza sensoriale unica!6.E se poi vogliamo sottolineare il concetto di diversità per essere un po’ più figli del mondo, perché non interpretare e realizzare un Natale come lo festeggiano gli altri popoli?Per una volta possiamo lasciarci alle spalle le nostre tradizioni e immer-gerci in altre culture. Sicuramente sarà una esperienza costruttiva.

Caro Babbo Natale quest’anno non

credo che si debba organizzare un Natale banale. Vorrei un qualcosa che permetta di “fare gruppo”, di cui si parli, e magari che insegni e che ci spinga a guardare oltre. Cosa dici, potrebbe funzionare? Oppure le obiezioni rischiano di af-fossare le considerazioni positive?Io penso che se vogliamo veramente innovare, cambiare qualcosa, dob-biamo usare di più la testa e non mettere solo mano al portafoglio!

Sono fiduciosa, sono una che pensa positivo.Allora se hai bisogno di me non esi-tare a contattarmi! :-)

Sarah

P.S. Qualcuno mi ha detto che non vuole spendere soldi per una cena. Mandagli tu una letterina e spiegagli che è un peccato rinunciare a un mo-mento aggregativo di comunicazio-ne che darà sicuramente i suoi frutti.E’ un buon investimento. E poi, chi l’ha detto che sia necessario spende-re tanto? Ricordagli che “usando di più la testa si può alleggerire poco il portafoglio”. no3 - 2013 - dm&c 19

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Dalla prima fotografia scattata nel 1826 dallo scienziato Jaseph Nicèphore Niepce, che immortalò ciò che poteva ammirare dalla fine-stra di casa sua, a un’importante stra-tegia di mercato.La fotografia diviene così uno stru-mento del “Marketing Emozionale” capace di far vivere esperienze ed emozioni memorabili.

Protagonista nel mondo

Insomma, la fotografia nata come strumento per catturare momenti familiari e personali, oggi è da molti posta in una posizione di massima evidenza; quasi la protagonista nel mondo. Ci troviamo di fronte a un’era dove l’immagine vale più di mille parole. Numerose aziende, nell’era del di-gitale, utilizzano la fotografia come strumento principale per la propria comunicazione. La logica è creare qualcosa di positi-vo che si faccia guardare. La creatività unita al marketing è il punto di forza delle strategie di co-municazione. Molti sostengono che la fotografia sta sostituendo la TV, come strumen-

to principale del marketing esperien-ziale che tende a valorizzare le attese dei clienti coinvolgendoli emotiva-mente, comunicando esperienze. Se ci guardiamo intorno, non possia-mo non osservare che siamo circon-dati dalle immagini. E queste, per attrarre l’attenzione di chi le osserva, non devono essere ne-cessariamente perfette, ma colpire, grazie un appeal immediato. Se il target a cui è rivolto il messag-gio impiega più secondi a capire il senso, significa che quel messaggio e quell’immagine non sono efficaci.Le aziende, ovviamente, cercano di sviluppare una buona campagna promozionale che porti il consu-matore a desiderare di possedere un determinato prodotto piuttosto che un altro. Che diventi una tentazione irresistibile.Come diceva Oscar Wilde: “Posso re-sistere a tutto tranne che alle tenta-zioni”.

Nuovo marketing nuova era

In questa nuova era si parla tanto di emozioni e di esperienze ma il mar-keting tutto questo come lo utiliz-za?

“Posso resistere a tutto tranne che alle tentazioni” diceva Oscar Wilde. Il marketing emozionale cerca di generare messaggi che creino tentazioni forti

Creare qualcosa di positivo che si faccia guardare

Protagonista l’emozione

Marketing

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Elena Muoio

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Come tutti sappiamo la parola “Mar-keting” significa “Piazzare sul Merca-to”, un determinato prodotto o ser-vizio a un determinato target. Con il passare del tempo la società si è evoluta, è diventata più complessa, la domanda è mutata, la tecnologia si è sviluppata, ed anche il marketing ha seguito questa evoluzione, e ha dovuto puntare su nuove tecniche di comunicazione. In un mercato, oggi non più concen-trato sul solo prodotto ma orientato al soddisfacimento dei bisogni del consumatore, il marketing si è posto un obiettivo: “Indagare sulla mente del consumatore, sui desideri, per ca-pire i bisogni e riuscire così a soddi-sfarli, facendo leva sulla componen-te emozionale che è quella che porta successivamente all’acquisto”. La teoria del marketing emozionale o esperienziale fu formulata dal pro-fessore della Columbia University, Bernd H. Schmitt con l’obiettivo di individuare che tipo di esperienza avrebbe valorizzato al meglio il pro-dotto, cercando di far innamorare il cliente di un brand. Il professore descrive questo marke-ting come un’esperienza memorabile che il cliente deve sperimentare. Ed è proprio questo lo scopo del Mar-keting Emozionale. Ma quando è memorabile? Quando supera le attese del cliente, arrivando in profondità nei sentimenti e riu-scendo ad anticipare i suoi desideri. Emozioni e ancora emozioni

Un esempio di campagna di marke-ting che fa leva sulle emozioni è la campagna Campari in Cina. Il Gruppo Campari è un’azienda le-ader nell’industria globale del be-verage di marca, con prodotti com-mercializzati e distribuiti in oltre 190 paesi nel mondo. Campari è entrato nel mercato cine-se nel 2002 con una campagna rea-lizzata appositamente e studiata nei minimi particolari tutta basata sul colore rosso, che per i cinesi rappre-

senta la cordialità, la fedeltà, la lealtà e la sincerità. Ovunque appare il carattere “chi”, che vuol dire “rosso cinabro” colore di diversi oggetti della loro cultura, dall’abito da sposa, ai vestiti dei bam-bini nelle festività del capodanno. Il colore rosso della bevanda è visibi-le grazie alla trasparenza della botti-glia, l’uso delle erbe, che sono la base della composizione del prodotto, non solo danno un gusto particolare alla bevanda ma rientrano nella filo-sofia alimentare tradizionale cinese. Per favorire il riconoscimento e il senso di identificazione con il brand il logo Campari è stato mostrato nel-la sua traduzione cinese “Jinbali”. Questo, rappresenta un elemento di facilitazione per i cinesi, ben ricono-sciuto visivamente grazie alla traslit-terazione, creando un forte impatto visivo che collega il prodotto al mar-chio italiano e allo stesso tempo in-ternazionale.

Un legame con i clienti

Altro esempio viene dal gruppo Star-bucks, una grande catena internazio-nale di caffetterie, che ha creato un portale per raccogliere le idee e i con-sigli dei clienti (riguardo all’arreda-mento dei locali) creando un legame con loro e facendoli sentire impor-tanti, realizzando campagne di video marketing dove chiunque ha potuto partecipare semplicemente creando un video. Per la propria comunicazione onli-ne, che fa leva sulle emozioni, uti-lizza diversi social network e i video “emozionali”sono caricati su You-Tube. L’obiettivo che si è posto è far vivere ai suoi clienti un’esperienza unica, facendoli sentire a casa, grazie a un arredamento particolare, all’u-so di determinati colori, sapori e luci anche consigliati dai clienti, creando un’atmosfera tranquilla e amichevo-le all’interno di un locale pubblico. no3 - 2013 - dm&c 21

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La fruizione della comunicazione su un tablet, uno smartphone od un notebook, è, di fatto, la visione di un film o programma Tv, la lettura di un libro o l’ ascolto di un brano musica-le su apparecchi che, non sono solo dei semplici “riproduttori”, ma sofi-

sticati “computer dedicati”, mobili ed interattivi in grado di “produrre” comunicazione. L’ accoppiata hardware e software è andata oltre il salto generazionale attuando un salto di genere lascian-do aperta qualsiasi altra ipotesi con-giuntamente alla possibilità di intra-

vedere il superamento del concetto di semplice “trasporto”.

