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U NIVERSITÀ P OLITECNICA DELLE M ARCHE ________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ DIPARTIMENTO DI ECONOMIA DAI SISTEMI LOCALI DEL LAVORO ALLE CITTÀ: VERSO UN NUOVO ALGORITMO DI REGIONALIZZAZIONE FABIANO COMPAGNUCCI QUADERNO DI RICERCA n. 335 Dicembre 2009

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UNIVERSITÀ POLITECNICA DELLE MARCHE ________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

DIPARTIMENTO DI ECONOMIA

DAI SISTEMI LOCALI DEL LAVORO ALLE CITTÀ: VERSO UN NUOVO ALGORITMO DI

REGIONALIZZAZIONE

FABIANO COMPAGNUCCI QUADERNO DI RICERCA n. 335

Dicembre 2009

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Comitato scientifico: Renato Balducci Marco Crivellini Marco Gallegati Alberto Niccoli Alberto Zazzaro Collana curata da: Massimo Tamberi

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Dai Sistemi Locali del Lavoro alle Città: verso un nuovo algoritmo di regionalizzazione Fabiano Compagnucci Abstract Lo scopo di questo lavoro è di riaprire il dibattito sulle modalità di regionalizzazione funzionale con la proposta di una procedura analitica di identificazione dei sistemi locali. Come è noto, l’esito della regionalizzazione funzionale in Italia si sostanzia nei Sistemi (o Mercati) Locali del Lavoro (SLL), categoria interpretativa il cui utilizzo ha sollevato innumerevoli dubbi, tanto dal punto di vista teorico che da quello operativo. Nell’articolo si cercherà di argomentare come la città, nel senso di un insieme di comuni funzionalmente interrelati, possa assurgere al ruolo di costrutto teorico su cui fondare un algoritmo alternativo di regionalizzazione. L’utilizzo della città come metrica di analisi del livello locale, infatti, consente di arricchire ed articolare la procedura utilizzata per identificare i SLL, permettendo di cogliere i fenomeni di organizzazione territoriale emergenti, basati su modelli urbani. The aim of this paper is to resume the debate on functional regionalization by proposing a new analytical procedure to identify local systems. As is well known, Local Labour Systems (LLS) are the outcome of functional regionalization in Italy. Their use has raised manifold questions, both from the theoretical point of view and from standard operating. We will try to show how the city, in the sense of a cluster of municipalities which work in an interrelated way, could be the theoretical construct to serve as the basis for an alternative algorithm of regionalization. Using the city to analyse the local level, let us to enrich and articulate the process of identification of local systems. Indeed, it seems to be able to interpret the new territorial organisation which is based on urban models. JEL Classification: R10 Urban, Rural, and Regional Economics - General Regional Economics – General

Keywords: algoritmi di regionalizzazione, città, sistemi locali, centralità, pendolarismo.

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Indice

1. Introduzione ...................................................................................................5 2. La Città: un meta-concetto interpretativo per le forme dello sviluppo locale....................................................................................................................6 3. La procedura di identificazione dei Sistemi Locali.....................................9 3.1 Identificazione delle località centrali: aspetti metodologici ........................9 3.2 Identificazione delle località centrali: aspetti operativi.............................11 3.3 Identificazione dei comuni su cui si esercita l’influenza delle località centrali...............................................................................................................13 3.4 Identificazione dei Sistemi Locali, dei comuni multipolari e dei comuni isolati .................................................................................................................17 4. La strutturazione verticale del territorio...................................................20 5. Comparazione dei risultati delle due procedure .......................................23 5.1. Il livello di autocontenimento e le centralità ............................................25 5.2. Analisi della variabilità dei SLL................................................................28 6. Questioni aperte ...........................................................................................30 Bibliografia .......................................................................................................33 Appendice Statistica ........................................................................................37

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1. Introduzione*

L’obiettivo di questo lavoro è quello di costruire una procedura di identificazione delle unità territoriali di base che sia alternativa a quella utilizzata dall’Istat per l’individuazione dei Sistemi Locali del Lavoro (SLL), la cui rilevanza come meta-strumento interpretativo evidenzia limiti concettuali e procedurali rilevanti (Buscema et alii 2006, Calafati 2005, Calafati e Compagnucci 2005, Chelli e Merlini 2009, Compagnucci 2009).

La teleologia identificativa non si sostanzia nell’esplicitazione di ambiti territoriali ottimali, ossia partizioni spaziali che massimizzino l’efficienza rispetto ad una data funzione-obbiettivo, bensì nella configurazione territoriale degli insediamenti e delle relazioni che tra essi si generano in un arco temporale prestabilito. Lo scopo dell’articolo, cioè, è quello di delineare i principali contorni della struttura territoriale delle agglomerazioni umane, sulla base di una matrice di relazioni parzialmente ma significativamente contenute in termini spaziali.

Con il contributo proposto, invece che ricercare un’aderenza empirica fra il concetto particolare di SLL e quello generale di sistema locale, si vuole inserire direttamente all’interno dell’architettura analitica di identificazione alcuni elementi che la procedura dell’Istat cerca all’esterno per proprietà transitiva. Pur all’interno di una procedura analitica, infatti, possono essere considerati livelli di descrizione più articolati rispetto alla sola proxy del pendolarismo per motivi di lavoro che, come noto, è l’unico elemento che informa la procedura di regionalizzazione dell’Istat (Istat, 1997)1. Aggiungendo ulteriori informazioni rispetto ai movimenti sistematici per motivi di lavoro, quali ad esempio la spazialità delle esternalità, i dati sui cicli circadiani degli individui o quelli sulle distanze che separano le singole unità comunali, si giunge ad una definizione più complessa di sistema locale che sembra meglio interpretare le molteplici dimensioni del concetto di densità relazionale.

La proposta di un nuovo algoritmo di identificazione dei sistemi locali non pretende di risolvere in maniera definitiva il problema dell’individuazione dell’unità territoriale di indagine. La natura quantitativa della procedura e la mancanza di dati adeguati, infatti, non permettono di tener conto né della totalità né della complessità dei fattori territoriali (economie esterne, norme formali ed informali, aspetti culturali ed istituzionali, conoscenza e meta-preferenze). Il

* Questo lavoro si inserisce all’interno dell’attività di ricerca condotta presso il Dipartimento di Economia dell’Università Politecnica delle Marche e coordinata da Antonio Calafati, riguardante l’identificazione e l’evoluzione dei sistemi locali. Ringrazio Antonio Calafati per le osservazioni ed i consigli, ma soprattutto per le discussioni che hanno animato questo periodo. 1 Per una rappresentazione schematica del funzionamento dell’algoritmo di regionalizzazione dell’Istat si veda la Figura A.1 in Appendice Statistica

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risultato del tentativo di delimitazione dei sistemi locali necessita sicuramente di ulteriori riflessioni teoriche, che, si spera, contribuiscano a riaprire il dibattito sull’identificazione dell’unità di indagine.

Dopo aver delineato il concetto di città (Paragrafo 2), che costituisce il fondamento ontologico della procedura analitica alternativa ed aver decritto puntualmente le modalità identificative dei sistemi locali, sia in termini orizzontali che verticali (Paragrafi 3 e 4), si cercherà di confrontarne l’esito con quello della procedura Istat (Paragrafo 5). La comparazione fra le due procedure sembra fornire riscontri interessanti rispetto alla possibilità di migliorare, sia dal punto di vista concettuale che da quello operativo, l’operazione di regionalizzazione funzionale.

2. La Città: un meta-concetto interpretativo per le forme dello sviluppo locale

Durante gli anni ‘80 e ‘90 numerosi sono stati i tentativi di concettualizzare il territorio in chiave idealtipica, intendendo per idealtipo una rappresentazione sistemica di un insieme di fenomeni e delle loro interazioni che fornisce un’astrazione della realtà (Weber, 1959). I distretti industriali (Becattini, 1979, 1987a, 1987b), i sistemi produttivi locali (Garofoli, 1991, 1993), i sistemi locali di imprese (Bellandi, 1989, Brusco, 1989), i sistemi urbani (Martellato e Sforzi, 1990, Costa et alii, 1990; Sforzi, 1997, Dematteis, 1997), i milieux innovateurs (Camagni, 1991), i sistemi territoriali (Ciciotti, 1993) sono, in effetti, specificazioni del concetto di sistema locale, di cui costituiscono, ognuno sulla base degli assunti del proprio programma di ricerca, declinazioni particolari.

La maggior parte delle metafore territoriali prima enunciate non ha avuto esiti operativi in termini di mappatura o li ha avuti solo in relazione a specifici casi di studio. Fra esse il distretto industriale è l’unica rappresentazione territoriale che, pur partendo da casi di studio peculiari, si è imposta come meta-strumento interpretativo del paesaggio socioeconomico italiano. Partendo dal concetto becattiniano di distretto industriale, inteso come insieme sinergico fra le modalità organizzative del processo produttivo ed il contesto socio-culturale in cui tale processo è immerso, Sforzi ha cercato di delimitare il distretto come “forma spaziale tipica di un sistema di piccole città e di piccole imprese spazialmente localizzato” (Sforzi, 1987). Tale operazione lo ha portato a verificare, almeno per quanto riguarda il distretto pratese, una sostanziale sovrapposizione fra distretto industriale (nell’accezione sopra riportata) e relativo mercato locale del lavoro, il che legittimerebbe l’utilizzo dei SLL (inizialmente denominati Mercati Locali del Lavoro) come chiave interpretativa territoriale. Se un distretto industriale (ossia un sistema di imprese spazialmente concentrate) è anche un sistema sociale (inteso come la presenza di una popolazione socialmente caratterizzata in modo

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coerente le cui caratteristiche sono orientate profondamente dalla presenza di un’industria) ed un sistema urbano (inteso come areale di autocontenimento delle relazioni fra famiglie ed imprese), allora il distretto e la sua proxy analitica, il mercato locale del lavoro, sono sostanzialmente coincidenti. Con Sforzi, cioè, si è compiuto quel processo di saldatura concettuale fra costrutto teorico (il distretto industriale come sistema locale) e costrutto analitico (i SLL) che ha consentito la mappatura funzionale del territorio italiano.

Se l’ancoraggio teorico della procedura di regionalizzazione ne ha permesso la legittimazione, rimangono dubbi sulla capacità del distretto industriale e della sua proxy analitica di rappresentare la categoria generale di sistema locale. Un sistema locale, infatti, è la risultante di densità relazionali spazialmente delimitate, fondate sulla prossimità. È un sistema in quanto dotato di auto-organizzazione e, quindi, di una struttura, di una specifica logica di funzionamento e di uno specifico pattern evolutivo (Calafati, 2007). È locale essendo un’unità spazialmente delimitata dai cicli circadiani degli individui che lo abitano, i quali sono soggetti a vincoli spazio-temporali in termini di risorse (costo-opportunità degli spostamenti) e di campi potenziali di relazioni che ne limitano il raggio di azione (Hägerstrand, 1970).

