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Capire e Guarire il Trauma con le Neuroscienze e lo Yoga Sylvia Helen Goodrick Bsc (Hons)- University College London YTT-200- Yoga Alliance Yoga therapy and Mindfulness for PTSD- Yoga Alliance UK

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Capire e Guarire il Trauma

con le Neuroscienze e lo Yoga

Sylvia Helen Goodrick Bsc (Hons)- University College London

YTT-200- Yoga Alliance Yoga therapy and Mindfulness for PTSD- Yoga Alliance UK

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Il Sistema Nervoso Introduzione

1. Elementi costitutivi

1.1 Neuroni e neuroglia L’unità funzionale del sistema nervoso si chiama neurone. I neuroni sono le cellule principali, e quindi quelle più conosciute, del sistema nervoso. Grazie ad essi siamo in grado di ricevere, integrare condurre e trasmettere informazioni che ci consentono di muoverci e comportarci a seconda degli stimoli ricevuti internamente (dalle viscere) ed esternamente (dal corpo). I neuroni sono cellule che hanno la capacità di rigenerarsi e riorganizzarsi. Il sistema nervoso contiene altre cellule chiamate neuroglia o cellule gliali, che variano in nome e funzione. Le cellule neurogliali sono generalmente considerate il tessuto connettivo del Sistema Nervoso Centrale (1a). Sono presenti in maggior quantità rispetto ai neuroni ma costituiscono solo metà della massa del cervello. A differenza di altre cellule corporee che si possono trovare in sistemi differenti attorno al corpo, queste cellule sono uniche al sistema nervoso. Possono avere funzione nutritiva, di sostegno, d’isolamento degli assoni ed immunitaria (proteggono da corpi estranei in caso di lesioni) (1a). Per molto tempo si è pensato che non avessero un ruolo nella trasmissione dei segnali elettrici, ma studi recenti hanno dimostrato il contrario (1b). 1.2 Anatomia dei Neuroni I neuroni sono composta da soma, assone e dendriti. Il soma è composto da nucleo e citoplasma (perykarion ). Il soma genera l’ATP necessaria per la funzione del neurone e produce i neurotrasmettitori, messaggeri chimici in grado di trasmettere varie ed importanti informazioni da un neurone all’altro (1a). I dendriti originano dal soma in diramazioni multiple, il cui insieme, assomigliando strutturalmente agli alberi, viene chiamato albero dendritico . La membrana di queste strutture è specializzata alla ricezione ed integrazione d’ informazione, mentre spetta all’assone trasmettere le informazioni al neurone successivo. I neuroni posseggono un singolo assone, ovvero una fibra unica che ha origine dal monticolo assonico del soma, e finisce con un armonizzazione terminale, il telodendron. Quest’ultimo possiede una terminazione a forma di bulbo chiamata terminazione sinaptica o bottone sinaptico. è qui che, propagandosi lungo l’assone, giunge l’impulso nervoso chiamato il potenziale d’azione, scatenando la liberazione di un neurotrasmettitore. Questo verrà letto da una molecola speciale posta sul neurone destinatario del messaggio, che a sua volta effettuerà una risposta appropriata (1a).

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1.3 La mielina Alcuni assoni sono ricoperti dalla guaina mielinica. La mielina è una sostanza composta di circa il 40% di acqua e per il 60% di componente solida; a sua volta, questa componente è formata da lipidi (79%), proteine (18%) e tracce di carboidrati. La maggioranza lipidica ne conferisce il tipico colore bianco, da cui prende il nome la materia

bianca cerebrale (1a). Dove non c'è mielina, il tessuto nervoso appare grigiastro e si parla di sostanza grigia. La guaina mielinica avvolge gli assoni in modo discontinuo: si interrompe a intervalli regolari nei cosiddetti "nodi di Ranvier", in corrispondenza dei quali l'assone è parzialmente scoperto. Questa configurazione permette, per mezzo di un meccanismo chiamato “a salti”, all’informazione di letteralmente saltare da un nodo di Ranvier al successivo. La propagazione del segnale elettrico avviene molto più rapidamente negli assoni mielinizzati (fino a 150 m/s) che non negli assoni senza guaina mielinica (5 m/s) (1a). La produzione della mielina è quindi molto importante per la funzionalità del sistema nervoso. Può essere influenzata dalla malnutrizione, vari disturbi alimentari e dall’età della persona. Per esempio, gli adolescenti hanno meno mielina che gli adulti, nelle cellule che collegano la parte istintuale del cervello a quella razionale. Questo fattore probabilmente influenza il comportamento erratico/irrazionale di alcuni adolescenti (1c). Alcune malattie ben conosciute che sono dovute a varie

disfunzioni della mielina sono la sclerosi multipla ed il morbo di Parkinson. La mielina è

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prodotta da cellule gliali specifiche: gli oligodendrociti nel Sistema Nervoso Centrale e dalle cellule di Schwann nel Sistema Nervoso Periferico. 1.4 Tipologia di Neuroni

1. Sensoriali Afferenti: ricevono informazione dal corpo e la mandano al cervello tramite il midollo spinale.

2. Motori Efferenti: mandano informazioni dal cervello tramite il midollo spinale ai muscoli e alle ghiandole.

3. Interneuroni: neuroni di collegamento - alterano la risposta (le abilità fini) 1.5 La trasmissione sinaptica: comunicazione tra un neurone all’altro La comunicazione delle informazioni avviene in due modi:

