Buzz Preview

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Social network e community, tutti ne parlano e tutti vorrebbero utilizzar-

le come strumento per forme innovative di comunicazione e marketing.

Sono la nuova forma di comunicazione interattiva per la creazione di

valore, una nuova frontiera.

Ma qual è il segreto del successo? Come si possono pianificare attività

in modo strutturato e misurabile? Quale migliore strategia per genera-

re buzz e passaparola? Cosa rende davvero un contenuto virale?

Quattro professionisti del digital marketing spiegano, raccontando case

history reali, quali sono alcuni dei segreti del mondo che ruota attorno

al web 2.0.

Un terreno in parte ancora inesplorato ma con enormi potenzialità di

sviluppo perché tutto fa credere che il valore attivo maggiore sarà

sempre più nella condivisione, nella conversazione tra brand e potenziali

consumatori, nell’interpretazione dei feedback e delle emozioni.

Il testo espone alcune delle strategie di maggiore successo grazie alle

quali aziende hanno operato e operano in un contesto dove le persone

commentano, descrivono, scambiano idee e contenuti, discutono, si

confrontano su forum, blog e social media.

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Le aziende, nell’intento di promuovere prodotti o servizi, hannodovuto cambiare radicalmente l’approccio di conversazione con iconsumatori, sempre più attori del processo di posizionamento dibrand e prodotti; parliamo in tal caso di “prosumer”; il consumatoreha facoltà di parola e diviene co-creatore dell’identità di marca.Come è noto i prodotti, in modo particolare quelli che richiedono unbisogno maggiore di informazioni prima della decisione di acquisto,(come nel caso dei prodotti tecnologici o automotive), sono stati evengono da sempre discussi, giudicati, consigliati da persone, consu-matori e utenti, influenzando quelle che sono le predisposizioniall’acquisto da parte di altri potenziali consumatori. L’accesso ainternet ha profondamente cambiato i limiti di distribuzione geogra-fica fino a ora conosciuti. Le applicazioni 2.0 permettono la condivi-sione e di conseguenza il passaparola tra utenti che condividono pas-sioni e interessi comuni. Da sempre, le persone sono alla ricerca diindividui a loro simili, con i quali condividere lo stesso gruppo; lecomunità virtuali diventano sempre più ricche di rapporti da pari-a-pari, simili a quelli face-to-face, nella ricerca di consenso e autosti-ma personale. Far parte di una community significa non solo essereentusiasti per un argomento, un prodotto, una persona, ma ancheaver la possibilità di criticare e argomentare delle prese di posizionedifferenti fa quelle volute dalla marca.

La conversazione tra aziendee un pubblico che cambia.

We are a generation that is always onand always connected. Where our livesjump on-line and off is no longer justindecipherable, it’s irrelevant.Julia Roy

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La produzione di contenuti fino a ora esclusiva dei classici mezzidi comunicazione, vede il crescente sviluppo di nuovi media e, in par-ticolar modo, dei contenuti prodotti dagli utenti. L’uomo non può noncomunicare, ed è grazie a internet che trova la possibilità di abbatte-re i confini imposti dalle distanze spaziali e dai canali di comunica-zione. Ci troviamo nell’era della “Rinascita della conversazione”;2 gliutenti sono prima di tutto persone che condividono gli uni con gli altriesperienze e conoscenza. È lo stesso concetto di knowledge a riem-pirsi di significato grazie alle social media tech no logies.

Nell’era della conversazione digitale sono le persone a essere alcentro dell’analisi. La grande ondata che si sta divulgando e a cui tuttistiamo partecipando è definita User Generated Content (ContenutoGenerato dagli Utenti). In accordo con Wikipedia, la definizione èna ta nel 2005 negli ambienti del web publishing e dei new media perindicare il materiale disponibile sul web prodotto da utenti inveceche da società specializzate. Esempi di contenuto generato dagliutenti sono foto e video digitali, blog, podcast e wiki. Esempi dispazi web che si basano su questa filosofia sono Flickr, FriendsReunited, FourDocs, YouTube, Second Life e Wikipedia. Una decli-nazione del contenuto generato dagli utenti e lo user generated mar-keting, pubblicità, messaggi e comunicazioni create dagli utenti incrowdsourcing (due esempi in questo senso sono bootb e Zooppa).Le recenti evoluzioni nel campo dell’informazione hanno visto lanascita di format tv che riprendono il concetto di UGC riadattando-lo al formato televisivo tradizionale come nel caso di CurrentTV.

La percentuale di utenti che fruiscono/producono contenuti web,aumenta sempre più e con un ritmo di notevole rilevanza dal 2007a oggi. Come possiamo vedere nella seguente tabella i consumatoridi “User Generated” tenderanno ancora a crescere, almeno secondole previsioni pubblicate da e-marketer.

Anche in Italia aumenta la produzione di contenuti con un ritmo

2. Age of Conversation eBook.

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Figura 1. Fonte eMarketer.

di aggiornamento più costante nel tempo. Nelle tabelle che seguo-no, notiamo le percentuali di fruizione nel tempo di contenuti UserGenerated (figure 2-3).

Il pubblico se da una parte si rende partecipe nella creazione dicontenuti, dall’altra è sempre più “volatile”, alla ricerca di informa-zioni diverse. Il web diventa un luogo di confronto e soprattutto ter-reno fertile per ottenere informazioni utili sia didattiche che di intrat-tenimento, riproducendo on-line le relazioni fino a ora ricercate solonei gruppi di riferimento tradizionali (amici, lavoro, famiglia, ecc.).