È evidente che sulla base di questa definizione, un sistema locale non debba necessariamente essere caratterizzato dalla presenza di un particolare tessuto industriale e che il mercato locale del lavoro tiene conto solo di una parte delle densità relazionali che insistono su scala locale (gli spostamenti casa-lavoro2). Ne discende che i distretti industriali ed i SLL non possiedono quel carattere di generalità necessario affinché possano assurgere al ruolo di meta-strumento interpretativo territoriale.

A tale scopo sembra opportuno riflettere sul significato di città, e sulla possibilità di utilizzare tale categoria concettuale come sinonimo di sistema locale. Sullo sfondo della prospettiva sistemica e della dicotomia fra fondi e flussi (Roegen, 1998), possiamo definire una città come un insieme di individui-agenti, una rete di relazioni (flussi) tra gli individui-agenti ed una configurazione spaziale di elementi-fondo (le imprese, le abitazioni, i centri commerciali, le strutture sanitarie) che costituiscono il substrato di tali relazioni (Calafati, 2007). In passato questi ispessimenti localizzati di densità relazionali potevano coincidere con l’archetipo weberiano della città (Weber, 1950) in cui i cicli circadiani degli individui insistevano su una serie di elementi-fondo (la dimora, il mercato, la piazza, la fabbrica, il palazzo del governo) quasi completamente auto-contenuti 2 Secondo uno studio dell’Isfort gli spostamenti per motivi di lavoro incidono in media per il 30% sul totale degli spostamenti sistematici, ossia quelli generati, oltre che dai movimenti casa-lavoro, anche dai movimenti relativi al tempo libero e alla gestione degli affari personali e familiari (Isfort, 2007).

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all’interno delle mura cittadine. Oggi, i campi relazionali degli individui che abitano le città e gli elementi-fondo su cui tali relazioni insistono, hanno una scala sovra-locale, come conseguenza dei processi di coalescenza territoriale che hanno investito l’Italia a partire dagli anni ’80. La “seconda rivoluzione territoriale italiana”3, cioè, ci obbliga ad abbandonare il concetto istituzionale di città, intesa come singola unità amministrativa elementare, per concentrarci su insiemi di comuni.

Si tratta di insiemi di comuni clusterizzati che “funzionano come una città”, avendo nel tempo instaurato tra loro relazioni funzionali rilevanti che non si limitano alla sola metrica del pendolarismo per motivi di lavoro. Si tratta di sistemi urbani la cui organizzazione del processo economico può dipendere anche solo marginalmente dalla presenza di un tessuto di piccole e medie imprese manifatturiere, potendo caratterizzarsi maggiormente, ad esempio, per la presenza di terziario pubblico o avanzato o del settore turistico. Questi insiemi di comuni non sono semplicemente la risultante della somma dei singoli elementi ma veri e propri sistemi, esprimendo “un comportamento globale diverso da quello dei singoli elementi, dipendendo quest’ultimo anche dalle relazioni che fra gli elementi si instaurano” (Sforzi, 1980).

L’identificazione del concetto di città con quello di sistema locale, inoltre, appare legittima sulla scia della geografia economica e dell’economia urbana che definiscono la città come città giornaliera (Sforzi, 1990), territorio di frequentazione quotidiana (Pumain, 1997) e l’urbanizzazione come un processo che integra la mobilità spaziale nella vita quotidiana (Remy e Voyé, 1992 p. 7).

Ovviamente un sistema locale si connota come una città, quando supera determinati valori di soglia (ad esempio nella dimensione e/o nella densità), ingenerando mutamenti significativi nelle componenti strutturali del sistema, nelle sue proprietà originarie (Cusinato, 2006). Nonostante le caratteristiche dimensionali siano importanti nell’attribuire il connotato di città ad un insediamento umano, “il tipo di società locale che si può definire città compare già ad una scala ridotta” sulla base degli studi urbani che originano da Geddes (Calafati, 2002, p 22). A questo si deve aggiungere che la scala demografica di una città deve essere messa in relazione con il contesto territoriale in cui la città stessa è localizzata. La presenza di un comune con una certa scala demografica ha effetti completamente diversi nell’organizzazione del territorio a seconda che sia localizzato nella cintura di un’area metropolitana o in un’area appenninica. Sulla 3 Si fa qui riferimento al concetto di rivoluzione territoriale enunciato da Bagnasco (1977, 1982) per indicare i cambiamenti nell’organizzazione territoriale del processo economico occorsi durante gli anni ‘70. Nei decenni a seguire, con l’aumento della mobilità individuale e l’innescarsi di fenomeni di coalescenza territoriale, l’organizzazione territoriale del processo economico subirà ulteriori modificazioni, tali da poter parlare di una seconda rivoluzione territoriale.

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base di queste considerazioni, possiamo affermare che anche molti sistemi locali marginali (sistemi appenninici, alpini o rurali) possano funzionare come una città. Nonostante una scala più modesta e densità relazionali meno pronunciate, si tratta comunque di “insiemi di agenti fra cui si stabilisce una corrispondenza tra contiguità spaziale dei loro processi economici e frequenza delle interazioni sociali. In essi, una parte significativa delle interdipendenze è inscindibile dalla contiguità spaziale dei processi economici (e sociali in genere) dei singoli agenti (Calafati, 2000)”.

In definitiva, secondo l’approccio presentato, la città sembra aderire in maniera più pertinente al concetto generale di sistema locale, candidandosi ad essere utilizzata come meta-concetto interpretativo all’interno della teoria dello sviluppo locale. Questo assunto ci permette di rileggere criticamente l’esito della regionalizzazione funzionale dell’Istat, aiutandoci ad individuarne le lacune principali e gli elementi che possano migliorarne la capacità esplicativa. 3. La procedura di identificazione dei Sistemi Locali

La procedura di identificazione dei Sistemi Locali si articola in tre fasi distinte

e verrà applicata al territorio della Regione Marche. Si farà riferimento agli anni 2001 e 1991 al fine di permettere un confronto con l’output della procedura dell’Istat, sia in termini statici che dinamici.

Nella prima fase verranno identificate le località comunali candidate ad essere le località centrali di un Sistema Locale. Si tratta di una fase fondamentale, da cui dipende la successiva mappatura del territorio in Sistemi Locali. Come vedremo in seguito, l’individuazione delle località candidate ad essere centrali costituisce uno degli elementi di maggiore eterogeneità fra la procedura dell’Istat e quella qui riportata.

Nella seconda fase verranno individuati i comuni che, per il grado di densità relazionali esibite rispetto alla località centrale, possono essere considerati parti di un sistema integrato, che chiameremo proto-Sistema Locale.

Nella terza ed ultima fase arriveremo all’identificazione dei Sistemi Locali, attraverso un’opportuna classificazione delle località comunali che erano rimaste singole al termine della seconda fase. Alcuni comuni verranno assegnati ad un Sistema Locale, mentre altri verranno connotati come comuni isolati o multipolari.

3.1 Identificazione delle località centrali: aspetti metodologici

Il primo passo della procedura consiste nell’individuazione dei comuni pivot candidati ad essere le località centrali di un dato Sistema Locale, grazie alla

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presenza di punti focali che innescano movimenti sistematici sul territorio. Prima di descrivere la modalità operativa di identificazione delle località centrali, però, sembra opportuno riflettere su alcune considerazioni di carattere metodologico in relazione al concetto di centralità, ricorrendo alla teoria dell’analisi delle reti sociali.

Secondo Scott “un punto viene definito localmente centrale se ha un gran numero di connessioni con gli altri punti del suo ambiente circostante mentre è globalmente centrale se ha una posizione di importanza strategica nella struttura complessiva della rete. La centralità locale riguarda la preminenza relativa di un punto focale nel proprio vicinato, mentre la centralità globale riguarda la preminenza nell’intera rete” (Scott, 1997). Partendo dall’ipotesi dall’esistenza di una rete a livello nazionale e di una a livello regionale, possiamo congetturare l’esistenza di diversi tipi di centralità, sulla base della loro consistenza demografica. Le centralità globali, ossia quelle che rivestono un ruolo strategico all’interno della struttura complessiva della rete – nazionale o regionale –, saranno costituite dalle centralità nazionali (comuni con una popolazione superiore ai 200.000 abitanti) e dalle centralità regionali (comuni con una popolazione compresa fra i 30.000 ed i 200.000 abitanti). Ipotizzeremo, poi, l’esistenza di altri due tipologie di centralità (centralità sub-regionali), legate alla capacità di strutturare il territorio ad una scala inferiore. Parleremo di centralità sovra-locali riferendoci a comuni con una popolazione compresa fra i 10.000 ed i 30.000 abitanti e di centralità locali tout court per i comuni con popolazione inferiore ai 10.000 abitanti.

La tassonomia proposta ci consiglia di articolare la procedura di identificazione dei Sistemi Locali. L’armatura delle centralità globali e di quelle sub-regionali, infatti, non è neutra rispetto all’operazione di individuazione dei Sistemi Locali. Il Cartogramma 1 riporta le aree di influenza4 (in termini di mercato del lavoro) attribuibili alle principali località della regione Marche (centralità globali di tipo regionale). Visto che le aree di influenza esercitate dalle 11 principali centralità si espandono su tutto il territorio regionale, ne discende che non possiamo applicare le stesse regole di identificazione per i Sistemi Locali afferenti ad una centralità regionale o ad una centralità locale/sovra-locale. Per individuare i Sistemi Locali attribuibili alle varie centralità, dunque, dovremo costruire un processo di identificazione articolato su due livelli, che consenta di tenere conto del “rumore di fondo” generato dalle centralità regionali sul resto del territorio.

4 Per la loro individuazione si sono considerati i flussi in uscita da ciascuna unità comunale che è stata attribuita ad una delle centralità regionali quando quest’ultima rappresentava la prima meta dei pendolari.

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La tassonomia delle località centrali e la predisposizione di regole diverse per l’individuazione di Sistemi Locali afferenti a centralità di diversa natura evidenzia un primo elemento di eterogeneità rispetto all’algoritmo di regionalizzazione dell’Istat. Per la procedura Istat, infatti, tutti i SLL devono soddisfare le stesse funzioni obiettivo, sia che si tratti dell’individuazione del SLL di Limone sul Garda (4.265 residenti, il più piccolo SLL d’Italia) che di quella del SLL di Roma (3.374.511 residenti, il più grande SLL d’Italia).

Cartogramma 1: le aree di influenza delle centralità regionali delle Marche

Fonte: elaborazioni su dati Istat – Movimenti pendolari 2001. 3.2 Identificazione delle località centrali: aspetti operativi

Le caratteristiche di centralità di una località verranno declinate secondo due aspetti: la capacità di concentrazione e la capacità di attrazione (Berroir et alii, 2008) (Figura 1).

