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MUSICA » ARTI » OZIO SUPPLEMENTO SETTIMANALE DE «IL MANIFESTO» SABATO 30 GIUGNO 2012 ANNO 15 N. 26 I FUO R ILEGGE DELL A R TE FATBOY SLIM INTERVISTA THE CLASH ROBERT CRUMB, ART SPIEGELMAN, SPAIN RODRIGUEZ, FRANK STACK, RORY HAYES... LA RIVOLUZIONE PERMANENTE DEI FUMETTI DA VIDELA A YANUKOVICH IL SOUND DEL RING SUSAN RAY NARNI LE VIE DEL CINEMA BLANCA LI PATRICIA RIVADENEIRA GAME OF THRONES

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MUSICA » ARTI » OZIO SUPPLEMENTO SETTIMANALE DE «IL MANIFESTO» SABATO 30 GIUGNO 2012 ANNO 15 N. 26

I FUORILEGGE DELL’ARTE

FATBOY SLIM INTERVISTA THE CLASH

ROBERT CRUMB, ART SPIEGELMAN,SPAIN RODRIGUEZ, FRANK STACK,RORY HAYES... LA RIVOLUZIONEPERMANENTE DEI FUMETTI

DA VIDELA A YANUKOVICH IL SOUND DEL RING

SUSAN RAY NARNI LE VIE DEL CINEMA BLANCA LIPATRICIA RIVADENEIRA GAME OF THRONES

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ARTISTI

UNDERGROU

I cartoonist ribellidella Mad generation

MOSTREE MONOGRAFIE

di GIAN DOMENICO IACHINI

●●●La rivoluzionaria stagione delfumetto underground americano deglianni Sessanta e Settanta torna allaribalta con le sempre più preziosemonografie pubblicate in omaggio aisuoi storici protagonisti e con lacrescente attenzione di musei e luoghiespositivi. Se in Italia e in un contestodi settore, solo due anni fa il festival diLucca Comics ha ospitato l’unicamostra che ripercorresse l’interaparabola a cui contribuirono così tantie diversi artisti, in America e inFrancia, dopo i festival specializzati ele gallerie d’arte, l’undergroundcontinua a conquistare istituzioniprestigiose, come il Musée d’ArtModerne di Parigi, che fino alprossimo 19 agosto ospita una mostradel cartoonist principe diquell’avanguardia che quasi mezzosecolo fa ridefinì estetica e potenzialitàespressive del medium del fumetto:Robert Crumb.

Residente in Francia dagli anninovanta, Crumb è ormai da tempo nelnovero dei cartoonist più celebri ditutti i tempi, grazie anche al filmdocumentario che Terry Zwigoff gli hadedicato nel 1994. La granderetrospettiva del museo parigino daltitolo «Crumb, dall’underground allaGenesi», esplora passioni e ossessioniattorno alle quali l’artista si èconcentrato nel corso di unaproduzione sconfinata: amore e odio,sesso e musica, così come il suodifficile rapporto con il mondomoderno, fino alla sua ultima faticadove è arrivato a misurarsi con le sacrescritture, trasformando il testo dellaGenesi in un libro a fumetti di oltre200 pagine. Centinaia di disegni,quaderni di schizzi consultabili,importanti tavole originali e numeroseriviste underground, ripercorrono lalunga carriera di un autoreincredibilmente prolifico e dallaprofonda critica culturale. Tra imaggiori responsabili dellatrasformazione del fumetto in unaforma letteraria per adulti, Crumb haaffrontato una moltitudine di temipolitici e personali all’interno di unastruttura narrativa a più dimensioni,scrive Todd Hignite nel bel catalogopubblicato per l’occasione dal museo.«Opere che, tra i tanti argomenti,hanno trattato apertamente di sesso,violenza e razza, offrendoun’intuizione rivelatrice dellacondizione umana nell’estremaconfusione di un’America alle presecon cambiamenti radicali». Alla pari dialtri autori dell’underground, Crumbnegli anni ha continuato a disegnarecomic book, libri e riviste in tuttalibertà, abbracciando tradizioniscreditate appartenenti all’artepopolare e mantenendo una chiarasfiducia per tutti i sistemi elitari dipensiero e di produzione artistica.Tuttavia, per quanto il rifiuto dellacultura commerciale e della cosiddetta«high art» sia stato un marchio diriconoscimento della sua irremovibilevisione alternativa, nell’ultimodecennio il mondo dell’artecontemporanea si è sempre piùinteressato alla sua attività creativa,accogliendolo nelle maggioriistituzioni espositive al mondo.

Anche i suoi amici e colleghi divecchia data continuano a distinguersiper il loro lavoro, come ad esempio ArtSpiegelman, che lo scorso anno hamandato in stampa MetaMaus percelebrare la sua storica creatura dalsuccesso planetario, la quale tra l’altrofece la prima timida comparsa proprioin un albo dell’underground.Ugualmente responsabile di specialicontributi è senza dubbio SpainRodriguez, uno dei «magnifici sette» allavoro sulle pagine di Zap comix, lastorica testata fondata dallo stessoCrumb. È l’autore che più di ogni altrodiede espressione all’animapoliticamente più combattiva dellacontrocultura americana con leavventure di guerriglia metropolitanacapeggiate da Trashman, l’Agente dellaSesta Internazionale alle prese con unaplutocratica tirannia senza scrupoli incui gli Stati Uniti di un futuro nonlontano sembravano essere

degenerati. Dopo la riuscita biografia afumetti di Che Guevara del 2008, Spaintorna in libreria in questi giorni conuna graphic novel relativa ai suoiirrequieti anni giovanili, quandoancora viveva nella città natale diBuffalo. Appena pubblicato dallaFantagraphics Books, Cruisin’ with theHound senza sentimentalismi metteassieme un divertente e nostalgicoritorno all’America di fine anni

Cinquanta. Dall’adolescenza in cuifrequentava la locale parrocchia, allascoperta del sesso, della musica e allaspeciale passione condivisa con gliamici per i famigerati fumetti difantascienza e dell’orrore pubblicatidalla Entertaining Comics, fino allavita nei bar del tempo, le scorribandein auto e quindi su due ruote qualemembro della banda di motociclistidei Road Voltures. L’anti Happy Days,

lo presenta la quarta di copertina conun ingrandimento a tutta pagina delclassico giubbotto da biker in pelle,girato al ritmo di un genuino esfrenato rock’n’roll.

Spain non è affatto nuovo a storie afumetti in cui si racconta in primapersona. Così come Crumb aveva fattosubito di se stesso un protagonistadelle sue pagine, già su Zap l’artista diBuffalo rivangava il passato da biker

prima di spostarsi a New York ediventare una delle firme più attive deltabloid East Village Other, dando inizioalla sua carriera nell’underground. Perl’Evo, come ai tempi il giornale eranoto, Spain partorì potenti copertine,immagini di lotta e innovative pagine afumetti, in cui raccontava anche leproteste a cui prendeva parte, comequando si ritraeva tra i manifestantidella grande marcia di Washingtoncontro la guerra in Vietnam. On linec’è un filmato che lo riprende inmezzo ad una strada stretto tra duepoliziotti a cavallo che lo trascinanovia tirandolo per i suoi lunghi capelli.La convention democratica di Chicagodel 1968 lo vide partecipe in qualità diinviato del suo giornale. Tuttaviapasseranno oltre dieci anni prima didare forma alle sue memorie per unreportage su quelle giornate ormaiconsegnate alla storia. Le due puntatedi Chicago ‘68 saranno raccolte nelvolume My True Story all’inizio deglianni novanta, assieme agli svariatilavori a fumetti dedicati a uomini emomenti della storia, dall’anarchicospagnolo Durruti alla comune diParigi, arrivando persino alla cacciatadel sindacalista Luciano Lamadall’università di Roma del 1977.

Sulle grandi pagine dell’Evo, chearrivava a vendere oltre centomilacopie nei momenti di gloria, Spain sitrovò in allegra compagnia con lacrema dei pionieri dell’undergrounddisegnato. Oltre a Crumb, c’eranoGilbert Shelton, Vaughn Bodé, KimDeitch, Art Spiegelman, Justin Green,Rory Hayes, S. Clay Wilson e moltialtri, che nella più totale libertàespressiva si alternavano ad articoli escritti intenti a dare voce ad unmovimento radicalmente critico dellostatus quo ereditato dalle precedentigenerazioni. Della particolareagitazione sociale del periodo poco oniente si sarebbe trovato nei popolarifumetti delle disinteressate strisce deiquotidiani o nei censurati albicommerciali in vendita nelle edicoledel paese. In tema di diritti civili,pacifismo e libertà di parola, come dirivoluzione politica, sessuale ospirituale, abbonderà invecepolverizzando ogni tabù il fumettounderground, che dalle pagine deigiornali della controcultura avrebbedato velocemente vita adun’avanguardia artistica in rivolta e adun fenomeno editoriale senzaprecedenti. Decine di giovani autori ditalento portarono nelle stradecentinaia di pubblicazioni individuali ecollettive, dalle quali il medium delfumetto sarebbe uscito per sempretrasformato.

Crumb sarà la punta di un icebergche prontamente rispose al richiamodel suo Zap comix del febbraio del1968, finendo per fare del linguaggiodel fumetto uno strumento di liberaespressione per adulti sulla sciadell’eredità lasciata dalla gloriosatradizione della Ec comics repressa allametà dei cinquanta e soprattutto dallasatira del primo Mad e dalle successive

creature di Harvey Kurtzman, come leriviste Humbug e Help!, sul quale moltinomi importanti dell’undergroundfecero il loro esordio. Della rivoluzioneunderground, nella quale affonda leradici anche la contemporanearinascita del fumetto con la realtàeditoriale della graphic novelamericana, preserva in special modo lamemoria la casa editriceFantagraphics Books di Seattle, cheormai da anni pubblica testi critici eristampe in volume eccezionalmentecurate e documentate sui suoi artistipiù significativi. Non soltanto Crumb,la cui vastissima opera è stataintegralmente riproposta in più vestieditoriali, o Shelton, i cui FreakBrothers continuano ad esserepubblicati in più lingue, ma ancheRobert Williams, oggiinternazionalmente apprezzato per isuoi quadri, o Victor Moscoso, passatoalla storia per i suoi sperimentaliposter psichedelici, così come altremeritevoli firme solitamente menoricordate, quali ad esempio FrankStack, responsabile dell’esilarantesatira The New Adventures of Jesus,considerato il primo titolodell’underground in assoluto, fino adautori ancora più oscuri, come RoryHayes, la cui produzione è stataraccolta negli anni scorsi in WhereDemented Wented.

Il primitivo stile dei fumetti di unorrore inquietante e allucinato, che ilgiovane Hayes disseminava tra testatecollettive e titoli personali, raccoglievaentusiasmo in primo luogo proprio trai suoi virtuosi colleghi, autori delcalibro del poster artist Rick Griffin,con il quale eseguì più di una tavola aquattro mani, o lo stesso Crumb, chelo invitò a disegnare per Snatchcomics, diventando nell’ambiente unasorta di suo protégé. Ben più recente èl’uscita di un altro libro in omaggioall’insolito autore scomparsoprematuramente nei primi anniottanta e contenente materiale deltutto inedito, The Dolls Weekly and theCrawlee Things. Stando alle parole delfratello Geoffrey, illustratore di libri per

Amore, odio, sesso e musica. Fino alla Genesi.Al Musée d’Art Moderne di Parigisi tiene fino al 19 agosto la mostra del cartoonistdell’avanguardia del fumetto: Robert CrumbAutoritratto, Robert Crumb, 2005. «Burned Out», Robert Crumb, The East

Village Other, vol. 5, N. 10, New York, febbraio 1970

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UNDbambini, contiene tutto ciò che èsopravvissuto a proposito della lorocollaborazione durante l’infanzia,fumetti e manifesti disegnati soltanto amatita.

Se ne è andato troppo presto ancheGreg Irons, il quale grazie all’antologiadel 2006 dal titolo You Call this Art?!prende finalmente posto assieme aigrandi del movimento con il giustoriconoscimento che forse non avevaavuto in vita. Un vero e proprioritratto, per il quale il curatore PatrickRosenkranz si è avvalso di personaliinterviste con l’artista, con gli amici, isuoi amori e i vari colleghi. Dopol’esordio nel disegno dei poster per lanuova musica rock degli anniSessanta, Irons era in breve tra iprincipali protagonisti della rinascitadell’horror in stile Ec. Diede vita anchea potenti storie scritte da Tom Veitch,in cui però i mostri di turno arrivavanodai titoli dei telegiornali, come nel casodella dissacrante The Legion ofCharlies, che metteva in parallelo lafamigerata strage di innocenti delcapitano Calley nel villaggiovietnamita di My Lay e quella messa inatto dai seguaci di Charlie Manson inCalifornia. Nei tanti suoi lavoripoliticamente impegnati, Irons hadisegnato copertine per il BerkeleyTribe, fumetti di denuncia sui rischi didistruzione del pianeta, sullo scontrotra i sessi, come sul triste destinodell’uomo nella civiltà industriale delcapitalismo avanzato, chiudendo lasua carriera quale esperto e innovativotatuatore senza mai abbandonare lospirito della controcultura.

Frutto sempre dell’attenta ricerca diRosenkranz è il toccante volume TheArtist Himself: A Rand HolmesRetrospective. Uscito nel 2010, èun’intima e profonda immersionenella vita artistica e privata del maggiorcartoonist underground canadesescomparso nel 2002, matita dirichiamo del Georgia Straight ecreatore di Harold Hedd, l’hippie la cuispensierata vita di sesso, droga elibertà in stile Freak Brothersconquistò i lettori del giornale diVancouver e non solo. Nonostante larealtà periferica della città, Holmes sifarà strada anche nell’undergroundcaliforniano, come in Slow DeathFunnies, uscito per la Last Gasp di RonTurner, fino a disegnare la copertinadel catalogo della storica conventiondel fumetto underground di Berkeleydel 1973 e a vedere pubblicati i suoilavori in svariati paesi europei.Assieme ai tanti fumetti realizzati daglianni Settanta ai Novanta, laretrospettiva è accompagnata da unsaggio biografico intervallato dapagine di diari, numerose foto, disegni,schizzi e ritratti, tavole originali, varidipinti e curiosità di «un artista chescelse di esprimere le sue emozionipiù profonde in quello che allora era ilmalfamato ambito del fumettounderground».

Parimenti affascinante è lamonografia su Denis Kitchen, uscitaper i tipi della Dark Horse Books, laprima a ripercorrere tutta la suacarriera, soprattutto attraverso tavoleoriginali, belle foto d’epoca epubblicazioni accompagnate dacommenti e memorie dello stessocartoonist. Dall’isolata città diMilwaukee, Kitchen esordiva sullascena con Mom’s Homemade Comicsnel 1969 e a breve avrebbe fondatouna delle case editrici più importantidell’underground a fumetti al di fuoridi San Francisco, la Krupp ComicWorks. Humor in stile primo Mad,fantasia a ruota libera e un disegnoversatile e originale resero i suoifumetti degli anni settantaun’attrattiva della collana Snarf e del

giornale Bugle American, fondato daKitchen nel 1970 con alcuni amici.Nell’elegante edizione del volume TheOddly Compelling Art of Denis Kitchenil lungo saggio biografico introduttivoscritto da Charles Brownstein,direttore del Comic Book Legal DefenseFund (organizzazione no-profit adifesa del Primo emendamento nelcampo del fumetto), non trascura lapiù recente e notevole avventuraeditoriale della Kitchen Sink Press, unadelle più significative case editrici delnuovo fumetto degli anni ottanta enovanta.

Altro autore degli esordidell’underground, Bill Griffith, dopodecenni vedrà le strisce giornaliere delsuo vecchio personaggio Zippy thePinhead distribuite ai normaliquotidiani del paese addirittura dalKing Features Syndicate. In gioventù,Griffith dopo aver lavorato per l’EastVillage Other a New York, si eraspostato nel bel mezzo della fertilescena artistica di San Francisco, dove

assieme agli amici Spiegelman, Green,Jay Lynch, Willy Murphy ed altri,disegnava per il domenicalealternativo The Sunday Paper einaugurava nuovi filoni di successo,come la serie Young Lust, parodia deifumetti romantici di moda anniaddietro tra le teenager, alla luce dellalibertà sessuale dell’era hippie. Granparte della sua produzione l’ha riunitalo scorso dicembre il corposo Lost andFound, che dopo una lungaintroduzione dell’autoreaccompagnata da foto e altreimmagini, ripercorre l’evolversi dellasua personalità creativa arrivando alnuovo millennio. Quasi 400 paginemandate in stampa dalla puntualeFantagraphics, che il prossimo anno siappresta ad aggiungere al suostraordinario catalogo l’edizioneintegrale del fatidico Zap comix, latestata responsabile dell’esplosione delfumetto underground alla fine deglianni sessanta.

Nonostante il dilatarsi dellaperiodicità durante gli ultimi decenni,Zap ha continuato a riunire i suoitalenti anche dopo il declino dellascena artistica e culturale in cui avevapreso vita. Questa nuova e lussuosaedizione in due volumi in cofanettoconsegna ai posteri i quindici numeridel glorioso passato su carta di qualità,invece della deteriorabile newsprint,con la ciliegina di uno specialenumero sedici, realizzato

appositamente per l’occasione. InItalia, i suoi primi cinque numeri sonostati raccolti in formato libro nel 1998dalla casa editrice Stampa Alternativa,in omaggio al trentennale della suaprima comparsa.

Un’iniziativa quella dellaFantagraphics che senza dubbiointrodurrà nuove generazioni di lettorial suo unico insieme di artisti, ciricorda personalmente Rosenkranz, ilnoto studioso dell’underground astelle e strisce ancora impegnato ascrivere «La storia di Zap» mentrecontemporaneamente è al lavoro peruna retrospettiva sulla vita e l’interacarriera artistica di uno dei cartoonistmaggiormente influenti di tuttol’underground, S. Clay Wilson. Tra iprimi ad essere accolto sulle pagine diZap comix, è l’autore che in particolareconvinse Crumb della libertà senzafreni a cui poteva attingere, lasciandosialle spalle la pur minima censura. Unalezione che trovò ascolto in tantigiovani cartoonist della nuova scenasparsi per il continente americano.«Non fui più lo stesso dopo averloconosciuto», scriveva pochi anni fa inapertura del volume The Art of S. ClayWilson. Osservando i disegni delportfolio che quel giorno del 1968Wilson gli diede, Crumb rimaseletteralmente scioccato, riconoscendoqualcosa di molto familiare, ma nellostesso tempo del tutto nuovo, maivisto prima. «I suoi disegni eranogrezzi, folli, impressionanti, volgari,profondamente americani, un segnodella degenerazione da feccia bianca.Ogni centimetro di spazio era pienozeppo di azione e dettagli pazzeschi. Ilcontenuto era qualcosa che non avevomai visto prima, da nessuna parte, e illivello di caos, violenza, squartamento,donne nude, pezzi del corpo umano,enormi ed osceni organi sessuali,delineavano una visione da incubodell’inferno sulla terra mai disegnatoprima nella storia dell’arte! Wilson eral’artista più potente e più originale cheavessi incontrato».

Nelle affollate e oltraggioseimmagini a tutta pagina popolate daindividui e creature assurde, comenelle bizzarre avventure di pirati inalto mare o del suo più celebrepersonaggio dai pantaloni a scacchi, ilCheckered Demon, Wilson ad undisegno unico ha sempre unito unasorprendente vena narrativa dallabattuta inarrivabile. Sin dallaprimissima ora ha disegnato sulleprincipali testate del movimento,pubblicato personali portfolio,copertine per i periodici dellacontrocultura, come illustrato testi diWilliam S. Burroughs, il qualenell’introdurre la raccolta delCheckered Demon pubblicata nel 1998dalla Last Gasp, ne elogiaval’inconfondibile maestria. Quandoapparvero per la prima volta sullepagine di Zap, le storie di Wilsonintrodussero nel mondo del fumettodevianza sessuale esasperata, violenzapsicotica, umorismo nero eperversioni inimmaginabili. Ma Wilsonera da più di un decennio che avevainiziato a costruire il suo singolareimmaginario. Oltre alla passionegiovanile per gli illustratori dell’erad’oro, come Howard Pyle, N. C. Wyetho Maxfield Parrish, ancor più insidiosasi rivelava l’influenza degli artisti diMad pubblicati dalla Ec, quali WallyWood, Jack Davis o lo stessoKurtzman, i cui lavori lo convinsero adiventare un cartoonist a circaquindici anni. Anni in cui gli Ec eranoormai fuorilegge, i fumetti visti comeuna sorta di cancro sociale e disegnarliun’attività che era meglio non farsapere troppo in giro. All’universitànon andò certo meglio, «ebbi subitoproblemi per il dogmadell’espressionismo astratto in auge altempo», ricorda lui stesso qualcheanno fa, «io volevo imparare adisegnare e loro avrebbero dipintosopra i miei quadri perché ero uncartoonist o un illustratore, non unvero artista».

Alla sua intera produzione, che oggicopre più di mezzo secolo di attività,Rosenkranz lavora da tempo per faruscire nel 2014 una speciale edizionecon tanto di cofanetto in tre volumiper oltre mille pagine. Purtroppo daqualche anno Wilson non può piùdisegnare per i seri problemi di saluteche lo affliggono. Il sitosclaywilsontrust.com informaperiodicamente sul suo problematicostato di salute, dando inoltre conto deivari benefit organizzati in suo favore edelle tante espressioni di sostegnomorale ed economico di amici elettori, molti dei quali hanno potutodonare un contributo all’artista in unmomento di bisogno. Gesto checaldamente invitiamo a fare al piùpresto anche a tutti i suoi fan italiani,vecchi e nuovi.

GERENZA

Il nuovo fumetto comparsonegli anni ’60 esprimeva diritti civili,pacifismo, libertà di parola,rivoluzione politica e sessuale

Sopra: «Chicago '68», Spain Rodriguez, My True Story, Fantagraphics Books, 1994. Qui sotto: Spain Rodriguez, tratto da Cruisin' With the Hound, 2012. Asinistra in alto la copertina di Cruisin' With the Hound, The Life and Times of Fred Tooté, Spain Rodriguez, Fantagraphics Books, 2012; sotto, Rory Hayes, Laughin the Dark N. 1, 1971. Le opere di Crumb sono tratte dal catalogo «R. Crumb. De l'underground à la Genèse», Musée d'Art moderne de la Ville de Paris, 2012.