Ci fidiamo sempre più degli estranei dal momento in cui vengonostabilite delle relazioni, che se pur mediate, vengono vissute e inter-pretate come parte del quotidiano. Se con i mass media l’interazionepeer-to-peer rimane localizzata e limitata al faccia a faccia, i socialmedia hanno aperto la porta ai consumatori, affinché possano pubbli-care i propri contenuti e con estrema semplicità divulgarli.

La facilità con cui è possibile produrre, condividere opinioni e in -fluenzare altri utenti ha dato vita alla democratizzazione dell’influen-za dei gruppi sociali. A differenza dell’offline, oggi le esperienzesono divulgate al mondo intero. Mai fino a ora siamo stati esposti acosì tante opinioni e raccomandazioni, di cui molte provenienti da

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Figura 2. Fonte Universal McCann.

estranei, ovvero persone “normali”, né celebrità né particolarmenteesperte. Da una comunicazione one-to-many siamo passati alla ricer-ca di un’interazione one-to-one, per evolvere verso la comunicazio-ne many-to-many.

Considerando non tanto le tecnologie, ma l’uso e l’influenza chequeste hanno sulle persone, potremmo porci una domanda. Checosa ricercano gli utilizzatori nelle diverse forme di interazione?Riprendendo la teoria di Maslow già applicata al marketing tradi-zionale, possiamo suddividere in via teorica e interpretativa, i biso-gni soddisfatti e ricercati nelle social technologies.

Maslow raggruppa i bisogni fondamentali in cinque categorie:bisogni fisiologici, di sicurezza, sociali, di stima e di autorealiz-

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Figura 3. Fonte: Universal McCann.

zazione. Non si limita a una classificazione, ma postula l’esistenzadi una gerarchia dei bisogni, che sarebbe in funzione dello sviluppodell’individuo. Secondo lo psicologo statunitense ci sarebbe unordine prioritario, nel senso che ognuno di noi comincia a ricercarela soddisfazione dei bisogni prioritari prima di passare alla catego-ria successiva.

Questi bisogni di ordine inferiore, una volta soddisfatti, lascianospazio ai bisogni della classe superiore, che iniziano così a influen-zare il nostro comportamento. Ci sarebbe quindi un’attenuazioneprogressiva dell’intensità dei bisogni soddisfatti e un’intensità cre-scente, invece, di quelli di ordine superiore non ancora soddisfatti.L’analisi di Maslow riesce a mettere in evidenza la struttura multi-

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dimensionale e gerarchizzata dei bisogni. Queste categorie di biso-gni coesistono sempre; ciò che cambia è il grado d’importanza cheognuna di esse può assumere a seconda dell’individuo o, per unostesso individuo, in base alle circostanze.

• Sopravvivenza: bisogni fisiologici – a livello più basso troviamoquelli che sono gli strumenti che soddisfano il bisogno di cono-scenza e di comunicazione diretta via e-mail

• Sicurezza: bisogno di protezione morale e fisica – ovvero nonsolo gli antivirus, ma in particolar modo la sicurezza della propriaidentità nel web

• Socializzazione: è a questo livello che il web 2.0 viene in rispo-sta al bisogno di appartenenza e di comunicazione immediata,grazie ai network che si creano tra utilizzatori

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Figura 4. Elaborazione dell’autore del concetto di Piramide di Maslow 2.0. Fontewww.aysoon.com

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• Stima: il riconoscimento superiore, viene dato a coloro che deci-dono di esporsi attraverso i blog, grazie cui esprimono punti divista personali e stimolano discussioni

• Autorealizzazione: a livello più alto, troviamo coloro che contri-buiscono a un sapere autorevole e condiviso. Le classifiche degliaggregatori di notizie come Wikio, Technorati fanno parte delsenso di autorevolezza ricercata dagli utenti.

Il profilo del consumatore postmoderno

Il nuovo consumatore è diventato più scaltro, esigente e selettivo,competente, proattivo e tendenzialmente infedele alla marca. Il con-sumatore di oggi è alla ricerca di esperienze più che prodotti, emo-zioni e sensazioni più che valori d’uso,3 generando inediti modelli diconsumo più simili al patchwork che alla linearità/prevedibilità delpassato. Il consumatore postmoderno vuole prodotti “unici” su misu-ra e personalizzati ed è alla ricerca costante di informazioni su ciòche si acquista in modo rapido e possibilmente con un approccioone-to-one. Il consumatore acquisisce potere e consapevolezza del ladiscrezionalità; la sua tradizionale passività e subalternità verso chiproduce/vende non trova più alcun riscontro; intende instaurare unrapporto dialettico che impone all’impresa il passaggio dalla logicadella transazione a quella della relazione.

In un mondo dove l’individualismo prende forza, le personevogliono scambiare, comunicare, legarsi agli altri: sono alla ricercadi legami, con le istituzioni come con le marche. L’esplosione dellenuove tecnologie d’informazione ha infatti stravolto i rapporti congli altri. Da un punto di vista positivo, questa esplosione ha apertoun’enorme possibilità di connessione, e riconnessione, di capacitàcritiche tra i propri comportamenti e quelli degli altri.4

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3. Fabris, G. (2003), Il nuovo consumatore: verso il postmoderno, FrancoAngeli, Milano, pp. 126-1384. Eric de Rugy, Attache-moi, 2008.

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Il XXI secolo pone alla ribalta un nuovo consumatore in continuatrasformazione, la cui eterogeneità e complessità sono il riflessosociale dei cambiamenti che investono l’epoca contemporanea. Siprospetta uno scenario di mercato globale ipercompetitivo, domina-to dalle nuove tecnologie dell’informazione che consentono all’in-dividuo di essere capillarmente e costantemente informato.