La misura della capacità di concentrazione avverrà sulla base di due indicatori, assoluto e relativo. Il primo riguarda il numero di entrate che ciascun comune può vantare quotidianamente, ossia il suo numero di addetti. Accanto ad esso utilizzeremo l’indice relativo di centralità utilizzato dall’Istat e calcolato come il

Ancona

Senigallia

Jesi

Fano

Macerata

Fabriano

Civitanova M.

Ascoli Piceno

Fermo

PesaroRimini

San Benedetto

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rapporto della differenza tra addetti ed occupati5 residenti rispetto alla differenza fra occupati ed occupati residenti. L’accostamento dell’indice relativo a quello assoluto permette di far emergere la capacità di concentrare posti di lavoro e, dunque, attività economiche, indipendentemente dalla scala del comune considerato. In questa maniera anche un comune con un modesto numero di addetti localizzato in un’area “marginale” potrà vantare una buona capacità di concentrazione di posti lavoro e, quindi, di influenza sul territorio circostante.

Figura 1: gli indicatori della capacità di attrazione e di concentrazione

Per quanto riguarda la capacità di attrazione invece, utilizzeremo tre indici, due

assoluti ed uno relativo. Come ha mostrato Boudeville (Boudeville, 1968), il processo di attrazione consiste di due caratteristiche principali, le relazioni fra i comuni e le gerarchie di tali relazioni, espresse dalle asimmetrie dei flussi. La capacità di un comune di rivestire il ruolo di località centrale dipenderà dall’attrattività esercitata sui comuni contermini, caratteristica che può essere esplicitata sulla base dell’intensità e della diversità dei flussi in entrata che esso riceve. Purtroppo i dati relativi ai flussi attualmente disponibili sono solo quelli per motivi di lavoro e studio. In mancanza di dati sugli spostamenti sistematici per la gestione personale e familiare e per il tempo libero, possiamo cercare di inferirne la presenza sulla base dell’articolazione della struttura economica delle singole località comunali. L’ipotesi che qui si fa è che tanto più la struttura

5 Con addetti si intendono tutti coloro che lavorano nelle unità locali di un determinato comune, risiedendovi o meno. Con occupati si intendono, invece, coloro che risiedono in un determinato comune e svolgono un’attività lavorativa nel comune di residenza o fuori da esso.

Misura della capacità di

concentrazione

Misura della capacità di attrazione

Relativa Assoluta

Funzione di centralità Entrate totali

Indice di complessità delle struttura economica

Numero di volte che la località candidata è meta di un flusso principale

Numero di comuni che esibiscono un flusso verso la località candidata

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economica di una località è diversificata e complessa – in relazione a quella dei comuni confinanti – tanto maggiore sarà la probabilità che essa generi economie di agglomerazione di tipo urbano ed economie di consumo, creando una zona di influenza a scala sovra comunale.

Gli indicatori di attrazione assoluti riguardano il numero di comuni che una località attira – in termini di flussi di pendolarismo – e la capacità di una località di produrre un’attrazione privilegiata. Questa relazione privilegiata si esplica quando una località è scelta come prima meta dai pendolari di un dato comune. L’indicatore di attrazione relativo misura la complessità della struttura economica di un comune ed è calcolato rapportando il numero delle categorie di attività economica relative ai servizi pubblici e privati che ogni comune può vantare sul totale delle categorie stesse6. Anche questo indicatore, come quello di centralità, varierà in relazione alla tipologia di centri da cui promanano. Anche in questo caso, dovremo valutare l’indice in relazione alle caratteristiche dei comuni limitrofi. È evidente che un determinato valore dell’indice esibito da un comune limitrofo ad un capoluogo di regione ed uno stesso valore attribuito ad un piccolo comune appenninico hanno una capacità completamente diversa di strutturare il territorio circostante.

Una volta effettuato il calcolo dei cinque indici7 per ciascun comune, si procederà attribuendo ad ognuno di essi un punteggio sulla base del ranking rispetto alla totalità delle unità comunali (da 1 – punteggio più alto – a 246 . – punteggio più basso). In caso di valore dell’indice identico per due o più unità comunali, verrà dato punteggio maggiore a quello con un numero di residenti maggiore. Nel caso in cui un comune non sia mai la prima meta da parte di un altro comune il punteggio relativo attribuito è il più basso possibile (246). La somma dei punteggi parziali ottenuti da ciascun comune per ciascun indice definirà il ranking finale delle località candidate ad essere centrali, che andranno ricercate fra quelle che occupano una posizione entro il primo 50% (Tabella A.1 in Appendice Statistica).

3.3 Identificazione dei comuni su cui si esercita l’influenza delle località centrali

La seconda fase della procedura di identificazione dei Sistemi Locali si pone l’obiettivo di individuare i comuni che, assieme alla località centrale, formano un

6 Le categorie di attività economica fanno riferimento alla classificazione ATECO 5 digit del 2001. 7 Per la trattazione analitica degli indici di concentrazione ed attrazione si veda la Figura A2 in appendice Statistica.

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sistema integrato racchiudendo entro i propri confini la maggior parte dei campi relazioni degli individui-agenti che li abitano.

A tale scopo utilizzeremo alcune informazioni a priori che permettono di rendere più complesso il concetto di Sistema Locale, arricchendo l’operazione di mappatura territoriale. In particolare ci baseremo sui risultati dell’indagine “Audimob” dell’Isfort (Isfort, 2007) e su quella “Pendolari d’Italia” del Censis (Censis, 2008), con cui tentare di approssimare alcuni fenomeni legati alla mobilità di cui non abbiamo evidenza diretta.

Secondo l’inchiesta “Audimob” gli spostamenti sistematici dei cittadini italiani legati al lavoro, alla scuola, al consumo, alla socializzazione e al tempo libero hanno, nelle Marche, una lunghezza media di circa 9 chilometri al 2001. Sempre al 2001, inoltre, l’analisi dei dati mostra che tali spostamenti nel 90,2% dei casi sono inferiori o uguali ai 10 chilometri, Questo dato ci permette di ipotizzare una soglia chilometrica al di sotto della quale vengono percepite le esternalità di carattere urbano. Ipotizzeremo, quindi, che i comuni pivot abbiano un areale di 10 chilometri di raggio sul quale esercitano un’influenza di tipo urbano.

Al di sopra dei 10 chilometri ciò che giustifica l’aggregazione di un comune ad un Sistema Locale o ad un altro è l’intensità e la direzione dei flussi pendolari esibiti. Se lo spazio fosse omogeneo basterebbe tracciare delle isocrone intorno al comune pivot per stabilire quali comuni vanno aggregati e quali sono, invece, fuori dal campo di forze centripete generato dalla località centrale. In realtà, il territorio è caratterizzato da frattalità: i campi di forze centripete di più comuni pivot possono sovrapporsi, per cui i dati sul pendolarismo sono necessari per mostrare, all’interno di un campo potenziale di relazioni, qual’è effettivamente il gradiente di tale direzione (Cartogramma 2).

Per stabilire il raggio dell’area entro cui cercare comuni potenzialmente aggregabili al comune pivot possiamo far riferimento all’inchiesta effettuata dal Censis, secondo cui, al 2007, nel 71,7% dei casi la distanza percorsa per ciascuno spostamento pendolare è inferiore o uguale ai 25 chilometri8. Approssimeremo a questa distanza il raggio dell’areale al cui interno verificare la presenza di densità relazionali rispetto al comune pivot.

Partendo dalla località centrale con il ranking più alto e disponendo di due valori soglia – 10 e 25 chilometri – entro i quali supponiamo si manifestino i cicli circadiani degli individui e le economie di agglomerazione urbana, possiamo passare alla fase di attribuzione dei comuni alle località centrali. Tutti i comuni con una distanza minore o uguale a 10 chilometri rispetto alla località centrale le vengono attribuiti direttamente. Per quanto riguarda i comuni che si trovano ad una distanza compresa fra gli 11 ed i 25 chilometri si rende necessario individuare

8 In media, dunque, la distanza che separa la residenza dal luogo di lavoro è di

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le direttrici del pendolarismo a seconda che l’attrazione sia esercitata da una centralità regionale o da una centralità locale/sovra-locale.

Cartogramma2: i principali flussi di pendolari nella Regione Marche

Fonte: elaborazioni su dati Istat – Movimenti pendolari 2001.

Nel caso di centralità regionali vengono presi in considerazione tutti i comuni

che distano non più di 25 chilometri (in termini di percorrenza stradale)9. Di questi vengono selezionati quelli per i quali uno dei primi quattro flussi in uscita è diretto verso il comune pivot in esame. La scelta di considerare i primi quattro flussi è dettata dalla possibilità che esistano modalità di organizzazione territoriale che, seppur gerarchizzate intorno ad un comune pivot, si caratterizzano per la presenza di policentrismo, in cui, cioè, le opportunità occupazionali non sono fornite solo dal comune pivot, ma anche da centri secondari che possono intercettare flussi pendolari rilevanti. A questo punto si valuta se i pendolari in uscita dai comuni selezionati rimangono contenuti all’interno del Sistema Locale potenziale secondo una percentuale di almeno il 50%. Se uno o più comuni non soddisfano questa condizione vengono eliminati dal Sistema Locale potenziale e 9 Le distanze chilometriche fra comune e comune sono state calcolate con Route 66 – Geographic Information Systems del 2000.

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si procede a calcolare di nuovo il livello di contenimento delle uscite di ciascun comune nei confronti del Sistema Locale potenziale. La procedura viene reiterata fino a quando tutti i comuni individuati non superano la percentuale del 50%, dando vita al proto-Sistema Locale. A questo punto la procedura viene ripetuta per la località centrale seguente, e così via.

Con riferimento alle centralità locali e sovra-locali si applicherà la stessa procedura con la sola differenza che la percentuale di autocontenimento richiesta è più bassa e, precisamente, pari al 35% per cercare di tenere conto dell’influenza che le centralità regionali esercitano su quelle locali e sovra-locali10. Sulla base di questa metodologia sono stati individuati 11 proto-Sistemi Locali che afferiscono a centralità di tipo regionale e 15 che fanno riferimento a centralità di tipo locale o sovra-locale (Cartogrammi 3 e 4). Cartogramma 3: proto-Sistemi Locali con località centrale > 30.000 abitanti

Fonte: elaborazioni su dati Istat – Movimenti pendolari e Censimento Industria e Servizi 2001.

10 In questa fase bisogna fare attenzione ai comuni che, pur selezionati, non erano stati assegnati ad alcuna località centrale di tipo regionale nella fase precedente. Nel caso fossero associabili ad una località di tipo locale o sovra locale, il livello di autocontenimento dei flussi (maggiore o uguale al 35%) non può essere inferiore a quello che lo stesso comune esibirebbe nei confronti del sistema locale con centralità di tipo regionale cui non è stato assegnato. Se si verificasse questa ipotesi, infatti, il comune ricadrebbe nel Sistema Locale da cui era stato inizialmente scartato. Vale, cioè, il principio che conta maggiormente la gamma di economie urbane che promanano dai centri sovra-ordinati

PESARO

FANO

SENIGALLIA

ANCONA

JESI

FABRIANO MACERATA CIVITANOVA M.