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Alias a cura diRoberto Silvestri

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In copertina: «Qui a peurde Robert Crumb?», 1999,manifesto per la mostradi Angoulême

A sinistra, in piccolo:Autoritratto, S. Clay Wilson,1999, The Art of S.ClayWilson, Ten Speed Press,2006. Qui accanto:Il Checkered Demon, S.Clay Wilson, 1999, The Artof S.Clay Wilson, TenSpeed Press, 2006

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A MILANO DAL 3 LUGLIO

di SUSAN RAY

●●●Ci vollero quasi quattro decenniper portare sullo schermo l’ultimo filmsperimentale di Nicholas Ray, Nonpossiamo tornare a casa di nuovo – enon perché non ci avessimo provato.Perché così tanto tempo? Nonriuscimmo a trovare i fondi. Di certo cifu più di una ragione, ma fusoprattutto perché – lo dirò subito –Non possiamo tornare a casa di nuovoè un film «difficile», un filmincompiuto – un film tutt’altro cheperfetto. Lungo gli anni, qualcuno chedi film ne sa più di quanto io riusciròmai a sapere, mi disse di lasciarperdere, di lasciare che il film finissenel dimenticatoio. Non possiamotornare a casa di nuovo era un lavoromalfatto. Mi dissero che, quando Nickrealizzò il film, era già degeneratoparecchio; non era più l’artista che erastato un tempo. Non ero sicura cheavessero ragione, né che avesserotorto. E non ero nemmeno la vedovadevota che si accontentava di badareal fuoco! Intanto, come un bambinoche piangeva per mancanza d’aria dadietro la porta chiusa di uno stanzino,il film continuava a farsi sentire. Aquanto pare, non mi avrebbe lasciatoin pace finché non lo avessi liberato.Non presi in considerazione il fatto sesi trattasse di un film valido o meno.Sapevo soltanto che dovevo farlorespirare. Così, quando Marco Müllerscrisse che avrebbe presentato per laprima volta la versione restaurata delfilm alla Mostra del Cinema diVenezia, fu come se, dopo aversbattuto tante volte contro un muro dipiombo, quel muro si fosse dissoltonell’aria. Avrebbe dovuto trattarsi diqualcosa di più che la semplicesalvaguardia delle cose del passato. Inqualche modo, avrei dovuto scoprirecome il film di Nick si collegava a chisono io, a chi siamo, a dove siamo, acome siamo oggi.

A mio avviso, ciò che tiene vive lecose sono le domande. Ne hoparecchie su Nick e i suoi film. Adesempio: Cosa ne avrebbe fatto Nickdel film se avesse avuto il tempo e isoldi? Chi era lui a quell’epoca? Avevaabbandonato Hollywood, o era statoHollywood a scaricarlo? Chi erano isuoi studenti? Chi sono loro oggi, 40anni dopo? Come ricordanoquell’epoca, oggi che hanno la stessaetà che aveva Nick quando loconobbero? Al di là di tutte lechiassose opinioni attorno a me, cosapensavo del film? E da ultimo, ma nonmeno importante: a quel tempo Nickaveva forse perso la retta via, il talento,l’abilità, il giudizio, il buonsenso, comei suoi detrattori e persino alcuni suoiamici ribadivano?

Per sviscerare queste domande, feciaffidamento sulla pellicola e il sonoroche Nick mi aveva lasciato, incluse oree ore di registrazioni di conversazionitra sé e con altre persone. Mentrevagliavo faticosamente questomateriale, Nick rispose direttamente aqueste domande, con le sue parole e lasua voce, come se mi stesse parlandodalla tomba. Per quel che vale, e senzaalcun dubbio, posso dire che lapersona che udii parlare in quellecassette era un artista assolutamentepadrone del suo mestiere, un artista digrande consapevolezza e intuizione.Sentii anche la voce di un uomo chespesso alzava il gomito. In ogni caso,era un uomo che, prima di qualunquecosa – incluso il cinema – era votatoalla ricerca di ciò che si nascondevadietro le apparenze e in fondo allecose, in fondo a se stesso. In effetti, eraproprio di questo che parlava Nonpossiamo tornare a casa di nuovo: siadella ricerca della propria identità chedella rimozione di immaginiingannevoli che tale ricercacomportava. Nel caso di Nick, sitrattava della rimozione dell’immaginedel regista hollywoodiano. A suoavviso, Hollywood aveva smesso dioffrire nuove esperienze einformazioni, perciò, certo, se neallontanò, per lo più per scelta, e senzaavere alcuna destinazione in mente senon la prossima avventura. Il cinemaera il suo mezzo espressivo; tuttavia,realizzare un film non era il suoobiettivo. Quest’ultimo aveva più a chefare con la creazione, incollaborazione con altri, di «una piùelevata consapevolezza di sé», e con lapossibilità di esaminare, per usare lesue parole, il modo in cui «cisalutiamo»; il modo in cui un essereumano riesce a colmare la distanzache lo separa da un altro. Era questol’obiettivo cui si consacrò, celato dietrola realizzazione dei film e anche dietro

la sua stessa vita. La vita di Nick eraincasinata, alle volte in modoturbolento, persino pericoloso, specieper se stesso. Ma la confusione, cosìcome il terriccio di questo pianeta, erafeconda, pullulante di vita e dipotenzialità. Non posso fare a meno dipensare che le potenzialitàscaturirono, almeno in parte, dallaconfusione e dall’imperfezione, dallasua profonda umanità. Credeva fossesuo dovere esporsi, sia nel lavoro chenella vita. Non era ignaro della censurache attirava; ma decise di nonpreoccuparsene, non perché non gliinteressasse, ma perché esistevanoconsiderazioni più importanti che ilfatto se gli altri lo apprezzassero omeno. La ritengo un’espressione dicoraggio e di amore, quella di mettersia nudo, come lui fece, senzanascondere nulla. Lui era disposto amettersi in relazione con gli altri inquesto modo, un uomosproporzionato che era ancheesattamente come il resto di noi. Eracosì che si dedicava, specie ai suoistudenti. Si dedicavaincondizionatamente, con tuttal’anima, al mille per cento. Quanti dinoi potrebbero dire una cosa simile?Non cercava di tutelare la suaposizione, come fanno in molti,asserendo la propria autorità otirandosi indietro. Nella miaesperienza, l’amore non si manifestasempre nelle sue massime espressionidi vitalità e di affetto. Quanto menonon fu così nel caso di Nick. Le suedoti erano sproporzionate, così come isuoi difetti; e continuarono adalimentare l’ardore in lui, allo stessomodo in cui l’alchimista continua a farbruciare un metallo vile finché non sitrasforma in oro. Il fatto che l’ardore diNick bruciasse così impetuosamentedà prova della quantità di scorie, eancor di più della sua determinazionea trasformarle in amore. Mi stupiscesempre come tante persone chescrivono di lui si concentrino suidemoni e non sull’amore. Nick era unprofondo conoscitore della naturaumana. Amava la vita, in tutte le suetonalità, e amava gli altri esseri umani,in tutte le loro sfumature. Le cose e lepersone che amava di più, le amavanon perché erano più perfette, maperché erano più vere...

Il che mi riporta al film di Nick. Velo dirò ancora una volta chiaro etondo: Non possiamo tornare a casa dinuovo ha fatto penare anche me.Questo film, realizzato con un gruppodi studenti che stavano imparando illoro mestiere, è in grado di farmiperdere la pazienza con tutti i suoi

errori tecnici; e mi fa star male vedereNick così a disagio con se stesso.D’altro canto, piango ogni volta cheosservo il ragazzo radersi, rivelandociciò che i detti zen definirebbero il suovolto prima della nascita. Ogni voltache m’imbatto in questo film colgoun’immagine o un’intuizione mainotata prima. L’ho visto centinaia divolte, e questa esperienza non è maistata – nemmeno una volta –tranquilla. Mi fa stare sempre intensione. Ma, del resto, cosa c’è ditranquillo in questa vita a parte ilsonno? Non lo dico con leggerezza,ma perché troppo spesso si tende aconfondere la comodità con ildivertimento. Il divertimento implical’impegno; richiede la nostrapartecipazione attiva. Con latecnologia digitale, la riproduzione delsuono e dell’immagine diventa ognigiorno più perfetta. Poiché migliora laqualità della registrazione, catturaancor più difetti del soggetto. Pertanto,la tecnologia viene ulteriormenteutilizzata per correggere quei difetti oper ricreare il soggetto senza di essi,virtualmente, con i pixel. Ciò mispinge a chiedermi: potrebbe esserevero il fatto che più ci avviciniamo allenostre idee di perfezione più ciallontaniamo dalla vita? Mandai unacopia del film di Nick a un’amica checontribuì a rilanciare la sua versionerestaurata. Dopo averlo guardato, mitelefonò e riferì le seguenti parole:«Non lo capisco,» disse. «È unpasticcio». Due mesi dopo, mitelefonò di nuovo: «Non riesco atogliermelo dalla testa. Non lo capisco,ma continua a influenzarmi». Capiisubito cosa intendeva dire. Erano piùdi quarant’anni che quel dannato filmmi influenzava. Ma poi un bravoartista realizza un’opera d’arte, nelmodo più raffinato e perfettopossibile. Un grande artista cospiracon Dio per creare la vita, che, quantoa perfezione, risulta essere tutt’altroche perfetta.

(Traduzione di Licia Vighi)

Apologiadell’imperfezione

di FILIPPO BRUNAMONTI

●●●Dentro la giara rotta del cinema,dove i film di genere son mero pezzoda museo, nell’Italia dell’horror doveper horror s’intende – per dirla allaJohn Landis - vanigliosa pubblicità dishampoo, la Mostra dei film difantascienza, FantaFestival, è unaboccata d’aria pura. Note fantastichedell’iniziativa, che si terrà a Roma finoal primo luglio presso la Casa delCinema, sono proprio gli autori checredono ancora al cinema iconico efantasy, e lo realizzano con pochimezzi indipendenti. Abbiamointerpellato qualche regista dellakermesse. Si comincia chiedendo se

●●●Ideata e diretta da Elisabetta Sgarbil’edizione 2012 della Milanesiana,contenitore di letteratura, musica, cinema,scienza, arte, filosofia, teatro si inaugura il3 luglio a Milano al teatro del Verme alleore 21 con i «Prologhi» da Sono statointerrotto di Nicholas Ray, il libro cheracconta la genesi dell'ultimo film di Ray,We Can't Go Home Again. Susan Ray,compagna degli ultimi dieci anni di vita delregista, propone il testo inedito Laperfezione e Nick che anticipiamo in questapagina. Il grande appuntamento dedicatoall’America, prosegue con le letture diRick Moody e Paul Harding chericeveranno il premio letterario FernandaPivano, di Michael Cunningham e delregista William Friedkin (sugli schermi inquesti giorni con Killer Joe) a cui verràconsegnato il Premio Omaggio almaestro. Dopo il concerto del trio PaoloFresu, Antonello Salis e Furio di Castri, trale maggiori personalità artistiche del jazzitaliano ed europeo, la serata si chiudecon la proiezione di Don’t expect too muchfrom a teacher, di Susan Ray. Il film,proiettato in lingua originale, è statopresentato alla mostra di Venezia. Laserata sarà ripetuta a Torino il 4 luglio nelcortile di Palazzo Carignano alle ore 21. ATorino al Circolo dei Lettori apre il 4luglio la mostra «Memorie dal cinema: ilmondo di Nicholas Ray» con 60 fotografiedell’archivio personale di Susan Ray, scelteda Alberto Pezzotta che ha tradotto lelezioni del regista.

FANTAFESTIVAL

La dura vitadell’horrortra generee sacrificio

MILANESINA

Come fu portatoa termine «Nonpossiamo tornarea casa di nuovo»,il film postumodi Nicholas Ray.Lo raccontaSusan Ray,vedova del regista

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(5)ALIAS30 GIUGNO 2012

●●●L’esordio nella regia diGiuseppe Piccioni risale al 1987: siintitolava Il grande Blek e raccontavala vita di alcuni giovani in una città diprovincia – Ascoli Piceno –pochissimo vista al cinema. È la cittàdove Piccioni è nato, nel 1953. Il suopercorso dalla provincia a Roma,inseguendo il sogno del cinema(studiato alla Scuola Gaumontfondata da Renzo Rossellini), lo rendeperfetto per commentare Io laconoscevo bene, film di AntonioPietrangeli che – possiamo dirlotranquillamente – è stato assieme aLa battaglia di Algeri il più gettonatonel nostro «sondaggio» negli amoridei registi italiani di oggi. Diversi altriautori interpellati l’hanno indicato trale proprie preferenze, ma nessuno èstato netto come lui: Io la conoscevobene è il film della sua vita, o quello oniente.

●Cosa ritrovi, di te stesso, in «Io laconoscevo bene»?Mi affascina molto il personaggio diAntonio Pietrangeli. Era un registaanomalo nel panorama italiano diquegli anni. Non faceva parte delgruppo della commedia all’italiana

ma non era nemmeno un autore atutto tondo. Era in bilico fraautorialità e industria, senza esserecompletamente né l’una né l’altracosa. In più era un anti-personaggio,cosa che personalmente mi affascina.Infatti so pochissimo di lui. So cheaveva una formazione da critico, cheera laureato in medicina, che eraromano e che Paolo Pietrangeli, ilcantautore di Contessa, è suo figlio.Ho sentito dire che sul set fosse moltosevero, che non avesse un caratterefacile. Ho visto pochissime sue foto.

Insomma, rispetto ad altri registi dicui si sa tutto, e sui quali c’è unaricchissima bibliografia, lui è avvoltoin una sorta di mistero.

●Anche il film è, per così dire, inbilico. È indiscutibilmente tragico,ma la storia potrebbe anche essereuna commedia. E i momenti comicinon mancano.È un film strano, nel quale non riescoa vedere soltanto pregi, ma anchecose che non mi convincono. Eppureproprio in questo limite sta il suogrande fascino. Ogni tanto indulge albozzetto, alla tipizzazione deipersonaggi. Ha una strutturanarrativa anomala, un continuoandirivieni nel tempo che nonprevede una crescita, un climax:indimenticabili. Vi si percepisce lafatica del lavoro, l’alternanza dimomenti didascalici e di autenticheilluminazioni. È come assumere undolce veleno: è straziante, doloroso,anche crudele. Pensiamo alla scena diUgo Tognazzi, il vecchio guittod’avanspettacolo che riproduce ilrumore del treno ballando il tip-tap, ea quanto è crudele il personaggio diEnrico Maria Salerno in quellasituazione. Si sente tutto il sarcasmodi Ettore Scola, che lo sceneggiòinsieme a Ruggero Maccari. Ci sonotutti i meccanismi della commedia dicostume ma con una partecipazioneforte, non retorica. È un grande filmsoprattutto perché, a differenza ditante commedie coeve, non èrassicurante, non rappresentacomodamente i nostri vizi. Adesempio in Una vita difficile di Risi,che pure è un capolavoro e che loprecede di qualche anno, c’è moltaamarezza ma alla fine c’è una formadi riscatto. Sono entrambi film deglianni ’60, come quasi tutte le nostregrandi commedie: e mostrano lecrepe dell’Italia del boom, neraccontano il disincanto. Le illusionidel dopoguerra sono già finite: inmodo esplicito in Una vita difficile,con una triste oggettività in Io laconoscevo bene, dove in realtà non c’ènemmeno un «j’accuse», c’è solo ilprendere atto di un risvolto terribiledelle nostre vite.

●È anche un film con contributiattoriali e tecnici di livelloaltissimo. Piero Piccioni, autoredelle musiche, non è tuo parente,vero?No. Me lo chiedono da sempre. Luiveniva da una famiglia importante,era figlio di un ministro, cosa che gliprocurò anche qualche guaio… Maquesta è un’altra storia. Per quantoriguarda gli attori, è quasi superfluorimarcare quanto sia perfetta StefaniaSandrelli. Forse bisognerebbesottolineare come Nino Manfredi, unattore affermato che in quegli annistava diventando un divo, si mettacompletamente al servizio del film. DiTognazzi e Salerno, abbiamo detto.Un pezzo stranissimo, quasi fuoriregistro per quanto è felliniano, è lascena dell’insegnante di dizione. LìPietrangeli usa la macchina da presain modo funambolico, è un momentostraniante, veramente bizzarro.

●L’insegnante è un’attrice russa,Tatjana Pavlova, ma la doppia unuomo: Elio Pandolfi. Lo sapevi?No! Pazzesco. Questo rende la scena

ancora più surreale. Ma Pandolfisapeva fare queste cose, come nessunaltro.

●Il personaggio di Adriana,interpretato da Stefania Sandrelli, tiha influenzato nella scrittura deituoi personaggi femminili?Cominciamo col dire che Adriana èun personaggio molto moderno.

Rivedendo il film si nota che hapochissime battute. È molto spessosola. Osserva il mondo, pensa, ascoltamusica. E al tempo stesso è presentein tutto il film, lo pervade.Sull’influenza, non saprei: è vero chemi piacciono i personaggi femminili,ma le suggestioni sono tante e in quelperiodo del cinema italiano cen’erano di molto belli anche nelleopere di Fellini, nei film con MonicaVitti, anche in letteratura. CertoPietrangeli ne creò di bellissimi, nelgiro di pochi anni: come in Adua e lecompagne, in La parmigiana, in Lavisita, dove il personaggio di SandraMilo è incredibile, bellissimo. Forsedovrei confessare un debito piùdiretto con Il sole negli occhi, il suoprimo film girato nel 1953: la storia diuna ragazza di provincia che sitrasferisce a Roma per fare ladomestica. Sento vicino, diPietrangeli, quell’essere in bilico dicui parlavo prima: il non essere deltutto autore, e il non essere del tuttoregista «commerciale». Gli voglio beneanche per il fatto che non è mai statoosannato, in questo lo sento moltovicino… Però c’è una cosa in cui io elui siamo diversi. È la sua capacità diraccontare l’Italia, di restituire unsenso del costume e del periodostorico attraverso storie individuali.Io, quello, non lo so fare. Pietrangeli ciriusciva. Forse non ha fatto nemmenoun «capolavoro», di quelli indiscussi,ma c’è più autenticità, più ricchezzadi spunti nei suoi film che in certicapolavori programmatici chevogliono dire tutto sul mondo. Neisuoi film senti veramente l’Italia delboom: una società con grandidifferenze di classe, con i ceti ancoraben separati. Pietrangeli la racconta –e questo è importante – in modo nonbonario. Ha la stessa crudeltà di certifilm di Risi, non a caso l’altro registacon cui Scola ha regolarmentelavorato come sceneggiatore.

●Sono d’accordo su tutto, ma devoaffettuosamente contraddirti su unpunto: perché dici di non «saperraccontare l’Italia»? I tuoi film,magari in maniera sotterranea, lofanno. Fermo restando che ti ècapitato in sorte di vivere inun’Italia meno netta, piùinafferrabile di quella deldopoguerra e del boom, degli anni’50 e ’60.Mettiamola così: io non saprei fareRomanzo di una strage o Diaz, io nonsaprei raccontare piazza Fontana o ilG8 di Genova. Lo dico conammirazione per i colleghi che losanno fare, nello specifico per MarcoTullio Giordana e Daniele Vicari. Iosfuggo l’attualità. Forse per pudore.Mi sembra sempre di dovermifermare sulla soglia dell’indicibile, perpoi magari tentare di dirlo in manieraindiretta. Dire la mia apertamente, miimbarazza. Pietrangeli lo faceva senzaproblemi, raccontava storie di singoliindividui in cui potevi intravedere lavita di tutti. Forse è come dici tu, ilpaese era più rappresentabile, certedistinzioni erano più nette. Il cinemaaveva una sorta di felice disinvoltura,che permetteva alla commedia disfociare nella tragedia. O forsePietrangeli, Risi, Scola, Comencini,Monicelli erano semplicemente moltobravi.

●●●La formula del festival «Le vie delcinema» di Narni (3-8 luglio), rassegna dicinema restaurato diretta da AlbertoCrespi, cineasti che adottano un film, èdiventato un libro. Sarà in libreria dal 3luglio Il cinema di papà edito dal centrosperimentale di cinematografia, comunedi Narni e dal festival di Narni, a cura diAlberto Crespi, con prefazione diGiuliano Montaldo e Enrico Magrelli.Quarantuno classici del cinema italianosono commentati, ricordatiaffettuosamente, analizzati da altrettanticineasti contemporanei, a mettere inevidenza affinità elettive, da Amelio aTornatore, Scimeca, Ozpetek ai giovaniAlba Rohrwacher e Andrea Segre.Bellissime fotografie, schede curate e ilgusto di ripercorrere più di una stagionedi cinema italiano. Scegliamo per questapagina Io la conoscevo bene, di AntonioPietrangeli con Stefania Sandrelli, visto daGiuseppe Piccioni.

●●●E’ una commediaromantica della Depressione, conun tocco di musical, l’ultimo filmdi Steven Soderbergh, Magic Mike.Un capovolgimento al maschiledi Showgirls ambientato in Floridainvece che a Las Vegas e ispiratodalla biografia di una delle suestar, l’idolo teen ager ChanningTatum. Già applauditissimoballerino in Step Up, Tatum haproposto a Soderbergh (con cuiha appena collaborato in Haywire)una storia ispirata aun’occupazione che ha esercitatoper circa otto mesi tra i diciottoe i diciannove anni, lo stripper.Canovaccio esilissimo, persinoconvenzionale, per un film chepoco convenzionalmente mettein scena un rituale del desideriodi segno opposto a quello chesiamo abituati a vedere. E’ unafolla di donne urlanti, e non diuomini, quella che si riunisce,regolarmente, di fronte alpalcoscenico del club Xquisite,paradiso erotico itinerante – avolta poco più di un tendone -per ragazzine che compiono idiciotto anni, fidanzate alla sogliadel matrimonio, donne sole,sposate, belle, brutte, giovani,vecchie, felici e non.

E’ per il loro piacere che sononati, e si esibiscono, i Kings ofTampa, una troupe dispogliarellisti giovani, morbidi,muscolosi, immuni alle

umiliazione del kitsch, e «diretti»da uno stagionato maestro dellecerimonie di nome Dallas(Matthew McConaughey),foderato in una guaina di cuoionero che – in una sequenza disuspense al velcro e colpi d’anca -si sfalda pezzo per pezzo davantialla platea in delirio. Pompieri,muratori, marinai, cowboy,poliziotti, militari, pericolosirappers, persino Tarzan...sfoderando una classica galleriadi incarnazioni blue collar, i Re diTampa si danno al loro pubblicocon generoso entusiasmo. Allafine, il costume cade sempre erimane solo un perizoma,sempre zeppo di banconote dipiccolo taglio, spesso decoratocon la bandiera americana. E’infatti quasi una missionepatriottica la loro - fornire alleragazze tutta l’estasi del sesso,ma «senza colpe». Almeno cosìla vede Dallas, che ogni tantoappare abbigliato da Uncle Sam.Coregrafati da Alison Faulk, eripresi con atletica, giocosa,fantasia da Soderbergh (come alsolito dietro alla macchina dapresa nascosto dietro a un alias) inumeri di strip sonodivertentissimi – una versione aluci rosse (o quasi, il film èmorigerato in quel senso) di unconcerto dei Village Peole. Soloper etero.

Tra i suoi working boys, Mike(Tatum) è quello più dotato, nona caso il soprannome di«magico». Quando balla lui siferma tutto. Ma fuoridall’Xquisite, Mike (che fa ancheil muratore e vive in un belcottage sulle spiaggia e ha uncerto gusto) ha però un sogno:produrre una serie di mobili didesign messi insieme con i detritiche trova vicino al mare. AncheDallas ha il suo sogno, a modosuo più grandiosamenteimprenditoriale – trasformare ire di Tampa in re di Miami,investendo in una grossaproprietà immobiliare. Menochiaro il sogno di Kid, il ragazzo,un diciannovenne che si aggiungealla gang e che Mike prende sottola sua ala. Luce dorata/malatadella Florida, festicciole tra amicisulla spiaggia, chiacchiere inspogliatoio, la familiarità trauomini evoca una versioneoperaia di Ocean’s Eleven. «Perchèfa questo lavoro? Perchè hadiciannove anni – e questo gliporta soldi, donne e sesso avolontà», spiega Mike alla sorellainfermiera di Kid poco convinta.