Il consumatore è alla ricerca di prodotti personalizzati, vuole poteressere valorizzato nell’utilizzo del prodotto o servizio, nel rapportocon chi produce il prodotto. Il consumo permea ormai ogni sfera esi-stenziale dell’individuo che lo assume quale medium espressivodella propria reale identità, spesso palesando, attraverso i diversifica-ti atti di consumo, la pluralità e l’eclettismo della personalità.5

In sostanza il consumatore odierno è:

• Autonomo, non più subordinato alla marca. Nel mercato moder-no non sono i prodotti a competere ma i messaggi. La marca è unelemento sempre più astratto, basato su valori sociali condivisi,identità culturali emergenti

• Competente, internet ha dato un potere enorme al consumatoreche ora ha conoscenze sui prodotti e sa scegliere

• Esigente, chiede sempre più qualità e servizio• Selettivo, il consumatore è molto più attento a ciò che acquista

anche grazie alla fonte di informazioni inesauribile che è internet• Orientato in senso olistico, nella scelta sono coinvolte tutte le

dimensioni tangibili e intangibili. “È all’interno dell’impero delcapitalismo che le dinamiche di consumo diventano un mezzo peraffermare la propria identità, non più l’ostentazione di uno sta-tus symbol. Il consumo e le marche diventano forme di aggrega-zione collettiva e strumenti di formazione dell’identità”.6

Come vedremo, l’uso che le persone fanno dei media e il tempocon cui un media si diffonde abbastanza da essere chiamato mass-

5. Ibidem.6. Cova, Pallera e Giordano, 2007.

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media, influenza in modo significativo non solo il mercato ma leesigenze stesse della comunicazione.

Il report Nielsen sul fenomeno dei social network nel mondo

Secondo lo studio Global Faces and Networkend Places, il reportNielsen sul fenomeno dei social network nel mondo datato marzo2009, i due terzi degli utenti internet nel mondo visita blog e socialnetwork, categoria che occupa ormai quasi il 10% del tempo totalespeso on-line. Le member community hanno superato le e-mail per-sonali diventando la quarta categoria più visitata in assoluto, dopo imotori di ricerca, i portali generalisti e i siti di software per PC.

Ma la crescente diffusione dei social network e, di conseguenza,l’aumento dell’audience, è solo metà della storia: le persone dedica-no sempre più tempo a questi siti, il che non solo comporta cambia-menti nel modo di trascorrere il tempo on-line ma ha anche impli-cazioni sul modo di comportarsi e relazionarsi con gli altri nella vitadi tutti i giorni. Il mondo dei media e della pubblicità si trova quin-di ad affrontare le sfide ma anche le opportunità che questo nuovomezzo di comunicazione porta con sé. Se è vero infatti che i socialnetwork rappresentano nuovi attori sullo scenario competitivo,offrono però allo stesso tempo a editori e inserzionisti la possibilitàdi trovare modi completamente nuovi per rapportarsi ai propri uten-ti: bisogna solo capire quali siano le strategie migliori per riuscirci.

Il coinvolgimento degli utenti nei social network è tale da potercambiare il modo in cui ci si rivolge ai consumatori non solo suimezzi digitali ma anche su quelli tradizionali.

Se il tempo dedicato a internet in generale non cresce tanto quan-to il tempo dedicato ai social network significa che questi ultimistanno portando via quote di tempo alle altre categorie web. Nellamaggior parte dei paesi considerati, la percentuale del tempo on-linededicata a blog e social network è più che raddoppiata (figura 5).

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Figura 5. In Svizzera l’incremento maggiore della percentuale di tempo online spesasui siti member community. Fonte Nielsen Online, Global Index, dicembre 2007.

I social network sono partiti tra i più giovani, poi con il passaredel tempo si sono diffusi sempre di più, anche grazie a siti comeFacebook, la cui formula di successo ha aperto le porte dei socialnetwork a un’audience molto più ampia. La conseguenza è che nellacomposizione dell’audience di blog e social network diminuisce lapercentuale rappresentata dagli under 18 mentre aumenta quelladegli over 50 (figura 6).

Alla base dell’esistenza dei social network c’è l’amicizia, il fattoche gli iscritti attraverso l’interazione danno qualcosa l’uno all’al-tro. In questo senso, la pubblicità dovrebbe seguire la stessa logicadel dare un valore aggiunto attraverso l’interazione e il dialogo.

Il marketing sui social network è un po’ come l’amicizia: richie-de tempo e dedizione, gli investimenti economici non bastano.

Il fenomeno dei social network sta cambiando drasticamente ilcomportamento delle persone, offrendo quindi nuove sfide e opportu-

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nità sia all’industria dei media che a quella pubblicitaria. Blog e socialnetwork occupano il 10% del totale tempo speso su internet, eppure,a parte alcune eccezioni, restano ancora un mezzo poco redditizio.

La Generazione Y

La Generazione Y è la generazione sulla quale il web gioca unruolo determinante, influenzando profondamente le esperienze rela-zionali tra individui: il linguaggio è fatto di nuovi segni e parole.Sono ragazzi fra i 18 e i 25 anni, che vivono costantemente connes-si on-line, cresciuti in piena espansione della comunicazione digita-le. Assidui frequentatori delle più famose community on-line –Facebook, MySpace, YouTube – utilizzano Skype per comunicareanche al posto del telefono, sono early adopter di molti servizi web2.0. Tecnologia, moda ed entertainment sono solo alcune dei princi-pali temi dibattuti nella Rete.