FERMO

SAN BENEDETTO T.

ASCOLI PICENO

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Cartogramma 4: proto-Sistemi Locali con località centrale < 30.000 abitanti

Fonte: elaborazioni su dati Istat – Movimenti pendolari e Censimento Industria e Servizi 2001. 3.4 Identificazione dei Sistemi Locali, dei comuni multipolari e dei comuni isolati

Dopo aver individuato i proto-Sistemi Locali, un certo numero di comuni (39) non risulta assegnato. Con l’ultima fase della procedura si provvederà ad attribuire tali comuni ai proto-Sistemi Locali già individuati o, ove ciò non risulti possibile, a considerarli come comuni multipolari o comuni isolati, categorie che rappresentano una novità rispetto all’output della procedura dell’Istat.

I comuni assegnabili ad un dato Sistema Locale sono quei comuni che, nella prima fase della procedura, non raggiungevano la soglia prestabilita di autocontenimento con il Sistema Locale di riferimento, distavano più di 25 chilometri dal comune pivot o esibivano entrambe le caratteristiche. Con un opportuno rilassamento delle soglie richieste, sia in termini di distanza che di autocontenimento, si verifica se tali comuni sono assegnabili ai Sistemi Locali già individuati. Verranno assegnati ad un determinato Sistema Locale tutti quei comuni comunque non distanti più di 35 chilometri dalla località centrale la cui percentuale di autocontenimento dei flussi pendolari non sia inferiore al 35%. Sulla base di tali soglie 17 comuni sono stati attribuiti a 9 Sistemi Locali.

Con comuni isolati intendiamo quei comuni che, oltre a non raggiungere un certo livello di interdipendenza con una località centrale e con l’insieme dei comuni ad essa integrati, esibiscono flussi pendolari in valore assoluto inferiori ad

URBINO

CAGLIPERGOLA

SERRA DE'CONTI

RECANATI

TOLENTINO

CAMERINO

VISSO COMUNANZA

FALERONE

SARNANO

FOSSOMBRONESANT'ANGELO IN VADO

NOVAFELTRIA

SASSOCORVARO

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una soglia prestabilita – che nella procedura è stata fissata a 20 pendolari. L’algoritmo dell’Istat non prevede questa possibilità, visto che nell’ultima fase è forzato ad associare tutti i comuni rimasti singoli ad un Sistema Locale, anche quelli con flussi in entrata e in uscita irrilevanti. Questa scelta non ha alcun significato, oltre al fatto di complicare il lavoro dell’algoritmo, in una situazione di parcellizzazione territoriale come quella che caratterizza l’Italia. Essa nasconde, inoltre, uno dei problemi fondamentali del paesaggio economico italiano: l’esistenza di comuni che sono disconnessi territorialmente e formano Sistemi Locali a sé – sistemi locali che, in genere, hanno seguito una traiettoria di declino economico e sociale (Calafati, 2005). Dal punto di vista operativo verranno considerati isolati quei comuni che, oltre a non raggiungere la soglia di autocontenimento del 35%, hanno flussi pendolari inferiori od uguali alle 20 unità.

Con comuni multipolari intendiamo, invece, comuni che presentano un’interdipendenza territoriale difficile da interpretare, e che, dunque, non possono essere assegnati in maniera univoca ad un solo Sistema Locale. In genere si tratta di comuni localizzati all’interno dei campi di forze centripete esercitate da due o più località centrali, senza una chiara predominanza dell’una o delle altre. Operativamente verranno considerati multipolari i comuni che non raggiungono il 35% di autocontenimento con nessun Sistema Locale o che, pur superando tale soglia, distano più di 35 chilometri dal comune pivot del Sistema Locale.

Sulla base della procedura di identificazione dei Sistemi Locali sopra descritta11, le Marche ospitano al 2001 26 Sistemi Locali (Cartogramma 5, Tabella A.2 in Appendice Statistica), di cui 11 raccolti intorno ad una centralità di tipo regionale (Ancona, Ascoli Piceno, Pesaro, Macerata, Fabriano, Jesi, Fermo, San Benedetto del Tronto, Civitanova Marche, Fano e Senigallia), 5 raccolti intorno ad una centralità di tipo sovra-locale (Urbino, Fossombrone, Recanati, Camerino e Tolentino) e 10 raccolti intorno ad una centralità di tipo locale (Novafeltria, Sassocorvaro, Cagli, Sant’Angelo in Vado, Pergola, Serra de’Conti, Falerone, Visso, Sarnano e Comunanza). Vi sono, inoltre, 21 comuni multipolari (i comuni a maglie nere oblique) e 13 comuni isolati (i comuni di colore bianco).

Applicando la procedura di identificazione ai dati del pendolarismo del 1991 otteniamo lo stesso numero di Sistemi Locali raccolti intorno alle stesse località centrali (anche se la composizione dei Sistemi Locali può variare di una o più unità comunali). Il numero dei comuni multipolari ammonta, invece, a 30 unità mentre quello dei comuni isolati a 8 unità.

11 Per una rappresentazione schematica delle principali differenze operative fra la procedura dell’Istat e quella alternativa si veda Figura A3 in Appendice Statistica.

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L’utilizzo delle stesse soglie chilometriche fra il 2001 ed il 1991 – non essendo disponibili dati relativi alle percorrenze medie degli spostamenti sistematici nel 1991 – è, certamente, un elemento di arbitrarietà. Resta il fatto che l’areale circostante le località centrali rappresenta un campo potenziale di interrelazioni, che vanno verificate di volta in volta sulla base delle soglie richieste. Se, dunque, i campi di attrazione del 1991 fossero stati sensibilmente inferiori in termini chilometrici rispetto a quelli del 2001, ciò sarebbe risultato dal calcolo dell’autocontenimento dei flussi relazionali, eventualità che si è manifestata molto raramente e che, comunque, è stata colta.

Cartogramma 5: Sistemi Locali delle Marche 2001

Fonte: elaborazioni su dati Istat – Movimenti pendolari e Censimento Industria e Servizi 2001.

NOVAFELTRIAPESARO

FANO

SENIGALLIA

CAGLI

URBINO

SASSOCORVARO

SANT'ANGELO IN VADO

PERGOLASERRA DE'CONTI

FABRIANO

JESI

ANCONA

CAMERINO

MACERATACIVITANOVA MARCHE

RECANATI

FERMOTOLENTINO

SARNANO

FALERONE

COMUNANZA

ASCOLI PICENO

VISSO

SAN BENEDETTO DEL T

FOSSOMBRONE

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4. La strutturazione verticale del territorio

L’individuazione puntuale delle unità elementari di analisi ci permette di disporre di una mappatura della struttura orizzontale del territorio, ossia la sua scomposizione in Sistemi Locali. Per utilizzare una metafora usata frequentemente in letteratura (Veltz 1996, Sassen 2003, Marrou 2007), ci troviamo di fronte ad una serie di “isole” (i Sistemi Locali), che possono formare semplicemente un insieme di isole o un arcipelago. Nel caso dell’arcipelago le caratteristiche fondanti sono i legami, le connessioni, le densità relazionali, tutti elementi che, invece, possono anche non sussistere o essere molto flebili nel caso di un gruppo di isole. L’individuazione di tali legami ci consente di esplicitare una seconda chiave di lettura territoriale che verrà accennata in questo paragrafo, complementare alla strutturazione orizzontale: la struttura verticale del territorio che, come vedremo, si caratterizza per la presenza di relazioni sia gerarchiche che policentriche.

Si tratta di un’operazione prevista anche dalla procedura dell’Istat, che, una volta individuati i SLL, avrebbe dovuto portare all’individuazione delle regioni funzionali, “attraverso la definizione di più livelli gerarchicamente sovra-ordinati di sistemi territoriali”. L’esame della rete di relazioni fra Sistemi Locali, cioè, può portare “all’individuazione di configurazioni territoriali che si collocano ad un livello intermedio (meso-regionale) fra quello locale (micro-regionale) e quello nazionale (macro-regionale)” (Istat, 1997). Nonostante la rilevanza del tema, questo aspetto della procedura di regionalizzazione dell’Istat, in realtà, non è stato mai reso operativo.

La dimensione gerarchica della strutturazione dello spazio viene generalmente concepita come l’insieme delle relazioni di dipendenza che si instaurano fra centri abitati di dimensioni minori e centri di dimensioni maggiori e delle conseguenze che tali relazioni hanno sul territorio. A partire dagli anni ’80, consci dei limiti dei modelli gerarchici12, si è posta l’attenzione sugli aspetti reticolari delle relazioni territoriali, come esito della crescita costante della circolazione di persone, beni, informazioni e della diminuzione dei limiti imposti dalla distanza (Emanuel e Dematteis 1990, Camagni 1993, Capello 1999). Con la fine degli anni ‘90, il paradigma reticolare è stato affiancato dal concetto di policentrismo. Di esso è stata data una connotazione sia normativa (il policentrismo come soluzione rispetto ad uno sviluppo urbano che è sempre più disperso e alle diseconomie di scala provocate dalla congestione urbana - ESPD, 1999), che analitica (il policentrismo funzionale, ossia i modi in cui le persone ed i centri abitati

12 Per una trattazione completa dei limiti del paradigma gerarchico si vedano Camagni (1993), Capello (2004).

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interagiscono fra loro, tenendo conto delle relazioni funzionali e delle distanze che tra essi si instaurano, Kloosterman and Musterd, 2001 Champion, 2001, Parr, 2004 Green, 2007).

Traslando questo breve excursus teorico-metodologico in termini operativi si può tentare di abbozzare una prima rappresentazione dell’organizzazione territoriale verticale della Regione Marche. Per ricostruire i rapporti gerarchici all’interno della regione possiamo ricorrere alla teoria dei grafi e dei flussi dominanti (Nystuen e Dacey, 1961), reinterpretandola opportunamente sulla base delle considerazioni emerse nei paragrafi precedenti.

Nella trattazione originaria, la teoria dei grafi stabilisce una stretta correlazione tra la gerarchia dei luoghi e le caratteristiche dei flussi che tali luoghi si scambiano, permettendo di determinarne la centralità all’interno di un sistema interconnesso. A tal fine due sono i postulati che informano l’operazione. Il primo afferma che un punto viene definito dominate – ossia gerarchicamente sovraordinato – se il suo primo flusso in uscita è diretto verso un punto di dimensioni inferiori. Il secondo afferma che se il primo flusso in uscita da un punto è diretto verso un punto di dimensioni inferiori, allora esso è subordinato – ossia gerarchicamente sotto-ordinato – al secondo. L’applicazione di tali regole permette di caratterizzare l’organizzazione funzionale dei territori e le strutture spaziali associate in termini di dominazione e dipendenza tra i luoghi. Il metodo dei flussi dominanti, in definitiva, identifica un funzionamento gerarchico e incastonato all’interno di una rete di relazioni (Berroir et alii, 2000).