● Trasmissione elettrica ● Trasmissione chimica: consente all’impulso elettrico di essere trasmesso da una

terminazione pre-sinaptica ad una postsinaptica. I neuroni ricevono informazioni dagli organi sensoriali, che a loro volta o trasmettono l’informazione agli organi motori, o condividono l’informazione con altri neuroni. La maggior parte dell’informazione trasmessa avviene tra neurone e neurone, le cui membrane però non arrivano a toccarsi. Lo spazio tra neurone e neurone viene definito fessura sinaptica. 1.6 La trasmissione chimica Per poter passare da un neurone all’altro, l’informazione viene comunicata tramite dei messaggeri chimici chiamati i neurotrasmettitori. All’arrivo del potenziale d'azione, la depolarizzazione della membrana del terminale sinaptico determina la fusione delle vescicole sinaptiche con la membrana presinaptica. Il mediatore viene quindi rilasciato nello spazio sinaptico, interagisce con recettori presenti sulla membrana postsinaptica del neurone successivo e determina effetti p. es. apertura di canali ionici, risposte metaboliche, ecc. Il neurotrasmettitore in eccesso viene riassorbito nella membrana presinaptica (ricaptazione), o scisso in parti inerti da un apposito enzima. Tali parti possono poi essere riassorbite dalla membrana presinaptica permettendo, all'interno del terminale presinaptico, una nuova sintesi del neurotrasmettitore. Questo riciclo avviene perché produrre neurotrasmettitori nuovi è energeticamente dispendioso, quindi al neurone conviene riciclare (1b). L’efficacia di certe medicine dipende proprio dalla loro capacità di mediare concentrazione di neurotrasmettitori presenti alla sinapsi. Tra le droghe interferiscono con il processo di ricaptazione, per esempio, troviamo gli antidepressivi di terza generazione, gli SSRI (selective serotonin reuptake inhibitors- inibitori selettivi della ricettazione della serotonina). Per quel che riguarda il contesto della salute mentale, c’è da notare che mentre alcuni neurotrasmettitori sono inibitori ed altri eccitatori, non vi è sempre una relazione lineare tra effetto post-sinaptico e comportamento umano. Alcune volte i neurotrasmettitori inibiscono un collegamento che eccita ed altre volte eccitano un collegamento che inibitore.

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(1b) Heather Mason , Professional Training Manual Yoga therapy for PTSD, The Minded Institute, London 2016; (1c) Marco Tsacopoulos , Metabolic coupling between glia and neurons, The Journal of Neuroscience, February 1, 1996, 76(3):877-885;

---------------------------------------- 2. La neuroplasticità

2.1 Il cervello che cambia Questo concetto è molto importante sia perché era reputato impossibile fino a poco tempo fa, sia perché indispensabile per capire come lo yoga possa offrire un cambio a livello neuronale che si manifesterà con la riduzione di risposte disdattive (disturbi dell’umore e dell’alimentazione) a risposte più funzionali ed equilibrate (1b). Finora conosciamo tre tipi di meccanismi:

1. La neurogenesi: creazione di nuove cellule. Negli adulti questo meccanismo è stato finora solo osservato nell’ippocampo (sede della memoria) e nel bulbo olfattivo (e anche nella corteccia prefrontale, ma solo dopo assunzione di chetamina (2a))

2. La sinaptogenesi: creazione di connessioni nuove che avviene solitamente fra due unità funzionali. Un neurone può crescere un dendrita nuovo che può effettuare una sinapsi con un assone da cui era precedentemente sconnesso. Può avvenire grazie a una dieta ricca di sostanze che favoriscono la rigenerazione dei neuroni (come i flavonoidi, la vitamine B, C, E, gli omega-3, (2b) e all’apprendimento di nuove conoscenze.

3. Rafforzamento di “networks” ovvero reti già esistenti o di reti cadute in disuso. Questo concetto segue la regola del 1949 di Hebb, o dell'apprendimento hebbiano: «se un neurone A è abbastanza vicino ad un neurone B da contribuire ripetutamente e in maniera duratura alla sua eccitazione, allora ha luogo in entrambi i neuroni un processo di crescita o di cambiamento metabolico tale per cui l'efficacia di A nell'eccitare B viene accresciuta ».

"Cells that fires together, wire together " - "cellule che scaricano assieme si potenziano reciprocamente ”. In pratica, più attiviamo una risposta particolare, più si accresce la possibilità di ripetere quella risposta. Se un loop neuronale è molto radicato, sarà più difficile porre fine a quelle connessioni e stabilire delle nuove. Tuttavia, ciò non è impossibile. La neuroplasticità è anche l’abilità del cervello di modificarsi, strutturalmente e funzionalmente. Ciò avviene in risposta all’esperienza, come risultato degli stimoli cognitivi ricevuti. 2.2 Condizioni che promuovono il cambiamento L’uso ripetuto di zone cerebrali rafforza le connessioni tra le stesse, e potrebbe reclutare nuovi neuroni, formando nuove connessioni. Quindi l’azione ripetitiva rafforza le reti neuronali già presenti. Un altro modo per incrementare la neuroplasticità è l’apprendimento di concetti o movimenti nuovi. Il nuovo recluta aree del cervello “inesplorate”. È ben documentato che l’esercizio fisico aumenti la neurogenesi (1b). Quando ci esercitiamo, l’ippocampo e il bulbo olfattivo creano nuove cellule.