Il Canale è il Messaggio

Appare chiaro che, in quel tempo ed in quella sede agli albori della Rete, la “rete” fosse pensata come mezzo di trasporto e non già come “cana-le” sia nell’ accezione della Teoria dell’ Informazione (Claude Shannon 1949) sia le successive teorie della co-municazione e della linguistica.L’immissione in Internet di film, sia per le innumerevoli modalità di vi-sione “multipla” che la rete offre, sia per la innumerevoli forme e di-mensioni di visione dello spazio de-stinato allo “schermo”, non può non produrre una consistente modifica del “messaggio film” inducendo una differente fruizione da parte dell’ uti-lizzatore.Di fatto il passaggio da un metodo, o strumento, di visione ad un altro, consistentemente diverso, implica una inevitabile conversione di or-dine tecnico che, nell’ ambito del-la tecnologia digitale, si traduce, in grandezza riservata ai fotogrammi

Roberto Villa

Quando si utilizza un canale non tradizionale come il Web, il messaggio del film viene ricodificato e se ne propone una diversa lettura e interpretazione

L’emozione di un racconto cinematografico può essere condizionata dal canale utilizzato

Un film va visto al cinema

Comunicazione

dm&c - no3 - 201322

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del film, nel numero totale di pixel ammessi, nel numero dei colori, e nel numero dei quadri al secondo scelti per la codificazione adatta al miglior trasferimento in rete.Questi elementi indicano che il film, ridotto nelle dimensioni e debita-mente “trattato”, non potrà rispet-tare le qualità originali, perdendo non solo la qualità delle immagini ma cambiando considerevolmente il significato della struttura narrativa.Difficilmente nelle piccole immagi-ni di un notebook, o di tablet, po-trà essere percepibile, in un campo e contro campo fra due soggetti, la sfocatura dell’ uno a favore dell’al-tro, cosiccome una sequenza nottur-na, con pochi elementi visibili solo in completa oscurità, risulterà illeg-gibile per i riflessi generati dalle luci ambientali incidenti sullo schermo lucido di un apparecchio portatile.

Nuovi strumenti linguistici

Ogni “conversione” di un messaggio modifica e ricodifica inevitabilmen-te il messaggio stesso richiedendone una diversa lettura ed una diversa in-terpretazione. Di fatto, il “nuovo canale”, si propo-ne con diverso linguaggio e richiede il possesso di nuovi strumenti lingui-stici al fruitore.Certamente molto poco potrà essere modificato nella conversione e frui-zione di un telegiornale, fondamen-talmente basato su un concentrato di testi letti, interviste ed immagini didascaliche di eventi d’ attualità. Parimenti non è nemmeno pensa-bile affrontare la visione di un film come “Il Gattopardo” di Visconti ed ancor meno il “Rigoletto” di Verdi nella versione ad alta definizione ed ad alta fedeltà realizzata dalla Rai nel 2011.Forse vale la pena riflettere ancora a sulla Teoria di Shannon:Emittente - Canale - Codice - Rumo-re di fondo - Ricevente.Il “rumore di fondo” dovuto al di-verso mezzo, amplificato dal “rumo-

re” del contesto di visualizzazione, sono i multiformi compagni di una nuova fruizione del cinema che, perse le sue speci-ficità, diventa un audiovisivo come tutti quelli prodot-ti per una “vita in Web”.

La componente emotiva

Se è vero che a quelle forme cine-matografiche di grande qualità, ele-vate al rango di arte, sia da sempre attribuita la capacità di far vivere, o rivivere, i sentimenti dovuti all’ arte della regia, della fotografia, della nar-razione per immagini, non è meno vero che le conversioni subite, l’ adattamento ai nuovi canali distri-butivi con il conseguente mutamen-to del linguaggio, abbiano ridotto la componente emotiva a livelli prossi-mi allo zero.

Lo diceva Pasolini

Audiovisivo, nelle più concreta visio-ne pasoliniana, è l’ accezione attri-buibile a qualsiasi lavoro, nato come “film” quando fruito attraverso “ca-nali” semantici differenti, privo del rituale che lo elegge a Cinema, ri-mane un “messaggio” decodificabile solo per le connotazioni poiché il li-vello denotativo è stato sostituito dal canale, cioè il Web.Circa mezzo secolo fa nasceva lo “strutturalismo”, generato da un complesso di importanti studi lingui-stici e antropologici, che, fra l’altro, poneva l’ opera d’ arte come fruibile al di là dei significati previsti dall’ au-tore ed al di là del suo contesto.Quell’ antico lavoro di quei formida-bili studiosi può dare spazio a letture e riletture di ogni elemento artistico oggi, e in futuro, al di là dei canali semantici usati per la sua comunica-zione. no3 - 2013 - dm&c 23

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Avrebbe potuto iniziare tutto nell’ottobre 1950, quando il ventisettenne giornalista e sceneggiatore Roberto Renzi (papà di tanti personaggi di successo come Akim e Tiramolla) con la collaborazione di Antonio Terenghi (Pedrito El Drito, Tarzanetto ...) allestirono “Il giornale per ragazzi in Italia”, la prima esposizione italiana del fumetto, nientemeno che nell’atrio del Palazzo di giustizia di Milano per interessamento di un magistrato come Adolfo Beria d’Argentine, allora trentenne. Un cinegiornale Settimana INCOM dell’Istituto Luce è rimasto a ricordare il successo e le suggestioni dell’evento, con un folto pubblico di bambini e adulti intervenuti per vedere giornalini di tante nazionalità diverse, ritrovare i personaggi amati e scoprire l’esistenza di tanti altri sconosciuti. Come fuori-salone, nel capoluogo lombardo negli stessi giorni nascevo anch’io: forse c’era qualcosa nell’aria che mi ha segnato per la vita.Ma questa splendida e promettente partenza non ebbe seguito.

La formidabile crescita editoriale del fumetto italiano in quegli anni postbellici della Ricostruzione e del boom economico non era sufficiente a far uscire la “letteratura disegnata” dal ghetto del giornalinismo. L’immagine di sub letteratura comunque mirata all’infanzia o a un pubblico ignorante, alimentata da campagne censorie di ambienti religiosi o “benpensanti”, parallela ad analoghe campagne negli Stati Uniti e in altri paesi, avrebbe mantenuto il Fumetto fuori dalla scuola e dalle biblioteche per molti anni ancora, con qualche concessione a testate benignamente tollerate come il Corriere dei piccoli o il Vittorioso.