Oltre ai soldi, alle donne e alsesso arriva presto anche ladroga. La parte lineare del film,quella con la conclusione in cuialla fine uno poi mette la testa aposto è quelle menoconvincente. La fascinazione(cinetica ed emozionale) diSoderbergh sta in quello chesucceede tra le le precarie muredel’Xquisite. Magic Mike non è GoGo Tales di Abel Ferrara, ma tra iblockbuster dell’estate fa l’effettodelizioso di una pinacolada.

sia attuale la categoria «regista digenere». O se in disuso. SecondoDenis Frison, presente, nella sezioneIndagatori e Incubi - Omaggio aDylan Dog, con Dylan Dog - La morteputtana (di cui ha anche composto lemusiche), ci sono «autori inevoluzione», così «anche ledenominazioni forse dovrebbero unpo’ aggiornarsi», perché «i film horrordi oggi non sono nemmenoavvicinabili ai loro padri». Per DavidPetrucci, regista di Canepazzo, lacategoria in questione dipende dalPaese: «In America è una figuraancora molto diffusa, purtroppo inItalia, dove i cantanti fanno i registi e ipresentatori fanno gli attori, già lacategoria di regista è compromessa,figuriamoci quella del regista digenere». Dejoie Maximilien èconvinto che «una categoria esisteeccome, almeno in Italia. Forseall'estero il confine tra regista digenere e regista tout-court è un po'meno evidente - spiega l’autore diThe Gerber Syndrome – tuttavia, inItalia, è vivo più che mai. Non si trattasolo di una gabbia, ma di un vero eproprio marchio a fuoco da cui èpiuttosto difficile liberarsi. Ritengoche ogni film abbia una vita propria,così come ogni regista ha una suastrada. Posso capire la necessitàdistributiva di categorizzare un filmper farlo rientrare all'interno di uncassetto di genere, ma per quantoriguarda i registi, o autori, mi sembraun'abitudine deleteria. Tanto per fareun esempio, Stephen King èuniversalmente riconosciuto comescrittore di genere horror, pur avendoscritto molte altre cose che nientehanno a che vedere con il sangue e ilterrore».

Tra i promettenti filmmaker, PaoloFazzini (Mad in Italy) racconta di

come oggi sia difficile ispirarsi aqualcuno, nel campo dell’horror. «Avolte incontro cineasti che stannorealizzando i primi corti o i primilungometraggi e li sento affermareche si ispirano a Scorsese, a Kubrick,a Fellini…. Perché scomodare similipersonalità? Amo quei registi, amoguardare i loro film, ma non liprenderei certo come punto diriferimento. L’unica cosa alla qualeora io posso ispirarmi è la realtà, lamia vita, le persone che incontro».Meno drastico, David Petrucci credenella forza dell’incontro: «Ho avuto ilpiacere e la fortuna di collaborare condiversi artisti, forse l'incontro piùsignificativo è stato quello con RonHoward. Ulteriore conferma del fattoche l'umiltà pesa come l'oro in questomestiere».

Il 24enne Dejoie Maximilienconsiglia alle nuove leve italiane di«tenere duro, perché ne vale davverola pena. Realizzare un film èun'operazione difficile, distribuirloforse ancora di più. Occorre esserepronti al sacrificio, forse anche ascendere a compromessi». Per Frison,invece, il trucco resta il più classico:«Guardare tanti film del passato.Capire dove sono nati e che cosa ècambiato. E perché, oggi, seppur conmolti strumenti tecnologici adisposizione, non vengono piùrealizzati film a effetto. Sarebbe beneintercettare il punto in cui il fattorepaura si è sfilacciato, nel tentativo diriprenderlo in pugno».

NARNI ■ LE VIE DEL CINEMA, 3-8 LUGLIO

«Pietrangeli e quel filmin bilico sul disincantodell’Italia del boom»

LA PINACOLADADI SODERBERGH

IL CINEMA DI PAPÀ

Il festival del cinema restaurato ha fattoun sondaggio sui grandi amori dei registicontemporanei. Giuseppe Piccioni ha sceltoun classico come «Io la conoscevo bene»

moderati arabi < 182 183 184 >

Le donne sahrawi sono con le madri dei sequestrati: che siano libera-ti subito Rossella Urru, Ainhoa Fernandez de Rincón ed Enric Gon-yalons, che siano liberati i prigionieri politici sahrawi. (www.arso.org)

I protagonisti del film di Steven Soderbergh, «Magic Mike».Nella pagina a sinistra, la rosa simbolo della Milanesiana.Stefania Sandrelli in «Io la conoscevo bene» di AntonioPietrangeli, 1965, dal libro «Il cinema di papà» a cura diAlberto Crespi. In basso, particolare della locandina delFantafestival 2012

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(6) ALIAS30 GIUGNO 2012

●●●La commistione dei generi abita l’edizione 2012 di Teatro a Corte chedal 5 al 22 luglio animerà Torino e cinque dimore sabaude del Piemonte.Diretto da Beppe Navello e ideato e realizzato dalla Fondazione TeatroPiemonte Europa, il festival presenta 25 compagnie e 19 prime italiane. E’ ilRegno Unito a essere al centro di molte proposte. La prima riporta in Italiaun nostro coreografo adottato al di là della Manica: Luca Silvestrini. In primanazionale il 13 e il 14 luglio alla Cavallerizza Reale con la sua Protein DanceCompany Lol (lots of love). Tema più che attuale visto che in gioco sono lerelazioni interpersonali al tempo di Facebook. Da non perdere anche laperformance di Claire Cunningham, coreografa e danzatrice scozzese che il19 e 20 luglio presenta l’assolo Me. Mobile/ Evolution. Ispirazione a AlexanderCalder ma anche legame con la storia personale dell’autrice che danza conle stampelle. Progetti installativi in 3D ancora per la sezione UK con BillyCowie, che dal 20 al 22 luglio propone tre diversi titoli di cui l’ultimo, Jenseits,vedrà al Castello di Rivoli il 22 una creazione per due danzatori e due scale.Nella sezione «linguaggi trasversali» dal Belgio Peeping Tom con la novitàFor rent, il danzatore Dudapaiva con i suoi pupazzi di gommapiuma e JeanneMordol tra teatro di figura e nouveau cirque, rappresentato al festival ancheda altri artisti. Se l’inaugurazione festival apre una finestra sul rapportocinema/danza/hip hop e nuovi linguaggi di strada con la spagnola Blanca Li,tocca al coreografo israeliano Barak Marshall aprire la collaborazione con ilCastello di Racconigi con Monger (14). Per gli italiani da segnalare lecoreografie di Michela Lucenti per Casarsa Teatro, Paolo Mohovic con il suoottimo Balletto dell’Esperia a Rivoli il 22 con Tracce I /II. (Fr.Pe.)

IL REGNO UNITO E LA COMMISTIONE DEI GENERI

INTERVISTA ■ L’ARTISTA SPAGNOLA INAUGURA IL FESTIVAl TORINESE

La sfida di Blanca Li,danzatrice cineastanella banlieue di Parigi

La danzatrice, coreografa, film-makerspagnola Blanca Li. Sopra, la danzatricescozzese Claire Cunninghamsulle stampelle di un suo spettacolo

di FRANCESCA PEDRONI

●●●Talentuosa danzatrice ecoreografa, attrice, film-maker,chiamata dal teatro d’opera, da artistivisivi come Anselm Kiefer, da star delpop come Kylie Minogue. E’ BlancaLi: vive e lavora a Parigi, originispagnole infondono alle sue creazioniuno humour e un coloreinconfondibili. Ginnasta a 12 annidella nazionale spagnola, Blanca hastudiato danza a New York. NellaGrande Mela viveva nel quartierespagnolo di Harlem, e Harlem è statoil fulcro della nascita dell’hip-hop,danza di strada, rap e graffiti sui muri,fenomeno di protesta che dai Settantaai Novanta è esploso in tutta la suapotenzialità creativa dall’Americaall’Europa. Sarà anche per questo cheBlanca non ha mai tradito il mix trageneri e linguaggi, shakerando conbrio flamenco e hip-hop, modern ecirco, videoclip e electro dance. Lacommedia musicale hollywoodiana èuna delle sue grandi passioni.

Blanca Li inaugura il 5 luglio ladodicesima edizione del festivaltorinese Teatro a Corte: al ManeggioReale di Torino proiezione del film LeDéfi seguito il 6 al teatro Astra dallaprima di Elektro Kif. Il film, di cuiBlanca è coreografa, autrice,realizzatrice, interprete è unacommedia musicale hip-hop,guizzante nel mettere a confronto ladanza di strada con l’immaginario difilm come West Side Story, Cantandosotto la pioggia, titoli cult con FredAstaire. La storia? Elena (Blanca Li) èuna signora della Parigi chic che conl’amica Birgit (una strepitosaAmanda Lear) dirige un negozio dimoda. Il figlio, David, ama l’hip hop esparisce a ballare nella banlieue.Elena lo segue, conosce il capo delgruppo rivale: aprirà gli occhi su unmondo che la incuriosirà facendolevacillare le sue dorate certezze.«All’epoca in cui è nato Le Défi –racconta Blanca da Parigi – ero intournée con lo spettacolo Macadaminterpretato da danzatori hip-hop.Ho cominciato a parlare con lorodella realizzazione di un musicalcontemporaneo hip-hop. Miinteressava raccontare una storia chepartisse dal contrasto sociale tra ilmondo borghese della protagonista,

pieno di cliché, e la vita delleperiferie parigine».

●Il cast?Amanda Lear è perfetta nel ruolo diBirgit, persa in un mondo tutto suo,ironica, spiritosa. A parte lei eChristophe Salengro (danzatorestorico di Decouflé ndr), non hovoluto nessun attore professionista.Sono danzatori di strada, presi per laloro bravura. Volevo tornare allatradizione della commedia musicalehollywoodiana.

●Cosa vuol dire?Ai tempi di Fred Astaire la danza nonveniva mai sacrificata dallacommedia. Gli interpreti venivanoscelti perché erano ottimi ballerini, laqualità della danza altissima. Ogginon è più così. Si preferisce dare ilruolo a grandi attori, penso a filmcome Chicago o Moulin Rouge, e farlidanzare. Io invece volevo usare latelecamera con la massima libertà,consapevole di avere di fronte deigrandi danzatori.

●Perché l’hip-hop?Perché mi interessava usare unlinguaggio di oggi, della banlieue,come forma d’arte universale perraccontare qualcosa. La danza haquesta capacità di spezzare lefrontiere.

●In «Le Défi» c’è uncapovolgimento di situazioni chericorda certe storie di PedroAlmodovar…Almodovar è un grande amico, sonovicina al suo mondo. Tra i registi, amoanche Michel Gondry: ha un universoche condivido.

●Al festival Teatro a Corte portaanche lo spettacolo «Elektro Kif»…Ho scoperto l’electro danse per lestrade. E’ un nuovo genere cheutilizza il movimento delle braccia eha un ritmo molto rapido. Ballanootto danzatori di electro dellaVal-de-Marne. E’ un pezzo che parladegli anni della scuola. Un mondoche tutti abbiamo conosciuto.

di FR. PE.

●●●La scena in cui Amanda Lear,bionda e elegantissima, sceglie nelsuo negozio di moda parigino gli abitiper la «Battle» finale dei danzatori dihip-hop, è irresistibile: è un puntoclou nel film Le Défi di Blanca Li chesarà a Teatro a Corte giovedìprossimo. Funziona a meraviglial’intesa tra le due attrici, Blanca Linella parte di Elena e Amanda nelruolo dell’amica Birgit. Entrambesono alle prese con il gapgenerazionale e sociale che le separadal mondo hip-hop e chesupereranno sfoderando una verveiniettata di strepitoso graffiofemminile. Amanda ricorda il film conirresistibile entusiasmo da Parigi: «Ilmio ruolo era stato scritto per l’attricetedesca grassottella che facevaBagdad Café, ma non poteva. Blancaha pensato allora a un fisicocompletamente diverso ed è arrivataa me. Ci siamo divertite davvero nelleriprese, voleva anche farmi danzare,ma non ballavo dai tempi di DonLurio! Al montaggio abbiamo buttatola scena del ballo, meno male. Blancaha uno stile libero, ironico, moderno,è un’ottima coreografa. Conoscevo ilsuo lavoro prima di incontrarla per ilfilm. Ha voluto danzatori dallabanlieue, un po’ balordi, mabravissimi. Arrivavano in ritardo, nonfacevano quello che lei voleva, ma allafine è stato un incontro bellissimo».

●Quando è uscito il film?Sono ormai dieci anni, ma sono feliceche lo si veda ora a Torino. Mi ricordoquando ci siamo ritrovate a Cannes apresentarlo. Io e Blanca sul tappetorosso… Affascinante. Blanca Li è unasurrealista, una visionaria.

●Vi vedete ancora? Cosa vi unisce?Non ci siamo perse di vista, Blanca èamica di Pedro Almodovar che laadora. Spesso siamo stati a cenainsieme con lui, Antonio Banderas…Blanca fa parte di un giro di attori eregisti spagnoli che amo molto.D’altronde la Spagna e Dalì sonosempre nel mio cuore.

●Cosa pensa dell’hip-hop?L’hip hop è fisicamente meraviglioso.Blanca è stata una delle prime autilizzarlo in un film, dopo lei sonousciti molti titoli in cui si parla d’hiphop e non c’è video o spettacolo diLady Gaga o Madonna che noncoinvolga danzatori hip-hop.

●«Le Défi» guarda anche allacommedia musicale…Sono una fanatica delle commediemusicali. Mi sarebbe piaciuto farneuna. Anni fa Mauro Bolognini midisse che sarei stata perfetta per titolicome Victor Victoria. In Italia, doveavete la tradizione di Garinei eGiovannini, la commedia musicale eil musical stanno tornando in voga,penso a Priscilla, Grease, SaturdayNight Fever. È un mondo surreale cheadoro.

●Tornerà a lavorare in Italia?Mi hanno offerto molto lavoro inFrancia e quindi la mia carriera si èspostata qui. Ho in programma unnuovo film e sto lavorando in teatro aParigi. Le cose che mi hanno offertoin tv in Italia non sono interessanti,quando passerà la moda di questiorrendi reality, allora ci penserò.

FESTIVAL

INTERVISTA

Amanda Leare il musical.«Un mondosurreale»

Il 5 luglio al Maneggio Reale di Torinola proiezione del film «Le Défi», una commediamusicale hip-hop con Amanda Lear. «La danzaha la capacità di spezzare qualunque frontiera»

TEATRO A CORTE

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(7)ALIAS30 GIUGNO 2012

di ALICE RINALDI

●●●Cile degli anni ’60, deserto diAtacama e la dura vita ad essoconnessa. Nei tanti villaggi diminatori, il cinema itinerante èspesso l’unico intrattenimento.Maria Margherita è un maschiacciocresciuto tra quattro fratelli, unamamma che se ne va perché ilmarito «non funziona più dalla vitain giù», un padre attaccato al vino,ma giusto. Dopo l’incidente inminiera, il cinema non è piùaccessibile per tutta la famiglia, cosìviene indetta una gara: colui cheracconterà meglio il film, siaggiudicherà la visione di ognipellicola. Maria Margherita raccontale narrazioni dei fratelli, tra chibalbetta «e del film di guerra uscivafuori solo la mitraglia», chi dice «unafrase e 15 parolacce». MariaMargherita, inaspettatamente,vincerà perché ha qualcosa che glialtri non hanno: «io non raccontavo,io vivevo il film».

Una storia di accessi eaccessibilità, di vite della stessamateria dei sogni e di sogni dellastessa materia dei film, La narratricedi film, opera prima delgiovanissimo Donatello Salamina aconfronto con il ritorno in scena diPatricia Rivadeneira, mostro sacrodella scena culturale cilena, cheiniziò la carriera di attrice 20enne,lasciandola sospesa 12 anni,dedicandosi alla diffusione, se nonprotezione, della cultura cilena.Diventata prima addetta culturaledel Cile in Italia e poi segretariadell’IIla, l’Istituto ItaloLatinoamericano di Roma, uncurriculum rivoluzionario, dalle lottecontro la censura sotto Pinochet allaResistencia cultural, che abbracciaquesto progetto con entusiasmo,stavolta «rivoluzionario per la miacarriera, perché ha la semplicità dellinguaggio, è molto umano, nonappella l’intelletto ma gli archetipivissuti da tutti, dalla madreall’abbandono».

Uno spettacolo tratto da (un librodi) Hernan Rivera Letelier (Lacontadora de peliculas), un bambinocresciuto nella pampa, tra leminiere, un ragazzo che haintrapreso un viaggio lungo tre annitra Cile, Perù, Bolivia, Ecuador eArgentina, un uomo che durantequello stesso viaggio decise didiventare «el mejor escritor delmundo» preferendosi poi definirecontador de historias con quellastessa forza che trasmette nel testo:«yo no creo en Dios, pero creo queDios cree en mi», come quando siscrive per fame, quella vera.

Scelta Pistoia come cornicedell’anteprima di questo spettacoloche da ottobre 2012 inizierà a girarel’Italia, una città che casualmenteospita il primo Museo Tattile dellaToscana, per uno spettacolo che nona caso vede la collaborazione diLi.Fra e il suo progetto Il Teatro Oltreil Silenzio, l’abbattimento dellebarriere della comunicazionenell’arte.

Ma il caso sembra giocare unruolo decisivo nella progettazione diquesta piccola grande opera, quelcaso che è nello spiritosudamericano: la capacità ditrasformarsi in alchimia. Dalcontador alla contadora, dalnarratore alla narratrice, dalle storiealle pellicole, tutto si mescola inquesto racconto, dalla storia diRivera a quella di Patricia, da quelladi Donatello a quella di Lisa Girelli,ideatrice, produttrice e compagna.Fu Lisa a leggere per caso il libro e arimanerne profondamente colpita,l’unione con Donatello va da sé.

Anche il progetto di un teatroaccessibile nacque da una tragicafatalità, un incidente che portò allasordità un loro caro amico, exmusicista, «io voglio continuare adandare a teatro, come posso fare?».«Tutti insieme artisticamente», èstata la risposta, lo slogan di unprogetto che è una «mente artisticasenza barriere», già nelconcepimento. L’idea non nasceinfatti come teatro dedicato: «andarea teatro deve essere una scelta.Accessibilità non significa crearequalcosa per un settore o un tipo dipersona. L’idea è far rimanere ilpubblico sull’azione, non lasciarlosolo, la condivisione è il punto dipartenza». Così succede un’altra

magia armonica: di fronte a questoteatro-cinema sembra di ritornare allibro, le parole scorrono fluidamentee tutto è molto immersivo.

Nel riadattamento «c’era lanecessità di comprimere tante cose,dalle canzoni ai film fino ai rimandistorici, ma la cosa bella era chePatricia aveva già tutto dentro. E cosìè successo come succede in cucina,un ingrediente, poi un altro, poiarriva l’aroma, il sapore…». Il giustodosaggio tra cinema e teatro crea lanuova ricetta: «entrambi perdono laloro natura, e insieme creano unacosa nuova». Patricia spesso èinglobata nelle immagini, meglio diun blue screen, è dentro al popoloche attraversa le acque del MarRosso ne I dieci comandamenti, edavanti a esso come un secondopubblico, mostra Nosferatu neldeserto, danza con Gene Kelly, fa lesmorfie con Jerry Lewis, bacia comeMarilyn.

«Io la definisco una tragediacontemporanea Sudamericana»,dice Patricia, che se davvero è così èparticolarmente significativa, poichéè tragedia senza tragedia.L’approccio «è staccato dalsentimentalismo, colpisce senzaautocompassione, in modo diretto».Aleggia l’accettazione, quella dellecose della vita, che mica puoicambiare: per stare meglio ti rimanesolo comprenderle. Lo sente anche ilgruppo Spettatori Attivi: «Non mirimane addosso la tragedia,semplicemente la vita e le suedifficoltà», dice una ragazza. Ilgruppo ha assistito alle prove e dopolo spettacolo esprime sensazioni eopinioni insieme al regista.

Patricia è perfetta, sembra propriouna donna bambina quando recita,

la sintesi degli archetipi in cui èimmersa: una bambina cresciuta infretta o una donna rimasta bambinachiusa nel suo film, sempre lo stesso.È la madre che non è stata, èl’amante che non voleva essere, è lareazione coraggiosa all’abbandonoche appare e svanisce come in unadissolvenza, come un volto di madreche «sbiadisce in un film in bianco enero, muto». Uno spagnolo che c’èsolo ogni tanto, anche lui accessibile,con una platea che ne vuole ancora.È bella la cadenza italiana di Patricia,ma sotto lo spagnolo sembra gridarelibertà.

Una narrazione allegra, non privadi battute, che affronta la morte,quella sudamericana che non sistacca mai dalle cose della vita,«perché quando la vita non ègarantita, assume un valore enorme.Sono organiche, nella vita vedi lamorte con la coda dell’occhio. Erodavvero incuriosita, Rivera scrive amodo suo, senza contaminazioni. Eho avuto ragione, per me è statotrovare un gioiello, di solito in questolavoro si lotta, ci sono tantecontraddizioni e tante ansie. Questanarrazione nasce con gioia eserenità».

Tutto merito del Centro CulturaleIl Funaro, vera cornice e vero corpodello spettacolo, che l’ha ospitata inresidenza per una settimana, e cherimanda la stessa magia, e meritosoprattutto della figura daproduttore geniale e paterno diAndres Neumann, che nella vita halavorato con personaggi del calibrodi Peter Brooks e Pina Bausch. «Ho

trovato bello l’uso della proiezionedell’attore, l’incrocio tra teatro e film,come riflessione profonda sul nostrotempo».

A un passo dalle automobili diPistoia, appena fuori il centrostorico, si va in un’altra dimensione.Sembra di entrare in una verafazenda messicana. E invece no,siamo nel cuore del Cile nel cuore diPistoia, Il Funaro è «un corpo che èun incubatore di progetti - diceNeumann - non c’era bisogno di unaltro teatro, anche un altro festivalnon fa differenza. Un luogo dicreazione, ritrovare lo spirito ditrovare insieme. Questo sì». Midomanda: «l’ha provato ilCineTandem?», il cinema più piccolodel mondo, dietro una tenda, dueposti, un tavolino, un film a sorpresa.Geniale.

Ma dietro Il Funaro ci sono anchequattro donne, un esempio vitale diimprenditoria femminile, un lavorocongiunto di architettura e teatranti.Dieci anni di vita, una linea di lavoroe quel corpo-Funaro che mancava:«qui invitiamo attività teatrali e non,attraverso due vocazioni, un’unionecon la città di Pistoia dove il corpo èradicato - la comunità, le famiglie, ibambini - e l’altra dedicata aiprofessionisti. Una sorta dilaboratorio aperto internazionale».In residenza passano tanti nomi, daDaniel Pennac al colombianoEnrique Vargas con il suo Teatro delos sentidos.

