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Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art ,1 comma 2, CB Bologna - Anno XLI - n. 4 - IV trimestre Movimento Domenicano del Rosario - Provincia “S. Domenico in Italia” 4/2008 speciale “buona stampa”

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“buona stampa”

ROSARIUMPubblicazione trimestrale del

Movimento Domenicano del Rosario

Proprietà:Provincia Domenicana S. Domenico in Italia

via G.A. Sassi 3 - 20123 Milano

Autorizzazione al Tribunale di Bolognan. 3309 del 5/12/1967

Direttore responsabile:fr. Mauro Persici o.p.

Rivista fuori commercio

LLee ssppeessee ddii ssttaammppaa ee ssppeeddiizziioonnee ssoonnoo ssoosstteennuuttee ddaaii bbeenneeffaattttoorrii

Anno 41°- n. 4

stampa:Tipolitografia Angelo Gazzaniga s.a.s.

Milano - via P. della Francesca 38

Movimento Domenicano del RosarioVia IV Novembre 19/E

43012 Fontanellato (PR)Tel. 0521822899Fax 0521824056Cell. 3355938327

e-mail [email protected]

CCP. 22977409 L’eterno idealeCard. Giacomo Biffi 3

La “buona battaglia” della buona stampa: ecco chi la combatte ogni giorno e perchéinterviste a cura di Mauro Faverzani 7

Quale ruolo oggi per la buona stampa? Aiutarci a vivere la radicalità della fedeMauro Faverzani 18

Catechismo per tutti 25

Testimonianze 26

Nuovi iscritti 30

In copertina:Foto dalla Palestina di Paolo Gavina

SOMMARIO

Manoscritti e fotografie, anche se nonpubblicati, non vengono restituiti.L’invio delle fotografie include il consensoper una eventuale pubblicazione.

Pag. 3 e seguenti:VAN EYCK, La Vergine alla fontana, 1439,Anversa, Koninklijk Museum voor Scho-ne KunstenPag. 7 e seguenti:VAN EYCK, San Gerolamo nello studio,1440, Detroit, The Institute of ArtsPag. 18 e seguenti:BERNARDINO LUINI, Affreschi (part.) dellaCappella Besozzi in San Maurizio alMonastero Maggiore, Milano

l’ignoranza della Scrittu

ra

è ignoranza di Cristo

speciale: “la buona stampa”

CCCCaaaarrrrddddiiiinnnnaaaalllleeee GGGGiiiiaaaaccccoooommmmoooo BBBBiiii ffffffff iiiiAAAA rrrrcccciiiivvvveeeessssccccoooovvvvoooo eeeemmmmeeeerrrr iiiittttoooo ddddiiii BBBBoooollllooooggggnnnnaaaa

L’eterno ideale

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Un’esistenza senza macchia, santa e immacolata, non è una dolceillusione o un sogno senza speranza; è il destino che ci è stato assegnato:In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi eimmacolati (Ef 1, 4). È l’ideale che Dio ha scritto indelebilmente nelcuore dell’uomo. Perciò in ogni uomo, che le vicende della vita nonabbiano del tutto snaturato o corrotto, c’è sempre una nostalgia di inno-cenza; una nostalgia elusa di solito e soffocata, che torna però a farsisentire nei momenti di maggior lucidità e di più chiara sincerità.

Essere santi e immacolati: questo è dall’eternità il programma che ciè stato dato da un Dio che non cambia i suoi intendimenti e non silascia disanimare dalle delusioni che le creature gli danno.In effetti, alla sublime chiamata del Padre, che misteriosamente ci hascelti prima della creazione del mondo, ci ha benedetti con ogni bene-dizione spirituale nei cieli (Ef 1, 3), predestinandoci a essere suoi figli(Ef 1, 5), stranamente e tragicamente l’uomo risponde con un rifiuto.

La ribellione del peccato

L’incredibile resistenza dell’uomo all’amore incredibile del suo Crea-tore si chiama peccato; è un’ombra che accompagna e deturpa la nostrastoria fin dai suoi inizi; è la causa vera di tutti i nostri mali e di tutte lenostre tristezze.All’originaria e fondamentale chiamata alla santità (ci ha scelti peressere santi) la risposta dell’uomo è stata la ribellione e la colpa; unacolpa che ci ha macchiati tutti, che a tutti ha precluso l’accesso all’al-

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bero della vita e al giardino della felicità; una colpa che ha insinuatonel nostro cuore la diffidenza verso il Dio che ci ama e ci collocanella triste paura di incontrarci con colui che è il senso e la luce dellanostra esistenza: Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura(Gen 3, 10).Dopo il peccato di Adamo, la vita senza macchia pare dunque diventatauna mèta irraggiungibile, l’inutile velleità di anime senza buon senso esenza concretezza.Ma il peccato che ha devastato l’uomo non ha spento l’amore di Dio enon ne ha mutato la decisione.Il mondo si è certamente avvilito e dissestato, ma non fino alla suaradice e al suo fondamento, dal momento che la radice vera dell’uma-nità e il fondamento dell’universo sono il Signore Gesù, il Figlio diDio, nel quale tutte le cose sussistono, nel quale dall’eternità siamostati pensati e voluti dal Padre: In lui ci ha scelti prima della creazionedel mondo (Ef 1, 4).La contaminazione del mondo non ha raggiunto colui che del mondo èil cuore vivo, innocente, pulsante di vita divina.Perciò in Cristo, crocifisso e risorto, l’ideale di una vita immacolata,che su questa terra sembra un mito illusorio, ritorna a essere per tuttiuna concreta possibilità e resta il destino a cui tutti siamo stati chiama-ti. Solo che ormai questo destino si colloca in un ordine di redenzione;cioè può avverarsi come frutto di un riscatto doloroso, come conse-guenza di una riconquista, come effetto di una vittoria di Dio ottenutaattraverso l’obbedienza, l’amore, la sofferenza, la morte di Cristo.

Maria, la perfetta redenta

La creatura in cui la redenzione di Cristo si è operata nel modo più effi-cace e totale è la Vergine Maria. Sublimiori modo redempta: redenta inmaniera più sublime, dice il documento con cui Pio IX nel 1854 hadichiarato la «Immacolata concezione» di Maria, appartenente al patri-monio della nostra fede. In lei l’ideale primitivo, essere santi e imma-colati, si avvera perfettamente dal primo istante di vita. Non c’è ombradi peccato, di bruttezza interiore, di infedeltà, in colei che è la piena digrazia (Lc 1, 28).Maria appare nella storia di Israele come una dei «poveri di Jahvè»,cioè di quelle persone che solo in Dio (e non nei mezzi umani e neipotenti della terra) ripongono la loro fiducia. Le narrazioni evangelichece la mostrano silenziosa e tranquilla, indifferente al giudizio delmondo, anche nei momenti penosi provocati dalla sua misteriosamaternità.È la creatura obbediente che in un «sì», in un «eccomi», ha riassuntoed espresso tutto il senso della propria esistenza.È la vergine libera e consapevole che, prima tra le fanciulle ebree, ha

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scelto la strada della donazione sponsale a Dio, esplicitamente e irrevo-cabilmente voluta: non conosco uomo (Lc 1, 34).È la sposa e la madre che realizza perfettamente la sua femminilità intutte le sue virtuali ricchezze e in tutto il suo valore inestimabile.Sposa, vergine, madre, incontaminata perché colma d’amore, ella simanifesta agli uomini come la figura e la primizia della santa Chiesa,che è la sposa feconda di Cristo, senza macchia né ruga, sempre insi-diata, sempre perseguitata, sempre incompresa dal mondo, ma semprefedele al suo Signore, testimonianza eloquente (contro l’apparentetrionfo del male) della divina energia che da Cristo crocifisso, assisoalla destra del Padre, continua a riversarsi sulla terra e a lievitarla digrazia.Nel mistero della Chiesa anche noi, sia pure in modo imperfetto, pos-siamo come Maria esistere senza colpa. Il battesimo ci ha riportati allostato di innocenza cui Dio dall’inizio ci aveva chiamati. Questo battesi-mo – continuamente riscoperto e riattivato nel sacramento della peni-tenza, nella partecipazione all’Eucaristia, nella tensione quotidiana allacoerenza della vita con la nostra fede – ci assimila a Maria, la Vergineimmacolata, e ci riconduce ogni giorno alla bellezza originaria del dise-gno di Dio.Vivere in questa crescente consapevolezza, intelligente e operosa, dellanostra elezione a figli di Dio sia in questa celebrazione il nostro deside-rio, la nostra preghiera, il nostro rinnovato proposito.

Omelia tenuta in occasione della solennità dell’Immacolata Concezione di Maria, sabato 8 dicembre1984, Basilica di San Petronio. Pubblicata in BAB, LXXV, 11/1984, 359-360.