La rivoluzione

La vera rivoluzione per l’immagine del Fumetto avveniva nel febbraio 1965, grazie a Romano Calisi (docente di pedagogia all’Università di Roma), Umberto Eco (semiologo già autore del rivoluzionario “Apocalittici e integrati”) e Claudio Bertieri (giornalista e critico cinematografico), creando

Luigi F. Bona*

La difficile strada che hanno dovuto percorre-re i fumetti per uscire dal “ghetto” di una sub-cultura e divenire la “letteratura disegnata”

A Milano è nato un museo che è un centro di cultura

La nona arte

Comunicazione

dm&c - no3 - 201324

-* direttore di WOW Spazio Fumetto presidente della Fondazione Franco Fossati

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a Bordighera il primo Salone internazionale dei Comics, trasferito l’anno seguente a Lucca con il prezioso contributo di Rinaldo Traini. In aprile usciva nelle edicole anche il primo numero di Linus di Giovanni Gandini, la prima rivista di fumetto del mondo.Il 1965 è la data di inizio di una fantastica epoca di rivalutazione della Nona Arte in Italia come in tutto il mondo. Lo studio del Fumetto ha portato alla proliferazione di saggi e di articoli in tutte le lingue, nonché allo sviluppo del cosiddetto “fumetto amatoriale”, costituito da riedizioni anastatiche o nuove edizioni integrali e restaurate, a bassa tiratura per un pubblico di appasionati e di studiosi.Questo boom del Fumetto porta alla nuova definizione di “fumetto d’autore” contrapposto a “fumetto di massa”.

Elementi concomitanti

Credo che si possa imputare la crisi progressiva che ha colpito il Fumetto italiano dagli anni Ottanta a oggi a questi due elementi concomitanti: il primo è che troppi autori non sembrano più spinti dal desiderio di inventare storie e modi narrativi ma da quello di mostrarsi come autori; il secondo è la scomparsa degli editori capaci di produrre fumetti. La conseguenza più singolare di questa situazione è che basta andare in Francia o in Belgio per trovare una situazione molto diversa, con un Fumetto che si mantiene a un livello decine di volte superiore sia come tirature sia come considerazione da parte del pubblico. L’immagine del Fumetto italiano era già questa nel 2011, quando la Fondazione Franco Fossati ha creato il Museo del fumetto a Milano.Già soltanto l’annuncio che stavamo per far nascere il museo mosse la partecipazione della stampa e la curiosità del pubblico.

Oggi è lanciatissimo, con il solo freno tirato della desolante assenza di contributi pubblici.

Wow, lo spazio Fumetto

Ma torniamo al discorso dell’immagine.Il nostro “museo del fumetto, dell’illustrazione e dell’immagina animata” si chiama WOW Spazio Fumetto: scelta determinata dalla necessità di passare un’immagine diversa da quella che, in Italia, abbiamo generalmente di un museo. I nostri riferimenti erano soprattutto musei visitati all’estero, a Parigi come a Berlino, e WOW sarebbe stato insieme museo, biblioteca, centro di documentazione, con area didattica, percorsi artistici con mille contaminazioni che prevedono proiezioni, spettacolo, musica e teatro... L’immagine del museo è quella di un luogo gradevole e accogliente, dove si entra senza pagare un biglietto e si comincia a conoscere o a ritrovare il fumetto e il suo intorno in tante forme: oggetti, pubblicazioni, momenti d’incontro. Soltanto in questa prima parte del 2013 sono già venuti al museo oltre seimila bambini e ragazzi per fruire dell’offerta didattica. Studenti delle scuole superiori e delle università vengono per momenti e corsi più studiati per loro. Il visitatore è assolutamente indifferenziato: dal bambino più piccolo all’anziano, tutti trovano qualche interesse nelle mostre temporanee o tra le 9.000 pubblicazioni disponibili in biblioteca a scaffale libero e gratuito.WOW è entrato nella rete comunicativa dei musei milanesi. Dopo 2 anni e mezzo, per molti venire al museo è diventato naturale, ci si sta bene e quello che il Fumetto ti offre è bello e stimolante. Anche i visitatori casuali rimangono affascinati, ritrovano nella memoria e nel cuore qualcosa che era stato rimosso o dimenticato. no3 - 2013 - dm&c 25

A Luigi F. Bona è stato attribuito in Premio la Targa de La Buona Comunicazione, nel corso della Mostra Inter-nazionale dei Cartoonists a Rapallo.

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In Italia il nome e il marchio Brem-bo sono certamente molto noti tra chiunque si occupi di automobili-smo, non solo sportivo, e nel mondo dell’economia e degli affari, legato soprattutto al nome del suo presi-dente, Alberto Bombassei, e alla sua attività nell’ambito di Confindustria. Forse meno note ai più sono la di-mensione ormai globale del gruppo e la sua vocazione e capacità di inno-vazione tecnologica.Tra le altre cose, Brembo è oggi uno dei più importanti fornitori di siste-mi frenanti per il mondo del motori-smo sportivo, Formula 1 e Moto GP su tutti. Il sistema frenante è una componen-te critica per qualsiasi mezzo da cor-sa, ma pur sempre un componente, quale può essere un ammortizzatore piuttosto che un volante o un siste-ma di guida.

Salto di qualità

Le leve del marketing tradizional-mente utilizzate sono quelle tipiche del B2B.Ma un’azienda quotata e di dimen-

sioni globali ha bisogno di giocare su altri tavoli: ecco che allora Brem-bo, a differenza di altri fornitori di componenti, ha saputo fare il salto di qualità sfruttando comunicazio-nalmente il veicolo Formula 1 per acquisire una visibilità ed una brand awareness coerenti con quello che il gruppo è diventato negli ultimi anni.Nell’ultimo triennio infatti, a di-spetto della difficile congiuntura economica, Brembo ha mostrato un impressionante trend di crescita: il giro d’affari è infatti passato da poco più di 800 milioni nel 2009 ai quasi 1,4 miliardi del 2012, con un trend crescente che molto probabilmente continuerà nel prossimo futuro per superare la soglia di 1,5 miliardi. In Borsa si è passati dai circa 7 euro del gennaio 2012 agli attuali 17.Sono i dati di un’azienda globale, presente con strutture produttive proprie in oltre quindici paesi in tre continenti (Europa, Cina e India, USA, Argentina, Messico e Brasile).Tra i fattori di successo di Brembo, un posto particolare spetta alla sua capacità di creare e gestire innova-zione tecnologica: da sempre ha sa-

Maurizio Quarta

Come il marchio Brembo ha pensato di attira-re l’attenzione sulla propria attività e leader-ship tecnologica in occasione del G.P. di F1

Per poter beneficiare di una grande risonanza mediatica

Un premio in Formula 1

Marketing

dm&c - no3 - 201326

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puto coniugare la ricerca di soluzio-ni estreme per il mondo delle corse con la loro applicazione sulle vetture di serie. Non è un caso che l’attuale Chief Techical Officer del gruppo sia Giorgio Ascanelli, volto molto noto agli appassionati di Formula 1 per i suoi trascorsi in Ferrari e da ultimo in Toro Rosso.Brembo e Formula 1 hanno quindi in comune, sia pur su scale decisamen-te differenti, due elementi fortemen-te distintivi: globalità e innovazione tecnologica. Quasi naturalmente, racconta Thanai Bernardini, diret-tore comunicazione Brembo, la “F1 diventa una leva di comunicazione solo come conseguenza del lavoro svolto dai progettisti Brembo per i principali team. Redbull, Ferrari, Toro Rosso, Sauber, ecc… “.