Identificando i punti con i Sistemi Locali ed i flussi con i movimenti pendolari per motivi di lavoro in uscita ed in entrata dai Sistemi Locali individuati, possiamo adattare le regole della teoria dei grafi al caso di studio. I Sistemi Locali vengono, a tale scopo, classificati secondo le caratteristiche della località centrale - regionale, sovra locale e locale. Quando il primo flusso in uscita da un Sistema Locale è diretto verso un Sistema Locale la cui centralità è di livello superiore rispetto a quella di partenza, allora avremo un rapporto gerarchico - nel caso contrario avremo un rapporto contro-gerarchico (Rabino, 1996). Se, infine, il primo flusso in uscita da un Sistema Locale è diretto verso un Sistema Locale la cui centralità è dello stesso livello di quella di partenza, allora ipotizzeremo un legame di tipo policentrico-funzionale (Cartogramma 6).

Posto in questi termini, il territorio marchigiano fa capo a 5 macrosistemi: il macrosistema di Pesaro-Fano, di Ancona-Jesi-Senigallia, di Civitanova Marche-Macerata-Fermo, di Ascoli Piceno-San Benedetto del Tronto e di Fabriano rappresentati schematicamente nella Figura 2. Su questa rete di relazioni policentriche fra Sistemi Locali afferenti a centralità di tipo regionale si innestano quelle gerarchiche con il resto del territorio.

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Cartogramma 6: la strutturazione verticale del territorio nelle Marche

Fonte: elaborazioni su dati Istat – Movimenti pendolari 2001.

Figura 2. schematizzazione della strutturazione verticale del territorio marchigiano

Pesaro

Urb ino

SassocorvaroCagli

Sant’Ange lo in Vado

Fano

Fossombrone

Fabriano

Camerino

Visso Pergo la

Jesi AnconaSenigallia

Serra de’Conti

Recanati

Mace ra ta

Tolen tino

Sarnano

Civi tanova Marche Fermo

Falerone Comunanza

Asco li PicenoSan Benedetto T.

Comunanza

Centralità di tipo regional e

Centralità di tipo sovra -lo cale

Centralità di tipo loc ale

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Fornito un quadro sintetico dell’organizzazione territoriale del processo economico, sia in termini orizzontali che verticali, nel prossimo paragrafo si cercherà di valutare criticamente il risultato delle due procedure. 5. Comparazione dei risultati delle due procedure

La valutazione della performance dei due algoritmi non è un’operazione semplice da espletare, vista la non perfetta corrispondenza della teleologia che ne ha informato le relative procedure. Nel caso dei SLL l’obiettivo è l’individuazione dei mercati locali del lavoro, cui è stato impropriamente associato il meta-concetto di sistema locale. Con la procedura alternativa, invece, si vuole identificare Sistemi Locali nel senso di sistemi urbani giornalieri, la cui mappatura dipende sempre dai flussi generati dal pendolarismo per motivi di lavoro, ma anche dal tentativo di approssimare le esternalità di tipo urbano che promanano dalle località centrali e, dunque, di inferirne i movimenti sistematici generati. Questi Sistemi Locali possono essere mercati locali del lavoro, ma non devono necessariamente esserlo.

Gli esiti delle due procedure sono sensibilmente differenti, sia in termini statici che dinamici. Diverso è il numero di sistemi mappati con le due procedure sia nel 1991 che nel 2001, diverso è il livello di stabilità fra 1991 e 2001 delle relative configurazioni territoriali, diverse, in alcuni casi, sono le località centrali individuate come pure la composizione di parte dei Sistemi Locali e dei SLL che hanno la medesima centralità (Cartogramma 7).

Tra il 1991 ed il 2001 il numero dei SLL passa da 42 a 33, con un incremento della dimensione media da circa 6 a circa 7,5 comuni per SLL. Con riferimento ai Sistemi Locali, invece, il loro numero si mantiene costante fra il 1991 ed il 2001 (26 unità) come pure la dimensione media, che passa da poco meno di 8 comuni per Sistema Locale nel 1991 a poco più di 8 nel 2001. Ai 26 Sistemi Locali individuati si aggiungono le categorie dei comuni isolati, che passano dalle 8 alle 13 unità fra il 1991 ed il 2001 e dei comuni multipolari, il cui numero scende dalle 30 alle 21 unità nel periodo considerato.

L’analisi puntuale della composizione dei SLL e dei Sistemi Locali - in termini di numero di comuni compresi e popolazione residente – mostra come, in molti casi e nonostante il medesimo nome, le partizioni territoriali individuate dalle due procedure siano sensibilmente diverse (Tabella 1). Il SLL di Civitanova Marche ha una popolazione inferiore del 38,2% rispetto al relativo Sistema Locale, quello di Fermo del 28,3%, quello di Macerata del 29,4%. Per contro, il SLL di Fano è più grande del 23,6% rispetto al relativo Sistema Locale, quello di Recanati addirittura del 48,4%. Considerare alcuni di questi sistemi territoriali secondo la metrica dei SLL o dei Sistemi Locali non è sicuramente un’operazione neutra

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rispetto allo studio delle traiettorie evolutive o all’implementazione di politiche di pianificazione.

Cartogramma 7: i SLL e i Sistemi Locali (SL) delle Marche al 1991 e al 2001

Fonte: elaborazioni su dati Istat – 1991, 2001

In definitiva, una valutazione analitica dei risultati delle due procedure può

prevedere una comparazione riferita a tre livelli di lettura: 1. un confronto fra i livelli di autocontenimento dei SLL e dei Sistemi

Locali; 2. un confronto fra le centralità ottenute con le due procedure in termini

dinamici; 3. un’analisi dei SLL che sono presenti solo in uno dei due periodi ed una

verifica che ne attesti la congruità rispetto ai valori osservati dei flussi pendolari.

SL_01

NOVAFELTRIA

URBIN O

SASSO CO RVARO

PES AR O

FAN O

SENIG ALLI A

PERG OL A SERR A DE'CO NTI

SAN T'AN GELO IN VAD O

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FOSSOMBRO NE

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Pesaro

UrbinoPiandimeleto

Sant'angelo In Vado

Cagli

Pergola

Fano

Senigallia

Ancona

JesiArcev ia

Fabriano

Cingoli

Treia

FilottranoRecanati

Civitanova MarcheMacerata

Montegranaro

Monte San Pietrangeli

Mogliano

Montegiorgio

FermoTolentino

San Severino MarcheSar nano

Pieve Torina

Ascoli Piceno

OffidaComunanza San Benedetto del T.

PENNABILLI

NOVAFELTRIA

SASSOCORVARO

PIANDIMELETO

SANT'ANGELO IN VADO

URBANIA

URBINO

PESARO

FANO

MO NDOLFOFOSSO MBRO NE

CAGLI PERG OLA

SENIGALLIA

OSTRA

SERRA DE'CONTI

SASSOFERRAT O

JESI

ANCONA

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CINGOLI

FABRIANO

CAMERINO

RECANATI

MACERATA

TREIA

TOLENTINO

URBISAGLIA

MO NT E SAN GIUSTO

CIVITANOVA MARCHE

PORTO S.ELPIDIOMO NTEGRANARO

MO NTE SAN PIETRANGELI

FERMOMO NTEGIORGIO

MO NTEFIO RE DELL'ASO

VISSOCOMUNANZA

ASCOLI PICENO

OFFIDA

SAN BENEDETTO DEL T.

SARNANO

SLL_91

SLL_01

NOVAFELTRIAPESARO

FANO

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URBINO

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SANT' ANGELO IN VADO

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FABRIANO

JESI

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CAMERINO

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FERMOTOLENTINO

SARNANO

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COMUNANZ A

ASCOLI PICENO

VISSO

SAN BENEDETTO DEL T

FOSSOMBRONE

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Tabella 1: confronto fra SLL e Sistemi Locali – numero comuni e popolazione residente, 2001

- Num_com: numero comuni facenti parte del Sistema Locale o del SLL al 2001 - Pop_01: popolazione residente al 2001 - Diff_SLL_SL: scarto percentuale fra la popolazione dei SLL e quella dei SL Fonte: proprie elaborazioni su dati Istat – 2001 5.1. Il livello di autocontenimento e le centralità

L’autocontenimento è il concetto guida della strategia di regionalizzazione dell’Istat. Esso “denota un territorio dove si concentrano attività produttive e servizi in quantità tali da offrire opportunità di lavoro e residenziali alla maggior parte della popolazione che vi è insediata” (Istat, 1997).

SLL_01 Num_com Pop 01 Sistemi Locali Num_com Pop 01 Diff_SLL_SL

ANCONA 11 204.123 Ancona 14 227.646 -11,5PESARO 8 117.109 Pesaro 8 118.542 -1,2ASCOLI PICENO 17 109.858 Ascoli Piceno 18 117.574 -7,0SAN BENEDETTO DEL TRONTO 12 109.431 San Benedetto del Tronto 10 104.752 4,3FANO 14 107.494 Fano 9 82.108 23,6CIVITANOVA MARCHE 5 90.807 Civitanova Marche 8 125.515 -38,2JESI 15 74.938 Jesi 15 77.316 -3,2FERMO 12 73.682 Fermo 22 94.522 -28,3MACERATA 7 73.001 Macerata 12 94.428 -29,4SENIGALLIA 7 62.389 Senigallia 6 58.853 5,7FABRIANO 6 54.981 Fabriano 10 64.186 -16,7

RECANATI 9 85.240 Recanati 4 43.965 48,4URBINO 6 35.058 Urbino 5 32.695 6,7TOLENTINO 6 24.051 Tolentino 6 24.051 0,0

NOVAFELTRIA 7 17.357 Novafeltria 7 17.357 0,0CAGLI 5 19.959 Cagli 3 15.801 20,8COMUNANZA 13 16.332 Comunanza 10 14.268 12,6PERGOLA 9 22.481 Pergola 4 12.654 43,7SASSOCORVARO 11 15.401 Sassocorvaro 9 12.743 17,3SANT'ANGELO IN VADO 3 5.977 Sant'Angelo in Vado 4 8.089 -35,3SARNANO 7 14.135 Sarnano 2 4.295 69,6

SAN SEVERINO MARCHE 7 28.134 Camerino 14 20.820MONTEGIORGIO 13 24.554 Serra de' Conti 6 16.668MONTEGRANARO 2 20.184 Fossombrone 4 14.337CINGOLI 4 15.069 Falerone 6 10.581TREIA 2 13.353 Visso 4 2.790OFFIDA 6 13.286FILOTTRANO 2 13.192ARCEVIA 4 12.395PIEVE TORINA 12 7.608MOGLIANO 3 7.588PIANDIMELETO 5 5.714MONTE SAN PIETRANGELI 3 5.640

Isolato 13 11034Multipolare 21 75073

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La soglia di autocontenimento utilizzata nella procedura Istat è del 75%, un valore “empirico” sensibilmente maggiore a quel 50% che Smart (Smart, 1974) ritiene essere il valore minimo accettabile affinché un’unità territoriale possa essere considerata come un Sistema Locale. L’autocontenimento può essere declinato sia dal lato della domanda che dell’offerta di lavoro. Nel primo caso (domanda di lavoro) esso è dato dal rapporto fra gli occupati residenti e gli occupati totali, mentre nel secondo (offerta di lavoro) discende dal rapporto fra occupati residenti ed addetti. Come fanno notare Barbieri e Causi (Barbieri e Causi, 2005), “nell’esperienza italiana del 1991, il vincolo viene rispettato rigorosamente dal lato della domanda, mentre da quello dell’offerta la condizione non è stringente (non è rispettata in 270 casi su 784)”. Al 2001, almeno per la Regione Marche, la funzione di autocontenimento della domanda è soddisfatta da tutti i 33 SLL presenti, mentre sono 12 quelli che non soddisfano la funzione di autocontenimento dell’offerta. Nel caso dei Sistemi Locali, invece, la funzione di autocontenimento della domanda non è soddisfatta da uno solo dei 26 Sistemi Locali individuati13, mentre sono 8 quelli che non soddisfano la funzione di autocontenimento dell’offerta. In relazione all’autocontenimento, dunque, non emerge una netta prevalenza di una procedura sull’altra.