Gli articoli pubblicati su “Rosarium”sono tratti dal libro““LLaa ddoonnnnaa iiddeeaallee””

del Cardinale Giacomo BiffiArcivescovo emerito di Bologna

in vendita presso Edizioni Studio Domenicano

via Dell’Osservanza, 72 - 40136 Bologna Tel. 051/582034

Fax 051/331583 - [email protected]

LA “BUONA STAMPA”

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Parlare di “buona stampa”, oggi, ha ancora senso?Sono in molti a dirsene e ad esserne convinti. Come GIANPAOLO BARRA, fondatore edirettore de “Il Timone”, mensile dichiaratamente cattolico con un coraggioso ed ambi-zioso obiettivo, ancorché “scomodo” e spesso frainteso: fare apologetica ovvero presen-tare, spiegare e difendere le ragioni della fede oggi, in un contesto sempre più impoveri-to di riferimenti morali, civili e spirituali: “A mio avviso, la stampa è “buona” quandofa bene all’anima, alla persona –ci spiega Barra- Ora, se il massimo bene per una per-sona è Dio, dunque la vita eterna in Paradiso, possiamo considerare “buona” quellastampa che, informando e formando le coscienze, aiuta il lettore a conoscere, amare eservire il buon Dio in questa vita, per poi guadagnarsi il Paradiso. Questo è lo specificodella “buona” stampa cattolica, rispetto a tutti gli altri tipi di pubblicazioni, che mira-no ad una pluralità di obiettivi: dalla formazione culturale al semplice passatempo”.Sulla stessa lunghezza d’onda anche un altro fondatore e direttore di giornale, ROBERTO

DE MATTEI, alla guida del mensile “Radici Cristiane”: “Il senso dell’esistenza della“Buona Stampa” –afferma- è direttamente proporzionale all’esigenza della società incui si vive di essere guidata verso il Bene, il Vero, il Giusto e il Bello. Pertanto, maicome oggi tale esigenza è ricca di senso, perché mai come oggi la nostra società, untempo cristiana nei cuori degli individui come nelle strutture civili e sociali, è lontana e

La “buona battaglia”della buona stampa:ecco chi la combatteogni giorno e perché

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Abbiamo intervistato direttori, giornalisti ed editori cat-tolici, per capire cosa li muova e come si muovano

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si allontana giorno dopo giorno dall’or-dine divino e naturale del creato.Proprio il relativismo imperante ci obbli-ga alla testimonianza cattolica, allaferma ricerca della via del Bene, allacostante riproposizione della veritàoggettiva, dei valori fondanti la vita civi-le e morale. Spazio ve n’è, sia perché vi èsempre spazio per la testimonianza reli-giosa, civile, politica, sia perché para-dossalmente proprio la società relativi-sta e ipertecnologica in cui viviamo offrenuovi potentissimi mezzi di comunica-zione al prossimo e di incisione nelcomune sentire della gente. Solo per for-nire l’esempio più ovvio di quanto sidice, basti pensare a quanto l’attualePontefice e il suo predecessore abbianopotuto influire sull’opinione pubblicamondiale e modificare in maniera determinante il comune sentire della religione invastissimi strati della popolazione cattolica. Appare evidente come più il mondo siallontani da Dio, più il senso della fede si allarghi nelle popolazioni di tutto il pianeta.In questo apparente paradosso vi è forse la più profonda risposta al senso della “BuonaStampa” oggi”. Secondo PADRE GIORGIO CARBONE O.P., responsabile delle “EdizioniStudio Domenicano”, per “buona stampa” si devono intendere “quei mezzi di informa-zione e comunicazione, capaci di formare l’intelligenza del lettore, di aprire la suavisuale e di offrirgli non solo informazioni ma anche criteri di giudizio. L’interesse perquesto genere di stampa c’è’. Il problema è che questa stampa viene relegata ai marginidel mercato, se non addirittura censurata o imbavagliata”.

Quale, allora, l’identità, la specificità ed il ruolo di un giornalista cattolico?ALBERTO COMUZZI, affermato giornalista in forze presso il mensile “Jesus”, è da moltianni ai vertici dell’Ucsi, Unione Cattolica Stampa Italiana. Una scelta di vita, questa,come ci racconta, segno evidente di come non basti essere bravi professionisti, per poteraffermare di saper fare bene il proprio mestiere: “Ho cominciato a partecipare alle atti-vità promosse dall’Ucsi, quando ero un giovane cronista del quotidiano “Avvenire”,nella seconda metà degli anni Settanta. Naturalmente allora la società italiana era

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molto diversa dall’attuale, così come molto diverso era il clima che si respirava nelleredazioni dei giornali. Al Circolo della Stampa di Milano una parte della mia genera-zione s’è consumata attorno al dilemma: siamo giornalisti cattolici o cattolici giornali-sti? A scioglierci l’amletico dubbio ci vennero in soccorso i colleghi militanti marxisti, iquali ci insegnarono che, prima di essere giornalisti, loro erano comunisti.Comprendemmo allora come fu possibile leggere in una cronaca de “L’Unità”: “Ilraduno è previsto in (…), dove il compagno segretario Palmiro Togliatti terrà unapplaudito discorso”. Di questo scampolo di prosa non abbiamo documentazione, manon stentiamo a credere che sia autentico, perché raccontatoci da un’autorevole colle-ga. Giornalisti cattolici sono, dunque, coloro che si sforzano, nella quotidianità, di met-tere in pratica gli insegnamenti del Vangelo, né più né meno come dovrebbe fare, nelproprio ambito di lavoro, qualsiasi altro credente. Vivere con coerenza la propria fedenon è facile, ma c’è qualcosa di grande valore che si ottenga con facilità?”. DE MATTEI

ritiene importante, pertanto, non solo avere media cattolici, bensì anche cattolici neimedia: “In assoluto, è meglio avere entrambe le cose –ci dice- Dovendo scegliere, èovvio che è di gran lunga meglio avere media cattolici. I cattolici nei media infatti pos-sono costituire una testimonianza importante (e non sempre, anche dal punto di vistaqualitativo), ma saranno sempre una parte del tutto, di un tutto enorme, a sua voltaricco di innumerevoli proposte religiose, ideologiche, sociali, differenti o antitetiche alCristianesimo. Facilmente può accadere che essi si “sciolgano” in un marasma che liinghiotte o che li costringe a venire a patti per sopravvivere. Al contrario, un“media” cattolico è un’istituzione in sé: è un punto di riferimento, un luogo ideale - epossibilmente anche fisico-, dove i cattolici possono trovare casa, rifugio, forza, dottri-na, trovare “buona compagnia” nella “buona battaglia”. Più media cattolici costitui-scono un piccolo esercito fatto di uomini e cose. Ciò che occorre per cambiare lasocietà”. Per questo non deve lasciar perplessi il moltiplicarsi delle testate cattoliche:“Vi è la necessità ed il dovere –afferma BARRA- di mettere in evidenza sensibilità diver-se, presenti nel mondo cattolico (che però deve assolutamente rimanere unito e concor-de nelle verità di fede e morale, in obbedienza al Magistero), ma vi è anche un altro fat-tore, che risiede nella specifica diversità e unicità di ogni uomo. La libertà del cristianoche opera nel campo dell’evangelizzazione a mezzo stampa si concretizza anche attra-verso una pluralità di proposte e di realizzazioni editoriali”. Specialmente nell’AnnoPaolino- vi sarebbe però un passo in più da compiere, riconsegnare alla “buona stampa”gli stessi scopi e gli obiettivi della “Buona Battaglia”, cui lo stesso San Paolo ci invita…“La “buona battaglia” paolina –dichiara ancora Barra- aveva per obiettivo la conquistadi una “corona immarcescibile”, che per san Paolo è il la vita eterna. Così deve essereanche per la “buona stampa” cattolica”.