Far parlare di sé

Come creare sinergia tra i due mondi per poter permettere a Brembo di be-neficiare dell’esposizione mediatica di cui gode la massima formula?La risposta nasce due anni fa in oc-casione dei cinquant’anni di vita del Gruppo con la creazione di un pre-mio che alla sua prima edizione vede premiato un nome che ha in sé un potenziale di comunicazione “asso-luto”: Bernie Ecclestone, cui viene donato un impianto frenante perso-nalizzato con i colori della bandiera italiana. Evento che ha fatto certamente no-tizia, ma che rischiava di restare un episodio fortunato. Nel marketing la continuità è certamente un valo-re e Brembo ha dimostrato nei passi successivi una sagacia strategica non comune nel saper cavalcare l’onda della popolarità della Formula 1 e di alcune sue figure carismatiche in particolare:• Ecclestone ha legato il suo nome al Brembo Award• La seconda edizione ha visto pre-miato Luca Cordero di Montezemo-lo, Presidente di Ferrari. Non è forse casuale che Montezemolo sia sem-

pre stato uno dei più decisi assertori della capacità di Ferrari di trasferire know how dalle pista alla strada• Quest’anno a Monza, in occasione del GP d’Italia, il premio è stato con-segnato a Niki Lauda, icona che pa-reva un po’ spenta e che è tornata in auge come presidente non-esecutivo del team Mercedes AMG Petronas F1 e soprattutto come protagonista del lanciatissimo film “Rush” di Ron Ho-ward. “Sono felice di consegnare questo premio a Niki Lauda, anche se devo ammettere che è stato uno dei nostri peggiori clienti perché era uno dei più esigenti”, ha detto scherzando Alberto Bombassei, “ma solo così si ottengono le vittorie”. La consegna del premio è avvenuta come tradizione davanti al motorho-me della FOM presieduta dallo stesso Ecclestone, e davanti a tutta la stam-pa italiana ed estera accreditata per l’evento monzese.

Particolare apprezzamento

A parte il richiamo costituito dai nomi di Ecclestone e Lauda, i gior-nalisti hanno un particolare apprez-zamento per Brembo, che nasce da alcuni servizi di informazione uti-lissimi per lo svolgimento del loro lavoro: in occasione delle gare del Campionato del Mondo, Brembo mette infatti a disposizione dei me-dia accreditati una serie dettagliata di contenuti tecnici relativi alle per-formance di frenata che caratterizza-no ciascun circuito del Mondiale (lo stesso si fa per le gare del Moto GP).Nella Brembo Circuit Identity Card, una sorta di carta d’identità realizza-ta per ogni circuito del campionato, sono raccolte le caratteristiche prin-cipali della pista accoppiate ai dati tecnici delle principali frenate, “spie-gate” attraverso una grafica chiara e di facile comprensione. Ciascuna Card evidenzia tutto quan-to ha a che fare con la frenata ed è uno strumento molto utile per gli addetti ai lavori. no1 - 2011 - dm&c 27 27

Foto: Rent a Journalist

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Nel febbraio 2002 il Lions Otello Tasselli scriveva una lettera aperta al direttore della rivista THE LION: “Ri-nunciare ad una cena per devolvere il corrispettivo a favore della parte più debole della società, i bambini”Nel gennaio 2003 il Direttore com-mentando la piaga della mortalità infantile riportava che: “Nell’ultimo rapporto annuale sulla condizio-ne dell’infanzia redatto dall’Unicef compaiono dei numeri che non vor-remmo mai leggere: ogni anno 11 milioni di bambini muoiono di ma-lattie che si potrebbero evitare”.Nel settembre 2003, sempre il Diret-tore ricordava la proposta del Lions Tasselli e scriveva: “La rivista, a mo’ di sondaggio, lancia la campagna “Una cena…in meno”, grazie alla quale i club che lo desidereranno po-tranno mettere a disposizione di un service, scelto attraverso un elenco

predisposto da “THE LION”, l’im-porto corrispondente al costo di una cena effettuata dai soci durante un meeting”.Nel dicembre 2004 il sondaggio, fra 7 service proposti, indicava con una schiacciante maggioranza: “i

Lions italiani contro le malattie killer dei bambini”.

Rapida successione

In rapida successione si è giunti a delimitare l’intervento umanitario al solo BURKINA FASO che nell’anno 2005 l’OMS collocava al 182° posto fra i Paesi del mondo con una morta-lità infantile (0-5 anni) del 20%, una mortalità materna del 10% e un PIL pro capite di $ 1220.Dall’anno 2005 sono iniziate le pri-me missioni esplorative che hanno portato a sottoscrivere un protocollo di collaborazione fra i lions italiani e i lions del Burkina Faso.Sono seguite altre convenzioni con le strutture pubbliche del Burkina Faso. Per lavorare al meglio e nel rispetto delle norme di legge in vigore in Ita-lia come pure nel Burkina Faso si è provveduto a costituire la Onlus che in sigla si legge MK Onlus. (Mestre l’11 Ottobre 2007).Così nell’anno lionistico 2007/2008 il club Mestre Castelvecchio per MK Onlus ha potuto concorrere al

Giuseppe Innocenti

Come può nascere una attivita di fund raising alla ricerca delle risorse per un’opera di bene: sconfiggere le malattie killer dei bambini

Evitare la strada della carità e percorrere quella della solidarietà

Una cena in meno

Comunicazione Sociale

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www.mkonlus.org www.lionsforafrica.orgwww.youtube.com/mkonlus facebook: MK OnlusIL TUO 5xMILLE a MK Onlus 03795530272

Informazioni

L’EDITORE

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Premio Internazionale della Sfida al Cambiamento che ha coinvolto tutti i club del Mondo e che ha vi-sto assegnare nella 91° International Convention Lions di Bangkok nel luglio 2008 il 2° premio per il pro-getto gestito da MK Onlus in aiuto dei bambini del Burkina Faso, grazie anche all’originalità delle fonti di fi-nanziamento.