Una ricerca intrapresa dalla Calvin Klein ha definito questa gene-razione “technosexual”, considerando la Generazione Y come ungruppo di riferimento con un considerevole potere d’acquisto,

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Figura 6. Le member community raggiungono utenti più maturi. Fonte NielsenOnline.

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7. www.adnkronos.com

un’approfondita conoscenza dei prodotti nonostante la giovane età,e con una fedeltà al brand inferiore rispetto alla media dei consuma-tori. Cresciuti con telefonini e computer, possiamo considerarli deidigital native, abituati a comunicare con un nuovo linguaggio fattodi segni sintetici che esprimono emozioni: il loro mondo “digitale”si arricchisce così di strumenti come chat, blog, forum e iPod, socialnetwork di immagini, siti preferiti, status.

Solo negli Stati Uniti il quotidiano Usa Today stima che i giovanidella “Y Gen” sono all'incirca 70 milioni: tutti ragazzi sotto i trent’an-ni con un rapporto assolutamente confortevole con le tecnologie piùavanzate e che rappresentano la forza lavoro e il know-how del nostroimmediato domani. Una ricerca della Harris Intera ctive ha evidenzia-to che la Generazione Y – solamente negli States – spende 172 miliar-di di dollari all'anno, influenzando anche gran parte delle decisionid'acquisto di un pubblico più adulto, genitori in testa.

Sul fronte italiano in particolare, una ricerca realizzata dal -l’istituto B&F per conto di Tequila-Italia (che prende in esame uncampione di 400 ragazzi fra i 18 e i 25 anni) ha rilevato che inter-net è il mezzo di comunicazione più seguito in questa fascia d’età(95% del campione), seguito da radio (70%), tv classica (64%),l’emittente musicale MTV (29%), Sky (7%).

I siti più visitati sono quelli di musica (43%), sport e calcio(24%), informazione (20%), viaggi e aerei (17%). Fra i brand on-line il più noto, sempre secondo la ricerca, è YouTube (per il 64%degli intervistati), seguito da MySpace (36%). Quanto agli sms, il42% dei ragazzi interpellati dice di inviarne da 10 a 19 al giorno, il40% ne invia da 1 a 9.7

La generazione X, che la ha preceduta, si è identificata invecenella mancanza di ottimismo nel futuro, scetticismo, sfiducia neivalori tradizionali e nelle istituzioni. I suoi appartenenti sono cre-sciuti nella deindustrializzazione del mondo occidentale e nellarecessione economica dei primi anni Novanta e del 2000 (figura 7).

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Survey 2.0

Una ricerca del 2007 di Forrester pubblicata nel famosissimotesto Winning in a World Trasformed by Social Technologies propo-ne dei dati statistici circa le attività svolte dai cittadini statunitensinel momento in cui questi sono on-line. Le prime tre posizioni, intermini di percentuali, sono occupate rispettivamente da:

• Guardo video prodotti da altri utenti, 29%• Consulto forum o gruppi di discussione on-line, 28%• Visito siti di social network, 25%

Abbiamo voluto in qualche modo replicare l’indagine realizzan-dola su un campione di 100 utenti italiani, lanciando una survey epubblicizzandola su Twitter e FriendFeed.

Fermo restando le scelte – con la sola aggiunta di “uso friendfe-ed” – abbiamo chiesto agli utenti di indicare quali attività tra quelle

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Figura 7. Gen Y e Gen X a confronto. Fonte: www.slideshare.net

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elencate svolgessero almeno una volta al mese. Dai risultati è emer-so in generale un maggiore coinvolgimento degli utenti attraversogli strumenti a disposizione nel web (questo sicuramente è in parteanche dovuto alla particolare tipologia di target che abbiamo colpi-to, un campione che si è dimostrato essere molto avvezzo alle tec-nologie della Rete). Da sottolineare il balzo in avanti legato allamaggiore partecipazione verso i social network in generale, e versoi blog e twitter in particolare.

Un’altra indagine di Forrester, pubblicata sempre nel testo afirma Li e Bernoff, del 2006, si propone di comprendere, con l’av-vento dell’era di internet, quali siano le fonti che gli americani con-nessi alla Rete ritengono più fidate, più credibili. Anche in questocaso, sempre mantenendo inalterate le risposte possibili, abbiamolanciato una survey on-line su un campione rappresentativo di 100utenti nel web chiedendo loro di valutare le varie voci – alla doman-da “quanto ti fidi delle fonti di informazione relative a prodotti/ser-vizi?” – indicando una preferenza su una scala che, crescendo, anda-va da “non mi fido” a “mi fido totalmente”.

Le prime tre posizioni della ricerca americana vedevano nell’or-dine:

• Opinione di un amico o di un conoscente che ha fruito del pro-dotto/servizio, 83%

• Recensione del prodotto/servizio apparsa su un giornale, una rivi-sta o in tv, 75%

• Informazioni pubblicate sul sito del produttore, 69%.

I risultati che abbiamo registrato, rispetto alla ricerca di riferi-mento, sono molto diversi. Se infatti le opinioni di un amico/cono-scente si confermano come “prima scelta” della stragrande maggio-ranza degli utenti, la credibilità di una recensione apparsa su ungiornale, una rivista o in tv subisce un netto calo, passando da un75% a un 35.7%, relegando tale spazio comunicativo in ultima posi-zione rispetto alle altre scelte disponibili.

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Viceversa scalano posizioni le opzioni che vedono attivamentepartecipi gli utenti: le recensioni di blogger passano così dal 30% al67.4%, le opinioni delle community di utenti dal 50% al 73.2%. Ilweb 2.0 è insomma vivo più che mai ed è sempre più consideratodai potenziali consumatori il territorio primo nel quale reperire (econdividere) informazioni, opinioni, giudizi, una tappa ormai quasiobbligata per vagliare l’acquisto di un bene/servizio.