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COMUZZI, a Natale, festeggia i 35 annidi giornalismo attivo, di quello cioèche Montanelli chiamava il “mestie-raccio”: come è cambiato in questidecenni, anche in campo cattolico?“Sono entrato nel giornalismo –ricor-da-, quando si comunicava con iltelefono fisso (e in molte abitazioniprivate c’era il cosiddetto “duplex”,una linea per due numeri), si usava lamacchina per scrivere (con le copie incarta carbone) e, in tipografia, regna-va la linotype. Tanto per capirci: ognisingolo articolo, se si sbagliava la giu-stezza, andava ricomposto in toto.L’avvento del computer ha sconvoltol’editoria. Per comporre un giornaleoccorrevano otto distinte professionalità: giornalista, grafico, correttore di bozze,dimafonista (per gli articoli dettati da fuori sede), tipografi alla linotype, ai titoli, allarotativa e al reparto confezioni e spedizione. Oggi bastano un giornalista al desk e untecnico per la stampa. Le aziende editoriali non esistono più o sono in via d’estinzione;gli unici gruppi che operano sono quelli multimediali. Ne consegue che anche i giorna-listi hanno dovuto cambiare radicalmente il loro modo d’essere. A loro sono richiestemolteplici competenze: non devono solo essere capaci di scrivere un articolo, ma ancheessere in grado di scattare fotografie, riprendere immagini con una telecamera, concen-trare notizie in un display telefonico, reggere una trasmissione radiofonica, navigare inInternet; insomma devono possedere competenze multimediali. Il giornalismo cristiana-mente ispirato usa le stesse tecnologie della “grande” stampa. Metto volentieri “gran-de” tra virgolette perché nessuno mi ha ancora spiegato i motivi per i quali la stampalaica debba necessariamente essere definita “grande”. Comunque, il giornalismo cri-stianamente ispirato dovrebbe distinguersi per una forte connotazione deontologica nelpresentare i fatti. Mi spiego meglio: il giornalismo –e di conseguenza il giornalista-, chesi qualifica come cattolico, per esempio, non dovrebbe mai accentuare o enfatizzare ifatti di cronaca nera. Sì sa che il male esiste, ma se noi lo sbattiamo continuamente inprima pagina, lo alimentiamo. Allora il giornalista cattolico, non minimizza il male, ilfatto di cronaca nera, ma lo relega in qualche pagina interna e possibilmente in pocherighe, perché se è giusto (e doveroso) che il lettore sappia, non è corretto che sia peren-

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nemente stordito da ciò che è oggettivamente negativo. Con questo non sostengo che ilgiornalista cattolico debba sentirsi impegnato a fare giornali pieni di buoni sentimenti,ma che non assecondi quel “politicamente corretto”, che sembra esclusivamente basatosulla denuncia, sullo scandalo, sul gossip pruriginoso”. Quattro anni fa Comuzzi pub-blicò per la casa editrice “Ancora” un volume dal titolo “Come fratelli siamesi”, in cuievidenziava quello che definiva “il comune destino di informazione e pubblicità”: di che“comune destino” si tratta? Connivenza, confusione o commistione? “La tesi sostenutain quel libricino era che informazione e informazione commerciale (cioè la pubblicità),nel reciproco rispetto delle rispettive aree di competenza, dovessero collaborare e nonconfliggere. Intendiamoci: ormai più della metà dello stipendio di un giornalista è assi-curato dalla pubblicità. Demonizzarla, come fanno ancora alcuni redattori “puri”,sarebbe un suicidio. Ben venga quindi la pubblicità, che però deve essere sicuramentericonoscibile, a tutela del lettore (che poi siamo tutti noi, giornalisti compresi).Spacciare per notizie annunci commerciali (come troppo spesso avviene, ormai ovun-que) non è corretto, oltre che immorale. Il punto sta proprio qui: trovare un equilibriotra la pubblicità (che deve essere sempre riconoscibile) e l’informazione. Mi spingo piùin là: una bella pubblicità impreziosisce una testata, la rende addirittura più appetibileal gusto del lettore. Allo stesso modo un’utile e tempestiva informazione accreditano ungiornale che, di riflesso, aumenta la diffusione risultando così interessante anche per lapubblicità (alla perenne ricerca di elevati contatti con i cittadini consumatori). In sinte-si, ripeto ora ciò che scrissi allora: l’interazione tra informazione e pubblicità rispetta ilettori, ne eleva la coscienza e arricchisce la comunicazione. La commistione tra infor-mazione e pubblicità non rispetta i lettori, ne inquina la coscienza e svilisce la comuni-cazione”. E tra informazione e politica, tra informazione e potere, che rapporto sussi-ste? “Un rapporto strettissimo –spiega Comuzzi- Ovunque il potere politico (oggi, ahi-noi, condizionato da quello economico) è inscindibilmente legato ai grandi gruppi, checontrollano l’informazione. E’ una storia antica: in qualsiasi manuale di storia delgiornalismo si trova abbondante documentazione in proposito. Cavour non si era forsepreoccupato di avere dalla sua parte giornali e giornalisti? Del resto, l’opinione pub-blica s’influenza, sì, con il cinema, la televisione e la radio, ma è soprattutto l’informa-zione (attraverso le agenzie di stampa e i giornali) a farla da padrona in questa delicatamateria. Ne consegue che il potere politico non può fare a meno dell’informazione, dicui ha bisogno per perpetrarsi e che, non a caso, cerca sempre di controllare (riuscen-dovi appieno negli stati dittatoriali, un po’ meno in quelli democratici)”. Quanto spa-zio i media danno all’informazione religiosa? V’è un’adeguata comprensione ed unasufficiente analisi di tale dimensione? “Se per “informazione religiosa” intendiamo laproiezione di immagini spettacolari, che riguardano il Papa, eminenti cardinali, vescovi

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o semplici preti –distingue Comuzzi-,direi che c’è “sufficiente copertura”,come si dice in gergo. Se, viceversa,per “informazione religiosa” intendia-mo l’approfondimento o anche la sem-plice presentazione dei valori su cuipoggia, per esempio, il Cristianesimo,allora la “copertura” è piuttosto defi-citaria. In altre parole: i giornali sioccupano molto dell’istituzione, moltomeno delle fondamenta su cui quellas’appoggia. Oggettivamente, non èfacile fare informazione religiosa. Glistessi vaticanisti, come lascia intende-re la loro stessa definizione, sonomolto esperti di cose vaticane, ma nonsempre di questioni religiose. Sarà uncaso, ma appartengono a questa cate-goria non pochi ex seminaristi o pretiche, superato lo shock dell’ex, diventa-no poi acuti osservatori della Chiesa,quasi sempre presentata, però, comeun’entità dentro la quale soffiano venti e si muovono correnti dettate dagli umani com-portamenti ed in cui lo Spirito Santo non avrebbe alcun ruolo. Ecco, un’informazionereligiosa corretta –lo diciamo con il tono più sommesso possibile- dovrebbe sforzarsid’indagare le ragioni dei credenti, senza mai dimenticare che “ci sono molte più cosetra cielo e terra di quante l’uomo possa immaginare”.

Ma entriamo più nello specifico di ogni singola testata.“Radici Cristiane” è un mensile di 100 pagine, che vanta al proprio attivo una quaran-tina di numeri: ricco di fotografie, affronta, come d’uso comune, questioni e problemi dicarattere religioso, politico, sociale, culturale, ma al contempo offre –unico nel suogenere – anche intere sezioni (quasi la metà di ogni numero) dedicate alla presentazionedelle grandi mete turistiche e di pellegrinaggio, dei più celebri (come anche dei menoconosciuti) luoghi storici, artistici, di spiritualità. Come il nome stesso della rivista pale-sa, il fine è quello della difesa delle millenarie radici europee, nonché della salvaguardiae della riproposizione dell’immenso patrimonio di bellezza spirituale, storica, artistica,

Roberto de Mattei (Roma, 1948) è Professoredi Storia Moderna all’Università di Cassino einsegna Storia del Cristianesimo e della Chiesapresso l’Università Europea di Roma, dove ècoordinatore dei corsi di laurea in Scienze sto-riche. È attualmente Vice Presidente del ConsiglioNazionale delle Ricerche, di cui è stato sub-commissario (2003), con delega nel settoredelle Scienze Umane. È autore di libri e pubblicazioni tradotte invarie lingue e collaboratore di giornali e rivisteitaliane e straniere.È direttore della rivista internazionale di Storia

“Nova Historica”, del mensile “RadiciCristiane” e del settimanale “Corrispondenzaromana”. Radici Cristiane è un mensile di 96 pagine acolori che si richiama ai valori perenni dellaCiviltà europea e occidentale. Attualità, notizie, interviste, politica, storia,biografie di santi e grandi uomini dellaCristianità, morale, fede, teologia, scienza,appuntamenti culturali, musica, spettacoli,cinema, feste e tradizioni popolari, recensionilibrarie e, soprattutto, i meravigliosi luoghidella spiritualità cristiana e lo splendore del-l'arte e dell'architettura italiana e occidentale.