Respirare il fermento creativo delFunaro è come una redenzione, lastessa che si attua nella storia diMaria Margherita, dalla famigliaall’intero villaggio: il suo pubblico,quello cileno e quello italiano, èsempre più preso, tra chi non hasoldi, e chi preferisce la narrazione.La protagonista stessa diventa unostrumento di accessibilità: «anche glianalfabeti, venivano da me se i filmerano con scritta». Attraverso ilracconto dell’arte, solleva gli spiriti:«ognuno può sognare un mondo aproprio piacimento che non puòsuccedere nel cinema: c’è più spazioper la propria immaginazione». Unnome d’arte, una Fata Delcine, felicedi aver trovato la strada giusta, che faracconti a domicilio, descrive acqueazzurre in bianco e nero,confondendo ciò che vede e ciò cheimmagina. Il racconto si spezza solodi fronte a una realtà troppo dura,indifferente «con l’usuraio per laprima volta non sapevo comeiniziare la narrazione».

«Dal mondo reale al mondomeraviglioso del cinema si attua unasorta di sortilegio, bello come quelraggio di luce bianca che dentro lasala passa sopra la testa della gente.Anche se è in bianco e nero, ilcinema la vita te la fa vedere intechnicolor». Maria Margherita viveil turbinio della sua gloria, fino aquando arriverà la tv e la pauradell’uccisione del cinema: «rischiavodi perdere il lavoro, dopo GaryCooper non c’era più nessuno adaspettarmi, vedevo gli stessi sguardiche avevano per me, di fronte a quelpiccolo scatolino in bianco e nero.Tante antenne sostituirono tantepersone. Tanti fatti accaddero finoalla parola fatale che nessuno in vitavorrebbe leggere».

Margherita narrando i film narra asua volta la sua vita al pubblico, «perquesto ho messo dentro il primo filmsonoro - dice Donatello - dopoLumiere… pensa cosa è stato sentirefinalmente la realtà. Mi piacevapensare che lei la ricostruisseattraverso i suoi film. Come puòvivere una donna nel deserto? Comesi tiene in vita un ricordo neldeserto?».

C’è un pezzo in cui MariaMargherita racconta un film suicampi di sterminio: c’è questovagone che va verso la morte e tra ideportati un prescelto si arrampicaper vedere da una fessura dove li staportando. Maria Margheritacommenta che «è meglio ascoltare eimmaginare che guardare da unafessura», è il suo sguardo sereno chesi fa carico della vita.

ANTEPRIMA

IL SETTIMOCONTINENTE

Patricia Rivadeneira, mostro sacro dellascena culturale cilena, nello spettacolo «Lanarratrice di film». In basso, il produttoreAndres Neumann (foto di Marco Delogu)

●●●Qualche mese fa in occasione di unaserie di performance eco-teatrali ideate daMarco Solari, ho scritto un breve testo cheho chiamato Settimo continente. L’ idea basedi queste performances è la natura cometema, la leggerezza, la facilità di esecuzione,l’economicità come forma. Ci siamo mossiin 3: Marco Solari, Mauro d’Alessandro(percussionista) ed io accompagnati da unagiovane organizzatrice factotum, AdrianaMigliucci. Abbiamo girato un po’ l’Italia làdove c’erano degli eventi che riguardavanol’ecologia o l’ambiente recitando tra gli ulivio le querce con la luce del giorno spesso altramonto, cercando di agire là dove lanatura aveva provveduto a creare unpalcoscenico spontaneo di verzura, unmodo di fare spettacolo tra i più economicie arcaici, ideato e messo in pratica in questoperiodo di sadiche ristrettezze. Forse usarela parola spettacolo è un esagerazione,diciamo che sono dei blitz veloci esorprendenti, sostenuti dalla musica diMauro e da un canovaccio a cui di volta involta si sono aggiunti nuovi pezzi scritti perl’occasione. Così c’è il monologo di unplatano, un dialogo tra ulivi e un altro tra uncappero ed una donna, e così via fino alSettimo continente che esiste davvero, inmezzo all’oceano pacifico, ed è grande cometutto il centro dell’Italia. Il testo simula ilracconto di una vecchissima trisnonna al suopiccolo nipote, ne riporto alcuni brani.

«Io, ero addetta alle semenze, sì iodovevo conservarle e proteggerle anche acosto della vita. Avevamo riletto la storiadell'arca di noè e alcuni gruppi di umani saggisi erano organizzati copiando da quellavecchia leggenda e avevano salvato le navidel secolo scorso abbandonate all'incuriadopo il grande esodo e negli anni le avevanoattrezzate e riempite di tutto il necessario algrande viaggio. Sapevamo che c'era ilsettimo continente ancora sconosciuto. Eral'unica speranza per la specie di ricominciarema la scommessa era dura, difficile davincere e il settimo continente era desertoe respingeva ogni forma di vita perché eraun continente costituito dalle peggiori scorieumane. Ma noi avevamo riempito 100 navidi terra e io proteggevo le semenze, misentivo veramente importante. Per 10 anniabbiamo viaggiato. Abbiamo fatto tappa intutti i 6 continenti antichi, ovunque c'eradistruzione ma c'erano anche sopravvissuti ela nostra flotta aumentava ad ogni tappa, diumani di ogni razza e colore. E di altre navipiene di terra pulita. Quasi tutto eraradioattivo e qualcuno di noi morì durante ilviaggio ma alla fine arrivammo adestinazione. Avevamo escogitato unsistema per provare a conquistare ebonificare il territorio, l'avevamo copiato daun antico gioco cinese, il go. Circondavamocon le navi una porzione di spazio ecominciavamo a coltivare quella».

Non ho spazio per andare oltre ma hopensato a questo testo mentre all’ospedaleaspettavo che mi visitassero e sentivo icommenti esasperati della gente e leggevo ititoli dei giornali. Ci vogliono almeno 5 oredi attesa per farsi dare un’occhiata ad unpronto soccorso dopo essere stata investitaperché la Polverini ha tagliato personale efondi, intanto l’occhio mi cade sul caso diFelice Crosta, grand commis della Regionesiciliana che non rinuncerà alla sua pensionedi 1.369 euro al giorno. Allora penso cheprima di ridurci a fuggire per cercare diricostruire un nuovo mondo sulle scorie diquesto, forse dovremmo costruire unottavo continente dove spedire tutta questainsensata classe dirigente che governa datroppo tempo il mondo. Niente di cruentosolo allontanarli un po’!

Al Centro CulturaleIl Funaro arriva«La narratricedi film», quandoil teatro si fondecol cinema.Protagonistala rivoluzionariaartista cilena

Il magico ritornodi Rivadeneira

PISTOIA

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(8) ALIAS30 GIUGNO 2012

IL VIDEOGAME

IL GUARDIANO DELLA NOTTEE IL MAGO ROSSO

IL LIBRO

«In fondoal buio»pubblicatoin Italia

di F. E.

●●●1977, un anno fondamentaleper la fantascienza e non solo. Neicinema usciva Guerre Stellari,manifesto non solo visivo ma anchefilosofico di una nuova generazione.Elvis Presley morì nello stesso annoeppure, come cantano gli U.S.Bombs, il suo spirito sopravvisse,come uno splendido fantasma, nel

neonato punk rock.Il 1977 fu l’anno di pubblicazione

del primo romanzo di R.R. Martin,un autore destinato a mutare ilfuturo del fantasy, inventore di unafantascienza diversa e personale e diun horror combattivo e impegnato.

Dying of The Light, in italiano InFondo al Buio, riproposto in Italiadopo anni di assenza e in unanuova traduzione da Gargoyle Extra,è science-fiction pura ma «lontana,lontana» (proprio come è lontanadalla nostra la galassia di GuerreStellari) dall’immaginario e dallafilosofia del film di Lucas.

Vi si narra di un pianeta morente,«un vagabondo, un viaggiatoresenza meta, una scoria dellacreazione» che vaga per l’universo«solitario e senza scopo,precipitando tra i freddi e remotispazi che si spalancano tra le stelle».Il tono del prologo, da cui sonotratte le parole citate, stabilisce lastimmung di tutto il romanzo, la sualirica della fine e il suo andamentoda marcia funebre galattica.L’intreccio si svolge durante ilcollasso definitivo del pianeta e agiustificare la sua esistenza, comeun epitaffio sulla tomba di unosconosciuto, c’è la storia degli ultimiviventi che lo abitano. Persone chediventano la coscienza del pianeta,il suo cuore e gli occhi attraverso cuipercepiamo la sua agonia.

Se Nietzsche ci raccontaZarathustra declamare al solesorgente che la luce e l’esistenzadell’astro non avrebbero senso senon ci fossero le persone su cui essorisplende, ribadendo la centralitàdell’uomo, Martin annulla ogniantropocentrismo e fonde gli esseriumani con la natura del pianeta inuna condivisione totale del destinoe dell’esistenza. Il pianeta è unpersonaggio come gli esseri che civivono così nessun elementoprevale sull’altro perché tutto siestinguerà insieme: la vita, la rocciae i sentimenti. Come nei futuriromanzi di Martin anche nella suaopera prima ci sono accelerazioniimprovvise, colpi di scena, drammiche esplodono di sangue tragediaed erotismo; eppure tutto è avvoltodallo strato brumoso di una poesiadolcemente grigia e nebbiosa cheverte sulla consapevolezza e,soprattutto, sull’accettazione chetutto ciò che è finisce, oppure è giàfinito.

●●●Era inevitabile che il modo dei videogiochi sconfinasse nellelande de Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco di R.R. Martin,soprattutto dopo il successo della serie televisiva di Hbo.D’altronde quasi tutti i generi come la fantascienza, l’horror, ilwestern e il noir stanno dimostrando di trovarsi a proprio agionella dimensione elettronica, forse anche meglio che sulla pellicola.

Eppure, secondo Martin, che ha collaborato attivamente aGame of Thrones The Game, appena uscito per XBox 360 e Ps3,l’idea di sviluppare un videogioco ispirato alla sua saga precedequella della serie tv.

Si tratta di un’opera originale, con due personaggi principaliinediti, che si svolge contemporaneamente agli eventi iniziali deilibri. Vestiamo i panni neri di un Guardiano della Notte,l’ordine di reietti che difende inascoltato la civiltà dalla minacciache arriva con l’inverno, e quelli carminio di un esotico efiammante Mago Rosso.

Purtroppo il comparto tecnico non è all’altezza di quellonarrativo per cui questo Game of Thrones videoludico appare comeun edificio incompleto, una magione di parole le cui facciate digitali

progettate per rivestirlo sono state abbandonate senza essereterminate e rifinite. Tuttavia questa dimensione «incompiuta»possiede un suo strano e contorto fascino, un carisma che -diversamente dalla serie che ha dimostrato di attrarre anche ungrande pubblico - esercita la sua malia esclusivamente sui fan dellibro e, tra questi, solo su chi ama i giochi di ruolo dallemeccaniche strategiche complesse, visivamente poco gratificantima ludicamente appaganti.

Se si superano le prime ore e la ripetizione sfiancante delgameplay, il videogioco diventa sempre più interessante ecoinvolgente. I panorami virtuali non sono all’altezza dei giochidell’ultima generazione ma emanano la poesia romanzesca da cuiderivano, così che muoversi tra i ghiacci oltre la grande Barrierache divide il mondo, e per altri luoghi storici della saga, diventaun’esperienza suggestiva non solo grazie all’eccellentesceneggiatura ma per il rapporto dialettico tra la memoria dellettore e l’azione-visione impostaci dal videogame.

Chi ha il tempo, la voglia e soprattutto la passione per arrivarealla fine di questo Game of Thrones numerico scoprirà che Martinha preparato un finale stupefacente (si può trovare anche suyoutube, ma non sarebbe serio) che si inserisce ad arte nellatrama della sua saga, una conclusione magistrale che ci fadimenticare e perdonare i tanti difetti di un gioco malriuscitoquanto avvincente. (f.e.)

di FEDERICO ERCOLE

●●●Visitare il reparto «fantasy» diuna libreria può essere una cosa de-primente, bisogna destreggiarsi traun mucchio di spazzatura post-tolkieniana, pregevoli e talvolta affa-scinanti saghe «solo» per adolescen-ti, fantasia borchiata e allusivamen-te sexy per metallari e altro.

Per chi è cresciuto con l’epopeapulp di Conan e per i nostalgici del-la Terra di Mezzo è difficile trovaremateriale degno di alimentare sognifantastici. Inoltre le copertine delleedizioni italiane di tanti romanzi digenere, con i loro luoghi comuni gra-fici, dissuadono il lettore dall’appro-fondire, anche solo leggendone l’in-cipit, alcuni testi che potrebbero me-ritarne l’interesse. Così può succede-re di fronte ai più di dieci libri de LeCronache del Ghiaccio e del Fuoco diR.R. Martin, così tanti perché i singo-li romanzi da noi sono stati segmen-tati in più volumi. Già comprenderela cronologia dei libri è arduo, per-ché non sono numerati, e bisognatrovare indicazioni sfogliando le pri-me pagine. Tuttavia, se l’approccioal libro non è superficiale, ci trovia-mo di fronte a una delle migliori sa-ghe new-fantasy degli ultimi trentaanni.

Una serie che non è sfuggita allaHbo che la sta trasformando in Ga-me of Thrones, un serial che ha rivo-luzionato il genere fantastico e la te-levisione in generale, rendendo inol-tre più riconoscibile in libreria l’ope-ra di un autore di talento come Mar-tin.

Non è la prima volta che Martinlavora con la televisione, fu suo ilcompito «impossibile» di sostituireRod Serling nelle puntate anni ’80de Ai Confini della Realtà, ma conGame of Thrones, in italiano Il Tro-no di Spade, andato in onda su SkyCinema, i suoi universi così violentie poco fantasy hanno trovato un’ec-cellente e fedele trasposizione visivae una narrazione più appassionan-te, perché più ritmata e meno dilata-ta, che nei già notevoli testi in cui èraccontata.

Il mondo di Game of Thrones puòinizialmente sembrare un classicodel fantasy: cavalieri, regni in peren-ne battaglia, un remoto e misteriosopassato, le stagioni che si prolunga-no per anni, lupi giganti, una barrie-ra ancestrale che divide le terre co-nosciute da quelle gelide e ignote,morti viventi, guardiani-monaciche attendono il ritorno del male as-soluto, magia e draghi.

Ma non è che un’illusione e la sen-sazione di déjà-vu sparisce dopo po-che pagine o minuti di visione. AMartin interessa soprattutto la trage-dia che scaturisce dall’iterazione trai personaggi, c’è più Shakespeareche Tolkien nella sua opera e il suointreccio è così crudo e truculentoda sfociare nell’horror e nel grand-guignol. Gli elementi fantastici sonopresenti ma tenuti in serbo con sa-pienza per apparire folgoranti nelmomento in cui sono esposti.

Vediamo o leggiamo di crudeliamanti incestuosi, di cavalieri chemassacrano neonati, di innocentitorturati, di stupri e di complottiomicidi. Ci sono personaggi così di-sgustosi, come l’oscenamente sadi-ca «Montagna che Cammina» o Jof-frey, il giovane Re perfido e inge-nuo, che talvolta si continua a segui-re la storia solo per saperli morti.

Gli «eroi» sono davvero pochi equalcuno perisce, lasciandoci nellosconforto e nella sensazione chedebba vincere la meschinità, ma l’in-tuizione geniale di Martin è chel’eroismo sia nei caratteri più appa-rentemente deboli: una bambina,

un ragazzino che non può più cam-minare, un reietto, un nano defor-me, un ex-contrabbandiere, unadonna guerriera segnata da una ra-ra bruttezza, una fanciulla madre ditre piccoli draghi.

Martin non ha ancora terminatola sua saga e la serie tv, venti punta-te in due serie, non arriva neppure ametà dell’opera letteraria. Per cuipossiamo solo sperare che i piccoligrandi eroi non cedano all’ombradel male immane e dell’umana catti-veria sollevatagli contro dall’autore,spegnendo così l’unica luce che bril-la nell’inverno pluriennale de LeCronache del Ghiaccio e Del Fuoco.

DAI ROMANZI ALLA TV AL VIDEOGIOCO

Game of Thrones,il trono di spade

FANTASY

Una delle migliori saghe di new-fantasy,i libri di R.R. Martin «Cronache del ghiaccioe del fuoco» diventano serie tv Hbo, con eroiche si ispirano più a Shakespeare che a Tolkien

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IL FESTIVAL

I CORTOMETRAGGI

LE NUOVE TECNOLOGIE

A CURA DISILVANA SILVESTRICRISTINA PICCINO, MARCO GIUSTI,ROBERTO SILVESTRI,GIULIA D’AGNOLO VALLAN,ARIANNA DI GENOVA,MARIUCCIA CIOTTA

MAREMETRAGGIOTRIESTE 1-7 LUGLIOSono 74 i cortometraggi internazionaliin concorso per la tredicesima edizionedi «Maremetraggio» FestivalInternazionale del Cortometraggio edelle Opere Prime. Selezionati tra oltremille opere giunte dai cinquecontinenti, dal Cile al Canada, dalGiappone agli Stati Uniti, dalla fictionall’animazione, al cinema sperimentale,con una forte presenza spagnola,specializzata in questo settore, maanche francese e italiana. All’operamigliore sarà assegnato un premio di10 mila euro e altri premi andranno il premio al miglior corto italiano, il premio«Studio Universal», realizzato grazie alla partnership tra Maremetraggio e il canaledella casa di produzione americana, che consiste nell’acquisizione dei diritti Payper la trasmissione televisiva al miglior corto italiano votato da una giuria delcanale, quello al miglior corto di animazione, il premio del pubblico Piquadro almiglior corto, il premio «Associazione Montatori» al miglior montaggio italiano, ilpremio del pubblico della rete «MYmovies.it», il premio al miglior corto d’attualità«RaiNews» e il premio al miglior corto «Oltre il muro» - Provincia di Trieste.(s.s.)

WHAT’IL I DOIrlanda, 2012, 2’55”, musica: Lisa Hanning, regia:Michael Kelly e Pauline Rowan, fonte: DeeJayTelevision

7Un semplice piano-sequenza inmovimento, con la macchina dapresa che accompagna la cantante

irlandese sulle giostre, riprendendolasempre in primo piano. Tremolii,inevitabili décadrages, lo sfondo astratto eluminoso che fa risaltare ancora di più ilvolto della Hanning che si diverte damorire: What’il I Do sarà stato girato,dopo qualche prova, in un paio di ore, maè comunque un clip riuscito che supportaquesto fortunato singolo inclusonell’album Passanger.

PAYPHONEUsa, 2012, 4’40”,musica: Maroon 5 con Wiz Khalifa,regia: Samuel Bayer, fonte: MTV

1Da una cabina telefonica, mentreuna carcassa di auto brucia apochi metri di distanza, Adam

Levine, lacero e sporco, chiama unadonna. Ma facciamo un passo indietro percapire come il front man dei Maroon si èritrovato in una simile situazione.Tranquillo impiegato di banca, duranteuna rapina, spara ad uno dei malviventi efugge con una sua collega (Bregje Heinen),ma la polizia gli dà la caccia scambiandoloper uno dei rapinatori. La parte miglioredi Payphone è naturalmente l’inseguimentoin auto della serie uno-contro-tutti:sequenze mozzafiato degne del miglioraction movie con le volanti della polizia checappottano e provocano un’esplosione. Ladomanda però sorge spontanea: maperché cavolo ha fatto tutto sto’ casino,seminando morti e feriti? Boh.

WHAT’S YOUR PROBLEMUK, 2008, 3’55”, musica: The Zutons, regia: ScottLyon, fonte: Youtube.com

7Una serie di sonori ceffoni chediverse coppie di persone sirifilano, il tutto in un

accuratissimo ralenti e in montaggioalternato. Ma il climax di questi violentilitigi viene raggiunto quando palloncinicolorati pieni d’acqua colpiscono i diversipersonaggi in scena. Attraversoun’esasperata dilatazione temporale, Lyonriesce a trasformare in straniatoiperrealismo una situazione al limite deldemenziale, deformando «analiticamente»corpi, volti e azioni e confezionando perla band di Liverpool un clip di grandeimpatto visivo. What’s your problem èincluso nell’album You can do anything.

GUARDASTELLEItalia, 2004, 3', musica: Bungaro, regia: Fabio M.Iaquone, fonte: Youtube.com

7Ripreso in bianco e nero,scontornato e in equilibrio sulglobo terrestre con un albero alla

sua estremità, sospeso insomma tra maree cielo, Bungaro diventa una piccola figurain questo clip dall’elegante impaginazionevideografica, concepita da Fabio MassimoIaquone, artista che da sempre lavora conl’immagine elettronica. In Guardastelle c’èun denso lavoro di computer, ma senzaeccessi, con una nitidezza e unminimalismo nella composizione che bensi sposa con la scarna veste del brano cheil cantautore presentò alla 56esimaedizione del festival di Sanremo.

ADAM LEVINE,BANCARIO IN FUGA

MAGICO

IL FILML'AMORE DURA TRE ANNIDI FRÉDÉRIC BEIGBEDER, CON GASPARD PROUST -LOUISE BOURGOIN. FRANCIA 2012

0Dal romanzo dello stessoFrédéric Beigbeder (Feltrinelli,2008): Marc Marronier è un

critico cronista mondano cinico edisincantato. la sua visione dell’amoreprecede la data di scadenza di tre anni, ilperiodo di durata del suo matrimoniofallito. Quando incontra Alice aspettasolo il momento della fine, ma alloscattare del terzo anno rischia di doverrivedere la sua teoria.

IL CAMMINO PER SANTIAGODI E CON EMILIO ESTEVEZ, CON MARTIN SHEEN,ANGELA MOLINA. USA 2010

0Un medico americano si reca neiPirenei per recuperare il corpodel figlio morto in tempesta

mentre percorreva il pellegrinaggio versoSantiago di Compostela. Durante ilcammino incontrerà altri pellegrini che loaiuteranno a riscoprire il vero valoredella vita.

CENERENTOLADI CLYDE GERONIMI, HAMILTON LUSKE, WILFREDJACKSON. ANIMAZIONE DISNEY. USA 1950

0Dalla fiaba di Charles PerraultDisney trasse uno dei suoi piùfamosi film di animazione che ora

torna sugli schermi insieme a La carica dei101 e La bella e la bestia 3D. Cenerentolaprende questo nome quando il suo nobilepadre rimasto vedovo, si risposa e muorepoco dopo. La cattiva matrigna con ledue brutte sorellastre la trattano comeuna serva e lei, sempre accanto alfocolare si riempie di cenere.