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Lo stress invece, spesso ha un effetto opposto; è stato visto che quando aumenta la concentrazione di cortisolo in circolo, diminuisce e addirittura sopprime la genesi di nuovi neuroni nell’ippocampo. Ci sono alcuni livelli di stress in grado di generare neuroplasticità, tramite l’attivazione di vecchie reti o la creazione di nuove reti per gestirlo. Questo avviene tramite un meccanismo chiamato potenziamento a lungo termine (LTP) (1b). 2.3 LTP- Long-Term Potentiation Il termine long term potentiation (traduzione letterale: potenziamento a lungo termine) si riferisce ad una forma di plasticità sinaptica che consiste in un aumento a lungo termine della trasmissione del segnale tra due neuroni, che avviene quando questi sono stimolati in maniera sincrona. Affinché avvenga il potenziamento a lungo termine, la membrana post-sinaptica deve essere depolarizzata nell'intervallo di tempo in cui il terminale presinaptico libera glutammato (il più importante neurotrasmettitore eccitatorio del cervello). Questa situazione crea una stimolazione tetanica, ovvero scariche rapide (ad alta frequenza) sincrone tra i due neuroni, che rafforzano la connessione tra le due cellule (potenziazione post-tetanica) (2c). La sincronicità delle scariche è un fattore importante perché cambia l’ambiente interiore dei neuroni e codifica la memoria di un evento. Questo può avvenire in generale durante l’apprendimento scolastico, durante fasi di eccitamento, o durante eventi molto stressanti, che sono tutte situazioni in cui il livello di glutammato è alto. Il risultato di ciò è che un evento molto stressante o eccitante può creare una memoria profondamente integrata e difficile da rompere. Questo è uno dei motivi per cui è così difficile sia cambiare il nostro punto di vista, sia lasciar andare eventi traumatici: cambiano il circuito elettrico del nostro cervello! Un altro fattore importante che contribuisce alla neuroplasticità è la proteina BDNF (Brain-Derived Neurotrophic Factor). Questa proteina è prodotta in maggiore quantità durante periodi di cambiamento neuronale, nella sede cerebrale della memoria: l’ippocampo (2d). La ricerca dimostra che i pazienti che soffrono di depressione hanno un livello molto basso di BDNF, che potrebbe in parte spiegare la difficoltà con cui ci si libera delle proprie convinzioni negative. L’efficacia di molte terapie farmacologiche per la depressione è correlata con la capacità delle stesse di aumentare livelli di BDNF nell’ippocampo (sito della neurogenesi e del consolidamento delle reazioni a vecchi stimoli). “La neuroplasticità potrebbe essere vista come un “superpotere” di cui possiamo fare uso a seconda di come ci muoviamo, di come agiamo, delle nostre convinzioni consce e subconsce; che rispecchia e viene modellata dalle nostre abitudini e i nostri stili di vita. Le connessioni neuronali infatti possono essere formate oppure cancellate (secondo il processo di potatura sinaptica). Uno stile di vita “in automatico”, senza attenzione e presenza nel qui e ora, oltre che poco flessibile e fissato nelle abitudini di movimento e di pensiero, condurrà a un deterioramento cerebrale, a un invecchiamento precoce e a dolore, malessere, noia, insofferenza, perfino depressione. ” (2e)

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(2a) Ketamine: synaptogenesis, immunomodulation and glycogen synthase kinase-3 as underlying mechanisms of its antidepressant properties, P A Zunszain, Section of Stress, Institute of Psychiatry, King’s College London, London, UK (2b) Meeusen, Romain., “Exercise, Nutrition and the Brain.” Sports Medicine (Auckland, N.z.) 44.Suppl 1 (2014): 47–56. PMC. Web. 30 Nov. 2016. (2c) Kandel 2003 (2d) Lee, The Roles of BDNF in the Pathophysiology of Major Depression and in Antidepressant Treatment, Psychiatry Investig. 2010 Dec; 7(4): 231–235. (2e) http://www.movimentosano.com/neuroplasticita/ ——————————

3. Il Cervello Si estima che il cervello contenga dai 14 ai 16 miliardi di neuroni (e molte più neuroglia). Pesa solo 1,3 kg, 2% del peso corporeo totale, ma utilizza il 20% di glucosio e di ossigeno presenti nel corpo. I neuroni funzionano solo per respirazione aerobica e quindi muoiono se privati di ossigeno. Il cervello è la sede della coscienza e della consapevolezza; integra gli stimoli dall’esterno e dall’interno; impara nuovi concetti e sequenze utilizzando la memoria come ancora; necessita di un ambiente amorevole, multisensoriale, tattile, per uno sviluppo corretto, ma anche di sfide da superare per apprendere e sviluppare reti neurali complesse. Quando ciò viene a mancare, il cervello potrebbe non svilupparsi adeguatamente, atrofizzarsi o presentare iperattività o ipoattività. 3.1 Gli emisferi Il cervello è diviso in emisfero destro ed emisfero sinistro, che sono piuttosto simili, anche se presentano alcune differenze sia strutturali che anatomiche. Un fatto interessante: la parte sinistra del cervello processi informazione proveniente dalla parte destra del corpo, e viceversa. Questo avviene poichè molti neuroni decussano. 3.2 Il cervello tripartito Un altro modo di suddividere il cervello è in tre sezioni, seguendo il modello del “Triune Brain” (Cervello Tripartito), proposto dal neuroscienziato Paul McLean negli anni ‘90. Secondo McLean, nel corso del lungo processo evolutivo delle specie il sistema nervoso, da cui dipendono sia le capacità e necessità fisiologiche che i comportamenti degli animali, ha subito una modificazione notevole nelle strutture cerebrali, le quali sono state selezionate per fornire i migliori adattamenti all’ambiente esterno (3a). Evolutivamente, il romboencefalo (cervello rettiliano) si è sviluppato prima ed è quindi più antico, seguito a ruota dal mesencefalo (cervello palomammaliano) e dal prosencefalo (cervello neomammaliano)

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La teoria di McLean schematizzata

Rettiliano Paloemammaliano Neomammaliano

Tronco encefalico + Cervelletto

Sistema Limbico Neocorteccia

Attacco o fuga Emozioni, memorie, abitudini

Linguaggio, pensieri astratto, immaginazione, consapevolezza

Autopilota Motivazione Razionalità

3.3 Il Tronco Encefalico

Il tronco encefalico si trova alla base del cervello in continuità diretta con il midollo spinale. Contiene molte importanti strutture nervose; e lesioni in questa struttura, anche in termini microscopici, possono avere conseguenze gravissime. La perdita completa della sua funzionalità è equivalente alla morte cerebrale. Per il tronco encefalico transitano quasi tutte le fibre afferenti ed efferenti, in molti casi incrociandosi al suo interno, connettendo il cervello direttamente al midollo spinale. È anche origine di 10 delle 12 paia di nervi cranici (esclusi solo quelli associati all'olfatto e alla vista) che forniscono motilità e capacità sensoriali alle strutture del cranio, inclusi i muscoli facciali, la lingua, la faringe e la laringe. Sono inoltre responsabili del senso del gusto, dell'equilibrio e dell'udito. È diviso in tre parti (mesencefalo, ponte e midollo allungato) che nel loro insieme controllano funzioni vitali come il respiro, la deglutizione e le funzioni vasomotorie.