Conti trasparenti

MK Onlus ha scelto da subito di predisporre il Bilancio Sociale come testimonianza (e il dovuto rispetto verso i portatori di interesse interni o esterni al lions) rendendo conto della mission, delle attività realizza-te e dei risultati conseguiti. Così che, in funzione delle aspettative e delle esigenze dei diversi portatori di in-teresse, ognuno possa riflettere sulle scelte adottate e valutare l’operato .Dopo tutti questi anni di attività sia-mo passati dai 278 club che avevano aderito nell’anno 2004 e avevano, con l’opportuno sondaggio, dato vita al service, ai 414 al 31 Dicem-bre 2012 nel mentre gli investimenti già realizzati superano il milione di Euro.Ora, con piacere leggiamo i dati dell’OMS per l’anno 2012 che collo-cano il paese al 163° posto fra i pae-si del mondo, la mortalità infantile (0-5 anni) scesa all’8,5%, la mortalità materna al 5,6% e il PIL pro capite salito a $ 1.302I riconoscimenti alla nostra attività in Burkina Faso si sono realizzati pri-ma con l’iscrizione nella lista, presso l’Ambasciata d’Italia di Abidjan, de-gli operatori italiani di promozione sociale ( 24 in totale) e successiva-mente di ONG riconosciuta dal Mi-nistere de l’Economie et des Finan-ces.Altro dato, certificato, che ci rende orgogliosi di appartenere a MK On-lus operando gratuitamente senza ricevere alcun rimborso, è rappresen-tato dal rapporto fra le fonti di entra-ta e la ripartizione delle uscite che è

stabilmente collocata fra i 94 e i 96 centesimi destinati agli scopi sociali per ogni euro di entrate.

La strada della solidarietà

La nostra scelta è stata quella di evi-tare accuratamente la strada della carità, dell’elemosina e della benefi-cenza ma di seguire esclusivamente la strada della solidarietà anche ap-plicando, nei rapporti istituzionali, il principio di sussidiarietà che la nostra Costituzione ha recepito nel 2001, dopo la regolamentazione nel trattato di Maastrich che ha qualifi-cato la sussidiarietà come principio cardine dell’Unione Europea. L’elenco di quanto realizzato sarebbe troppo lungo da riportare integral-mente ma una visita ai nostri canali informativi può fornire una visione chiara ed esaustiva di quanto realiz-zato sempre in partenariato con tutti i club Lions del Burkina Faso e con le autorità e le strutture operative del Paese.La nostra Onlus ha bisogno di aiuti, attraverso la raccolta fondi mirata e garantita.Il termine è un’espressione inglese che non deve essere tradotta sempli-cemente in “raccolta fondi”. “To rai-se” infatti ha il senso di: far crescere, coltivare, sorgere. Quindi in concreto operare per svi-luppare l’incremento e la fideliz-zazione per raccogliere sempre più fondi necessari a sostenere un’azione senza finalità di lucro.E rendere attori partecipi e responsa-bili tutte quelle persone, comunità e aziende che sentono il desiderio di essere coinvolte in una reale azione di promozione sociale. no3 - 2013 - dm&c 29

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Alcuni cani hanno la cattiva abitu-dine di fare la “l’elemosina” intorno al tavolo durante i pasti, con gli oc-chi imploranti, come a chiedere l’e-lemosina, all’inizio può essere quasi un fatto simpatico ma poi diventa qualcosa di snervante. Naturalmente questo fastidioso vizio è solo colpa dei proprietari stessi che, in momen-ti non sospetti, hanno fornito appe-titosi bocconi mentre erano a tavola, inconsapevoli di generare problemi comportamentali.Come sappiamo molti tipi di educa-zione prevedono premi alimentari, allo scopo di fornire il cane di una gratificazione o di una buona ragio-ne per ubbidire. Ma molto spesso il cane scambio questo premio come un vizio e ascolta il proprietario solo perchè gli dà del cibo.e questa può essere una ottima ra-gione per continuare a chiedere, in-duce il cane a credere che, per avere un premio, si deve stressare un com-mensale.Qualche consiglioE allora come ci si dovrebbe compor-tare?Qualche consiglio:• evita da subito di fornire bocconi in particolare a tavola• tutti i familiari, in assoluto, devono attenersi a questa regola• in caso di presenza di ospiti, educa-li a riguardo• durante il pasto evita di guardarlo• evita di rivolgergli la parola

• se dovesse appoggiare le zampe sulla tua gamba scostala in modo da farlo cadere• se dovesse dare musate sotto i go-miti, muovi il braccio per infastidirlo• i gesti devono sembrare molto na-turali e non in contrasto ai suoi• in tutti i casi va ignorato totalmen-te come se non esistesse• se dovesse abbaiare per attirare l’at-tenzione, parlate fra di voi ad alta voce senza prestargli attenzione• la persona presa di mira, deve spo-starsi sulla sedia in modo da rivolge-re verso di lui una parte della schiena• il gesto non deve sembrare associa-to alla sua presenza• è possibile che girando intorno alla sedia vada dalla parte opposta per at-tirare l’attenzione• ripetere l’operazione in senso op-posto, sempre in modo naturale• questo atteggiamento deve essere adottato da tutti coloro che sono a tavola• stai attento a non sbagliare, è suf-ficiente che uno ceda alle sue lusin-ghe, per vanificare tutto il lavoro fat-to e validare il suo comportamento• se vuoi dargli qualcosa dagli una sua crocchetta o biscotto preferito• quando si è certi che il problema dell’insistenza a richiedere il cibo quando siete a tavola è rientrato, è possibile eliminare la crocchetta o biscotto, fornendo sempre meno bocconi fino a renderli completa-mente assenti.

Davide Canonici

Il comportamento del cane quando siamo a ta-vola può diventare particolarmente fastidioso. Anche in questo caso bisogna saperlo educare

Il problema si risolve con la partecipazione di tutti i commensali

A tavola!

dm&c - no3 - 201330

Comunicazione con i Cani

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PROFESSIONE LOBBISTAPortatori d’interessi o faccend ieri?di Pier Giorgio Cozzi - Editore Lupetti

Le nostre cronache giornalistiche e giudiziarie degli ultimi cinquant’anni – quelle internazionali non sono da meno – sono ricche di misteri, di fatti e (più spesso) misfatti imputati al lobbismo ma che con le lobby nulla hanno a spartire. Nell’uso comune dei media e nella per-cezione dell’opinione pubblica la parola “lobby” è sinonimo di gruppo di pres-sione che, complottando da “dietro la siepe”, mira a sostenere con la corruzio-ne oscuri interessi a favore di potentati vari: aziende, banche, gruppi finanziari, istituzioni e politici. Le varie P2, P3, P4; o certi club, come ad esempio la Commis-sione Trilaterale, il Gruppo Bilderberg, Aspen Institute; faccendieri alla Bisi-gnani & c.; corruttori di politici operanti all’interno delle istituzioni in Italia e in Europa vengono correntemente definiti lobbisti e lobby la loro attività su cui i media esercitano scarso controllo. Na-scono così e si alimentano trame oscure in cui persino l’omicidio di John F. Ken-nedy e le traversie politico-giudiziarie di Silvio Berlusconi non si sottraggono al sospetto di complotto disposto da mi-steriose, potentissime super-segrete lob-by sovranazionali. Questo libro sostiene invece che, in un contesto pluralista, la lobby, in quanto legittima trasparente rappresentanza di interessi di aziende, associazioni, enti o gruppi presso le istituzioni centrali e periferiche (Stato e regioni), sia l’alternativa democratica al malcostume e alla corruzione dilaganti. Prefato da Beppe Facchetti, presiden-te di Assorel e con una postfazione di Gianluca Sgueo, docente di ‘Democra-cy Innovation’ all’Università di Coimbra, il testo diviso in quattro parti passa in rassegna il lobbismo com’è conosciuto nel mondo occidentale; illustra artico-latamente le tecniche per fare lobby; prende in considerazione il “caso Italia”, le leggi anticorruzione e gli eventi colle-gati a questo fenomeno. L’ultima parte è una appendice riferita alla descrizione dei provvedimenti legislativi e normativi

presi da Unione europea, Stato e regioni per “agire” nei confronti delle lobby. Aggiungono interesse del volume: la descrizione di alcuni casi italiani di lobbi-

smo che hanno riscosso successo, delle associazioni nazionali di relazioni pub-bliche e di public affairs, le considera-zioni di Paul Seaman sull’attualità degli stakeholders e sul cambiamento in atto della loro funzione nell’impresa e nella società. Un libro che non dovrebbe mancare sulla scrivania di operatori della comu-nicazione, docenti e studenti di scienze politiche e di relazioni pubbliche. E, per-ché no? dei cittadini che vogliano docu-mentarsi su un mezzo, il lobbying, che concorre a gestire la res publica secondo principi di buon governo. Soprattutto, democraticamente.