IL CONSOLE ITALIANODI ANTONIO FALDUTO, CON GIULIANA DE SIO,LUCA LIONELLO. ITALIA 2012

0Giovanna Bruno, console italianoa Cape Town, in Sud Africa, alloscadere del mandato, deve

affrontare il caso più complesso della suacarriera diplomatica. Una bella e giovanedonna di colore, Palesa Kubeka, irrompenel suo ufficio alla disperata ricerca delsuo partner, il giornalista Marco Borghi,misteriosamente scomparso. Da unregista che conosce perfettamente ilSudafrica.

LA COSADI MATTHIJS VAN HEIJNINGEN JR. CON ADEWALEAKINNUOYE-AGBAJE, CARSTEN BJØRNLUND. USACANADA 2011

0Prequel del film di Carpenter,ambientato in Antartide. Lagiovane paleontologa Kate Lloyd,

che studia con la squadra di scienziatinorvegesi una nave spazialeextraterrestre ritrovata tra i ghiacci,scopre un organismo che sembra esseremorto nell’impatto avvenuto migliaia dianni fa. Ma la «cosa», un parassita ingrado di imitare qualsiasi forma di vitacon cui entri in contatto, sta soloaspettando di risvegliarsi. E a un trattosparisce, il problema è che potrebbeessersi «identificata» in qualunquecomponente del gruppo.

UN AMORE DI GIOVENTÙDI MIA HANSEN-LØVE, CON LOLA CRÉTON,SEBASTIAN URZENDOWSKY. FRANCIA 2011

7Elegia sul primo amore che non siscorda mai dalla struttura altempo stesso classica e

innovativa, tra decisa originalità di stile eletteratura (e pittura) di fine ottocento: laquindicenne Camille pensa di morire didolore quando Sullican parte per ilSudamerica a fare le sue esperienze.Anche per lei è tempo di crescere, diincontrare nuove persone, ma dopoqualche anno il loro incontro li riporta alpunto di partenza. O quasi, sullo sfondodel paesaggio dell’Ardèche sulle rive dellaLoira. Terzo film di una trilogia dedicataall’adolescenza, il primo Tout estpardonnée (2007) presentato allaQuinzaine a Cannes, il secondo, Il padredei miei figli. premio speciale della giuria a

Un Certain Regard (s.s.)

C'ERA UNA VOLTA INANATOLIADI NURI BILGE CEYLAN, CON YILMAZ ERDOGAN,TANER BIRSEL. TURCHIA 2011

7Grand Premio Speciale dellagiuria di Cannes, Lungo affrescodark e color fango su una

indagine poliziesca piuttosto complicata eabbastanza appassionante. Un giudice, uncommissario di polizia e il dottor Cemal,diventando sempre più complici,compiono sopralluoghi, interrogatori,indagini d'ogni tipo per ritrovare il corpodi un delitto confessato da un sospetto eda suo fratello, mentalmente malato. Male cose non sono così semplici comesembrano. Pretesto per le performancesdi Ceylan, tra momenti angoscianti eumorismo insospettabile. si affrontanouno a uno i grandi problemi della Turchiadi oggi, stretta ancora tra modernità earcaicità, anche nelle soluzioni politicheche sta scegliendo, il cosiddetto, infido«islamismo di velluto». (r.s.)

CHERNOBYL DIARIES - LAMUTAZIONEDI BRADLEY PARKER, CON DEVIN KELLEY,JONATHAN SADOWSKI. USA 2012

5Adolescenti americani a Kievvanno a trovare il fratello di unodi loro che si è trasferito lì e che

già per questa scelta di vita è connotatocome uno di cui non ci si può fidare.Infatti organizza per tutti una gita estremaa Chernobyl, zona proibita e saràall’origine di tutti i guai. Nella sosta aPrypiat, dove i casermoni abitati daglioperai della centrale sono statiabbandonati, iniziano a succedere stranecose. Come succede sempre nell’horrorsi dividono e ha inizio la carneficina.Sintesi di documentario e horror, il luogoha prodotto nel cinema e nella letteraturarussa opere di grandissimo livello, chenon possono essere paragonate conl’esiguità di questo intreccio. (s.s.)

DETACHMENT- IL DISTACCODI TONY KAYE, CON ADRIEN BRODY, MARCIA GAYHARDEN. USA 2011

7Henry Barthes (Adrien Brody) èsupplente di letteratura e fin dalsuo primo giorno di scuola si

dimostrerà capace di affrontare lasituazione di violenza e smarrimento degliadolescenti e frustrazione tra i docenti. Inun universo descritto come immerso inun dolore da cui non si sfugge, dal passatoche torna ad ossessionarecostantemente, il protagonista mostra nelsuo distacco scelto come costume di vita,uno stile che fa breccia anche nella mentedegli allievi più primitivi. Tony Kaye,inglese, classe ’52, di famiglia ebreaortodossa è stato autore di spotpubblicitari e clip musicali per i quali havinto un premio Grammy, esordio allaregia American History X (’98). (s.s.)

PAURA (3D)DEI MANETTI BROS, CON PEPPE SERVILLO,LORENZO PEDROTTI. ITALIA 2012

1Non è solo il miglior film deiManetti bros, ma anche il migliorhorror italiano di questi ultimi

anni, li riporta alle loro origini rappettaree videoclippare e al piccolo horrorrinchiuso in una casa. Un maniaco, unaragazza indifesa, tre coattelli romani unpo’ strafatti. E la casa del barone dove itre hanno deciso sciaguratamente ditrascorrere un week end da sballo. Lavera paura trionfa nell’uso dello schermonero in 3D con pochi elementi a vista.Divertente nella prima parte e davveropauroso nella seconda. (m.g.)

QUALCHE NUVOLADI SAVERIO DI BIAGIO, CON MICHELE ALHAIQUE,GRETA SCARANO. ITALIA 2012

6Fa venire in mente il cinemaitaliano degli anni Cinquanta, maqualcosa di terribile deve essere

successo: mancano i ragazzini, le folle, glischerzi sono diventati battute acide, le

donne si sono fatte furbe, il futuro non siscorge all’orizzonte. Diego lavora in uncantiere è da sempre fidanzato conCinzia, ma un giorno incontra la bella ericca Viola che lo porta lontano dalquartiere di periferia dove è nato ecresciuto. Dopo la commedia rosa, lacommedia grigia all’italiana, tutto bencalcolato, come in un cantiere. (s.s.)

LA VITA NEGLI OCEANIdi JACQUES CLUZAUD - JACQUES PERRIN.DOCUMENTARIO. FRANCIA 2011

1Non è un semplicedocumentario, ma un viaggio inuna dimensione sottoposta a

regole diverse e sconosciute, popolato daesseri che contengono in sé la memoriadei secoli passati, glossario vivente per ilpoco che ne conosciamo, di una storiasommersa. Le meraviglie degli oceani,senza il richiamo dell’antropomorfismo,non fosse per i mammiferi. Il resto sonoluci, colori guizzanti, bocche e ventri, spillie rocce, con una musica simile al cantodelle sirene, al rombo delle profondità.Un film incantato. (s.s.)

ROCK OF AGESDI ADAM SHANKMAN, CON TOM CRUISE,JULIANNE HOUGH. USA 2012

1Dal greve e scassato musical diBroadway di Chris D'Arienzo, laregia del ballerino coreografo

Adam Shankman che ha già portatomalamente sullo schermo la versioneteatrale del capolavoro di John WattersHairspray. Sherrie (Julianne Hough) sbarcadalla provincia nella grande città, LosAngeles, tra i fatiscenti locali notturni delSunset Boulevard. Siamo nel 1987, datadell’uscita del primo disco dei GunsN’Roses ed è ad Axel Rose a cui si ispiraTom Cruise, star del rock metallaro,sessista, ubriacone e spompato. Quellache dovrebbe essere una caricaturadiventa un’interpretazione convinta, tantocamp da rendere in film imperdibile.Sprecati invece Catherine Zeta-Jones,Alec Baldwyn e Russell Brand. (g.d.v.)

VENTI ANNIDI GIOVANNA GAGLIARDO, CON ENRICOIANNELLO, LEA GRAMSDORFF. ITALIA 2011

7Giovanna Gagliardo conoscebene come erano i paesi d’oltrecortina, è stata la sceneggiatrice e

l’aiuto regista di un maestro del cinemaungherese, Miklos Jancso. Mette aconfronto i drammi degli intellettuali delcomunismo e il disastro dei giovanirampanti finanzieri nell’epoca delneocapitalismo attraverso duepersonaggi, Marta e Giulio che siincontrano per la prima volta proprio lanotte della caduta del muro di Berlino, il9 novembre dell’89. Si ritroveranno ventianni dopo a New York e insieme con uncerto ottimismo affronteranno un altrocrollo, quello dell’economia creativa edella «ristrutturazione» che lasciaentrambi senza lavoro. Nel finale, acommentare il difficile passaggio della finedi questi venti anni, artisti, filosofi,economisti intervengono per darealmeno un sostegno teorico al futuroincerto. (s.s.)

I TRE MARMITTONIDI BOBBY E PETER FARRELLY, CON SEAN HAYES,SOFIA VERGARA. USA 2012

1Affettuosissimo omaggioall’omonimo trio nato nelvaudeville anni venti e che tra il

1934 e il ’41, insieme ai fratelli Marx,gettarono le basi dello zoccolo duro dellacomicità demenziale americana. Tuttoraregolarmente in televisione, le malefattedi Larry Curly e Moe (i comici LarryHoward, Moe Howard e Larry Fine),sono un paradigma di infantilismo,violenza fisica, genio di coreografia delfotogramma e assoluta non linearità dacui i Farrelly hanno tratto a piene maninei loro film migliori e più estremi.Curiosamente, i Farrelly hanno scelto unatrama a sfondo cattolico che ricorda nonpoco The Blues Brothers. (g.d.v.)

SINTONIETAKE SHELTERDI JEFF NICHOLS, CON MICHAEL SHANNON, JESSICA CHASTAIN. USA 2011Un film che flirta tra il catastrofico, il primo Malick e un diario «on the road» conmamma e vecchi Super 8. Viene dal concorso del Sundance Film Festival e dalla Semainede la critique a Cannes vincendo il Gran Premio della giuria e il premio Fipresci.Ambientato nelle sterminate pianure dell'Ohio da Jeff Nichols già autore di ShotgunStories è uno strano squarcio di America rurale con apocalisse imminente. CurtisLaForce (Michael Shannon), marito di una donna dolce e luminosa (Jessica Chastain) epadre di una bella bambina sorda, guarda con preoccupazione le grosse nuvole scureche si addensano nel cielo vastissimo intorno alla sua casa in mezzo alla campagna.Davanti ai suoi occhi, gli squarci rettangolari dell'espansa natura del Midwest assumonotoni sempre più minacciosi. Il vento emette sibili sinistri, il colore degli intermittentiacquazzoni estivi è di uno strano, inspiegabile, color ruggine. Anche le notti di Curtissono popolate da incubi di un pericolo incombente. Ossessionato dalla necessità diproteggere la propria famiglia Curtis inizia a costruire un enorme rifugio anti tornado. Èun buco nero in cui riversa tutti i suoi sforzi, il suo ingegno, la sua salute, il suo tempo eil conto in banca.. La sua alterità frantuma il tessuto imperturbabile della monotona vitadi provincia e porta il matrimonio sull'orlo del baratro. Nichols gira pensando aBadlands, alle foto di Walker Evans e a Twister, insinua la possibilità del disastroecologico, nucleare e quella della follia ereditaria. Piani distesi, ma claustrofobici allostesso tempo, tensione tra il cinema indie e l'ambizione del cinema classico. (g.d.v.)

LIBERO CINEMA IN LIBERATERRA2-24 LUGLIOLa settima edizione di «Libero cinema inlibera terra», il festival di cinemaitinerante sui beni confiscati alle mafie erestituite alla legalità, giunto alla settimaedizione è promosso da CinemovelFoundation, con la presidenza onorariadi Ettore Scola e da Libera presieduta dadon Ciotti. La manifestazione ha avutoun’anteprima a Parigi presentata daPasquale Scimeca e con una tavolarotonda a cui ha partecipato oltre aScimeca anche Ettore Scola e RobertGuédiguian. Ora inizia il tour in Italia attraverso 11 regioni e 20 tappe dove i registidei film selezionati incontreranno i volontari presenti sulle terre confiscate. I primiappuntamenti con la programmazione a cura di Fabrizio Grosoli: 2 luglio, a Milano conThe Substance: Albert Hoffmann’s Lsd di Martin Witz, il 3 a Galbiate L’era legale di EnricoCaria, il 4 a Genova Uomini soli di Attilio Bolzoni e Paolo Santolini, il 5 a CastelfrancoEmilia (Modena) Io sono Li di Andrea Segre, il 6 a Campolongo Maggiore (Venezia), l’8a Bari, il 9 a Mesagne (Brindisi), il 10 a Matera . Quindi un lungo giro in Calabria e inSicilia, per risalire poi in Campania, Lazio, Abruzzo (a Scurcola marsicana) per finire inLombardia a San Giorgio di Mantova con il film Mare chiuso di Andrea Segre. (s.s.)

MELZO FILE FESTIVALCINEMA ARCADIA 1 - 7 LUGLIOTerza edizione del Melzo File Festival,Festival di Cortometraggi e nuovetecnologie, la prima di un progettoquadriennale di avvicinamento all’Expo2015. Le quattro parole chiave delconcorso di quest’anno sono Cibo,energia, pianeta e vita. Il festival, direttoda Chiara Boeri, docente di EffettiSpeciali al Politecnico di Torino eorganizzato dall’Associazione CulturaleSpazio Mem in collaborazione con ilCinema Arcadia della città, si compone diquattro sezioni: corti, creazioni artistichee web, installazioni e pitches, progetti in via di sviluppo alla ricerca di un mercato. Peril primo anno in programma anche un ciclo di workshop di regia, fotografia, montaggioe post-produzione a cura di Liquid Gate Studio di Torino (2 - 6 Luglio, dalle 11 alle18). Due sono le installazioni selezionate dal Festival, «Batti un ciak», un’esperienzainterattiva tra cinema e tecnologia digitale che permette allo spettatore di vedereriprodotto il movimento di una scenografia. Le creazioni artistiche fanno parte dellamostra «Experimenta» (a cura di Silvano Arcidiacono) allestita presso la Sala Vallapertidel Palazzo Trivulzio (Piazza Risorgimento). Lunedì 2 Dark Resurrection Vol. 0 di AngeloLicata, il primo fan film italiano ispirato a Star Wars, il 3 il primo spettacolo teatrale in3D, il 5 danza Interattiva digitale, il 6 spazio ai pitches, il 7 le premiazioni. (s.s.)

I FILM

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di LUCA GRICINELLA

Classe 1963, nato nei sobborghilondinesi e formatosi a Brighton,Fatboy Slim è noto nell’ambientemusicale anche come Norman Cookma il suo vero nome in origine eraQuentin Leo Cook. Con ogniprobabilità si tratta deldj/remixer/produttore/musicista piùpopolare del mondo, anche se i tempid’oro sono passati. Il suo genere,esploso negli anni Novanta, è statobattezzato big beat: un ritmo in cui ibreakbeat di origine hip hop vengonoa più riprese ingrassati dal funk, dasuoni scippati al rock e alla più acidaelettronica da club. Il suo album piùnoto è il secondo della suadiscografia, You've Come a Long Way,Baby (Skint, 1998), contenente l’hitThe Rockafeller Skank. Il capitolosuccessivo, Halfway between theGutter and the Stars (Skint), del 2000,non è però da meno, vista la presenzadi brani come Weapon of Choice e YaMama (con il ritornello martellante«push the tempo»). Abbiamo discussovia web con l’artista alla vigilia delladata torinese del Kappa FuturFestival(si esibisce oggi pomeriggio al ParcoDora di Torino e domani, primoluglio, al Janga Beach di Fregene,Roma).

●Questo è il tuo primo live aTorino. Conosci la città?Ho sentito che è una bellissima città,piena di gente sexy e pazza che adorale feste e ha voglia di sballarsi eballare come matti.

●Partiamo dai tuoi inizi: hai fattoparte di più band ma quantol'esperienza fatta con gliHousemartins tra il 1985 e il 1988ha influenzato la tua carrierasolista?Ho imparato molto daquell’esperienza, per esempio comefunziona il mercato musicale e comefarsi notare sul palco. Inoltre horealizzato che funzionavo megliocome dj che come bassista!

●Quali esperienze hanno influitosul tuo passaggio dalla carriera dimusicista in una band a quellasolista di dj?Avere visto Grandmaster Flash chefaceva da supporto ai Clash mi haveramente cambiato la vita (si trattadel tour dei Clash del 1981, quandoFatboy Slim aveva diciotto anni. Siveda il box, ndr). Mentre avere visto imiei vecchi amici dj, come i Coldcut eCj Mackintosh, tirare fuori hit pop miha fatto chiedere come mai non erofedele alla musica che davveroamavo.

●A proposito di Grandmaster Flash:l’hip hop è stato appunto una tuafonte di ispirazione. Pensi che sia lacultura che meglio rappresenta itempi moderni?Guarda, faccio davvero fatica arelazionarmi all’hip hop Usa di oggi.Non chiamo le donne «bitch», nonsparo alla gente e non muoio dallavoglia di avere una Lexus nuova dizecca. L’hip hop che amo era quellodei party musicali, un ruolo che orasta assolvendo la musica elettronica,l’house.

●E cosa ti piace e cosa non ti piacedella musica dance elettronica dioggi?Non mi piace che sia troppocommerciale e che tutti si fermino aisoliti settaggi soft dei sintetizzatori. Mipiace invece che prenda piede innuovi posti in giro per il mondo e stiarinascendo negli Stati Uniti. Ma lacosa che mi piace di più è checontinuano a invitarmi ai party!

●Quali sono a tuo avviso i ritmielettronici più interessanti almomento? Per esempio ti piaccionodubstep e juke?Mi piace l’aspetto produttivo deldubstep ma non ho ancora capitocome si balla! Riguardo al juke, nonriesco proprio ad averci a che fare.Tieni presente che il mio ritmopreferito al momento è la cumbia!

●Riformerai mai una band?No. In quanto dj sto molto di più acasa, inoltre non sono mai stato unmusicista o un cantautore moltobravo. Mi ci sono voluti quindici annidi tour per realizzare che la gente siesaltava di più quando suonavo idischi piuttosto che la chitarra…

●In effetti a vedere i video dei tuoi

live set, deve essere incredibile starelì di fronte a così tanta gente cheballa…Sì, è la storia più incredibile! Ma cercodi non pensarci molto. In queimomenti mi lascio contagiare e tentodi andargli dietro con la musica. Nonfaccio altro che seguire la corrente ecercare di indovinare dove la gentevuole andare. Se pensassi troppo sareidistratto e finirei per commetteredegli errori.

●E cosa rende un tuo dj set ideale?Gente sexy e pazza che adora le festee ha voglia di sballarsi e ballare comematti. Vedi sopra…

●Passiamo all’arte del remix: dagrande esperto in materia, che fasecredi stia attraversando questa«pratica», il cui concetto nel corsodegli ultimi anni si è evoluto?Ha quasi raggiunto la totaledemocrazia. Chiunque ormai puòpermettersi di maneggiarel’elettronica anche perché su Internetsono disponibili molti pezzi vocali emolte parti del pezzo. Inoltrechiunque può condividere il propriolavoro senza coinvolgere casediscografiche, pubblicizzarloutilizzando YouTube e Soundcloudper esempio. Prima il remix era unostrumento promozionale, ora è lamaniera con cui la gente riscolpisce ibrani musicali a seconda dei propribisogni e desideri.

●C’è un artista di cui vorrestiremixare un brano e ancora non haiavuto modo di farlo?Mi sarebbe piaciuto provarci con AlGreen: ha la voce più soul del creato!

●Da dove prendi ispirazione pertrovare e selezionare i tuoicampioni?Una volta dai mercatini dell’usato e

La seconda vitadi Fatboy Slim

INTERVISTA ■ SI ESIBISCE QUESTO POMERIGGIO, DALLE 17 ALLE 19, AL PARCO DORA DI TORINO

L’autore di «The Rockafeller Skank» sbarcain Italia e confessa di preferire sempre più i ritmilatino-americani. «Non mi ritrovo nella violenzaverbale del rap e nella dance così commerciale»

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OGGI E DOMANI

CARL COX E DEADMAU5AL KAPPA FUTURFESTIVALNegli ultimi venti anni il percorso delle rassegnedi musica elettronica è stato quanto mai attentoe sempre più aperto al mondo circostante.Festival italiani compresi. Un’apertura in partedovuta, in parte naturale ma non del tuttoscontata, che ha visto questi eventi proporreintegrazioni con arti elettroniche, in primis ivisual, incroci con la cultura urbana pereccellenza, l’hip hop, o ancora con i ritmi delleperiferie contemporanee, dal dubstep in giù,migrazioni di set sperimentali in location menoconvenzionali per il genere - tradizionali comepossono esserlo i teatri - magari coinvolgendoanche artisti di tutt’altra provenienza culturale. Evia di questo passo, nella creazione di incontri econflitti artistici capaci di coinvolgere un pubblicodavvero trasversale, dall’amante del dancefloor almelomane più intransigente fino al semplicecurioso. All’interno della famiglia di questi eventic’è un nuovo arrivato che ha scelto un approcciopopolare. Oggi e domani al Parco Dora di Torino,da mezzogiorno a mezzanotte, ha infatti luogo laprima edizione del Kappa FuturFestival, rassegnadi musica elettronica che segue di una settimanadue eventi che negli ultimi anni si sonoguadagnati visibilità a forza di programmi diqualità: Audiovisiva a Milano e Jazz:Re:Found aVercelli. Torino inoltre è la città di Club to Club,altro festival di musica e arti elettroniche cheogni autunno, da quasi dodici anni, propone artistiche rappresentano al meglio le evoluzionicontemporanee dei ritmi digitali. Una vetrinadunque importante. Come headliner, questanuova rassegna lanciata come Torino SummerMusic Festival, ha scelto Deadmau5, Carl Cox,John Digweed, Matthias Tanzmann masoprattutto Fatboy Slim. Kappa FuturFestivalnasce dalla stessa società di produzione delMovement Torino Music Festival. Le duerassegne, come ci racconta uno dei due direttoriartistici, Maurizio Vitale (l’altro è Gigi Mazzoleni)«condividono gli stessi valori e le stesseambizioni. Kappa FuturFestival vuole essere ilprimo festival dance italiano 100% diurno e openair. Gli artisti sono stati selezionati perassecondare anche l'orario diurno, da qui la sceltadi musicisti molto trasversali come Fatboy Slim.Abbiamo l'onore di ospitare molti grandi nomitra cui appunto due esclusive assolute per Torino:Fatboy Slim e Deadmau5 (domani sera dalle 22alle 24). Entrambi attesissimi».