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Ubicazione Ruolo

Il midollo allungato

Tra midollo spinale e ponte 1.Controlla l’omeostasi 2. Regola l’omeostasi sia direttamente che indirettamente, mandando informazione ad altre strutture 3. Centro di smistamento per informazione sensoriale e motoria 3. Contiene il nucleo principale delle fibre afferenti del nervo vago, il “Nucleus Tractus Solitarius”

Il ponte Sopra il midollo allungato 1. Monitoraggio del posizionamento corporeo

2. Codificazione della posizione corporea in relazione alla memoria.

3. Integrazione tra informazione proveniente dal cervelletto e la corteccia motoria primaria

4. I nervi cranici facciali articolano nel ponte, quindi l’espressione facciale è anche stimolo/reazione del sistema nervoso autonomo

Il Mesencefalo

Sopra il tronco encefalico (di cui è considerato elemento costituente)

1.Centro di smistamento dell’informazione audiovisiva 2.Controllo del movimento

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oculare 3.Funzioni motorie e sensoriali

Il cervelletto

Posteriore al tronco encefalico e caudale rispetto al lobo parietale Possiede più neuroni che qualsiasi altra zona del cervello; per questo è considerato un “mini-cervello”; embriologicamente deriva dal romboencefalo come il ponte ed il midollo allungato

1. Controllo dell’attività motoria

2. Coordinazione motoria e dell’equilibrio in risposta ad input provenienti da altre zone cerebrali, input sensoriali e dal midollo spinale;

3. Un tempo si pensava che fosse solo adibito al “motor processing”;ora si apprezza il fatto che abbia anche un ruolo nell’integrazione delle emozioni

Il tronco encefalico lavora in unisono con prosencefalo per controllare ed integrare le emozioni con le funzioni fisiologiche di base.

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3.4 Il Prosencefalo 3.4.1 Il diencefalo

Ubicazione Ruolo

L’ipotalamo Situato ai lati del del terzo ventricolo, sopra l’ipofisi, sotto il talamo

Coinvolto in una miriade di funzioni, tra cui: 1.Regolamento endocrino tramite l’ipofisi, e quindi anche controllo del sistema nervoso autonomo 2.Regolamento ritmi circadici 3. Elaborazione emozioni

Il Talamo Sopra l’ipotalamo

Il talamo: messaggero del cervello: è il fulcro del trasferimento d’informazioni sensoriali; riceve tutti gli input sensoriali (tranne quelli olfattivi) e li smista verso il sistema limbico e le regioni appropriate della corteccia. Tutte le informazioni sensoriali tranne quelle olfattive passano da questa strutture.

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3.4.2 Il telencefalo

Filogeneticamente, questa è la parte più giovane del cervello. Composto da: Strutture sottocorticali come i Gangli Basali ed il bulbo olfattivo Sistema Limbico Corteccia cerebrale

Il Sistema Limbico Definito da Paul Broca nel 19esimo secolo come l’insieme delle strutture ubicate tra l’emisfero cerebrale ed il tronco encefalico (dal latino limbus, il confine). Non è un sistema discreto ma una collezione di strutture anatomicamente collegate, di funzione variegata. Il termine viene utilizzato da 70 anni e difatti alcuni neuroscienziati ritengono che debba essere abbandonato. A prescindere dalla terminologia, possiamo pensare al sistema limbico come ad un centro di risposta emotiva, motivazione, formazione ed integrazione di memorie, olfatto, ed i meccanismi che ci tengono sani e salvi. Questi sono le funzioni focali del sistema limbico, che però non fa tutto da solo, ma lavora anche insieme alla neocorteccia. L’amigdala e l’ippocampo sono considerati le strutture limbiche di rilevanza principale per lo psicoterapeuta.

● Ganglia basali Ubicate vicino al talamo e l’ipotalamo

Strutture coinvolte nel movimento volontario. Un apporto inadeguato di dopamina ai gangli basali può affliggere la postura ed il movimento, creando il morbo di Parkinson. Queste strutture sono iperattive durante stati di ansia, per questo durante stati di ansia si possono notare movimenti incontrollati.

L’amigdala Anteriore all’ippocampo Il centro della paura. Integrazione di processi neurologici superiori come le emozioni, coinvolta anche nei

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sistemi della memoria emozionale. “Allarme antincendio”, “Centro della paura” Valutazione degli stimoli in entrata provenienti dal talamo; se rileva un pericolo, mette in azione gli ormoni dello stress e il SNA tramite l’ipotalamo

L’ippocampo

Posteriore all’amigdala Memoria episodica e autobiografica; riconosce le informazioni e gli stimoli che includono i contesti significativi, quindi anche memoria spaziale

Il sistema limbico è connesso strettamente alla corteccia prefrontale. La funzione rilevante del sistema limbico per la psicoterapia è ovvio- affect (emotività), memoria, processo sensoriale, percezione del tempo, attenzione, coscienza, controllo autonomo, comportamento motorio sono tutti mediati da questa collezione di strutture. La Corteccia Cerebrale

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Divisa in 4 lobi: frontale, parietale, temporale ed occipitale. Per i nostri scopi, analizzeremo solo il lobo frontale, che suddivideremo in Corteccia Prefrontale (CPF), area di Broca e Corteccia Insulare

Corteccia Prefrontale Lobo frontale, davanti alla corteccia motoria

Funzioni esecutive

Corteccia Insulare Al confine con il lobo temporale

Connette con il sistema limbico, il talamo ed altre strutture del lobo frontale. Lavora strettamente con la Corteccia prefrontale.