Una critica sostanziale all’esito dalla procedura dell’Istat in un’ottica dinamica è l’elevata volatilità delle località centrali al 1991 che perdono tale status nel decennio seguente. Mentre nella procedura alternativa il numero delle località centrali rimane costante nel periodo considerato, nel caso dei SLL fra il 1991 ed il 2001 notiamo la scomparsa di 14 località centrali cui si accompagna la creazione di 5 nuove centralità14. Approfondendo l’analisi si evince come tali cambiamenti riguardino solo le centralità locali e sovra-locali, ossia quelle con una popolazione inferiore ai 30.000 abitanti, essendo confermate tutte le centralità regionali. Se accantoniamo le 11 località centrali con più di 30.000 abitanti, quasi la metà delle rimanenti (14 su 31) scompaiono fra 1991 e 2001 La ragioni di questa estrema variabilità sono di carattere metodologico ed operativo.

Dal punto di vista metodologico la variabilità può essere messa in relazione al fatto che l’algoritmo dell’Istat, per costruzione, è spesso portato a cogliere unità territoriali organizzate intorno a cluster – anche piccoli – di imprese, caratterizzabili come sotto-sistemi rispetto ai cicli circadiani complessivi degli individui. Si tratta, in generale, di SLL di piccole dimensioni, composti da poche

13 Si tratta del sistema locale di Fossombrone, per il quale sia la funzione di autocontenimento della domanda che quella dell’offerta sono pari al 70%. 14 Le centralità non più tali al 2001 sono i comuni di Osimo, Sassoferrato, Mondolfo, Ostra, Urbisaglia, Pennabili, Porto Sant’Elpidio, Monte San Giusto, Fossombrone, Camerino, Montefiore dell’Aso, Urbania, Serra de’Conti e Visso. I comuni che diventano centrali sono Filottrano, Pieve Torina, Arcevia, Mogliano e San Severino Marche.

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unità comunali raccolte intorno a centralità effimere che, essendo tali, possono scomparire o crearsi nell’arco di un decennio. In questi casi, il pendolarismo per motivi di lavoro non è una proxy dell’interdipendenza territoriale bensì una proxy dell’organizzazione territoriale del sistema locale (spesso “città dispersa” di riferimento): esso riflette la localizzazione della residenza rispetto alla localizzazione dei luoghi di lavoro – soprattutto fabbriche nelle città industriali” La localizzazione delle aree industriali è tuttavia distribuita sul territorio – come in molte città medio-grandi – in un modo da segmentare territorialmente i movimenti del pendolarismo. Gli individui, come è tipico di un sistema urbano, cercano una residenza che minimizzi la distanza dal luogo del lavoro (o viceversa) (Calafati, Compagnucci, 2005).

Dal punto di vista operativo si potrebbe argomentare che la perdita dello status di località centrale dipende da variazioni significative nei movimenti pendolari di cui tali località erano in precedenza il focus15. Ciò può costituire, naturalmente, una delle cause. Dobbiamo però, anche notare che la scelta delle località candidate ad essere centrali viene effettuata su scala nazionale, scegliendo il primo 20% dei comuni che soddisfano la condizione di centralità o quella di autocontenimento. È ovvio, quindi, che il numero delle località centrali marchigiane dipende, oltre che dal rispetto delle funzioni-obiettivo, anche da quanto succede nel resto del territorio nazionale. Un aumento o una diminuzione delle località candidate ad essere centrali nel resto del territorio influisce direttamente sul numero di quelle regionali. A questa spiegazione va aggiunta quella recentemente messa in luce da alcuni ricercatori dell’Istat, che simulando variazioni dei flussi non troppo marcate tra i comuni, hanno ottenuto mappature territoriali sensibilmente diverse, sia in termini di numero di comuni appartenenti ai vari SLL che di centralità. La procedura alternativa sembra più stabile da questo punto di vista. Nonostante alcuni cambiamenti nella composizione comunale dei Sistemi Locali individuati, la totalità di essi viene riconfermata al 2001 con le stesse centralità.

Nella procedura dell’Istat, inoltre, le località selezionate ad essere centrali vengono ordinate in maniera decrescente sulla base delle entrate, ossia del numero di addetti. Il criterio della scala dimensionale, però, sembra incontrare problemi soprattutto in relazione a comuni con una base demografica sotto i 30.000 abitati, imponendo una semplificazione eccessiva che non restituisce correttamente le gerarchie territoriali. Nel caso di centralità locali e sovra-locali, infatti, il numero di addetti non sembra essere un buon discrimine nell’anteporre una centralità ad un’altra. Con la procedura alternativa esiste la possibilità che si verifichino 15 In molti casi questa ipotesi è stata confutata dall’analisi puntuale dei dati relativi al pendolarismo. Nonostante, infatti, le gerarchie di tali flussi rimangano sostanzialmente costanti fra il 1991 ed il 2001, le configurazioni territoriali che emergono nei due periodi sono sensibilmente diverse (Compagnucci, 2009, Cap. 4).

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situazioni in cui la località centrale, pur esibendo un indice di centralità più elevato, abbia un numero di addetti inferiore ad uno o più comuni che ad essa vengono aggregati.

Questo primo raffronto fra le due procedure mette in luce una serie di fatti stilizzati:

1. Le performance delle due procedure sono sostanzialmente simili in relazione alla soglia di auto-contenimento richiesta.

2. Le località centrali individuate dalle due procedure coincidono per i comuni con più di 30.000 abitanti e sono stabili nel tempo – anche se la composizione dei relativi Sistemi Locali non è sempre omogenea.

3. Le località centrali individuate con meno di 30.000 abitanti differiscono sensibilmente tra le due procedure. Inoltre, la variabilità fra il 1991 ed il 2001 del numero delle località centrali individuate dall’Istat è marcata mentre è nulla nella procedura alternativa.

5.2. Analisi della variabilità dei SLL

La maggior variabilità della configurazione territoriale esito della procedura di

regionalizzazione dell’Istat non è di per sé un elemento critico. I sistemi locali sono sistemi aperti, progressivi, che cambiano struttura, evolvendo in risposta a sollecitazioni esterne e a cambiamenti dell’ambiente in cui sono localizzati. Il ricollocamento di uno o più comuni all’interno dell’armatura urbana regionale fa parte della natura dinamica dei processi evolutivi, che hanno portato alla creazione di nuove densità relazionali. Il problema non è, dunque, la variabilità di per sé, ma la congruità di tali cambiamenti rispetto ai movimenti pendolari effettivamente registrati.

Le variazioni intercorse nel numero e nella composizione dei SLL fra 1991 e 2001 possono essere riassunte in tre tipologie16:

1. SLL presenti al 1991 e non riconfermati nel 2001, che confluiscono in un SLL di dimensioni maggiori;

2. SLL presenti al 1991 e non riconfermati nel 2001, i cui comuni vengono attribuiti a due o più SLL;

3. SLL che, pur mantenendo sostanzialmente gli stessi confini nell’intervallo di tempo considerato, cambiano la località centrale.

Appartengono alla prima tipologia i SLL di Fossombrone, Pennabilli, Urbania, Sassoferrato, Porto Sant’Elpidio e Visso. Si tratta di SLL che, entrando nell’orbita di altri SLL, generalmente ad essi sovra-ordinati, potrebbero essere interpretati

16 Per una disamina particolareggiata delle tre tipologie di SLL, con riferimenti cartografici e tabellari, si veda Compagnucci (2009).

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come fenomeni di coalescenza territoriale. In realtà, l’analisi dei dati relativi ai movimenti pendolari e alle distanze chilometriche evidenzia come, già al 1991, la maggior parte di essi fosse funzionalmente integrata con il Sistema Locale cui sono stati assegnati nel decennio seguente.

I SLL di Mondolfo, Osimo, Ostra, Monte San Giusto, Urbisaglia e Montefiore dell’Aso fanno parte della seconda categoria di SLL, le cui centralità del 1991 scompaiono ed i cui comuni vengono assegnati a due o più SLL nel 2001. Anche in questo caso, il fatto stilizzato che si può desumere è che si trattasse di SLL raccolti intorno a centralità effimere. L’algoritmo dell’Istat, infatti, cercando i mercati locali del lavoro in un territorio che si è organizzato secondo la metrica dei sistemi urbani, coglie la sola segmentazione territoriale determinata dai flussi casa-lavoro, che, spesso, rappresenta un sottoinsieme del sistema urbano in questione. Va sottolineato che alcuni dei comuni che fanno parte di questa tipologia di SLL sono stati classificati come multipolari o isolati dalla procedura alternativa. Si tratta, dunque, di comuni senza una gravitazione gerarchica univoca o con densità relazionali così esigue da poter essere considerati comuni disconnessi dal resto del territorio.

L’ultima tipologia di SLL, infine, mette in evidenza il problema di individuazione delle località centrali da parte dell’algoritmo Istat. Appartengono a questo gruppo i SLL di Serra de’Conti, Camerino e Visso, ossia SLL che, pur mantenendo in linea di massima gli stessi confini territoriali fra 1991 e 2001, cambiano località centrale. Il cambiamento di centralità, anche in questo caso, sembra più legato all’architettura dell’algoritmo di regionalizzazione che ad effettivi cambiamenti nella gerarchia territoriale. Infatti, la portata delle variazioni relative ai flussi pendolari fra 1991 e 2001 non sembra tale da modificare la gerarchia territoriale emersa nel 1991 (Compagnucci, 2009). Ancora una volta la non congrua interpretazione dell’organizzazione territoriale del processo economico potrebbe dipendere dall’eccessiva sensibilità dell’algoritmo rispetto a variazioni – molto contenute – dei livelli di flussi pendolari. L’interpretazione fornita dalla procedura alternativa, invece, conferma l’analisi puntuale dei dati, come pure una maggior pertinenza in relazione all’individuazione delle località centrali, la cui definizione è più articolata rispetto a quella dell’Istat.