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Gli strumenti del web 2.0

Nel paragrafo precedente abbiamo citato il neologismo “web 2.0”:di cosa si tratta? L’espressione “web 2.0” venne usata per la primavolta con una sessione di brainstorming durante una conferenza aridosso dello scoppio della bolla speculativa che colpì le cosiddettedotcom a cavallo del nuovo millennio: Dale Dougherty, pioniere delweb e vicepresidente di O’Reilly, fece notare che, tutt’altro che“crollata”, la Rete era più importante che mai, con nuove interessan-ti applicazioni e siti che nascevano con sorprendente regolarità.

Il concetto venne poi ripreso e approfondito nell’ormai famosis-simo articolo di Tim O’Reilly What Is Web 2.0: Design Patterns andBusiness Models for the Next Generation of Software, del 30 settem-

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bre 2005. Il concetto alla base del ragionamento di O’Reilly è ilseguente: le società che erano sopravvissute alla bolla sembravanoavere alcune caratteristiche in comune.

Ancora oggi c’è grande disaccordo circa il significato di web 2.0:alcuni lo denigrano, considerandolo un termine di marketing (dasostituire all’ormai arcaico new economy), una moda, mentre altri loaccettano come il nuovo standard convenzionale.

Come molti concetti importanti, il web 2.0 non ha confini rigidima, piuttosto, un centro gravitazionale. Lo si può immaginare comeun insieme di principi e di procedure che collegano un autentico“sistema solare” di siti che dimostrano questi principi, o parte diessi, a una distanza variabile da tale centro.

Web 2.0 è quindi l’insieme di tutte quelle applicazioni on-line chepermettono uno spiccato livello di interazione sito-utente (blog,forum, chat, sistemi quali Wikipedia, Youtube, Facebook, Myspace,Gmail, ecc.).

La locuzione pone l’accento sulle differenze rispetto al cosiddet-to web 1.0 diffuso fino agli anni Novanta e composto prevalente-mente da siti web statici, senza alcuna possibilità di interazione conl’utente eccetto la normale navigazione tra le pagine, l’uso delleemail e l’uso dei motori di ricerca.

Per le applicazioni web 2.0, spesso vengono usate tecnologie diprogrammazione particolari, come AJAX (Gmail usa largamentequesta tecnica per essere semplice e veloce) o Adobe Flex.

Un esempio potrebbe essere il social commerce, l’evoluzionedell’e-commerce in senso interattivo che consente una maggiorepartecipazione dei clienti, attraverso blog, forum, sistemi di feed-back ecc.8

Quello che più interessa nell’ambito della comunicazione e delmarketing, non sono le tecnologie che caratterizzano il web 2.0, ma

8. www.wikipedia.com

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9. Gabriel, (P.), 2002, 3ème Congrès International du Marketing, Les logi -ques d’un marketing pragmatique orienté marché.

ciò che gli utenti fanno con esse. Analizzare i bisogni è il primopasso affinché si possa prevedere con un margine di certezza le sueevoluzioni e predire l’evoluzione delle relazioni tra aziende e con-sumatori.

Alcuni degli aggettivi che caratterizzano le social media techno -logies, rispecchiano le implicazioni che queste hanno avuto gli uten-ti del web:

• Scambio• Comunicazione• Autogestione• Collaborazione• Implicazione

Le reti sociali sono sviluppate su piattaforme che consentonoun’interazione tra gli utenti, permettendo loro di scambiare contenu-ti audio, video e testuali. Al centro di ogni social network c’è uninteresse che accomuna chi vi prende parte, in base al loro centrod’interesse: LinkedIn, Facebook, MySpace, Twitter, Viadeo, Social/Median, ecc.

Il concetto essenziale che accomuna gli strumenti del web 2.0, èla possibilità per un membro che fa parte di una comunità, di poteringrandire la propria cerchia di amici invitando altri membri appar-tenenti o meno alla comunità9 (figura 8).

Una rete sociale su internet è una trasposizione di una rete natu-rale: un gruppo di persone tra loro connesse da diversi legami socia-li portati da una conoscenza casuale, da rapporti di amicizia, di lavo-ro o da vincoli familiari. Una rete è dunque composta da soggetti,relazioni e nodi, che generano appartenenza e identità.

I contenuti informativi e di intrattenimento possono essere sceltidagli utenti in base alle proprie preferenze. L’uso degli RSS, e piat-

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taforme come Netvibes consentono, ad esempio, di “customizzare”attraverso widget la stessa fruizione di utility, contenuti testuali,video e podcast. La possibilità di co-creare i contenuti e di persona-lizzarli, poi, permette di parlare non solo come abbiamo già accen-nato di UGC, ma anche di User Generated Media.

La collaborazione ha un’importante implicazione sociale oltreuna rilevanza nel processo di comunicazione tramite computer. Ilsuccesso di Wikipedia è stato l’inizio di un’evoluzione nel campodella co-creazione di contenuti, in particolare per la facilità con cuichiunque può partecipare alla stesura delle definizione di un argo-mento.

Una wiki è un sito web (o comunque una collezione di documen-ti ipertestuali) che può essere modificato dai suoi utilizzatori e i cuicontenuti sono sviluppati in collaborazione da tutti coloro che nehanno accesso, come in un forum.

La modifica dei contenuti è aperta e libera, ma viene registrata inuna cronologia permettendo in caso di necessità di riportare la parteinteressata alla versione precedente; lo scopo è quello di condivide-re, scambiare, immagazzinare e ottimizzare la conoscenza in modocollaborativo.