Area di Broca Corteccia premotoria Elaborazione del linguaggio

3.5 Il Sistema Nervoso Periferico Il sistema nervoso periferico è composto da due branchie: il Sistema Nervoso Autonomico (SNA) e il Sistema Nervoso Somatico. Anche i neuroni di questo sistema come quelli del SNC, sono divisibili in: -Sistema Afferente: registrano e transducono dati sensoriali al cervello -Sistema Efferente: transducono comandi dal cervello al corpo (muscoli) Tutte le componenti menzionate sopra lavorano in concerto; per questioni pratiche di studio e comprensione è necessario suddividerle in diverse parti, per poi capire le relazioni tra esse che lo rendono un sistema. 3.5.1 Il Sistema Nervoso Autonomo (SNA)

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Il SNA è visto come il principale mantenitore omeostatico, che mantiene l’equilibrio interiore agendo sui processi fisiologici. Agisce quindi sul battito cardiaco, la digestione, la respirazione, la salivazione, la perspirazione, l’eccitamento sessuale, l’espulsione delle urine e delle feci ed il movimento del flusso sanguigno verso gli organi ed i muscoli. Per controllare tutti questi processi, il SNA rileva i cambiamenti e controlla l’attività degli organi viscerali tramite le fibre nervose presenti nel muscolo cardiaco, nei muscoli lisci e nei tessuti ghiandolari. è composto anch’esso da due branchie, il Sistema Nervoso Simpatico (SNS) ed Il Sistema Nervoso Parasimpatico (SNP). Il paradigma tradizionale, insegnato e diffuso nelle università, considera la funzione delle due branchie del sistema nervoso autonomo di natura antagonista. In questo paradigma il SNS è responsabile della nostra reattività (attacco/fuga) della nostra sopravvivenza, mentre il SNP (vagale) ha una funzione protettiva di riduzione della reattività e ristoro dell’omeostasi. Questo tipo di approccio ha fatto sì che si ponesse una maggiore enfasi sul ruolo del SNS nell’attivare le nostre risposte allo stress, trascurando lo studio del SNP. Questo “dualismo antagonista” del modello “simpato-centrico” è in grado di spiegare il funzionamento di alcuni organi specifici a livello locale (4c); purtroppo però, non è in grado di spiegare fino in fondo come Homo Sapiens Sapiens registri, valuti, analizzi e reagisca agli stimoli esterocettivi e alle sfide della vita. Il modello antagonistico necessita che una branchia del SNA domini sempre sull’altro; la dominanza viene dettata dall’ambiente fisiologico interno e l’ambiente esterno. Avendo effetti prettamente opposti, sono visti in maniera complementare, visto che la loro modulazione ha come fine ultimo l’omeostasi, ovvero l’equilibrio fisiologico dell’organismo. Ultimamente è stata proposta un’altra teoria del funzionamento del SNA, che verrà discussa nella sezione 4 di questo manuale. Ora guardiamo gli effetti dei due sistemi, interpretati dal paradigma tradizionale:

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Il SNS ha il compito di mobilizzare il corpo per l’azione (in inglese questa funzione viene definita come “fight or flight”, “attacco o fuga”). Possiamo definirlo come “l’accelleratore ” del corpo. 1. Aumenta le attività metaboliche 2. Accellerazione battito cardiaco e aumento pressione arteriosa 3. Inibisce la peristalsi (il movimento dell’intestino) 4. Dilata la pupilla 5. Aumento della sudorazione 6. Porta sangue ai muscoli scheletrici e devia il sangue dalla pelle/gli organi 7. Dilata i bronchioli: più ossigeno per catabolizzare il glucosio e produrre ATP, la molecola dell’energia. (NB: I mediatori chimici di queste risposte vegetative sono la noradrenalina, l'adrenalina, la corticotropina, e diversi corticosteroidi). Da notare che l’azione del SNS è principalmente modulata da impulsi esterocettivi. Prepara il corpo ed il cervello ad affrontare ciò che crea paura, stress e/o eccitazione, dando la possibilità all’individuo di concentrarsi totalmente su quello stimolo. É un sistema catabolico, che scompone le risorse necessarie per racimolare le energie richieste da una strategia di difesa o azione. É quindi un sistema fondamentale per il mantenimento della nostra sicurezza e della salute, ma l’attivazione cronica del SNS lascia gli individui affetti completamente estenuati perché ne sfrutta tutte le energie e risorse. Per questa ragione, l’azione controbilanciante del sistema nervoso parasimpatico è necessaria al funzionamento salutare dell’organismo. Il Sistema Nervoso Parasimpatico (SNP) ha un’azione ristorativa, che possiamo paragonare ad un “freno”: 1. Diminuisce il battito cardiaco 2. Aumenta la peristalsi e stimola la digestione 3. Stimola il sistema immunitario 4. Restringe i bronchioli e quindi anche l’apporto di ossigeno È un sistema anabolico, quindi ricostruisce, ed è il sistema di default in organismi sani (Porges arriva addirittura a dire che viaggia in parallelo con l’omeostasi!), mentre il SNS si attiva e disattiva secondo le esigenze d’adattamento all’ambiente. Possiamo ora comprendere come il disequilibrio di questi due sistemi possa portare a delle difficoltà fisiologiche. Il nervo vago costituisce il 75% delle fibre nervose che compongono il SNP, e circa 80% di queste fibre sono afferenti (dal corpo al cervello), svolgendo l’importante compito d’istruire il SNC sullo stato fisiologico del corpo. Nasce nel midollo allungato, attraversa il foro giugulare, passa per il collo, scende nel torace e, da qui, giunge fino all'addome. Stabilisce numerose innervazioni: con il condotto uditivo esterno, con la trachea, con lo stomaco, con i polmoni, con lo stomaco, con l'intestino ecc. Le funzioni svolte sono parasimpatico e quindi importanti per il rilassamento dell’organismo. Il SNS, invece, funziona secondo due modalità, entrambe gestite dall’ipotalamo:

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L'ipotalamo è la sede di connessione tra SNA e sistema endocrino/ormonale. Esso possiede delle cellule speciali grado di ricevere segnali che arrivano sia dalle strutture nervose superiori, sia dalle ghiandole del sistema endocrino. L'ipotalamo ha una doppia connessione con l'ipofisi. L’ipofisi è suddivisa in due zone: una anteriore (adenoipofisi) ed una posteriore (neuroipofisi). La neuroipofisi regola la “risposta veloce” allo stress: stimola il rilascio dell’adrenalina e noradrenalina, dei neurotrasmettitori che aumentano istantaneamente il flusso di sangue (e quindi di ossigeno) ai muscoli ed agli organi per la risposta simpatica “attacco o fuga”. L'adenoipofisi, invece, regola la risposta ormonale, che è più lenta rispetto a quella descritta sopra, ma ha un effetto globale sul corpo. L’adenoipofisi è collegata all'ipotalamo da vasi sanguigni nel quale vengono immessi gli ormoni ipotalamici che ne influenzano la funzione (e viceversa).