La descrizione particolareggiata dell’output delle due procedure ci porta ad affermare che i dubbi ontologici e procedurali sollevati in relazione alla procedura di regionalizzazione dell’Istat siano motivati. In particolare l’analisi ha fatto emergere una serie di fatti stilizzati che possono essere così sintetizzati:

1. L’individuazione delle località centrali della procedura dell’Istat per soglie demografiche sotto i 30.000 abitanti spesso appare distorta rispetto ad una lettura puntuale dei flussi pendolari che insistono sul territorio.

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2. L’individuazione delle località centrali per soglie demografiche sopra i 30.000 viene confermata dall’analisi dei dati, anche se si riscontrano attribuzioni di comuni a determinati SLL non giustificabili.

3. L’output dell’algoritmo dell’Istat sembra troppo sensibile a variazioni numeriche dei flussi pendolari che, in realtà, non incidono per nulla o non in maniera significativa sulle gerarchie territoriali. La procedura alternativa mostra una stabilità maggiore.

4. Anche volendo valutare le performance dell’algoritmo dell’Istat sulla base della finalità per cui è stato costruito – l’individuazione dei mercati locali del lavoro – emergono situazioni difficili da legittimare dopo un’analisi puntuale dei dati sui movimenti pendolari.

5. Vi sono numerosi comuni che presentano un’interdipendenza territoriale difficile da gerarchizzare perché la direzione dei flussi dei pendolari in uscita è policentrica o i flussi sono talmente esigui da non poter configurare una densità relazionale. Assegnare questi comuni al SLL con il quale hanno una gravitazione marginalmente maggiore – ammesso che ciò si possa determinare in modo univoco – conduce a risultati paradossali. Ciò non avviene nella procedura alternativa, grazie all’articolazione dell’output, che oltre alla categoria dei Sistemi Locali, prevede la presenza di comuni multipolari ed isolati.

6. Considerazioni conclusive

Riaprire il dibattito scientifico sul tema dell’identificazione dell’unità territoriale di indagine ha un’indubbia importanza, sia dal punto della ricerca che delle politiche pubbliche territoriali. Riaprirlo mentre l’Istat, in vista delle prossime rilevazioni censuarie, si sta interrogando se continuare ad utilizzare l’algoritmo “in servizio” dal 1981, dà ancora maggior rilievo all’argomento.

Con l’introduzione della metrica dei SLL si è cercato di risolvere un problema interpretativo di grande rilievo, utilizzando un algoritmo unico su base nazionale per la mappatura tanto dei sistemi urbani di grandi e medie dimensioni quanto di quelli più marginali. Purtroppo, i SLL si sono mostrati inadeguati nell’interpretare l’articolazione territoriale del processo economico – sia dal punto di vista concettuale che empirico. Studiare, analizzare, pianificare, regolare il territorio attraverso una griglia interpretativa non congrua genera profonde distorsioni nella comprensione delle dinamiche territoriali, con evidenti svantaggi in termini di efficienza sia statica che dinamica.

Certamente l’algoritmo dell’Istat coglie in maniera pertinente – seppure con innumerevoli casi di anomale attribuzioni di unità comunali – le centralità regionali e nazionali, ma manifesta palesi difficoltà nell’interpretazione

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dell’organizzazione territoriale dei luoghi più marginali, spesso caratterizzati da traiettorie di declino socioeconomico e organizzati intorno a centralità di tipo locale o sovra-locale. Questa asimmetria interpretativa solleva un vero e proprio problema di iniquità rappresentativa, cui bisognerebbe dare voce.

La procedura alternativa, certamente non immune da critiche e passibile di miglioramenti, cerca di introdurre ulteriori elementi di analisi in grado di dare risposta alle lacune interpretative manifestate dall’algoritmo dell’Istat. Il tema della centralità viene declinato in maniera meno riduzionista rispetto ai soli criteri di autocontenimento e di centralità utilizzati dall’Istat, mentre la presenza di indicatori specifici cerca di approssimare il livello di esternalità di tipo urbano. Oltre che dal punto di vista operativo, questo passaggio è un cambiamento teorico molto rilevante, spostando l’attenzione dal distretto industriale alla città come unità di indagine elementare.

In secondo luogo, nella procedura alternativa la presenza di densità relazionali è funzione solo dei flussi, mentre in quella dell’Istat rilevano anche gli stock. Nella procedura dell’Istat, infatti, una volta individuate le località centrali, si cercano i comuni ad esse associabili sulla base di una certa soglia di scambio reciproco di pendolari e del rispetto di una soglia prestabilita di autocontenimento. Ora, se indubbiamente lo scambio reciproco di pendolari è un flusso, l’autocontenimento (nell’accezione dell’Istat) è dato, invece, da una quota attribuibile agli stock (l’autocontenimento di partenza dei due comuni) ed una attribuibile ai flussi (i pendolari che i due comuni si scambiano). È evidente che l’autocontenimento fra due comuni può superare la soglia prestabilita anche in condizioni di flussi modesti ma con un autocontenimento (stock) di partenza elevato per entrambi. Tale situazione non è eccezionale nel territorio marchigiano, dove il livello medio di autocontenimento dei comuni raggiunge il 48%. Considerare l’autocontenimento solo in termini di flussi non impedisce ai Sistemi Locali individuati di esibirne livelli in linea con quanto richiesto dall’Istat. Va, inoltre ricordato, che l’autocontenimento richiesto in termini di flussi dalla procedura alternativa varia a seconda del tipo di località intorno alla quale il Sistema Locale è organizzato.

In terzo luogo si è introdotta una soglia dell’intensità di interdipendenza territoriale, sia in termini relativi che in valore assoluto, al di sotto della quale l’associazione di un comune con un altro comune, o con un insieme di comuni, non ha luogo. Con i comuni isolati e multipolari si è cercato di ridurre il numero di anomale attribuzioni di un comune ad un Sistema Locale, situazione che si ripete più volte nella procedura dell’Istat.

Infine, a differenza della procedura di regionalizzazione dell’Istat, quella proposta in questo lavoro è perfettamente replicabile.

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Appendice Statistica Figura A.1: schematizzazione della procedura di regionalizzazione dell’Istat

1° Fase

Obbiettivi Strumenti

Individuazione delle località potenziali che concentrano posti di lavoro

Classificazione in:

- località comunali singole che concentrano posti di lavoro- località comunali unificate che concentrano posti di lavoro- località comunali che non concentrano posti di lavoro

Funzione di centralità

Funzione di autocontenimento

Doppia funzione di autocontenimento della domanda ed offerta di lavoro > 0,5

Assegnazione delle località che non concentrano posti di lavoro a quelle che ne concntrano

Identificazione dei proto sistemi locali del lavoro

3° Fase

2° Fase

4° Fase

Doppia funzione di autocontenimento della domanda ed offerta di lavoro > 0,75

Legame reciproco di flussi di pendolari

Livello minimo di addetti = 1000

5° Fase Calibratura fine

Flusso pendolare verso il centro = 0,1

Doppia funzione di autocontenimento della domanda ed offerta di lavoro > 0,75

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Figura A.2: indicatori della capacità di attrazione e di centralità della procedura alternativa

Figura A.3: principali differenze fra la procedura di regionalizzazione dell’Istat e quella alternativa

1 - Funzione di centralità: (ADDi-OCRi)/(OCCi-OCRi)ADDi = numero di addetti del comune iOCCi = numero di occupati del comune iOCRi = numero di occupati-residenti del comune i

2 - Indice di concentrazione assoluto: ENTiENTi = valore assoluto delle entrate del comune i

3 - Indice di articolazione dei servizi: NSERi/TSERiNSERi = numero categorie di attività economica nei servizi Ateco 5 digit del comune iTSERi = totale categorie di attività economica nei servizi Ateco 5 digit del comune i

4 - Indice di attrazione globale: NFLUiNFLUi = numero di comuni che presentano un flusso di pendolari verso il comune i

5 - Indice di attrazione privilegiata: PFLUiPFLUi = numero di comuni il cui primo flusso di pendolari in uscita è diretto verso il comune i

SLL Sistemi Locali

Individuazione delle località centrali

- Funzione di centralità - Funzione di centralità- Funzione di autocontenimento - Indice di concentrazione assoluto - Base nazionale - Indice di articolazione dei servizi

- Indice di attrazione globale- Indice di attrazione privilegiata- Tassonomia delle località centrali- Base regionale

Attribuzione comuni a località centrale

- Autocontenimento + flussi pendolari - Distanza chilometrica- Stesse modalità di individuazione per tutti i SLL - Flussi pendolari

- Soglie differenti a seconda del tipo di località centrale

Output

- SLL - Sistemi Locali- Comuni multipolari- Comuni isolati

- Operazione non replicabile - Operazione replicabile

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Tabella A.1: ranking delle località candidate ad essere centrali - Marche, 2001

Fonte: proprie elaborazioni su dati Istat, Censimenti della Popolazione, delle Industrie e Servizi e del Pendolarismo, 2001. pop_01: valore assoluto della popolazione al 2001 Rank_flu1: classifica secondo il numero di comuni che ha nel comune i la prima meta dei propri pendolari. Rank_num_com: classifica secondo il numero di comuni che inviano pendolari verso il comune i. Rank_entrate: classifica secondo il numero di entrate (numero addetti) per ciascun comune. Rank_centr: classifica secondo la funzione di centralità. Rank_aggl: classifica secondo l’indice di diversificazione dei servizi pubblici e privati. Rank_tot: classifica finale ottenuta come somma dei punteggi parziali.