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architettonica, e anche naturale, che i nostri antenati ci hanno lasciato in eredità: “Al dilà del fatto –specifica il direttore, de Mattei- che la scelta del nome avvenne proprio neigiorni in cui Papa Giovanni Paolo II conduceva la sua ultima grande battaglia contro ilrelativismo delle istituzioni di Bruxelles, che volevano negare perfino di nominare leradici cristiane d’Europa in quella che sarebbe dovuta essere la Costituzione Europea,è evidente come proprio tale scelta intenda richiamarsi all’esigenza della testimonianzadella verità, al dovere dell’apostolato, certamente caritatevole e sensibile alle istanzedel mondo “aperto” in cui viviamo, ma al contempo fermo e sicuro nella riproposizionedella dottrina cattolica come essa è, della storia della civiltà cristiana come essa èstata, della rinascita di un mondo tornato a Cristo come dovrà essere. “Christus heri,hodie, semper”: non è una nostra scelta, è un comandamento e un motto stesso dellaChiesa Cattolica. Difendere le radici di una civiltà significa da un lato ricordarne tuttolo splendore e le cause di quello splendore, dall’altro fare tutto il possibile perché daquelle radici rinasca una pianta ancor più splendente. Per fare questo, ogni ipocrita“diminutio” del nostro millenario passato, ogni silenzio sulle calunnie che ogni giornoarrivano contro la nostra religione, contro la Chiesa, contro la civiltà cristiana, ogniaccettazione di più o meno sfumati tentativi di “aggiustamento” con il mondo non cri-stiano o anticristiano, è come un taglio netto a queste radici, e quindi alla speranza, lavirtù teologale celebrata nell’ultima enciclica da Papa Benedetto XVI”. Dunque, ilVostro periodico intende, già dal nome, essere espressione di un comune sentire, di quelcomune patrimonio spirituale e culturale, più volte richiamato dal Santo Padre... “Comeprima accennavo –risponde de Mattei- più il mondo sembra voler dimenticare o com-battere il Cristianesimo, più la fede si diffonde (e sovente con il sangue di migliaia dimartiri, specie in alcuni Paesi islamici o totalitari) fra le genti di ogni nazione, con rin-novato fervore. Più le élites - con le loro relativistiche tendenze e ideologie, i loroimmorali costumi, i loro compromessi politici - si dimostrano “infastidite” dal “peso”di una religione figlia della Verità rivelata, ostili al rispetto di norme morali finalizzatealla salvaguardia di ogni essere umano dallo spaventoso potere della scienza o dellapolitica, dall’ignobile peso di una società senza freni morali e valori oggettivi, più lepersone comuni, schiacciate dalla paura del domani come pervase dalla gioia dellasperanza di una vita differente (su questa terra e dopo) sentono l’esigenza di tornare aDio, alla semplicità del buono, all’attrazione del bello, al dovere del giusto, e allo“splendore della Verità”. L’Irlanda, solo per citare un esempio, ha dimostrato ciò chetutti sappiamo: che se gli europei vengono interrogati su un’utopia che non è nei lorocuori, scelgono inequivocabilmente la realtà delle loro patrie secolari. Ma, oltre a que-sto, scelgono la certezza delle loro tradizionali usanze e credenze contro un gruppo dieurocrati che vorrebbe indurli ad accettare ogni abuso in materia morale e di bioetica,

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ogni sopruso in materia economica,civile e anche religiosa (basti pensareall’invasione dell’islamismo inEuropa), e che vorrebbe imporre unnuovo mondo del tutto avulso da quel-lo millenario di cui tutti noi siamofigli. La nostra rivista, seppur ancorgiovane, ha trovato subito vasto con-senso fra il pubblico cattolico, nellegerarchie ecclesiastiche, e anche frapolitici e uomini di cultura non deltutto vicini al nostro mondo. Perché?Forse perché... ci sforziamo di testimo-niare lo “splendore della verità”: nelriproposizione della verità dellanostra fede, della oggettività delleleggi razionali, nella denuncia deimali e dei soprusi che ogni giornoavvengono, nel chiarimento di tantieventi storici, nella riscoperta dellabellezza della nostra arte, delle nostrecittà, delle nostre tradizioni semprevive. L’obiettivo è appunto quello didifendere e diffondere le radici cristia-ne dell’Europa e dell’Occidente, inobbedienza al mandato degli ultimidue Pontefici della Chiesa Cattolica”.

L’obiettivo di Padre Carbone, con le“Edizioni Studio Domenicano”, è ambizioso, “stuzzicare l’attenzione di chi è pigro”in una società come quella italiana, sondaggi alla mano, poco avvezza alla lettura, “casomai proponendo inizialmente dei testi di facile lettura e agevoli come numero di pagi-ne”. Ma perché una casa editrice specificamente “domenicana”? “La specificita’ delleEdizioni Studio Domenicano consiste nel proporre un rapporto sereno e fruttuoso tra laragione umana e la fede rivelata attraverso ricerche filosofiche e teologiche”, dandoparticolare risalto alle opere di San Tommaso: “Le Edizioni Studio Domenicano–risponde Padre Carbone- fin dalla loro fondazione avvenuta nel 1985 si sono specializ-zate nella pubblicazione delle opere di san Tommaso d’Aquino. e a distanza di tanti

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anni stiamo completando la traduzione della sua opera omnia”.Ma perché leggere oggi san Tommaso? “Perche’ ha saputo coniugare in modo brillanteil rapporto tra la ragione umana e la fede e ha illustrato la grandezza della personaumana all’interno del mondo creato, iniziando il pensiero umanistico nel senso classicodel termine”.“Il Timone” non ha mai fatto mistero, sin dal suo sorgere, di voler far propria quell’at-tenzione che la Chiesa di sempre ha mantenuto nei confronti del mondo, sposando laprospettiva “apologetica”: “La nostra scelta di realizzare un periodico di apologeticacattolica –spiega il direttore, Barra- è nata per rispondere ad un duplice bisogno: quellodi offrire le “ragioni per credere” e quello di “difenderle” dalle contestazioni e dagliattacchi. L’urgenza di rispondere a questo duplice bisogno si comprende se non dimen-tichiamo mai che la posta in gioco è sempre la vita eterna: se la fede non si giova deimotivi di credibilità del credere rischia di perdersi dinanzi ai primi dubbi o dinanzi allecontestazioni. Da qui anche la necessità di difenderle. senza la fede -dice la Lettera agliEbrei- è impossibile piacere a Dio. Questo ci fa capire quanto sia decisiva la battagliaper conservarla e diffonderla”. Con quale sguardo un cattolico deve guardare al mondoed alla realtà? Dunque, come una rivista, che si proclami e voglia essere cattolica, puòaiutarlo? “Con lo stesso sguardo di Dio: una realtà che è stata creata buona da Dio,che è stata ferita dal peccato originale, che ha dunque bisogno di essere salvata, acco-gliendo la proposta redentrice di Gesù Cristo. Una rivista di apologetica deve illustraretutte le ragioni per le quali uno comprende quanto sia conveniente e doveroso accettareil messaggio cristiano e vivere coerentemente la fede”. Pubblicare un periodico “cattoli-co”, tanto più se apologetico, significa -come pensano alcuni- trasformare il contestosociale e civile in una sorta di “santino”, idealizzandolo in modo spinto e spiritualistico,oppure aiutare a leggervi l’intervento della provvidenziale mano di Dio, individuare ilSuo “autografo” nei fatti, che ci circondano? “Un periodico di apologetica –affermaBarra- è uno strumento -uno tra i tanti altri- che deve aiutare il lettore a comprendere laragionevolezza della fede. Per questo è certamente utile individuare e segnalare le trac-ce che Dio non smette di lasciare nel creato. Tracce, ovviamente, della sua Provvidenzaamorosa. La prima traccia è proprio la Chiesa, che da duemila anni mostra al mondola presenza di Dio, grazie ad una quantità sbalorditiva di santi che hanno accompagna-to l’esistenza degli uomini, specialmente di quelli che soffrono nel corpo e nello spirito.Un periodico di apologetica deve aiutare il lettore a rispondere con sempre maggiorecoerenza alla proposta di salvezza che, attraverso la Chiesa, viene offerta ad ogni uomodi Gesù Cristo”. Direttore, avete, come redazione o come staff editoriale, momenti dipreghiera comune, vi date delle occasioni di comunione -magari attorno all’Eucaristia-,per rinnovare le ragioni più autentiche e profonde del Vostro lavoro, del Vostro agire,

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riportando tutto così alla Fonte,all’Origine, al Fine Primo ed Ultimo?“La redazione del Timone (con ildirettore ci sono: Palmaro, Invernizzi,Cascioli, Samek e Sansonetti) è com-posta da volontari, che si incontranodue volte al mese per realizzare larivista. Ogni incontro si apre e si chiu-de con la preghiera. Il personale chelavora in amministrazione (solo quat-tro persone con il direttore) ha unmomento di preghiera quotidiano alleore 13, con la recita dell’Angelus”. Equanto pesa -se pesa...- uno sguardo“mariano”, uno stile ed un approccioispirato alla figura della Madonna, inun campo quale quello dei mezzi dicomunicazione di massa? “Maria èesempio insuperabile di vita cristiana.Se Lei, attraverso il suo “sì”, si è resadocile strumento nelle mani di Dio perla redenzione del mondo attraversoGesù Cristo, così anche chi opera nelcampo della nuova evangelizzazionedeve rendersi strumento perché ilpiano di Dio si realizzi. Come Maria,anche chi fa una rivista cattolica deveben capire che ciò che conta è soloGesù Cristo e che tutto il resto (profes-sionalità, serietà, impegno, etc) è giu-stificato solo in relazione alla volontàdi Cristo”.