Gli ormoni prodotti dall’ipotalamo determinano la sintesi, l'accumulo e l’immissione nel sangue di una serie di ormoni (tropine) che agiscono su altre ghiandole del sistema endocrino che sono dipendenti dall'ipofisi (corticale del surrene, ma anche ovaie, testicoli, tiroide, mammelle etc) (1b). Gli ormoni ipotalamici sono chiamati come Relasing Hormones (RH, letteralmente: ormoni rilascianti) e perchè stimolano la dismissione e l'ingresso nel sangue degli ormoni ipofisari. Nel “circuito dello stress”, l’ACTH ipofisiario giunge alla corteccia surrenale e stimola il rilascio di cortisolo. Il cortisolo, comunemente definito “l’ormone dello stress”, stimola il rilascio di glucosio nel sangue per uso immediato da parte dell’organismo. Diminuisce, inoltre, l’infiammazione dei tessuti, riducendo in questo modo le difese immunitarie. Quando vi è una concentrazione di cortisolo abbastanza alta nel sangue, questa viene rilevata dall’ippocampo, che segnala all’ipotalamo di spegnere questa risposta allo stress. Eccessive quantità di cortisolo possono danneggiare l’ippocampo (1b) e di conseguenza la memoria. (1b) Heather Mason , Professional Training Manual Yoga therapy for PTSD, The Minded Institute, London 2016; —————————————

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4. La teoria Polivagale Il problema del modello antagonista-dualistico del SNA è che tende ad ignorare il fatto che la reattività non sia l’unica risorsa che il corpo abbia per difendersi. In circostanze estreme, l’attivazione eccessiva del sistema parasimpatico può portare il corpo in una stato definito “freezing”, ovvero congelamento, chiamato anche “immobilità tonica”. Il congelamento é noto come stato di ipoattivazione. L’ipoattivazione cronica del sistema, che combacia con una maggiore attivazione costante del sistema parasimpatico, è stato notato in alcuni casi di pazienti soggetti a traumi severi. Per citare due esempi importanti: i sopravvissuti all’olocausto hanno livelli di cortisolo inferiori a soggetti con PTSD or soggetti non-esposti a traumi(4a) e il 41%-52% di donne soggette a stupro riportano questa reazione (immobilita’ tonica) (4b). Altre ricerche hanno anche dimostrato che questo tipo di risposta fisiologica è più comune in donne che sono state soggette a stupro ripetuto. Dr Steven Porges, autore della teoria polivagale, è stato il primo a rendere famoso il concetto che l’80% delle fibre del vago sono afferenti (vanno verso il cervello dagli organi interni e l’epidermide). Per Porges, è questa situazione che rende il vago il nervo il filo conduttore tra fisiologia e psicologia: la connessione mente e corpo. Altro fattore determinante della teoria polivagale rispetto al modello classico, è che tiene ben a mente il fatto che il “modo in cui rispondiamo alle sfide ambientali (...) viene dalla nostra evoluzione come specie ” (4c). 4.1 Società e fisiologia Facciamo un passo indietro per capire come. Secondo Porges, la connessione e vicinanza fisica consentono ai mammiferi di co-regolarsi in maniera sincrona e reciproca, da un punto di vista fisiologico e comportamentale. Quando una madre ed un neonato si abbracciano, quando due innamorati si guardano negli occhi, si trovano in uno stato d’ “immobilizzazione senza paura”. Provate a notare l’espressione rilassata dei visi di persone impegnate in questo comportamento: hanno la mente distesa, i muscoli del viso e gli occhi rilassati. I muscoli della parte superiore del viso sono collegati alla neuroregolazione del sistema fisiologico, supportando la salute tramite la respirazione. Provate voi stessi a notare la differenza tra la vostra respirazione quando corrucciate la fronte e quando invece siete più rilassati. Secondo Porges questa connessione tra due corpi (mamma-neonato, fidanzato-fidanzata etc) non è solo necessità fisiologica, bensì imperativo biologico! Il processo di co-regolazione avviene in 2 fasi:

1. Social Engagement Behaviours: “comportamenti da ingaggio sociale” Face-to-face behaviours: Espressioni Facciali, Vocalizzazioni prosodiche (intonazione della voce), Gesti

2. Immobilizing without fear: “Immobilizzamento senza paura”- uno stato che promuove la salute, la crescita ed il ristoro; ottimizza l’abilità a rilassarsi, dormire, digerire; promuove un senso di sicurezza, fiducia e amore. Da notare che fisiologicamente questo è uno stato difficile da mantenere a lungo per i mammiferi, che sono molto vulnerabili quando sono immobili.

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Questi comportamenti sono mediati dalla componente più importante del sistema autonomo: il vago, decimo nervo cranico, fonte delle vie motorie e sensoriali che collegano il tronco encefalico con gli organi viscerali. Secondo la teoria polivagale, la nostra storia evolutiva ci consente di capire l’organizzazione del sistema autonomo come un sistema che facilita il comportamento sociale. Nel corso dell’evoluzione il nervo vago si è evoluto in una gerarchia filogenetica che regola comportamento e fisiologia, adattando l’organismo agli stimoli ambientali. Questo presuppone che il corpo abbia capacità di neurocezione , ovvero la capacità di valutare la necessità di rispondere agli stimoli esterni con il neurocircuito più adeguato. Il sistema nervoso antico è stato modificato dall’evoluzione per permettere uno spettro più ampio di stati fisiologici e per incoraggiare la formazione di nuovi comportamenti sociali con funzioni adattive. Le 3 tappe filogenetiche nello sviluppo del sistema nervoso dei vertebrati, associandole allo sviluppo dei distinti sistemi autonomi, sono compresenti nei mammiferi.