Quando chiediamo a Vitale di segnalarci altrifestival italiani a cui può essere accomunato ilKappa FuturFestival, ci segnala il milanese ElitaFestival e si rammarica di come Dissonanze oAmore siano al momento in stand-by. Stasera,quando salirà sul palco Fatboy Slim, si capiràmeglio il ruolo che il festival può giocareall’interno di una realtà italiana che in questoambito, a livello qualitativo, appare di certo insalute. Che poi dj e producer non viaggino conband a carico e dunque a livello economico sianomeno impegnativi in questo periodo di crisi, nonè detto, visto che a volte, specie i grandi nomi,fanno adibire palchi stellari per esibirsi. Info:http://kappafuturfestival.com/2012/index.php/it/ (l.gr.)

dai magazzini americani ma di questitempi pesco dai blog…

●Se potessi sceglierne uno, qual è ilbrano per eccellenza di Fatboy Slime perché?Penso che Rockafeller Skank inqualche modo riassuma tutto: ilgroove malato, la ripetizione e unclimax esagerato che al tempo hainfranto un bel po’ di regole… hodovuto combattere con la casadiscografica per mantenere inalteratoil radio mix, dicevano che avrebbesconvolto la gente.

●Per concludere, tre domandesecche. La prima: qual è il tuo discoda isola deserta?What’s Going on di Marvin Gaye.

●Cosa stai ascoltando ora sul tuoiPod?Merengue e un po’ di Bob Marley.

●Come è successo che ChristopherWalken sia finito a ballare nel videodi «Weapon of Choice»?Be’, Spike Jonze, regista del video, haun’agenda favolosa!

di L. GR.

Nel 1981 inizia a circolare il vinileThe Adventures of Grandmaster Flashon the Wheels of Steel (Sugar Hillrecords), disco fondamentale cui undj mixa vari pezzi di altri artistiscratchando. Gli strumenti infattisono tre giradischi. A firmarlo èJoseph Saddler (1958), meglioconosciuto come GrandmasterFlash, uno dei padri dell'hip hop. IClash, molto attenti alle subcultureurbane, invitano il dj afroamericanoad aprire alcuni dei loro live, sia negliStati Uniti, sia in Europa. Il concertoa cui si riferisce Fatboy Slimnell’intervista qui a fianco, quello chegli ha cambiato la vita, ha avutoluogo a Londra, dove il pubblico«bianco», grazie al peso dellacomunità caraibica e alla forza delreggae, era quanto mai abituato avedere esibizioni di un dj

accompagnato dall’Mc o toaster diturno. Se Fatboy Slim ci fornisce unretroscena riguardo la datalondinese, il connubio The Clash &Grandmaster Flash è passato agliannali anche per la reazione noncerto magnanima del pubbliconewyorchese.

«(…) I Clash - scrive u.net a p. 215del suo saggio Renegades of Funk - IlBronx e le radici dell'hip hop,Agenzia X, 2008 - innamoratisi delrap grazie ai primi vinili che stavanoarrivando oltreoceano, incisero unomaggio a quella cultura con lacanzone The Magnificent Seven,inclusa nello storico triplo albumSandinista. Ma non si limitarono aquesto: volevano dimostrare il loroamore per l’hip hop e lo fecero nonappena si presentò l’occasione. Nelgiugno del 1981, infatti, chiesero aFutura 2000 di realizzare il posterpromozionale del loro tour

statunitense e di accompagnarlirealizzare graffiti live durante i lorospettacoli; inoltre chiesero aGrandmaster Flash and the FuriousFive di essere il loro gruppo diapertura. L’esito di questo connubionon fu dei migliori, come scrisseMichael Hill sul Village Voice:«Invece di un crossover culturale, si èrischiato di ampliare le differenze».

Sommersi dal lancio di bottiglie edi oggetti di altro genere, Flash e isuoi Mc furono costretti adabbandonare il palco tra gli insultidel pubblico. Sebbene parte deipunk statunitensi non fossero prontiper un tale clash di culture, il gruppoinglese invece era parte integrante diquell’avanguardia estetica che stavaemergendo come nuova élite dellascena dei club downtown».Pubblicato dalla stessa casa editrice,Agenzia X, anche Oltre l'Avenue D. Un punk a NewYork - 1972-1982, il libro del francese PhilippeMarcadé, racconta dello stesso live citato da u.net.Ma da un altro punto di vista: «La sera dopo cisiamo ritrovati sul palco davanti a ottomilapersone. Prima di noi suonavano i TreacherousThree, un gruppo rap della Sugar Hill Gang legatoa Grandmaster Flash, ai Furious Five e altri dellascena. C’era anche Futura 2000, il graffitista,chiamato a dipingere con le bombolette unimmenso muro metallico dietro al palco, mentresuonavano i Clash. Volendo sempre essereall’avanguardia, amavano molto il movimento hiphop che stava esplodendo nei club del Bronx e delQueens. Adoravano i rapper newyorkesi, alcontrario del punk rock Usa che consideravaquella musica come parte del mondo della disco, ilnemico, la peggior musica del mondo. ITreacherous Three si fecero cacciare in malomodo. Piovevano migliaia di bottigliette diCoca-Cola. Se ne presero parecchie in piena faccia.Era il diluvio». Un live passato alla storia, di cui hascritto per esempio anche lo scrittore di Brooklyn

Jonathan Lethem (1964) sul NewYork Observer nel 2000 parlando diun connubio frutto dello «scomodo eappassionato idealismo» dei Clash.Ma l’esperimento di Joe Strummer esoci, dopo la vivace prima assolutanewyorchese, presto avrebbe avutoaltra sorte e, grazie alla mentalitàlondinese, ora si può dire abbia datoil via alla carriera di Fatboy Slim.Senza dimenticare la lunga lista diesponenti della scena punk italianache si sono interessati all’hip hopfino a diventarne parte: per quantoquesto aspetto possa rincuorarciperò stiamo sempre parlando deldecennio successivo. Lasciando starele tempistiche di ogni nazione emettendo in conto le bottigliate, nonsi può che lodare la scuola punk.

IL MUSEO DELL’INNOCENZA, PRESTO IL CATALOGOdi FRANCESCO ADINOLFI

A pagina 112 de Il museo dell'innocenza (Einaudi), il romanzo di Orhan Pamuk c'è scritto: «Ho acquistatoqueste cartoline dell'hotel Hilton di Istanbul all'incirca vent'anni dopo la storia che vi sto raccontando. Inquel periodo avevo stretto amicizia con i collezionisti più importanti di Istanbul e mi ero messo allaricerca degli oggetti per il Museo dell'innocenza non solo tra le bancarelle dei mercatini delle pulci e neipiccoli musei della città, ma in tutta Europa». Non solo cartoline, ma anche locandine di film, fotografie,menu di ristoranti, tazzine, scarpe, foto di attori e gente nota, bottiglie, posacenere e una sequelainfinita di tanti altri pezzi. Insomma tutti gli oggetti che i protagonisti del romanzo, Kemal e Füsun,

hanno indossato, sfiorato, osservato, visto o semplicemente desiderato in anni di amore clandestino,appassionato, tragico. Non solo: quegli stessi oggetti sprigionano sensazioni e emozioni che rimandanoa spaccati di vita a Istanbul dagli anni Cinquanta al 2007 anno in cui muore Kemal, il protagonista.All'interno del museo, finanziato dallo stesso Pamuk, dislocato su tre piani di un edificio rossobordeaux (la casa di Füsun) nel quartiere di Çucurkuma (Çukurcuma Caddesi, Dalgiç Çikmazi, 2,34425, Beyoglu) va in scena una vera e propria mostra di pop art, in cui ogni visitatore trova il suoambito di riferimento. Vale il viaggio a Istanbul. Inquietante e nevrotica la prima vetrina all'ingresso: glioltre 4mila mozziconi di sigaretta fumati negli anni dalla coppia; melanconica l'ultima stanza con dentroil letto in cui i due si sono amati per anni. A pagina 563 dell'edizione italiana c'è un apposito spazio dafar timbrare all’ingresso e avere così accesso gratuito al museo. Il catalogo (nella foto), al momentosolo in turco (ma anche questo acquisto è un atto di massimo collezionismo) uscirà in Italia ad ottobre.

In grande Fatboy Slim, qui Grandmaster Flash ai piatti e sotto i Clash

MITI ■ THE CLASH & GRANDMASTER FLASH

Norman Cook,quel tour del 1981mi ha sconvoltol’esistenza

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LE PAROLE INVISIBILIdi F. AD.

Neretti, abbreviazioni tra parentesi, modidi dire, curiosità, detti e proverbi,caratteristiche, discipline, persone ecc.Una struttura a rizoma che - sullo stiledella rete e dei suoi molteplici snodi -rintraccia lo sfuggevole, l'inafferrabile.Questo il senso del Dizionario analogicodella lingua italiana (Zanichelli, pp. 960,

oltre 19mila lemmi, oltre 4mila vocisvolte, euro 59, con cd rom) di DonataFeroldi e Elena Dal Pra. Rispetto aidizionari tradizionali (mondo cheZanichelli frequenta da sempre e su cuitorna nell'edizione Zingarelli 2013 con1500 parole nuove), l'analogico lavora pere sulle analogie, su termini ed espressioniverbali omogeni, non rende il significato diuna parola (questo presupporrebbe che siconosce bene cosa si sta cercando) ma

punta a far riaffiorare quel maledettotermine che sosta sulla punta della linguae non intende manifestarsi. Insomma undizionario per chi cerca e non per chi giàconosce. E allora - andando alla vocemusica - ecco disvelarsi su due pagine unaquantità di informazioni fino a «concerto»in cui affiorano: scaletta, sound, pezzo eproprio lui, il «repertorio», la parola chestavamo cercando. Sulla quarta dicopertina c'è scritto: il dizionario si

RadioheadTorna la apprezzatissima band inglese.Roma SABATO 30 GIUGNO (IPPODROMODELLE CAPANNELLE-ROCK IN ROMA)Firenze DOMENICA 1 LUGLIO (PARCO DELLECASCINE)Bologna MARTEDI' 3 LUGLIO (ARENA PARCONORD)Codroipo (Ud) MERCOLEDI' 4 LUGLIO(VILLA MANIN)

Mumford & SonsDue date per la indie band londinese chepresenta l'esordio Sigh No More.Verona LUNEDI' 2 LUGLIO (TEATRO ROMANO)Ancona MERCOLEDI' 4 LUGLIO (PIAZZADEL PLEBISCITO)

WovenhandIl folk cupo venato di new wave delprogetto di David Eugene Edwards.Marina di Ravenna (Ra) GIOVEDI'5 LUGLIO (HANA-BI)

Toro y MoiTour italiano per la band di ChazwickBundick, tra pop d'autore e elettronica.Roma LUNEDI' 2 LUGLIO (PARCO DI SANSEBASTIANO-ROMA VINTAGE, CON KAKI KING)Segrate (Mi) MARTEDI' 3 LUGLIO(MAGNOLIA-INDIE SUMMER PARTY)Padova MERCOLEDI' 4 LUGLIO (RADAR)

Kurt Vile & TheViolatorsIl cantautore statunitense accompagnatodalla sua band.

Roma MARTEDI' 3 LUGLIO (PIAZZALEDEL VERANO-SUPERSANTO'S)Bologna MERCOLEDI' 4 LUGLIO (BOLOGNETTION THE ROCKS)Torino GIOVEDI' 5 LUGLIO (SPAZIO211-ERA...SPAZIALE FESTIVAL)

Kaki KingLa bravissima cantante e autrice nonchéottima chitarrista acustica, torna in Italia.Roma LUNEDI' 2 LUGLIO (PARCO SANSEBASTIANO-ROMA VINTAGE, CON TORO Y MOI)Bologna MARTEDI' 3 LUGLIO (GIARDINI VIAFILIPPO RE)Livorno SABATO 7 LUGLIO (VILLA CORRIDI)

dEUSIl ritorno della rock band belga.Marina di Ravenna (Ra) MARTEDI'3 LUGLIO (HANA-BI)Roma GIOVEDI' 5 LUGLIO (PARCO SANSEBASTIANO-ROMA VINTAGE)

Wooden ShjipsIn Italia la band trance rock californiana.Segrate (Mi) MERCOLEDI' 4 LUGLIO(MAGNOLIA)Roma GIOVEDI 5 LUGLIO (PIAZZALEDEL VERANO-SUPERSANTO'S)Bologna VENERDI' 6 LUGLIO (BOLOGNETTION THE ROCKS)

Frankie Rose& The OutsSonorità pop delicate per la cantante Usa.Bologna SABATO 7 LUGLIO (BOLOGNETTION THE ROCKS)

BretonIl collettivo arty londinese di nuovo inItalia.Segrate (Mi) LUNEDI' 2 LUGLIO(MAGNOLIA-GRAZIE A DIO E' LUNEDI')Modena MERCOLEDI' 4 LUGLIO (CORTILESANT'AGOSTINO)Torino GIOVEDI' 5 LUGLIO (SPAZIO211-ERA...SPAZIALE FESTIVAL)

Blink 182 + AllAmerican RejectsPunk pop in salsa Usa.Assago (Mi) MARTEDI' 3 LUGLIO(MEDIOLANUMFORUM)Lucca MERCOLEDI' 4 LUGLIO (PIAZZANAPOLEONE-LUCCA SUMMER FESTIVAL)

BowerbirdsUna band alt-folk in arrivo dalla Carolinadel Nord.Marina di Ravenna (Ra) LUNEDI'2 LUGLIO (HANA-BI)

Joan BaezLa cantautrice, leader negli anni Sessanta eSettanta del movimento pacifistaamericano.Milano MARTEDI' 3 LUGLIO (IPPODROMODEL GALOPPO)Piazzola sul Brenta (Pd)MERCOLEDI' 4 LUGLIO (ANFITEATROCAMERINI-HYDROGEN FESTIVAL)Roma VENERDI' 6 LUGLIO (AUDITORIUMPARCO DELLA MUSICA-LUGLIO SUONA BENE))Trento SABATO 7 LUGLIO (PIAZZAFIERA-TRENTO SUMMER FESTIVAL)

Mouse on MarsIl duo tedesco crea sonorità che vannodall’ambient alla techno, dal dub al rock, aljazz fino alla jungle.Arezzo GIOVEDI' 5 LUGLIO (PARCOVIA ALFIERI)Monfalcone (Go) VENERDI' 6 LUGLIO(LIDO DI MARINA JULIA)

AfterhoursTorna dal vivo con i brani del nuovolavoro, Padania, la rock band milanese.Bollate (Mi) SABATO 30 GIUGNO (VILLAARCONATI-FESTIVAL)Foresto Sparso (Bg) MERCOLEDI'4 LUGLIO (AREA FESTE VIA BONINI)Padova VENERDI' 6 LUGLIO (PARCHEGGIONORD STADIO EUGANEO-SHERWOOD FESTIVAL)

Il Teatro degli OrroriIl tour di presentazione dell'ultimo lavorodella band veneta, Il mondo nuovo.Albizzate (Va) DOMENICA 1 LUGLIO(VALLEY FESTIVAL)

SubsonicaLa band torinese impegnata nel tourestivo.Senigallia (An) SABATO 30 GIUGNO(FORO ANNONARIO)Pescara VENERDI' 6 LUGLIO (MARINA)Bagnoli (Na) SABATO 7 LUGLIO (ARENILE)

Offlaga Disco PaxIl trio reggiano torna con un Gioco disocietà.Acquaviva delle Fonti (Ba)

SABATO 30 GIUGNO (OASI SAN MARTINO)

Supersanto'sFestival indie a San Lorenzo. In cartellone:La Parola Persa e Mini K Bros (oggi), e poidal 2 in avanti St. Louis Gigs; Kurt Vile &The Violators; Marta sui Tubi; WoodenShjips; Reggae Circus, 42 Records Festivalcon I Cani, Colapesce, Criminal Jokers,Mamavegas, Strueia, Quartieri.Roma DA SABATO 30 GIUGNO A SABATO7 LUGLIO (PIAZZALE DEL VERANO)

Rome Live FestivalTra concerti all'interno e all'esterno, laline up del festival: Boom Da Bash(stasera), Mando Diao (domani), TwoWounded Birds (il 6 luglio).Roma SABATO 30 GIUGNO, DOMENICA 1E VENERDI' 6 LUGLIO (ATLANTICO LIVE)

Rock in RomaIl festival capitolino propone i live diRadiohead (oggi, sold-out), Deadmau5 (il2 luglio), Snoop Dogg + Cut Killer (il 3),Negrita (il 5), Boys Noyze (il 7).Roma DA SABATO 30 GIUGNO A SABATO7 LUGLIO (IPPODROMO DELLE CAPANNELLE)

Roma incontrail mondoNell'ordine: Rosalia De Souza; Incognito;Kocani Orkestar meets Paolo Fresu &Antonello Salis; Kusturica & No SmokingBand; Paola Turci; Petra Magoni &Ferruccio Spinetti; Criolo; Ardecore + IlMuro del Canto + Banda Jorona in

INCONTRI ■ L’EX LEADER DEGLI ESTRA

Lo strano mondodi quelli «Dallaparte del torto».Torna Giulio Casale

RITMI

ON THE ROAD

LA SEPPIASTIRACCHIATA

di GUIDO MARIANI

Una volta era noto con il soprannomedi «estremo», Giulio Casale. Al tempoguidava la rock band degli Estra.Erano gli anni ’90 e i gruppi italianidovevano scegliere se rimanere fedelia loro stessi e faticare, rischiandol’estinzione, o ammiccare alle regoledi un mercato che si apriva al rocknostrano, ma che chiedeva una certadose di compromessi. Gli Estrascelsero la prima strada e oggi nonesistono più. Giulio Casale haintrapreso successivamente unpercorso artistico ricco e sfaccettatoche lo ha visto approdare allacanzone d’autore, al teatro, allapoesia, passando per Giorgio Gaber,per Jack Kerouak, per FernandaPivano. Ha messo in scena Pollid’allevamento, ha rielaborato ilteatro-canzone, ha scritto un saggiosu Jeff Buckley. Insomma una carrieraDalla parte del torto, citazione diBertolt Brecht e slogan caro ai lettoridel manifesto, diventato il titolo delsuo nuovo album. Un disco che lovede tornare a frequentare sonoritàpiù rock ma che rappresenta, più cheun ritorno alle origini, un puntod’approdo dove confluiscono anni diesperienze e di scelte artisticheorgogliosamente «sbagliate».●«Dalla parte del torto», più cheuna citazione sembra ormai unabandiera corsara che ti accompagnafin dai tuoi esordi con gli Estra…Di quella scena molto ricca, a parteun paio di eccezioni, oggi non èrimasto più niente. Né gli artisti, nél’industria discografica che si è resaresponsabile del proprio suicidioinseguendo un famigerato «grandepubblico» e chiedendo agli artisti dirinunciare a se stessi. Il primo albumdegli Estra si intitolava Metamorfosied esprimeva il desiderio di nonfermarsi, di non ripetersi, non citarsiaddosso. È un impegno che homantenuto. Questo album arrivadopo sette anni in cui ho scelto dinon fare dischi perché ho deciso, purrimanendo sempre un interpretemusicale, di ricercare in altri campicome il teatro e la letteratura. Fapiacere a tutti essere apprezzati eammirati, ma il prezzo non puòessere allontanarsi da se stessi. Ora hosentito il bisogno di tornare a incideree l’ho fatto con queste canzoni scrittein pochi mesi e in cui ho cercato ditenere insieme un po’ tutte le mieesperienze.

●Un disco disincantato, che rifletteamaramente sulla società di oggi,

ma anche che si apre alla speranza.Per me è indispensabile prefigurarequalcosa d’altro, mantenere unosforzo utopico di fronte a questodisastro culturale a cui stiamoassistendo. A livello formale hocercato di puntare sulle canzoni. Neldisco ho riportato una dedica «Mipare che siamo rimasti in pochissimia credere nella canzone. L’album èdedicato a quei pochi. Dalla partesbagliata». Sono figlio di grandicanzoni e oggi le vedo umiliate,mercificate, usate come semplicesottofondo. Non ci vedo più la vogliad’utopia, il coraggio della lotta. Anchegrazie al produttore Giovanni Ferrario(ha lavorato con Pj Harvey, JohnParish, Morgan, Scisma ndr) abbiamocercato di lavorare sulle armonie esugli arrangiamenti, non rimanendoprigionieri della semplice melodia,ma mantenendo una ricerca deisuoni. Una volta Einstein disse «tuttodeve essere semplice quanto si può.Ma non di più».

●Il mercato discografico in Italia èmorto, ma il pubblico per fortuna,ancora no. Tra teatro musica e altreesperienze sei riuscito a identificareoggi un «tuo» pubblico?Innanzitutto direi che fare un discooggi è già un altro modo di stare dallaparte del torto, neppure gliappassionati vanno più nei negozi. Idischi non sono più fonti diarricchimento, di reddito, ma è unmodo per esprimere le proprie idee.Quando queste ci sono. È la lezione diDe Andrè, «quando hai qualcosa dadire gli dai la forma». E il disco deveessere una testimonianza di questo,con un lavoro in studio diregistrazione che riesca a dare laforma migliore possibile, dare corpo

nel migliore dei modi alla volontà diesprimersi. Il rapporto con il pubblicoè soprattutto nelle esibizioni dal vivo.Una delle tante scommesse di questenuove canzoni è la doppia veste in cuivengono presentate: in untradizionale concerto e in unospettacolo teatrale. Al classico tour neiclub ho affiancato uno spettacolo di«prosa cantata» («La febbre», giàpresentato a Milano e dall’autunno inaltri teatri ndr) in cui le canzonidiventano anche storie. La musica è lastessa così come la band. Cambiano ilinguaggi e i luoghi. Oggi ritengo che ilmio pubblico sia molto eterogeneo, acavallo tra musica e letteratura.Purtroppo è un pubblico in cui cisono forse pochi giovani,probabilmente a causa della miascarsa esposizione mediatica. Io nonho mai concepito un target per il miolavoro, non amo le gabbie. Però vedoche in Italia ci sono ancora moltoghetti, molti circoli chiusi, dai media

alla stessa musica alternativa italianache parla spesso di sé e tra sé. Quellocon i giovani, con gli universitari è undialogo che però mi sforzo sempre dicoltivare.

●Hai cantato anche per i ragazzi diMacao, sgomberati dalla TorreGalfa di Milano che hanno tentatodi trasformare dopo anni diabbandono in un centro culturale.Che cosa condividi di questoprogetto?La sensazione che c’è unevidentissimo tramonto di unmodello politico, culturale,economico. Che sia finita un’epoca.Stiamo vivendo un’assenza dipolitiche culturali e da venti,trent’anni si assiste alla terrificanteidea che la cultura sia un benesuperfluo. Questo può forse esserevero di fronte ai bisogni primari, mal’assenza di cultura ammazza ilsogno, la speranza. Milano un anno faha vissuto l’utopia di un grandecambiamento. In alcuni ambitiquesto cambiamento si è notato. Mala cultura continua ad avere il fiatocorto. L’avventura di Macao si innestasulle esperienze del teatro Valle aRoma o del teatro Coppola a Catania,c’è la volontà di trovare una propostanuova. A Milano la giunta Pisapia hacercato di aprire un dialogo che sperosia destinato ad avere esiti virtuosi.Ho visto tra i giovani di Macao anchequalcuno non molto disposto adialogare, ma lo ritengo unatteggiamento inevitabilmente fruttodi una lotta.