Mauro Faverzani

"il Timone" nasce per irrobustire la Fededei lettori, infondere nei cuori la fierezzadi essere cattolici, fornire argomenti peresporre le ragioni dei cattolici. Si proponecome strumento da utilizzare per la NuovaEvangelizzazione, alla quale ci richiama,con passione e costanza, il Santo Padre.E' una rivista di apologetica elementare. Diapologetica: per illustrare le ragioni di chicrede e parare gli attacchi di chi contesta laverità cattolica, disprezza la morale e deni-gra la storia della Chiesa. Elementare:destinata a tutti, giovani e adulti, uomini edonne, lavoratori e studenti, sacerdoti elaici.Intorno a “il Timone” si è radunata unasquadra di formidabili apologeti. Tra que-sti citiamo i vescovi Biffi, Maggiolini,Negri e Grillo; gli studiosi e giornalistiMessori, Cammilleri, Introvigne, Corti,Tornielli, Caprara, Pellicciari, Fanzaga,Gheddo, Sordi, e molti altri.Nato nel 1999, con 20 pagine e 3.000copie di tiratura, senza sponsor, senza uneditore affermato alle spalle, senza introitidovuti alla vendita di spazi pubblicitari,oggi “il Timone” ha 68 pagine e una tiratu-ra di 15.000 copie. Ha superato i 10.000abbonati e vende mensilmente migliaia dicopie in centinaia di parrocchie e librerie.Una crescita impressionante, dovutasoprattutto al passaparola tra i lettori che,entusiasti di questo mensile, lo presentanoa parenti e conoscenti invitandoli ad abbo-narsi o regalando essi stessi un abbona-mento.

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Il Card. Bagnasco: “Essere protagonista non èvoglia di protagonismo, ma amore di identità”

Se i mass-media hanno una responsabilità, questa è quella di far da “potente cassa dirisonanza” di una “società e di una cultura”, che misurano “il successo” in base a “falsiidoli” quali “il potere politico od economico, il prestigio raggiunto nella propria professio-ne, la ricchezza messa in bella mostra, la notorietà delle proprie realizzazioni, l’ostentazio-ne fin anche dei propri eccessi”. E questa la considerazione contenuta nel messaggio disaluto rivolto da Papa Benedetto XVI agli organizzatori del XXIX Meeting per l’Amiciziatra i Popoli, recentemente svolto a Rimini. Considerazione che riprende quanto già eviden-ziato dal Santo Padre anche nel Messaggio per la XLII Giornata Mondiale delle Co-municazioni Sociali, svoltasi lo scorso 4 maggio, quando fece notare come tali mezzi rischi-no di trasformarsi “in sistemi volti a sottomettere l’uomo a logiche dettate dagli interessidominanti del momento. E il caso – ha dichiarato – di una comunicazione usata per finiideologici o per la collocazione di prodotti di consumo mediante una pubblicità ossessiva.Con il pretesto di rappresentare la realtà, di fatto si tende a legittimare e ad imporre modellidistorti di vita personale, familiare o sociale”, spesso ricorrendo “alla trasgressione, allavolgarità ed alla violenza”, nonché aumentando il divario tecnologico tra i Paesi ricchi equelli poveri.

Non se ne può più di star e stelline…In controluce vi si leggono due valutazioni. La prima è una forte critica nei confronti di

quegli “attori del cinema, personaggi e miti della televisione e dello spettacolo, atleti, gio-catori di calcio, ecc.”, che “sponsorizzino” come ideali di vita “professioni e carriere”,dove ciò che conta è una ribalta per “apparire”, per “sentirsi qualcuno”. Il che è ancor piùgrave, poiché star e stelline, politici e giornalisti sanno di far opinione, perciò più forte e conmaggior coscienza dovrebbero sentire il peso dell’importante responsabilità che grava su diloro. La seconda valutazione riguarda, invece, un mondo cattolico, che deve dimostrarsicapace, a sua volta, di parlare alla gente, di farsi capire, vedere ed ascoltare, di spiegarequali siano i veri Valori, proposti ed incarnati dalla fede cattolica, e perché sia ragionevolech’essi – e non altri – muovano i cuori e le menti di tutti. Su questo, non a caso, verte anche

I mass-media oggici propongono spessofalsi idoli, ma – ammonisce il Papa –il mondo ne è stanco

Quale ruolo oggi per la “buona stampa”?Aiutarci a viverela radicalità della fede

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il tema scelto dal Santo Padre per la prossima Giornata Mondiale delle ComunicazioniSociali, che ricorrerà il 29 gennaio 2009: “Nuove tecnologie, nuove relazioni. Promuovereuna cultura di rispetto, di dialogo, di amicizia”.

Questo era il ruolo di quella che un tempo veniva definita la “buona stampa”. Oggi non sene parla più. Almeno non in questi termini. E forse venuta meno la necessità di proporre

ogni giorno ed in ogni angolo del pianeta un annuncio autenticamente cristiano del Van-gelo? Certamente no, tant’è che molte sono le testate giornalistiche, radiofoniche, televisive,web e multimediali, che si sforzano di far propria tale missione, collaborando alla diffusionedi quella nuova evangelizzazione, fortemente voluta e promossa già da Giovanni Paolo II.Se non vi fossero i media cattolici, la “Buona Notizia” verrebbe annunciata con minor vigo-re, poco o nulla sapremmo di quanti vivono la propria fede anche sino al martirio in luoghi anoi sconosciuti oppure delle tante “vite oscure, senza apparente rilevanza per giornali etelevisioni”, citate dal regnante Pontefice quale esempio di silenzioso, ma prezioso servizio,di nascosta eppur efficace testimonianza, ignota benché magari a due passi da casa nostra.Del resto, anche il Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, mons. Rino Fisichella,in un’intervista ha parlato, in Italia, di tentativi di “isolare e ridicolizzare la fede cristiana,in particolar modo cattolica” con l’obiettivo “di emarginare il ruolo della Chiesa sullascena pubblica”, individuando in Essa un interlocutore credibile: “Se non fossimo credibili– ha dichiarato mons. Fisichella – il mondo non ci insulterebbe, perché penserebbe chesiamo dei suoi. Proprio perché siamo credibili, proprio perché siamo capaci di dare deimartiri, proprio per questo il mondo non ci vuole. Anzi, ci vuole come dei numeri”. Lo stes-so Benedetto XVI, a Sydney, in occasione della festa di accoglienza tenutasi al molo diBarangaroo nell’ambito della XXIII Giornata Mondiale della Gioventù, ha evidenziato comevi siano “molti, oggi, i quali pretendono che Dio debba essere lasciato ‘in panchina’ e chela religione e la fede, per quanto accettabili sul piano individuale, debbano essere o escluse

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dalla vita pubblica o utilizzate solo per perseguire limitati scopi pragmatici”, azzerando iriferimenti al Creatore. Al Meeting di Rimini, del resto, il Presidente della Cei, Card.Angelo Bagnasco, ha ripreso questo concetto: “Oggi – ha detto – si vuole che la Chiesarimanga in chiesa. Il culto e la carità sono apprezzati anche dalla mentalità laicista: infondo – si pensa – la preghiera non fa male a nessuno e la carità fa bene a tutti. In altri ter-mini, si vorrebbe negare la dimensione pubblica della fede concedendone la possibilità nelprivato. A tutti si riconosce come sacra la libertà di coscienza, ma dai cattolici a volte sipretende che essi prescindano dalla fede, che forma la loro coscienza”. E il volto del secola-rismo, aggressivo e rampante, questo: si spaccia per “forza neutrale, imparziale e rispettosadi ciascuno”, in realtà, “come ogni ideologia, impone una visione globale”, quella di unasocietà “plasmata secondo un’immagine priva di Dio”. Si parla, certo, di non-violenza, disviluppo sostenibile, di giustizia e di pace, di cura dell’ambiente. Ma lo si fa come se intutto questo il Signore non c’entrasse. Invece, “tutto ciò – afferma il Pontefice – non puòessere compreso a prescindere da una profonda riflessione sull’innata dignità di ogni vitaumana dal concepimento fino alla morte naturale, una dignità che è conferita da Dio stessoe perciò inviolabile. Il nostro mondo si è stancato del tedio di falsi idoli e di risposte parzia-li”, nonché “della pena di false promesse”. Alla stessa conclusione è arrivato anche un per-sonaggio al di sopra di ogni sospetto, il direttore del Tg2, Mauro Mazza, il quale al Meetingdi Rimini ha evidenziato come la Chiesa abbia “il diritto-dovere di essere presente, soprat-tutto in un momento in cui la cultura del mondo ha scoperto i propri limiti”. Quando ilParlamento Europeo vota la risoluzione sul quinto obiettivo del Millennio proposto dalleNazioni Unite, quello riferito alla cosiddetta “salute materno-infantile”, ed incentiva il ricor-so all’aborto, specie nei Paesi in via di sviluppo, deplorando (proprio così…) “il divieto,sostenuto dalle Chiese, di usare contraccettivi”, ebbene, lo stesso Parlamento Europeo fauna falsa promessa: per tutelare la vita (specialmente, afferma, delle donne) introduce lamorte (quella dei bimbi in grembo), consentendo l’“accesso universale” all’interruzionevolontaria di gravidanza. Quando la Corte Suprema di Giustizia del Messico ratifica unalegge, con cui depenalizza l’aborto, fa una falsa promessa. Quando il senatore Joseph Biden,Vicepresidente degli Stati Uniti con il democratico Barack Obama, si proclama cattolico,pur avendo appoggiato con vigore la sentenza Roe v. Wade della Corte Suprema, che haaperto di fatto la strada all’aborto legale nel suo Paese, fa una falsa promessa: tant’è veroche l’Arcivescovo di Denver, Charles J. Chaput, lo ha invitato “per coerenza” ad astenersi“dal presentarsi a ricevere la Comunione”.