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Figura 8. Schema di concettualizzazione delle reti sociali. Fonte www.aysoon.com

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Come vedremo sono le stesse imprese a poter beneficiare dellewiki per portare a termine progetti comuni.

L’implicazione degli utenti nella rete è resa possibile da uno deibisogni fondamentali delle persone, ovvero quello di condividereesperienze e sentirsi parte di un gruppo. Diventerebbe altrimenti dif-ficile spiegare il motivo per cui gli utenti partecipano attivamente,lasciando feedback, commentando e votando. Gli utilizzatori aumen-tano la loro soglia di attenzione agli argomenti qualora fanno parte diuna community. Una comunità virtuale o comunità on-line è, nel-l’accezione più comune del termine, un insieme di persone interes-sate a un determinato argomento, o con un approccio comune allavita di relazione, che corrispondono tra loro attraverso una rete tele-matica, oggigiorno in prevalenza internet, e le reti di telefonia. Taleaggregazione non è necessariamente vincolata al luogo o paese diprovenienza; essendo infatti questa una comunità on-line, chiunquepuò partecipare ovunque si trovi con un semplice accesso alle reti,lasciando messaggi nei forum. Nella sua evoluzione le possibilità dicreare una community virtuale ha aumentato le sue possibilità diinterazione. Un esempio è la piattaforma Ning, che consente a ogniutente di partecipare al topic principale della com munity, ma altempo stesso poter usufruire di un blog personale all’interno dellapiattaforma anche per creare propri gruppi e discussioni.

I blog sono una delle evoluzioni della produzione di contenutiche più ha cambiato le sorti della comunicazione on-line, rappresen-tando oltre all’informazione anche l’autogestione dei contenuti e loscambio del sapere, un know-how condiviso. Lo stesso “blog” atti-va tra i suoi fruitori una connessione, costituendo una sfera dove siintrecciano contatti di amicizia e lavoro di breve e lungo raggio.

Il termine blog è la contrazione di web-log, ovvero “traccia surete”. Il fenomeno ha iniziato a prendere piede nel 1997 in America;il 18 luglio 1997 è stato scelto come data di nascita simbolica delblog, riferendosi allo sviluppo, da parte dello statunitense DaveWiner, del software che ne permette la pubblicazione (si parla di

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proto-blog), mentre il primo blog è stato effettivamente pubblicatoil 23 dicembre dello stesso anno, grazie a Jorn Barger, un commer-ciante americano appassionato di caccia che decise di aprire unapropria pagina personale per condividere i risultati delle sue ricer-che sul web riguardo il suo hobby. Nel 2001 è divenuto di modaanche in Italia, con la nascita dei primi servizi gratuiti dedicati allagestione di blog.

I social bookmark hanno ulteriormente agevolato la diffusionedi notizie e contenuti tra coloro che fanno parte dello stesso net-work. I social bookmark vengono classificati tramite tag, aumentan-do le possibilità di ricerca e classificazione delle notizie. Differentisono i cosiddetti “aggregatori di notizie” come Wikio o il più recen-te esperimento italiano “OKNotizie”.

I microblog come Twitter inizialmente nato come strumento inte-grato alla telefonia cellulare, è presto passato dallo scopo originale difar sapere al mondo quello che si sta facendo a un canale per pubbli-care micropost (il limite massimo della piattaforma è di 140 caratte-ri). Questo ha generato appunto dei microblog: ovvero dei blogaggiornati anche con frequenza altissima (anche diverse volteall’ora) nei quali si lanciano segnalazioni, rapidi commenti, consigli,auguri o anche dove ci si piange un po’ addosso (nel perfetto stile deiblog).

FriendFeed, è un’ulteriore evoluzione che integra microblogginge un aggregatore di contenuti, consentendo di mantenere aggiornatigli amici sugli aggiornamenti dei propri social media.

Generi differenti di utilizzatori

L’uso che gli utenti fanno delle social technologies, sono diretta-mente riconducibili al profilo delle persone che vi prendono parte.Come vedremo, individuare il target di riferimento e considerare levariabili che spingono gli utenti a partecipare attivamente alla con-

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versazione, è il livello che costruisce le fondamenta di una strategiadi SMM (social media marketing).

Le domande che possiamo porci sono: perché gli utenti parteci-pano? Perché scaricano foto su Flickr? Perché inviano link agliamici? Cosa c’è dietro la partecipazione?

Possiamo così suddividere gli utenti in base al loro profilo:10

• Creatori: al vertice della scala troviamo coloro che, almeno unavolta al mese, pubblicano un blog o un articolo on-line, aggiorna-no una pagina web, o caricano dei contenuti video o audio su siticome YouTube. In base a un’indagine svolta nel 2007 negli StatiUniti, i Creatori rappresentano il 18% degli adulti connessi inRete; in Europa arrivano solo al 10%, mentre la Corea del Sud,che ha una popolazione di blogger molto attiva, possiede una per-centuale di Creatori pari al 38%.

• Critici: reagiscono ai contenuti pubblicati su internet da altre per-sone, postano commenti su blog o forum, votano e/o modificanoi wiki. Dato che è più facile reagire che creare, non sorprende chei Critici siano più numerosi dei Creatori. Fra i cittadini statuniten-si adulti collegati a internet, uno su quattro è Critico; in Europa siscende a uno su cinque, mentre in Giappone i Critici rappresen-tano il 36% della popolazione dotata di connessione.