●Che cosa rimproveri alla società incui vivi?Di sicuro mi fa riflettere il fatto chesiamo in preda all’avidità,all’egoismo, alla brama di potere, didenaro, di sesso. Ho sentito il doveredi dirlo, non so se è un messaggio cheattira le folle, ma è una cosa chepercepiamo in tanti. Come cerco dispiegare nella canzone La febbre,questo è il nostro tempo, nonpossiamo lasciarlo agli squali. Direiche in questi brani ho cercato nonsolo una riflessione interiore, ma diparlare anche di persone, raccontarestorie che poi prendono forma nellospettacolo teatrale. In Personaggiocomune parlo di un uomo medio chesi sorprende di come «in questoinferno ci sia aria da respirare». InSenza direzione racconto la storia diNina, giovane vittima di un abuso chedecide di scappare.

Il cantautore Giulio Casale, ex leader degli Estra

PRAIANO (SALERNO)Da ArmandinoVia Marina di Praia, 1 Praiano (Sa) (tel. 089874087). Studiate il calendario, identificandola notte in cui l’emisfero lunare illuminatodal sole risulta interamente visibile dallaterra. Poi prenotate un tavolo, di quelli conpiedini quasi a mollo, in questo piccoloborgo marinaro della costiera amalfitana.Lontani dagli schiamazzi di Positano,scendendo giù a piedi verso l’acqua che siinsinua tra le rocce, Armandino e consortevi accoglieranno con garbo. Si mangiasecondo il pescato di giornata. Spaghetti conle vongole, tubetti con i totani, risotto aifrutti di mare oppure (delicatissimo) allimone, pesciolini grigliati, dolci tutti fatti incasa, come anche i doverosi ammazza caffè.Incorniciati da una scogliera, in mezzo aonde dal ritmo anarchico, storditi daun’atmosfera di placido godimento,prenderete le distanze dalle brutture delmondo. Ma, avverte Mina, «l’estate somigliaa un gioco, è stupenda ma dura poco…».Bonus: la posizione, al centro di suggestivifiordi mediterranei. Malus: porzioni nongenerosissime data la spesa. Voti: cucina 7;ambiente 8; servizio 7.ROMAEatalyAir Terminal Ostiense, piazzale XII Ottobre1492 (Tel. 06 9027920). Atteso come ilSalvatore, ecco finalmente sbarcare a Romala creatura di Oscar Farinetti, infaticabilemacinatore di Eataly, da Torino a NewYork, da Milano a Genova. I suoisupermercatoni gourmet sono un piccoloparadiso per gli appassionati di cibo e vino.Ci si può accontentare di uscirsene carichidi cibo, uno strolghino, una sbrisolona, unarobiola di roccaverano, una terrina alBarolo. E poi birre artigianali e vini di qualitàa volontà. Ma ci può anche fermare amangiare: ci sono 14 tra ristoranti, bar epunti ristoro. Tra i migliori, la friggitoria diPasquale Torrente e il ristorante di AnnaDente dell’Osteria di San Cesareo (ognimese sarà ospitato un ristoratore di qualitàdella zona). Per chi vuole carne, bisognaandare al secondo piano, dove c’è ilristorante della Granda, associazione diallevatori di bovini di razza piemontese. C’èanche il pesce, ovviamente, in arrivo daAnzio, Fiumicino e Gaeta. In programmaalcuni concerti di musica italiana: da Vivaldi aDe Andrè (immaginiamo non sarà cantataMastico e sputo). Bonus: la massima qualitàper il massimo dell’offerta. Malus: vietatoguardarsi intorno, uscendo dal paeseincantato di Eataly: fuori c’è il Paese reale,fatto di roulotte, sterpaglie e un certosquallore che non fa onore al Comune.Voti: cucina 8; ambiente 8; servizio 7.ROMANo AuPiazza di Montevecchio 17. Apre mercoledì4 luglio e tra i proprietari: il re della pizza aRoma Gabriele Bonci, Teo Musso dellabirreria Baladin e Leonardo di Vincenzo delBirrificio del Borgo. Il No Au prenderà ilposto del « locale giovane» Société Lutèce eavrà una formula particolare: niente cucina,ma solo forno e microonde. Si mangerannobruschette, panzanella, panini gourmet,seppie (stirate con il ferro da stiro…), zuppadi pesce al microonde. E poi cozze, birraartigianale e champagne. Il tutto sopra lerighe, bizzarro. Se vogliamo, anche un po’fighetto e modaiolo. Confidiamo su qualitàdelle materie prime e competenza deigestori. Bonus: lo stile retrò, un po’ anni’90. La colonna sonora ideale? BruceSpringsteen in loop. Malus: l’eccesso distravaganza. Voti: da provare sul posto.

www.puntarellarossa.it

Un nuovo lavoropensato per i clube per il teatrodopo sette annidi silenzio.«I dischi non sonopiù fonti di redditoma un modoper esprimerele proprie idee»

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(13)ALIAS30 GIUGNO 2012

rivolge a chi, per motivi di studio o lavoro(scrittori, traduttori, giornalisti, addettistampa, pubblicitari ma anche scienziati,tecnici e giuristi) ha la necessità di trovarele parole e le locuzioni giuste al momentogiusto. La presentazione serve, invece, aconfermare che proprio la caoticitàdigitale continua a sollecitare punti diriferimento e mappe per orientarsi epercorrere i territori. La rivincita delcartaceo.

Mamma Roma Addio.Roma DA SABATO 30 GIUGNO A SABATO7 LUGLIO (LAGHETTO DI VILLA ADA)

Roma VintageIl calendario dei concerti: Toro y Moi +Kaki King (il 2); dEUS (il 5); 2:54 (il 7).Roma LUNEDI' 2, GIOVEDI' 5 E SABATO7 LUGLIO (PARCO SAN SEBASTIANO)

Sherwood FestivalLa ormai storica rassegna indie padovanaha in programma: Josh Wink e altri (oggi),Tre Allegri Ragazzi Morti (il 4 luglio),Afterhours (il 6), Aucan + LN Ripley (il 7).Padova DA SABATO 30 GIUGNO A SSABATO7 LUGLIO (PARCHEGGIO NORD STADIO EUGANEO)

KappaFuturFestivalIl festival vedrà la presenza comeheadliner di Deadmau5, Fat Boy Slim, CarlCox e John Digweed e molti altri ospiti.Torino SABATO 30 GIUGNO E SABATO1 LUGLIO (PARCO DORA)

I Suoni delle DolomitiPrimi appuntamenti con il festival trentino.Si parte con Malika Ayane (oggi, ore 14,Rifugio Micheluzzi, Val di Fassa), siprosegue domani con vari Cori perDolomiti d'InCanto (varie sedi), ItalianSaxophone Quartet (il 4, Rifugio SanPietro, Tenno, Monte Calino), FanfaraTirana (il 6, Busa di Grual, Val Rendena,Doss del Sabion), Quintetto dell'Opera diMilano, Banda Sociale di Tesero (il 7,Passo Lavazé, Val di Fiemme, Latemar).

Dolomiti DA SABATO 30 GIUGNO A SABATO7 LUGLIO (VARIE SEDI)

Luglio suona beneLa rassegna estiva del Parco della Musicaha in cartellone: Vola Vola Vola-Orchestra Popolare Italiana di AmbrogioSparagna con Francesco De Gregori(oggi), Cranberries (il 2), Joan Baez (il 6),Morrissey (il 7).Roma DA SABATO 30 GIUGNO A SABATO7 LUGLIO (AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA)

GruVillageIn programma: Marcello Sutera Project(oggi), Spyro Gyro (il 3), Take 6 (il 4),Enrico Pieranunzi + Sylvain Luc (il 5), FourCrackers + Kelly Joyce (il 6), Incognito (il7).Grugliasco (To) DA SABATO 30 GIUGNOA SABATO 7 LUGLIO (SHOPVILLE LE GRU)

Dancity FestivalUna rassegna dedicata alla dance eall'elettronica. In campo nelle due serateVladislav Delay (che il 7 sarà al South Parkdi Milano), Giovanni Guidi, Ital, MariaMinerva, Stellar OM Source, Zavoloka.Foligno (Pg) VENERDI' 6 E SABATO7 LUGLIO (DANCITY)

Grazie a dio è lunedìRassegna di inizio settimana... Con HotChip, Kurt Vile & The Violators, Dry theRiver, Breton.Segrate (Mi) LUNEDI' 2 LUGLIO(MAGNOLIA)

Hydrogen FestivalSul palco questa settimana Joan Baez (il 4)e Billy Idol (il 7).Piazzola sul Brenta (Pd)MERCOLEDI' 4 E SABATO 7 LUGLIO (ANFITEATROCAMERINI)

Era...Spaziale FestivalMoltissimi artisti per la rassegna estivatorinese, spiccano: Breton, Kurt Vile &The Violators, Stealing Sheep (il 5), TreAllegri Ragazzi Morti (il 6), Linea 77,Management del Dolore Post-Operatorio,Ronny Taylor (il 7).Torino DA GIOVEDI' 5 A SABATO 7 LUGLIO(SPAZIO 211)

Villa Arconati FestivalIn programma Afterhours (oggi),Ludovico Einaudi (il 2) e Erykah Badu (il7).Bollate (Mi) SABATO 30 GIUGNO, LUNEDI'2 E SABATO 7 LUGLIO (VILLA ARCONATI)

Heineken Jammin'FestivalGiornate piene di rock con: Pitbull, EnterShikari, Noel Gallagher, Red Hot ChiliPeppers (il 5); Chase & Status, Feeder,Lostprophets, Evanescence, Prodigy eGorillaz Soundsystem (il 6); TheParlotones, New Order e The Cure (il 7).Rho (Mi) DA GIOVEDI' 5 A SABATO 7 LUGLIO(ARENA CONCERTI FIERA)

Goa Boa FestivalLa rassegna ha in programma Ben l’Oncle

Soul e Brunori Sas (il 6), Balkan Beat Box,Almamegretta con Raiz (il 7).Genova VENERDI' 6 E SABATO 7 LUGLIO(ARENA DEL MARE PORTO ANTICO)

Peperoncino JazzLe prime date confermate dellamanifestazione vedono la Crystal WhiteBand, un Tributo a Duke Ellington e ilquartetto di Daniele Scannapieco.Calabria SABATO 30 GIUGNO E DOMENICA1 LUGLIO (VARIE LOCALITA')

Atina Jazz SummerLa prima sezione del programma(AtinaJazz al mare) offre GerardoCasiello, Giovanni Guidi e GianlucaPetrella e la P-Funking Band.Gaeta (Lt) SABATO 30 GIUGNOTerracina (Lt) DOMENICA 1 E SABATO7 LUGLIO

Südtirol Jazz FestivalAlto AdigeÈ iniziata il 29 giugno e arriverà all’8 lugliola manifestazione che anima l’Alto Adige,dalle cittadine ai rifugi alpini. Tra i moltiartisti il gruppo Encounter, Paolo Fresu,Ambrose Akinmusire, Simone Zanchini,Stefano Senni, Céline Bonacina Trio,Francesco Bearzatti, Louis Sclavis, MinafricOrchestra, Stefon Harris, David Sanchez,Nicolas Payton.Alto Adige DA SABATO 30 GIUGNOA SABATO 7 LUGLIO

Il ritmo della città

Tra gli appuntamenti di luglio il quintettodi D.D. Bridgewater (con Edsel Gomez,Craig Handy, Kenneth Davis e KennyPhelps) e un recital di Gioele Dixaccompagnato al piano da Marco DeGennaro.Milano LUNEDI' 2 E GIOVEDI' 5 LUGLIO(POLITECNICO, PARCO ALESSANDRINI)

Casa del Jazz FestivalLa manifestazione si apre con il gruppoTribe di Enrico Rava che vede GianlucaPetrella, Giovanni Guidi, GabrieleEvangelista e Fabrizio Sferra.Roma MERCOLEDI' 4 LUGLIO (CASA DEL JAZZ)

Pescara JazzPer i suoi 40 anni la rassegna pescarese siapre con il duo pianistico tra Chick Coreae Stefano Bollani. Il clou del festival tra il13 e il 15 luglio.Pescara GIOVEDI' 5 LUGLIO (TEATRO-MONUMENTO G. D’ANNUNZIO)

Umbria JazzPrime due giornate con jazzisti italianiquali Renato Sellani, Massimo Moriconi, iFunk Off, Stefano Mincone e FrancescoBearzatti. Appuntamento con il duo ChickCorea/Stefano Bollani e sempre di Bollanicon Hamilton de Hollanda. A Monk èdedicato il concerto di Stan Traceymentre iniziano le celebrazioni di GilEvans con la Ryan Triesdell Eastman JazzOrchestra.Perugia VENERDI' 6 E SABATO 7 LUGLIO(VARIE SEDI)

PASSATOPROGRESSIVO

A CURA DI ROBERTO PECIOLA CON LUIGI ONORI ■ SEGNALAZIONI: [email protected] ■ EVENTUALI VARIAZIONI DI DATI E LUOGHI SONO INDIPENDENTI DALLA NOSTRA VOLONTÀ

ULTRASUONATI DASTEFANO CRIPPAGIANLUCA DIANAGUIDO FESTINESESIMONA FRASCAGUIDO MICHELONEROBERTO PECIOLA

ADAM’S CASTLEVICES (Triple Down Records/5ive Roses)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Lasciati da subito in cantinachitarre e voci il trio di Detroit - maresidente da tempo a Brooklyn - Adam’sCastle (piano, basso e batteria) focalizzal’attenzione sull’insieme dei tre strumenti,su un unicum sonoro, che non mette inrisalto l’uno o l’altro, ma li tiene insieme asottolineare anche una mancanza dileadership. In un contesto tale è facilecomprendere come la base di partenza, edi arrivo, sia quella post rock, spuria peròdella vena cervellotica che a volteattanaglia il genere. (r.pe.)

JHEREK BISCHOFFCOMPOSED (Leaf/Goodfellas)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Basterebbero i nomi di alcuniospiti per far venire l’acquolina in bocca amolti. Tra questi David Byrne e CaetanoVeloso i più «eclatanti», ma scorrendo viavia le tracce di Composed, ultima opera diBischoff, si scoprono, ad esempio, CarlaBozulich, Zac Pennington (ParentheticalGirls), Mirah e Dawn McCarthy (FaunFables). Vero che la presenza di tantiospiti non sempre è indice di qualità, maqui non è altro che un cadeau vocale (enon) a brani nati da un ukulele e poimagistralmente arrangiati. Pop orchestralead altissimo potenziale. (r.pe.)

CAROLINA CHOCOLATE DROPSLEAVING EDEN (Nonesuch)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Non prendono il massimo dei votisolo perchè c'è una solo traccia autografasu quindici. Country Girl è scritta daRhiannon Giddens, ed è probabilmente ilbrano migliore dell'intero lavoro.L'ennesimo per il combo che mosse iprimi passi con Music Maker ReliefFoundation. Canzoni di altri, riarrangiate emeravigliosamente riproposte, questol'unico limite dei Carolina ChocolateDrops. Di cui sembra diventata titolareproprio la cantante nonché suonatrice dibanjo. Senza togliere nulla ai sodali, lei è lastella. (g.di.)

DISAPPEARSPRE LANGUAGE (Krank/Self)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Tostissimi operai della musica, ilquartetto di Chicago esordisce nel 2008in pompa magna grazie alle belle parole diPitchfork, la voce severa dell’alt rock natoin quella splendida città culla dell’indierock più ruvido che ci sia al di làdell’oceano. L’iconografia ufficiale liimmortala a muso duro, luce in macchia,dietro di loro spinge la migliore storia delnoise (Steve Shelley dei Sonic Youth è ilmotore ritmico della band) e dellopsych-garage con badilate di riverberi,delay e distorsioni. Per parafrasare iltitolo, prima del linguaggio verbale c’eranosuoni scomposti e fonemi graffianti macerto anche dopo. (s.fr.)

Prog-Una suite lunga mezzo secolo(Arcana, 24 euro, 352 pagine) è il libro chemancava sul rock progressive. L'autoreDonato Zoppo afferma nella premessache, con il suo interessantissimo saggio, «sipone l'obiettivo di illustrare il progressivedalle origini a oggi nelle sue caratteristicheprincipali e nell'attività dei massimirappresentanti, con un taglio introduttivoe generalista, da manuale, se preferite». E ilcritico, che ha già scritto numerosi libri sualcuni gruppi o personaggi del prog rockcome la PFM (l'ottimo saggio PremiataForneria Marconi 1971-2006/35 annidi rock immaginifico), è riuscitoperfettamente nel suo intento. Zoppoesplora il fenomeno partendo dalle sueorigini con i Beatles, Frank Zappa, i ProculHarum, i Pink Floyd e l'uscita di In theCourt of Crimson King, l'albumrivoluzionario dei King Crimson, checambiò radicalmente il modo di intendereil rock. L’Inghilterra ha dimostrato allora lapropria capacità di superare laforma-canzone per aprirsi alla classica, alfolk e anche all’elettronica. Scrive RayThomas, il cantante e flautista dei MoodyBlues, nella prefazione del libro: «Fuun'epoca davvero entusiasmante con ifantastici dischi prog rock di gruppi comeKing Crimson e Genesis, anche le radio sistavano affrettando a cambiare i formatper trasmettere questa musica che avevacompletamente rotto le regole ». E anchegli Yes, Jethro Tull, Emerson Lake &Palmer, Gentle Giant, Soft Machine e VanDer Graaf Generator si dedicheranno allenuove sonorità immaginifiche. Ma non saràsolo un genere musicale inglese. Zoppo cimostra come il prog abbia valicato i confinie sia diventato un fenomeno tedesco,italiano, francese, olandese, belga,scandinavo, iberico, sovietico, canadese,sudamericano e giapponese. Raccontadella sua morte verso la fine degli anniSettanta, quando il genere lasciò il postoalla musica punk e alla disco music, e dellasua rinascita, fino al revival odierno, che havisto fiorire diversi nuovi gruppi di rockprog. Conclude il volume una bibliografia,una sitografia e soprattutto una discografiacronologica dettagliatissima. Imperdibile.

¶¶¶DI TUTT'ALTRO tipo è invece il libroscritto dal cantautore toscano Don Backy,Storia di altre strade (1980-1989)(edizioni Ciliegia Bianca, 30 euro, 285pagine), il terzo volume di Memorie diun juke-box, la sua autobiografia, che ciillustra altri dieci anni della sua vita. Scrivedella commedia musicale Teomedio diFabio Storelli e di Marco Polo di Conte eLuzzati, per le quali ha realizzato lemusiche e le canzoni. Racconta diClanyricon, la storia del Clan a fumetti cheha disegnato nel 1984. Gustose esperienzemusicali e para-musicali che continuano adipingerci il personaggio libro dopo libro.Divertente.

Trombe, tromboni, flicorni: molteeccellenze transitano per le campaned'ottone degli strumenti, in Italia. A voltesono veterani, a volte giovani talenti cheraccolgono il testimone e lo portanoavanti, ma è una gioia, sempre, ascoltare cdche rimandano del jazz italianoun'immagine per nulla toccata dalla crisiche sembra tutto incupire. Padre e figlio,Dino e Franco Piana, due colonne deljazz: rispettivamente trombone a pistoni etromba firmano con Seven (Alfamusic/Egea) un piccolo capolavoro del jazzmoderno. Facendosi aiutare da maestrinavigati e nuovi, scattanti talenti. Ci trovateEnrico Pieranunzi, Roberto Gatto, FabrizioBosso, Max Ionata, Luca Mannutza,Giuseppe Bassi, Enrico Rava. Bosso ritorna,assieme ai compagni di strumento DinoRubino e Giovanni Falzone nell'eccellenteColtrane Project (Abeat Records) propostodal Riccardo Fioravanti Trio, in cui,oltre al contrabbassista, trovate vibrafonoe marimba di Andrea Dulbecco e lachitarra di Bebo Ferra. Dino Rubino èospite anche in Braintrain (Jazzy Record/Egea), splendido progetto tutto siciliano diSalvatore Pennisi e GiuseppeMirabella. (Guido Festinese)

L’attuale canzone portoghese è notasoprattutto per le voci femminili da Misiaa Mariza, da Ana Moura a Dulce Pontes,da Mafalda Arnauth a Cristina Branco, cheriprendono spesso, aggiornandole, leantiche tradizioni popolari. Capostipite diquesto revival è la vocalist dei MadredeusTeresa Salgueiro che da tempo halasciato il gruppo per ambiziosi progettisolisti, salvo tornare ora, con O mistério(Sud Music/Egea), a un album cantautoralevicino alle sonorità crepuscolari chel’avevano resa celebre nel mondo.Decisamente «fadista» è Carla Pires conRota das paixões (World Village): vocalistpotente - non a caso recita AmaliaRodriguez a teatro - e qui al primo cdinternazionale per confermare la tendenzaa modernizzare l’antico, aggiungendopianoforte, fisarmonica, percussioni aiclassici strumenti a corda in un repertoriooriginale con qualche rimando storico.Anche Claudia Aurora da Oporto conSilêncio (Harmonia Mundi) registra, informazione mista, con sapori romantici, ilprimo autentico album di fado inInghilterra a sessant’anni dalle incisionidella Rodriguez nei mitici Abbey RoadStudios. (Guido Michelone)

JAZZ ITALIA

Fiato alle trombe,il futuro è d’ottone

TRIBUTI

Beatles soul,ecco il tributo

FADO

Teresa Salgueiro,la misteriosa

INDIE ELECTRO

Alle calcagnadei Poliça

OTTAVO RICHTERUNA BELLA SERATA (Egea)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ I milanesi L. Macchia, R. Kohler, D.Mamone, A. Sicardi, M. e P. Xeres,all’esordio, hanno il suono di una brassband e l’energia di un gruppo funky: inmaniera originale su tredici brani autografi(più la cover di Parlami d’amore Mariù) ilsestetto - tra S. Jones, Banda Osiris, W.Breuker, Shadows - produce un jazzvivace, autoironico, divertente, intriso diswing, calore, ritmo. Una maniera ancheblack di affrontare la musica improvvisata,com’è raro oggi in Italia. (g.mic.)

SANTANASHAPE SHIFTER (SonyMusic)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Con Supernatural - anno 1999 -aveva detto tutto. Certo, canzoni moltocommerciali ma costruite con puntiglio eaffidate a interpretazioni perfette.Evidentemente non pago delle vagonate didischi venduti, Santana ha proseguitoallegramente a disseminare raccolte tutteperfettamente inutili. Non fa eccezionequesta Shape Shifter, tutta strumentale, mail cui livello di ispirazione è pari a zero.Alla seconda traccia ci si assopisce. Ecco,come narcolettico è perfetto. (s.cr.)

UNIVERS ZEROHERESIE (Cuneiform)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ È quasi una contraddizione intermini che il master analogico di questosplendido disco dei belgi Univers Zero(1979) sia stato ripulito e schiarito neisuoni. Perché ragion d’essere del micidialegruppo avant rock è quella di produrreuna miscela sonora inquietante, riccatimbricamente, ma sempre spinta in terredi nessuno di assoluta tragicità. Con oboe,fagotto, harmonium, viola e strumenti«rock», il gruppo raggiunge qui vette dicupezza difficilmente scalabili. (g.fe.)