Eppure, son tutte gocce, queste, piccole ma in grado, una dopo l’altra, di erodere ilmarmo: “La diffusione di falsi miti, l’esaltazione dell’avere, la propaganda dell’apparenzae del facile successo, in una parola della menzogna – ha dichiarato il Presidente della Cei,Card. Angelo Bagnasco, al Meeting di Rimini – aggredisce la base valoriale di un popolo,lo svilisce nel suo sentire e lo indebolisce nella sua capacità di futuro. Tutto viene confinatonell’angusto perimetro del presente”. Lo stesso Benedetto XVI, nel Messaggio per leComunicazioni Sociali, ha ammonito: “Occorre evitare che i media diventino il megafono

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del materialismo economico e del relativismo etico, vere piaghe del nostro tempo. – ha detto– Essi possono e debbono, invece, contribuire a far conoscere la verità sull’uomo, difenden-dola davanti a coloro, che tendono a negarla od a distruggerla”. E poi ancora, a Sydney perla Giornata Mondiale della Gioventù, ha spiegato come emarginare Dio dalla vita rappresen-ti un passo indietro: “Troppo spesso – ha affermato – ci ritroviamo immersi in un mondo chevorrebbe mettere Dio da parte. Nel nome della libertà ed autonomia umane, il nome di Dioviene oltrepassato in silenzio, la religione è ridotta a devozione personale e la fede vienescansata nella pubblica piazza. L’indifferenza alla dimensione religiosa dell’esistenzaumana, in ultima analisi, diminuisce e tradisce l’uomo stesso. Come si può considerare que-sto un «progresso»? Al contrario, è un passo indietro, una forma di regressione, che in ulti-ma analisi inaridisce le sorgenti stesse della vita sia degli individui che dell’intera società”.

L’uomo, oggi, cerca l’incontro con Cristo: ecco doveE qui che si gioca lo spazio e l’ambito di un giornalismo cattolico. Che, a differenza di altri,presenta caratteristiche ed ha responsabilità peculiari, ben evidenziate in una recente intervi-sta da mons. Luigi Negri, Vescovo di San Marino e Montefeltro, in cui osserva come “unarivista, che viene diffusa nelle parrocchie e che finisce proprio per questo per apparire spes-so come il volto della Chiesa italiana, debba contribuire a creare una mentalità di fede, inbase alla quale affrontare i problemi”. Il che da un lato significa senz’altro nutrire il“rispetto dovuto alle istituzioni”, ma dall’altro vuol dire avere il coraggio dell’annuncio o,quando necessario, anche della denuncia ogni qual volta vengano, ad esempio, condottiattacchi alla famiglia in quanto istituto, “alle famiglie concrete, cercando di introdurre ilriconoscimento delle coppie di fatto e delle unioni omosessuali”. In tal senso i media, comesi evince ancora dal Messaggio, hanno le potenzialità educative, nonché una specialeresponsabilità nel promuovere il rispetto, le attese e i diritti della famiglia, l’alfabetizzazio-ne, la socializzazione, lo sviluppo della democrazia e del dialogo tra i popoli, la pace e la

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libera circolazione del pensiero. Ma spesso non le usano. Viceversa, come ha evidenziatoancora mons. Fisichella, l’uomo di oggi “ha bisogno che ci sia un soggetto, che annunci chec’è nella Storia una presenza salvifica”, ha bisogno “di incontrare Cristo per essere prota-gonista ed ha bisogno della Chiesa per incontrare il Cristo risorto”. “L’uomo moderno – haproseguito il Rettore della Pontificia Università Lateranense – ha bisogno della Chiesa pro-prio perché è un uomo smarrito: non sa da dove venga e dove stia andando”. Lo stessoSanto Padre, in occasione dell’udienza generale dello scorso 3 settembre, ha ricordato comeil Cristianesimo non sia semplicemente “una nuova filosofia o una nuova morale”: siamocristiani – ha detto – “soltanto se incontriamo Cristo”. Dove? Nella “lettura della SacraScrittura, nella preghiera, nella vita liturgica della Chiesa”. Possiamo toccare qui “il cuoredi Cristo e sentire che Egli tocca il nostro”. Insomma, per il cattolico – quindi, a maggior

ragione per i media cattolici – “portare la Croce non è facoltativo, ma è una missione daabbracciare per amore”, come evidenziò il Santo Padre in occasione dell’Angelus delloscorso 31 agosto.

Ma… c’è un «ma». Ed è quello evidenziato sull’“Osservatore Romano” dello scorso 25luglio in un lungo articolo dal Card. Francis J. Stafford, Penitenziere Maggiore. Il qualeconstata con amarezza come “il disprezzo della verità, in forma sia aggressiva sia passiva”,sia “divenuto comune nella vita ecclesiale”. Individuandone con chiarezza la causa: “Nel1968 accadde qualcosa di terribile nella Chiesa”. Ed a chi si illuda che il dissenso e glierrori originatisi in quegli anni a livello teologico siano ormai superati e non bisognosi dinuove censure, il Cardinale smorza gli entusiasmi: “Quelle ferite continuano ad affliggerel’intera Chiesa”.

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Affermazioni pesanti, non facilmente eludibili. Anche perché rafforzate dalle recenti dichia-razioni di mons. Alessandro Maggiolini, già Vescovo di Como, che, rivolgendosi diretta-mente ai giovani del Meeting di Rimini, ha tuonato parole di fuoco: “Abbiamo passato anni– ha detto – in cui anche dei sedicenti cattolici lavoravano per distruggere l’unità, la san-tità, l’universalità e l’apostolicità della Chiesa: anni in cui non solo la morale, ma la stessafede erano messe in forse o addirittura negate. Il Card. Ratzinger, durante la Via Crucis delVenerdì Santo, parlava addirittura di necessità di ripulire la Chiesa ridotta ad una stallalercia e cadente, invece che eretta a edificio di santità e di gloria. Quanto è facile darsi unateologia che copra e tenti di giustificare le nostre neghittosità ed i nostri tradimenti”. E qui che la “buona stampa” viene messa alla prova. E qui che ciascuno di noi viene messoalla prova. Cosa opporre a tutto questo? Semplice. Mons. Maggiolini invita a non indispet-tirsi ed a non reagire “con troppa irruenza, se vi compatiscono talvolta per il gergo un po’desueto e per il repertorio delle preghiere e dei canti che usate”. Ma pregate e cantate.Meglio non perder tempo in sterili polemiche, anzi meglio aprirsi “alla povera gente, che habisogno di sentire, nuda e cruda, la verità e la grazia, che risplende in pienezza nella comu-nità cristiana. La Chiesa deve diventare un popolo di peccatori: peccatori che si pentono esi convertono incessantemente nella gioia di un inizio sempre ritornante”. A partire da noi,affinché ne siamo “sempre un avvio. Un modello. Un richiamo”. Occorre essere – proseguemons. Maggiolini – “Cristo-ossessionati. Cristo-dipendenti. Cristo-centrati. Cristo-veggentie amanti. Cristo-orientati nei nostri poveri giorni. E Cristo-glorificati al termine dellavicenda umana e cosmica. Se no – conclude il Vescovo – lavorate invano”. E nessuno vuolelavorare invano…