iNFORMALIBRI

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iNFORMALIBRI

ANALISI DI BILANCIO

Metodi e strumenti per l’interpretazione delle dinamiche aziendaliAutore: Marco Fazzini - Editore: Ipsoa - Anno: febbraio 2013Pagine: 400 - Edizione: III

Il libro accompagna il lettore lungo un percorso di approfondimento progres-sivo per acquisire dimestichezza prima con le logiche, poi con i ferri del mestie-re necessari per esplorare le dinamiche delle imprese. L’analisi di bilancio, in Italia, è considera-ta una materia relativamente nuova. Il recente interesse e le varie applicazio-ni che di essa possono essere fatte in diversi ambiti delle attività economiche hanno contribuito a donarle un’aura di modernità.Il volume ha come obiettivo quello di inquadrare in modo semplice e linea-re come si sviluppa l’analisi di bilancio, comprendere quali sono la sua utilità e allo stesso tempo i suoi limiti e, infine, a chiarire quali strumenti utilizzare.La III edizione propone una revisione del testo, anche alla luce dei nuovi paradig-mi interpretativi dettati dalla crisi italia-na e europea. E’ stato inoltre inserito un nuovo capi-tolo sull’utilizzo di strumenti statistici nell’analisi di bilancio al fine di elaborare campioni per il benchmark settoriale e di individuare correlazioni e interdipen-denze tra gli aggregati di bilancio.Inoltre è stato effettuato l’aggiornamen-to dei dati settoriali con l’introduzione di nuovi settori e un maggior dettaglio degli indici.

IL SOFTWARE (Cd-Rom allegato)

Allegato al volume il programma su Cd-Rom che permette di effettuare l’anali-si limitatamente ai bilanci civilistici e di svolgere un’analisi completa sulle dina-miche patrimoniali, economiche e finan-ziarie calcolando automaticamente gli schemi riclassificati (finanziario, funzio-nale e a valore aggiunto), il rendiconto finanziario e gli indici di bilancio. Permette di effettuare l’analisi per un

arco temporale di cinque esercizi.

STRUTTURA DELL’OPERA

Capitolo 1 -Finalità e strumenti dell’a-nalisi di bilancio. Capitolo 2 - Come impostare l’analisi di bilancio. Capitolo 3 - Riclassificazione dello Stato patrimo-niale. Capitolo 4 - Riclassificazione del Conto economico. Capitolo 5 - Analisi della liquidità. Capitolo 6 - Analisi della solidità. Capitolo 7- Analisi delle dinami-che finanziarie. Capitolo 8 - Analisi della redditività. Capitolo 9 - Analisi del valore Capitolo 10 - Analisi della sostenibilità Capitolo 11 - Analisi dei gruppi azien-dali. Capitolo 12 - Analisi delle strategic business unit. Capitolo 13 - Analisi delle aziende in crisi Capitolo 14 - Analisi set-toriale.

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PARLARE IN PUBBLICO

Autore: Scott Berkun - Editore: Tecniche Nuove - Pagine: 254 - Euro 19,90

Questo testo, scritto dal vete-rano delle conferenze e illustre comunicatore Scott Berkun, rivela con precisione e ironia le tecniche che stanno dietro a un grande comunicatore. Combattere la tensione che sale prima e quella che ser-peggia durante l’intervento a causa di fobie o paure, comu-nicare i concetti fondamentali e strutturarli lungo il discorso, esprimere le idee all’interno di uno spazio limitato di tempo, affrontare una sala piena o una vuota, coinvolgere i pre-senti, trarre esperienza da-gli errori e correggere il tiro quando le cose si mettono male sono tutti temi che ven-gono affrontati con grande competenza, ma anche con quel tocco di umorismo che permette di rendere leggere anche le teorie più pesanti. I manager, i docenti, i politici e tutti coloro (e non) che fanno della comunicazione orale la loro professione, troveranno di grande aiuto l’esperienza dell’autore sia per quanto ri-guarda il comportamento che l’esposizione. Infatti Berkun analizza con sistematicità e sarcasmo gli imbarazzi e i suc-cessi che si sono alternati du-rante la sua lunga carriera.

Ugo Canonici

Prefazione di Enrico Bertolino

Comunico…ergo sum

Se è importante saper fare, lo è altrettanto il far sapere.

Utilizzando una buona comunicazione.

Deus Editore s.r.l.

La piccola libreria di Deus Editorewww.miabbono.com/deus

Comunico …ergo sum Sarò Breve

Organizzare eventi aziendali

Scrivere. Una fatica nera.

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Smartphone a gogo

Dalla lontana Australia, arriva una campagna di sensibilizzazione con-tro il fenomeno del phubbing, ovve-ro la dipendenza da smartphone che distoglie l’attenzione dalle interazio-ni “reali” a favore della vita sui social network.Quale è stato il comportamento de-gli italiani in vacanza sulle nostre spiagge? Di fatto, dall’ultima indagi-ne pubblicata dall’Osservatorio Mo-bile Internet, Content & Apps della School of Management del Politecni-co di Milano, è emerso che in Italia sono ben 27 milioni a possedere uno smartphone e di questi, circa 22 mi-lioni lo usano per navigare su Inter-net. Una vera e propria mania che in vacanza può dare origine a fenomeni curiosi. Essere sempre connesso o staccare del tutto e riemergere “online” solo al ritorno dalle vacanze?Per quanto affascinante sia la secon-da opzione, basta dare un’occhiata a Facebook o a Instagram per vedere come, gli italiani, scelgano di restare sempre online. C’è chi controlla costantemente la mail di lavoro, chi aggiorna costan-temente lo status su Facebook, chi posta migliaia di fotografie su Insta-gram per documentare ogni minuto della propria vacanza e chi si tagga e registra ovunque vada, per far vedere che è in ferie. Proprio per evitare spiacevoli disagi, qualche lido ha iniziato a esporre delle “regole di buone maniere” per limitare l’utilizzo dello smartphone e delle fotografie. Ma non è solo questione di esi-bizionismo, i social network e lo smartphone possono essere un va-lido supporto all’organizzazione e ottimizzazione della vacanza. Grazie ai “social geolocalizzati” è possibile fare nuove conoscenze, leggere e po-stare opinioni, consigli e recensioni su locali e su ristoranti per evitare le classiche trappole per turisti e riceve-re spunti utili.