A dare nuovo senso e vitalità alla cosiddettaindietronica ci prova un combo con base aMinneapolis che fa capo alla vocalist ChannyLeanagh, già con i Gayngs, e che risponde alnome di Poliça. Si presentano con Give Youthe Ghost (Memphis Industries/Self), ed è undebutto con i fiocchi. Undici brani, molti deiquali da sentire e risentire, per gustaremelodie e ritmiche, che ne fanno un cocktailin parti uguali di dream pop e electrowave,con piccole ma essenziali dosi di r’n’b.Electropop è anche il campo in cui simuovono i newyorkesi Bear in Heavenche con I Love You, It’s Cool (Dead Oceans) sipresentano per la terza volta sul mercato.Le suggestioni sono molte, e quasi tuttevanno indietro nel tempo, agli anni ’80,come, vuoi per il timbro vocale, vuoi perun’attitudine «dance», The Reflection of You,che ci riporta alla mente i primi (e migliori)Pet Shop Boys. Qua e là sentori di Tears forFears e Yazoo, per un gustoso lavoro chescavalca le mode. L’elettronica è solo unodegli elementi, troppi e non sempre benassortiti, di una band da Athens, Georgia: iReptar. L’esordio Body Faucet (LuckyNumber/Coop Music) spazia tra afro etribal pop, electro e funk senza però lasciaretracce. Sarà per la prossima. (Roberto Peciola)

L'ennesimo tributo ai Beatles potrebbepassare in secondo piano se non fosse chearriva da una delle voci indimenticabili delsoul anni ’70, Roberta Flack, che ha sceltoalcune perle estratte dal songbook delquartetto per riproporsi dopo otto anni.Con l'aiuto di musicisti e arrangiatoriall'altezza (S. Burnes, B. Miles) in Let it Be(Sony/Atv), riprende In My Life, I Should HaveKnown Better e pezzi più celebrati come HeyJude. Ma al cuore arriva soprattutto Here,There and Everywhere, una live version allaCarnegie Hall ripescata dal 1972. Superbochitarrista, Larry Carlton mette mano inPlays the Sound of Philadelphia (Irs/Egea) aldecennio mirabile del Philly Sound e dipenne del calibro di Gamble e Huff, Warnere Tamerlane. Ma trattate in punta distrumento e con troppa eleganza, Could it BeI'm Falling in Love, Back Stabber, You Make MeFeel Brand New, alla fine risultano stucchevoliperdendo l'originale incisività. Björk jazz?Benemerito autore del «sacrilegio»l'armonicista Max Aloe che con il suoquartetto rivolta in Björk on the Moon(Abeat) come un calzino 8 composizionidella signora dei ghiacci, aggiunge 4 inediti«in atmosfera» e ne coglie perfettamente lavena melanconica. Ottimo. (Stefano Crippa)

DI GABRIELLE LUCANTONIO

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GEOPOLITICA DEL CALCIO

Dai generalia Yanukovich.Silenzio stampa

di MASSIMILIANO TORTORA

●●●Buenos Aires, 25 giugno 1978,finalissima dei Mondiali traArgentina e Olanda. Sono passaticirca venti secondi dal novantesimo,quando Rob Rensenbrink trasformaun innocuo calcio di punizionelanciato dalla propria metà campo inun assist perfetto: buca la difesaavversaria, scarta Fillol, e calcia unsinistro di chirurgica precisione.Palo. Il sogno di Krol e compagni siinfrange, e l’Argentina di Passarella,grazie ai guizzi di Kempes e Bertoninei supplementari, diventacampione del mondo. Si tratta delquasi gol più famoso della storia delcalcio, perennemente rievocato ericordato allo stesso protagonistache, esausto ed estenuato dall’eternadomanda («Cosa sarebbe successose…?»), laconicamente risponde: «Erwas geen kans». «Non c’era alcunapossibilità».

Perché quello del ’78 è il Mundialdi Videla e della sua giunta militare,che trovano nel trionfo calcistico ilproverbiale oppio con cui assuefareun popolo già stremato eaccondiscendente di suo, piegato adun consenso che non poteva nonessere espresso. Ma il Mundial è perla junta anche l’occasione diaccreditarsi all’estero, piegando unastampa, soprattutto europea, chedava credito al rapporto di AmnestyInternational (fresca di Nobel einserita da Videla nella lista delleassociazioni straniere sovversive) inbase al quale in Argentina c’erano già15.000 scomparsi, 10.000 prigionieriillegali, torture ed assassini. Lacomplessa e attenta macchinaorganizzativa, affidata a un’agenziapubblicitaria statunitense, riuscì aripulire l’immagine argentina, eanche chi come Le Monde e LeFigaro aveva sostenuto ilboicottaggio, finì per ricredersi,compiendo significativi passiindietro. Ma a fronte di tantoimpegno, non tutti si allinearono,cogliendo nel Mondiale la possibilecassa di risonanza per denunciare icrimini contro l’umanità di Videla: latelevisione olandese, ad esempio,preferì mandare in onda un serviziosulle madri di Plaza de Mayo invecedella cerimonia di apertura, mentrela National union of journalist (il

sindacato dei giornalisti inglesi)stampò un macabro ed ironicoopuscoletto con le frasi spagnole daconoscere assolutamente a Baires(«Potete restituire il corpo alla miafamiglia, per piacere?», «Contattatel’ambasciata del mio paese percomunicare il mio luogo direclusione», «Smettete ditorturarmi»).

La stampa italiana non sicontraddistinse particolarmentenella campagna antiargentina del’78, ritenendo forse di aver già fatto ilsuo due anni prima, in occasionedella finale di Coppa Davis in Ciledisputata da Panatta e Zugarelli (ma

Pinochet riempiva gli stadi diprigionieri e li mostrava al mondo,mentre Videla li faceva sparire,gettandoli vivi in pieno Oceano).Sfogliando le pagine sportive di quelgiugno, anche di quei giornali cheattaccavano pesantemente il regime(la Repubblica ad esempio), siregistra un silenzio, che oggi, nonsenza troppa severità, verrebbe dadefinire complice: il Corriere dellaSera, all’epoca massicciamenteinfiltrato dalla P2, era di fattoimmobilizzato (Licio Gelli seguiva lepartite in tribuna accanto a Videla),l’Unità preferiva parlare di PaoloRossi (complice anche un’attenzione

all’URSS, che nel Sudamerica fascistacomprava grano) e le altre testate silimitavano alla cronaca calcistica, inbase al principio che lo sport nonc’entra nulla con la politica.Nemmeno il formidabile Arpino (ilpadre di Azzurro tenebra), inviatod’eccezione per La Stampa (ma nonsi devono dimenticare gli interessiFIAT in Argentina), si lasciò andare aconsiderazioni politiche: sì certo,come suo costume travalicò l’aspettomeramente sportivo, ma solo perriferire della cucina sudamericana(«mi scappello davanti alle bistecche,faccio profondi inchini alle mele, ilcui profumo ignoravo da trent’anni»;

e anche alla «panqueque, una speciedi frittata di mela coperta zuccherocaramellato»), del casinò «più grandedel mondo» di Mar de Plata(«mancano sedie, gentilezza da partedei manovratori del gioco, mancauno stile evidentemente nonindispensabile»), e di altre «cose cheincantano: le caracoles, cioè leconchiglie. Tra le più belle delpianeta». Non solo, ma l’Argentinavenne rappresentata da Arpinoanche come un paese cordiale eridente, tanto più per gli italiani, chetrovavano compatrioti emigrati,pronti a salutarli calorosamente: «Èbellissimo il modo in cui giornalistiitaliani e abitanti argentini di ognicondizione entrano in colloquio:ogni tanto ciascuno scopre lontanimodi dialettali, dal triestino alpiemontese e parole entrate nelgergo comune»: una nazioneinsomma ospitale e accogliente (perquanto abbia ispirato, ricordaproprio Arpino, La cognizione deldolore a Gadda). E l’esercito? C’eraanche questo, è vero, ma in manieratale da poter essere derubricato apoco più di un elementofolcloristico, e delegato all’immaginedi «un sergente dell’esercito, moltogentile ma inflessibile. È anziano, haun viso ritagliato nel cuoio, dapiccolo John Wayne o da oscuro eroedi film bellici degli Anni Cinquanta».

Eppure, e si sarebbe ingiusti a nonricordarlo, non tutti stettero nel coro.Ci fu anche chi decise di raccontareil Mundial in un altro modo, e senzaper questo rinunciare all’elementosportivo. Se Gianni Perrelli, dalle

colonne de L’Europeo, fu perentorionell’avvertire che la manifestazionesi svolgeva «negli interessi dellagiunta militare» (nel suo primoarticolo sui campionati scrisse: «cheil Mundial sia soprattutto un fattopolitico lo sanno tutti»), Gian PaoloOrmezzano, direttore di Tuttosport,non esitò a indicare sin da subitoquale sarebbe stata la linea del suogiornale: il 31 maggio 1978, allavigilia dell’inaugurazione, riportòintegralmente il comunicato dellaFNSI, in cui si invitavano i giornalistia non dimenticare i 29 colleghi uccisie le 70 testate chiuse, e soprattutto anon focalizzarsi solo sull’eventocalcistico. Tuttosport mantennel’impegno preso: quasi tutti i giorni,negli editoriali del direttore, cosìcome nelle corrispondenze diCaminiti e di Baretti, venneroriportati piccoli eventi di vitaquotidiana attraverso cui denunciareil regime sanguinario di Videla. Già il27 maggio si narra di comel’ambasciatore italiano Carrara(quello che sbarrò le portedell’ambasciata per non avererifugiati) venne convocato da Lupizperché le agenzie turistiche italianefornivano ai viaggiatori «un dépliantcontenente dati falsi, di fortecontenuto sovversivo». (ossia leinformazioni sulla violenza); l’11giugno si ridicolizza il regime peraver ritirato dalle edicole Annabellaper un articolo ostile a Videla; il 15giugno Ormezzano si scaglia controla junta che voleva un minuto disilenzio per una vittima militare didue anni prima, mentre nella pagina

Un confronto tra la coperturamediatica dei mondiali argentinie quella degli europei in Ucraina.Per scoprire che spesso su certitemi i giornalisti sportivipreferiscono non impicciarsi

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INTERVISTA

a fianco Caminiti riporta fedelmentele parole di un giovane, che raccontagli omicidi commessi dagli uominidelle Falcon, e accusa «la casta deimilitari che può tutto, che vivebene»; il 18 giugno ancora Caminitiparagona la passione calcistica diVidela a quella di Mussolini nel ’34;mentre costantemente vienerammentata la presenza massiccia eminacciosa dei militari nelle strade(anche con esiti tragicomici: PaoloConti che sgattaiola dal controllo eva a trovare un amico avvocato, ilquale viene poi fermato e duramenteinterrogato per due ore sulcontenuto della conversazione avutacon il calciatore).

Insomma la non ambiguaposizione politica assunta(intrecciata peraltro con il sarcasmocontro il presidente della Repubblicadimissionario Leone) permette aOrmezzano, alla fine del Mundial, ditirare benevolmente le orecchie aicolleghi: «Tante troppecorrispondenze hanno riportatodell’Argentina un’immagine tuttosommato simpatica tranquillaefficiente, gente cordiale e capace diessere felice, andando in piazza afesteggiare la vittoria della suasquadra. Profondo senso della

bandiera, diciamo pure della patria.Ordine, serenità. Sì, qualcheproblema economico, ma chi non neha? Il tutto è avvenuto, sia chiaro,con piena buona fede da parte deigiornalisti, che magari erano partitiper scrivere lancinanti verità e chehanno finito per descrivere labellissima bistecca che hannomangiato» (24 giugno); «Videla havinto», deve pertanto ammetteresconsolato Ormezzano, senza peròtogliersi il gusto di ricordare a tutti:«noi abbiamo fatto la nostra scelta».

La storia cambia volti, contesti,personaggio e situazioni. Ma, almenonel breve-medio periodo, non ledinamiche. Non sono più icampionati del mondo ma quellieuropei di calcio che si svolgono inquesti giorni. E uno dei paesiospitanti non è più l’Argentinamilitare che fa sparire unagenerazione, dopo averla torturata eseviziatia, ma un’Ucraina che inmaniera più soft sbatte in galera illeader dell’opposizione JuliaTimoshenko, depura il campoannientando la cosiddettarivoluzione arancione, e sospendesine die, ma senza troppi clamori, ibasilari principi democratici.L’occasione calcistica, al pari di

quanto accadde nel ’78, è ghiotta:concedere al popolo un momento dieuforia e di riappropriazioneinnocua (anzi addirittura proficuaper il potere) della piazza, esoprattutto accreditarsi agli occhidella UE come paese efficiente edinamico, pronto ad entrare inSchengen. Per questo motivo,badando a tutti i particolari, siripuliscono anche le strade: del restogià Videla caricò i barboni del centrodi Baires per «alloggiarli» inmontagna; Yanukovich fa strage disangue dei randagi di Kiev. Non sipuò non essere solidali conanimalisti & co. sulla cruenta sortetoccata ai cani ucraini. Sorprendeperò che ad aver mosso l’opinionepubblica con mobilitazioni, firme eproposte di boicottaggio sia solo laquestione canina. Paradossalmentesono molti di più i capi di stato adaver posto il nesso campionatieuropei-diritti civili, dichiarando dinon presenziare, in segno diprotesta, a nessuna delle partite incorso (salvo poi, nel caso dellaMerkel, ripensarci, per andare adesultare con dubbio gusto ai quattrogol della Germania contro la Grecia):il che era abbastanza prevedibile, sesi pensa che fu proprio la Ue asostenere la rivoluzione arancione,con l’obiettivo di avere un’Ucrainapiù accondiscendente alle preteseeuropee. La stampa invece, italianaed europea, e di pari passo i lettori el’opinione pubblica, ha rifiutatoqualsiasi possibile connessione trasport e politica, concentrandosiunicamente sulle gesta di Ballotelli eRooney (e al limite sull’omofobia diCassano).

Nemmeno il lato folcloristico hapotuto trovare spazio: del restol’Ucraina non è l’Argentina, e non cisono bistecche, caracoles epanqueques su cui dilettarsi. Sicché,a fronte di una situazione chenessuno può dire di non conoscere(gli stessi giornali che tacciono nellecolonne sportive, riportano leillegalità ucraine nella pagina degliesteri), il dio pallone non è fonte diriflessioni ulteriori, ma solo unfenomeno meramenteautoreferenziale. Saremmo già prontia rimpiangere i tempi andati, e adenunciare la scomparsa degliOrmezzano, dei Perrelli o degliAntonio Ghirelli (che nel ’62 in Cilenon esitò a descrivere lo stato dimiseria della popolazione,provocando reazioni furenti e unarbitraggio contro l’Italia impossibileda dimenticare), sempre pronti acogliere l’universale nell’eventoparticolare. Ma nessuna generazioneè meno intelligente di altre. Semmaipuò aver perso sensibilità ad alcunivalori di fondo: tra questi, i principidemocratici, ben più urgenti dellastessa democrazia, elevata a dogma ea pensiero unico. Anche il calcio e ilgiornalismo sportivo, proprio nelloro astrarsi dal mondo reale, offronouna fotografia nitida di taleindebolimento culturale,consumatosi sia in Italia che nelresto d’Europa. È un dato di fatto. Enel frattempo, mentre il buon DeRossi torna a centrocampo con ilconsenso di tutti, Andrzej Poczobut,viene arrestato in Ucraina: ha scrittosulla Gazeta Wyborcza cheYanukovich è un dittatore.

Il sound dei migrantiche fanno a pugnicon la discriminazione

di NICOLA SELLITTI

●●●Un frammento d’immigrazionein un gancio. In un jab, saltellandointorno a un quadrato. Perché «ilmigrante affronta un percorso di vitadifficile. Deve lottare, combattere,giorno dopo giorno. Per un lavoro,per i suoi diritti, e contro pregiudizi ediscriminazioni, quando non controle prevaricazioni. Ecco, mi sembrache il migrante debba fare a pugnicon la vita, per poterla vivere».Pierpaolo Capovilla è il leader de IlTeatro degli Orrori, una delle banditaliane più calde del momento. Laclip di Non vedo l’ora, brano tratto daUn mondo nuovo e diretto dalbassista Giulio Ragno Favero, l’ultimolavoro della band pubblicato lo scorsogennaio, assieme al pugile livorneseLenny Bottai, boxeur professionista,campione italiano Ibf e Ibo nellacategoria dei superwelter. Unincontro di pugilato, metafora dellastoria di un nordafricano che prova atracciare la sua strada in unamegalopoli europea. Tra sudore,pregiudizi, aspettative.

L’amicizia decennale tra Capovillae Bottai ha provocato la scintillacreativa. Ring e guantoni, sacrificio,fatica, lealtà sportiva. «Eperseveranza. Lenny mi ha fattoinnamorare del pugilato. È uno sportdurissimo. Come si fa a nonrimanerne stregati – dice il cantante -il calcio non lo amo più. Non me nevoglia il buon Lenny, che so essere untifoso sincero del Livorno. Vent'annifa c'erano Bettega, Causio, Scirea;erano persone simili a tutti, e cosìspesso anche intelligenti:guadagnavano molto, ma quel moltooggi è diventato eccesso. Chemessaggio indirizziamo ai piùgiovani? Sempre e soltantol'arricchimento ignorante emilionario?». Dunque, le fatiche delquadrato, piuttosto che il rettangolodi gioco che continua ad attrarremagneticamente gli italiani, trascandalo scommesse e Balotelli chemanda a casa la Germania

multietnica. «Non mi sembra che,nonostante l’esempio Balotelli, inItalia siano stati fatti significativiprogressi sul fronte dell'integrazione.Continua a prevalere un'ideologiaidentitaria nel nostro paese, che vedenel migrante sempre e soltanto unmotivo di disagio sociale, quando nonlo stereotipo, stupido e falso,dell'immigrato criminale. La strada dapercorrere per una societàmultietnica e multiculturale è ancoramolto lunga».

Non vedo l’ora è un video con unoscript politico. E Bottai, che interpretase stesso, è un antagonista dellaLivorno proletaria, con falce emartello tatuati sul petto. «Io invecemi definirei un comunistamajakovskijano, o comunistamessianico – spiega Capovilla - Vedonel comunismo non un'ideologiapolitica strutturata: ne colgo invece lapoesia, la fede, l'utopia, che loavvicina al Cristianesimo. L'utopia èimportante: è un obiettivoirraggiungibile per definizione, ma ilpercorso che ci spinge verso esso,coincide con le nostre vite. Lottare peruna società più giusta e più uguale,rende l'esistenza più degna d'esservissuta?». Lealtà, solidarietà,reciprocità. Lenny Bottai, 44 anni, è ilsimbolo di Livorno. Eroe di un popolomorso dalla crisi che ha provocato uncalo nel giro d’affari del porto dellacittà toscana. «Accetto volentieri ilsimbolo del riscatto perchérappresento una vittoria dal basso, maniente di più, le icone possono esserefuorvianti dalla coscienza personale.Non mi sono formato nei salotti benenè sono stato cullato dalle istituzioni,sono cresciuto in mezzo alla strada trala gente comune e io direi vera, anchescomoda, tra antagonismo e curva,quindi. Come un ragazzo qualunquedi strada ho vissuto con belle cose etanti errori, e adesso quando montosul ring porto con me tutto questocon orgoglio». A Livorno c’è rabbia,frustrazione. Terreno fertile perl’antipolitica. «L'antipolitica nel sensodi anti-burocrazia, nel senso di

comprendere quanti nel nostro paesemangiano a sbafo mimando dirappresentare gli italiani è unsentimento ovvio di presa dicoscienza di un marcio che dura daldopoguerra. Ill tutto però non deveessere tradotto in abbandono delleidee e degli interessi per la politicavera. Altrimenti va a finire chelasciamo le decisioni importanti nellemani degli stessi di prima, e allorasiamo veramente fottuti. Per questooggi vogliono che le idee restino fuoridalle scuole, dal lavoro e dallo sport.La politica ai politici, e a noi le bricioledella vita. Mai!».

Attraverso di lui, Livorno sognaancora. Una generazione di giovanidal futuro precario disegna la rivalsa.Arrivare a essere qualcuno con leproprie forze, il talento. E nellapalestra della Spes Fortitudo, lasocietà da lui fondata, Lenny insegnaai ragazzi a essere prima di tuttouomini leali rispettando l’avversarioperché bisogna fare così anche nellavita, che poi non è così differente dalring. «E’ lo specchio della vita. Con lasua crudezza e la sua difficoltà, con leemozioni belle o brutte ma vere. Sulring sveli chi sei, lì non puoinascondere la realtà né agli altri né ate stesso. Quindi in palestra impari adaffrontare il mondo». Anche lui,nonostante il cammino vincente dellanazionale di Prandelli agli Europei, hail dente avvelenato con il calcioitaliano: «Penso che se la gente sirendesse conto del potere che ha conun click, questi maledetti infamipagherebbero veramente. Da sportivoche sgobba per la gloria e per duesoldi non posso che avere il vomito alpensiero che un calciatore tradiscaper guadagnare di più la fiducia dimigliaia di tifosi. Credo che l'abilitàitaliana di riciclare e non cambiaremai, abbia ucciso l'amore in tanti checome me con il calcio ci sonocresciuti. Ma il male non è il calcio insè, semmai vedere lo sport comeprodotto da vendere: il male è ilcapitalismo che tradotto in terminisportivi è marciare sopra le passioni».

●●●Domani sera a Kiev, per la finale degli Europei Italia-Spagna, ci sarannosugli spalti Mario Monti e Mariano Rajoy. Non troppo lontano da loro peròtroverà posto anche il dittatore bielorusso Alexander Lukashenko, invitatopersonalmente dal presidente dell’Ucraina Viktor Yanukovich. Unaconferma agli occhi preoccupati dell’Unione europea dell’alleanza semprepiù stretta che lega le due ex repubbliche sovietiche. Secondo la Ue,Yanukovich sta pericolosamente seguendo le orme di Lukashenko nellapersecuzione giudiziaria dei suoi avversari e a breve tornerà ad occuparsidello spinoso caso di Julia Timoshenko, condannata a 7 anni di carcere perabuso di ufficio. L’appello contro la sentenza era stato rinviato a dopo gliEuropei per non rovinare la grande festa del popolo ucraino ma l’ex leaderdella rivoluzione arancione è attesa ora anche da un nuovo processo perevasione fiscale e malversazione. Una delegazione del governo italiano haottenuto di poter fare visita alla Timoshenko prima della finale di domani.

LUKASHENKO A KIEV PER ITALIA-SPAGNA

Poliziotti ucraini nel pallone. In basso, magliette di solidarietàper Julia Timoshenko, foto Reuters. A destra Lenny Bottai

e Pierpaolo Capovilla, cantante de Il Teatro degli Orrori (fotodi Annapaola Martin). Nella pagina a sinistra, soldati argentini

negli stadi del ’78 e un manifesto contro il mundial dei generali

Da un incontro tra la musica de Il Teatro degliOrrori e i guantoni di Lenny Bottai sono nati unacanzone e un video che mischiano sport, politicae integrazione. «Ma l’esempio Balotelli non basta»

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