Mons. Maggiolini: “Siate ministri dell’inquietudine”“Siate ministri dell’inquietudine in una folla di debosciati e di scettici disposti a tutto,

senza misurare la potenza del male”, afferma ancora. Ma non l’inquietudine, che si fa fretta,perché “la fretta – ha dichiarato l’Arcivescovo di Bologna, mons. Carlo Caffarra, a Lourdes– è la morte della vita spirituale”. Il Papa ha proposto, invece, l’esempio di S.Paolo, nel-l’anno a lui dedicato. Lontano “dalle luci della ribalta e dai pubblici riconoscimenti”, lasua esistenza appare “tribolata, afflitta da ostilità e pericoli, piena di difficoltà da affrontarepiù ancora che di consolazioni e gioie di cui godere”. Lo stesso san Paolo nella SecondaLettera ai Corinzi, parla di percosse e lapidazioni, di naufragi, di “viaggi innumerevoli, peri-coli di briganti, pericoli dai miei connazionali, pericoli dai pagani, pericoli nella città, peri-coli nel deserto, pericoli sul mare, pericoli da parte di falsi fratelli”. Parla di “fatica e tra-vaglio, veglie senza numero, fame e sete, frequenti digiuni, freddo e nudità”. Quando morì,decapitato, “la Chiesa che aveva contribuito a diffondere era ancora un piccolo seme, ungruppo che le somme autorità dell’Impero Romano si potevano permettere di trascurare o di

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provare a schiacciare nel sangue”, ha evidenziato il Santo Padre. Insomma, la sua vita èstata l’opposto rispetto agli splendori ed ai fasti, strombazzati dai media quali sinonimo disuccesso.Del resto, ha ricordato il Card. Bagnasco, sempre a Rimini, “essere protagonista non èvoglia di protagonismo, ma amore di identità. La sfida decisiva per noi cristiani oggi è laradicalità della nostra fede”. In questo senso, l’uomo – ha ammonito ancora Benedetto XVI– non è fatto per la semplice riuscita mondana: “Il compimento dell’umano – afferma – è laconoscenza di Dio”, per il quale non servono “né fama, né successo presso le folle. Solo

Cristo può svelare all’uomo la sua vera dignità e comunicargli l’autentico senso della suaesistenza. Quando il credente lo segue docilmente è in grado di lasciare una traccia duratu-ra nella Storia. E la traccia dell’Amore, di cui diviene testimone. Ed allora ciò che fu possi-bile per san Paolo lo diventa anche per ciascuno di noi”. In questo senso, il SommoPontefice ci chiede, affidandoci a Maria – come ha fatto recentemente in Sardegna –, “dievangelizzare il mondo del lavoro, dell’economia, della politica, che necessita di una nuovagenerazione di laici impegnati, capaci di cercare con competenza e rigore soluzioni di svi-luppo sostenibile”. Spetta a noi. A tutti noi. Non è permesso delegare. Una volta tanto, dob-biamo rimboccarci le maniche ed assumerci le nostre responsabilità. Il Papa ci dà fiducia.Dimostriamo di meritarla. Ecco perché, anche oggi, ha un senso, un ruolo ed un compitoimportante la cosiddetta “buona stampa”. Purché sia buona davvero…

Mauro Faverzani

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Luce e calore

Noi desideriamo l’unione con Dio. Ma quale via possiamo seguireper raggiungere tale scopo? Romano Guardini, nel suo libro “I santi segni”(si intendono i segni della liturgia), indica innanzitutto la conoscenza e l’a-more. Sentiamo le sue parole: «La prima via dell’unione passa attraversola conoscenza e l’amore. Conoscere è unirsi. Noi penetriamo le cose cono-scendole e le attiriamo a noi. Diventano nostra proprietà: elementi dellanostra vita. Anche l’amore è unione… L’uomo intanto ama una cosa inquanto gli appartiene… è l’amore che attua l’unione non nell’essere, bensìin un movimento; nella coscienza e nella vita affettiva».

Ora, Guardini si chiede se esiste qualcosa che possa simboleggiaretutto questo, e risponde di sì: la luce e il calore, che rivestono una grandeimportanza nella liturgia. Così egli scrive: «Qui v’è un cero: porta lumino-sa una fiammella. Il nostro occhio ne vede la luce e l’accoglie in sé, se necompenetra diventando una cosa sola con essa; eppure non lo tocca. Lafiamma rimane in sé e l’occhio pure; tuttavia ha luogo un’intima unifica-zione; un’unione piena di riverenza e verecondia, si potrebbe dire, senz’al-tro e senz’alcuna mescolanza, in mera visione».

E prosegue: «Profonda similitudine di quell’unione che si compietra Dio e l’anima nella conoscenza. “Dio è la verità” dice la SacraScrittura. Chi conosce la verità, la possiede nello Spirito. Dio è presentenel pensiero che lo conosce rettamente. Dio vive nello spirito che pensa aLui veramente. Perciò “conoscere Dio” vuol dire: unirsi con Lui, comel’occhio con la fiamma nella visione della luce».

Ma oltre all’unione mediante la luce c’è anche quella mediante ilcalore. «Lo avvertiamo sul viso, sulla mano. Notiamo com’esso ci compe-netra riscaldandoci; eppure la fiamma sta, non tocca, in se stessa. E que-sto è pure l’amore: un compenetrarsi con la fiamma di Dio mediante ilcalore, senza toccarla per nulla».

A questo punto Guardini può dire: «Conoscere Dio e amare Diosignifica unirsi con Lui. Perciò la felicità eterna sarà un contemplare eamare… Come la fiamma emette luce così Dio elargisce verità. E l’animaaccoglie in sé la verità e si unisce in essa con Dio, allo stesso modo che ilnostro occhio vede la luce e in essa si unifica con la fiamma. E la fiammamanda calore; così Dio profonde calda bontà. Ma chi ama Dio diventanella bontà una cosa sola con Lui, come la mano e il viso con la fiamma,quando ne percepiamo il calore. Ma la fiamma rimane in sé, intatta, pura,nobile. Come è stato detto di Dio, che “abita nella luce inaccessibile”.Fiamma luminosa e ardente – tu sei immagine del Dio vivente!».

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Raduno di Rosazzo (20 settembre)

Quali luci e sentimenti ci dona

Sabato 20 settembre 2008, presso l’Abbaziadi Rosazzo, si è svolto l’annuale raduno del

rosario per il Friuli Venezia Giulia. E stata perme un’occasione per conoscere luoghi che nonavevo mai visitato. L’Abbazia è costruita suun’altura tra vigneti e campi coltivati e il tuttotrasmetteva senso di pace e di preghiera.Abbiamo iniziato la giornata con la meditazio-ne dei Misteri Gaudiosi con i quali padreMauro ha cercato di farci capire il ruolo fonda-mentale della Madonna nei nostri cuori, ricor-

dandoci che il mese di ottobre è il mese delRosario. Ci ha “responsabilizzati” inoltre sul

testimonianze

valore di essere cristiani, non a parole ma conl’esempio per non parlare poi della sottolineatu-ra sull’importanza della corona del rosario equali luci e sentimenti ci dona. E stata un’occa-sione di ricerca del nostro rapporto con laMadonna e per riuscire a comprendere quelloche Lei vuole trasmetterci. La giornata è poi proseguita con il momentoconviviale sempre presente ed importante neinostri raduni, la visita guidata al complesso del-l’abbazia. L’incontro si è concluso con la recitadei Misteri della Luce, la celebrazione dellaSanta Messa e l’esposizione del Santissimo.

Anna Maria Motzo

Raduno di Filetto (27 settembre)

Un Raduno nel silenzioe nell’armonia

Quest’anno il Raduno Regionale del Rosario,in terra emiliano-romagnola, si è svolto

presso l’antico Santuario della beata Vergine diSulo a Filetto (RA), nel giorno di sabato 27 set-tembre 2008. Nella stupenda cornice del piccolo Santuario,quasi nascosto alla vista del mondo, immersonel silenzio della campagna, come un ricettacolodi tesori occultato alla frenesia del presente, cisiamo immersi nella preghiera e nella riflessionesulle cose eterne. Alle 10,30, quando da ogni luogo erano già arri-vati i convenuti, Padre Mauro ha condotto l’OraMariana. Il suo modo garbato ma deciso, i suoipensieri chiari e nello stesso tempo impegnativiper la meditazione personale, ci hanno permessodi osservare meglio all’interno della nostraanima e di far scaturire riflessioni altrimenti dif-ficili da far emergere. La condivisione dei propositi ed il rinnovo delnostro impegno per la diffusione del Rosario èstato il logico punto d’arrivo delle sue e nostremeditazioni.