• Collezionisti: memorizzano una serie di Url e tag grazie al servi-zio di social bookmarking come del.icio.us, votano per i loro sitipreferiti attraverso servizi come Digg, o ricorrono agli RSS feedtramite servizi come Bloglines. Tale attività di raccolta e aggrega-zione delle informazioni svolge un ruolo fondamentale in vistadell’organizzazione della smisurata quantità di contenuti prodottadai Creatori e dai Critici. I Collezionisti rappresentano un gruppo

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10. Charlene LI, Josh Bernoff, Groundswell: winning in a world trans-formed by social technologies, Havard Business Press 2008.

Buzz marketing nei social media

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d’élite, solo il 10% dei cittadini statunitensi e di quelli europei, masi prevede che aumentino via via che un numero crescente di sitiproporrà diverse attività mirate a questo stile di partecipazione.

• Socievoli: partecipano o mantengono un profilo nei social net-work come MySpace o Facebook. Sono importanti in quantoincrementano la popolazione che utilizza questo tipo di tecnolo-gie. Negli Stati Uniti hanno già raggiunto il 25% della popolazio-ne connessa a internet; nella Corea del Sud si avvicinano al 40%.Attualmente l’Europa è in ritardo sul fronte delle attività legate alsocial networking, tanto che la percentuale dei Socievoli è lametà di quella registrata negli Stati Uniti.

• Spettatori: fruiscono di tutto ciò che viene prodotto da altri: blog,video on-line, podcast, forum, recensioni. Dato che essere unoSpettatore richiede uno sforzo minimo, non sorprende che questosia il gruppo più vasto: corrisponde al 48% dei navigatori statuni-tensi, al 37% di quelli europei e ai due terzi di quelli giapponesi.

• Inattivi: sono coloro che non partecipano ancora alle conversa-zioni on-line. Fra gli adulti dotati di una connessione internet nel2007 rappresentano il 41% degli statunitensi, il 53% degli euro-pei e solo il 37% dei sudcoreani (si fa riferimento solo alla popo-lazione on-line, infatti chi non ha accesso a internet non ha mododi partecipare - figura 9).

Il 90% degli utenti leggono ma non partecipano attivamente allediscussioni, tuttavia vengono da queste influenzati. Il 9% partecipasaltuariamente, ma possono essere classificati come joiners, collec-tors e critics (vedi sopra). Coloro che partecipano più attivamentesono l’1%, creando wiki, aggiornando blog ecc. (questo 1% restacomunque una grande fetta della popolazione e non considera colo-ro che aggiornano saltuariamente). Questo 1% tuttavia alimenta e sti-mola la conversazione e l’interazione, permettendo a una communi-ty di autoalimentarsi grazie ai contributi e valori di tutti gli utenti.

Per rispondere in parte alla domanda sul perché le persone parte-

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La conversazione tra aziende e un pubblico che cambia

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Buzz marketing nei social media

cipano ai social media, Ayelet Noff (Social Media Marketing Expertand Consultant) considera alcuni aspetti:

• Reciprocità anticipata: un utente è motivato a fornire il suo con-tributo nell’aspettativa di ricevere in dietro un aiuto o informazio-ni utili, qualora ne avesse lui bisogno

• Incremento di riconoscimento sociale: desiderio di prestigio• Senso di efficacia: gli utenti avvertono di avere qualche effetto

all’interno di una rete sociale (un esempio è Wikipedia)• Connessione: più un utente è legato ad altre persone in un net-

work, più è spinto a partecipare attivamente al fine di tenere vivele amicizie

• Emotional safety: il senso di appartenenza e identificazione conun gruppo accresce la sensazione di sicurezza.

Figura 9. Fonte Groundswell 2008.

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La conversazione tra aziende e un pubblico che cambia

Le implicazioni dei social media nel rapportotra imprese e consumatori

Con blog, forum e social media i mercati sono sempre più con-versazionali, per citare una delle più celebri frasi del “CluetrainManifesto”. Questo significa che le aziende devono essere pronte edisponibili a mettersi in ascolto e dialogare con i propri utenti/clien-ti, senza fare affidamento alle sole relazioni pubbliche di tipo tradi-zionale e monodirezionale. Un mercato è una struttura sociale com-posta da persone, aziende e prodotti che si relazionano: è una retesociale. Un ambiente che consente di compiere azioni e attività eco-nomiche, genera tra le persone dialogo e dibattiti provocati anche dainput e output economici, per nuove esigenze e nuovi bisogni.

Per un’azienda è fondamentale accrescere la notorietà del brandinsieme a una buona reputazione; il web è un media che deve esse-re considerato al pari degli strumenti della comunicazione tradizio-nale, considerando cosa lo accomuna e cosa lo differenzia dagli altrimedia.

La possibilità di votare i venditori su ebay.com, ad esempio, cosìcome lasciare commenti o raccomandazioni su Amazon.com sonostati i primi segnali di un cambiamento nel rapporto tra consumatorie brand. Gli utenti possono pubblicamente dare il proprio giudiziosull’esperienza di acquisto, oltre che sul prodotto stesso, influen -zando coloro che dopo di lui acquisteranno.

I consumatori sono sempre più consapevoli delle tecniche dicomunicazione delle imprese e sono sensibili all’inganno. D’altraparte, le imprese comunicano attraverso media sempre più fram-mentati e come unica risposta aumentano i messaggi in base ai con-correnti, al fine di aumentare le vendite.11 I consumatori passano piùdel 20% del loro tempo sul nuovo media, se pur le agenzie cercano

11. Gregory Pouy: www.marketing-etudiant.fr

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di convincere i clienti ad aumentare gli investimenti sul web, questirestano intorno al 7% degli investimenti di marketing.12

Al pari della pubblicità tradizionale anche i banner ultimamentesul web perdono la loro efficacia. In effetti, prima di concludere unacquisto, il consumatore domanda ai suoi amici e conoscenti, in piùGoogle diventa una fonte di informazioni senza precedenti per rac-cogliere le considerazioni di consumatori come lui (il 70% restanella prima pagina della ricerca).