1. Fase 1: Vago non-mielinizzato primitivo/rettiliano, che risponde a minacce esterne con l’immobilizzazione (morte simulata, sincope da vago, spegnimento comportamenti e reazioni fisiologiche, dissociazione)

2. Fase 2: Vago paleomammaliano: Attivazione/Mobilizzazione Simpatica (attacco-fuga)

3. Fase 3: Vago mielinizzato: Comunicazione sociale (espressione facciale, visualizzazione ed ascolto). Questo circuito è più recente, e secondo Porges consente alle interazioni sociali di regolare il nostro stato fisiologico/omeostatico, promuovendo un equilibrio tra SNS e nervo vago “rettiliano”.

Porges divide le fibre nervose sviluppatesi durante l’evoluzione dei mammiferi in 2 circuiti predominante nell’uomo: il ventrovagale (VVC), costituito dal vago recente e mielinizzato, con fibre afferenti agli organi sopra-diaframmatici e che innerva i muscoli del volto, della faringe, dei polmoni, del cuore. Il circuito VVC determina la nostra capacità di esprimere emotività con il volto, la voce, la prosodia e il respiro (4c). ll circuito dorsovagale (DVC) invece, con fibre afferenti agli organi sotto-diaframmatici, mantiene l’omeostasi e le funzioni viscerali basiche, innervando stomaco, intestino tenue, colon e vescica (4c).

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Quando dobbiamo rispondere a stimoli presenti nell’ambiente esterno, utilizziamo il circuito filogenetico più recente; quando questo fallisce nel suo ruolo di regolatore omeostatico, entra in azione il circuito più arcaico, orientato a garantire la sopravvivenza. Il vago mielinizzato si comporta come un freno: regola il tono vagale del cuore (il battito cardiaco), calmando o immobilizzando un individuo, agendo sul nodo seno-atriale (il pacemaker cardiaco primario), provocando una frequenza cardiaca a riposo più bassa della frequenza cardiaca del pacemaker da solo. Quando il tono vagale del pacemaker è elevato, il vago mielinizzato agisce come freno e calma il cuore. Quando il tono vagale è basso, l’inibizione è pressoché inesistente. “I pattern della frequenza cardiaca, come i processi comportamentali, dipendono dallo stato del sistema nervoso e dalla qualità dei feedback neurali. Lo stress risulta in una disorganizzazione della struttura ritmica, sia del comportamento che dello stato del sistema autonomo. Quindi, le misurazioni del tono vagale cardiaco come RSA (Aritmia Seno-Respiratoria) sono una finestra importante sul controllo centrale dei processi autonomi, e, per inferenza, nei processi centrali necessari per l’azione organizzata .” Steven Porges, p.69, The polyvagal Theory: Neurophysiological Foundations of Emotions, Attachment, Communication and Self-Regulation.

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4.2 Rilevanza della teoria polivagale per la salute mentale Nelle persone sane, il sistema VVC mielinizzato ha un andamento “on/off”, ovvero tende ad “accendersi e spegnersi” mentre interagisce con l’ambiente, dimostrando reattività più o meno intensa, per poi tornare ad una condizione di equilibrio. Porges individua 4 differenti raggruppamenti di patologie osservando i sintomi dei pazienti in relazione alle risposte fisiologiche interne.

1. Diminuzione del sistema di coinvolgimento sociale (depressione): questo coincide con una riduzione dell’attività vagale ventrale, manifestandosi con “flat affect”, ovvero espressione del volto piatta, in particolare nella parte superiore dei muscoli orbicolari; in più questi pazienti tendono a soffrire di bassa reattività e un’elevata sensibilità ai suoni. 2. Stato d’ipervigilanza (disturbi d’ansia e dei comportamenti impulsivi): coincide elevata reattività direttamente correlate ad un’alta attivazione del sistema simpatico. Questi pazienti spesso soffrono di disregolazione dello stato emotivo con rapidi spostamenti tra calma e reattività. 3. Vulnerabilità al collassamento e alla dissociazione: alternanza tra attivazione simpatica e circuito dorsovagale. “Può manifestarsi con episodi di ipotensione, assenze o restringimenti dello stato di coscienza, fibromialgie, problemi intestinali e comportamenti di ridotta mobilizzazione”. 4. Dissociazione grave: collassamento cronico (shut down) guidato dall’attivazione del sistema dorsovagale, come risposta difensiva generalizzata a diverse situazioni di stress o di pericolo percepito. Questa risposta accade frequententemente in vittime di abuso o di violenze come meccanismo di difesa ad una minaccia potenzialmente letale.

“Quando il trauma è relazionale, ogni essere umano può essere percepito come fonte di estremo pericolo. Capire cosa nell’ambiente stimola questa reazione è una chiave importante nella relazione con questi pazienti e rende possibile il lavoro terapeutico per evitare a tutti i costi che questa reazione molto dannosa si inneschi, a favore di un maggior coinvolgimento del sistema ventrovagale.”

Steven Porges, intervistato da “State of Mind” (4c)

(4a) Learning and memory in combat veterans with posttraumatic stress disorder.Yehuda R1, Keefe RS, Harvey PD, Levengood RA, Gerber DK, Geni J, Siever LJ. Am J Psychiatry. 1995 Jan;152(1):137-9.

(4b) Bovin M. J., Jager-Hyman S., Gold S. D., Marx B. P., Sloan D. M. (2008). Tonic immobility mediates the influence of peritraumatic fear and perceived inescapability on posttraumatic stress symptom severity among sexual assault survivors. J. Trauma. Stress 21, 402–409. 10.1002/jts.20354

(4c) http://www.stateofmind.it/2014/12/stephen-porges-intervista-teoria-polivagale/

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YOGA Che cos’è lo Yoga?