Ict, siamo indietro

«Il settore del Information e Com-munication Technology (Ict) ha enormi potenzialità di crescita che possono andare a vantaggio dei cit-tadini e delle aziende, ma l’Italia è rimasta indietro e deve assolutamen-te recuperare il terreno perduto visto che oggi è al 52esimo posto al mon-do per penetrazione dell’ITC, dietro al Montenegro o all’Oman».La situazione italiana è particolar-mente arretrata rispetto alla media europea: solo il 52% delle famiglie italiane è connessa a internet, con-tro il 70% della media europea e il 90% dei Paesi più avanzati del Nord Europa. Ancora peggiore, se possibile, la si-tuazione delle aziende per le quali il previsto aumento di circa 500 milio-ni di euro degli investimenti in Ict, riguarda al 95% le grandi aziende, mentre le pmi (che sono circa il 98% delle imprese italiane) raggiungeran-no solo 5% degli investimenti com-plessivi. Infine, il “cloud”, che è una delle nuove frontiere dell’Ict, rappresenta solo il 3% degli investimenti delle aziende italiane in tecnologie infor-matiche.Semplicemente drammatica sembra poi la situazione delle pubbliche am-ministrazioni per le quali solo recen-temente si è cominciato a prevede-re un aggiornamento costante delle tecnologie Ict. Fa quasi sorridere che solo il recentis-simo “decreto del fare” abbia previ-sto l’eliminazione di una tecnologia “antidiluviana” come il fax dalle am-ministrazioni pubbliche.Si valuta che gli investimenti in Ict fatti da un Paese si ripagano a breve termine con una significativa cresci-ta del Pil. Basti pensare che i responsabili dell’Agenda digitale italiana hanno calcolato che un adeguamento del Belpaese agli standard più avanzati comporterebbe un aumento di alme-no 1,5 punti di Pil.dm&c - no3 - 201334

Fatti & Persone

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“Cloud” in sanità

Come molti altri settori, anche quel-lo della sanità guarda al cloud com-puting come mezzo per migliorare la qualità dei servizi, riducendo allo stesso tempo i costi. Il mercato dei servizi informativi per la sanità, in particolare, ha bisogno di soluzioni in grado di far crescere le entrate.Attualmente si stanno snellendo e rendendo più accurati i flussi di lavo-ro, grazie a soluzioni come sistemi di archiviazione e trasmissione di im-magini (PACS), sistemi informativi radiologici (RIS), sistemi informativi per la sanità (HIS) e sistemi informa-tivi clinici (CIS). Tuttavia, il mercato ha bisogno di so-luzioni che integrino queste tecnolo-gie, rendendo disponibili tutti i dati rilevanti del paziente ed i dati di ima-ging in un unico centro, e,allo stesso tempo, accessibili da altre strutture. Una simile condivisione dei dati a li-vello aziendale può aiutare i fornitori ad aumentare l’efficienza e la spesa nominale. Il cloud computing si sta espanden-do rapidamente e sta diventando un elemento chiave per le soluzioni a li-vello aziendale. Implementare le tecnologie di cloud in modo adeguato può aiutare i for-nitori di servizi sanitari ad aumen-tare la qualità dei servizi medici e l’efficienza operativa, condividere informazioni tra diverse sedi geogra-fiche e gestire le spese.Il concetto può essere applicato in vari modi, quali l’archiviazione dei dati e prevenzione della perdita di dati, il mantenimento dei dati dei pazienti e la condivisione autorizzata delle informazioni. . L’implementazione del cloud com-puting, tuttavia, è ancora in fase iniziale e permangono alcuni fatto-ri limitanti come le preoccupazioni sulla sicurezza e sulla conformità, la carenza di personale qualificato e la scarsa diffusione della banda larga o le basse velocità di connessione.

Vita da call center Tutti li abbiamo chiamati almeno una volta nella vita e probabilmente avremo ancora bisogno di loro in fu-turo: gli operatori di call center che offrono supporto tecnico. Quei cortesi signori e signorine che di solito rispondono ad un numero verde per risolvere i nostri problemi.A loro è dedicato il nuovo fumetto della casa editrice Shockdom, “Sup-porto buongiorno. Storie di vita tra-gicamente vissute in un call center”, una divertentissima raccolta di aned-doti ambientati all’interno di un call center, con le richieste e i commenti più assurdi da parte di coloro che gli operatori chiamano simpaticamente “utonti”. Leggerete di modem posseduti, NAS usati per scongelare il pesce, hard-disk scomparsi, router distrutti nel tentativo di eliminare un ragnetto. Ma soprattutto vi renderete conto di cosa riesce a dire la gente quando è al telefono con uno sconosciuto…Supporto Buongiorno raccoglie le strisce più divertenti pubblicate sul portale Shockdom con un corposo inserto di inediti. Autore del libro è Gabriele “gabville” Caprari, che racconta storie vissute in prima persona negli anni in cui ha lavorato presso un call center per assistenza telefonica sui prodotti di networking. “Supporto Buongiorno riesce a di-pingere con leggerezza e ironia uno spaccato caratteristico dell’epoca i cui viviamo. – Ha commentato Lucio Staiano, fondatore della casa editrice Shockdom. – Quella dei call center è ormai una realtà fondamentale di questi anni, non c’è azienda che non abbia un numero verde o un servizio assistenza affidato a queste struttu-re. Spesso noi “utonti” tendiamo a prendercela con l’operatore al di là della cornetta, come se fosse la cau-sa dei nostri problemi, ma nessuno è riuscito a presentare il punto di vista di questi ragazzi in maniera così di-retta e, al tempo stesso, divertente”. no3 - 2013 - dm&c 35

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Nel corso di un incontro in “casa” Club dell’Osso si sono

commentati alcuni dati relativi al congressuale di questi ultimi tempi, con un occhio rivolto ai congressi organizzati dalle Associazioni.Un po’ di ottimismo, e dati alla mano il mondo congressuale dà significativi segni di ripresa. Il 2013 registra un buon incremento di partecipanti, e la previsione per il 2014 vede un anno con ulteriore crescita sia nel numero di congressi che di partecipanti.Questo dato emerge anche da un sondaggio che ICCA, International Congress and Convention Association, ha condotto in collaborazione con la IMEX, su un campione di responsabili eventi di associazioni internazionali. I risultati dell’ultimo sondaggio annuale continuano a dipingere un quadro positivo per il settore della meeting industry , nonostante le pressioni economiche .E’ stato detto che quello associativo è tradizionalmente, in termini di numero di eventi, il segmento di mercato più stabile e meno volatile: al contrario delle aziende, che pianificano i propri eventi in base ai budget e alle opportunità del momento, le associazioni hanno un’attività congressuale regolare che subisce fluttuazioni limitate.Tuttavia gli ultimi anni di crisi economica planetaria hanno avuto un impatto negativo anche sugli eventi associativi, molti dei quali hanno visto ridursi la platea degli iscritti e il supporto degli sponsor. Alla domanda se la continua turbolenza economica globale ha avuto un impatto negativo sulla loro associazione e/o eventi nel 2013

quasi il 57 per cento ha risposto ‘Sì’ La stessa domanda era stata posta nel 2012 e la percentuale era del 60 per cento , il che significa che il settore internazionale degli eventi associativi è stato sicuramente influenzato mostrando una crescita rispetto al 2012.Positive anche le stime per il prossimo anno: il 30% delle associazioni dichiara che organizzerà nel 2014 un numero superiore di eventi rispetto al 2013.