I brand si “democratizzano”, l’audience si evolve in “gruppi dipersone con gli stessi interessi”, i messaggi lasciano posto alle opi-nioni. Le conversazioni tra marca e consumatore sono quelle doveentrambe le parti coinvolte sono partecipi, informate e apprezzate.13

Parliamo sempre di più di conversazioni P2P (da pari a pari),dove non solo viene considerata l’influenza tra individui nelle deci-sioni di acquisto, ma nella comunicazione significa presupporre chesi instauri una relazione tra pari dove l’azienda/il brand non espri-ma la propria superiorità, ma si metta in una posizione contempora-neamente di ascolto ed esposizione della propria tesi, come qualsia-si altro utente (figura 10).

Gli individui possiedono delle informazioni più ricche e diversi-ficate di quelle veicolate “dall’alto” dai tradizionali messaggi cor-porate. Questo elemento deve essere preso in considerazione dalleimprese, poiché queste non possono evitare che i consumatori par-lino tra loro su forum, blog e social network.

Per la prima volta la tecnologia ha raggiunto un punto in cui ognipersona ha la possibilità di esprimere la propria opinione. Questavoce, si articola e diffonde attraverso i social media, può essereestremamente forte e può sostanzialmente cambiare il modo di pen-sare di individui, aziende e comunità.14

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12. IAB 2007.13. Conoscere il marketing: scenari in continua evoluzione, il Sole 24 Ore.14. http://technobabble2dot0.wordpress.com

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15. Vanksen, presentazione sul buzz marketing, www.slideshare.net

La conversazione tra aziende e un pubblico che cambia

Sia nei media tradizionali che on-line la pubblicità sta inesorabil-mente creando un punto di saturazione. Questo non preannuncia unamorte prematura dei mezzi tradizionali, ma esige un nuovo approc-cio conversazionale. Yankelovich (società di consulenza specializ-zata nel miglioramento dei piani aziendali) afferma che il 70% degliindividui non crede più ai messaggi pubblicitari, molti sono attiva-mente schierati contro le attività pubblicitarie invasive e ingannevo-li. Di conseguenza la pubblicità in mezzi come tv e radio perdeaudience e vede aumentare i costi di oltre il 40% negli ultimi diecianni.15

Secondo J. Walker Smith, CEO di Yankelovich: “La resistenza almarketing non è un desiderio improvviso di smettere di comprare. Iconsumatori vogliono interagire con le marche. Sono intelligenti,tecnologicamente avanzati e con poco tempo a disposizione.Vogliono un marketing che mostri maggior rispetto e attenzione peril loro tempo. Finché non miglioreremo il nostro approccio con i

Figura 10. Principali fonti che influenzano le decisioni di acquisto.

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consumatori, essi continueranno a resistere e a chiudersi ai mes-saggi pubblicitari delle aziende”.16

Un’ulteriore ricerca della Nielsen analizza il livello medio difiducia nella pubblicità per ogni paese considerato. Come possiamonotare dalla figura n. 9, l’Italia con il 32% vede un italiano su trenon fidarsi della pubblicità.

Jonathan Carson, di Nielsen BuzzMetrics afferma: “Nei mercatiin via di sviluppo, la pubblicità è vista come un “convogliatore” diinformazioni utili. Nei paesi maggiormente sviluppati, le personenon hanno bisogno che la pubblicità svolga quel ruolo. Essi hannogià troppe informazioni”.

Questa affermazione probabilmente dimostra l’esistenza di unarelazione tra sviluppo economico e fiducia nella pubblicità.

Nel prossimo capitolo dedicato al Word of mouth esamineremol’importanza del passaparola e come le aziende debbano oggi con-siderare i nuovi media al fine di conoscere cosa le persone dicono,pensano e sentono circa i loro prodotti o servizi (figura 11).

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16. www.yankelovich.com, 26 aprile 2004.

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Figura 11. Fiducia nella pubblicità relativa a ciascuna nazione.

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Prefazione 7

Introduzione 11

1. La conversazione tra aziende e un pubblico che cambia 15

Il profilo del consumatore postmoderno 21

Il report Nielsen sul fenomeno dei social networknel mondo 23

La Generazione Y 25

Survey 2.0 27

Gli strumenti del web 2.0 30

Generi differenti di utilizzatori 35

Le implicazioni dei social media nel rapporto

tra imprese e consumatori 39

2. Word of mouth, la forza del passaparola 43

Definizione e importanza del WOM 43

Come misurare il passaparola 48

Buzz marketing 53

Scatenare il buzz: obiettivi e strumenti 55

Viral marketing 66

Progettare una campagna di viral marketing 69

Come contattare i blogger 74

L’etica del passaparola

di Umberto Lisiero 78

Indice.

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3. Social media marketing e community management 89

Analisi degli strumenti 90

Brand community 97

4. La brand reputation on-line 111

Monitorare la reputazione on-line: prima di agire ascoltare 112

I tool di riferimento 114

Monitoring dashboard 116

5. Dal buzz on-line al word of mouth off-line

di Andrea Febbraio 119

Conclusioni 123

Appendice 125

La memetica

di Dario Caiazzo 125

Il marketing virale e la memetica 127

Bibliografia 131

Sitografia 133

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