Lo Yoga, inteso come insieme di discipline fisiche, mentali e spirituali, nasce tra i 10,000 e i 5,000 (era pre-classica) anni fa nel Nord dell’India. Inizialmente, il sistema viene utilizzato solo dai Bramini, i membri della casta sacerdotale indiana. I tratti salienti dello Yoga

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pre-classico vengono raccolti attorno al 500 A.C nel famoso libro “Upanishads”, considerato il primo vero testo Yogico.

Nell’era classica Patanjali, un importante filosofo vissuto tra il II e V secolo D.C unisce le variazioni esistenti della disciplina nel libro Yogasutras, in cui lo Yoga viene definito una disciplina a “otto arti o stadi”

Tali otto stadi sono (5a):

Yama : astinenze; astensioni; freni; proibizioni; Queste sono regole di comportamento.

Ahiṃ sā : non violenza; pacifismo;

Satya : sincerità; genuinità;

Asteya : non rubare; temperanza;

Brahmacarya : continenza; castità; letteralmente vuol significare "seguace del Brahman" con riferimento al primo degli stadi della vita di un hindu che segue il percorso canonico di realizzazione spirituale;

Aparigraha : non avidità; moderazione; rinuncia;

Niyama : osservanze; discipline Śauca : pulizia; purezza;

Saṅ toṣ a : appagamento; contentezza; soddisfazione;

Tapas : autodisciplina; fervore mistico; ardore; ascetismo;

Svādhyāya : studio (delle scritture sacre, cioè la recitazione dei Veda ); applicazione;

Īśvara praṇ idhāna : abbandono al Signore. Il Signore non è un Dio creatore né un Dio giudice o dispensatore di grazia, ma piuttosto un essere supremo, un modello cui lo yogin può ispirarsi

Āsana : posizione fisica; postura. Patañjali menziona il termine in un solo sūtra , parlando genericamente di una qualsiasi posizione che risulti stabile e comoda;

Prāṇ āyāma : controllo della respirazione e del flusso vitale.

Il termine è composto da prāṇ a e āyāma , che sta per "allungamento", "espansione", mentre il primo è generalmente reso con "respiro vitale

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Pratyāhāra : ritrazione dei sensi dagli oggetti; astrazione dal mondo; isolamento sensoriale.

Si passa da uno stadio in cui le funzioni sensoriali sono dominate dai rispettivi oggetti dei sensi, a uno stadio in cui i sensi ne sono affrancati per permettere una conoscenza altra, quella che deriva dalla propria coscienza (citta )

Dhāraṇ ā : concentrazione. La "concentrazione" è definita come «fissare la coscienza (citta ) su qualcosa»

Dhyāna : meditazione; contemplazione profonda.

Non si tratta qui della meditazione comunemente intesa, né di una forma di rimuginazione interiore: il dhyāna è contraddistinto da uno stato di coerente lucidità;

Samādhi : congiunzione con l'oggetto della meditazione; assorbimento della coscienza nel sé

“Estasi”

Nel 1900 lo Yoga diventa molto popolare in Occidente grazie a vari maestri tra cui B.K.S Iyengar, Sri Pattabi Jois, T.K.V Desikar e Swami Sivekananda, che diffondono variazioni moderne dell’antica disciplina in tutto il mondo. Lo Yoga si dimostra utile anche a scopo terapeutico, soprattutto per quel che riguarda Asana, Pranayama e Dyhana. Nel 1998 il famoso psichiatra Bessel Van Del Kolk, una delle massime autorità mondiali sul trauma, si rende conto del valore terapeutico di questa disciplina per i pazienti che soffrono di trauma complesso e Disturbo da Stress Post Traumatico. Secondo Van del Kolk, la risposta centrale dell’essere umano al trauma è la disconessione dal proprio corpo: “Al centro dell’esperienza traumatica vi è il fatto di non poter fare niente per contrastarla: come quando si è sedati, o intrappolati, o quando sei bambino e le situazioni sono fuori dal tuo controllo/potere. L’essenza del trauma è l’immobilità fisica, che diventa una risposta condizionata ” (5b). è dunque grazie alla parte corporale che lo yoga agisce cosi efficacemente sulle varie dimensioni o livelli del trauma. In particolare, lo yoga agisce “Bottom-up” ovvero “Dal basso verso l’alto”: migliora un valore fisiologico chiamato HRV Heart Rate Variability, ovvero la “naturale variabilità della frequenza cardiaca in risposta a fattori quali il ritmo del respiro, gli stati emozionali, lo stato di ansia, stress, rabbia, rilassamento, pensieri, etc ”. In un organismo sano e bilanciato, la frequenza cardiaca risponde a questi fattori rapidamente e si modificando a seconda della situazione; cio’ è necessario per adattare l'organismo agli stimoli e alle sfide dettate dall'ambiente. Un individuo sano mostra una buon grado di variabilità della frequenza cardiaca, che riflette una buona adattabilità psicofisica. L’ HRV è quindi in grado di valutare lo stato relativo del sistema nervoso Simpatico e Parasimpatico, che, come sappiamo, sono disfunzionali negli individui traumatizzati.

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Secondo Van del Kolk, lo yoga aiuta anche in altri aspetti come la concentrazione, il rilassamente e l’interocezione, ovvero la capacità di sentire il proprio corpo e di capire le proprie sensazioni corporali e come queste coincidano con quelle emotive. L’interocezione, a sua volta, aiuta a sviluppare la mindfulness, ovvero la capacità di prestare attenzione alle sensazioni corporee, alle emozioni ed ai pensieri, in maniera intenzionale e non-giudicante, con il fine ultimo dell’accettazione di sè. John Kabat Zinn, uno dei pionieri in questo campo e padre della Mindfulness-Based Stress Reduction (MBSR) therapy, descrive la mindfulness come “una lente d’ingrandimento sotto cui prendiamo le disparate energie presenti nella nostra mente e nel nostro corpo, e le focalizziamo in una fonte d’energia unica e necessaria per vivere, risolvere i problemi, guarire ” (5c). (5a) https://it.wikipedia.org/wiki/Yoga

(5b) Intervista a Van del Kolk in PESI, Behavioural Health Continuing Education, 2016

(5c) The body keeps the score, Bessel Van del Kolk, p.209, Penguin ed.2014

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