Previsioni in positivo

La percentuale degli ottimisti è in crescita di ben 8 punti rispetto all’anno scorso, quando soltanto il 22% pensava in positivo all’anno a venire. Per contro, si assottiglia quest’anno il fronte dei pessimisti: meno del 7% pensa che l’anno prossimo ridurrà il numero di eventi, a fronte di un 11% che si era espresso negativamente lo scorso annoIn termini di numero di partecipanti le previsioni sono ancora migliori: quasi la metà delle associazioni (il 47%) dice che nel 2014 i delegati ai congressi aumenterannoIn conclusione, visto che tutti i principali indici mostrano un aumento anno su anno, considerando che il trend sembra stia invertendo la rotta, l’indagine suggerisce una previsione in positivo, nonostante il continuare delle difficili condizioni economiche.E‘ una grande notizia vedere che il settore sta riacquistando un po’ di ottimismo. Ma bisogna che ciascuno faccia la sua parte non rinunciando mai alla ricerca dell’innovazione e al rigoroso controllo della qualità.

Ottimismo in crescita

Club dell’Osso

dm&c - n 3 - 201336

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Demetrio Minutilli

Il Club dell’Osso discute dell’andamento del congressuale in questo particolare momento storico. Ci sono sprazzi di luce

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Alberto ContriAttualmente presidente della Fondazione Pubblicità Progresso e DG della Lombardia Film Commission. E’ stato Vice Chai-rman di McCann Erickson World Group Italia, consigliere della Rai, AD di Rainet, Presidente AssAP. E’ docente di Comu-nicazione Sociale alla IULM. E’ Grand’Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana.

Alessandro LucchiniGiornalista e copywriter, è autore di libri sulla comunicazione professionale. Tiene corsi di business/web writing per aziende ed enti pubblici e insegna all’università Iulm di Milano.

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Chi sono i 20.000 lettori di dm&c(da un’indagine del Gennaio 2013)

A QUALI AZIENDE APPARTENGONO QUALE FUNZIONE HANNO IN AZIENDA

Utenti di comunicazione 67,4% Titolari, presidenti, 19,1%amministratori

Direzione pubblicità, 29,1%responsabili Rel. Est.

Agenzie di comunicazione 25,1% e meeting planners

Commerciali, marketing 51,8%

Associazioni professionali, 7,5%Pubblica Amministrazione

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Pausa pranzo, Milano, pizzeria. Proprietari cinesi, pizzaiolo

maghrebino, cameriera nera come il carbone, di una bellezza che fatico a guardare la lista, rapito dal suo passo da gazzella e dal sorriso dolcissimo. La pizza arriva in cinque minuti, buonissima. Masticando, penso. Sono a metà del mio secondo giorno di lavoro, dopo le ferie. Sento più l’energia accumulata o la spossatezza del rodaggio? stamattina come ho gestito il ritmo in aula? e gli sguardi diffidenti? e le domande? e le obiezioni? e quanta voglia ho di rispondere alle decine di mail arretrate? e quelle due telefonate rognose, riuscirò a farle prima di sera?Finisco, vado a pagare. Accanto alla cassa, mi attrae un cartello che dice: «Il cliente ha sempre ragione è un concetto inventato da un cliente. Ha ragione chi è educato, cortese e comprensivo nei confronti di chiunque stia svolgendo un lavoro nel quale il cliente non è competente. Perché dopo 12 ore passate a sorridere, spiegare, ascoltare, rispondere al telefono, rispondere alle mail, tentare ancora di lavorare mentre lo stato fa di tutto per farti chiudere 7 giorni su 7, alla fine della giornata un vaffanculo non si nega a nessuno.»Sorrido, chiedo il permesso di fotografarlo. Poi ci medito: com’è che si arriva a giustificare una cafoneria, anche se come risposta alla cafoneria altrui? E poi: chi sono quei “chiunque stia svolgendo un lavoro nel quale il cliente non è competente”? Quasi tutti. Mica solo i medici, verso i quali siamo tutti in inferiorità cognitiva e psicologica. O i giudici, cui la toga conferisce indiscutibile autorità. Anche chi ci ripara il computer, o la lavatrice, l’automobile, chi ci progetta un software, chi produce il telefonino. Chi ci cucina la pizza, appunto (tutti sempre pronti a sentenziare: “troppo molle, troppo secca, poco cotta, lievitata

male, bruciata, pomodoro sa di niente, mozzarella così così…). E mi tornano in mente le storie di maleducazione registrate in queste vacanze. Non parlo dei racchettoni sul bagnasciuga, della musica alta nei bar, di quelli che non si alzano dal tavolo del ristorante anche se han finito da un pezzo e tu sei lì che aspetti, di quelli che lasciano i cani liberi di imbrattare i giardini. Parlo del contesto specifico citato dal cartello: il pretendere di insegnare a chi lavora come deve fare il suo mestiere. E dico la vacanza, un tempo in cui, dopo tutto, si potrebbe essere, se non rilassati, almeno un po’ più disponibili e cortesi del solito. Al ristorante, al bar, al negozio di articoli sportivi, al noleggio delle barche, al rifugio in quota, trovi un sacco di gente espertissima in come si servono i panini, di come si cucina il capriolo con la polenta, di come si affittano i gommoni. Mai fatto altro nella vita, stando alla spocchia con cui pontificano.Il punto più alto è stato un pomeriggio in un pronto soccorso. Va beh, lì si può capire: l’ansia fa perdere il controllo. Ma anche una breve antologia del repertorio registrato fa impressione: «Fate passare prima gli stranieri! - Vi siete dimenticati di me! - Cosa state aspettando?!? - Dategli almeno un antidolorifico! - Ha bisogno urgente di un elettrocardiogramma! - Ma non vede che sta male? - Sbrigatevi a fare qualcosa! - Mi chiami un responsabile! - Vi denuncio a Striscia la notizia! - Chiamo i carabinieri! - Io pago le tasse! - Sono io che ti pago lo stipendio!»Chiudo questo pensiero da vecchio noioso con un desiderio: da domani, all’ingresso di ogni locale pubblico (sì, anche il pronto soccorso) firmare una “carta del cliente”, un atto che m’impegna a comportarmi in modo educato e rispettoso di chi sta lì e si fa un mazzo tanto per darmi quello che mi serve, come e quando mi serve.

Piccole storie di ordinaria cafoneria

Ha sempre ragione il cliente?

Pensiero Libero

dm&c - n. 3 - 201338

di Alessandro Lucchini*

*Alessandro Lucchini, giornali-sta e copywriter, Autore di libri sulla comunicazione profes-sionale. Tiene corsi business/web writing per aziende ed enti pubblici e insegna all’università Iulm di Milano. www.palestradellascrittura.it [email protected]

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