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pensieri nel diretto colloquio con Dio, si potevaconcludere una giornata così intensa.La benedizione di Dio, scesa copiosa su tutti iconvenuti, porterà certamente grazie e splendi-di frutti su quanti hanno partecipato e sulle lorofamiglie.Maria, Regina del Rosario, sempre presente edattenta ai bisogni dei suoi figli, non mancheràdi presentare al Padre tutta la messe infinita diringraziamenti, di preghiere, suppliche e richie-ste di grazie sorte dal cuore dei suoi fedeli, siaquelli presenti fisicamente a Filetto che quelliche, impossibilitati, l’hanno invocata dalle lorocase.Ad Jesum per Mariam

Giuliano Bagnoli

Raduno di Osimo (4 ottobre)

Oggi eravamo attesi

Eravamo al ritorno da un pellegrinaggio a S.Giovanni Rotondo da un tale S. Pio da

Pietrelcina, quando trillò un cellulare: «c’è unpullman che vi aspetta al tal posto, alle ore9.00 per recarci tutti insieme al raduno del S.Rosario del 4 ottobre a Osimo». Il tempo diorganizzarci ed è partita l’adesione del nostrogruppo pesarese. Ci eravamo iscritti al Movimento domenicanodel rosario da poco, perché, per caso, ci erava-mo trovati in possesso della scheda di adesio-ne. Siamo partiti con la curiosità della primavolta, con la convinzione di andare a ricevereun dono già predisposto e solo da ritirare.Arrivati a destinazione, al Santuario di S.Giuseppe da Copertino, il Santo della gioia,dopo la sistemazione logistica, c’è stata la reci-ta del S. Rosario con meditazione tenuta daPadre Mauro. La necessità di leggere i docu-menti della Chiesa, il richiamo all’ortodossia,l’amore alla Chiesa sono stati i temi, di quellitrattati, che più ci hanno attirato. Un richiamosemplice e pacato all’ortodossia in un tempocome il nostro, è stato come ricevere un bellis-

Nei locali attigui, messi a disposizione dallaparrocchia, si è svolto un momento di ristoro,con pranzo al sacco, durante il quale la condi-visione della “mensa” ha completato gioiosa-mente la mattinata. Nel primo pomeriggio abbiamo potuto ammi-rare, vagando nella campagna, alcune pieviromaniche, alcune ben conservate, altre direcente restaurate, altre cadenti e abbandonate.Abbiamo così potuto sperimentare che la ri-

chiesta d’Eterno, che noi oggi sentiamo cosìviva a causa della dirompente secolarizzazionedella società, era avvertita anche dalle genera-zioni che ci hanno preceduto nella lunga viadella fede. Nella semplicità degli interni dellechiese millenarie si avverte, infatti, un che diintenso e di pregnante che tende tutto a portarel’anima direttamente davanti al cospetto diDio, per formulargli le eterne domande sul per-ché della sofferenza e del patire. E di questaricerca della Via, della Verità e della Vita parla-no ancora, silenziosamente, le singole pietredei vetusti edifici. Ritornati al Santuario, nel pomeriggio inoltratoabbiamo meditato e recitato il Santo Rosario,con la trascinante mediazione di Padre Mauro,proseguendo poi la preghiera con l’incontro diCristo nel sacramento dell’Eucarestia, attraver-so il sacrificio della S. Messa. Solo con l’Ado-razione Eucaristica, e con il fondersi dei nostri

Questa signora ci raccontò di aver conosciuto S.Pio da Pietrelcina e di essere stata testimone diun fatto; di un Signore che stanco di aspettareper la confessione da Padre Pio decise di rinun-ciare ed andarsene. Nello stesso momento arrivòun frate che gli disse: il Padre la sta aspettando,venga.Le persone che erano presenti al racconto dellasorella hanno pensato la stessa cosa: sì oggi era-vamo attesi, speriamo che sia così anche nell’ul-timo trasloco dalla terra al cielo.Al prossimo raduno. Grazie Maria.

il gruppo pesarese

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simo panino quando si ha fame e trovi tutti ibar chiusi. Ne abbiamo parlato tra di noi esiamo giunti alle stesse conclusioni.Dopo il pranzo al sacco abbiamo visitato ilSantuario e il centro storico della città di Osi-mo. Ecco, non mi dilungo, dico solo andateci

perché è bellissimo. Si è proseguito poi con larecita del S. Rosario, la S. Messa e adorazionedel SS.mo.Dopo questa breve cronaca qualche riflessione:non mi ricordo da quanto tempo personalmentenon passavo una giornata così serena con i fra-telli e con quella pace interiore che sai esseredono di Qualcuno che in cielo ti ama follemen-te. Questo è il frutto, condiviso, al quale haconcorso certamente l’affabilità dei Padri fran-cescani che ci hanno accolto, la meditazione diPadre Mauro, il Santuario di un santo moltoattuale, la celebrazione eucaristica e non vogliodimenticare la conoscenza di nuovi fratelli.Ma, sopra ogni cosa, c’era l’invito all’incontrodi una Signora, la SS.ma Maria Madre di Gesù.La Donna in cielo più potente, più amorevole,che per la sua totale dedizione a Dio ha merita-to di essere l’Immacolata Concezione. Siamoandati a rendere omaggio alla Madonna con lapreghiera che predilige, il S. Rosario, e nonpotevano non esserci i doni. A fine giornata abbiamo accompagnato a casauna sorella che avevamo conosciuto al mattino.

Pellegrini su questa terra

Siamo tutti un po’ pellegrini oggigiorno,solo che rispetto a quelli che lo erano nel

Medioevo o nei tempi antichi facciamo unagrande fatica a capire dove stiamo andando,verso che cosa e soprattutto perché ci stiamomuovendo.Lourdes…. questo luogo di mistero ha sem-pre esercitato su di me e mia moglie Danielaun profondo desiderio di andare a vedere, atoccare… a volte, senza renderci conto, sia-mo umani come l’apostolo Tommaso, conuna fede ed una speranza da rinsaldare. Ebbene si… sii!!!… Lourdes è il punto doveil Signore ci dice, venite e sarete saziati dellavostra sete di Fede, della vostra fame di Spe-ranza, del vostro desiderio di dare e ricevereAmore. Davanti a quella umile grotta incisanella pietra trovate un segno di uomini, lastatua della madre di Gesù, ma trovate isegni dell’Altissimo che ci dicono “Sono convoi tutti i giorni fino alla fine”.La roccia, l’acqua, l’aria sono intrise profon-damente del suo Amore per noi, come lo ètutto il creato in cui viviamo, solo che nella

Pellegrinaggio a Lourdes

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vita di tutti i giorni siamo troppo distrattiper vederlo. Davanti alla grotta di Bernadette ci si sentepiccoli ed insignificanti, eppure stare inquella moltitudine di persone che si reca làdavanti ti fa sentire la vicinanza con Lui…ti fa sentire una piccola goccia d’acqua nel-l’oceano ma che il Signore riconosce edama.In mezzo agli ammalati, alle persone in ba-rella, in carrozzella, ai volontari, senti laFede che fluisce forte e che fa dire al cuoredi ognuno…“ecco Signore ho trascinato qui la mia cro-ce e te la offro non per essere guarito, ma

perché tu mi dia la forza di portarla ognigiorno con dignità come hai fatto Tu sulcalvario…”. Questo è il vero miracolo che ogni giorno sicompie a Lourdes.Là davanti abbiamo pregato per avere Fede,almeno una briciola di quella delle migliaiadi persone ammalate che sono là tutti i gior-ni; abbiamo pregato per avere Speranza,quel grande dono che ci fa rialzare ognigiorno per avvicinarci al nostro destino;abbiamo pregato per riuscire a donare ericevere Amore, perché solo questo ci fasentire davvero vicino a Lui, al suo Amoresconfinato per noi.

Maria …. ecco Maria…. Lei è il punto dicontatto scelto dal Signore per avvicinarci aLui, la persona come noi che più ci fa senti-re vicino a Lui.Il Rosario è il punto centrale che Maria ciha donato per stare in comunione tutti noicon Lui…. E là lo senti fortemente!!!!Il nostro gruppo lo ha recitato insieme indisparte con la visione della grotta all’oriz-zonte, è stato uno dei piccoli segni tracciatidal nostro fratello Padre Mauro per indicar-ci la Via, la Verità e la Vita, il momentodella giornata per fermarsi, riprendere i filidella nostra esistenza e correggere la rotta,consapevoli che non dobbiamo chiudercinei nostri piccoli egoismi quotidiani madobbiamo aprire il nostro cuore a tutte lepersone che incrociamo nel nostro cammi-no, a volte tortuoso e difficile come una ViaCrucis – altro momento indimenticabile diun mattino iniziato con il buio del peccato eterminato con la luce dell’alba di resurre-zione – nel nostro pellegrinaggio della vita,verso la meta promessa…Grazie a tutti quelli che erano con noi edhanno condiviso la nostra esperienza.Grazie a P. Mauro per tutto, ma soprattuttoper la gioia e la testimonianza quotidianadell’annuncio.

Daniela e Mauro

noivi diamo tanto... e tanto altroancora

e vi chiediamo poco... solo uncontributo

In caso di mancato recapito inviare all’ufficio di Bologna CMP detentore del contoper la restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tassa

Auguri!