Comune pop_01 Rank_flu1 Rank_num_com

Rank_entrate

Rank_centr Rank_aggl Rank_tot

Ancona 100.507 2 4 1 4 1 1Ascoli Piceno 51.375 3 5 3 3 6 2Pesaro 91.086 9 2 2 17 2 3Macerata 40.875 4 11 5 14 5 4Fabriano 30.019 7 16 6 2 10 5Jesi 39.224 5 10 4 18 8 6Fermo 35.502 1 7 9 29 9 7San Benedetto del Tronto 45.054 10 3 7 43 3 8Civitanova Marche 38.299 17 8 10 21 7 9Urbino 15.270 14 20 17 8 15 10Tolentino 18.649 13 14 21 25 13 11Fano 57.529 6 1 8 85 4 12Recanati 20.050 18 19 14 32 17 13Senigallia 41.550 12 6 12 91 7 14Camerino 6.858 11 42 40 10 28 18Fossombrone 9.591 19 28 36 49 22 19Comunanza 3.100 8 115 33 1 50 27Novafeltria 6.724 15 67 57 84 26 31Cagli 9.076 21 35 68 108 29 33Pergola 6.810 22 47 75 88 35 34Serra de' Conti 3.464 25 109 67 36 62 40Sassocorvaro 3.457 32 84 90 39 65 41Sarnano 3.375 55 56 129 63 55 44Falerone 3.176 58 62 107 111 55 48Sant'Angelo in Vado 3.868 31 97 115 110 51 52Visso 1.177 36 207 166 9 77 92

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Tabella A.2: i Sistemi Locali delle Marche, 2001

Sistema locale di Ancona Sistema locale di Maceratacom_res uscite perc_usc Distanza com_res uscite perc_usc Distanza

Agugliano 1.222 86,4 16 Appignano 460 68,0 15Ancona 5.448 68,7 0 Colmurano 193 68,4 21Camerano 1.023 90,9 12 Corridonia 2.125 63,0 10Camerata Picena 482 83,2 19 Loro Piceno 307 62,5 22Castelfidardo 2.507 61,8 22 Macerata 3.523 42,4 0Chiaravalle 3.450 68,6 21 Mogliano 641 55,4 23Falconara Marittima 6.213 83,0 11 Montecassiano 1.242 49,8 10Montemarciano 2.522 73,9 20 Petriolo 366 82,5 14Monte San Vito 1.476 64,4 24 Pollenza 1.193 69,7 13Numana 682 82,3 20 Ripe San Ginesio 155 76,8 23Offagna 504 92,5 19 Treia 1.202 67,2 17Osimo 4.400 78,7 20 Urbisaglia 594 75,4 18Polverigi 787 83,4 19Sirolo 683 89,9 20 Sistema locale di Fabriano

com_res uscite perc_usc DistanzaSistema locale di Ascoli Picenocom_res uscite perc_usc Distanza Cerreto d'Esi 604 92,1 10

Fabriano 1.019 53,3 0Acquasanta Terme 502 87,8 19 Genga 372 83,3 13Appignano del Tronto 397 84,1 14 Sassoferrato 1.058 87,0 18Ascoli Piceno 2.432 50,3 0 Esanatoglia 352 86,4 16Castel di Lama 1.910 79,0 14 Matelica 1.604 76,6 18Castignano 471 66,9 22 Costacciaro 257 58,8 23Castorano 469 76,3 19 Fossato di Vico 425 55,1 14Colli del Tronto 831 70,9 17 Sigillo 471 62,8 19Folignano 2.354 88,0 9 Serra San Quirico 44,3 23Maltignano 598 86,8 16Offida 609 51,6 22 Sistema locale di JesiRoccafluvione 446 86,8 14 com_res uscite perc_usc DistanzaSpinetoli 1.106 53,9 21Venarotta 413 86,9 10 Belvedere Ostrense 408 50,0 13Ancarano 287 53,7 20 Castelbellino 1.174 67,3 13Civitella del Tronto 886 54,0 22 Cupramontana 979 51,0 17Sant'Egidio alla Vibrata 1.205 50,8 18 Jesi 4.319 35,3 0Valle Castellana 136 82,4 21 Maiolati Spontini 1.473 53,0 18Arquata del Tronto 68,9 31 Monsano 781 64,5 7

Monte Roberto 740 70,5 14Sistema locale di Pesaro San Marcello 464 67,0 9com_res uscite perc_usc Distanza San Paolo di Jesi 200 68,5 13

Staffolo 500 61,0 18Colbordolo 1.084 77,7 21 Rosora 49,1 18Mombaroccio 299 76,6 20 Morro d'Alba 46,2 12Monteciccardo 351 91,5 18 Castelplanio 43,7 17Montelabbate 1.351 89,6 14 Mergo 35,3 22Pesaro 5.402 50,6 0Sant'Angelo in Lizzola 1.767 87,8 18Tavullia 1.345 64,9 17Montecalvo in Foglia 56,9 27

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Sistema locale di Fermo Sistema locale di Fanocom_res uscite perc_usc Distanza com_res uscite perc_usc Distanza

Altidona 466 70,6 15 Cartoceto 1.495 76,3 17Belmonte Piceno 151 64,9 22 Fano 5.883 14,5 0Campofilone 296 52,7 23 Montemaggiore al Metau 540 72,4 19Fermo 3.422 53,7 0 Piagge 265 71,7 18Grottazzolina 509 82,1 14 Saltara 1.077 62,0 19Lapedona 233 76,8 10 San Giorgio di Pesaro 312 53,5 21Magliano di Tenna 223 83,0 17 Serrungarina 524 54,6 22Monte Giberto 168 82,7 15 San Costanzo *** 49,3 14Montegiorgio 837 57,5 22 Orciano di Pesaro *** 37,6 22Monterubbiano 370 74,9 13Monte Urano 793 50,6 12 Sistema locale di SenigalliaMonte Vidon Combatte 82 75,6 21 com_res uscite perc_usc DistanzaMontottone 158 81,0 21Moresco 116 85,3 12 Castel Colonna 267 55,1 14Pedaso 378 63,0 17 Ripe 714 52,1 15Petritoli 306 65,0 18 Senigallia 4.193 8,6 0Ponzano di Fermo 298 84,9 12 Corinaldo *** 49,9 20Porto San Giorgio 2.542 59,8 7 Ostra *** 48,5 14Rapagnano 323 67,2 15 Monterado *** 41,0 19Monsampietro Morico *** 77,4 29Torre San Patrizio *** 49,4 17 Sistema locale di Urbino

com_res uscite perc_usc DistanzaSistema locale di San Benedetto del Trontocom_res uscite perc_usc Distanza Auditore 244 38,1 22

Fermignano 1.191 70,6 6Acquaviva Picena 707 83,7 8 Montecalvo in Foglia 467 36,2 20Cupra Marittima 881 64,2 10 Peglio 130 66,2 19Grottammare 2.556 75,9 5 Petriano 498 35,9 15Massignano 289 55,0 17 Urbania 725 58,8 16Monsampolo del Tronto 704 63,5 14 Urbino 1.383 41,5 0Monteprandone 1.941 78,3 7Ripatransone 561 66,8 17 Sistema locale di TolentinoSan Benedetto del Tronto 5.071 60,7 0 com_res uscite perc_usc DistanzaColonnella 444 53,8 11Martinsicuro 1.904 49,4 9 Belforte del Chienti 372 72,0 9

Caldarola 284 58,8 12Sistema locale di Civitanova Marche Camporotondo di Fiastro 100 74,0 13com_res uscite perc_usc Distanza Cessapalombo 110 64,5 18

Serrapetrona 195 70,3 12Civitanova Marche 3.155 48,4 0 Tolentino 1.443 13,4 0Montecosaro 1.045 79,8 9Monte San Giusto 979 65,5 20 Sistema locale di RecanatiMorrovalle 1.287 59,8 13 com_res uscite perc_usc DistanzaMontegranaro 994 64,8 16Porto Sant'Elpidio 2.538 54,9 7 Loreto 2.051 39,4 6Sant'Elpidio a Mare 2.102 57,9 13 Montelupone 525 35,2 9Potenza Picena *** 42,5 14 Porto Recanati 1.918 38,4 12

Recanati 2.499 31,7 0

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Sistema locale di Camerino Sistema locale di Caglicom_res uscite perc_usc distanza com_res uscite perc_usc distanza

Acquacanina 19 63,2 24 Acqualagna 654 30,4 9Camerino 534 37,3 0 Cagli 879 26,5 0Castelraimondo 806 40,9 9 Cantiano 314 38,2 9Fiastra 49 61,2 23Fiordimonte 34 82,4 18 Sistema locale di Pergola Fiuminata 250 40,8 19 com_res uscite perc_usc distanzaGagliole 146 47,3 23Monte Cavallo 24 54,2 22 Frontone 233 39,5 12Muccia 152 76,3 9 Pergola 666 17,7 0Pievebovigliana 121 74,4 14 San Lorenzo in Campo 502 30,3 10Pieve Torina 165 64,2 15 Serra Sant'Abbondio 249 46,6 12Pioraco 128 56,3 14Sefro 59 57,6 19 Sistema locale di Serra de' Conti Serravalle di Chienti 107 47,7 17 com_res uscite perc_usc distanzaAcquacanina *** 63,2 24

Arcevia 706 38,5 13Sistema locale di Fossombrone Barbara 273 52,4 7com_res uscite perc_usc distanza Montecarotto 422 38,4 4

Ostra Vetere 495 30,7 10Fossombrone 1.151 32,2 0 Poggio San Marcello 170 13,5 10Isola del Piano 82 47,6 11 Serra de' Conti 505 56,4 0Montefelcino 556 38,7 8Sant'Ippolito 313 47,3 6 Sistema locale di Sassocorvaro

com_res uscite perc_usc distanzaSistema locale di Comunanzacom_res uscite perc_usc distanza Belforte all'Isauro 144 77,8 17

Carpegna 185 63,8 20Amandola 481 66,5 10 Frontino 61 83,6 17Comunanza 161 44,7 0 Lunano 190 72,6 10Force 265 66,0 10 Macerata Feltria 218 61,5 7Montefalcone Appennino 97 73,2 9 Monte Cerignone 77 46,8 17Montefortino 267 87,6 10 Piandimeleto 291 67,4 14Montelparo 157 42,0 16 Pietrarubbia 110 73,6 15Montemonaco 118 84,7 15 Sassocorvaro 364 40,7 0Palmiano 40 50,0 17Santa Vittoria in Matena 215 38,6 15 Sistema locale di SarnanoSmerillo 83 66,3 11 com_res uscite perc_usc distanza

Sistema locale di Novafeltria Gualdo 102 40,2 9com_res uscite perc_usc distanza Sarnano 264 23,5 0

Casteldelci 64 78,1 22 Sistema locale di VissoMaiolo 157 75,2 5 com_res uscite perc_usc distanzaNovafeltria 859 50,4 0Pennabilli 351 61,8 12 Castelsantangelo sul Ner 32 81,3 7San Leo 282 29,1 10 Ussita 35 71,4 5Sant'Agata Feltria 292 42,8 13 Visso 68 42,6 0Talamello 278 70,9 2 Preci 56 39,3 11

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Fonte: proprie elaborazioni su dati Istat, Censimento del Pendolarismo, 2001. com_res: comune di residenza. uscite: uscite totali di pendolari verso altri comuni. perc_usc: percentuale delle uscite dal comune i auto-contenuta all’interno del Sistema Locale di

appartenenza. distanza: distanza chilometrica del comune i dalla località centrale del Sistema Locale di

appartenenza.

Sistema locale di Falerone Sistema locale di Sant'Angelo in Vado com_res uscite perc_usc distanza com_res uscite perc_usc distanza

Sant'Angelo in Pontano 208 10,1 7 Apecchio 169 1,2 10Falerone 490 27,1 0 Borgo Pace 103 53,4 10Massa Fermana 138 54,3 8 Mercatello sul Metauro 222 49,5 7Montappone 247 48,6 6 Sant'Angelo in Vado 448 6,9 0Monte Vidon Corrado 148 60,1 3Servigliano 356 30,1 6